La solitudine
“So-stare in solitudine”
L’altra faccia della medaglia
Lo sviluppo della competenza emotiva:
Avviene attraverso le relazioni con gli altri, ma
anche elaborando internamente ciò che di
emotivamente saliente si sperimenta nelle relazioni
quotidiane.

Il comportamento solitario, in una realtà
promotrice delle relazioni sociali, rappresenta
per il bambino uno spazio per sperimentare le
proprie emozioni, affinare le abilità cognitive,
ripensare e rivivere le interazioni emotive
esperite, per attribuirvi un significato, per
prospettare strategie di regolazione delle stesse
e associarle a situazione già sperimentate.
La solitudine del bambino nella
prospettiva psicoanalitica
la separazione dall’oggetto materno:
- sentimento di solitudine =
lutto, malinconia e nostalgia
Vissuto
(Klein, 1935, 1952, 1959)
Soggettivo
- sentimento di solitudine =
ricerca dell’interiorità, ritiro
in se stessi finalizzato alla scoperta
di sé e alla crescita individuale
(Winnicott, 1965)

Margaret Mahler (1975)
A partire dalla condizione di unità caratterizzata
dalla diade madre-bambino durante la gravidanza e
il periodo neonatale (“simbiosi”) tenderebbe ad
emergere gradualmente, da parte di entrambi i
membri, soprattutto da parte del piccolo, una
tendenza all’autonomia e alla separazione.
Durante il primo anno di vita, le esperienze di
relazione tra madre e bambino appaiono
caratterizzate affettivamente ed emotivamente in
funzione del processo parallelo di separazione ed
individuazione.
La dimensione interiore della separazione
Mentre la Mahler analizza il distacco
dall’oggetto materno dal punto di vista
esteriore e comportamentale, la Klein e
Winnicott privilegiano una visione introspettiva
del sentimento che accompagna il distacco
dalla madre.

Quando l’esperienza della separazione è fonte
di disagio e patologia?
Studi sui bambini orfani, ospedalizzati e deportati
(Spitz, 1945; Robertson, 1958; Bowlby, 1973).
Il senso di solitudine
nella prospettiva di Melanie Klein
Esperienza puramente soggettiva,
indipendente dalla situazione reale, che trae
origine sia dal superamento di quei processi di
scissione caratterizzanti la prima fase di
sviluppo del bambino che dalle normali
esperienze di perdita dell’oggetto che
inevitabilmente hanno luogo per favorire il
processo di autonomizzazione (Klein, 1935).
La relazione madre-bambino
nella prospettiva di Melanie Klein:


Posizione “schizo-paranoide”: il bimbo fino a tre
mesi non sarebbe ancora capace di
comprendere che gli oggetti investiti delle
proprie pulsioni (“seno buono” e “seno cattivo”)
appartengono al medesimo individuo, nello
specifico la madre.
Posizione “depressiva”: il bambino, grazie
all’evoluzione emotiva, affettiva e cognitiva,
ricompone l’oggetto materno percependo la
propria separatezza rispetto ad esso.
il bambino comprende di aver rivolto
la propria pulsione distruttiva verso lo stesso
oggetto, ugualmente fonte di gratificazione e
amore.
Dall’angoscia e dal senso di colpa e dal
sentimento di perdita dell’immagine perfetta
comprendente sé e la madre, si origina una
condizione di depressione dolorosa che riemerge
nei vari momenti di solitudine.
Il sentimento di solitudine


Sul piano della normalità si esprime
attraverso la malinconia e la nostalgia per
le perdite subite.
In senso patologico, si può tradurre in
“isolamento dello schizofrenico”, oppure in
un’eccessiva dipendenza del bambino
come difesa della solitudine e, infine, in un
eccesso di indipendenza conseguente al
meccanismo difensivo della formazione
reattiva.
Winnicott e la capacità di stare soli
(1965)
La solitudine viene intesa come condizione di
relazione dell’Io, capace di coinvolgere
positivamente anche gli altri.
Winnicott sviluppa il tema dello stare soli riferendosi
agli stessi processi psichici individuati dalla Klein
nel primo anno di vita del bambino, ma pone
l’accento sull’importanza che ha lo “spazio
intermedio” tra l’Io e l’oggetto, spazio permesso
dalla presenza della madre che gli consente di
superare l’ambivalenza, tramite la funzione definita
“holding”, introiettando l’immagine buona
dell’oggetto.

La capacità di stare solo
L’acquisizione di questa capacità può
avvenire soltanto a condizione che si siano
verificate esperienze fondamentali come
”l’esperienza di stare solo in presenza della
madre”.
Il bambino sarebbe in grado di stare solo
e vivere serenamente un’esperienza di
separazione, soltanto dopo avere
introiettato l’oggetto buono (la madre), ed
avere sviluppato di conseguenza un senso
di fiducia nei confronti dell’ambiente.

Ester Buchholz e il bisogno di solitudine

Alonetime: tempo per se stessi, la condizione
cioè di ritiro volontario o di “disimpegno” dagli
altri, che consente una relazionalità interiore.
Il bisogno di attaccamento (dipendenza
affettiva dagli altri) e il bisogno di solitudine
(stare con sé stessi) costituiscono due
dimensioni compresenti e complementari, ma
non opposte.
Attaccamento controparte
dipendenza totale
Stare soli
negativa
isolamento

Ricerche osservative sul bisogno di
solitudine



Fasi di sonno intese come momenti di
“disimpegno”, che permettono di rigenerarsi e
autoregolarsi.
La capacità di stare solo è presente addirittura
fin dalla fase fetale; la percezione del
contenimento vissuta durante la vita fetale
rimane per tutta la vita come momento
piacevole da ricercare in solitudine.
Le “fasi sociali” alternate alle “fasi solitarie”
costellano tutto il percorso di crescita
(dall’infanzia fino all’adolescenza).
L’universo familiare dello stare soli.
I comportamenti solitari sul campo

Vengono percepiti come una sorta di costrizione
da parte dell’organizzazione familiare (“no, noi
non abbiamo tempo, dobbiamo lavorare, stiamo
facendo una cosa…lei allora accetta di dover giocare
da sola…”)

Assenza temporanea del fratello o della sorella
(“lui gioca volentieri con i fratelli… da solo quando loro
sono a scuola”)

Condizione di “tranquillità” (“..è un momento che
è tranquillo e decide di giocare un po’ da solo, ma
capita poche volte, proprio raramente”)
La presenza dell’adulto come
dimensione significativa dello stare soli

La richiesta della presenza dell’adulto è di tipo
non intrusiva e non partecipe (“quando gioca coi
puzzles vuole qualcuno vicino… Chi è più libero lei
vuole che stia vicino a guardare quello che fa… Le
piace molto guardare le viedeocassette… sempre con
qualcuno vicino”).

A volte i bambini manifestano l’esigenza di
avvertire almeno la presenza di un genitore
(“no, proprio isolata no, deve sentire un contatto, sì…
se lei sa che siamo nella stanza a fianco, è tranquilla
con tutti i suoi giochi, balla, canta”).
Bisogno di solitudine vs condivisione
con gli altri

Durante i giochi di finzione, la presenza
dell’adulto è vista dallo stesso bambino come
intrusiva (“si isola nella sua cameretta e gioca,
magari imita ciò che fanno i grandi… ad esempio
ripete quello che fa la maestra all’asilo. A volte le dà
fastidio se qualcuno entra nella sua stanza, allora
cambia gioco o fa finta di niente…”).

Mentre dopo aver ultimato un’attività o un
prodotto (es.disegno) cerca l’adulto (“ti chiama
per farti vedere la riuscita, il risultato, perché magari
ha fatto non so… un disegno… così te lo vuol far
vedere. E ci tiene molto, se ti chiama vuole che tu ci
vada”).
Che cosa spinge un bambino a giocare da solo?



Lo stare soli come prodotto di necessità (“bè,
che voglia giocare da solo, poco… però in certi
momenti non si ha tempo, la possibilità, allora ci sta
anche da solo, ma non è che preferisca…”).
Come indicatore di ritiro sociale (“le maestre mi
hanno detto che arriva un momento in cui lui da solo
capisce di esser stanco,stanco anche del rapporto con
gli altri e si ritira, si mette tranquillo… ha come un
meccanismo di autogestione che funziona abbastanza
bene… quando è saturo… si siede in un angolo e
guarda… è come un interruttore che scatta”)
Come espressione di un bisogno intimo (“è una
bambina che da sempre osserva molto… le piace
proprio stare lì a guardare, e poi quand’è sola imita,
rifà tutto quello che ha osservato…”)
Adattamento a scuola: il ruolo
dell’isolamento sociale

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1.
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Obiettivo: a) indagare la relazione concorrente tra il
comportamento isolato, la qualità degli scambi con i
compagni, la percezione di sé e il giudizio degli
insegnanti; b) analizzare il ruolo predittivo che
l’isolamento gioca sulla qualità dell’adattamento.
Procedura: metodo longitudinale
Strumenti:
Revised Class Play;
Nomina sociometrica;
Self-Perception Profile for Children;
Illinois Loneliness Questionnaire;
Teacher-Child Rating Scale.
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Lezione su "L`isolamento sociale nell`infanzia 2"