La comunicazione
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Il linguaggio del corpo, conosciuto e studiato sotto l'etichetta di
"comunicazione non verbale", ha un peso decisivo in tutti gli scambi
comunicativi. Si stima che il corpo sia determinante in almeno il 70%
(fino al 90%) del messaggio trasmesso. Le parole, dunque,
rappresentano solo una piccolissima fetta della comunicazione che si
alimenta, in gran parte, di cose non dette, di respirazione, di tatto, di
toni di voce e gestualità.
Le forme espressive del corpo vivono di vita propria e si attivano, quasi
sempre, al fuori del controllo cosciente.
I segnali partono dal nostro corpo e sono interpretati dal cervello di chi li
riceve in modo del tutto inconscio. Questo processo circolare costruisce
la cornice di senso che accoglie la conversazione fatta di parole. Capire i
meccanismi che regolano la comunicazione non verbale significa,
dunque, entrare nel cuore del comunicare, aprire la strada a quel mondo
sconosciuto di messaggi che sono al di là della nostra sfera di
conoscenze consapevoli.
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Un primo passo da fare, per usare bene il linguaggio del corpo, è capire cosa
vogliono dire le persone che parlano con noi.
Per prima cosa si mette in atto un processo detto di mirroring
(rispecchiamento). Il “mirroring” consiste nel rispecchiare, ovvero nel ripetere e
far proprio il linguaggio non verbale (e verbale) dell'interlocutore. Quando
sentiamo di essere in perfetta sintonia con l'altro, allora significa che si è attivato
un rispecchiamento e, con esso, la sensazione e la convinzione di essere simili
crescono in modo esponenziale. Talvolta, accade di sentire una naturale ed
istintiva affinità con una persona, perché ci si percepisce come "simili", "affini",
"sulla stessa lunghezza d'onda": ecco che è all'opera il rispecchiamento! La
sensazione di essere simili, spesso, significa solo che si comunica in modo
efficace, ma non è detto ci sia, di fondo, un'affinità di idee o di
sentimenti condivisi. Per contro, sarebbe impossibile un'autentica condivisione
di pensieri e di emozioni senza passare per il rispecchiamento. Gli uomini, come
tutti gli animali, prima di mettersi in gioco hanno bisogno di "annusarsi" e di
riconoscere nell'altro l'appartenenza alla stessa tribù.
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A cosa serve conoscere Il Linguaggio del Corpo
Le applicazioni della comunicazione non verbale sono molteplici.
1. Leggere i piccoli gesti involontari ci da modo di conoscere la
personalità e i lati nascosti degli altri; proprio in funzione di questa accurata
comprensione del carattere delle persone con cui veniamo a contatto, possiamo
migliorare o cambiare i nostri rapporti interpersonali.
2. Svelare le menzogne: se ad esempio, il nostro interlocutore ci promette di
fare una certa cosa, ma al tempo stesso si sfrega il naso significa che molto
probabilmente non la farà (sfregare il naso è un comportamento di disagio e
ansia).
3. Sapere l’opinione che una data persona ha di noi: identificando i
messaggi non verbali possiamo conoscere esattamente cosa pensa veramente
l’altro di noi.
4. Indicare l’attrazione fisica: conoscere i messaggi del corpo è molto utile
per superare timidezze, insicurezze e paura del rifiuto. A volte, ci piace una
persona, ma magari non ci facciamo avanti perché non siamo sicuri della sua
reazione o temiamo di equivocare i suoi segnali: supponiamo ad esempio, che
una persona incroci il nostro sguardo e nel farlo si accarezzi i capelli,
cioè dia un segnale di inequivocabile interesse; a quel punto, sapremmo
con sicurezza che una nostra avance sarebbe ben accetta, anzi, proprio
desiderata.
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5. Pilotare il discorso con il nostro interlocutore. In certi casi, si può usare
la comunicazione non verbale come una vera e propria sfera di cristallo:
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non si può non reagire quando si viene «toccati sul vivo»; così, quando, anche
casualmente, pronunciamo determinate parole o frasi e chi abbiamo di fronte
reagisce, possiamo essere certi che la questione lo riguarda di persona.
Osservando le risposte del corpo del nostro interlocutore possiamo
inoltre pilotare il discorso, così da selezionare gli argomenti che trova
interessanti e scartare quelli giudica irritanti: ai suoi occhi appariremo
dei brillanti conversatori, sebbene sarà stato lui stesso, senza volerlo, a
«indicarci la via»; cioè a guidare la scelta degli argomenti e delle
parole più stimolanti.
6. Il metodo infine può anche essere applicato su di sé per capire noi
stessi e le nostre ansie e difficoltà. Non sempre siamo sinceri con noi stessi;
a volte, ci raccontiamo delle bugie perché preferiamo evitare di prendere
coscienza di certe realtà, perché certi nostri sentimenti non sono coerenti con le
nostre convinzioni e credenze o perché semplicemente non facciamo attenzione a
certe nostre esigenze. Renderci conto di aver fatto determinato atto non
verbale di segno contrario a quello che pensiamo o diciamo, ci può
aiutare ad essere più onesti con noi stessi e a vivere in armonia con le
nostre emozioni.
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Il Linguaggio del Corpo
- Giocare con l'anello,
- pizzicarsi il naso,
- annodare i capelli su un dito (tipico del sesso femminile),
- grattarsi la nuca o
- aggiustarsi un polsino
e numerosi altri comportamenti simili sono tutti segnali che produciamo senza
sosta, in modo quasi interamente automatico e senza intenzione di trasmettere
alcunché.
Questo però non significa che i segnali del corpo non vengano colti e non
producano effetti. il processo avviene però, per lo più, al di fuori della nostra
consapevolezza. Potremmo paragonare la loro azione a quella di batteri e virus: anche se
non li vediamo, questi micro-organismi non mancano di infettarci e di procurarci febbre,
bronchite o altri malanni. Talvolta, la percezione inconscia dei messaggi del
corpo é causa di situazioni di incredibile disagio, apparentemente
senza motivo
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Per esempio un datore di lavoro può rendere pesante l'atmosfera in ufficio, senza fare
niente di particolarmente disdicevole: ad esempio, può stare troppo vicino ai propri
impiegati mentre parla con loro; può toccarli in modo esagerato o
eccessivamente confidenziale; può ascoltare sorridendo le loro opinioni,
stringendo le labbra fino a renderle livide e tremanti.
In situazioni come questa, anche qualora ci accorgessimo di questi
comportamenti e cercassimo di parlarne, verremmo equivocati e tacciati di
essere visionari o paranoici. I segnali del corpo, infatti, proprio perché non
riconosciuti come messaggi, si prestano ad essere facilmente smentiti.
Eppure, la dimensione non verbale ha tutti i "numeri" per non passare
inosservata.. L'antropologo Albert Mehrabian ha stabilito che solamente
il 7% di tutte le informazioni che ci arrivano da un discorso passa
attraverso le parole; il restante, che è comunicazione non verbale, si
divide in: 38% che ci perviene dal tono della voce e 55% che arriva dai
segnali di mani, braccia, gambe, piedi ecc. Armato di cronografo, il ricercatore
Ray Louis Birdwhistell ha constatato che, mediamente, in una giornata non
parliamo per più di dieci, dodici minuti e che una frase media non dura
più di dieci secondi e mezzo.
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Quando leggiamo il corpo non dobbiamo però soffermarci su un singolo
gesto: quello che viene espresso in modo non verbale infatti é più simile ad un
concerto che un assolo. Questo vuol dire per prima cosa che un messaggio
riverbera in più parti del corpo;
per esempio, l'ansia può essere riflessa in una mano contratta, in un'
alterazione del respiro e in abbassamento del tono di voce.
Inoltre, i segnali del corpo possono agire in accordo (come nel caso
descritto dell'ansia), in disaccordo o contribuire in "coro" al messaggio
globale.
Una disarmonia si osserva quando alcuni segmenti del corpo contraddicono il
senso trasmesso da una altra parte. Questo succede perché alcune regioni del
corpo sono maggiormente sotto il nostro controllo; mentre altre lo sfuggono.
Così teniamo sott'occhio e "supervisioniamo" buona parte della mimica facciale e
della gestualità; al contrario, non sappiamo in genere cosa stanno facendo i
nostri piedi. Più in generale, abbiamo un certa consapevolezza del corpo
fino al bacino e siamo poco coscienti di quello che accade da sotto la
cintura in giù. Inoltre, abbiamo piuttosto presente quello che facciamo con il
lato destro (controllato dalla parte della corteccia frontale sinistra del
cervello, la più calcolatrice ) ; per contro, molte cose ci possono sfuggire
conil lato sinistro (controllato dalla parte della corteccia frontale destra del
cervello, la più emozionale, legata al linguaggio e alla comprensione) .
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Può capitare così che ci si trovi ad una festa e si sia coinvolti in una
conversazione noiosa, quando a pochi passi c'é una persona che ci piace. In
quella situazione, potremmo orientare il tronco verso l'interlocutore e avere i
piedi puntati verso l'oggetto di attrazione.
In certe occasioni, possiamo dare messaggi apparentemente
contradditori, senza per questo avere interessi o intenzioni opposte:
l'antropologo David Givens, nelle sue osservazioni sugli approcci tra individui di
sesso opposto, per esempio ha notato che i segnali di attrazione e di
disponibilità sono accompagnati quasi sempre da indizi di disagio. In
questo caso, i segni di tensione non indicano il desiderio di sottrarsi
all'interazione, ma rappresentano un modo per "mettere a tacere" l'ansia di
confrontarsi con chi ci piace.
Alle volte, un segnale non dice granché se preso di per sé, ma assume valore se
accompagnato da un'espressione facciale o da altri comportamenti: così, per
esempio grattarsi lo zigomo, ad esempio, non ci dice molto; ma se
contemporaneamente il volto viene piegato di lato, significa fastidio, perplessità
o disappunto.
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Altre volte, uno stesso segnale può avere addirittura significati diversi a seconda
della "cornice" in cui é inserito: muovere la lingua sulle labbra indica in genere
piacere, ma se le sopracciglia sono sollevate e unite è indice d'ansia.
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Un altro errore comune nell'interpretare i segnali non verbali sta nel
trascurare lo stimolo: passarsi una mano fra i capelli guardando qualcuno o
mentre quest'ultimo affronta un certo argomento, ne cambia completamente il
senso: nel primo caso é attrazione; nel secondo, curiosità o interesse per quello
che viene detto.
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E' proprio per evitare fraintendimenti o distorsioni che conviene
apprendere il linguaggio del corpo in un corso; dove si impara
innanzitutto a conoscere la "sintassi" della comunicazione inconscia e
dove, soprattutto, viene spiegato il rapporto che lega stimoli e reazioni
non verbali e come questi vadano letti nel contesto in cui si presentano.
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1) Quali parti del corpo vanno osservate nella lettura del
Linguaggio del Corpo?
Anche quando stiamo zitti, abbiamo un corpo che “spiffera”
continuamente quello che pensiamo o proviamo. Non c’è parte di noi
che non comunichi qualcosa: perfino la direzione dei piedi o la loro
postura o il colorito dell’addome possono tradire dei messaggi.
Naturalmente, ci sono parti più chiacchierone e parti meno espressive; al
riguardo, sicuramente la parte del corpo più loquace è il VOLTO:
una miriade di muscoli possono animarsi per dare luogo ad
un’espressione e segnalare le più sottili sfumature di un’emozione. Alla
“vivacità” della faccia fa da contraltare la staticità apparente di altre
zone: tuttavia, anch’esse si fanno sentire nel “concerto” della
comunicazione non verbale: il petto o l’addome possono arrossire o
diventare “maculati”: questo accade, nel primo caso, quando c’è
eccitazione sessuale (e in particolare nelle donne) o, nel secondo,
quando un impulso o un’emozione vengono inibiti.
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2) Possiamo controllare la nostra comunicazione non verbale o
simulare con il corpo?
Esiste una leggenda riguardo i messaggi del corpo: e cioè che siano sempre
genuini perché, si ritiene, non siano controllabili. La realtà é invece che in una
certa misura e in rapporto al nostro sesso, al nostro carattere e alle condizioni
emotive, siamo in grado di esercitare una vigilanza su quello che
esprimiamo.
Alcuni di noi sono più consapevoli di quello che comunicano con il corpo, altri di
meno; così, é stato dimostrato che le donne hanno una discreta familiarità
con i segnali che esprimono; lo stesso vale per gli attori o per chi, per motivi
di lavoro (come i caricaturisti, i pittori in genere, i venditori, ecc.) deve sviluppare
un particolare intuito per questa dimensione della comunicazione.
La nostra espressività corporea dipende anche dalla nostra personalità e dal
nostro stato d’animo:
Sul fronte della personalità: un tipo di persona piuttosto fredda, analitica e
“asettica”o distaccata emette messaggi non verbali piuttosto ridotti, proprio
perché dispone di un alto autocontrollo. Sull’altro versante le persone emotive, che
appaiono “libri aperti”, non riescono a frenarsi anche a volerlo.
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Sul fronte dello stato d’animo: se le nostre emozioni sono molto intense, facciamo fatica a
trattenerle. Se siamo in ansia, ad esempio, il nostro corpo "intona" una vera e propria e
sinfonia: abbiamo tic involontari al volto, la nostra vena giugulare sul collo si
ingrossa e sembra un martello pneumatico, le nostre mani artigliano l’aria;
cambiamo spesso posizione del corpo e saltelliamo con i piedi.
Possiamo anche mentire senza darlo a vedere: se non ci sentiamo in colpa o
minacciati in alcun modo, possiamo anche non farci sfuggire alcun segnale.
Alcuni individui particolarmente calcolatori o allenati riescono perfino a
imbrogliare la cosiddetta “macchina della verità” che registra variazioni corporee
veramente sottili.
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3) Come ci si accorge se qualcuno ci sta mentendo?
Talvolta esprimiamo messaggi contraddittori: diciamo qualcosa a parole, e il
contrario o altro con il corpo. Un modo per riconoscere queste incongruenze è la
valutazione del “rapporto temporale” tra un gesto e la parola; ormai è
provato che i gesti anticipano sempre quello che stiamo per dire; se
accade il contrario, significa che il messaggio verbale è “non sentito”:
per esempio, se qualcuno afferma di essere in collera con il partner o con il capoufficio
e dopo averlo detto batte un pugno sul tavolo, verosimilmente la sua “rabbia” è più
scena che altro.
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Il controllo che abbiamo di noi “declina” a partire dalla testa e
arrivando ai piedi; inoltre è inferiore sul lato sinistro del corpo e
maggiore su quello destro. Così, se subodoriamo che le parole del nostro
interlocutore non siano sincere o “sentite”, conviene fare attenzione a cosa fa con
la parte inferiore del corpo (specie, bacino, gambe e piedi) e con il lato sinistro.
Per esempio qualcuno può dirci di trovarsi a proprio agio in un dato ambiente, ma tenere
un piede orientato verso una potenziale via di fuga (una porta, un uscio, ma anche
– l’inconscio non va molto per il sottile – una finestra); in questo modo il suo messaggio
verbale sarebbe contraddetto dalla posizione che assume. Un altro esempio è quello di
qualcuno che ci dice di andare d’amore e d’accordo con il partner o il capoufficio e
contrae al tempo stesso la mano sinistra, come se stesse per chiuderla a pugno.
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Vi sono almeno tre chiavi di lettura per stabilire che un’espressione non sia
genuina e sincera:
asimmetria dell’espressione nei due lati del volto - le stesse azioni
compaiono identiche nelle due metà del viso, ma sono più intense su un lato
rispetto all’altro. E questo perché l'emisfero cerebrale destro sia più specializzato
del sinistro nell’elaborazione delle emozioni: dato che l'emisfero destro controlla
gran parte dei muscoli della metà sinistra del viso e il sinistro quelli della metà
destra, le emozioni osservano con maggiore intensità sulla parte “mancina” del
volto. Se al contrario, è il lato destro a mostrare un certo atteggiamento in modo
più marcato, possiamo presumere che l’emozione non sia sentita davvero
scelta sbagliata dei tempi di innesco e “disinnesco” della mimica
facciale, - Le espressioni “tirate” (che durano, cioè più di 10 secondi) sono
probabilmente false: la mimica che esprime emozioni autentiche non resta sul
viso più di qualche secondo. Se la sorpresa è genuina, poi, tutti i tempi, di
attacco e di stacco, sono brevissimi: in genere si tratta di qualche secondo.errata collocazione dell’espressione nel discorso - Se qualcuno finge di
arrabbiarsi e dice ad esempio "ti metterei le mani addosso"; per accertare che la
minaccia sia vera, dobbiamo fare attenzione alla mimica : se i segni di collera
nell’espressione facciale vengono dopo le parole, la persona non è poi così
adirata come vorrebbe far credere. Come regola, vale l'assunto che le espressioni
del viso non sincronizzate coi movimenti del corpo costituiscono probabili indizi di
falso.
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I Segnali della Menzogna
Si dice che le bugie abbiano le gambe corte... probabilmente é proprio così;
perché l'orientamento di gambe e piedi quando mentiamo, assieme a numerosi
altri segnali non verbali, tradisce le nostre intenzioni e ciò che vogliamo celare.
Quando mentiamo o quando intendiamo celare i nostri pensieri e i sentimenti
cerchiamo di controllarci e sembrare spontanei; proprio questo intento ci
porta, a meno che non siamo dei “pezzi di ghiaccio” o degli attori consumati, a
lasciarci sfuggire qualcosa… specie se non abbiamo idea che un certo
comportamento li possa tradire. E’ per questo che l’osservazione dei segnali del
corpo ci può aiutare a svelare le menzogne: così, se qualcuno ci racconta
frottole, improvvisi tic al volto, il manipolare qualcosa, il deviare lo
sguardo e altri comportamenti involontari possono far trapelare i suoi
veri atteggiamenti o contraddire ciò che afferma. Nonostante ci sia la
credenza che la bugia sia legata a determinate azioni, in realtà ciò che trapela
è solo un’emozione; per cui, anche se mentiamo, quanto più siamo tranquilli o
disinteressati, tanto più riusciremo a controllarci. Al contrario, più siamo
impauriti, in colpa o in ansia, tanto meno potremo impedire a queste emozioni di
“scapparci”.
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Uno delle azioni che facciamo più di frequente quando vogliamo mascherare un
sentimento è il sorriso falso.
le caratteristiche del vero sorriso sincero che coinvolge, oltre ai muscoli
della bocca, anche quelli degli occhi.
Il tratto comune al sorriso autentico è la modificazione nell’aspetto prodotto dal
muscolo zigomatico maggiore che contraendosi, solleva gli angoli della bocca
inclinandoli verso gli zigomi. II sorriso genuino è contraddistinto da una
contrazione spontanea di un muscolo dell'occhio noto come “pars
lateralis”: si ride anche con gli occhi.
Quando invece si sorride in modo manierato e falso questo non accade
e le “zampe di gallina” che si producono a lato degli occhi e il lieve
abbassamento delle sopracciglia che compaiono nel sorriso autentico
non sono presenti. Quando è usato come una maschera, il sorriso falso
copre solo le azioni della parte inferiore del viso e della palpebra
inferiore. Inoltre il sorriso falso risulta spesso asimmetrico e
caratterizzato da un tempo di stacco anomalo, per cui può scomparire
in modo troppo improvviso o a singhiozzo.
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Anche alcune variazioni della voce e del modo di parlare possono accompagnare la
menzogna.
Un tratto vocale che contraddistingue chi sta mentendo è un tono che suona
più acuto e stridulo.
Se la persona prova del risentimento, ma vuole nasconderlo, la sua voce tende
a diventare più metallica, secca e di volume più alto. L’articolazione delle parole
subisce un’accelerazione, le parole vengono di frequente “mangiate” e il discorso
appare spezzato; inoltre, le pause fra le parole si fanno più brevi.
Se è amareggiata o scontenta (come di fronte ad un regalo deludente) il
suo timbro echeggia più basso, flebile e sospirato. In questo caso, anche il
parlare subisce un rallentamento e le pause sono più lunghe.
Gesti e manipolazioni sono in genere buoni "compagni" delle bugie:
spesso chi mente, tende a gesticolare meno del solito, tiene le braccia vicino alle
cosce o incrociate; se è seduto tiene le mani sotto le gambe, oppure porta la mano
sinistra, che corrisponde al lato emotivo del corpo. davanti a sé. Questo sia perché è
più concentrato del normale su quello che dice, sia perché riducendo i gesti, si sente meno
esposto. Una delle cose che chi mente invece fa di più è manipolare, stritolare,
premere qualcosa con le dita: può così appallottolare un foglietto, stringere il
pacchetto di sigarette o prendere una penna o il telefonino come se dovesse usarlo,
ma limitandosi a giocherellarci e a portare lo sguardo su di esso. Quest'azione
diventa così un pretesto che consente di alleviare la tensione dello sguardo diretto
quando questo diventa insostenibile.
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Quando tutto il resto del corpo "tace", ci pensano le nostre gambe e i nostri piedi
a tradirci: se siamo in ansia o ci sentiamo in colpa, le estremità saranno
dirette verso una potenziale via di fuga, come una porta, un atrio e
perfino una finestra.
Con i piedi possiamo tradirci in molti modi: sollevando i talloni, torcendo le
dita, piegandoli sul lato esterno, calpestandoli, tirandoli indietro
quando siamo seduti...insomma, quello che esprimiamo in quei
momenti é proprio l'intenzione di "darcela a gambe"!
Uno degli indici più conosciuti della menzogna (ma anche il meno attendibile) è
lo sguardo sfuggente.
Quando qualcuno si sente in colpa o teme di venire scoperto spesso trova
difficile sostenere lo sguardo dell’interlocutore e punta gli occhi
altrove. Dal momento però che quasi tutti sanno che questo è un segno
rivelatore, chi si trova in questa condizione cerca di non evitare di incrociare gli
occhi dell’altro; pero, si può tradire con brevi guizzi dell’occhio in un’altra
direzione oppure portando lo sguardo su un oggetto che comincia
pretestuosamente a manipolare (ad esempio, può riordinare dei fogli,
tenendo lo sguardo su di essi o nel momento in cui dice una cosa falsa
far cadere lo sguardo su un portapenne e spostarlo di un paio di
millimetri).
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 Una variazione dell’occhio non controllabile che accompagna spesso la menzogna
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è l’aumento della dimensione delle pupille.
uno stato di nervosismo e di agitazione che induce nell’organismo una
reazione di allarme: uno dei segni di questo stato è proprio la dilatazione delle
pupille; specie a domande dirette sul fatto.
un altro segnale di menzogna degli occhi altrettanto affidabile e sicuramente più
evidente; si tratta dell’aumento dell’ammiccamento delle palpebre.
E’ stato osservato che messi di fronte a prove o evidenze che intendiamo di
sconfermare, in un primo tempo le riconosciamo e lo riveliamo battendo le ciglia
più lentamente, ma In un momento successivo, invece, quando effettivamente
neghiamo o diciamo il falso, la tensione che sviluppiamo si riflette in
un’accelerazione dell’ammiccamento palpebrale.
Tra i più affidabili segnali che accompagnano il mentire ci sono inoltre gli errori di
pronuncia, esitazioni nel discorso e pause prolungate, un tono di voce strozzato,
acuto e sottile e un aumento dei gesti inutili prodotti nel rispondere:
come aggiustarsi un colletto o un polsino o degli accessori
d’abbigliamento senza guardarli oppure manipolare una penna, un
accendino o un altro portando lo sguardo sull’oggetto. Inoltre, si tende
a muovere meno braccia, mani, dita piedi e gambe e quindi a stare più
impettiti mentre si mente.
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4) Come si capisce se l'interlocutore é interessato a quello che
diciamo?
Quando qualcuno é colpito dalle nostre parole o dai nostri argomenti, possiamo
notare segnali involontari che lasciano trapelare il suo interesse. Se l’altro é
seduto, può inclinare il busto in avanti mentre affrontiamo un certo
tema: quanto più é interessato, tanto più la sua muscolatura apparirà
tesa e scattante (per farsene un’idea, basti pensare al tifoso che guarda la
TV mentre é in attesa del calcio di rigore).
Alle volte, quando l’interesse é inferiore o l’altro non intende darlo troppo a
vedere, può limitarsi a sollevare un piede e a tenerlo eretto o a tenere
una mano come sospesa nell’aria.
Se un argomento risulta molto piacevole, l’interlocutore potrà comportarsi come
se si trovasse di fronte ad un cibo piuttosto gustoso o ad una persona che trova
attraente: potrà così leccarsi le labbra, passarsi la mano fra i capelli,
manipolare un accendino, un telefonino, una penna e altro. Quello che ci
fa capire che l’interesse non é rivolto a noi, ma a quello che diciamo é il fatto che
l’atto viene eseguito immediatamente dopo una parola o un argomento
che abbiamo esposto (in genere, passa circa un secondo fra lo stimolo e la
reazione).
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5) Cosa dobbiamo guardare per capire se piacciamo a qualcuno?
Il corteggiamento é spesso una situazione piuttosto “ spinosa” per chi é attratto
si mobilitano diverse paure, come il timore di fare brutta figura, di essere rifiutati,
di venire presi in giro e via dicendo. Di conseguenza, si tende a procedere con
una certa cautela: da un lato si desidera rendere il partner partecipe di ciò che si
prova; dall’altro, temiamo la sua reazione e così cerchiamo di frenarci o di
mascherare i sentimenti. Quello che ne viene fuori é inevitabilmente una
comunicazione ambigua e piena di contraddizioni, che naturalmente
aumentano quanto più é alta la posta in gioco. Di sicuro le donne sono più abili e
maliziose nel gestire i messaggi amorosi o di attrazione.
Alcuni segnali generici di disponibilità usati dalle donne per ammaliare i presenti
sono:
1) muoversi senza sosta in una sala, gettando occhiate qua e là o
ballare da sola.
Altri sono utilizzati quando viene individuato un prescelto:
2) la donna gli si avvicina e balla a circa un metro da lui; lo guarda e,
quando si accorge di essere stata notata, si allontana dal gruppo; gli
lancia occhiate ripetute, e cosi’ via.
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Diverso e’ il discorso per i maschi che non solo si mostrano piuttosto monotoni e
grossolani cercando di sedurre con il linguaggio del corpo, ma le loro frecce sono
in genere spuntate. Quando un uomo vuole fare bella figura su una donna,
assume pose dominanti con braccia e gambe larghe; mette le mani sui
fianchi; ride e parla con un tono più basso e un volume più sonoro;
mette in mostra i muscoli (ad esempio, solleva la manica fino al gomito o
si tocca la coscia, spesso un po’ sollevata, si massaggia il collo). Come
detto, il gentil sesso di solito non si lascia incantare da queste esibizioni.
Esistono anche indizi di attrazione che vengono però realizzati in modo
involontario e che sono pressoché “unisex”.
1) Il modo di guardare e i cambiamenti dell’occhio ne sono un esempio: le
pupille possono dilatarsi (lo sguardo, in questo caso, sembra come
trafiggere l’interlocutore, senza fissarsi in niente di preciso); inoltre, si
tende a guardare più spesso l’altro a livello degli occhi e meno sul resto
del volto o su mani o tronco). Un altro segno di piacere é dato dalla
frequenza dell’ammiccamento palpebrale: le ciglia vengono sbattute
anche 4 volte più veloce del normale.
2) Numerosi segni di gradimento sono poi collegati alla regione delle bocca: la
lingua può passare sul labbro superiore; le labbra possono essere
mordicchiate, premute o spinte verso l’esterno; mentre si ascolta, la
bocca é dischiusa e talvolta si appoggia un dito in prossimità di essa.
La comunicazione
3) Anche i capelli sono oggetti di intense “attenzioni” se qualcuno
davanti a noi ci piace: la chioma può essere ravviata, aggiustata
(più spesso dai maschi); una ciocca può venire annodata su un dito
(da parte delle donne) o i capelli possono essere uniti in una treccia
(sempre femminile). Se non stiamo interagendo con una persona che ci
ha “puntato”, l’orientamento del suo corpo tradirà in genere il suo
interesse: oltre a farci bersaglio di ripetute occhiate, infatti, potrà
direzionare il suo bacino, le gambe o anche solamente i piedi
verso di noi e mantenere questa posizione a lungo.
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6) Il linguaggio del corpo ci dice qualcosa sul carattere del nostro
interlocutore?
La posizione delle spalle, il modo di toccare, pieghe e rughe che solcano
il nostro volto e i gesti abituali e altri segnali possono tradire quello che
siamo e le nostre inclinazioni.
a) chi tende ad avere le spalle basse e curve è un tipo piuttosto chiuso e
refrattario al contatto interpersonale.
b) chi tocca con naturalezza e spesso é in genere piuttosto estroverso,
anticonformista, sicuro di sé e si piace.
c) chi, invece, é generalmente schivo nel contatto é di solito inibito, insicuro,
abitudinario, tradizionalista e trova di non essere particolarmente piacente.
 Il tono e il volume della voce sono piuttosto rivelatori della personalità:
a) i timidi parlano spesso con voce sorda, strozzata e sottile.
b) Le persone dominanti e intraprendenti hanno invece una voce più
tonante del comune e parlano abbastanza accelerato.
La comunicazione
c) gli individui pignoli, metodici e razionali hanno il tono della loro voce con
un timbro é medio e pressoché privo di variazioni; quando parlano
sembrano avere un metronomo in testa che gli scandisca l’enunciazione delle
parole. Anche il loro movimento (anche se sembrano ingessati) é
compassato e il gesto che fanno più di frequente é simile all’OK, ma
fatto sul piano verticale quando vogliono puntualizzare qualcosa. Per
altro, questi individui hanno altre peculiarità sul piano non verbale: a tavola
tendono a sistemare posate, oliera e altre suppellettili secondo un loro
schema; sulla loro scrivania o nella loro stanza tutto é ordinato e a suo
posto.
d) gli individui eclettici, svagati, sognatori, esatti contrari, hanno anch’essi un
linguaggio del corpo caratteristico: appaiono sempre piuttosto scattanti e
scomposti; inoltre, quasi sempre sono in movimento (fanno oscillare un
piede, ondeggiano il tronco, ecc.) e gesticolano molto e in modo
esuberante. Nell’eloquio appaiono piuttosto frettolosi e hanno un tono
alto, di testa.
e) la persona sensibile e con i piedi per terra, che sta in mezzo, assume
spesso posture rilassate e comode; si muovono in modo armonioso e
coordinato; i loro gesti sembrano i movimenti di un direttore
d’orchestra. La loro voce suona profonda e calda e il loro modo di
parlare é in genere lento e “soppesato”.
La comunicazione
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10) Come e cosa si “legge” in chi si presenta ad un colloquio di lavoro?
Un lato che emerge in maniera vistosa in un colloquio di questo tipo é
l’inclinazione all’ansia che è sempre giudicato dai selezionatori in modo negativo.
Certo tutti quando affrontiamo una prova proviamo un po’ d’apprensione, ma chi
é ansioso di indole o teme il giudizio degli altri, in quei momenti suda (nei
palmi delle mani soprattutto), si muove nervosamente sulla sedia, ha
difficoltà ha tenere lo sguardo dell’interlocutore; anche il modo di
toccare se stessi indica un’agitazione eccessiva. Chi é ansioso tende a
stropicciarci in modo insistito la pelle, specie del volto.
Anche la voce può tradire questo stato d’animo; diventa infatti più stridula e
soffocata. Il timbro e il volume della voce possono essere un parametro
importante da cercare quando l’azienda sceglie un nuovo direttore o un capo
area: chi é leader naturale, o chi è ambizioso, ha un tono più pieno,
sonoro e nel parlare esibisce qualche decibel sopra la media.
Anche il modo di guardare mentre si parla delle proprie esperienze o della
propria preparazione conta parecchio: le persone più competenti e sicure di
sé guardano spesso l’altro negli occhi mentre parlano.
Assumere una postura sbagliata può influire negativamente sulla prima
impressione data al valutatore: postura raccolta, testa incassata tra le
spalle, tamburellare con le dita sul tavolo, pizzicarsi uno zigomo, o
manipolare oggetti sono segnali che danno una impressione non piacevole
La comunicazione

Una qualità che viene generalmente apprezzata, soprattutto se si tratta
di lavorare a stretto contatto con il pubblico, é l’estroversione. Questa
disposizione del carattere si traduce in tratti rilassati del volto e della
postura; da una facilità al sorriso e da gesticolazioni frequenti ed
espressive.
La comunicazione
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11) La comunicazione non verbale vale in ogni parte del mondo o é
condizionato dalla cultura?
Esiste una comunicazione non verbale detta analogica che é comune a tutti:
passarsi la lingua sulle labbra è dappertutto un segno di gradimento;
sfregarsi il naso é invece un segno di stizza dovunque. Anche le
espressioni facciali che segnalano paura, gioia, tristezza, ecc. sembra
abbiano una base biologica e quindi non siano apprese.
Naturalmente, parte del linguaggio del corpo è anche legato alla cultura; questo
vale in particolare per i gesti e, altrettanto naturalmente, può portare a spiacevoli
equivoci:
ad esempio, il fare il gesto di unire pollice e indice nel segno dell'Ok a Malta
potrebbe generare a conseguenze imprevedibili: il suo significato lì infatti è "sei
omosessuale"!
La comunicazione
Il linguaggio del corpo è l’insieme dei segnali acquisiti. Questi si dividono in:
Emblemi: il segnale dell’ Ok o dell’autostop.
Segnali universali: sono quelli condivisi da tutti e che rivelano le emozioni.
Tutti questi segnali rivelano emozioni positive o negative.
Segnali positivi e di piacere:
- l’inumidirsi o leccarsi le labbra o sporgere le labbra – inclinare il busto in avanti
- sporgersi o orientare il corpo verso l’interlocutore - il toccarsi o accarezzarsi i
capelli - sollevare il piede o le mani – tenere un dito vicino o appoggiato alla bocca
(soprattutto se dischiusa) – dilatare le pupille
Segnali negativi o di rifiuto:
- sfregarsi o toccarsi il naso - accavallare le gambe - togliersi una secrezione
lacrimale - stare a braccia conserte - grattarsi lo zigomo - fingere di togliere le
briciole dalla giacca – appoggiare un dito trasversalmente alla bocca chiusa con
energia – spingere l’indice contro il labbro inferiore
Segnali di tensione:
- abbassare il tono di voce - schiarirsi la gola - muovere i piedi – sbattere
velocemente le palpebre - inumidirsi le labbra con un guizzo veloce della
lingua(soprattutto l’inferiore ) – lanciare lo sguardo verso la porta d’uscita – da
seduti mettere le mani sui braccioli e portare il busto in avanti come per alzarci
E tutti questi segnali sono prodotti in modo involontario e inconsapevole.
i comportamenti nel mondo
Comportamento
Sorridere mentre si ascolta
Interpretazione italiana
Interpretazione in altre culture
generico accordo o almeno
In Giappone: può indicare disaccordo ma
comprensione di quello che
timidezza nel manifestarlo; in Giappone non vige
viene detto
l'equazione "silenzio"="assenso"
in Estremo Oriente o nei paesi arabi: fissare un
uomo dritto negli occhi = sfida, fissare una donna
= proposta erotica
Guardare dritto negli occhi
segno di franchezza e
mentre si ascolta
attenzione
in Cina: segno di attenzione
in Giappone: ci si guarda di quando in quando, ma
mai durante un commiato: gli occhi vanno
focalizzati a terra, in un punto a lato della persona
che si sta salutando.
in Giappone: forma di rispetto, per comunicare che
l'attenzione è massima, che non si vuol correre il
Tenere gli occhi abbassati,
quasi chiusi in una fessura
rischio di distrarsi
disattenzione
in molte culture eurasiatiche e africane: rispetto
del subordinato (e soprattutto della subordinata)
nei confronti di un superiore.
Alzare gli occhi al cielo,
eventualmente
in Sicilia ed in molte culture del Mediterraneo orientale: ha significato di
accompagnando il gesto con
negazione.
un leggero click della lingua
Muovere la testa
Muovere la testa
ripetutamente da dx a sx
ripetutamente da dx a sx
Muovere la testa dall'alto
verso il basso
"Sì"
Mettere entrambe le mani in
estrema informalità, non
tasca
consentito alle donne
in India, nello Sry Lanka: "sì"
nello Sry Lanka: "no"
In Cina: posizione non accettata, offensiva
In Turchia: può portare al licenziamento
nelle culture euro-americane: dimostra sincerità e
"virilità"
in Germania: non è virile ma "sincera", per cui
Stringere la mano in
dimostra sincerità e
anche una donna la utilizza
maniera molto decisa
"virilità"
in Oriente: la stretta di mano è inusuale
(soprattutto in Corea e Giappone, dove il saluto è
di solito un inchino)
Segno, ormai usato molto
Inchinarsi
raramente e solo in contesti
ufficiali, per esprimere stima
e rispetto
in Giappone: esiste una tipologia molto variegata
di inchini (vedi:
http://www.grappolo.com/orientalia/espres.htm)
Segno, ormai usato molto
Inchinarsi
raramente e solo in contesti
ufficiali, per esprimere stima
e rispetto
Usare la mano sinistra
Sollevare indice e medio della
mano destra a "V"
in Giappone: esiste una tipologia molto variegata
di inchini (vedi:
http://www.grappolo.com/orientalia/espres.htm)
nessun significato; da evitare
nella cultura araba: la mano sinistra è impura e
solo nella stretta di mano
quindi va considerata come inesistente
in Inghilterra: "vittoria" se il dorso della mano è
segno di vittoria
rivolto verso chi parla; un insulto se il dorso della
mano è rivolto verso chi ascolta:
in estremo Oriente: significa "te lo metto..."
Tenere il pugno chiuso e il
OK, d'accordo (di derivazione
in Brasile: significa "grazie"
pollice eretto verso l'alto
statunitense)
in Indonesia: "dopo di te"
Tenere pollice e indice uniti a
OK, d'accordo (di derivazione
nei paesi slavi: significa "Ti faccio un ... grande
formare una "O"
statunitense)
così"
Far oscillare basso-alto la
mano rivolta verso l'alto con
"Ma che cavolo dici?"
le dita raccolte a grappolo
Colpire oscillando dal basso
con la mano destra la sinistra
tenuta ferma, , tenendo le
polpastrello del pollice che
sbuca tra indice e medio
soprattutto se rivolto a una donna
in Turchia: significa, in maniera molto volgare, "Te
"Taglia l'angolo", "Fila via"
l'ho messo in ..." oppure, riferito a una donna che
passa, "Quella me la sono fatta"
due mani a taglio
Mostrare il pugno con il
in Turchia: significa "Ottimo, eccellente",
"Ti ho rubato il naso!" (ai
bambini)
In Turchia: significa "Va ffa'...!"
Stringere la mano a pugno,
rivolto verso l'alto, con
l'avambraccio teso in avanti,
e poi avvicinare il pugno al
invito a "stringere", a
riassumere
in Turchia: volgare invito sessuale
corpo
Tenere la punta delle dita
in Turchia: gesto privo di intenzionalità
unite appoggiata sul pomo
d'Adamo e poi muoverla più
"Me ne frego"
volte verso l'esterno,
nessun significato
comunica scarso rispetto
veda la suola delle scarpe
Togliersi le scarpe
nei paesi arabi: vivono questi atteggiamenti in
maniera molto risentita, perché ritengono che si
Appoggiare la caviglia al
ginocchio lasciando che si
molto fitta e dura, che irrita la pelle mentre
cresce.
sfiorando il mento.
Accavallare le gambe
comunicativa, in quanto i Turchi hanno una barba
gesto maleducato e
irrispettoso
comunichi disprezzo o addirittura che si voglia
dire: "vattene da qui"
Nelle culture scandinave e in quelle medio ed
estremo-orientali: gesto naturale, che indica relax
o rispetto (vedi moschee)
Comportamento
Sorridere mentre si ascolta
Interpretazione italiana
Interpretazione in altre culture
generico accordo o almeno
In Giappone: può indicare disaccordo ma
comprensione di quello che
timidezza nel manifestarlo; in Giappone non vige
viene detto
l'equazione "silenzio"="assenso"
in Estremo Oriente o nei paesi arabi: fissare un
uomo dritto negli occhi = sfida, fissare una donna
= proposta erotica
Guardare dritto negli occhi
segno di franchezza e
mentre si ascolta
attenzione
in Cina: segno di attenzione
in Giappone: ci si guarda di quando in quando, ma
mai durante un commiato: gli occhi vanno
focalizzati a terra, in un punto a lato della persona
che si sta salutando.
in Giappone: forma di rispetto, per comunicare che
l'attenzione è massima, che non si vuol correre il
Tenere gli occhi abbassati,
quasi chiusi in una fessura
rischio di distrarsi
disattenzione
in molte culture eurasiatiche e africane: rispetto
del subordinato (e soprattutto della subordinata)
nei confronti di un superiore.
Alzare gli occhi al cielo,
eventualmente
in Sicilia ed in molte culture del Mediterraneo orientale: ha significato di
accompagnando il gesto con
negazione.
un leggero click della lingua
Muovere la testa
Muovere la testa
ripetutamente da dx a sx
ripetutamente da dx a sx
Muovere la testa dall'alto
verso il basso
"Sì"
Mettere entrambe le mani in
estrema informalità, non
tasca
consentito alle donne
in India, nello Sry Lanka: "sì"
nello Sry Lanka: "no"
In Cina: posizione non accettata, offensiva
In Turchia: può portare al licenziamento
nelle culture euro-americane: dimostra sincerità e
"virilità"
in Germania: non è virile ma "sincera", per cui
Stringere la mano in
dimostra sincerità e
anche una donna la utilizza
maniera molto decisa
"virilità"
in Oriente: la stretta di mano è inusuale
(soprattutto in Corea e Giappone, dove il saluto è
di solito un inchino)
Segno, ormai usato molto
Inchinarsi
raramente e solo in contesti
ufficiali, per esprimere stima
e rispetto
nessun significato; da
Usare la mano sinistra
evitare solo nella stretta di
mano
in Giappone: esiste una tipologia molto variegata
di inchini (vedi:
http://www.grappolo.com/orientalia/espres.htm)
nella cultura araba: la mano sinistra è impura e
quindi va considerata come inesistente
La comunicazione
 12) C'é il rischio di perdere la spontaneità conoscendo i
linguaggio del corpo?
 Sostanzialmente rimaniamo comunque noi stessi; semmai, conoscere i
segnali del corpo, ci rende più liberi e di comportarci in modo naturale;
conoscendo già il significato di certi segnali, non dobbiamo scervellarci
per interpretarli e possiamo sentirci meglio. Certo, all'inizio, finché non si
prende la mano con l'interpretazione dei comportamenti non verbali,
possiamo essere meno fluidi; ma é tutto un fatto di esercizio; é un po'
come imparare una lingua straniera: all'inizio, dobbiamo cercare i termini
e i modi per esprimerci; ma se ci alleniamo, impariamo a parlarla in
modo scorrevole. Va tenuto presente, inoltre, che il linguaggio non
verbale fa parte di noi: é la cultura che ce lo fa dimenticare;
riappropriarsi della capacità di "capirlo e parlarlo" significa recuperare
qualcosa che abbiamo semplicemente dimenticato.
La comunicazione
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Prossemica - La distanza fra i corpi
La prossemica, disciplina che si occupa del significato e dell'uso
dello spazio da parte dell'uomo.
Tutti gli animali vivono in una sorta di bolla virtuale che rappresenta la
loro intimità e che ha il raggio della distanza di sicurezza, cioè quella che
consente di difendersi da un attacco o di iniziare una fuga. Negli uomini,
essa è di circa 60 / 75 cm. , cioè la distanza del braccio teso. La "bolla"
è un dato di natura, mentre la sua dimensione e il suo valore di intimità
sono dati di cultura e quindi variano: l'infrazione alle regole
"prossemiche", cioè alla grammatica che regola la distanza
interpersonale, può generare una escalation, cioè far interpretare
come aggressivi e invasivi, quindi degni di una reazione adeguata, dei
movimenti di avvicinamento che non hanno questo significato nella
cultura di chi li ha compiuti.
La comunicazione
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Gli psicologi sono arrivati a misurare le distanze che l'uomo, nelle diverse
situazioni, tiene con i propri simili. Dal momento che i primi a occuparsi di
prossemica, all'inizio degli anni Sessanta, sono stati gli statunitensi, le misure
valgono per l'"americano medio". Bisogna ricordare che i popoli latini e
mediorientali tendono ad "accorciare le distanze".
C'è dunque la distanza "intima", che va dal contatto corporeo fino ai 45
centimetri: è quella che tengono gli innamorati, i genitori con i figli piccoli, i
bambini tra loro e, in alcune circostanze, gli amici. "Non si tratta tanto di una
distanza fisica, quanto psicologica". "Non contano solo i centimetri, ma il modo in
cui questi centimetri vengono vissuti e comunicati". A questa distanza, infatti, è
possibile percepire il calore e l'odore della pelle e del respiro dell'altro, che
possono suscitare in noi reazioni di piacere o di disgusto a seconda dei rapporti
che ci legano alla persona.
Per esempio basta pensare al disagio che proviamo a sederci in una poltrona appena
lasciata libera da un estraneo, se la stoffa è ancora "calda": questo a volte è sufficiente a
creare la sensazione di invasione della sfera intima, anche in assenza di una presenza fisica
concreta.
La comunicazione
 Ad un secondo livello abbiamo la distanza "personale" (per esempio, quella tra
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due persone che chiacchierano a una festa), a sua volta divisa in due sottofasi:
1) quella "di vicinanza" (45-75 centimetri) e
2) quella "di lontananza" (da 75 centimetri a un metro e 20).
Il limite dei 75 centimetri non è casuale". A questa distanza è ancora possibile
allungare la mano e toccare l'altro. Si tratta insomma di un confine che può
essere rispettato o varcato e che ci fa capire molto della persona che abbiamo di
fronte.
Anche il modo di dire "tenere le distanze", probabilmente, deriva proprio da uno
dei possibili atteggiamenti". La distanza "personale" è quella che usiamo di più
nella vita di ogni giorno.
Ad un terzo livello abbiamo la cosiddetta distanza "sociale", (Oltre il metro e
20 centimetri e fino ai tre metri e mezzo), tipica delle situazioni
professionali. "I tre metri e mezzo sono lo spazio raccomandato per le scrivanie
di un ufficio "open space"". "In questa situazione, nessuno si sente obbligato a
parlare con il vicino, trascurando il lavoro".
La comunicazione
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La distanza sociale viene spesso manipolata per comunicare
determinati messaggi di potere. Lo fa il capufficio che, in piedi, si avvicina
all'impiegato seduto e invade il suo spazio personale, per dimostrare la propria
supremazia. "La "tecnica dell'invasione" viene usata anche nelle vendite, per
mettere sotto stress l'acquirente indeciso e spingerlo a concludere l'affare. Un
esempio estremo di "invasione" si vede nei film polizieschi, durante le scene degli
interrogatori. "
Un modo più sottile per invadere lo spazio dell'altro è quello di usare gli
oggetti come "protesi" del proprio corpo".
Per esempio a tavola si può giocare con bicchieri, oliera e cestino del pane, spostandoli
nell'area della persona di fronte a noi, che si sentirà a disagio senza però capirne il motivo".
 L'ultimo livello è costituito dalla distanza "pubblica", (oltre i tre metri e
mezzo): è quella tenuta dai professori universitari durante le lezioni, dai politici
ai comizi, dai cantanti ai concerti, al di là di quelle che possono essere le norme
di sicurezza adottate in questi casi.
Insomma, è come se ognuno di noi fosse circondato da un "bolla" che si
espande o si restringe a seconda delle situazioni. Le sue dimensioni sono
influenzate dall'età, dal sesso e dalle caratteristiche psicologiche di ognuno di
noi. Gli uomini solitamente hanno una "bolla interpersonale" più grande
rispetto alle donne, molto più abituate al contatto fisico tra loro.
La comunicazione
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La forma assunta dalla bolla non è del tutto sferica, ma
leggermente allungata. Infatti, tolleriamo più facilmente un estraneo
al nostro fianco piuttosto che di fronte; esporre il ventre all’avversario è
ritenuto pericoloso ed imprudente. E neppure lo spazio dietro di noi è
neutrale: c'è addirittura chi non sopporta di sentirsi "scoperto" alle
spalle, un'area che sfugge al proprio controllo visivo.
Lo spazio inoltre è organizzato secondo schemi che riflettono la cultura e
le esigenze degli esseri umani che lo popolano. Ed è proprio lo spazio a
parlarci di queste diversità. Imparare ad "ascoltarlo" potrebbe essere un
modo per conoscere l'altro. E magari accorciare le distanze.
Per fare esempi più vicini a noi, capita che italiani e spagnoli siano giudicati invadenti
dagli anglosassoni, per la loro abitudine di gesticolare mentre parlano e di
avvicinarsi all'interlocutore, pensando di farsi capire meglio. Viceversa, i nordici
vengono considerati distaccati e freddi a causa dei loro atteggiamenti molto più
statici.
La comunicazione
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Inseparabili il gesto e la parola
Le ricerche dimostrano che quando archiviamo il nome di un oggetto e di cose
concrete, attiviamo sì l'area linguistica, ma anche quella motoria
Chi non conosce uno di quegli individui che possiedono una gamma di
espressioni che va dal cipiglio allo sguardo glaciale ... e di poche parole? E chi
non si è sentito una volta o l'altra nella vita così teso e impacciato da non trovare
niente da dire o non sapere come rispondere?
Cosa hanno in comune questi due esempi? L'assenza o la rarità dei gesti.
Parlare fluentemente, in modo colorito, avere la battuta pronta è legato
all'espressività e alla quantità dei gesti che facciamo durante il dialogo. Il
movimento infatti anticipa sempre la parola. Quando un soggetto è impedito a
muoversi l’eloquio diventa più povero, più “insipido”, l’articolazione delle parole
appare più stentata e aumentano gli errori di pronuncia.
Quando apprendiamo il significato di un oggetto, lo archiviamo nella memoria
assieme alle azioni e alle contrazioni muscolari che compiamo usandoli o che
eseguiamo per comprenderne il funzionamento. Così, quando ci troviamo a
richiamare a mente il suo nome, recuperiamo in realtà l'intero complesso di
informazioni ad esso legate. In altre parole, si attivano non solo l'area linguistica
del cervello, ma anche quella motoria e premotoria dove immaganizziamo le
sequenze di azioni fra loro coordinate.
La comunicazione
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L’asso nella manica … o meglio nella mano: il potere persuasivo del
contatto
Toccare il braccio o la spalla di qualcuno per qualche istante quando gli si fa una
richiesta può sembrare un'azione di poco conto…per lo meno nel pensiero
comune. In realtà toccare appena uno sconosciuto, crei un legame
minino che predispone favorevolmente quest’ultimo verso l’altro.
Il contatto fisico aumenta i sentimenti positivi sia nei confronti dell’interlocutore;
inoltre, chi viene toccato è più compiacente e disponibile e acquista più
facilmente un prodotto che gli viene offerto in vendita.
le persone sono più disponibili e cooperative se chi le segue appoggia
la mano sulla loro o tocca il loro avambraccio.
Insomma il contatto convince; ma non solo, conferisce fascino e
prestigio: chi tocca rispetto a chi è più restio nel farlo viene giudicato
più dominante, determinato, caloroso ed espressivo
La comunicazione
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LA STRETTA DI MANO: UN SALUTO CHE PARLA DI NOI
Il gesto di porgere e stringere la mano, come forma di saluto, può dirci molto sul
nostro interlocutore e sul tipo di relazione che predilige
Lo scopo del dare la mano, nella comunicazione non verbale, è precisamente quello di
autorizzare l'interazione e di mostrare accettazione e apertura nei confronti dell'altro. E' proprio
dall'intento di far capire che le nostre intenzioni, nell'approssimarci a qualcuno, sono innocue che
presumibilmente ha preso origine questo gesto.
Quando diamo la mano, il modo in cui lo facciamo parla di noi.
Ad esempio, chi torce il polso dell'altro, così da fargli girare il palmo verso l'alto o chi
mette una mano sulla spalla dell'interlocutore nel dargli la mano, esprime il
desiderio di porre l'altro in un ruolo di sudditanza. La persona che invece offre la
mano molle o solo la punta della dita non gradisce il contatto con gli altri e si tratta
di un individuo altezzoso o schivo e comunque quasi sempre falso e opportunista.
La mano ha una peculiarità: quando suda, questo avviene, non a causa di un
aumento della temperatura esterna, ma esclusivamente in conseguenza di uno
stress emotivo.
Così il fatto che il palmo sia più o meno "bagnato" è legato alla capacità di
gestione dell'ansia e all'essere più o meno a proprio agio e disinvolti nei rapporti
umani. E' stato scoperto ad esempio che una mano asciutta è legata alla socievolezza
negli uomini, ma non nelle donne.
La comunicazione
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Una mano fredda e umida sia spesso associata ad un temperamento
introverso, depresso con tendenza a sviluppare comportamenti nevrotici;
questo lo si osserva soprattutto nelle donne. Bisogna però precisare che il
gentil sesso ha una circolazione periferica meno efficiente degli uomini; quindi, non è
infrequente trovare una donna con la gelida manina. Però se la mano di una
donna che conosciamo è calda, facilmente ci troviamo di fronte ad una
persona equilibrata e sicura. Quando è un uomo ad avere l'estremità superiore
fredda non è improbabile che sia un individuo inibito e apprensivo.
Anche l'intensità della forza impressa alla stretta è legato alla personalità:
- Una stretta salda e decisa è tipica di una personalità dominante, sicura di sé e
razionale; chi, nello stringere la mano, torce il polso dell’altro o appoggia la propria
mano sulla sua spalla, esprime il desiderio di porre l‘interlocutore in un ruolo di
sudditanza. Nel dare la mano, il porla con il palmo rivolto verso il basso indica la volontà di
mantenere una posizione di dominanza.
- se la pressione è eccessiva però è segno di un carattere aggressivo ed
esibizionista.
- le persone che danno la mano in modo molle e fiacco sono di solito schive, timide
e diffidenti. Anche chi è depresso tende a stringere in modo blando. Per altro, si è
appurato che un progressivo declino nell'intensità della stretta è legato ad un peggioramento
dello stato malinconico. La persona che offre il «pesce lesso» o solo la punta della dita
non gradisce il contatto con gli altri e si tratta di un individuo altezzoso o schivo e
comunque quasi sempre falso e opportunista.
La comunicazione
La forma di saluto incide molto sulla prima impressione
E’ stato appurato che il modo di dare la mano è stabile nel tempo ed
indipendente dalla persona che incontriamo (perciò è legato alla
personalità). Gli studiosi hanno quindi osservato che una stretta energica
e calorosa è tipica degli individui estroversi e di chi è molto espressivo;
nelle donne, inoltre, è associata anche ad apertura mentale e a curiosità
per le novità. Al contrario, chi è timido o ha un temperamento ansioso e
instabile da la mano in modo esitante e la sua stretta appare piuttosto
debole.
La comunicazione
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Anche il potere ha un “genere”: i segnali non verbali e le differenze fra i sessi
I segnali non verbali di dominanza vengono interpretati in modo diverso se a farli
è un uomo o una donna
Gli uomini, nei loro rapporto personali e di lavoro, esibiscono tipicamente quelli
che sono conosciuti come “indizi di status elevato”:
ad esempio, tenere le gambe larghe, appoggiare le braccia sullo schienale di un
di un divano o di un bancone o assumere posture rilassate, scomposte e
comode. Altri tipici segnali maschili di dominanza sono mettere le mani sui
fianchi o massaggiarsi con vigore il retro del collo; sollevare le braccia e unire le
mani dietro la nuca o ancora stare in piedi mentre l’interlocutore è seduto.

Per contro, le donne, nelle loro interazioni, tendono ad usare naturalmente
segnali di sottomissione:
Ad esempio quelli di unire le ginocchia sia in posizione in piedi sia sedendosi,
tenere le mani in grembo, assumere posture tendenzialmente erette e composte
o stare sedute tenendo il busto inclinato in avanti o piegare di lato la testa,
usare un tono di voce più acuto del normale, evitare il contatto visivo diretto,
ecc.
Non solo le donne si mostrano in linea di massima meno autoritarie, ma anche
quando rivestono posizioni di potere il loro comportamento è spesso equivocato
La comunicazione
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La percezione del proprio potere sul posto di lavoro da parte di
subordinati, pari e superiori è una determinante critica del successo a
livello manageriale ed organizzativo. Il modo più convincente di comunicare la
propria leadership è sicuramente attraverso i segnali non verbali: ad esempio con il
contatto visivo, con la mimica facciale, con le posture e con altre forme di
espressione.
la percezione della dominanza è influenzata dal genere sessuale delle
persone ritratte: gli uomini nelle posizioni dominanti erano giudicati più
dominanti che le donne nella stesse posture.
Guardare fisso negli occhi (un comportamento da leader) da parte di una donna
opposto al guardare di traverso induce a pensare quest’ultima non sia autorevole,
ma coercitiva. Questo per il fatto che questo comportamento è incongruente con le
aspettative rispetto al ruolo sessuale. Lo stesso comportamento messo in atto da
soggetti degli uomini suscita invece ad una maggiore credibilità.
Le donne che mostravano un espressione rilassata, rispetto a quelle che avevano i
tratti del volto tesi, apparivano meno autorevoli.
Infine, le impiegate sedute dietro una scrivania con le gambe incrociate davano
l’idea di essere competenti e determinate.
Le donne in posizione di leader sono giudicate in modo più severo quando deviano
dai tradizionali canoni femminili; sono particolarmente mal viste quando sfoderano
uno stile di leadership autoritario e direttivo; mentre, sono considerate al pari degli
uomini quando adottano uno stile dominante più tipicamente femminile: cioè
democratico e sensibile nei rapporti interpersonali.
La comunicazione
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In quali momenti tocchiamo maggiormente noi stessi?
Strapparsi le pellicine delle unghie, appoggiare la testa sulla
mano o sfilare e far roteare un anello sul dito e azioni simili
sono un modo per ridurre la tensione, per consolarci o per
scaricare dell'eccitazione.
In generale, poi, gli uomini si toccavano con più insistenza che le donne;
queste ultime però apparivano più imbarazzate o tese (e manipolavano
maggiormente il proprio corpo) quando venivano interrogate
sull'argomento "scottante".
La comunicazione
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IL PIEDE
E' ormai un luogo comune nello studio del linguaggio del corpo che la parte dalla
cintola in giù sia la meno controllata e quindi possa diventare una fonte di
importanti informazioni sulle intenzioni e sulle emozioni dell'altro. Quando un
individuo è in tensione, il modo in cui muove, contrae, agita i piedi lascia
trapelare, il suo stato d'animo anche quando il resto del corpo sembra
trasmettere un messaggio di sicurezza e disinvoltura.
Per esempio, in posizione eretta, l'ansia, la fretta o l'apprensione vengono espresse
tenendo un piede orientato verso l'interlocutore o dell'uditorio e l'altro verso una
potenziale via di fuga (un porta, in direzione del punto in cui si trova l'atrio, l'uscita e
così via). Un altro indice di emotività è il calpestarsi una scarpa con l'altra o
sfregarle, poggiando i piedi sul lato esterno. O ancora, chi è agitato, ed è seduto,
può sollevare i tacchi come per andarsene, ma rimanendo lì dov'è, oppure
muovere le dita, facendo assumere alla punta delle scarpe un aspetto torto. Un
altro tipico segno di agitazione è, in piedi, far ricadere il peso del corpo ora da un lato
o dall'altro, dando l'impressione di oscillare. La comodità di stare seduti non offre un
sollievo sufficiente a inibire queste azioni; anzi, altre se ne aggiungono: chi non vede
l'ora di andarsene, accavalla le gambe, tenendo il piede sospeso; quindi, lo
spinge con moto altalenante avanti e indietro, lo contrae, curvando le dita (o
piegando l'estremità della scarpa verso il basso); infine, può "aggrovigliare"
strettamente le estremità inferiori.
La comunicazione
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Con i piedi (e quindi non solo " … con le mani …",) possiamo "fare tante
altre cose": ad esempio, mostrare impazienza, battendoli sul pavimento o
tirandoli all'indietro, da seduti, quando un argomento o altro ci da fastidio o ci
induce un senso di rifiuto; se la situazione ci sta "stretta", possiamo sedere,
incrociare le gambe e calciare nel vuoto oppure tenere i talloni sollevati
nell'evidente impulso a toglierci di lì (spesso, portando anche il busto in avanti e
afferrando i braccioli con le mani).
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La posizione delle nostre estremità inferiori può per altro indicare anche
interesse o attenzione: chi è "preso" da un discorso:
Ad esempio, può tenere il piede sollevato, a volte anche a lungo. Se siamo coinvolti
in una conversazione e notiamo una terza persona che ci piace, possiamo orientare il
nostro piede verso di essa. Uno dei più vistosi segni di eccitazione è un accentuazione
del tono muscolare, un fenomeno osservabile soprattutto in una donna che porti la
gonna corta; le gambe appaiono tese e scattanti e, se il piede è scalzo o le la calzatura
lascia libere le dita, possiamo notare, in circostanze di forte coinvolgimento una vera e
propria erezione dell'alluce.
La comunicazione
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I piedi, come si è accennato, possono suscitare forti impulsi sessuali per
qualcuno; in particolare, i piedi di una donna per l'uomo sono vissuti
spesso come una parte attraente del corpo femminile. In parte, perché
sono più piccoli e sinuosi del piede maschile (le scarpe con il tacco alto
servono ad esaltare quest'aspetto) e perciò diventano un segno distintivo
di femminilità. Inoltre, la pianta del piede produce gli stessi acidi grassi
secreti dalla regione dell'inguine: quindi il loro odore (o la rievocazione
dell'odore data dalla loro vista) può funzionare da inconsapevole
afrodisiaco.
Proprio in funzione di queste caratteristiche, le donne che vogliano sedurre il
partner possono, più o meno intenzionalmente, dirigere l'attenzione di
quest'ultimo sulle proprie estremità inferiori. Così possono sfilare il tallone
della scarpa e fare dondolare quest'ultima sulla punta del piede
(quest'azione evoca anche il denudamento), oppure accarezzarsi il
collo del piede o tenere il piede parallelo alla gamba; quest'azione sembra
abbia la funzione di annullare il potenziale simbolismo fallico del piede, già
identificato da Freud prima della fine del secolo.
La comunicazione
TECNICHE DI COMUNICAZIONE
Le parole giuste – i tipi umani
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Le parole giuste per tutti i giorni, per tutti gli interlocutori, semplicemente, non
esistono! Una delle prime regole della comunicazione, infatti, è: <scegli
le parole che piacciono al destinatario del tuo messaggio>.
Quando parliamo con qualcuno, la prima cosa da fare è spedire il messaggio
nella porta giusta. I cinque sensi sono le nostre finestre sul mondo, le nostre
porte percettive spalancate sulla realtà esterna.
La Programmazione Neuro-linguistica ha elaborato un modello che identifica tre
tipi "umani", ovvero tre principali gruppi di persone che interpretano la realtà
secondo un canale sensoriale:
il Visivo, (V),
l’Auditivo, (A), ed
il Cinestesico, (K).
Quest'ultimo fa riferimento alla preferenza per il tatto, il gusto e l'olfatto.
La comunicazione
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Ogni canale sensoriale ha le sue parole preferite. Se stiamo parlando con un
Visivo, ad esempio, i punti cardinali di riferimento del suo mondo di
percezioni saranno le luci e i colori! Una persona che fa dei suoi occhi la
guida per conoscere e sperimentare gli oggetti del mondo, costruisce il suo
linguaggio, i suoi messaggi con parole chiare a precise, che sanno di
luci, prospettive e poligoni definiti.
Ecco qualche esempio dei termini che i Visivi amano sopra ogni cosa:
vedere, guardare, definire, luce, colori, prospettiva, osservare, sguardo,
delineare, tracciare, dipingere, disegnare...
Chi utilizza la vista come canale privilegiato, quindi, si aspetta di sentir parlare
con questo linguaggio, perché è quello che conosce meglio ed è quello che
rappresenta nel modo migliore le forme dei suoi pensieri.
Un ragionamento analogo vale a proposito delle persone Auditive, ovvero quelle
che descrivono le proprie esperienze soprattutto con il senso dell’udito.
Ecco i termini che ama usare l ‘auditivo:
sentire, ascoltare, armonia, musica, parole, scrittura, lingua,
traduzione, conversazione, audio, sintonizzarsi, cantare, leggere...
La comunicazione
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I Cinestesici, molto numerosi nella popolazione umana (circa il 40-45%),
sembrano meno facili da individuare a prima vista, ma ci sono tanti segnali che
portano dritti dritti al loro gruppo. Hanno preferenza per l’uso del tatto, del
gusto e dell'olfatto.
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Il loro universo semantico è fatto delle seguenti parole:
sensazione, emozione, toccare, concreto, pratico, sentimento,
percepire, solido, sperimentare, sentire, costruire, tastare, abbracciare,
approfondire...
Come forse avrai immaginato, i gruppi "sensoriali" hanno un modo molto diverso
di comunicare. Può capitare, quindi, che l'incontro fra persone di gruppi differenti
generi un groviglio di messaggi che finiscono nel vuoto. Se ognuno parla il suo
linguaggio, infatti, sarà impossibile capirsi. E' quello che succede tra due persone
che parlano due lingue diverse, inglese e russo, italiano e francese: come si può
comprendere senza una traduzione? Impossibile!
Allora, prima di tutto, mettiamoci in ascolto del nostro interlocutore per capire se
è Visivo, Auditivo o Cinestesico. Afferrato questo gancio essenziale, saremo
capaci di usare le parole che gli fanno comprendere al meglio quello che
vogliamo dire.
La comunicazione
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Modalità Respiratorie -----> Sistemi Sensoriali
Parte alta del torace: respiro poco profondo -----> Visivo (V)
Area centrale del torace: respiro uniforme -----> Uditivo (A)
Parte bassa dell’addome: respiro profondo -----> Cenestesico (K)
Cambiamenti di Postura e di Tono Muscolare -----> Sistema
Sensoriale
Tensione nelle spalle e nel collo e talvolta nello stomaco; spalle spesso
incurvate. -----> Visivo (V)
Tensione distribuita equamente; spalle all’indietro; testa inclinata da un
lato. -----> Uditivo (A)
Muscoli rilassati, spalle cadenti.
Testa e spalle come sopra; corpo in movimento e spalle tenute in
maniera più squadrata -----> Cenestesico (K)
La comunicazione
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Cambiamenti di Tono e Ritmo della voce -----> Sistema Sensoriale
Rapido fiume di parole in tonalità nasale o alta e artefatta; ritmo rapido.
-----> Visivo (V)
Ritmo calmo e uniforme; tonalità media; buona e chiara enunciazione
delle parole. -----> Uditivo (A)
Velocità lenta; lunghe pause; tonalità bassa e profonda. ----->
Cenestesico (K)
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Movimenti oculari -----> Sistemi Sensoriali
In alto a sinistra: Visivo Costruito (Vc)
Orizzontale a sinistra: Uditivo Costruito (Ac)
In basso a destra: Cenestesico (K)
In alto a destra: Visivo Ricordato (Vr)
Orizzontale a destra: Uditivo Ricordato (Ar)
In basso a sinistra: Dialogo Interno (Ai)
La comunicazione
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le persone sviluppano una preferenza per un canale sensoriale che,
intorno ai 12 anni, diventa la corsia preferenziale attraverso cui transitano le
informazioni che provengono dall'esterno.
La presenza di una via privilegiata per alcune tipologie di stimoli significa solo
mettere in ordine i dati secondo un preciso criterio, per ritrovarli ed utilizzarli con
facilità. Il nostro cervello, infatti, utilizza comunque anche gli altri sensi, anche se
lo fa in misura minore. Ad esempio, se preferisco memorizzare le esperienze
come fotografie (tipo Visivo), potrò anche aggiungere suoni o profumi, ma il
primo ricordo sarà sempre fatto di forme e colori.
Ecco un esempio più concreto. Una persona con sistema preferenziale visivo darà maggior
peso alle immagini (il concetto di ‘gatto’ richiama l’immagine dell’animale); una persona di
tipo auditivo è sintonizzata sui suoni (del gatto percepisce il miagolio o il rumore delle
fusa); una persona cinestesica, è concentrata sulle sensazioni (e del gatto, la prima cosa
che percepisce è la sensazione del pelo al tatto o magari le vibrazioni delle fusa).
Quando si conversa con qualcuno, quindi, è essenziale parlare con chiarezza e
con calore al suo cervello: se entriamo dall'ingresso preferenziale, troveremo la
sua disponibilità ad ascoltare tutto quello che abbiamo da dire.
La comunicazione
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Respirare racconta qualcosa di te. Il tuo modo di percepire e ricordare il mondo,
si legge anche attraverso il tuo respiro.
Un tono di voce acuto, con una respirazione polmonare alta e veloce,
segnala un accesso al canale sensoriale visivo.
Un tono di voce basso, con respirazione uniforme e dal torace, quasi
come fosse un metronomo che parla, indica un accesso al canale
auditivo.
Un tono di voce moderato, con una respirazione lenta e di pancia
(addominale), indica un accesso al canale cenestesico (emozioni,
olfatto, gusto, tatto). La presenza costante di questi indicatori, ti offre
preziose informazioni a proposito del modo in cui una persona fa esperienza della
vita. Chi respira con calma e ha un tono di voce moderato, ad esempio, farà
fatica a tenere dietro alla parlata spedita di chi ha una respirazione alta e veloce.
I pensieri di chi respira con la pancia si muovono più lentamente e hanno
bisogno di qualche secondo in più per essere formulati con precisione di
dettaglio. La percezione visiva, al contrario, accelera i tempi del pensiero, che si
compone più rapidamente in forme ed immagini.
La comunicazione
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Presentazione - Università degli Studi di Pavia