….Ambasciatori
per Cristo Signore!
I
l tempo di Quaresima in questo mese di marzo diventa sempre più
intenso, più incisivo, più invitante.
Non possiamo rimanere inerti di fronte alle sollecitazioni che la liturgia domenicale ci presenta prima dell’evento pasquale, fulcro centrale della nostra fede cristiana, annunciato fin dal giorno dell’Epifania
del Signore.
L’impegno a vivere un tempo di preghiera, di ascolto e di riflessione deve tradursi in gesti concreti. Non possiamo limitarci a pensare che questo tempo possa rimanere circoscritto nella nostra vita personale.
La festa di S. Giuseppe ci aiuta in questo cammino: “Giuseppe ci svela il segreto di una umanità che vive alla presenza del mistero, aperta ad esso attraverso i dettagli più concreti dell’esistenza. In lui non
c’è separazione tra fede e azione. La sua fede orienta in maniera decisiva le sue azioni”1.
Di fronte ad eventi drammatici quali il terremoto di Haiti che ha distrutto un intero paese o eventi che inducono a riflettere, quali i fatti
di Rosarno, non possiamo rimanere inerti e attoniti. Dobbiamo fare
spazio alla voce della nostra fede: Gesù Salvatore del mondo è vivo
e presente in mezzo a noi..
“Se uno è in Cristo è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove. Tutto questo viene da Dio, che ci
ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero
della riconciliazione. …Noi fungiamo quindi da ambasciatori per
Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro”.
E così viene tracciato il nostro cammino: siamo messaggeri e inviati, per ripetere a tutti: lasciatevi riconciliare con Dio! Non portiamo
informazioni che non ci coinvolgono e che non formano la nostra vita personale, ma l’annuncio che nasce dalla fede, dono di Dio, dalla
speranza e dalla carità.
1
Se siamo creature nuove possiamo guardare gli altri come li guarda Dio:
con misericordia, con amore, con tenerezza infinita, specialmente per
quelli più soli, disprezzati, isolati. “L’immigrato è un essere umano, differente per cultura e tradizione ma comunque da rispettare e la violenza non deve essere mai per nessuno il modo per risolvere le difficoltà….
È una persona e Dio lo ama come ama me.”3
Ambasciatori per Cristo… secondo l’insegnamento dei santi, testimoni della fede. “Non sono rappresentanti del passato ma costituiscono
il presente e il futuro della Chiesa e della società.”4
Quando leggiamo la vita dei santi scopriamo un intenso rapporto e
dialogo personale con Dio e la presenza di gesti concreti, il rifiuto della mediocrità, la ricerca della misura alta della vita cristiana.
“Il santo è contemporaneamente risposta e parola dello Spirito Santo.
Ad un mondo che ha bisogno, che si trova in situazioni di difficoltà,
che geme, implora, innalza la preghiera verso l’alto, Dio manda il
santo, il quale diventa la sua risposta, più specificamente la risposta
dello Spirito ai bisogni del tempo”.5
Prepariamoci a vivere l’evento pasquale ripetendo la preghiera che il
Servo di Dio, Guglielmo Giaquinta, Fondatore del Movimento Pro
Sanctitate ci ha insegnato:
Mi unirò a te divino Crocifisso,
alle tue intenzioni redentrici,
alla sofferenza ineffabile
della Madre tua dolcissima,
perché i fratelli tutti ascoltino la voce
del tuo amore e
rispondano al tuo invito verso
la perfezione del Padre.
E cosi sia.
Loretta Angelini
———————
1 Cf. Discorso, Benedetto XVI - Viaggio Apostolico in Camerum e Angola
2 2 Cor 5, 17-21
3 Benedetto XVI, Discorso
4 Benedetto XVI, Discorso alla Congregazione delle Cause dei Santi
5 Cf. G. Giaquinta, “Tutti santi tutti fratelli”, ed. Pro Sanctitate
2
Parola del Papa
Piccoli per poter essere
realmente saggi
[…] Abbiamo sentito che il Signore loda il Padre perché ha nascosto
il grande mistero del Figlio, il mistero trinitario, il mistero cristologico,
davanti ai sapienti, ai dotti, essi non l’hanno conosciuto, ma lo ha rivelato ai piccoli, ai nèpioi, a quelli che non sono dotti, che non hanno
una grande cultura. A loro è stato rivelato questo grande mistero.
Con queste parole il Signore descrive semplicemente un fatto della
sua vita; un fatto che inizia già ai tempi della sua nascita, quando i Magi dell’Oriente chiedono ai competenti, agli scribi, agli esegeti il luogo
della nascita del Salvatore, del Re d’Israele. Gli scribi lo sanno perché
sono grandi specialisti; possono dire subito dove nasce il Messia: a Betlemme! Ma non si sentono invitati ad andare: per loro rimane una conoscenza accademica, che non tocca la loro vita; rimangono fuori. Possono dare informazioni, ma l’informazione non diventa formazione
della propria vita.
Poi, durante tutta la vita pubblica del Signore troviamo la stessa cosa. È inaccessibile per i dotti comprendere che questo uomo non dotto,
galileo, possa essere realmente il Figlio di Dio. Rimane inaccettabile
per loro che Dio, il grande, l’unico, il Dio del cielo e della terra, possa
essere presente in questo uomo. Sanno tutto, conoscono anche Isaia 53,
tutte le grandi profezie, ma il mistero rimane nascosto. Viene invece rivelato ai piccoli, iniziando dalla Madonna fino ai pescatori del lago di
Galilea. Essi conoscono, come pure il capitano romano sotto la croce
conosce: questi è il Figlio di Dio.
I fatti essenziali della vita di Gesù non appartengono solo al passato, ma sono presenti, in modi diversi, in tutte le generazioni. E così anche nel nostro tempo, negli ultimi duecento anni, osserviamo la stessa
cosa. Ci sono grandi dotti, grandi specialisti, grandi teologi, maestri
della fede, che ci hanno insegnato molte cose. Sono penetrati nei dettagli della Sacra Scrittura, della storia della salvezza, ma non hanno potuto vedere il mistero stesso, il vero nucleo: che Gesù era realmente Figlio di Dio, che il Dio trinitario entra nella nostra storia, in un determinato momento storico, in un uomo come noi. L’essenziale è rimasto nascosto! Si potrebbero facilmente citare grandi nomi della storia della
3
Parola del Papa
teologia di questi duecento anni, dai quali abbiamo imparato molto,
ma non è stato aperto agli occhi del loro cuore il mistero.
Invece, ci sono anche nel nostro tempo i piccoli che hanno conosciuto tale mistero. Pensiamo a santa Bernardette Soubirous; a santa Teresa di Lisieux, con la sua nuova lettura della Bibbia “non scientifica”,
ma che entra nel cuore della Sacra Scrittura; fino ai santi e beati del nostro tempo: santa Giuseppina Bakhita, la beata Teresa di Calcutta, san
Damiano de Veuster. Potremmo elencarne tanti!
[…] Rimane vero quanto Gesù ha detto, quanto si può osservare in
tutti i secoli. E tuttavia c’è una “specie” di piccoli che sono anche dotti. Sotto la croce sta la Madonna, l’umile ancella di Dio e la grande donna illuminata da Dio. E sta anche Giovanni, pescatore del lago di Galilea, ma è quel Giovanni che sarà chiamato giustamente dalla Chiesa “il
teologo”, perché realmente ha saputo vedere il mistero di Dio e annunciarlo: con l’occhio dell’aquila è entrato nella luce inaccessibile del mistero divino. Così, anche dopo la sua risurrezione, il Signore, sulla strada verso Damasco, tocca il cuore di Saulo, che è uno dei dotti che non
vedono. Egli stesso, nella prima Lettera a Timoteo, si definisce “ignorante” in quel tempo, nonostante la sua scienza.
Emerge che c’è un duplice uso della ragione e un duplice modo di essere sapienti o piccoli. C’è un modo di usare la ragione che è autonomo,
che si pone sopra Dio, in tutta la gamma delle scienze, cominciando da
quelle naturali, dove un metodo adatto per la ricerca della materia viene universalizzato: in questo metodo Dio non entra, quindi Dio non c’è.
E c’è l’altro modo di usare la ragione, di essere sapienti, quello dell’uomo che riconosce chi è; riconosce la propria misura e la grandezza di Dio,
aprendosi nell’umiltà alla novità dell’agire di Dio. Così, proprio accettando la propria piccolezza, facendosi piccolo come realmente è, arriva alla
verità. In questo modo, anche la ragione può esprimere tutte le sue possibilità, non viene spenta, ma si allarga, diviene più grande. Si tratta di
un’altra sofìa e sìnesis, che non esclude dal mistero, ma è proprio comunione con il Signore nel quale riposano sapienza e saggezza, e la loro verità.
[…] Vogliamo pregare perché il Signore ci dia la vera umiltà. Ci dia
la grazia di essere piccoli per poter essere realmente saggi; ci illumini,
ci faccia vedere il suo mistero della gioia dello Spirito Santo, ci aiuti a
essere veri teologi, che possono annunciare il suo mistero perché toccati nella profondità del proprio cuore, della propria esistenza.
da Discorso alla Commissione Teologica Internazionale,
1° dicembre 2009 - © Editrice Vaticana
4
Parola del Papa
La città ha bisogno di Maria
Nel cuore delle città cristiane, Maria costituisce una presenza dolce
e rassicurante. Con il suo stile discreto dona a tutti pace e speranza nei
momenti lieti e tristi dell’esistenza. Nelle chiese, nelle cappelle, sulle
pareti dei palazzi: un dipinto, un mosaico, una statua ricorda la presenza della Madre che veglia costantemente sui suoi figli. Anche qui,
in Piazza di Spagna, Maria è posta in alto, quasi a vegliare su Roma.
Cosa dice Maria alla città? Cosa ricorda a tutti con la sua presenza?
Ricorda che “dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia” (Rm 5,
20), come scrive l’apostolo Paolo. Ella è la Madre Immacolata che ripete anche agli uomini del nostro tempo: non abbiate paura, Gesù ha vinto il male; l’ha vinto alla radice, liberandoci dal suo dominio.
Quanto abbiamo bisogno di questa bella notizia! Ogni giorno, infatti, attraverso i giornali, la televisione, la radio, il male viene raccontato, ripetuto, amplificato, abituandoci alle cose più orribili, facendoci
diventare insensibili e, in qualche maniera, intossicandoci, perché il negativo non viene pienamente smaltito e giorno per giorno si accumula. Il cuore si indurisce e i pensieri si incupiscono. Per questo la città ha
bisogno di Maria, che con la sua presenza ci parla di Dio, ci ricorda la
vittoria della Grazia sul peccato, e ci induce a sperare anche nelle situazioni umanamente più difficili.
[…] La città, cari fratelli e sorelle, siamo tutti noi! Ciascuno contribuisce alla sua vita e al suo clima morale, in bene o in male. Nel cuore
di ognuno di noi passa il confine tra il bene e il male e nessuno di noi
deve sentirsi in diritto di giudicare gli altri, ma piuttosto ciascuno deve sentire il dovere di migliorare se stesso! […]
Spesso ci lamentiamo dell’inquinamento dell’aria, che in certi luoghi della città è irrespirabile. È vero: ci vuole l’impegno di tutti per rendere più pulita la città. E tuttavia c’è un altro inquinamento, meno percepibile ai sensi, ma altrettanto pericoloso. È l’inquinamento dello spirito; è quello che rende i nostri volti meno sorridenti, più cupi, che ci
porta a non salutarci tra di noi, a non guardarci in faccia. […]
Maria Immacolata ci aiuta a riscoprire e difendere la profondità delle persone, perché in lei vi è perfetta trasparenza dell’anima nel corpo.
È la purezza in persona, nel senso che spirito, anima e corpo sono in lei
pienamente coerenti tra di loro e con la volontà di Dio. La Madonna ci
insegna ad aprirci all’azione di Dio, per guardare gli altri come li guar5
Parola del Papa
da Lui: a partire dal cuore. E a guardarli con misericordia, con amore,
con tenerezza infinita, specialmente quelli più soli, disprezzati, sfruttati. “Dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia”. […]
Cari amici Romani, e voi tutti che vivete in questa città! Mentre siamo affaccendati nelle attività quotidiane, prestiamo orecchio alla voce
di Maria. Ascoltiamo il suo appello silenzioso ma pressante. Ella dice
ad ognuno di noi: dove ha abbondato il peccato, possa sovrabbondare
la grazia, a partire proprio dal tuo cuore e dalla tua vita! E la città sarà
più bella, più cristiana, più umana.
da Discorso alla Solennità dell’Immacolata Concezione,
8 dicembre 2009 - © Editrice Vaticana
Gesti concreti di amore
Compito di tale istituzione è la cura dei pazienti terminali, per alleviarne il più possibile le sofferenze e accompagnarli amorevolmente
nel decorso della malattia.
[…] Sappiamo come alcune gravi patologie producano inevitabilmente nei malati momenti di crisi, di smarrimento e un serio confronto con la propria situazione personale. I progressi nelle scienze mediche spesso offrono gli strumenti necessari ad affrontare questa sfida,
almeno relativamente agli aspetti fisici. Tuttavia, non sempre è possibile trovare una cura per ogni malattia, e, di conseguenza, negli ospedali e nelle strutture sanitarie di tutto il mondo ci si imbatte sovente
nella sofferenza di tanti fratelli e sorelle incurabili, e spesso in fase terminale. Oggi, la prevalente mentalità efficientistica tende spesso ad
emarginare queste persone, ritenendole un peso ed un problema per la
società. Chi ha il senso della dignità umana sa, invece, che esse vanno
rispettate e sostenute mentre affrontano le difficoltà e la sofferenza legate alle loro condizioni di salute. […] Tuttavia, accanto alle indispensabili cure cliniche, occorre offrire ai malati gesti concreti di amore, di
vicinanza e di cristiana solidarietà per venire incontro al loro bisogno
di comprensione, di conforto e di costante incoraggiamento. È quanto
viene felicemente realizzato qui, all’Hospice Fondazione Roma, che pone al centro del proprio impegno la cura e l’accoglienza premurosa dei
malati e dei loro familiari, in consonanza con quanto insegna la Chiesa, la quale, attraverso i secoli, si è mostrata sempre come madre amorevole di coloro che soffrono nel corpo e nello spirito. […]
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Parola del Papa
Cari malati, cari familiari, vi ho appena incontrato singolarmente, e ho
visto nei vostri occhi la fede e la forza che vi sostengono nelle difficoltà.
Sono venuto per offrire a ciascuno una concreta testimonianza di vicinanza e di affetto. Vi assicuro la mia preghiera, e vi invito a trovare in Gesù
sostegno e conforto, per non perdere mai la fiducia e la speranza. La vostra malattia è una prova ben dolorosa e singolare, ma davanti al mistero
di Dio, che ha assunto la nostra carne mortale, essa acquista il suo senso
e diventa dono e occasione di santificazione. Quando la sofferenza e lo
sconforto si fanno più forti, pensate che Cristo vi sta associando alla sua
croce perché vuole dire attraverso voi una parola di amore a quanti hanno smarrito la strada della vita e, chiusi nel proprio vuoto egoismo, vivono nel peccato e nella lontananza da Dio. Infatti, le vostre condizioni di
salute testimoniano che la vita vera non è qui, ma presso Dio, dove ognuno di noi troverà la sua gioia se avrà umilmente posto i suoi passi dietro
a quelli dell’uomo più vero: Gesù di Nazaret, Maestro e Signore.
Visita all’Hospice “Sacro Cuore”, Roma,
13 dicembre 2009 - © Editrice Vaticana
Sapienza pedagogica
I Santi, segno di quella radicale novità che il Figlio di Dio, con la sua
incarnazione, morte e risurrezione, ha innestato nella natura umana e
insigni testimoni della fede, non sono rappresentanti del passato, ma
costituiscono il presente e il futuro della Chiesa e della società. Essi
hanno realizzato in pienezza quella caritas in veritate che è il sommo valore della vita cristiana, e sono come le facce di un prisma, sulle quali,
con diverse sfumature, si riflette l’unica luce che è Cristo.
La vita di queste straordinarie figure di credenti, appartenenti a tutte le Regioni della terra, presenta due significative costanti, che vorrei
sottolineare.
Innanzitutto, il loro rapporto con il Signore, anche quando percorre
strade tradizionali, non è mai stanco e ripetitivo, ma si esprime sempre
in modalità autentiche, vive e originali e scaturisce da un dialogo con
il Signore intenso e coinvolgente, che valorizza e arricchisce anche le
forme esteriori.
Inoltre, nella vita di questi nostri fratelli risalta la continua ricerca
della perfezione evangelica, il rifiuto della mediocrità e la tensione ver7
Parola del Papa
so la totale appartenenza a Cristo. «Siate santi, perché io, il Signore vostro Dio, sono santo»: è l’esortazione, riportata nel libro del Levitico (19,
2), che Dio rivolge a Mosè. Essa ci fa comprendere come la santità sia
tendere costantemente alla misura alta della vita cristiana, conquista
impegnativa, ricerca continua della comunione con Dio, che rende il
credente impegnato a «corrispondere» con la massima generosità possibile al disegno d’amore che il Padre ha su di lui e sull’intera umanità.
Le principali tappe del riconoscimento della santità da parte della
Chiesa, cioè la beatificazione e la canonizzazione, sono unite tra loro
da un vincolo di grande coerenza. Ad esse vanno aggiunte, come indispensabile fase preparatoria, la dichiarazione dell’eroicità delle virtù o
del martirio di un Servo di Dio e l’accertamento di qualche dono straordinario, il miracolo, che il Signore concede per intercessione di un
suo Servo fedele.
Quanta sapienza pedagogica si manifesta in tale itinerario! In un
primo momento, il Popolo di Dio è invitato a guardare a quei fratelli
che, dopo un primo accurato discernimento, vengono proposti come
modelli di vita cristiana; quindi, viene esortato a rivolgere loro un culto di venerazione e di invocazione circoscritto nell’ambito di Chiese locali o di Ordini religiosi; infine è chiamato ad esultare con l’intera comunità dei credenti per la certezza che, grazie alla solenne proclamazione pontificia, un suo figlio o una sua figlia ha raggiunto la gloria di
Dio, dove partecipa alla perenne intercessione di Cristo in favore dei
fratelli (cfr Ebr 7, 25).
In questo cammino la Chiesa accoglie con gioia e stupore i miracoli che Dio, nella sua infinita bontà, gratuitamente le dona, per confermare la predicazione evangelica (cfr Mc 16, 20). Accoglie, altresì, la testimonianza dei martiri come la forma più limpida e intensa di configurazione a Cristo.
Questo progressivo manifestarsi della santità nei credenti corrisponde allo stile scelto da Dio nel rivelarsi agli uomini e, allo stesso
tempo, è parte del cammino con cui il Popolo di Dio cresce nella fede
e nella conoscenza della Verità.
Il graduale avvicinamento alla “pienezza della luce” emerge in modo singolare nel passaggio dalla beatificazione alla canonizzazione. In
questo percorso, infatti, si compiono eventi di grande vitalità religiosa
e culturale, nei quali invocazione liturgica, devozione popolare, imitazione delle virtù, studio storico e teologico, attenzione ai «segni dall’alto» si intrecciano e si arricchiscono reciprocamente. In questa circo8
Parola del Papa
stanza si realizza una particolare modalità della promessa di Gesù ai
discepoli di tutti i tempi: «Lo Spirito di verità vi guiderà alla verità tutta intera» (cfr Gv 16, 13). La testimonianza dei santi, infatti, mette in luce e fa conoscere aspetti sempre nuovi del Messaggio evangelico.
Come è stato ben sottolineato dalle parole dell’Ecc.mo Prefetto, nell’itinerario per il riconoscimento della santità, emerge una ricchezza
spirituale e pastorale che coinvolge tutta la comunità cristiana. La santità, cioè la trasfigurazione delle persone e delle realtà umane a immagine del Cristo risorto, rappresenta lo scopo ultimo del piano di salvezza divina, come ricorda l’apostolo Paolo: «Questa è la volontà di Dio:
la vostra santificazione» (1 Ts 4, 3).
Da Discorso alla Congregazione delle Cause dei Santi,
19 dicembre 2009 - © Editrice Vaticana
Siamo in onda
So che quest’anno vi state particolarmente impegnando sul tema “Siamo in onda” per mettervi in comunicazione con Gesù e con gli altri, avendo come riferimento l’immagine biblica di Zaccheo, colui che incontra il
Signore e lo accoglie con gioia. Anche voi siete piccoli come Zaccheo, che
è salito su un albero perché voleva vedere Gesù, ma il Signore, alzando
lo sguardo, si è accorto subito di lui, in mezzo alla folla. Gesù vi vede e vi
sente anche se siete piccoli, anche se a volte gli adulti non vi considerano
come vorreste. Gesù non solo vi vede, ma si sintonizza sulla vostra onda,
vuole fermarsi da voi, stare con voi, stabilire con ciascuno di voi una forte amicizia. Questo lo ha fatto nascendo a Betlemme e facendosi vicino ai
ragazzi e agli uomini di ogni tempo, anche a ciascuno di noi.
Cari amici, di fronte a Gesù imitate sempre l’esempio di Zaccheo
che è sceso subito dall’albero, lo ha accolto pieno di gioia nella sua casa e non ha più smesso dì fargli festa! Accoglietelo nella vostra vita tutti i giorni, tra i giochi e tra gli impegni, nelle preghiere, quando chiede
la vostra amicizia e la vostra generosità, quando siete felici e quando
avete paura. A Natale, ancora una volta, l’amico Gesù vi viene incontro e vi chiama! È il Figlio di Dio, è il Signore che vedete ogni giorno
nelle immagini presenti nelle chiese, nelle strade, nelle case. Egli vi
parla sempre dell’amore “più grande”, capace di donarsi senza limiti,
di portare pace e perdono.
9
Parola del Papa
Solo la presenza di Gesù nelle vostre vite dà la gioia piena, perché lui
è capace di rendere sempre nuova e bella ogni cosa. Lui non vi dimentica mai. Se gli dite ogni giorno che “siete in onda”, aspettatevi sicuramente che egli vi chiami per inviarvi un messaggio di amicizia e di affetto.
Lo fa quando partecipate alla Santa, quando vi dedicate allo studio, ai
vostri impegni quotidiani e quando sapete compiere gesti di condivisione, di solidarietà, di generosità e di amore verso gli altri. Così potrete dire ai vostri amici, ai vostri genitori, ai vostri animatori, ai vostri educatori che siete riusciti a prendere la linea con Gesù nella vostra preghiera,
nel compiere i vostri doveri e quando sarete capaci di stare accanto a tanti ragazzi e ragazze che soffrono, specialmente a coloro che vengono da
Paesi lontani e spesso sono abbandonati, senza genitori e senza amici.
da Discorso ad una Delegazione dei Ragazzi di Azione Cattolica,
19 dicembre 2009 - © Editrice Vaticana
Far sentire in famiglia chi è solo
Attraverso gesti di amore di quanti seguono Gesù diventa visibile
la verità che “(Dio) per primo ci ha amati e continua ad amarci per primo; per questo anche noi possiamo rispondere con l’amore” (Enc. Deus
caritas est, 17). Gesù dice: “ho avuto fame e mi avete dato da mangiare,
ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero straniero e mi avete accolto,
nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi” (Mt 25, 35-36). E conclude: “tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”
(v. 40). Ascoltando queste parole, come non sentirsi davvero amici di
quelli in cui il Signore si riconosce? E non solo amici, ma anche familiari. Sono venuto tra voi proprio nella Festa della Santa Famiglia, perché, in un certo senso, essa vi assomiglia. Infatti, anche la Famiglia di
Gesù, fin dai suoi primi passi, ha incontrato difficoltà: ha vissuto il disagio di non trovare ospitalità, fu costretta ad emigrare in Egitto per la
violenza del Re Erode. Voi sapete bene cosa significa difficoltà, ma avete qui qualcuno che vi vuole bene e vi aiuta, anzi, qualcuno qui ha trovato la sua famiglia grazie al servizio premuroso della Comunità di
Sant’Egidio, che offre un segno dell’amore di Dio per i poveri.
Qui oggi si realizza quanto avviene a casa: chi serve e aiuta si confonde con chi è aiutato e servito, e al primo posto si trova chi è mag10
Parola del Papa
giormente nel bisogno. Mi torna alla mente l’espressione del Salmo:
“Ecco, come è bello e com’è dolce che i fratelli vivano insieme” (Sal
133, 1). L’impegno di far sentire in famiglia chi è solo o nel bisogno, così lodevolmente portato avanti dalla Comunità di Sant’Egidio, nasce
dall’ascolto attento della Parola di Dio e dalla preghiera. Desidero incoraggiare tutti a perseverare in questo cammino di fede. Con le parole di San Giovanni Crisostomo vorrei ricordare a ciascuno: “Pensa che
diventi sacerdote di Cristo, dando con la tua propria mano non carne
ma pane, non sangue ma un bicchiere d’acqua” (Omelie sul Vangelo di
Matteo, 42,3). Quale ricchezza offre alla vita l’amore di Dio, che si esprime nel servizio concreto verso i fratelli che sono nella necessità! San
Lorenzo, diacono della Chiesa di Roma, quando i Magistrati romani di
quel tempo gli intimarono di consegnare i tesori della Chiesa, egli mostrò i poveri di Roma come il vero tesoro della Chiesa. Ricordando il
gesto di san Lorenzo possiamo ben dire che anche per voi poveri siete
il tesoro prezioso della Chiesa.
Amare, servire dona la gioia del Signore, che dice: “Si è più beati nel
dare che nel ricevere” (At 20, 35). In questo tempo di particolari difficoltà economiche ciascuno sia segno di speranza e testimone di un
mondo nuovo per chi, chiuso nel proprio egoismo e illuso di poter essere felice da solo, vive nella tristezza o in una gioia effimera che lascia
il cuore vuoto.
Attraverso gesti di amore di quanti seguono Gesù diventa visibile
la verità che “(Dio) per primo ci ha amati e continua ad amarci per
primo; per questo anche noi possiamo rispondere con l’amore” (Enc.
Deus caritas est, 17). Gesù dice: “ho avuto fame e mi avete dato da
mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero straniero e mi
avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero
in carcere e siete venuti a trovarmi” (Mt 25, 35-36). E conclude: “tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli,
l’avete fatto a me” (v. 40). Ascoltando queste parole, come non sentirsi davvero amici di quelli in cui il Signore si riconosce? E non solo
amici, ma anche familiari. Sono venuto tra voi proprio nella Festa
della Santa Famiglia, perché, in un certo senso, essa vi assomiglia. Infatti, anche la Famiglia di Gesù, fin dai suoi primi passi, ha incontrato difficoltà: ha vissuto il disagio di non trovare ospitalità, fu costretta ad emigrare in Egitto per la violenza del Re Erode. Voi sapete bene cosa significa difficoltà, ma avete qui qualcuno che vi vuole bene
e vi aiuta, anzi, qualcuno qui ha trovato la sua famiglia grazie al ser11
Parola del Papa
vizio premuroso della Comunità di Sant’Egidio, che offre un segno
dell’amore di Dio per i poveri.
Qui oggi si realizza quanto avviene a casa: chi serve e aiuta si confonde con chi è aiutato e servito, e al primo posto si trova chi è maggiormente nel bisogno. Mi torna alla mente l’espressione del Salmo:
“Ecco, come è bello e com’è dolce che i fratelli vivano insieme” (Sal
133,1). L’impegno di far sentire in famiglia chi è solo o nel bisogno, così lodevolmente portato avanti dalla Comunità di Sant’Egidio, nasce
dall’ascolto attento della Parola di Dio e dalla preghiera. Desidero incoraggiare tutti a perseverare in questo cammino di fede. Con le parole di San Giovanni Crisostomo vorrei ricordare a ciascuno: “Pensa che
diventi sacerdote di Cristo, dando con la tua propria mano non carne
ma pane, non sangue ma un bicchiere d’acqua” (Omelie sul Vangelo di
Matteo, 42, 3). Quale ricchezza offre alla vita l’amore di Dio, che si
esprime nel servizio concreto verso i fratelli che sono nella necessità!
San Lorenzo, diacono della Chiesa di Roma, quando i Magistrati romani di quel tempo gli intimarono di consegnare i tesori della Chiesa, egli
mostrò i poveri di Roma come il vero tesoro della Chiesa. Ricordando
il gesto di san Lorenzo possiamo ben dire che anche per voi poveri siete il tesoro prezioso della Chiesa.
Amare, servire dona la gioia del Signore, che dice: “Si è più beati nel
dare che nel ricevere” (At 20, 35). In questo tempo di particolari difficoltà economiche ciascuno sia segno di speranza e testimone di un
mondo nuovo per chi, chiuso nel proprio egoismo e illuso di poter essere felice da solo, vive nella tristezza o in una gioia effimera che lascia
il cuore vuoto.
Da Discorso al Pranzo con poveri della Comunità di Sant’Egidio,
27 dicembre 2009 - © Editrice Vaticana
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Catechesi
Catechesi del Papa
Ugo e Riccardo di San Vittore
Tutti e due sono tra quei filosofi e teologi noti con il nome di Vittorini, perché vissero e insegnarono nell’abbazia di San Vittore, a Parigi,
fondata all’inizio del secolo XII da Guglielmo di Champeaux. Guglielmo stesso fu un maestro rinomato, che riuscì a dare alla sua abbazia
una solida identità culturale.
Della vita di Ugo di San Vittore abbiamo poche notizie. Sono incerti la data e il luogo della nascita: forse in Sassonia o nelle Fiandre. Si sa
che, giunto a Parigi trascorse il resto dei suoi anni presso l’abbazia di
San Vittore, dove fu prima discepolo e poi insegnante. Già prima della morte, avvenuta nel 1141, raggiunse una grande notorietà e stima, al
punto da essere chiamato un “secondo sant’Agostino”: come Agostino,
infatti, egli meditò molto sul rapporto tra fede e ragione, tra scienze
profane e teologia.
Ugo di San Vittore è un tipico rappresentante della teologia monastica, interamente fondata sull’esegesi biblica. Per interpretare la Scrittura, egli propone la tradizionale articolazione patristico-medievale, cioè
il senso storico-letterale, anzitutto, poi quello allegorico e anagogico, e
infine quello morale. […] Tuttavia, pur rispettando queste quattro dimensioni del senso della Scrittura, a chi conosce il senso della storia descritta nella Bibbia, le vicende umane appaiono segnate dalla Provvidenza divina, secondo un suo disegno ben ordinato. Così, per Ugo di
San Vittore, la storia non è l’esito di un destino cieco o di un caso assurdo, come potrebbe apparire. Al contrario, nella storia umana opera lo
Spirito Santo, che suscita un meraviglioso dialogo degli uomini con
Dio, loro amico. Questa visione teologica della storia mette in evidenza
l’intervento sorprendente e salvifico di Dio, che realmente entra e agisce nella storia, quasi si fa parte della nostra storia, ma sempre salvaguardando e rispettando la libertà e la responsabilità dell’uomo.
Un degno discepolo di Ugo di San Vittore è Riccardo, proveniente
dalla Scozia. Egli fu priore dell’abbazia di San Vittore dal 1162 al 1173,
anno della sua morte. Anche Riccardo, naturalmente, assegna un ruolo fondamentale allo studio della Bibbia, ma, a differenza del suo maestro, privilegia il senso allegorico, il significato simbolico della Scrittura con il quale, ad esempio, interpreta la figura anticotestamentaria di
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Catechesi
Catechesi del Papa
Beniamino, figlio di Giacobbe, quale simbolo della contemplazione e
vertice della vita spirituale.
[…] Questa applicazione del ragionamento alla comprensione della
fede viene praticata in modo convincente nel capolavoro di Riccardo,
uno dei grandi libri della storia, il De Trinitate (La Trinità). Nei sei libri
che lo compongono egli riflette con acutezza sul Mistero di Dio uno e
trino. […] La Trinità è veramente comunione perfetta! Come cambierebbe il mondo se nelle famiglie, nelle parrocchie e in ogni altra comunità
i rapporti fossero vissuti seguendo sempre l’esempio delle tre Persone
divine, in cui ognuna vive non solo con l’altra, ma per l’altra e nell’altra!
[…] È l’amore a compiere questo incessante miracolo: come nella vita
della Santissima Trinità, la pluralità si ricompone in unità, dove tutto è
compiacenza e gioia. Con sant’Agostino, tenuto in grande onore dai
Vittorini, possiamo esclamare anche noi: “Vides Trinitatem, si caritatem vides, contempli la Trinità, se vedi la carità” (De Trinitate VIII, 8,12).
25 novembre 2009 - © Editrice Vaticana
Guglielmo di Saint-Thierry
Guglielmo nacque a Liegi tra il 1075 e il 1080. Di nobile famiglia, dotato di un’intelligenza viva e di un innato amore per lo studio, frequentò famose scuole dell’epoca, come quelle della sua città natale e di
Reims, in Francia. Entrò in contatto personale anche con Abelardo, il
maestro che applicava la filosofia alla teologia in modo così originale
da suscitare molte perplessità e opposizioni. […] Rispondendo a quel
misterioso e irresistibile appello di Dio, che è la vocazione alla vita consacrata, Guglielmo entrò nel monastero benedettino di Saint-Nicaise di
Reims nel 1113, e qualche anno dopo divenne abate del monastero di
Saint-Thierry, in diocesi di Reims. In quel periodo era molto diffusa
l’esigenza di purificare e rinnovare la vita monastica, per renderla autenticamente evangelica. Guglielmo operò in questo senso all’interno
del proprio monastero, e in genere nell’Ordine benedettino. Tuttavia
incontrò non poche resistenze di fronte ai suoi tentativi di riforma, e
così, nonostante il consiglio contrario dell’amico Bernardo, nel 1135, lasciò l’abbazia benedettina, smise l’abito nero e indossò quello bianco,
per unirsi ai cistercensi di Signy. Da quel momento fino alla morte, avvenuta nel 1148, si dedicò alla contemplazione orante dei misteri di
Dio, da sempre oggetto dei suoi più profondi desideri, e alla composi14
zione di scritti di letteratura spirituale, importanti nella storia della
teologia monastica.
Una delle sue prime opere è intitolata De natura et dignitate amoris (La
natura e la dignità dell’amore). Vi è espressa una delle idee fondamentali
di Guglielmo, valida anche per noi. L’energia principale che muove
l’animo umano - egli dice - è l’amore. La natura umana, nella sua essenza più profonda, consiste nell’amare. In definitiva, un solo compito è affidato a ogni essere umano: imparare a voler bene, ad amare, sinceramente, autenticamente, gratuitamente. Ma solo alla scuola di Dio questo compito viene assolto e l’uomo può raggiungere il fine per cui è stato creato. Scrive infatti Guglielmo: “L’arte delle arti è l’arte dell’amore…
L’amore è suscitato dal Creatore della natura. L’amore è una forza dell’anima, che la conduce come per un peso naturale al luogo e al fine che
le è proprio” (La natura e la dignità dell’amore 1, PL 184,379). […]
Colpisce il fatto che Guglielmo, nel parlare dell’amore a Dio attribuisca una notevole importanza alla dimensione affettiva. In fondo, cari amici, il nostro cuore è fatto di carne, e quando amiamo Dio, che è
l’Amore stesso, come non esprimere in questa relazione con il Signore
anche i nostri umanissimi sentimenti, come la tenerezza, la sensibilità,
la delicatezza? Il Signore stesso, facendosi uomo, ha voluto amarci con
un cuore di carne!
Una sintesi del pensiero di Guglielmo di Saint-Thierry è contenuta in
una lunga lettera indirizzata ai Certosini di Mont-Dieu, presso i quali
egli si era recato in visita e che volle incoraggiare e consolare. Il dotto benedettino Jean Mabillon già nel 1690 diede a questa lettera un titolo significativo: Epistola aurea (Lettera d’oro). In effetti, gli insegnamenti sulla
vita spirituale in essa contenuti sono preziosi per tutti coloro che desiderano crescere nella comunione con Dio, nella santità. […] A questa perfezione, che Guglielmo chiama “unità di spirito”, non si giunge con lo
sforzo personale, sia pure sincero e generoso, perché è necessaria un’altra cosa. Questa perfezione si raggiunge per l’azione dello Spirito Santo,
che prende dimora nell’anima e purifica, assorbe e trasforma in carità
ogni slancio e ogni desiderio d’amore presente nell’uomo. “Vi è poi
un’altra somiglianza con Dio”, leggiamo nell’Epistola aurea, “che viene
detta non più somiglianza, ma unità di spirito, quando l’uomo diventa
uno con Dio, uno spirito, non soltanto per l’unità di un identico volere,
ma per non essere in grado di volere altro. In tal modo l’uomo merita di
diventare non Dio, ma ciò che Dio è: l’uomo diventa per grazia ciò che
Dio è per natura” (Epistola aurea 262-263, SC 223, pp. 353-355).
2 dicembre 2000 - © Editrice Vaticana
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Catechesi
Catechesi del Papa
Catechesi
Catechesi del Papa
Ruperto di Deutz
Oggi facciamo conoscenza di un altro monaco benedettino del dodicesimo secolo. Il suo nome è Ruperto di Deutz, una città vicina a Colonia, sede di un famoso monastero. Ruperto stesso parla della propria
vita in una delle sue opere più importanti, intitolata La gloria e l’onore
del Figlio dell’uomo, che è un commento parziale al Vangelo di Matteo.
Ancora bambino, egli fu accolto come “oblato” nel monastero benedettino di San Lorenzo a Liegi, secondo l’usanza dell’epoca di affidare
uno dei figli all’educazione dei monaci, intendendo farne un dono a
Dio. Ruperto amò sempre la vita monastica. Apprese ben presto la lingua latina per studiare la Bibbia e per godere delle celebrazioni liturgiche. Si distinse per l’integerrima dirittura morale e per il forte attaccamento alla Sede di san Pietro.
I suoi tempi erano segnati da contrasti tra il Papato e l’Impero, a
causa della cosiddetta “lotta delle investiture”, con la quale, come ho
accennato in altre Catechesi, il Papato voleva impedire che la nomina
dei Vescovi e l’esercizio della loro giurisdizione dipendessero dalle
autorità civili, che erano guidate per lo più da motivazioni politiche
ed economiche, non certo pastorali. Ruperto ci insegna che quando
sorgono controversie nella Chiesa, il riferimento al ministero petrino
garantisce fedeltà alla sana dottrina e dona serenità e libertà interiore.
[…] Nel 1116 gli avversari lo vollero addirittura processare. Benché assolto da ogni accusa, Ruperto preferì recarsi per un certo tempo a
Siegburg, ma poiché le polemiche non erano ancora cessate quando
fece ritorno nel monastero di Liegi, decise di stabilirsi definitivamente in Germania. Nominato abate di Deutz nel 1120, vi rimase fino al
1129, anno della sua morte. Se ne allontanò solo per un pellegrinaggio
a Roma, nel 1124.
Scrittore fecondo, Ruperto ha lasciato numerosissime opere, ancora
oggi di grande interesse, anche perché egli fu attivo in varie e importanti discussioni teologiche del tempo. Ad esempio, intervenne con determinazione nella controversia eucaristica, che nel 1077 aveva condotto alla condanna di Berengario di Tours. Questi aveva dato un’interpretazione riduttiva della presenza di Cristo nel Sacramento dell’Eucaristia, definendola solo simbolica. Nel linguaggio della Chiesa non era
entrato ancora il termine “transustanziazione”, ma Ruperto, adoperando a volte espressioni audaci, si fece deciso sostenitore del realismo eucaristico e, soprattutto in un’opera intitolata De divinis officiis (Gli offi16
ci divini), affermò con decisione la continuità tra il Corpo del Verbo incarnato di Cristo e quello presente nelle Specie eucaristiche del pane e
del vino. dobbiamo anche pensare al nostro tempo; anche oggi esiste il
pericolo di ridimensionare il realismo eucaristico, considerare, cioè,
l’Eucaristia quasi come solo un rito di comunione, di socializzazione,
dimenticando troppo facilmente che nell’Eucaristia è presente realmente Cristo risorto, il quale si mette nelle nostre mani per tirarci fuori
da noi stessi, incorporarci nel suo corpo immortale e guidarci così alla vita nuova. Questo grande mistero che il Signore è presente in tutta la
sua realtà nelle specie eucaristiche è un mistero da adorare e da amare
sempre di nuovo! […] Ruperto ha contributo, con le sue riflessioni, a
questa precisa formulazione. […]
Come altri teologi del Medioevo, anche Ruperto si domandava:
perché il Verbo di Dio, il Figlio di Dio, si è fatto uomo? Alcuni, molti,
rispondevano spiegando l’incarnazione del Verbo con l’urgenza di riparare il peccato dell’uomo. Ruperto, invece, con una visione cristocentrica della storia della salvezza, allarga la prospettiva, e in una sua
opera intitolata La glorificazione della Trinità sostiene la posizione che
l’Incarnazione, evento centrale di tutta la storia, era stata prevista sin
dall’eternità, anche indipendentemente dal peccato dell’uomo, affinché tutta la creazione potesse dare lode a Dio Padre e amarlo come
un’unica famiglia radunata attorno a Cristo, il Figlio di Dio. […]
Nell’interpretazione della Bibbia, Ruperto non si limita a ripetere
l’insegnamento dei Padri, ma mostra una sua originalità. Egli, per
esempio, è il primo scrittore che ha identificato la sposa del Cantico dei
Cantici con Maria santissima. Così il suo commento a questo libro della Scrittura si rivela una sorta di summa mariologica, in cui sono presentati i privilegi e le eccellenti virtù di Maria. L’interpretazione mariana del Cantico di Ruperto è un felice esempio della sintonia tra liturgia
e teologia. Infatti, vari brani di questo Libro biblico erano già usati nelle celebrazioni liturgiche delle feste mariane.
Ruperto, inoltre, ha cura di inserire la sua dottrina mariologica in
quella ecclesiologica. In altri termini, egli vede in Maria santissima la
parte più santa della Chiesa intera. Ecco perché il mio venerato predecessore, il Papa Paolo VI, nel discorso di chiusura della terza sessione
del Concilio Vaticano II, proclamando solennemente Maria Madre della Chiesa, citò proprio una proposizione tratta dalle opere di Ruperto,
che definisce Maria portio maxima, portio optima – la parte più eccelsa, la
parte migliore della Chiesa (cfr In Apocalypsem 1.7, PL 169,1043).
9 dicembre 2009 - © Editrice Vaticana
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Catechesi
Catechesi del Papa
Catechesi
Catechesi del Papa
Giovanni di Salisbury
Giovanni nacque in Inghilterra, a Salisbury, tra il 1100 e il 1120.
Leggendo le sue opere, e soprattutto il suo ricco epistolario, veniamo a conoscenza dei fatti più importanti della sua vita. Per circa
dodici anni, dal 1136 al 1148, egli si dedicò agli studi, frequentando le scuole più qualificate dell’epoca, nelle quali ascoltò le lezioni
di maestri famosi. Si recò a Parigi e poi a Chartres, l’ambiente che
segnò maggiormente la sua formazione e di cui assimilò la grande
apertura culturale. […] Fu presentato a Teobaldo, Arcivescovo di
Canterbury, sede primaziale dell’Inghilterra il quale volentieri lo
accolse nel suo clero. e ebbe con Giovanni di Salisbury una stretta
amicizia. Negli anni successivi alla morte di Adriano IV, avvenuta
nel 1159, in Inghilterra si creò una situazione di grave tensione tra
la Chiesa e il Regno. Il re Enrico II, infatti, intendeva affermare la
sua autorità sulla vita interna della Chiesa, limitandone la libertà.
Questa presa di posizione suscitò le reazioni di Giovanni di Salisbury, e soprattutto la coraggiosa resistenza del successore di Teobaldo sulla cattedra episcopale di Canterbury, san Tommaso Becket, che per questo motivo andò in esilio, in Francia. Giovanni di
Salisbury lo accompagnò e rimase al suo servizio, adoperandosi
sempre per una riconciliazione. Nel 1170, quando sia Giovanni, sia
Tommaso Becket erano già rientrati in Inghilterra, quest’ultimo fu
assalito e ucciso all’interno della sua cattedrale. Morì da martire e
come tale fu subito venerato dal popolo. Giovanni continuò a servire fedelmente anche il successore di Tommaso, fino a quando
venne eletto Vescovo di Chartres, dove rimase dal 1176 al 1180, anno della sua morte.
Delle opere di Giovanni di Salisbury vorrei segnalarne due, che
sono ritenute i suoi capolavori, designate elegantemente con i titoli
greci di Metaloghicon (In difesa della logica) e il Polycraticus (L’uomo di
Governo). Nella prima opera egli, non senza quella fine ironia che
caratterizza molti uomini colti, respinge la posizione di coloro che
avevano una concezione riduttiva della cultura, considerata come
vuota eloquenza, inutili parole. Giovanni, invece, elogia la cultura,
l’autentica filosofia, l’incontro cioè tra pensiero forte e comunicazione, parola efficace. […] Il credente e il teologo, che approfondiscono il tesoro della fede, si aprono anche a un sapere pratico, che
guida le azioni quotidiane, cioè alle leggi morali e all’esercizio del18
le virtù. Scrive Giovanni di Salisbury: “La clemenza di Dio ci ha
concesso la sua legge, che stabilisce quali cose sia per noi utile conoscere, e che indica quanto ci è lecito sapere di Dio e quanto è giusto indagare... In questa legge, infatti, si esplicita e si rende palese
la volontà di Dio, affinché ciascuno di noi sappia ciò che per lui è
necessario fare” (Metaloghicon 4, 41, PL 199, 944-945). Esiste, secondo Giovanni di Salisbury, anche una verità oggettiva e immutabile,
la cui origine è in Dio, accessibile alla ragione umana e che riguarda l’agire pratico e sociale. Si tratta di un diritto naturale, al quale
le leggi umane e le autorità politiche e religiose devono ispirarsi, affinché possano promuovere il bene comune. Questa legge naturale
è caratterizzata da una proprietà che Giovanni chiama “equità”,
cioè l’attribuzione a ogni persona dei suoi diritti. Da essa discendono precetti che sono legittimi presso tutti i popoli, e che non possono in nessun caso essere abrogati. È questa la tesi centrale del Polycraticus, il trattato di filosofia e di teologia politica, in cui Giovanni
di Salisbury riflette sulle condizioni che rendono l’azione dei governanti giusta e consentita.
Mentre altri argomenti affrontati in quest’opera sono legati alle
circostanze storiche in cui essa fu composta, il tema del rapporto tra
legge naturale e ordinamento giuridico-positivo, mediato dall’equità,
è ancor oggi di grande importanza. Nel nostro tempo, infatti, soprattutto in alcuni Paesi, assistiamo a uno scollamento preoccupante tra
la ragione, che ha il compito di scoprire i valori etici legati alla dignità della persona umana, e la libertà, che ha la responsabilità di accoglierli e promuoverli. Forse Giovanni di Salisbury ci ricorderebbe oggi che sono conformi all’equità solo quelle leggi che tutelano la sacralità della vita umana e respingono la liceità dell’aborto, dell’eutanasia e delle disinvolte sperimentazioni genetiche, quelle leggi che rispettano la dignità del matrimonio tra un uomo e una donna, che si
ispirano a una corretta laicità dello Stato - laicità che comporta pur
sempre la salvaguardia della libertà religiosa -, e che perseguono la
sussidiarietà e la solidarietà a livello nazionale e internazionale. Diversamente, finirebbe per instaurarsi quella che Giovanni di Salisbury definisce la “tirannia del principe” o, diremmo noi, “la dittatura
del relativismo”: un relativismo che, come ricordavo qualche anno fa,
“non riconosce nulla come definitivo e lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie” (Missa pro eligendo Romano Pontifice,
Omelia, “L’Osservatore Romano”, 19 aprile 2005).
16 dicembre 2009 - © Editrice Vaticana
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Catechesi
Catechesi del Papa
Giornate
Giornate
Giornata di preghiera e digiuno
in memoria dei missionari martiri
24 marzo 2010
LA MIA VITA APPARTIENE A VOI
(Oscar A. Romero)
Un filo ideale lega ogni 24 marzo al 24 marzo 1980: la celebrazione
annuale di una Giornata di preghiera e digiuno in memoria dei missionari
martiri ha preso ispirazione dal martirio, in quella data, di mons. Oscar
Arnulfo Romero, Arcivescovo di San Salvador.
Trent’anni esatti dunque ci separano da quell’episodio emblematico, ma non unico.
Non unico. Occorrerebbe dire “purtroppo”: ogni martirio, ogni uccisione, ogni assassinio porta con sé il sapore amaro della prevaricazione, dell’ingiustizia, dell’arbitrio, delle peggiori realizzazioni umane. E
porta con sé la frase illuminante di Gesù sulla Croce: “non sanno quello che fanno”. Il ripetersi fin troppo frequente di episodi di martirio tra
i missionari e tra i cristiani rinnovano dolore, smarrimento, talvolta anche paura e rabbia.
Eppure ogni martirio cristiano appartiene alle “beatitudini” di Gesù: “Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo,
diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia” (Mt 5,11). La
beatitudine è certamente proclamata di fronte a Dio e a favore del singolo martire, ma non vi resta estranea per la comunità che si sente privata di un fratello, di una sorella.
Difficile pensare di essere “beati” in quei frangenti. Però sul seme di
Romero, come su quello dei martiri cristiani antichi o contemporanei,
ogni comunità cristiana ha ritrovato anzitutto il senso profondo della
vita secondo il Vangelo e spesso il coraggio di una memoria attiva, non
rassegnata, capace di continuare il cammino con uno slancio migliore.
“La mia vita appartiene a voi”. Romero ha vissuto la logica di una
vita ricevuta che si trasforma in vita donata: una logica in verità normale, quotidiana, per tutti i discepoli di Gesù.
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Turibio Alfonso de Mogrovejo
Turibio Alfonso de Mogrovejo nacque a Mayorga de Campos (Leòn), in
Spagna, il 16 novembre
1538. Fin dall’infanzia
mostrò una grande inclinazione alla pietà. Trovava infatti la sua delizia
nell’adornare gli altari,
nel recitare il rosario e
l’ufficio della Madonna,
nel digiunare tutti i sabati
in onore di lei. Con la devozione concepì un grande orrore al peccato, per
sfamare i poveri si privava sovente di una parte
del suo pranzo.
Turibio frequentò con
profitto le scuole pubbliche prima a Valladolid, e
quindi presso l’Università
di Salamanca, dove si laureò in Giurisprudenza. Filippo II, re di Spagna, venuto a conoscenza della virtù e del sapere di
lui, nel 1575, benché semplice laico, lo nominò presidente del Tribunale dell’Inquisizione a Granada. Il santo adempì per cinque anni il suo
compito con tanta competenza e tatto che si attirò l’ammirazione di
tutti.
Nel 1580 fu chiamato all’episcopato come vescovo di Lima, in Perù. Invano Turibio ricorse alla sua sottigliezza di giurista per argomentare contro la legittimità del decreto che conferiva a un laico una
tale carica. Il re e la Santa Sede gli ordinarono in nome dell’obbedienza di accettare. Conformato alla volontà di Dio, piegò il capo e si pre21
Il santo del mese
Testimoni di santità
Il santo del mese
Testimoni di santità
parò all’ordinazione con lo studio e la preghiera. A 43 anni, nel 1581,
fu ordinato prete, consacrato vescovo e insediato nell’immensa diocesi peruviana.
Quell’atto di umiltà e di sottomissione fu per lui la sorgente di abbondanti grazie, il cui effetto si manifestò in seguito nell’esercizio del
sacro ministero.
Per 25 anni visse esclusivamente al servizio del popolo di Dio. Diceva infatti: «Il tempo è l’unico nostro bene, e ne dovremo rendere
strettissimo conto!». Fu il vero organizzatore della Chiesa in America,
attraverso i dieci sinodi diocesani e i tre sinodi provinciali, il più importante dei quali fu il primo, celebrato a Lima nel 1582 la cui efficacia
può essere paragonata a quella del Concilio di Trento; nel 1591 fondò
il primo seminario dell’America; intervenne con energia contro i diritti particolari dei religiosi, che stimolò ad accettare le parrocchie più
scomode e disagiate; quasi raddoppiò il numero delle «Doctrinas» o
parrocchie, che passarono da 150 a oltre 250.
Una consumata prudenza congiunta ad uno zelo attivo e vigoroso
gli appianarono le difficoltà.
Era disposto ad affrontare i più grandi pericoli per procurare il minimo vantaggio spirituale anche ad una sola anima. Quando veniva a
conoscenza che dei poveri indiani, per sfuggire alle barbarie dei loro
oppressori, erravano su per le montagne o nei deserti, egli andava a
consolarli, a prenderne le difese a costo di qualsiasi sacrificio. Fu visto
inerpicarsi, a dorso di mulo, sulle più scoscese montagne, coperte di
neve o di ghiaccio, per catechizzare, cresimare, regolarizzare matrimoni e confortare i poveri indiani che vivevano in miserabili capanne. Sovente viaggiava a piedi e, per attirare sulle anime a lui affidate le più
abbondanti grazie del Signore, pregava e digiunava.
Ogni mattina si confessava e celebrava la Messa con grande pietà.
La gloria di Dio era il fine di tutto quello che faceva.
Turibio si ammalò nella Valle di Pacasmago, a 440 chilometri da
Lima, nel corso della terza visita pastorale.Tutto quello che era di
suo uso lo donò ai domestici, il resto dei suoi beni lo lasciò per testamento ai bisognosi, che si compiaceva di chiamare i suoi creditori.
Egli aveva sempre sulle labbra le parole di S. Paolo: “Desidero morire per andare con Gesù”. Morì il 23 marzo 1606, venerdì santo, pronunciando, con Gesù in croce, le parole: “Nelle tue mani, o Signore,
raccomando il mio spirito”. Fu beatificato da Innocenzo XI nel 1679
e canonizzato da Benedetto XIII nel 1726. La sua memoria liturgica
ricorre il 23 marzo.
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Artemide Zatti
1880 - 1951
Nella vita di Artemide Zatti
possiamo scorgere senza nessuna ombra l’autenticità di
un’esperienza umana e cristiana che nell’ordinario della
scelta quotidiana per il prossimo trova la pienezza dell’esistenza umana e della vocazione cristiana.
Artemide Zatti nasce in
provincia di Reggio Emilia il
12 Ottobre 1880. A nove anni
lavorava come bracciante e nel
1897 emigra con la sua famiglia in Argentina stabilendosi a
Bahia Blanca.
In questa nuova terra Artemide entra in contatto con la
presenza dei Salesiani e uno di
questi diviene suo direttore
spirituale. In Artemide era già presente il desiderio della consacrazione al Signore e vede nel carisma di San Giovanni Bosco la via per realizzare la sua vocazione personale.
Purtroppo si ammala gravemente; come lui stesso testimonierà
sempre, guarì dopo aver invocato l’intercessione di Maria Ausiliatrice
a cui fu sempre legato da grande e filiale devozione per tutta la vita.
Trascorso il periodo della formazione emise i voti nella famiglia religiosa salesiana nel 1911 scegliendo di vivere da fratello laico.
Come infermiere si prodigò per tutta la vita a favore degli ammalati e dei deboli, in ospedale, nelle case, per le vie delle città argentine dove svolse il suo impegno pastorale.
Si diffuse la fama di quest’uomo semplice che in nome di Cristo era
sempre pronto a spendersi totalmente per tutti i bisogni dei poveri che
a lui accorrevano. Secondo l’insegnamento di Don Bosco non abbandonò mai un giovane in difficoltà adoperandosi anche per il sostenta23
Mirabile è Dio nei suoi santi
Testimoni di santità
Mirabile è Dio nei suoi santi
Testimoni di santità
mento e la crescita umana e spirituale di tanti ragazzi per i quali era solito andare in cerca anche dei vestiti di cui avevano bisogno.
Nel 1950 in Artemide si manifestarono i sintomi di un male incurabile. Continuò a svolgere la sua attività ancora per un anno, accettando la sofferenza, fino al 15 marzo 1951 giorno in cui terminò il suo
cammino terreno circondato dall’affetto e dalla gratitudine di un intero popolo.
Giovanni Paolo II lo ha beatificato il 14 Aprile 2002. In quel giorno,
delineando la figura del beato Artemide Zatti il Papa sottolineò con
forza la totale dedizione all’apostolato: “In Argentina, Zatti scoprì la
sua vocazione salesiana, che si concretizzò in un servizio agli infermi
appassionato, competente e pieno di amore. I quasi cinquant’anni trascorsi a Viedema rappresentano la storia di un religioso esemplare,
puntuale nel compiere i suoi doveri comunitari e completamente dedito al servizio dei bisognosi. Che il suo esempio ci aiuti ad essere sempre consapevoli della presenza del Signore e ci porti ad accoglierlo in
tutti i fratelli bisognosi!”.
Può condividere intimamente la passione di Cristo solo
colui al quale è dato di incontrare sofferenze simili alle sue.
Ecco perché la croce è sempre pronta perché tu vi salga, e ti
aspetta dappertutto. Non puoi evitarla, dovunque tu corra,
perché, in qualsiasi posto tu vada hai sempre a che fare con
te stesso, ti trovi sempre di fronte a te stesso. Volgiti verso
l’alto o verso il basso, esci da te o entra nel tuo intimo: dappertutto troverai la croce.
È indispensabile che tu abbia sempre il coraggio della pazienza, se vuoi avere la pace interiore e raggiungere la gioia
definitiva... Perché solo passando per molte sofferenze si entra
nel Regno di Dio (Atti 14, 21).
da Imitazione di Cristo
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A l - H a l l a g giusto tra le genti
(+922)
Ti fa posto il mio cuore tutto intero, lì non c’è spazio per cosa creata.
Tra la pelle e le ossa Ti trattengo, che ne sarà di me se mai Ti perdo?
Il Tuo Spirito s’è impastato col mio, come l’ambra col muschio odoroso.
Se qualcosa Ti tocca, mi tocca: non c’è più differenza, perchè Tu sei me.
I pellegrini vanno alla Mecca, e io da Chi abita in me,
vittime offrono quelli, io offro il mio sangue e la vita.
C’è chi gira attorno al Suo tempio senza farlo col corpo,
perchè gira attorno a Dio stesso, che dal rito lo scioglie.
Ho visto il mio Signore con l’occhio del mio cuore,
Gli ho chiesto: “Chi sei?”, m’ha detto: “Tu!”.
Il Tuo “dove” non appartiene al “dove”, ché in Te nessun “dove” esiste.
Né c’è un’immagine da immaginare che ci faccia scoprir dove Tu sei.
Tu sei Colui che contiene ogni “dove” fino al “non-dove”: e dove mai sei Tu?
Nel mio estinguermi s’estingue l’estinzione e nella mia estinzione
T’ho trovato. (dal Di-wa- n)
Queste sono le parole del
maestro sufi Al-Hallag che all’alba del 27 marzo 922, muore
decapitato, dopo una notte intera passata in agonia su di un
patibolo a forma di croce, perdonando i suoi carnefici. Nativo del villaggio persiano di Tur,
Husayn ibn Mansur Al-Hallag
era stato educato da giovane
nelle scuole coraniche e sufi
della sua terra.
Sposatosi, andò in pellegrinaggio alla Mecca, dove restò
a lungo in meditazione. Lì,
sperimentò come non mai la
verità dell’amore di Dio nella
sua vita e, a partire da questo,
25
Un maestro sufi
Testimoni di santità
Un maestro sufi
Testimoni di santità
il senso nuovo e profondo che le Scritture gli disvelavano. Uomo di
temperamento forte, Al-Hallag decise di rompere ogni legame col
proprio passato per darsi alla predicazione itinerante di una Verità
che, pur non posseduta, lo accompagnava ormai come un tormento.
Attraversò Iraq e Persia, per annunciare la via di una più intima relazione con Dio, tornò nuovamente alla Mecca e dopo un breve soggiorno in famiglia, partì alla volta dell’India e del Turkestan cinese
per una missione tra i pagani. Dopo dodici anni di attività missionaria e un ulteriore pellegrinaggio alla Mecca, Al-Hallag si stabilì a Baghdad e decise di iniziare un pellegrinaggio interiore nel proprio
cuore, vera dimora di Dio. La sua identificazione amorosa con
l’Amato, meta di ogni sufi, lo portò a formulare insegnamenti ritenuti fortemente sovversivi, fino alla celebre affermazione: «Io sono
la Verità», con la quale, lungi dal proclamarsi l’incarnazione di Allah, egli voleva semplicemente ricordare che solo chi fa totalmente
spazio in sé all’Altro può giungere a proclamare l’unità divina e il
nome ineffabile di Dio. Ma il suo invito al pellegrinaggio interiore fu
inteso come una condanna del pellegrinaggio alla Mecca, pilastro
della religione islamica, molti altri sufi gli rimproveravano di aver
rivelato “i segreti del Re”, fu tradito da uno dei suoi discepoli, Al-Hallag, venne arrestato e gettato in prigione, dove resterà dodici anni,
continuando ad ammaestrare i suoi compagni di prigionia e i suoi
visitatori. Infine Al-Hallag fu condannato a morte.
Nella sua Passione, narrata in modo straordinario dai suoi discepoli, egli poteva così consumare la propria ricerca di Dio, facendo totalmente spazio nella propria vita alla presenza divina nel sacrificio, per
amore, della propria carne.
La memoria di Al-Hallag e della sua passione d’amore per l’Unico
è uno dei messaggi contro l’idolatria più forti che la storia delle religioni abbia offerto all’intera umanità.
26
Meta formativa apostolica
Formazione
Meta formativa apostolica
Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio del Signore,
ascoltino gli umili e si rallegrino...
Ho cercato il Signore e mi ha risposto
da ogni timore mi ha liberato.
Guardate a Lui e sarete raggianti,
questo povero grida e il Signore lo ascolta,
lo libera da tutte le sue angosce. (Dal salmo 33)
Il tempo di Quaresima è un tempo favorevole:
l’ascolto della Parola, la preghiera, il silenzio ci aiutano a rientrare in noi stessi, a prendere coscienza della nostra povertà e
invocare la presenza del Signore.
Tale atteggiamento orienta il nostro rapporto
con Dio
abbiamo bisogno di
fare silenzio per ascoltare
la sua voce,
abbiamo bisogno di fare il
vuoto in noi
per gustare la sua
presenza;
con gli altri
con noi stessi
con l’ambiente
non ricordiamo più le cose
passate,
non pensiamo più alle cose
antiche;
vogliamo accorgerci delle
cose nuove
che il Signore crea;
vogliamo essere
ambasciatori con la nostra
testimonianza e con le
nostre azioni per
annunciare
ai fratelli che “il Signore è
vicino a chi lo cerca”;
la violenza, l’egoismo,
l’indifferenza diminuiscono
quando negli ambienti di
vita diventiamo operatori di
pace, annunciatori della
Buona Novella, testimoni
autentici.
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Simposio Pro Sanctitate
Formazione
SIMPOSIO PRO SANCTITATE
Eucarestia, carità e santità I
PROF. MARIO PANGALLO II
Il rapporto essenziale tra santità e perfezione della carità è affermato costantemente nella tradizione spirituale e nella riflessione teologica della Chiesa, in ogni scuola di pensiero. S. Tommaso d’Aquino propone pagine bellissime su questo tema; nella Summa Theologiae scrive:
“Ogni realtà si dice perfetta in quanto raggiunge il proprio fine, che è
la sua ultima perfezione, Ora, è proprio la carità a unirci a Dio, che è
l’ultimo fine dell’anima umana: poiché, come dice il Vangelo (1Gv 4,
16), chi dimora nella carità dimora in Dio, e Dio in lui. Perciò la perfezione della vita cristiana consiste specialmente nella carità”1. I fattori
che concorrono alla santificazione sono molteplici; ma il costitutivo
proprio dell’essenza della perfezione cristiana è la carità, intesa come
unione con Dio in Cristo; l’Eucaristia significa sacramentalmente tale
unione e la realizza efficacemente con la grazia sacramentale, purché
l’uomo non opponga ostacolo, lasciandosi guidare docilmente dallo
Spirito e cooperando responsabilmente con la propria libertà. La cariI
II
1
L’intero testo della relazione su ALLEANZA, CHIAMATA, SANTITÀ per una antropologia ottimista, Atti del IV Convegno di Studi su Guglielmo Giaquinta, ed. Pro Sanctitate, Roma 2009.
Docente Pontificia Università Gregoriana e Lateranense.
S. Theol., II-II, q. 184, a.1.
28
tà cristiana trasforma l’uomo assimilandolo al Supremo Bene, a Dio,
amato con tutte le forze, sopra ogni cosa2. La realtà amata (Dio stesso)
diventa così la “forma” di colui che ama e opera nel soggetto, affinché
possa crescere nell’amore all’infinito: “Chi si unisce al Signore forma
con lui un solo spirito” (1Cor 6, 17), realizzando così quanto richiesto
da Gesù al Padre per i discepoli: “Come tu, Padre, sei in me e io in te,
siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato
…/…/… Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità …” (Gv
17, 21.23). Nella carità il credente si inserisce nello stesso dinamismo
dell’amore divino, nel dinamismo della grazia, che è appunto partecipazione alla vita divina, e in tal modo agisce secondo la volontà, il progetto, le esigenze, la regola dello Spirito di Dio, per il Regno dei cieli e
per la propria vera felicità. La carità esprime la santità come “vincolo
di perfezione”3, per cui il “Santo”, vive per Cristo, secondo le parole
dell’Apostolo Paolo: “Non sono più io che vivo ma è Cristo che vive in
me” (Gal 2, 20).
Il cammino di santificazione può così procedere in perfetta sintonia
con l’amato, con Gesù nostro liberatore, nella prospettiva escatologica
dell’Ultimo Fine: “Ora liberati dal peccato e fatti servi di Dio - afferma
S. Paolo - raccogliete il frutto per la vostra santificazione e come traguardo avete la vita eterna. Perché il salario del peccato è la morte; ma
il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore”4. In Gesù
Dio ci chiama amici 5 e la carità assume le caratteristiche di un amore
di amicizia soprannaturale con Dio e con i fratelli, che mira alla piena
comunione6. La mistica approfondisce tutta la ricchezza dell’unione
con Dio mediante la carità alla luce di intense esperienze personali, che
gli scritti dei mistici ci permettono, in certa misura, di conoscere: basti
pensare al ruolo della carità che S. Giovanni della Croce illustra magistralmente sia nel Cantico spirituale sia nella Fiamma viva. Attraverso
l’esercizio delle virtù teologali, con il primato della carità, l’uomo si
predispone alla contemplazione soprannaturale, dono di Dio che compie l’itinerario di santificazione, offrendo nell’intimo incontro amoroso
personale una pregustazione della visione beatifica. Per Giovanni del2
3
4
5
6
Cf. Dt 6, 5; S. Tommaso, In 3 Sent., dist. 27, q. 1, a. 1.
Cf. Col 3, 14. Sull’eccellenza della carità secondo S. Paolo è ben noto l’ “inno alla carità” della I lettera ai Corinzi (13, 1-12).
Rom 7, 22-23.
Cf. Gv 15, 15; Cost. Dei Verbum, n. 2.
Cf. S. Theol., II - II, q. 24, a. 9.
29
Simposio Pro Sanctitate
Formazione
Simposio Pro Sanctitate
Formazione
la Croce, infatti, la contemplazione è “una infusione segreta, pacifica e
amorosa di Dio la quale, se lasciata libera, infiamma l’anima nello spirito d’amore”7. L’unione con Dio nella carità, significata e realizzata sacramentalmente dall’Eucarestia, è vissuta, nel vertice del cammino
personale di santificazione, nella forma della contemplazione infusa,
in cui Dio si dona all’uomo in una sorta di “matrimonio spirituale”, secondo la terminologia della mistica nuziale. Lo Spirito Santo si presenta come “fiamma d’amore”, come Spirito dello Sposo dell’anima umana, trasformando la vita dell’uomo nuovo in una vita piena di amore:
nella carità perfetta l’uomo si santifica manifestando soggettivamente
il suo essere deiforme e cristiforme, il suo essere conformato a Cristo:
questa conformazione è ricevuta in dono, oggettivamente, con il Battesimo. Poiché il dono di Dio è infinito, l’amore è infinito e la meta è il
Bene infinito, non c’è limite alla crescita nella carità e nella santità. Scrive S. Tommaso a questo proposito: “La carità non ha un limite di aumento nella natura della propria specie, essendo essa una partecipazione dell’infinita carità, che è lo Spirito Santo. Parimenti, la causa che
accresce la carità, cioè Dio, è di una potenza infinita. Così pure non si
può fissare un limite per parte del soggetto: poiché con il crescere della carità, cresce sempre di più l’attitudine a un ulteriore aumento. Dunque all’aumento della carità non si può fissare alcun limite nella vita
presente”8. Il dono della santità come perfezione della carità si manifesta in noi nella comunione ecclesiale, nel farsi dono per gli altri, nell’amore vicendevole, nell’amore del prossimo che discende dall’amore
di Dio: un tema fondamentale, conosciutissimo, della spiritualità e della teologia cristiana, che non occorre sviluppare. È importante, per il
nostro discorso, sottolineare ancora una volta la “radice” eucaristica
della carità cristiana, perché l’Eucarestia “fa la Chiesa”, e quindi significa, esprime e realizza la comunione: assieme al Battesimo, è l’origine
sacramentale della dimensione sociale della santità del cristiano; come
ben si esprime Mons. Giaquinta, il santo è “uomo sociale”, che si mette in sintonia con il momento storico e, facendosi guidare dallo Spirito
Santo, si spende per la santificazione degli uomini del proprio tempo,
amandoli profondamente, anche attraverso la realizzazione di concrete opere sociali in loro favore9.
7
8
9
Notte, 1, 10, 6.
S. Theol., II - II, q. 24, a. 7.
Cf. G. GIAQUINTA, La santità, cit., pp. 104-112.
30
Non posso ora approfondire il nesso tra l’Eucaristia, “Sacramentum
caritatis”, e la dimensione sociale della santità cristiana; molto belle sono le pagine che dedica Benedetto XVI a questo tema nella Esortazione postsinodale Sacramentum caritatis, trattando delle “implicazioni sociali del Mistero eucaristico” e della “santificazione del mondo”10. Possiamo dire, in breve, che l’Eucarestia racchiude insieme il mistero della santità di Cristo e della santità della Chiesa; la Chiesa è santa perché
nasce e si nutre dell’amore sponsale di Cristo e viene ricolmata dalla
Carità Increata (grazia increata), cioè dallo Spirito Santo, come leggiamo nel numero 39 della Lumen Gentium.
Sulla base di quanto detto finora possiamo dire che, dal punto di
vista della santità offerta da Dio come dono, non c’è differenza tra chi
ha appena ricevuto il Battesimo ed un cristiano giunto ai vertici della
vita mistica; la differenza si coglie nello sviluppo di tale dono accolto
nella fede verso una compiutezza, che è resa possibile dalla grazia divina e dalla carità soprannaturale in quanto informano e guidano la libera volontà del credente. La santità è vocazione e richiede la risposta
del chiamato, cioè il suo “si” a fare la volontà del Dio che chiama e che
si fa dono. “Santità - scrive Paul Claudel ne L’Annuncio a Maria - non è
farsi lapidare in terra di Paganìa o baciare un lebbroso sulla bocca, ma
fare la volontà di Dio, con prontezza, si tratti di restare al nostro posto,
o di salire in alto”11. In questo senso Gesù, il Santo di Dio, è il modello
della santità, perché anche nella sua umanità ha obbedito prontamente al Padre, pronunciando il suo “eccomi”: “Sono disceso dal cielo - dice Gesù ai discepoli – non per fare la mia volontà, ma la volontà di Colui che mi ha mandato” (Gv 6, 38); e ancora: “Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato - (cioè del Padre) - e compiere le sue opere” (Gv 4, 34). Santità è conformarsi a Cristo nella piena obbedienza alla Volontà di Dio Padre.
10
11
Cf. Sacramentum caritatis, nn. 88-92.
P. CLAUDEL, L’Annuncio a Maria. Prologo; trad. it. Di F. CASNATI, Edizioni Messaggero,
Padova, 1982, p. 52.
31
Simposio Pro Sanctitate
Formazione
Gli scritti del Fondatore
Gli scritti de
Il santo di oggi:
nella Chiesa per il mondo (2)
S. Paolo nella lettera ai Colossesi (1,15-23) e in quella agli Efesini sottolinea il dovere della nostra santità che scaturisce dalla santità di Cristo.
Il Verbo è il primogenito, noi siamo i secondogeniti, il Verbo è immacolato e senza macchia, è irreprensibile, noi come il Verbo, come Gesù, dobbiamo diventare senza macchia, santi e immacolati (cfr Ef 1,
3ss). Noi siamo stati quindi creati per essere lode di Dio, noi, che abbiamo sperato in Cristo. Il piano di Dio è chiaro.
Cristo diventa la «recapitulatio», il passaggio, il tramite, colui che
crea il ponte (cioè il pontefice), il mediatore attraverso cui l’umanità arriverà alla santità del Padre. Questo è un disegno molto bello e teologicamente seducente, che ha bisogno però di essere concretizzato.
Quale significato concreto esso può avere oggi?
In che modo, praticamente, oggi è possibile parlare di una simile
«discesa» di santità (quasi una cascata) dal Padre al Verbo, alla Chiesa,
alla umanità e quindi del ritorno pellegrinante dell’umanità verso
l’amore del Padre?
Spesso si dice che l’umanità cammina verso Cristo. Non si può negare che c’è all’interno dell’umanità una fermentazione positiva; basti pensare agli ideali, oggi immensamente più sentiti di una volta, di solidarietà, di corresponsabilità, di libertà, di opposizione alla violenza sistematizzata. Valori, questi che, indubbiamente, nascono dal messaggio di Cristo.
Sotto questo aspetto si può dire che globalmente, la umanità cammina verso Cristo, ma non certo che all’interno di una simile maturazione ci sia anche una maturazione verso la santità, verso la pienezza
dell’amore, verso quell’«Audi Israel», verso l’amore di Cristo e un autentico amore ai fratelli.
Dinanzi alla situazione così agitata dei tempi nostri, di violenza sistematica in tutti i sensi e in tutti i modi, in cui il sacro e il divino tendono a scomparire sempre più, non perché non abbiano valore in se
stessi, ma perché la società tende gradualmente ad eliminarli in cui si
tende ormai a fare a meno di Dio, di Cristo e della Chiesa, in cui l’uomo avverte in modo veramente impressionante la propria autosufficienza, come parlare di quella cascata di amore cui si accennava, di un
cammino verso Cristo e verso il Padre?
32
L’ora della povertà è anche l’ora di Dio, l’ora dell’amore. Il momento della povertà dell’uomo è il momento della potenza di Dio, è il momento dell’amore.
È questa la tematica di fondo della lettera ai Romani, nella quale,
facendo l’analisi della situazione del mondo a lui contemporaneo, S.
Paolo arriva a concludere che è proprio nel momento in cui il mondo
tocca il fondo della abiezione che scocca l’ora di Dio: il mondo sente
il bisogno di Dio appunto perché ha l’esperienza della propria incapacità e della propria impotenza e quindi, giunto al limite, sente il bisogno di qualche cosa che sia al di sopra di se stesso e che possa essergli di aiuto.
Oggi ci si trova nella situazione di Paolo (di una umanità implorante aiuto) e quindi c’è la probabilità che questa umanità che implora un
aiuto possa ascoltare la parola di Dio, a condizione, però, che, oggi come ieri, ci sia una voce come quella di Paolo, e che il mondo riesca ad
avere (come quel tempo ebbe il grande Paolo) santi autentici, dei santi
«moderni» che rispondano alle esigenze di oggi, che sappiano risolvere i problemi di oggi.
Quali dovrebbero essere le caratteristiche del santo di oggi?
Quale dunque il santo di oggi? In primo luogo un uomo aperto, che
abbia la capacità di cogliere il pullulare di bene, di ansie, di attese, di
speranze, che sappia cogliere nei movimenti che attorno nascono, fioriscono e forse muoiono, la voce implorante dello Spirito, una creatura, cioè, aperta a tutte le suggestioni dello Spirito. Non è possibile rinchiudersi nei vari schematismi, ma è necessario avere l’ampiezza del
cuore di Cristo e di Paolo nella piena fedeltà alla Chiesa, ma con l’ampiezza della chiesa stessa. Il santo moderno, quindi, deve avere un senso di ampiezza e di percezione dei valori positivi anche tra le realtà negative con il senso di ottimismo che nasce appunto dalla certezza che
è lo Spirito che agisce, non dimenticando che anche la maturazione del
mondo verso alcuni ideali, cui si è già accennato prima, è opera dello
Spirito: è lo Spirito che agisce nel mondo, senza che questo ne abbia la
percezione, spingendolo verso Cristo. Di qui la necessità di saper valorizzare gli aspetti positivi di un mondo che resiste allo Spirito.
Secondo elemento è quello della gioia. Ormai il mondo è irretito di
tristezza, di paura, di terrore, va cercando sguardi che siano pieni di
serenità e di gioia: la felicità è la ricerca profonda del cuore umano. Se
realmente crediamo in Cristo, se abbiamo trovato la nostra felicità in
lui dobbiamo emanare, ispirare gioia. Quante volte siamo tristi, abbattuti, pessimisti, non diamo serenità attorno a noi, non diamo gioia! Oc33
Gli scritti del Fondatore
el Fondatore
Gli scritti del Fondatore
Gli scritti del Fondatore
corre avere la capacità di superare le piccole mille cose che a volte possono esserci nella vita di ciascuno per avere spazi più ampi, per dare
quella gioia profonda che ci viene dal possesso di Cristo.
Altro aspetto è il dinamismo. Siamo in un tempo di dinamismo e di
attività, il mondo attorno a noi si muove. I figli delle tenebre - così possiamo chiamarli con termine evangelico - sono scaltri, più capaci, più
dinamici dei figli della luce.
Non è possibile starsene tranquillamente a contemplare la bontà del
buon Dio che abita in noi con la sua presenza trinitaria, mentre il mondo attorno crolla, sereni solo di avere con noi il Signore, disinteressandosi del resto. Il Signore non ha fatto così, il Signore si è donato. Paolo
accanto all’altissima contemplazione aveva il massimo della donazione e del dinamismo.
È il momento di agire, non nel senso della fattualità puramente materiale, ma del dover portare Cristo, e ripetere con S. Paolo la esigenza
di evangelizzazione e di sentire la spinta interiore: «guai a me se non
avrò evangelizzato, perché l’amore di Cristo mi spinge e mi brucia
dentro». (cf ICor 9, 16).
Oggi c’è bisogno di leaders, di animatori, di persone che sappiano
prendere in mano le redini, le situazioni. Molto spesso ci sono tante attese e tante speranze che non si concretizzano perché manca qualcuno
che abbia il coraggio di assumersi la responsabilità, di pagare in proprio e andare avanti. Occorrono dei rivoluzionari dell’amore, persone
capaci di creare attorno a sé un movimento rivoluzionario dell’amore,
così come gli altri sanno fare nell’odio e nella violenza.
Tutto questo esige la perdita del proprio spazio e del proprio tempo
per donarsi. È indispensabile uscire dal proprio guscio per darsi agli altri, uscire dal proprio egoismo, dalla propria autosufficienza, dalla commiserazione di se stessi, dalle personali problematiche, dagli eventuali
complessi che a volte attanagliano, perché gli altri hanno bisogno di
noi, della nostra donazione, di quel Dio di cui abbiamo la presenza e il
possesso datoci dall’esperienza. Ma è solo nell’amore verso il Signore,
Dio nostro Padre, verso Cristo e lo Spirito, e nell’amore autentico ai fratelli, che è possibile trovare la forza di darsi a un simile ideale uscendo
da se stessi e quindi trovare la motivazione della propria santità.
Questo è il santo di cui oggi il mondo ha bisogno.
Viene da chiedersi: sono io una persona di questo tipo? In caso di
risposta negativa perché non dire: da oggi comincia la mia vita nuova
della santità, secondo le esigenze del mondo di oggi?
G. Giaquinta, La santità, 48-53
34
Incontro per la famiglia
Formazione
Pasqua: vita nuova per la famiglia
Scheda di catechesi
Giovanni 13, 1-15
Giovanni 19, 31-42
Giovanni 20, 1-9
Da Christifideles laici n. 12
Mediante il Sacramento del battesimo Gesù unisce il battezzato alla sua morte per unirlo alla sua resurrezione (Rom 6, 3-5), lo spoglia
dell’uomo vecchio” e lo riveste dell’”uomo nuovo”, ossia di se stesso:
“Quanti siete stati battezzati in Cristo proclama l’apostolo Paolo vi siete rivestiti di Cristo” (Gal 3, 27; Ef 4, 22-24; Col 3, 9-10). Ne risulta che
‘noi pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo’ (Rom 12, 5).
Da Familiaris Consortio
n. 55
La famiglia cristiana è chiamata a santificarsi e a santificare la comunità ecclesiale e il mondo.
n. 57
L’Eucaristia è la fonte stessa del matrimonio cristiano.
n. 59
La preghiera insieme permette di cogliere “l’intervento dell’amore
di Dio nella storia della famiglia”.
Dagli scritti del Servo di Dio Guglielmo Giaquinta
La famiglia acquista, nell’opera redentiva, una posizione nuova:
quella di un amore dato e ricevuto. Amore che, all’interno di essa, si attua nell’amore verso Dio e tra i suoi membri, all’esterno si dilata in un
amore verso la Chiesa e verso gli uomini tutti.
[…]
Cristo è risorto da morte.
La gioia di Maria sua madre, di Maria Maddalena e poi degli Apostoli chi potrà mai misurarla? Ma come Gesù è morto per noi, così pure per
noi Egli è risorto. Per noi: perché la nostra vita fosse ripetizione della sua
35
Incontro per la famiglia
Formazione
gloriosa. Quanti fratelli vivono, attorno a noi, come se Cristo non fosse
risorto! Dobbiamo sentire il dovere di andare da loro, di scuoterli, di ripetere ad essi che, dopo la Pasqua, dobbiamo iniziare una vita nuova.
[…]
L’amore, un amore gratuito, non cerca se stesso, non cerca la propria
realizzazione, non cerca il proprio futuro: ama. “Perche ami?” ci domanda S. Bernardo. “Amo perché amo”. Voi direte che è un amore istintivo; si, sarà un amore istintivo, ma quando l’oggetto di questo amore è
il Signore, allora veramente vale questo “amo perché amo”. Se riuscissimo ad avere la gratuità dell’amore di Maria di Magdala, quanto la nostra vita sarebbe differente! Non cercheremmo noi stessi, ma solo Colui
al quale ci siamo donati. Ed è il primo aspetto di questo amore.
Secondo aspetto, anche questo importante: amore coraggioso. Dice
Giovanni: “all’alba, di prima mattina”, Maria di Magdala, forse sola perché dal testo non appare che sia andata con le altre donne - quando
ancora non ci si vede, esce da casa e va verso il sepolcro: non trova, torna indietro a riferire che qualcuno ha portato via il corpo di Gesù e poi
ritorna, senza paura. (...)
Come può una donna sola prendere un cadavere e portarlo via? Ma
Maria di Magdala non calcola perchè è questo il suo amore. È questo
tipo di amore che non calcola, coraggioso, che noi dovremmo riuscire
ad avere nella nostra vita personale, di famiglia, di apostolato.
Il terzo elemento, che è il più bello, il più dolce, su cui molto non
possiamo dire, che possiamo solo intuire, perché il Vangelo lo accenna
appena con una frase di Gesù. Quando c’è il dialogo tra Gesù -il presunto ortolano - e Maria di Magdala, Gesù le dice: “Maria!” e lei dal
suono della voce riconosce che è il Maestro, si volta: “Rabbuni, Maestro mio!” e si getta ai suoi piedi.
Quanto tempo Maria di Magdala sarà rimasta avviticchiata ai piedi del
Maestro? che cosa avrà pensato, che cosa avrà capito della Risurrezione?
Forse non ha pensato niente, perché la gioia era troppo grande e in lei si
era sprigionato l’amore di tenerezza che aveva sempre nutrito verso il suo
Maestro, il suo Gesù; e se non fosse stato il Maestro a dirle: Maria, basta...
- non so se voleva dire: non esagerare, oppure: ci sono altre cose da fare.
La frase di Gesù: non sono ancora salito al Padre mio, ci dischiude un orizzonte meraviglioso: il tempo in cui non ci sarà più tempo e noi potremo
rimanere con Maria di Magdala avviticchiati ai piedi di Gesù.
E ancora un ultimo aspetto di questo amore, quello missionario. Gesù le dice: “Va’ dai miei fratelli - è la prima volta che chiama gli Apostoli fratelli - e di’ loro che sono risorto e li aspetto in Galilea”. E Maria
36
di Magdala lascia la stretta di amore e corre verso gli Apostoli: non le
crederanno, come non crederanno neppure alle pie donne, ma Maria di
Magdala è felice, non le importa se credono o non credono, non le importa se i due discepoli se ne vanno verso Emmaus “perché le nostre
donne ci hanno terrorizzato, dicendo di aver visto gli angeli”. A Maria
di Magdala tutto questo non interessa, lei ha un compito ben determinato da attuare, da vivere; quindi va e parla agli Apostoli, ai discepoli,
alle altre donne, che non hanno visto il Signore.
Se riuscissimo ad avere anche noi questo amore gratuito, coraggioso, di tenerezza, missionario, non pensate che sarebbe una Pasqua meravigliosa per noi tutti?
E concludo con una domanda: bello, direi seducente, questo amore
di Maria di Magdala verso Gesù; ma se tale era l’amore di Maria di
Magdala, quanto più grande, più bello, più seducente l’amore di Maria Immacolata verso suo Figlio?
[…]
La Pasqua è il momento della gioia, però deve essere anche il momento della riflessione, dell’attenzione, perche ci insegni qualche cosa, sì che
la nostra vita d’ora in poi, per lo meno in qualche modo, possa cambiare.
Riflessione
La celebrazione della Pasqua in famiglia permette di rivivere con
intensità il mistero redentivo.
Il Giovedì Santo permette di riscoprire l’eccessivo amore del Padre
rivelato in Cristo Gesù. Al centro di questo giorno troviamo l’Eucaristia, il sacerdozio e l’invito all’amore fraterno. I cristiani riscoprono il sacerdozio comune, l’altare del mondo sul quale celebrare una
continua eucaristia.
La vita pasquale è vita eucaristica; ciascun cristiano è chiamato a
credere nella presenza di Gesù nell’Eucaristia, a rispondere all’invito
di Gesù: ‘amatevi’ e ad imparare da lui il servizio ai fratelli.
La vita pasquale è vita sacerdotale; ciascun cristiano è chiamato a scoprire e vivere la sua vocazione battesimale come partecipazione al sacerdozio di Cristo, i fedeli nel sacerdozio comune che li abilita alla preghiera e all’offerta della vita, i ministri ordinati nella misteriosa e reale configurazione a Cristo Eterno Sacerdote, mediatore tra l’uomo e Dio.
Nella famiglia la vita pasquale si traduce in amore, servizio, centralità di Cristo Eucaristia, preghiera comune, impegno per il mondo, collaborazione ai sacerdoti e promozione della vocazione sacerdotale.
37
Incontro per la famiglia
Formazione
Incontro per la famiglia
Formazione
II Venerdì Santo mostra Cristo Re crocifisso e Servo sofferente. La
memoria della Passione, l’adorazione della Croce e la Comunione
eucaristica offrono ai cristiani un cammino che conduce alla vita
nuova dove la misura dell’amore è amare senza misura.
La vita pasquale chiede ai cristiani di vivere ogni esperienza di dolore come autentica espressione di amore in compagnia con Gesù.
La vita pasquale è continua memoria dell’amore infinito manifestatoci da Cristo sulla Croce, memoria che cambia il ritmo e il senso della
nostra vita, la rende continuamente donata per la santificazione dei
fratelli.
Nella famiglia la vita pasquale diventa capacità di vivere ogni ‘ora’
come ‘ora di Dio’: il dolore, la prova, le incomprensioni, le infedeltà,
l’anzianità, la malattia, il faticoso quotidiano, il lavoro...; ogni momento che risponde al grido di Cristo: ‘ho sete’ acquista valore redentivo,
cioè di offerta di amore per i fratelli.
Il Sabato Santo è l’ora di Maria.
Il silenzio è ricolmo di attesa, vigilanti nella preghiera i cristiani attendono la Luce del Risorto.
La vita pasquale è vita di silenzio, l’amore si comunica con i gesti,
l’attesa, la pazienza.
La vita pasquale è vita mariana, da Maria si impara la speranza e la
fiducia in Cristo.
Nella famiglia la vita pasquale è tacere al momento giusto, dominio
di se stessi, dare tempo alla riflessione del Mistero di Cristo, speranza
continua da vivere e testimoniare.
La Domenica della Risurrezione, che comincia con la Veglia della
Notte Santa, è tutta luce, gioia e annuncio di vita nuova. È rinnovazione delle promesse battesimali, è impegno a vivere da risorti ed
evangelizzatori del Cristo morto e risorto, santificazione per ogni
uomo.
La Pasqua di Cristo è la nostra Pasqua, viverla intensamente nella
famiglia e nella parrocchia comporta la vera conversione della vita.
La vita pasquale è vita di incontro, di pace, di gioia, di comunione.
La vita pasquale è vita ecclesiale, di continuo annuncio del Risorto
ai fratelli.
Nella famiglia la vita pasquale è vita di armonia, di gioia festosa, di
pace con tutti a cominciare dai più vicini, vita che si apre ad altre famiglie, che fermenta di spirito di famiglia la comunità ecclesiale.
38
PER GLI ANIMATORI
Obiettivo
- ciascun partecipante percepisca il Mistero pasquale come centro fontale della propria vita cristiana;
- emerga la esperienza della Pasqua come ri-nascita, rinnovo dell’Alleanza ed energia apostolica;
- la vita della famiglia sia improntata alla Pasqua, caratterizzata dall’amore, dal servizio, dal sacrificio, dal silenzio e dall’ascolto, dalla
gioia che si irradia sui fratelli;
- (se l’incontro avviene prima della celebrazione liturgica della Pasqua) nella famiglia siano vissuti i ‘giorni santi’ con la preghiera comune e la gioia della vita nuova;
- la famiglia si apra alla ‘grande famiglia’ che è la Parrocchia, cresca
nella disponibilità alla evangelizzazione, coltivi al suo interno ogni
vocazione;
Proposta di articolazione dell’incontro
- accoglienza
- catechesi anche a più voci (ciascuno può presentare uno dei giorni santi)
- gruppi per adolescenti, giovani, coppie e adulti differenziati non per
età ma sui diversi aspetti della Santa Pasqua, per i bambini (6-9 anni) e i preadolescenti (10-13) due gruppi loro dedicati
- nell’assemblea: sintesi dei gruppi di condivisione e preghiera conclusiva
Materiale
- bigliettini da distribuire a caso tra adolescenti, giovani, coppie e
adulti per la formazione dei gruppi: bianco per il giovedì, rosso solo
ai bambini per il venerdì, azzurro per il sabato, giallo per la domenica, verde per i preadolescenti
- sussidi per i singoli gruppi
- sussidio di preghiera per la conclusione
• Animazione dei gruppi
BAMBINI
- la festa comincia con la drammatizzazione della Passione di Gesù o di una
parte alla luce della prima frase di G. Giaquinta contenuta nel sussidio
39
Incontro per la famiglia
Formazione
Incontro per la famiglia
Formazione
- disegnare la Passione di Gesù “oggi” (ad es. Gesù che cade ci chiede
di aiutare gli altri; Gesù che piange ci chiede di non fare i capricci;
Gesù che tace ci chiede di non rispondere male né dire le brutte parole...)
- si preparano preghiere di ringraziamento per la conclusione in assemblea
PREADOLESCENTI
Obiettivo
- scoprire il vero significato della Pasqua e la gioia di vivere la Domenica, Giorno del Signore
Metodo
- accoglienza con canto di gioia
- introduzione al tema contenuto nel sussidio e condivisione
- lavoro di gruppo: preparare la “sorpresa” da regalare a Dio e ai fratelli e festosi biglietti di auguri da consegnare a tutti
Materiale sussidio, libretti dei canti
GRUPPI MISTI SUI DIVERSI ASPETTI DELLA PASQUA
Obiettivo
- focalizzare uno degli aspetti fondamentali della Pasqua
- (se l’incontro si svolge prima della festa liturgica della Pasqua) promuovere una partecipazione più cosciente e più attiva al Triduo Pasquale
- presentare il Tempo Pasquale come tempo di ‘vita nuova’ nel quale
riscoprire e vivere i valori battesimali e l’aspetto comunitario della
vita cristiana
- in famiglia stimolare il servizio, l’amore vicendevole, il tempo del silenzio, il valore redentivo della sofferenza e la gioia di comunicare
ad altre famiglie la speranza ricevuta dal Risorto.
Metodo
- breve presentazione dell’aspetto specifico da approfondire da parte
dell’animatore con particolare attenzione all’aspetto familiare
- lettura di alcuni testi del sussidio
40
- breve riflessione personale e condivisione
- preparazione di intenzioni di preghiera per la conclusione in assemblea
Indicazioni per camminare...
(da proporre in ogni gruppo)
• gesti di servizio in famiglia
• promuovere attorno a sé un clima di sereno abbandono in Dio piuttosto che di lamento o di ribellione
• dedicare personalmente un tempo quotidiano alla preghiera e, se
possibile, farlo anche nella famiglia, almeno con alcuni membri
• avere maggiore attenzione alla partecipazione alla celebrazione eucaristica domenicale
• decidere, se possibile in famiglia, un po’ di digiuno televisivo per
gustare il silenzio che favorisce la comunione e la preghiera
• (se l’incontro si svolge prima della festa liturgica della S. Pasqua) partecipazione e animazione del Triduo Pasquale in parrocchia - diffusione di auguri che indichino la Pasqua fonte della santità
• impegnarsi a promuovere una iniziativa di evangelizzazione nel
proprio quartiere (centri di ascolto, ...)
• ricominciare con gratuità e più coraggio l’impegno apostolico nel
proprio gruppo, associazione, movimento
Preadolescenti
SUSSIDI
Gioia di vivere
È Pasqua: Tutta la chiesa canta: Alleluia!!!
Cristo è Risorto Gesù ha vinto la Morte. Alleluia!!!
Celebrare la Pasqua significa celebrare il passaggio dalla morte alla vita.
Cristo è morto e risorto per noi.
Celebrare la Pasqua significa partecipare alla vita nuova, la vita in Dio.
Celebrare la Pasqua significa attuare il cammino dell’Esodo per raggiungere la Terra Promessa e cioè il cammino di purificazione per arrivare a Cristo.
Per noi è Pasqua
- ogni volta che dimentichiamo noi stessi per andare incontro agli altri
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Incontro per la famiglia
Formazione
Incontro per la famiglia
Formazione
- ogni volta che smettiamo di stare soli e offriamo la nostra amicizia ai
fratelli
- ogni volta che regaliamo il sorriso
- ogni volta che rinunciamo al male che continuamente ci tenta
- ogni volta che lasciamo il nostro peccato per ricevere la gioia di Cristo e riconciliarci con lui nella Confessione
- ogni volta che incontriamo il Signore della vita nella celebrazione eucaristica
- ogni volta che collaboriamo alla vita del gruppo in parrocchia
Come pensi di vivere la Pasqua e le sue conseguenze?
Quale è la tua ‘sorpresa’ da regalare a Dio e ai fratelli?
Decidi di essere cristiano, cioè essere nella gioia di chi si dona agli altri, come Gesù...
Bambini
FESTA DEL CROCIFISSO
La Passione secondo Matteo (26, 14-27, 66)
Dagli scritti di Guglielmo Giaquinta
La croce è tutto un inno di amore. È l’inno di amore di Cristo a suo Padre, e l’inno di amore di Gesù verso di noi ed e insieme l’inno di amore del Padre verso di noi.
La liturgia nel Venerdì Santo celebra Gesù Servo Sofferente e la Sua
Passione e Morte.
Viene adorata la santa Croce, viene data la Comunione eucaristica,
continuazione del Mistero dell’Amore.
La giornata è caratterizzata dalla ‘memoria della Passione’ che si esprime anche con l’astinenza e il digiuno offerti in comunione alla grande
offerta di Cristo Signore.
Cerca anche tu un mondo per ‘fare memoria’ cioè ricordare e rivivere
l’inno di amore di Gesù.
Digiuna dai capricci, dalle gelosie, dalla televisione, dalle caramelle…
Scegli di vivere il tuo inno di amore con Gesù! Facciamo una gara…
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L’esagerazione dell’amore
Giovanni 13, 1-15
Dagli scritti del Servo di Dio Guglielmo Giaquinta
È uno dei dati fondamentali del massimalismo di Cristo. Gesù ha sempre amato i suoi; in quel momento li ama di un amore massimo. È bello che gli Apostoli siano chiamati “i suoi” e cioè proprietà di Cristo.
[…] Gli Apostoli devono apprendere una triplice lezione: seguire il
Maestro, imitarlo nel servizio dello schiavo, fare questo con atteggiamento di interiore umiltà e di amore profondo.
Questa però non è una lezione che essi devono apprendere e ricordare accanto alle altre cose insegnate dal Maestro, ma uno stile di vita da esercitare costantemente. È come l’aria nella quale si deve essere sempre immersi.
[…] Gesù non sempre compie miracoli e moltiplica i pani, ma sempre,
almeno come atteggiamento interiore, è il servus Jahvè.
[…] Il Verbo eterno di Dio incarnato è arrivato ad inginocchiarsi, con un
asciugatoio attorno ai fianchi, dinanzi ai suoi discepoli e a lavare loro i
piedi...! Cristo aveva grande il senso della sua dignità, ma quando c’è pienezza di amore tutto scompare. È lui il modello a cui dobbiamo ispirarci,
non il nostro orgoglio, la nostra sapienza, la nostra finitezza, la nostra povertà, la nostra miseria: è Cristo che si annienta dinanzi agli Apostoli.
[…] Quando noi partecipiamo al sacrificio eucaristico veniamo configurati al Cristo pasquale, cioè al Cristo che muore e che risorge per i fratelli.
[…] L’amore è Gesù Eucaristia si esprime in primo luogo nella Messa, ma
poi si deve esprimere nella preghiera, nella adorazione, nell’unione con lui.
Per riflettere...
• Gesù è servo. Come vivi la dimensione del servizio?
• Gesù manifesta il suo infinito amore e ci chiede di amarci come ci ha
amato Lui (Gv 15, 12-13). Cerchi di amare come lui, cioè sempre,
sempre più, tutti?
• Gesù Eucaristia è la forza dinamica della vita di santità: come ti accosti a lui?
• Vivi spesso la gioia della Comunione e del dialogo eucaristico?
• Gesù Sacerdote vive nei sacerdoti: li consideri fratelli e padri nella
grazia? Sei per loro un sincero aiuto? Come collabori nell’edificare
una Chiesa-famiglia?
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Incontro per la famiglia
GIOVEDÌ SANTO
Formazione
Incontro per la famiglia
Formazione
La ‘Cena del Signore’ che celebriamo nel Giovedì santo è una particolare celebrazione eucaristica nella quale si rivela il vero senso della Pasqua cristiana.
È liberazione del popolo, liberazione dell’uomo che, nutrito del vero
Pane, diventa servo donato ai fratelli.
L’amore di Cristo è significato dalla lavanda dei piedi, dal dono Eucaristico, dal permanere dell’Eucaristia per l’adorazione.
SABATO SANTO
Un silenzio pieno di vita
Giovanni 19, 31-42
Per riflettere...
• Il Cuore di Cristo e colpito dalla lancia: è vero il suo amore per noi,
è vera la nostra vita nuova nel suo Spirito.
• Acqua di vita: acqua del Battesimo, acqua di rigenerazione.
• Sangue di vita: Sangue eucaristico, Sangue di nuova alleanza.
• Dov’era Maria in quel Sabato? Nel tempo dell’attesa, nel silenzio che a
volte ci abita, dov’è il nostro cuore? Che posto ha Maria nella tua vita?
Nel sabato non ci sono celebrazioni.
I nostri cuori sono con Maria, attenti per cogliere la luce del Risorto.
La Chiesa orientale ci invita a pensare a Cristo; Egli è disceso negli inferi,
per riproporsi, nuovo Adamo, come Vita nuova dei giusti, i santi di Dio.
La giornata è caratterizzata dal clima di silenzio e di attesa.
DOMENICA DI PASQUA
Amore gratuito, tenero, coraggioso, missionario
Giovanni 20, 1-9
Da Christifideles laici n. 12
Mediante il Sacramento del battesimo Gesù unisce il battezzato alla
sua morte per unirlo alla sua resurrezione (Rom 6, 3-5), lo spoglia dell’uomo vecchio” e lo riveste dell’”uomo nuovo”, ossia di se stesso:
“Quanti siete stati battezzati in Cristo proclama l’apostolo Paolo vi
siete rivestiti di Cristo” (Gal 3, 27; Ef 4, 22-24; Col 3, 9-10). Ne risulta
che ‘noi pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo’ (Rom 12, 5).
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Da Familiaris Consortio
n. 55
La famiglia cristiana è chiamata a santificarsi e a santificare la comunità ecclesiale e il mondo.
n. 57
L’Eucaristia è la fonte stessa del matrimonio cristiano.
n. 59
La preghiera insieme permette di cogliere “1’intervento dell’amore di
Dio nella storia della famiglia”.
Dagli scritti del Servo di Dio Guglielmo Giaquinta
Per riflettere...
• Gesu è risorto: ci credi? Cosa cambia questo evento nella tua vita?
• La Risurrezione di Cristo ci rende ‘uomini nuovi’ capaci di scalare la
montagna della santità. Sei pronto ad iniziare questo cammino?
• Gesù dice a Maria di Magdala: “Va’ dai miei fratelli...”. Sei disposto
ad essere annunciatore del Risorto…
ASSEMBLEA CONCLUSIVA
All’accoglienza i preadolescenti consegnano i biglietti di auguri per tutti.
I tre gruppi dedicati ai tre giorni del Triduo Pasquale relazionano sulla condivisione fatta.
Ancora i preadolescenti presentano all’altare la “sorpresa” per Dio e
per i fratelli, subito dopo i bambini esprimono le preghiere di ringraziamento a cui si risponde con un ritornello cantato, Poi insieme si prega Gesù con la preghiera del Servo di Dio Guglielmo Giaquinta:
Insieme: Gesù
Gli adulti: Gesù il tuo pensiero mi illumini,
I giovani: Gesù la tua parola mi guidi,
Gli adolescenti: Gesù i tuoi occhi mi seguano,
Le coppie: Gesù i tuoi orecchi mi ascoltino,
I bambini: Gesù le tue braccia allargate sulla croce mi aprano
all’amore universale,
Insieme: Gesù i tuoi piedi crocifissi mi spingano a donarmi senza
misura di stanchezza ai fratelli, il tuo cuore aperto sia per me una fonte
di grazia nel cammino e luogo di riposo nella stanchezza.
Amen.
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Incontro per la famiglia
Formazione
Anno sacerdotale - Il nostro sacerdozio
Formazione
5 - Il Sacerdote e la famiglia
ALLE FONTI
Cento case, cento fratelli…: Mt 19, 20-23.27-29
I volti della carità: Rm 12, 9-10.14-18
IN DIALOGO
Chiesa famiglia
Su invito di Gesù Cristo, il Maestro, la comunità dei suoi discepoli,
che è la Chiesa, è diventata una Famiglia di figli e figlie del Padre (cf
Mt 5, 16.45.48; 6, 26.32; 7, 11).
L’amore vissuto dal Figlio unigenito diventa la caratteristica dei
membri di questa Famiglia, chiamata a seguire l’esempio del fratello
maggiore con il servizio fraterno o diakonia. In effetti, dopo aver lavato
i piedi dei suoi discepoli, Gesù dichiara loro: ‘Vi ho dato infatti l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi’ (Gv 13, 15)
(Sinodo dei Vescovi per l’Africa 2009, Instrumentum laboris 40)
Sacerdozio e verginità e matrimonio sono i tre lati d’un triangolo
isoscele: due che alzano al cielo, puntando su Dio e in Lui incontrandosi; il terzo, che si stende sulla terra e generando sacerdoti e vergini,
per loro, comunica col cielo. Gli uni trasportano grazie da Dio; l’altro
le incarna nell’umanità; e reciprocamente aduna dalla umanità le istanze che per quei due tramiti fa salire al cielo. Triade di smistamento del
divino nell’umano e dell’umano nel divino.
Se vi passa l’amore, sono tre e sono uno: sono il viadotto di Dio, per
continuare l’Incarnazione del Figlio. E nell’amore, sono uniti e distinti:
tutti apparteniamo al sacerdozio; tutti, come Chiesa che è vergine, partecipiamo la verginità spirituale; tutti siamo anime spose di Cristo.
(IGINO GIORDANI, Diario di fuoco, Città Nuova, Roma 200510, 120)
Il sacerdote deve farsi in quattro
L’azione pastorale dei sacerdoti di oggi deve essere innanzi tutto
aggiornata, cioè rispondente ed aderente, nella fedeltà alle leggi della
Chiesa, alle necessità concrete delle anime. Il motivo evidente della necessità di aggiornare costantemente il ministero sacerdotale, sta nel fatto che la realtà di oggi è profondamente mutata, non solo, ma continua
a cambiare in maniera multiforme e irreversibile, così che esiste il pe46
ricolo costante che non ci sia più un rapporto diretto tra il ministero sacerdotale e i bisogni spirituali del nostro tempo, che venga meno l’adesione alle attuali situazioni delle anime.
Il motivo però vero e profondo dell’aggiornamento del ministero
sacerdotale, sta nella condizione di sacerdoti, cioè di pastori e pescatori di anime.
Come i pastori ed i pescatori non fanno opera astratta, ma essenzialmente relativa allo scopo della loro azione, così i Sacerdoti devono
essere preoccupati che il loro ministero abbia proporzione con le finalità per cui esiste. Qualcuno può avanzare una difficoltà: la fedeltà alla legge ecclesiastica che stilizza il ministero sacerdotale, lo paralizza e
lo distrae dal realismo pastorale ed è causa della sua inefficacia. Non
pare si possa accusare la legge ecclesiastica come inefficace, perché sia
osservata realisticamente. Allora essa acquista una grande capacità di
finalismo. È il caso delle regole liturgiche per la Settimana Santa e della severa legge del celibato ecclesiastico nella Chiesa Latina.
Più precisamente aggiornarsi, per un sacerdote, significa: conoscere
la vita del popolo, accorgersi dei cambiamenti che avvengono, portare
l’attenzione su la scena umana. Per questo è necessario studiare e guardare: ‘Guardate i segni dei tempi’ (Mt 16, 4). un campo di studio particolarmente importante è quello della psicologia dei giovani, che sono oggi difficili, amari, scettici, negativi, già profondamente turbati. Per questo; è necessario anche ascoltare: Nemo secure loquitur; nisi qui libenter
tacet. Infine è necessario non essere superficiali, ma saper fare la diagnosi dei fenomeni spirituali.
Il sacerdote, oggi, nel suo ministero deve tener conto e servirsi dell’organizzazione, come suggerisce e comanda la Chiesa. La Chiesa, infatti, come nei primi secoli della sua storia evangelizzò i popoli ritirandosi nel deserto e nelle Abbazie, come riformò i popoli al tempo di San
Carlo inculcando l’obbedienza ai decreti del Concilio di Trento, così
pensa di poter riconquistare il mondo di oggi mediante l’organizzazione. Adoperatevi a favore delle categorie: è il comando della Chiesa oggi. L’organizzazione ideale, perchè naturale, è la famiglia. La Chiesa
però per ora non intende chiamarla a questa collaborazione; consiglia
invece di riunire separatamente uomini, donne, giovani e ragazze. Di
qui i quattro rami dell’Azione Cattolica. Ebbene, il sacerdote di oggi
non può accontentarsi e limitarsi all’assistenza spirituale che offre al
suo popolo in Chiesa; egli deve dare anche un’assistenza esterna.
Occorre, in altre parole, che si faccia in quattro e più ancora.
Il terzo criterio si potrebbe chiamare estetico.
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Anno sacerdotale - Il nostro sacerdozio
Formazione
Anno sacerdotale - Il nostro sacerdozio
Formazione
Il Sacerdote oggi deve esercitare il proprio ministero in bellezza, deve cioè fare bene tutto.
La bellezza è un attributo trascendente dell’Essere: essa fa pensare a
Dio e conduce a Dio. Perciò il Sacerdote deve preoccuparsi dell’ordine e
della pulizia nella sua chiesa, della proprietà dei paramenti liturgici; deve
aver cura, soprattutto, dell’altare, del canto e delle cerimonie liturgiche.
Il Sacerdote deve presentare bene la parola di Dio, in maniera chiara, verace e sentita. Deve essere insomma capace di parlare.
Tutto questo il Sacerdote di oggi capirà e farà, se sarà animato da
spirito di sacrificio, che costituisce l’aggiornamento perpetuo. Il Sacerdote che si dona, che fa suo il programma di San Paolo impendam et superimpendar pro animabus vestris (2Cor 12,15), che con Cristo è crocifisso, è sacerdote aggiornata e salvatore.
(Card. Giambattista Montini, incontro con il Clero nel Collegio
Arcivescovile sant’Ambrogio, a Varese, 9 gennaio 1958)
LINEE OPERATIVE
Personali
• Quanto dell’esperienza della mia famiglia di origine vivo e cerco di
amplificare nell’ambito pastorale?
• Approfondisco il Magistero sulla famiglia oppure è appannaggio di
altri?
• Ascolto le famiglie? Quanto tempo dedico qualitativamente a loro?
Alcuni esempi: preparazione al matrimonio, al battesimo, alla prima
comunione...
Pastorali
• La mia parrocchia è a misura di famiglia? È una famiglia? Luci ed
ombre, difficoltà e risorse.
• Come riaccendere lo slancio delle origini nella mia comunità perchè
sia un cuor solo e un’anima sola?
• Nella catechesi e nella formazione in genere metto in risalto il senso
del sacramento della coppia, della famiglia o è solo un sacramento
naturale? Quali conseguenze nella pastorale?
Cristo sacerdote, fratello nostro,
concedi a noi sacerdoti
di amarci e servirci scambievolmente.
Spirito fonte di vita,
donaci di saper formare una Chiesa
di santi e di fratelli.
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G. Giaquinta
5 - Tutto il giorno ti chiamo, Signore
Salmo 88
Invocazione allo Spirito Santo
Insegnaci , Signore, a pregare
- In ogni ora del giorno e della vita
- Quando siamo nelle lacrime, nella solitudine, nel buio, nella noia
- Nell’attesa colma di speranza del tuo aiuto
In ascolto
Salmo 88, (87) 2-19
Signore, Dio della mia salvezza,
davanti a te grido giorno e notte.
Giunga fino a te la mia preghiera,
tendi l’orecchio alla mia supplica.
Io sono sazio di sventure,
la mia vita è sull’orlo degli inferi.
Sono annoverato fra quelli che
scendono nella fossa,
sono come un uomo ormai senza forze.
Sono libero, ma tra i morti,
come gli uccisi stesi nel sepolcro,
dei quali non conservi più il ricordo,
recisi dalla tua mano.
Mi hai gettato nella fossa più profonda,
negli abissi tenebrosi.
Pesa su di me il tuo furore
e mi opprimi con tutti i tuoi flutti.
Hai allontanato da me i miei compagni,
mi hai reso per loro un orrore.
Sono prigioniero senza scampo,
si consumano i miei occhi nel patire.
Tutto il giorno ti chiamo, Signore,
Lc 22, 53 Mt 27, 45-46
verso di te protendo le mie mani.
Compi forse prodigi per i morti?
O si alzano le ombre a darti lode?
Si narra forse la tua bontà nel sepolcro,
la tua fedeltà nel regno della morte?
Si conoscono forse nelle tenebre
i tuoi prodigi, la tua giustizia
nella terra dell’oblio?
Ma io, Signore, a te grido aiuto
e al mattino viene incontro a te
la mia preghiera.
Perché, Signore, mi respingi?
Perché mi nascondi il tuo volto?
Sin dall’infanzia sono povero e vicino
alla morte, sfinito sotto il peso dei tuoi
terrori.
Sopra di me è passata la tua collera,
i tuoi spaventi mi hanno annientato,
mi circondano come acqua tutto il
giorno, tutti insieme mi avvolgono.
Hai allontanato da me amici e conoscenti,
mi fanno compagnia soltanto le tenebre.
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Nucleo orante
Formazione
Nucleo orante
Formazione
Per l’animatore
• Il Salmo 87 è una supplica estrema, un SOS lanciato a Dio.
• Due le condizioni dell’uomo descritte dal salmo: il sepolcro, lugubre
e abitato dalla morte; la solitudine, anticipazione della morte, silenzio totale.
• Dio sembra nascondere il suo Volto, è la solitudine della Croce.
• Nessuna condizione umana è lontana da Dio, né esclusa dalla dimensione della preghiera.
• La speranza illumina l’attesa della salvezza e si esprime nella preghiera “giorno e notte”, rende vuoto ogni sepolcro, trasforma la solitudine in comunione.
Per la riflessione personale
- Quando percepisci la tua storia come deludente, invasa dal buio, reagisci con la preghiera incessante?
- Cristo è sceso negli inferi, anche nel nulla della tua vita, per portare
salvezza e germe di Risurrezione: come vivi ogni giorno il mistero
della tua pasqua?
- Il silenzio è sempre meno presente nella vita odierna: cerchi di ritagliare tempi e spazi di silenzio per la preghiera?
- L’esperienza della solitudine ti apre alla fraternità con tutti?
Indicazioni di vita
➪ Avere sempre la prospettiva della Pasqua, prospettiva di conversio-
ne alla fede di tutte le ore del giorno e dell’esistenza.
➪ Dedicare quotidianamente un tempo reale al silenzio e alla pre-
ghiera.
➪ Individuare gesti di comunione concreta nella famiglia e nel luogo
di lavoro.
Preghiera comunitaria
Ascolta, Signore, la nostra preghiera
Ti presentiamo gli emarginati, i soli, gli afflitti
Ti presentiamo chi è tentato nella fede, sacerdoti e laici
Ti presentiamo i giovani assediati dal non senso
Ti presentiamo le nostre attese di salvezza
50
Preghiera
Cell
Ass
Adorazione eucaristica
Sarai una
magnifica
corona
nella mano
del Signore
(Is 62, 3)
Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Amen.
Guida Quaresima, cammino che capovolge le nostre sicurezze, che ci
allena nella volontà liberandoci dai pesi dell’egoismo e della
sfiducia. Come terra assetata, nella solitudine e nel silenzio, la
nostra vita si lascia fecondare dalla Parola per portare, a tempo opportuno, il buon frutto della carità. Quaresima, esperienza di gioia che scaturisce come acqua sorgiva dall’incontro con Gesù Salvatore e Redentore degli uomini di tutti i tempi. Sia l’ora di Dio il tempo propizio per rispondere sì alle sue
proposte d’amore permettendo così all’Autore della vita di
realizzarle in noi.
canto di esposizione e silenzio di adorazione
NESSUNO TI CHIAMERÀ
PIÙ ABBANDONATA
Guida La Quaresima è il tempo
privilegiato del pellegrinaggio interiore verso Colui che è la fonte
della misericordia. Tra cielo e sabbia, fra il Tutto e il Nulla, il Deserto è il luogo e il tempo dell’ascolto, dell’incontro, dell’andare, mano nella mano di Dio, verso la
gioia intensa della Pasqua
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Adorazione eucaristica
Preghiera
1 lett
2 lett
3 lett
Dal libro dell’Esodo (3, 1-6)
Il silenzio e la solitudine fanno violenza alla natura soprattutto
nella sua propensione ad agire, parlare, vivere in società; sono
questi in effetti gli esercizi che le sono propri, più di tutti gli altri. Nulla mortifica di più la natura, perché le altre mortificazioni domano la carne, ma questa tocca lo spirito. Tuttavia, mentre
il corpo di carne è messo alla strette, si dilatano gli spazi della
carità divina. E se questo esercizio può essere austero sul momento, dà però a coloro che vi si applicano il frutto di una immensa pace, un frutto di salvezza e di consolazione interiore; da
questo l’anima gusta e vede come è buono il Signore e quale è
questa pace di Dio che sorpassa ogni intelligenza, che custodisce i cuori e i pensieri in Cristo Gesù. (Innocent Le Masson)
Il deserto è cammino: occorre avanzare, non è consentito disertare, ma la tentazione è la regressione, la paura che spinge a
tornare indietro, a preferire la sicurezza della schiavitù egiziana al rischio dell’avventura della libertà. Una libertà che non è
situata al termine del cammino, ma che si vive nel cammino.
Però per compiere questo cammino occorre essere leggeri, con
pochi bagagli: il deserto insegna l’essenzialità, è l’apprendistato di sottrazione e spoliazione. Il deserto è magistero di fede:
esso aguzza lo sguardo interiore e fa dell’uomo un vigilante,
un uomo dall’occhio penetrante. L’uomo del deserto può così
riconoscere la presenza di Dio e denunciare l’idolatria.
(Enzo Bianchi)
silenzio di adorazione
Sol
Sol
52
Sventurato il solitario che non ti ha conosciuto come solo compagno!
Quanti uomini sono tra la folla e si trovano soli perché sono
con te!
Possa io, stando con te, non essere mai solo.
Ass Gesù, il tuo cuore aperto sia per me fonte di grazia nel cammino
e luogo di riposo nella stanchezza.
La terra della mia anima taccia in tua presenza, Signore,
perché io intenda ciò che dice in me il Signore mio Dio,
poiché il mormorio delle tue parole non può essere inteso
che in un profondo silenzio.
Ass
Gesù, il tuo pensiero mi illumini, la tua parola mi guidi.
Dove? Si tratta di un luogo? No, ma dell’amore.
Questo amore non guarda verso di sé, medita e ama ciò che è
al di sopra di lui, il supremo bene, il suo Dio; vedendolo e
amandolo, vede e ama se stesso in modo migliore. (Guido II)
Gesù, le tue braccia allargate sulla croce mi aprano all’amore universale.
canto
SARAI CHIAMATA CON
UN NOME NUOVO
1 lett
2 lett
3 lett
Guida Il cristiano è colui che sempre dice. ‘Io oggi ricomincio’. La
Quaresima è il tempo della conversione per eccellenza. E Gesù
stesso indica i grandi mezzi che
devono sostenere lo sforzo della
conversione: l’elemosina, la preghiera, il digiuno, insistendo soprattutto sulle disposizioni interiori che li rendono efficaci.
Dal Vangelo di Matteo (6, 1.3-4.6.17-18)
L’elemosina espia i peccati, ma quando è compiuta unicamente
per piacere a Dio e per sollevare chi è nel bisogno, e non per essere lodati. La preghiera unisce l’uomo a Dio e impetra la sua
grazia, ma quando sgorga dal santuario del cuore, e non quando
è ridotta a vana ostentazione o a semplice muover di labbra. Il digiuno è sacrificio gradito a Dio e sconta le colpe, purché la mortificazione del corpo sia accompagnata da quella più importante
dell’amor proprio. Solo allora il Padre ci ricompenserà, ossia perdonerà i peccati e concederà grazia sempre più abbondante.
(P. Gabriele di S. M. Maddalena)
Se c’è ancora qualche distanza tra Dio e noi, ciò non dipende
che da noi, dagli ostacoli che frapponiamo a questo avvicinamento. Il peccato che è nel nostro cuore, le ingiustizie che commettiamo, l’odio e le divisioni che alimentiamo: tutto ciò ci
porta a non amare ancora Dio con tutta la nostra anima, con
tutta la nostra forza. Il tempo quaresimale è il tempo privilegiato della purificazione e della penitenza per permettere al Signore di farci Prossimo suo e di salvarci col suo Amore. Peni53
Adorazione eucaristica
Ass
Sol
Preghiera
Adorazione eucaristica
Preghiera
tenza, conversione: questo è il cammino, non triste ma liberatore, del nostro tempo di Quaresima. (Giovanni Paolo II, Messaggio per la Quaresima, 1982)
Ripetiamo cantando Ubi caritas et amor, ubi caritas Deus ibi est.
Ass
Sol
Dare gioia a te: ecco quale deve essere l’unico scopo
di tutti i nostri pensieri, delle azioni, dei desideri
e delle nostre preghiere.
Seguire la tua volontà: sia il nostro cammino verso la perfezione!
Tu, o Gesù, vuoi che ognuno di noi ti ami con tutto il cuore…
Ti ama con tutto il cuore chi ti ripete con verità quello che ti
disse l’Apostolo:
‘Signore, che vuoi che io faccia’? (At 22, 10) Rit.
Signore fammi sapere quel che vuoi da me, ché io tutto voglio
farlo!
E fammi intendere che quando voglio ciò che tu vuoi,
allora voglio il mio maggior bene perché certamente tu non
vuoi che il meglio per me…
Dio mio, sii dunque tu l’unico Signore del mio cuore:
possiedilo tutto;
e l’anima mia solo te ami, a te solo obbedisca e cerchi di piacere…
Gesù mio ti dono interamente il mio cuore e tutta la mia volontà.
O amore degno d’infinito amore,
tu mi hai amato fino a morire per me;
io ti amo con tutto il cuore, ti amo più di me stesso
e nelle tue mani abbandono l’anima mia. Rit.
(S. Alfonso de’ Liguori)
silenzio
di adorazione e canto
LA TUA TERRA
AVRÀ UNO SPOSO
54
Guida La Quaresima è tempo
propizio per imparare a sostare
con Maria e Giovanni, il discepolo prediletto, ai piedi di Colui che
sulla Croce consuma per l’intera
umanità il sacrificio della sua vita. Con più viva partecipazione
volgiamo perciò il nostro sguardo
a Cristo crocifisso che, morendo
sul Calvario, ci ha rivelato pienamente l’amore di Dio.
2 lett
3 lett
Dalla Prima lettera ai Corinzi (1, 18.22-25)
Che cosa ha convertito il mondo? La croce di Cristo, l’inversione di valori per cui ciò che conta non è la fortezza non è la
ricchezza, non è la sapienza. Quante volte accade di dimenticarsene! Ciò che conta è Cristo e Cristo crocifisso; ciò che conta è di avere dentro di noi i sentimenti, il pensiero, la mentalità, la radiografia di Cristo il quale, pur essendo il Verbo eterno di Dio, annientò se stesso fino a prendere la forma dell’uomo, si ridusse a nulla accettando la morte e la morte di croce.
Ed è appunto il passaggio e l’esperienza della croce che inserisce in Cristo, come ben sapevano i primi cristiani. La croce
di Cristo dà al cristiano la possibilità di vivere Cristo, quindi
l’esperienza della croce diventa l’esperienza, l’inserimento in
Cristo. Viene da chiedersi se questo è il nostro cristianesimo,
quello che vediamo vivere attorno a noi, che ci viene predicato nelle nostre chiese, che noi viviamo. (Dagli scritti del Servo di
Dio Guglielmo Giaquinta)
Guardiamo a Cristo trafitto in croce! È Lui la rivelazione più
sconvolgente dell’amore di Dio. Sulla croce è Dio stesso che
mendica l’amore della sua creatura: Egli ha sete dell’amore di
ognuno di noi. Gesù ha detto: “Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12, 32). La risposta che il Signore ardentemente desidera da noi è innanzitutto che noi accogliamo
il suo amore e ci lasciamo attrarre da Lui. Accettare il suo
amore, però, non basta. Occorre corrispondere a tale amore ed
impegnarsi poi a comunicarlo agli altri: Cristo “mi attira a sé”
per unirsi a me, perché impari ad amare i fratelli con il suo
stesso amore.
(Benedetto XVI, Messaggio per la Quaresima, 2007)
silenzio di adorazione
Preghiamo alternandoci tra I e II coro per confermare poi tutti insieme il desiderio di abbracciare Cristo sulla croce.
I coro Signore Gesù, hai molti che amano il tuo regno,
ma pochi che si preoccupano di portare la tua croce.
II coro Molti desiderano la tua gioia, ma pochi le tue sofferenze.
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Adorazione eucaristica
1 lett
Preghiera
Adorazione eucaristica
Preghiera
I coro Molti si siedono a tavola con te: tutti bramano di godere,
pochi vogliono patire qualcosa per te.
II coro Molti ti seguono fino alla frazione del pane,
ma pochi sino a bere il calice della passione.
I coro Molti ammirano i tuoi miracoli,
pochi ti seguono nell’ignominia della croce.
II coro Molti ti amano, quando non sono toccati dalle sventure.
I coro Molti ti lodano e ti benedicono finché ricevono consolazione
da te.
Ma se ti nascondi e per un istante si trovano soli,
eccoli in pianto e in profondo scoraggiamento.
Tutti
Fa’, o Gesù, che noi apparteniamo a coloro che amano te per te
solo, non per averne in cambio consolazione.
Fa’ che possiamo benedirti nella tribolazione e nell’angustia del
cuore, così come nel momento della gioia spirituale più grande.
Cristo Gesù fa’ che noi non eludiamo la tua croce!
(cf Imitazione di Cristo, Libro II, capp XI e XII)
Benedizione eucaristica e canto
O Cuore Immacolato di Maria, vivo modello di ogni santità,
dona tu la fiducia di diventare santi.
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Misteri del dolore
Maria ha vissuto per prima la teologia della croce partecipando alla realtà della croce di Cristo. Sul Calvario non c’è né Pietro, né Giacomo, né
gli altri Apostoli c’è solo Giovanni, ma la Madonna sì: dove c’è Cristo
che soffre non può non esserci la Madre sua. Era sul Calvario, Maria,
perché là doveva diventare nostra madre. (Servo di Dio G. Giaquinta)
Guidati da Maria, ripercorriamo la via del dolore di Cristo: fermiamoci ai piedi della croce, entriamo nel mistero per adorare l’amore offerto per ogni uomo attingiamo la forza per il nostro cammino, per essere discepoli di Cristo per le vie del mondo.
1 Mistero Gesù nel Getsemani
Matteo 26, 36-38
Allora Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsèmani, e disse ai
discepoli: Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare. E presi con sé Pietro
e i due figli di Zebedèo, cominciò a provare tristezza e angoscia. Disse
loro: La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me.
Quale dolore umano provocato da un’assenza è paragonabile al dolore
dell’Uomo-Dio, che per tutta la vita era stato in possesso della visione beatifica di Dio e per libera determinazione in quella terribile notte dell’Orto
degli ulivi si strappò da sé anche quell’ultima gioia? Non esiste spirito né
cuore umano capace di concepire e di provare cosa sia la beatitudine eterna. Soltanto Lui, l’unico che l’ha provata, può concedere a certi fortunati
eletti di provarne un saggio, nell’intimità dell’unione nuziale. (Edith Stein)
O Gesù che hai sofferto per noi sostienici nelle prove della vita e donaci la gioia della tua presenza. Madre ferma sotto la croce, prega per noi.
2 Mistero Gesù flagellato
Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare.
Giovanni 19, 1
Proprio perché questa nostra natura doveva essere risanata dalle antiche ferite e purificata dalla faccia del peccato, l’Unigenito Figlio di Dio
si fece anche Figlio dell’uomo e riunì in sé autentica natura umana e
pienezza di divinità. (S. Leone Magno)
Il ricordo della tua flagellazione ci conceda, o Gesù, di partecipare al tuo
sacrificio per offrire tutto per la redenzione e la salvezza del mondo.
Madre del Redentore e vergine corredentrice, prega per noi.
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Rosario meditato
Preghiera
Rosario meditato
Preghiera
3 Mistero Gesù coronato di spine
Marco 15, 17
Lo rivestirono di porpora e, dopo aver intrecciato una corona di spine,
gliela misero sul capo.
Teniamo fissi gli occhi sul Sangue di Cristo, per comprendere quanto
sia prezioso davanti a Dio suo Padre: fu versato per la nostra salvezza
e portò al mondo intero la grazia della penitenza. Passiamo in rassegna
tutte le epoche del mondo e constateremo come in ogni generazione il
Signore abbia concesso modo e tempo di pentirsi a tutti coloro che furono disposti a ritornare a lui. (S. Clemente)
Gesù, umiliato nella tua dignità umana, e coronato di spine, insegnaci
a contemplarti vivo nel Pane consacrato e a crescere nella fede. Madre
del Servo Sofferente e prima adoratrice dell’Eucaristia, prega per noi.
4 Mistero Gesù sale al Calvario
Giovanni 19, 17-18
Gesù portando la croce, si avviò verso il luogo del Cranio, detto in
ebraico Golgota, dove lo crocifissero.
Nostro Signore uscì reggendo la croce perché così volle la morte. In
quel legno in cui era stato innestato il ramoscello amaro, venne innestato un ramoscello dolce, perché riconosciamo colui al quale nessuna
creatura è in grado di resistere. (S. Efrem)
Gesù, che porti la croce facendoti carico dei nostri peccati, donaci nell’ora della sofferenza il coraggio di camminare con te sulle strade della vita, portando uniti a te le nostre croci.
Madre del Santo e dei peccatori, prega per noi.
5 Mistero Gesù crocifisso
Luca 23, 33- 34
Quando giunsero al luogo detto Cranio, là crocifissero lui e i due malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. Gesù diceva: «Padre, perdonali,
perché non sanno quello che fanno».
Rimaniamo uniti sempre ai piedi della croce, immobili e silenziosi
presso il divin Crocifisso ad ascoltarlo e penetrare tutti i suoi segreti.
Ci svelerà tutto, è lui che ci condurrà al Padre, a colui «che ci ha tanto
amato da donarci il suo Unigenito». (Elisabetta della Trinítà)
Gesù crocifisso in offerta d’amore per l’umanità, concedici di non lasciarti solo al Calvario ma di attingere dal dono supremo della tua vita per noi l’amore che era nel tuo cuore.
Madre del Crocifisso e di tutti i crocifissi del mondo, prega per noi.
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“Convertitevi
e credete al Vangelo”
seconda parte
Domenica IV di Quaresima Anno C - 14 marzo 2010
Bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. (Lc 15, 32).
Signore, fa’ che durante questo tempo possa mettere al primo posto il
sacramento della Penitenza e, sentire la gioia del perdono ogni volta,
perché diventi il sacramento della festa con Dio che vuole tessere continuamente la sua tela d’amore con me e, da ciò riversare questo perdono senza misura agli altri.
Lunedì - 15 marzo 2010
Sei invitato a guardare sempre ad oriente, da dove per te sorge il sole
di giustizia, da dove per te sempre nasce la luce, perché tu non abbia
mai a camminare nelle tenebre. (Origène, Omelie sul Levitico).
Signore, alzo i miei occhi verso di te e so che tu mi nutri con la tua luce. Fammi vincere la pigrizia e donami l’entusiasmo che mi mette in
cammino verso di te e verso i fratelli, a iniziare dai più vicini.
Martedì - 16 marzo 2010
Sotto la soglia del tempio usciva acqua verso oriente, poiché la facciata del
tempio era verso oriente. Voltandomi, vidi che sulla sponda del fiume vi era
una grandissima quantità di alberi da una parte e dall’altra. Mi disse: “Queste acque escono di nuovo nella regione orientale, scendono nell’Araba ed entrano nel mare: sboccate in mare, ne risanano le acque. Ogni essere vivente che
si muove dovunque arriva il fiume, vivrà. (Ez 47, 1. 7-9)
Signore, donami la linfa vitale per diventare santo. Fa’ che possa abbeverarmi alla fonte della tua grazia che dona vita al mio cuore e a chiunque in essa si ristora.
Mercoledì - 17 marzo 2010
In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha
mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla
morte alla vita. (Gv 5, 24)
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Itinerario di Quaresima
Preghiera
Itinerario di Quaresima
Preghiera
Donami, Signore, di credere profondamente al tuo mistero di salvezza.
Fa’ che possa nutrirmi della tua Parola, amarla e così immergermi in
essa, nella consapevolezza di aver ricevuto un dono prezioso.
Giovedì - 18 marzo 2010
Io ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre
mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di
me che il Padre mi ha mandato. E anche il Padre, che mi ha mandato, ha reso
testimonianza di me. (Gv 5, 36)
Signore, fammi sperimentare la comunione piena con i miei fratelli come tu ci hai rivelato la relazione profonda della Trinità. Da questo possiamo imparare a morire un po’ a noi stessi per dare spazio e voce a chi
ci sta accanto.
Venerdì - 19 marzo 2010 - San Giuseppe
Egli (Giuseppe) fu scelto dall’eterno Padre come fedele nutrizio e custode dei
suoi principali tesori, il Figlio suo e la sua sposa e assolse questo incarico con
la più grande assiduità.(San Bernardino da Siena, Discorsi).
Sull’esempio di San Giuseppe possa, o Signore, crescere nella consapevolezza di essere mezzo per compiere la tua volontà. Donami la grazia
dell’umiltà e della disponibilità al tuo piano d’amore per me.
Sabato - 20 marzo 2010
Ero come un agnello mansueto che viene portato al macello, non sapevo
che essi tramavano contro di me, dicendo: “Abbattiamo l’albero nel suo rigoglio, strappiamolo dalla terra dei viventi; il suo nome non sia più ricordato”. (Ger 11, 19)
Signore Gesù, fa’ che possa accogliere nella mia vita la sofferenza
quando essa bussa alla mia porta, sapendo che attraverso essa partecipo alla tua sofferenza e donami di meditare i misteri della tua passione per sentire i benefici della salvezza.
Domenica V di Quaresima anno C - 21 marzo 2010
Gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e, postala
nel mezzo, gli dicono: “Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante
adulterio. Ora Mosè, nella legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?”. Questo dicevano per metterlo alla prova e per avere di
che accusarlo. Alzò il capo e disse loro: “Chi di voi è senza peccato, scagli per
primo la pietra contro di lei. Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno,
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cominciando dai più anziani fino agli ultimi. Rimase solo Gesù con la donna
là in mezzo. Alzatosi allora Gesù le disse: “Donna, dove sono? Nessuno ti ha
condannata?”. Ed essa rispose: “Nessuno, Signore”. E Gesù le disse: “Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più”. (Gv 8, 3-7. 9-11)
Signore, fa’ che oggi possa riflettere su quanto io guardo alle miserie
degli altri giudicandole anche in modo sottile, senza invece usare misericordia. Donami di comprendere e perdonare per costruire un mondo di fratelli e santi.
Lunedì - 22 marzo 2010
Colui che santifica e coloro che sono santificati provengono tutti da uno
solo; per questo non si vergogna di chiamarli fratelli, dicendo: Annunzierò il tuo nome ai miei fratelli, in mezzo all’assemblea canterò le tue lodi
(Sal 21, 23). (Eb 2, 11-12)
Signore, oggi mi fai comprendere quanto sia fondamentale la fraternità universale. Fa’ che attraverso il tuo esempio possa sentirmi spinto a
creare, nel mio piccolo, rapporti veri, intessuti di carità autentica, perché possiamo riconoscerci tutti come tue preziose creature, che vivono
per realizzare il tuo amore nel mondo.
Martedì - 23 marzo 2010
Il Signore mandò fra il popolo serpenti velenosi i quali mordevano la gente e
un gran numero d’Israeliti morì. Allora il popolo venne a Mosè e disse: “Abbiamo peccato, perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; prega
il Signore che allontani da noi questi serpenti”. Mosè pregò per il popolo. Il
Signore disse a Mosè: “Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta; chiunque,
dopo essere stato morso, lo guarderà, resterà in vita”. (Nm 21, 6-8)
Signore, nel tuo grande amore per gli uomini ti sei immolato sulla croce donandoci la vita. Fa’ che guardando con fede le tue braccia allargate per noi sul patibolo possa ottenere la vita e la luce per affrontare coraggiosamente le avversità della mia vita.
Mercoledì - 24 marzo 2010
L’angelo del Signore, che era sceso con Azarìa e con i suoi compagni nella fornace, allontanò da loro la fiamma del fuoco della fornace e rese l’interno della
fornace come se vi soffiasse dentro un vento pieno di rugiada. Così il fuoco non
li toccò affatto, non fece loro alcun male, non diede loro alcuna molestia. Allora il re Nabucodònosor rimase stupito … e prese a dire: «Benedetto il Dio di
Sadrac, Mesac e Abdènego, il quale ha mandato il suo angelo e ha liberato i
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Itinerario di Quaresima
Preghiera
Itinerario di Quaresima
Preghiera
servi che hanno confidato in lui; hanno trasgredito il comando del re e hanno
esposto i loro corpi per non servire e per non adorare alcun altro dio all’infuori del loro Dio». (Dn 3 19. 49-50. 95)
Donami, Signore, una fede forte perché tra gli eventi della vita possa
essere sicuro che tu sei al mio fianco e non mi abbandoni. Donami una
fede capace di credere e di sperare.
Giovedì - 25 marzo 2010 - Annunciazione di Maria
Isaia disse: “Ascoltate, casa di Davide! Non vi basta stancare la pazienza degli uomini, perché ora vogliate stancare anche quella del mio Dio? Pertanto il
Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele, cioè Dio-con-noi”. (Is 7, 13-14)
Signore, il “si” di Maria mi aiuti ad accettare ogni giorno nella mia vita la volontà di Dio perché possa sentirmi in comunione con te e nella
vera felicità.
Venerdì - 26 marzo 2010
Tutti i miei amici spiavano la mia caduta: “Forse si lascerà trarre in inganno,
così noi prevarremo su di lui, ci prenderemo la nostra vendetta”. Ma il Signore è al mio fianco come un prode valoroso, per questo i miei persecutori cadranno e non potranno prevalere; saranno molto confusi perché non riusciranno,
la loro vergogna sarà eterna e incancellabile. Signore degli eserciti, che provi
il giusto e scruti il cuore e la mente, possa io vedere la tua vendetta su di essi;
poiché a te ho affidato la mia causa! (Ger 20 10-12)
Fa’ o Signore che la mia vita sia un affidamento costante a te. Rendimi
certo che nelle tentazioni tu sei vicino a me ad aiutarmi a vincerle con
potenza.
Sabato - 27 marzo 2010
Così dice il Signore Dio: Ecco, io prenderò gli Israeliti dalle genti fra le quali sono
andati e li radunerò da ogni parte e li ricondurrò nel loro paese: farò di loro un solo popolo nella mia terra, sui monti d’Israele; un solo re regnerà su tutti loro e non
saranno più due popoli, né più saranno divisi in due regni. (Ez 37, 21-22)
La tua croce, Signore, ha unito tutti gli uomini della terra di un legame eterno. Fa’ che possa accogliere con gioia il dono della comunione
che tu hai stabilito con tutti i popoli della terra per sentirmi fratello di
tanti fratelli.
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Domenica delle Palme della Passione del Signore - 28 marzo 2010
“Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Mi scherniscono quelli che
mi vedono, storcono le labbra, scuotono il capo: “Si è affidato al Signore, lui
lo scampi;lo liberi, se è suo amico”. Si dividono le mie vesti, sul mio vestito
gettano la sorte. Ma tu, Signore, non stare lontano, mia forza, accorri in mio
aiuto. (Sal 21, 2. 8-9. 19-20)
Fa’ o Signore che oggi possa meditare la tua passione, i chiodi, le spine, la sofferenza fisica e interiore che hai accettato per l’immenso amore con il quale mi hai amato.
Lunedì Santo - 29 marzo 2010
Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto in cui mi compiaccio. Ho posto
il mio spirito su di lui; egli porterà il diritto alle nazioni. Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta. Proclamerà il diritto
con fermezza; non verrà meno e non si abbatterà, finché non avrà stabilito il
diritto sulla terra. (Is 42, 1-4)
Donami oggi, Signore, di meditare sulla mansuetudine con cui ti sei offerto nella Passione, la stessa con cui hai salvato il mondo, perché possa sperimentare nella mia vita tale virtù.
Martedì Santo - 30 marzo 2010
In te mi rifugio, Signore, ch’io non resti confuso in eterno. Liberami, difendimi per la tua giustizia, porgimi ascolto e salvami. Sii per me rupe di difesa,
baluardo inaccessibile, poiché tu sei mio rifugio e mia fortezza. Mio Dio, salvami dalle mani dell’empio. (Sal 70, 1-4)
Donami oggi, Signore, il conforto della tua presenza. Fa’ che possa donarti tutte le mie angustie, la mia giornata sicuro del tuo sostegno, sapendo
che la tua Passione dà dignità grande ad ogni angolo di me stesso.
Mercoledì Santo - 31 marzo 2010
L’insulto ha spezzato il mio cuore e vengo meno. Ho atteso compassione, ma
invano, consolatori, ma non ne ho trovati. Hanno messo nel mio cibo veleno e
quando avevo sete mi hanno dato aceto. (Sal 68, 21-22)
Donami oggi, Signore, di comprendere la gravità del male e di quanta
sofferenza porti all’uomo, perché possa trasformarmi ai piedi della
croce, donami di non essere colui che ti dà aceto ma l’uomo nuovo con
un grande sogno: la santità.
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Itinerario di Quaresima
Preghiera
Triduo San Giuseppe
Preghiera
S. Giuseppe sposo della vergine Maria
e Padre putativo di Gesù
La devozione e il culto a S. Giuseppe nella Chiesa hanno una lunga
tradizione. Dall’evangelista Matteo che lo chiama “uomo giusto” fino
ai nostri giorni, la Chiesa ha sempre considerato S. Giuseppe strettamente legato al Salvatore e lo ha ritenuto potente intercessore. La dote
più significativa del padre putativo di Gesù - la sua fedeltà al volere di
Dio - ha affascinato nel corso dei secoli generazioni di credenti che volentieri si sono affidati alla sua protezione.
La sua figura comincia ad apparire, già al tempo delle prime sanguinose persecuzioni, in pitture e sculture delle catacombe ed è ritratta in scene dell’infanzia di Gesù. Accenni a S. Giuseppe si trovano nei
Padri della Chiesa i quali, nella preoccupazione di salvaguardare il
fondamento storico del cristianesimo, hanno dato importanti indicazioni su come guardare all’umile artigiano di Nazaret.
Nello scorrere dei secoli, molti pontefici hanno autorizzato il culto
di S. Giuseppe e lo hanno introdotto man mano nella liturgia approvando varie feste, fino ad arrivare a Pio IX che l’8 dicembre 1870 ha dichiarato S. Giuseppe patrono della Chiesa universale; Leone XIII il 3
marzo 1891 ha voluto come festa di precetto il 19 marzo.
Oggi, fra l’altro, è considerato il patrono dei lavoratori, ma non è cosa recente perché già nel V secolo troviamo scolpita in un’epigrafe greca questa invocazione “O Giuseppe, tu mi assisiti nei miei lavori e
dammi grazia!”.
Sl 118, 1-5; Sl 127
Primo giorno - L’uomo giusto
L’uomo giusto, che portava in sé tutto il patrimonio dell’antica alleanza, è stato anche introdotto nell’«inizio» della nuova ed eterna alleanza in Gesù Cristo. Che egli ci indichi le vie di questa alleanza salvifica sulla soglia del prossimo millennio, nel quale deve perdurare e
ulteriormente svilupparsi la «pienezza del tempo» ch’è propria del
mistero ineffabile della Incarnazione del Verbo. (Giovanni Paolo II,
Redemptoris Custos, 32)
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Preghiamo S. Giuseppe perché preghi Gesù di riempirci di virtù.
S. Giuseppe prega Gesù che venga nell’anima mia e la santifichi.
S. Giuseppe prega Gesù che venga nel mio cuore e lo infiammi di carità
S. Giuseppe prega Gesù che venga nella mia volontà e la fortifichi
S. Giuseppe prega Gesù che venga nelle mie operazioni e le benedica
S. Giuseppe prega Gesù che venga nei miei desideri e li diriga
Preghiamo: Rallegrati, o Giuseppe, per il merito della tua virtù angelica tu vivesti così seraficamente da essere chiamato a buon diritto padre del Salvatore (S. Agostino). Amen.
Sl 126
Secondo giorno - Il custode della Sacra Famiglia
e di tutte le famiglie
Si tratta, in definitiva, della santificazione della vita quotidiana, che ciascuno deve acquisire secondo il proprio stato e che può essere promossa secondo un modello accessibile a tutti. (Giovanni Paolo II, RC,24)
S. Giuseppe è il modello degli umili che il cristianesimo solleva a grandi destini; S. Giuseppe è la prova che per essere buoni e autentici seguaci di Cristo non occorrono grandi cose, ma si richiedono solo virtù
comuni, umane, semplici, ma vere e autentiche. (Paolo VI, 1969)
Da un punto di vista umano, psicologico, almeno fino ad una certa età
di Gesù, l’anima della Sacra Famiglia rimane lui, Giuseppe, tanto è vero che l’angelo per quelle che sono le decisioni relative alla Sacra Famiglia, si rivolge a lui, a lui appare in sogno, a lui dice: “Prendi la madre
e il bambino e vai in Egitto”. Quindi parlare della Famiglia Sacra e parlare di Giuseppe è la medesima cosa. (G. Giaquinta, Omelie, 1991)
Preghiamo insieme: O S. Giuseppe, sposo purissimo di Maria, per
divino volere la tua missione fu associata a quella di lei. Con lei hai
condiviso pene e gioie, virtù e lavoro, unione di mente e di cuore. O
S. Giuseppe, intercedi per i padri e le madri di famiglia, per tutte le
famiglie della terra, per tutti gli sposi cristiani. S. Giuseppe prega
per noi.
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Triduo San Giuseppe
Preghiera
Triduo San Giuseppe
Preghiera
Sl 124
Terzo giorno - Patrono della Chiesa universale
Le ragioni per cui il beato Giuseppe debba essere considerato speciale
patrono della Chiesa, e la Chiesa, a sua volta, ripromettersi moltissimo
dalla tutela e dal patrocinio di lui nascono principalmente dall’essere
sposo di Maria e padre putativo di Gesù. Giuseppe fu a suo tempo legittimo e naturale custode, capo e difensore della divina famiglia. È
dunque cosa conveniente e degna del beato Giuseppe che, come un
tempo soleva tutelare santamente in ogni evento la famiglia di Nazaret, così ora copra e difenda con il suo celeste patrocinio la Chiesa di
Cristo. (Leone XIII, 1889)
Se andiamo a vedere la storia della nascita di Gesù, troviamo che appena Egli è nato c’è un dragone, che storicamente ha il nome di Erode,
e dietro di lui c’è un’altra realtà più profonda, quella di Satana, che lo
vuole uccidere fisicamente: ricordate la strage di Betlemme. Ed è Giuseppe, il Padre della Provvidenza, che porta lontano il Bambino e quindi salva lui e la madre. Questo ci dice l’importanza di Giuseppe nella
vita della Chiesa; il suo non è un atteggiamento cronologico, legato ad
un determinato momento, ma è un atteggiamento continuo, perché noi
sappiamo che Satana è continuamente in stato di lotta contro la Chiesa. Dobbiamo guardare a San Giuseppe nella coscienza di questo pericolo perché San Paolo dice: “chi sta in piedi stia attento a non cadere”.
(G. Giaquinta, Omelie, 1986)
Preghiamo insieme: O S. Giuseppe, celeste custode della Chiesa universale, volgi il tuo sguardo benevolo sul Papa, i vescovi, i sacerdoti e
tutti i cristiani. Intercedi per la santificazioni di tutti. La Chiesa è il frutto del sangue di Gesù tuo figlio benedetto. Ti affidiamo le nostre suppliche per la diffusione e la libertà della S. Chiesa. Difendila dagli errori e dalle insidie del maligno come un giorno hai salvato la vita del
piccolo Gesù dalle mani di Erode. Si avveri presto la preghiera di Gesù: un solo ovile sotto un solo pastore.
O Cuore Immacolato di Maria, vivo modello di ogni santità, dona tu la
fiducia di diventare santi.
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Crociata della Preghiera
e della Sofferenza
Il Cristo del sorriso
(G. Giaquinta)
C’era buio d’intorno
e il corpo del Signore,
diafano, quasi di morte,
ansimava dolorante.
Flebile si levò da lui un sospiro:
«Signore, Padre mio,
perché mi hai abbandonato?».
Sul volto del Signore un sorriso
brillò
mentre attorno a lui prendeva
vita
il mondo dei bambini accarezzati
che innocenti guardavano,
con accanto le mamme
trasognate,
il Cristo sorridente;
i malati che assieme alla salute
ricevevano il dono del sorriso;
la peccatrice adultera salvata
dal sorriso di Cristo;
la mamma sua sorridente
ed il sorriso suo alla Madonna.
Maria stava accanto...
Un raggio invisibile
trapassò quelle tenebre
fino al cuore di Cristo:
la risposta dell’amore del Padre.
Si voltò lentamente e le sorrise: «Mamma, disse, ecco tuo figlio»,
e sorridente a Giovanni mormorò: «Ecco tua madre».
Poi lo sguardo si illuminò d’infinito,
diede un grido possente,
uomini senza fine apparvero d’intorno.
Alitò su di essi lo Spirito d’amore.
Sorrise ancora...
Chinò il capo. Era morto.
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Crociata della preghiera e della sofferenza
Preghiera
Crociata della preghiera e della sofferenza
Preghiera
Preghiamo: Saper sorridere sempre, nella gioia e nel dolore ad amici,
nemici e indifferenti, è la grazia che ti chiediamo, o divino Sorridente del Calvario, per intercessione di tua madre santa Maria del sorriso. E così sia.
Preghiamo con il cuore
* Signore, perché mi hai abbandonato?.
- Quante volte gridiamo queste parole...
Siano la nostra preghiera con Gesù,
preghiera aperta alla risposta del Padre,
al raggio di luce, amore, che ci raggiunge.
* Un sorriso…
- Cristo del sorriso, divino Sorridente del Calvario,
risurrezione di ogni dolore, senso della malattia e della fatica umana,
amore vittorioso sul male.
* Bambini, mamme, malati, peccatori, tutti...
- Anche noi siamo sotto la croce, stupiti dall’Amore,
pronti a raccogliere ogni respiro del Crocifisso,
testimoni del suo sorriso che illumina la nostra vita,
insieme alla Madonna.
* Lo Spirito ci è donato…
- Coltiviamo la vita spirituale, vita della Pasqua in noi,
così preghiera e sofferenza diventano annuncio
del Cristo sorridente.
Offriamo con gioia in questo mese
Sosteniamo le molte missioni parrocchiali e settimane della santità che
si stanno svolgendo in diverse parti d’Italia; preghiamo anche per le
persone che partecipano agli esercizi spirituali quaresimali; mettiamo
nella nostra preghiera i circa 10.000 lettori di Aggancio, chi segue i nostri siti Internet (prosanctitate.org e guglielmogiaquinta.org) e il blog
(prosanctitate.blogspot.com), chi partecipa al gruppo Pro Sanctitate e
Amici del Servo di Dio Guglielmo Giaquinta su Facebook.
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Animare la Liturgia
Le parti della Messa
La Scrittura (…) parla di Cristo e ci indirizza verso l’amore.
(S. Agostino)
LITURGIA DELLA PAROLA
(I PARTE)
La liturgia della Parola comprende:
1. Le letture bibliche
2. L’omelia
3. La professione di fede
4. La preghiera universale
All’inizio della liturgia della Parola l’assemblea si siede e rivolge lo sguardo verso l’ambone, dal quale sarà proclamata la Parola.
In questo momento si realizza una particolare presenza di Dio attraverso la sua Parola: nelle letture, il Signore parla al suo popolo, gli
manifesta il mistero della redenzione e della salvezza. Anche qui
emerge il carattere trinitario della celebrazione: Dio parla alla Chiesa per mezzo del suo Figlio nello Spirito Santo. È, quindi, importante ascoltare con attenzione accogliendo la Parola che può trasformare il cuore perché è ‘viva ed efficace’.
La Liturgia della Parola deve essere celebrata in modo da favorire la meditazione e a tal fine sono utili anche brevi momenti di silenzio che consentono di accogliere la Parola di Dio. Questi momenti si possono osservare prima che inizi la Liturgia della Parola, dopo la prima e la seconda lettura e al termine dell’omelia.
Le letture non devono essere proclamate da colui che presiede, ma
da altri ministri o da un lettore. Il Vangelo, invece, in quanto è il vertice della liturgia della Parola, deve essere proclamato dal diacono o,
in sua assenza, da un altro sacerdote. Se questi non sono presenti, sarà lo stesso sacerdote celebrante a leggere il Vangelo. Dopo ogni lettura il lettore pronuncia l’acclamazione e l’assemblea con la sua risposta, dà onore alla Parola di Dio, accolta con fede e gratitudine.
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Animare la Liturgia
Preghiera
Animare la Liturgia
Preghiera
La prima lettura, tranne che nelle domeniche di Pasqua, è tratta
dall’Antico Testamento. Tutta la liturgia della Parola ha il fine di
spiegare il dono di Gesù, morto e risorto per noi, di farci comprendere che il Pane che mangiamo è il Corpo di Gesù offerto per noi.
Perciò si inizia leggendo l’Antico Testamento, nel quale Dio comincia il suo dialogo con l’uomo. È grazie alla lettura dell’Antico Testamento che si può capire - ad esempio - cosa si intende quando si
parla del ‘sangue versato per l’alleanza’. È sempre grazie all’Antico
Testamento che si comprende che la presenza di Dio in mezzo al suo
popolo si realizza non solo con un tempio fatto da mani di uomo,
ma con il corpo di Cristo morto e risorto. L’Antico Testamento prepara l’avvento di Cristo e ci educa all’attesa che si compirà con la
nascita di Gesù.
Alla prima lettura segue il Salmo responsoriale, che deve essere
in relazione con ciascuna lettura e favorire la meditazione della Parola di Dio. È bene che il salmo si esegua con il canto, almeno per
quanto riguarda la risposta dell’assemblea. Il salmista canta o recita i versetti del salmo all’ambone, l’assemblea ascolta restando seduta e partecipa di solito con il ritornello, a meno che il salmo non
sia cantato senza ritornello.
Dopo il Salmo responsoriale, nelle domeniche e nelle solennità,
si legge la seconda lettura, tratta dalle lettere apostoliche o dall’Apocalisse. Durante il Tempo Ordinario si leggono le lettere apostoliche in modo sequenziale, quindi è raro che la seconda lettura
abbia un argomento simile al Vangelo. Nelle domeniche di Avvento, Natale, Quaresima e Pasqua, invece, si scelgono quei testi del
Nuovo Testamento che aiutano ad attualizzare nella vita quotidiana quanto è proposto dagli altri testi biblici.
Dopo la lettura che precede immediatamente il Vangelo, si canta
l’Alleluia o un altro canto, a seconda di ciò che è richiesto dal tempo liturgico. In questo modo l’assemblea, stando in piedi, accoglie e
saluta il Signore che sta per parlare nel Vangelo e, con il canto, manifesta la propria fede. L’Alleluia si canta in qualsiasi tempo tranne
in Quaresima quando, al suo posto, si canta il versetto posto nel Lezionario prima del Vangelo.
La Sequenza, che, tranne nei giorni di Pasqua e Pentecoste, è facoltativa, si canta prima dell’Alleluia.
La lettura del Vangelo costituisce il culmine della Liturgia della
Parola. La stessa Liturgia insegna che si deve dare ad essa massima
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venerazione e la distingue dalle altre letture in modo particolare: il
ministro incaricato di proclamarla si prepara con la benedizione o
con la preghiera; i fedeli, con le acclamazioni, riconoscono e professano che Cristo è presente e parla a loro e ascoltano la lettura stando in piedi. Inoltre, vi sono alcuni segni di venerazione che si rendono all’Evangeliario nelle celebrazioni solenni, durante le quali si
può portare l’Evangeliario dall’altare all’ambone mentre si canta
l’Alleluia, usando i ceri o l’incenso.
a Scanno (AQ)
Il Movimento Pro Sanctitate
propone un tempo di riposo per ritemprare
il corpo e lo spirito attraverso il contatto
con la natura, l’esperienza di fraternità e,
per chi lo desidera, la preghiera comunitaria.
L’invito è rivolto a famiglie,
persone singole, giovani e ragazzi
Per informazioni e prenotazioni rivolgersi entro il 10 maggio
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Animare la Liturgia
Preghiera
Animazione liturgie eucaristiche festive
Preghiera
7 MARZO 2010
III Domenica di Quaresima
III SETTIMANA DEL SALTERIO
Idea luce
La conversione è questione di vita.
Introduzione
La liturgia di questa III domenica di Quaresima è un forte richiamo alla
responsabilità. Troppe volte puntiamo il dito sugli altri e perfino su Dio,
pensando che la colpa di ciò che accade sia fuori di noi. Il Signore Gesù ci
dice con molta chiarezza che possiamo fare la differenza con le nostre scelte e che il Padre celeste non ci giudica e non ci punisce ma ci attende e viene in nostro aiuto. È una chiave di lettura, che riveste di nuova luce anche
il contesto sociale in cui siamo inseriti.
Atto penitenziale
Signore, che hai rivelato a Mosè le tue vie, abbi pietà di noi.
Cristo, che sei la roccia della nostra salvezza, abbi pietà di noi.
Signore, che vuoi la conversione dei peccatori, abbi pietà di noi.
Liturgia della Parola
I Lettura
Es 3, 1-8a;13-15
Nella solitudine del deserto Mosè riceve la sua vocazione e la sua missione da Dio, che si rivela nel roveto ardente e fa conoscere il suo nome e la sua premura verso il suo popolo ridotto in schiavitù. Anche
oggi il Signore ha bisogno di collaboratori al suo piano di salvezza.
Salmo 102
II Lettura
1Cor 10, 1-6; 10-12
Il cammino del popolo di Israele nel deserto è modello del cammino
esistenziale di ogni credente. Le nostre difficoltà, le mancanze, le cadute sono sostenute dalla grazia divina e in particolare dai sacramenti. A noi la responsabilità di vivere nella vigilanza e nella coerenza.
Vangelo
Lc 13, 1-9
Traccia di riflessione
Il Salmo di questa III domenica di
Quaresima descrive la bontà e la
pazienza del nostro Dio ed è un in72
no alla sua infinita misericordia. È il
Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, che si rivela a Mosè e scende
-
do di aiuto di tanti fratelli e sorelle
che ci passano accanto? Siamo di
quelli che sanno solo criticare e additare le colpe degli altri o ci ‘sporchiamo le mani’ e facciamo la nostra parte? Chi ha fatto l’esperienza
di mettersi in gioco fino in fondo
può dire senza timore di essere
smentito che nulla accade per caso
e che in ogni circostanza, anche la
peggiore, si può scorgere la traccia
di una Presenza d’amore. Questi
sono i frutti di una autentica conversione della mente e del cuore. La
Chiesa e il mondo hanno bisogno di
uomini e di donne che, con coraggio e con fedeltà, diventano amici
di Dio e operai nella sua vigna.
Preghiera dei fedeli
Per la Chiesa, popolo santo di Dio, perché sia guidata dalla luce della
Parola e sostenuta dalla forza dell’Eucaristia in questo cammino quaresimale, che la conduce alla Pasqua del Signore, preghiamo.
Per il Papa, i Vescovi, i presbiteri e i diaconi, perché come Mosè siano
guide spirituali sicure e coraggiose, sempre in ascolto della volontà di
Dio, preghiamo.
Per quanti vedono il giudizio di Dio nelle tragedie personali e sociali,
perché possano incontrare il volto paziente e misericordioso del Padre,
che rispetta fino in fondo la nostra libertà, preghiamo.
Per noi qui riuniti e per la nostra comunità, perché non siamo come il
fico sterile ma sappiamo portare frutti di carità, di giustizia e di pace in
tutti gli ambienti della nostra vita, preghiamo.
Dialogo eucaristico
Gesù Eucaristia, che sazi la nostra fame e la nostra sete nel cammino della vita, noi ti ringraziamo e ti benediciamo per i tanti benefici che operi nella nostra anima. Trasforma il nostro cuore indurito in un cuore capace di amarti e
di amare. Rendici attenti alla tua presenza e pronti a seguire i tuoi comandamenti. Amen.
Idea guida
Incoraggiamo i fratelli ad accogliere la salvezza che viene da Dio.
73
Animazione liturgie eucaristiche festive
dal suo cielo perché ha visto, ha
udito e conosce la sofferenza del
suo popolo. È il Dio di Gesù, che
non taglia il fico sterile ma lo lascia
ancora per un anno, lo cura e lo
concima perché porti finalmente i
suoi frutti. Come si concilia questa
tenerezza di Dio con le parole dure,
che pure leggiamo oggi nel Vangelo
e nella lettera di san Paolo? Abbiamo ascoltato non un semplice invito alla conversione ma una sorta di
ultimatum: “Se non vi convertite,
perirete tutti allo stesso modo”.
Proviamo a tradurre questa frase
con delle domande: siamo capaci di
aprire davvero i nostri occhi, le nostre orecchie e il nostro cuore al gri-
Preghiera
Animazione liturgie eucaristiche festive
Preghiera
14 MARZO 2010
IV Domenica di Quaresima
IV SETTIMANA DEL SALTERIO
Idea luce
Dio è nostro Padre e ci ama infinitamente.
Introduzione
La liturgia di questa IV domenica di Quaresima è un annuncio gioioso della riconciliazione che Dio continuamente dona a tutti gli uomini nel Cristo
suo Figlio. La riconciliazione ci apre alla certezza che si può cambiare, che
si può almeno sempre provare a fare della nostra vita una esperienza che
ci realizza pienamente. Lì dove siamo limitati dalle nostre paure e dai nostri errori, arriva la misericordia di Dio a liberarci e a rinnovarci.
Atto penitenziale
Signore, che hai guidato il tuo popolo alla terra promessa, abbi pietà di noi.
Cristo, che ci hai riconciliato a Dio con il sacrificio della croce, abbi pietà di noi.
Signore, che attendi il ritorno di tutti i tuoi figli dispersi, abbi pietà di noi.
Liturgia della Parola
I Lettura
Gs 5, 9a; 10-12
La celebrazione della Pasqua nella terra di Canaan sancisce la liberazione del popolo di Israele dalla schiavitù dell’Egitto e da tutte le
sue conseguenze. Dio ci supera sempre in generosità e non ci ripaga secondo le nostre colpe.
Salmo 33
II Lettura
2Cor 5, 17-21
L’esortazione alla riconciliazione dell’apostolo Paolo risuona ancora oggi attuale e urgente. Lasciamoci raggiungere da questo invito
e facciamoci anche noi ambasciatori di Cristo per il mondo, bisognoso di perdono e di pace.
Vangelo
Lc 15, 1-3; 11-32
Traccia di riflessione
La parabola del “figliol prodigo”,
che è una sorta di summa del Vangelo, scaturisce da una provocazione
degli scribi e dei farisei nei confron74
ti di Gesù, che si intrattiene con i
peccatori e mangia con loro. Al tentativo di screditare il Maestro si
contrappone l’evidenza della divi-
-
può comprendere l’amore incondizionato di Dio, finché non se ne fa
l’esperienza. Infatti, il figlio maggiore non la comprende, anzi se ne
sente quasi offeso, a dimostrazione
del fatto che tutti, nessuno escluso,
abbiamo bisogno di riconciliazione
continuamente.
Riconciliazione con noi stessi, con
Dio e con i fratelli. Abbiamo bisogno di comprendere che la riconciliazione è un dono da ricevere a
piene mani e da condividere con
generosità. Il frutto della riconciliazione è la gioia vera, la gioia di essere amati così come siamo. È questo l’amore che rende liberi di essere creature nuove.
Preghiera dei fedeli
Per la Chiesa, perché annunci e testimoni la novità di vita, che viene da
Dio, per quanti scelgono nel loro cuore di appartenere a Cristo e di seguire i suoi insegnamenti, preghiamo.
Per i sacerdoti, perché nell’esercizio del ministero della riconciliazione
siano accoglienti e gioiosi come il Padre misericordioso, che vince le
colpe del figlio prodigo con l’abbondanza del suo amore, preghiamo.
Per quanti stanno sperperando il dono della vita lontano da Dio e dalla
sua legge d’amore, perché sentano la nostalgia del Padre e incontrino
presto il suo abbraccio, che ci attende tutti così come siamo, preghiamo.
Per noi qui riuniti, perché in questo periodo di preparazione alla Pasqua del Signore facciamo esperienza della divina misericordia per essere anche noi misericordiosi con i fratelli, preghiamo.
Dialogo eucaristico
Gesù Eucaristia, che siedi a mensa con noi peccatori e ti fai nostro cibo e nostra bevanda, ti ringraziamo perché l’incontro con te è la festa che il Padre ha preparato per
tutti i suoi figli. Ti ringraziamo per tutte le volte che il tuo amore ha aspettato e rispettato i nostri tempi. Ti ringraziamo per tutte le volte che il tuo amore è venuto a
cercarci. Attira a te quanti sono ancora lontani, perché la gioia sia piena. Amen.
Idea guida
Annunciamo ai fratelli l’amore misericordioso del Padre.
75
Animazione liturgie eucaristiche festive
na misericordia, che supera con
l’abbondanza della grazia la mediocrità dei calcoli e dei pregiudizi
umani. La parabola descrive fin nei
minimi particolari l’esperienza della conversione, ponendo al centro
di essa non l’infedeltà dell’uomo
ma la bontà infinita di Dio. Il percorso del figlio è certamente impegnativo ma va sottolineato che è
una conseguenza della sua scelta di
lasciare la casa del Padre. Ciò che lo
attende al ritorno va oltre ogni sua
aspettativa: il Padre lo vede da lontano, gli corre incontro, lo abbraccia, lo bacia, fa festa con lui e per
lui. Nessun giudizio, nessuna condanna, nessuna punizione. Non si
Preghiera
Animazione liturgie eucaristiche festive
Preghiera
21 MARZO 2010
V Domenica di Quaresima
I SETTIMANA DEL SALTERIO
Idea luce
Il perdono di Cristo non condanna ma impegna.
Introduzione
Siamo giunti quasi al termine della Quaresima e la liturgia di questa quinta domenica ci esorta ad accogliere senza riserve la novità che il Signore
vuole portare nella nostra vita e ci indica con precisione come fare. Ancora una volta ci viene proposta l’esperienza del perdono come la strada
maestra per un autentico incontro con Dio e con i fratelli: perdono da ricevere e perdono da dare, in uno scambio di misericordia che ci mette in verità con noi stessi e con gli altri.
Atto penitenziale
Signore, che fai nuove tutte le cose con la potenza del tuo amore, abbi pietà di noi.
Cristo, che sei il modello e il premio del nostro cammino di santità, abbi pietà di noi.
Signore, che non sei venuto per condannare ma per salvare i peccatori, abbi pietà di noi.
Liturgia della Parola
I Lettura
Is 43, 16-21
Al popolo di Israele prigioniero a Babilonia, che sembra capace di
guardare solo al passato, il profeta Isaia chiede di cogliere l’opera di
salvezza che il Signore sta compiendo e compirà per liberare definitivamente il suo eletto.
Salmo 125
II Lettura
Fil 3, 8-14
Le parole dell’apostolo Paolo sono una testimonianza d’amore a
Cristo, piena di entusiasmo e di autentica passione. Solo chi è innamorato non vede altro e non desidera altro che la persona amata; solo chi è amato vuole essere in tutto come colui che lo ama.
Vangelo
Gv 8, 1-11
Traccia di riflessione
Proviamo a fare un esercizio di
empatia. Proviamo a metterci nei
panni dei protagonisti della bellis76
sima e impegnativa pagina di Vangelo che ci viene proposta in questa quinta domenica di Quaresi-
-
vincere dal peccato e cediamo alle
sue lusinghe. Ancora peggio,
quando ciò ci espone al giudizio
implacabile degli altri. Solo se incontriamo lo sguardo di Gesù e il
suo perdono ci sentiamo davvero
compresi, difesi, comunque amati.
Cristo non sottovaluta il peccato,
non lo banalizza e non lo giustifica ma proprio perché lo condanna
e lo vince con la forza del suo
amore dona a noi la forza di andare oltre. Chi si riconosce in questa
misera donna può sentire rivolte a
sé le parole di misericordia del Signore: “Neanch’io ti condanno; va’ e
d’ora in poi non peccare più”. Impariamo dal Signore Gesù ad assumerci la responsabilità della nostra condotta di vita.
Preghiera dei fedeli
Per la Chiesa, popolo santo di Dio, perché sappia scorgere i germogli di
bene e di salvezza, che il Signore continua a seminare nel tempo e nella
storia, preghiamo.
Per tutti i battezzati, chiamati alla perfezione dell’amore, perché siano
sempre più conformi a Cristo attraverso una conoscenza profonda e
una intensa vita interiore, preghiamo.
Per chi teme il giudizio di Dio a causa dei propri peccati, perché si apra
all’esperienza della riconciliazione che libera e rinnova, preghiamo.
Per tutti noi, perché sappiamo celebrare le lodi del Signore con le parole e le opere e con una vita continuamente protesa verso la meta del nostro cammino, preghiamo.
Dialogo eucaristico
Gesù Eucaristia, volto della misericordia del Padre, ti ringraziamo perchè con un
atto di amore infinito ti chini ancora una volta su di noi per dimorare nei nostri
cuori. Nella solitudine della nostra anima desideriamo incontrare il tuo sguardo e
ascoltare le tue parole di perdono e di incoraggiamento. Donaci la forza di ricominciare sempre e di crescere nel cammino dell’amore. Amen.
Idea guida
Rinnovati dallo sguardo misericordioso di Gesù corriamo verso la Pasqua.
77
Animazione liturgie eucaristiche festive
ma. Gli scribi e i farisei: il loro intento è quello di mettere alla prova Gesù e strumentalizzano una
violazione evidente della legge di
Dio. Quante volte anche noi manipoliamo perfino gli insegnamenti
divini per giustificare noi stessi o
per condannare gli altri. E anche la
celebre risposta di Gesù: “Chi di
voi è senza peccato, scagli la prima
pietra” viene spesso utilizzata per
avallare una situazione diffusa di
peccato, piuttosto che per superarla con un deciso cambiamento di
vita. Impariamo dagli scribi e dai
farisei a riconoscere la nostra condizione di peccatori e a deporre i
sassi già pronti per la lapidazione
dei fratelli. La donna adultera: siamo noi ogni volta che ci lasciamo
Preghiera
Animazione liturgie eucaristiche festive
Preghiera
28 MARZO 2010
Domenica delle Palme - II SETTIMANA DEL SALTERIO
XXV GIORNATA MONDIALE
DELLA
GIOVENTÙ
«Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?» (Mc 10,17)
Idea luce
Cristo ha dato tutto se stesso per amore nostro.
Introduzione
La Domenica delle Palme e della Passione del Signore introduce la Settimana Santa, in cui la Chiesa celebra i misteri della salvezza compiuti da Cristo
negli ultimi giorni della sua vita, a cominciare dall’ingresso messianico nella città di Gerusalemme. Un’aria di festa ci accoglie nelle nostre comunità e
nelle nostre chiese questa mattina, richiamando anche chi abitualmente non
partecipa alla Messa domenicale, una festa che lascia subito il posto al racconto e alla meditazione della Passione e Morte di nostro Signore. Cogliamo
in questa apparente contraddizione il senso vero del mistero che celebriamo: un mistero d’amore infinito, che colma di consolazione e di gioia.
Atto penitenziale
La celebrazione inizia abitualmente con la Processione delle Palme.
La Messa ha inizio con la Colletta.
Segue la Liturgia della Parola.
Liturgia della Parola
I Lettura
Is 50, 4-7
Il Servo di Jahvé, che non si sottrae alla sua missione anche quando
questa è motivo di sofferenza e di disprezzo, è immagine di Cristo
che assume su di sé tutto il dolore del mondo.
Salmo 21
II Lettura
Fil 2, 6-11
L’inno di san Paolo proclama la divinità e l’umanità di Cristo, unite
per dare gloria al Padre e per aprire a noi peccatori la strada verso
la beatitudine eterna.
Vangelo
Lc 22, 14-23; 56
Traccia di riflessione
Il racconto delle ultime ore di vita di
Cristo nel vangelo di Luca è ricco di
78
particolari e molto coinvolgente.
L’ultima cena e l’istituzione dell’Eu-
-
gliamo l’invito dell’apostolo Paolo a
piegare le ginocchia nel nome di Cristo, che è al di sopra di ogni altro nome, così come Lui per noi si è piegato, abbassato, umiliato fino alla morte infamante della croce. Raccogliamo l’invito della liturgia a fare silenzio per sentire ancora una volta l’ultimo grido del Figlio amato al Padre.
L’amore è la chiave di questo insondabile dolore. Un amore infinito ed
eterno, che attraversa i secoli per raggiungere proprio me, nella mia fatica
di ogni giorno, nella mia solitudine,
nella mia sofferenza e anche nella
mia gioia, nella mia speranza, nella
mia donazione. Sì, Cristo “ha amato
me e ha dato se stesso per me” (Gal 2,20).
Preghiera dei fedeli
Per la Chiesa, corpo mistico di Cristo, perché partecipi nelle sue membra
ai patimenti del Signore per prendere parte alla gloria della Risurrezione, preghiamo.
Per quanti governano la comunità civile, perché ispirino l’esercizio del
loro potere ai valori universali del bene comune, della dignità e della
libertà della persona, preghiamo.
Per i giovani, che oggi celebrano nelle loro diocesi di appartenenza la
XXV Giornata della Gioventù, perché sappiano mettersi alla sequela di
Cristo, Maestro buono, per giungere alla pienezza della vita, preghiamo.
Per quanti soffrono nel corpo e nello spirito, perché guardando al volto del Divino Crocifisso sappiano scorgere sulle sue labbra il sorriso
della consolazione e della condivisione, preghiamo.
Per noi qui riuniti, perché nel segno di queste palme benedette diventiamo strumenti di pace e di unità nelle nostre famiglie e nelle nostre
comunità, preghiamo.
Dialogo eucaristico
Gesù Eucaristia, crocifisso per amore, la nostra gratitudine non può ricambiare
neanche una sola goccia del tuo sangue versato, neanche una sola delle tue lacrime. Eppure sappiamo che la tua sete martoriante sulla croce era ed è sete di anime, delle nostre anime. È questo il dono che ci chiedi: essere tuoi. Conquista con
la forza del tuo amore i nostri cuori e le nostre menti. Amen.
Idea guida
Viviamo la Settimana Santa con fede e con amore.
79
Animazione liturgie eucaristiche festive
caristia, la preghiera sul monte degli
Ulivi e l’arresto, il processo e la condanna, la via del Calvario e la crocifissione, la morte e la sepoltura: sono
fatti comunemente noti, universalmente conosciuti, tradizionalmente
ricordati in questa solenne celebrazione. Ma cosa dicono a me, nel mio
particolare stato di vita, nella mia attuale condizione? L’attenzione di
Gesù, che è il protagonista assoluto
di questi eventi, verso quanti in qualunque modo ne sono partecipi ci dice che anche noi non possiamo essere solo degli spettatori. Le descrizioni dell’Evangelista, i dialoghi, i personaggi ci aiutano a compiere un
percorso spirituale e morale. Racco-
Preghiera
San Giuseppe
Cari fratelli nel sacerdozio, il vostro ministero pastorale richiede molte rinunce, ma è anche sorgente di gioia. In relazione confidente con i vostri Vescovi, fraternamente uniti a tutto
il presbiterio, e sostenuti dalla porzione del Popolo di Dio che
vi è affidata, voi saprete rispondere con fedeltà alla chiamata
che il Signore vi ha fatto un giorno, come egli ha chiamato Giuseppe a vegliare su Maria e sul Bambino Gesù!
Possiate rimanere fedeli, cari sacerdoti, alle promesse che
avete fatto a Dio davanti al vostro Vescovo e davanti all’assemblea. Il Successore di Pietro vi ringrazia per il vostro generoso
impegno al servizio della Chiesa e vi incoraggia a non lasciarvi turbare dalle difficoltà del cammino! Ai giovani che si preparano ad unirsi a voi, come a coloro che si pongono ancora
delle domande, vorrei ridire questa sera la gioia che si ha nel
donarsi totalmente per il servizio di Dio e della Chiesa.Abbiate il coraggio di offrire un “sì” generoso a Cristo!
dc
Benedetto XVI, Yaoundè, 18 marzo 2009
L’Annunciazione di Maria
L’Angelo ti sorride e tu lo guardi smarrita e titubante
per le cose assai grandi che troppo sopravanzano il tuo cuore.
‘L’ombra dello Spirito ti coprirà, Immacolata,
e sarai tempio e talamo del figlio di Dio onnipotente,
diventerai regina prescelta dal tuo Creatore
e madre del re d’Israele’.
Le comprendi tu queste cose?
Tu guardi e il tuo cuore è confuso ma all’Angelo sorridente
non puoi che rispondere: “Eccomi. Si faccia la sua volontà”.
Da Preghiere, G. Giaquinta
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7 MARZO 2010 III Domenica di Quaresima