Anteprima Estratta dall' Appunto di
Relazioni internazionali
Università : Università degli studi di Bologna
Facoltà : Sc.Politiche
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L' Appunto
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Capitolo 1 – Norman Angell: il liberalismo e la pace
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– Si parte dalla descrizione del mercantilismo: gli Stati devono armarsi ed essere pronti alla
guerra, perché il potere politico – militare comporta vantaggi commerciali e sociali.
Chiunque non detenga adeguati strumenti di difesa ed offesa si troverà alla mercé degli Stati
più potenti. Perseguire potere economico per ottenere più potere politico → il vantaggio
economico altrui (anche se alleato) non è mai auspicabile perché comporta una corrosione
del potere relativo (rischio per la propria potenza).
– Secondo Angell il mercantilismo è stato storicamente superato con la crescente integrazione
ed interdipendenza economica che si è avuta con il processo di globalizzazione lentamente
avviatosi con la Rivoluzione industriale. Critica principale: il seguente assunto, secondo
Angell, è falso → idea che il potere economico dipenda da quello politico, per cui prosperità
e benessere di una nazione dipendono dalla capacità della stessa di difendersi dagli attacchi
esterni.
– Il mercantilismo, un' «illusione ottica». Perché illusione? Cinque ragioni principali:
Nessuna nazione può, per via militare, distruggere o danneggiare permanentemente o per
un lungo periodo il commercio di un'altra, poiché questo dipende dalla disponibilità di
risorse naturali e dalla capacità di una popolazione di lavorarle: l'illusione sta nel credere
che un'invasione possa completamente distruggere una nazione, un sistema.
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L'interdipendenza ha raggiunto, mediante gli innumerevoli sviluppi delle rapide
comunicazioni, un tal grado di complessità da far sì che il turbamento causato da una data
operazione non leda soltanto l'oggetto dell'operazione, ma anche un numero incalcolabile
di altri Stati e soggetti ad esso più o meno direttamente collegati (anche soggetti che, a
prima vista, non mostrano alcuna relazione con l'oggetto del turbamento).
Visione di Angell della storia è progressista (neo-illuminista): ciò che era possibile in
passato risulta inefficace oggi, poiché la storia è evoluta e le condizioni del passato non ci
sono più ne mai ritorneranno (evoluzione irreversibile).
Per Angell commercio e finanza poggiano sulla fiducia: se manca questa gli attori cessano
di rispettare le regole del gioco, e il sistema crolla. In tal caso non ci sono vincitori/ vinti,
ma solo perdenti. L'economia così com'è oggi crea una solidarietà forzata tra Stati.
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La conquista, con il moderno sistema economico, risulta meno vantaggiosa della
collaborazione economica: se si conquista un territorio e si impone ai suoi abitanti una
tassa, l'afflusso di risorse dal vinto al vincitore fa sì che il secondo raggiunga costi della
vita più alti (moneta forte, prodotti e servizi più costosi relativamente al paese vinto) e
avvantaggi indirettamente il paese vinto che risulta più concorrenziale offrendo
manodopera e servizi a prezzi molto più bassi del paese vincitore – nel lungo periodo lo
svantaggio per il vincitore corrode i benefici della conquista.
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Se fosse vera l'equazione «maggiore potere = maggiore benessere economico», allora le
più grandi potenze dovrebbero essere anche le più benestanti. Angell osserva (basandosi su
analisi PIL pro capite) che nella realtà invece ci sono potenze minori che godono di
prosperità commerciale e benessere sociale pari o superiore alle grandi potenze (es.:
prosperità Olanda, Belgio, Danimarca e Svezia ≥ prosperità Germania e Inghilterra).
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Angell scrive quando il colonialismo britannico è ancora attivo: nessuno Stato possiede più
le sue colonie – esse sono divenute comunità autonome, non più sfruttabili come in
passato. Le colonie rappresentano per la madrepatria principalmente un valore come
mercato, e una fonte di commestibili e di materiale grezzo, e se il loro valore sotto tal
riguardo sarà sviluppato al massimo grado, esse diverranno inevitabilmente (in maggiore o
minore misura) comunità autonome. Ecco perché le colonie non sono più sfruttabili come
prima: la madrepatria non può imporre tasse o un sistema fiscale svantaggioso per la
colonia che la impoverisca, poiché una colonia che non vende è una colonia che non
compra e blocca il mercato della stessa madrepatria.
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– Il progresso della politica secondo Angell: i governanti, in particolare quelli dei regimi
rappresentativi, hanno come imperativo l'incremento dell'interesse generale, che coincide
anche con la prosperità economica. Il benessere materiale, quindi, non assume più solo la
forma dell'interesse economico, ma diventa un vero e proprio ideale politico. In questo
senso, la storia è per Angell progredita.
– La crescente integrazione e interdipendenza ed il declino dello Stato come attore unitario: lo
Stato non è più la comunità chiusa di un tempo; esso non è una persona omogenea avente lo
stesso carattere di responsabilità che distingue un individuo. È composto da individui con
idee ed interessi differenti, che esso non può mai rappresentare. I confini statali sono
permeabili, attraversati da individui e associazioni transnazionali che rendono non reale
l'idea degli Stati come entità autonome e ostili tra loro.
– La guerra è superabile in modo definitivo se l'opinione pubblica viene adeguatamente
informata e sottratta da quel velo di ignoranza che impedisce una presa d'atto della realtà –
ne conseguirebbe una società consapevole in grado di giudicare in modo serio e pertinente
l'operato dei governi rappresentativi, che non potrebbero più mascherare il proprio
bellicismo dietro una retorica infingarda e populista.
CRITICHE
– Come osserva Carr, il laissez faire non è affatto il paradiso che descrivono i liberalisti. Egli
ritiene che l'armonia del benessere prodotta dal libero scambio sia sempre stata l'«armonia
degli adatti» che escludeva sempre gli “inadatti”, ciè coloro privi sia di potere politico che di
potere economico. La realtà è quindi molto diversa: la politica internazionale non è armonia
di interessi generali, ma è tensione di conflitto d'interessi particolari.
– Solo gli Stati che detengono potere, politico ed economico, hanno interesse a conservare un
sistema di libero scambio. Coloro che sono privi di tale potere, invece, devono auto-tutelarsi
attraverso politiche protezionistiche. Sono i paesi dominanti che vogliono mantenere lo
status quo. Al contrario, i paesi che lottano per farsi largo con la forza tra i paesi dominanti
tendono naturalmente ad invocare il nazionalismo contro l'internazionalismo delle grandi
potenze.
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Capitolo 2 – Edward H. Carr: utopia e realtà
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– La fine dell'utopia e il disincanto: utopismo è per Carr la teoria e la dottrina liberale, nonché
il socialismo umanitario, applicata alla politica internazionale. Utopisti sono coloro che se
ne fanno tramite nel mondo politico e intellettuale (es. Wilson e Angell). Per affrontare un
passaggio di crisi, è necessario arginare l'assunto utopistico secondo il quale esiste un
interesse mondiale a mantenere la pace. Tale convinzione ha aiutato politici ed intellettuali a
nascondere la realtà per cui esiste una divergenza d'interessi tra Stati che desiderano
mantenere lo status quo ed altri che vogliono sovvertirlo. È doveroso essere consapevoli
della dicotomia Stati soddisfatti/ Stati insoddisfatti tanto nella teoria quanto nella prassi. In
sua assenza non si ha la possibilità di risolvere lo storico dilemma che si pone ciclicamente
nella politica interna e internazionale: come realizzare il cambiamento politico in modo
pacifico?
– Centrale nella riflessione di Carr è il rapporto tra potere e morale.
– Analogia politica interna/ politica internazionale: il dilemma è lo stesso (cambiamento
pacifico); la questione identica (evitare il sovvertimento violento – ora la rivoluzione, ora la
guerra). Mentre nella politica domestico lo Stato è capace di imporsi con una legislazione
che regoli il cambiamento, nelle relazioni internazionali manca un “super-stato mondiale”
che regoli i rapporti tra Stati; ma anarchia non è un impedimento al cambiamento pacifico, è
un ostacolo – superabile, volendo. Ma un super-stato è irrealizzabile, secondo Carr.
– L'analogia dunque non è tra “Stato sovrano” e “super-stato internazionale”, bensì tra
“società civile” e “società di Stati”. Secondo Carr è pensabile realizzare cambiamenti
pacifici nella struttura sociale senza ricorrere alla legislazione o ad altre forme di intervento
statale (o super-statale). Ancora oggi si esagera il ruolo della legislazione e potrebbe essere
vero che i cambiamenti più importanti nella struttura della società e nell'equilibrio delle
forze al suo interno vengano realizzati senza un'azione legislativa.
– Analogia tra il conflitto ancora irrisolto a livello domestico “capitale vs. lavoro” ed il
perdurante conflitto tra Stati: così come il primo è spesso stato pacificato tramite la
conciliazione senza un ruolo per Stato regolatore e legislazione, similmente senza un organo
di controllo è possibile a livello internazionale conciliare gli Stati in conflitto.
Si potrebbe sperare, una volta che le potenze insoddisfatte avessero davanti a sé la
possibilità di vedere accolte le proprie istanze attraverso negoziati pacifici (ovviamente
preceduti da una prima “battuta” di minacce di forza), di istituire un regolare processo di
“cambiamento pacifico” conquistando la fiducia degli insoddisfatti e di considerare, una
volta accettato il sistema, la conciliazione come un fatto naturale (ricorso alla forza in
secondo piano, ma mai eliminato totalmente).
– Disequilibrio di potere e possibilità del cambiamento pacifico: il potere – usato, minacciato
o tenuto in serbo – è un fattore essenziale nel cambiamento internazionale e la “resa di
fronte alle minacce di forza” costituisce una normale componente del processo di
cambiamento pacifico. Per questa ragione, la minaccia di guerra (tacita o palese) appare
condizione necessaria per attuare cambiamenti politici rilevanti nella sfera internazionale.
– Il ruolo della morale: necessità di un sentimento comune tra le parti in conflitto su ciò che è
legittimo e ragionevole nelle reciproche relazioni. Non l'assenza di una legislazione
internazionale, dunque, bensì lo stato arretrato di questo sentimento comune tra Stati è il
vero ostacolo al componimento pacifico dei conflitti internazionali.
Carr e la critica all'utopia
– Punti deboli dell'utopia: la storia è un susseguirsi di cause e effetti, il cui corso può essere
analizzato e compreso, ma non guidato dall'immaginazione; la teoria non crea la realtà,
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