Ricordo di Trevi | 2_2009 |
Comune di Trevi
Ricordo di Trevi
,
collana editoriale dell Amministrazione comunale di Trevi
Assessorato, al Turismo e alla Promozione Integrata
a cura dell Assessore Valentino Brizi
| 1_2009 | Il Racconto del sedano nero di Trevi di Danilo Nardoni
| 2_2009 | Trevi racconta di Stefania Caracci
Progetto GDA
grafica Giuseppina Dolci
Stampato su carta riciclata Cyclus Offset
09_2009
Trevi racconta
Trevi Racconta
Racconto di
Stefania Caracci
Caricature di
Simone Brunelli
SCHIZZI D’ARTISTA
PER PERSONAGGI E LUOGHI IN CERCA D’AUTORE
Chi desidera deviare dalla corrente di auto incolonnate sulla superstrada che da Spoleto raggiunge Foligno
e sente la voglia di lasciarsi trasportare dall’avventura
dell’ascesa a Trevi per gustare il segreto di una postazione
di privilegio che si intuisce preziosa, si appresti a salire a
zigzag tra gli ulivi che lo scorteranno fino in cima, vere
sentinelle del dio del luogo. Curva dopo curva percepirà
l’incantamento che infonde all’aria lo stesso colore dell’olio
e illanguidisce pensieri e fantasie.
Un artista locale, dotato d’un segno geniale ha ritratto
qualche concittadino con fine umorismo e saggia compiacenza.
Dalle sue pagine emergono ritratti curiosi che vanno a popolare i luoghi di Trevi, intrecciando i passi a quelli di chi viene
sedotto dalle sue attrattive… e la storia continua…
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Arriva il vecchio proprietario
Al caffè della piazza, nel silenzio fratto dalle cicale,
dove le alture dei monti disposte a ventaglio fungono da
aggraziata cornice, riparando la città dalla furia di acquazzoni e tempeste di vento, arriva l’antico proprietario.
Ha un’aria impolverata dal tempo, con quel suo mento aguzzo che sventola in avanti come una bandiera e l’eterna sigaretta stretta tra le labbra. Non è più la sua Trevi,
borbotta osservando gli ombrelloni bianchi e le poltroncine di metallo grigio sotto gli ippocastani e i tigli.
Gente d’ogni tipo se ne sta seduta all’ombra a conversare, parla lingue diverse, alcuni hanno una fisicità estranea,
commenta lui, a mezza bocca, masticando il tabacco.
Ad un tavolo si accosta una cameriera bionda dalla
pelle bianchissima, portando un vassoio colmo di tazzine
da caffè e bicchieri d’acqua. Lui l’attraversa con lo sguardo.
Non è di Trevi. Nella memoria, le donne della sua famiglia,
tutte brune.
Una volta i tavoli erano di legno e una tettoia instabile riparava a malapena l’entrata. Avanzando verso la porta
scorrevole del rinnovato chalet, lui conserva un atteggiamento svagato, incrollabile nel tempo come la torre del Comune. Anche il tratto del suo creatore, aguzzo e sornione,
ne sottolinea il disincanto.
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Il cliente fisso
Quando il sole aggredisce il selciato e ognuno cerca
riparo sotto gli ombrelloni del bar, all’ora dell’aperitivo, in
piazza, arriva un cliente fisso. È noto ai più. Punta un tavolo
al centro, ha un aspetto un po’ curvo e ciondolante sotto
una testa di capelli imbiancati. Si avvicina alla coppia che
lo aspetta a passetti veloci e incerti.
Qualcuno dai tavoli accanto gli tende una mano, altri gli
sorridono con gli occhi e le labbra appena distese. Guarda
attraverso lenti appannate e poi si china verso il bicchiere
di Campari, e, sorseggiandolo con gusto, tira fuori un plico,
spargendo i fogli sul tavolo. Indicando cifre e tabelle, sorride
bonario accompagnando le parole con un atteggiamento
che sollecita pazienza e rassegnazione.
Consola la coppia, quando mette le mani al portafoglio masticando olive e pistacchi.
È raffigurato così, nel coro delle cicale che a quest’ora
intensificano il loro frinire e scandiscono il ritmo dell’estate.
Il suo profilo entra nell’immaginario del luogo, diventa di
pietra e di sale, per il gusto genuino che condivide con gli
altri personaggi ritratti dal maestro caricaturista.
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L’uomo in divisa cui nulla sfugge
Ancora uno schizzo, un profilo narrato d’un personaggio locale, noto ai trevani e ai turisti. Quando all’orecchio
di chi attraversa via Roma, tra poche vetrine e un altro bar,
arriva un chiacchiericcio dai toni alti, lo incontri.
È veloce nei passi larghi tra i balconi fioriti di gerani
rossi e viola, vere pennellate di colore, e la superba Torre
Civica, al cui occhio super partes fu dedicato il quindicinale
creato nel 1897 per raccontare curiosità e avvenimenti del
paese, a cui papa Pio VI dette il nome di città. Perentorio
nello sguardo che nasconde una naturale allegria, l’uomo
dinoccolato e snello fischietta nell’avvicinarsi alla donna a
cui qualcuno si rivolge in tono aspro.
Il ritratto disegna sui capelli lunghi, da ribelle anni
settanta, il cappello d’ordinanza sullo sguardo malizioso
che accompagna la mano lesta verso il libretto dove riporta
le generalità della bella turista dai pantaloncini rossi che
ha piazzato il suo Suv davanti all’entrata del Comune. Non
senza lanciarle dietro, al momento del commiato, un fischio
speciale. Da sempre, all’uomo di legge non sfugge nulla.
E lo nota con acutezza il segno sapiente del maestro.
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Quattro amici al bar “disegnano” la città
Tavolozze e pennelli, studi ricavati nella roccia e
baruffe d’autore, anche i pittori locali sono ritratti dal segno
amico del maestro. La loro presenza a Trevi la respiri insieme
al profumo dell’olio sul pane crepitante delle bruschette e
l’odore delle salsicce e del sedano nero nella sagra di ottobre.
Alle tavole dei bar o dei ristoranti locali, nell’ora in
cui la luna sciabola il suo candore sul campanile e il duomo
e cosparge d’argento gli ulivi, li senti parlare in dialetto di
progetti per ottobre, mese di sagra e di turisti.
Sono personaggi che custodiscono particelle dell’incanto della città nei loro atteggiamenti schivi e a volte stravaganti. Lo sguardo dell’uno, forse diffidente o preoccupato, incrocia quello dell’altro, e si intuisce che le parole
suscitano nuove immagini e le immagini confluiscono nei
lavori che vanno a narrare Trevi.
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I creativi sedotti dal “genius loci”
Non c’è schizzo d’artista che ritragga il prossimo
quadretto, ma s’illustra da sé, con arguzia, stile e vivacità.
Parlano d’arte gli amici favoriti dalla complicità di un cono
d‘ombra che induce ad effluvi di parole che tessono trame
dall’ordito prezioso. Sedotti da Trevi negli anni, sono coloro
che hanno deciso di piantare radici proprio tra queste zolle
per godere di una semina del tutto speciale. Funziona, l’hanno sperimentato con successo, raccontando di questa terra
con le loro opere.
Sul tavolo del caffè s’accumulano pagine di racconti,
sceneggiature e scenografie, schizzi di costumi e rime, cataloghi di mostre e locandine pubblicitarie. Qualche passante
tende l’orecchio, magari ruba un’idea, altri salutano, altri
ancora sorpassano il gruppetto con indifferenza. Le suggestioni prendono forma e corpo e il pensiero si fa gravido
mentre il guizzo di genio trova il suo grembo nella chiusura a coclea di Trevi, protetta dal nume dell’Ulivo.
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“La passeggiata”
dove il quotidiano si veste di leggerezza
Un sentiero incantato, detto “La passeggiata” si
snoda tra gli alberi di tiglio e castagno e porta alla chiesa
di San Martino, dove si è accolti dal capolavoro dello Spagna
e da un belvedere che concede allo sguardo d’impossessarsi
della piana di Spoleto.
L’afrore e gli umori di una natura prodiga accompagnano i passi e il pensiero ingolfato dal quotidiano che
qui si veste di leggerezza. Foglie e ghiande, giardini lungo
il margine del pendio, ornati da bruni tassi dal profilo gotico
e da eleganti cipressi, fontane e piante rare, oppure opere
d’arte come il magnifico cancello di ferro del grande scultore
che non è nei ritratti schizzati dal nostro caricaturista, ma
la cui impronta rimane indelebile come le opere create tra
i declivi che degradano a valle, corteggiando lo sguardo.
Sul viale passano coppie e bambini in bicicletta, un
vecchio cane nero dal pelo arruffato, inquieto e solitario
e ragazzi in tuta da jogging e i-pod.
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Improvviso profumo di donna
Nella piccola folla ritratta non manca la presenza di
due uomini che per la via di San Martino camminano affiancati, uniti da un’appartenenza intuibile e contraddittoria.
Uno, magrissimo ed eretto, indossa una camicia dal
colletto perfetto e parla senza sosta, mentre un turbine di
polline biancastro cade sulle due figure che perdono i
contorni ed entrano nella memoria dei luoghi.
La testa dell’uno si inclina appena verso terra e rivela
qualcosa che assomiglia al malcontento. Forse non ascolta
neppure le parole dell’altro, limitandosi ad imitarne il passo,
a braccia pendule lungo il corpo e ginocchia molli.
D’un tratto una giovane in tenuta sportiva, le gambe
snelle e i capelli raccolti a coda, ondeggianti al vento sorpassa i due in velocità. Muove l’aria che profuma di lei, senza
accorgersi dell’ammirazione dell’uomo mesto che continua
a camminare lento, dentro i suoi pensieri sfarfalla un petalo
di rosa.
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Il teatro salotto
nel ricordo del dio Clitunno
La storia locale racconta che nel teatro, il cui nome ricorda il dio Clitunno, alloggiato all’interno della piazzetta
salotto che s’affaccia su una stradina che raggiunge la valle,
per mezzo di un elegante balcone con ringhiera di ferro battuto, oltre a compagnie di professionisti dell’arte drammatica
o apprezzati dilettanti, si sono esibiti molti personaggi di spessore locale vestendo abiti di scena per raccontare le curiosità,
la tradizione e il folclore della loro città.
Il mosaico della struttura naturale, architettonica e
spirituale di Trevi, è quindi un caleidoscopio di tasselli preziosi in cui percepisci l’impronta della divina eredità, ma la
storia continua...
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L’ulivo millenario di Sant’Emiliano
C’era una volta una divinità dai capelli arruffati e il
corpo maestoso. Nato dal dio Clitunno, vagava per i boschi
di Trevi dove Diana cacciatrice era di casa; lei se ne invaghì
e lo amò sulle pendici della collina dove lui decise di restare
per sempre, incantato dalla dolcezza del paesaggio e dalla
posizione superba della città che dalla piana del fiume si
elevava a piramide verso il cielo.
Intrecciò le gambe alla terra e diventarono nodose e
prodighe radici e alzò le braccia verso il cielo da cui era sceso
e si tramutarono in frondosi e sinuosi rami. A primavera
l’albero-dio germogliò e ad ottobre raccolse frutti verdi e
turgidi in abbondanza e gli abitanti del colle se ne nutrirono.
Un contadino dagli occhi scuri e il profilo ligneo, curvo per
gli anni e sapiente di semi e raccolti schiacciò quei frutti e
si trovò tra le dita un liquido vischioso e giallo come l’oro.
Lo portò alle labbra e assaporato il gusto se le ripulì soddisfatto
pensando all’utilizzazione dell’inaspettato dono. Fu così che
l’olio di Trevi, eredità soprannaturale, mostra da allora una
caratteristica consistenza, un profumo unico e una qualità
di assoluto pregio.
Non è tutto. Chi abita questo borgo o i suoi declivi
ed è figlio di queste generose zolle nutrite dai semi del
divino amplesso porta in sé il segreto dell’antica impronta
che continua a connotare l’intera zona, ora tappezzata dal
magnifico arazzo di foglie sempre verdi delle piantagioni
di ulivi. La straordinaria metamorfosi che ha trasformato
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la divinità amata da Diana cacciatrice in un seducente albero
ha avuto una parte da protagonista nella storia locale, e
ancora oggi viene tributato al maestoso Ulivo un caldo
omaggio, sia da parte di visitatori occasionali che arrivano
quassù per spiarne il segreto, sia dagli abitanti del luogo
o da chi ha trasferito da molto lontano parte delle proprie
radici su questo colle, sedotto dal luogo che promette
nutrimento e suggestioni all’ispirazione creativa.
Ha un aspetto da saggio nume protettore, l’Ulivo
millenario, e un profilo antropomorfo che racconta la
leggenda della sua nascita nella fierezza dei tratti e il
cipiglio orgoglioso. Negli anni, la tradizione cristiana si è
appropriata del mito dell’albero-dio, diffondendo la storia
del martirio di Sant’Emiliano che si racconta sia avvenuto
proprio ai piedi del grosso tronco e così, da allora, l’albero
è stato dedicato al santo venerato nel Duomo di Trevi.
E’ di sacro e di favola che si compone il tessuto di
questa terra: l’impalpabile che tesse il sogno. I frutti-doni
dell’ulivo, le cui proprietà ricordano il divino tonificando
il corpo e irrobustendo la mente sono il simbolo per cui
l’eccellenza di Trevi è riconosciuta nel mondo.
Se lo sguardo scende a valle dalla sommità rotolando
sui declivi che raggiungono il corso del Clitunno che scorre
flessuoso tra faggi e salici, suggerisce impressioni verde
argento che rendono tremanti gli arbusti nervosi e annodati
degli ulivi.
L’unicità di questo paesaggio raccorda il patto degli
antichi dei e caratterizza l’animo e il profilo di chi frequenta
queste contrade, impregnate dall’aura dell’antico dono e
ne segna l’appartenenza.
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TreviRacconta14_09_09