Rassegna Internazionale di vita musicale - Concerti - Opera - Balletto
ANNO L II
ottobre 2015
solo abbonamento
ISSN 0544-7763
180
107
(nuova edizione)
I Solisti Veneti
Der Rosenkavalier
Roberto Bolle
Eleonora Abbagnato
Poste Italiane S.p.A. -Spedizione in abbonamento postale 70% - ROMA
nuovo direttore del
Balletto dell’Opera
di Roma
1
rivista n.104
rivista n.105
Rassegna Internazionale di vita musicale - Concerti - Opera - Balletto
Nessun
dorma!!!
ANNO L I
ottobre 2014
euro 6, 50
177
104
(nuova edizione)
1
Romabarocca
179
106
ISSN 0544-7763
(nuova edizione)
Cenerentola
La leggenda
GHO¿RUHGL/LQR
Cav e Pag Salisburgo
La danza a Roma
Aida al Costanzi
1
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“IL MONDO DELLA MUSICA”?
Rassegna internazionale di vita musicale - Concerti - Opera - Balletto
AFFRETTATI!!!
Il Mondo della Musica - Rassegna Internazionale di Vita
Musicale Concerti - Opera - Balletto - è una rivista giunta al 52°
anno di vita con il solo introito degli abbonamenti. La stima dei
suoi lettori e il contributo no-profit dei suoi autorevoli collaboratori
ha incoraggiato la prosecuzione della stampa del periodico divenuto
però in questi ultimi tempi un impegno sempre più gravoso. Non è
intenzione della redazione, almeno per il momento, di desistere, ma
le difficoltà inducono ad elevare la quota annuale di abbonamento
quadrimestrale a € 25,00 mantenendo la linea editoriale priva
di messaggi pubblicitari.
Un coinvolgimento concreto da parte degli affezionati lettori può
essere determinante per il proseguimento del percorso intrapreso.
Sarebbe molto triste dover arrivare a chiudere una testata che ha
saputo dare tanto al mondo della musica e per decenni ha raccontato
con perizia gli eventi più significativi di questo fantastico mondo;
i musicisti e tutti i fedeli abbonati amici della musica, potrebbero
collaborare diffondendola il più possibile, sollecitandone la lettura
e magari regalando ad amici e parenti un abbonamento quale
dono interessante per le prossime feste natalizie!
2
editoriale
di Maria Elisa Tozzi
(nuova edizione)
Santa Cecilia
Rusalka
Poste Italiane S.p.A. -Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv.in L.27/02/04 n. 46) art. 1 comma 1/DCB Roma
DJ sul palcoscenico e discoteca nel golfo mistico
ANNO L I
aprile 2015
euro 6, 50
178
105
ISSN 0544-7763
Questo
è il futuro del
TEATRO DELL’OPERA?
(foto diTerry O’Neil)
Rassegna Internazionale di vita musicale - Concerti - Opera - Balletto
ANNO L I
gennaio 2015
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ISSN 0544-7763
Rassegna Internazionale di vita musicale - Concerti - Opera - Balletto
rivista n.106
1
Progetto di legge “Stradivari” (AC 3311)
CONTRIBUTO PER L’ ACQUISTO DELLO STRUMENTO MUSICALE
PER GLI ALLIEVI DEI CONSERVATORI
Il Progetto di legge prevede:
- un contributo una-tantum di euro 2.000 per l’acquisto dello strumento per gli allievi dei
Conservatori iscritti ai corsi di strumento del vecchio ordinamento e della laurea di 1° livello;
- lo strumento acquistato deve essere nuovo e coerente con il corso di studi prescelto;
- il contributo è ricevuto sotto forma di sconto sul prezzo di acquisto da parte del rivenditore,
dietro presentazione di un certificato di iscrizione rilasciato dal Conservatorio;
- il produttore/rivenditore recupera il contributo sulle imposte che deve versare allo Stato (credito
di imposta).
SOSTIENI ANCHE TU IL PROGETTO STRADIVARI
Non abbiamo nessun intendimento contrario ad una simile pregevole proposta di legge che, come
richiesto, divulghiamo con parere favorevole. Vogliamo però esporre le nostre perplessità a solo
titolo di riflessione.
Avevamo un’ eccellenza in Italia: i nostri Conservatori di musica. La migliore scuola di base del
mondo, con i migliori docenti internazionalmente richiesti. Hanno voluto aggiornarli distruggendoli. Perciò, oggi abbiamo 57 Istituti di Alta Cultura Musicale a livello universitario che producono diplomati e laureati con un titolo non ancora ben qualificato e dove lo studio degli strumenti
musicali è all’ultimo posto. Non sappiamo se il sostegno all’acquisto dello strumento musicale da
parte dello Stato vuole essere un premio al talento, oppure uno stimolo allo studio. A parer nostro
una iniziativa pecuniaria non può e non deve risultare come stimolo allo studio, ma solo come
riconoscimento al talento. E ciò più che agli allievi dei Conservatori di musica andrebbe applicato
ai bambini delle elementari, visto che l’intento di voler diventare uno strumentista è una scelta che
va fatta in tenera età e non certo come avviene oggi nei nuovi Istituti (dicasi Università) dove si
accede dopo la licenza liceale!.. Lo studio degli strumenti sia pianoforte o strumenti ad arco, dovrebbe iniziare fin dalla scuola materna, come avviene in tutti i paesi asiatici e in Venezuela (e forse anche in altri), purtroppo, però, non in Italia dove l’analfabetismo musicale è vergognoso. Ci
auguriamo che la brillante idea di Raffaello Vignali risvegli l’attenzione sulla legge di riforma dei
Conservatori di musica del 1999 che continua a produrre vecchi e nuovi diplomi senza certezze e
assume personale non sempre adeguato a produrre seri professionisti. Prima di mettere altra carne
al fuoco sarebbe il caso di completare le fondamenta coniugando sapientemente il piano di studi
tra il nuovo e vecchio ordinamento che dopo lunga estenuante sperimentazione è ancora nel caos.
3
Sommario
CORREVA
L’ANNO 1921
5
COSÌ FAN TUTTE
7
8
di Domenico Carboni
apre Spoleto 58
MANNINO, VISCONTI
E IL DIAVOLO
A PESARO
La Gazza Ladra, La Gazzetta
e L’inganno Infelice
a Montepulciano
di Ivana Musiani
Grandi orchestre
grandi direttori
di Luigi Bellingardi
A BAD KISSINGEN
il Festival Kissinger Sommer
di Patrizia Krachmalnicoff
10
12
BON TON
di Ivanhoe
NARNI
V Festival Luci della Ribalta
e International Masterclasses
di Maria Serena Tait
FREUD & SCHÖNBERG
di Carlo Frajese
I GIOIELLI
DELLA MADONNA
di Ermanno Wolf-Ferrari
di Johannes Streicher
SCIMONE
Al Veneto Festival
di Lorenzo Tozzi
A ROMA
UNA DAMA DI PICCHE
con qualche licenza
di Luigi Bellingardi
il PATERNOSTER
di Mascagni
di Angela Funaro
4
13
14
15
16
17
FONDATRICE
Lydia Boni
EDITORE
DIRETTORE RESPONSABILE
MARIA ELISA TOZZI
Comitato di Redazione
LUIGI BELLINGARDI
DOMENICO CARBONI
LORENZO TOZZI
IDROSCALO PASOLINI
A SALISBURGO
RASSEGNA INTERNAZIONALE
DI VITA MUSICALE -CONCERTI
OPERA -BALLETTO
IL FANTASTICO
MONDO DELLE FAVOLE
narrato da S. Schembari
di Angela Funaro
SPETTACOLARE DANZA
nei teatri romani
di Alberto Cervi
NOTIZIE
a cura di Angela Funaro
LIBRI E DISCHI
a cura di Luigi Bellingardi
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Direzione -Redazione -Amministrazione
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CORREVA L’ANNO 1921
Via dei Greci 18: Un anno particolare per la scuola di
musica romana richiesta negli Stati Uniti
È
nota La Sinfonia degli addii,
quella sinfonia di Franz Joseph Haydn in cui, per protesta i suonatori dell’orchestra si alzano ad uno ad uno dalle loro sedie
e se ne vanno. Qualcosa di simile
successe a Roma al Liceo Musicale “S.Cecilia” nei primi anni venti
quando taluni docenti diedero inaspettatamente le dimissioni proprio
nel momento in cui il Liceo stava
per diventare Conservatorio. Forse
stufi del tran tran scolastico e del
magro stipendio la motivazione era
quella di cercare fortuna all’estero,
in particolare negli Stati Uniti, dove
la musica era un buon business
e chi valeva poteva guadagnare
bene. Negli USA che non avevano
sofferto per la guerra come i paesi
europei, era scoppiato il boom economico e tecnologico dei RoaringTwenties , i “Ruggenti anni 20”, e
le più grandi personalità europee
del campo dell’arte e della musica
erano corteggiate a suon di dollari.
Nel 1921 aveva fatto molto scalpore la tournée americana dell’orchestra messa insieme e diretta da Toscanini. (Un resoconto della famosa
tournée si può leggere nel libro di
Nuccio Fiorda, Arte, beghe e bizze
di Toscanini. Fratelli Palomba editori, Roma 1969, pp. 48-54). Partirono il 1° dicembre sul piroscafo
“President Wilson” e arrivarono
il 13 successivo. Furono accolti
come emigranti e ci vollero otto ore
per sbrigare tutte le formalità. La
tournée era organizzata dall’impresario Otto Kahn: dopo quattro concerti alla Carnegie Hall e al Metropolitan seguirono 56 concerti nelle
maggiori città americane: seimila
dollari al giorno. Un treno speciale
trasportava l’orchestra in teatri dove
erano preceduti dal pianista Rachmaninoff e seguiti dalla danzatrice
Pavlova. Toscanini approfittò del
soggiorno a Philadelphia per incidere dei dischi con l’orchestra nello
stabilimento della “Victor-Voce del
Padrone”. Insomma: cose che in
Italia neanche si potevano immaginare. A Philadelphia gli orchestrali
toscaniniani ebbero l’opportunità
Collezione “Fondo Ronchi” dell’Istituto per
i beni sonori e audiovisivi, Roma.
di sentire un concerto della celebre
orchestra stabile diretta da Leopold
Stokowski che era considerata la
numero uno al mondo. Nel paragone fra le due orchestre bisognava
considerare però che professori di
questa orchestra erano stati scelti in
ambito internazionale, mentre quelli di Toscanini erano tutti italiani e
scritturati per l’occasione.
E nel campo operistico dove imperavano gli italiani? Alla morte di
Caruso avvenuta il 2 agosto ’21,
si contendevano la sua eredità
Giacomo Lauri Volpi e Beniamino
Gigli. Ma questi due dove si erano formati? Al Liceo Musicale di
Roma da tale Rosati. Ed ecco che
anche Enrico Rosati fu chiamato a
New York ad insegnare con lauto
stipendio alla Academy of Music
dove ebbe come allievo anche Mario Lanza. Era il più quotato. Ecco
la sua pubblicità nella Musical
America’s Guide del 1925 (a fianco).
Va notato che, oltre a Gigli e Lauri
Volpi, anche altri celebri cantanti
citati nel volantino erano tutti provenienti dal Liceo Musicale romano. Tra questi, Giulio Silva, che
ereditò la classe del grande Cotogni, si trasferì nel 1921 negli Stati
Uniti insegnando al Mannes College of Music di New York, poi al
Conservatorio di San Francisco e
quindi a San Raphael in California
fino al 1954. Il figlio Luigi, violoncellista, raggiunse il padre nel
1939 e si trasferì negli Stati Uniti
definitivamente per insegnare alla
Eastman School of Music di Rochester e poi a New York dove fu
chiamato a far parte del corpo insegnante della celebre Julliard School
of Music, della Mannes School of
Luigi Silva
5
Music. e anche alla Yale University.
Nel 1922 si dimette il direttore del
Liceo Marco Enrico Bossi, dimissioni assolutamente inaspettate.
Come giustificazione disse che si
voleva dedicare completamente alla
composizione e il lavoro al Liceo
gli toglieva molto tempo prezioso.
Ma le vere motivazioni furono svelate dal Conte di San Martino, presidente del Liceo, nel suo lungo e
accorato necrologio nell’Annuario
dell’Istituto: «Quando egli venne
a parlarmi del suo proposito di lasciare l’istituto egli ne espose le ragioni, per lui dolorose, colla solita
semplicità. Sentiva approssimarsi
la vecchiaia , accorciarsi il periodo
dell’utile lavoro, non era agiato, gli
obblighi della direzione limitavano
troppo le sue facoltà di compositore
e di esecutore. Voleva fare un supremo sforzo per raccogliere qualche alloro e assicurarsi una modesta
ma tranquilla esistenza negli anni
dell’inoltrata età. Partì dunque ed il
successo gli arrise trionfale , come
non poteva mancare. Tutti noi amici ed estimatori ne gioivamo cordialmente».
Marco Enrico Bossi
Bossi aveva capito che come compositore non aveva mercato, era
considerato un sorpassato ma come
organista poteva competere con i
più grandi nomi dell’epoca esibendosi con i giganteschi organi Wana-
6
maker che erano delle vere e proprie orchestre. Così nel 1924 partì
per gli States per una lunga tournée.
A Filadelfia partecipò ad un “torneo organistico” con i più grandi
virtuosi dell’epoca come Marcel
Dupré, Nadia Boulanger e Charles
Courboin. Riportò grandi successi
e incise anche dei rulli per organo
meccanico. Nel febbraio 1925 si
imbarcò per l’Italia sul piroscafo
“De Grasse” ma morì durante il
viaggio per emorragia cerebrale.
Anche Alfredo Casella si dimise
nel 1922. Dovette abbandonare il
Liceo anche lui per i sempre
più frequenti impegni all’estero
sia come pianista che direttore
d’orchestra. Era infatti di casa
negli Stati Uniti dove fece per
la prima volta la sua apparizione con la Philadelphia Orchestra nella triplice veste di
compositore, pianista e direttore. Nel 1927 firmò un contratto
triennale per dirigere i concerti
popolari della Boston Symphony Orchestra. A Santa Cecilia
era stato chiamato da Parigi
dal Presidente San Martino nel
1915 per sostituire Sgambati
per il perfezionamento, ma si
trovò semplice insegnante di
pianoforte alla pari con Oreste
Pinelli e Francesco Bajardi.
Poteva però stargli bene nel
periodo bellico in cui l’attività
artistica in Italia e all’estero era
ridotta al lumicino, ma una volta
che si profilò una ripresa economica, specie oltremare e una voglia
di progresso sia nelle attività economiche che artistiche, il posto di
insegnante statale non faceva più
per lui.
Anche Ottorino Respighi rinuncerà dopo soli due anni al prestigioso
posto di direttore del Conservatorio
di Roma. Così scrive la moglie Elsa
Olivieri Sangiacomo: «Nei primi
mesi dell’anno 1924 Respighi è nominato direttore del Conservatorio
di Santa Cecilia, carica che terrà
solamente per due anni e assai di
malavoglia. È facile capire come
il temperamento di Ottorino mal si
adattasse alle esigenze burocratiche
di un incarico di tal genere, e i mol-
ti impegni che lo tenevano sovente
lontano da Roma non facevano che
aggravare la sua situazione presso
il Ministero. Respighi voleva anche
rinunciare alla cattedra di composizione, ma per evitare questo il
Ministero istituì per lui un corso di
composizione presso l’Accademia
di Santa Cecilia. Questo corso faceva obbligo solamente di quaranta
lezioni che Respighi poteva dare
nei periodi che più gli convenivano». (Ottorino Respighi, G. Ricordi
& C., Milano, 1954). Elsa confonde
l’Accademia con il Conservatorio.
Casella e Respighi a New York
Il corso di quaranta lezioni infatti
era un corso di perfezionamento del
Conservatorio. A partire dall’anno
scolastico 1927-28 Respighi insegnerà solo in questo corso pur rimanendo titolare della cattedra di Fuga
e composizione.
Gli artisti, si sa, non hanno cittadinanza, o, meglio, sono cittadini
del mondo. I dimissionari non rinunceranno però all’attività didattica di casa se potranno insegnare
dove come e quando loro vorranno:
li ritroveremo infatti docenti nei
corsi di perfezionamento, poiché
non interferivano con i loro viaggi
all’estero.
Domenico Carboni
COSÌ FAN TUTTE apre Spoleto 58
G
mozartiano (2016 Nozze di Figaro,
2017 Don Giovanni), la qualità del
cast vocale, la trascinante professionalità di Conlon. Nell’introdurre la
sua concezione rappresentativa, Giorgio Ferrara ha fatto notare che per lui
“Così fan tutte è un dramma giocoso,
non un’opera buffa, benché contenga
il gioco, la scommessa, il travestimento. In realtà è un’opera percorsa
da una forte vena pessimistica che
merita di essere sottolineata. Avendo
visto di tutto quanto
a messinscene, ho lavorato per sottrazione. Niente figurine in
pizzo e merletti, no al
Settecento di mossette
e inchini. Ho preferito
la scena sgombra e un
accavallarsi di epoche e
stili – parlo dei costumi
di Francesca Lo Schiavo che vede ad esempio
Despina come una sorta
di Locandiera nera accanto a un Don Alfonso
in frac, la camicia da
Re Sole con maniche a
sbuffo e gli ho dato un
bastone e un cilindro…
Quanto ai giovanotti,
Ferrando e Guglielmo,
sono i classici ufficiali
del re, li ho voluti fare
un po’ eroici, mettendogli addosso delle
corazze d’oro e un po’
di turcherie. Allorquando sono con le ragazze
(che appaiono stile impero, in camicia da notCosì fan tutte Francesca Dotto in Fiordiligi, Ruxandra Donose in Dorabella, © AGF/ML Antonelli te e alla fine in abito da
sposa classico bianco)
Daniele Mannuzzi. Un bello spettacoi giovanotti avranno sempre una malo (ho assistito alla prova generale del
schera d’oro perché mi è sempre stato
24 e alla première del 26) con alcuni
difficile credere che nello scambio di
indubbi punti di forza, come l’origiruolo nessuno li riconosca quando si
nalità della scena unica con il cielo
travestono per mettere alla prova le
tempestoso come soffitto, la musicavirtù delle proprie amate: ripeto, è rilissima partecipazione dell’Orchestra
dicolo che con i soli baffi nessuno li
Cherubini (l’orchestra giovanile di
riconosca”. All’atto pratico parecchie
Riccardo Muti al Festival di Ravendelle considerazioni di Ferrara appana) impegnata per tutta la trilogia
iono del tutto normali e dalla platea si
iorgio Ferrara è stato confermato alla guida del Festival
dei Due Mondi sino al 2017
compreso e in queste stagioni ha programmato, per l’inaugurazione, la
trilogia Mozart-Da Ponte: così a fine
giugno è andata in scena al Teatro
Nuovo Così fan tutte con la direzione musicale di James Conlon, la regia
dello stesso Ferrara, l’allestimento
scenico di Dante Ferretti e i costumi
di Francesca Lo Schiavo, le luci di
notano sì e no. Senz’altro indovinata
è la scena unica con il fondale dipinto,
i velieri e un esile profilo del Vesuvio:
alle pareti contrapposte vi sono delle
grandi persiane verdi che i valletti di
volta in volta aprono e chiudono nel
corso della vicenda; negli episodi serali il rovescio della persiana mostra
dei quadri di Fragonard, tra i quali il
celebre affresco dell’altalena. Convincente la performance della distribuzione, a cominciare da Francesca
Dotto, soprano drammatico d’agilità,
ventisettenne di Treviso, diplomatasi
nel 2006 a Bologna (nella prossima
stagione sarà Violetta nella Traviata
all’Opera di Roma: si è fatta valere
con autorevolezza in “Come scoglio”
e nella grande aria della seconda
parte, applaudita a scena aperta. Da
tempo in carriera invece Ruxandra
Donose come Dorabella, sempre ben
intonata e dominatrice del suo ruolo. Dotato di un notevole volume di
voce il baritono russo Rodion Pogossov (Guglielmo), seppur non sempre
centrato nella dimensione espressiva.
Una lieta sorpresa è stato il giovane
tenore spagnolo Joel Prieto (Ferrando), specialmente nella “Aura amorosa” cesellata a fior di labbra. Un
po’ matronale nella parte di Despina,
dopo una lunga carriera l’esperta Marie McLaughlin. Qualche riserva per
il Don Alfonso di Maurizio Muraro,
sovente sopra le righe. Piuttosto statica nel complesso la regia di Giorgio
Ferrara che evidentemente non ha
ancora una grande esperienza nella
regia del teatro lirico. All’eccellente
performance dell’Orchestra Cherubini si è aggiunta la buona partecipazione dell’International Opera Choir
addestrato da Gea Garatti. Una conferma delle migliori sue attitudini e
della serietà dei suoi impegni musicali una volta ancora l’ha data James
Conlon che dal 1970 è innamorato di
Spoleto e che in questa occasione, a
giorni alterni, ha fatto musica a Spoleto con Mozart e all’Opera di Roma
con Ciakovsky.
Luigi Bellingardi
7
MANNINO, VISCONTI E IL DIAVOLO
A colloquio con Enrico Medioli
Q
uindici anni fa Franco
Mannino decise di riorganizzare l’immenso elenco
delle sue composizioni musicali,
oltre 600 titoli, suddividendoli
per genere creativo in vista della
pubblicazione del nuovo Catalogo
che per Sideral srl ha poi
visto la luce. Nelle prime
pagine sono raggruppate
le composizioni per il teatro ove, nell’ordine cronologico, figurano Vivì
op.19 (1955), La speranza op.21 (1956), La stirpe
di Davide op.22 (1958),
Le notti della paura op.27
(1960), Il diavolo in giardino op.31 (1962), Luisella op.33 (1963), Il quadro
delle meraviglie op.34
(1962), con l’Appendice
dell’intermezzo ballato,
mimato, parlato e cantato op.34 bis, Il ritratto di Dorian Gray op.87
(1973), Il principe felice
op.227 (1981), Soltanto il rogo op.264 (1986),
Le notti bianche op.278
(1987), Le teste scambiate
op. 281 (1988), Anno Domini 3000 op.446 (1993)
nonché i balletti Mario e
il mago op.13 (1952), Da
Colombo a Broadway op.
410 (1991), Roma pagana op.201 (1978) e Otello
op.308/317 (1989).
Sull’origine, e poi sulla stesura, il
carattere e il successo de Il diavolo in giardino abbiamo avuto
ai primi di luglio un colloquio in
esclusiva con Enrico Medioli che
abita in un luogo delizioso nella
campagna non lontano da Orvieto, ove, come ha precisato lo stesso Medioli, “appena cala il sole e
s’attenua il frinire delle cicale, la
natura sembra predisporsi ai riti
della sera e poi della notte ed è un
gran piacere godersi il fresco, ce-
8
nare con amici con la compagnia
del pergolato, del silenzio tutt’attorno, forse anche del sorgere della luna, lassù!”.
Per “Il diavolo in giardino” il
catalogo recita: commedia stori-
Luchino mi telefonò: “E se facessimo un’opera comica? Ho trovato un personaggio affascinante,
francese, Dubut de la Tagnerette.
Ne combinava di tutti i colori ed è
stato un precursore dei travestiti.
Ho pensato di scrivere il libretto
insieme ad Enrico (Medioli) e a Filippo (Sanjust),
che mi aiuterà nelle ricerche storiche”. L’indomani
cominciammo a lavorare.
Luchino mi disse che, essendo l’epoca in cui visse
Dubut – la fine del Settecento – di pochi anni antecedente allo scoppio della
Rivoluzione Francese, lui
avrebbe voluto scrivere
un libretto alla Beaumarchais. Dopo due giorni,
mi richiamò dicendomi:
“Franco, ci siamo. L’argomento dell’opera, in chiave comica, sarà la faccenda della collana di Maria
Antonietta”. In definitiva,
la didascalia potrebbe recitare “da un’idea di Luchino Visconti, libretto
di” ecc. Perché in realtà la
vera e propria stesura del
libretto fu curata da me e
da Filippo Sanjust”.
Il carattere insolito di
quest’opera di Mannino
è determinato dal curioso
personaggio di Dubut?
Il M° Franco Mannino
co-pastorale in tre atti, quattro
quadri”. Per il libretto cosa dice
sulla sua origine?
“Era stato Franco Mannino a chiedere a Luchino Visconti un soggetto. Nella fattispecie Franco,
nel suo libro Visconti e la musica,
ha scritto: il dramma di un librettista e di un compositore è quello
di trovare una storia che sia congeniale ad entrambi. Per due mesi
rileggemmo non so quanti romanzi, tutti drammatici. Un bel giorno
“Innanzi tutto per il fatto che
cambiava d’abito, si travestiva
da donna in qualsiasi occasione.
Allora, un fatto del tutto insolito,
inusuale. La trama del soggetto è
complicatissima, tutto un incalzare di avvenimenti d’ogni genere,
per il quali Mannino scrisse una
musica esilarante e letteralmente
teatralissima. Il soggetto potrebbe
far storia a sé impegnando degli
attori di strepitosa bravura. E tutte
le peripezie della Histoire du collier vi si ritrovano puntualmente.
Con quel collier preziosissimo,
più costoso di una nave intera!
D’un tratto la stessa Maria Antonietta nei travestimenti e nell’incalzare dei siparietti, delle peripezie, dei cambiamenti di scena
e della vicenda, si raddoppiava,
poi vi furono quattro personaggi
uguali simultaneamente in scena!”
E nella musica, nel coordinamento tra partitura e scena?
“Franco Mannino al vertice della sua verve, un fuoco di fila di
guizzi musicali, nell’urgenza incalzante del succedersi dei qui pro
quo e delle situazioni rappresentative più inattese o più esilaranti. Tra il libretto e la musica si è
realizzata una osmosi fenomenale. Tra gli innumerevoli spunti ne
ricordo soltanto due, quello della prova realistica delle nozze di
Figaro, dell’effettivo matrimonio
con il via vai degli effetti e delle imitazioni, sempre all’insegna
dei travestimenti, e poi tutta una
storia su certi echi di Falstaff, mescolando Shakespeare con Mozart
e Verdi con Da Ponte”.
Rappresentato al Teatro Massimo di Palermo, andò benissimo?
“Oltre ogni immaginazione. Fu
uno spettacolo percorso da una
leggerezza, da un ritmo inarrestabile nell’incessante succedersi
degli avvenimenti. Se mi è letteralmente impossibile raccontarle
in sintesi il libretto, posso indurla
a scorrere la locandina di quell’allestimento che andò in scena la
prima volta la sera del 28 febbraio
1963 al Teatro Massimo di Palermo sotto la direzione dello stesso
Franco Mannino, con regia di Luchino Visconti, scene e costumi di
Luchino e di Filippo Sanjust. Accanto a Jolanda Gardino (Madame
Tourzel) c’erano Glauco Scarlini
(Boehmer), Enrico Campi (Bassenge), Elena Barcis (Madame
Poitrine), Rosario Guanziroli (Il
delfino), Rosanna Peirani (Madame Royale), una
formidabile Clara Petrella
(Jeanne de la Motte), Antonio Spruzzola (Il Conte
de la Motte), Franco Giordano (l’Ambasciatore di
Spagna), Arturo La Porta
(il Conte d’Artois), Antonietta Mazza (Madame
de Polignac), Linda Kirian (Madame Guemené),
Amedeo Berdini (il Duca
di Brancas), Laura Zannini (Madame di Lamballe),
Franco Cotogno, Mario
e Pietro Ferrara, Guido
Malfatti (i 4 gentiluomini), Angela Cardile, Dina
Sassoli, Antonietta Della
Porta e Carmen Scarpitta
(quattro dame), Ugo Benelli (Dubut), Gianna Galli (Nicole), Elvira Ravaglia (Giuseppina), Silvana
Tumicelli (Sofia), Elena Barcis
(Vittorina), Paola Mantovani (Costanza), Vera Magrini (Janine),
Antonio Boyer (il Cardinale di
Rohen), Antonio Annaloro (Cagliostro), Rena Garazioti (Assunta), Loris Loddi (il diavolo), Marina Cucchio (Dama velata). Fu
un successo strepitoso, da Milano
era arrivato Franco Abbiati per il
Corriere della Sera e la sua recensione risultò altamente positiva.
Purtroppo seguirono soltanto due
repliche per la programmazione
del Teatro Massimo e credo non
vi siano testimonianze documentarie. Allora non c’erano i video,
perché fenomenale fu proprio lo
spettacolo. Credo che il Teatro
Massimo abbia utilizzato quei siparietti, quei costumi per altri titoli, con la conseguenza che quasi
sicuramente non c’è più traccia
rimasta!”
Una situazione del genere è tipica
dei teatri italiani, che acquistano i
bozzetti e i figurini dagli artisti e
poi se ne disinteressano. Mi raccontò un giorno Luciano Damiani
che all’estero, per esempio a Salisburgo, la situazione è diversa:
c’è il noleggio. Del Ratto dal serraglio che Damiani allestì assie-
Locandina de Il Diavolo in Giardino
me a Strehler e stette in cartellone una decina d’anni, dopo ogni
stagione il teatro versava sui conti
correnti degli artisti i rispettivi
compensi.
Quanto alla musica, Franco Mannino diresse un’esecuzione a Torino con i complessi artistici della
RAI del Diavolo in giardino il 22
febbraio 1973 e c’è in commercio
un’incisione pirata.
E poi il 29 maggio 2010 al Teatro
dei Laghi di Vezzano, in provincia di Trento, come “Hommage
a Luchino Visconti e a Franco
Mannino” l’Ensemble Orchestra
Alighieri di Ravenna, diretto da
Gioacchino Pensato, con scene
e costumi di Laura Marocchino,
regia di Mirco Michelon è stato
rappresentato e applaudito. Caro
Medioli Mannino piace sempre al
pubblico, lei ben lo sa. Naturalmente a Palermo tutto ovviamente
ha avuto un esito precipuo. Grazie, caro Medioli, della preziosa
sua testimonianza. È’ tale un piacere conversare con lei di teatro
e di musica che la disturberò ancora.
Luigi Bellingardi
9
A SALISBURGO
Grandi orchestre grandi direttori
stivi pianissimi, ben calibrati
nonostante la vastità della sala
e le fiammeggianti accensioni
corali. Sotto la sua animata e
vibratile gestualità direttoriale
è risultata assai convincente la
prova dell’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini (rafforzata
dalla presenza di alcuni strumentisti del Mozarteum) e del
Coro dell’Opera di Vienna. E
assai apprezzati dal pubblico
sono stati i cantanti: Francesco
Meli nella sua varietà di accenti come Ernani accanto alla
fresca tessitura del soprano
coreano Vittora Yeo (Elvira)
e poi alle qualità di Luca Salsi
(Don Carlo) e di Ilda Abdrazakov (Silva).
Dei due programmi presenDer Rosenkavalier Golda Schultz (Sophie), Adrian Eröd (Herr Von Faninal) tati dalla Boston Symphony,
© Salzburger Festspiele / Monika Rittershaus un complesso di formidabile
caratura musicale, non abbiai significativa intensità ar2017 Aida a Salisburgo d’intesa con
mo scelto il primo (con la Sesta
tistica è stato il susseguirla regia dell’iraniana Shirin Neshat.
Sinfonia di Mahler) ma il secondo,
si di avvenimenti musicali
Quanto alle insistenze del sovrintencon piena soddisfazione, la sera del
nell’ultima settimana del Festival
dente scaligero Alexander Pereira e
25 agosto. Perché nell’interpretadi Salisburgo, avvenimenti ai quaalla lettera dei 90 professori d’orchezione del Don Chisciotte di Richard
li abbiamo assistito. In merito ai
stra milanesi per un suo ritorno sul
Strauss sotto la fantasiosa ed eletquali sembra opportuno premettere
podio del Piermarini, Muti ha detto:
trizzante direzione di Andris Nelqualche notizia sull’incontro con
“No comment! Non ho ancora presons ha assunto un notevole risalto
Riccardo Muti nel pomeriggio del
so alcuna decisione!”. D’altra parte
la nobiltà dell’eloquio strumentale
24 agosto alla Press-Terasse. Dopo
sono noti gli impegni con la Chicadi Yo-Yo Ma al violoncello solista,
aver parlato dell’originalità e degli
go Symphony che celebra i 125 anni
nonché la bravura del primo violino
aspetti drammaturgici di Ernani, in
della sua fondazione: tra l’altro vi
Malcolm Lowe e della prima viola
cartellone in forma di concerto, il
dirigerà musiche di Martucci, BusoSteven Ansell nel contesto della salmaestro ha rammentato i profondi e
ni, Senigallia e Mario Enrico Bosda costruzione e nella vitalità della
continuativi vincoli affettivi che lo
si, cioè il programma dell’ultimo
tensione descrittiva di questa comlegano alla città austriaca (ove aveva
concerto di Gustav Mahler a New
plessa partitura. Nelsons a briglia
esordito nel 1971 su invito di KaraYork. A Chicago inoltre in forma
sciolta, dopo l’intervallo, nel renjan per Don Pasquale e da allora i
di concerto condurrà Falstaff. Deldere lo spirito e la nervosa motilità
suoi impegni artistici sono stati 240)
la concezione interpretativa di Muti
della Decima Sinfonia di Sciostakoe alla Filarmonica di Vienna; ha poi
per Ernani, che egli aveva condotvic, pronunciatamente nel dar risalto
preannunciato che guiderà i comto l’altr’anno al Teatro dell’Opera
ai contrasti tra gli umori drammatici
plessi dell’Opera di Stato nella prosdi Roma, il ricordo è senz’altro ben
dell’avvio, che allude alla cupa eposima tournée in Giappone con l’allechiaro e puntualmente ne abbiamo
ca staliniana, il successivo ironico
stimento tradizionale delle Nozze di
riscontrato le coordinate estetiche
demonismo e la brillante, affermatiFigaro, firmato per la regia da Jeanla sera del 29 agosto durante la perva conclusione. Con un bis il “GaPierre Ponnelle. Muti si è altresì sofformance in forma di concerto al
lopp” dell’operetta Cheryomushky
fermato sul progetto di dirigere nel
Grosses Festspielhaus tra i suggedello stesso Sciostakovic.
D
10
Altra serata coinvolgente quella del
27 agosto per il programma della
Filarmonica di Israele con Zubin
Mehta sul podio. La Notte trasfigurata op. 4 (nella versione d’autore
del 1943 per orchestra d’archi) e la
Prima Sinfonia da Camera per 15
strumenti op. 9 di Schönberg e poi
la Patetica di Ciaikovsky: un accostamento insolito, padroneggiato
con grande esperienza dal maestro
indiano ed un convincente saggio
della sincronia tra le distinte sezioni
di questa celebre orchestra che giustamente figura tra le più famose al
mondo, in particolare per la duttilità
degli archi. A lungo festeggiato, Mehta ha diretto come bis “Alba sulla
Moscova” dalla Chowanchina di
Musorgsky.
Il 28 agosto ha coinciso con l’ultima
recita del Cavaliere della rosa, opera quant’altra mai cara al nostro cuore e che, secondo le cronache, più o
meno ogni dieci anni torna in scena
a Salisburgo. Questo allestimento è
risultato esemplare anche nella dimensione spettacolare per le solu-
tale interno d’un palazzo dell’alta
borghesia ha ben colto il senso della
dimora di Faninal al secondo atto; e
nel terzo, a dar l’idea della solitudine del futuro della protagonista un
altro struggente colpo d’occhio su
una prateria d’autunno, con un velo
di nebbia che cala tra gli alberi. Performance di lusso della Filarmonica di Vienna e del Coro dell’Opera
di Stato nonché della distribuzione
guidata con esperto senso del teatro da Kupfer, abilissimo nel movimentare l’azione scenica con assoluta naturalezza. Krassimira Stoyanova (la Marescialla) si è identificata alla perfezione nel personaggio
d’una dama di antica aristocrazia,
nello stile raffinato come nella cifra
vocale, misurata e omogenea in tutta
la gamma. Günther Groissböck ha
impersonato un Ochs giovane, protervo ma mai caricaturale, con buon
timbro e vivacità di comportamenti.
Sophie Koch ha delineato un Octavian convincente, anche nei vari travestimenti nonché nella vocalità. Di
buon livello sono apparsi sia Adrian
Eröd come Faninal
e Golda Schultz
come Sophie, nonché lo stuolo dei
comprimari. Forse
alla sua prova migliore per slancio,
sicurezza, equilibrio dei rapporti tra
la scena e la fossa,
Franz Welser-Möst
come
direttore
d’orchestra.Il Festival di Salisburgo
Wiener Philharmoniker Semyon Bychkov 2015 ha conosciuto
conclusione
© Salzburger Festspiele / Marco Borrelli una
inarrivabile il 30
agosto per la partecizioni adottate dalla regia di Harry
pazione, alla distanza di poche ore
Kupfer coadiuvato dallo scenografo
l’una dall’altra, delle due più famoHans Schavernoch nell’impiego di
se orchestre d’Europa se non del
indovinate proiezioni che cogliemondo: la Filarmonica di Vienna al
vano nella maniera più semplice le
mattino, la Filarmonica di Berlino
corrispondenze psicologiche tra mula sera sulla medesima ribalta del
sica e teatro: il panorama dei tetti di
Grosses Festspielhaus. Assieme ad
Vienna, in apertura di sipario evapouna appassionata esecuzione della
ra nella visione d’un viale alberato al
Terza Sinfonia di Brahms con i WiePrater al tramonto durante il malinner il maestro Semyon Bychkow ha
conico monologo della Marescialla
fatto ascoltare la Sinfonia n. 2 in Mi
alla fine del primo atto; il monumenbemolle maggiore di Franz Schmidt,
un lavoro praticamente sconosciuto anche in Austria seppur sia stato
composto nel 1912 e presentato alla
Hofoper. E qui si è imposto all’attenzione il carisma di Bychkow
nell’affrontare con una concertazione capillare tutta la complessità
del linguaggio tardoromantico del
compositore austriaco, l’originalità
della personalissima sua densità di
scrittura e della lussureggiante tavolozza di colori. Con spiccata bravura
Bychkow ha coordinato a dovere gli
interventi delle distinte sezioni strumentali di questo smagliante affresco sinfonico, in specie nelle dieci
Variazioni del movimento centrale
in cui si colgono alcuni influssi di
Richard Strauss e di Max Reger,
mentre nel Finale, nel corale degli
ottoni, il pensiero risale a Bruckner,
con il quale Schmidt aveva condiviso la continuità della pratica organistica. In serata dello stesso 30
agosto festeggiatissima al Grosses
Festspielhaus è stata, a sua volta,
l’Orchestra Filarmonica di Berlino
con due lavori d’estremo interesse in
locandina: le Variazioni su un tema
di Frank Bridge op. 10 di Benjamin Britten, partitura composta nel
1937 e conosciuta la prima volta lo
stesso anno proprio a Salisburgo, e
la Sinfonia n. 4 in do minore op. 43
di Sciostakovic, del 1934-36. Simon
Rattle ha colto con grande felicità di
colori e di tratti in Britten la varietà
degli accenti e un singolare humour
improvvisativo. Quanto alla Quarta
del musicista russo, scritta nel 1934
ma conosciuta soltanto nel 1961 per
l’opposizione del regime sovietico,
Rattle ha magistralmente sottolineato l’incedere rapsodico nonché la
magniloquenza sarcastica di gusto
mahleriano d’una gigantesca opera
d’arte quale soltanto una personalità geniale e introversa come Sciostakovic poteva concepire. E ne
ha fatto emergere con pronunciata
autorevolezza gli spunti più segreti
e misteriosi, mai perdendo di vista
l’autentica visione d’insieme: brillantissimo, una volta ancora, l’esito
della performance dei Berliner.
Luigi Bellingardi
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Rassegna Internazionale di vita musicale - Concerti