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Rivista Madonna dello Splendore n° 34 del 22 Aprile 2015
La spezieria dei minori conventuali di San Francesco a Giulianova
(secc. XVIII-XIX)
di Luciana D’Annunzio
Erroneamente si tende a credere che sia stata la scienza ufficiale a insegnarci ad utilizzare le
capacità terapeutiche dei vegetali. In realtà essa, solo in un’epoca molto recente, ha assimilato
rapidamente le conoscenze accumulate nei lunghi millenni di storia che l’hanno preceduta e ha
raccolto considerevoli riconoscimenti dando contenuto e rigore scientifico alle scoperte dei
lontani antenati. Infatti, nel corso della lunga vita dell’umanità, una serie altrettanto lunga di
sperimentazioni fatte, ripetute e riprovate per secoli, ha svelato molti dei segreti delle piante.
Non tutte queste conoscenze sono giunte sino a noi e molti segreti non si sono mai svelati
all’uomo. A questo tesoro sepolto si potrà arrivare attraverso una riscoperta del mondo delle
piante, alla quale aprono la strada un giusto desiderio di contatto con la natura ed un sano
rispetto di essa. L’origine del rapporto dell’uomo con l’ambiente naturale fu certamente
istintivo poiché cercando in esso le cause e i rimedi dei suoi mali, per innato impulso di
conservazione, imparò presto a conoscere il valore terapeutico delle piante e gradatamente ne
identificò tutte le virtù e i valori curativi.
Apprese infatti che oltre alle piante commestibili, ve ne erano altre capaci di alleviare il dolore,
guarire le ferite, avere un’azione antipiretica, dare energia e forza. Altre potevano, invece,
suscitare delle allucinazioni, indurre il sonno o rasserenare lo spirito ed altre ancora erano
potenti veleni che uccidevano all’istante. E poiché certe piante potevano uccidere, dare delle
visioni o curare a seconda delle quantità assunte o della parte che veniva usata, i loro poteri
furono considerati magici o divini e, così, la medicina fu empirica e magica allo stesso tempo e,
per lungo tempo, certamente intrecciate.
La vera rivoluzione nella conoscenza e nell’uso delle erbe si compie attraverso gli scritti del più
grande dei medici dell’antichità: Ippocrate di Coo (ca. 460 a.C. - ca. 370 a. C.) che, liberata la
medicina dalle superstizioni, influenzerà il pensiero medico romano e medioevale.
Contrapponendosi alla tradizione magico - religiosa e alla ciarlataneria terapeutica radicata nel
mondo rurale, nonostante i limiti del suo empirismo, nel Corpus Hippocraticum menziona un
gran numero di piante medicinali tra le quali alcune come l’oppio, l’elleboro nero, la
belladonna, il veratro, che ancora oggi sono largamente usate in terapia.
Anche la medicina romana era profondamente legata alla fitoterapia. Tutto il bacino del
mediterraneo convergeva su Roma che presto divenne il centro di studio e di commercio delle
droghe vegetali, Aurelio Celso (ca. 25 a.C. - 50 d.C.) nel De Medicina e Plinio il Vecchio (Como,
23 d.C. - Stabia, 25 agosto 79) nella Naturalis Historia, opera di riferimento in materia di
conoscenze scientifiche e tecniche per tutto il Rinascimento e anche oltre, lo confermano.
Nel mondo antico il più grande ed autorevole studioso delle piante medicinali è stato, senza
dubbio, il medico greco Claudio Galeno (Pergamo, 129 d.C. - Roma, 199 ca.). Di lui restano
ancora 83 scritti tra i quali il famoso De Simplicium Medicamentorum nel quale sono elencate e
studiate ben 473 piante medicinali.
~i~
Pianta del pianoterra dell’ex convento di San Francesco per essere adattato a nuova scuderia
dei Reali carabinieri, redatta dall’ingegnere Gherardo Rega. Teramo, 5 giugno 1863.
A.S.Te, Intendenza borbonica, b. 988
I seri problemi economico - sociali e i gravi sconvolgimenti politici che portano alla caduta
dell’impero romano d’occidente, riducono la medicina post - galenica ad una inevitabile fase di
decadenza. A recuperare il prezioso patrimonio della farmacopea classica sono gli Arabi, con il
loro notevole contributo all’evoluzione scientifica dell’erboristeria, comparata dalle esperienze
persiana, cinese e spagnola. L’espansionismo islamico, nel favorire il commercio e i contatti
culturali, permette alla scienza medica araba di acquisire metodologia nello studio e
nell’impiego delle piante officinali.
Nel mondo occidentale gli Arabi conquistatori impiantano i primi veri ospedali della storia e,
con l’istituzione di scuole mediche nelle grandi università dell’Egitto, della Spagna e
dell’Oriente, precorrono la tradizione della Scuola salernitana che, sorta nell’XI secolo è stata la
prima e più importante istituzione medica d’Europa nel Medioevo, considerata da molti come
l’antesignana delle moderne università. Grande è l’impulso allo studio e all’insegnamento
medico che, nell’ambito della scuola, vede la nascita di illustri figure professionali e, fatto
insolito per i tempi, apre la medicina alle donne, particolarmente abili nella preparazione di
rimedi erboristici.
Testo base della scuola è il Regimen Sanitatis Salerni, una sorta di libretto contenente
massime di scienza medica in versi. Le tabulae salernitanae, ampio trattato di erboristeria e
farmacologia, con la classificazione delle erbe secondo le loro proprietà sono il significato della
esperienza farmaceutica della scuola. Seppur oscurata dalla nascita dell’università di Napoli
(1224), fondata da Federico II di Svevia e poi, da quella di Bologna, l’istituzione salernitana
rimase tuttavia in essere per diversi secoli finché, il 29 novembre 1811, fu soppressa dal Murat
in occasione della riorganizzazione dell’istruzione pubblica nel regno di Napoli.
L’instabilità politica conseguente alla caduta dell’Impero romano d’Occidente, fece sì che la
scienza si rifugiasse nei conventi dove i monaci, grazie alla loro conoscenza del latino e del
greco, consentirono la sopravvivenza e il recupero della tradizione antica divenendo gli eredi
dei botanici.
~ ii ~
Molti monasteri portavano vanto dei loro “giardini dei semplici”, successivamente sostituiti
dagli orti botanici, dove si coltivavano le piante usate in terapia e vari documenti medievali
ricordano l’armarium pigmentariorum, ovvero un armadio dove erano gelosamente custoditi
sottochiave, i principi medicinali, compresi i veleni e la camera dispensatoria dei conventi
benedettini che, tra i doveri della loro Regola, vedevano stabilita la coltivazione delle piante.
I monaci di San Benedetto seguiti poi dai frati minori di San Francesco e dai frati predicatori di
San Domenico esercitarono quindi la pratica farmaceutica ed i conventi, disseminati in tutto il
territorio italiano, divennero oltre che centri di studio e di preparazione di medicamenti anche
luoghi deputati alla cura dei poveri, dei malati e dei pellegrini(1).
Parimenti in diverse località della provincia di Teramo, dove erano sorti monasteri, non
mancavano ricche spezierie che i monaci gestivano col preparare e dispensare rimedi all’intera
cittadinanza ed è così anche nell’antica Giulianova. La spezieria era collocata presso il convento
dei frati minori conventuali, annesso alla chiesa allora dedicata a San Francesco di Paola, oggi
Sant’Antonio, ricostruita nel 1566. Non è dato sapere a quale epoca risalga ma, da un rogito
del notaio Melchiorre de Panicis che ne ratifica l’affitto, risulta essere ben dotata di
medicamenti e corredata di numerosi strumenti ed oggetti per la preparazione degli stessi.
L’importante documento, del quale si riporta la trascrizione, ha in allegato l’intero inventario,
redatto in 17 fogli, nei quali sono dettagliatamente elencate “droghe, vasi, rami, ed ogni altro
esistente in essa spezieria” fatto l’11 ottobre 1782 allo speziale Angiolo Bados che la prende in
affitto.
J. M. J.
Col nome di Dio. Oggi che abbiamo li diciotto del mese di ottobre del
cor.[ren]te anno Mille settecent’ottantadue, Indiz.[io]ne decima quinta
reg.[nan]te D. Ferdinando IV n[ost]ro Re che Dio s[empr]e feliciti. Fatto in
Giulianova, e propriam.[en]te nel Convento dei RR.[everendi] PP.[adri] di
S.Fran[ces]co g.[iust]o li suoi fini da dove ci rattrovamo noi Felice Antonio de
Ascentiis di questo luogo Regio Giudice a Contratti, Melchiorre Niccola Antonio
de Panicis da Musciano, ed in nostra Città commorante Regio e Pubblico
Notaro per totum Regnum e i Testimonj il Rev.do D. Casimiro Canonico
Contadini, il suddiacono D. Giacomo Nanni, ed il Dottor Fisico Casimirro
Paulini di questa Città, uomini letterati a questo atto intervenuti, e
specialmente […] col pubblico Istrumento dichiaramo e facciamo noto a tutti
qualmente […] Costituiti avanti di noi li molto Reverendi Padri. Frà Andrea
Crispino Guardiano Frà Filippo Maestro Angeletti e Frà Isidoro d’Antonio figli e
stanzianti di questo venerabile Convento, adunati secondo il costume al suono
di campanella, agenti alle cose infrascritte per loro stessi e parte di detto
venerabile Convento e successori in esso pro tempore da una parte.
Ed il Magnifico Angelo Bados della Terra di Corroppoli [sic], similmente alle
cose infrascritte per se stesso e successori dall’altra.
Detti Molto RR. PP. per convenzione avuta con detto Magnifico Angelo Bados
danno in affitto la di loro speziaria con stanze ed officina e tutti i mobili in
essa esistenti, ed appartenenti ad essa ed insiemamente droghe e
manipolazioni come dal foglio firmato da ambe le parti che s’inserisce.
È allegato, a questo punto, l’Inventario della Speziaria, stilato in 17 fogli, nei quali sono
dettagliatamente elencate “droghe, vasi, rami, ed ogni altro esistente in essa fattasi da noi
sottoscritti al Sig. Angiolo Bados Speziale affittatore di essa, oggi li 11 ottobre 1782”.
E ciò per anni tre principiato sin dai undeci del corrente messe ed anno,
coll’annua corrisposta ed estaglio [fitto] di ducati venti da pagarsi tertiatim, e
fare la prima corrisposta e consegna a tutti li dieci del mese di febbraio del
venturo anno mille settecent’ottantatre, e così indi seguitare sino alli anni tre
di durata de detto affitto in pace et omni exceptione remota, e colli seguenti
patti. Videlicet:
Che essi RR. PP. siino tenuti dare ed assegnarsi a loro arbitrio, o dentro o
fuori del convento una stanza ad esso Angelo per abitare durante il tempo di
detto affitto. Che detto Magnifico Angelo sia tenuto di dare e somministrare a
tutti li stanzianti PP., tanto Sacerdoti, quanto Laici, ed alle persone addette al
~ iii ~
servizio di esso venerabile convento che vi sono e saranno tutti quei
medicamenti gratis che vi bisognano e bisogneranno a tenore delle infermità,
e cure preservative che saranno per fare e ordinazioni di Medici, e che siino
detti medicamenti di buona qualità e manipolati a perfezione secondo l’arte.
Ed in fine di detto affitto esso Angelo promette e si obbliga rilasciare detta
speziaria, armarj nella maniera si sono consegnati intieri e senza lesione, e
tutti quei vasi, tanto di majolica, che di vetro, rami e quella quantità di droghe
e medicamenti manipolati a tenore di detto foglio e le medesime droghe e
medicamenti siino all’atto che si restituiscono di ottima qualità, e quantità, e
manipolati secondo l’arte, né guasti e corrotti da sottoporsi alla ricognizione
degli esperti.
Che nella visita del corrente anno de Protomedici sia tenuto il Convento e per
esso detti RR. PP. pagare la metà della visita, perché l’anno è principiato, e
ricettarli in quel tempo di visita con il bisognevole.
Ed a maggior cautela di detti RR. PP. esso Magnifico Angelo Bados dà per
Pleggio suo Principal pagatore ed osservatore delle cose predette a quanto nel
presente Istrumento si contiene il Magnifico Giuseppe Sebastiani di questa
Città presente, e spontaneamente fidejubente in suo proprio privato
particolare e principale nome ed insolido con detto conduttore Mag.[nifico]
Angelo, ed obligato di pagare conforme promettono, ed in solidum si obligano
durante detto affitto a detto Padre Guardiano, o a chi per li predetti annui
ducati venti tertiatim, conforme di sopra sta convenuto, e di osservare li patti
e condizioni apposti nel presente Istrumento d’affitto promesso da detto suo
Principale […] Seguono tutte le cautele e formule notarili(2).
Inventario della Speziaria, sita nel convento di
San Francesco dei minori conventuali. Giulia,
11 ottobre 1782. A.S.Te, Atti dei Notai, b. 866,
vol. 1, c. 69
La
lettura
dell’ampio
e
minuzioso
inventario offre l’occasione di fare una
ipotetica visita a questa spezieria e
conoscere una serie veramente illimitata di
prodotti dai nomi a volte strani e curiosi.
Alcuni esempi? “Sangue di drago, sangue
di Irco, olio di formiche, olio di scorpione,
polmone di volpe, occhi di granci,
millepiedi, corno di cervo brugiato [sic],
due unghie della Gran Bestia, ed ancora
grasso umano, cranio umano, mummia
alessandrina, grasso di vipera, denti di
cignali, bitume giudaico [sic], pietra
infernale, …”. Vi si trovano, inoltre, spiriti,
essenze, tinture, oli, elisir, acque, aceti,
infusioni,
balsami,
sciroppi,
estratti,
unguenti, elettuari, conserve, pillole,
cerotti, gomme, radici, semi, erbe, fiori,
legni, sali, cristalli, tinture, polveri ed
anche piombo, pietra calamita, porfido,
pietra
pomice,
minio,
antimonio,
verderame, zolfo.
Ma, nella spezieria erano conservate anche
erbe
e
droghe
che,
oltre
all’uso
farmaceutico e di profumeria, erano
utilizzate nell’alimentazione quali: pepe, rabarbaro, cannella, garofani, zenzero, cardamomo,
grana paradisi, cedro, caffè, tè, cacao che, ai tempi, erano molto ricercate per la loro grande e
importante proprietà di favorire la conservazione degli alimenti, oltre che di insaporirli,
proprietà che le rese oggetto di importanti traffici, nei secoli scorsi. Oggi, certamente, grazie
alla diffusione capillare, le spezie sono alla portata di tutti e non costituiscono più quegli
~ iv ~
‘articoli di lusso’ riservati ad una classe privilegiata come era stato nel passato quando, in virtù
proprio del loro alto costo, costituivano addirittura merce di contrabbando(3).
Particolare interesse, soprattutto ad un lettore contemporaneo e non esperto dell’antica
farmacopea, suscita la presenza nell’elenco di pietre preziose come rubini, zaffiri, topazi,
smeraldi, margariti e belzuar orientali, coralli rossi e bianchi, madreperle, ambre grigie,
ematiti, lapislazzuli, cristalli di Monte. Si ignora la specifica proprietà curativa attribuita a tali
minerali, comunemente usati come gemme nell’arte orafa, tuttavia si può ipotizzare che
fossero vendute nelle spezierie per le loro presunte proprietà benefiche e terapeutiche e qui,
ancora una volta, si incontrano cultura popolare e pretesa scientifica.
Una considerazione particolare va riservata alla Teriaca o Triaca, rimedio di origine
antichissimo considerato il medicamento essenziale di tutte le farmacopee occidentali poiché
costituiva una specie di toccasana per molte malattie. Di preparazione e composizione molto
complessa, quella di Galeno conteneva 62 sostanze, presentava come base fondamentale, sia
pur nella diversità delle formule attraverso i secoli, la carne di vipera e veniva adoperata come
antidoto contro ogni veleno; dopo un periodo di particolare fortuna in età medioevale e
rinascimentale, è sopravvissuta nella farmacia popolare sino alla fine del XIX secolo. Un editto
di Giuseppe Napoleone del 24 maggio 1806 disponeva che, trovandosi accordato sin dal 1799
al solo laboratorio chimico reale di Napoli il monopolio di fare la Teriaca, era proibito venderla
da alcuno speziale sia in sostanza che in acqua fuori di quella del detto laboratorio, pena una
multa di ducati quaranta(4). Un successivo decreto del 1816 di Ferdinando I accordava la
privativa per la Teriaca al reale istituto di incoraggiamento per le scienze naturali di Napoli
disponendone l’acquisto di due libbre, ogni anno, da parte dei farmacisti della capitale e di una
libbra (equivalente a circa 1/3 di Kg.) da quelli di tutte le province del regno. L’intendente di
Teramo lamentava, però, che gli speziali non volevano acquistare detta sostanza perché
ritenuta “una ingiusta tassa” e il presidente del reale istituto, Vincenzo Stellati, gli ordina di far
applicare le multe perché solo con la forza potevano essere repressi l’audacia e il malcostume
dei farmacisti che, là dove possibile, erano arrivati addirittura a scambiarsela quando sapevano
della visita ispettiva del protomedico. In effetti l’acquisto obbligatorio della Teriaca, per volere
sovrano, era determinato dal fatto che veniva venduta per tale rimedio un “nocivo ammasso di
mele, valeriana e nerofumo” che aveva screditato la validità della sostanza utilizzata per varie
malattie sia dell’uomo che degli animali. Il costo di una libbra di
Teriaca era di carlini 15. L’intendente marchese Spaccaforno, a
seguito di una circolare del reale istituto d’incoraggiamento, con
un disposto del 9 maggio 1842 ordinava a tutti sindaci della
provincia di far ritirare ai farmacisti, presso il cassiere
dell’Intendenza, il quantitativo di Teriaca spettante e, se entro
la metà del successivo mese di giugno non erano stati effettuati
i versamenti delle somme dovute, le farmacie dovevano essere
chiuse. Il provvedimento poteva essere revocato solo dopo
l’esibizione della ricevuta. Nel 1858, infine, i vasetti di Teriaca
vennero etichettati con la data da servire, come cautela ai
farmacisti, per dimostrare di essersi provveduti nell’anno in
corso e di giustificazione col viceprotomedico quando procedeva
all’annuale visita.
Terminata l’enumerazione dei medicinali semplici e composti e
delle
sostanze
pseudo-curative,
nell’inventario
figurano
recipienti e utensili di vario genere. Tra i primi compaiono vasi
con bocca larga per conserve, vasi tondi con acque distillate,
vasi col becco da olio pesati, vasetti rotondi piccoli con estratti
pesati, ed ancora numerosi vasi piccoli lunghi di majolica, i cosiddetti albarelli, dipinti coll’arme
di San Francesco e per questo ancora più unici e preziosi, provenienti indubbiamente dai
maiolicari di Castelli(5).
L’elenco prosegue con i molteplici contenitori in vetro dalle forme più diverse come manipoli e
lancette da acqua, “quadrozzi”, bottoncini, boccette lunghe e bislunghe, fiaschette rotonde,
fiaschi grandi e piccoli, bocce con coperchio da tener confetti, cappelli di vetro, orinali di vetro,
storte grandi e piccole ed infine i matraccetti (contenitori tarati).
Tra gli strumenti e gli utensili della spezieria non possono assolutamente mancare le bilance.
La grande è corredata da diversi pesi di ottone lavorato, distinti in libbre, once di piombo, a
conchiglia e di ferro piano; la piccola ha pesi in ottavi, scrupoli e acini e poi altri oggetti
~v~
essenziali quali sono i mortai in pietra, in bronzo ed in ottone. Seguono gli oggetti in rame
come “stagnati, tamburlani (specie di alambicco), cappello con la cioccolattiera grande,
spatole, coltello incisorio, forbice grossa, tamburelli da passar polvere di seta, setaccio di
cassia, torchio con due forate di ferro, una da cavar succhi, e l’altra da cavar olio, tenaglia di
ferro, paletta piccola di ferro”, ed ancora scatole e scatoloni e una cassetta per vipere.
Al termine dell’inventario sono annotati i libri scientifici, alcuni dei quali di fondamentale
importanza come l’Erbario del Mattioli (Pietro Andrea) così detto dal nome del medico senese
del XVI secolo, grande fitografo che riunì e coordinò tutte le conoscenze di botanica nei
Commentarii al Dioscoride, il Teatro Farmaceutico di Giuseppe Donzelli, edito a Roma alla fine
del XVII secolo, Il corso di chimica del Limeri [sic ma Nicolò Lemery], il Corso chimico senza
autore e la Tariffa dei medicamenti del 1780 col petitorio.
Della descrizione de’ Locali nella quale, dopo
l’ingresso del convento e, situata a ponente, è
indicata l’ubicazione della spezieria e del suo
laboratorio. Giulia, 20 settembre 1809. A.S.Te,
Intendenza francese, b. 196, fasc. 4662
La presenza della piccola biblioteca fa Ipotizzare
che l’attività dello speziale, sia esso monaco o
laico, si svolgesse nel rispetto delle norme
vigenti e sulla base di indicazioni scientifiche
naturalmente
rapportate
alle
specifiche
conoscenze sino ad allora acquisite. Con rogito
notarile datato primo agosto 1787 i frati
francescani f. Isidoro de Antoniis, Guardiano, e
f. Gesualdo Sabatini per convenzione avuta sin
dall’ultimo di febbraio 1786 con Domenico
Salmistrati di Venezia, dimorante in Giulianova,
“… danno in affitto, conforme allora ce la diedero
con stanze ed officina e tutti i mobili in essa
sistentino [...] e droghe e manipolazioni che
furono restituiti dal quondam Angelo Bados [...]
con l’annua corrisposta di ducati venti all’anno
…”. Gli assegnano, inoltre, una stanza dentro il
convento per il tempo che durerà l’affitto e la
provvista dei “cibarij nella propria tavola nella
maniera che essi Padri si trattano senza
distinzione e somministrare una carrafa d’olio al
mese per quello che mai vi bisognasse per ardere il lume, col patto ed obbligo che il Salmistrati
per causa de cibarij sudetti debba pagare e contribuire tertiatim ducati trenta all’anno”, col
patto di provvedere quei medicamenti necessari a tutti i sacerdoti, laici e persone addette al
servizio stanzianti nel convento, che vi sono e vi saranno, secondo la malattia, o per cure
preservative e secondo le prescrizioni dei medici(6).
Dal 24 marzo 1809 la spezieria viene data in affitto a Pasquale de Martiis che la terrà però solo
per pochi mesi(7). Infatti, l’avvento del decennale governo francese nel Regno di Napoli (1806
- 1815) di Giuseppe Bonaparte e poi di Gioacchino Murat tra le molteplici innovazioni in campo
amministrativo, economico e finanziario comprese anche la soppressione di tutti gli ordini
religiosi possidenti disposta con real decreto del 7 agosto 1809. Questo provvedimento
soppressivo era stato preceduto da altri in cui venivano date prescrizioni e norme atte ad
agevolarne l’esecuzione come, ad esempio, quello del 5 settembre 1806 in cui il ministro
dell’Interno comunica all’intendente di Teramo copia del real decreto riguardante l’utile uso da
farsi di ciò che esiste nelle spezierie dei monasteri soppressi o da sopprimersi e, in
conseguenza, ordina che “le Municipalità annotino tutto, di medicamenti, vasellame ed utensili,
sugellino le spezierie ad evitare distrazioni. Gli elenchi dalle Municipalità siano consegnati
all’Intendente, il quale li rimetterà al Ministero dell’Interno annotando le necessità degli
ospedali della provincia …” il tutto da compiersi con la massima segretezza(8).
Nella provincia di Teramo le spezierie soppresse si trovavano ad Atri presso i minori osservanti
di Sant’Antonio Abate, a Penne ed a Pianella presso i domenicani, a Teramo nei conventi dei
minori osservanti di Santa Maria delle Grazie e di San Domenico ed a Giulianova in San
~ vi ~
Francesco, come si è già detto. Gli atti conclusivi per la chiusura di quest’ultimo hanno inizio il
17 settembre 1809 quando, il sindaco di Giulianova Ciriaco Paolini (regio notaio) e gli incaricati
Biagio Cervoni (dottor fisico) e Concetto Ciafardoni (possidente), componenti la commissione
deputata alla soppressione, si recano presso il monastero per la nomina dei periti che, alla
presenza dei frati(9), devono valutare gli oggetti d’arte, i libri, la spezieria, gli argenti, le
materie metalliche, le derrate, le botti ed i legnami, i mobili dei religiosi e gli arredi per il culto
ed infine i locali al fine di compilare tutti i relativi inventari che, l’8 ottobre 1809, verranno
inviati a Giuseppe Charron, intendente di Teramo(10). Proprio questi preziosi inventari danno
la possibilità di conoscere la grandezza del complesso conventuale e l’esatta collocazione della
spezieria con quanto in essa era ancora contenuto e valutato in 300 ducati. Nella descrizione
dei locali si legge “Entrone del Convento. A ponente la Speziaria, e dietro di questa il
Laboratorio. Chiostro inferiore arcato a tutti quattro i lati col largo e cisterna da acqua nel
mezzo. Altro Entrone nell’interno contiguo al descritto Chiostro. Cantina da conservar vino con
di sotto la Grotta riguardando verso settentrione …”(11).
Da questo momento inizia quindi l’epilogo di quella attività medica e farmaceutica fiorita nel
Medioevo presso i conventi. La spezieria dei minori conventuali di Giulianova, passata alla
proprietà demaniale, viene venduta all’asta come riporta il seguente documento “Certificamo
noi qui sottoscritti Eletto facendo funzione da Sindaco Gio. Crisostomo de Angelis, Antonio
Petrini Cancelliere sostituto, ed i Sig.i Filippo Castorani e Teodoro Sebastiani di questo Comune
Testimonj presenti, che il dì 15 Maggio 1816 nella Sala Communale fu proceduto alla vendita
degli oggetti, mobili e droghe di Spezieria di ragione de soppressi Francescani di questo
Commune e dietro l’ultima accensione di candela rimasero agiudicati a Flaviano Marà unico
offerente pel prezzo di docati cento cinquanta pagati in contante a favore del Regio Demanio in
potere del Sig. D. Giuseppe de Deo Ricevitore di questa epoca …”(12). L’intera struttura
conventuale, ormai in abbandono, come tutti gli altri stabili degli ordini religiosi soppressi, è
destinata alla Giudicatura di pace, alla caserma della Gendarmeria reale, al Burò della
ricevitoria de’ demani, alla scuola ed uffici comunali(13) per far posto, dopo l’unità d’Italia, ad
ulteriori attività pubbliche(14). Nel primo decennio del ‘900, infine, sull’area occupata dall’ex
complesso cinquecentesco dei frati minori conventuali sorgerà l’edificio scolastico “De Amicis”
su disegno dell’architetto romano Achille Petrignani.
Le immagini dei documenti si pubblicano su concessione del Ministero dei beni e
delle attività culturali e del turismo - Archivio di Stato Teramo, concessione n. 4,
prot. 483 del 11.03.2015.
----------------------------------------------------------------------------NOTE
1 V. A. Sironi, Le officine della salute. Storia del farmaco e della sua industria in Italia, Roma,
Editori Laterza, 1992; B. Zanobio, G. Armocida, Storia della medicina, Milano, Ed. Masson,
1997; M. Castelman, Le erbe curative. Guida fondamentale alle proprietà terapeutiche dei
farmaci naturali, Milano, Tecniche Nuove, 1994; AA.VV. Archivio di Stato Teramo, Herbarum.
Erbe officinali e spezie tra veterinaria e salute pubblica nell’Abruzzo teramano, secc. XVIII-XX,
S.Atto (TE), Edigrafital, 2003; P. Lichtenthal, Manuale Botanico Enciclopedico Popolare, Milano,
Ernesto Oliva Editore,1852.
2 Archivio di Stato Teramo (d’ora in poi A.S.Te), Atti dei Notai, Not. Melchiorre Niccola Antonio
De Panicis, b. 866, vol. 1, cc. 68 v.- 78 r.
3 A.S.Te, Presidenza di Abruzzo Ultra Primo, (1744-1809). In questo complesso archivistico
sono presenti numerosi fascicoli riguardanti il contrabbando di molti generi alimentari e tra
questi varie spezie.
4 A.S.Te, Intendenza borbonica, b. 121, fasc. 1.
5 Il vaso da farmacia in maiolica tra tutti gli oggetti che hanno connotato l’attività dello
speziale nel corso dei secoli è certamente il più emblematico, poiché a lui era riservato il
compito di custodire i rimedi, mantenendone assolutamente inalterate le proprietà benefiche.
~ vii ~
La ceramica, infatti, si presta molto bene a contenere farmaci perché impermeabile, di facile
pulizia e adatta ad una lunga conservazione. Può essere foggiata nelle forme più adeguate e
variamente decorata a volte, solo per rendere esteticamente più piacevole il vaso, più spesso
riporta però stemmi o emblemi nobiliari o conventuali, come quelli sopracitati recanti l’effigie di
San Francesco, e cartigli col nome del medicinale. La tipica forma dell’albarello compare già nel
XIV secolo ma, è solo a partire dalla seconda metà del ‘400 che è possibile individuare veri e
propri corredi in maiolica. A Castelli se ne produce con particolare abbondanza, tale da far
pensare ad una tradizione e ad un mercato specifico, cfr. L’antica ceramica da farmacia, Maria
Rosanna Proterra (a cura di), Ferrara, Casa Ed. Belriguardo, 2004.
6 A.S.Te, Atti dei Notai, Not. Melchiorre Niccola Antonio De Panicis, b. 866, vol. 2 cc. 36 v.- 38
v.
7 A.S.Te, Intendenza francese, b. 196, fasc. 4662, Stato dei beni del soppresso convento dei
Francescani; “Il Dottor Pasquale De Martiis fondò a Giulianova nel 1879, un’industria che
merita essere ricordata, è lo Stabilimento Chimico Farmaceutico che nei primi tempi era
soltanto un piccolo locale, annesso alla farmacia paterna. Col passar del tempo fu costruito un
apposito edificio dotato di tutto l’occorrente per potersi definire una moderna industria. Era
figlio del dott. Nicola che, dopo aver conseguito l’attestato all’esercizio di Chimico-Speziale,
aprì la Spezieria, con annesso l’indispensabile laboratorio, proprio al centro della piazza
principale del paese, ora Piazza della Libertà”, in P. Rasicci, Giulianova - Storia - Arte - Cultura
- Economia - Turismo, Colonnella (TE), Martintype, stampa 1997.
8 A.S.Te, Intendenza francese, b. 188, fasc. 4456.
9. A.S.Te, Idem, b. 196, fasc. 4662. Al 18 settembre 1809 i frati presenti nel convento erano
Vincenzo Casilli Guardiano, Luigi Costantini sacerdote procuratore, Vincenzo Battista
dell’Aquila, Antonio Ricci di Guardiagrele e Ubaldo Di Girolamo di Civitella del Tronto, tutti e tre
laici professi.
10. A.S.Te, Idem, b. 196, fasc. 4662.
11 A.S.Te, Idem, b. 196, fasc. 4662, La descrizione del convento così prosegue “ …Tre fondaci
da conservar generi diversi ed un membro contiguo ad essi con bregno da pestar uva, che
riguardano tutti verso settentrione. 4 membri inferiori ad uso di stalla e pagliera riguardando
ponente. Camerone del Refettorio, che rimane al piano del descritto entrone dell’interno con
una camera di riposto contigua ad esso riguardante Meridie. Gradinata, che conduce al
Chiostro superiore a due ripiani con ringhiera di ferro di riparo. Sulla metà di essa gradinata vi
è porta d’ingresso di altro Orto murato riguardante Ponente con alcune piante di agrumi e viti.
Un membro ad uso di legnara contiguo alla descritta gradinata riguardante Settentrione.
Corridori nel chiostro superiore formando quasi un quadro n. quattro, ed un altro camminando
da Levante a Ponente con rinchiera di ferro. Stanze contigue ai sudetti corridori, cioè verso
meridie n. tre, verso Ponente n. una, verso Levante un’altra, dirimpetto ad essa a Ponente
un’altra ed a Settentrione n. quattro. Nell’ultimo descritto corridore vi rimangono n. sei camere
ed un’altra con arcovo [sic], riguardando tutte verso Meridie. Nell’istessa linea di detto
corridore vi rimangono n. quattro camere non abitabili, ma bensì chi ad uso di secesso
[gabinetto], ed altre da conservare robbe diverse. In tutto i membri descritti come sopra
formano quarantanove membri [...] con una valutazione approssimativa di ducati tre mila.” Per
una maggiore conoscenza delle vicende del sito conventuale e del suo utilizzo dopo la
soppressione cfr. O. Di Stanislao, Giulianova. Le modifiche ottocentesche alla città
acquaviviana, mura, bastioni, porte, viabilità, Colonnella (TE), Grafiche Martintype S.r.L.,2012.
Nell’approfondito saggio l’autore, tra l’altro, pubblica l’inedita pianta dell’ex convento di San
Francesco per il progetto di una nuova scuderia dei Reali Carabinieri.
12 A.S.Te, Amministrazione del registro e bollo. Copie di atti privati, Giulia, b. 92, fasc. 24.
13 A.S.Te, Intendenza francese, b. 42, fasc. 237.
14 A.S.Te, Intendenza borbonica, b. 988.
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Rivista Madonna dello Splendore n° 34 del 22 Aprile