.116
maggio 2010
al t re c onomia
4 euro
L’INFORMAZIONE PER AGIRE
le nostre proposte
per una vacanza
in punta di piedi
_08
Spedizione in a.p. - d.l. 353/2003 Art.1, Comma 1, DCB Milano - Contiene I.R.
acqua: intervista
a stefano rodotà
_44
LONTANI DALLA SOLITA
ESTATE
TURISMO RESPONSABILE VS CEMENTO
www.altreconomia.it
chiara dattola
Segnatevi la data: il 15 maggio
l’assemblea dei soci!
Attenzione! I soci di Altra Economia soc. coop. sono
tutti convocati per l’assemblea annuale di approvazione del bilancio 2009, che si terrà (in seconda
convocazione) a Milano, via Calatafimi 10,
il 15 maggio 2010 a partire dalle ore 10.00
Diventa socio di Altreconomia, “scommetti” con noi sul futuro
di una casa editrice indipendente dalla pubblicità e dai finanziamenti
pubblici. Per farlo, basta depositare una quota che dà diritto a
partecipare alla vita della cooperativa. Oggi siamo già più di 400!
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Corso Lodi 47 - 20139 Milano - Tel. 02-89.91.98.90
EDITORIALE & sommario
di pietro raitano
3_
.116
La partecipazione politica è un costo? Non molti se
ne sono accorti, ma con le leggi Finanziarie del 2008
e del 2010 il governo ha di fatto abolito le circoscrizioni di decentramento per tutti i comuni con meno di 250mila abitanti.
Che vengano chiamate “zona”,
“municipio”, “municipalità”, la
loro origine va cercata nei tanti
“comitati di quartiere” spontanei sorti un po’ in tutta Italia
negli anni 70. Quel movimento
“dal basso” spinse nel 1976 il
governo a disciplinare la materia. La legge di allora, firmata
da Aldo Moro, stabiliva all’articolo 1 che i Comuni avevano
la facoltà di ripartire il territorio
in circoscrizioni “allo scopo di
promuovere la partecipazione
popolare alla gestione amministrativa della comunità locale
e in attuazione del principio di
autonomia sancito dall’articolo
128 della Costituzione”.
Altri tempi, altre parole, altri
ideali forse.
Nell’ordinamento italiano le circoscrizioni oggi sono organismi
di “partecipazione, consultazione e gestione dei servizi di
base”; non sono enti locali ma
organi dei Comuni.
Oggi si è deciso di abolirli nei
comuni più piccoli, nel nome
dei tagli ai “costi della politica”.
Il meccanismo sarà progressivo
a partire dal 2011.
Attenzione: i comuni sopra i
250mila abitanti, per i quali
il decentramento invece è
confermato, sono 12 -su un
totale 8.101-, per 9 milioni
di residenti. Vuol dire che il
provvedimento riguarda 8.089
comuni e 51 milioni di italiani.
Per loro, la nuova normativa
prevede la possibilità di creare
organismi di partecipazione di
tipo volontario, senza riconoscimento di gettoni o indennità, che non abbiano poteri
MAGGIO 2010
gestionali, ma solo consultivi e
propositivi. Non un granché.
È probabilmente vero che oggi
le circoscrizioni non sono come
un tempo in grado di attrarre
i cittadini. Le presenze alle
assemblee sono minime, il ruolo
stesso di questi apparati -e chi
ci lavora- non sono noti a tutti
gli elettori. Paradossalmente,
questo è più vero nei comuni
con un grande numero di abitanti. Ma da qui a sostenere che
la partecipazione dei cittadini
all’amministrazione dei Comuni sia un costo e che quindi
vada tagliato è troppo.
O meglio, è l’ennesimo attacco
all’autonomia dei Comuni, ai
quali si stanno progressivamente sottraendo poteri e risorse.
La partecipazione è un valore, e
questo va ribadito.
Trovarne nuove forme, più
efficaci e attrattive, a questo
punto è un dovere imposto a
enti locali e cittadini da una
classe politica che esalta l’individualismo del voto al posto
della cittadinanza e del senso di
appartenenza a una comunità.
Non trovando poi soluzioni
al crescente astensionismo e
disaffezione.
Se il modello degli anni 70 non
funziona, i Comuni possono
ispirarsi a esperienze che altrove
hanno avuto la capacità di coinvolgere i cittadini in un processo
decisionale partecipato. O possono anche guardare al mondo
dell’economia solidale, che non
a caso si interroga sempre più
sul tema della politica
e della rappresentanza.
IN COPERTINA
TURISMO RESPONSABILE
_08
in barca o a piedi, contromano
_14
SABBIA E CEMENTO
gli altri servizi
l’invasione degli ultra porti
CONSUMI CRITICI
_18
in pasto ai buoni
_21
STORIE DI ORDINARIA PRECARIETÀ
vaccini anti crisi
_24
campi profondi
_28
tutti i lati del cibo
_31
FOTOREPORTAGE
I NOSTRI LIBRI
ECONOMIE SOLIDALI
l’energia viene dal gas
_33
cura o prestazione?
LA FINE DEL WELFARE
_34
il costo della tangente
POLITICHE PUBBLICHE
l’antimafia quotidiana
_37
sindaci contro le mafie
_38
GIUSTIZIA FISCALE
grandi rendite in fuga dalle tasse
dal nostro inviato
_40
alla corte del dittatore
_44
Intervista
né pubblica né privata
economie solidali
_47
la casa dell’alternativa
LE RUBRICHE
_04
Fotonotizia
_05
Racconto del mese di Lorenzo Guadagnucci
_06le brevi /consumi critici
_30distratti dalla libertà di Lorenzo Guadagnucci
_43i signori delle guerre di Francesco Vignarca
_46la banca dei ricchi di Luca Manes
_48
trade watch di Monica Di Sisto
_49un posto in prima fila di Ugo Ripamonti
_50idee eretiche di Roberto Mancini
WWW.ALTRECONOMIA.IT
FOTONOTIZIA
_4
ikea, sciopero per andare dal reparto-bagno al bagno
gian maria garuti
I dipendenti dell’Ikea di Corsico, alle porte di Milano, hanno scioperato ad aprile (foto), per una giornata intera, con tanto di
presidio davanti al punto vendita, tra le facce incuriosite dei clienti armati di carrello e matitina. La protesta, hanno spiegato i
rappresentanti sindacali, è dovuta alle condizioni di lavoro, definite “inaccettabili”, tra un “clima” faticoso, fatto di contestazioni
disciplinari “inutili e pretestuose”, ed eccessivi carichi lavorativi, in quello che si stima sia il terzo punto vendita Ikea al mondo
per fatturato. I lavoratori lamentano il fatto che i loro superiori siano arrivati addirittura a cronometrare il tempo che trascorrono in
bagno i dipendenti. Sullo sfondo delle proteste, l’impiego di contratti part-time e la progressiva riduzione del personale, in vista
dell’apertura del nuovo punto vendita della catena svedese (il diciottesimo in Italia) a San Giuliano Milanese.
WWW.ALTRECONOMIA.IT
MAGGIO 2010
IL RACCONTO DEL MESE
di lorenzo guadagnucci
5_
Sempre più italiani scelgono di non votare; gli enti locali lombardi manifestano:
hanno le casse vuote.
E intanto l’Abruzzo intero,
e gli aquilani, paiono abbandonati, a un anno dal
terremoto.
l’addio ai seggi
C’è chi lo chiama partito del
“non voto” e fa notare che è
di gran lunga il più forte del
paese: alle recenti elezioni
regionali gli “astenuti” -chi
non si è presentato ai seggisono stati il 35,81% degli
elettori (40.830.521). Ma i
commenti sulla partecipazione
elettorale hanno accompagnato
stancamente solo la prima
giornata di voto, e appena le
urne si sono aperte l’attenzione
si è spostata sulle percentuali
ottenute da candidati e partiti.
Ogni preoccupazione è stata
dimenticata. Eppure, sarebbe
opportuno esprimere i risultati
elettorali avendo come base
di riferimento il numero degli
elettori, e non, come sempre si
fa, l’insieme dei cosiddetti voti
validi (escluse quindi anche
le schede nulle e bianche).
Scopriremmo così che alle
regionali le due formazioni
maggiori, Pd e Pdl, insieme non
toccano nemmeno un terzo dei
consensi dei cittadini-elettori.
Il Pd, con 5,8 milioni di voti,
ottiene il 14,3% (i giornali
hanno indicato il 26%, calcolato
sui voti validi); il Pdl, con
quasi sei milioni di voti ottiene
poco di più, il 14,6%. Anche
aggiungendo i voti ottenuti dalle
“liste del presidente”
-2,6 milioni fra centrodestra e
centrosinistra- cambia poco:
c’è da aggiungere un 6,4%,
che porta la somma dei voti
ottenuti dalle due principali
forze politiche del Paese a poco
più di un terzo dell’elettorato
(35,3%). Detto in altro modo,
MAGGIO 2010
le formazioni di maggioranza
(Pdl, Lega Nord, La Destra
più le “liste del presidente” di
centrodestra), il 28 e 29 marzo
hanno avuto 10 milioni 651mila
voti, pari al 26% degli aventi
diritto al voto. Queste cifre sono
un indicatore certo della crisi
dei partiti, visto che nessuno
di questi riesce a raggiungere
la pur miserabile quota del
15%: per dare un termine di
paragone, nel ‘92, alle politiche,
la Democrazie cristiana
ottenne un dignitoso 24,5% (il
Pds di fermò al 13,3%, il Psi
all’11,2%), con un’affluenza
al voto che toccava l’87,29%.
Più in generale, siamo di fronte
a una crisi profonda della
democrazia rappresentativa,
nonostante i discorsi ufficiali
si soffermino sul successo
elettorale di questo o quel
partito, sul grande consenso
di cui godrebbe l’attuale
premier e così via (a proposito,
la coalizione guidata da Silvio
Berlusconi nel 2008 ha ottenuto
un’ampia maggioranza alla
Camera coi voti del 36,2%
del corpo elettorale). Letti
sotto questa luce, i progetti
presidenzialisti -che si profilano
come “risposta” alla crisi
di credibilità della politicasembrano più scorciatoie,
caldeggiate da leader e partiti
privi di un effettivo e sufficiente
consenso democratico, che reali
vie d’uscita.
_____
i sindaci e il deficit
Pochi giorni dopo le elezioni,
un singolare corteo ha sfilato
per le vie di Milano: alcune
centinaia di sindaci lombardi,
fascia tricolore indosso, hanno
manifestato contro i tagli alla
finanza locale e il cosiddetto
patto di stabilità che impone
rigidi limiti di spesa agli enti
locali. La manifestazione ha
avuto toni un po’ paradossali:
i sindaci che contestano e i
ministri contestati appartengono
in larga misura allo stesso
schieramento; in aggiunta, gli
uni e gli altri alzano da anni la
bandiera del federalismo fiscale,
che evidentemente è rimasto
un mero slogan. L’impressione,
per chi osserva, è di un’estrema
confusione: diventa difficile
per chiunque comprendere
quale sia la reale posta in gioco
(l’autonomia degli enti locali?,
l’entità dei servizi pubblici
erogati?, la tenuta dei bilanci
comunali o di quello statale?) e
quali le responsabilità politiche
per le difficoltà che i sindaci
denunciano. Oltretutto,
compaiono sui media e subito
si inabissano notizie a prima
vista allarmanti: l’Istat all’inizio
di aprile ha informato che lo
Stato ha chiuso il 2009 con un
deficit pubblico del 5,2%, il
doppio dell’anno precedente.
La causa principale è la caduta
delle imposte su redditi e
patrimoni (-7%), determinata
dalla recessione. Sarebbe andata
anche peggio senza l’entrata
una tantum dello scudo fiscale
(5,3 miliardi di euro, rispetto
a un deficit complessivo di 80
miliardi). Proteste di piazza
da un lato, statistiche ufficiali
dall’altro sono comparse e
sparite nel discorso pubblico
senza incrociarsi. A questo
punto servirebbe un’operazione
verità, che non pare però nelle
corde delle leadership politiche ed
economiche.
_____
la fine dell’aquila
L’anniversario del terremoto in
Abruzzo è trascorso lasciando
una sensazione di disagio.
L’intervento d’emergenza e
l’avvio della ricostruzione sono
entrati nell’agenda politica
come eventi-bandiera: si
pensi allo show del G8 o alla
celebrazione della Protezione
civile, nonostante le inchieste
giudiziarie che ne stanno
compromettendo l’immagine.
Questa “visione”, legittimata
dai maggiori media, ha in realtà
parecchie crepe, che tuttavia
non è facile decifrare. Stando
alle cifre ufficiali, fornite dal
commissario straordinario
Gianni Chiodi (presidente
della Regione Abruzzo), oltre
14mila persone sono state
collocate nei nuovi alloggi del
piano Case, strutture assai
pubblicizzate e concepite come
piccole “new town”, prive di
quella rete di relazioni sociali,
servizi, memoria condivisa che
fanno di un luogo una città.
Altre 2.200 persone vivono
in abitazioni prese in affitto,
circa 1.800 in “Moduli di
abitazioni provvisorie”, 800
in altre strutture temporanee.
La cifra più consistente
fra quelle snocciolate da
Chiodi, 27.316 persone,
indica cittadini abruzzesi “in
sistemazione autonoma”, cioè
-pare di capire- che si sono
trovati un posto da soli: da
amici o parenti, in altre case
proprie, trasferendosi altrove,
abbandonando la propria
abitazione e con prospettive
incerte di rientro. In più ci sono
cinquemila persone ancora
alloggiate in alberghi sulla costa
abruzzese. Quei 27mila e questi
5mila faranno mai ritorno
all’Aquila e nelle altre cittadine
disastrate? Esiste davvero la
possibilità che il centro storico
dell’Aquila sia ricostruito? Gli
aquilani che nelle settimane
scorse si sono armati di carriole
e hanno cominciato a svuotare
il centro dai detriti, hanno posto
queste domande e rivendicato
il diritto a essere protagonisti
di una ricostruzione che al
momento non c’è. Il primo
anniversario del sisma ha
lasciato più dubbi che certezze.
WWW.ALTRECONOMIA.IT
LE BREVI / CoNSUMI CRITICI
www.osservatorioiraq.it,
il portale “sul Medioriente
che non fa notizia” è
a rischio chiusura
_6
GLI APPUNTAMENTI TRA MAGGIO E GIUGNO
da lodi a trento
un caffè per nestlé
Chi siamo, cosa
facciamo, dove andremo.
“Comportamenti
umani”, a Lodi dal 6
al 9 maggio, riunisce
persone “curiose del
presente” che “vogliano cercare di capire il futuro”. Il festival è
un’iniziativa dell’assessorato alle Politiche culturali del Comune
(comportamentiumani.org).
Altreconomia edizioni fa il suo esordio al Salone internazionale
del libro di Torino, dal 13 al 17 maggio. Cercateci sul programma:
domenica 16, Luca Martinelli presenta il libro L’acqua è una merce.
Alla Fortezza da Basso di Firenze, infine, dal 28 al 30 maggio
c’è “Terra Futura”, la 7° edizione della mostra convegno
internazionale promossa dal sistema Banca Etica. Siamo nelle
sezione “comunicare la sostenibilità”. Cercateci anche sul
programma culturale (www.terrafutura.it).
Dal 3 al 6 giugno, la carovana di Ae si sposta a Trento, per il
Festival dell’economia, giunto alla 5° edizione, dedicata a
“Informazioni, scelte, sviluppo”. La rivista e i libri di Ae saranno
presenti nella “Piazzetta dell’altra economica”, curata da Trentino
Arcobaleno. Tra i nostri autori, ci saranno Francesco Gesualdi (con
L’altra via) e Roberto Mancini (con Idee eretiche).
Info: www.festivaleconomia.it
Una storia da leggere sul fondo delle tazzine, quando beviamo un
caffè “messicano”. Partiamo da un dato: il 50% delle esportazioni
di grani dal Paese è controllato da Amsa (Agroindustrias Unidas de
Mexico), partner Nestlé. La multinazionale, che partecipa a iniziative
certificate da commercio equo e solidale e responsabilità sociale
d’impresa, in Messico è responsabile di pratiche assai scorrette.
Secondo La Jornada del campo, Amsa seleziona varietà di caffè
congeniali alla produzione di Nestlé, con le modalità del “coyote”:
ribasso sul prezzo, pressioni sui piccoli produttori perché vendano
il loro caffè solo a Nestlé, pressioni per effettuare nelle piantagioni
un cambio verso varietà meno caratterizzanti, più congeniali
a una produzione globalizzata. A ciò si aggiunge la nomina di
trader di Nestlé nelle alte cariche degli enti preposti alla gestione
e promozione del caffè messicano, e la creazione di cooperative
fantasma, al fine di accedere a fondi pubblici creati per il sostegno ai
contadini: il quadro è completo. In Messico le zone caffeicole sono
molte, e in alcune Amsa e Nestlé sono gli unici compratori.
I produttori che aderiscono al loro programma sopportano:
ricevono 6 pesos al chilo (0,35 euro) per il caffè non lavorato (café
cereza) contro i 9 che paga il mercato locale. (mm)
ilaria favè
3208
battute di news
“Nuova, pulita,
rinnovabile:
energia”: i Beati i
costruttori di pace hanno
scelto di rispondere così, con
un libretto di 36 pagine, al
“papello” pro-nucleare Energia
per il futuro, distribuito nei mesi
scorsi come allegato ai giornali
diocesani (vedi Ae 114) per
spianare la strada alle nuove
centrali volute dal governo
italiano. L’obiettivo: mostrare,
“con un linguaggio semplice
e alla portata anche dei ‘non
esperti’, come l’alternativa delle
fonti rinnovabili sia praticabile
e al tempo stesso desiderabile,
mentre il nucleare è pericoloso
e sconveniente anche da un
WWW.ALTRECONOMIA.IT
punto di vista economico”.
In quarta, una citazione dal
discorso di Benedetto XVI
in occasione della Giornata
mondiale della pace (1° gennaio
2010): “Occorre incoraggiare
le ricerche volte ad individuare
le modalità più efficaci per
sfruttare la grande potenzialità
dell’energia solare”. Secondo i
curatori di Energia per il futuro,
lo stesso papà sarebbe un
convinto assertore del ritorno
al nucleare nel nostro Paese.
Info: www.beati.org. Per
ricevere più copie stampate
(al costo di circa 0,25
euro l’una) può ordinarle
scrivendo a segreteria@
beati.org
“Del bio mi fido!”.
Aiab ha scelto questo slogan per
aprire ai cittadini le porte delle
aziende agricole biologiche.
Fino a domenica 16 maggio,
è PrimaveraBio 2010. Tutti gli
eventi, regione per regione, sul
sito www.primaverabio.aiab.it
Dal 18 al 23 maggio, invece, il
Bloom di Mezzago (Mb) ospita
“Il mondo nel piatto, la vita nei
campi”. Un’iniziativa di Acra,
Bloom e cooperativa Scret. Info:
www.bloomnet.org, www.acra.it
MAGGIO 2010
www.altreconomia.it,
notizie, negozio on line e
l’archivio completo con tutti
i numeri della rivista
7_
IMBROCCHIAMOLA!
bottiglie o fontane?
eni cerca gas a fano
www.fontanelle.org
archivio eni
“Un sorso di Casentino”. Il gruppo Maniva, che nello stabilimento
di Chiusi della Verna (Si) imbottiglia l’acqua minerale Verna e
le bibite Aquidea, ha trovato la chiave di volta: niente canone di
concessione per l’acqua imbottigliata in cambio della promozione
turistica del territorio casentinese. L’accordo, che dura un anno,
è stato siglato a fine marzo tra Maniva e Casentino sviluppo e
turismo, il Consorzio misto pubblico e privato che riunisce i tredici
Comuni che compongono il Casentino e un vasto numero di
strutture ricettive ed esercizi commerciali del territorio.
La pubblicità riguarderà 30 milioni di bottiglie.
Dal 9 maggio è on-line fontanelle.
org (www.fontanelle.org),
un progetto interattivo per
valorizzare le fontanelle collocate
in strada (chiamateli “draghi
verdi”, “vedovelle” o “nasoni”...),
fornendo ai cittadini e ai turisti
una mappa per individuarle. Dal
sito è possibile fare una ricerca per
indirizzo e individuare la fontanella più vicina, ma anche segnalarne
una non ancora inserita nella mappa.
La prima “mappa” si riferisce alla città di Milano, anche se il
progetto prevede di allargare la mappatura ad altre città (contattate
scrivendo a [email protected]).
Il lancio del progetto prevede anche la distribuzione di una mappa
cartacea dei fontanelli di Milano (in formato pieghevole 50 per 70).
A breve saranno disponibili anche gli applicativi per i-Phone.
Eni estrae gas dalle coste marchigiane. Ad aprile la compagnia ha
annunciato lo “start up” della produzione della piattaforma offshore a
gas “Annamaria B”, al largo di Fano. La produzione -che a regime
arriverà a circa 1,2 milioni di metri cubi al giorno- viene inviata
tramite una condotta sottomarina di circa 70 chilometri alla centrale
di trattamento di Fano per essere immessa nella rete nazionale di
distribuzione. Le riserve certe più quelle probabili di gas sono pari a
circa 10 miliardi di metri cubi.
Il giacimento “Annamaria” si estende fra l’Italia e la Croazia ad una
distanza di 60 chilometri dalla costa ad una profondità d’acqua di
circa 60 metri: si tratta del primo giacimento transfrontaliero messo
in produzione in Adriatico e l’accordo per lo sviluppo congiunto
è stato ratificato dai governi croato e italiano nel luglio 2009. Nel
giacimento è già operativa la piattaforma gemella “Annamaria
A”, posta in acque croate, che produce circa 800 mila metri cubi
al giorno. Annamaria, il più importante campo a gas messo in
produzione dal 1998, è stato interamente sviluppato da aziende
italiane e croate con commesse per un totale di circa 420 milioni di
euro. Le piattaforme sono state costruite da un consorzio costituito
da Rosetti Marino, Saipem Energy Services e Intermare Sarda nelle
yard di Marina di Ravenna, Arbatax e Rijeka in Croazia.
La mappa
dell’altra Roma si
sostenibile. Info: www.made-inno.com
allarga. Lo “SpazioBio” della
Città dell’altra economia
apre un secondo punto
vendita in zona Tiburtina,
presso la cooperativa sociale
Cacciarella, in via di Casal
Bruciato 11. Info: spaziobio@
cittadellaltraeconomia.org.
“Equa”, in Liguria,
significa mostra-mercato del
commercio equosolidale.
Dal 3 al 6 giugno, l’iniziativa
ritorna a Genova, in piazza
Caricamento, a pochi metri dal
Porto Antico. Arriveranno partner
produttori dalla Colombia,
dal Bangladesh, dalla Bolivia
MAGGIO 2010
e dal Nepal. Programma e
informazioni aggiornate su www.
equodiliguria.it
Fair e Made in No
hanno vinto il premio “Impresa
ambiente 2010”. Made in No è
un progetto di intimo biologico
ed equo-solidale, realizzato in
rete con produttori di cotone
brasiliani e indiani (vedi Ae 98).
Il premio rappresenta la
selezione italiana dell’European
Business Awards for the
Environment, istituito dalla
Direzione generale Ambiente
della Commissione europea
nel 1987 per promuovere
le organizzazioni che
contribuiscono allo sviluppo
“Abbiamo bisogno
di un’altra cultura.
pace è su www.perlapace.it;
l’appuntamento, tra Perugia
e Assisi, è il 16 maggio. Ae è
media partner.
Dobbiamo sostituire l’io con
il noi, la disoccupazione con
il lavoro, l’esclusione con
l’accoglienza, lo sfruttamento
con la giustizia sociale,
l’egoismo con la responsabilità,
l’individualismo con l’apertura
agli altri, l’intolleranza con
il dialogo, il razzismo con il
rispetto dei diritti umani, il
cinismo con la solidarietà, la
competizione selvaggia con la
cooperazione, il consumismo
con nuovi stili di vita”. L’appello
completo per la Marcia della
WWW.ALTRECONOMIA.IT
TURISMO RESPONSABILE / UN’ESTATE CON “AE”
_8
in barca o a piedi,
contromano
archivio non solo vela
Itinerari “a vela” s’incrociano tra Mar Ligure
e Mar Tirreno. Dal rumore delle onde ai profumi
di montagna, per chi cammina in quota alla scoperta
di culture millenarie
Ce.Sto e Matti per la vela, la fondazione Tender to nave Italia e
le scuole Don Milani); attività in barca per i minori del circuito
penale in collaborazione con gli uffici di Genova del Centro per
la giustizia minorile. Un progetto su tutti è “Amerigo, nuove rotte
dell’apprendimento”, rivolto a studenti delle scuole medie inferiori
e superiori, con problemi scolastici legati a difficoltà relazionali
e ragazzi coinvolti in episodi di bullismo o che non frequentano
la scuola. Si organizzano incontri, laboratori, lezioni ma anche
uscite in mare di almeno 5 giorni (il responsabile del progetto
In mezzo al mare, spinto dal vento,
è Lorenzo Costa, [email protected], www.
l’uomo è solo con la natura. È allora che,
nonsolovelagenova.com). L’Unione genovese vela solidale e Non
salpate le ancore, può riscoprire se stesso e l’altro attraverso percorsi
solo vela condividono personale e barche con “Avventuramare”,
educativi e formativi, vedrà la terra dal mare e imparare a stare
associazione che organizza crociere ecologico-culturali e sportive
insieme. Ad essere gruppo.
centrate sull’idea del turismo responsabile e aperte a tutti. È affiliata
L’Unione genovese vela solidale (unionegenovesevelasolidale.
all’Uisp, Unione italiana sport per tutti. La barca Tanimar è il
com) riunisce diverse organizzazioni che utilizzano il mare e la
cabinato a vela principale delle attività di Non
vela come strumento educativo, formativo, culturale, riabilitativo
solo vela ma viene usato da Avventuramare
e socializzante. L’attenzione è rivolta a tutti, dai bambini
per diverse crociere estive. Per l’estate 2010,
agli anziani, ma con particolare attenzione a persone
le proposte di viaggio sono molteplici. Si parte
con disabilità e a giovani con problematiche
a giugno con una crociera sul Mar Ligure e
sociali. In particolare, Non solo vela Onlus si
l’arcipelago toscano (dal 13 al 19 giugno), da
concentra su attività con minori e giovani. Tra
gli itinerari
Genova a Porto Santo Stefano passando per
le proposte: giornate di avvicinamento alla
in barca a vela per
Portofino, Capraia, Elba, Montecristo e Giglio.
vela per ragazzi seguiti dai servizi educativi;
l’estate 2010
Sempre a giugno, le Isole Pontine (20-26 giugno) da
percorsi di educazione al mare per scuole
Porto Santo Stefano a Formia o Anzio. Dal 27 giugno al
medie (in collaborazione con l’associazione
Una maxi-rubrica di “turismo responsabile”, v’invita -per tempo- a passare
“un’estate da altreconomi”, meglio se con una copia della rivista (o di uno dei
nostri libri) nello zaino. Vi “serviamo” due idee -quella di inseguire il vento in
mare aperto o con lo zaino in spalla- declinate in molti modi diversi. Sei pagine
di proposte per affrontare una vacanza solidale, partecipe, lenta e soprattutto ricca
di incontri. Nel rispetto della natura e dell’altro. E ricordate: ognuna di queste
esperienze è uno stimolo per mettersi in gioco e riscoprire il dialogo.
5
WWW.ALTRECONOMIA.IT
MAGGIO 2010
In apertura, l’isola Tabaccara, presso Lampedusa: ci passano, in agosto, gli itinerari di Non solo vela. Sotto, l’imbarcazione “Flash” di Vela Flash
leo
9_
ne
3 luglio si visitano le Isole Pontine e Flegree, con tappa a Ventotene,
Santo Stefano, Procida e Ischia. E ancora, le Eolie e Ustica. Ad
agosto le tappe principali sono Pantelleria e Lampedusa. Passando, a
seconda delle date, per Linosa e Malta, o in Tunisia.
Ciò che accomuna ogni viaggio è la partecipazione: tutti gli
ospiti sono invitati a partecipare alle attività di bordo, dalla
programmazione della crociera, alle manovre, alla navigazione, ai
turni ai fornelli e, infine, alla pulizia degli spazi comuni. Le notti in
barca sono sempre 6. La quota di partecipazione per ogni adulto
varia da 700 a 750 euro, a seconda della tratta prescelta. La quota
comprende: iscrizione all’associazione, barca, equipaggio di due
persone, cambusa, gasolio, porti programmati (tre: per l’imbarco,
lo sbarco e uno intermedio), tender, assicurazione. Gli eventuali costi
per ulteriori pernottamenti in porto sono indicativamente 10 euro
a persona per notte. Per i gruppi che organizzano un imbarco di
8 persone, una è gratis. Sono esclusi i costi di trasferimento verso
e dalle sedi di imbarco e sbarco (potete informarvi telefonando a
Lorenzo Costa, 348-22.12.366, Emanuela Fracassi, 347-22.68.779,
[email protected], www.avventuramare.com).
Un’alternativa è il Circolo sportivo dilettantistico “Velaflash”,
anch’esso associato a Uisp ed è socio della Lega nazionale vela e
windsurf e di Aitr.
Flash è una scuola di vela: attraverso il percorso didattico l’allievo
viene messo in grado di condurre un’imbarcazione a vela in
autonomia. Il circolo propone anche crociere estive aperte a tutti:
“Crociere scuola-vacanze”. Tra le varie proposte estive c’è Route du
Jasmin, regata a livello amatoriale che quest’anno compie 20 anni.
Si svolge dal 31 luglio al 17 agosto, si parte da Tolone per arrivare
ad Hammamet, dove è prevista la premiazione. Le tappe intermedie
sono in Sardegna (alla Maddalena e a Porto Corallo), Djerba e
Mahdia. Il numero di partecipanti è 7. Il costo è di 1.600 euro e
comprende l’iscrizione alla regata, la partecipazione alle iniziative
previste, cene e ormeggi. Sono esclusi dal prezzo la cambusa e il
gasolio.
Un’altra proposta è il viaggio per raggiungere le Isole Eolie: si parte
archivio valalash
di
ia
silv
il 17 luglio da Sanremo, si attraversa il Mar Tirreno con navigazione
d’altura, e infine si trascorre qualche giorno di crociera tra Lipari,
Vulcano e Panarea. Si sbarca a Lipari il 23 luglio. Il prezzo è di 500
euro (esclusi cambusa, gasolio e porti). Massimo 10 partecipanti.
E ancora, un viaggio a ritroso partendo però dalle Egadi: dopo un
assaggio di isole si attraversa il tirreno sfiorando Sardegna e Corsica
e si sbarca a Sanremo. Dal 28 agosto al 3 settembre. Prezzo: 500
euro (esclusi cambusa, gasolio e porti).
C’è anche la possibilità di una crociera settimanale alle isole Eolie
(24-30 luglio, 31 luglio-6 agosto; prezzo 550 euro) o alle isole
Egadi (14-20 agosto, 21-27 agosto; prezzo 650 euro). E così via,
le proposte sono molteplici e con destinazioni differenti. Sempre
via mare. Per informazioni: Circolo Velaflash tel. 335-87.58.227,
[email protected], www.flashvela.it.
Restiamo in Sicilia, ma per circumnavigarla. È la proposta
dell’associazione AMEntelibera in collaborazione con Planet
viaggiatori responsabili, cooperativa A.l.i. (www.alicooperativa.com)
ed Eco-Culture e viaggi. Un itinerario articolato in 4 settimane,
il g(i)usto di viaggiare
attraverso l’occhio vigile di Libera
(vedi Ae 114). Si tratta di percorsi
per scoprire il territorio, dal punto di
vista culturale e sociale. Una delle
prorposte per l’estate 2010 è un
viaggio di 3 giorni di conoscenza
archivio libera
“Libera il g(i)usto di viaggiare”
nasce con lo scopo di valorizzare e
far conoscere le strutture e i terreni
confiscati attraverso lo sguardo di
chi si batte contro la mafia, vive e
opera sul territorio. E soprattutto
MAGGIO 2010
delle realtà che aderiscono al progetto
Libera Terra e gestiscono beni
confiscati nell’Alto Belice corleonese
(Pa). A Palermo si incontrano gli
organizzatori e gli accompagnatori di
Libera terra Mediterraneo. Una volta
presentato il programma di viaggio,
ci si trasferisce nella Valle dello Jato
per visitare la cantina Centopassi
e la cantina Kaggio e conoscere le
attività delle cooperative che curano
queste strutture e i terreni. Si pranza
presso l’agriturismo “Portella della
Ginestra” gestito dalla coop “Placido
Rizzotto”. Una sosta al Memoriale
di Portella della Ginestra, dove il 1°
maggio 1947 avvenne la prima strage
di Stato italiana per mano mafiosa,
alla presenza di testimoni privilegiati,
reduci della strage. A Corleone si
visita il centro storico in compagnia
dei ragazzi dell’associazione Corleono
Dialogos. Incontro con i soci della
coop “Pio La Torre” e visita guidata
del Cidma, Centro Internazionale di
documentazione sulle mafie. Infine,
una passeggiata per il centro di
Palermo, per scoprire i più significativi
luoghi della memoria della città.
L’incontro con Libera Palermo avviene
presso la ‘‘Bottega dei sapori e dei
saperi della legalità”. Pranzo presso
un ristorante aderente ad Addiopizzo,
e testimonianza del commerciante
gestore della struttura. La quota di
partecipazione è di 310 euro a testa (da
min 15 a max 20 persone). Si dorme
in foresteria, piccolo albergo o b&b.
L’itinerario può essere studiato insieme
agli organizzatori. Info: 091-85.77.655,
[email protected], www.
ilgiustodiviaggiare.it
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TURISMO RESPONSABILE / UN’ESTATE CON “AE”
in barca o a piedi, contromano
_ 10
archivio non solo vela
tra mare e terra, coniugando navigazione e conoscenza sociale e
culturale di questa terra.
Durante la prima e la seconda settimana si parte da Marsala (Tp)
e si sbarca a Siracusa, visitando le isole Egadi, Selinunte (e il suo
sito archeologico), Agrigento e la valle dei templi, Modica, Capo
Passero e -per finire- Siracusa. La terza settimana da Siracusa si
sbarca a Milazzo. Durante il viaggio si fa tappa a Catania, Acitrezza,
Acicastello e Savoca, Parco dell’Etna e le Isole Eolie. L’ultima
settimana, dalle Isole Eolie ci si sposta verso Cefalù, il Parco delle
Madonie e, per concludere, Palermo.
Dal 24 luglio al 21 agosto. Il numero minimo di partecipanti
è 6, il massimo 8. Il prezzo è calcolato a base settimanale: 750
euro (per la prima o la seconda settimana), 790 euro (la terza
o la quarta settimana). La quota non comprende carburante,
cambusa, eventuali spese portuali. Per informazioni: associazione
AMEntelibera tel. 340-77.39.525; [email protected],
www.viaggiamentelibera.it.
Il percorso prosegue in Sicilia, ma questa volta tra barca a vela
e trekking. L’associazione “la Boscaglia” propone un “velatrek”
nelle Isole Eolie. La navigazione comincia a Milazzo (Me) per
raggiungere la prima isola, Vulcano. Dopo averne visitato il cratere,
accompagnati da un vulcanologo, ci si rilassa con bagni di fango.
In base al vento e al mare, nei giorni successivi si prospettano
veleggiate, passeggiate e trekking tra Lipari, Salina, Panarea, e
Stromboli. Si dorme in barca e sotto le stelle. Dal 29 maggio al 5
giugno. La quota è di 940 euro (comprende guida, affitto barca a
vela, cambusa a base bio, skipper, marinaio e assicurazione) più 230
euro per la cassa comune. Il numero massimo di partecipanti è 8.
Per ogni persona che partecipa ad un viaggio in Sicilia, la Boscaglia
devolve 3 euro al progetto “in viaggio con Emergency”. Il ricavato
andrà a finanziare il progetto del Poliambulatorio per migranti
di Palermo. Per informazioni: la Boscaglia tel. 051-62.64.169,
[email protected], www.boscaglia.it.
Un’estate in cammino. Dagli Appennini alle Alpi, sentieri da percorrere con gli
zaini in spalla e la testa ben sgombra di pensieri. Proposte per tutte le gambe
compagni di suola
Sbarchiamo. E, finalmente con
i piedi per terra, riprendiamo il
cammino alla ricerca della lentezza,
delle proprie origini, dei sapori e del
g(i)usto.
dei grifoni. Dopo Celano comincia la salita verso il Passo
di Forca Caruso. Poi Cocullo, Anversa degli Abruzzi con
le gole del Sagittario, da qui a Castrovalva per arrivare
all’antico borgo di Scanno, “la cittaduzza dal sapore
orientale”.
Tanta storia, tanta natura, tanti incontri e tanto buon cibo.
Con la Boscaglia facciamo tappa in Abruzzo: un cammino
Ogni tappa prevede la sosta in un agriturismo biologico
per famiglie con bambini, in compagnia degli asinelli che
dove si producono formaggi e dove si
insegnano a vivere la lentezza e l’esperienza degli antichi
recuperano antiche varietà di grano, mele e
viaggiatori.
legumi (dal 3 al 10 luglio, la quota è di 300
Si parte dal Casale le Crete, a Tagliacozzo
euro e comprende guida, assicurazione,
(Aq), attraversando antiche vie di
cibo e asini al seguito forniti di basti. Altre
collegamento tra la Marsica e la valle
spese previste: 240 euro -per mangiare e
di Sulmona -la via Valeria, che fu
trekking per un’estate
dormire-, massimo 20 partecipanti).
percorsa dai romani, da San Francesco,
con sacco a pelo e zaino
poi dai briganti e dai viaggiatori
in spalla
Rimaniamo in Abruzzo per continuare il
inglesi dell’800-. Giunti sotto il Monte
cammino tra luoghi e sapori di questa terra.
Velino si osserva il panorama e il volo
5
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MAGGIO 2010
Un momento del campo di lavoro di febbraio 2010 in Nicaragua, promosso dall’associazione Italia-Nicaragua. Sotto, turisti in cammino con “AMEntelibera” nel
Parco del Cilento.
Nell’altra pagina, sulla barca di Non solo vela
11 _
L’Associazione ItaliaNicaragua organizza
un campo di lavoro
presso la comunità
El Moro, situata a
Zapatera, piccola isola
del lago Nicaragua.
I primi 2 giorni si
trascorrono a Managua.
È qui infatti che si
svolgono gli incontri
con le organizzazioni
di base. Poi si parte
per partecipare
alla ricostruzione
di un impianto di
acqua potabile.
Gli ultimi giorni il
gruppo partecipa
a una carovana
in occasione del
trentesimo anniversario
della “Crociata
dell’alfabetizzazione”,
lanciata dalla
“rivoluzione sandinista”
dopo aver rovesciato il
governo Somoza, nel
1979.
Il viaggio dura dal 5
al 23 agosto. Sono
previsti al massimo 10
partecipanti.
La quota prevista è così
suddivisa: 100 euro per
iscrizione e materiale
informativo più 380
dollari da versare a
Managua per copertura
spese di vitto alloggio
e trasporto. Ogni
partecipante provvede
all’acquisto del biglietto
aereo. Viene inoltre
richiesto un contributo
volontari al progetto.
Per informazioni:
02-33.22.00.22,
coordinamento@
itanica.org, www.
itanica.org
una bottega artigiana orafa dove assistere alla realizzazione
di gioielli in filigrana scannese. Dal 21 al 28 agosto.
Minimo di 6 persone. Il prezzo è di 560 euro a persona
per gli adulti (i bambini fino a 6 anni non pagano e fino
a 14 anni c’è una riduzione del 50%). Per informazioni:
338-69.03.250, [email protected], www.
camminarecongusto.it.
Qualche centinaio di chilometri più a Sud, c’è il Parco
nazionale del Cilento. L’associazione AMEntelibera
propone un tour di dieci giorni seguendo le piste dei
briganti, realizzato in collaborazione con Planet e
l’associazione Trekking Campania.
Si parte da Piaggine (Sa), e subito c’è l’ascesa del Monte
Cervati; spostamento a Felitto per visitare le gole del
Calore, poi a Bellosguardo per visitare le sorgenti del
Sammaro e Roscigno Vecchia, borgo abbandonato
all’inizio del secolo scorso. Dalla località Fontana Inverno
si inizia un trekking con destinazione Monte Motola.
archivio amente libera
L’organizzazione Camminare con gusto propone “i campi
del gusto”: 8 giorni di escursioni e laboratori per riscoprire
un’alimentazione sana e naturale. Una vacanza pensata per
le famiglie, con alloggio in agriturismo o albergo diffuso
nel centro storico di Anversa degli Abruzzi (Aq). Durante
il soggiorno si svolgono diverse attività: “La fattoria di
Nonna Papera”, per imparare a coltivare senza inquinare;
“io faccio il formaggio”, per sperimentare la caseificazione;
il laboratorio di panificazione e la lavorazione della lana.
Si visita la Riserva regionale del Sagittario di Anversa,
oasi Wwf, e la città di Sulmona, il suo centro storico, la
fabbrica di confetti e “Asino mania”, allevamento di asini
per escursioni e onoterapia. Escursione in Camosciara,
primo nucleo di Riserva integrale del Parco nazionale
d’Abruzzo, visita alle cascate delle Ninfe e delle Tre
cannelle, al Centro natura e centro recupero della fauna
selvatica di Pescasseroli e degustazione di prodotti
tipici presso la Bottega di Gaia. Infine, tappa nel borgo
medievale di Scanno (Aq), visitandone il centro storico e
archivio associazione italia nicaragua
un campo in centro-america
MAGGIO 2010
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TURISMO RESPONSABILE / UN’ESTATE CON “AE”
compagni di suola
archivio la boscaglia
_ 12
E ancora, a Sant’Angelo a Fasella per la risorgenza
dell’Auso e la Grotta di San Michele, chiesa rupestre
medievale ricavata all’interno di una grotta. Dalla località
Casone Sant’Angelo parte un trekking sull’altopiano degli
Alburni per giungere poi sulla vetta del monte Panormo.
Infine, visita al borgo di Castelcivita e delle sue grotte. Si
dorme in agriturismi e case rurali. Si mangiano prodotti
tipici locali. Dal 14 al 23 maggio, dall’11 al 20 giugno,
dal 27 agosto al 5 settembre, dal 17 al 26 settembre e dal
8 al 17 ottobre. Il prezzo è di 715 euro. Per informazioni:
associazione AMEntelibera (vedi a p. 10).
Le Alpi sono lo sfondo de Lou Tsamin Francoprovensal,
un cammino simbolico per riunire le “genti
francoprovenzali” abitanti a cavallo di tre
Paesi: Italia, Francia e Svizzera. 28 giorni
di percorso e più di 500 chilometri tra
Piemonte, Savoia, Alta Savoia, Vallese
chilometri e 28
poi attraversare il paesaggio della Vanoise e
svizzero e Valle d’Aosta. Si cammina
giorni in cammino
per “Lou Tsamin
gli specchi d’acqua savoiardi. I camminatori
per incontrare la gente, per parlare una
Francoprovensal”
gireranno attorno alle più alte cime europee
lingua comune e riunire per la prima
del massiccio del Monte Bianco. Poi il Lago di
volta tutti i “dialetti galloromanzi”. Ad
Ginevra. Da Losanna si rientra nelle vallate del Vallese
ogni sosta si entra nel vivo delle realtà locali,
svizzero per dirigersi in Valle d’Aosta. Dal Gran Paradiso
si incontrano gli enti istituzionali e le varie associazioni.
l’itinerario rientra in Piemonte e chiude l’anello a Susa.
La camminata ha un obiettivo scientifico: effettuare
Dal 27 giugno al 24 luglio. Info: 0171-91.89.71, 328una ricognizione territoriale per verificare lo stato della
31.29.801, [email protected], www.
lingua, il suo attuale utilizzo orale e scritto, per ascoltare
chambradoc.it.
e raccogliere documentazione riguardante usi, costumi,
tradizioni, canti inseriti nel comune contesto montanaro.
Restando sui monti, ma in autogestione, potrete
Un gruppo di otto camminatori fissi, ognuno con un
intraprendere il “Cammino delle Dolomiti”. Un percorso
proprio compito specifico (comunicatori in lingua,
ad anello in 30 tappe che abbraccia l’intera provincia
giornalista, documentarista, fotografo, guida, ufficio
bellunese. Dal santuario dei Santi Vittore e Corona alle
stampa, e così via) percorre l’intero cammino. Chi vuole
valli di cultura ladina. Dal Parco nazionale Dolomiti
può accompagnare il gruppo fisso per tutto il numero
bellunesi ai resti del Castello di Andraz. Dal lago di
di tappe che desidera. Si parte da Susa (To), antica città
romana che, con i paesi limitrofi, è una delle zone a parlata Misurina alle sorgenti del Piave. E ancora il lago di
Alleghe, il passo Falzarego, il Cadore, gli scavi di epoca
francoprovenzale. Si attraversano i più importanti valichi
romana di Feltre e il sacrario di Pian di Salesei a ricordo
alpini per arrivare in Francia, in Savoia e Alta Savoia, per
della prima guerra mondiale. Infine, la diga del Vajont,
subito oltre il confine friulano. Un percorso che evidenzia
vari aspetti del territorio: da quello naturalistico a
quello storico-religioso, delle tradizioni e della memoria.
Un cammino individuale e a tappe: ognuno può
intraprendere una o più parti dell’intero percorso, ma
realizzarlo completamente richiede un mese di tempo
(mettendo in conto 6-7 ore di cammino a tappa). Per
informazioni: Ufficio informazioni e accoglienza turistica
di Belluno: 0437-94.00.83, belluno@infodolomiti.
it, [email protected]; www.
camminodelledolomiti.it.
archivio la boscaglia
500
WWW.ALTRECONOMIA.IT
Sono proposte di viaggio a piedi e in punta di piedi.
Per conoscere le nostre terre con uno sguardo curioso e
partecipe, ma senza disturbare. Attraversando paesaggi e
culture, nel giusto silenzio e con la dovuta calma.
MAGGIO 2010
Sotto, realizzazione di un gioco di legno in una delle vacanze autoprodotte del Gaos dell’associazione “Circuito corto” di Incisa Valdarno (Fi).
Nell’altra pagina, in alto l’attraversamento delle terre d’Abruzzo in compagnia di un cavallo, con la Boscaglia. E (una proposta della stessa realtà), un trek sulle isole
Eolie (in basso)
13 _
idee in rassegna nelle marche
Tutti a Fano, per la sesta “Rassegna di
turismo responsabile!”.
La cooperativa ViaggieMiraggi, agenzia
di turismo responsabile, in collaborazione con i nostri soci della cooperativa
di commercio equo e solidale “Mondo
solidale” e con la Rees Marche (Rete di
economia etica e solidale marchigiana)
promuove l’evento che si svolge il 14 e
15 maggio presso l’“Emporio dell’Altreconomia”. Tra stand di turismo responsabile locale e nazionale e approfondi-
menti su turismo responsabile e scuola.
In programma anche la presentazione
del libro L’Italia eco-solidale, edito da
Altreconomia e curato da Silvia Leone
(l’autrice di queste pagine), che ha visto
la collaborazione di ViaggieMiraggi per
la parte relativa ai weekend urbani di
turismo responsabile. Per informazioni:
347-65.65.281, 347-48.21.202, [email protected],
www.vemmarche.blogspot.com
“IO LO SO FARE”: IL FELTRO, I COSMETICI, I DETERSIVI, IL PANE, LE CESTE DI SALICE. IMPARA L’ARTE E METTILA DA PARTE
la vacanza per mani impegnate
Ecco allora due proposte di viaggiolaboratorio per riscoprire la nostra
creatività e poter dire “io lo so fare!”.
L’associazione di volontariato
“Circuito corto”, nata dal Gaos
(Gruppo di acquisto ostinatamente
solidale, vedi Ae109) di Incisa
Valdarno (Fi), propone la quarta
edizione della vacanza autoprodotta.
In montagna, nel Mugello, a seguire
laboratori di sapone, feltro, cosmetici,
detersivi, pane a lievitazione naturale,
giochi di legno, cibi fermentati e
cucina naturale.
E non solo. Tanto tempo libero per
bagni al fiume e passeggiate.
Lasciate a casa pc e macchine
fotografiche, tanto non c’è energia
elettrica e nessun segnale per
icellulari.
Si dorme in camerate presso il rifugio
Cannova (989 metri sul livello del
mare, www.rifugimugello.it).
Il prezzo del rifugio è di 12 euro
a notte. Le spese di cibo, legna e
carburante si dividono in base al
numero di partecipanti.
La partecipazione ai laboratori è
MAGGIO 2010
gratuita, salvo le spese dei
materiali. Per informazioni
e prenotazioni:
347.35.72.294 (Annalisa),
[email protected],
www.circuitocorto.org.
I corsi-laboratorio “Vivere
con cura”, promossi dal
circolo “Irene e Lucia di
Milione” di Capracotta
(Is), propongono attività
per avvicinarsi alla natura
in modo pratico, teorico e
creativo.
Singoli laboratori,
weekend e vacanze per
sperimentare una vita ecologica e
conviviale strettamente influenzata
dalla natura intorno, ancora
incontaminata. Passeggiate ecologiche
con riconoscimento delle piante,
esercizi per il corpo come yoga,
pilates, laboratori di intreccio creativo
e ceramica. In particolare, dal 28
agosto al 4 settembre, si organizza
una vacanza di “intreccio creativo” in
Liguria, a Triora. Un viaggio artistico
che mette in risalto la creatività e le
abilità di ciascuno dei partecipanti.
Per imparare a realizzare, a partire dai
rami di salice, lavori unici e personali.
archivio gaos
Un “estate 2010” da
ricordare è quella alla
ricerca della propria
anima artigiana e a km0.
Da una materia rigida, acquisendo
la dovuta tecnica, si costruiscono ad
esempio ceste e altri manufatti.
Un corso per principianti e cestai
esperti. Il prezzo del corso è di 320
euro (materiale incluso). Possibilità di
vitto e alloggio presso il “Circolo delle
fate e streghe” (10 euro a notte, 8 euro
per ogni pasto). Per informazioni e
prenotazioni: 0184-94.416 (Karin e
Rainer), 0183-28.14.27 (Alexandra
Mases, responsabile del corso), www.
vivereconcura.it.
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IN COPERTINA / SABBIA E CEMENTO
_ 14
di l
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rt
ma
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lli
l’invasione
degli ultra porti
Si moltiplicano in Italia i progetti di porti turistici. Sono un pretesto per nuovi
insediamenti immobiliari, e spesso recano con sé problemi ambientali
Il “Porto degli Argonauti” è come
un’astronave calata da un altro pianeta
sul Mar Jonio. Basta guardarla nella foto qui sotto per
trovano posto un hotel con una piscina da 6mila metri quadri,
ville e appartamenti, case vacanza, la ricostruzione di un “borgo”.
“L’investimento è stato pensato nel suo insieme fin dall’inizio, alla
metà degli anni Ottanta” spiega l’ingegner Antonio De Nicolò,
rendersi conto che, in questa struttura, niente sembra naturale: il
consigliere di amministrazione di Nettis Resort, la società pugliese
porto, con l’annesso resort, occupa 92 ettari e le barche sono accolte
che ha ideato il progetto e gestisce la struttura. Gli Argonauti sono
in un “canale” scavato per 700 metri all’interno della terraferma.
realizzati sul modello di nuovo porto turistico italiano: le barche
Gli Argonauti sono, per natura, diversi rispetto alla costa del
restano ferme, i diportisti nuotano in piscina e a
metapontino, in provincia di Matera, che è per lo più
servizio dei posti barca c’è una colata di cemento
selvaggia -la macchia mediterranea accarezza la
a ridosso della costa. È lo stesso che incontriamo
sabbia, e arriva fin quasi al mare- e con poche
anche a Fiumicino (Roma) e nei porti della rete di
infrastrutture turistiche. Dentro il porto, 450
Italia Navigando, di cui parliamo nelle pagine che
ormeggi possono ospitare imbarcazioni
seguono.
È il modello che troviamo nelle parole del
lunghe fino a ventotto metri. Il problema,
gli ettari occupati dal
ministro
delle
Infrastrutture Altero Matteoli, secondo il
però, è nascosto dietro le barche, dove
Porto degli Argonauti
e dal resort annesso
a Pisticci (Mt)
archivio porto degli argonauti
92
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MAGGIO 2010
In apertura, il nuovo Porto degli Argonauti, a Pisticci (Mt). In questa pagina, si lavora per limitare i danni dell’erosione costiera a Metaponto (Mt).
Qui sotto, la mappa dei porti turistici in costruzione o ampliamento in Italia
15 _
Trieste
Ospedaletti
la carica dei porti turistici
Igea Marina
Imperia
Livorno
San Vincenzo
Francavilla al mare
Boccadarno
Pinetamare
Santa Marinella
Civitavecchia
La Maddalena
Ostia
Fiumicino
Marina di Nettuno
Anzio
Sperlonga
Formia
Gaeta
S. Salvo Marina
Vasto
Termoli
Abbiamo 147mila posti barca,
distribuiti lungo 7.435 chilometri di
costa, ma non sono sufficienti. Solo
nel biennio 2008-2009, in Italia sono
stati inaugurati ben 30 nuovi porti (4
in Liguria, 6 in Sicilia), aumentando di
circa 17mila unita i “parcheggi” per le
imbarcazioni da diporto.
“L’affare dei nuovi porti” non si ferma,
neanche in Liguria, dove ormai c’è
un ormeggio ogni cinque chilometri
(62 su 349 chilometri di costa) e un
posto barca ogni 50 residenti: il gruppo
Cozzi Parodi, uno dei più attivi insieme
Montenero
Rodi Garganico
Manfredonia
Marina di Stabia
San Felice
Sorrento
Circeo Marina
di Arechi
Piano di Sorrento
Ponza
Marina
Policoro
della
Marina
Pisticci
Lobra
di Equa
Porto
Cesareo
Balestrate (Pa)
Saline Joniche
Siracusa
quale il nostro Paese ha bisogno di un centinaio di porti turistici con
annessi servizi. Un modo come un altro per continuare a costruire,
senza prestare attenzione al consumo del suolo.
In più, i bracci a mare di questi porti “non naturali” non sono
a impatto zero: quelli degli Argonauti, lunghi circa 250 metri,
frenano le correnti e i sedimenti. E hanno acuito un problema di
erosione della spiaggia che qui, alla foce del fiume Basento, che
segna il confine tra i territori del comune di Pisticci (all’interno del
quale si è sviluppato il porto) e Bernalda, esiste già dagli anni 50.
Per questo, a febbraio, gli operatori turistici di Metaponto (frazione
di Bernalda) hanno occupato il municipio. Ogni anno perdono
metri di spiaggia, che loro misurano in file di ombrelloni: dove
prima ce ne stavano dieci, oggi c’è posto solo per cinque, o due.
Leonardo Chiruzzi è il neoeletto sindaco di Bernalda, ma era
vice quando venne autorizzata la costruzione del porto, nel 2004.
“L’erosione c’era già, la realizzazione dei bracci a mare degli
Argonauti ha solo aumentato le criticità sul territorio”, spiega nel
suo ufficio, in un bel palazzo nel centro storico della cittadina.
Plana diretto sul problema che ha incontrato in campagna
elettorale: “Abbiamo chiesto la realizzazione di sistemi di tutela, e
il ‘ripascimento’ delle coste, anche usando la sabbia ricavata dal
dragaggio del porto canale degli Argonauti”. Lo scorso anno la
Regione ha speso 2 milioni di euro. Davanti al borgo di Metaponto
Lido, vediamo le ruspe in mare: spostano grandi massi, cercando
di frenare il potere erosivo delle onde. È un palliativo: prima, la
costruzione di dighe a monte ha limitato l’apporto di sedimenti
dei cinque fiumi che sboccano nello Jonio lucano; poi il prelievo
forsennato di materiale per costruzioni ha fatto il resto. I bracci a
mare degli Argonauti sono solo la ciliegina sulla torta: ci sono delle
simulazioni che lo dimostrano, anche se per rendersene conto basta
“visitare”, come abbiamo fatto, la spiaggia a monte e a valle del
porto, misurando con gli occhi la differenza. Verso Est, la spiaggia
di Metaponto è molto più indietro. Nicola Laviola, di Nettis Resort,
mi fa notare invece che quella del loro resort (lato Pisticci) cresce di
qualche metro ogni anno, cosa che fa comodo, perché su quel lato
ospitano ombrelloni e sdraio.
Il sindaco Chiruzzi spiega di voler chiedere alla Regione di inserire
in Finanziaria regionale un capitolo di spesa, ogni anno, per il
ripascimento delle costa. Gianni Palumbo, che per la Lipu è stato
MAGGIO 2010
luca martinelli
Marina
di Cala di Sole
(Licata)
all’Acqua marcia di Francesco Bellavista
Caltagirone (vedi a p. 16), ha aperti i
cantieri di Bordighera (Im) e Ventimiglia
(Im) dopo aver realizzato “Marina degli
Aregai” a Santo Stefano al Mare (Im).
Caltagirone, invece, ha inaugurato a fine
2009 il porto di San Maurizio, a Imperia.
“Bisogna fare più posti barca -ha
spiegato Beatrice Cozzi Parodi al Corriere
della Sera-. È cresciuta la richiesta di
ormeggi per grandi imbarcazioni, ma
ritengo si debba incentivare anche una
nautica di medie dimensione, e per
questo dobbiamo creare delle strutture”.
animatore, a partire dalla fine degli anni Novanta del “Comitato
contro la cementificazione delle Costa Jonica”, lo definisce “il
capitolo degli sconfitti”. Al privato, Nettis Resort, vanno i guadagni
(l’affitto di un posto barca per un anno costa dai 1.770 euro ai
9.200; l’acquisto dai 29.300 ai 156mila; il valore degli immobili “di
servizio” è triplicato dopo la costruzione del porto), mentre i costi
ricadono sulla collettività.
Il “Porto degli Argonauti” è stato inaugurato nell’ottobre del
2009, anche se una delle due banchine non è ancora completa e
le gru segnalano lavori ancora in corso anche al resort. È costato
una trentina di milioni di euro, almeno 6 dei quali arrivati a fondo
perduto con un finanziamento del Cipe (Comitato interministeriale
programmazione economica). È il secondo lungo la Costa Jonica
lucana: in 35 chilometri ci sono ben due porti, l’altro è quello di
“Marinagri”, nel territorio del comune di Policoro (Mt).
Due porti costruiti dove non avrebbe potuto nascerne nemmeno
uno. Sì, perché per dare il là ai cantieri c’è voluta una variante al
Piano paesistico del metapontino, deliberata della Giunta regionale
nel luglio del 2003. “Ci hanno messo solo sei mesi a modificare il
Piano -spiega Palumbo-. I due porti sono stati costruiti all’interno
di zone Sic, Siti d’interesse comunitario, alle foci dei fiumi Basento
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IN COPERTINA / SABBIA E CEMENTO
l’invasione degli ultra porti
_ 16
Argonauti, ndr) finirebbe per sovvertire l’equilibrio ambientale di
un habitat particolarmente caratteristico e delicato, con impatti
pregiudizievole ed effetti distruttivi irreversibili”. E cita i motivi per
cui il Piano paesistico pre-variante non permetteva la costruzioni di
porti: un ambiente naturale di “eccezionale valore naturalistico ed
ecologico”, un ambiente palustre in riva sinistra definito “suggestivo
elemento di diversificazione e di elevata naturalità”. “La giunta
comunale di Bernalda non ha fatto nemmeno opposizione formale
-racconta Antenore-. Ha inviato solo una lettera”. Anche per
questo a fine di febbraio è nato un “Comitato per la difesa di
Metaponto-Sos Costa Jonica” (http://soscostaionica.jimdo.com).
archivio acqua pia antica marcia
e Agri. La scelta non è stata condivisa con il territorio”. In Regione,
non c’è stata opposizione. Il progetto era sostenuto da Filippo
Bubbico, presidente della Basilicata e oggi senatore del Pd, che è
stato anche sottosegretario per lo Sviluppo economico nell’ultimo
governo Prodi. Un documento di “Osservazioni” alla variante è
stato redatto, invece, da “Città ideale”, un’associazione che riunisce
professionisti tecnici del territorio di Bernalda e Metaponto. Il
presidente Gianni Antenore mi accoglie nella penombra del suo
studio, sul corso di Bernalda, e rincara la dose. M’invita a leggere
il documento, indirizzato alla Regione Basilicata e al ministero
dell’Ambiente: “È acclarato che il porto sul Basento (il Porto degli
IL NUOVO PORTO TURISTICO DI ROMA HA LA FIRMA DI CALTAGIRONE
attracco bipartisan
La prima scena dell’opera
“nuovo porto turistico di
Roma” è andata in onda il 4 febbraio
scorso a Fiumicino. Alla sfilata davanti al
Mar Tirreno, alla foce del fiume Tevere, si
sono presentati governo e opposizione: il
ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli,
il sottosegretario alla presidenza del
Consiglio Gianni Letta, le due candidate
alla presidente della Regione Lazio Renata
Polverini ed Emma Bonino, il presidente Pd
della provincia di Roma Nicola Zingaretti.
A fare gli onori di casa c’era Francesco
Bellavista Caltagirone, l’azionista di
riferimento di Iniziative portuali srl (Ip), la
società concessionaria del porto turistico:
Caltagirone è presidente di “Acqua pia
antica marcia”, l’immobiliare incaricata di
realizzare l’intervento, ribattezzato “Porto
della Concordia”, per un investimento
complessivo di oltre 300 milioni di euro.
L’azionista di minoranza di Ip, con il 30
WWW.ALTRECONOMIA.IT
per cento, è invece la società pubblica
Italia Navigando (vedi articolo a p. 17),
che -ci ha spiegato il presidente, Ernesto
Abaterusso-, “si è impegnata per ottenere
la concessione, mentre uno dei soci privati
(Caltagirone, appunto, ndr) ha avuto un
incarico di general contractor. Italia Navigando
curerà la gestione delle opere a mare”. Sì,
perché oltre ai 1.445 posti per barche da
10 a 60 metri nelle 4 darsene principali,
davanti a Fiumicino troveranno posto
anche yacht club, un albergo, un centro
congressi, spazi commerciali e residenziali.
È per questo che Legambiente Lazio, nel
2009, ha assegnato a Iniziative portuali
una “Bandiera nera” nell’ambito del dossier
“Goletta verde nel Lazio”. Caltagirone -che
è anche azionista di Alitalia- ha ottenuto
l’autorizzazione ad occupare 104,2 ettari di
terreno demaniale, “77,4 per opere a mare,
26,89 per opere a terra e 4,5 per l’area
cantieristica”, come spiega Legambiente
300
milioni di euro
il costo del “Porto della
Concordia” di Fiumicino
Lazio nel dossier
“Fiumicino, no al
nuovo porto alla foce
del Tevere”. Oltre ai posti barca, ci saranno
66mila metri cubi di attrezzature ricettive,
58.669 per attrezzature commerciali e
uffici, congressi e cinema, oltre 4mila per
servizi e un parcheggio da 3.409 posti auto.
“L’esempio di Fiumicino e degli altri porti
turistici in corso di autorizzazione lungo
la costa laziale dimostrano che le esigenze
cui rispondono questi progetti sono di
tutt’altra natura rispetto ai ‘semplici’ posti
barca -spiega Lorenzo Parlati, presidente
di Legambiente Lazio-. Dietro Fiumicino,
Anzio, Formia ci sono costruttori, che
legano sempre alla realizzazione del porto
spazi commerciali e uffici”.
Dixit il ministro Matteoli: “Dobbiamo
concepire i nuovi porti turistici come
strutture piacevoli, dove ci siano un
ristorante, dei negozi, delle attrazioni”.
MAGGIO 2010
Nella pagina accanto, la cerimonia di posa della prima pietra del nuovo porto turistico di Fiumicino (Roma): presenti Altero Matteoli, Nicola Zingaretti, Gianni Letta,
Francesco Bellavista Caltagirone. Accanto, il rendering del progetto.
In questa pagina, il porto turistico di Gallipoli (Le) che verrà ampliato da Italia Navigando
17 _
Gli imprenditori si adeguano, e
costruiscono ex novo. Anche se, ricorda
Parlati, “Ucina, l’Unione nazionale cantieri
e industrie nautiche, ha pubblicato uno
studio secondo il quale in Italia esistono 240
porti sottoutilizzati, nei quali basterebbe
allestire pontili galleggianti per recuperare
39mila posti barca”.
Solo nel Lazio ci sono “lavori in corso” per
quasi 9mila posti barca, tra ampliamenti e
nuove costruzioni. Dal raddoppio del porto
di Ostia (a “ben” 200 metri da Fiumicino),
al nuovo Porto del Tirreno di Civitavecchia
(un altro progetto dell’Acqua pia antica
marcia di Caltagirone, in collaborazione
con il gruppo Cozzi Parodi, vedi box a
p. 15), a quello di Formia. A Fiumicino si
costruirà in piena zona R4, “considerata
a rischio idrogeologico ‘molto elevato’,
secondo l’Autorità di bacino del Tevere
-racconta ancora Parlati-; si costruirà in
piena foce del fiume, eppure c’è un parere
positivo di tutti gli enti. Tutti abbiamo
avuto paura quando il Tevere ha rischiato
di esondare a Roma, all’inizio del 2010,
ma pochi sanno che se non è successo è
perché le correnti hanno favorito il deflusso
dell’acqua a mare”. La costruzione del
nuovo porto potrebbe comportare seri
problemi, ma poco importa di fronte a un
argine da rompere. Oltre, c’è una nuova
“frontiera” per i costruttori del nostro Paese.
l’italia sta navigando
C’è una “regia di Stato”
dietro i porti turistici.
Il ministro delle Infrastrutture Altero
Matteoli lo ha ribadito, a febbraio 2010,
in un’intervista a il Giornale: “Abbiamo
bisogno di realizzare almeno 100 porti”,
ha spiegato, scagliandosi contro le “scelte
ideologiche” che avrebbero bloccato
-negli anni scorsi- la costruzione di nuove
strutture. La rincorsa, però, è partita:
circa un anno fa, il Cipe (Comitato
interministeriale per la programmazione
economica) ha sbloccato un contributo
di 48 milioni di euro a favore di Italia
Navigando, una società pubblica,
controllata da InvItalia (ex Sviluppo
Italia) e indirettamente dal ministero
del Tesoro. Nata nel 2002, la mission di
Italia Navigando è quella di creare una
“rete portuale turistica in tutta Italia,
soprattutto nel Centro-Sud, dove c’è
forte carenza di posti barca”. Ernesto
Abaterusso, presidente di Italia Navigando
ed ex deputato Pds, sciorina i risultati
della società: “Abbiamo ottenuto la
concessione di Trieste, Balestrate (Pa),
stiamo per appaltare Trani, la concessione
di anticipata occupazione a Gallipoli
(nella foto sopra) e Roccella Jonica”. E
ancora: “Sta per arrivare la concessione
di Anzio, è partito Fiumicino. Abbiamo
firmato con la Regione Puglia l’Accordo
di programma quadro che prevede la
realizzazione e ammodernamento di
3 porti, Gallipoli, Brindisi e Trani, e la
riqualificazione o nuova realizzazione a
Margherita di Savoia, Fasano, Monopoli,
Porto Cesareo, Ostuni. Abbiamo nuove
iniziative Campania, nell’ambito di un
Accordo di programma che firmeremo
a breve: Procida è già realizzato e in
cantiere ci sono Portici, Torre Annunziata
La rete di Italia Navigando spa
Siculiana Navigando
S.r.l.
(80%)
“Siculiana”
Trapani Navigando
S.r.l.
(51%)
“Trapani”
Stintino Navigando
S.r.l.
(51%)
“Stintino”
Marina di Portisco
S.p.A.
(100%)
“Marina di Portisco”
Teulada Navigando
S.r.l., (51%)
“Su Portu Nou
Teulada Marina”
Marina di Margherita
di Savoia
S.u.r.l.(100%)
“Margherita di Savoia”
Marina di Trani Srl
(100%)
Marina di Trani
Marina di Monfalcona
Terme Romane S.p.A.
(51%)“Marina di
Monfalcone”
Marine di Napoli
S.r.l.(50%)
“Molosiglio Bagnoli”
Gallipoli Navigando
S.r.l.
(100%)
“Gallipoli”
Porto delle Grazie
S.r.l.
(51%)
“Roccella Jonica”
MAGGIO 2010
Agropoli Navigando
S.r.l.
(100%)
“Agropoli”
italia navigando
Marina di Reggio
Calabria S.r.l.
(51%)
“Reggio Calabria”
Isola di Procida
Navigando S.p.A.
(51%)
“Marina di Procida”
e Monosiglio, nel centro di Napoli.
L’ammontare di tutti gli investimenti è di
circa 150 milioni di euro. I fondi stanziati
dal Cipe possono essere utilizzati solo
firmando Accordi di programma quadro
con le Regione, che impegneranno anche
fondi propri. Dopo Puglia e Campania,
sono in arrivo anche quelli con Friuli,
Sicilia e Sardegna. “Italia Navigando o le
società di scopo create per realizzare i porti
(vedi tabella, ndr) potranno reperire fondi
propri per completare gli investimenti”.
Tra le società di scopo c’è anche Marinagri
Resort spa, che ha realizzato il porto
turistico di Policoro (Mt), un controverso
progetto bloccato in passato da un’inchiesta
della magistratura: “Abbiamo meno del
20%, e c’è un contenzioso con il socio
privato. Siamo in trattative per
uscire dalla società” spiega
Abaterusso.
grottammare senza porti
Società controllate
Campania Navigando
S.r.l.
(80%)
“Sub - Holding”
italia navigando
DAL MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE 48 MILIONI DI CONTRIBUTI
“La nostra è una
città a misura
d’uomo e quindi
di turista”. Luigi
Merli è sindaco di
Grottammare (Ap),
sull’Adriatico, per il
movimento “Solidarietà
e partecipazione”, che
governa la cittadina
dalla metà degli anni
Novanta: “Allora
abbiamo deciso che
sulla costa non si
costruisce. C’era un
progetto, del 1986,
per costruire un porto
‘megagalattico’, da
1.600 posti barca,
poi ridotti a 600. E
a servizio del porto
avrebbero costruito
200-250mila metri
cubi”. Anche senza
porto (ci sono già, a
pochi chilometri, quelli
di San Benedetto del
Tronto e Porto San
Giorgio), “dal 1997
ad oggi abbiamo
raddoppiato le presenza
turistiche: non serve
correr dietro all’idea di
grandi edifici e grandi
numeri -spiega Merli-.
Non abbiamo voluto
stravolgere il borgo
marinaro trecentesco,
conservando l’idea
urbanistica del Piano
regolatore del 1796. Lo
aveva voluto il Papa”.
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APPROFONDIMENTO / CONSUMI CRITICI
_ 18
di l
uca
rt
ma
ine
lli
Ogni giorno vengono utilizzati 11 milioni di ticket in sostituzione delle mense.
Tra tasse evitate, commissioni troppo alte e rischi di spirali inflazionistiche
in pasto ai buoni
Una “margherita” vale un
buono pasto. Se un ristorante o
agenzia fotogramma
una pizzeria non accettasse i cosiddetti
“ticket”, in una grande città come Milano,
rischierebbe di chiudere. L’equazione ce
la spiega Danilo, napoletano trapiantato a
Milano: la pizza del suo locale è una delle
più buone della città, eppure a mezzogiorno
nessuno la sceglierebbe se una selva di
adesivi sulla porta d’ingresso non rendesse
evidente che, alla cassa, si accettano i buoni
pasto, un’“insalata mista” di nomi e sigle.
Chi ha un lavoro dipendente considera
il ticket un “diritto”, ma basta fermarsi un
attimo a riflettere, prima di addentare il
panino e bere un sorso di cola, per capire
Buoni pasto: mercato e quote delle principali imprese dal 2007 al 2009
Aziende
2007
2008
2009
Gruppo Accor
Qui Group
Day Ristoservice
Sodexho Pass
Pellegrini
Compass Group Italia
Lunch Time
Ristochef
Repas Lunch Coupon
Coop. Italiana di Ristorazione
E.P.
E-Lunch
Sagifi
Sogart Service
Ristomat
Altri
40,7
13,4
10,6
11,9
5,6
nd.
0,8
4,8
4,6
2,0
0,4
0,1
0,1
0,2
4,6
0,3
41,2
13,6
11,5
11,2
5,4
4,5
0,8
4,2
3,9
2,0
1,1
0,1
0,0
nd.
nd.
0,3
42,6
14,2
13,1
9,8
5,0
4,5
nd.
3,3
3,2
2,3
1,6
0,3
0,0
nd.
nd.
0,2
Nel nostro Paese, in una normale giornata lavorativa, il numero dei buoni pasto utilizzati ammonta ad oltre 2,2
milioni per un valore complessivo di spesa prossimo agli 11 milioni di euro.
Fonte: Databank
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che a differenza dell’indennità di mensa
in busta paga, che sostituiscono, i “buoni
pasto” sono solo un “diritto a spendere”, che
alimenta un mercato ricco e concentrato.
Un mercato, soprattutto, defiscalizzato: chi
garantisce ai propri dipendenti un ticket da
5,29 euro, su quelli non paga imposte.
Se prendete in mano uno dei buoni
pasto che avete in tasca, probabilmente
lo inizierete a vedere con occhi diversi.
Guardatelo in controluce: è solo un foglio
di carta. L’unica “fortuna” che ha è che
governo, aziende, lavoratori ed esercenti gli
riconoscono un “valore convenzionale”.
Ogni giorno, secondo la Federazione
italiana dei pubblici esercizi (Fipe), ne
vengono usati 2,2 milioni, per un valore di
circa 11 milioni di euro. “A mezzogiorno,
i ticket rappresentano l’80-90% del mio
fatturato -spiega Danilo-. La sera capitava
anche gente che si offriva di pagare per una
tavolata di amici usando solo buoni pasto,
facendosi dare in cambio denaro contante.
Non sanno, queste persone, quanto ci ‘costa’
recuperare quei soldi: dobbiamo occuparci
di contare i ticket, di suddividerli per tipo,
di timbrarli uno ad uno, di consegnarli alle
società che li emettono, girando tutti gli
come funziona il buono pasto
I buoni pasto “non sono cedibili,
commercializzabili, cumulabili o
convertibili in denaro”. Questo in
teoria, perché nella realtà accade
tutt’altro. Il titolare di una pizzeria usa
i buoni accumulati per far la spesa,
lasciando ad altri l’incombenza
di contarli e chiedere il rimborso;
il dipendente va a far la spesa,
acquistando prodotti non alimentari,
anche se non si potrebbe. Poco
importa, quando l’importante è -ad
ogni costo- aumentare il giro d’affari
della moneta parallela.
La legge di riferimento è il Decreto del
presidente del Consiglio dei ministri
del 18 novembre 2005, pubblicato
sulla Gazzetta ufficiale ad inizio 2006
e successivamente modificato in
virtù di una sentenza del Tar del Lazio
e poi di un giudizio del Consiglio
di Stato. Stabilisce, tra l’altro, che è
sufficiente un capitale di 750mila euro
per “battere moneta”, cioè emettere
i ticket. E definisce, poi, chi sono le
parti, i “quattro attori” sul mercato dei
ticket, le cui relazioni somigliano a
un circolo vizioso: emettitore-cliente
(pubblica amministrazione, azienda
privata)-dipendente-ristoratore...
E, spiega la Fipe, non c’è nessuna
disposizione che vieti al secondo
attore di far pagare al terzo (il
dipendente) una parte dei costi
sostenuti per acquistare dal primo il
buono pasto.
MAGGIO 2010
19 _
uffici, che sono sparsi tutt’intorno a Milano.
E quando ce ne capitano di falsi, scansionati
ad esempio, di scaduti e di rubati, non
ci vengono rimborsati. Mi chiedono
una commissione anche per redarre un
rendiconto, per questo me lo faccio da
solo”. Lui e la moglie, spiega, passano il
giorno di chiusura della pizzeria a mettere
ordine tra i ticket: “È per questo che la sera
non accetto più i buoni pasto”.
Più ticket incassa e più s’incazza, Danilo.
Perché, spiega, il “buono pasto è come il
gioco delle tre carte”: a vincere è sempre
il banco. In questo caso, “il banco” è
rappresentato da una ventina di società,
quelle che emettono i buoni. Le più
importanti si chiamano Accor, Qui Group,
Day Ristoservice, Sodexo, Pellegrini e
Compass (vedi box). Sono le sei regine di
un mercato che nel 2009 ha toccato i 2,6
miliardi di euro (in crescita del 7,3 per
cento rispetto al 2008). Sono società cui, a
differenza della Banca d’Italia, mandata in
pensione dalla Banca centrale europea, è
come se fosse ancora permesso stampare
moneta: una moneta nuova, che è parallela
all’euro ed è l’unica “battuta” in Italia.
E la vittoria di ogni moneta si misura su una
dato: la loro diffusione.
L’impegno massimo delle
aziende emettitrici di ticket è per
questo volto ad aumentare il
numero di fruitori e la rete di
esercizi che accettano i buoni:
sono 7 milioni gli italiani che
consumano, comunemente,
il pranzo fuori casa, ma poco
più di due milioni quelli che
ricevono dal datore di lavoro
un buono. C’è ancora tanto
spazio per conquistare nuove
aziende alla “religione” del ticket. Anche
i “pesci piccoli”, come noi di Ae, sono
appetibili: abbiamo inviato a Qui Group,
che con il 14,2% è il secondo gruppo sul
mercato e ha tra i propri clienti anche la
presidenza del Consiglio dei ministri, la
richiesta di un preventivo per buoni pasto
da 7 euro al giorno per i soci lavoratori
della cooperativa, ed immediatamente è
arrivata la risposta e un’offerta. Al telefono,
poi, ci hanno spiegato che “ovviamente”
l’azienda avrebbe ricevuto uno sconto
sull’acquisto del buono pasto. E questo
è un punto importante: hanno detto, in
MAGGIO 2010
le sei sorelle del tagliando
Sei gruppi controllano,
complessivamente, l’89,2 per
cento del mercato italiano dei
“buoni pasto”, 2.605 milioni di
euro di fatturato nel 2009 contro
i 2.270 del 2007. “Danno da
mangiare”, ogni giorno, ad oltre 2
milioni d’italiani, ma restano ai più
sigle sconosciute.
A guidare saldamente la classifica,
con il 42,6%, c’è Accor Services
Italia srl, che fa capo alla
multinazionale Accor, 490mila
clienti, uffici in 40 Paesi, attiva con
14 brand nell’ospitalità alberghira.
Il suo “Ticket restaurant”,
nato in Francia nel 1962, è
definito dall’azienda “motore
di cambiamento economico e
sociale”. È presente in Italia anche
con il marchio “City time”.
In seconda posizione, molto
staccato (14,2%), c’è il Qui
Ticket di Qui Group, azienda
italiana di Gregorio Fogliani con
sede a Genova e circa 380 milioni
di euro di fatturato. “Oltre 250
milioni di titoli di servizio emessi”.
Mangiano “grazie a” Qui Group,
tra gli altri, i dipendenti di Fs, Erg,
Eni, Regione Liguria.
Qui Group si occupa anche di
creare per aziende e gruppi della
distribuzione carte di pagamento
con fido, quelle che permettono
di posticipare a fine mese, in un
unico addebito, il pagamento
dei beni acquistati. Il progetto si
chiama “Fidetico”.
Sul podio, con il 13,1%, anche
i ticket Day, nati nel 1987. Day
Ristoservice è una società per
azioni con oltre 340 milioni di
euro di fatturato, nata dall’alleanza
tra il gruppo Camst e la società
francese Chèque Déjeuner. Camst
è una cooperativa di lavoro con
oltre 10mila soci, seconda in Italia
solo ad Autogrill nel comparto
ristorazione. Socia di Legacoop, è
azionista di BolognaFiere.
Pass Lunch, 9,8% del mercato
italiano, è il ticket di Sodexo,
un gruppo attivo in 80 Paesi che
pratica, che siccome quella è carta
comune, su cui è stampigliato un
valore che è solo “nominale”, loro
possono cederlo anche sottocosto.
I ticket di Ae non valgono granché,
ma il fenomeno riguarda anche le aste “al
ribasso” fatte da grandi gruppi. Nel 2008,
ad esempio, la Fipe (Federazione italiana
pubblici esercizi) ha denunciato che Intesa
Sanpaolo, Monte dei Paschi ed Unicredit
hanno messo all’asta forniture di buoni
pasto per i propri dipendenti per 190
milioni di euro, chiedendo a chi partecipava
alla “gara” un ribasso del 20% rispetto al
fattura oltre 13 miliardi di euro
gestendo servizi di ristorazione e
“facilities management” (oltre ai
buoni pasto anche buoni sconto e
“motivazionali”). In Italia, ha creato
Better day people, un “club
on line” che offre buoni sconto e
promozioni agli utilizzatori del Pass
Lunch (www.betterdaypeople.it).
Pellegrini Card (5%) è il ticket
del gruppo Pellegrini (Ernesto,
l’ex presidente dell’Inter), oltre
400 milioni di euro di fatturato
nel 2009 (la metà circa dalla
ristorazione, il 35,7 per cento dalla
vendita di buoni pasto).
Ristomat e Lunch Time (4,5%),
per finire, sono i buoni di
Compass Group Italia, filiale
di un gruppo che fattura 19
miliardi di euro l’anno, attivo dalla
ristorazione aziendale (Eurest) a
quella scolastica (Scolarest).
loro valore reale. Alla fine della giostra, il
cerino resta in mano agli esercenti: “Chi
li emette propone alle aziende i buoni
pasto a uno costo che io ignoro -racconta
Danilo-. Quello che so, però, è che se voglio
avere il rimborso in 7 giorni mi chiedono
una commissione del 10%. A 45 giorni,
lo ‘sconto’ è mediamente del 7%”. È su
questo sconto che si forma il guadagno delle
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APPROFONDIMENTO / CONSUMI CRITICI
in pasto ai buoni
_ 20
Il gruppo Cremonini
vorrebbe pagare
in “buoni pasto” e
“buoni benzina” il
premio aziendale a
600 dipendenti. Sono
quelli che lavorano
a Castelvetro, in
provincia di Modena,
negli stabilimenti
di Inalca Jbs, joint
venture tra l’azienda
italiana e la brasilina
Jbs, il più grande
produttore al mondo di
carne bovine.
Nel bel mezzo della
trattativa per il rinnovo
del contratto aziendale
(che è scaduto il
31 dicembre del
2008), Inalca ha fatto
sapere al sindacato
che per il 2009
avrebbe riconosciuto
un “premio di
produzione” di 258
euro, e che lo avrebbe
erogato in “buoni”.
“Sarebbe la prima
volta, per il settore,
per i lavoratori
dell’agri-industria.
E non a caso i 258
euro corrispondono
al massimo di
‘erogazioni liberali’
che possono essere
date senza pagare
tasse né contributi a
favore dei lavoratori
-spiega Umberto
Franciosi, segretario
della Flai/Cgil di
Modena, che sta
seguendo la vertenza
Inalca per il rinnovo
contrattuale-. Per i
reparti più produttivi,
ad esempio quelli
dove vengono prodotti
gli hamburger, si
tratta di una pesante
penalizzazione, visto
che prima il premio
sfiorava i 600 euro”.
A Castelvetro ci sono
stati uno sciopero,
assemblee e il blocco
delle flessibilità e
degli straordinari
(foto in basso):
“Rivendichiamo un
contratto che possa
ritenersi tale -continua
Franciosi-. Da un
lato c’è Confindustria
che lascia alla
contrattazione
aziendale l’esigenza
di soddisfare una
richiesta di aumento
di ‘potere d’acquisto’
delle famiglie,
dall’altro il gruppo
Cremonini che agendo
così annulla di fatto il
contratto integrativo
aziendale”.
Nel frattempo, la
notizia ha fatto il
giro del mondo:
lettere di solidarietà a
favore dei dipendenti
modenesi di Inalca
Jbs sono arrivate
dalle organizzazioni
sindacali
internazionali, affiliate
all’International Union
of Food workers (Iuf),
che rappresentano i
lavoratori della Jbs in
Brasile, Usa, Canada
e Australia. Info sulla
vertenza: http://
www.facebook.com/
contrattoinalcajbs
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2,6
agenzia fotogramma
al posto della busta
miliardi di euro è il giro
di 4 euro e mezzo. Per poter
società di emissione.
d’affari annuo dei buoni
‘rientrare’, dovrà aumentare
In questa versione del
pasto in Italia
i prezzi. Questo meccanismo
gioco delle tre carte del
si scaricherà su tutti gli avventori,
XXI secolo non poteva
anche quelli che non pagano con i
mancare la leva finanziaria
buoni”. L’Adoc chiede la fine delle aste al
della liquidità: chi emette i buoni
ribasso e l’obbligo di pagare gli esercenti
incassa denaro contante, dalle aziende
entro 60 giorni.
che acquistano i ticket, e lo restituisce agli
L’unico “fronte” su cui tutti (associazioni dei
esercenti, depauperato della commissione,
consumatori, degli esercenti, degli emettitori)
mediamente dopo due mesi (perché per
sembrano essere d’accordo però è un altro,
potersi garantire commissioni più basse, i
ed è il dibattito intorno all’aumento della
gestori di bar, ristoranti e pizzerie accettano
di aspettare più a lungo). Tra l’altro, il buono quota defiscalizzata, ovvero quella parte di
pasto è moneta che “scade” (generalmente il buono pasto su cui non si pagano tasse. È
31 dicembre dell’anno in cui è stato emesso): ferma da una decina d’anni a 5,29 euro, che
dopo, chi emette incassa comunque, e non è è proprio il valore della maggior parte dei
ticket in circolazione. Significa che anche se
obbligato a restituire niente.
già oggi le aziende sono libere di garantire
Più buoni circolano, più esercizi devono
ai dipendenti un rimborso superiore ai 5,29
essere convenzionati. In tutta Italia, sono
euro per il pasto, poche lo fanno, perché
circa 100mila. Sul sito di Qui Group,
sulla quota aggiuntiva dovrebbero pagare
l’azienda invita i titolari di Qui Ticket
le tasse. L’Anseb, l’Associazione nazionale
a segnalare eventuali esercizi vicini al
delle società emettitrici di buoni pasto,
proprio luogo di lavoro che ancora
punta proprio su questo per attrarre clienti:
non accettano i buoni; il blocchetto di
il risparmio. Il buono pasto costa meno
Pellegrini Card si chiude con una pagina
dell’indennità di mensa in busta, su cui si
per segnalare “i dati del locale che desideri
pagano i contributi. Su tutti i siti ci sono dei
venga convenzionato”.
“contatori” che aiutano i curiosi a scoprirlo
Come se fosse un favore.
inserendo i dati della propria azienda.
Ma non è così: secondo
Danilo resta dietro il bancone: prepara la
Carlo Pileri, presidente
pasta per le pizze della sera.
dell’Adoc (Associazione per
E si chiede ancora perché l’Epam,
la difesa ed orientamento
l’Associazione provinciale milanese pubblici
dei consumatori), i ticket
esercizi, affiliata Fipe, invece di tutelare gli
generano anche una spirale
inflazionistica: “Il barista che iscritti sulle alte commissioni manda loro
offerte e convenzioni sui buoni
incassa un buono da 5 euro
pasto.
e 29 ‘nominali’, sa che in
termini reali varrà poco più
MAGGIO 2010
STORIE DI ORDINARIA PRECARIETà / ATTUALITÀ
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21 _
L’industria farmaceutica affronta la congiuntura delocalizzando i centri di
ricerca e buttandosi su prodotti più remunerativi. Il caso Glaxo a Verona
vaccini anti crisi
per le malattie psichiatriche. “Dopo 15
anni di studi, ricerca e pubblicazioni
stavamo raggiungendo l’obiettivo che ci
eravamo prefissati: trovare delle molecole
storia di precariato in periodo di crisi
in grado di sostituire i farmaci utilizzati
economica: Francesco è un ricercatore
nella cura per l’ansia, la depressione, la
della GlaxoSmithKline, un colosso
dipendenza da sostanze psicotrope, che
mondiale dell’industria farmaceutica da
hanno gravi effetti collaterali -prosegue
oltre 33 miliardi di euro di fatturato.
Francesco- ma i vertici dell’azienda ci
Il Centro ricerche di Verona dove lavora
hanno risposto che vogliono investire
verrà chiuso entro fine 2010 perché
in settori che garantiscano un miglior
l’azienda si aspettava in bilancio un
rendimento”. È lo stesso amministratore
più 14%, anziché il più 11% risultato a
delegato Luc Debruyne, in una nota
consuntivo. Due erano le alternative per
rilasciata al termine di un incontro
i vertici della Glaxo: o guadagnare di più
sulla questione con ministro del Lavoro
-“ma a posteriori è un po’ difficile” dice
Maurizio Sacconi, a svelare la strategia
sorridendo amaramente Francesco- o
della multinazionale:
tagliare in risorse umane. Rimarranno
“interrompere la
a casa in 550, una stima per
ricerca in alcune
difetto, che non tiene conto
aree terapeutiche
dell’indotto qualificato che
che presentano
ruota attorno al principale
un rapporto
centro di ricerca europeo
i ricercatori della Glaxo
che perderanno il lavoro
nel centro di Verona.
L’annuncio a febbraio
550
La sede del Centro ricerche della multinazionale GlaxoSmithKline, a Verona
MAGGIO 2010
meno favorevole rispetto ad altre fra gli
investimenti necessari e la possibilità di
scoprire terapie utili”.
Fra queste aree terapeutiche, viene
specificato, “sono stati scelti per
la dismissione alcuni settori delle
neuroscienze” che riguardano i centri di
Verona e di Harlow in Gran Bretagna.
Quello che non dice Debruyne nella nota
è quali siano le aree che presentano un
rapporto “più” favorevole ma è sufficiente
documentarsi su alcuni siti di analisi
finanziaria per scoprirlo: “La produzione
di vaccini è uno dei trend emergenti del
settore -si legge su FinanzaWorld-. I tempi
di approvazione sono più rapidi (rispetto
ad altre produzioni) e la competizione
è minore. E infatti Glaxo ha 24 nuovi
vaccini in fase di test, di cui 7 nell’ultima
fase prima dell’approvazione finale”.
Stessa strategia viene adottata da altri
giganti del settore, come Novartis e
giulia guidi
Fra qualche mese
Francesco non avrà più
un lavoro. Ma questa non è la solita
WWW.ALTRECONOMIA.IT
ATTUALITÀ / STORIE DI ORDINARIA PRECARIETÀ
vaccini anti crisi
_ 22
Governo e perfino del Capo dello Stato.
Intervenendo recentemente a Verona,
Giorgio Napolitano ha lanciato un
appello affinché il capitale umano del
Centro ricerche non venga disperso.
Più diretto il ministro all’Economia Giulio
Tremonti, che ha chiesto che vengano
restituiti gli aiuti statali percepiti, una
posizione già anticipata da Sacconi:
“chi vuole dismettere farà i conti con
il Governo sul dare e sull’avere”. Non
saranno conti facili da fare: è vero che gli
investimenti in ricerca in Italia sono fra i
più bassi d’Europa, ma le multinazionali
del farmaco godono anche di una serie
di incentivi e detrazioni fiscali in caso di
assunzione di nuovo personale e, dopo il
“caso Glaxo”, il Governo sta valutando
un’ulteriore erogazione di aiuti per il
mantenimento dei posti di lavoro nel
settore.
Ma il vero colpaccio delle imprese
farmaceutiche con i Governi di tutto il
mondo sono stati i contratti di fornitura
per i vaccini legati alle “emergenze”
pandemiche: le virgolette sono dovute
all’apertura dell’inchiesta da parte
All’interno di un laboratorio farmaceutico si sperimentano vaccini
agenzia fotogramma
Merck, che grazie alla produzione dei
vaccini hanno registrato crescite del 57 e
del 126%. Questi risultati finanziari non
sono solo dovuti al successo dei prodotti
in commercio, ma anche al cambiamento
del sistema di ricerca: anziché investire in
laboratori interni, le multinazionali del
farmaco hanno contemporaneamente
iniziato un’aggressiva campagna di
acquisizioni di centri di ricerca esterni,
disolocati in particolare nei Paesi
emergenti: Cina, India e Brasile.
A fronte di università di ottimo livello, il
costo per ricercatore è inferiore rispetto
a quello pagato in Europa. “Per loro fare
ricerca significa ricercare nuovi biotech da
comprare” conclude Francesco, prima
di rientrare nell’imponente palazzone di
acciaio e vetro alla periferia di Verona.
In un sistema di libero mercato, non si
può impedire a un privato di scegliere
la strategia commerciale che ritiene
migliore. Tuttavia la scelta della
Glaxo di lasciare a casa 550 lavoratori
altamente qualificati senza possibilità di
ricollocazione nel Paese ha provocato
una reazione sconcertata da parte del
della commissione Sanità del Consiglio
d’Europa contro le multinazionali
impegnate nella produzione del vaccino
per l’H1N1, accusate di aver influenzato
la decisione dell’Organizzazione
mondiale della sanità di dichiarare la
pandemia e costringere così gli Stati di
tutto il mondo a comprare il loro prodotto
in quantità enormi, senza badare a spese
e a condizioni a dir poco favorevoli
per le aziende. Accusa pesantissima,
parzialmente confermata dal consigliere
speciale dell’Oms Keiji Fukuda, che
ha ammesso errori e confusione nella
gestione dell’emergenza. Nel frattempo
le milioni di fiale vendute a peso d’oro
giacciono inutilizzate nei magazzini
e manca poco alla scadenza della
loro validità. Solo in Italia, il ministro
Ferruccio Fazio ha parlato di 12 milioni di
dosi inutilizzate.
In questo senso, la posizione di Vittorio
Agnoletto, medico e politico che da
oltre 20 anni si batte nella lotta contro il
virus dell’Aids, è molto netta: “L’unica,
vera strategia delle multinazionali
farmaceutiche è quella di creare il bisogno
di farmaci, con ogni mezzo ed al minor
costo possibile”.
I colpi assetati dai giganti globali in questa
direzione sono diversi e non sempre
seguendo le vie della legalità. La procura
di Milano ha disegnato uno scenario
inquietante: nelle pagine dell’inchiesta
condotta con la Guardia di Finanza
si parla di una tangente da 100mila
euro stanziata nel 2005 da un colosso
farmaceutico per un mediatore e per un
senatore, allo scopo di far registrare un
nuovo farmaco anti-infertilità a un prezzo
maggiore. E di fondi neri aziendali per
2,7 milioni di euro nel 2002-2006, creati
con false fatture d’acquisto di decine
di migliaia di “libri scientifici”, per
ritratto della multinazionale
GlaxoSmithKline è stata oggetto di una
vicenda giudiziaria, nel 2003, che ha
visto gli alti vertici della consociata
italiana inquisiti con oltre 500 medici dal
Procuratore della Repubblica di Verona,
per il reato di comparaggio (prescrizione
di farmaci di una ditta produttrice in
cambio di regali o denaro di quest’ultima
a medici del Servizio Sanitario
Nazionale). È tra le multinazionali
WWW.ALTRECONOMIA.IT
farmaceutiche che più spesso ricorrono
al prepensionamento ed alla mobilità del
personale assunto a tempo indeterminato
al fine di “ridurre i costi strutturali fissi”
anche quando non vi è la necessità
di ristrutturazione imposta da fatturato
calante. La consociata italiana, dal
2001 (data di fusione con la SmithKline
Beecham) al 2008, ha epurato molto del
personale della SmithKline Beecham con
sede a Baranzate di Bollate (Milano) ed
ha ripetutamente incentivato all’esodo
il personale della GlaxoWellcome di
Verona. Sempre a Verona, l’ennesima
mobilità -iniziata nel 2008- prevede
molti esuberi nel personale a tempo
indeterminato. Nel settembre 2008
ha ricevuto dal ministero della Sanità
oltre 24 milioni di euro per finanziare
il settore di ricerca pre-clinica proprio
in Italia. Sempre da settembre 2008
GlaxoSmithKline comunica l’ennesima
mobilità con un taglio del 30% del
personale del settore pre-clinico, ed in
particolar modo a Verona. Il 22 dicembre
2009 è stata oggetto di uno sciopero per
il tentativo di esternalizzare 130 lavoratori
dipendenti dei servizi interni, scioperi
che continueranno anche nei primi mesi
del 2010. www.gsk.it
MAGGIO 2010
23 _
corrompere medici e far sì che sempre più
endrocrinologi prescrivessero ai pazienti
l’ormone della crescita commercializzato
dalla ditta. Per queste due imputazioni
di corruzione la Procura di Milano ha
chiesto al gip Gaetano Brusa che la
divisione italiana della multinazionale
sia temporaneamente interdetta dal
contrattare con il Servizio sanitario
nazionale.
Per chi si muove nel lecito, l’arma
migliore è il marketing: il 30% dei budget
delle imprese finisce in pubblicità, più o
meno esplicita. Grazie all’approvazione di
leggi ad hoc, gli scaffali dei supermercati
dei Paesi occidentali si sono riempiti
di prodotti parafarmaceutici per ogni
esigenza facendo lievitare i fatturati di
due cifre, mentre è pressante l’invito alla
vaccinazione preventiva per ogni forma
di virus influenzale invernale. Anche le
disfunzioni croniche sono un mercato
appetibile: si pensi a malattie diffuse come
il diabete, per il quale, però, la ricerca di
un vaccino va a rilento. Come sembrano
non avere ancora uno sbocco realistico
gli studi sul vaccino contro l’Hiv “Le
multinazionali farmaceutiche agiscono
globalmente come un enorme cartello
in grado di fare pressioni su qualsiasi
ente governativo -conclude Agnoletto-.
L’esclusività dei principi attivi di cui
detengono il brevetto fa sì che siano in
grado di determinarne il prezzo e non
hanno alcun interesse a ‘svenderlo’ per
la cura di malattie diffuse nei Paesi più
poveri”.
Tutto questo nonostante le enormi
donazioni, pubbliche e private, fatte in
questa direzione. Un mondo sano, per
qualcuno, è un disastro.
LE PAROLE DI SILVIO GARATTINI, DIRETTORE DELL’ISTITUTO MARIO NEGRI DI MILANO
ricerca di buon senso
Dottor Garattini, che cosa pensa della
chiusura del Centro di ricerca Glaxo
di Verona?
È un fatto estremamente grave. Per la
GlaxoSmithKline l’Italia è un mercato
importante e il licenziamento di centinaia di
ricercatori mi sembra un atto ingiustificato.
Non dimentichiamoci che la Glaxo ha
ricevuto dalla sanità pubblica somme
molto ingenti per la vendita di vaccini, non
ultimo quello contro il virus dell’H1N1.
Sarebbe stato opportuno attendere i risvolti
commerciali dei prodotti che si stavano
sviluppando a Verona e mantenere i posti
di lavoro, se non altro per correttezza nei
confronti del Paese.
Un suo ex collaboratore, che abbiamo
intervistato in queste pagine, ha
puntato il dito proprio su questo:
non esiste etica nel comportamento
del management della Glaxo, se non
quella delle regole di mercato.
Non dobbiamo dare per scontato che
l’industria farmaceutica debba seguire
puramente il fine del business. Credo che,
in questo senso, ci dovrebbe essere una
pressione da parte dell’opinione pubblica e
della politica affinché questo non accada.
Cosa accadrebbe se lo Stato decidesse
di punto in bianco di non pagare più le
MAGGIO 2010
forniture farmaceutiche? Gli stessi impegni
degli enti pubblici devono essere assunti
anche dai privati, piccoli o grandi che siano.
Glaxo dall’Italia ha ricevuto, e tanto: è
giusto che assuma degli impegni che vadano
al di là del semplice accordo commerciale.
È una questione di buon senso.
Un buon senso che sembra
scarseggiare in Italia.
Sì, negli ultimi 20 anni ho visto
praticamente scomparire la ricerca italiana.
Pensiamo alla Carlo Erba. Il problema
è che non è più conveniente mantenere
qui, e in Europa in generale, i propri
laboratori. Cina, India e Brasile sono i
luoghi appetibili in questo momento:
hanno buone università e forniscono
risorse umane preparate ad un costo
inferiore. E non dimentichiamoci che questi
Paesi rappresentano la nuova frontiera
del mercato: la loro progressiva crescita
economica fa sì che le multinazionali del
farmaco vedano una proficua espansione in
quelle aree.
Ma che senso ha, per la ricerca
farmaceutica, seguire le indicazioni
di mercato anziché gli indici sulla
salute?
Nessuno e, secondo me, non è una strategia
Il medico e chimico Silvio Garattini, 82 anni,
ha fondato il Mario Negri nel 1963. www.
marionegri.it
valida neanche a livello di mercato, nel
lungo termine. Ad esempio le ricerche
neuroscientifiche che vengono svolte
a Verona hanno un bacino di utenza
altissimo, una volta che sia consentito al
personale impegnato di raggiungere dei
risultati. Pensiamo anche alle grandi sfide
che la ricerca sta affrontando e che deve
vincere: l’Aids, i tumori, le oltre 6mila
malattie rare e quelle del sistema nervoso
centrale, alle quali lavorano in Glaxo fino
alla dismissione. Ognuna di queste sfide
non rappresenta solo uno stimolo etico
per ogni ricercatore ma anche una fetta di
mercato. Forse più difficile da conquistare
ma senz’altro cospicua.
Lei lavora da anni all’Istituto
Mario Negri che, nell’interesse
pubblico, si occupa di formazione e
informazione; che messaggio vuole
lanciare in conclusione di questa
intervista?
Che l’Italia ha diritto di avere ricerca, non
mercato.
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FOTOREPORTAGE / L’ETICA IN UNO SCATTO
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campi profondi
Foto che indagano la relazione tra etica e comunicazione e raccontano l’oggi.
Dal riscatto dei giovani migranti di Barcellona alle violenze sui minori
Uno dei più grandi fotogiornalisti della
storia, lo statunitense William Eugene
Smith (1918-1978), un giorno disse una frase divenuta
celebre: “A che cosa serve una grande profondità di campo se non
c’è un’adeguata profondità di sentimento?”. Smith aveva visto e
documentato gli orrori della Seconda guerra mondiale, mostrandoli
al mondo con la forza delle sue straordinarie immagini.
Questo è lo spirito che devono aver vissuto i visitatori del “Festival
della fotografia etica”, che si è svolto a Lodi nel mese di marzo, e
dal quale sono tratte le immagini che vedere in queste pagine. Si è
trattato del primo evento interamente dedicato all’approfondimento
della relazione tra etica, comunicazione e fotografia, con mostre,
serate di videoproiezioni, dibattiti, incontri e letture (in attesa della
prossima edizioni, info qui: www.festivaldellafotografiaetica.it).
Le foto della nostra selezione sono state realizzate in seno a una
serie di progetti. Ruido Photo è un’associazione di Barcellona,
nata nel 2005 con l’idea di creare un a piattaforma dove realizzare
progetti di fotografia documentaria indipendenti, critici e impegnati
(www.ruidophoto.com). Collectif Argos è un gruppo di giornalisti
indipendenti, fotografi e redattori con sede a Parigi, impegnato
nel giornalismo documentario. Luca Catalano Gonzaga (45enne
romano) firma invece le immagini del progetto Wordless Children,
realizzato tra i bambini lavoratori del Nepal (www.catalanogonzaga.
com), mentre l’olandese Robert Knoth ha realizzato per
Greenpeace un reportage fotografico in quattro aree dell’ex Unione
Sovietica colpite da incidenti e contaminazioni nucleari (www.
robertknoth). ActiveStill è invece un gruppo di fotoreporter israeliani
nato nel 2005 (www. activestills.org), mentre il romano Francesco
Zizola, ha curato per Medici senza frontiere il progetto “Colombia,
voci nascoste” (www.zizola.com).
la foto dell’altro
Ruido Photo (photo-collective). Mira’m bé è un
progetto di fotografia partecipativa rivolto ai ragazzi
del Congost di Granollers (Barcellona), un quartiere
ad altissima densità di immigrati di varie nazionalità.
In corso dal 2008.
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MAGGIO 2010
25 _
cambia il mondo
Argos (photo-collective). Bangladesh, distretto di
Stakhira. Un’anziana donna cura la sua mucca lungo
l’argine di un fiume. In poche decadi
il riscaldamento globale ha cambiato il volto della
campagna della sua gioventù.
MAGGIO 2010
WWW.ALTRECONOMIA.IT
FOTOREPORTAGE / L’ETICA IN UNO SCATTO
campi profondi
a scuola in fornace
Luca Catalano Gonzaga. La maggior parte della
produzione di mattoni nel mondo viene fatta a mano.
In Asia, America Latina e Africa sono i bambini ad
occuparsi di questa produzione. Nepal, 2008.
l’eredità nucleare
Robert Knoth per Greenpeace. Pripyat, Ucraina. Asilo
abbandonato. Pripyat era una città modello costruita
per i lavoratori di Cernobyl. Tutti i 50mila abitanti
furono evacuati dopo l’incidente al reattore numero 4.
La cittadina continua a essere fortemente contaminata.
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MAGGIO 2010
confini armati
Activestills (photo-collective).
Checkpoint a Qalandiya, tra Israele
e Palestina. Ottobre 2007.
un’infanzia negata
Francesco Zizola per Medici Senza Frontiere.
Ospedale S. Francesco di Assisi di Quibdo, in
colombia. A., 13 anni, è stata violentata da un suo
vicino di casa. Le è stata appena confermata la
gravidanza.
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I NOSTRI LIBRI / LA POLITICA NEL PIATTO
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e
tutti i lati del cibo
Il mondo soffre la fame e le cause sono umane e naturali assieme. Mentre
ciascuno di noi, a tavola, può fare la sua parte. I nuovi saggi di Altreconomia
Un libro così avvincente
che per finirlo si può
saltare un pasto. Anche
perché alla fine non si ha tanta fame.
Che cosa succede al nostro corpo quando
si arriva alla “fame nera”? E che cos’è
davvero una carestia, quali effetti produce
sulle relazioni interpersonali e sociali?
Anatomia della fame è una lettura dura e
affascinante che affonda il bisturi nel
“corpo” delle catastrofi alimentari. Dopo
una disamina antropologica che
mette a confronto il rapporto
tra le diverse culture, i tabù
religiosi e culturali legati al cibo,
con minuzia storica e moderna
crudeltà, Vittorio Rinaldi ci
spiega come e perché la fame e la
cronica mancanza di cibo siano
realtà quotidiana oggi per oltre
un miliardo di persone. Le nuove
carestie sono simultaneamente
frutto di dinamiche che si
producono in un territorio locale e
di eziologie esterne, che rimandano
al più ampio quadro delle relazioni
politico-economiche internazionali
e allo sfruttamento del Sud del
mondo. Fattori dunque d’origine
umana, legati alle imprevidenze,
alla cupidigia, alla guerra, e fattori
d’origine naturale, connaturati alle
imponderabili bizzarrie dei cieli, dei
mari e della Terra che provocano gli
shock alimentari finali, quelli che fanno
precipitare la situazione e gli unici colti
dai media. La fame non è insomma che
l’immagine speculare del nostro appetito
e del benessere, della nostra disattenzione
e del modello globale dominante: quello
che impone le guerre per garantire i
nostri commerci, il continuo aumento
di allevamenti da carne per le nostre
tavole (a discapito
delle colture per alimentazione umana)
o l’uso di agro carburanti: da qui il
neocolonialismo rurale, l’agricoltura
che forza l’esportazione dai Paesi del
Sud del mondo e gli ogm. Per massimo
paradosso sono così le zone rurali e i
contadini a soffrire di più la fame. Che
fare? Non c’è una sola soluzione: per
certo il ritorno degli Stati nazionali a
un ruolo forte (e si spera positivo) e la
sovranità alimentare di ciascun popolo
sono le prime condizioni necessarie.
Nella prefazione Daniele Scaglione
di ActionAid ricorda i numeri della
fame, molto difficili da digerire.
Il rapporto Fao 2009 documenta
la crescita degli affamati in tutto
il Sud del mondo, salvo America
Latina e Caraibi. L’Asia e l’area
del Pacifico in primis (642 milioni),
poi l’Africa ‘subsahariana’ (265
milioni), America Latina e Caraibi
(53 miloni) infine Maghreb e Medio
Oriente (42 milioni). Ma c’è fame è
anche nei Paesi sviluppati, per un
totale di 15 milioni, secondo la Fao.
Anatomia della fame,
di Vittorio Rinaldi, 192
pagine, 15 euro. In bottega e
sul nostro sito dall’8 maggio,
in libreria da ottobre.
il circolo dei diritti
Tracciabilità, biodiversità,
filiera corta, cultura, piacere,
diritti: sono le parole chiave del
progetto “Il Circolo del Cibo”,
promosso da Altromercato, la principale
organizzazione di commercio equo. Il
progetto si rivolge a chef, ristoratori,
produttori di materie prime, appassionati
gastronomi e a tutti i consumatori
WWW.ALTRECONOMIA.IT
interessati ad assaporare la dimensione
materiale e sociale del buon cibo. Il
Circolo del Cibo (www.ilcircolodelcibo.
it) viene presentato per la prima volta in
occasione di “Scambiamo il mondo”,
manifestazione lanciata da Altromercato
in concomitanza con la Giornata
mondiale del commercio equo e solidale
(8 maggio) e rientra nella campagna
“Diritto al cibo” (www.dirittoalcibo.org).
In occasione del lancio del “Circolo”
(a Milano il 4 maggio) presentazione
del nostro libro Il cuoco leggero (in
alto). Sempre a Milano, il 9 maggio,
presentazione anche per Anatomia della
fame, all’interno delle manifestazione
per la giornata del commercio equo.
Informazioni su www.altreconomia.it
MAGGIO 2010
29 _
leggeri e sostenibili in cucina
L’impronta ecologica della
nostra cucina non è quella
del vino rosso versato sulla
tovaglia. Ma è la conseguenza
delle nostre scelte quotidiane
in tema di cibo, materie prime,
utensili, tecniche di cottura,
conservazione, condivisione.
Il vero “cuoco leggero” non
pesa sulla Terra, sul clima, sui
popoli che producono per la
nostra tavola, sugli altri esseri
viventi. E neppure sulle proprie
tasche o sullo stomaco, se
è vero che la cucina che si
propone è equa e solidale,
veg-italiana, ecologica e a
chilometro zero senza il peso
del packaging, di lunghi
trasporti, senza crudeltà
MAGGIO 2010
per gli animali, semplice e alla
portata di tutti, economica e
popolare. Un prontuario delle
materie prime, redatto secondo
princìpi etici e nutrizionali: prodotti
del commercio equo e solidale,
verdure, legumi e cereali, freschi
o -per chi può- autoprodotte
ma comunque locali, salvo
poche eccezioni. Se non potete
coltivare, cittadini senza terra,
fate perno per la vostra spesa
sull’eco-socio-classifica dei
luoghi d’acquisto, che vede al
primo posto i gruppi d’acquisto e
le botteghe del commercio equo
e a chiudere la fila i “moloch” dei
centri commerciali. Per cucinare a
volte il fuoco non serve, e neppure
il mixer. Parte da queste pagine
la rivincita dei mano domestici,
strumenti che non consumano
energia se non quella pulita delle
nostre mani.
Le ricette, le zuppe e le torte,
le conserve e i sughi, i dolci
sani e le bevande “di rubinetto”
di Marinella Correggia, che di
queste da anni fa il suo pane e
companatico, usando quando si
può l’energia del sole, dei forni
solari, persino quella della politica
e delle esperienze altrui.
Il cuoco leggero. Manuale per
un cibo ecologico e solidale
quotidiano: oltre 100 ricette
veg-italiane, di Marinella
Correggia, 96 pp, 4,5 euro. In
vendita in bottega, in libreria e su
www.altreconomia.it
WWW.ALTRECONOMIA.IT
_ 30
una nave dei diritti, per dare uno scossone a un paese razzista
Navi Pillay, sudafricana, alto commissario dell’Onu per i diritti umani, nella sua recente visita in Italia
ha espresso giudizi assai duri sul nostro Paese. Ha detto, ad esempio, che il pogrom di Rosarno è
stato un atto gravissimo e che i responsabili vanno perseguiti e puniti, aggiungendo: “Mi auguro sia
assolutamente chiaro che è responsabilità delle pubbliche autorità assicurare che i migranti non siano
stigmatizzati, calunniati o aggrediti”. Dopo una visita ai campi rom della capitale, ha commentato:
“Per un attimo ho pensato di trovarmi in uno dei più poveri Paesi in via di sviluppo e non in un Paese
con la storia più ricca di molti altri”. Durante un incontro con associazioni e ong (trasmesso in parte
da Radiotre) ha detto d’essere rimasta colpita dalla scarsa competenza dei funzionari ministeriali
(“tutti maschi!”, ha aggiunto) in tema di diritti umani. Per quanto autorevoli e circostanziate, queste
e altre osservazioni di Navi Pillay hanno avuto pochissima eco sui media e nel mondo politico. La
sensazione, anche stavolta, è che l’occhio esterno sia più acuto e diretto dello sguardo di chi vive nel
nostro Paese. Perciò merita attenzione l’insolito progetto organizzato da un gruppo di italiani residenti
in Spagna, lo sbarco di una “nave dei diritti” con un migliaio di persone a bordo nel porto di Genova
a fine giugno. Nel manifesto che enuncia gli scopi dell’impresa (www.losbarco.org) si legge fra l’altro:
“La crisi c’è anche qua, ma la sensazione è che la situazione
nel nostro Paese sia particolare, soprattutto sul lato culturale,
umano, relazionale. Il razzismo cresce, così come l’arroganza,
A CURA DI LORENZO GUADAGNUCCI la prepotenza, la repressione, il malaffare, il maschilismo, la
diffusa cultura mafiosa, la mancanza di risposte per il mondo
del lavoro, sempre più subalterno e sempre più precario. I meriti e i talenti delle persone, soprattutto
dei giovani, non sono valorizzati...”. Forse abbiamo davvero bisogno di uno scossone.
Lorenzo Guadagnucci è giornalista al “QN-La Nazione”. Il suo blog: www.altreconomia.it/noidelladiaz
DISTRATTI DALLA LIBERTà
WWW.ALTRECONOMIA.IT
MAGGIO 2010
ECONOMIE SOLIDALI / ATTUALITà
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l’energia viene dal gas
I gruppi d’acquisto sono ormai un’esperienza matura di economia alternativa.
A giugno un convegno per parlare di rappresentanza e bisogni fondamentali
I gruppi di acquisto
solidali si chiamano a
convegno, a giugno. Siamo
la dimensione del limite e il riferimento a
valori da salvaguardare.
Come di consueto, le due giornate
del convegno saranno un’occasione di
confronto e di riflessione sulle prospettive di
sviluppo per queste esperienze.
Quest’anno i punti affrontati nel corso
del convegno saranno in particolare due:
da una parte l’analisi delle caratteristiche
fondamentali di queste esperienze di
economia solidale come tratto distintivo
all’interno delle innumerevoli forme e
progetti in cui si sviluppano, e dall’altra il
tema della rappresentanza, sia nel senso
di una voce diversa che le esperienze di
economia solidale vorrebbero esprimere, sia
nel senso di quali proposte portare avanti o
sostenere di fronte al vuoto della politica.
Nel corso delle due giornate verranno
presentate esperienze e condivisi saperi e
conoscenze.
Tra le prime, spazio al tema dell’energia
con la presentazione del progetto CoEnergia. Nato nel 2007, il progetto (che
a breve dovrebbe costituirsi in una vera
e propria associazione) ha la finalità di
alla decima edizione e per la prima
volta quest’anno l’incontro (dal titolo
“Territori in movimento”, vedi box) vedrà
protagonisti anche i distretti di economia
solidali (Des). In dieci anni il percorso si è
notevolmente evoluto, poiché radicalmente
cambiati sono il contesto e i numeri. Oggi
i Gas costituiscono un’esperienza diffusa
su tutto il territorio nazionale, con oltre
650 gruppi registrati (www.retegas.org).
Difficile stimare, ma possiamo ormai
ragionevolmente parlare di un movimento
che coinvolge non meno di 100mila
persone. I Des -reti locali di economia
solidale che collegano su un territorio
i consumatori organizzati in Gas, i
produttori e le associazioni, con lo scopo di
sostenere e promuovere forme di economia
attente alle relazioni tra le persone, alle
condizioni di lavoro e all’ambiente- sono
invece ormai una ventina in tutta Italia
(www.retecosol.org). Gas e Des, insieme,
attivano sui loro territori circuiti di fiducia
e flussi di prodotti e servizi che
rafforzano le comunità locali e
promuovono l’autosostenibilità, in
rete con le altre realtà di economia
“Territori in movimento”.
solidale e gli altri territori. Già
L’appuntamento è a Osnago
nei fatti esiste un grande intreccio
(Lc), tra Milano e Lecco, per
tra queste esperienze che, in un
il 10° convegno nazionale dei
gruppi di acquisto solidali,
certo senso, hanno bisogno l’una
ne fine settimana del 5 e 6
dell’altra. Da una parte i Gas
giugno 2010. Le iscrizioni sono
possono trovare nel percorso dei
aperte: fate un salto su www.
Des una portata più ampia della
convegnogasdes2010.org per
loro azione, in una prospettive
tutte le informazioni.
A oggi il programma, non ancora
di trasformazione sociale del
definitivo, prevede per il sabato
territorio e dei modi di produrre
una plenaria con la presentazione
dei piccoli produttori locali, in
di alcune esperienze dei distretti
primis gli agricoltori.
di economia solidale (come il Des
Dall’altra i Des trovano nei Gas
rurale di MIlano) e di aggregazioni
di gruppi di acquisto solidali
una base di sostegno fondamentale
(come il Gas Energia).
per il loro operare, un modello
organizzativo che include anche
favorire l’acquisto di energia elettrica da
fonte rinnovabile certificata, attraverso
un contratto che abbia caratteristiche che
l’avvicinino ai “patti” di economia solidale:
prezzo trasparente, fiducia, la costituzione
di un fondo per la realizzazione di impianti
da fonte rinnovabile. Oggi il percorso
sembra essere arrivato a un punto di
svolta: a maggio parte infatti una prima
sperimentazione che vedrà coinvolte
un centinaio di famiglie appartenenti a
Gas che stipuleranno un contratto per
la fornitura di elettricità dalla società
CleanPower di Padova, in base a una
convenzione redatta da Co-Energia e
attraverso l’associazione Gas Energia.
Tra le esperienze in corso, verrà anche
presentato il Des rurale del Parco Sud di
Milano (www.desrparcosudmilano.it), una
realtà che dopo un anno di lavoro oggi
coinvolge una quindicina di cascine del
territorio, 25 Gas della zona e un paio di
amministrazioni comunali, per un totale di
non meno di 2.500 persone, in progetti che
vanno dalla filiera corta agli orti scolastici,
e che hanno dato lavoro a una decina
di operatori. Quello di Milano
è il secondo distretto rurale
italiano, dopo quello di
Pordenone.
gas e des insieme a osnago
MAGGIO 2010
Nel pomeriggio, gruppi di lavoro
tematici: comunicazione, piccola
distribuzione organizzata, sovranità
alimentare, commercio equo,
finanza etica e tessile. È previsto
anche un approfondimento sulle
reti europee con Eric Lavillunière
di Ripess Europa. La domenica
mattina (il convegno terminerà
a pranzo) plenaria con
resoconto del lavoro
dei gruppi e relatori sul tema
della rappresentanza
e del soddisfacimento
dei bisogni fondamentali.
Tutti gli incontri si svolgeranno in
strutture messe a disposizione del
Comune.
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LA FINE DEL WELFARE / ATTUALITÀ
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33 _
I tagli al Fondo nazionale per i servizi sociali universali spingono a un modello
mercantile dell’assistenza. La Lombardia, come sempre, è in prima fila
cura o prestazione?
Mentre lo Stato taglia
progressivamente i fondi
destinati alle politiche
sociali (vedi box), alcune
Regioni fanno di meglio e
li sottraggono ai Comuni.
Risultato: servizi sociali
che si riducono (agli
anziani, ai bambini, alle
persone disagiate), rette che si alzano,
famiglie che non possono pagare, furbi
che evitano di farlo. E aberrazioni come
quelle degli amministratori di alcuni
Comuni che hanno lasciato senza cibo e
a piedi i bambini delle scuole elementari.
Sono esperienze sempre più frequenti
con le quali ci confrontiamo ogni giorno.
Al posto di compensare ai tagli, come
hanno fatto altre Regioni, la Lombardia,
con la delibera di giunta regionale
11255 del 10 febbraio scorso, ha deciso
di trattenere presso di sé gran parte dei
fondi destinati dallo Stato ai Comuni
del proprio territorio: due volte e mezza
quanto trattenuto nel 2009. Per la
precisione, i Comuni lombardi (ai quali
già erano stati destinati dal governo il
22,74% di fondi in meno, da 95 a 73
milioni di euro) si vedono privati di un
ulteriore 30%. Tradotto: lo scorso anno
avevano a disposizione 81 milioni di
euro, quest’anno 39 milioni. Nel 2008
erano 92 milioni di euro.
Il provvedimento ha scatenato le
proteste del Consiglio nazionale di
rappresentanza dei sindaci e dei
presidenti delle assemblee dei sindaci,
anche perché il taglio colpisce soprattutto
i progetti di welfare di largo respiro, che i
Comuni avevano cominciato a progettare
e gestire unendo le forze attraverso
lo strumento recente degli Ambiti
MAGGIO 2010
in cui vengono spesi i soldi
non è irrilevante. Una
cosa è infatti che questi
passino attraverso i Comuni,
un’altra se diventano ‘buoni’
da spendere, a disposizione
delle singole famiglie.
Siamo favorevoli a un
maggior protagonismo dei
cittadini, ma in questo caso
sta passando una cultura
‘prestazionale’ della cura.
Noi invece preferiamo una
prospettiva ‘relazionale’, dove quando
si parla di welfare e politiche sociali si
ragioni su una comunità, non sul singolo
cui sono dati soldi da spendere. Pensiamo
a un sistema dove ci sono cooperative
sociali che agiscono sul territorio, in
un’ottica fatta di legami, in un sistema di
relazioni. Se invece ho tanti cittadini che
hanno in mano il loro tagliando, tutto
cambia. Perché la dinamica prestazionale
spinge a portare al massimo il
controllo e l’efficienza economica della
prestazione”. E quando si confonde la
libertà di scegliere a chi affidarsi con il
mercato, si passa dalla cura alla
prestazione, dalla relazione
alla manutenzione.
eidon press
Nel welfare i
numeri contano.
Specie quando
si riducono.
territoriali. La Regione Lombardia si è
affrettata a spiegare che non si tratta di
tagli, ma di denaro che verrà impiegato
sempre per scopi sociali ma attraverso
dispositivi regionali, come i “buoni
sociali”.
Ma questo garantirà servizi adeguati a
tutti?
Giuseppe Guerini è divenuto presidente
di Federsolidarietà Lombardia proprio
mentre la giunta approvava la Delibera
11255. Federsolidarietà è la federazione
che associa le 1.097 cooperative
sociali aderenti a Confcooperative in
Lombardia, oltre i due terzi del totale
di quelle lombarde. “Il tema importante
è proprio l’utilizzo dei fondi. Il modo
dal governo un fondo a scalare
Il Fondo nazionale per le
politiche sociali, istituito
dalla legge 449 del 1997,
è la principale fonte di
finanziamento statale degli
interventi di assistenza alle
persone e alle famiglie.
La sua configurazione oggi
è prevista dalla legge 328 del
2000, mentre il suo ammontare
annuo è determinato dalla legge
finanziaria. La maggior parte
del denaro (60%) è destinato
all’Inps. Per il resto, a seguito
delle modifiche costituzionali
che attribuiscono alle Regioni
la competenza in materia di
politiche sociali, oggi allo Stato
spetta solo lo stanziamento
del fondo e l’individuazione
di livelli essenziali e uniformi
sul territorio nazionale delle
prestazioni.
Sono i governatori a decidere
come utilizzare i soldi e a
chi affidarli. Nel corso degli
ultimi dieci anni, l’ammontare
del Fondo si è attestato tra i
1.307 milioni di euro del 2005
ai 1.883 milioni del 2004.
Ma dal 2010 si è abbattuta
pesantemente la scure dei tagli:
l’ultima finanziaria ha stabilito
infatti che il Fondo ammonterà
a 1.175 milioni di euro (300
milioni in meno circa dello
scorso anno). E nei prossimi
anni andrà anche peggio: 913
milioni per il 2011 e altrettanti
per il 2012.
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APPROFONDIMENTO / POLITICHE PUBBLICHE
_ 34
il costo
della tangente
La corruzione rappresenta un fardello da 60
miliardi di euro all’anno. Lo Stato perde la
fiducia dei cittadini, ma non interviene
La corruzione ha un
andamento carsico.
La questione riemerge periodicamente
in superficie, in corrispondenza di
denunce, inchieste e scandali che attirano
l’attenzione dei mezzi di comunicazione e
dell’opinione pubblica. Un corto circuito
di questo tipo si è realizzato proprio a
metà febbraio 2010, in coincidenza con
il diciottesimo anniversario dell’arresto
di Mario Chiesa, che sancì l’avvio di
“Mani pulite”. Già da alcune settimane
l’inchiesta della Procura di Firenze aveva
rivelato la trama di relazioni pericolose
intessute da un manipolo di alti burocrati
e imprenditori all’ombra degli appalti
della Protezione civile. Così l’arresto in
flagranza di reato del Presidente della
commissione urbanistica del Comune di
Milano (Milko Pennisi, nella foto a p. 35),
con la mazzetta appena pagata nascosta
alla meno peggio, ha finito per evocare in
molti un senso di déjà vù, la percezione di
un eterno ritorno della corruzione italiana,
immutata nei suoi riti e nelle abitudini,
ma in fondo fortificata dalla protervia
e dall’ostentazione d’impunità dei suoi
protagonisti, così come dalla stanchezza o
dalla rassegnazione di spettatori e vittime.
Ad appesantire il clima ci si sono messi
anche gli appuntamenti istituzionali.
Proprio il 17 febbraio l’annuale relazione
della Corte dei Conti si è trasformata in
un pesante atto d’accusa contro gli effetti
nefasti della corruzione dilagante sui
bilanci dello Stato: una vasta tipologia
di opere pubbliche incompiute o
inutilizzate, propedeutiche o sintomatiche
dell’avvenuta spartizione di tangenti,
accompagna la sistematica lievitazione dei
prezzi dei contratti pubblici, nell’ordine
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del 40/50 per cento. Ma se il costo diretto
della corruzione, stimato all’incirca in 60
miliardi di euro, è un fardello pesante per
i disastrati bilanci dello Stato, ancora più
allarmanti sono i danni politici e sociali,
la delegittimazione delle istituzioni e
della classe politica, il segnale di degrado
del tessuto morale della classe dirigente,
l’affermarsi meccanismi di selezione
che premiano corrotti e corruttori
nelle carriere economiche, politiche,
burocratiche.
Incrociando le informazioni
ricavabili da fonti
statistiche e giudiziarie
è possibile fornire
miliardi di euro è il
una “fotografia” -per
costo diretto della
quanto approssimativa
corruzione in Italia
“tre facce” della corruzione
e sfumata- delle
(Corte dei Conti, 2010)
-meno corruzione perseguita
dimensioni attuali
e presentata al pubblico, mentre
della corruzione italiana,
il fenomeno è percepito (e vissuto) in
individuando alcune linee
crescita- se ne ricavano alcune indicazioni.
di fondo della sua evoluzione dagli anni
Primo, la percezione della corruzione
di Mani pulite ad oggi. Le statistiche
cresce negli stessi anni in cui si esaurisce
giudiziarie mostrano, dopo l’onda lunga
la spinta propulsiva delle inchieste,
di incriminazioni che cresce fino a metà
incriminazioni e condanne diventano
degli anni Novanta, una caduta verticale
eventi più rari. Ciò significa che negli
del numero di denuncie e condanne, che
prosegue fino ai giorni nostri. Al contrario, ultimi dieci anni si è presumibilmente
allargata la forbice tra corruzione praticata
i sondaggi indicano la percezione di una
e corruzione denunciata, è lievitata
diffusione in crescita della pratica effettiva
cioè la “cifra oscura” della corruzione,
della corruzione, che avrebbe raggiunto
l’ammontare di reati che non emergono
nel 2009 i livelli massimi dell’ultimo
decennio. I mezzi di comunicazione, a loro alla luce.
Del resto, i toni disinvolti dei protagonisti
volta, sembrano sempre meno interessati
delle intercettazioni telefoniche
al tema. A partire da metà degli anni 90 il
numero di episodi di corruzione presentati nell’inchiesta fiorentina hanno indotto i
al pubblico diminuisce costantemente, ed è magistrati a parlare di una loro “sindrome
di impunità”, che li porta a proclamare
negli ultimi anni inferiore persino ai livelli
tranquillamente di avere “la licenza di
pre-Mani pulite.
uccidere” quando si tratta di decidere
Combinando i sentieri evolutivi di queste
60
MAGGIO 2010
come assegnare gli appalti della Protezione
civile.
Secondo aspetto, la percezione di una
corruzione rampante non scaturisce da
una maggiore copertura mediatica.
Al contrario, la scarsa presenza del
tema sui mezzi di comunicazione è
inversamente proporzionale alla sfiducia
nell’onestà dei propri amministratori.
Nonostante le omissioni dei media, è
probabile che altri canali informali di
comunicazione e le esperienze dirette
abbiano plasmato la sensazione di un
clima di illegalità politica diffusa.
Infine, il crollo di attenzione giornalistica
nei confronti degli scandali è stato in
proporzione ancora più marcato rispetto
alla riduzione dei procedimenti giudiziari.
Accanto alla sordina imposta sui casi
scomodi dal “nuovo ordine” televisivo
e mediatico, può aver influito una sorta
di effetto-saturazione: dopo la “grande
abbuffata” di mani pulite, si è alzato il
MAGGIO 2010
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35 _
livello di tolleranza pubblica di “modiche
quantità” di corruzione. Si è smorzato
così anche il potere deterrente che la
semplice esposizione al sospetto della
corruzione esercitava sulla classe politica,
suscitando un giudizio pubblico ancor
più temuto della sanzione penale, per il
suo effetto distruttivo sulla reputazione e
sulle carriere dei politici coinvolti. C’è poi
da considerare l’effetto distorsivo indotto
dall’ormai quindicennale campagna
assolutoria volta a minimizzare le ricadute
del coinvolgimento di Silvio Berlusconi
-nelle alterne vesti di capo del governo
e leader dell’opposizione- in inchieste
per reati di corruzione o affini. Anche
se i procedimenti non sono arrivati a
sancirne la colpevolezza, grazie alle
defatiganti schermaglie giudiziarie o agli
scudi normativi ad hoc, sono comunque
serviti a spostare ampia parte del pubblico
verso una chiave di lettura che associa per
default le notizie di corruzione all’azione di
magistrati politicamente schierati.
Lo scenario è quindi quello di una
corruzione ancora capillare e più
frequentemente impunita, in un contesto
di sfiducia generalizzata verso l’onestà
dell’intera classe dirigente. La “nuova”
corruzione presenta poi un altro elemento
chiave di continuità rispetto a quella
svelata all’inizio degli anni Novanta.
È ancora una corruzione sistemica, nella
quale le condotte, gli stili, le movenze
degli attori coinvolti appaiono incardinati
entro copioni prefissati, seguono regole
codificate. Appaiono tuttora in vigore
-proprio come nelle storie svelate da di
mani pulite- norme di comportamento
che facilitano l’identificazione di partner
affidabili, emarginano o castigano onesti e
dissenzienti, socializzano i nuovi
entrati, scongiurano pericolose
controversie, abbattono i rischi.
Come mostrano -ancora per
poco, se la stretta governativa
sulle intercettazioni andrà in
porto- le conversazioni tra i
soggetti coinvolti nelle inchieste,
chi partecipa al gioco della
corruzione sistemica sa bene
a quali interlocutori rivolgersi
e la loro attendibilità, quali
codici linguistici utilizzare,
le percentuali da pagare, i
fenomeno occultato
Nelle statistiche
giudiziarie, il principale
indicatore dell’ampiezza
della “corruzione
perseguita”, l’onda di
“Mani pulite” rifluisce
dopo il picco raggiunto
nel 1995, quando ci sono
stati quasi 2mila reati
e oltre 3mila persone
denunciate. Dopo un
calo costante, nel 2006
i numeri sono ridotti
a meno di un terzo.
Lo stesso andamento
caratterizza le condanne:
da un massimo di oltre
1.700 nel 1996 alle
appena 239 del 2006,
con una caduta verticale
che si accentua a partire
dal 2001. In alcune
regioni si assiste a un
vero e proprio tracollo:
da 138 condanne per
corruzione nel 1996 a 5
nel 2006 in Sicilia; da
545 a 43 in Lombardia;
da 19 a zero in Calabria.
Un altro “termometro”
della diffusione della
corruzione è fornito da
sondaggi e rilevazioni
statistiche. Secondo
Eurobarometro, tra
il 2005 e il 2008 la
percentuale di cittadini
italiani per i quali la
corruzione è un problema
rilevante cresce dal
75 all’84 per cento;
nel corso del 2009, il
17 per cento si è visto
chiedere od offrire una
tangente (erano il 9 per
cento due anni prima).
Questo quadro a tinte
fosche trova conferme nel
“Corruption perception
index” della ong
Trasparency International,
che misura le percezioni
di esperti e osservatori
internazionali sulla
diffusione del fenomeno.
Fin dalla prima
rilevazione (1995) un
baratro separa l’Italia dalle
altre democrazie. Oggi
siamo crollati dal 41°
posto del 2006 al 63°
del 2009, con il peggiore
punteggio dell’ultimo
decennio, quart’ultimo
tra i Paesi dell’Ue. L’Italia
è considerata un Paese
nel quale il ricorso alle
tangenti è agli stessi
livelli dell’Arabia Saudita,
e più frequente rispetto a
Cuba, Turchia, Namibia,
Malesia, Giordania,
Botswana. Un’ulteriore
fonte d’informazione
sulla corruzione è
rappresentata dai mezzi
di comunicazione.
I dati disponibili
-un’elaborazione sulle
notizie fornite da la
Repubblica- mostrano
come tra il ‘92 e il ‘94
siano stati presentati al
pubblico in media 220
episodi di corruzione
ogni anno, scesi a 88 nel
biennio successivo, a
44 tra il ‘97 e il 2000. La
decrescita prosegue, con
appena 29 casi in media
tra il 2008 e il 2009. Nel
mondo incantato dei
media l’Italia non è mai
parsa così virtuosa.
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APPROFONDIMENTO / POLITICHE PUBBLICHE
il costo della tangente
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58
parametri di spartizione delle tangenti o
i criteri di rotazione seguiti da imprese o
partiti cartellizzati.
Affiorano però alcuni elementi
di differenziazione tra “nuova” e
“vecchia” corruzione. Grazie ai
processi di apprendimento si osserva
infatti l’applicazione di tecniche più
sofisticate per minimizzare il pericolo di
incorrere in controversie o di sollevare
le attenzioni degli organi di controllo.
Le “tangenti pulite e fatturate” -così
battezzate in un’intercettazione telefonica
tra i protagonisti degli appalti della
Protezione civile- possono assumere
forme differenziate, dall’intestazione a
prestanome o familiari di società fornitrici
di improbabili consulenze ad enti pubblici,
alle partecipazioni societarie incrociate
estese a familiari o prestanome, come
camera di compensazione dei versamenti
attesi.
Quella che emerge oggi, in definitiva,
non è tanto una corruzione liquida
o gelatinosa, come l’hanno definita
commentatori e inquirenti
per contrapporla a quella del
passato, strutturata intorno
all’obolo coatto versato dalle
i casi di corruzione
cui sono stati dedicati
articoli dal quotidiano
“la Repubblica” negli
anni 2008 e 2009
imprese ai partiti.
È infatti una corruzione
ancora “solidamente”
regolata, dove però a
seconda dei contesti il ruolo
di garante del rispetto delle “regole
del gioco” è ricoperto da attori diversi:
l’alto dirigente oppure il faccendiere ben
introdotto, il “boss dell’ente pubblico” o
l’imprenditore dai contatti trasversali, il
capofamiglia mafioso o il leader politico
a capo di costose macchine clientelari.
Collocandosi al centro delle nuove reti
di corruzione, questi soggetti riescono ad
assicurare che tutto fili liscio, favoriscono
l’assorbimento dei dissidi interni e creano
le condizioni per l’impermeabilità del
sistema della corruzione ad intrusioni
esterne.
Per queste ragioni, di fronte all’eterno
ritorno della corruzione, l’eredità
di Mani pulite appare controversa.
All’enfasi sull’azione purificatrice della
magistratura, cui la società civile è
sembrata per un breve periodo delegare
le proprie aspettative di
rinnovamento, ha fatto
seguito la delusione per i
risultati delle inchieste, falcidiate
da prescrizioni e dagli effetti nefasti
-sotto un profilo sia pratico che simbolicodelle molte leggi ad personam. Di qui
lo strascico di un’escalation di tensioni tra
potere politico e sistema giudiziario,
il pessimismo ancor più radicato
sull’onestà della classe dirigente,
la rinnovata tolleranza nei confronti delle
molte manifestazioni d’illegalità di massa.
Questo processo si lega in una certa
misura allo spegnersi d’interesse degli
elettori per i temi attinenti alla “questione
morale”, sancito dai ripetuti successi
elettorali del pluri-inquisito leader del
centrodestra e dei suoi emuli. Ma dipende
anche dal ruolo ambiguo della classe
politica, che incapace di attuare riforme
anti-corruzione ha finito per abdicare -per
incapacità o cattiva volontà- al proprio
ruolo, delegando di fatto la risposta
istituzionale alla corruzione dilagante alla
sola repressione penale. Così facendo,
ha delegittimato l’azione dei magistrati,
intralciandone l’attività con misure
ritagliate sulle esigenze giudiziarie del
premier.
* Alberto Vannucci insegna Analisi delle politiche
pubbliche alla Facoltà di Scienze politiche
dell’Università di Pisa. Nel 2007 con Donatella
della Porta ha scritto Mani impunite. Vecchia
e nuova corruzione in Italia (Laterza)
una lotta ad
armi impari
Nel dibattito pubblico molta
attenzione è stata prestata
ad alcune macro-cause della
vasta e ramificata corruzione
italiana, dall’eccesso di
regolazione ai costi iperbolici della
politica, cui va aggiunta l’eredità
di una storia pluridecennale di
illegalità pervasiva. Si sono infatti
sviluppate nel mondo della politica
e dell’economia prassi informali
e criteri di legittimazione che
condensano i principi di una vera e
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propria “cultura della corruzione”,
col suo retaggio di (dis)valori ben
radicati nell’intera classe dirigente.
Ma naturalmente ha pesato, e
molto, anche l’inerzia della classe
politica. Le tanto invocate -almeno
negli anni Novanta- politiche
anti-corruzione sono sfociate in
pochi provvedimenti aventi solo
blando valore simbolico, forzati dal
tardivo recepimento di convenzioni
internazionali. Simbolo del
fallimento è l’istituzione nel 2003 di
un Alto commissario per la lotta alla
corruzione ad opera del secondo
governo Berlusconi, con una
dotazione irrisoria di risorse, poteri
inconsistenti e per giunta posto
“alla dirette dipendenze funzionali”
del Presidente del Consiglio. Un
ente anticorruzione al guinzaglio del
potere politico non è propriamente
il massimo in termini di garanzie
d’autonomia, ma comunque, e a
scanso di equivoci, nel 2008 lo si
è abolito. Gli è subentrato un ancor
più modesto Servizio anticorruzione
e trasparenza, stavolta alle
dipendenze del ministro per la
Pubblica amministrazione, che nel
suo ultimo rapporto annuale spende
diverse pagine per dimostrare
che in Italia la corruzione, alla fin
fine, non è questo gran problema:
diminuiscono i reati denunciati,
l’alta “varianza” delle rilevazioni
rende poco attendibili i severi
giudizi di Transparency International,
e nell’indicatore su Trasparency
in reporting le imprese italiane
sopravanzano quelle francesi e
britanniche per quanto riguarda
l’approvazione e l’accessibilità di
documenti e codici di condotta.
Come se non fosse nota l’eccellenza
italiana nell’arte di produrre carta
contenente disposizioni che
nessuno si sogna di osservare. La
scomparsa della corruzione italiana
è forse l’ennesimo miracolo del
ministro Renato Brunetta?
MAGGIO 2010
L’ANTIMAFIA QUOTIDIANA / ATTUALITÀ
di p
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sindaci contro le mafie
L’educazione alla legalità democratica è il fine di “Avviso Pubblico”,
associazione di enti locali nata nel 1996. A maggio la incontrate a Certaldo
La lotta alle mafie e alla
criminalità organizzata
comincia nelle aule dei consigli comunali.
È la sfida di Avviso Pubblico, “Enti locali
e Regioni per la formazione civile contro
le mafie” una rete di amministratori di
Comuni, Province, Regioni e Comunità
montane nata nel 1996 per promuovere
azioni di prevenzione e contrasto
all’infiltrazione mafiosa nel governo degli
enti locali e per aggregare, tra questi ultimi,
quelli che hanno manifestato o manifestano
il loro interesse verso percorsi di educazione
alla legalità democratica .
L’associazione in questi anni ha svolto
diverse attività -anche in collaborazione
con Libera di don Luigi Ciotti (vedi
Ae114)- per la realizzazione di progetti
finalizzati a promuovere la cittadinanza e
la partecipazione tra i giovani: seminari,
workshop, interventi nelle scuole, convegni,
pubblicazione di atti e quaderni,
documentazione. Attualmente
Avviso Pubblico conta 170
soci, tra i quali una dozzina
di Province e tre Regioni
(Liguria, Puglia e Toscana).
Il presidente è, dal 2002,
Andrea Campinoti: 39 anni,
è sindaco del Comune di
Certaldo (Fi), dove a maggio
si terrà la seconda festa
nazionale di Avviso Pubblico
(vedi box). Nelle sue parole
le finalità dell’associazione: “Nel nostro
statuto è scritto chiaramente: promozione
della legalità democratica. Il nostro impegno
quindi è quello di diffondere le buone
pratiche delle amministrazioni locali in
tema di mafie e criminalità organizzata.
Non dimentichiamoci: l’anno della nascita
di Avviso Pubblico, il 1996, è in piena
Tangentopoli. Allora emerse subito la
necessità per la politica di darsi nuova
credibilità, individuando nella lotta alla
mafia e alla corruzione il proprio elemento
decisivo. Per fare questo lavoriamo su
tre filoni: educare alla legalità e alla
responsabilità nelle scuole e con la società
civile, anche attraverso la creazione di
strumenti di partecipazione che favoriscano
la promozione della democrazia; rafforzare
esperienze di contrasto alla criminalità
-anche con sportelli antiusura e racket, e
l’utilizzo di beni confiscati-; proporre al
legislatore la modifica della normativa.
a 18 anni da capaci, certaldo
“Insieme per un impegno
Comune”. Gli amministratori degli
enti locali aderenti ad Avviso Pubblico
danno appuntamento nella splendida
cornice di Certaldo, in provincia di
Firenze, per la seconda festa nazionale
dell’associazione, dal 20 al 23 maggio
2010. Ricchissimo il programma (tutte
le informazioni sono sul sito
MAGGIO 2010
www.avvisopubblico.it).
Si comincia giovedì sera con il
convegno “Mafia Export. Come Cosa
nostra, ‘ndrangheta e camorra hanno
colonizzato il mondo”. Venerdì mattina
ci si sposta nell’auditorium delle
scuole medie con la proiezione del
documentario “Schiaffo alla mafia”,
mentre la serata è dedicata alla
Insieme a questo, lavoriamo costantemente
sulla formazione degli amministratori”.
I Comuni in Italia sono però 8mila, eppure
meno di 170 sono soci di Avviso Pubblico.
Ci sono nomi significativi, come Locri (Rc),
Corleone (Pa) o Niscemi (Cl), la Provincia
di Napoli e quella di Reggio Calabria, ma
mancano all’appello realtà importanti,
come Palermo o Milano. “Quando divenni
presidente i soci erano 50. Oggi il numero è
in crescita, anche se in alcune aree del Paese
c’è difficoltà ad ammettere l’esistenza sul
proprio territorio del fenomeno mafioso. Un
meccanismo di rimozione che costituisce
un grosso errore poiché l’indifferenza su
questi temi è una colpa. D’altra parte,
lavoriamo con un numero di enti locali
che è ben superiore al numero dei soci.
Perché dire ‘aderisco ad Avviso Pubblico’
vuol dire anche esporsi molto, metterci la
faccia. Anche se in pochi lo ricordano, in
Italia centinaia di amministratori pubblici
subiscono intimidazioni anche
gravi nel più totale silenzio, solo
perché fanno rispettare le regole
degli appalti, tanto per fare un
esempio”.
A sinistra, gli amministratori degli
enti locali soci di Avviso Pubblico
fotografati con uno striscione durante
la manifestazione in memoria
delle vittime della mafia
organizzata da Libera a
Milano, il 20 marzo 2010
presenza di mafie straniere e italiane
in Toscana. Sabato pomeriggio (dopo
l’intitolazione del centro polivalente
alla memoria di Antonino Caponnetto)
assemblea degli amministratori locali
aderenti all’associazione, e in serata il
convegno “L’antimafia sociale. Quando
i cittadini e gli enti locali fanno la loro
parte”. Domenica mattina passeggiata
amatoriale dedicata a Giovanni
Falcone e Paolo Borsellino, e in serata
il convegno “Lo stato della lotta alla
mafia a diciotto anni dalle stragi di
Capaci e di via D’Amelio” (23 maggio
e 19 luglio 1992). Hanno confermato
la presenza alla festa tra i relatori
Francesco Forgione, PIetro Suchan,
Ettore Squillace Greco, Enzo Ciconte,
Pier Luigi Vigna, Angela Napoli, Rita
Ghedini e Giorgio Pighi. Sono attesi
anche don Luigi Ciotti, Walter Veltroni,
Nichi Vendola e Fabio Granata.
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APPROFONDIMENTO / GIUSTIZIA FISCALE
_ 38
di
ib
gig
oac
ca
Polizze vita, frazionamento azionario e fondi immobiliari permettono
di accedere a regimi fiscali vantaggiosi. Ma non per tutti
grandi rendite
in fuga dalle tasse
Italia Paese di naviganti,
poeti e paperoni. Pochi paperoni,
0,1%
imago economica
una sparuta minoranza che rappresenta
appena lo 0,1% della popolazione: neanche
77mila individui, in un Paese con oltre 60
milioni di abitanti, che possano vantare
un reddito superiore ai 200mila euro.
Questo, almeno, è ciò che emerge dalla
lettura dei dati sulle dichiarazioni dei redditi
degli italiani per il 2008. Ma ricchezza
reale e tasse pagate non vanno quasi mai
d’accordo. Esistono infatti delle alchimie che
consentono di avere un conto da nababbo
pagando meno imposte di un operaio
cassintegrato. Vediamone alcune.
pari soltanto al 12,5%. Già una scelta del
genere consente di assoggettare i guadagni
a un livello di imposizione vantaggioso. Ma
c’è un altro aspetto interessante: la possibilità
di compensare fra loro quanto perso e
quanto guadagnato dall’investimento.
Facciamo un esempio. Mettiamo il caso
che la polizza sia composta da due titoli del
valore di 50 per uno. Poniamo il caso che,
alla fine della gestione, il primo paniere
abbia acquistato valore fino a diventare 70,
mentre il secondo abbia perso
tanto da valere 30.
Tirando le somme si ottiene
una plusvalenza di 20 sul
primo paniere, e una uguale
minusvalenza
sul secondo per
è la popolazione italiana
cui,
compensando,
l’imponibile
con un reddito superiore
a 200mila euro secondo
è pari a zero. Quindi se è vero che
i dati del Fisco
per un verso la polizza ha perso valore
è altrettanto vero che sulla parte virtuosa
il guadagno ottenuto è, di fatto, esentasse.
Ancora, il regime fiscale applicato non
lascia traccia di queste operazioni nella
dichiarazione dei redditi perché il momento
impositivo è gestito, in completo anonimato,
esclusivamente dall’intermediario.
Un’altra operazione interessante è, poi,
il cosiddetto “frazionamento azionario”.
Un meccanismo, cioè, che consente di
sfruttare il differente trattamento fiscale
esistente fra le partecipazioni “qualificate”
-quelle cioè caratterizzate da una forte
presenza nel capitale dell’impresa-, e le
non qualificate. Mentre i proventi derivanti
dalle prime concorrono, seppure in parte,
alla formazione del reddito della persona
fisica, quelli delle non qualificate scontano
un’imposta del 12,5%. Già così, la
convenienza salta all’occhio.
Pensiamo al capofamiglia che, con questo
sistema, decide di suddividere il carico fiscale
Per prima cosa, un ottimo sistema sarebbe
di investire in prodotti assicurativi a elevato
contenuto finanziario, come le “polizze
vita”. Giusto per dare un riferimento, stiamo
parlando di un mercato che, secondo le
rilevazioni dell’Associazione nazionale fra
le imprese assicuratrici (www.ania.it), valeva
nel 2008 complessivamente 412 milioni di
euro. Ovvero se avessimo dei risparmi e,
attraverso un intermediario, decidessimo di
stipulare una polizza assicurativa, potremmo
usufruire di un regime fiscale
che tassa i proventi
dell’investimento
con un’aliquota
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MAGGIO 2010
Nella foto sotto, manifestazione a favore dell’introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie davanti al parlamento europeo di Bruxelles, a marzo
39 _
zerozerocinque, l’imposta che vogliamo
Visti i volumi dei mercati finanziari,
inoltre, anche un’imposta molto
piccola permetterebbe di riscuotere
un gettito enorme, dell’ordine
delle centinaia di miliardi di
dollari ogni anno su scala
globale. Risorse disponibili per
finanziare i beni pubblici globali,
la lotta ai cambiamenti climatici, la
cooperazione internazionale. Una
parte del gettito potrebbe essere
È stata lanciata anche in Italia
una campagna per chiedere ai
membri del G20 che si riuniranno a
fine giugno in Canada l’introduzione
di una tassa sulle transazioni
finanziarie. Si tratta di un’imposta
molto ridotta (tipicamente lo 0,05%)
su ogni operazione finanziaria.
Il tasso così piccolo non
impatterebbe gli investimenti di
lungo periodo e l’economia reale.
Al contrario, gli speculatori, che
realizzano centinaia o migliaia di
operazioni quotidiane per guadagnare
su piccole oscillazioni dei prezzi,
dovrebbero pagare la tassa su ogni
transazione. Si tratta quindi di una
misura estremamente mirata ed
efficace contro la speculazione e per
frenare lo strapotere della finanza.
Tineke D’haese/Oxfam
fra i membri del proprio nucleo.
E ora facciamo due conti. Prima
della trasformazione il dividendo
della partecipazione qualificata
va a ingrossare il reddito
imponibile del soggetto nella
misura del 49,72 per cento, così
dice la norma. Per cui su un dividendo di
100, si aggiungono 49 al reddito imponibile
e il totale si tassa con la progressiva. Il carico
fiscale effettivamente generato sarebbe del
21 per cento, ma dopo il make-up il livello
di imposizione scende al 12,5. Anche in
questo caso il fenomeno riguarda pochi
eletti che, tuttavia, possono contare su
patrimoni di tutto rispetto. Recentemente,
PricewaterhouseCoopers ha quantificato
in 883 miliardi di euro il valore dei grandi
patrimoni italiani nel 2009.
Per quelli all’antica, poi, c’è sempre il
mattone. E un investimento del genere, si
sa, è sempre un ottimo affare, addirittura
la convenienza aumenta se si è in grado di
aderire a un fondo immobiliare.
I fondi, in generale, rappresentano un
particolare tipo di prodotto finanziario che
permette di trasformare gli investimenti
immobiliari in attività finanziarie. Per
cui, aderendo a un fondo, non si entra in
possesso di un immobile vero e proprio ma
si acquistano delle quote del suo patrimonio.
Stiamo parlando di una bella torta. Una
torta che secondo un recente studio
dell’associazione che rappresenta le
società di gestione del risparmio nel nostro
usata per ridare fiato ai conti pubblici,
colpiti dalla crisi e dagli enormi piani
di salvataggio per salvare il sistema
finanziario.
In altre parole, la tassa sulle
transazioni finanziarie permetterebbe
di fare pagare una buona parte
del costo della crisi a chi ne ha le
maggiori responsabilità -i giganti
della finanza e gli speculatori- mentre
fino a oggi tale costo è stato scaricato
MAGGIO 2010
Paese, Assogestioni, ha una consistenza
patrimoniale di 20 miliardi di euro, suddivisi
fra poco più di 140 fondi. La convenienza
dell’immobiliare, comunque, sta nel fatto
che sui proventi periodici distribuiti ai soci
si applica una ritenuta alla fonte del solo
20%. Il che, tradotto, significa consentire
all’investitore di tassare al 20 un provento
che, verosimilmente, avrebbe dovuto
assoggettare a un’aliquota del 43.
Se, infatti, gli immobili fossero stati acquistati
e poi affittati i canoni di locazione avrebbero
concorso a formare il reddito imponibile
della persona e, quindi, sarebbero stati
sottoposti all’imposizione progressiva. In
questo modo, invece, la tassazione viene
spostata direttamente sul fondo.
Secondo Roberto Moro Visconti, professore
di Finanza aziendale all’Università
Cattolica di Milano, in confronto con altri
Stati europei “il nostro sistema favorisce il
risparmio rispetto al lavoro e investimenti.
Anche se c’è da dire che le rendite sono
state falcidiate dalla crisi. Siamo tassati
relativamente poco, dunque, ma su introiti
che negli ultimi anni si sono sempre più
assottigliati anche perché i tassi di interesse
sono ai minimi storici, le Borse sono
sui cittadini, sui lavoratori, sulle fasce
più deboli della popolazione, tanto
nel Nord quanto nel Sud del mondo.
La proposta ha recentemente ricevuto
il sostegno di molti capi di Stato
e di governo, come in Francia o in
Germania, della presidenza della
Commissione Europea e di diverse
altre istituzioni. L’appuntamento del
G20 di Toronto, a fine giugno, è un
momento fondamentale per chiedere
l’approvazione di questa misura.
Per questo le campagne lanciate dalle
reti internazionali si concentrano su
un appello indirizzato ai capi di Stato
e di governo dei Paesi del G20.
In Italia, tutte le informazioni e
l’appello da firmare on-line sono
disponibili su www.zerozerocinque.it
crollate nell’autunno 2008 e i
dividendi sono magri”. Sul tema
comunque il dibattito nell’area
euro è perennemente caldo. Lo
conferma Moro Visconti: “Da
almeno un decennio in Europa
si discute di armonizzare il livello
di tassazione delle rendite finanziarie, anche
perché le emissioni acquistano sempre più
una dimensione sovranazionale.
Il problema, però, non è facile da risolvere.
Per quanto riguarda il nostro Paese, la
proposta era di introdurre un’aliquota
unificata del 19-20% che, per esempio,
risolverebbe il problema dei differenti
trattamenti cui sono soggetti le varie
tipologie di interessi da rendita finanziaria.
Un meccanismo del genere, comunque,
dovrebbe essere accompagnato da un
processo complessivo di riforma capace
di tassare di più il risparmio, e di meno
il lavoro”. La crisi però ci ha messo lo
zampino. “In un momento come quello
attuale è molto delicato parlare di riforma
fiscale. Aumentando le tasse, soprattutto
quelle sul risparmio, vero salvagente in
tempo di crisi finanziaria, si penalizzano i
cittadini svilendo la loro capacità di spesa,
mentre diminuendole crollano gli introiti
dello Stato. Prevedo che dovremo attendere
ancora diversi anni prima che si possa
discutere concretamente di questo tema
specifico”. E a noi non resterebbe
che incrociare le dita.
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DAL NOSTRO INVIATO / IMPRESE&DIRITTI
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chi
La Bielorussia è strategica per il trasporto dei combustibili dalla Russia
all’Europa. È una democrazia solo sulla carta, ma l’Italia ci fa affari lo stesso
alla corte del dittatore
E l’Italia non si fa scrupoli a stringere
accordi d’affari con l’uomo che l’occidente
chiamava, fino a poco tempo fa, “l’ultimo
tiranno d’Europa”, Alexander Lukashenko
(vedi Ae 114). Questo è il messaggio
emerso dalla missione a Minsk del 22
febbraio 2010 condotta dal sottosegretario
allo Sviluppo economico Adolfo Urso,
insieme a una delegazione di 70 imprese
e a rappresentanti di Unicredit, Intesa
Sanpaolo e Mediobanca. Durante l’incontro
bilaterale con il governo bielorusso è stato
sottoscritto un accordo per la creazione di
un’area industriale esclusivamente made in
Italy nella zona economica speciale di Brest,
con un fondo di 165 milioni di euro di
crediti aperti dagli istituti finanziari italiani
presenti e un servizio ferroviario quotidiano
sulla linea Portogruaro (Ve)-Brest-Mosca
per il trasporto di merci. Le aziende che
parteciperanno al progetto potranno
usufruire di particolari agevolazioni:
l’esenzione dal pagamento delle imposte
sui redditi per i primi 5 anni e la deroga
dai dazi doganali per l’importazione e
l’esportazione di prodotti o macchinari. Il
nuovo centro industriale nel distretto (oblast)
di Brest, al confine con la Polonia, è solo
una delle iniziative che hanno preso forma
dopo la visita del presidente del Consiglio
Silvio Berlusconi a Minsk, il 30 novembre
2009, la prima volta di un leader
occidentale alla corte del tiranno
bielorusso. Alexander Lukashenko è
dal 1994 il capo incontrastato della
giovane Repubblica presidenziale.
Vincitore a sorpresa nelle prime
elezioni democratiche, venne
rieletto nelle successive tornate
elettorali con il 75,6% (2001)
e l’82,6% (2006) dei voti. In
entrambe le occasioni gli osservatori
internazionali ritennero che non
fossero stati rispettati gli standard
per lo svolgimento di consultazioni
libere e democratiche. Durante
gli oltre 15 anni di dominio, il
presidente si è contraddistinto per
una politica autoritaria e dispotica,
imperniata sulla centralizzazione
del potere legislativo ed esecutivo, sulla
repressione dei diritti umani e della libertà di
stampa, sulla persecuzione dell’opposizione,
nonché sul monopolio statale delle strutture
economiche. I nemici si riferiscono a lui
come dittatore, i sostenitori come bat’ka
(padre), i bielorussi preferiscono non
nominarlo: “Abbiamo troppa paura”
confessa uno studente di fronte alla National
Library di Minsk. Dietro Oktyabrskaja
Square, all’incrocio con Karl Marx Street,
si trova la residenza del Presidente. Qui,
adducendo a motivo “quel profondo legame
tra i nostri Paesi che nasce da quei 25mila
riccardo valsecchi
La Bielorussia è pronta
per gli investitori italiani.
bambini vittime di Cernobyl ospitati dalle
famiglie italiane dal 1986 a oggi”, il governo
italiano ha firmato accordi con lo stesso
uomo che ha perseguitato, incarcerato ed
esiliato Juri Bandazhevsky, il primo medico
a denunciare le conseguenze del disastro
atomico sulla popolazione bielorussa.
In prima linea tra i nuovi investitori c’è
Finmeccanica, il gruppo italiano leader
nel settore della difesa, dell’aerospazio,
dell’energia e dei trasporti. Il 15 settembre
2009 il presidente e ad del gruppo, Pier
Francesco Guarguaglini, si è recato a
Minsk per partecipare a un incontro con
le nuove relazioni commerciali privilegiate tra minsk e roma
L’interscambio commerciale tra
Bielorussia e Italia prima dell’accordo
commerciale e le nuove imprese
interessate dopo la visita di Silvio
Berlusconi, a Minsk il 30 novembre 2009.
2008. Esportazioni: 320,5 milioni di
euro (+46% rispetto a 2007).
Importazioni: 872,4 milioni (28%
rispetto a 2007).
81 Aziende: 48 capitale misto, 33 a
capitale interamente italiano.
Investimenti: 10,9 milioni di euro.
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2009 (gennaio-novembre).
Esportazioni: 151,7 milioni di euro.
Importazioni: 622,4 milioni.
80 Aziende: 49 capitale misto, 31 a
capitale interamente italiano.
Investimenti: 7,3 milioni di euro.
Da allora sono stati firmati i seguenti
accordi:
1. accordo inter-governativo sulla
cooperazione economica;
2. intesa tecnica sulla cooperazione in
campo veterinario;
3. accordo sul divieto della doppia
imposizione fiscale (tutti il 30 novembre
2009, con il premier italiano Silvio
Berlusconi);
4. accordo-quadro di cooperazione
economica tra Italia e Bielorussia (il 30
novembre 2009, con l’ambasciatore
Giulio Prigioni);
5. memorandum d’intesa (il 30
novembre 2009, con Finmeccanica);
6. dichiarazione congiunta sulla
costituzione nella Repubblica di
MAGGIO 2010
Sopra, il palazzo che ospita la Biblioteca Nazionale di Bielorussia.
Sotto, Alexander Lukashenko fotografato durante un incontro con il presidente russo Dmitry Medvedev
Estonia
Lettonia
Lituania
Minsk
Russia
41 _
Bielorussia
Polonia
Ucraina
il governo bielorusso, che ha avuto come
risultato la firma di un memorandum
d’intesa per la collaborazione nel settore dei
trasporti, della sicurezza, dello spazio, del
servizio postale e del settore energetico. In
particolare Finmeccanica fornirà attraverso
Selex Si, sistemi di sicurezza per l’area di
Minsk, per i collegamenti autostradali e per
i Campionati mondiali di
hockey (2014); attraverso
Elsag Datamat, sistemi
di automazione postale;
attraverso Ansaldo Energia,
consulenza in materia di
energia sia convenzionale
che nucleare, e per ciò che
riguarda i relativi sistemi di
sicurezza. Attualmente in
165
agenzia fotogramma
milioni di euro. Le linee
di credito accese dalle
banche italiane per le
aziende che investono
in Bielorussia
Bielorussia sono presenti 80 aziende italiane,
49 a partecipazione mista, 31 a capitale
interamente italiano. Eccetto pochi marchi
che rappresentano prodotti tipici, come
Marmi di Carrara, o aziende storicamente
presenti dai tempi dell’Unione Sovietica,
come Danieli & C. Officine Meccaniche,
leader mondiale nella produzione d’impianti
siderurgici, si tratta per lo più di compagnie
poco rilevanti, che operano nei settori dei
beni di consumo -abbigliamento, cosmetici
e alimenti- e nella lavorazione del legno.
Il commercio di molti prodotti italiani di
marca, soprattutto nel settore della moda, è
ostacolato dall‘ingente presenza di merce di
contrabbando dal confine russo. Fiorente è
anche il traffico di opere musicali, cosmetici
e capi d’abbigliamento contraffatti, sebbene
non di produzione locale. Anche per ciò
che riguarda i volumi d’esportazione (466
milioni di euro nel 2008, soprattutto investiti
nell’acquisto di macchinari meccanici)
e d’importazione (141 milioni di euro
nel 2008), l’Italia, rispetto ad altri paesi
quali Russia, Germania o Polonia, non
ha rappresentato nel recente passato un
partner importante per la
Bielorussia.
Fino a ora il maggior
ostacolo a un
interscambio tra i due
Paesi è stato la totale
partecipazione del
governo locale nelle
attività economiche. Lo
Stato possiede l’85%
circa delle imprese e,
al fine di scoraggiare
l’iniziativa privata,
impone dazi doganali e
costi di licenza altissimi.
Il sistema bancario è
Bielorussia di un distretto industriale con
la partecipazione delle aziende italiane
nella zona di Brest;
2. dichiarazione congiunta in seguito
al terzo Forum Economico ItaliaBielorussia.
Un altro fronte, riguarda invece gli
“impegni” presi da parte delle aziende
italiane:
1. Danieli & C. Officine Meccaniche.
175 milioni di euro d’investimento per la
partecipazione alla gara d’appalto nella
costruzione d’impianti siderurgici in
collaborazione con la locale Byelorussian
MAGGIO 2010
Iron and Steel Works (Bmz).
Finmeccanica. Trasporti: autobus
a gas per il trasporto urbano e per la
realizzazione di sistemi di controllo
automatico nel campo ferroviario e dei
trasporti urbani. Spazio: accordi comuni
per implementare la cooperazione
tra imprese e istituti scientifici per
lo sviluppo di centri di eccellenza
spaziale, in particolare per quanto
attiene alle tematiche ambientali ed alle
comunicazioni.
Selex sistemi integrati (Gruppo
Finmeccanica). Homeland Security:
anch’esso per il 76% in mano allo Stato:
l’unica società di credito straniera è la
Priorbank di Raiffeisen International,
gruppo austriaco noto per il forte legame
con Gazprom, il colosso del gas russo.
La crisi internazionale, che ha avuto come
conseguenza un fortissimo calo delle
esportazione (-47,7%) e delle importazioni
(-33,4%) nel primo semestre del 2009, ha
costretto Lukashenko ad aprire la Bielorussia
a nuovi mercati. In particolare, il governo ha
approvato un piano di privatizzazione che
prevede la vendita di quote di controllo di
519 aziende statali e di quote di minoranza
per altre 217; l’abrogazione del golden share,
ovvero il diritto d’intervento del governo
in aziende private una volta di proprietà
statale; l’accettazione della manodopera
straniera; l’eliminazione dei dazi doganali
sui macchinari d’importazione.
“Il Paese è classificato ancora come area
ad alto rischio -spiega Marco Minoretti,
analista della Sace (Servizi assicurativi per
il commercio estero) per i Paesi dell’ex
Urss-, ma le sue credenziali sono state
‘rivalutate’ sia in virtù della buona performance
offerta nel rispettare i parametri imposti
dal Fondo monetario per ottenere un
credito di 3,5 miliardi di dollari, sia per la
solidità del sistema bancario, sia per una
stabilità politica confermata nelle elezioni
parlamentari del 2008”. Nell’occasione
l’opposizione non riuscì a ottenere
nemmeno un seggio. Queste ragioni, oltre
a un evidente maggiore interesse delle
aziende italiane a operare in Bielorussia,
hanno spinto la Sace ad aumentare il plafond
assicurativo sul territorio, dai 20 milioni di
euro del luglio 2009 ai 50 attuali.
Priva di sbocchi sul mare e per nulla ricca
di risorse naturali, la paludosa e poco fertile
Bielorussia costituisce una zona strategica
tecnologie per garantire la sicurezza
dell’area di Minsk, dei Campionati
mondiali di hockey (2014), del
“Corridoio 2” e del “Corridoio 9”.
Spazio: accordi comuni per
implementare la cooperazione tra
imprese e istituti scientifici per lo
sviluppo di centri di eccellenza
spaziale, in particolare per quanto
attiene alle tematiche ambientali ed alle
comunicazioni.
Elsag Datamat (Finmeccanica).
Postale: l’accordo con l’azienda nazionale
bielorussa BelPostha, per realizzare
sistemi di automazione postale.
Ansaldo Energia (Finmeccanica).
Consulenza in materia di energia, sia
convenzionale che nucleare, e i relativi
sistemi di sicurezza.
Italia Logistica (Fs e Poste Italiane).
Collegamento Portogruaro (Ve)-BrestMosca
Linee di Credito.
Mediolanum: 70 milioni €
Intesa San Paolo: 55 milioni €
Unicredit: 40 milioni (dati www.
sardegnabelarus.it, ministero dello
Sviluppo economico)
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DAL NOSTRO INVIATO / IMPRESE&DIRITTI
alla corte del dittatore
_ 42
per il mercato italiano. Grazie ai 30mila
chilometri di gasdotti provenienti dalla
Russia, che attraversano il suo sottosuolo
diretti verso l’Europa e le permettono
di svolgere un ruolo fondamentale nella
distribuzione delle risorse energetiche.
Forte di ciò, più volte il governo di Minsk
ha boicottato il flusso degli idrocarburi
destinati all’Ue, al fine di ottenere da Mosca
una maggiore percentuale sui prezzi di
transito. Grazie al passaggio d’importanti
vie di trasporto, come il “Corridoio 2”
che congiunge Berlino, Varsavia, Minsk
e Mosca, e il “Corridoio 9”, che collega
da Sud a Nord il Mar Nero con il Mar
Baltico. Infine, il fatto che la Bielorussia
rappresenta una finestra commerciale
verso Russia e Kazakistan, soprattutto
dopo la sottoscrizione -il 27 novembre
2009- dell’Unione doganale tra i tre Stati,
che prevede la cancellazione dei dazi,
nonché la creazione in un futuro prossimo
di una moneta unica. Se il neo-presidente
ucraino Viktor Janukovic accettasse l’invito
del premier russo Vladimir Putin all’ingresso
dell’Ucraina nell’Unione doganale, si
aprirebbe un “appetitoso” spazio economico
e monetario da 220 milioni di abitanti. Da
non sottovalutare poi che, come molti Paesi
dell’ex Urss, la Bielorussia può fornire una
forza lavoro altamente qualificata e dai
costi contenuti, visto il basso tenore di vita.
Non a caso il sottosegretario Adolfo Urso
ha auspicato, per il progetto nella regione
di Brest, un futuro “modello Timisoara”.
Negli anni Novanta 2.600 aziende italiane,
in particolare venete, delocalizzarono nella
città romena. Per chi è alla ricerca di costi
più bassi, la democrazia è un di più.
CHI SI OPPONE A LUKASHENKO IN BIELORUSSIA È RIDOTTO AL SILENZIO CON LA VIOLENZA. SOLO BERLUSCONI NON LO VEDE
un regime costruito sui media
riccardo valsecchi
affatto”. Nell’occasione il
premier italiano si rivolse al
presidente Lukashenko con
queste parole: “La gente
ti ama, lo dimostrano le
elezioni”.
“Certo, Lukashenko sa
come farsi amare -corregge
Milinkevich-. È l’unico
politico ad avere accesso ai
canali televisivi; ha riempito
le strade della propria
immagine; ha represso e
imprigionato gli avversari e i
dissidenti. Volete che la gente
non dica di amarlo?”.
“La realtà -continua il leader del
Movement for Freedom- è che un premier
straniero in visita a un regime autoritario
dovrebbe considerare le conseguenze di
certe esternazioni e l’uso propagandistico
che il governo fa di esse. I tantissimi
bielorussi che ripongono nell’Unione
Europea la fiducia per un possibile
cambiamento, sono rimasti allibiti dalle
dichiarazioni di Berlusconi, dal momento
che la Ue è fondata sul rispetto dei diritti
umani, non sull’“amore forzato” di un
popolo per il proprio leader.”
Qual è la situazione attuale?
“La riapertura dei dialoghi con l’occidente
ha dato avvio a un processo d’inevitabile
cambiamento, ma la repressione è sempre
fortissima. Ci sono ancora detenuti politici
in carcere e centinaia sono i ragazzi espulsi
dall’università, perché considerati vicini
Aleksander Milinkevich
(nella foto) è un uomo alto
e robusto, il volto dominato da grosse
guance rosse e dal colore celeste intenso
delle pupille. Candidato per l’opposizione
alle ultime elezioni presidenziali bielorusse,
premio Sakharov 2006 per la libertà
d’opinione, uomo di punta del movimento
democratico (Movement for Freedom) per
le prossime elezioni del 2011, Milinkevich
commenta con sorriso amaro il primato di
Silvio Berlusconi, primo leader occidentale a
visitare la capitale Minsk dal lontano 1996:
“In realtà i rapporti con l’Unione Europea
non sono mai cessati. Nel passato, io stesso
ho incontrato, tra gli altri, il presidente
Barroso e la cancelliera tedesca Angela
Merkel. Diciamo piuttosto che, per la
prima volta dal 1996, una rappresentanza
europea ha ignorato completamente
l’opposizione, come se non esistessimo
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all’opposizione, e costretti alla coscrizione
militare obbligatoria. Sui miei stessi figli,
che frequentano un’università in Polonia,
pende una condanna per renitenza alla
leva, nonostante il regolare svolgimento
degli studi.”
Palata Pradstawnikow è la sede del
Parlamento bielorusso; 110 deputati,
nessuno a rappresentare l’opposizione:
“Il nostro è l’unico Paese in Europa dove i
parlamentari non sono eletti, ma designati
dal governo,” sottolinea Milinkevich. A
proposito, Lukashenko ebbe a dire, dopo
le ultime elezioni, che l’opposizione non è
necessaria in Bielorussia, perché finanziata
da capitale straniero.
“Per il nostro presidente nulla è necessario.
Come ha egli stesso affermato recentemente
in diretta televisiva, ammonendo il proprio
primo ministro Sjarhej Sidorski, non esiste
altro politico in Bielorussia al di fuori di
lui -racconta il leader dell’opposizione-.
D’altronde ha anche ribadito più volte in
pubblico che il Paese non è pronto per la
democrazia. Ma chi può decidere quando
un popolo è pronto per vivere in libertà?”.
Che cosa pensa della riapertura del dialogo
tra Europa e Bielorussia?
“Sono stato favorevole, perché non può
fare altro che accelerare il processo di
democratizzazione, sia per un conseguente
incremento delle condizioni economiche,
sia per via di un inevitabile confronto con
altre realtà e culture, che del
modello democratico sono
espressione.”
MAGGIO 2010
I SIGNORI DELLE GUERRE
di francesco vignarca
Il caro armato
è il nostro libro dedicato
alle spese militari in Italia
www.altreconomia.it
43 _
l’italia arma il mondo intero
È uscito il Rapporto del governo sulle autorizzazioni all’export di armi. Disegna una mappa della relazioni commerciali tra l’industria
nazionale e Paesi più o meno democratici, all’insegna della scarsa trasparenza
L’export italiano di armi
autorizzato dal governo nel
2009 sfiora i cinque miliardi di
euro. Cui andrebbero sommati
altri 1.820 milioni di euro dei
programmi intergovernativi: al
netto di tali autorizzazioni (cioè
i progetti statali per la fornitura
diretta ai propri eserciti) si tratta
di un incremento di valore del
61,3%: l’esportazione italiana
di sistemi di armamento non si
arresta neppure in un periodo di
crisi. E il nostro Paese conferma
quanto emerso recentemente
anche a livello mondiale: un
report del Sipri (Stockholm
International Peace Research
Institute, sipri.org) appena
pubblicato dimostra come la
crescita nel commercio di armi
convenzionali sia stata del 22%
dal 2005 al 2009. In Italia,
Finmeccanica nei primi due
mesi del 2010 ha già raccolto
ordini per 2,7 miliardi di euro e
ha chiuso il bilancio 2009 con
un risultato positivo in crescita
del 16% (718 milioni di utile).
Mettendo in fila i dati del
Rapporto della Presidenza
del Consiglio sui lineamenti
di politica in materia di
esportazione e transito di
materiali di armamento si
scopre che le autorizzazioni
rilasciate siano state 2.181
(trecento in più dell’anno
precedente). Il controvalore è
di 4.914 milioni di euro, contro
i poco più di 3mila dell’anno
passato. Un’exploit che il governo
commenta così: “L’industria
italiana per la difesa ha, di fatto,
consolidato e incrementato la
propria presenza sul mercato
globale [...] confermando le
sue capacità tecnologiche [...]
tali da consentirle di affermarsi
in mercati tecnologicamente
MAGGIO 2010
all’avanguardia”. La crescita
si conferma solida anche per
quanto riguarda le esportazioni
effettive di materiale di
armamento registrate
dai movimenti doganali
e che “concretizzano” gli
affari autorizzati negli anni
precedenti. Il controvalore delle
2.832 esportazioni definitive si è
infatti attestato sui 2,205 miliardi
di euro, con una crescita del
25% rispetto ai 1,772 miliardi
del 2008. Nell’ultimo anno si
sono invece mantenuti costanti
i flussi di pagamento tracciati
ed autorizzati presso le banche:
negli ultimi anni) la tabella di
dettaglio che permetteva di
collegare gli importi autorizzati
alla banca su cui è avvenuto
l’incasso.
Tra le autorizzazioni 2009,
l’operazione più rilevante,
responsabile di buona parte
dell’enorme balzo di quasi 2
miliardi di euro, è quella relativa
alla fornitura all’Arabia Saudita,
via Regno Unito, del caccia
multiruolo Efa Eurofighter, che
l’Italia produce con Germania e
Spagna. Ciò permette ad Alenia
Aeronautica di salire in testa
alla classifica degli esportatori
I caccia Eurofighter Typhoon (nella foto) che l’Italia produce con
Regno Unito, Germania e Spagna sono tati protegonisti della maggior commessa tricolore del 2009. Per seguire la nostra rubrica su
armi e spese militari: www.altreconomia.it/signoridelleguerre
si tratta di circa 4 miliardi (in
leggera flessione dal 2008) di
cui circa 3.759 milioni (+ 94
milioni) riferiti ad operazioni di
esportazione definitiva.
I compensi di intermediazione
ufficiali si sono attestati
sui 36 milioni di euro. Al
riguardo, non c’è ancora il
dettaglio degli istituti di credito
coinvolti: dovremo aspettare la
Relazione completa composta
(oltre 4mila pagine), che non
conterrà comunque (come già
per volume finanziario, con
1.546 milioni, seguita a ruota
Agusta (985) ed Avio (811), il
che conferma la preminenza
mondiale della nostra industria
dell’aerospazio. Staccati, ci sono
Fincantieri e Selex Galileo, che
totalizzano poco più di 200
milioni in autorizzazioni. Tra
i Paesi destinatari troviamo al
secondo e terzo posto Germania
(553 milioni) e Stati Uniti (495)
mentre altri Paesi come la
Francia sono protagonisti delle
produzioni inter-governative.
Nelle prime posizioni ci sono
anche Paesi posti in aree
“calde” o con conflitti più o
meno latenti: il Qatar, l’India,
gli Emirati Arabi Uniti (grandi
protagonisti negli scorsi anni) e
il Marocco. Complessivamente
il 53% delle autorizzazioni
ad esportazioni definitive
nel 2009 si è diretto verso
Paesi non appartenenti alla
Nato o all’Unione Europea:
i Paesi geopoliticamente e
strategicamente più vicini e
alleati “si tengono” solo il 46%
delle esportazioni contro il 69%
dello scorso anno.
Tra i Paesi asiatici, il principale
acquirente è stata l’India che
si è portata a casa una nave
logistica di classe “Etna”
costruita da Fincantieri, mentre
in America Latina i nostri
sistemi navali sono stati acquisiti
dalla Colombia. Il Qatar ha
comprato elicotteri, mentre
in Africa ancora una volta la
Nigeria si distingue tra i nostri
compratori.
Il Rapporto tratteggia le linee
di indirizzo che guideranno
il governo nella riforma della
nostra legislazione sull’export di
armamenti, che dovrà adeguarsi
a normative e disposizioni di
ambito europeo da recepire
nei prossimi mesi. Vista la
delicatezza dell’argomento e la
grande tradizione di controllo
e trasparenza che la legge 185
ha sempre garantito, speriamo
che le indicazioni al confronto
con la società civile del mondo
del disarmo -presenti anche
quest’anno nel documento
governativo- siano seguite
da passi concreti di
ascolto.
WWW.ALTRECONOMIA.IT
INTERVISTA / IMBROCCHIAMOLA
_ 44
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né pubblica né privata
“Il referendum sul’acqua rimette al centro dell’attenzione grandi questioni che
riguardano il nostro futuro” spiega Stefano Rodotà, già Garante per la privacy
stesura dei tre quesiti referendari per
l’acqua pubblica.
Un impegno personale, e un sostegno,
che spiega con semplicità: “L’accesso
all’acqua, come alla conoscenza, sono
beni cui fa riferimento la collettività, sono
fatti di vita quotidiana delle persone, che
richiedono una nuova idea di proprietà
-spiega-. Non è pubblico né privato ciò di
cui stiamo parlando”.
Il fine settimana del 24 e 25
aprile è iniziata la raccolta
delle 500mila firme necessarie
per presentare i 3 quesiti, il
cui obiettivo è stoppare gli
effetti del decreto “Ronchi”,
che impone di affidare a
soggetti privati la gestione del
servizio idrico integrato.
Il 21 luglio le firme dovranno
essere consegnate alla Corte
di Cassazione (info su www.
acquabenecomune.org).
Lei ha definito il
referendum sull’acqua un
uso intelligente di questo
strumento costituzionale,
contrapponendolo all’idea
di referendum-ripicca.
“Ho dato questa definizione
per una ragione: penso che
sia necessario rimettere
al centro dell’attenzione
le grandi questioni che
riguardano il nostro presente
e il nostro futuro. Viviamo
una stanchezza referendaria,
legata a un uso eccessivo,
all’inflazione del referendum,
e al fatto che molti hanno
avuto come oggetto temi,
WWW.ALTRECONOMIA.IT
ad esempio le leggi elettorali, che
progressivamente hanno allontanato i
cittadini dall’istituto.
Il referendum, però, offre diverse
possibilità: ‘obbligando’ alla raccolta delle
firme necessarie per presentare i quesiti,
impone una discussione pubblica, capace
di mettere al centro dell’agenda politica
un tema importante. Il semplice annuncio
del referendum sull’acqua, ad esempio,
ha determinato una reazione da parte
di alcuni parlamentari (i senatori del
Partito democratico Roberto Della Seta
e Francesco Ferrante, ndr), che hanno
detto che la sede propria per affrontare
la questione è il Parlamento. Fino a un
attimo prima quelle stesse persone non
erano impegnate sul tema. ‘L’annuncio’
ha determinato un’attenzione sul tema,
anche se il tema era già lì.
Questo è un uso intelligente del
referendum, che serve a modificare
l’agenda politica, inserendovi temi che
sono capitali per il presente e il futuro del
Paese. In questo, l’acqua è paradigmatica:
se si riesce a chiarire la portata dei tre
quesiti ai cittadini, questi
probabilmente solleciteranno
un’attenzione da parte della
politica”.
il diritto ai dati personali
Stefano Rodotà è nato a
Cosenza nel 1933. Ordinario
di Diritto civile all’Università
di Roma “La Sapienza”, è
stato deputato al Parlamento
italiano dal 1979 al 1994
e vice-presidente della
Camera dei deputati (1992).
Editorialista de la Repubblica,
è stato anche presidente
dell’Autorità garante per la
protezione dei dati personali e
presiede il Comitato scientifico
dell’Agenzia europea per i
diritti fondamentali.
Per l’editore Lusa Sossella è in
uscita l’audio-libro Che cos’è
il corpo? (cd più fascicolo di
32 pagine, 15 euro). Lo scorso
anno Laterza ha mandato in
libreria Perché laico (200 pp.,
15 euro), una riflessione sui
troppi temi che dividono laici e
cattolici italiani: procreazione
assistita, testamento biologico,
obiezione di coscienza,
unioni di fatto, diritti degli
omosessuali, limiti della
ricerca scientifica, presenza
della religione nella sfera
pubblica.
imago economica
Stefano Rodotà,
giurista e già presidente
dell’Autorità garante per
la privacy, ha partecipato alla
Alcuni interventi del
ministro Andrea Ronchi
sembrano suggerire
“l’elezione” del Forum
italiano dei movimenti
per l’acqua e del comitato
promotore referendario
a soggetto politico
riconosciuto.
“Non entro nel merito degli
interventi pubblicati su Il
Sole-24 Ore, polemici o adesivi
che siano, ma il fatto stesso
che molte parole siano state
spese intorno al referendum
e all’acqua dimostra che si
discute di un tema vero.
Ed è indubbiamente vero
che sia stato creato un
nuovo soggetto politico.
C’è di più, in prospettiva
il comitato promotore del
referendum (di cui fa parte
anche Altreconomia, ndr)
potrebbe essere riconosciuto
dalla Corte Costituzionale
come soggetto di rilevanza
costituzionale, perché questo
MAGGIO 2010
tre quesiti, 500mila firme
La campagna referendaria è
partita a fine aprile. Tre quesiti,
pensati per rendere “innocuo” il
decreto “Ronchi”, che è legge dal
novembre 2009 e dal 1° gennaio
2012 impone l’affidamento del
servizio idrico integrato tramite
gara a società di capitali. Dei
tre quesiti, il primo prevede
l’abrogazione dell’articolo 23
bis della legge numero 166 del
è successo in passato. Per questo, avrà
titolo per intervenire in tutte le fasi della
procedure referendaria, ad esempio ad
essere presente davanti alla Corte quando
questa dovrà decidere dell’ammissibilità
del referendum”.
Nell’elaborazione dei quesiti, il
vostro gruppo di lavoro è stato
guidato da un’idea: la necessità
di uscire dall’opposizione tra
pubblico e privato. In che senso
questo referendum rappresenta una
novità?
“Siamo partiti dalla considerazione che
il regime della proprietà pubblica, com’è
disciplinato dal Codice Civile del 1942,
è assolutamente inadeguato rispetto alle
esigenze del tempo che stiamo vivendo.
Era, in realtà, già arretrata quando è
stata scritta. Uno spunto è arrivato dai
lavori di un commissione ministeriale
che ho presieduto fino al 2008, istituita
con l’obiettivo di presentare una legge
delega di riforma del regime della
proprietà pubblica. Ciò che emerge, dal
quel testo, è un’innovazione riguardante
il fatto che ci sono beni comuni, che non
possono essere considerati privati, per
ovvie ragioni, ma nemmeno assimilati
al bene pubblico tradizionale, come
una caserma o un aeroporto. Sono beni
cui fa riferimento la collettività, e che
richiedono una nuova idea di proprietà.
Come l’acqua.
L’idea di ‘bene comune’ non è nuova,
ha attraversato la storia. Noi l’abbiamo
solamente messa in primo piano.
La vicinanza maggiore è all’interesse
pubblico, e questo significa non poter
affidare questi beni alle gestioni private.
Il ministro Andrea Ronchi falsifica
la realtà quando dice che il decreto
MAGGIO 2010
2008, relativo alla privatizzazione
dei servizi pubblici di rilevanza
economica (è il papà” dell’articolo
15); il secondo, l’abrogazione
dell’articolo 150 (quattro commi)
del decreto legislativo 152 del
2006 (il “Codice dell’ambiente”),
“relativo alla scelta della forma di
gestione”, per rendere possibile
l’affidamento ad aziende speciali;
infine, l’abrogazione dell’articolo
che porta il suo nome comporta solo
‘affidamenti in gestione’, mentre i
Comuni restano titolari del diritto. Da
moltissimo tempo si è sottolineato che
quando si scinde proprietà e gestione, il
vero proprietario diventa chi ha il potere
di gestire. Il fatto che il titolare resti
un soggetto pubblico è un argomento
formale, ingannevole. Restano da vedere
le caratteristiche della gestione: quando
questa viene affidata ai privati, è orientata
al profitto, e ciò implica una sostanziale
privatizzazione del bene. Il gestore
fornisce un servizio, ma solo perché vuol
ricevere un profitto. I soggetti cui fare
riferimento per comprendere la funzione
di un bene comune sono tutti i cittadini,
e per questo essi devono essere gestiti
fuori dalla logica di mercato. Il che non
significa che non debbano essere gestiti
con criteri economici. Ma l’economicità
della gestione non coincide con la
produzione di profitto”.
A che cosa ha portato il lavoro della
commissione ministeriale sulla
riforma della proprietà pubblica
che ha presieduto?
“I risultati della commissione ministeriale
furono presentati, alla fine del governo
Prodi, all’allora ministro
della Giustizia Enzo
Scotti. Con il nuovo
governo, non hanno
ricevuto nessuna
attenzione dal ministero.
Invece la Regione
Piemonte, utilizzando
il potere di presentare
progetti di legge al
Parlamento, nel settembre
scorso ha approvato un
testo che sostanzialmente
45 _
154 del decreto legislativo 152
del 2006, che predispone che la
tariffa costituisce il corrispettivo
del servizio idrico integrato
ed è determinata tenendo
conto della remunerazione del
capitale investito. Per tutte le
informazioni sul referendum:
www.acquabenecomune.org,
06-68.13.62.25, segreteria@
acquabenecomune.org
coincide con quanto da noi proposto in
merito a una ‘Riforma del regime della
proprietà pubblica’. Lo ha presentato
al Senato, dove è stato assegnata alla
commissione giustizia. In consiglio
regionale, l’iniziativa è stata votata
all’unanimità. Ciò significa che non è
iniziativa di un singolo partito. Dopo
di che, riprendendo idea e proposta,
anche il gruppo del Pd ha presentato
una sua proposta simile. È un dato
significativo: un partito ha presentato al
Senato un progetto di legge che mette
al primo posto la categoria dei beni
comuni, e include in questi l’acqua.
Ci si attende coerenza da tutti coloro i
quali hanno riconosciuto la correttezza
di questa impostazione. È possibile, per
tornare alla prima domanda, che anche
questo passaggio venga facilitato dalla
presentazione dei quesiti referendari
sull’acqua. Quei senatori che hanno
chiesto ‘la via parlamentare’, dovranno
adesso sollecitare, se sono coerenti,
l’immediata apertura della discussione
sull’iniziativa della Regione Piemonte in
Commissione giustizia. Sarebbe un atto
politico importante. Se quelle
spese dai parlamentari del Pd
non sono solo parole”.
corpo e libro
“Di chi è il corpo? Della
persona che lo vive e abita,
dei suoi familiari, di un Dio che l’ha
donato, di una natura che lo vuole
inviolabile, di un potere sociale che
in mille modi se ne impadronisce,
di un medico o di un magistrato
che ne stabiliscono il destino?
E di quale corpo stiamo parlando?”.
Una riflessione di Stefano Rodotà
raccolta nel nuovo audio-libro “Che
cos’è il corpo?”, in uscita a maggio.
WWW.ALTRECONOMIA.IT
_ 46
R
alla salute del clima: quasi 4 miliardi per il carbone sudafricano
Nonostante qualche mugugno interno, a inizio aprile la Banca mondiale ha deciso di staccare un
assegno di ben 3,75 miliardi di dollari intestato alla sudafricana Eskom, una multinazionale del
settore estrattivo. Eskom impiegherà quel fiume di denaro per la realizzazione della centrale a
carbone di Medupi, nella provincia settentrionale di Limpopo (Sudafrica).
Una volta attivo, l’impianto provocherà impatti negativi molto pesanti sui terreni e sulle risorse
idriche dell’area interessata, contribuendo inoltre ai cambiamenti climatici tramite l’emissione di
30 milioni di tonnellate di CO2 l’anno. Per alimentare il nuovo mega impianto, poi, in Sudafrica si
apriranno 40 nuove miniere di carbone, condannando così per i prossimi decenni il Paese alla
dipendenza dal combustibile fossile più inquinante tra quelli conosciuti. I sostenitori di Medupi
affermano che l’opera faciliterà l’accesso all’energia elettrica da parte dei più poveri. Una tesi
fortemente contestata dai tanti oppositori al progetto, tra
cui il Cosatu, il principale sindacato sudafricano, che invece
pensano che la centrale andrà a beneficiare numerose imprese
A CURA DI LUCA MANES
multinazionali particolarmente “energivore” e inquinanti.
Aziende che, grazie ad accordi ancora in vigore dal periodo
dell’apartheid, spunteranno delle tariffe inferiori rispetto a quelle previste da Eskom per le famiglie
più povere. I dubbi sulla nuova opera li hanno manifestati anche i vertici di alcune commissioni
senatoriali statunitensi, che alla vigilia del voto in World Bank hanno scritto al presidente Robert
Zoellick chiedendo spiegazioni, e sono emersi a sorpresa nel corso della votazione. Cinque direttori
su 24, tra cui i rappresentati di Usa e Italia, si sono astenuti. Nella consuetudine della World Bank
un’astensione equivale a un parere negativo al finanziamento in esame. Evidentemente la retorica
dei banchieri di Washington sulla lotta al surriscaldamento globale, sparsa a profusione nel recente
vertice di Copenhagen, inizia a non convincere nemmeno alcuni di loro. www.crbm.org
LA BANCA DEI RICCHI
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MAGGIO 2010
ECONOMIE SOLIDALI / ATTUALITÀ
di p
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47 _
A Venezia nasce la cooperativa Sesterzo. Dal primo maggio gestisce il PalaPlip,
una struttura recuperata dal Comune e dedicata all’altra economia
la casa dell’alternativa
Venezia rilancia l’altra
economia. A tre anni dalla sua
inaugurazione, si apre un nuovo capitolo
per il PalaPlip (nella foto a destra),
la grande struttura polifunzionale di
Mestre dedicata dal Comune di Venezia
all’economia solidale (è in via San Donà
195/c). Un tempo sede della centrale del
latte, oggi il Plip è uno spazio che ospita
convegni, spettacoli, workshop e riunioni
di associazioni nell’auditorium attrezzato
e nell’open space di oltre 600 metri quadri.
Il centro è stato affidato da quasi due
anni dal Comune all’associazione AEres
(www.aeresvenezia.it), un’organizzazione
di secondo livello che raggruppa 39
realtà del terzo settore veneziano.
AEres è nata nel 2008, al termine
di un percorso avviato dal Comune
di Venezia assieme ai protagonisti
dell’economia solidale veneziana
(Progetto Venezia per l’altraeconomia).
Come erede e prosecutrice di quella
esperienza, l’associazione si è impegnata
per il conseguimento di due obiettivi
fondamentali: lo sviluppo di una rete
dell’economia solidale locale e la
creazione delle condizioni idonee alla
nascita di un distretto di economia
solidale veneziano, fondato su modalità
MAGGIO 2010
alternative di lavoro, produzione,
risparmio e consumo.
Per perseguire questi fini, AEres ha
lavorato in partnership con il Comune di
Venezia, con il quale ha stipulato un
patto di sussidiarietà orizzontale.
Circa un anno fa, all’interno di AEres si
è formato un gruppo di lavoro costituito
da Acli, Arci, l’associazione
Mandragola e l’associazione
Emù (Eco museo urbano).
Oggi il gruppo si è costituito
in cooperativa, e a partire dal
primo di maggio opera come
gestore dello spazio.
La cooperativa, che si chiama
Sesterzo, è aperta a tutti e ha
tra i promotori tutte le realtà
di AEres.
Sesterzo gestirà la grande
sala conferenze da 300 posti
e il salone, dove a settembre
dovrebbe sorgere una “bio osteria”,
l’Osteria “del Terzo millennio”, un locale
dove sarà promossa un’alimentazione
sana, equa e accessibile a tutti, con
un’offerta che comprenderà prodotti
biologici, equo e solidali e le eccellenze
locali provenienti dai fornitori dei
gruppi di acquisto solidali veneziani
(se ne contano almeno 13). Accanto
alla bio osteria è prevista l’apertura di
una bottega “dei sapori e dei saperi”,
un emporio dove saranno messi in
commercio prodotti dall’alto “valore
sociale”, dal biologico a libri e riviste.
“Vogliamo che questo diventi un ‘centro
civico e sociale, un luogo di buone
pratiche e di produzione di pensiero”
spiega il presidente di Sesterzo, David
Marchiori.
Il progetto gode di un finanziamento di
40mila euro per partire, e il Comune di
Venezia continuerà a fare la sua
parte pagando tutte le utenze
della struttura per 5 anni.
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TRADE WATCH
di monica di sisto*
_ 48
il brasile dalla parte del più forte
Il cotone resta terreno di
scontro nella Wto. Il Tribunale delle dispute giudica colpevoli gli Usa per i sussidi all’export, ma
il gigante latinoamericano, vittorioso, nicchia. A rimetterci sono, al solito, i produttori africani
tra le due amministrazioni, si
è arrivati a una mediazione.
Il Brasile, che aveva
minacciato di alzare le tasse
sull’importazione di prodotti
statunitensi come auto,
farmaci, apparecchi medici,
elettronici, tessili e farine per
circa 591 milioni di dollari, ha
accettato di soprassedere in
cambio di una prima modifica
del programma di credito
alle esportazioni statunitensi,
e di un fondo temporaneo
concorrenza sleale sul cotone,
operata grazie ai sussidi “a
stelle e strisce” riconosciuti
a esportazioni e agricoltori
made in Usa. Il Tribunale delle
dispute dell’Organizzazione
mondiale del commercio
(Wto), infatti, l’estate scorsa
ha condannato gli Usa
a subire un pacchetto di
“misure di riparazione”, per
risarcire il Brasile del valore
approssimativo di 830 milioni
di dollari.
Dopo mesi di braccio di ferro
di assistenza per l’industria
tessile brasiliana da 147,3
milioni di dollari l’anno.
Il fondo rimarrà operativo
almeno fino al 2012, quando
verrà ridiscusso il “Farm
bill”, la legge nazionale che
amministra l’agricoltura
statunitense.
Soddisfatti il delegato al
Commercio e il ministro
dell’Agricoltura Usa, Ron
Kirk e Tom Vilsack, che
hanno esibito la felicità dei
grandi produttori nazionali,
white house photo by pete souza
Doveva essere uno dei casipilota di governo globale
dell’aggressività commerciale
dei “soliti noti” a vantaggio
delle economie emergenti.
Si è rivelato, invece, un
inciucio tra vecchi e nuovi
ricchi a spese dei Paesi più
poveri. Parliamo della vittoria
del Brasile sugli Stati Uniti
d’America nella causa legale
che, dal 2002, vede i primi
chiedere una punizione
esemplare dei secondi per la
WWW.ALTRECONOMIA.IT
rappresentati dal National
Cotton Council of America,
per aver aperto senza danni
commerciali il confronto
nazionale sul prossimo Farm
bill.
Il cotone Usa “vale” tra 12
e 20 milioni di balle, il 70%
destinate alle esportazioni per
un ritorno di circa 4 miliardi
di dollari. C’è da gioire per
il settore visto che, a seguito
dell’accordo, produttori e
trader continueranno a poter
contare sugli oltre 3 miliardi
di dollari l’anno di sussidi che
li aiutano a tenere testa alla
Cina nella classifica dei primi
esportatori sicuramente fino
al 2012. Il Brasile, quinto
esportatore globale, vede nella
mediazione “una possibile
base per l’ accordo finale
che chiuderà la disputa con
soddisfazione per entrambi”.
L’amministrazione Obama
invece spera di concludere
così la partita, anche perché si
trova nella scomoda posizione
di pagare un sussidio ai
propri concorrenti, dovendo
pure garantire al più presto
un ulteriore sostegno di 25
milioni di dollari ai propri
produttori, che farà passare
come sostegno allo sviluppo di
approcci “verdi” a ambiente e
suolo -legali in ambito Wto-,
per evitare che vadano a
sommarsi automaticamente
al capitolo incriminato dei
sussidi all’export.
Chi continua a perdere sono,
però, i produttori africani di
cotone, la maggior parte dei
quali scivola progressivamente
sotto la soglia della povertà.
L’inciucio tra Brasile e
Usa, infatti, ha lasciato
intatti i sussidi all’export
che deprimono il prezzo
internazionale del cotone
riducendoli sul lastrico.
Non avendo co-promosso
insieme al Brasile l’annosa
-e costosa- causa, ad
essi non spetterà alcuna
compensazione per
la concorrenza sleale
statunitense che pure la
sentenza della Wto ha
riconosciuto aver colpito
tutti i produttori di cotone
del mondo incapaci di
compensare le perdite con
propri sussidi, tipo l’Unione
Europea.
In ambito Wto, per di più,
nonostante una qualche
ripresa di attività a Ginevra,
il tavolo di “Iniziativa
sul cotone” langue senza
avanzamenti nella speranza
dei più forti che venga
dimenticato. Eppure, spinto
dai Paesi africani più colpiti
dalla concorrenza sleale, è
tra i contenuti “di sviluppo”
sulla carta più rilevanti per
il ciclo di negoziati in corso.
Per l’ennesima volta, per di
più, il Brasile si è smarcato
dal fronte dei Paesi in via di
sviluppo per raggiungere in
solitaria un risultato utile e
imporsi, così, ad ogni costo
come uno dei nuovi leader
del commercio globale. Una
cosa è chiara: chi vedeva
nel Tribunale delle dispute
l’anima “funzionante” del
meccanismo della Wto come
arbitro di un commercio
internazionale più giusto,
dovrà rassegnarsi a rinunciare
all’illusione. Gli affari sono
affari, per la giustizia c’è
ancora tempo.
* vicepresidente di Fair,
www.faircoop.it
MAGGIO 2010
UN POSTO IN PRIMA FILA
di ugo ripamonti
49 _
un ingorgo di oggetti, spesso inutili
È anche grazie alla
pubblicità se le nostre case sono piene di cose, e il consumo è spinto all’eccesso. Ecco un libro
per capire “com’è stato possibile”, e un sito che aiuta a costruire gli anticorpi di fronte alla tv
Spopola su internet una
serie di video realizzati da
pre adolescenti statunitensi
basati su un’azione semplice
e ripetuta: mostrare 50
oggetti presenti nella propria
cameretta. Ce ne sono
centinaia e tutti, inutile dirlo,
hanno un effetto ipnotico
al quale è praticamente
impossibile resistere. Il mio
approccio empirico mi
ha spinto a fare lo stesso
esperimento. Non mi sono
ripreso con una videocamera,
ma ho provato a raccogliere
50 oggetti di mia proprietà.
E con (non certo enorme)
sorpresa ho constatato che
non possiedo così tante cose.
Contando un barattolo vuoto
di pasticche del re sole e
contando due volte il gessetto
spezzato della lavagna mi
sono fermato a 27. Ciò che
colpisce invece nei video
dei ragazzi americani non
solo è la facilità con la quale
pescano dalla scrivania
oggetti diversi, ma il fatto
che questi siano differenti
anche da un video all’altro.
Insomma, se si guardano 3
camere non è impossibile
MAGGIO 2010
imbattersi in 130/140 oggetti
diversi. Le camere dei ragazzi
delle nuove generazioni sono
colme, straripanti di oggetti,
gadget, strumenti. Non esiste
al mondo testimonianza
più efficace dell’avanzata
del superfluo nella nostra
società. Avanzata verbalizzata
e analizzata dal fitto (e non
poteva essere altrimenti) libro
di Giorgio Triani, intitolato
L’ingorgo (Eleuthera, 2010).
Il sottotitolo è “sopravvivere
al troppo”.
Triani ci insegna proprio
questo: che il troppo in
questa società è dilagante e
forse inarrestabile. Vivere
nel troppo è impossibile,
dobbiamo pensare a come
sopravvivere all’eccesso. Con
rigore da studioso, ma con
una scrittura molto piacevole
ed estremamente fruibile,
Triani enuncia i campi nel
quale l’eccesso sta ormai
dilagando e nei quali si
creano ingorghi: i media, le
merci, la tecnologia, il mondo
del lavoro fino all’ingorgo
sociale, alla commistione
di modelli culturali basati
sull’affermazione personale
e nuove tecnologie che crea
un ingorgo di protagonismo.
Lo scenario, spiace dirlo, è
inquietante. Triani ci mostra
però una strada per resistere
decisamente originale.
La risposta all’eccesso è
immanente, è un’azione
personale, una filosofia di
vita più consapevole, ma
soprattutto ci dice che per
reagire all’eccesso non serve
altro eccesso, basta forse, e
non è poco, mantenere la
calma. Quello che Triani
teme è una contrapposizione
fatta da persone
che usano le stesse
armi di chi ci spinge
all’eccesso, la stessa
propaganda e una
comunicazione
simile. E questo
è un altro punto
focale del libro, la
comunicazione.
Ogni capitolo,
soprattutto nei
paragrafi iniziali, che parli
di media o di economia, non
può fare a meno di citare
slogan o spot pubblicitari,
forse perché Triani sa che
tutto l’impulso al consumo
inconsapevole arriva da lì.
La cosa sorprendente è che
lo fa dando nomi e cognomi,
conscio di come la pubblicità
è ormai entrata sottopelle
alla nostra cultura, come un
virus contro il quale è difficile
creare anticorpi.
Dunque, se mai dovessi fare
un video per mostrare i 50
oggetti che ho in camera con
me, uno sicuramente sarà la
copia del bel libro di Triani,
che scrive una verità:
la pubblicità siamo noi, ormai
è endemica, inarrestabile,
capace di raggiungere il
nostro subconscio con mille
vie traverse. E forse la colpa è,
per assurdo, anche di chi l’ha
osteggiata in modo monolitico
e acritico.
Credo che, parafrasando
proprio un noto slogan, la
pubblicità se la conosci non
fa male. La pubblicità è una
forma di comunicazione
capace ormai di raggiungere
livelli estetici e creativi
che né la tv, né il cinema
italiani sfiorano. Quindi non
considerarla il male assoluto
è un punto di partenza
necessario, almeno per
cominciare ad essere meno
succubi proprio degli spot.
Ci aiuta in questa
esplorazione il pregevole
teddisbanded.blogspot.
com, primo blog critico sulla
comunicazione pubblicitaria.
Uno sguardo non prevenuto,
ma attento, capace di
cogliere i mutamenti di una
forma d’arte che parte già
con gli sfavori del pubblico.
Il termine “disbanded” è
intraducibile in italiano ed è
sinonimo di un modo d’agire,
di una filosofia di vita, di
tutta la condizione umana:
chi non ha voce è disbanded,
così come chi è confuso,
chi è tornato single, chi è in
minoranza, proprio come
il consumatore davanti alla
pubblicità.
Questa è la pubblica utilità
del sito: spiegare la pubblicità
per creare gli anticorpi ed
essere meno disbanded.
Per informazioni e segnalazioni
scrivete a:
[email protected]
WWW.ALTRECONOMIA.IT
*
idee eretiche
di roberto mancini
_ 50
116.
Dalla dispersione al movimento. È la svolta indispensabile per generare l’alternativa a tutta l’iniquità che ci assedia. Il nostro Paese oggi vive non
solo una crisi della democrazia, ma più radicalmente una crisi di civiltà.
E una delle cause di inefficacia degli sforzi per costruire un’alternativa
credibile sta nella dispersione. Anche i più generosi
sono sempre troppo legati
alla Babele delle microidentità, delle particolarità
e dei personalismi. È per
questo che non si è ancora
riusciti a dare tutta la sua
fisionomia e la sua energia
al movimento del risveglio.
Che è poi il movimento della dignità, termine che riassume bene il valore delle
persone, il senso della giustizia intera, i doveri, i diritti, il metodo per agire.
È noto che i centri di potere
antidemocratico interagiscono facilmente e godono
del vantaggio di sintonie
quasi automatiche. Invece
quanti anelano a un’Italia liberata, civile, giusta e
ospitale devono sprecare
quasi tutte le loro energie
per dare vita, nel migliore
dei casi, a esili ed effimeri
coordinamenti. In questo
interminabile periodo di
doglie, mentre i soprusi
diventano legge e masse di
individui manipolati danno
voto e consenso a chi fa loro
del male, bisogna pervenire
alla visione di un unico movimento in cui confluiscano le esperienze, le idee, le
energie per una società tornata civile. Non mi riferisco
a un’associazione in più, né
tanto meno a un nuovo partito. Mi riferisco a un processo complessivo di cambiamento, alimentato sia
WWW.ALTRECONOMIA.IT
da una tensione spirituale
comune che dalla confluenza operativa delle energie
di tutte le forme di soggettività impegnate a costruire
un’altra Italia. A partire da
questo articolo cercherò di
chiarire alcuni tratti di fondo di tale processo, che si
qualifica come movimento
proprio per la coralità e per
l’inedita efficacia che lo devono contraddistinguere.
I co-protagonisti del movimento della dignità non
solo già esistono, ma agiscono in modi e con finalità
che, di fatto, tendono a una
confluenza organica. Sono
quanti agiscono secondo
la giustizia restitutiva, che
riattribuisce i diritti a chi
ne è stato privato e i doveri
a chi li elude. Rientrano in
questi convergenti percorsi di servizio verso il bene
comune molte esperienze
in atto: l’impegno per l’occupazione e per la dignità
del lavoro; la ricerca di vie
sane per i comportamenti
economici; la lotta contro le
mafie; la cura per i diritti di
tutti i gruppi umani esposti
all’esclusione, alla persecuzione e alla violenza; la
difesa della natura; l’azione
educativa sistematica e appassionata; la costruzione
delle condizioni per la cooperazione internazionale.
Le radici del movimento
della dignità sono profonde, risalgono almeno a
quelli che durante il fascismo hanno creduto in una
Repubblica democratica,
equa e mite. E poi ai molti esempi di servitori del
bene comune che seppero
vedere come la fondazione
nonviolenta di una società
giusta si compie attraverso
la liberazione delle persone. Nell’educazione: Maria
Montessori, Lorenzo Milani, Mario Lodi, Gianni Rodari; nella cura della salute
a partire dai rifiutati: Franco Basaglia e Franca Ongaro; nel dare respiro alla vita
delle comunità locali: Giorgio La Pira, Danilo Dolci,
Mario Tommasini; nella difesa della legalità: Giovanni
Falcone e Paolo Borsellino;
nella visione dell’alternativa tra verità e violenza:
Aldo Capitini.
Sono solo pochi esempi tra
moltissimi altri, ma bastano a indicare che il movimento è più radicato, esteso e vivo di quanto non si
immagini.
Il movimento della dignità
non improvvisa gesti mediatici, ma segue un meto-
do che dà corso a processi
di liberazione. Come è accaduto storicamente con la
politica della nonviolenza.
L’esperienza di Gandhi in
Sudafrica e in India e altre
esperienze analoghe sono
il riferimento più presente,
contemporaneo e carico di
futuro che deve illuminarci.
Non si tratta di importare
da noi modelli sperimentati
altrove, ma di assumere in
modo originale e creativo la
visione, l’energia e il metodo della nonviolenza. È necessario arrivare a capire
quali forme di sintonia tra
soggettività diverse, quali
dinamiche di confluenza
delle energie e quali percorsi progettuali sono necessari perché il movimento
della dignità riesca a dare
una risposta adeguata alla
nostra crisi di civiltà. Intanto, però, in Italia cresce
sempre più la consapevolezza del fatto che solo grazie a questo risveglio corale
potremo costruire le condizioni per una società dove
tutti possono vivere con
piena dignità.
*
Roberto Mancini insegna Filosofia teoretica
all’Università di Macerata. I suoi ultimi libri sono
Idee eretiche (Altreconomia, 2010), L’umanità promessa
(Qiqajon, 2009), Desiderare il futuro (Pazzini, 2009)
e La laicità come metodo (Cittadella editrice, 2009)
MAGGIO 2010
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