1 2 Con il patrocinio del COMUNE DI CASTELFRANCO VENETO 3 Stampa: Cartocontabile - Blu Office Castelfranco V. - 0423 723033 www.cartocontabile.it Foto di copertina: Il Patronato, di Giuseppe Perin Disegni: Giuseppe Perin Prima edizione: Ottobre 2010 4 Le nostre storie. Il Patronato nel 1910 5 6 Prefazione Come il Gymnasium nella Magna Grecia e la Palestra nell’antica Roma o il Campus negli Stati Uniti e il College in Gran Bretagna, il Patronato Pio X , a Castelfranco Veneto, è il “luogo” dove, da sempre, si forma la “meglio gioventù” per diventare persona adulta e responsabile, senza perdere la lieta spensieratezza giovanile e senza rinunciare alla prospettiva di una famiglia e di una presenza attiva per il “bene comune”. In Patronato ci si educa in quell’ ”umanesimo integrale” e globale che il Vangelo chiama ”uomo nuovo” e che il Concilio Vaticano 2° definirà “laico cristiano”. “Laico cristiano”costituito nel Popolo di Dio e reso partecipe dell’ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, capace di coniugare le realtà terrestri con la testimonianza apostolica e missionaria. (S.G. 30-36). ”Uomo nuovo” come cittadino della Chiesa e cittadino della società e del mondo, in una sola sintesi vitale, per iscrivere il mistero dell’incarnazione di Cristo perché il mondo diventi la “casa comune”, nel rispetto della dignità e della diversità di ogni persona (G.S. 43). Un altro aspetto è da sottolineare: come il Patronato ha saputo accompagnare i cambiamenti sociali e culturali interpretando i “segni dei tempi”. Negli anni 1916-1918, nel nobile Palazzo Preti (forse nel nome aveva la vocazione), don Ernesto Bordignon, Cappellano dell’Ospedale e la maestra Oliva Bonaldo, che fonderà le Figlie della Chiesa, due grandi figure carismatiche, preoccupati per i molti orfani di guerra, aprono un Orfanotrofio. Si trasferirà in Borgo Vicenza nel 1929. Durante il fascismo, in Patronato si insegna il valore della libertà e si preparano molti giovani alla Resistenza, alla lotta di liberazione e alla partecipazione politica e democratica. Dal 1945, nel dopoguerra, per la grande emigrazione, vengono organizzati sui rischi e le “novità” da affrontare in Canada, Australia. Nel “rinascimento castellano”, una stagione memorabile per l’industrializzazione, la ricostruzione, il benessere e la democrazia, il Patronato partecipa alle molte iniziative formative dell’on. Sartor, di Pacifico Guidolin e di don Giuseppe Carretta: educazione degli adulti (Tono Cortese), scuola dell’alternanza (Maison familiare), scuola di base di don Umberto Miglioranza, nascita della cooperazione rurale, sindacato e ACLI, incontri di teologia con i testi del Concilio Lumen Gentium e Gaudium et Spes, presenza all’assistenza con la San Vincenzo, Azione 7 Cattolica, volontariato, ritiri di preghiera e di ascolto della parola di Dio, doposcuola. Molto importanti le testimonianze di alcuni personaggi del nostro tempo: Lazzati, Balducci, Turoldo, mons. Riboldi, Mazzolari, Zanottelli, ecc.. Dopo i tempi d’emergenza, nascono iniziative del tempo libero: Teatro (Guido Negri), campi scuola, gite nei monti, sport (Vigor), coro, centro studentesco, gruppo famiglie, colonia Giorgione, ecc.. Con l’amicizia e la guida di molti preti-extra, capaci di pregare, studiare (q.b.) e stare assieme in allegria, Questa raccolta, nella diversità dei caratteri tipografici e dei generi letterari, tra storia e cronaca, con riflessioni spirituali e prediche, esperienza goliardiche e racconti rusticani, motti di spirito più o meno spiritosi e i gustosi ricordi in dialetto del nonno Piero con l’aria degli antichi filò, è uno strumento prezioso di conoscenza e di memorie per salutare e ricordare tutti “dalla piccola Russia ai sioreti dea Piassa” e “no butar via gnente”! Grazie a Bepi Perin e ai collaboratori per la pazienza nel raccogliere documenti del passato e per la speranza di rinnovare le glorie del nostro Patronato Pio X, che uno di loro cantò (pag. 33): “luogo di sano ristoro e gioviale accoglienza animato dai giovani in assidua frequenza assistiti e seguiti dal solerte assistente, maturano e formano il corpo e la mente”. Don Silvio Favrin 8 Cari amici, gli anni passano inesorabili, modificano le nostre fisionomie e allontanano tanta parte dei nostri ricordi, soprattutto quelli negativi, ma i più belli, vissuti negli anni della nostra giovinezza, hanno lasciato un segno indelebile nella nostra vita. Ora il tema è: Ricordare! È sostanzialmente facile, per chi ha frequentato gruppi, oppure fatto parte di associazioni, scuole, campeggi, ricordare il volto, il nome, i caratteri di vecchi amici, sperando che qualcuno abbia un giorno il desiderio, il tempo e l’estro, di raccogliere quelle memorie. Frugando nei cassetti suoi e degli amici, per avere testimonianze verbali e fotografiche; mettere insieme le storie, le avventure, i momenti più significativi, vissuti in Patronato, (che resta sempre il punto di riferimento e luogo della nostra formazione dagli anni ‘40 in poi) e riuscire a realizzare un libro, con il titolo: “IL NOSTRO PATRONATO”...MEMORIE..!, è la mia attuale fatica . Questa è la prima pagina di un simpatico e affascinante lavoro di ricerca di com’è nato e com’era la vita, l’attività e lo spirito del Patronato; come punto d’incontro e di riferimento per i giovani di Castelfranco Veneto e soprattutto per i ragazzi della Parrocchia della Pieve. La prima parte descrive l’inizio dell’attività del Patronato, dal 1938, con le vicissitudini e le fatiche di Don Ernesto Bordignon, dal 1921, protese a sviluppare ed attuare l’Idea proposta da Suor Maria Oliva Bonaldo, nel 1919. Prosegue con la parte storica, dove i protagonisti sono i giovani e i loro Assistenti, con tutta una serie di fatti, immagini, persone e percorsi e approfondimenti spirituali vissuti in quegli anni. La seconda parte riguarda l’attività dei Gruppi: Le Conferenze della “San Vincenzo”, come aiuto ai poveri. Il Volontariato, attuato in Italia e all’estero dai nostri giovani. Le ACLI, il Centro studentesco, i Gruppi Famiglie, il coro, ecc. La terza parte mostra i momenti allegri, le attività di svago gioco e divertimento. Il calcio: La grande passione e i campeggi in montagna. E’ una carrellata di fatti, immagini, situazioni che risvegliano la memoria dei più anziani, stuzzicano la curiosità dei più giovani quando si racconta, in modo sintetico, com’erano i giochi, le riunioni e le varie attività, con accenni, racconti di episodi seri e faceti, che hanno animato e divertito molti ragazzi. Monologhi gustosi. Serate memorabili trascorse insieme. E’ una sfida alla memoria, che riproduce situazioni ed episodi successi tra 50 e 60 anni fa, ma ancora vivi nei nostri ricordi.. 9 Ricco di nomi di tanti giovani, che hanno fatto parte viva delle squadre di calcio e altri giochi e ricordano i momenti più belli delle vittorie, lamentando con una smorfia, anche le sconfitte, facendo considerazioni da grandi tifosi, nel rapportare le loro sfide leali, con il gioco attuale. Nel libro, molto spazio è riservato ai momenti formativi e ai profili di amici che hanno guidato la nostra associazione, con senso di responsabilità e dedizione, dimostrando con l’esempio i principi morali e sociali da seguire. Il nostro Gruppo 60 anni fa contava circa centocinquanta ragazzi, che diventarono trecentocinquanta nei dieci anni successivi. Ora l’elenco si ferma a sessanta, più altri trenta emigrati o lontani dal paese. Un terzo elenco ricorda gli amici che ci hanno lasciato. Un quarto elenco ricorda i nostri Assistenti, succedutisi negli anni, con i quali non si sono persi i contatti, a testimonianza di stima, riconoscenza ed amicizia. In appendice ci sono i dodici racconti, in dialetto veneto, di Pierluigi Zamperin. Storie di vita vissuta, ambientate nel quartiere di Borgo Padova, nella zona delle Sabbionare. Ricordi descritti con ironico e simpatico lirismo. Il racconto di Danilo Berton, che descrive i momenti belli e traumatici del suo soggiorno in colonia a Piniè di Vigo, dal titolo:”Puniamo il Fanciullo”. Aiutate a valutare il lavoro presentato, suggerendo eventuali correzioni od aggiunte, invitandovi a partecipare con qualche vostro scritto, essendo il libro sempre aperto. Delle tre parti programmate del libro, per motivi tecnici ed organizzativi, presento in prima edizione quella centrale, che spazia dall’anno 1938 al 1986. I nostri due amici: Gianni Marin e Beppi Antonello, con i quali ho collaborato nella stesura di queste memorie, hanno sviluppato l’attività Scout e le fasi interessanti dell’attività sportiva. Hanno pronte le loro bozze e sono state anche parzialmente pubblicate. È auspicabile possano essere inserite prossimamente, nella seconda edizione. Un libro è finito, quando si stampa integralmente. L’eventuale ristampa è una decisione da considerare, insieme! E’ molto importante anche un giudizio, un suggerimento, un vostro racconto ed anche un sostegno morale. Giuseppe Perin 10 PARTE PRIMA Inizio dell’attività del Patronato dal 1938 11 12 Il Patronato. Incontrarci per ricordare e rivivere la nostra gioventù. Non è dietrologia nè facile retorica dire ”... AI NOSTRI TEMPI…!”. Il periodo degli anni quaranta ha lasciato veramente il segno a chi da giovane lo ha vissuto, sia dal punto di vista umano (della fatica e probabilità di sopravvivere), che da quello giocoso e scanzonato ed infine, da quello intimo e spirituale. Troppe cose e tanti avvenimenti per i giovani, in quegli anni, dove guerra e stravolgimenti di stato, hanno fatto crescere in fretta una generazione togliendo i tempi per godere con serenità la fase della giovinezza. Nonostante tutto, come avremo ora l’occasione di scambiarci i ricordi, ci sono molti momenti, di ore passate insieme, ricchi di aneddoti, storie e fatti, che dimostrano la grande voglia di organizzarsi nello sport, di ridere e far festa insieme, di essere solidali tra compagni, di partecipare alla vita di parrocchia e di Patronato, di preparare il proprio futuro nel lavoro, nello studio e nel seguire gli avvenimenti politici. Queste evoluzioni hanno avuto un esito positivo ed è merito della famiglia ma, anche dei giovani sacerdoti e degli amici più anziani di noi. Finita la guerra è iniziata l’esigenza di costruire, in Italia e nei nostri comuni, una nuova forma di governo democratico e partecipato, sono venuti nei Patronati e nelle Parrocchie ad attingere nuove energie umane che hanno aiutato a compiere il cammino di ricostruzione. I giovani hanno prontamente e positivamente risposto. Questo fa onore a chi ha creduto in loro. Sono passati oltre 50 anni da allora, ma dalla freschezza dei racconti i fatti narrati sembrano avvenuti solo ieri. Sono le nostre memorie; reminiscenze che ci gratificano se pensiamo alle opere lodevoli compiute. Forse strappano qualche sorriso malizioso, le piccole mascalzonate e i vivaci scherzetti combinati Ai nostri figli ed ai nipoti lasciamo queste testimonianze, anche se sicuramente, nel leggerle, ci guarderanno con simpatica ironia e forse un po’ d’invidia. Ora giocano e godono in modo diverso, con più mezzi e con nuove ed elaborate fantasie, sicuramente, negli anni futuri avranno anche loro qualcosa di interessante da ricordare e da unire alle nostre memorie. 13 I giovani e i luoghi d’incontro. Il Patronato in Borgo Pieve, nel 2010 Lungo il Borgo Pieve (a Castelfranco Veneto), sono distribuiti diversi luoghi d’incontro degli abitanti della Parrocchia ed in particolare dei giovani. Dopo la chiesa, a destra, ci sono le scuole parrocchiali (ex Istituto Canossiano), poi l’Asilo Umberto I° (Comunale) e, sul finire del Borgo Pieve c’è la Piazzetta, contornata di palazzi storici, Villa Corner (ora Chiavacci) e Cà Duodo (ora Bernardi-Cattani), che porta all’entrata del Patronato. Le strutture e le dimensioni della piazzetta d’entrata del cortile e degli stabili del Patronato non hanno subito cambiamenti, dal tempo dei nostri anni giovanili ma, alcune variazioni d’uso. La Parrocchia ha concesso alla Provincia l’uso di diversi locali per la Scuola Alberghiera ed il Ginnasio Giorgione. Alla sera ospita i corsi di una scuola privata per il conseguimento del diploma di Ragionere. I locali al pianterreno con il Bar e le sale-giochi, il cortiletto ed il campetto di pallacanestro e pallavolo sono a disposizione dei giovani della Parrocchia della Pieve e quelli della Città. La piazzetta del Patronato.- Pur ridimensionati nello spazio, con l’occupazione del cortile concesso a parcheggio, è ora ricco di presenze. Sono molte le attività che le nuove generazioni di giovani e le famiglie programmano e svolgono durante l’anno. Tempi ormai lontani. Negli gli anni ’40 io abitavo in Via San Giorgio e i mezzi di trasporto si limitavano a qualche bicicletta. I vari percorsi: da casa alla Chiesa, alla Scuola, al Patronato, si facevano a piedi, due-tre volte al giorno, con slancio ed entusiasmo, insieme agli amici del Borgo Padova, superando i timori e le paure che la guerra ci presentava, con i bombardamenti ed i mitragliamenti aerei, specialmente al momento di attraversare la ferrovia. I racconti e le memorie, in questo libro, partono da quegli anni e ricordano fatti ed attività svolte per più decenni; con la mia collaborazione attiva in Patronato assieme a molti amici, nominati nei racconti, fino agli anni ’80. 14 “Angoli del Patronato Pio X” Il cortile interno, l’ex- Chiesetta (ora sala riunioni) e la torretta L’entrata del Patronato. Il Musonello. 15 A destra: Mappa del 1799 A sinistra, Casa Preti ( il Patronato) nel 1910 Il palazzo identificato ora come sede del Patronato, ha una storia legata ad antichi casati presenti nel 1425, ancor oggi nella memoria dei castellani ed è segnato nelle mappe del 1799, è nato in quella casa il famoso architetto Francesco Maria Preti. Era l’ultimo erede della sua famiglia. Era imparentato con altre famiglie importanti a Castelfranco che ricoprivano vari ruoli sociali, attività imprenditoriali ed erano molto attivi e presenti nello sviluppo culturale del paese. Molti nomi sono ricordati nell’elenco delle Ville e dei Palazzi che contornano la Città: “Soranzo, Corner, Guidozzi, Colonna, Morosini, Miani, Gaggio, Rinaldi, Novello, Preti”….! La seta, la lana, il lino. le pelli, erano i prodotti trattati da molte di queste famiglie e per questo lavoro c’era bisogno di molta acqua e della sua forza motrice. Nella ricerca, si evidenzia l’importanza del Musonello, nel percorso che da Castello di Godego compie fino a Resana. Il tratto del Musonello che c’interessa, va dal Vicolo Musonello fino al Borgo Pieve, dove si divide, a sinistra diventa Musoncello e sfocia nel Dese, a destra continua il Musonello e si fonde nel Marzenego. Castelfranco è sempre stata interessata a controllare i corsi d’acqua per le forti ed improvvise piene. Il Musonello, (denominato, in questo tratto, Avenale) doveva essere condizionato, in occorrenza, da boe e punti d’uscita; due di queste servivano a far funzionare i molini e le tratture del Borgo Pieve. E’ interessante il sistema del circuito dell’acqua nel giro delle fosse, perché non ristagni e mandi odori sgradevoli; arrivata di ritorno sul ponte Duodo, trova sbarramento s’infila nel senso contrario, attraverso un sifon, passa sotto il letto dell’Avenale, percorre 25 metri, sotto il vicolo Musonello e va a servire la ruota del mulino. La famiglia Morosini gestiva il primo mulino, (ultimamente di Trevese) ed era proprietaria di tutto il complesso di case, all’interno dei corsi d’acqua che contornavano l’attuale Patronato. Nel 1525, Fausto Emiliani era proprietario di quel complesso, denominato ”Cà Bianca”. Nel 1652 la proprietà passò alla Famiglia Morosini. Arrivò alla famiglia Preti attraverso linee femminili. I Miani, i Gaggio, i Gavo, i Guidozzi, la cui figlia Vicenza, sposando Nicolò Preti, padre di Francesco, si portava in dote il palazzo del Patronato. Nel corso degli anni fecero dei restauri, delle trasformazioni e alcune migliorie. F.M. Preti visse in quel palazzo fino alla morte, che avvenne nel 1774. Non aveva eredi, adottò il pronipote Odorico Colonna, il quale nel 1784, la scelse come residenza della famiglia, nel 1850 subentrò Angela Preti e nel 1883, Lorenzo Preti; fino al 1920, quando Anteo Preti, la cedette alla Fondazione dell’Orfanotrofio. Ideata e voluta dalla Beata Maria Oliva Bonaldo, essa invitò e convinse a gestirla, Don Ernesto Bordignon, a quel tempo Cappellano dell’Ospedale, il quale iniziò, con infaticabile ed ammirabile dedizione, l’accoglienza degli Orfani, (molti di loro, per cause di guerra). Nel 1938 l’orfanotrofio si spostò in Borgo Vicenza ed il palazzo fu ceduto alla Parrocchia della Pieve, che lo adibì a sede giovanile. Iniziò così l’avventura dei giovani del Patronato. 16 Don Ernesto Bordignon e Maria Oliva Bonaldo, due personaggi che negli anni ’20 hanno messo le premesse sul futuro del Patronato con le loro scelte e i loro ideali. Don Ernesto, arrivato a Castelfranco nel 1912, da Noale, dov’era Cappellano, aveva 32 anni ed era stato nominato Cappellano degli Istituti Pii (Ospedale e Casa di Riposo), ma nel suo animo sognava il recupero di orfani e bambini indigenti che riempivano le strade mostrando la loro miseria in quegli anni martoriati da guerre, fame ed ignoranza. Maria Oliva Bonaldo,nata a Castelfranco nel 1893 e morta nel 1976, abitava in Borgo Pieve, dove suo padre gestiva un’antica osteria, ed era una maestra che insegnava nella scuola di Campigo. Anche lei, dopo l’esperienza mistica vissuta durante la processione del Corpus Domini in Piazza Giorgione nel 1913, era spinta dal desiderio di realizzare il suo sogno: recuperare le ragazze in difficoltà, dar loro aiuto ed ospitalità. Tutti due, dovettero lottare contro i veti e le incomprensioni. Nel mondo e nella mentalità di cento anni fa loro erano modernisti profondamente cristiani aperti a nuove riforme, pronti all’accoglienza, alla difesa, all’aiuto, all’emancipazione dei più poveri e dei più deboli. Sono stati, a loro modo, anello di congiunzione tra le confraternite e l’associazionismo cattolico; compreso lo sviluppo sociale. Erano tempi in cui il cattolico doveva destreggiarsi tra il liberalismo imperante ed il socialismo nascente. E pensare che un cristianesimo vissuto come quello di Don Ernesto e di Madre Oliva avrebbe risolto tutte le rivoluzioni e guerre che si stavano preparando nel mondo. La storia c’insegna che il tempo fa giustizia e gratifica chi ha operato e sofferto per il bene di tutti. Il 6 giugno 1919, la maestra Maria Oliva Bonaldo, con l’aiuto del Parroco della Pieve don Giovanni Pastega e del cappellano Don Antonio Campion, istituirono il”PATRONATO PRO-INFANZIA”, nei locali del Patronato. Nel 1920 fu nominato direttore Don Ernesto Bordignon e qualche anno dopo, nel1928, come aiuto, nominarono Don Arcangelo Favaro. Era stato costituito un Comitato che per la gestione di questa iniziativa rappresentato da: “Paolo Viganò, Angelo Sartori, Ruggero Pirollo, Elia Favero, Aldo Genovese, Leopoldo Passazi, Luigi Tabacchi e le madrine Emilia Barisani, 17 Emma Finazzi, Mary Passazi”. Un grande benefattore fu anche Attilio Marnati.La prima orfanella fu una bambina e qualche giorno dopo erano già più di 20. Il 5 maggio 1921 la prima crisi. I locali del Patronato non bastavano più, cercò dei posti nell’ex-Casa di Riposo in Via Cazzaro, poi acquistò il terreno e costruì l’orfanotrofio in borgo Vicenza. Nel 1925 il Patronato pro.infanzia era una realtà già difficile da gestire. Lo frequentavano più di 250 ragazzi, con tante aule e locali per le varie attività scolastiche, d’Arti e Mestieri e la Scuola di Musica. I costi si moltiplicavano e i debiti crescevano. Le Parrocchie temevano la sua concorrenza ed inoltre, le istituzioni fasciste, pretendevano di gestire l’educazione dei ragazzi e fare del Patronato la casa del Balilla. Fu ventilata anche la cessione all’Istituto dei Padri di Don Orione. A salvare il Patronato fu la proposta di don Bruno Franceschini, (cappellano della Pieve), che convinse Don Ernesto a rilevare locali e debiti. Era il giorno della Madonna del Rosario, nell’anno 1929. Ancora una volta il Comitato e tante persone generose lo aiutarono a pagare e lui si rimise di lena a trasformarlo in una vera Scuola. E’ il 1929 l’anno di fondazione del Patronato come Scuola, fino al Ginnasio, continuando a gestire i corsi d’Arti e Mestieri e la scuola di Musica, compreso il doposcuola di sostegno per i ragazzi esterni ed interni. Questa è la sintesi della storia dei due grandi personaggi che ci hanno preceduto: Madre Maria Oliva Bonaldo (ora Beata) e Don Ernesto Bordignon. Il 1° luglio 1938 ha segnato l’inizio dell’attività del Patronato attuale, con la consegna dello stabile da parte di Don Ernesto, su invito del Vescovo Mons. Antonio Mantiero, alle Parrocchie della Pieve e del Duomo. Nel frattempo l’orfanotrofio era già stato costruito in borgo Vicenza; ad inaugurarlo c’era, in quel momento un solo orfano: Carmelo Marchetti. A questo punto inizia la nostra storia, ricordando, però con gratitudine, chi ha messo l’IDEA, il seme, il lavoro, il sudore, il pensiero, perché il PATRONATO nascesse. 18 Il Vescovo Mons. Antonio Mantiero con Don Ernesto Bordignon, in visita all’officina dell’orfanotrofio 19 1928 o… 1938 ? La scelta di prendere in considerazione la data dell’anno 1938, dalla quale partire per raccontare del nostro Patronato, ha sorpreso due amici (più anziani), Rino Cecchetto e Piero Squizzato, che hanno aggiunto i loro ricordi: Rino (classe 1921), ricorda che il Patronato era una realtà già negli anni ’20 e che la sua prima Comunione l’ha ricevuta nella Chiesetta nel 1928, con Don Antonio Campion Piero (classe 1924), riferisce che all’inizio degli anni’30, la S. Messa domenicale per i giovani, era celebrata nella chiesetta del Patronato, annunciata dal suono della “CAMPANELLA”, situata in un’edicola sopra il portone dell’entrata.Si prova un certo piacere constatare quanto siano ricchi di ricordi e desiderosi di partecipare con le loro memorie, gli amici più anziani, tante da riempire molte pagine di vita vissuta in questo luogo d’incontri: il Patronato.Resteremo ligi alla data prescelta, ma nulla vieta di aggiungere qualche episodio più significativo, che ricordi anche periodi precedenti.A tal proposito è giusto menzionare quel gruppo d’insegnanti che tanti meriti hanno avuto nella preparazione formativa sociale, cristiana, dei bambini di 7-8-9 anni, le fiamme Bianche, Verdi, Rosse; che precedevano l’iscrizione al gruppo Aspiranti. Ricordiamo le “Signorine”: Carlottina Zalla, Lina Pillan, Elia Zaccarelli, Carolina Muraro, ecc. che per tanti anni hanno operato in loro favore, alle quali va il nostro pensiero riconoscente.Proprio a quell’età avveniva la scelta dei giovani da preparare al compito impegnativo di chierichetto.Dovevano prepararsi a servire la S. Messa, assistere il sacerdote nelle varie funzioni celebrative e soprattutto rispondere, in latino, al salmodiare del celebrante.Il sacerdote ai piedi dell’altare, senza microfono, iniziava il suo dialogo ritmato e veloce col chierichetto-assistente, iniziando con: “INTROIBO AD ALTARE DEI” fino a ”ITE MISSA EST”. Il compito di istruirli era demandato alle Suore dell’Asilo (Suor Giovanna e Suor Luisa), sotto la vigile direzione di Don Giovanni Cagnin.Questa scuola permetteva di avere costantemente un cospicuo gruppo di chierichetti a servizio nelle varie Messe (lette o cantate), battesimi, matrimoni, funerali, vesperi e processioni. Un impegno abbastanza gravoso per i chierichetti. Comportava anche il turno di presenza settimanale alle Messe feriali delle sei del mattino (una levataccia). 20 Un altro gruppo“scelto ed intonato”, era chiamato a far parte del coro parrocchiale di voci bianche (soprani e contralti), dato che alle donne non era permesso di partecipare alle funzioni sull’altare, semmai rispondevano partecipando ai canti, organizzate sui primi banchi Tutte queste attività parallele, facevano riferimento ai gruppi di Azione Cattolica e Scout, in Patronato. Ricordiamo che queste fasi di crescita sociale e cristiana dei nostri ragazzi, così importanti e belle, avvenivano nel momento più brutto e più insidioso della guerra (bombardamenti e mitragliamenti verso i treni e la ferrovia) con le difficoltà di chi abitava a sud della ferrovia, significa mettere in risalto la loro abnegazione e la presenza attiva e costante della famiglia, degli insegnanti, dei presbiteri. Tensioni e paure si sono trascinate per diversi anni anche nel dopoguerra. La pulizia della chiesetta e dei suoi arredi, per molti anni, è stata curata dalla signorina Sara Trevese, (tuttora vivente), con assidua, puntuale e generosa dedizione. La sua presenza silenziosa e utile, in Patronato, è compresa nei nostri ricordi. 21 Leggendo le memorie di Don Ernesto Bordignon, dove descrive il gravoso impegno assunto dopo aver accolto la proposta di Don Bruno Franceschini, nel famoso giorno della Madonna del Rosario del 1919:Doveva rimettere a posto il Patronato, rendere abitabile il piano terra ed il cortile, per poter ospitare gli orfanelli Egli racconta: ”Io solo, col mio piccone, mordevo lentamente i ciotoli e la terra, per far posto al sogno di poter posare un marciapiede di marmo”.Prima il cortile era tutto giardino. Con la presenza dell’orfanotrofio,il marciapiede serviva a non infangare le nuove stanze.Erano passati poco più di 20 anni e le nuove generazioni avevano trasformato il cortile in campetto per giocare a calcio. Era diventata una consuetudine consolidata: tutti i pomeriggi e le sere delle riunioni, i ragazzi giocavano per diverse ore. Quante scarpe consumate su quei sassi (in quegli anni erano autarchiche, di cartone), quante gambe, caviglie e braccia rotte. Cosa fare ? Ci fu un dibattito che si trascinò per diverso tempo. I sostenitori della demolizione del marciapiede: causa prima di tutti gli incidenti in cortile, insistevano perché il problema andasse risolto con urgenza. La voce contraria sosteneva che un manufatto del genere non doveva essere distrutto; oltre al servizio che svolgeva aveva anche un valore storico ed affettivo. Sentite, discusse e messe a confronto le due tesi,con la presenza del Parroco, prevalse la ragione dei giovani e quella della loro incolumità Una sera d’inverno la squadra del Patronato iniziò i lavori di smantellamento Pochi giorni dopo il cortile era spianato e coperto di ghiaia fine. Non era un’ottima soluzione, ma si poté giocare con più divertimento e meno pericolo. 22 La traccia dell’ex-marciapiede”!? Il nuovo campo di Pallacanestro, Pallavolo, Calcetto. 23 Plastico del nuovo Patronato, progetto presentato dall’architetto Luciano Gemin (Treviso). Nelle sere d’estate la presenza dei giovani in Patronato dava l’opportunità agli organizzatori di programmare molte attività sia di carattere sportivo sia sociale, creando anche l’opportunità di incontrarsi, discutere, pensare, programmare iniziative proiettate nel futuro. Seduti, all’esterno del bar, gustando un ghiacciolo, il gruppo degli anziani (che amavano chiamarsi “giovani sposi), prendevano in considerazione le nuove esigenze dei locali del Patronato. A quel tempo erano in piena attività molte iniziative: riunioni, incontri mandamentali, giochi pomeridiani, la nuova mensa Centinaia di persone di varia età frequentavano con assiduità i locali e i cortili. Gino Sartor, Gino Martin, Gino Genovese, Giacomo Rossato, Florio Menegon, partecipavano assieme a noi alla discussione, fantasticando l’idea di proporre la costruzione di un nuovo fabbricato che risolvesse le esigenze di spazi razionali dei quali il Patronato potesse aver bisogno. Schizzi, misurazioni, calcoli, elenchi d’attuali e future attività riempivano i tavolini del bar stuzzicando l’interesse e la curiosità dei presenti. Sale riunioni, sale giochi, sale studio, tanti spazi per varie attività. Tutti facevano la loro proposta sostenendone il pregio. Convinti della validità dell’idea fu esposta al Parroco don Bruno Franceschini il quale si consultò con il tecnico, l’architetto Luciano Gemin di Treviso che pochi mesi dopo presentò il progetto ed il plastico di un nuovo stabile da edificare nel centro del cortile. A quel punto sorsero le prime perplessità: il cortile del Patronato era l’anima, il polmone, la vivibilità, la vita sportiva dell’istituzione, non poteva essere sacrificato.Era più funzionale, forse, costruirlo nell’orto, oltre il fosso! Il progetto fu messo in soffitta assieme al plastico ed il cortile fu salvo. 24 25 1969Non ancora ultimata ma, il camino sta già fumando. Da qualche anno era finita la guerra del 1940-45, Castelfranco Veneto, come tante altre città, duramente colpita nel suo territorio, con la popolazione traumatizzata dai sinistri eventi e dalla carenza di generi di prima necessità, si apprestava a reagire cercando nuovi percorsi e progetti di ricostruzione; presupposti necessari per un nuovo sistema di vita.Ricostruire le case, riconvertire le fabbriche, dare lavoro ai giovani che tornavano dalla guerra, riproporre nuove amministrazioni e nuovi servizi: “Un mondo da rifare”. L’impegno di tutti ha dato grandi risultati!Negli anni successivi si è cercato di dare qualcosa in più alle famiglie e specialmente ai bambini che più avevano patito e che dovevano migliorare la loro salute. Esistevano già le colonie marine e montane ma erano destinate solo a pochi fortunati.Erano troppo poche perché potessero soddisfare le richieste e i bisogni di tanti ragazzi. A Castelfranco Veneto l’iniziativa di pensare ad una colonia montana partì da Don Giuseppe Carretta nella primavera del 1946, che fu stimolato dall’invito di Pio XII di “Salvare il Fanciullo”.Nacque così l’omonimo “Comitato” al quale aderirono molti parrocchiani.Già nell’estate fu affittata una modesta casa ad Enego (su indicazione del dott. Dalla Palma), dove per due anni furono ospitati molti bambini. Nel 1948 il Comitato individuò una nuova sistemazione in una casa, in Cadore, a Piniè di Vigo (Auronzo), che arredò con il contributo di Enti e privati cittadini,disposti a fare anche molto volontariato. Per tredici stagioni diede un ottimo e confortevole soggiorno a molti turni di ragazzi.Nel 1952 l’Italia si stava sollevando dalle miserie del dopoguerra. S’intravide la possibilità di programmare la costruzione di una nuova e capiente colonia.Fu acquistato il terreno (con un’offerta del cav. Filippo Larizza) l’interessamento dell’On. Domenico Sartor, l’aiuto del Sindaco Gino Sartor, del cav. Abele Lago, del prof. Paolo Mùller e del rag. Gino Genovese, intestandolo al Parroco della Pieve Don Bruno Franceschini, garante e usufruitore di possibili contributi. 26 Passarono diversi anni prima di realizzare il progetto. Bisognava trovare i fondi necessari e le varie autorizzazioni. Negli anni ’60 era ormai una realtà. Gruppi di cento e più ragazzi per turno si alternano tuttora nel periodo estivo per godere una salubre e spensierata vacanza. Un ruolo importante è stato svolto dalla squadra operativa, composta da giovani volonterose guidate dalla mitica e generosa maestra Èlia Zaccarelli. Altri gruppi di varie Parrocchie prenotano la loro presenza. Si ritagliano uno spazio anche i Gruppi Famiglie, tutte 1976 Bambini in colonia coppie di amici che dedicano il tempo di (Flavio, Fabrizio, Giorgio) vacanza non solo a rilassare lo spirito ma e genitori in visita anche a ritoccare, rimediare e abbellire la nostra colonia dagli eventuali depauperamenti del tempo e dell’assalto dei giovani. Anche queste forme di volontariato aggiunto fanno parte del modo di essere attivi nel nostro Patronato. Rifugio Carducci (2297 m) 27 28 29 Questa fotografia mi è stata consegnata da un” ragazzo” del gruppo: ANGELO FABIAN (classe 1922), con la preghiera di pubblicarla e di ricordarne anche i nomi. Seguendo la cronologia dei numeri segnati sul negativo, possiamo ricordare e riconoscere i nostri amici e fratelli maggiori: 1 Guido Zanibellato, 2 Bruno Zanolli, 3 ….Fabrin, 4 Toni Trevese, 5 Bruno Sagui, 6 Primo Rebellato, 7 Eugenio Rebellato, 8 Carlo Sasso, 9 Ubaldo Menegotto, 10 Carlo Magoga, 11 Angelo Ballan, 12 “Natte” Andretta, 13 Bruno Campanaro, 14 Eduino Zanibellato, 15 Don Gino Gomiero, 16 Gino Sartor, 17 Tullio Sartor, 18 Lino Sartor, 19 Doris Benetti, 20 …….Alessio, 21 Don Bruno Martignon, 22 Rino Tiotto, 23 Bruno Bordignon, 24 Carlo Cimador, 25 Vittorino Viola, 26 Bruno Bendo, 27 Rino Magoga, 28 Angelo Fabian, 29 Eugenio Mazzolenis, 30 Dino Scola, 31 Rino Bordignon, 32 Giuseppe Salomon, 33 Luigi Prior, 34 Cesio Fabbian, 35 Nildo Comacchio, 36 …..……, 37 Vittorio Bressan, 38 Dino Gomierato, 39 Campagnolo, 40 Bruno Tiotto, 41 Toni Squizzato, 42 Alberto Navarra, 43 Gino Baggio, 44 Angelo Favaron. Molti di questi ragazzi li troviamo nelle foto successive (1942-1943), erano i nostri fratelli maggiori. La guerra li ha divisi; i più anziani al servizio militare, i più giovani a studiare o al lavoro. Negli anni successivi ognuno poi ha scelto la propria strada, ma tra noi è sempre presente l’amicizia e la stima. L’esperienza maturata in questi Gruppi ha segnato positivamente la vita di chi ha frequentato il Patronato, ne testimonia, in questo suo breve sonetto, Angelo Fabian (classe 1922): 30 IL PATRONATO Luogo di sano ritrovo e gioviale accoglienza, animato dai giovani in assidua frequenza, assistiti e seguiti dal solerte assistente, maturano e formano il corpo e la mente. 31 Uomini Cattolici e famiglie in congresso. Sono presenti molti sacerdoti, tra i quali il vescovo Mons. Longhin ed il cappellano della Pieve: Don Bruno Franceschini. (1932 ?) 1932- Uomini Cattolici nel giardino della canonica, con Don Bruno Franceschini. 1939. Patronato. Don Gino Gomiero con un gruppo di aspirantini: Carlo Acoleo, Armando Berton, Urbano Ballan, Flavio Giacomazzi, Bartolomeo Sorge (nascosto), Sergio Bragagnolo, Marcello Stocco. 32 1942. Il gruppo- Aspiranti, e Don Gino Gomiero. 33 Questo gruppo di giovani sono i primi protagonisti dei nostri racconti. E’ la nostra storia dei momenti vissuti in Patronato. Dal basso: Angiolo Sorge, Renato Sguardo, Renzo Tieppo, Giuseppe Perin, Carlo Acoleo, Don Gino Gomiero, Sergio Bragagnolo, Armando Berton, Francesco Barichello, Flavio Giacomazzi, Rino Bortolotto, Sandro Marcon, Gianni Marin. Paolo Marcon, Franco Stradiotto, Marcello Stocco, Urbano Ballan, Silvano Basso, Luigi Concolato, Gianni Pavan, Gino Giacometti, Giovanni Girotto. Piero Squizzato, Rino Magoga, Rino Alessio, Bruno Sagui, Nino Acoleo, Bartolo Sorge, Beppino Bressan, Angelo Favaron, Alfonso Marcon, Danilo Concolato, Albino Marcon, Enrico Lerrabongio, Bruno Giacomazzi. 34 Il gruppo dei giovani del Patronato nel 1943: il Direttore: Don Giovanni Cagnin e Paolo Marcon. Insieme a noi, i tre futuri Padri (Sacerdoti): “Bartolomeo Sorge, Luciano (Santo) Benedetti, Luigi Trevisan” 1947. Possagno. Villa Sacro Cuore. Tre giorni di studio per Dirigenti di Azione Cattolica Relatori: Dino De Poli, Antonio Mazzarolli, Angelo Trevisan. 35 Possiamo riconoscere: Monsignor Mattarucco, (Parroco del Duomo). Don Bruno Franceschini, (Parroco della Pieve), Don Giovanni Brotto, (Assistente). Piero Squizzato, Giovanni Girotto, il presidente: Cav. Vittorio Ferrazzi, Giovanni Benedetti, Giuseppe Boldrin, Bruno Calvi, Bruno Campanaro, Emilio Giacometti, Albino Marcon, “Ico” Baggio, Sandro Marcon, Giuseppe Confortin, Antonio Frattin, Elso Pellizzari, ecc. 1942 Dietro il campanile della Pieve: Armando Berton, Piero Squizzato, Nino Acoleo, Carlo Magoga, Bruno Sagui, Alberto Navarra. 36 I Cresimati del 1959 I nomi dei Cresimati della classe 1948/49 il giorno della S. Cresima Il Gruppo era seguito da Don Orlando Berti. I loro nomi: Prior Danilo, Stefanetto Piero, Stefanetto Umberto, Giacomazzi Giuliano, Giacomazzi Fabio, Marcon Giuliano, Chicco Bianco, Bressan Luciano, Bressan “Ciccio”, Nogarotto Camillo, ……… Luciano, Ballan ….., Calzavara……, Bacchin Giorgio, Loriano Aldo, Basso……, Tura Lamberto, Bizzotto Lino, Stella Luciano, Ferlin Gastone, Ferlin Ivo, Fraccaro Paolo, Pinaffo Federico, Pasqualetto Romeo, Crocetta Giorgio, Pillan Antonio, Fiorentin Paolo, Chiminazzo Sergio, Broselli Loris, Ceccato …… (mancano 12 nomi che non siamo riusciti ancora a recuperare) 37 F Fiamme tricolori! (1950 ?) I “cresimati” con la loro Assistente: Maestra Lina Pillan., ( Chi sono? In che anno?) 38 Il campo di pallavolo e di pallacanestro, ricavato sul vecchio orto del Patronato nel 1958 Ha collaborato alla realizzazione Franco Simioni. Lunedì dell’Angelo (Pasquetta), il primo gruppo misto in gita sul Monte Grappa. 39 Don Angelo Don Bruno Don Orfeo Don Adriano Don Paolo Don Gino Don Giovanni Don Raimondo Don Piero Don Luigi Don Giovanni Don Virginio Don Giovanni Don Umberto Don Silvio Don Orlando Don Cesare Don Giovanni Don Luigi Don Lino Don Lino Don Piergiorgio Don Alessandro Don Luigi Don Renato Don Silvio Don Adriano Don Luciano Don Sergio Don Mario Don Luca Don Francesco Don Daniele Baldan Franceschini Gasparini Cevolotto Marconato Gomiero Cagnin Squizzato Salvador Sabbadin Brotto Toso Gottardi Miglioranza Basso Berti Peretti Pesce Marconato Pellizzari Nichele Bruffato Dussin Condotta Marin Favrin Cevolotto Marchioretto Fraccaro Rossetto Vialetto Guarise Giacomin Parroco Parroco Parroco Parroco Parroco Cappellano Direttore Patronato Cappellano / Militare Cappellano “ “ (ACLI) “ “ “ (ACLI) “ “ “ “ “ “ (ACLI) “ “ (ACLI) “ “ “ Cappellano / Ospedale Diacono / Cappellano Cappellano “ “ “ “ “ 40 1936 - 1948 1948 - 1981 1981 - 2004 2004 – 2010 Dal 2010 1938 - 1943 1941 - 1947 1942 - 1943 1943 - 1949 1947 - 1954 1949 - 1954 1951 1954 1955 - 1966 1956 1958 1959 1964 1967 1980 1971 1972 1974 1974 1979 1959 1982 1986 1992 1995 1999 2003 2008 Il sentiero di: FARO E GUIDA DEI GIOVANI NEGLI ANNI ’1943-1950 La figura del giovane sacerdote, Don Piero Salvador, resta emblematica e significativa, nei ricordi dei giovani che frequentavano il Patronato e l’Azione Cattolica. Conclusi gli studi in Seminario e nominato cappellano nella nostra Parrocchia il Parroco, Don Angelo Baldan, gli affidò l’incarico di organizzare e guidare spiritualmente i giovani. Con l’entusiasmo che lo caratterizzava, riunì attorno a sé un gruppo di ragazzi tra i più intraprendenti. Non ha avuto difficoltà nella scelta perché il precedente Assistente, Don Gino Gomiero, aveva preparato un meraviglioso gruppo (lo possiamo vedere nella foto scattata nel 1944 davanti alla porta del Patronato, ed anche nell’altra del 1943, ritratta col Direttore del Patronato Don Giovanni Cagnin). Don Piero fece del Patronato il fulcro di molte iniziative, compreso il potenziamento del Gruppo SCAUT, che si era da poco formato. Era tutto un fermento; tutti erano coinvolti, sia nelle varie riunioni sia in tante varietà di giochi e passatempi. In quei momenti emergeva la funzione e le qualità carismatiche del Sacerdote. E’ mitica la passeggiata che Don Piero faceva sotto gli alberi lungo il cortile, con i ragazzi. La partita di calcio notturna s’infervorava( dopo la riunione di A.C. ) e nelle sale si giocava a ping-pong, a calcetto, a scacchi, ecc.,lui approfittava per accompagnare, a turno, i giovani a far quattro passi lungo quel “ sentiero”. Tutti vedevano e, sicuri che a loro volta sarebbero stati chiamati per la chiacchierata, commentavano con la frase, entrata nella storia: “Adesso gli fa il sermone! ”noi la chiamavamo: “LA CARNE”, nel senso che, ripassando insieme al ragazzo, le idee e le aspettative, suggeriva e indirizzava il percorso migliore per il suo progetto di vita. Questo rito era accettato positivamente da tutti noi. Quando Don Piero organizzava gite e campeggi, per essere sicuro della buona riuscita, coinvolgeva anche i membri della sua famiglia, fratelli e sorelle, che si prestavano volentieri ad aiutarlo e molte volte programmavacon gli aspiranti, la gita in bicicletta fino a Campretto (a casa sua) a mangiare la zucca, le mandoline, l’uva e le frittelle, per tenerli uniti. Sono stati per lui dieci anni d’intensa attività, e noi lo ricordiamo con simpatia e riconoscenza. La vita è stata fisicamente ingrata con Don Piero. Dopo una lunga malattia, morì il 4 novembre 1972, a soli 54 anni. E’ sepolto nel cimitero del suo paese: San Martino di Lupari. 41 L’angolo del cortile del Patronato, 60 anni dopo 42 Dal Patronato partirono per Roma: Don Piero Salvador, Gianni Marin, Renato Sguario, Giuseppe Perin, Umberto Venturi, Armando Berton. A guerra conclusa, con il voto plebiscitario del 2 giugno 1946, l’Italia è diventata una Repubblica. Si è formato il primo governo Costituente. Il 1° gennaio 1948 è entrata in vigore la nuova Costituzione italiana. Il 18 aprile 1948 i cittadini sono stati chiamati alle urne. Era la prima volta, dopo il ventennio fascista. C’era un’aria euforica e un desiderio di libertà. A chi dare il voto? Due schieramenti si fronteggiavano: La nuova“Democrazia Cristiana”, nata dalle ceneri del Partito Popolare di Don Luigi Sturzo e l’alleanza di sinistra, che aveva messo insieme due partiti: Comunista e Socialista, guidati dai due Segretari, Palmiro Togliatti e Pietro Nenni. La sinistra aveva partecipato alla formazione del primo governo provvisorio ed aveva dimostrato una fattiva collaborazione, però i legami di Togliatti con Mosca potevano dimostrarsi pericolosi, per una futura democrazia. In Italia un simile esperimento di governo, che dimostrava un forte anticlericalismo, era un cattivo presagio. La scelta era impegnativa, se vinceva la sinistra poteva comportare il pericolo di essere inglobati nel sistema ideologico sovietico d’oltre “cortina”. Era un momento di grande tensione. Il 18 Aprile sancì la vittoria della Democrazia Cristiana. La“Chiesa”, con la voce del Papa PIO XII, volle verificare e consolidare la validità della scelta politica del popolo italiano, soprattutto incontrando i giovani. Con l’occasione dell’ottantesimo di fondazione dell’Azione Cattolica (sostenuta dal Papa PIO X ), chiamò i giovani organizzati in quelle file, ad un raduno a ROMA, nel settembre 1948. Per otto giorni la città fu invasa da 600'000 “Baschi Verdi” Era il segno di riconoscimento dei ragazzi di Azione Cattolica.. Il nostro gruppo fu ospitato da una famiglia nei pressi di Piazza Esedra. Il momento più importante della manifestazione fu l’incontro in Piazza S.Pietro con il Presidente dell’A.C. Carlo Carretto, e la S. Messa celebrata dal Papa PIO XII (Eugenio Pacelli). E’ stata una lunga notte! Una grande manifestazione, che diede la carica ai nuovi governi e ai giovani stessi ad impegnarsi nella politica, con sani principi. I giorni successivi sono stati dedicati alla visita di Roma: le chiese, i monumenti, i musei, le catacombe, i palazzi e le piazze importanti. 43 Per noi quei giorni furono di grande importanza nei rapporti nuovi col mondo che si apriva a nuove problematiche, nella libertà di pensiero di azione, di conoscenze, di ponderazione e coraggio nelle scelte. 44 Questa foto rappresenta un momento di gioia “matura”: la presenza di Don Piero, tornato per incontrarsi con i vecchi”giovani” del Patronato. Una soddisfazione intima e incancellabile per tutta la compagnia. Ha inizio, con questa festa, l’esodo verso scelte che impegnano la vita futura. La professione, il matrimonio e perciò la futura famiglia. Una speranza, un desiderio, certezze che si leggono nei loro occhi; la risposta di un gruppo che dopo aver ricevuto il messaggio cristiano e una preparazione seria per un inserimento costruttivo nella società, può camminare con passo sicuro. Grande merito anche a Don Piero che a loro ha molto dedicato, come assistente spirituale, attenzioni, consigli ed indirizzi di vita. Un’altra pagina felice che fa prezioso il nostro Patronato. I nomi: Prima fila: Giuseppe Perin, Armando Berton, Rino Alessio, Don Piero. Orfeo Milani, Alfonso Marcon, Aurelio Alessio, Gianni Marin, Carlo Dallan. Seconda fila: Cleto Trevisan, Gino Perin, Ugo Parisotto, Roberto Barbon, Sergio Costeniero, Battista Fantin, Vittorio Parisotto, Egidio Alessio, il “Moro” Bressan, il “Bianco” Calsina: (Gino Alessio), Albino Marcon, Francesco Barichello. Molti anni sono trascorsi, quasi due generazioni. Tanti amici sono già nonni felici. Ci rivedremo con nostalgia ed un senso di rinnovata amicizia e riconoscenza. Una preghiera, un pensiero, agli amici che non sono più tra noi, ma presenti nei nostri ricordi. 45 Castelfranco Veneto 04/05/ 03 Patronato Pio X – Parrocchia della Pieve Padre Luciano Benedetti Carissimo Padre Luciano, (per noi, “Santo” è il tuo nome). E’ stata una sorpresa gradita l’invito a partecipare alla celebrazione di ringraziamento per il tuo 50° di sacerdozio. Presenti fisicamente ed ancor di più spiritualmente all’avvenimento che rappresenta un punto d’arrivo dell’attività pastorale ed un passaggio che invita a ripensare al lavoro fatto in questi anni ed al lavoro da fare ancora come saggio consulente. Una foto di 60 anni fa immortala il gruppo di giovani di Azione Cattolica attorno al suo assistente spirituale (don Gino Gomiero) e un’altra foto con il Direttore del Patronato, Don Giovanni Cagnin. Sono i Giovani Aspiranti (11 anni), insieme con gli Juniores (15-18 anni) e con i Senior (oltre i 18 anni). In questo gruppo (s’intravedono in alto Bartolo Sorge, tu e Luigi Trevisan, i tre Padri futuri, insieme con altri più giovani e più anziani) è stato il nucleo attivo e preparato dal quale la futura Democrazia Cristiana, i sindacati e le organizzazioni sociali hanno attinto per iniziare un’attività politica e amministrativa, nel comune di Castelfranco e nei paesi limitrofi. Intanto il Patronato rinforzava le presenze dei giovani con l’aiuto di un altro bravo assistente spirituale; don Piero Salvador. Si sommano così 20 anni di lavoro con il Gruppo Giovanile. Oggi, pur non essendo stato tra noi per tutto quel periodo, poiché avevi già scelto la tua strada, ricordiamo, con te, le attività di quegli anni, gli assistenti, i giovani che hanno dato onore al Patronato, alla Parrocchia, al Paes.e Con il tuo 50° di sacerdozio comprendiamo, onoriamo e festeggiamo anche loro.Congratulazioni vivissime e auguri per la missione che ancora ti attende. Giuseppe Perin 46 Duomo di Castelfranco Veneto. Domenica 21 settembre 2008. Padre Bartolomeo Sorge Nel 50° di sacerdozio. Carissimo amico, Padre Bartolomeo. Da tanti anni seguiamo il percorso interessante della tua professione sacerdotale ed oggi partecipiamo, con gioia, alla festa del tuo: 50° di Sacerdozio, celebrato nella chiesa del Duomo di Castelfranco V. Vogliamo ricordare, in sintesi, a tutti gli amici del “Patronato “ il motivo della poca presenza tra noi, negli anni successivi il 1945. Dopo il Ginnasio, sono stati i diciassette anni di studio, preparazione e formazione, nell’ordine dei Gesuiti, ad eclissarti dagli amici. L’ordinazione Sacerdotale avvenne nel 1958. La prima S. Messa la celebrasti a Comillas, in Spagna, il 15 luglio 1958 e il 17 a Lourdes, dove la Madonna ti concesse la gioia di celebrare la S. Messa, di fianco alla sua Grotta e poi nel Duomo di Castelfranco V. Un impegno immediato ti aspettava, come Vice Direttore della rivista “Civiltà Cattolica”, che onorasti dal 1958 al 1980 e da Direttore, fino al 1992. In seguito ti nominarono Direttore della Rivista “Aggiornamenti Sociali”. Nel frattempo, nel 1986, a Palermo era nata la Scuola di Politica Sociale “Padre Arrupe”. Una scuola di pratica politica, non teoria, (che tanto ha disturbato la mafia). Hai accettato l’impegno di dirigerla, soffrendo le minacce di morte e perciò di essere protetto dalla scorta, per sette anni. La tua grande fede e l’amore per la Madonna, resta per noi esempio di un cristianesimo vissuto da maestro e guida. E’ un grande onore esserti amico. Congratulazioni per questo giorno ed un augurio per altri importanti traguardi. Con affetto e stima, a nome di tutti gli amici del Patronato. Giuseppe Perin 47 Castelfranco Veneto 22 marzo 2006 Padre Luigi Trevisan. Tra gli amici del Patronato, degli anni ’40, sei il terzo che ha scelto la strada del sacerdozio. Nella foto di Gruppo del 1942, con il Direttore del Patronato Don Giovanni Cagnin, ti vediamo insieme con gli altri due futuri seminaristi: Bartolo Sorge e Santo (Luciano) Benedetti. Dopo la vostra partenza, noi giovani, seguivamo il vostro percorso di studi e di impegni Pastorali, dai racconti dei fratelli e vostri, nei momenti di vacanza. Tutti e tre Missionari: Padre Bartolomeo Sorge, dell’Ordine dei Gesuiti; Padre Luciano Benedetti, dell’Ordine dei Carmelitani e Padre Luigi Trevisan, dell’Ordine dei Verbiti. Sono stati, per voi, molti anni di studi e di preparazione, prima d’iniziare il lavoro in missione. Tu hai studiato nel Seminario di Riva del Garda (Varone), completando gli studi a Modling (Vienna), iniziando poi la missione a San Paolo, (in Brasile), dove sei rimasto per sette anni. Tornato a Varone, sei stato nominato Rettore del Seminario, incarico durato alcuni anni, per passare poi in una Parrocchia in Svizzera, a Laufen (Basilea). In quel paese hai svolto anche un buon lavoro come interlocutore culturale, a vantaggio dei lavoratori italiani, nel rapporto con il Governo Svizzero. Nell’occasione del rientro in famiglia, a Castelfranco V.; arrivavi in Piazza ed entravi nel mio negozio per chiedere notizie degli amici, t’informavi delle attività del Patronato, rivivendo con gioia i ricordi giovanili. La tua morte ha colto di sorpresa tutti noi e ne siamo molto dispiaciuti, hai lasciato però un bel ricordo nel nostro Gruppo e la certezza del segno cristiano, nell’opera che hai svolto. Giuseppe Perin 48 Domenica 4 Maggio 2003, nella Chiesa di S. Maria della Pieve alla S. Messa delle 11.15, tutta la Parrocchia ha assistito alla celebrazione del 50° di Sacerdozio di Padre LUCIANO BENEDETTI, erano presenti anche i suoi due amici d’infanzia, Padre Bartolomeo Sorge e Padre Luigi Trevisan, venuti ad onorare l’importante traguardo. La cerimonia, toccante e partecipata, ha coinvolto specialmente il gruppo di amici del Patronato del quale i tre Padri facevano parte, ma che la scelta di entrare giovanissimi in Seminario li ha allontanati per molti anni. Abbiamo un ricordo fotografico del 1943; sono trascorsi più di 60 anni. Terminata la Messa è stato offerto un aperitivo nel cortile della Canonica per dare l’opportunità a tutti di incontrarli, salutarli e, soprattutto, farsi riconoscere, ricordare i episodi dei tempi passati ed ascoltare le loro impressioni Gli sviluppi del dialogo sono continuati al pranzo nella trattoria “Alla Speranza”. Erano presenti: Armando Berton, Umberto Durante, Tarcisio Andretta, Iseo Marcon, Giuseppe Perin, Albino e Alfonso Marcon, Sergio Bragagnolo, Luigi Confortin, Rino Alessio, Rino Giacometti, il fratello Luigi con la moglie, Don Orfeo e Don Francesco. Padre Luciano ha ringraziato per la festosa accoglienza, si è trattenuto in particolare con gli amici d’infanzia, più vicini per età e per ricordi e li ha invitati a fargli visita nel Santuario di Mantova. Padre Sorge ha pregato di salutare tutti gli amici del Patronato dei quali egli serba un bellissimo ricordo. Padre Luigi Trevisan ha riaffermato la sua soddisfazione per l’incontro e felice di aver incontrato i suoi “colleghi” sacerdoti, ha potuto finalmente rincontrare gli amici del Patronato. 49 I tre futuri Sacerdoti Padre Luciano Benedetti Padre Bartolomeo Sorge Padre Luigi Trevisan 1943: foto di gruppo in Patronato ( i tre futuri Padri ) Con l’Assistente Don Giovanni Cagnin. 50 Padre Bartolomeo e Padre Luciano con gli amici. Sergio Bragagnolo, Iseo Marcon, Antonio Confortin, Luigi Benedetti, Giuseppe Perin, Alfonso Marcon, Padre Bartolomeo Sorge, Padre Luciano Benedetti. (più una parente!) 51 I giovani del Patronato erano molto dispiaciuti, quell’autunno del 1949, quando furono informati del trasferimento di Don Piero Salvador, il loro Assistente, al quale erano molto affezionati. Già, qualche anno prima, erano partiti altri due sacerdoti importanti, per i gruppi giovanili precedenti: Don Giovanni Cagnin e Don Gino Gomiero. Sette, otto anni, insieme, partecipando a tante attività formative, spirituali, organizzative e ricreative, oltre a creare un gruppo d’amicizia, un ragazzino diventa adulto e, pur amando le novità, il distacco, il cambiamento lo disorienta L’avvicendamento dei sacerdoti Direttori del Patronato è sempre stata una prassi normale. Il Patronato è stato da sempre la fucina d’iniziazione dei giovani sacerdoti. Dopo alcuni anni sono pronti ad assumere responsabilità maggiori. Ai primi giorni dell’anno 1950 si è presentato, alla riunione del sabato sera, il nuovo Assistente: Don Giovanni Brotto Un giovane prete di bella presenza, dal sorriso accattivante ma, deciso. Subito alle prime riunioni ha dato l’impressione di portare un “vento nuovo” e questo i giovani l’hanno capito e accettato. Raccoglieva l’eredità di un gruppo dinamico ed effervescente pronto a seguirlo per continuare e migliorare la via percorsa. Erano anni difficili ma anche pieni di sogni e di speranze; la macchina ”Italia” ripartiva. Venne l’estate e, come di consuetudine, il modo per dare un premio ai giovani ed avere la possibilità di continuare il dialogo di preparazione e formazione sui temi della vita, dello studio, del lavoro con approfondimento spirituale personalizzato, era quello di organizzare il campeggio in montagna. Nel 1952 fu scelta la meta per il soggiornocampeggio in Val Giralba, ad Auronzo. ( nella foto: la Messa al campo) 52 Una zona incantevole, contornata dalle più belle cime del Cadore, un bellissimo lago, tanto turismo “Castellano” e “forestiero”,e grande voglia di godere in serena e responsabile armonia.Per i giovani, sono stati giorni da ricordare. Don Giovanni amava organizzare anche impegnative gite in bicicletta che sono ben descritte nella parte sportiva del libro. Alcuni anni dopo divenne Parroco di Paese. S’interessò molto dei problemi degli agricoltori divenendo Assistente Generale dei Coltivatori Diretti. Noi lo ricordiamo con simpatia e stima. Molti altri sacerdoti si sono avvicendati a dirigere nel Patronato, i Giovani di Azione Cattolica, gli Scout e le attività dei giovani. Tutti hanno lasciato il segno del lavoro spirituale svolto ed il ricordo di una partecipata amicizia. Li possiamo nominare: Don Luigi Sabbadin: arrivato nel1947, ancora adesso un nutrito gruppo di giovani dell’epoca, (ora sessantenni), lo incontrano nel paese dov’è Parroco. Don Giovanni Gottardi: arrivato nel 1954, per i giovani della generazione successiva. Don Virginio Toso: Inaugurò il Bar del Patronato. Don Orlando Berti: lo vediamo nelle nostre fotografie, molto attivo con il gruppo dei cantori. Don Cesare Peretti: Ha ancora un’affezionato gruppo di giovani che ancora lo ricordano. Don Lino Nichele, appassionato del canto liturgico, ha animato il nostro coro. Di lui si ricordano i nostri figli e lo vanno spesso a trovare a Nervesa della Battaglia, dov’è Parroco. Don Giovanni Pesce, ora Parroco nella chiesa del Sacro Cuore a Treviso. Negli anni passati ha fatto un’esperienza di missione volontaria, in una Parrocchia della periferia di Roma, a servizio dei più umili. E’ tornato molto provato. In Patronato, si è dedicato alla formazione dei giovani studenti, istituendo il Centro Studentesco in un momento difficile della tempestosa contestazione studentesca del ’68. Aiutò i giovani a dare una risposta positiva a quelle agitazioni. Quel gruppo lo ricorda con simpatia. Don Umberto Miglioranza. Per le A.C.L.I.e i lavoratori è stato un simbolo. La sua scuola di base ha dato a molti giovani una eccellente formazione. Don Lino Pellizzari.Sostituì, nel 1966, Don Umberto e fu di grande aiuto morale e psicologico per molti giovani in difficoltà. Gli ultimi due Sacerdoti-Assistenti con domicilio in Patronato furono: Don Luigi Condotta. Amato e stimato per la sua bontà ed il suo grande carismo spirituale. Molto attivi e frequentati i suoi corsi di Teologia. La sua morte prematura, dopo molti patimenti, ha commosso tutto la popolazione castellana. Don Alessandro Dussin. Si è distinto per aver coniugato la presenza dei ragazzi in Patronato mantenendo un costante dialogo con i genitori. A tutti i nostri Assistenti che si sono succeduti dagli anni ’40 il nostro grazie ed un pensiero riconoscente per il dono di una presenza che sempre ricordi. In occasione di un nostro auspicabile raduno gradiremmo incontrarli. 53 54 PARTE SECONDA L'attività dei Gruppi in Patronato, negli anni 1946-1986. 55 56 1965. Continua l’attività del Patronato. Una fucina d’idee. I giovani degli anni ’50 sono cresciuti, si sono sposati, sono diventati genitori. I problemi e le esigenze sono cambiati: ci sono i figli, i rapporti di coppia, l’educazione e la conoscenza, nei vari aspetti, dei problemi matrimoniali e morali che vanno dibattuti, studiati e approfonditi. Don Silvio Favrin, il dott.Giacomo Rossato, con l’apporto dello psicologo dott. Normani, del sociologo Don Lino Pellizzari e di un gruppo di animatori promossero il “GRUPPO DEI GIOVANI SPOSI”. Parteciparono circa 40 coppie. Ogni esperto esponeva il suo argomento, subito i partecipanti si dividevano in gruppi di 5-6 coppie e con gli animatori, approfondivano i temi, ponendo dopo, chiarimenti e domande al relatore, il quale suggeriva accorgimenti e soluzioni. L’iniziativa è durata diversi anni (una generazione) ed è stata molto apprezzata dalle coppie di sposi, che hanno frequentato a questi incontri. Ne parliamo più dettagliatamente nel capitolo dei ”Mercoledì formativi”. Nella foto, del 1995: le coppie del gruppo degli animatori. Gianni e Sandra Boldrin, Giacomo e Antonietta Rossato, Giuseppe e Maria Bruna Perin, Sergio e Leda Corletto, Paolo e Franca Pizzuti, Agostino e Maria Porcellato, Piero e Paola Parolin, Paolo e Marisa Ceron. L’Assistente Don Silvio Favrin. 57 1986. Sono passati vent’anni dalla costituzione del“Gruppo Giovani Sposi. Sono nati i figli. Il Gruppo si è un po’ diradato. Molte coppie, dei vari quartieri e delle frazioni vicine, hanno portato le esperienze acquisite in altre realtà consimili.Resta sempre viva però la memoria dei nostri incontri e dei temi trattati, che hanno lasciato un segno giusto nel modo di capire e di attuare il senso di famiglia e stimolato nuove e durevoli amicizie. Non si è perso però il desiderio di incontrarsi, di fare festa insieme. Possiamo ammirare la fotografia qui riprodotta, scattata sui colli di Crespignaga di Maser il 1°maggio del 1986; nell’occasione di un’avventurosa gita in bicicletta, di genitori e figli, percorrendo la Via Aurelia, scortati dall’auto di Renato Turresendi, avendo come meta, un antico casolare sui colli asolani. I promotori erano Armando e Laura Berton. Avevano organizzato un vispo pranzo ecologico a base d’erbe, fiori, radici e poi... ciliegie a volontà stomaco non si riempiva mai. A menù terminato avevamo più fame di prima. Un suggerimento lo diede il proprietario della fattoria, lasciandoci approfittare delle ciliegie rimaste sugli alberi.Ne facemmo una grande scorpacciata.Solo a pancia piena, giocando a spezzare le grosse e carnose marosticane abbiamo scoperto che avevano tutte “un bel bianco e vivace vermetto”;(il bisso). Erano ecologiche. Sembrava un atto di generosità, ma il padrone sapeva che in quei giorni le ciliegie avrebbero avuto“il bianco abitante”.Gran sorpresa,qualche” smorfietta” e tanta allegria! E’ stata una simpatica gita. 58 Grande importanza, nello sviluppo del dialogo con i giovani,i genitori ed in generale con le famiglie, le interessanti riunioni del “mercoledì”che si tenevano nella sala grande del Patronato negli anni ’ 80. Molti erano i partecipanti dato l’interesse degli argomenti trattati. Era autogestita, ognuno portava il contributo delle sue esperienze, se gli argomenti lo esigevano venivano invitati degli esperti che chiarissero e dessero risposte esaurienti, animando il dibattito. L’iniziativa è stata promossa dal dott. Giacomo Rossato e dal Gruppo Giovani Sposi. Questi alcuni temi esposti e i relatori: Don Lino Pellizzari (sociologo): Il matrimonio Il carattere e la personalità dell’individuo Il rapporto e l’armonia coniugale. Sessualità umana (fisica e psichica). Paternità e maternità responsabile. Educazione morale e religiosa dei figli. Autorità e autoritarismo.(indicazione di un modelldi vita) Revisione di vita,(vedere, contemplare, ascoltare). Don Gianni Moreschini (moralista): Innamoramento (conoscersi,accettarsi, aiutarsi). Matrimonio e generazione,(fidarsi,affidarsi,confidarsi). Etica e Morale Prof. Populin ((Psicologo e Neurologo): “Conoscere i bambini”( da zero a quattordici anni). Partecipazione alla vita attiva, gioco e apprendimento Autorità, regole, desideri, presenza dei genitori. Don Orfeo Gasparini (Parroco della Pieve): “Concetto di fede e di rivelazione. La partecipazione a molti di quegli incontri di Don Lino Pellizzari, sociologo e attento osservatore dell’evoluzione dei comportamenti dei giovani, in un momento particolare di grandi contestazioni (1968), che avrebbero spinto a cambiamenti nel rapporto con le famiglie, con la scuola, con la società e nei futuri orientamenti politici, entusiasmava l’uditorio. Nella ricerca del proprio “IO”era sempre presente una visione cristiana della vita, improntata in una morale onesta e altruista. Molta attenzione era riservata al mondo che ci circondava, riferendosi ai primi arrivi di immigrati del terzo mondo, di culture e confessioni diverse. I dialoghi di Don Lino erano presentati, nella loro serietà, chiarezza e importanza, in modo piacevole e scanzonato. (Un vero attore comico). 59 Per dimostrare le difficoltà, per gli stranieri non cristiani, di capire e recepire oltre alla lingua anche i nostri riti più importanti, come la Santa Messa, raccontava la storiella della: “BARETA”(il cappello a tricorno dei sacerdoti): “Due amici stranieri, appena arrivati in Italia, passando davanti ad una Chiesa, vedono che molte persone si affollano per entrare. Uno dei due dice: Voglio andare a vedere cosa succede, tu aspettami al Bar. Dopo circa un’ora torna dall’amico e racconta, con malcelata irritazione, quello che ha visto e capito: “Sono entrato in una sala grande piena di gente,erano tutti seduti e in silenzio.Si notava, in fondo, una tavola preparata con la tovaglia e, forse, cose da mangiare. Suona una musica; da una porta entrano due persone, una grande vestitala da festa, con in testa un cappello a tre corni ed un giovanetto vestito di bianco. Tutta la gente si è alzata in piedi, abbiamo visto che l’uomo grande ha consegnato al piccolo “la bareta”, che subito è andato a metterla dentro un armadio. Non deve essere piaciuta questa mossa al più grande, perché subito si sono messi a discutere tra loro a voce alta. Io non capivo la loro lingua ma intuivo la insistente domanda: “Dove zela la me“bareta”ed il piccolo rispondeva: “No la go vista”.Allora si sono messi a cercare sopra e sotto la tavola, a leggere sui libri dove potrebbero cercarla; niente da fare. Si girava spesso verso la gente con le braccia alzate :”Gavio visto la me “bareta?”, Noo!!!, dicevano. Ha fatto poi un lungo discorso sull’assoluto bisogno della “bareta”e li ha invitati a prendere provvedimenti. Allora si sono messi d’accordo di comprarne uno di nuovo. Il più giovane è passato, con una borsa, a raccogliere i soldi. Tutti erano contenti.,La borsa era piena. Si è inchinato e ha detto”Grazie”, hanno risposto in coro:”prego”e si sono messi a cantare pieni di gioia. Improvvisamente il giovane,con una mossa fulminea ha tolto il cappello dall’armadio e lo ha consegnato al suo socio e con la borsa dei soldi e sono spariti. Nessuno ha protestato, non si erano accorti dello scherzo. Io che ho visto, ho considerato il fatto come un grande imbroglio. I due prosegirono sconsolati. Sorrisero, quando chiesero spiegazioni e capirono il senso ed il valore della cerimonia. Chissà come avremmo interpretato noi i loro riti e le loro tradizioni? Sono passate quasi due generazioni, quanti cambiamenti! L’Italia è diventata un crocevia del mondo.La presenza di immigrati tocca, in Italia, la soglia dell’otto per cento.Tra qualche anno saranno loro ad imporci le loro tradizioni...e..anche di più!L’esperienza degli incontri del mercoledì è stata molto positiva, per chi li ha frequentati. Un utile approfondimento in vista di scelte e problematiche future- 60 Il Patronato, punto di riferimento di tante attività associative a carattere organizzativo, spirituale, sportivo e ricreativo, negli anni 1940-’60 era tutto un fermento d’iniziative che impegnavano giovani e anziani. Gli anni del dopoguerra però mostravano segni di malessere, sofferenza e difficoltà materiali,in una parte della popolazione:gli ammalati e i poveri. Sensibili a questo problema, un gruppo di persone che frequentavano il Patronato e altre provenienti da diverse Parrocchie, istituirono le: “CONFERENZE DI S. VINCENZO DE PAOLI”. Il Santo e, tuttora moderno, Parroco francese, nato a Pouy nel 1581 e morto a Parigi nel 1660, che dedicò la sua vita nell’assistenza e aiuto, agli innumerevoli poveri di quel tempo, agli appestati, ai condannati al remo nelle galee, agli ammalati e ai poveri a domicilio;egli fondò nel 1600, la Congregazione dei Lazzaristi Missionari e le Dame di Carità. Il suo messaggio era: “ Avete diritto di vivere e di vestirvi: tutto il resto appartiene ai poveri”. Seguendo i suoi principi, Federico OZANAM (1813/1853), nel 1833, con altri sette studenti Universitari, fondò la Società S. Vincenzo De’Paoli uomini e le Dame di Carità. Lo stesso OZANAM, diventato poi scrittore e filantropo, lasciò in un suo scritto il vero motivo di questa iniziativa: ”Si, indubbiamente, è troppo poco consolare l’indigente che soffre, giorno dopo giorno. Bisogna mettere mano alla RADICE DEL MALE e tramite leggi e riforme, ridurre le cause della miseria pubblica, prima in Francia, poi nel mondo”. Si può affermare che, oggi, in ogni Nazione è presente la Società di S. Vincenzo De Paoli. In Italia iniziò i primi passi a ROMA nel 1842. A Castelfranco fu costituita: il 26 Giugno 1941. Il primo Presidente ( pro-tempore), fu il Pretore Francesco Boldon Zanetti. Nella seconda riunione del 17 Luglio 1941, alla presenza dei Parroci del Duomo (Don Mario Paccagnan) e della Pieve (Don Angelo Baldan); fu eletto Presidente, per acclamazione, il Cav. Vittorio Ferrazzi, (direttore della locale Banca Cattolica), un uomo di grande bontà, generosità e operosità. Il Vice e il segretario furono rispettivamente: Bruno Campanaro e Luigi Prior. Degli altri componenti ricordiamo: Carlo Magoga, Nino Acoleo Bruno Sagui, Gimo Roncato, Mario Boni, Angelo Favaron, Achille Stradiotto, Evellio Giacomazzi e tante altre persone generose e disponibili. Tutti seguivano con costanza le riunioni del martedì sera, per coordinare gli aiuti da dare alle famiglie e alle persone segnalate, organizzare con il gruppo l’assistenza, le visite a domicilio, la consegna dei “buoni” da spendere, nei negozi convenzionati per l’acquisto di generi di prima necessitPresso le Suore Canossiane fu istituita anche la mensa del Povero e i pranzi per le feste più significative, (S. Natale, S. Pasqua). 61 La raccolta dei fondi necessari avveniva, ed è tuttora praticata, in vari modi: Con donazioni di cittadini generosi, la raccolta annuale alle porte del cimitero nei giorni dei Santi e dei Morti, (1 e 2 novembre); alle porte delle Chiese nelle feste importanti e con l’offerta settimanale dei partecipanti alle riunioni, fatta in forma anonima, passando la borsa di mano in mano. Nei primi anni il gruppo era numeroso (fino a trenta persone), ora il numero è diminuito, col sorgere di molte altre iniziative parallele, che hanno assorbito forze giovani. Questa spontanea, attiva, generosa e nascosta, forma di volontariato, negli anni passati ed anche in questi tempi, ha dato aiuto e conforto a molte persone in momenti di difficoltà. Dai verbali del 1954 riportiamo un rinnovamento del gruppo dei partecipanti e del direttivo: Presidente, Bruno Campanaro. Segretario, Luigi Prior. Tesoriere, cav. Vittorio Ferrazzi. E i soci:”Antonio Schiavinato, Armando Berton Giuseppe Antonello, Giuseppe Perin, Gino Perin, Guido Ballan, Cleto Trevisan, Albino Marcon, Egidio Guidolin, Ubaldo Menegotto, Doris Benetti, Davide Bortolin(Ginetti), Armando Bazan, Romano Basso, Giancarlo Bordignon, Bruno Acoleo, Egidio Alessio, Giuseppe Parisotto, Bruno Calvi, Amelio Baroni, Roberto Barbon”, e molti altri giovani. Fu un periodo d’impegnata partecipazione e solidarietà. I giovani del Patronato, assieme al Gruppo del Duomo, sensibili ai problemi dei più deboli e poveri, si distinsero anche in questo campo. In questi ultimi anni l’attività e la partecipazione alle Conferenze della S. Vincenzo De Paoli, sia maschile sia femminile, si è un po’ spenta, col sovrapporsi della CARITAS, un organismo promosso dalla S. Sede e istituito in Italia nel 1971 con lo scopo di organizzare aiuti a Paesi in gravi difficoltà di natura economica, sociale e politica Hanno proposto la fusione con le Dame di Carità; un tempo dirette dalla signora Luisa Dalla Palma e coadiuvata dalle signore: Anna Maria e Sara Rapisarda, Anna Maria Bianchi, Fausta Calzavara, Livia Giacomelli Barbiero, Alice Calliari (ultima responsabile dopo la morte della Presidente) ed altre signore. 62 Idee, iniziative, attività, nate e cresciute in Patronato con l’apporto generoso dei suoi giovani, hanno lasciato e tuttora lasciano, un segno positivo nel paese. Il piccolo gruppo rimasto, guidato fino a qualche tempo fa, con grande dedizione, dal geom. Armando Bazan, collaboravano con lui: Guglielmo Campalani, Giorgio Tonietto e pochi altri. Nell’attesa di ristrutturarsi, ora chiamano a partecipare nuovi volonterosi 63 Rino Alessio, in “Centro--Africa”. Gigi Marise, nei Monasteri d’Italia. Dott. Giacomo Rossato, in Brasile. 64 I Volontari all’estero, 1990 - 2006 Il“Patronato”, fucina d’idee, di formazione, d’iniziative generose e altruiste realizzate dai ragazzi e uomini che lo frequentano.Tutto lo slancio e l’ardore che nella giovinezza era dedicato e speso nello sport: scalate in montagna, gite in bicicletta e nelle impegnate riunioni formative, di riflessioni, si è tramutato per molti, in desiderio di donare tempo e professionalità a chi ne ha più bisogno, ritagliando il tempo delle ferie o qualche ora libera. Molte sono le attività alle quali donano il loro tempo, la loro professionalità con grande spirito di servizio. Tante sono le persone che dovremmo nominare e ringraziare per questa dedizione.La maggior parte lo svolge in Parrocchia,in Patronato,nel quartiere,in qualche città d’Italia, ma qualcuno sceglie di portare il proprio contributo in qualche villaggio sperduto del mondo dove i Missionari operano e ritengono prezioso un aiuto qualificato.I racconti dei nostri amici che hanno svolto quest’ammirevole servizio ci stimola a considerare con realismo la loro generosità e trovare anche noi il tempo per donare qualche ora al nostro prossimo più in difficoltà. E’interessante il racconto di Rino Alessio (classe 1929),presente in Patronato, con noi,da quando è iniziata la nostra storia(nel 1938) e già protagonista come sportivo nella squadra di calcio.Lo ricordiamo nel ruolo di ala sinistra dallo scatto bruciante e dal tiro micidiale da posizioni impossibili come gli angoli del cortile pieni di sassi e buche Un forte e bravo muratore. Una vita spesa per la famiglia. Una presenza attiva nella società e con gli amici,sempre disponibile a dare il suo aiuto. Ancor più dopo il pensionamento. La vita non si ferma; è arrivato il tempo di dare di piSi guarda attorno, sente che qualcuno chiama: ”Vieni ad aiutarmi?”. Lui risponde: Si! Sentiamo il suo racconto: La Cattedrale di Buar. Centro Africa. “La voce è arrivata attraverso un articolo del “Gazzettino”, nel 1990, da parte dei Padri Cappuccini di Genova (Casa Madre). Cercavano muratori per costruire una Cattedrale in Africa. Dopo una riunione in famiglia e un ponderato calcolo della spesa,(il costo del viaggio e delle varie incombenze sanitarie era di circa 600.000 lire), decisi di partire.Otto giorni di viaggio e tre mesi di permanenza. La meta era la Repubblica di Centro Africa (ex Congo Francese) nella Missione di Bouar sede del Vescovo Armando Gianni. 65 La Cattedrale da costruire era un edificio ottagonale di circa 2500 mq, un lavoro abbastanza impegnativo, da eseguire con mezzi ancora primitivi rispetto ai nostri, col personale pieno di buona volontà ma una carente preparazione; inoltre bisognava farsi capire più con i gesti e con la dimostrazione materiale dell’esecuzione del lavoro, dato che il loro dialetto è incomprensibile e la lingua ufficiale è il francese. Nonostante le tante difficoltà, il risultato è stato ottimo. L’anno dopo mi fu destinata la Missione di Malgarò. Dovevamo costruire una scuola. Il parroco ha molto apprezzato il nostro lavoro cosicché essendo nominato Vescovo di Berberati, (una zona di assoluta povertà), ci invitò ogni anno nel suo villaggio. Un anno venne anche mia moglie Sofia, si è resa molto utile in quella comunità. Molte persone generose, sensibili ai miei racconti ed alle testimonianze fotografiche, contribuirono con offerte cospicue in aiuto dei più poveri. In quel paese la paga è di due”sefa”al giorno (pari a tre Euro), ma chi ha il lavoro è contento perché per gli altri è miseria Il mio gruppo di lavoro era formato da dodici uomini. Mi sono adoperato affinché imparassero l’arte del muratore ed ho avuto la soddisfazione di vedere tre miei operai diventare imprenditori.Per dodici anni sono andato in Africa e ancora adesso ne provo nostalgia.Abbiamo costruito tre chiese, una scuola femminile, il vescovado, l’ospedale e visitati villaggi e savane aiutando e consigliando gli abitanti più indifesi.Abbiamo avuto anche le nostre avventure, per curiosare nella foresta.Un giorno ci ha inseguito un elefante; fortunatamente la guida ci ha fatti fuggire con tempestività.Porto nel cuore dei bellissimi ricordi, un’esperienza positiva in un paese povero ma dove la popolazione è laboriosa, intelligente e riconoscente 66 Rino Alessio e i lavori in corso a Berberati Otto giorni di viaggio per arrivare a Berberati. 67 E’ stata una sorpresa, o di volontariato con Luigi Marcon, (per noi Gigi Marise), sapere che lui assieme ad altri tre amici, da 25 anni stanno facendo volontariato in giro per l’Italia, mettendo a disposizione ognuno la loro professionalità di idraulico, elettricista, muratore, falegname. Uno staff d’intervento al completo. Alla domanda di come programmano i loro aiuti,chi li propone,dove si svolgono, lui spiega: “Il nostro gruppo di lavoro, stabilito il tempo disponibile, lo comunica ai richiedenti che stanno attendendo il nostro aiuto. Da qualche tempo siamo chiamati ad operare nelle Certose Benedettine. Suor Rosanna,(una suora di origine friulana), dalla Certosa di Dego di Savona ci ha invitati sia a Savona che nella Certosa di San Bruno in Calabria ed anche nella Certosa di Vedana nel bellunese. Abbiamo risolto molti problemi, riparato guasti, proposto soluzioni migliorative con tempestività, dedizione col preciso desiderio d’essere utili, senza pensare a riconoscimenti, gratificazioni o forme pubblicitarie. L’affiatamento, l’amicizia, le motivazioni che ci accomunano danno un senso più completo alla nostra visione del modo di vivere e di dare a chi ha bisogno. Rappresentiamo un po il Veneto perché siamo di Castelfranco V°, Mestre, Feltre e Fonzaso Il Priore di Dego ci ha richiesto la possibilità d’altre prestazioni volontarie che noi molto presto onoreremo. E’ bello constatare le reazioni positive, quando raccontiamo agli amici le nostre esperienze.Sono iniziative contagiose; un gruppo di castellani ci ha chiesto di unirsi a noi per essere utile e dare il loro contributo. 68 Ci sono tante persone, nelle nostre contrade, che si dedicano all’assistenza ai malati, ai poveri,agli handicappati, agli infelici, ai bambini abbandonati e a chi chiede aiuto. Un mondo sommerso meraviglioso di volontariato. Ma ci sono Paesi e Nazioni nel mondo che soffocano e muoiono nell’indigenza, nella miseria, nella fame e dalle più banali malattie dovute alla carente igiene e alle malsane abitazioni.Molte organizzazioni mondiali sono interessate a questo problema.Tante persone si sono rese disponibili, specialmente missionari, suore, medici, infermiere e volontari, per un periodo di servizio nei posti più lontani e disserviti del mondo. I loro racconti sono pieni di situazioni allucinanti, di supine accettazioni, di attese d’aiuto e soprattutto di stimolo a fare di più. Una contagiosa frenesia di aiutare i più miseri a risollevarsi.Uno dei nostri amici, tra i tanti che potremmo citare, che stimolato dalle numerose testimonianze dei missionari, si è interessato ed ha agito con generosa professionalità è il dott. Giacomo Rossato. I primi aiuti furono verso la vicina Albania, negli anni più difficili di quello Stato dopo lo sfascio del comunismo cinese che lì imperava.Il contatto era dato dalle suore di Valona che chiedevano medicine, strumenti, finanziamenti e, possibilmente la presenza di qualche medico. Interessando le case farmaceutiche, le ditte produttrici, le persone più sensibili e generose; partirono i primi carichi delle preziose e attese richieste, accompagnate dalla sua partecipata presenzaUn’assistenza che ancor oggi si ripete.Nel tempo, un altro angolo del mondo pieno di bisogno, amore concreto e carità efficiente, chiama dal nord-est del Brasile e il Dott. Rossato parte e và.Per capire e saperne di più sui motivi di questa scelta chiediamo Brasile. Nord-est. Tramonto sul mare. 69 - Come mai hai scelto di andare in missione in Brasile? “L’esperienza brasiliana è stata fortuita. Un amico e coetaneo, Missionario in Brasile, Don Luigi Cecchin di Galliera Veneta, nel 1999 ha celebrato il 50° di Sacerdozio e per l’occasione mi ha invitato nella sua missione nel nord-est del Brasile a Limoeiro (Pernambuco) una cittadina di 60.000 abitanti a 120 km da Recife, la capitale, che si trova nella costa.Un mondo tutto nuovo, da sperimentare. A parte i disagi del viaggio per arrivare sul posto Il clima diverso, l’ambiente infelice, l’impressione maggiore fu,quando don Luigi mi portò a visitare le case (.. si fa per dire..) di alcuni bambini che frequentavano il “Centro di Formazione per Minori” da lui diretto e che allora accoglieva più di 500 bambini e ragazzi fino a 18 anniUna realtà sconvolgente, è il caso di dire: cose dell’altro mondo!Terre ingrate, poco piovose, senza acqua da bere, la portano con i camion, le case nella favela sono fatiscenti, una grande povertà ma, ospitali e generosi”. -Un impatto traumatico, pur nella festa, poi però sei tornato?“Non avrei mai pensato di tornare, se don Luigi non mi avesse parlato di un altro Missionario, Padre Enzo Rizzo (nativo di Tribano- Padova), parroco di Tamandarè, distante qualche decina di km. da Limoeiro.Si trovava all’ospedale italiano, gravemente ammalato, per aver contratto una malattia infettiva. Fu assistito dalle suore che dirigevano un asilo secondo il “Progetto di Solidarietà, voluto da Padre Enzo. A gennaio del 2000 morì, lasciando la Parrocchia ad un Diacono: Padre Marcos. Padre Luigi mi chiamò, invitandomi a dare una mano a quella comunità Nel frattempo in Italia un gruppo di familiari e amici di Padre Enzo costituirono un comitato per sponsorizzare il “Centro di Solidarietà P. Enzo Le donazioni, le adozioni a distanza, i contributi delle banche, servirono a far partire i progetti di costruzione del Centro d’accoglienza per 400 ragazzi”. Limoeiro - Un gruppetto di volontari con Padre Luis: Paola e Piero Parolin, Antonietta, la cuoca, la direttrice del Centro e il dott. Giacomo Rossato. - Sei partito da solo? “Per grazia di DIO si unirono altri amici del Patronato, altri castellani e persone dei dintorni, anche coppie per aiutare, sia sotto il profilo sanitario che organizzativo, economico gestionale, per la preparazione del personale e per l’ insegnamento della lingua italiana (molto richiesta). I risultati, pur sudati, furono entusiasmanti e gratificanti. Un mese di gran lavoro proficuo. 70 Riuscire a sottrarre in qualche modo e per un po’ di tempo, una moltitudine di bambini e adulti dalla denutrizione, dalla cattiva igiene,dalle infezioni e dalle infestazioni che una grande povertà dei “senza terra”, drammatizzata dalla scelta delle multinazionali di automatizzare il taglio della canna da zucchero, unica fonte di lavoro per gli uomini, aiutandoli a sopravivere è già una cosa grande ma è come una goccia nel mare”. - Questo lo avete fatto in un mese e gli altri undici mesi cosa mangiano , come si curano? “E’ una domanda alla quale rispondo con un senso di soddisfazione. Con l’arrivo delle suore a dirigere il Centro siamo riusciti a convincere la Prefettura locale ad organizzare la presenza gratuita di medici della zona, assicurando il servizio per tutto l’anno. Questa esperienza ci ha coinvolto ed entusiasmati convincendoci di tornare per diversi anni. Tutti sono concordi che è stato fatto un gran lavoro per quei bambini, ma tanto ne resta da fare perché quella comunità si renda autosufficiente. Donare tempo professionalità ed affetto è un atto d’amore. Ricordando la gratitudine dei bambini, i componenti del gruppo del Volontariato li pensano con nostalgia. Nelle Scuole dei Centri, bambini e ragazzi studiano e lavorano nei laboratori di cucito, falegnameria, meccanica, computer con la guida di Padre Luis e i suoi assistenti. Trovano anche il tempo di preparare piccoli lavoretti da offrire ai turisti in cambio di pochi “Real”. 71 Il grande cambiamento in Italia, dopo la fine della guerra, 1940/45, hposto nel tappeto i grandi problemi della ricostruzione sia materiale che politica, psicologica e mentale degli italiani. Finito l’impegno gravoso e senza futuro degli anni del servizio militare per i giovani e la produzione d’armi e attrezzature per la guerra nelle varie fabbriche, bisognava programmare la produzione di prodotti e servizi per gli anni di pace, prospettando un nuovo futuro da scoprire, studiare,copiando ed imparando dai paesi emergenti. Deprogrammare le fabbriche, inventare posti di lavoro creando futuri bisogni. Ci furono vent’anni di grande vitalità produttiva (anche se non sufficiente a dare lavoro a tutti, ecco il motivo della grande emigrazione degli anni ’50-60). Grandi masse di lavoratori si spostarono sia nel nostro territorio sia verso l’estero. L’Italia risanò le sue ferite per la forte volontà di tutti. Si lavorava dall’alba al tramonto; non contando le ore. Sfruttando quest’ansia di lavorare, per vivere e crearsi una vita migliore, si finiva, a volte, di sconfinare nello sfruttamento del lavoratore o quantomeno nell’ingiusto salario Non esistevano contratti adeguati, rispetto dei tempi lavorativi,norme sulla sicurezza, certezza di continuità di lavoro:arrivarono i primi scioperi organizzati dal sindacato. Lotta al capitalismo) Allo sfruttamento! Al diritto al lavoro! Dal 1945 il Sindacato Unitario era composto da lavoratori di diversa espressione sociale: comunisti e cattolici, insieme. Nel 1948 avvenne la scissione e fu costituita la CISL, composto in buona parte da iscritti e attivisti del Movimento delle ACLI, poi accettato anche dalla Chiesa. Il problema si presentò più come approfondimento, studio e preparazione ai diritti e ai doveri delle due parti, operai e datori di lavoro,che della protesta per rompere i rapporti con la controparte. Già nel 1945 era sorto il movimento dei lavoratori cattolici chiamato A.C.L.I. (Associazione Cattolica Lavoratori Italiani), in un periodo burrascoso della storia italiana. Era il primo tentativo, organizzato dai cattolici italiani, per risolvere i problemi sociali alla luce della dottrina cristiana. Tra i vari movimenti che si svilupparono allora, l’A.C.L.I. ha scelto, come scopo fondamentale, quello di formare la dignità dell’uomo operaio, indirizzandolo con idee, esperienze, coraggio, verso una maggior consapevolezza del proprio stato, dei diritti e doveri, visti sotto una luce morale cristiana. Inizialmente dimostrarono una grande forza, convincendo i lavoratoricristiani ad aderire al nuovo sindacato, subito il movimento diede vita a forme cooperative ed attività che aprisse a nuova mentalità d’azione. -Questo è successo in Italia, ma a Castelfranco quale ruolo ha avuto il movimento A.C.L.I. Quali rapporti esso aveva con il Patronato?. 72 Erano trascorsi alcuni anni dalla proposta di Don Giuseppe Carretta, promotore del nuovo movimento nel mandamento di Castelfranco. Sostenuta dall’On. Domenico Sartor e con l’apporto importante di un gruppo impegnato di giovani del Patronato, (ricordiamo Angelo Favaron, Armando Bazan, Carlo Brustolon, Albino Marcon, Pericle Graziotto, Egidio Guidolin e tanti altri). Lo spirito che animava l’associazione ebbe slancio nel 1950 con il nuovo assistente, Don Giovanni Brotto, che iniziò un lavoro di organizzazione e programmazione. La strada scelta era importante e sentita. L’arrivo nel 1955 di Don Umberto Miglioranza, nella sua figura di Cappellano del lavoro ed assistente spirituale, con chiare idee e grande carisma, diede vita a nuove iniziative, alle quali molti giovani aderirono. Per capire le motivazioni che hanno convinto Don Umberto a scegliere questa strada impegnativa; citiamo alcuni brani del capitolo”Le ACLI Castellane 1955”, tolte libro”Vedelago” del prof. Lorenzo Morao. “Nel 1952 il Papa Pio XII, parlando della pace e della ricostruzione del mondo, pone dei problemi sulla società democratica e propone delle direttive: “Scuotere ogni torpore che ci avvolge, impregnando di senso cristiano tutti i campi della nostra vita”. La Chiesa è dalla parte dei lavoratori. Ci vuole un nuovo sviluppo economico europeo. “La lotta di classe non serve gli interessi dei lavoratori”. Invita perciò a preparare dei preti per inviarli tra gli operai affinché possano promuovere una pastorale adatta a quegli ambienti. La Diocesi di Treviso, nel settembre del 1955, mise a disposizione tre preti, tra i quali Don Umberto Miglioranza ( da mons. Giuseppe Mattara di Vedelago), che fu assegnato nella zona di Castelfranco. Racconta Don Umberto: ”A quel tempo ero cappellano a Salvatronda e mons. Mattara veniva, con l’autobus, a trovarmi e poi preferiva che lo accompagnassi a piedi fino a Vedelago, per parlare dei problemi futuri che riguardavano non solo gli operai ma anche le cooperative, i locali per incontri e ricreazione; tutto in funzione dell’uomo cristiano, non solo nella Chiesa, anche nella società e nella politica. Uscire dalla Canonica e dalla sacrestia, andare in mezzo al popolo. Uomini tra uomini. Per dare un segno che tutti erano amati. Una strada nuova da percorrere, da affrontare. Da quest’obiettivo sono nate tante iniziative. I laici pretendono un Magistero autonomo. Il miraggio socialista ha il suo fascino e ci sono anche i delusi dell’esperienza politica dei cristiani .E’compito delle ACLI svolgere una grande azione informativa ed educativanella realtà sindacale e politica, aiutando a trovare la strada della solidarietà e della cooperazione Si è sentito il bisogno non solo di salire sul treno della gente ma anche di guidarlo”. 73 In quel periodo (1956/69) il Dott. Giacomo Rossato ricoprì la carica di Presidente. Chiediamo, nel ricordo, il suo pensiero: - Dottor Rossato, com’erano le A.C.L.I in quegli anni ? Nate in un ambiente rurale rapidamente cambiato in società operaia, con tutte le implicazioni che via-via emergevano: I rapporti in azienda, con l’ autorità, l’istruzione, il sindacato, l’incertezza del lavoro, la congiuntura, le condizioni dell’agricoltura, ecc. Ricordo di essere stato invitato dal geom. Armando Bazan a partecipare agli incontri dei soci nel 1956; allora lavoravo come anestesista nel vecchio ospedale. Gli incontri avvenivano in una stanzetta un po’ misera, vicino al Duomo ma, ricca spiritualmente. Don Umberto era un vulcano d’idee, di iniziative alle quali non si poteva dire di no, dato che si trattava di portare l’operaio ad essere consapevole sia della sua azione che della sua dignità. Mi resi conto che a Castelfranco il gruppo ACLI era l’associazione più organizzata, più aggiornata nei problemi formativi della società operaia e della persona. Discorsi difficili da accettare in fabbrica, erano considerate cose da preti, una specie di “Azione Cattolica”. - Essere movimento di pressione, verso quali ambienti? - Quali argomenti trattavano, nella” Scuola di base”? Premesso che la nostra preoccupazione maggiore era che prima di tutto, l’iscritto, avesse le idee chiare sulle finalità del movimento. Solo così potevamo essere, nel mondo del lavoro, punto di riferimento ed aiutare a risolvere i loro problemi. Un’azione di vero apostolato. Naturalmente il lavoro più impegnativo era nei confronti dei giovani per aiutarli prima a crescere moralmente e intellettualmente affinché potessero diventare adulti e uomini liberi, capaci di ragionare con la loro testa ed essere preparati all’inserimento nel movimento Sindacale,nella Comunità, nelle Amministrazioni Comunali e, con maggior consapevolezza, nel loro mondo del lavoro. Per questo è maturata l’idea di una scuola di formazione dove riportare i problemi più difficili, farne oggetto di studio,di ascolto di riflessione. Per raggiungere quest’obiettivo era urgente realizzare la proposta che riguardava l’organizzazione interna, interessando le persone più sensibili, sentita la base, per il rinnovo delle cariche sociali.Era l’anno 1964, in quelle riunioni importanti e decisive molti furono i partecipanti; tra i presenti ricordiamo: Giacomo Rossato, Armando Bazan, Vittorio Stangherlin, Eugenio Lazzaron, Armando Berton, Angelo Favaron, Renato Turresendi, Albino Marcon, Livio Frattin, Maria Antonello, Sergio Corletto, Umberto Durante, Piero Guizzon, Florio Menegon, Bruno Campanaro, Gianfranco Corletto, Vittorio Sarfati, Bruno Brunello, Sergio Concolato, Luigi Prior, Gino Perin, Guido Ballan, Luigi Ballan, Giuseppe Baggio,..e tanti altri! 74 I primi undici di quest’elenco furono eletti e formarono il Consiglio Direttivo che si riunì e distribuì gli incarichi: - G. Rossato: (Presidente). Scuola e Gruppo giovanile. - A. Bazan: (Vice). Famiglie. - A. Favaron, B. Brunello: Gruppo di lavoro per la Zona. - F. Menegon, A. Berton: Zona e scuola. - E. Lazzaron: Nuclei di fabbrica. - A. Marcon, Turresendi: Gruppo giovanile. - V. Stangherlin, M. Antonello: Gruppo femminile. - Sergio Corletto, Don Umberto Miglioranza: Segretario Con il novo Consiglio iniziarono gli approcci con i vari circoli di Zona, in risposta agli accordi fatti già nel 1961. Iniziò così il primo corso della Scuola di Base, nel 1964/65, con il programma che sotto, esponiamo.In seguito il Consiglio prese la decisione di riprendere la pubblicazione del giornale “L’Uomo nel suo lavoro” che era stato sospeso per otto anni dalla Presidenza Provinciale per farne uno d’interesse più allargato con risultato non soddisfacente. Pubblichiamo qui anche qualche articolo dei giornali delle ACLI femminili (Problemi Nostri). - 1966. E’ l’anno che ricorda la partenza di Don Umberto. Perché? Don Umberto fu nominato Parroco di Spinea dal Vescovo Mons. Mistrorigo. Per tutti noi fu un momento difficile. Lo ritenevamo un punto di riferimento fondamentale, nel mondo operaio della nostra Zona e della Provincia. Tante cose cambiarono, pur mantenendo vive tutte le iniziative. Certamente anche per lui il distacco fu molto doloroso. Lo ricorda una lettera che mi scrisse dopo la sua partenza. - Arrivò il nuovo Assistente “Don Lino Pellizzari”, quale fu l’impatto? Bisogna ammettere che inizialmente ci fu uno sconcerto; lui aveva un altro tipo di personalità che non conoscevamo, ma soprattutto perché non era introdotto nel mondo operaio, come Don Umberto. Indubbiamente era un personaggio di grande talento. La sua impostazione apostolica era molto legata alla specializzazione in psicologia e quindi di formazione del singolo. Molti giovani furono da lui aiutati con dialoghi e consigli importanti per loro. Con il suo carattere allegro e la battuta arguta, da vero attore, suscitava attrazione ed interesse in tutti gli incontri 75 ai quali era invitato; nelle scuole, nei corsi di orientamento, con i fidanzati, con gli sposi. In tutta la Diocesi. Merita leggere la sua lettera di presentazione scritta nel nostro giornale, con la sua foto: Don Lino Pellizzari, operò tra i giovani fino al 1970, poi Don Piergiorgio Bruffato e Don Luigi Condotta con Don Alessandro Dussin. Sono stati dieci anni di vera scuola formativa. Nel tempo questa scuola ha risposto con equilibrio ai problemi dei lavoratori che l’hanno frequentata. (circa 200 giovani ogni anno ). Studiavano, discutevano, proponevano temi attuali, in un prospetto di società che guardava al futuro. I temi trattati riguardavano: La famiglia, la società, le istituzioni, il lavoro, gli amici e colleghi, le ragazze ed anche l’intrattenimento, (gite, animazioni, visite istruttive), attività che aiutavano a socializzare. L’azione della scuola ebbe riscontri positivi e diede i suoi frutti. Molti di quei ragazzi si sono distinti nel mondo del lavoro diventando capi, delle istituzioni, come Sindaci, Consiglieri Comunali, nel Sindacato, negli Enti Pubblici ed hanno assunto posti di responsabilità con conoscenza e coscienza etica e morale. Una pagina significativa è stata scritta dal Patronato Acli. Un ufficio che per molti anni ha curato tutte le pratiche d’assistenza dei lavoratori, aiutandoli a districarsi nel ginepraio della burocrazia. Molto merito va alla signora Marta Dallan, moglie di Luigi Tiatto, che ha svolto , in quegli anni, molto bene il suo compito. Nel 1970 lasciai l’incarico di Presidente delle ACLI per un insieme di varie difficoltà, ma soprattutto per l’impegno della mia professione medica. Quel periodo, vissuto intensamente in modo proficuo,con tanti amici, in un mondo di problematiche nuove, lo ricordo con nostalgia. 76 1953. Aclisti e sindacalisti castellani a convegno a Treviso. Questi alcuni nomi del gruppo: Gigi Prior,Ivo De Luca, Carlo Tiotto, Toni Ballan, Ermanno Baldan, Egidio Guidolin, : Angelo Favaron, Albino Marcon, Mario Bordin, Toni Ongarato,Orfeo Milani, Sandro Marcon, Sandro Pasqualetto, Lino Polenzan. Iginio Guidolin, Carlo Brustolon, Giuseppe Antonello Pericle Graziotto. 77 78 79 80 Un po’ di storia delle ACLI di Maria Antonello 81 82 83 84 85 86 I pochi anni di vita di questa brillante iniziativa (dal 1965 al 1970), sono nel ricordo dei giovani protagonisti di quel burrascoso ma, interessante periodo, come una pietra miliare della loro formazione cristiana, umana, sociale e politica. Tutto ebbe inizio, nel 1964, con la nomina di Don Giovanni Pesce ad Assistente dei giovani in Patronato. Rispondendo alle loro richieste, costituì un nuovo Gruppo: “Il Centro Studentesco”. Si aggiunse a quelli già presenti in Patronato, quali l’Azione Cattolica, gli Scout, le Acli, Giovani Sposi, il Gruppo Famiglie, ecc., ma si differenziava per la tipologia dei soggetti. Era formato dagli studenti delle Scuole Superiori e da universitari. Pochi erano allora gli studenti delle superiori e dell’università. La frequenza d’obbligo era limitata alle scuole elementari. Molti frequentavano le Scuole medie inferiori. Per una grande percentuale l’esigenza primaria era: “il lavoro”. Nel 1960 esistevano a Castelfranco Veneto le due classi del Ginnasio e le Magistrali private, (l’Istituto Maria Assunta). Nel 1961 arrivarono le prime sezioni del Liceo e di Ragioneria. Quel gruppo di giovani studenti frequentava il Patronato ad ore insolite, per i normali lavoratori, erano in cerca di un momento d’evasione, desiderosi di confrontarsi in discussioni ed anche,qualche volta, di contestare. Don Giovanni, culturalmente preparato, sensibile ai problemi di questi giovani, si interessò e ne radunò un gruppetto, (una ventina) ed iniziò il dialogo, che portò alla creazione del sunnominato“Gruppo Studentesco”. Questi alcuni loro nomi: Mario Volpato, Sandra Dal Ben, Maria Magoga, Paolo Rossi, Giorgio Gobbato, Giacomo Massarotto, Ennio Bianco, Maria Rosa Fracarro, Maria Teresa (Zizi) Narduzzo, Riccardo Baggio, Augusto Cusinato, Gianpaolo Titta, Maria Gomierato ed altri. Cercavano un punto di riferimento, un luogo in cui incontrarsi e confrontarsi. La scuola, la famiglia, la politica, i problemi personali, nuove idee e nuove tendenze, erano oggetto di dibattiti e continue discussioni. Egli fu di grande aiuto ad interpretare i tempi, analizzare i temi, per poi farne sintesi. Cercando di dare delle risposte concrete. Era un modo vero di fare formazione. Molti furono gli esperti invitati alle loro riunioni. Tanti erano gli interessi sia morali sia scientifici, ma anche politici. Per questo chiamarono i rappresentanti dei vari partiti, (di tutte le tendenze). Furono organizzate anche uscite-studio collettive. La prima fu a Pianezze di Valdobbiadene. Si discuteva anche di scioperi per protestare contro le prove atomiche sull’atollo Bikini, di contestazioni per le guerre nel mondo e le prepotenze delle multinazionali. A metà degli anni ’60 arrivò, prima in America poi in Francia, l’onda del “Movimento Studentesco” che, ancora oggi è definito, i moti del”’68”. Essi partivano dal disagio che la Scuola pativa e dal modo autoritario in cui era gestita. 87 I giovani intendevano riappropriarsi del loro ruolo, prendendo lo spazio e la gestione, in forma diretta. Le voci-guida del dissenso partivano da lontano: Herbert Marcuse: il filosofo tedesco della Scuola di Francoforte con la critica del” sistema”sia capitalistico che democratico-autoritario.Martin Luther king: il Pastore Battista, difensore dei diritti dei negri americani,attraverso la lotta non violenta. Don Lorenzo Milani: della Scuola di Barbiana; difensore dei più poveri, per riscattarli dall’ignoranza attraverso la cultura. Mao Tse-Tung: col suo “Libretto rosso”, che sanciva la “Rivoluzione culturale proletaria” e la critica al sistema borghese. Questi Maestri hanno influenzato i vari”Movimenti”,degli Studenti Universitari e dei ragazzi degli Istituti Superiori. L’onda del dissenso arrivò in Italia, quando nel mondo era già in fase regressiva. Il Movimento aveva perso la spontaneità, la gestione della base fu messa in discussione nel passaggio successivo, dalla Scuola alla società, avendo bisogno di strutturarsi in forme organizzative più tradizionali: “I Partiti”, le gerarchie, i loro Capi. Si formarono molti nebulosi movimenti politici di varie sigle. Il “ Movimento Studentesco” fu inglobato da loro e sparì. A distanza di quarantanni, il gruppo castellano, concorda che nel tempo, qualcuno si è allontanato dalla Chiesa, ma forte degli insegnamenti e della formazione ricevuta in Patronato, sono rimasti indelebili i valori morali e l’amicizia, pur nella diversità delle scelte. Don Giovanni ha lasciato un ricordo positivo, per la serietà, l’equilibrio e la maturità con cui ha guidato questo gruppo, che si sciolse con la sua partenza da Castelfranco Veneto, nel 1970. Resta vivo il pensiero e ancora adesso molti mantengono i contatti, andando a trovarlo, nella Parrocchia del Sacro Cuore a Treviso, dove è Parroco. A distanza di tempo ricordando i motivi del loro discutere e contestare, si ritengono i precursori dei moti del sessantotto, però nel senso buono e costruttivo.Il Gruppo aveva anche il suo giornale: PROMOZIONE, del quale pubblichiamo qualche articolo. 88 89 90 91 17 Marzo 1984 Un significativo incontro degli Amici del Patronato. La presenza degli ex-giovani del Patronato, anche oltre gli anni ottanta, testimonia il loro desiderio di mantenere il rapporto d’amicizia e la disponibilità a collaborare con l’istituzione nella quale sono cresciuti e si sono formati. Sono continuati gli incontri con questi giovani, ormai oltre quarantenni, sul tema della famiglia e dei figli, che a loro volta frequentavano il Patronato e ponevano ai genitori nuove problematiche per un modo più aggiornato di fare “Patronato”. Fu organizzata una cena speciale, con la presenza dei Parroci: Don Bruno Franceschini e Don Orfeo Gasparini. Il gruppo di amici, con le rispettive consorti (più di sessanta persone), chiesero al Preside (Prof. Bruno Brunello) dell’Istituto Alberghiero, che in quegli anni gestiva i locali del Patronato, l’utilizzo del salone, Incaricarono il giovane studente dell’Istituto Gerardo Giacometti il quale nella richiesta incluse la possibilità di usare l’attrezzatura e farsi aiutare da alcuni allievi per preparare il menù e servirlo. (vedi lettera a lato). Alla cena, dopo i convenevoli, i saluti e aver ricordato gli amici lontani o defunti, il più anziano e autorevole della nostra compagnia, Gino Sartor, fece gli onori di casa, complimentandosi con i ragazzi per il menù ed il servizio lasciando spazio alla discussione dei problemi suesposti, molto dibattuti. Fu una delle tante testimonianze della presenza e continuità di rapporto e di dialogo con le generazioni più giovani convinti del valore morale e sociale del nostro Patronato. (Il nostro giovane amico Gerardo, conclusi gli studi in quella scuola è entrato in Seminario diventando un bravo Sacerdote. Attualmente è assistente nella Parrocchia di S.Agnese a Treviso ed ha un’incarico importante nell’ambito della catechesi Diocesana). 92 I cantori che…“contavano”! In piedi: Tarcisio Confortin, Bressan, Luigi Piccolo, Domenico Piccolo Agostino Guardiero, ?, Giuseppe Confortin. Seduti: Mino Piccolo, Arturo Giacomazzi, ? , Romeo Zandonà, Attilio Giacometti, “Ico” Baggio, Piero Zanon gruppo corale parrocchiale della Pieve era composto di un folto numero di cantori. Il maestro organista era Giuseppe Silvestri (affettuosamente chiamato Polo. Il direttore era Attilio Giacometti. C’era molto interesse che la scuola di canto funzionasse bene: esisteva amore per i canti figurati, per quelli popolari e per i salmi.Era un punto d’onore e soddisfazione eseguire ed ascoltare brani musicali di Bach, Schubert, Mozart, Palestrina e le Messe di Perosi, Viadana, ecc. Tutti canti a 3 e 4, voci dispari, (con la presenza dei bambini come soprani e contralti). La Messa più importante, dove il coro si esibiva era quella domenicale delle nove, la messa cantata in terzo (con tre celebranti).I cantori provenivano da famiglie note per le loro doti musicali: i Giacometti, i Confortin, i Piccolo, i Bressan, gli Alessio, i Caon, gli Stocco, i Binotto, i Magoga, i Perin, Varo, Zanon, Zandonà, e poi tanti altri, assidui alle prove e interessati ad imparare ed eseguire nuovi e più impegnativi canti.C’era il piacere dell’ascolto e anche della critica che s’ infervorava dopo la Messa, sul sagrato con i parrocchiani più ”esperti”che spiluccando sulle sfumature vocali degli accordi, degli attacchi, stuzzicavano, suggerivano e animavano la discussione, stimolando così a migliorare la prossima esecuzione. 93 Anni ’60. Il coro in gita sui monti Anni ’60. Ancora in gita. I Cantori con gli estimatori 94 Negli anni successivi, (dopo il 1970), con l’arrivo di don Lino Nichele, il coro si è ulteriormente arricchito, con l’inserimento delle voci femminili. 8 Maggio. 1981. Il Coro della Pieve dopo la messa cantata, in occasione della Cresima. 1991. Concerto di Natale. Coro della Pieve. All’organo: Luca Arpa. Dirige: Renzo Ceccato. Presenta: Giuseppe Perin 95 I complimenti e le congratulazioni del Parroco: Don Orfeo Gasparini. 2005. Continuano i servizi del coro, nella chiesa della Pieve 96 Ore 1830 del 31 Dicembre 2005. Il coro canta il” Te Deum”, di ringraziamento. La “Schola Cantorum” Parrocchiale è in un momento di transizione. Il Gruppo corale ora è chiamato a guidare e sostenere il canto del popolo nella sua partecipazione attiva, con musiche e testi, noti, che possono favorire la preghiera comunitaria. I suggerimenti della Sacra Congregazione dei Riti, considera il canto, un momento solenne e festoso, specialmente nelle sacre celebrazioni, dove l’assemblea esprime la sua pietà e la fede. E’ un servizio che si deve potenziare e programmare affinché, nello svolgere con diligenza il suo compito possa svilupparsi ed esprimere la sua potenzialità ed efficienza, studiando e proponendo musiche e canti sacri, più complessi e gratificanti, atti a stimolare anche presenze di nuovi cantori. Si devono trovare i tempi e le modalità celebrative, per presentarsi al popolo come momento di gioiosa crescita culturale e soddisfazione dei coristi. Aggiungiamo anche altre difficoltà: “Cercare un bravo organista, maestro di coro e dare efficienza allo strumento della Chiesa, ” l’organo”. Saprà la nostra comunità promuovere e sostenere queste iniziative, superando le difficoltà di carattere burocratico, culturale, mentale ed economico? In sostituzione ci accontenteremo di una voce-guida al microfono e di un moderno nastro registrato che, sostituendo l’organo, diffonde di suoni e di canti programmati, ogni rito, risolvendo il problema. 97 Si è celebrato oggi, 8 aprile 2006, il funerale del M° Primo Beraldo nella chiesa della Pieve. Aveva 82 anni e da qualche mese era infermo. Anni prima, un ictus cerebrale, gli aveva provocato una paresi alla parte destra del corpo. Ha prontamente reagito continuando ad insegnare e suonare con una sola mano, tanta era la sua passione per la musica. La nostra storia, che è quella del Coro inizia con l’incontro e la conoscenza del giovane Maestro di musica più di cinquant’anni fa, quando è arrivato a Castelfranco dal suo paese, Monastier (TV); aveva ottenuto una cattedra per l’insegnamento della musica nelle scuole Medie e nell’Istituto Maria Assunta. Ha avuto, nel frattempo anche l’incarico d’organista della Chiesa della Pieve. Appassionato di musica liturgica e polifonica del 1600, interessò con entusiasmo il gruppo corale ad entrambi i generi musicali, servendo la liturgia col primo e costituendo un nuovo Coro, per sviluppare il secondo. Al nuovo Coro impose il nome di”Agostino Steffani”, in memoria del musicista e Vescovo, nato a Castelfranco Veneto nel 1654 che visse in Germania come diplomatico e Nunzio Apostolico a Düsseldorf ed Hannover, trovando il tempo per comporre Cantate ed Opere come il Tassilone, eseguito a Castelfranco in occasione del Festival della Musica, nel settembre 1975. Un nome prestigioso che molti anni dopo (nel 1980) fu adottato dal nostro Conservatorio Musicale, quando divenne autonomo, nel 1969 era nato come sezione staccata del Conservatorio Benedetto Marcello di Venezia. Il Coro “Agostino Steffani” ha un ricco curriculum d’attività e concerti, li ha elencati nel suo Albo d’Oro iniziando dal 17 febbraio 1957. Gli autori musicali erano P.L. Palestrina, M.A. Ingegneri, Benedetto Marcello, J.S.Bach, G.Gabrieli, G.F.Haendel, O.Vecchi, A. Banchieri, A. Vivaldi ecc. Molto attivo, il Coro era composto di 44 elementi e si preparava ad affrontare un traguardo più arduo: Il concorso Interregionale di canto polifonico di Prima Categoria a Milano. Il 23 maggio 1957, all’esame di concorso si è classificato al 2° posto, con medaglia d’argento. Un grande merito per il Maestro che acquisì un ottimo punteggio per la sua carriera d’insegnamento, si rivelerà un po’fatale per il Coro che , qualche anno dopo, perse la sua disponibilità.. Molto interessanti furono i concerti fatti alle Messe degli Artisti nella Chiesa di S. Fantin a Venezia, di fronte alla Fenice, nelle domeniche da giugno 1959 a marzo 1960. L’Albo d’Oro porta le firme dei vecchi Artisti che si congratulavano per le belle esecuzioni e per averli onorati con i canti graditi. Rivedendo le pagine dei concerti, scopriamo che il nostro Coro è stato l’iniziatore delle Quaresime Musicali, con il primo concerto del Mercoledì Santo nella Chiesa di S. Giacomo, il 13 aprile 1960. Nel frattempo continuava la preparazione dei coristi per lo studio di nuove partiture e generi musicali diversi, come i cori dalle Opere Liriche e i Madrigali del 1500 che furono eseguiti nei vari “Palii”del Settembre Castellano.Si distinsero anche i coristi più dotati e preparati che si esibirono come solisti. 98 Era nata da poco (1959) la Scuola di Musica della Fondazione Morello e Castelfranco si preparava a diventare un polo d’importante attrazione per i giovani interessati alla musica. Com’era prevedibile, il 12 novembre 1962, nell’Albo d’Oro, abbiamo letto il saluto di commiato del M° Beraldo, aveva ottenuto la Cattedra d’insegnamento al Conservatorio di Cagliari. Senza la sua guida i componenti del coro si dispersero, chi nel Coro di Salvarosa, chi nel coro Valcanzoi e altri nei cori del Duomo e della Pieve. Passarono gli anni, dopo Cagliari ebbe incarichi importanti in altri Conservatori, finchè potè godere gli anni della pensione e tornò al suo Coro.Con rinnovata energia iniziarono le prove della sua nuova Opera: l’Oratorio in onore della Beata Maria Oliva Bonaldo. Un’Opera molto bella e complessa,composta per ricordare il momento mistico che ispirò la sua vocazione, avvenuta il giorno del Corpus Domini del 1913. Lo studio delle varie partiture, suddivise nei vari cori e strumenti, era già a buon punto. Aveva programmato di presentarla già nel 1998. Si ammalò e l’opera rimase ineseguita. L’incontro di oggi con tanti suoi allievi, sia musicisti che coristi, ha dato la tangibile dimostrazione del grande carisma e stima che tutti avevano per lui, a testimonianza del lavoro svolto in cinquant’anni per la Cultura Musicale nella Castellana.Attorno alla sua bara hanno cantato sei Cori: il coro del Duomo, della Pieve, di Villarazzo, di Vallà, le Soldanelle e il Valcanzoi. Tutte composizioni o armonizzazioni sue, in una emozionante e vibrante cerimonia di commiato al “MAESTRO” Da destra Il M° Primo Beraldo, Attilio Giacometti. Giuseppe Perin ,(sul fondo: Orlando Binotto) 99 100 I menestrelli del Palio di Castelfranco, cantano, sul sagrato del Duomo. Il coro Agostino Steffani: Dopo il concerto nella Chiesa di S. Anna. (Asolo) 101 Oh! Quant’è bello, seder qui insieme e caldo e polvere lasciare ai gonzi; 102 103 Ottobre 2000. Galliera Veneta. Il Coro A. Steffani ha cantato alle nozze di Antonella Bertoncello, corista e solista del coro. La canzone della “Luna Ciara”, della valle del Sarca (Tn) 104 Insieme: In allegria. 105 Svaghi e divertimenti in Patronato Lo sport e specialmente il calcio, impegnava la maggioranza dei giovani, alcuni però erano interessati ad altri giochi con animazioni varie e si divertivano ad organizzare il teatro, cabaret, musica, proposte nuove, addii al celibato, uscite in bicicletta, gite collettive, giochi da tavolo e in cortile. Un gruppo di lavoro che ha animato tante serate impegnando molti ragazzi in queste attività ricreative e formative. Ho ricordato la recita di”Giulietta e Romeo”, ma se ne devono aggiungere altre, come quella concordata, con tutti i gruppi della Parrocchia, per festeggiare l’onomastico del Parroco Don Bruno Franceschini. Era un pomeriggio domenicale, del 6 ottobre 1961, nella sala del Patronato. Sono state presentate otto simpatiche scenette, che hanno visto impegnati un folto gruppo di bambini e ragazzi delle varie Associazioni Parrocchiali. Fa piacere ricordare alcuni nomi, dei piccoli attori e raccontare l’ultima scena, recitata da Orlando Mezzabotta e Luigino Pinarello, (due ragazzi che hanno continuato a fare teatro per molti anni), hanno molto impressionato il folto pubblico e il Parroco: Con il saluto augurale è arrivato il piccolo postino, Diego Bassani, che ha aperto la festa con il suo messaggio speciale, poi i cinque petali di margherita danzanti: Maria Pia Rossi (Dal Sasso), Bruno Beraldo, Anna Maria Baggio, Emanuela Andreatta, Elena Fraccaro. Gli Scout, con i canti e le danze russe. L’allegra fisarmonica, di Romeo Zandonà, ha accompagnato le canzoni d’epoca: Piemontesina, Chitarra romana, e la più recente, 24.000 baci, tutte cantate dalla sorella Maria Rosa. La scena finale, travolgente e orrida, mostrava due bare, disposte sull’orlo del precipizio che porta all’Inferno e nell’interno due malandrini aspettavano i dannati del girone degli avari, per derubarli dei soldi che avevano in borsa. Da parecchi giorni non passava nessuno. Qualcuno lassù li salvava convincendoli a fare piccole opere buone, interessarsi della gioventù, avere comprensione, dolcezza, generosità e carità. Si sono detti :“Qui si muore di fame; o andiamo a lavorare col diavolo, oppure torniamo sulla terra”. L’ultimo assalto ad un personaggio noto: Dante Alighieri, ha fruttato un magro bottino. Decisero di tornare, chiedere perdono e, con l’occasione, fare gli auguri di buon onomastico al loro Arciprete. Tanti sono stati gli applausi e le risate, dei giovani presenti e forti le critiche della signorina Elia Zaccarelli, impressionata dalle lugubri e infernali scene. La serata delle canzoni di San Remo, con le parole adattate, che denunciavano le biricchinate di qualche ragazzo vivace, sulle note di: Buongiorno Tristezza, Tu ‘ ssi o guaglione, Io mammete e tu, Musica Proibita e tante altre. La farsa: “ HO UCCISO” con personaggi, scenografia e costumi adeguati: IL COMICO: Mario Trivoletti. IL COMMISSARIO: Vittorio Parisotto. IL BRIGADIERE: Guido Ballan. 106 L’atto comico “IL POLIGLOTTA” con i personaggi e interpreti: CARLO PITONI: Antonio Tonietto. Franz: Roberto Barbon Giovanni (l’albergatore): Amelio Baroni. ANDREA (cameriere ): Gino Perin. Max (padre di Franz ): P. Luigi Zamperin. Commissario di P.S.: Vittorio Parisotto. Tre GUARDIE: Cechetto, Vettor e Gigè. Il seguito, fatto di scherzi, sfide e bravure: “Due ragazzi bendati che si danno da mangiare l’uovo sbattuto”. La gara della pastasciutta: Cuocevano un chilo di pasta e divisa tra quattro concorrenti; un premio a chi finisce prima. Poi altre sfide entusiasmanti animavano la festa. Un altro diversivo era l’ascolto delle Opere Liriche e degli spassosi intrattenimenti ascoltati alla Radio (la Bisarca) in una saletta del primo piano. Al sabato sera il Patronato si riempiva di giovani che trovavano, nelle attività proposte formazione e giusto sfogo alla loro esuberanza. Nel 1953-54, con l’inizio delle trasmissioni televisive, il Patronato divenne il punto d’incontro dei giovani e delle famiglie per assistere a questa nuova formula di spettacolo. Nelle sere d’estate in cortile, e d’inverno nel salone. Un regalo delle Radioindustrie Fracarro. Lo ricorda Lorenzo Viola (l’amico pittore) che a quel tempo lavorava in quell’Industria. A rendere interessante ed esplosivo l’interesse di tutta la Città arrivò lo spettacolo che la coinvolse per parecchie settimane:”CAMPANILE SERA”Molti castellani parteciparono: Gli esperti, Nicola Negro e L. Xiccato, i campioni di bocce Ferraro e Gobbato, il coro Agostino Steffani ed il gruppo dei pensatori e suggeritori posizionati nel Caffè Grande in Piazza Giorgione. 107 Iniziarono con i primi tre in CASA PERIN, Orfeo, Egidio e Rino. Gli altri dodici in cortile. Era arrivato il tempo di concludere il periodo spensierato della vita, per iniziare un impegno più serio, per una nuova famiglia.Anche la gita a VENEZIA, in bicicletta, del gruppo Aspiranti, per visitare il delegato Armando, operato al menisco per causa del famigerato marciapiede e ricoverato all’ospedale S. Giovanni e Paolo, fu un’avventura. Era il 1° Maggio del 1949, le nuvole nere minacciavano brutto tempo, ma i venti ragazzi affrontarono il viaggio. Bella è stata la gita, anche con tanta la pioggia. Ricordiamo anche la gita in barcone sulle Isole dell’Estuario di VENEZIA e la caduta di una borsa (sembrava), di fronte all’isola di San Giorgio, dove il barcaiolo si tuffò e ripescò un ragazzino di quattro anni della nostra comitiva. Era Giulio Berton. Tanti altri racconti e aneddoti si possono aggiungere, se voi li ricordate, li metteremo nel repertorio. Come vedete, l’attività del Patronato, dagli anni quaranta agli anni settanta e stata piena di messaggi e motivazioni. Tutti i ragazzi hanno tratto vantaggi sia nell’approfondimento dei temi spirituali, formativi e sociali che di attività sportive e di divertimento. Questo era il nostro modo di fare: “ PATRONATO”. 1950. Aspiranti in gita nella Villa Sacro Cuore a Possagno. 108 1974.L’ultimo discorso del Moro Bressan... e di Albino Marcon! A pranzo, (con le mogli), nel ristorante “Caon - Alessio” in Borgo Padova a Castelfranco Veneto. 109 “Sarò anca Presidente de nessun, ma intanto i me ciama: Presidente”; Questo diseva el nostro Presidente. A dirla tuta, co tute e riserve del caso, na sc’ianta de spusseta, soto soto, sta frase a sconde. E se vardemo ben el Moro Bressan, el nostro Presidente, na sc’ianta de spusseta soto el naso, quando chel gera in veste ufficiale, la gavea, no podemo non dirlo,.Intanto, quando chel partia co una dee so omelie, el montava sora na carega. Vero o no ? E da sora a carega el ne vardava tuti dall’alto. Dall’alto de na carega, ma dall’alto! Discorso, discorso, diseimo tuti noaltri e lu nol spetava altro. El ghe tegnea. Se ghe gavì fato caso, el gavea anca sempre vissin el so assistente. Come che se convien a un Presidente de rispeto, paraltro. Soto de lu, se sentava sempre Gino Sartor. El fasea e funsion del sugeritore. El ghe dava l’imbeccata e po’ el Moro sviluppava el concetto. E non e gera mai banalità. Sempre discorsi impegnati. D’altra parte Gino gera avocato e lu un Presidente. O no ? El Moro, gera uno con un apetito de fero. Na caratteristica che gavea tanti de a nostra generasion: la fame, tanta fame patia nell’infansia, co i ani, co el migliorar dee condision economiche se xe trasformada in apetito. Ani tristi i nostri ani 1950/60, tanta migrasion. Un bel pochi de noialtri, xe finii in Canada, Australia, Argentina, ma anca Piemonte. Dove che ghe gera lavoro. El ritorno de qualcun de questi nostri amisi, definitivo o anca par pochi giorni, xe sempre sta occasion de na “rimpatriada”, come che a ciama Bepi Perin; de na magnada par dirla giusta. Primo piato: pasticcio, rigorosamente de carne, bondante. Na slepa de pasticcio. Al Moro , che come Presidente vegnia servio par primo, rivava sempre un “consommè” . Na squeeta de brodeto caldo. Giusto par metarse a posto el stomego, disea lu, tranquio. Si parchè sta solfa se ripetea ogni volta e el fator sorpresa el gera morto e sepeìo. Malgrado tuto a andava vanti, par dir dea fantasia sfrenata dei nostri organizzatori. Mi el Moro me o vedo ancora col careto, a tirar su foie drio a strada del Santo, co a so motoreta a caricar cartoni o fero vecio, ma ghe xe do episodi che voria ricordar. El Moro, come che ben savì, el sonava a fisarmonica. Ogni tanto a so performance vegnia intacada da qualche “sgambaro”: el saltava qualche nota. 110 No gera mancansa de concentrasion, gera che el gavea i dei dee man grossi come museti e gera fasie chel strucasse tre tasti al colpo Questa sua abilità suonatoria, xe vegnua bona na volta ala Madona del Covolo a Grespan da Don Chiavacci. Gerimo la par far i esercizi spirituai. In cesa ghe gera un organo a mantice. Ghe xe qualcuno in grado de sonarlo?, domanda Don Chiavacci . El Moro, el Moro. Si, ma se me o metì in pìe, par traverso, come a tastiera dea fisarmonica. Me par giusto. A proposito de apetito. No me ricordo de preciso l’ano, ma me par chel fuse el 64. L’esercito italiano ga deciso de richiamar tuta a riserva. Anca el Moro xe sta richiamà soto le armi: destinasione in mezo ai campi visin a Brusaporco. Rivai sul posto, a domenega de matina presto, el primo rancio xe rivà zoba verso sera. Gera autunno e a ua, gera fata. No so dirve quante piantae che ghe n’ha fato fora el Moro. Visin ghe gera na casa de contadini e in corte girava ignara, na pai. El Moro a vardava e ghe vegnea e lagrime. Un bel dì el ciapa el coraio a doman. “Parona me a vendarissea ? “Parchè no. “Ma bisognaria che a cusinasse. “Lessa ? “Va ben lessa. Tuta d’un fià . El ghe ga ciucià anca i ossi. E del brodo cosa fasso ? Un bronzin de consommè xe spario zo par el gargatolo. Ciao Moro. Pierluigi Zamperin 111 Incontrare un vero amico, nella prima giovinezza, per un ragazzo assetato di novità, aperto e pronto a vivere nuove avventure, con un gruppo di ragazzi, guidati da un bravo Assistente, è una vera fortuna. L’Assistente era Don Gino Gomiero, il Gruppo di ragazzi era formato dagli “Aspiranti” di Azione Cattolica (ragazzi tredicenni), l’amico nuovo era Armando Berton, allora diciassettenne, denominato il “Vice”, per il suo incarico di vice-delegato, Insieme al delegato, Paolo Marcon, un giovane studente diciannovenne, ricco di entusiasmo e carisma, entrambi dedicavano il loro tempo libero organizzando riunioni formative, attività culturali (letture, teatro, musica), giochi e passatempi. La guerra sempre più vicina e minacciosa, dopo l’otto settembre 1943, imperversava con continue e pericolose impennate. Malgrado ciò, noi ragazzi cercavamo di vivere i giorni con serena e spensierata allegria, regolando le ore di studio a casa con le attività di gruppo ed il gioco, in Patronato, alternato da improvvise fughe per l’allarme aereo, i mitragliamenti ed il coprifuoco. La continua presenza ed assistenza del nostro “Vice” ci dava certezza e sicurezza. Tra il numeroso gruppo di ragazzi, alcuni erano scelti per la loro disponibilità e preparazione, come futuri capi squadra, pronti ad aiutare i delegati. Terminata la guerra, gli incontri s’intensificarono e si consolidarono le amicizie; la vita di Patronato riprese vivace impegnata e giocosa. I giovani crebbero in età, statura, impegno e preparazione. Paolo, il delegato, partì per Milano e poi si spostò a Roma per finire gli studi. Gli successe Armando ed io divenni il suo vice, anche se tutti, ormai, continuarono a chiamarlo il”Vice”. In coppia con lui, continuammo ad elaborare nuove idee per interessare i giovani nelle varie attività di formazione di gruppo; quella personale era curata dall’Assistente, Don Gino, fino al 1943, poi da Don Piero Salvador fino al 1949. Nello sport: con partite di calcio, di pallavolo,giochi in cortile e in sala. Nel Grest (Gruppo Estivo), con cacce al tesoro, giochi di gruppo, discussioni su temi che interessavano i giovani. Organizzando il Teatro-satira,facendo recitare molti giovani, anche se poco dotati. Era curata anche la preparazione organizzativa dei campeggi estivi, in montagna e incontri formativi, nella Villa del Sacro Cuore a Possagno. Più di dieci anni di attività con i ragazzi, insieme. Amava lo sport, specialmente il calcio, nel quale era noto il suo guizzo ed il tocco spiazzante per il difensore. Quasi ottantenne, si divertiva fino a poco tempo fa, a giocare in Patronato con i giovani il “calcio a cinque”. Ama le lunghe gite in bicicletta, anche all’estero, in coppia con Laura, sua moglie. La sua amicizia ha lasciato un segno positivo a chi l’ha avuto come amico. E’ stato ed è tuttora un “ragazzo” meraviglioso. 112 Le feste di carnevale in Patronato, anni ’60. La dolorosa istoria del Povero soldato Stasera si recita l’ultimo atto di: GIULIETTA E ROMEO. Personaggi e attori: ROMEO (Arturo) e GIULIETTA (Pasquale) Seguirà la farsa drammatica della: Personaggi: Il Colonnello:(Armando) Il Comandante del plotone: (Pierluigi) 1° Soldato (Mario ) 2° Soldato (Romeo) Tra le varie attività in Patronato c’erano anche le prove per una forma di teatro comico. Non tutti scendevano di corsa in cortile per la fatidica partita a calcio notturna, dopo la riunione di Azione Cattolica del sabato sera. Per chi se ne stava in disparte, senza interesse per nessun gioco, si doveva inventare qualcosa che creasse desiderio e impegno, nelle sere invernali, in preparazione delle feste di carnevale. Nel salone del primo piano era stato preparato il palcoscenico; così io e Armando, pensammo di far recitare una piccola parte, del momento finale del dramma “GIULIETTA e ROMEO”, ai due ragazzi più schivi e introversi. ARTURO e PASQUALE.Il primo non parlava mai. A lui bastava essere presente. Un Romeo sofferente, triste! Il secondo parlava per…sette.!; era un tipo ”estroverso” e il suo modo di muoversi era aggraziato: Era proprio giusta la nostra impareggiabile Giulietta innamorata!.La storia si può così riassumere Due famiglie, i Capuleti (Verona), i Montecchi (Mantova) sono in lotta e sì odiano. I loro figli, Giulietta Capuleti e Romeo Montecchi, sì incontrano e sì innamorano. I sospiri di Romeo e le lacrime di Giulietta non commuovono i genitori che già hanno scelto il giovane Paride come futuro sposo.Fra Lorenzo escogita un piano di morte apparente, per Giulietta e convince Romeo a recarsi in cimitero e appena l’amata Giulietta, si svegliava, fuggire insieme.E’ il momento del dramma finale. Bisognava preparare il testo per la recita. Poche parole per “Romeo”, tante per “Giulietta. Lei doveva implorare: “Oh! Romeo se mi ami tanto, ripudia il tuo nome di Montecchi ed io, per essere tua, non sarò più una Capuleti”. Per Pasquale era facile, ma per Arturo anche due parole erano troppe. Durante le tante prove, tutti venivano furtivamente a curiosare perché era uno spasso, si rideva a crepapelle, dove Pasquale dava spettacolo per il suo impegno loquace e suadente e Arturo diventava sempre più cupo, quasi presagisse il dramma della povera Giulietta.La sera del debutto, la sala era strapiena di ragazzi che conoscendo gli attori si preparavano già a godere.La scena era terrificante; sul palcoscenico c’era tutto l’apparatfunereo.Bepi Ballan, il 113 sacrestano, aveva portato i candelabri, il tappeto nero, le lampade ed il baldacchino, (l’attrezzatura completa dei funerali).Distesa sulla cassa, Giulietta, vestita di bianco, con la cuffietta annodata e il viso coperto di borotalco, stava immobile come morta.Romeo, vestito di scuro, con una candela in mano e con voce tremante sussurrava bofonchiando: “GIULIETTA, cespuglio del mio cuore, svegliati”.E’ bastato questo per scatenare il pubblico; non sapevano perché, ma ridevano in modo parossistico.Giulietta intanto aprendo mezzo occhio aspettava che si calmassero per dire la sua battuta. Finalmente ci fu silenzio.Lei, alzando un po’ il capo, declamò: ”Romeo, amore mio quanto sei…moro..! Sei pallido? stai male? Come sei combinato? Hai bevuto il veleno?Stai per morire? Oh! Amore mio, dammi il tuo pugnale, morirò con te! A questo punto Romeo non ha più capito niente e, implorando un aiuto, guardava verso le quinte cercando la via per uscire dalla scena. Fremente, Giulietta lo supplicava sottovoce di recitare la sua parte, intanto, per l’agitazione, il borotalco scendeva dal suo viso e si vedevano i peli della barba. Un disastro, Romeo e Giulietta dovevano morire e non lo fecero, erano nella totale e drammatica euforica e umoristica disperazione. ” Giù il sipario!”, e non si chiuse. Spegnete le luci!. Nel buio s’intravedevano i morituri in fuga, cosicché si verificò lo spettacolo nello spettacolo.Il salone rimbombava di urli e risate. Perfino uno spettatore d’eccezione, il Parroco Don Bruno Franceschini, rideva di gusto. Dopo mezzora di sospensione perché tornasse la calma, dovevano uscire gli attori comprimari per la scena finale della pace tra le due famiglie.La regia decise di tagliarla: era impossibile far recitare quei due soggetti, nel palco. Meglio passare subito alla farsa tragica, del ”POVERO SOLDATO”. Gli attori, in questa storia, hanno dato il meglio di se stessi, per serietà ed impegno riuscendo a strappare solenni risate per indisciplina, intempestività e troppa passione militaresca. Alla fine tutti furono felici per il lieto epilogo. Resta però nella memoria e nel cuore la recita di Arturo e Pasquale, perché i presenti risero e soffrirono con loro, che si vergognarono d’aver fatto finire l’impegnativo dramma, in farsa. 114 Una festa di carnevale in pace.!. Con i giovani A.C. Febbraio 1947. La guerra era finita da poco più di un anno; il paese si stava leccando le ferite. Case distrutte, strade sconvolte, disoccupazione; ancora tanta fame. Funzionava ancora l’obbligo delle tessere alimentari, ma l’Italia e gli italiani avevano tanta voglia di rimettersi a lavorare per ricostruire ed anche un po’ a divertirsi dopo tante costrizioni. Per i giovani non occorreva tanta fantasia per far festa: un campetto di gioco, un pallone, qualche frittella e un po’ di…biscotti!Ecco perché, quel carnevale del ’47 è ricordato da noi tutti come un momento d’euforia, pur in quelle difficoltà e ristrettezze.Alla riunione del sabato sera, fu annunciato a tutti i giovani: “Martedì, ultimo giorno di Carnevale, faremo festa, nella sala grande”. Cosa prepariamo? È stata la domanda.È scattata la generosità.Le famiglie Ballan, di San Giorgio si sono offerte di preparare le frittelle e i crostoli.Le famiglie Alessio, del Piagnon si sono proposte di offrire il vino e il pane Le famiglie Basso e Concolato salami e casatte (formaggio).I Perin (dal negozio) hanno fornito vermouth e biscotti “OSWEGO”.Risultato: Due grandi tavolate, ben fornite per 150 ragazzi.Mancava la musica e lo spettacolo teatrale; saranno proposti qualche anno dopo. Le feste iniziavano con un momento di ringraziamento al Buon Dio ed una riflessione sui nuovi motivi per godere e partecipare alla novità del nuovo modo di gestire l’allegria.Si aprirono le porte del salone e tutti scelsero il posto a sedere. Sui piatti era già preparato il salame ed il formaggio, in mezzo ai tavoli le frittelle, i crostoli, i biscotti, l’acqua, il vino, il vermouth. Uno spettacolo che durò poco.Dopo un quarto d’ora la tavola è ripulita, nulla restava del pranzo.In un angolo della sala, due fratelli, gracilini, stavano mangiando a quattro mani, tutti i biscotti alla loro portata. Non sapevamo se fosse stata fame o sete di novità. Si ride, si scherza, appena finito tutto, si torna giù in cortile. Bisogna correre e saltare per smaltire l’ingozzata. I due fratelli (Cecchetto) però non si sentono bene.Vanno a sedersi su una panchina sotto gli ippocastani. Gli amici li vedono impallidire, poi ad un tratto, fortunatamente, si liberano dal nodo allo stomaco, ma stanno male. Tra i più anziani, c’erano degli studenti di medicina poco più che ventenni (Franco Stradiotto, Nino Acoleo); consigliarono di portarli a casa subito e somministrargli una limonata calda. Qualcuno ha procurato il carrettino di Trevese, a due ruote, da trainare con la bicicletta. Li hanno portati a casa in Via Malvolta ed in breve tempo si sono rimessi. Eravamo impressionati per la voracità mostrata nell’ingoiare i biscotti senza bere. Più tardi, nella panchina qualcuno ha intravisto, tra i resti dei biscotti, la parvenza della scritta “OSWEGO”. Questo fatto ha dato lo spunto al nostro amico Ginetti, che lo ha inserito nei suoi fantastici e fioriti racconti. Per tutti è stato lo stesso, veramente una bel CARNEVALE. 115 116 LA SERENATA DI “ GINETTI “, diventa l’inno del Patronato. Nel dopoguerra è arrivato dalla parrocchia del Duomo, un giovanotto dal piacevole aspetto e dalla parlantina arguta e brillante, con un gran desiderio d’amicizia, aperto al dialogo e a tutte le iniziative. Il suo nome è Davide Bortolin detto GINETTI. E’ stato accolto con entusiasmo e subito conquistò la stima di tutti noi. Abbiamo scoperto che aveva una bella voce tenorile e che era molto sensibile alle grazie femminili. Noi eravamo più distratti; ma lui, ad ogni incontro del sabato sera, raccontava nuove “viste”ed incontri con belle ragazze. Una delle “penultime” (in tutto, da un suo calcolo, ne aveva conosciute 106), abitava in Borgo Pieve, di fronte alle suore Canossiane. Dovendo trovare il modo di richiamare la sua attenzione, progettò con noi un’uscita “musicale” notturna. Era pieno di risorse; come arma segreta aveva in serbo una serenata dal titolo: 117 ”IL CIELO E’ UNA COPERTA RICAMATA”. Era previsto l’accompagnamento di chitarra e mandolino. Un sabato sera, dopo l’incontro in patronato, verso le 23.00, un piccolo corteo s’avvicina furtivo sul punto prestabilito; dopo due accordi musicali la voce dell’innamorato Ginetti intona la serenata: Il cielo è una coperta ricamata La luna con le stelle fan la spia Io son venuto a far la serenata Con la chitarra e con la compagnia. Mentre tu dormi, fanciulla mia Non so che sia mi sento un non so che, sarà la smania d’averti accanto amore santo, non farmi più soffrir Il cielo è una coperta ricamata La luna con le stelle fan la spia Io son venuto a far la serenata Con la chitarra e con la compagnia. Tutto tace, passa un cane, si aprono altri minacciosi balconi. Ma, lui insiste a seconda strofa: Con i capelli sparsi sul cuscino Ed io li accarezzavo pian pianino, Tu stavi riposando sul tuo letto e ti dicevo amor, amor, diletto Mentre tu dormi, fanciulla mia…!!! (Ritornello..) Il cielo è una coperta ricamata..! A questo punto la luce si accese e la finestra si aprì…il corteo si dileguò, restò solo lo spasimante a far valere le sue doti “CIRANESCHE “. La simpatica ed effervescente serata lasciò il segno, nei ragazzi del Patronato. Quella serenata diventò l’INNO DEI GIOVANI e Ginetti diventò l’idolo del gruppo. Non finiva mai di stupire e quando ci vedeva tutti intorno ad ascoltarlo, animava e fioriva ancor più gli allegri racconti delle sue mirabolanti, numerose e imprevedibili avventure amorose. Era un vero piacere averlo in compagnia Con lui non regnava la noia e la depressione. 118 119 120 Al Ciclamino, grande richiamo d’evasione, per chi amava il ballo! 121 Musica e spettacolo Il Complesso Mandolinistico Castellano, negli anni ’50. Il piacere di fare musica insieme. Il colonello Zucchermaglio, proveniente da Bolzano, dove con suo fratello suonava per Radio-Bolzano, è riuscito a mettere insieme un’orchestra mandolinistica. Dopo un breve periodo di preparazione e prove si esibiva nei teatri e nelle sale parrocchiali dei paesi circostanti (Castelfranco, Resana, Riese, Castello di Godego, Galliera Veneta, ecc.) tante volte come intermezzo delle loro recite. Suonavano pezzi scelti da musiche popolari di varie regioni. Gli spettatori apprezzavano molto il programma musicale e la dolcezza del suono dei romantici strumenti. L’unica difficoltà era la mancanza degli amplificatori perciò risultava un poco problematico ottenere il massimo silenzio, sentire e gustare il suono e le melodie che il complesso proponeva. L’orchestra mandolinistica, diretta dal Col. Zucchermaglio. Gli strumenti: 4 mandolini, 2 mandole, 3 chitarre, 1 contrabasso. I suonatori: Attilio Bresolin, Umberto Baldan, Silvio Perizzolo, Antonio Viola, Primo Stangherlin, Angelo Carraro, Bruno Libralato, Giovanni Fracarro, Giuseppe Perin. Il gruppo si sciolse dopo la morte del maestro. 122 “..da un monologo recitato nel Teatrino, a Carnevale..” (Vecio capelan de Lovari; el xe de poche paroe,e dal latin nostran ..) Dovì saver che, el Piovan, el xe ‘ndà a predicare a la sagra de S. Andrea. Par no lassarme a boca suta, el me ga comandà de dirve quatro busarade sul Vangelo. Credìo forse che mi sia un bon da gnente; che sia montà sul pulpito par vardar i candelieri? Dunque, sté atenti: El Vangelo de stamattina el canta cussì: “ Beatus vir qui audit verbum Dei, et custodit in illo “. Che in lengua nostra el vol dir: « Sarà beati tuti quei che scoltarà la parola de Domine Dio e che la tegnarà ben dentro la succa ». Credìo valtri, de esser in grassia de Dio? Par de qua ! A Lovari, che el fogo me bruxe, no ghi ne uno de beato !. Tute canaie! E parcossa no sìo beati? Parché no vegnì a dottrina, a le riunion, e ve stufé de sentir la spiegasion del Santo Vangelo!. Dovaressi vegnèr più spesso, a sentir la vose canarina, del vostro Piovan. Sentì San Luca: ”Beatus vir qui verbum Dei”! Gavìo capìo el latinorum ? Ma valtri cossa faxio invesse de vegner in Ciesa ? Stèo ogni festa a pettegolar in piassa ? A slenguonar la zente ? A batar carte in ostaria ? Cussì perdì fin l’ultimo sentesimo, che el ve ‘ndaria tanto ben par impenir el bussolotto del sal, o par comprar el lardo, par mettarlo sò la minestra. Invese ‘ndé a casa co do” lavari”che i someia quei del musso de Brugnera; co la borsa voda, co la meona piena de “vinasso”; a trovar da dir co’ la femena, par bastonarla; questa se vendica, co’ le marachee dei tosi e xe finia la paxe in fameia. Voialtri “omenassi”, co’ vegnì dentro in Ciesa, sensa rispeto, come che a fosse ‘na stala, ve inzenociè co’ un zenocio solo, come se ciapassi la mira par tirarghe al Santissimo. Zele maniere!!! Anca se el Signor, adesso, nol dize gnente, al giorno del giudizio nol vardarà in faccia a nessun. E valtri:Pàri e Màri, che mandè i vostri tosi e le vostre tose a spasso insieme!. Spalanchè ben i oci, stè atenti..!. Lori, i tira so’ l’ombra, soto i stropari, i castagnari, i onari, e i lassa le bestie a pascolar su queo dei altri e intanto cossa fali?. Chi qua, chi là, i se rodola al scuro, come serpenti. 123 Zelo uno spettacolo che i dà, sti canaioti, busaroni, figure porche, scalmanai!. Pàri e Màri, se no trové rimedi, andé sicuramente a trovar el Diavolo co la testa in zò. Cioh! Femenasse! Sganassèo parchè digo la verità! Buzarone!. Faxì le bigote in Ciesa, inzenociae, co’ un rosario longo tre brassi: ci. ci. ci.! pissi. pissi.! Come che mastegassi croste; par aver santi e miracòi. E fora.! solo superbia e cattiveria. Santificietur in Ciesa e demoni in casa. Verzì i oci, insemenii de omeni! Stèghe drìo ae vostre femene! E voialtri zovanotti, dove buttèo tuti i schei; co’ le morose, su le feste da balo o comprèo recini, nastri de seda, pendacùi e altre stupidae, par parer bon? I ve domandarà de conto; sentirì che gusto farse spènzar zò da’na vis-cia de fogo. E valtri Omeni del Comune; cossa credìo de esser?. Sindaci! Consiglieri! che ‘ndé in rapesentansa, in vacanza, a spasso; rosegando so’ le spale de tuti e no’ faxì gnente pa la nostra Ciesa, pal canpanìe. La xe tuta crepada, co’ i balconi roti, i banchi consumai, i pavimenti sbusai. Bele maniere, par tocar el cuor de nostro Signor! Dunque, cara a me zente ,bisogna redimarse, cambiar vita, far penitenza. El dixe Cristo nel vangelo: “Nemo penitenza angariaveritis,omnis simul peveritis”! Che vol dir: ”Bisogna far penitenza dei vostri pecati, se voemo ‘ndar in Paradiso”! Fazemola, fin che sèmo in tempo, parché vegnarà el giorno del Giudizio: “Quatro angeli sonarà la trombetta, so’ i quatro cantoni del mondo. “Surgite mortis, venite ad judizj” E noialtri tornaremo a ciapar su el nostro corpo, ‘ndà in farina, e dopo..via de corsa so la Valle de Josafate; che la xe cossì granda,che i Prai de Godego e de San Piero in Gù, li xe gombine. I angeli ne dividerà: i beati a destra, i dannati a sinistra e mi, poareto?? Me metarò so’ un canton come un” selgaro”, tuto squinternà.. E po’, quando che el Signor me ciamarà, el me dirà: “ Don Piero! Cossa ghèto fato ti, par i to parochiani?”.Ghe dirò: “ Signor, pòri insemenii e testardi te me i ghe dati, pori insemenii e testardi te i torno”. E scamparò, de corsa, a destra de Nostro Signor. Cossa dirìo, quea volta là? Vedìo, che figura che me fè far, co’ e vostre canaiae? Par ancuò basta. Dunque tegnì a mente: “Beato qui audit Verbum Dei, et qui custodit in illo! Amen! 124 1946. S’avvicinava la data del 2 giugno; il popolo italiano era chiamato a votare per scegliere tra “Repubblica” e ”Monarchia” Tutti andavano in Piazza per sentire, per capire. C’era una gran confusione nella testa degli elettori; il voto era una novità ed una responsabilità. Ogni “fazione” dava i suoi consigli. L’amico ANGELO FAVARON, da attore consumato, (era un componente della filodrammatica “Guido Negri”); raccontava che più di un parroco si era messo ’impegno, per essere d’aiuto, semplificando ai parrocchiani gli astrusi indirizzi politici. Questo è uno degli esempi: -Il Parroco di S.Floriano, Don Piero Battocchio, ha spiegato così con convinzione la sua teoria, in un affollato incontro parrocchiale: “Carissimi, oggi voglio illuminarvi e farvi chiarezza su un argomento complicato ma, che vi semplificherò e tutti voi lo capirete. Dobbiamo scegliere tra Repubblica e Monarchia, non conosciamo bene il motivo ed il significato di questo voto, ma ascoltate: cerco di spiegarvi bene qual è la differenza. La Monarchia è come la “scrofa” (luia) che, legata con la catena al paletto sul campo: la”ruspa”, la”frassa”, la”sgrugna”e, fa danni solo attorno al palo. La Repubblica invece è una “scrofa”, libera, in mezzo al campo; la”ruspa”, la”frassa”, la “sgrugna” e, fa danni su tutto il campo. Conclusione: nel paese ha vinto la Monarchia! Angelo amava molto l’arte del recitare, sapeva far sorridere in modo intelligente, con i suoi monologhi; (vedi:.”farla, bisogna farla”!). Aveva un grande carisma, una forte personalità nella sua semplicità. Noi lo stimavamo, godendo molto della sua compagnia. 125 Negli anni ’50 esisteva una netta divisione tra ragazzi e ragazze che frequentavano le associazioni cattoliche. I maschi in Patronato e le femmine dalle Suore Canossiane. Per gli adulti, la Messa ed il Vespero era un motivo di preghiera e di riflessione, per i giovani era anche motivo di furtive occhiate indagatrici. Un po’ di chiasso sul sagrato e i due gruppi si dividevano, ognuno andava nella propria sede. I tempi cambiavano rapidamente, certe rigidità sembravano sempre più anacronistiche e i giovani ultraventenni premevano per far partecipare alla vita associativa anche le “tose” (ragazze). Il più sensibile a creare un dibattito su questo tema era il nostro amico: LUCIANO (CIANO) PASQUALETTO Era un giovane laureando in Scienze Agrarie, di qualche anno più anziano di noi e Presidente della nostra associazione, molto benvoluto e ascoltato dai giovani per la sua affabilità, gentilezza, formazione cristiana e desiderio di dare amicizia.Aveva già la fidanzata (Piera, che poi è diventata sua moglie), dirigente delle ragazze di”Azione Cattolica” e si lamentava che gli orari delle riunioni, coincidendo, non concedessero mai il tempo sufficiente per incontrarsi. Così si fece promotore del nuovo: PARTITO “Z.A.E.” (Zovani Amorosi Entusiasti) Alla prima festa di carnevale riempì il salone di stemmi e proclami, tutti i ragazzi avevano una coccarda (vedi disegno sopra), che riportava lo slogan: “Vota Z.A.E., per un” futuro più rosa”. Portabandiera-sandwich, era il giovane ISEO Marcon (detto anche ZAE).Da lui ha preso il nome del Partito. Fu un tripudio per i maggiorenni, con la partecipazione chiassosa e, per il momento inconsapevole, dei più giovani. Si fece un grande comizio; si fecero proposte e petizioni al Parroco. Come prima iniziativa fu organizzata una gita assieme alle ragazze, sul Montegrappa il Lunedì dell’Angelo,il giorno dopo Pasqua. Citare quest’aneddoto e le fiorite motivazioni, ci riempie di gioia e ci dà l’occasione di ricordare la figura meravigliosa del nostro caro amico LUCIANO, (sempre Ciano, per noi). 126 Era ormai consuetudine, nei periodi di carnevale, di fine anno e alla conclusione annuale dei nostri incontri festeggiare insieme, in Patronato, in felice e spensierata compagnia. Gli anni passarono e i “ragazzi” diventarono “uomini”, cosicché dopo gli anni’50, gli incontri cambiarono significato, arrivarono i primi annunci di matrimonio e con loro le prime proposte di: “ ADDIO AL CELIBATO” I primi inviti furono Orfeo Milani, Egidio Alessio e Rino Giacometti. Ritenendo giusto non coinvolgere le strutture del Patronato per una festa privata e non volendo troppo ufficializzarla in luogo pubblico decidemmo di farla nel cortile di casa PERIN. Erano i primi approcci ad un modo nuovo di festeggiare i futuri sposi. Un messaggio importante per gli amici partecipanti. Il grande passo, era doveroso accompagnarlo con brindisi e urla beneaugurati. La festa fu un successo e considerammo un’ottima scelta consolidare il sistema con le prossime richieste. Furono una quindicina e tutte ben riuscite. A fare coreografia c’era una botte di crema marsala (per il negozio), ma che ha dato lo spunto, in piena euforia, a copiosi assaggi e adorazioni soprattutto da parte di Amelio Baroni e Sergio Costeniero, e ai festeggiati, che per pegno dovevano gustarla abbondantemente. A quel tempo, come finale, potevamo permetterci di andarci a sedere in cerchio, a mezzanotte, sul crocevia di Borgo Padova; a quell’ora passavano rari autoveicoli. Feste semplici chiassose, in attesa di un rito importante come il matrimonio e che tutti noi ricordiamo volentieri. 127 Il manifesto Il 10 maggio 1972. Gianni Boldrin annuncia: Mi sposo! Bisognava festeggiare e avvertire il poveraccio a quale grave pericolo stava andando incontro. Come? Con le lacrime agli occhi, ma: Mangiando e bevendo! Felici e contenti partecipano: Gianni Boldrin Bepi Perin Gino Perin “Feio” Bragagnolo Rino Giacometti Luigi Ballan Guido Ballan Gastone Ballan Adone Ballan Egidio Alessio Orfeo Milani Armando Berton Bepi C elotto Albino Marcon Alfonso Marcon Iseo Marcon Piero Zamperin Amelio Baroni Roberto Barbon Paolo Schiavinato Sergio Costeniero Toni Campagnolo Olivo (Moro) Bressan Gino Stocco Gigi Marcon Ferruccio Marcon Luciano Miglioranza 128 1954. La Televisione in Patronato! Musica, Sport, Intrattenimento, Informazione, Educazione In Patronato, nella saletta a sinistra del primo piano, c’era una vecchia radio. Molti ragazzi, dopo la riunione, andavano volentieri ad ascoltare musica, pezzi d’opera, teatro ed anche le notizie dall’Italia e dal mondo. Erano più attratti però dalla trasmissione di cabaret: “La Bisarca”. Seduti attorno al tavolo, dov’era disposto l’apparecchio, ascoltavano divertiti; pronti ad accogliere le battute dei comici, con grandi risate e, all’indomani, raccontarle agli amici. Era appena finita la guerra; il mondo apriva al nuovo modo di formare ed informare anche attraverso le varie forme di comunicazione, tra le quali la radio. Non più sotto controllo repressivo del regime, negli anni di guerra, che inibiva gli ascolti dei nemici di allora” (Inglesi e Americani), i quali diffondevano i famosi messaggi speciali in codice da Radio Londra, ai partigiani della resistenza italiana; ordini e movimenti, preceduti dal segnale:”dum, dum, dum, dum..!”, la radio iniziava ad animare ed interessare la popolazione. Passati gli anni cinquanta, l’Italia rapidamente progrediva nel lavoro e nell’emancipazione. Presto arrivarono i primi segnali di una grande novità, che entusiasmò e sconvolse il nostro piccolo universo:”La TELEVISIONE”. Il 13 gennaio 1954 la” RAI” ( Radio televisione italiana ) di Torino inaugurò il primo canale. I precursori furono gli Stati Uniti e la Svizzera ci ha preceduto solo di un anno. Una grande macchina organizzativa si era subito messa in moto per preparare e selezionare nuovi programmi di: ”Informazione, educazione, sport, intrattenimento”. Il teatro-quiz del venerdì sera fu la premessa. Presentatori, conduttori, attori, vallette, nomi nuovi. Spettacoli importanti furono proposti all’interessato pubblico, che si ammassava nei locali dei cinema, nei Bar e nelle case private, dove i fortunati abbienti che avevano acquistato la nuova invenzione, volentieri ospitavano gli amici, in quelle serate speciali. Grande era l’attesa per i nuovi spettacoli: Lascia e raddoppia, condotto da Mike Bongiorno, ha fatto storia Di forte attrazione fu: Campanile sera, (1958), gioco a cadenza settimanale, condotto da Enzo Tortora. Grande era l’entusiasmo, nelle numerose serate, trasmesse dalla nostra Città di Castelfranco Veneto. L’evento coinvolse molta popolazione del comprensorio. 129 Era importante non sfigurare, sia nelle domande di cultura e di sport, sia nelle dimostrazioni di abilità nei giochi. Come esperto per la cultura fu scelto Luciano Xiccato e, come esperto per lo sport, Nicola Negro. Per la sfida sportiva fu richiesta, contro l’avversario di turno, una partita al gioco delle bocce. Gli atleti designati furono: Antonio Ferraro e Mario Gobbato. Era coinvolto anche il coro Agostino Steffani, diretto dal Maestro Primo Beraldo. Presentava l’introduzione musicale dello spettacolo, con canti classici e maggiolate. Il comitato di studio era composto da un gruppo di persone esperte e preparate in molti argomenti, pronte a suggerire ai concorrenti, le soluzioni per vincere la sfida. La manifestazione aveva come”teatro”, la nostra bella Piazza Giorgione. Castelfranco V. ben figurò aggiudicandosi quel gioco per più settimane. Molti altri programmi si susseguirono e attrassero l’interesse del pubblico: Il Festival della canzone di San Remo; il Musichiere, con Mario Riva; opere liriche , teatrali, nei vari dialetti regionali; film e sceneggiati. Poi la prima pubblicità:” Carosello”, che addirittura regolava gli orari del riposo notturno dei più piccoli con lo spot:“ Dopo Carosello, tutti a nanna”. Lo Sport: Calcio,ciclismo e atletica. Il programma educativo:” Non è mai troppo tardi” che insegnava a leggere e scrivere a chi era analfabeta. Un mondo d’interessi nuovi, di grandi affari, immenso. Era arrivato il consumismo Nel 1954, la televisione contava 24.000 abbonati. Nel 1965, erano già 6.000.000. In Patronato, una simile novità era molto attesa, ma il costo era proibitivo. La sorpresa, per il nostro Patronato, arrivò dalla ditta FRACARRO RADIOINDUSTRIE,(l’importante fabbrica di antenne televisive e di prodotti elettrici di CastelfrancoV.), nel 1954: “L’omaggio di un nuovo e grande apparecchio televisivo”. Sapevamo che l’ing. Bruno Fracarro,in contatto con l’America, seguiva lo sviluppo di quella scoperta, già dal 1936. Quel gesto di generosità fu molto apprezzato e noi ancora lo ricordiamo, con senso di gratitudine. Anche il nostro amico”Lorenzo Viola, (ora noto pittore), immortalò l’avvenimento con due disegni e ricorda che in quegli anni era un giovane dipendente dell’Industria Fracarro RadioIndustrie, aiutò a portare ed istallare l’apparecchio in Patronato. Ha voluto testimoniare con una lettera, quel giorno: 130 La prima televisione al Patronato. (Lettera di Lorenzo Viola ) Nel 1953 con l’arrivo della televisione in Italia, la Ditta Fracarro Radioindustrie; industria del commercio elettrico, diede inizio, per prima in Italia, alla produzione di antenne ed apparecchiature per la ricezione dei programmi televisivi. La ditta fece arrivare i primi modelli di televisori dall’America. Il parroco della parrocchia della Pieve, al tempo don Bruno Franceschini, aperto alle novità ed attivo per la comunità, era in amicizia con i signori Fracarro (ing. Bruno e Giovanni), andava regolarmente in fabbrica ad acquistare materiale elettrico per la chiesa e quindi una sera fu invitato a vedere la televisione. Entusiasta dell’innovazione, dopo una proficua conversazione, nacque l’idea di estendere la visione serale a tutti i castellani e così, grazie alla generosità dei fratelli Fracarro, fu installato il primo apparecchio televisivo in Patronato Pio X. Fu un successo di partecipazione. Vecchi e giovani arrivavano numerosissimi da Castelfranco e dintorni ad affollare d’inverno il grande salone interno del patronato e d’estate il cortile esterno, tanto che era necessario prendere posto almeno con un’ora di anticipo. 131 L’importante ricordo di Lorenzo Viola, scritto e illustrato,rapportato ad oggi ci fa riflettere e considerare il grande cambiamento avvenuto negli ultimi 50 anni .Un progresso impensabile per la generazione passata. La Televisione, oggi, presente nella totalità delle famiglie, è vista a tutte le ore del giorno e parte della notte.Svolge un servizio di grande importanza, con i suoi programmi d’informazione, di storia, d’arte e cultura. Ha contribuito a diffondere ed unificare la lingua italiana parlata, (pur rispettando i vari dialetti). E’ un’ottima compagnia, per i bambini, per gli anziani e per le persone non in grado di uscire da casa. Si può considerare indispensabile, ma è come la medicina: va presa nella giusta dose. 132 Un’iniziativa del Gruppo del Patronato. Avviando un percorso di presenza e sostegno per i giovani, fece nascere una scuola. L’inverno del 1966 era piuttosto freddo, piovoso e nevoso.I disagi dei giovani, dei paesi limitrofi, che frequentavano le scuole Castellane, erano tanti ed ancora più evidenti per chi, nell’intervallo del mezzogiorno, non aveva la possibilità di trovare un posto per consumare la colazione e difendersi dalle intemperie.I giovani del patronato osservando la presenza nella piazza, lungo le vie, nei giardini pubblici, di molti ragazzi che, usciti dalle scuole, cercavano una panchina, un muretto per sedersi e mangiare qualcosa, hanno avuto l’idea di proporre alla Commissione del Patronato un modo per aiutarli: ”Mettere a disposizione dei locali, preparare qualche pietanza e dare assistenza”. A quel tempo la scuola e l’Amministrazione Comunale non avevano avvertito quest’esigenza. La decisione di agire comportò, per il Comitato composto di un gruppo di giovani tra i quali i fratelli Giuseppe e Gino Perin, Augusto Cusinato, Gianni Boldrin, con il supporto attivo di Gino Sartor, Gino Martin, Giacomo Rossato, Guglielmo Campalani, un’offerta volontaria per il fondo cassa. Fu attrezzato il salone con tavole, sedie e stoviglie, recuperato un fornello, (da casa Perin), alcune pentole ed una cuoca volontaria, la signora Maria Ferraro. Il posto di ristoro era pronto. L’inizio del servizio presentava delle perplessità sul numero di future presenze, cosicché il primo giorno tutto il comitato si presentò a pranzo, paganti, per consumare le pietanze e constatarne la bontà. I timori sono svaniti con la risposta entusiasta dei ragazzi, che hanno raggiunto, in poco tempo, fino a 150 presenze. Divenne imperativa l’assunzione di una persona fidata e capace per gestire efficientemente il servizio. Iseo Marcon era da poco tornato dal Canada. Alla richiesta di accettare quell’impegno aderì con entusiasmo, fidandosi della serietà del comitato. Don Orlando ci aiutò a convincere il Parroco, Don Bruno Franceschini, della bontà dell’iniziativa. Fu programmato il servizio e quattro tipi di pietanze, i biglietti di quattro colori indicavano la scelta ed il prezzo, ognuno consumava in base alla sua disponibilità. Questi erano i costi proposti: Un abbondante piatto di pastasciutta 150 lire, la bistecca 150 lire, patate fritte e verdura 50 lire, il dolce o gelato30. L’organizzazione funzionò perfettamente con la cuoca, Maria Ferraro, in cucina e Iseo Marcon in sala. Il servizio si rivelò un’opera meritoria. Ci furono due anni d’impegno serio anche dei responsabili del Comitato. L’aria contestatrice del ’68, sull’onda delle nuove ideologie statunitensi e francesi, entrò goliardicamente con alcuni giovani anche in Patronato. Sventolarono il famoso “Libretto Rosso di Mao”, contestando la gestione rigida delle attività da parte del Direttore, facendo un po’ di chiasso. 133 Non era così grave la protesta, visto che già da un paio d’anni, quel gruppo di giovani discuteva e dibatteva il problema della contestazione, con l’Assistente, Don Giovanni Pesce, anticipando, dialogando e chiarendo i motivi internazionali della rivolta. Qualche critica ingiustificata, del nuovo Direttore del Patronato, Don Luigi Marconato, già ostile alle forme di protesta, la rivolse contro la presenza dei giovani della mensa, chiudendo le porte del Patronato. Questo atto convinse il Comitato a chiudere la contabilità e consegnare al Parroco un sostanzioso saldo attivo, (380.000 lire). Si chiuse con dispiacere, nel 1969, la presenza dei laici gestori di quella interessante esperienza. L’attività della mensa continuò ancora un anno, gestita dal Direttore. Nel 1970, con un bilancio in passivo, chiuse i battenti, lasciando i giovani nuovamente sulla strada. Gino Sartor, allora Sindaco di Castelfranco, assunse Iseo in Comune a servizio dei giovani nello sport, dove per molti anni si distinse per le sue capacità e serietà. Il Prof. Bruno Brunello, a quel tempo Preside dell’Istituto Agrario e membro del Consiglio Comunale, con incarico ai servizi sociali, ritenne l’iniziativa della mensa un’idea da non perdere ma, da mantenere e sviluppare. Organizzò le strutture nell’ex orfanotrofio di Don Ernesto Bordignon, aumentando la ricettività ed il servizio. Cercò cuochi e camerieri ma si dovette accontentare di personale non preparato. Maturò così l’idea di organizzare un percorso scolastico. Era stato messo il seme ed era cresciuto con buone prospettive d’ingrandirsi. La richiesta di una Scuola Professionale trovò consensi anche al Ministero. Nacque e fiorì l’attuale Istituto Alberghiero “ MAFFIOLI”. Ora ricco di 700 alunni, da quest’anno ospita anche un triennio Universitario specialistico nella nostra Città. Ci piace pensare, in modo virtuoso, che un’idea nata in Patronato abbia cambiato il percorso di vita ad Iseo e messo il seme per la nascita di una grande Scuola Alberghiera. 134 Un vero amico, con il quale abbiamo vissuto tutte le storie raccontate in questo libro e, per il Patronato, negli ultimi quarantanni, è diventato un’istituzione. I suoi fratelli maggiori, che frequentavano il patronato, hanno fatto con onore da battistrada al giovane Iseo. Sandro, il primo, è arrivato ad essere Presidente dei Giovani di Azione Cattolica. Albino e Alfonso erano due ragazzi disponibili a collaborare in tutte le incombenze che riguardavano le attività logistiche a sportive dei ragazzi. Tutti e quattro partecipavano con passione ai vari giochi, sia in cortile, ( calcio, pallavolo, atletica, bandiera vecchia, ecc.) che in sala, ( ping- pong, bigliardino, a carte,). Per Iseo, la passione più grande era il gioco del calcio, dove il suo fisico esprimeva tutta la sua potenza, anche il gusto di costruire un intelligente e partecipato gioco di squadra. Era molto apprezzato e richiesto. A metà degli anni cinquanta egli raggiunse, in Canada, il fratello Sandro che, partito qualche anno prima, lo aspettava. La sua lontananza durò pochi anni. Tornato a Castelfranco fu assunto alla Fervet, come falegname. Il Patronato divenne ancora il terzo punto d’incontro, dopo la casa ed il lavoro. Come abbiamo già raccontato, nel capitolo della mensa in Patronato, le proponemmo la sua assunzione, in Parrocchia, come responsabile della gestione della mensa dell’andamento logistico e sportivo del Patronato. Ben presto, si riempi di giovani del mandamento ed oltre, accolti con amorevole fervore e serio controllo, per un frugale pasto ed un gioco come diversivo, nei tempi vuoti della scuola, C’era una Commissione, della quale anche Iseo faceva parte, che si preoccupava del buon andamento dei servizi e dei programmi. Per diversi anni, in Patronato ci fu una meravigliosa animazione. Iseo era il fulcro ed il riferimento. Don Orlando Berti, Assistente responsabile, era soddisfatto. A rompere l’idillio ci pensarono i moti del ’68 e l’irruente agitazione di un gruppo di studenti, pronti a copiare le bravure francesi, sobillati da cattivi consiglieri. Nel frattempo ci fu il cambio di assistente: arrivò Don Luigi Marconato, che mal sopportò quella che lui chiamò la banda maoista, chiuse le porte ai liceali e…alla mensa! Partecipava alla vita del Patronato anche l’Avv. Gino Sartor, in quel tempo Sindaco di Castelfranco e componente della nostra Commissione, non perse tempo e propose l’assunzione di Iseo in Comune. Con la soluzione del problema, non indifferente, della perdita del lavoro, ci fu un grosso vantaggio per ambedue. Iseo seppe farsi onore e continua con slancio la sua opera di presenza attiva in Patronato. Anche in Parrocchia e pronto a dare una mano a chi ha bisogno. 135 Ecco come ricorda Iseo, il giovane giornalista, Alessandro Ruscello, in un articolo del giornale: “Abitare”, di novembre 1991: 136 Frequentare il Patronato significava anche avere opportunità di realizzare iniziative, frutto d’idee nuove supportate dagli amici più anziani pronti a sperimentare e insegnare ai più giovani qualcosa che li appassiona, dedicando il loro tempo libero. Era nata, nel 1951,una piccola scuola di aeromodellismo su iniziativa di un gruppo di amici guidati da Gimo Barea; con lui c’erano Danilo De Santi, Orlando Favaro, Bruno Pasetti, Franco Carniato, Paolo Rainati, Alberto Dall’Oglio. (Alberto è diventato poi campione mondiale di “aereomotomodelli” ed ora, da pensionato, riproduce i ricercatissimi piccoli motori d’epoca). Un percorso affascinante, sia di lavoro tecnico che manuale, artigianale, ricco di libertà inventiva ma soggetto a regole precise sulla tecnica di volo. Estrema era la cura e forte la passione e la dedizione. I risultati furono brillanti. La piccola squadra ha partecipato a molte gare, anche nazionali. I campi di prova iniziarono dal cortile del Patronato, poi nel campetto della Pieve e con i modelli più grandi sui “Prai de Godego”. Con un raro modello del 1937 hanno entusiasmato gli appassionati e preparati tecnici friulani, nel campo d’aviazione di Campoformido. Ancora oggi, a distanza di 50 anni, curiosando nel laboratorio di Danilo De Santi, in Vicolo Musonello, appesi nel soffitto, possiamo ammirare molti modelli di varie grandezze e tipi, costruiti in quei tempi e conservati con amore, a ricordo delle belle esperierienze.Molti giovani si sono interessati a quest’iniziativa. La passione del volo ha stimolato i dirigenti dell’Università Popolare a promuovere un corso per ottenere il brevetto di pilota di 1° grado, (aerei da turismo), coordinato dall’ing. Luigi Lucca e tenuto da professionisti del Comando dell’Aeronautica, al Teatro Accademico.(1958/60) Ne va fiero Enzo De Santi che, insieme ad altri amici, dopo aver superato l’esame e ottenuto il brevetto, ha volato molto nei fine settimana e nei momenti liberi Modello acrobatico con motore Wetza Mach 1(diesel) 137