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Introduzione
Oggi è giovedi e come è tradizione nelle comunità che venerano in particolar modo
santa Rita nell’omelia c’è un pensierino sulla grandezza di questa mistica venerata
dovunque, anche all’estero. Ho accettato di tenere questi incontri ma devo precisare
di non sentirmi all’altezza della situazione perché della santa conosco solo qualche
particolare e pertanto mi sono sentito in dovere di consultare dei libri che parlano
della sua vita.
La settimana scorsa i discepoli sono stati chiamati ad essere lampade che illuminano
il cammino degli altri uomini rivelando ad essi i misteri del regno di Dio che Gesù ha
raccontato nel segreto, in quei momenti di riposo e di intimità che egli trascorreva
con loro. E chiede di essere fedeli nel raccontare perché la fedeltà del racconto
produce i frutti. Ma non basta solo essere fedeli nel racconto bisogna che ci sia anche
dell’altro e lo scopriamo oggi.
Oggi nella liturgia san Marco nuovamente racconta il momento in cui Gesù si
sceglie dei discepoli, prima li tiene con sé perché facciano esperienza di lui e poi li
manda perché trasmettano agli altri quelle sensazioni di pace e gioia che hanno
sperimentato stando con lui. Dio è apparso ma non come sul Sinai a Mosè, fuoco e
fulmini, ma in Gesù, dolcezza e tenerezza di Dio ed è questo che comunicherai agli
altri. E Rita, senza uscire dai suoi confini, per questo è ricercata perché comunica
senza parlare, ma con la sua vita di sacrificio e di preghiera, quella tenerezza e quella
dolcezza spirituale che riceve da colui che chiamerà suo sposo. Ai discepoli un solo
comando dà Gesù, cammina nella povertà che quello di cui hai bisogno non ti
mancherà. E Rita senza muoversi dal monastero cammina nella povertà e anche noi
se siamo apostoli veri nel Signore siamo invitati non con un consiglio ma con un
ordine a camminare nella povertà
Roccaporena
E,tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda, da
te uscirà infatti un capo che pascerà il mio popolo, Israele. Percorrendo la strada che
da Spoleto a Roccaporena non puoi non pensare a questo brano delle scritture. Dov’è
Betlemme, sconosciuto paese, ignoto paese, diteci dov’è chiederanno i magi.E così
chiederanno: dov’è Roccaporena, sconosciuto paese, misero paese. E i magi giunsero
a destinazione guidati da una stella, e migliaia di pellegrini sono venuti e vengono
guidati dal desiderio di incontrare Dio in colui o colei che vivendo nell’osservanza
della parola di Dio vengono vestiti della santità. Vedi l’uomo di Dio e toccherai Dio.
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Roccaporena, piccolo centro della Valnerina nel cuore dell’Umbria tra montagne
rocciose e impervie, di essa si dice:
Fra tutti i castelli soggetti a Cascia, il più fortunato è Roccaporena , perché in essa
nacque la beata Rita, che con la santità dei suoi costumi bastava ad illustrare non
quella piccola terra, ma una intera provincia. Cosi nel 1628 scrivevano le consorelle
al papa per ottenere la santificazione di Rita. Il suo messaggio nato tra le mura
domestiche e custodito nel monastero raggiunge gli uomini e li commuove.
Eppure Rita non salì sul pulpito a predicare, non fondò ordini religiosi, non compi
azioni da ricordare nella storia, non scrisse la sua vita, eppure tutto sappiamo di lei
perché nel tempo c’è stata solo la trasmissione orale dei suoi fedeli. Ma questa è
opera dello Spirito santo che ama gli umili e i silenziosi che come perle semina un po
dovunque, come Rita, Margherita al battesimo, che in greco significa la gemma, la
perla.
Ho visitato Roccaporena sette anni fa e ricordo l’albergo in cui abbiamo pernottato,
ma non ho visto altro, perché ora che rifletto le mie condizioni fisiche erano già
come oggi, leggermente migliori. Ricordo la salita al santuario a Cascia per la strada
antica e la voce di chi mi incoraggiava e diceva come ai bambini: coraggio, pochi
metri ancora e quei pochi metri non finivano mai. In sacrestia seduto stentavo a
prendere fiato. Ma ci ritornerei volentieri
Secondo incontro
La nascita
E’ difficile stabilire con esattezza la data della nascita e della morte della santa. Per
quando riguarda la data della morte seguendo il libretto che le consorelle
mandarono a Roma per chiedere la beatificazione di Rita e basandosi sulla
tradizione orale gli studiosi ritengono che Rita mori nel 1447 nel qual caso sarebbe
nata nel 1370 essendo vissuta 70 anni. Ma sulla cassa bella nella quale fu deposta
c’è una data 1457, diversa dalla tradizione. Come potremmo spiegare questa
discrepanza? probabilmente sarebbe morta nel 1447 e dieci anni dopo traslata nella
cassa bella e la data sulla cassa si riferirebbe alla data della traslazione.
Come si chiamavano i genitori? Dicono Antonio Lotti e Amata Ferri. Sul nome del
papà c’è certezza perché in un documento notarile, la vendita di un bene del
monastero a un privato, nominando le suore che vivono nel convento si aggiunge Rita
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di Antonio Lotti. Per quando riguarda la madre sappiamo solo che si chiamava
Amata, forse Ferri, perché un cognome molto diffuso nella regione.
Secondo la tradizione orale, forse influenzata dal racconto evangelico dei santi
Gioacchino ed Anna, anziani e desiderosi di aver un figlio, anche Antonio e Amata,
già da moltissimi anni sposati, molto anziani, pii e religiosi, avrebbero desiderato
ardentemente che la loro unione come per altri fosse stata benedetta da Dio con un
figlio. E allora si racconta di Amata che in sogno vide un angelo che le preannunciò
la nascita di un bimba a cui dare il nome di Margherita. Probabilmente nella
predicazione si è amplificato quello che potrebbe essere stato l’aver trasformato
inconsciamente il desiderio di una maternità in un sogno premonitore. Spesso nei
nostri sogni trasferiamo la nostra vita, ma niente ci vieta di pensare che Dio possa
servirsi dei sogni per comunicare con noi, d’altra parte la scrittura parla
dell’intervento di Dio nella vita del Figlio, mediante i sogni di Giuseppe.
Rita venne alla luce nel tempo della mietitura, giugno o luglio, e poiché in campagna
il tempo ti obbliga, la bambina venne messa in una cesta mentre poco lontano i
genitori ed altri lavoravano., uno sguardo di tanto in tanto alla piccola per sentire ed
accorrere all’occorrenza. Gli uomini con la falce tagliavano il grano,, le donne e i
bambini raccoglievano il grano e lo legavano in covoni, quando un grido fermò tutti,
un contadino si era tagliato la mano con la falce ed ecco correre verso il villaggio per
medicarsi quando passando davanti alla bimba si accorse che alcune api entravano e
uscivano dalla sua bocca senza farle alcun male. Avvicinatosi per allontanare le api
al contatto con queste scopri che la mano guariva, il taglio che sanguinava era
sparito. L’episodio è stato amplificato dal racconto di generazione in generazione
ma qualcosa di minimo in questa storia ci deve essere, probabilmente avevano visto
uno sciame di api volare nelle vicinanze di Rita e avevano temuto per la sua
incolumità ma questo poi per grazia di Dio non era avvenuto.
Questo episodio è stato ritenuto il primo avvenimento che dimostri la benevolenza di
Dio per questa donna, tanto che venne scritto dalle consorelle nel libretto che
presentarono al papa per la beatificazione e dipinto su una tela che poi è andata
smarrita ma di cui vi è un accenno nei documenti dell’epoca successiva,
Vorrei interpretare a modo mio questo avvenimento: Le api sono insetti che parlano
di lavoro e di miele, api operaie. E queste ci dicono cosa fu veramente la vita di Rita:
lavoro, sempre, da fanciulla nei campi, da madre in
famiglia, nel monastero, il
lavoro come scopo nella vita.
Poi l’ascolto della parola di Dio. Nutrita
abbondantemente cresce nell’intimità di Dio fino alle nozze nello spirito. Non è la
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parola di Dio come il miele che esce dal favo?. La parola di Dio è più dolce del miele
dice la scrittura.
Terzo incontro
L’angelo di Rita
I genitori di Rita erano chiamati pacieri di Gesù Cristo, non erano i soli ma anche
altri,si adoperavano per riappacificare gli animi in diverse situazioni di litigio, litigi
economici e litigi anche di onore che spesso portavano a liti cruenti. Per svolgere
questo compito dovevano essere stimati e possedere una certa indipendenza
economica per mettere a disposizione della pacificazione molto del loro tempo. Non è
improbabile che ricevessero qualche beneficio economico per la mediazione ma
certamente dovevano possedere dei mezzi di sussistenza propri, come campi dati a
mezzadria. Una famiglia non povera comunque.
Al battesimo, non ci soffermiamo a stabilire in quale chiesa di Cascia sia stata
battezzata perché non è importante. Fu chiamata Margherita perché non esisteva una
santa Rita e perché era il nome portato da molte regine e da molte sante venerate in
quel tempo.
Trascorsa la fanciullezza con singolare innocenza e purità, tutta dedita all’orazione e
alla pietà ebbe il grandissimo desiderio di unirsi intimamente a Dio rinunziando alle
sollecitudini del mondo, scrivono le suore nella sua biografia. A sentire la sua
infanzia senti che già da bambina sia prescelta da Dio. Così anche nella vita di altri
santi. P Pio racconta che già a cinque anni era tormentato dal demonio e consolato da
visioni della Vergine e pensava che fossero momenti comuni a tutti. Quando a 28
anni chiese al suo confessore se anche lui vedesse la Madonna, alla risposta negativa,
aggiunse: Lei nega per santa umiltà.
Di Rita invece si racconta di visite periodiche del suo angelo custode, che le
insegnava a pregare, a confidare in Dio, ad amarlo e ad amare tutti gli uomini della
terra e nello stesso momento le parlava dell’amore che Dio aveva per lei. Nel 1626
una donna di nome Diamante testimoniò, al processo per la beatificazione, di abitare
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in quella che fu la casa di Rita e condusse i giudici a visitarla. In una umile stanzetta
una finestrella che secondo sua madre Allegrezza allora defunta era la porticina
attraverso cui entrava l’angelo per visitarla. Raccontò inoltre di aver più volte chiusa
la finestra attraverso cui entrava l’angelo, per motivi di ristrutturazione ma che il
giorno dopo inspiegabilmente tutto era come prima. Era il primo miracolo di Rita.
Rita è chiamata la donna del silenzio perché non ha lasciato scritti di sua mano come
tanti santi ma non era una sprovveduta contadinella. Dotata di intelligenza, sensibilità
umana e cultura ebbe una istruzione superiore. Infatti nella chiesa di s. Agostino a
Cascia c’è un dipinto in cui si vede Rita con un libro tra le mani con intestazione in
latino. Questo dimostra che sapeva leggere anche il latino. Anche nella tela
antichissima che fu subito smarrita Rita è dipinta come la vediamo nelle nostre pitture
con un libro tra le mani. Nessun pittore si sarebbe mai sognato di mettere un libro
nella scena se Rita non avesse saputo leggere.
Quarto incontro
I santi nella vita di s. Rita
L’istruzione che Rita ricevette dimostra che apparteneva ad una famiglia signorile,
benestante, altrimenti non sarebbe stata chiamata in un documento notarile Signora,
domina. Il documento notarile certifica la sua morte. Nel documento viene chiamata
“suora onorevolissima donna signora Rita” che è vissuta nel convento di Cascia in
onore di s. Maria maddalena, quarantanni in digiuni e preghiere perché fosse di
esempio e di stimolo per tutti i cristiani, operando prodigi e miracoli. Questo
documento attesta già la fama della santa e chiamandola signora dice che
apparteneva ad un ceto sociale alto. Difficilmente si sarebbe dato il titolo di Signora
se fosse appartenuta a un ceto basso. Un’altra testimonianza: c’è un affresco anteriore
al 1504 rinvenuto nel 1919 nella chiesa di s. Francesco a Cascia. Rita fa da paciere
tra la sua famiglia e gli assassini del marito: Ha abiti signorili e portamento regale.
I santi che influirono sulla sua vita: san Montano venerato nella chiesa di
Roccaporena. Si racconta che arava la terra con due buoi quando un orso bruno sceso
dalla montagna ne uccise uno. Il Santo implorando l’aiuto di Dio lo costrinse a
prendere il posto del bue ucciso e a lavorare per lui. Da lui Rita imparò a chiedere
l’aiuto di Dio nelle sue difficoltà
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Il centro della vita sociale e religiosa di Cascia era il monastero di s. Agostino dove
la ragazza si recava sovente per la preghiera o per la scuola. Nel passato in prossimità
del monastero in grotte naturali, si racconta, avessero vissuto decine di eremiti
visitati dai casciani per consigli di ogni genere. Accanto a questi uomini di Dio si
ricorda Simone Fidati. Entrato nel convento nel 1300 si guadagnò la fama di
riformatore ma nell’ortodossia. Lo scopo della teologia, diceva, non era la sapienza
ma la maturazione nell’amore di Dio. Era nel 1335 a Siena quando una sera bussò
alla porta del beato un sacerdote, mortificato e avvilito, chiedeva aiuto. Aveva messo
nel breviario una particola consacrata da portare ad un infermo. Quando apri il
breviario trovò due fogli macchiati di sangue. Uno di questi fogli il beato Simone lo
lasciò nel monastero di s. Agostino e certamente fu venerato anche da s. Rita.
Un’altra santa che lasciò una impronta nel cuore di Rita fu Chiara da Montefalco,
1268. A sei anni si trasferì nel monastero fondato da sua sorella dove visse e dove
divenne abbadessa all’età di 23 anni quando la sorella morì. Faro di luce Chiara
divenne anche per i potenti e i sapienti. Dotata della scienza infusa rispondeva a
difficili questioni filosofiche e teologiche, suscitando stima e ammirazione. Favorita
da visioni un giorno Gesù le chiese un luogo dove deporre la sua croce ed ella gli
offri il cuore. Nella’autopsia il cuore presentava i segni della passione.
Quinto incontro
Un annuncio inatteso
Rita attendeva che Dio le facesse capire la sua volontà, ma non aveva fretta: a dodici
anni si sogna il futuro ma nella semplicità. A quell’età la vita è ancora un gioco. Ma
c’era a Cascia qualcuno che non voleva attendere e bussa alla porta dei genitori per
chiederla come sposa. E così la volontà di Dio si manifesta attraverso la decisione dei
genitori. Che cosa dissero a Rita quando le raccontarono della proposta di matrimonio
non è dato di sapere ma certamente i motivi che spinsero i genitori ad accettare la
proposta furono il desiderio di lasciarla in buone mani. Erano anziani abbastanza e
qualora fossero mancati improvvisamente avrebbe avuto qualcuno su cui appoggiarsi,
e poi la scelta della famiglia piuttosto che del convento avrebbe fornito anche ad essi
quell’aiuto che tutti nella vecchiaia si aspettano.
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Secondo la nostra mentalità l’agire dei genitori è una prevaricazione, ma a quel
tempo le cose andavano così e nessuno si scandalizzava . Per l’età questi erano gli
usi, a dodici anni la ragazza poteva andare a nozze, i maschi a quattordici anni.
Tenendo conto di quanto detto brilla nonostante tutto l’amore dei genitori per questa
unica figlia. Paolo Mancini è un buon ragazzo e anche ricco. Che cosa si può
desiderare di più?
Su Paolo Mancini ci sono molte voci discordanti. A Collegiacone, vicino a
Roccaporena, Paolo aveva un mulino, garanzia di un certo benessere, infatti si poteva
tranquillamente eludere il fisco perché non era possibile stabile quella quantità di
grano che quantità di farina avesse potuto dare. Secondo altri sarebbe stato invece un
soldato comandante delle guardie a Collegiacone. Secondo altri sarebbe stato un abile
mugnaio e commerciante nel mercato paesano. Tutti concordano però nel dire che era
un giovane attivamente impegnato nella vita sociale della repubblica. Un bravo in un
certo senso ma di un ceto sociale elevato tanto da poter sedere alla tavola dei signori.
Possiamo pensare che aiutasse i signori a ottenere con non buone maniere quello che
chiedevano e che altri non erano disposti a dare volentieri. A questo punto possiamo
pensare che fosse molto più grande di Rita, forse sui vent’anni.
Per quanto riguarda l’uomo come marito si son dette cose forse sproporzionate:
marito di costumi molto aspri, dicono le suore nella biografia, uomo molto feroce
che atterriva e spaventava nel parlare, dice un altro, aspro, rigido, risentito, dedito alle
armi, sensuale, poco amato dalla gente, molto temuto perché rissoso, non sfuggiva
dalle liti ma le ricercava. E’ possibile dunque che i genitori lo avessero accettato per
marito della figlia se fosse stato così temibile?
Secondo un altro biografo Paolo viene presentato come un uomo di buona e onorata
famiglia con animo ben disposto, che significa inclinato alle virtù. Se così non fosse
stato come avrebbero potuto vivere per quasi venti anni in buona e da tutti ammirata
concordia?. Possiamo dunque sintetizzare, un uomo gentile e disponibile in famiglia
ma duro nel difendere i propri interessi qualora fossero stati minacciati. Un uomo
come tanti.
8:
Sesto incontro
Con Paolo per sempre
Ora Rita conosceva il suo domani e si prepara nella preghiera a fare la volontà di Dio
manifestatale per mezzo dei genitori. E allora è il momento di preparare il corredo
secondo gli usi di quel tempo uso ancora in vigore fino almeno a quaranta anni fa.
Sono i tempi in cui le ragazze sapevano cucire e ricamare e allora spesso il corredo
era opera delle loro mani. Ho ancora in casa anzi avevo perché dopo la sua morte
sono scomparse, tovaglie ricamate da mia madre. Ai nostri giorni si compra tutto
prima delle nozze, forse con qualche sacrificio, forse fidandosi dei regali ma con
ragione perché la moda cambia ai nostri giorni velocemente e anche i gusti.
La cerimonia secono le leggi di Cascia doveva essere molto semplice per evitare
sprechi e ridurre all’impotenza quel che era il male comune: la vanità. Sulle strade
cittadine c’era la sfilata di donne in abiti bellissimi e costosi, per cui prosperavano,
sarti, gioiellieri, parrucchiere e quanti altri servivano per contribuire al lusso delle
donne e spesso i mariti si indebitavano. E noi ricordiamo ancora la sfilata dello
struscio del giovedi santo nelle nostre vie, Toledo, dove si indossava il vestito nuovo
per la visita ai sepolcri, abitudine che per grazia di Dio è scomparsa.
Rita per la sua personalità certamente non avrebbe fatto uso di abiti eccessivamente
costosi e lussuosi, ma neanche si sarebbe presentata al marito vestita dimessamente.
Intelligente come era avrebbe unito l’eleganza alla semplicità. Secondo l’usanza di
quel tempo prima delle nozze lo sposo mandò prima tre donne con regali, abiti
semplici, e poi tre uomini con stoffe pregiate. Nella chiesa di san Montano avvenne
lo scambio degli anelli, e quello di Rita è esposto ancora oggi nel suo santuario a
Cascia. L’infanzia è terminata.
E’ vero che il male contagia ma anche il bene sprona a vivere nell’amore. Pensate a
padre Pio quanti discepoli santi ha avuto, i suoi figli spirituali, san Giovanni bosco
deve molto alla santità della mamma Margherita, sant’Agostino alla madre santa
Monica. La vita con santa Rita trasformò la vita del marito. La dolcezza della donna
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che era stata alla scuola di Colui che fu chiamato mite ed umile di cuore, la tenerezza,
la generosità l’accoglienza della moglie ma anche la sua attrazione per lei divennero
in lui ammirazione, non sapeva Paolo che aveva trovata la donna perfetta di cui parla
la scrittura. Una donna perfetta chi potrà trovarla, ben superiore alle perle è il suo
valore.
Paolo lentamente cambiò il modo di vivere, abbandono i modi rudi della gioventù,
tolse dalla tasca il coltello e ritornò a frequentare quella chiesa che non vedeva da
anni, la chiesa di san Montano. Ritornò a frequentare i sacramenti con grande gioia
della moglie. Quel marito che aveva per lei una grande passione era ricambiato con
un amore fatto di dedizione e tenerezza. Santa Giovanna Beretta Mollo che aveva
vissuto la stessa esperienza matrimoniale di Rita dice dell’ amore: quando penso al
grande amore che ci ha unito, parlava del marito, non posso non ringraziare il
Signore, davvero l’amore è il più grande sentimento che l’uomo può provare.
Settimo incontro
La sposa perfetta.
Che ti mancava, Rita, nel tuo piccolo castello?. Domanda il biografo che poche
pagine prima aveva denigrato il marito. Descrive infatti una vita serena. Diceva di lei
onorata e rispettata, favorita e accarezzata da tutti, ricca di beni e libera nel
comandare. Il piccolo castello, dove? Forse la casa dei suoi genitori dove si sarebbe
trasferito il marito o la casa presso il mulino ? la sua iniziale serenità venne turbata
poco tempo dopo dalla morte dei suoi genitori. Avevano avuto lungimiranza
nell’affidarla ad un uomo. Ma la vita non è solo dolore, è anche gioia, la maternità,
due gemelli , Giangiacomo e Paolo Maria. Crebbero affezionati al papà che li
riempiva di doni, quelli che una volta avevamo anche noi, non sofisticati come oggi,
spade di legno con cui immaginavano battaglie, un piccolo liuto per imparare a
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suonare e altro ancora. E la chiesa di san Montano li vedeva crescere nell’amore di
Dio e ad essi ancora piccolissimi raccontava la storia dell’orso e del santo.
La serenità nella casa, la tenerezza della donna, l’infanzia dei gemelli hanno
trasformato Paolo, il marito. Il giovane coraggioso e prepotente di un tempo si era
trasformato in un uomo mansueto che poco alla volta sente la necessità di sottrarsi
alle cavalcate, ai complotti, alle intimidazioni e alle beghe del partito,il ghibellino, a
cui aveva da sempre aderito.
Nell’estate del 1421 nella rocca di Cascia scoppia una sommossa per motivi politici
su cui non ci soffermiamo e sul selciato si versa molto sangue dell’una e dell’altra
parte. Anche Paolo era presente. A quel tempo non si poteva essere neutrali. E Paolo,
pur non volendo, aveva accolto l’invito a partecipare alla congiura, ma proprio in
quella occasione invece di sfoderare il coltello si tenne in disparte e tentò di calmare i
più furibondi, suscitando disapprovazione e fastidio. Già da tempo c’erano sospetti su
di lui. Frequentava la chiesa, forse si comunicava anche. Pensarono al tradimento
credendo nel suo passaggio al partito guelfo, così fu deciso di eliminarlo.. noi non
sappiamo chi decise, come avvenne l’assassinio, dove avvenne. Forse un agguato
vicino al mulino. Erano trascorsi 18 anni dal suo matrimonio.
Ottavo incontro
Sul luogo del delitto.
Paolo colpito urla e muore. Gli occhi terrorizzati, nel cuore il dolore di lasciare
l’amata moglie e i figli. Pochi minuti dopo accorre Rita. Si accascia, lo tocca e
piange. Il pensiero che i figli non vedano le consiglia di spogliare Paolo della camicia
insanguinata e la nasconde. Non vuole che i figli eccitati dalla visione del sangue
abbiano propositi di vendetta. Sull’immagine di Rita piegata nell’abbracciare il corpo
esamine del marito c’è la testimonianza di un console di Cascia nel processo di
beatificazione. Ho sentito, dice, da mio nonno e da molti altri che alla beata Rita fu
ammazzato il marito e che ella nascose la camicia insanguinata del marito affinchè i
figli non l’avessero vista e non avessero così avuto sentimenti di odio e di vendetta.
Mi fu anche detto che la beata Rita divenne monaca dopo la vedovanza e che è
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vissuta santamente e nel matrimonio e nel convento. Come è possibile che Rita sia
giunta sul luogo del delitto pochi minuti dopo l’agguato e prima di ogni altro? Ci
sono tre possibilità: qualcuno le ha parlato dell’agguato in atto spinto dalla sua buona
reputazione, oppure un passante presente per caso sia corso ad avvertirla oppure
essendo Rita una sensitiva abbia sentito quello che accadeva lontano e sia corsa
verificando che quel che aveva sentito era diventata una agghiacciante realtà
Nono incontro
Il perdono
Rita era rimasta vittima della violenza, certo non come il marito, ma non ne divenne
preda. Alla beatificazione un testimone lo dichiara, si chiama Cittadoni, e dice:
Aveva sempre pregato Dio per gli uccisori del marito. E anche nel documento delle
suore si scriveva : afflitta dal dolore cercava conforto nella preghiera e con grande
perseveranza chiedeva a Dio che avesse loro perdonato l’omicidio. A Rita viene
chiesto di mettere in pratica una richiesta del Padre nostro, rimetti a noi i nostri debiti
come noi li rimettiamo ai nostri debitori. E’ un circolo: quanto più siamo stretti a Dio
tanto più siamo capaci di perdonare.
Rita sceglie il perdono, per amore di Dio, perché l’unica risposta ragionevole alla
violenza è l’amore che lo sceglie, per amore dei genitori che le hanno insegnato
questa verità, ma non è facile. Chiede la grazia di poter perdonare non solo per
imitare il Signore crocifisso ma anche per ottenere la serenità nel suo cuore. E allora
risuona in lei il discorso della montagna. Se amate solo quelli che vi amano, che
merito ne avete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E allora prega cn fervore, con
insistenza, come nella parabola dell’amico importuno. Bussa così tanto che l’altro si
alza. E dice Gesù: qualunque cosa chiederete al Padre mio nel mio nome, Egli lo
darà.
In questa situazione di grande dolore Rita ha anche una altra grave preoccupazione:
la sorte dei figli. Odio suscita altro odio e la catena non si spezza. Dice la tradizione
che i figli avrebbero dichiarato di vendicare la morte del padre. Pensiero
insopportabile, meglio morti che omicidi. Rita ricorda che ciò che ha valore è la vita
eterna e l’omicidio non te la regala. Ecco allora l’offerta della vita dei figli a Dio,
prendili con te Signore prima che commettano il grave atto della vendetta. E la
tradizione aggiunge che muoiono entrambi durante una grave epidemia.
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Anche se non avessero avuto pensieri di vendetta la sorte dei figli sarebbe stata
irrimediabilmente compromessa. Perché a Cascia vigevano questi sentimenti: solo
allora è veramente ucciso un uomo quando vengono eliminati anche i suoi figli. Per
evitare ritorsioni future. Ecco allora che la sorte dei figli è segnata. Potrebbero essere
uccisi Inoltre i ragazzi dai familiari del padre sarebbero stati caldamente incitati a
vendicarsi ricorrendo come omicidi nel rigore della legge. .e poi chi eliminare se non
si conoscevano i mandanti. La legge inoltre li avrebbe potuto anche esiliare e se si
fossero allontanati in un esilio volontario non avrebbero potuto più tornare a cascia
perché chiunque incontrandoli avrebbe potuto ucciderli. I figli pensava Rita si
trovavano in un vicolo cieco, li avrebbe perduti anche se non avessero avuto pensieri
di vendetta. E allora meglio morti nel proprio letto che uccisi
Decimo incontro
La vedovanza
Il silenzio della casa è agghiacciante: Interiormente chiami gli amati, ma non c’è
risposta alcuna: E’ allora che Rita comprende l’urlo sulla croce: Dio mio, Dio mio,
perché mi hai abbandonato: Ed ecco il tentatore: odia chi te li ha tolti. Si può cadere
nella disperazione, persino alla ribellione contro Dio: Ma il Signore si fa sentire: Il
Signore è vicino a chi ha il cuore ferito, Egli salva gli spiriti affranti. E’ una dolcezza
interiore che solo i santi possono descrivere: Benedetta Bianchi Porro scriveva
all’amica che quando sentiva il peso della croce chiamava Cristo ed Egli donava
dolcezza. Mi fa posare la testa sul suo grembo. Questa dolcezza che viene da lui
diventa forza: vuole che ci sia pace pubblica tra la famiglia del marito e gli uccisori
del marito. Nel frattempo ritorna in mente il desiderio della vita consacrata. A
confortarla intervengono i santi protettori S. Giovanni battista, s. Agostino e san
Nicola da Tolentino. Parlano di visione. È un contatto reale o solo interiore? Il
desiderio è intenso. C’erano alcuni monasteri ma lei non dubita. Bussa alla porta delle
agostiniane di s. Maria maddalena per venerazione per il santo fondatore e anche
perchè secondo le regole agostiniane il convento era dotato di una biblioteca. Anche
alle donne era concesso leggere ed istruirsi.
Quale fu il motivo per cui le fu rifiutato l’ingresso nel convento. Non certamente
perché vedova. Negli annali del convento risulta che nel passato fossero diventate
monache altre vedove, Non certamente per povertà essendo Rita certamente
benestante. Si ricorda una sua precedente e generosa donazione al convento. Non
certamente per mancanza del permesso da parte dei familiari del marito. Non
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avrebbero avuto alcun motivo per opporsi. E allora perché? Per paura di una vendetta
da parte degli uccisori di Paolo. A causa della presenza di Rita avrebbero portato
danni al convento. Era pertanto necessario che se avesse voluto entrare nell’ordine
avrebbe dovuto mettere pace tra la sua e l’altra famiglia, impresa che a parere
del’uomo sembrava impossibile. Bisognava allora moltiplicare le preghiere e la
penitenza. Era sola al mondo, respinta dal monastero in cui desiderava vivere, alla
prese di una missione impossibile, quella di ottenere la pace. Aveva una unica arma
la fiducia in Dio. Quante lacrime costava l’agognata pacificazione. Chiedeva ai
parenti del marito di dimenticare l’offesa e perdonare. Le sue richieste sembravano
pazzia, la vendetta abitava nel sangue dei casciani. E se non era pazzia doveva essere
farneticante esaltazione dello spirito. Convincere i mandanti dell’assassinio era
impresa delicata, complessa e gravosa. L’orgoglio impediva loro di stringere la mano
degli offesi. Ma le suppliche, la pazienza e la grazia di Dio compirono l’insperato, in
un convento alla presenza di tre pacieri, la pace fu sancita nel segreto.
Undecimo incontro
Un volo misterioso
La pacificazione tra i Mancini e i presunti mandanti degli assassini di Paolo era un
fatto straordinario, ma per Rita di grande valore. Poteva finalmente entrare nel
monastero di s. Maria Maddalena. I suoi santi protettori avevano accolto la sua
supplica e le aprirono le porte del monastero. Così raccontano le suore due secoli
dopo. Dopo aver sottolineato il grande desiderio della santa, le sue continue suppliche
e preghiere dicono che era mezzanotte, quando una voce l’invitò. Vide san Giovanni
il battista che si incamminava verso un altissimo sasso cinto di dirupi, lo schioppo di
Roccaporena. Abbandonata qui per pochi minuti senti l’altezza del luogo come la
sublimità della vita religiosa mentre i dirupi parlavano dell’orrore della caduta nel
peccato.
Consolata da san Giovanni battista vide sopraggiungere s. Agostino e s. Nicola da
Tolentino che la presero e la deposero nel chiostro. Era notte e le porte erano chiuse.
E fu accolta nel convento. Un volo per superare una grande distanza. Rita come sa.
Giuseppe da Copertino che in estasi si innalzava fino al soffitto. Se non fu un volo
come si racconta fu certamente un momento di grazia come avvenne per il Risorto,
La sera della Pasqua entrò a porte chiuse e disse: pace a voi. E se non fu questo
potremmo parlare di bilocazione come per san Pio da Pietralcina.
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Nel monastero
S:Rita è nella tradizione popolare santa molto invocata perché potente mediatrice
presso Dio. Ascolta e concede grazie, quelle che molti ritengono impossibili. Tutto
questo perché Rita anch’essa ha sperimentato l’aiuto dei santi, grazie ai quali venne
una notte introdotta nel convento. Se noi rimaniamo sorpresi davanti al racconto
figuriamoci la sorpresa delle monache quando al mattino nel chiostro trovarono s.
Rita. Quante domande. Quanta incredulità. Abbiamo lasciato le porte aperte? C’è
forse un passaggio segreto che noi non conosciamo? E Rita racconta e l’incredulità
cessa. La pace tra i familiari e gli assassini del marito è fatta, quale motivo c’è ora
per rifiutare la domanda di Rita. Ed ecco viene accolta. Il sogno si avvera.
Dopo venti anni circa Rita è nuovamente sposa, ma sposa di Cristo. Ti farò mia sposa
per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto e tu conoscerai il Signore.
Non conosciamo il giorno e il rito della vestizione perchè non ci sono scritti. Ma
sappiamo che questa vestizione era accompagnata da un atto notarile dove veniva
detto che la consacrata si impegnava a vivere in quel luogo per sempre con la regola
delle agostiniane impegnandosi in una vita di preghiera osservando castità, povertà e
obbedienza.
Per la povertà si chiedeva di rinunciare da tutti i suoi beni in favore del monastero.
Per Rita che era certamente agiata non era questo un problema, già prima di entrare
nel convento aveva avuto per il monastero delle generose elargizioni.
Non meravigliamoci per una simile richiesta perché nel monastero c’erano come
anche in tutte le parrocchie del mondo esigenze di opere murarie, paga egli operai e
collaboratori, esigenze di vitto e vestiario, e anche qualche spesa in più per le
ricorrenze straordinarie.
Per quanto riguardava la castità certamente ci dovevano essere enormi tentazioni e d
eccessive penitenze per vincerle. Certe abitudini per altro legittime non si eliminano
in un momento ma diventano spesso una croce quando non è più possibile attuarle,
possono dire la loro esperienza chi è costretto a smettere di fumare, spesso si
impazzisce e si ricade.
Ma tutto questo è niente paragonato all’obbedienza. Obbedire richiede una
sottomissione alla volontà di un altro e spesso è un tormento soprattutto quando il
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superiore vuole umiliarti per provare la tua santità. Ed ecco allora una strana
richiesta: prendi questo bastone e piantalo, poi innaffialo due volte al giorno. E così
la professa fece in obbedienza senza neanche domandare il perché. L’anno successivo
con meraviglia della stessa badessa il bastone era germogliato, una splendida vite.
Dodicesimo incontro
La vita nel monastero.
Il Notaio Angeli parlando della vita di Rita nel monastero sottolinea le sue opere
della carità, i digiuni e la preghiera. Le monache godevano di un certo benessere
materiale; per il bene del monastero le loro energie erano indispensabili: Tuttavia col
permesso della badessa potevano avere un regime di vita più severo: Digiuno con
pane ed acqua. Digiunava tutte le vigilie, faceva tre quaresime all’anno, disciplina
con la frustra e il cilicio. Ma questo non sarebbe servito a niente se non ci fosse stata
una vita di intensa preghiera, contemplazione della passione del Signore e grande
venerazione per Maria. Tanto rigore acetico era ricompensato dalle visioni interiori e
dalla elargizione di molte grazie.
I tempi politicamente parlando erano tristi ma il Signore interviene con molti santi
predicatori. Il primo è Simone Fidati, predicatore da sempre percorse tutta la penisola
convertendo centinaia di prostitute. A Firenze costruì il monastero di s, Elisabetta
quale rifugio per le donne di strada convertite. San Vincenzo Ferrer, domenicano,
predicava la povertà e con gesti di misericordia convertiva i peccatori. Grande e
potente taumaturgo. San Bernardino da Siena, devoto al nome di Gesù. Le chiese
non potevano più contenere folla ed egli predicava nelle strade su pedane di legno
contro l’usura ed il commercio, la vendetta, la sodomia e il lusso sfrenato delle
donne. Per la sua santità venne chiamato per essere consulente dei politici di quel
tempo.
Ma è san Giacomo della marca che avrebbe influito su di lei. La sua fama di oratore
attira tanta gente in s. Maria della plebe. Era il venerdi santo del 1432, 15 anni prima
della sua morte. Il francescano percorrendo le ultime ore della vita di Gesù, piangeva
e le sue parole trasmettevano in tutti sentimenti di compassione e in Rita che
ascoltava, china il capo,anche di dolore. Al termine della funzione scelse un momento
di solitudine per non perdere il raccoglimento interiore e le emozioni che la predica
aveva suscitato in lei. E allora il sorprendente.
Una spina della corona di Cristo abbandonò il crocifisso e si piantò al centro della
fronte della santa. Le stigmate. Segnano una unione profonda tra la donna e il
Redentore. Ci si domanda se era un Crocifisso dipinto sulle mura o uno trasportabile.
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Che importa? Una sola è certa che l’episodio della spina è uno dei fatti certi nella
vita della santa. Una perizia recente sul corpo della santa dichiara che sulla fronte
l’osso sembrerebbe toccato da un corpo contendente e particolarmente affilato.
Rita come san Francesco sui monti dell’Averna il 14 settembre 1224 che chiede a
Gesù la grazia di sperimentare il suo stesso dolore. Nell’estasi vide una forma di
croce sorretta da sei ali, come la scrittura descrive i serafini. Al centro della croce uno
simile all’uomo crocifisso mentre l’apparizione si dissolve sbocciano in Francesco le
stigmate. San Pio parla di una grande pace interiore, una quiete indescrivibile, un
silenzio totale, poi vidi un uomo con mani e piedi grondanti sangue. Anche le mie
mani erano così quando la visione scomparve.
Francesco e Pio hanno condiviso il dolore del crocifisso, Rita oltre a questo condivide
l’umiliazione dell’abbandono. Non ha apparenza ne bellezza per attirare il loro
sguardo, disprezzato e reietto. Così per Rita, il disgusto delle consorelle e la relativa
solitudine. La spina spesso diventava piena di vermi e puzzava così tanto da non
poterle dare compagnia. Mancavano di carità le consorelle o avevano paura?
Sono i tempi dell’inquisizione e delle condanne a morte. E se per Rita avessero
pensato che tutto ciò avveniva per intervento del demonio e non per opera di Dio, sul
convento si sarebbe abbattuta l’ira del tribunale. E’ il periodo in cui facilmente si
veniva tacciati di stregoneria.
La malattia
E’ una Rita molto severa con se stessa quella che le consorelle descrivono nella
biografia della santa. La monaca non si accontentava di sopportare il tormento che
la spina mistica le procurava, ma perseverava nelle pratiche di mortificazione.
Immaginate dunque le sue conseguenze sull’organismo di una settantenne provata da
dolori fisici e penitenze. Eppure anche di notte, raccontano, dormiva per terra o su
una tavola di legno. Tormentata dal dolore riconosceva nella malattia il disegno
amoroso di un Dio che non l’abbandonava nella disperazione, ma la ripagava con la
generosità di un Padre misericordioso. Le sue infermità richiamavano al suo letto le
premure delle compagne e nonostante la badessa avesse chiesto discrezione riguardo
alle stigmate e alle virtù taumaturgiche si sparse la fama della sua santità.
Una donna si recò da Rita piangendo. Sua figlia in seguito ad una caduta era rimata
paralizzata e una forte depressione le aveva tolta la gioia di vivere. Chiedeva aiuto.
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Pregherò per lei, rispose Rita. La donna al ritorno trovò la figlia completamente
guarita.
E’ gennaio e in Umbria è pieno inverno, gelo, venti forti, piogge. Non è certamente il
temo ideale per andare da Roccaporena a Cascia, per visitare una cara amica, ma il
desiderio di incontrare Rita spinge una donna a fare questo viaggio durissimo.
Al termine della visita chinandosi all’orecchio le chiede cosa possa portarle nella sua
prossima visita e Rita con voce flebile le chiede di Roccaporena una rosa e due fichi.
Impossibile, il tempo non lo permette. La donna dapprima resiste al desiderio di
accontentarla ma poi presa dallo scrupolo, certa dell’impossibilità di trovare
alcunché, si reca alla casa natale della santa e trova con suo stupore il roseto fiorito e
i fichi sull’albero. Per Rita non erano cose ma esse, la rosa e i fichi ricordavano il
tempo trascorso in quella casa, il lavoro, le persone, le emozioni che nella vita
successiva monacale erano stati totalmente purificati.
Morire di maggio, il tempo della primavera, del sole, il tempo delle rose, dei prati in
fiore il tempo ideale per passare nella terra di Dio, eterna primavera.
tredicesimo incontro
i prodigi
Quando la monaca chiuse gli occhi, le campane della città suonarono a festa insieme,
e dicono le consorelle, da sole perché nessuno era stato visto tirare le grosse funi con
cui nel passato il campanaro le muoveva. Si racconta, il Cavallucci, che una sua
consorella vide l’anima di Rita portata in cielo da angeli gioiosi e questa scena fu
descritta all’interno della cassa solenne. Videro le monache che la ferita sulla fronte
si era rimarginata e il cattivo odore sparito, al suo posto un profumo strano e
dolcissimo si avvertiva. Nel cortile uno sciame di api nere, insolite, nidificano nelle
mura del monastero e ci sono ancora. E il primo miracolo, non ancora sepolta, fu la
guarigione di un braccio paralitico di una sua parente. Raccontano di Cicco Barbaro il
falegname del monastero che si rammarica di non poter costruire la bara per Rita
essendo le mani stroppiate. Ma guarirono e così costrui per lei la bara detta umile per
distinguerla dalla solenne costruita dieci anni dopo.
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Introduzione Oggi è giovedi e come è tradizione