LUNEDÌ 8 SETTEMBRE 2014 ANNO 53 - N. 35
In Italia EURO 1,40
www.corriere.it
italia: 51575551575557
Milano, Via Solferino 28 - Tel. 02 62821
Roma, Via Campania 59/C - Tel. 06 688281
Servizio Clienti - Tel 02 63797510
mail: [email protected]
Del lunedì
Noè e altre figure bibliche
Gli inediti di Marc Chagall
Investimenti
Tassi zero: Btp, azioni e liquidità
La guida per guadagnare di più
Oggi
su
In mostra a Milano 22 opere mai viste
di Armando Torno alle pagine 28 e 29
www.abb.it
La fine di un’era, verso il divorzio. Sfogo del presidente: così Maranello diventerà americana
UN CENTIMETRO
E MILLE GIORNI
Ferrari, rottura in casa Fiat
di ANTONIO POLITO
Marchionne: Montezemolo non è indispensabile
ochi primi ministri
italiani hanno goduto delle eccezionali
circostanze di cui si
avvale Matteo Renzi. Più si
addensano nubi minacciose
sul nostro Paese, sulla sua
economia, sulla sua solvibilità, e più la mongolfiera del
consenso personale del leader vola in alto. Più gli economisti fanno fosche previsioni, dividendosi tra pessimisti e catastrofisti, e più gli
italiani si affidano all’uomo
che li chiama gufi, e che ai
loro convegni preferisce i
rubinettifici. La nostra situazione, un debito così alto
con un’inflazione quasi a zero, è pesante e alla lunga insostenibile, ma Renzi rivendica la sostenibile leggerezza dell’essere e del mangiare
gelati. In patria non ha alternative né oppositori; in Europa è pieno di imitatori,
come la scena dei blues
brothers socialisti, tutti in
camicia bianca ieri sul palco
di Bologna, ha plasticamente dimostrato; e l’apoteosi
della Festa dell’Unità (pur
senza Unità), derubrica a
broncio i mugugni tardivi
di un D’Alema.
Ma gli stessi italiani che
nei sondaggi premiano
Renzi perché gli riconoscono il piglio del vendicatore
anti-establishment, del fustigatore dei privilegi e dei
vecchi assetti di potere, si
dichiarano scettici sulle
misure che sta prendendo
per l’economia, non ritenendole le mosse giuste.
Matteo Renzi è insomma
entrato a buon diritto nel
cerchio magico dei leader
al Teflon, quei politici fatti
del materiale delle padelle
cui non si attacca lo sporco:
ciò non vuol dire che lo
sporco non ci sia.
E in effetti finora, nei duecento giorni già passati,
l’azione di governo non ha
dato i frutti sperati, come lo
stesso ministro Padoan ha
di recente riconosciuto. Le
due misure prescelte, il bonus di 80 euro e la riforma
del Senato, comunque le si
giudichi, di sicuro non han-
no provocato lo choc di cui
l’economia ha bisogno. Anzi, l’indice di fiducia delle
famiglie, dopo una prima
impennata, è da tre mesi in
calo.
L’orizzonte è diventato
quello dei mille giorni ma la
sensazione è di incertezza
sulla direzione di marcia.
Per quanto il premier annunci che non cederà di un
centimetro, non è chiaro da
dove. C’è al Senato la madre
di tutte le riforme, quella
del mercato del lavoro, annunciata ormai da gennaio,
che da sola potrebbe cambiare l’appetibilità del nostro Paese per gli investitori. Ma i segnali sono contraddittori, il linguaggio è
prudente, non si vede la determinazione necessaria
per liberarsi della giungla di
rigidità del nostro Statuto
dei lavoratori, e rendere finalmente più facile assumere, prima ancora che licenziare. Sulle privatizzazioni c’è stato un alt. Sulle
municipalizzate c’è stato un
vedremo. Sulla ristrutturazione della spesa c’è stato
un faremo. Sulla pubblica
amministrazione si alternano messaggi contrastanti,
prima si promettono 150
mila precari assunti nella
scuola, poi il blocco degli
stipendi per tutti gli statali,
poi lo sblocco per i soli statali in divisa. E anche quando si fa, come nel caso dello
sblocca Italia, si fa così poco
da rischiare un effetto boomerang sulle aspettative.
Questa sorta di limbo autorizza, soprattutto all’estero, il sospetto che in Italia ci
sia ancora chi prende tempo, nella convinzione che
prima o poi ci penserà la
Banca centrale europea con
un acquisto massiccio di titoli del debito pubblico,
nella speranza di risparmiarsi così scelte troppo
difficili e impopolari. Ma il
guaio è che, come in un circolo vizioso, più questo sospetto si diffonde e meno
Draghi avrà le mani libere, e
più Renzi le mani legate.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Strappo in casa Fiat. Alla Ferrari si sta per chiudere l’era del presidente
Montezemolo. Nella giornata del Gran Premio
d’Italia a Monza l’amministratore delegato di FiatChrysler, Sergio Marchionne, prima precisa
che l’avvicendamento a
Maranello «non è sul tavolo», poi aggiunge: «Nessuno è indispensabile».
Marchionne ha dato atto a
Montezemolo di aver fatto
un «grandissimo lavoro»,
ma «l’obiettivo Ferrari è
vincere. E questo non avviene dal 2008». Lo sfogo
del presidente: è la fine di
un’epoca, l’amara verità è
che la Ferrari ormai è diventata americana.
Giannelli
Il referendum
LA SCOZIA
INDIPENDENTE
CHE ORA
FA PAURA
di ANTONIO ARMELLINI
er la prima volta
dall’inizio della campa«Il governo scelga e agisca P
gna il pendolo dei sondaggi
si è spostato a favore della
separazione della Scozia dal
Basta con i gattopardi»
Regno Unito. Il margine è
«L’Italia è da sempre il Paese dei
Gattopardi: a parole vogliamo
che tutto cambi, ma solo perché
tutto rimanga com’è». A dirlo,
dal palco del Forum Ambrosetti
di Villa d’Este, sul Lago di Como,
è stato ieri Sergio Marchionne,
che ha consigliato al governo di
«agire, cominciando da tre cose per realizzarle e
poi passare alle tre successive» e al Paese di «fare
un esame di coscienza». L’amministratore delegato
di Fiat-Chrysler ha anche invitato la politica a
ripensare profondamente il rapporto tra Stato,
lavoratore e imprese: senza dover importare
modelli stranieri ma costruendo una «via italiana».
esiguo: 51 a 47%,
curiosamente simmetrico a
quello che solo pochi giorni fa
dava la stessa percentuale a
favore dei contrari
all’indipendenza. Da qui al 18
settembre i sondaggi
potranno cambiare ancora,
ma è evidente che quella che
era stata ritenuta una battaglia
soprattutto di bandiera, con
gli unionisti arroccati su un
vantaggio di oltre venti punti,
si è trasformata in una lotta
all’ultimo voto.
ALLE PAGINE 8 E 9
ALLE PAGINE 4 E 5
CONTINUA A PAGINA 31
Di Vico, Marro, Pica
A PAGINA 15 Farina, Roddolo
Il premier alla Festa dell’Unità: non accetto lezioni dai tecnici della Prima Repubblica. Il grazie a Bersani che si commuove
Il patto tra Renzi
e la sinistra Ue:
cambiamo l’Europa
Federica Mogherini, Alto Rappresentante europeo per gli Esteri designato, viene applaudita alla Festa dell’Unità di Bologna, da sinistra, dal segretario del Pse, il tedesco Achim Post, dal presidente del Consiglio italiano Matteo Renzi, dal leader
dei socialisti spagnoli Pedro Sánchez, dal premier francese Manuel Valls e dal leader olandese del Pvda Diederik Samsom
Due missionarie uccise in Burundi
A PAGINA 17 Bruno
www.abb.it
Carretto, De Rosa, Ravelli
La diocesi di Parma: le suore colpite a morte da uno squilibrato durante una rapina
Due missionarie saveriane italiane, suor Lucia Pulici e suor Olga Raschietti, sono state uccise nelle
scorse ore a Kamenge, un villaggio
in Burundi. A dare la notizia è stata
la diocesi di Parma, secondo la quale
le circostanze del duplice omicidio,
benché «ancora oscure», sarebbero
quelle di una rapina «da parte di una
persona squilibrata» finita nel sangue. Immediato il cordoglio della
Farnesina, accompagnato dalla richiesta che «le autorità del Burundi
chiariscano quanto accaduto».
L’amministratore delegato di Fca
AFP / VINCENZO PINTO
Poste Italiane Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 conv. L. 46/2004 art. 1, c1, DCB Milano
9 771120 498008
Barrì, Drusiani, Marvelli, Monti
Puliafito e Sabella nell’inserto
FORZA, ORGOGLIO E VANITÀ DI UN LEADER
P
40 9 0 8>
CorrierEconomia
Equivoci
Il caso
Quella resa
educativa
dietro gli slogan
sulla marijuana
E in Toscana
è scoppiata
la guerra
dei vigneti
di GIOVANNI BELARDELLI
di GIAN ANTONIO STELLA
A PAGINA 31
A PAGINA 21 con il commento di Luciano Ferraro
Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha chiuso
ieri — insieme al premier
francese e ad altri leader socialisti europei, con i quali
ha siglato il «patto del tortellino» per cambiare l’Ue
— la Festa nazionale dell’Unità a Bologna. Nel suo
discorso finale ha promesso
di «non mollare di un centimetro» sulle riforme e ha ribadito di non accettar lezioni da «tecnici cresciuti nella
Prima Repubblica, che continuano a sbagliare». Dal
palco il leader pd ha anche
ringraziato l’ex segretario
Pier Luigi Bersani, che si è
commosso ma ha rilanciato:
«Matteo non ha la bacchetta
magica».
Il retroscena
Cottarelli
avrebbe deciso
Addio vicino
ALLE PAGINE 2 E 3 Alberti
Il Commissario alla revisione
della spesa, Carlo Cottarelli,
si dice ottimista sulle
prospettive dell’operazione
varata dal governo con
l’obiettivo di recuperare
gran parte delle risorse
necessarie per finanziare il
rilancio dell’economia. Ma
appaiono sempre più
verosimili le indiscrezioni
su un suo possibile
abbandono dell’incarico.
Labate, Meli, Persivale
A PAGINA 5 Sensini
2
Primo Piano
Lunedì 8 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Il governo Il premier
Renzi: riforme, io non mollo
Patto del tortellino sull’Europa
ACHIM POST
55 anni, tedesco, è segretario
generale del Partito socialista
europeo. Ieri era sul palco
della Festa nazionale dell’Unità
a Bologna, nel giorno
di chiusura, insieme ai leader
della sinistra europea
(foto LaPresse)
DIEDERIK SAMSOM
43 anni, deputato olandese,
è leader del Partito laburista
(PvdA), di cui è capogruppo
in Parlamento. Ambientalista,
già schierato con Greenpeace,
è stato amministratore
di una piccola azienda
di energie rinnovabili
Il segretario con Valls e Sánchez sul palco: noi cambiamo la Ue
«No a lezioni dai tecnici cresciuti nella Prima Repubblica»
DAL NOSTRO INVIATO
I «critici» Da Cuperlo a Civati
Alla Festa
Da sinistra:
Pier Luigi
Bersani,
il segretario
provinciale del
Pd bolognese
Raffaele
Donini e la
eurodeputata
Simona
Bonafé ieri
durante
il comizio
di Renzi (Ansa)
E Bersani (citato)
si commuove in platea
«Però Matteo non ha
la bacchetta magica»
ROMA — La commozione di Pier Luigi Bersani placa le
inquiete acque del Pd e apre la via alla gestione unitaria.
Quando il leader comincia a parlare l’ex segretario è lì,
camicia bianca e giacca blu, a conferma che la «ditta»
viene prima di tutto. Proprio a lui, che da giorni spedisce
consigli non richiesti all’indirizzo di Palazzo Chigi, Renzi
dedica «un ringraziamento doppio» e una battuta
affettuosa: «A gennaio ci ha fatto prendere un bel
coccolone... Ma poi è tornato grintoso, anche troppo! Il
Pd è un partito plurale. Si litiga, ma poi si cammina
insieme». Bersani alza gli occhi al cielo e si vede che è
commosso, anche perché il premier ha sdoganato quella
libertà di critica che a lui sta molto a cuore. «Il Paese non
può raddrizzarlo una persona sola, fosse anche la più
brava — aveva detto arrivando —. Serve un collettivo che
funziona». E il governo, funziona? «La partenza è stata
incisiva, ma Renzi non ha la bacchetta magica». Quanto
alla segreteria plurale Bersani ci scherza su: «La parola
unitaria mi piace da matti, poi bisogna vedere cosa
significa». Gianni Cuperlo arriva con Pippo Civati per
chiudere con una foto a due l’incidente del mancato
invito: «La critica e il pluralismo non vengano letti come
un reato di lesa maestà.
Non c’è stato nessun
Emozione
invito. Ma confido molto
Pure Errani in lacrime nella festa sulla neve».
Battute e lacrime. Anche
quando il premier
Vasco Errani si commuove
lo loda per il passo
quando Renzi lo loda per il
indietro non richiesto passo indietro non
richiesto: «Questo popolo,
che è il tuo popolo, ha
stima e fiducia in te, che non verrà mai meno». Le
polemiche dei giorni scorsi finiscono in secondo piano.
L’argomento più insidioso, quello dell’uomo solo al
comando, lo disinnesca lo stesso Renzi, abile a sminare il
terreno su cui cammina. Dice che un segretario in
splendida solitudine «non può fare niente», conferma la
scelta della gestione unitaria e però ammonisce: «In un
partito del 41% nessuno può pensare di fare da solo, ma il
diritto di veto non c’è per nessuno. I due paletti sono
questi». Il leader apre e conferma l’intenzione di
nominare, venerdì, una segreteria unitaria. Ma i gufi
democratici chiudano il becco e i dissidenti non
intralcino le riforme. Questo il patto che Renzi propone a
Bersani, Cuperlo, Speranza e anche Civati, il quale però
medita di rifiutare l’abbraccio: «È il Renzi che
conosciamo. Non è che uno è irresponsabile se non entra
in segreteria, il Paese si può aiutare anche stando in
minoranza». Quindi non entra, onorevole? «Se arriva una
proposta articolata, la discuteremo». Tra i nomi in corsa
Leva, Campana, Amendola. Però i renziani non
escludono «sorprese». Dentro Area riformista la
riflessione non è chiusa. Roberto Speranza resta convinto
che la segreteria unitaria sia «la strada giusta», ma la
firma sotto l’accordo ancora non si vede: «C’è bisogno di
condividere un modello di partito, perché il Pd non può
essere il partito del governo e l’autonomia non è un tema
banale». La gestione unitaria si farà? «Chi non ha votato
Renzi entra se c’è lo spazio per dare un contributo vero.
Non si va a fare gli orpelli».
M.Gu.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
BOLOGNA — Cambia camicia a metà giornata dopo il primo bagno di folla (dall’azzurro
al bianco), e non solo per il sudore, pure copioso vista la temperatura equatorial-padana,
quanto per uniformarsi agli altri quattro leader progressisti (il
premier francese Manuel Valls,
il segretario del Partito socialista spagnolo Pedro Sánchez, il
capo dei laburisti olandesi Diederik Samsom e il segretario del
Partito socialista europeo, il tedesco Achim Post), che in camicia bianca si sono presentati alla
Festa nazionale dell’Unità, e ora
che pure Renzi si è messo in
bianco, fanno proprio una bella
squadra, con tanto di divisa e
l’obiettivo di trasformarsi un
giorno in un asse capace di arginare in Europa il diesel tedesco e le sue logiche rigoriste. È
lo stesso Renzi a dare il titolo:
«Il patto del Tortellino». E poco
importa che poi, a tavola da
«Bertoldo», il premier praticamente non tocchi il famoso
piatto bolognese e uno dei suoi
ospiti stranieri, per motivi di
salute, non vada oltre il brodino. Dettagli. L’importante era
rappresentare, anche plasticamente, quella che il ministro
Mogherini, futura Lady Pesc, ha
definito «una nuova generazione di leader europei»: gente che
vede in Renzi, alla luce del quasi
41% alle Europee, un punto di
riferimento (scatenato lo spagnolo Sánchez: «Che fortuna
per l’Italia avere un premier come Matteo!»), tanto da spingere
qualcuno a paragoni impegnativi con «la Terza via» di Blair.
Renzi rivolta come un calzino
il decennale copione della chiusura della Festa (dalle 11 alle 20
tra gli stand: altro che tradizionale comizio) e riempie di orgoglio l’anima di un Pd finalmente con le spalle larghe in
Europa: «Siamo il più grande
partito in ambito comunitario,
roba da brividi: se facciamo il
nostro mestiere, possiamo
cambiare in profondità le politiche del Vecchio Continente»
tuona dal palco, attorniato da
sei ministri e con la minoranza
(Bersani, Cuperlo, Civati) sparsa tra il pubblico. Ma è in casa
che si gioca la partita più complicata. L’economia boccheggia,
i sindacati mostrano i denti.
Nemmeno l’ironia stavolta sottrae il premier alla consapevolezza che la strada è in salita:
«Sono 30 anni che qualcuno ci
dice “preparatevi ad un autunno caldo”… Non sottovaluto le
difficoltà, siamo pronti a fare
❜❜
L’ironia
Ora basta con i gufi:
sono trent’anni
che sento parlare
di autunno caldo
❜❜
Il Quirinale
Ha sopportato una
campagna indecente
per aver dato una
mano agli italiani
scelte difficili e a prenderci le
responsabilità». E qui il tono
cambia: «Ma basta con i gufi,
con questa storia della luna di
miele che sarebbe finita: nessuno fermerà il cambiamento».
Renzi sente le critiche, ne soffre
e reagisce. Nel mirino finiscono
«quei tecnici cresciuti nell’ombra della Prima Repubblica, incapaci per 20 anni di leggere
Berlusconi e che ora ci raccontano che gli 80 euro sono un errore perché i consumi non sono
cresciuti. Sbagliano, gli 80 euro
sono un atto di giustizia sociale
prima che economica: non accettiamo lezioni». Schema collaudato: Renzi contro l’apparato, contro la palude burocratica
e salottiera. Sa di giocarsi tutto:
«In ballo – esclama — non c’è il
mio destino, ma quello del Paese». Anche per questo si copre
sul fronte interno dopo che nel
Pd hanno ripreso fiato le voci
critiche (D’Alema innanzitutto). Lancia un ponte alla minoranza interna («La nuova segreteria sarà unitaria»), riconosce
uno degli argomenti cardine
degli oppositori («Un segretario, da solo, non può fare nulla»). Ma pone due precisi paletti: «A nessuno spetta un diritto
di veto e se qualcuno cerca rivincite dovrà attendere fino al
2017». La prova del nove restano quelle riforme «da taluni
considerate inutili», ma che co-
stituiscono la ragion d’essere
del governo: «Non mollo di
mezzo centimetro. Anche se
con modifiche, sia quella elettorale che quella costituzionale
andranno avanti: dimostreremo che la politica sa decidere».
Una strada, butta lì, non casualmente, indicata dallo stesso
2011 e di prove tecniche di rivolta nel quartiere
San Giovanni, tra il mercato rionale e la sede
del Pd. Il fatto è subito rimbalzato sui social:
«Vederlo al primo spettacolo non ha prezzo!»
qualcuno ha twittato. E l’account ufficiale del
film — @tweetemartello — ha cinguettato
compiaciuto: «Ringraziamo il presidente
Napolitano per aver visto il nostro film».
presidente Napolitano, «che ha
sopportato una campagna indecente e indecorosa per essere
stato costretto a dare una mano
agli italiani». E poi c’è la scuola,
altra trincea. E qui Renzi affronta a modo suo alcuni dei totem
del Pd: «Il merito, il talento e la
qualità sono di sinistra» tuona.
Sbagliato pensare che la ricetta
passi da una riduzione dei salari: «Noi vigileremo sui 300 miliardi del piano Junker e controlleremo che i soldi della Bce
alle banche vadano a sostegno
delle imprese». Infine il capitolo delle primarie in Emilia Romagna, sfida tutta renziana tra
Stefano Bonaccini e Matteo Richetti (con Roberto Balzani come outsider). Il premier avrebbe gradito una soluzione diversa, ma abbozza: «Hanno fatto
un bel casino, l’importante è
che non litighino, sono bravi
ragazzi…».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Francesco Alberti
Il capo dello Stato in sala con la moglie Clio
Napolitano al cinema per il film di Zoro
Che Giorgio e Clio Napolitano siano da sempre
cinefili appassionati è cosa nota. I film amano
vederli in sala, come è successo ieri
pomeriggio, al cinema Quattro Fontane (poco
distante dal Quirinale e dal quartiere Monti):
hanno comprato il biglietto per vedere Arance
e martello, il film di debutto di Diego Bianchi,
alias Zoro — fresco del lancio a Venezia —, la
cronaca di una caldissima giornata dell’estate
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Forza Italia L’ex Cavaliere rilancia il dialogo dopo le accuse di Fitto. Intesa possibile con i dem su Consulta e Csm
Berlusconi ai falchi:
la nostra opposizione
è responsabile
ROMA — «Giovanni, dobbiamo accelerare sulla costruzione della coalizione
per le regionali. E farlo senza clamore.
Per cui, quando sarai a Cernobbio...».
Mancano poche ore all’intervento di
Renzi a Bologna. E ai giovani azzurri riuniti a Giovinazzo, che alle 11 di mattina
ascoltano la sua voce che arriva da un telefono, Silvio Berlusconi affida messaggi
del tipo «sto lottando per la libertà del
Paese che amo», «combatto per la mia
agibilità politica» e soprattutto — a mo’
di chiusura di ogni possibile dibattito
sulla successione — «sarò la vostra bandiera nonostante l’età».
Ma la missione più delicata di questa
domenica di inizio settembre, Berlusco-
ni la affida a «Giovanni». E cioè a Giovanni Toti. È al suo consigliere politico,
che ieri mattina sbarca a Cernobbio per
un dibattito a porte chiuse con Salvini
sul futuro del centrodestra, che l’ex premier chiede di cominciare a ricomporre
il puzzle della coalizione in vista della
prossima tornata di regionali, che comincerà con «l’antipasto» servito in Calabria ed Emilia-Romagna. E Toti si
muove di conseguenza. E così, durante
alcune pause del workshop Ambrosetti
disertato da Renzi, Toti getta le basi del
«cantiere». Prima si apparta con Maurizio Lupi, con cui inizia a parlare delle
«convergenze necessarie» tra Forza Italia
e Nuovo centrodestra, e soprattutto di
un incontro tra berlusconiani e alfaniani
da mettere in agenda dei prossimi giorni. Poi avvicina Salvini e Maroni, a cui
propone lo stesso schema. Toti sa benissimo, anche perché lo ascolta dalla viva
voce dei suoi interlocutori, che nel breve
periodo Ncd e Lega hanno delle difficoltà politiche a sedersi allo stesso tavolo.
Di conseguenza, come da mandato berlusconiano, propone a entrambi la strada dei «vertici bilaterali» con FI. Come a
dire, «prima componiamo gli accordi FINcd e FI-Lega, poi componiamo il puzzle del centrodestra».
Il risultato dei colloqui dev’essere stato positivo assai se è vero — com’è vero
— che in serata, ad Arcore, hanno cominciato ad accelerare le procedure di
convocazione della troika berlusconiana
(presieduta da Altero Matteoli, ma ne
Le regionali
Toti getta le basi del cantiere
per le regionali con il Nuovo
centrodestra da una parte
e la Lega Nord dall’altra
fanno parte anche Toti e Romani) chiamata a scegliere i candidati per le regionali. «Noi vogliamo l’accordo con Alfano. Ma vogliamo un accordo organico. O
si alleano con noi ovunque, o da nessuna parte», è il punto che sta in cima ai
desiderata di Berlusconi. Il resto lo si vedrà nei prossimi giorni, quando il calendario degli incontri tra FI e gli altri partiti del centrodestra sarà messo nero su
bianco.
E non è tutto. Il lavorio sulla ricomposizione del centrodestra è anche una risposta implicita alle richieste di Raffaele
Fitto, che insiste su quelle primarie che
ad Arcore — a meno che noi siano necessarie — non vogliono né vorranno.
Come non vogliono sentir parlare, almeno per ora, delle barricate contro Renzi.
D’altronde Berlusconi l’aveva chiarito
senza eufemismi già dal collegamento
telefonico mattutino coi i giovani forzisti. «Siamo opposizione responsabile».
Non a caso, i rumors che danno per imminente la chiusura di un accordo col Pd
per le elezioni dei giudici di Consulta e
Csm si fanno sempre più insistenti.
Tommaso Labate
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Lunedì 8 Settembre 2014
Primo Piano
italia: 51575551575557
3
✒
PEDRO SÁNCHEZ
42 anni, professore di Economia,
deputato, da luglio guida,
dopo la vittoria alle primarie,
il Partito socialista spagnolo:
a lui è affidato il compito
di rilanciare una formazione
in difficoltà
MATTEO RENZI
39 anni, presidente del Consiglio
da febbraio di quest’anno
e segretario del Pd
dopo aver vinto le primarie
di dicembre 2013.
È stato sindaco e presidente
della Provincia di Firenze
MANUEL VALLS
52 anni, socialista, a marzo
è diventato primo ministro
francese: l’incarico gli è stato
affidato da Hollande dopo
l’insuccesso dei socialisti
alle elezioni amministrative.
Prima ricopriva, dal 2012,
il ruolo di ministro dell’Interno.
Il 25 agosto ha presentato
le dimissioni: ha ottenuto
un nuovo incarico e il giorno dopo
è nato il governo Valls II
L’asse sulla camicia
Il potere è versatile
di MATTEO PERSIVALE
I
namidata divisa
(obbligatoria dal tardo
pomeriggio in poi) dei
gentlemen londinesi dell’era
tardo- vittoriana, capofeticcio di Frank Sinatra e dei
suoi amici nottambuli
nell’America a cavallo tra
Anni 50 e 60, relegata a
formalissimo capo da
cerimonia dagli anni 70 in
poi e sorpassata dalla
camicia azzurra, la camicia
bianca vive negli ultimi anni
una stagione di enorme
popolarità come capo
versatile da portare con o
senza cravatta, con o senza
giacca. E, per questo, subito
cooptata dai politici. È
infatti la nuova divisa
ufficiale degli eurodem dopo
l’apparizione di Matteo
Renzi, Achim Post, Diederik
Samsom, Pedro Sánchez
(l’unico in jeans) e Manuel
Valls insieme. A qualcuno è
venuto il dubbio che si
fossero messi d’accordo
prima, visto l’impatto di
quella foto di gruppo:
comunque sia, la camicia
bianca con il colletto aperto
(e senza bottoncini: il
tramonto della classica
button down) è ormai
patrimonio transnazionale
dei leader: eletti (come
Barack Obama) o non eletti
(come il principe William e il
vivace Harry). Il trucco è di
una semplicità disarmante:
lo dimostra Sánchez, che con
i suoi jeans, nel gruppo
risalta subito come quello
troppo casual. Gli altri
invece, tutti con scarpe nere e
pantaloni dell’abito scuro,
hanno capito che la camicia
bianca aperta (niente
inamidature da vecchio
notabile Dc a un battesimo
importante, ma deve essere
sempre ben stirata) permette
un semplice e efficace atto di
trasformismo: sfilata la
cravatta, basta togliere la
giacca, slacciare due bottoni
della camicia bianca e
rimboccare le maniche per
passare in pochi secondi
dalla divisa più formale che
c’è — da consiglio di
amministrazione — al look
giovanile da leader eurodem.
Dall’antica Roma in poi la
veste bianca (candida) è
quella del candidato alla
leadership. Renzi in camicia
bianca non piace a Giorgio
Armani («Adorabile, ma con
quella camiciola bianca...
non va bene fare del
giovanilismo in mezzo ai
signori in scuro, cosa vuol
provocare?») ma il vero
pericolo, dopo il patto del
tortellino, sono le macchie di
sugo sul popeline bianco.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
C.D.S.
L’agenda
L’incontro per i lavori
sulla legge elettorale
In settimana ripartono i
lavori sull’Italicum: già
domani forse Renzi
incontrerà, con il ministro
Boschi, la presidente
della commissione Affari
costituzionali del Senato
Finocchiaro. Alla Camera
giovedì riparte l’iter delle
riforme
I provvedimenti
dell’esecutivo
Per Renzi sarà una
settimana chiave anche
per i lavori parlamentari
sui provvedimenti del
governo. In Senato c’è il
disegno di legge Madia
per la riforma della
Pubblica
amministrazione e
anche il Jobs act, su
lavoro e contratti
La direzione pd
per la segreteria
Renzi sarà impegnato,
questa settimana, anche
sul fronte del partito:
giovedì è in calendario la
direzione del partito che
si confronterà sulla
proposta lanciata ieri dal
leader di una segreteria
unitaria. Venerdì i nuovi
vertici democratici
Alla messa del Papa
per i caduti delle guerre
Sabato il premier
è atteso a Redipuglia:
qui incontrerà papa
Francesco e parteciperà
alla messa che
il Pontefice celebrerà
in memoria dei caduti
di tutte le guerre.
Poi Renzi sarà a Bari
alla Fiera del Levante
Retroscena L’offerta ai bersaniani e dalemiani per archiviare i loro leader. I nomi di Leva, Manuela Campana ed Enzo Amendola
Segreteria unitaria per azzerare il passato
Il premier vuole la nuova generazione della minoranza, per un Pd più compatto
ROMA — «C’è un nuovo gruppo
dirigente, che non è più quello di
un tempo: non c’è nessun uomo
solo al comando». Parola di Matteo
Renzi, che per dimostrare plasticamente la veridicità di quel che dice
si presenta alla festa con i nuovi
leader del socialismo europeo: il
premier francese Manuel Valls e il
leader del Psoe Pedro Sánchez. Con
loro ci sono l’olandese Diederik
Samsom e il segretario generale del
Pse Achim Post. Indossano tutti la
camicia bianca e salutano sorridenti. La photo opportunity con loro
non è solo un messaggio all’Europa, dove il premier vorrebbe esportare un po’ di rottamazione. Ma è
anche un segnale interno, che gli
serve proprio per ribadire il concetto: «C’è un nuovo gruppo dirigente». Il che vale anche per l’Italia, e,
segnatamente, per il Pd.
Che cos’altro rappresenta se non
questo, anche l’altra foto, quella
che fa da copertina al libretto sul
successo elettorale delle europee,
che viene distribuito alla Festa? Lì
ci sono tutti i trentenni e i quarantenni del Pd, di qualsiasi corrente,
quelli che si presentarono alla conferenza stampa della vittoria. Una
nuova generazione, appunto.
Quella foto serve ad azzerare la
vecchia classe dirigente del Partito
democratico. A cui vanno i più sentiti ringraziamenti, è ovvio. Renzi
pronuncia i nomi dei segretari che
lo hanno preceduto e dedica un
doppio omaggio a Bersani, che pure lo ha criticato e continua a mostrarsi diffidente anche ora lì, sotto
il palco. È un grazie, che è un po’
come archiviare una pratica.
Ora c’è un «tempo nuovo». Talmente nuovo che il leader del Pd
non nomina nemmeno Massimo
D’Alema (assente alla Festa). È il
grazie di chi non vuole aprire nuove polemiche o inimicarsi i «vecchi» leader perché intende coinvolgere nella gestione del partito tutti
coloro che sono stati (o stanno ancora) con Bersani e D’Alema, ma
che appartengono a un’altra generazione. È a loro che il premier propone di entrare in una segreteria
unitaria in cui ognuno si «assuma
le proprie responsabilità». Lui per
primo, ma pure gli altri, perché «il
pantano delle correnti non è più
possibile». Non è più il momento
di perdersi in «beghe interne»: fuori c’è il Paese che ha bisogno del
«più grande partito d’Europa». E il
leader di quel partito ha vinto le
primarie, ha conquistato il 40,8 per
cento dopo la «botta elettorale»
delle politiche del 2013, e ora non
«può sottostare a veti».
Renzi sa bene che con un Pd unito sarà più facile far marciare i
provvedimenti lungo il percorso
parlamentare impervio del Senato,
dove la maggioranza è risicata. E
sarà più difficile per gli alleati del
Nuovo centrodestra dettare condizioni o per l’opposizione di Forza
Italia offrire il «soccorso azzurro»
in cambio di un occhio di riguardo
per Silvio Berlusconi.
E allora segreteria unitaria sia,
che «c’è bisogno di tutti»: quello
che Renzi offre ai bersaniani e ai
dalemiani è un patto generazionale.
«Non voglio dare spazio alle polemiche», aveva anticipato il leader
ai collaboratori prima di salire sul
palco per il suo comizio. E così è
stato. Anche se la convinzione del
premier è che «le polemiche di
questi giorni nei miei confronti
non hanno fatto altro che rafforzare
il nuovo profilo del Pd». Già. Da
una parte c’è il vecchio gruppo dirigente, dall’altra c’è Renzi «con chi
vorrà starci» e che, intanto incassa
gli elogi e gli apprezzamenti degli
altri leader del nuovo socialismo
Gli scenari
Le voci di un ricorso al voto,
sempre smentite. Ma in quel
caso molti oppositori interni
non sarebbero ricandidati
Le trattative
D’Alema assente ieri alla
Festa dell’Unità. I renziani
convinti che sarà il primo a
ostacolare le trattative
europeo.
I nomi degli esponenti della minoranza che potrebbero entrare
nella nuova segreteria unitaria circolano già: i bersaniani Danilo Leva
e Manuela Campana e il dalemiano
Enzo Amendola. Ma in realtà Renzi
preferisce tenere le sue carte ancora
coperte e lavorare sotto traccia per
raggiungere il risultato.
Per il leader del Partito democratico è un obiettivo importante, ma
sia chiaro, e Renzi lo dice senza
troppi giri di parole, che se vi saranno dei «no» lui andrà avanti lo
stesso, perché non è possibile porre veti per impedirgli di fare «ciò
che gli hanno chiesto gli elettori
delle primarie, prima, e quelli delle
europee dopo».
Quel che il presidente del Consiglio non dice, ma che da giorni si
vocifera, benché da lui più volte ufficialmente smentito, è che il premier non si farà logorare e che le
elezioni anticipate restano lì sullo
sfondo, anche se non volute e non
cercate. In quel caso quanti ostacolano Renzi otterrebbero solo di non
rivedere più, almeno per la maggior parte, il loro scranno parlamentare. Ma non è certo questo
quello a cui mira l’inquilino di Palazzo Chigi che anzi, per spronare il
partito, ricorda al Pd che le riforme
istituzionali e quella elettorale sono state esplicitamente richieste da
Giorgio Napolitano come condizione per accettare il bis al Quirinale.
Ora, come da costume, entreranno nel vivo le trattative per la segreteria unitaria e vi sarà chi cercherà
di opporsi in tutti i modi. «D’Alema
in primis», sostengono i renziani.
Ma anche a lui, come alla minoranza interna, è dedicata la kermesse
di ieri a Bologna. Una kermesse per
dire che il leader e il Partito democratico sono una cosa sola.
Maria Teresa Meli
A tavola Il premier Matteo Renzi e il leader del Psoe Pedro Sánchez da Bertoldo, storico stand della Festa dell’Unità a Bologna (Ansa)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
4
Primo Piano
Lunedì 8 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
La crescita La proposta
«Basta con l’Italia dei gattopardi»
Marchionne: clima ostile alle imprese
«Ognuno faccia un esame di coscienza. L’Irap è una tassa sul lavoro»
«Lo Stato deve dimagrire. Il governo agisca, cominci da tre cose»
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
CERNOBBIO — «Scegliete
tre cose, realizzatele, e poi passate alle tre successive». È il
consiglio «non richiesto» di
Sergio Marchionne al «governo
giovane e con un gruppo di
persone determinate a scardinare il sistema» impegnato
nella maratona dei Mille giorni
con una «to-do-list», una lista
di cose da fare, «che sappiamo
essere lunghissima». Il capo di
Fiat Chrysler è l’unico esponente della grande industria
chiamato a prendere la parola
nella terza e ultima giornata del
Forum Ambrosetti, sessione
per tradizione dedicata alla politica. Marchionne non va fuori
tema, alla vigilia della quota-
L’intervento
Boschi: «Il nostro compito
non è essere simpatici
Ma è di cambiare l’Italia»
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
CERNOBBIO — « Il compito del governo non è
quello di risultare simpatico qui a Cernobbio, o
altrove. Il nostro compito è di cambiare l’Italia».
Maria Elena Boschi si fa portavoce del governo
al Forum Ambrosetti dove è venuta a
confermare il cambio di passo, dallo «sprint
iniziale, alla maratona» dei Mille giorni. «Il
nostro dovere è fare le riforme — dice — non ci
sottrarremo, anche se siamo consapevoli che
corriamo il rischio di perdere le elezioni nel
2018».
Il debutto a Villa d’Este è stato preceduto da un
tormentone «verrà o non verrà?» durato l’intero
fine settimana poi accompagnato dal puntuale
gigantesco assalto di flash e telecamere al quale
lei sembra educatamente rassegnata. «Sono qui
perché ho fatto una valutazione diversa rispetto
al presidente del Consiglio. A volte può
succedere», taglia corto pur riconoscendo a
Matteo Renzi una scelta «coraggiosa».
Prendendo posto al banco dei relatori dice poi
come l’Italia non sia più il fanalino di coda per
la presenza di donne in posizioni apicali, in
politica e nelle aziende, almeno quelle a capitale
pubblico come Enel Eni e Poste dove il governo
ha voluto le tre presidenti Patrizia Grieco,
Emma Marcegaglia e Luisa Todini. Ma è
l’incarico in Europa alla titolare degli esteri
Federica Mogherini che proietta le «donne di
questo governo come figure di riferimento a
livello internazionale».
Pa.Pic.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
zione a Wall Street tiene a dire
che si sente italiano e indica le
tre zavorre di chi fa impresa: «Il
mercato del lavoro, la mancanza di certezza del diritto, la burocrazia». Ma per il governo
giovane e combattivo non ci
sono solo i consigli c’è anche
«l’invito di dimagrire, di asciugare la presenza dello Stato nella vita della gente e delle aziende. Il futuro dell’Italia — scandisce Marchionne — dipende
molto più dalla capacità di rimuovere gli ostacoli dai binari
più che da ulteriori ingerenze».
La ripresa e il lavoro si creano
«solo se i meccanismi sono efficienti e gli stimoli del mercato
sono forti». Un aiuto potrà venire dall’indebolimento dell’euro: «Facciamolo scendere
ancora a 1,10, aiuta le esportazioni, fa ripartire le fabbriche e
ci vorremo tutti più bene». Ma
l’Italia soffre perché «è stata
ferma per troppo tempo, alla
“seconda stazione”» di Tolstoj,
quel luogo dove si guarda ancora e solo al passato. Scriveva
l’autore russo ne «I Cosacchi»:
«Come sempre suole accadere
in un lungo viaggio, alle prime
due o tre stazioni l’immaginazione resta ferma nel luogo da
dove sei partito, e poi d’un tratto, col primo mattino incontrato per via, si volge verso la meta
del viaggio e ormai costruisce
là i castelli dell’avvenire».
Lasciare la seconda stazione
comporta delle responsabilità
individuali. «Noi italiani siamo
da sempre il Paese dei Gattopardi. A parole vogliamo che
tutto cambi, ma solo perché
tutto rimanga com’è. Ognuno
di noi, ogni individuo — dice
citando questa volta una poesia
di un anchorman dell’americana Cbs, Charles Osgood — deve
farsi un esame di coscienza e
decidere qual è il cambiamento
che vuole: il proprio o quello
degli altri». Tenendo presente
che il secondo «condanna la
società al ruolo di vittima».
Detto questo, restano le responsabilità pubbliche di un
sistema debordante quando
non serve e assente quando necessario, che «ha spostato la
gestione della vita lavorativa
dei suoi cittadini sulle azien-
La citazione di Tolstoj
Da «I Cosacchi»: «... in un lungo viaggio,
alle prime stazioni l’immaginazione
resta ferma nel luogo in cui sei partito,
poi d’un tratto si volge verso la meta»
Le slide
Marchionne ha corredato la relazione
con immagini molto apprezzate da
Padoan: «Devo farle i complimenti per le
bellissime fotografie che ci ha offerto»
de». Un «concetto da economia
socialista», che per Marchionne non tutela davvero i salari e
ci condanna (dati World Economic Forum) al 136esimo posto su 144 per efficienza del
mercato del lavoro, ultimi in
Europa e un gradino sopra lo
Zimbawe. «Una tassa come
l’Irap, che tutti considerano
iniqua ma continua a esistere, è
figlia di questa cultura anti industriale. Non si spiega altrimenti perché, in momenti di
disoccupazione drammatica,
s’imponga una tassa che cresce
in proporzione al numero di
persone impiegate».
È «inutile» che L’Italia pensi
al modello tedesco, meglio trovare la «nostra strada» smettendo di pensare «alle misure
di welfare come un mezzo per
riparare a posteriori i danni».
Anche il rapporto con le rappresentanze, infine, deve cambiare: «A oggi non esiste alcun
parametro affidabile per stabilire quale sindacato è rappresentativo e ha titolo per negoziare. Vi chiedo se questo è un
modo per dare certezza a
un‘azienda. E in un momento
delicato come questo, non possiamo più difendere un sistema
di tirannia della minoranza».
A stretto giro arriva le replica
della leader Cgil, Susanna Camusso: «Siamo assolutamente
d’accordo. Marchionne potrebbe intanto applicare il Testo
unico sulla rappresentanza che
dà la certezza delle regole».
Paola Pica
paolapica
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il commento
Il nuovo welfare? Deve cambiare, non copiare modelli
136
di DARIO DI VICO
Probabilmente quello di ieri sarà ricordato
come il discorso delle Isole Tonga per l’affermazione, paradossale ma non troppo, che è più facile fare impresa in Polinesia che in Italia. Sergio
Marchionne dopo il meeting di Rimini ha voluto
marcare la sua presenza anche a Cernobbio e ha
fatto l’en plein. E non solo per la lunga ovazione
che ha salutato la fine del suo intervento. Innanzitutto ha dato sostanza e adrenalina a un’edizione del workshop Ambrosetti che rischiava di
passare agli annali esclusivamente per le polemiche a distanza con il premier Matteo Renzi e
le rubinetterie bresciane. Poi l’amministratore
delegato della Fiat Chrysler ha avuto anche la capacità di riportare al centro della riflessione di
Villa d’Este l’economia reale, laddove nei giorni
precedenti avevano dominato ancora una volta
gli economisti-scenaristi e gli eurocrati di Bruxelles, entrambi restii ad appassionarsi di fabbriche e di tecnologie. Mancava la voce degli imprenditori e con Marchionne è finalmente arrivata, senza lesinare sui decibel. Per completare il
quadro varrà la pena ricordare che in questo settembre 2014 si discuterà in Italia di riforma del
lavoro, mezza Europa vigilerà sui tempi dell’approvazione parlamentare del Jobs act e Marchionne ha detto la sua. Ha invitato la politica a
ripensare profondamente il rapporto tra Stato,
lavoratore e imprese senza dover per forza importare questo o quel modello straniero ma tentando di costruire una via italiana alla flexicurity.
Per tentare di capire ancora meglio l’affondo
di Marchionne può avere un senso ricordare come diversi imprenditori in questo periodo cerchino di attirare l’attenzione sui mutamenti dei
cicli economici dopo la Grande crisi. Mi è capitato di leggere di recente un’intervista al capoazienda di una delle nostre multinazionali ta-
Posto su 144 Paesi La posizione
dell’Italia nella classifica dell’efficienza
del mercato del lavoro del World
economic forum citata ieri
dall’amministratore delegato di Fiat
www.corriere.it/economia
I video dei protagonisti su Corriere.it
Interviste sul lavoro, commenti sulle
ultime mosse della Banca centrale
europea e pareri sulle strategie
economiche dell’Italia. Sono tutti online
i video realizzati dai nostri inviati a
Cernobbio con le interviste ai
protagonisti del workshop Ambrosetti
nella tre giorni del think tank italiano a
cui hanno partecipato ministri,
economisti ed esperti di politiche
europee. Dal vicepresidente della
Commissione Ue per gli Affari
economici e monetari Jyrki Katainen
(nella foto) fino al commissario alla
spending review Carlo Cottarelli e la
presidente dell’Enel Patrizia Grieco.
Tutti i video e gli articoli di
approfondimento li trovate online su
Corriere.it nel canale web Economia.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
scabili che raccontava in maniera efficace di
“aziende stressate, ordini che arrivano all’ultimo o che all’ultimo vengono cancellati, continue modifiche tecniche, nuovi mercati che
esplodono all’improvviso costringendoci a rivedere le strategie”. E’ questo in sostanza l’ambiente economico in cui si andrà operare e
quand’anche la ripresa sarà arrivata avrà comunque queste caratteristiche. I cicli lunghi ce li
possiamo scordare e come ieri ha sintetizzato il
ministro Federica Guidi, anche lei presente a
Cernobbio: «Le aziende non hanno più un portafoglio ordini a sei mesi ma a sei giorni».
Ma ci sono oggi le condizioni per una riflessione di così ampia portata, come quella delineata da Marchionne? E il governo Renzi se ne farà
davvero carico a costo di aprire un nuovo fronte
polemico dentro il Pd e con la Cgil? Il top manager Fiat evidentemente pensa di sì, spiega che
non bisogna privilegiare la difesa statica del singolo posto di lavoro ma la persona favorendone
la mobilità sociale e la formazione perché – sia
chiaro a tutti - «noi non vogliamo lavoratori usae-getta ma persone coinvolte». Tutti concetti che
ricordano molto da vicino le eresie del giuslavorista Pietro Ichino, spesso sottovalutate dal mondo confindustriale. E non a caso l’amministratore delegato di Fiat Chrysler ha voluto ancora una
volta ricordare come «pur di riconquistare una
libertà di contrattazione» con i propri dipendenti l’azienda avesse deciso a suo tempo di uscire
da Confindustria. Chiudendo Marchionne ha aggiunto che da sei anni le attività italiane sono in
perdita e nonostante ciò non è stato chiuso nessuno stabilimento o licenziato nessuno e il motivo primo è che «siamo fondamentalmente italiani». Una frase che i suoi avversari non gli abboneranno facilmente. A cominciare da Roberto
Maroni che ieri sull’italianità della Fiat è stato
più caustico dei sindacalisti.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Lunedì 8 Settembre 2014
Primo Piano
italia: 51575551575557
5
L’arrivo Sergio Marchionne a Cernobbio per il workshop Ambrosetti
Il governo Il responsabile alla «spending review»: servono sanzioni per chi non risparmia
Cottarelli: possibili
20 miliardi di tagli
Il commissario
pronto a lasciare presto
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
Visti sul lago
Economia Il ministro Pier Carlo Padoan ieri a Cernobbio
Guidi
arriva
e parte
in elicottero
Nibali
e le
medaglie
d’oro
Peres:
Zuckerberg
più forte
di Lenin
Niente auto per il ministro dello
Sviluppo Economico, Federica
Guidi, che per arrivare a Cernobbio
ha scelto invece l’elicottero. Arrivata attorno alle 11, è ripartita poco
dopo le 14 sempre sullo stesso
velivolo giallo noleggiato per poter
tornare a casa a Modena subito
dopo l’intervento al workshop
Ambrosetti. Il noleggio è stato pagato personalmente dal ministro,
che è stata tra i politici più scortati
anche all’interno di Villa d’Este.
Per i 40 anni del workshop Ambrosetti la tradizionale cena di gala
ha visto la sfilata degli sportivi più in
vista del momento. Venerdì sera sono
saliti sul palco il vincitore del Tour de
France, Vincenzo Nibali, il campione
di basket Nba Marco Belinelli, dei San
Antonio Spurs, Gregorio Paltrinieri,
oro agli ultimi europei di nuoto negli
800 e 1.500 stile libero, Rossella Fiamingo, oro nella spada individuale ai
mondiali di Kazan, e gli Special
Olympics Christian Clemente (nuoto)
e Alex Montorfano (pallacanestro).
CERNOBBIO — «Venti miliardi di tagli
alla spesa pubblica si possono fare, perché
partiamo da una base di 700 miliardi, ma
bisogna andare oltre, guardare oltre il
2015. In questo contesto i mille giorni del
programma di governo sono un tempo
giusto». Il Commissario alla revisione della
spesa, Carlo Cottarelli, continua ad essere
ottimista sulle prospettive dell’operazione
dalla quale il governo si attende gran parte
delle risorse necessarie per finanziare il
rilancio dell’economia. Anche se appaiono
sempre più verosimili le indiscrezioni su
un suo possibile abbandono dell’incarico.
Al Tesoro spiegano che i 20 miliardi di
tagli già sul 2015 di cui ha parlato Renzi
pochi giorni fa in un’intervista non sarebbero comunque interamente affidati alla
spending review (dovrebbero includere
anche una rimodulazione della spesa attuale, segnatamente quella per gli incentivi
alle imprese). Tra pochi giorni Palazzo
Chigi e l’Economia definiranno con precisione gli obiettivi, ma la portata originaria
dei tagli non dovrebbe subire grandi rimaneggiamenti: circa 15 miliardi il prossimo
anno, che salirebbero a oltre 30 nel 2016.
«La revisione della spesa dovrà essere
un processo continuo. Non è una corsa
sprint, e nemmeno una maratona, piuttosto — dice Cottarelli — è una corsa a staffetta». Anche se il Commissario non svela
se passerà o meno il testimone. Lui ha
espresso il desiderio di tornare al Fondo
monetario, Renzi lo ha pregato di restare,
ma inseguito dai cronisti nei giardini di
Villa d’Este, a Cernobbio, Cottarelli dribbla
ogni domanda sul futuro. Secondo fonti
attendibili, tuttavia, il commissario sarebbe pronto a lasciare già questa settimana
per rientrare a Washington. Per i momento
preferisce parlare del suo lavoro attuale.
Invitando il governo ad alleggerire l’impianto normativo («Ci sono troppe leggi,
che fanno da veri e propri colli di bottiglia»), e suggerendo «sanzioni e controlli
per chi non rispetta i tempi di attuazione
dei provvedimenti». «Io dovevo fare il rapporto sulle municipalizzate per il 31 luglio.
Ci ho messo una settimana in più e mi è
dispiaciuto, — dice Cottarelli a Corriere Tv
—, ma se ci avessi messo sette mesi in più,
qualcuno avrebbe dovuto prendere provvedimenti».
Spending review Il commissario Carlo Cottarelli
Camera Laura Boldrini, presidente della Camera dei deputati
«La rivoluzione di un uomo può
fare più degli eserciti che uccidono
milioni di milioni di persone, un individuo come Mark Zuckerberg (fondatore di Facebook, ndr) può fare di più
di Lenin e Robespierre». L’accostamento è di Shimon Peres, Nobel per la
pace, discutendo del conflitto nella
striscia di Gaza: «Viviamo un’epoca in
cui si deve capire che governare vuol
dire essere al servizio dell’innovazione. La vera vittoria sarà la pace, tutte
le vittorie militari hanno vita breve e
la vittoria dev’essere politica».
Infrastrutture Il ministro Maurizio Lupi
I tagli definiti dal governo confluiranno
nella Legge di Stabilità del 2015, che secondo Padoan sarà «uno dei primi passi della
strategia dei mille giorni», di cui saranno
perno centrale le riforme. A cominciare da
quella del lavoro «perché la rimodulazione
del modo di creare occupazione ha un effetto “segnaletico” importante dentro e
fuori il Paese» dice Padoan, secondo il
quale se è vero che «c’è il problema delle
priorità», è anche vero che «più riforme si
sostengono a vicenda. Quella della pubblica amministrazione serve a quella del lavoro e a quella dei mercati, come la riforma
della giustizia civile contribuirà a migliorare l’ambiente in cui operano le imprese»
dice Padoan, replicando a chi accusa il
governo di aver messo troppa carne al fuoco o a chi gli suggerisce di scegliere pochi
obiettivi per volta e realizzarli, come fa
Il rientro
A giorni il possibile
rientro al Fondo
monetario
internazionale
l’amministratore delegato della Fiat, Sergio
Marchionne. Le riforme, secondo Padoan,
dovranno essere anche l’asse portante della
strategia europea per l’uscita dalla crisi,
insieme all’integrazione dei mercati, e alla
ripresa degli investimenti. Oltre al “fiscal
compact” sulla disciplina di bilancio, e
l’”industrial compact” su cui già si lavora,
«serve anche un “investment compact”,
sfruttando anche meccanismi finanziari
innovativi» dice Padoan. Che non lascia
Cernobbio senza aver prima riportato l’attenzione sul problema numero uno, il debito «di cui si parla poco, ma che si porta
via 84 miliardi di interessi l’anno». La discesa dello spread, che rende le cose più
semplici, dipende anche dal recupero del
merito di credito dell’Italia, «che non va
dato per scontato, ma va difeso ogni giorno», dice Padoan che boccia senza appello
le ipotesi di un piano shock per ridurre il
debito. «Fantasie, noi lavoriamo sulla valorizzazione degli immobili e delle partecipazioni, e sulle dismissioni».
Mario Sensini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Conti pubblici La formula delle minori uscite uguali per tutti finora ha dato i maggiori risultati
I ministeri si preparano alla dieta del 3%
Previste riduzioni di spesa per 7 miliardi
Vanno individuati ancora gli interventi definiti da Letta
ROMA — Tagliare la spesa dei
ministeri del 3%. È l’obiettivo annunciato qualche giorno fa dal presidente del Consiglio per dar corpo
ai 20 miliardi di euro di taglio della
spesa pubblica promessi sempre da
Matteo Renzi per il 2015. Oggi dovrebbero cominciare a Palazzo Chigi gli incontri tra lo stesso premier
e il ministro dell’Economia, Pier
Carlo Padoan, con i singoli ministri. Renzi infatti ha detto di non
voler imporre i tagli ai componenti
la squadra di governo, ma di volerli
coinvolgere nella scelta delle voci
di spesa da ridurre. Fermo restando
però il target di una diminuzione
delle uscite del 3%.
Se questo taglio si applicasse a
tutta la spesa pubblica (centrale e
locale), a conti fatti, escludendo le
spese per investimenti, quelle per il
personale e quelle per prestazioni
sociali (pensioni, assistenza, sanità, ammortizzatori sociali), si potrebbero realizzare al massimo 6
miliardi di euro. Dal totale di 806
miliardi di euro di spesa pubblica
prevista per il 2014 dal Def (Documento di economia e finanza) bisogna infatti sottrarre circa 84 miliardi per gli oneri sul debito pubblico, 164 miliardi per gli stipendi
dei dipendenti pubblici, 320 miliardi per le prestazioni sociali e 50
miliardi di spese in conto capitale,
cioè in investimenti. Tutte voci che
non può o non vuole tagliare. Restano appunto circa 190 miliardi. Il
3% fa 5,7 miliardi.
Considerando la sola spesa delle
«amministrazioni centrali», alle
quali i ministeri appartengono, si
parte da 353 miliardi al netto degli
oneri sul debito pubblico e delle
spese in conto capitale. Tolta la
spesa per il personale (94 miliardi),
restano 259 miliardi. Un taglio del
3% farebbe risparmiare circa 7 miliardi e mezzo. Sulla carta, quindi,
un terzo dei 20 miliardi di tagli
complessivi della spesa pubblica
chiesti da Renzi potrebbero arrivare dai ministeri. Ma i precedenti
hanno dimostrato quanto l’operazione sia difficile. È dal 2011 che si
cerca di ridurre la spesa ministeriale, possibilmente con tagli non lineari, ma selettivi, che colpiscano
cioè gli sprechi anziché tutte le voci
allo stesso modo. Fu l’allora ministro dell’Economia, Giulio Tre-
monti, con tre successivi provvedimenti a fissare gli obiettivi (10,7
miliardi nel 2012, 5 miliardi nel
2013 e 5 nel 2014, ai quali si aggiunsero altri 1,8 miliardi per il
2013 e 1,6 miliardi per i due anni
successivi). I singoli ministeri
avrebbero dovuto scegliere quali
voci tagliare. Se non lo avessero fatto, sarebbe scattata la clausola di
salvaguardia dei tagli lineari. Bene,
la Ragioneria generale dello Stato,
nel «Bilancio in breve» del 2013
spiega che le proposte di tagli selettivi avanzate dai ministeri coprirono all’incirca la metà della riduzione della spesa prevista, insisten-
Le spese delle amministrazioni pubbliche
In milioni di euro
Totale spese correnti
Totale spese in conto capitale
Totale spese al netto di interessi
Totale spese
2011
2012
2013
previsioni 2014
745.786
48.680
716.069
794.466
752.082
48.791
714.399
800.873
756.404
42.536
716.897
798.940
755.936
50.083
722.070
806.019
D’ARCO
do in particolare sul taglio delle
spese per il personale, in particolare indennità varie, vestiario, mense, equipaggiamenti, e sugli investimenti per i trasporti urbani ed
extraurbani. Insomma non proprio
tagli virtuosi.
Anche la legge di Stabilità 2014 e
il successivo decreto legge 4 dello
scorso gennaio (governo Letta)
prevedono un pacchetto di misure
(accorpamento strutture, tagli su
beni e servizi e sulle locazioni) per
assicurare una riduzione complessiva della spesa di 500 milioni nel
2014, 4,4 miliardi nel 2015, 8,9 nel
2016 e 11,9 a decorrere dal 2017. Di
questi risparmi fanno però parte 3
miliardi nel 2015, 7 nel 2016 e 10
dal 2017 da realizzare attraverso il
taglio delle agevolazioni e detrazioni fiscali se, entro il primo gennaio
2015, non saranno approvati provvedimenti tali da assicurare tagli di
spesa equivalenti. In attesa di tali
provvedimenti sono intanto disposte riduzioni delle spese dei ministeri di un miliardo nel 2015 e 1,2
miliardi dal 2016. Che però ancora
non sono stati individuate.
Enrico Marro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
6
Primo Piano
Lunedì 8 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Giustizia Il confronto
L’accusa di Davigo: crimini di strada?
L’emergenza forte è la corruzione
Il pm di Mani Pulite e la lentezza delle cause: troppi avvocati, serve il numero chiuso
La riforma
Il vice di Bruti Liberati
Dopo il Cdm
La riforma della
Giustizia, dopo
il via libera
del Consiglio dei
ministri, deve
Robledo:
la politica punta
al controllo totale
dei magistrati
DAL NOSTRO INVIATO
Sul palco Piercamillo Davigo ieri
durante il suo intervento al Workshop
Ambrosetti di Cernobbio (Newpress)
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
CERNOBBIO — Tocca a
Piercamillo Davigo, magistrato di Cassazione e memoria
storica di Mani Pulite, scuotere il forum Ambrosetti con il
richiamo a una grande emergenza del Paese, più trascurata nel dibattito sulle riforme:
la criminalità. Ma non quella
comune — molto più ridotta
di quanto non sia percepito
anche per l’enfasi dei media
sui fatti di sangue — ma quella organizzata e quella dei reati economici come corruzione, falso in bilancio e riciclaggio. E anche l’altro magistrato
presente a Villa d’Este, Raffaele Cantone, presidente dell’Authority anticorruzione,
non è tenero: «Gli imprenditori corrotti vanno trattati come i collusi con la mafia, Confindustria deve cacciarli via».
«La vera anomalia, oltre alla criminalità organizzata, è la
massiccia devianza delle classi dirigenti», denuncia Davigo. Sono d’accordo i due magistrati in prima linea oggi
come ieri: serve un salto culturale nella percezione del
pericolo e dei danni della corruzione. «Non c’è biasimo
della società, non c’è un costo
reputazionale nel commettere reati finanziari», spiega Davigo. «Quando Calisto Tanzi
fu condannato, si meravigliò:
“Ma come, mi tocca andare in
carcere?”. In Usa per il falso in
bilancio ti danno 10-20 anni,
invece da noi c’è una sorta di
amnistia per questi reati». C’è
un altro punto dolente: l’inadeguatezza delle norme penali e processuali, che fa sì
che la quota di detenuti per
reati finanziari sia dello 0,4%
contro una media europea del
4,1%. E questo nonostante i
danni siano molto più grandi
rispetto a quelli provocati
dalla «criminalità predatoria
da strada: le 45 mila parti civili nell’aggiotaggio Parmalat
erano 45 mila vittime che
chiedevano di essere risarcite.
E spesso avevano investito i
risparmi di una vita», mentre
nello scippo perdi al massimo
la pensione appena intascata.
Anche Cantone è duro: dagli anni 90 per la lotta alla corruzione «non si è fatto nulla.
Si è fatto finta che fosse stata
eliminata con le indagini». E
A Cernobbio
Cantone: gli imprenditori
corrotti sono come
quelli collusi con la mafia,
Confindustria li cacci
la situazione è peggiorata con
l’eliminazione del falso in bilancio e con la riforma costituzionale del titolo V (il federalismo): «È stato un danno
enorme perché ha moltiplicato i centri di spesa ed eliminato ogni sistema di controllo
sulla pubblica amministrazione», e da ultimo con la legge Severino che ha modificato
le norme sulla corruzione.
Eppure la preoccupazione
degli italiani sembra essere
ancora la criminalità comune,
nonostante il numero totale
dei reati in Italia sia del 4,89%
rispetto alla popolazione, meno che in Spagna (5,14%),
Francia (5,52%), Germania
(7,65%), Regno Unito
(8,78%). Anche gli omicidi
sono calati a quota 650, e
molti sono commessi all’interno della cerchia familiare.
Anche sul numero di dete-
nuti Davigo prova a fare chiarezza: in Italia ce ne sono
112,6 ogni centomila abitanti,
contro una media Ue di 127,7:
«Non sono troppi. Ciò che è
intollerabile è la gravissima
insufficienza dei posti disponibili, appena 45.700, il numero più basso d’Europa».
I dubbi dell’alto magistrato
sono anche sulla riforma del
processo civile: la promessa
di definire in un anno i procedimenti grazie all’arbitrato
potrebbe non avere successo
perché molte cause sono liti
temerarie promosse da chi
non ha interesse a chiuderle
presto. E la colpa — sostiene
— è anche dei «troppi avvocati. A Giurisprudenza servirebbe il numero chiuso, come
a Medicina».
Fabrizio Massaro
fabriziomassar0
ora passare
all’esame delle
Commissioni di
Camera e Senato
Il civile
La parte di
riforma civile,
che procede per
decreto, inciderà
sui processi
con l’obiettivo
di dimezzare
l’arretrato
in 3 anni
Scontri interni
Ci sono molti
punti della
riforma, come
le intercettazioni
e la prescrizione,
che sono
ancora oggetto
di divisioni
nei partiti di
maggioranza
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il lavoro della regista, l’indignazione dell’ex procuratore per il suo personaggio
Caselli e Guzzanti,
quei paladini
della «trattativa»
ai ferri corti sul film
Q
uella scena così beffarda non
ha potuto sopportarla. E perciò Gian Carlo Caselli ha
scritto una lettera furente e
puntigliosa al Fatto quotidiano per dire che la fiction di Sabina
Guzzanti nel film «La trattativa» è offensiva e bugiarda. Caselli fu raffigurato nel «Divo» di Paolo Sorrentino
come un tipo vanesio e fatuo che si
passa la lacca sulla sua chioma candida. L’ex capo della Procura di Palermo
ne fu ferito, ma incassò. Oggi in una
scena clou del film della Guzzanti appare come uno sprovveduto che si fa
abbindolare dai carabinieri di Mori
per non perquisire il covo di Riina. Un
oltraggio. Uno sfregio che viene da un
mondo che pure dovrebbe apprezzare
Caselli. Un’icona dell’antimafia messa
alla berlina da un film sui rapporti
«indicibili» tra mafia e Stato. Caselli
non poteva ingoiare un simile affron-
to. E sul Fatto di ieri lo ha dimostrato
con indignazione.
«Gentile direttore», ha scritto Caselli, «raccontare con tecnica da “cabaret” la pagina grave e oscura della
mancata sorveglianza (certamente
non addebitabile alla Procura) e della
conseguente mancata perquisizione
del covo di Riina è offensivo e non
può cancellare né far dimenticare gli
importanti positivi risultati ottenuti
in quei sette anni di duro e pericoloso
lavoro degli Uffici giudiziari palermitani, in stretta collaborazione con le
forze di Polizia». E qui Caselli elenca
con meticolosa completezza i colpi inferti alla mafia negli anni della sua gestione della Procura di Palermo: i boss
arrestati, i processi conclusi, i beni
confiscati. Anche le indagini su Dell’Utri e su Andreotti, che pure hanno
suscitato molte controversie ma che
rappresentano altrettanti fiori all’oc-
chiello di un’attività giudiziaria che
invece viene presentata dal «cabaret»
della Guzzanti come un addensarsi di
ombre, una sequenza di cedimenti
che avrebbe inquinato e macchiato
tutti gli anni della cosiddetta Seconda
Repubblica. Una visione estremista e
oltranzista che Caselli non può accettare e far passare sotto silenzio, se non
correndo il rischio di veder appiattita
e misconosciuta tutta la sua attività di
contrasto alla mafia.
Un rischio troppo grosso. Caselli
credeva forse che nel mondo del Fatto, l’organo di stampa che ha fatto
della cosiddetta trattativa Stato-mafia
un cavallo di battaglia, un dogma, il
momento centrale del romanzo criminale che avrebbe fagocitato la politica italiana, lasciando sola la Procura
palermitana nella guerra santa del Bene contro il Male, Caselli credeva dunque che la reputazione sua e degli uffici giudiziari palermitani da lui diretti
per ben sette anni sarebbe stata difesa.
E invece nell’intervista-spettacolo che
Sabina Guzzanti ha dato a Marco Travaglio durante la festa del Fatto a Marina di Pietrasanta, il condirettore del
giornale, mandata sullo schermo la
scena in cui Caselli si fa manovrare dai
«trattativisti» che non vogliono perquisire il covo di Riina, ha derubricato
il tutto a mera «licenza poetica»: giusto un colore un po’ più acceso per dare pregnanza spettacolare e narrativa
ai fatti della storia. Troppo poco, deve
aver pensato Caselli. Il quale, negli ultimi tempi, ha pure avuto qualche
Docufiction
Al Festival
La Trattativa di Sabina
Guzzanti è stato
presentato fuori concorso
mercoledì a Venezia.
Docufiction sul presunto
patto tra Stato e mafia,
alterna immagini
di repertorio con messe
in scena con attori
La polemica
Il film, già al centro
di polemiche, è stato
criticato da Gian Carlo
Caselli: «Offensivo»
(sopra, una scena: al centro,
seduto, l’attore Michele
Franco nei panni di Caselli;
accanto, Ninni Bruschetta
nella parte di un pm)
motivo di attrito con il mondo della
sinistra di cui la Guzzanti, prima ancora del Fatto, è espressione. L’attrito
per l’inchiesta sui No Tav e per la scelta di Magistratura democratica di
pubblicare sull’agenda 2014 uno
scritto di Erri De Luca troppo «tenero»
con la deriva violenta di una parte del
movimento. L’attrito, negli ultimi
giorni, quando Caselli ha ricordato il
silenzio degli intellettuali compiacenti mentre la magistratura combatteva
contro il terrorismo. Attriti, peraltro,
compensati dall’appoggio che Caselli
ha ricevuto dal Fatto
nella polemica che lo
ha contrapposto a Pietro Grasso appena eletto presidente del Senato. Ma che però non
hanno cancellato le
tensioni che il tema
della eventuale, problematica, immaginata
trattativa Stato-mafia
ha generato, soprattutto quando la polemica con il presidente della Repubblica si è fatta incandescente. Ora il «cabaret» offensivo della
Guzzanti, che chissà quali brecce di
sospetto aprirà tra gli spettatori più
inclini a far propri gli assunti della fiction guzzantiana, più ardentemente
certi della veridicità delle presunte
nefandezze della ignominiosa «trattativa». Uno strappo. Un’offesa. Non c’è
concordia tra le forze del Bene.
Pierluigi Battista
© RIPRODUZIONE RISERVATA
PIETRASANTA (Lucca) — È in
corso «una manovra che tende al
controllo totale della
magistratura», un’azione a tenaglia
del potere politico che minaccia
l’indipendenza della magistratura
e che approfitterebbe delle mosse
del Presidente della Repubblica,
mettendo in pericolo la
democrazia e la stessa libertà degli
italiani. È la tesi di Alfredo
Robledo, il procuratore aggiunto di
Milano protagonista da mesi di
uno scontro al calor bianco senza
precedenti con il capo dell’ufficio
Edmondo Bruti Liberati.
Prepensionamento dei magistrati e
aumento del potere nelle mani dei
procuratori capo sono a parere di
Robledo le due ali di una strategia
che vuole limitare l’indipendenza
del potere giudiziario
sottomettendolo a quello politico.
«Sembra quasi che il
prepensionamento sia solo una
questione sindacale», dice
Robledo intervenendo a Marina di
Pietrasanta
alla festa del
Fatto
quotidiano.
Invece,
dietro la
decisione di
anticipare a
70 anni il
limite d’età
per i
magistrati in
servizio, si
A Milano Alfredo
nascondereb
Robledo, 64 anni,
procuratore aggiunto be una
precisa
volontà di far «saltare la struttura
direttiva della magistratura»
italiana per sostituirla con una
meno impermeabile alle pressioni
della politica. Una scelta che
potrebbe incorrere nei rigori della
Corte di giustizia europea, che ha
già condannato l’Ungheria che nel
2011 fece una cosa analoga che era
stata «bocciata anche dalla Corte
costituzionale ungherese» perché
«contraria al principio di
amovibilità dei magistrati e
discriminatoria». A selezionare i
nuovi capi sarà un Csm in cui i
membri togati sono l’espressione
della «degenerazione delle
correnti» mentre quelli laici, dopo
l’accordo del Nazareno RenziBerlusconi, «saranno nominati dal
potere della maggioranza politica».
Robledo è convinto che per
ottenere l’incarico i candidati alla
guida degli uffici giudiziari
dovranno «sottoscrivere una
cambiale che poi sarà presentata a
pagamento chiedendo conto
dell’aiuto che è stato dato loro». A
«chiudere il cerchio» c’è la
gerarchizzazione delle procure.
Non parla della sua vicenda, ma si
richiama ad essa quando fa
riferimento alla «interpretazione
suggerita dal capo dello Stato» sul
ruolo guida dei procuratori che
sarebbe stata «accolta dal Csm
andando contro tre sue
disposizioni precedenti». Gli
applausi scrosciano quando fa
notare che sono stati i giornali a
parlare di «pressioni evidenti»
sulle «commissioni del Csm che
hanno cambiato le loro
conclusioni dopo l’intervento
fantasmagorico del capo dello
Stato».
Giuseppe Guastella
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Lunedì 8 Settembre 2014
italia: 51575551575557
7
8
Primo Piano
Lunedì 8 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Il Lingotto Il gruppo
Sergio Marchionne
e Luca di Montezemolo
Ferrari, il giorno del divorzio
Si chiude l’era Montezemolo
Marchionne: «Nessuno è indispensabile, non vinciamo dal 2008»
MILANO — Fosse andata
in un altro modo, chissà, la
partita non si sarebbe riaperta
ma la soddisfazione di tornare
a sfilare a Monza (per l’ultima
volta) da protagonista non
gliela avrebbe tolta nessuno.
Al Gran premio d’Italia protagonista lo è stato comunque
Luca Cordero di Montezemolo e non per le Ferrari, che
hanno chiuso la gara una fuori pista l’altra al nono posto. A
tenere banco è stato l’accavallarsi delle voci sull’addio del
presidente della Ferrari dopo
23 anni passati a Maranello.
Mentre le macchine erano
in pista per il warm-up, da
Cernobbio l’amministratore
delegato di Fiat-Chrysler, Sergio Marchionne, ha mandato
segnali piuttosto chiari in
quella direzione. Il manager
ha prima precisato che l’avvicendamento a Maranello
«non è sul tavolo», poi però
ha aggiunto un «nessuno è
indispensabile» che non richiede certo grandi sforzi interpretativi. Marchionne non
l’ha comunque lasciato cadere
lì. «Ogni ceo (corrispettivo
anglosassone del nostro amministratore delegato, ndr)
— ha spiegato — è al servizio
del consiglio di amministrazione». Lui stesso si considera
«essenziale, ma sono comunque al servizio dell’azienda».
E non ha mascherato un certo
fastidio per le parole con cui il
giorno prima Montezemolo
ha cercato di mettere a tacere
le indiscrezioni su una sua
imminente uscita da Mara-
nello. «Ho dato la mia disponibilità a marzo agli azionisti,
alla gente della Ferrari a cui
sono molto legato, per un impegno per altri tre anni» aveva
detto il presidente del Cavallino, sciorinando risultati e
programmi futuri. «Io e Luca
Cordero di Montezemolo —
ha ribattuto Marchionne —
siamo grandissimi amici ma
quando ho letto le dichiarazioni, ho pensato che sono
cose che non avrei mai detto
Il cambio
Il manager secondo
molti potrebbe essere
il futuro presidente
di Alitalia
su me stesso». Poi ha spiegato: «Ferrari è una società che
fa capo alla galassia della Fiat.
L’abbiamo fatta gestire da Luca per un periodo per due ragioni: prima, per l’indipendenza della Ferrari. Anche riguardo al prodotto e al posizionamento della Ferrari sul
mercato era importante che si
separasse dalla Fiat. Detto
questo, lo è per me e lo è per
lui come per tutti gli altri: noi
siamo al servizio dell’azienda,
quando l’azienda cambia idea
o per lo meno non c’è più la
convergenza di obiettivi le cose cambiano». La seconda ragione è la gestione sportiva,
ha proseguito Marchionne, il
quale ha dato atto a Montezemolo di aver fatto un «grandissimo lavoro» sui risultati
economici e i volumi, «gli faccio i miei complimenti», però
«l’obiettivo di Ferrari è quello
di vincere — ha ricordato il
manager —. Vedere da anni la
Ferrari in queste condizioni,
avendo i migliori piloti, box di
una qualità eccezionale, ingegneri che sono veramente
bravi e vedere che non vinciamo dal 2008 no, non si può».
Da troppi anni le rosse sono
finite in un cono d’ombra.
A Maranello, dunque, si sta
per aprire una nuova era. E
forse anche per Montezemolo, da più parti dato come
probabile nuovo presidente di
Alitalia. Non è escluso che la
sua uscita arrivi in contemporanea con la nomina al vertice
della compagnia di bandiera
finita nell’orbita di Etihad. Il
manager bolognese è stato legato alla famiglia Agnelli da
vincoli strettissimi. Era l’ombra dell’Avvocato, è stato vicino a Umberto in Fiat e quando
questi all’improvviso è venuto a mancare, e la famiglia si è
vista costretta a chiudere i
rapporti con l’allora amministratore delegato Giuseppe
Morchio, si rivolse a lui dandogli piena fiducia e la presidenza del Lingotto. Che John
Elkann, a quell’epoca vicepresidente, si riprenderà ad aprile del 2010, riservando comunque a Montezemolo un
posto in consiglio. Il salvataggio prima e poi i nuovi piani
per Fiat-Chrysler, che hanno
portato a un rafforzamento
della proiezione internazionale del Lingotto, che il prossimo 13 ottobre verrà suggellata dal debutto a Wall Street
della nuova Fca, hanno segnato la svolta. Quando ad agosto
si è trattato di individuare il
nuovo consiglio d’ammini-
strazione per Fca, nell’elenco
dei nomi quello di Montezemolo non c’era. Le regole di
corporate governance americane richiedono una forte indipendenza del board e il presidente della Ferrari, controllata al 90% dalla Fiat, non ha i
requisiti richiesti.
Gli Stati Uniti sono un mercato fondamentale per Maranello e agli investitori americani oggi Marchionne non
può raccontare certo di una
Ferrari vincente. Il che stona
con la filosofia del manager.
L’attesa adesso è per il consiglio d’amministrazione convocato giovedì prossimo a
Maranello. L’uscita di Montezemolo «non è sul tavolo»,
come ha detto Marchionne,
ma ci saranno i conti semestrali del Cavallino. Dopo
questo weekend non si può
però escludere un’accelerazione.
F. D. R.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
La squadra Dopo Monza
F1, che cosa può
cambiare a Maranello
MONZA — Monza, provincia di Cernobbio. Al giro 29 del Gp
d’Italia accadono due cose destinate a cambiare la storia minima
e quella massima delle corse (e non solo di quelle): Fernando
Alonso parcheggia la sua Ferrari sulla ghiaia e Sergio Marchionne sfiducia il presidente della Rossa Luca di Montezemolo. E le
critiche più dure arrivano proprio per i risultati sportivi degli
ultimi anni, nonostante nessuno nel Circus abbia vinto quanto
Montezemolo (14 titoli da presidente, 5 da direttore sportivo).
Di fronte al proprio pubblico, la Ferrari non potrebbe mostrarsi
più disarmata tecnicamente e disorientata politicamente. Domanda diretta al nuovo team principal Marco Mattiacci: questi
scontri al vertice fanno bene all’immagine della Ferrari? «Io so
che non fa bene avere una macchina fuori e una nona. Commenti alle frasi di Marchionne? Io sono qua per riportare il team
al top. Abbiamo trovato un metodo di lavoro e un’unità». Ecco,
appunto: e ora che succede? Mattiacci avrà il tempo di andare
avanti? Non cambierà nulla fino
alla conclusione di questa stagione
(fine novembre), agitata da un
Al Gran premio
terremoto dopo l’altro: la prima
Mattiacci: «Io so che
scossa l’ha data proprio Montezenon fa bene avere
molo con l’avvicendamento, ad
aprile, di Stefano Domenicali (che
una macchina fuori
formalmente si è dimesso con
e una nona»
l’accordo del presidente). La logica
ora vorrebbe che al sostituto Mattiacci fosse dato il tempo per ricostruire, ma a questo punto non ci sono certezze. Mattiacci è
stato scelto da Montezemolo, ma è gradito anche a John Elkann.
Infine, qualche ripercussione ci potrebbe essere anche sul
fronte dei piloti. Fernando Alonso (che ha un contratto blindato
fino al 2016, se ne può andare solo col consenso della Ferrari o
se smette di correre) e che da mesi sta discutendo del rinnovo,
ha negato che la sua situazione possa essere influenzata dall’uscita di Montezemolo. Però i piloti sono uomini e l’incertezza
potrebbe anche far venire qualche ripensamento. «Il futuro di
Alonso? Siamo legati fino al 2016 — commenta Mattiacci —,
anche lui sa che per tornare al top dobbiamo attraversare momenti difficili come questo, di ricostruzione e normalizzazione
del team». Ecco, è proprio la normalizzazione che ora appare
lontana.
Arianna Ravelli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Lunedì 8 Settembre 2014
Primo Piano
italia: 51575551575557
9
La replica Il presidente: «Questo è stato l’anno record, siamo il marchio più forte al mondo»
Lo sfogo di Luca: fine di un’epoca,
l’amara verità è che così
la fanno diventare americana
Le tappe
Recesso
Il marchio
Ferrari
Fino al 6 ottobre
Fiat pagherà
agli azionisti
che hanno esercitato
il diritto di recesso
463,6 milioni di euro
90%
Fiat spa
10%
Quotazione
Piero Ferrari
Il bilancio 2013
+5%
2.035
Il fatturato
a 2,3 miliardi di euro
consegne
negli Stati Uniti,
+9% rispetto al 2012
+5,4%
677
L’utile netto pari
a 246 milioni di euro
Miliardi di euro
la posizione
finanziaria
industriale netta
Consegne in Italia,
mercato che ormai
rappresenta meno
del 3% delle vendite
mondiali Ferrari
Le vetture omologate
a 6.922 unità
Vetture vendute
nel 2013
2012
Alfa
Romeo
Previsioni vetture
vendute per il 2018
-370
2013
7.270 6.900
7.000
A fine ottobre ci
sarà il consiglio di
amministrazione
Fiat in cui si parlerà
anche del possibile
aumento di capitale
205
-5,4%
Ferrari
Consiglio
Vetture consegnate
in Gran Bretagna,
primo mercato
europeo del gruppo
1,36
Riduzione voluta della produzione di auto
per mantenere l’esclusività del marchio
previsioni 2018 (ma i volumi possono salire a 10.000 auto l’anno)
74.000
Chrysler
Dodge
400.000
350.000
Piano
Portata a casa
la quotazione
a Wall Street,
l’amministratore
delegato si dedicherà
al piano industriale
Gruppo
Ferrari fa parte della
galassia Fiat. Il
Lingotto ne controlla
il 90% mentre
azionista con il 10%
è Piero Ferrari
800.000
Uscita
596.000
600.000
1.500.000
1.900.000
Fiat
Jeep
Fiat-Chrysler
punta a debuttare
in Borsa a Wall
Street il 13
ottobre, Columbus
Day americano
732.000
1.900.000
Maserati 15.400
75.000
Luca Cordero di
Montezemolo nei
giorni scorsi aveva
dato la sua
disponibilità per
rimanere alla guida
della Ferrari
MILANO — È un addio amaro. Le parole di Sergio Marchionne non lasciano
margini di incertezza. Luca Cordero di
Montezemolo tuttavia sente di non avere le responsabilità che si vede attribuire. È amareggiato, il presidente della
Ferrari, racconta chi ha raccolto il suo
sfogo. Essere messo alla porta perché da
sei anni il Cavallino Rampante non riesce a conquistare il titolo mondiale della
Formula 1, brucia. Quando nel 2000 Michael Schumacher riuscì a conquistare il
suo primo titolo, ricordava ieri, «erano
21 anni che Maranello non vinceva un
campionato mondiale. La Mercedes l’ultimo lo ha vinto nel 1955».
Scorrendo il nastro dei 23 anni alla
guida della Ferrari, di cui il manager bolognese è stato anche direttore sportivo,
si trovano 14 titoli mondiali, di cui 8 costruttori, e 118 vittorie nei Gran premi.
Ieri Montezemolo il film lo ha ripercorso
per intero. Con grande dispiacere perché
a fare da sottofondo c’erano le parole di
Marchionne che rimbalzavano da Cer-
I conti
Giovedì il consiglio
del gruppo di Maranello
si riunisce per l’esame
dei conti semestrali
pendenti, come vogliono le buone pratiche delle grandi corporation, lo ha
escluso. Come presidente Ferrari non
aveva i requisiti. Chi lo conosce bene
racconta che la decisione di lasciarlo
fuori, «estromesso senza nemmeno una
parola di ringraziamento», sia all’origine della frattura. Giovedì scorso era atteso a Villar Perosa alla festa per i 10 anni
di matrimonio di John Elkann e Lavinia
Borromeo. Non si è visto.
In cuor suo Montezemolo il capitolo
lo ha già chiuso. «È finita un’epoca» ha
confidato, «la verità è che ormai la Ferrari è americana». E qui è partito un’altro
spezzone del film, in cui il manager racconta di quando l’Avvocato Agnelli comprò la Ferrari per tenerla in Italia ed evitare proprio che finisse nelle mani degli
americani. La voleva la Ford.
Ora, con la quotazione a Wall Street e
la sua uscita da Maranello, ha detto di te-
2005 Luca Cordero di Montezemolo in una foto del 2005 con Allegra (a sinistra) e Susanna Agnelli
nobbio. La durezza dei toni l’ha scosso.
«Ingenerose» le avrebbe definite. Insieme al film degli anni a Maranello nella
testa di Montezemolo ieri scorreva in realtà tutta la sua storia, legata a doppio filo alla Fiat e alla famiglia Agnelli. E nei
racconti c’era commozione. Ha ricordato
quella drammatica domenica di maggio
del 2004. Non erano stati ancora celebrati i funerali di Umberto Agnelli che
l’allora amministratore delegato del Lingotto, Giuseppe Morchio, tentò con una
manovra di prendersi l’azienda. Fu messo alla porta e Susanna Agnelli chiese
senza esitare a Montezemolo di assumere il comando. In uno dei momenti forse
più difficili per la Casa torinese. Era persino a rischio la sopravvivenza del gruppo.
Ci resterà fino al 2010 lasciando il timone a John Elkann che però gli riservò
un posto nel consiglio di amministrazione della Fiat. Un posto che non è stato
confermato nella nuova Fca, la società
che nascerà dalla fusione tra Fiat e Chrysler e che il 13 ottobre debutterà a Wall
Street. L’obbligo di dotare il nuovo board
di un certo numero di consiglieri indi-
❜❜
L’uscita dal consiglio
Estromesso dal consiglio
di Torino senza
nemmeno
un ringraziamento
❜❜
Il ritorno sul podio
Quando arrivai nel 2000
erano ventun’anni che
non vincevamo
un titolo mondiale
mere che la Ferrari possa «diventare come la Lamborghini». Certo, guardando
agli investitori americani, e non solo, la
Ferrari rappresenta un indubbio atout
per la nuova Fca avviata sulla strada della Borsa. È l’oggetto dei desideri per eccellenza, «il marchio più conosciuto al
mondo» ricordava il manager, confessando che non sarebbe sorpreso se alla
fine fosse Marchionne a diventare presidente della Ferrari.
Le logiche di business che dominano
il mondo Fiat le conosce bene Montezemolo. Ovvio. Ma fatica ad adattarle a una
storia fatta soprattutto di passione e
sentimenti. Anche di risultati economici, certo. In questo non è così distante da
Marchionne. E forse è uno dei motivi
dell’amarezza confessata agli amici per
un «divorzio che si consuma nell’anno
record per i conti della Ferrari». Giovedì
prossimo il consiglio esaminerà il resoconto semestrale della gestione. Potrebbe essere il momento dell’addio. Che è
scontato, sebbene lui le dimissioni non
le abbia date. Un accordo si troverà.
Federico De Rosa
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Retroscena Il debutto sul listino americano della società nata dalla fusione Torino-Detroit è previsto per il 13 ottobre
La strategia del Lingotto: un Cavallino vincente, anche a Wall Street
La scelta in vista della quotazione
del gruppo Fiat-Chrysler negli Usa
A Cernobbio Sergio Marchionne si presenta senza
alcuna ambizione politica e
senza la presunzione di parlare a nome di tutti gli industriali italiani, ma come il
capitano di una multinazionale con l’orgoglio di
un’italianità che sente profondamente. Al pari di tutti
gli emigranti che hanno lasciato il nostro Paese negli
Anni 60, quando, dopo i sacrifici della guerra, si assisteva ad un momento di rilancio economico e di entusiasmo per il recupero degli
anni perduti, Marchionne
vuole ritrovare quell’energia, quella volontà e quella
forza che avevano consentito agli italiani di rialzarsi e
lavorare per la crescita del
loro Paese. Al forum Ambrosetti si è limitato a parlare da uomo che fa impresa,
che vede, in Italia, due grandi problemi: la mancanza di
occupazione e l’assenza di
investimenti, soprattutto
dall’estero. Ha semplicemente chiesto allo Stato di
fare lo Stato. In primo luogo
invitandolo ad asciugare la
sua presenza nella vita della
gente e delle imprese, in secondo luogo a non scaricare
solo sulle aziende la gestione della vita lavorativa dei
suoi cittadini né a limitarsi
semplicemente ad assisterli.
Ha rimarcato che il nostro
Welfare State, un sistema
pensato per aiutare i più deboli, oggi ha perso la sua efficacia, ha invitato il nuovo
governo ad allineare il nostro ordinamento a quello
della maggior parte d’Europa, ispirandosi ai principi
della «flexicurity», adattandoli al nostro Paese. Con
pochi esempi, ha evidenziato il percorso che ha seguito
la Fiat negli ultimi 10 anni:
da sola ha introdotto elementi di modernità per arrivare alla Fiat Chrysler Automobiles che oggi dà lavoro a circa 300 mila persone
nel mondo, di cui più di 85
mila in Italia. La nuova società Fca sta per essere quotata alla Borsa di New York
il 13 ottobre, data in cui in
Usa si festeggia il Columbus
Day, il giorno della scoperta
dell’America da parte di Cristoforo Colombo, il 12 ottobre 1492. Sarà un momento
in cui il gruppo si proporrà
nella sua nuova veste, cercando di convincere gli in-
«CorrierEconomia»
Come investire
Guadagnare con i tassi vicini
allo zero. Dopo la mossa della
Bce che ha tagliato il costo del
denaro allo 0,05 per cento, il
CorrierEconomia, in edicola
oggi con il Corriere della Sera,
ha fatto una ricognizione
sulle strategie utili a chi si
domanda come investire
adesso. Con i rendimenti
bassi per guadagnare più del
due per cento è necessario
infatti prendersi più rischi sia
in campo obbligazionario che
in campo azionario
© RIPRODUZIONE RISERVATA
vestitori a credere in questa
visione industriale, passata
da Torino ad una dimensione senza frontiere. Per realizzare questo obiettivo servono prodotti e marchi vincenti.
Anche la Ferrari, presente
da anni negli Stati Uniti, deve continuare ad essere un
punto di riferimento per
tutta la miglior produzione
automobilistica. Inaccettabili le sconfitte, da sei anni,
in Formula 1, poiché «la
Ferrari è la Formula 1», ha
detto l’amministratore delegato, «deve ritornare al
successo, ad ogni costo, per
difendere una supremazia
che conta più di ogni individualismo».
Senza giri di parole —
non c’è più tempo per discussioni accademiche —
Fca affronta, anche all’interno, dei cambiamenti radicali, gli stessi che chiede allo Stato: cioè la possibilità
di interrompere un rapporto di lavoro, anche il più
stretto, quando non esistono più i presupporti per la
sua validità. Le imprese sono forti quando i processi di
cambiamento e di rinascita
si generano naturalmente,
la sfida non deve limitarsi
ad una competizione tra
impresa e lavoratori, solamente uniti si può affrontare la vera concorrenza, senza meccanismi lenti ed arretrati.
Bianca Carretto
© RIPRODUZIONE RISERVATA
10
Lunedì 8 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Esteri
Le emergenze Rinviata la riforma dell’immigrazione
«Colpiremo l’Isis»
Obama e la nuova fase
della guerra al terrore
Il piano presentato alla vigilia dell’11 settembre
DAL NOSTRO INVIATO
NEW YORK — Dopo gli interventi di contenimento decisi per
scopi umanitari e per proteggere il personale Usa nell’area,
adesso, «è ora di entrare in una
nuova fase, quella nella quale
saremo, in qualche modo, all’offensiva». Tornato dal vertice
Nato di Newport con in tasca
l’accordo di dieci Paesi dell’Alleanza pronti a partecipare a uno
sforzo comune per «degradare e
distruggere» l’Isis, Barack Obama ha annunciato ieri in un’intervista alla rete televisiva Nbc
che mercoledì presenterà agli
americani un piano dettagliato
d’intervento contro il quasi-Stato dei terroristi sunniti che si è
consolidato a cavallo tra Siria e
Iraq.
Il presidente americano non
ha fornito dettagli, ma ha spiegato che il piano — che verrà significativamente presentato alla
vigilia dell’anniversario dell’attacco di Al Qaeda dell’11 settembre di 13 anni fa — avrà una
componente militare, una parte
politica e una parte economica.
Per quest’ultima è facile immaginare che l’obiettivo sarà quello di tagliare le fonti di finanziamento di un «califfato» che ha
fin qui prosperato grazie alla
straordinaria disponibilità di
mezzi finanziari arrivati dalle
donazioni di alcuni Paesi sunniti, ma soprattutto dalla vendita
sul mercato nero del petrolio
estratto nelle regioni dell’Iraq
occupate dalle truppe dall’autoproclamato califfo Al-Baghdadi.
Alla colazione politica sta lavorando il segretario di Stato
John Kerry che Obama ha deciso
di mandare in missione in Medio Oriente per allargare ai Paesi
arabi il fronte anti Isis, attualmente costituito soprattutto dagli alleati europei degli Usa, Italia compresa. Dopo molte incertezze, Obama ha deciso che è
necessario battere l’Isis militarmente perché rappresenta una
minaccia ormai enorme per tutti, in Occidente e nel mondo
arabo. Ma per distruggere davvero quest’organizzazione terrorista è necessario demolire
anche il consenso politico che si
è conquistato tra le popolazioni
locali nelle province sunnite
della Siria e dell’Iraq. E, per far
questo, Obama, ha bisogno del
sostegno attivo anche degli altri
governi sunniti della regione.
Sulla possibilità di mettere in
piedi una coalizione realmente
coesa e di combattere insieme
— sunniti moderati, sciiti e curdi — per distruggere l’Isis e creare un nuovo ordine, possibilmente democratico, i dubbi sono, però, molto forti. La Casa
Bianca punta sulla nascita di un
I tre fronti esteri
La lotta al califfato
tra Siria e Iraq
1
Finora la battaglia contro
l’Isis sta costando
all’amministrazione
americana 225 milioni di
dollari al mese, cifra destinata
ad aumentare se Obama
estenderà il fronte in Siria
Presenza più muscolare
in Europa contro Mosca
2
Obama ha sostenuto la
necessità di una presenza
più persistente della Nato
nell’Est Europa in funzione
anti Russa, convinto che le
sanzioni siano efficaci nel
lungo periodo
L’Asia nuovo centro
della politica estera Usa
3
Obama tornerà in Asia in
autunno per contrastare il
ruolo e l’aggressività
crescente della Cina che ha
in atto dispute territoriali
con Giappone, Sud Corea,
Vietnam e Filippine
governo realmente multietnico
a Bagdad, dopo l’uscita di scena
di quello, settario, di Al Maliki. E
questi dovrebbero essere i giorni decisivi per la formazione
della coalizione del nuovo premier moderato Al Abadi. Ma se
si guarda a quello che accade sui
campi di battaglia, non sembra
sia il caso di farsi troppe illusioni. L’ultimo caso è quello della
città sciita di Amerli attaccata un
mese fa dagli estremisti dell’Isis
e salvata dall’assedio da un’inedita coalizione di forze sciite,
curde e sunnite moderate. Ma
quando i peshmerga sono entrati nella città appena liberata
pensando di ricevere i ringraziamenti della cittadinanza,
hanno trovato, invece, i combattenti sciiti coi mitra spianati che
li hanno cacciati: «Andatevene, i
curdi non entrano in questa città». Insomma, appena rientrata
la minaccia del califfato, tornano i vecchi conflitti tribali.
Negli Stati Uniti, comunque,
l’intervista al nuovo anchor della Nbc Chuck Todd ha colpito
più per la decisione di Obama di
rinviare a dopo le elezioni di
mid-term di novembre le misure per ridurre le deportazioni
degli immigrati clandestini, che
per l’annuncio del piano anti
Isis. Accusato dagli ispanici di
aver ceduto alle pressioni politiche dei parlamentari democratici impegnati in difficili campagne elettorali in collegi con un
forte elettorato conservatore, il
presidente ha negato di aver fatto una scelta opportunista. Ma,
nello spiegare che preferisce
agire solo quando la situazione
dei ragazzini che entrano negli
Usa da soli, senza genitori, sarà
più chiara e quando potrà spiegare in modo più pacato agli
americani quali sono i problemi, gli interessi, anche economici, del Paese, il presidente ha
anche fatto riferimento all’estrema politicizzazione di
questa questione da parte del
partito repubblicano.
Massimo Gaggi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Dopo il summit Il presidente americano Barack Obama in un momento di relax al termine del vertice Nato nel Galles (Ap)
✒
Sarcasmo e violenza: efficaci contro la jihad?
di VIVIANA MAZZA
C
rocifissioni di musulmani, moschee fatte saltare in aria, teste mozzate. Non è un video di
propaganda dell’Isis, ma un tentativo del dipartimento di Stato americano di contrattaccare
i jihadisti sui social media. Ci provano da tre anni, ma nell’ultima settimana gli sforzi si sono
moltiplicati, anche in inglese. «Benvenuti nello Stato Islamico» è il titolo dell’ultimo video: poi si
illustrano una serie di «competenze utili» che si possono imparare unendosi all’Isis, tra cui
bombardare i civili e depredare le risorse pubbliche; in chiusura, una battuta: «Viaggiare costa
poco perché non c’è bisogno del biglietto di ritorno». I funzionari puntano sul sarcasmo, che
ritengono «adatto a Twitter». Ma funziona davvero? Fa discutere la scelta di riutilizzare le
immagini brutali, ma non solo. «Come mai ad un costo stimato di 250 mila dollari l’anno il
governo non riesce a fare meglio dei rivali che usano assai meno soldi?», chiede la Cnn.
«Patetico», commenta Michael Waller del think tank «Wikistrat». Sarebbe molto più efficace
una contro-propaganda gestita dai Paesi che continuano a finanziare i terroristi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Lunedì 8 Settembre 2014
Esteri 11
italia: 51575551575557
#
❜❜
❜❜
Tutti siamo stati ripetutamente picchiati. I più giovani
in modo prolungato, continuo
Il più cattivo era un iracheno sulla cinquantina. Ha fatto
decapitare le statue della Madonna e del Cristo
Il reportage
Le minoranze nel
mirino dei jihadisti.
Tre ragazze yazide
tentano il suicidio
dopo gli stupri
Preghiera
Un gruppo di
cristiani iracheni,
fuggiti da Mosul
dopo l’arrivo
dei jihadisti dello
Stato Islamico,
pregano in una
scuola adibita a
rifugio per i
profughi a Erbil,
nel nord dell’Iraq.
Secondo una
stima, almeno
100 mila cristiani
sono stati
costretti a
lasciare le proprie
case nel nord del
Paese (Reuters/
Ahmed Jadallah)
DAL NOSTRO INVIATO
BATNAIA (Iraq settentrionale) —
«Meglio morire che convertirci», affermano decisi i cristiani iracheni
sfuggiti dalle milizie dello Stato Islamico. Considerano un «traditore»
chi per salvare la vita, o anche solo
per tenersi soldi e proprietà, ha pronunciato la «Shahada», la dichiarazione di conversione all’islam. E dimostrano una fede e una determinazione nel mantenerla che per noi europei può sembrare una cosa del
passato, memoria di tempi antichi.«Per un mese ci hanno provato.
Ogni giorno venivano a dirci che dovevamo diventare musulmani. Una
mattina gli abbiamo detto che forse
era meglio se loro si battezzavano.
Ma ci hanno picchiato più forte»,
raccontano quattro uomini del villaggio di Batnaia, posto a una quindicina di chilometri a ovest di Mosul.
Sono Salem Elias Shannun di 57 anni; Habib Noah, 66; Najib Donah
Odish, 67, ed il 65enne Yohannah
Kakosh: sono arrivati tre sere fa a Erbil, dopo aver convissuto per 22
giorni con i jihadisti che occupavano
le loro case, poi essere rimasti rin-
In battaglia
«I jihadisti ti chiedono di
dimostrare di aver abbracciato
la nuova fede: esigono che il
convertito combatta con loro»
chiusi 12 giorni nel carcere di
Hawuja e infine aver raggiunto le postazioni curde a Kirkuk.
La loro testimonianza offre nuovi
elementi per delineare il comportamento degli estremisti sunniti verso
le altre fedi. E aiuta a ricordare quali e
quanti tabù ancestrali sono messi in
gioco da questa rivoluzione che sta
soffiando persino oltre i confini del
Medio Oriente. Sta per esempio
emergendo che le donne yazide violentate in molti casi preferirebbero
morire piuttosto che affrontare il
«disonore» nelle loro stesse comunità familiari. Ieri dall’ospedale di
Zakho, nell’Iraq curdo non lontano
dal confine con la Turchia, è giunta la
segnalazione di tre giovani sfuggite
ai mercati del sesso nella zona di Mosul che hanno tentato il suicidio. Una
è morta. La cosa non è strana. Incontrando i familiari delle donne rapite
nei campi di sfollati attorno a Dohuq,
«Croci spezzate, spari contro la Vergine
Meglio morire che convertirsi»
I racconti dei cristiani iracheni fuggiti dallo «Stato Islamico»
specie mariti e fratelli, non è difficile
sentirsi dire che preferirebbero un
«accurato bombardamento americano che uccidesse le donne con i loro
aguzzini», piuttosto che vivere con la
vergogna dello stupro.
Per i cristiani le sofferenze sono
meno drammatiche. Sino ad ora non
sono emerse tra loro prove concrete
di donne ridotte a schiave sessuali o
di massacri di uomini. Eppure, i tabù
e i valori messi in gioco appaiono altrettanto importanti. «La prima settimana dopo il loro arrivo a Batnaia, i
jihadisti ci hanno lasciato in pace,
nessuna minaccia. Anzi, ci hanno
portato cibo, acqua. Il nostro villaggio conta circa 3.000 abitanti. Eravamo rimasti in una quarantina. E loro
dicevano che dovevamo telefonare ai
nostri cari per convincerli a tornare.
Poi le cose sono rapidamente peggiorate. Hanno cominciato ad insistere che dovevamo convertirci. Tutti
siamo stati ripetutamente picchiati. I
più giovani in modo prolungato», ricordano i quattro. Si mettono quasi a
piangere quando descrivono la dissacrazione della «Mar Kariakos», la
basilica locale. «Tra i jihadisti ci sono
volontari arrivati dal Sudan, dal Qa-
tar, tanti sauditi, ma anche siriani, libanesi, ceceni, afghani, pachistani.
Però il più cattivo è un iracheno sulla
cinquantina che si fa chiamare Abu
Yakin. Lui mandava i suoi uomini a
picchiarci. Ci minacciava. E ha ordinato che venissero spezzate le croci
Su «Libération»
L’assassino di Bruxelles preparava
un grande attentato per il 14 luglio
Mehdi Nemmouche (foto), arrestato in Francia lo
scorso 30 maggio con l’accusa di aver ucciso, sei
giorni prima, 4 persone al Museo Ebraico di
Bruxelles aveva in progetto un «mega attentato» per
il 14 luglio, giorno che ricorda la Presa della Bastiglia
e in Francia è festa nazionale. Lo rivela il quotidiano
Libération in edicola oggi, con un servizio esclusivo
che riporta la confessione del jihadista.
in chiesa, che le statue della Madonna e del Cristo venissero decapitate e
prese di mira con i kalashnikov».
Per loro la conversione però è fuori discussione. «Non è tanto la formuletta di adesione all’Islam che vale. Se fosse solo quello, si potrebbe
anche fare. Poi ti confessi e finisce
tutto, torni cristiano. Il fatto è che i
jihadisti ti chiedono di provare la tua
nuova fede. Esigono che il neoconvertito vada a combattere con loro,
partecipi alle operazioni in prima linea», dicono. Pochi giorni fa alcuni
sfollati dal villaggio di Qaraqosh testimoniavano di aver visto alcuni
giovani cristiani di Mosul diventati
autisti delle brigate jihadiste. Lo
stesso farebbero anche decine di curdi. Ma per i dirigenti della Chiesa caldea si tratterebbe di infime minoranze, di un problema secondario.
Padre Paolo Mekko, studioso di
teologia e parroco in prima linea con
la sua diocesi nella piana di Niniveh
ora sfollato a Erbil, ha persino rispolverato i testi della storia della Chiesa
riferiti agli anni dei primi martiri per
cercare risposte. «La Chiesa non ammette un secondo battesimo. I convertiti con la forza nel loro cuore restano cristiani, se si pentono la questione della loro abiura non si pone
neppure», spiega.
Si osserva del resto un certo ottimismo crescere tra gli sfollati. Nelle
prossime ore a Bagdad dovrebbe venire annunciato il nuovo governo di
unità nazionale sotto la guida del
neopremier Haider Al Abadi. Un passo considerato fondamentale per
stabilizzare il Paese e facilitare il patto di collaborazione con le grandi tribù sunnite in grado di isolare lo Stato
Islamico e soprattutto facilitare l’intervento militare degli americani e
dei Paesi alleati. I recenti bombardamenti Usa presso la diga di Haditha
sono seguiti con attenzione tra i cristiani. «Parlare di ritorno alle nostre
case è certo prematuro», ammette
Mekko. «Però possiamo ricominciare a sperare».
Lorenzo Cremonesi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Dopo il conflitto a Gaza Le truppe verrebbero dispiegate lungo il «corridoio Philadelphia», sotto al quale corrono molti tunnel palestinesi
Israele «apre» a una forza europea nella Striscia
Il controllo del confine con l’Egitto forse affidato
anche a militari americani e Caschi Blu dell’Onu
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
GERUSALEMME — Due pagine, quattro proposte, quattordici chilometri da pattugliare. Il ministero degli Esteri
israeliano ha presentato un
piano al governo di Benjamin
Netanyahu per dare il controllo della frontiera di Gaza, almeno quella a Sud verso il Sinai e l’Egitto, a una forza internazionale. I diplomatici
privilegiano nel progetto —
rivela il quotidiano Haaretz
— l’idea di affidare la missione alle truppe europee, perché
dai Paesi dell’Unione sarebbe
già arrivata la disponibilità
durante i cinquanta giorni di
guerra fermati con il cessate il
fuoco del 26 agosto. Indicano
anche l’ipotesi di soldati occidentali (compresi americani,
canadesi, australiani, neozelandesi), Caschi Blu delle Nazioni Unite o militari della Na-
In discussione
Il ministero degli Esteri
ha presentato al premier
quattro proposte: presto
la decisione
to.
Qualunque siano le divise,
il drappello verrebbe dispiegato lungo quello che è chiamato «corridoio Philadelphia», una striscia di sabbia
che preoccupa gli israeliani
per quello che avviene sotto al
deserto: qui sono stati scavati i
tunnel usati per i traffici clandestini di benzina, sigarette,
medicine. E soprattutto armamenti. La forza internazionale
affiancherebbe il lavoro degli
egiziani dall’altra parte della
barriera che negli ultimi mesi
hanno distrutto le gallerie: temono che il via vai viaggi nel-
Ministro Il capo della diplomazia di Israele, Avigdor Lieberman
le due direzioni e i kalashnikov o i lanciagranate possano raggiungere gli estremisti
nella penisola del Sinai.
Il mandato sarebbe definito
sul modello del gruppo di
monitoraggio dell’Unione Europea stazionato sul confine a
Rafah tra il 2005 e il 2007: fino
a quando Hamas non ha tolto
con le armi il controllo di Gaza
al presidente Abu Mazen e
Israele ha imposto l’embargo
economico contro l’organizzazione fondamentalista. La
missione «Eu Bam» è appena
stata rinnovata di un altro anno, anche se i controllori non
sono per ora operativi sulla
frontiera. Il ministero degli
Esteri a Gerusalemme raccomanda che le truppe internazionali abbiano il potere di in-
tervenire per impedire il riarmo di Hamas: l’intelligence
dello Stato ebraico sostiene di
avere le prove che i miliziani
abbiano già cominciato a ricostruire i tunnel verso Israele
bombardati nel conflitto. «Si
stanno preparando alla prossima guerra».
Abdel Fattah Al Sisi, il generale egiziano diventato presidente, ripete di essere pronto
ad aprire i cancelli di Rafah, se
le chiavi vengono affidate dal
Hamas
Netanyahu vuole che i
soldati stranieri possano
intervenire per impedire
il riarmo di Hamas
lato palestinese alla Guardia
presidenziale di Abu Mazen.
Che ieri ha minacciato Hamas
di far saltare il governo di unità nazionale creato prima dell’estate, perché — accusa il
leader — i fondamentalisti
non hanno ceduto il controllo
di Gaza ai nuovi ministri tecnici, soprattutto quello delle
forze militari. «Se non accettano una sola autorità, una sola
legge e un solo esercito, non ci
sarà più alcuna unità». Durante le settimane di guerra, i
dirigenti di Fatah, la fazione
del presidente, sono stati
messi agli arresti domiciliari,
chi non ha rispettato gli ordini
è stato gambizzato.
Davide Frattini
@dafrattini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
12 Esteri
Lunedì 8 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Meeting di Sant’Egidio 350 rappresentanti delle diverse fedi e culture uniti nel difendere lo spirito di Assisi
Il commento
L’appello dei religiosi da Anversa
«Basta conflitti in nome di Dio»
LO TSUNAMI
PRIMA O POI
PASSERÀ
Papa Francesco: «Quelle stragi inutili non riparano le ingiustizie»
DAL NOSTRO INVIATO
ANVERSA — C’è la parlamentare yazida che grida al mondo
la tragedia del suo popolo nel
Sinjar iracheno, c’è il Gran Mufti egiziano, che parla di «ponti»
e non di muri tra le religioni.
Abraham Skorka, il rabbino di
Buenos Aires amico di papa
Francesco, il presidente del consiglio europeo Van Rompuy, il
filosofo polacco Zygmunt Bauman. E c’è, a sorpresa, un’Europa che non si rassegna. Tanta
Europa: 7 mila persone in gran
parte giovani, venuti ad Anversa
da quasi tutti i Paesi dell’Unione. Ma anche dalla Russia e dall’Ucraina. Quando ascoltano il
messaggio del Papa, nella grande sala dello Stadsschouwburg
e dai maxischermi della piazza,
si fa silenzio assoluto. France-
sco, come Benedetto XV un secolo fa, chiama le guerre «inutili
stragi». Perché non riescono
mai «a riparare le ingiustizie».
Ma c’è di più. Quasi in modo ufficiale e con grande forza, il Papa
assegna il ruolo di pacificatori ai
responsabili delle religioni, cristiani, musulmani, ebrei e di altre confessioni: «È giunto il
tempo che cooperino con efficacia all’opera di guarire le ferite,
di risolvere i conflitti». Perché
«sono in grado di promuovere
una cultura dell’incontro e della
pace, quando altre opzioni falliscono o vacillano». In altre parole, possono e forse devono
riuscire là dove la politica o le
grandi istituzioni internazionali
sembrano impotenti.
L’invito della Comunità di
Sant’Egidio a questo incontro
internazionale era stato lancia-
I giovani
All’incontro
presenti
7 mila persone,
tanti giovani
L’impegno
«La pace come
futuro, il dialogo
per arrivarci e
mantenerla»
to, insieme alla diocesi di Anversa, un anno fa, accompagnato dalla memoria dei cento anni
dalla Prima guerra mondiale.
Qui, in una città e in un Paese, il
Belgio, che ne subì pesantemente le conseguenze. Oggi però i quasi 350 rappresentanti
delle religioni e della cultura,
accorsi da ogni continente per
questa tre giorni di pace, si trovano di fronte ad uno scenario
internazionale da terza guerra
mondiale «a pezzetti», come ha
detto recentemente papa Francesco: Ucraina, Siria, Iraq, Nigeria, sempre più allarmanti conflitti.
Ma guai a parlare di rassegnazione a chi partecipa. Perché
«La pace è il futuro», come recita il titolo dell’incontro, che è
nello «spirito di Assisi», la storica giornata interreligiosa voluta
nel 1986 da Giovanni Paolo II
nella città di San Francesco. Nell’assemblea inaugurale Andrea
Riccardi, fondatore della Comunità di sant’Egidio, ha parlato
proprio di questa convinzione:
«Anche davanti ai conflitti più
disumani confermiamo che non
può esserci guerra e violenza in
nome di Dio». E se è vero che le
guerre sembrano diventare
sempre più crudeli «che sarebbe oggi il mondo senza il dialogo?». Lavorare per la pace, dunque, «come necessità del nostro
tempo». Ne sa qualcosa Vian
Dakheel, donna coraggiosa,
membro del Parlamento iracheno, che ha invocato l’avvio di
un’inchiesta internazionale sul
massacro subito dal suo popolo,
la liberazione di 5 mila donne e
bambini yazidi e l’invio di truppe di pace nella regione. E ne sa
molto anche Aphrem II, patriarca della Chiesa siro-ortodossa,
che ha parlato della sofferenza
che vivono oggi i cristiani in
Medio Oriente. Sono in quella
regione dai tempi di Gesù: «Ma
la gravità di ciò che sta avvenendo oltrepassa tutto ciò che
avevamo visto in passato».
Il Gran Muftì dell’Egitto
Shawqi Allam traccia in modo
netto il confine tra l’Islam e la
violenza dei gruppi estremisti e
dell’Isis: «Si affidano a interpretazioni distorte della religione
che non hanno fondamento
nella dottrina: il loro obiettivo è
puramente politico ed è diffondere il caos nel mondo».
Oggi e domani si continua
con 25 tavole rotonde: al centro
le crisi e le speranze di pace che
attraversano la Terra, grandi
questioni sociali come l’immigrazione e la lotta alla povertà.
Con la partecipazione anche di
storici, sociologi ed economisti.
Ieri Zygmunt Bauman, teorico
della «società liquida», ha parlato del dialogo come dell’«arte
più importante per mantenere
la pace nel pianeta».
Roberto Zuccolini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
I protagonisti
Ponti Shawki Allam, Gran Mufti
d’Egitto: ha parlato di «ponti» e
non muri tra le religioni
Filosofo Zygmunt Bauman, polacco: il dialogo è l’arte più importante per mantenere la pace
Pace Il presidente uscente del
Consiglio Ue, Herman Van Rompuy:
urgente realizzare vincoli di pace
Presidente Martin Schulz, presidente del Parlamento europeo:
anche lui è intervenuto ad Anversa
Yazida Vian Dakheel, deputata
yazida a Bagdad: chiede un’inchiesta sul massacro del suo popolo
Fondatore Andrea Riccardi, della Patriarca Aphrem II, patriarca delComunità di Sant’Egidio: non può la Chiesa siro-ortodossa: ha paresserci guerra in nome di Dio
lato della sofferenza dei cristiani
350
rappresentanti delle principali religioni e delle culture
mondiali hanno partecipato
all’incontro interreligioso «La
pace è il futuro», organizzato
nella città belga di Anversa
dalla comunità di Sant’Egidio, nel centenario dello
scoppio della Prima guerra
mondiale
di ANTONIO FERRARI
L
e voci della speranza salgono
fieramente proprio dalla terra
dove si stanno consumando
crimini mostruosi. La dolce terra
mediorientale, stuprata dalla ferocia e dai boia di uno Stato che non
esiste ma che massacra e distrugge,
come ha denunciato anche qui ad
Anversa la parlamentare yazida irachena Vian Dakheel.
I l m o n d o è s c o nvo l t o , m a
Mohammed Sammak, intellettuale
libanese del Comitato per il dialogo
nazionale islamico-cristiano, che
appartiene alle oltre 300 autorità religiose cha hanno accolto l’invito
della Comunità di Sant’Egidio, ha lo
sguardo sereno di chi è abituato a
vivere sulla frontiera di una convivenza che deve essere conquistata
ogni giorno. Mi dice che quanto sta
accadendo non è nient’altro che
uno tsunami. «Certo, è uno spaventoso tsunami, che ha portato e porterà devastazione, un numero impressionante di vittime, ferite difficili da rimarginare e danni incalcolabili. Tuttavia lo tsunami prima o
poi finirà. Dobbiamo resistere e dovremo farci trovare pronti per ricostruire su quelle macerie».
Sammak, uno dei tanti studiosi
mediorientali che hanno preservato
la saggezza di una memoria millenaria, già immagina l’uscita dal tunnel, con la volontà collettiva che si
ricompone. Da libanese, per nella
più matura pacatezza, è in grado di
esprimere le proprie idee con rocciosa convinzione. Come Guirgis
Ibrahim Saleh, professore dell’Antico Testamento al seminario teologico copto. Saleh è un egiziano che vive nell’amore del dialogo, e che sta
tessendo relazioni sempre più proficue con le massime autorità religiose sunnite. La collaborazione cristiano-islamica sta dunque compiendo grandi passi, proprio nel
momento più difficile; e in particolare in Egitto, che sta tornando-nonostante le tensioni- al ruolo-guida
cui è chiamato dalle proprie responsabilità come primo Paese arabo.
È davvero importante che questi
segnali giungano da un piccolo Paese, il Belgio, e che le voci della speranza salgano da una città che conta
mezzo milione di abitanti, e nella
quale convivono 171 differenti nazionalità: superata soltanto da Amsterdam e New York. Con le sue 71
Chiese cattoliche, 140 Chiese protestanti ed evangeliche, 6 ortodosse, e
le sue 32 sinagoghe e 48 moschee,
Anversa è davvero un efficace esempio di civile convivenza.
[email protected]
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Rabbino Abraham Skorka, rabbino di Buenos Aires: le fedi devono
diffondere giustizia e misericordia
Il dibattito Il caso di Imola. E l’impegno della Santa Sede, di fronte agli orrori dell’Isis, a fermare le pulsioni «crociate»
I vescovi che chiedono di «allontanare i nemici in casa»
CITTÀ DEL VATICANO — Parte dall'«afflusso» crescente di
«profughi e immigrati» e chiede
agli «islamici presenti fra noi»
di «mostrarsi uomini d’onore» e
«prendere posizione pubblicamente contro le persecuzioni e
gli atti di crudeltà» di cui sono
vittime i cristiani e «alcune minoranze religiose», fino a concludere: «Altrimenti dovrebbero avere il coraggio di allontanarsi dalle nostre terre, perché
nessuno vuole avere nemici in
casa». Il vescovo di Imola, Tommaso Ghirelli, non l’ha mandata
a dire, con relativo contorno di
polemiche ed entusiasmi —
specie in Rete — dei «crociati»
nostalgici della guerra di religione. E del resto, negli ultimi
tempi, è capitato altre volte che
l’anima più conservatrice del-
l’episcopato scegliesse toni forti: l’arcivescovo di Ferrara Luigi
Negri impegnato a denunciare
una «prevalenza della volontà di
dialogo a ogni costo che deprime la verità» e le «responsabilità storiche che fanno capo a certe formulazioni ideologico-religiose che rendono permanente
il pericolo per i cristiani»; o
Giampaolo Crepaldi, arcivescovo di Trieste, che in tema di
«ideologie di morte» anticristiane denunciava «la dittatura
del relativismo in Europa e Occidente» accostando i «movimenti islamici mossi dall’odio»
e il «comunismo nordcoreano».
In questi mesi, tuttavia, la
Santa Sede è stata attenta ad arrestare sul nascere le pulsioni
«crociate» nate come reazione
agli orrori dell’Isis: anche per la
semplice ragione che farebbero
il gioco dei fanatici islamisti.
Non a caso Francesco, nell’affermare che in Iraq «è lecito fermare l’aggressore ingiusto», diceva
ai giornalisti: «Mi parlano dei
cristiani che soffrono, dei martiri, ed è vero, ci sono tanti martiri; ma qui ci sono uomini e
donne, minoranze religiose non
tutte cristiane, e tutte sono
uguali davanti a Dio». Oltretevere spiegano che è giusto mettere
in guardia dal rischio di reclutamento dalle nostre parti, ma pure che l’odio scatenato dell’Isis è
anche, o anzitutto, intramusulmano. Di là dalle interpretazioni
della frase di monsignor Ghirelli — che nella lettera scrive pure:
«Finiamola di prendercela in
blocco con gli stranieri» —, la linea è stata espressa nell’edito-
Oltre 150 vittime
Monsone
in Kashmir
Alcuni lavoratori immigrati si
riparano dalle forti piogge a
Shrinagar, capitale del Kashmir
indiano. Il monsone ha causato
nell’area oltre 150 vittime(Ap)
riale appena uscito della Civiltà
Cattolica, la rivista dei gesuiti
confratelli di Bergoglio: davanti
alla «guerra religiosa scatenata
dall’Isis» la «risposta sbagliata»
è «una controffensiva di stampo
religioso anche soltanto intraislamico» perché «si radicalizzerebbe l’islamismo dell’Is nelle
menti e nei cuori di molti musulmani». Certo, «la comunità
islamica mondiale ha il dovere
di distruggere nei cuori di tutti i
musulmani una concezione
estremista del Corano e della
tradizione islamica» si legge.
Però «a tutti spetta il dovere di
non strumentalizzare l’Islam (e
nessuna religione) per fini egemonici politici, economici o
settari».
L’arcivescovo Silvano Maria
Tomasi, Osservatore della Santa
Sede all’Onu, diceva al Corriere
che è «urgente» intervenire per
fermare l’Isis, anche per la «minaccia» che rappresentano i
mercenari che tornerebbero in
Occidente, parlava di «uso della
forza» per fermare il «genocidio» e insieme di «risposta politica», ma sempre coinvolgendo i
Paesi dell’area, altro che guerra
di religione: «Dobbiamo guardare alla sostanza delle cose e
non alla verniciatura esterna. I
mercenari e gli altri combattenti
del cosiddetto Califfato usano
un vocabolario religioso per
conquistare il potere». Ieri Francesco ha scritto un messaggio ai
leader religiosi riuniti ad Anversa: «La guerra non è mai un
mezzo soddisfacente a riparare
le ingiustizie, è sempre una inutile strage. Il rispetto reciproco,
il dialogo e la cooperazione aiuteranno a bandire il sinistro fantasma del conflitto armato».
Gian Guido Vecchi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Lunedì 8 Settembre 2014
Esteri 13
italia: 51575551575557
La crisi Oggi la nuova lista delle contromisure Ue, Putin minaccia di reagire. Mariupol sotto attacco
La tregua in Ucraina ora vacilla
Berlusconi: sanzioni irresponsabili
Dall’Italia elmetti e giubbotti all’esercito di Kiev. «Ma niente blindati»
«Materiale difensivo e di protezione». Così definiscono allo
Stato maggiore della Difesa
l’equipaggiamento che l’Italia è
disposta a concedere all’Ucraina. Niente armi, ma eventualmente solo elmetti e giubbotti
antiproiettile. «Stiamo preparando — dicono al vertice delle
Forze armate — un pacchetto di
assistenza militare su cui ragionare anche con altri Paesi della
Nato». In un primo momento
era circolata la voce secondo la
quale l’Italia era pronta a inviare
al governo di Kiev 90 mezzi
blindati. Ipotesi smentita da Palazzo Chigi.
In realtà nessun Paese dell’Alleanza atlantica sembra volersi
invischiare direttamente nel caos ucraino. Dopo le precisazioni
italiane, anche Norvegia, Polonia e Stati Uniti si sono affrettati
a chiarire che non hanno alcuna
intenzione di armare le truppe
ucraine. A Kiev si erano diffuse
voci riguardo all’invio di armi
dopo il summit della Nato, che
si è svolto a Newport, nel Galles,
giovedì e venerdì scorsi. Ma erano voci infondate, tanto che Yuri
Lytisenko, consigliere del presidente Petro Poroshenko, è stato
costretto ad ammettere che di
armi da parte dell’Alleanza atlantica non se ne parla.
Oggi dovrebbe essere resa
nota la nuova lista di sanzioni
che i 28 Paesi dell’Ue hanno deciso di applicare alla Russia. Putin minaccia reazioni pesanti, se
Estremisti islamici
di circa 3 mila persone.
In questo caso scatterebbero
le nuove sanzioni contro Mosca.
E i Paesi europei che, a causa del
blocco delle esportazioni, ci
hanno già rimesso 5 miliardi di
euro (all’Italia l’embargo è costato finora 200 milioni), dovrebbero sopportare ripercussioni ancora più pesanti sul piano economico. Una prospettiva
che ha già creato tensioni all’interno dell’Unione, con Slovacchia e Repubblica Ceca apertamente critiche verso le iniziative
contro Mosca.
Non le condivide nemmeno
Silvio Berlusconi, il quale definisce «irresponsabile e ridicolo
l’atteggiamento sanzionatorio»
nei confronti della Russia. Viviamo un periodo di angoscia,
dice il leader di Forza Italia, a
causa della profonda crisi dell’economia aggravata «ancora
più dalle decisioni dei vertici
occidentali, americani, la Nato e
i vertici europei che, direi incredibilmente e irresponsabilmen-
5
miliardi di euro
è costato finora ai Paesi
europei il blocco delle
esportazioni verso la Russia,
in seguito alle sanzioni
Il controllo
Soldati ucraini ispezionano
un carro armato
danneggiato alla periferia
della città portuale di
Mariupol, sul Mar d’Azov,
uno dei centri nel mirino
delle azioni dei ribelli
(Reuters/
Vasily Fedosenko)
le nuove restrizioni entreranno
in vigore. Da Bruxelles arriva
però un’importante apertura di
credito verso Mosca. Herman
Van Rompuy, presidente uscente del Consiglio europeo, afferma che l’Europa potrebbe cancellare le sanzioni contro la Russia, se la tregua regge. «Il cessate
il fuoco — spiega Van Rompuy
— è un passo importante e per
accrescere la pressione su Mosca abbiamo deciso delle sanzioni. Ma siamo pronti a fare
marcia indietro se tiene la tregua».
Tuttavia, la tregua firmata venerdì a Minsk tra Kiev e i ribelli
filorussi sembra abbastanza fragile. Ieri è stata violata più volte.
I bombardamenti hanno devastato un quartiere della città
portuale di Mariupol, sul mar
d’Azov. Ci ha rimesso la vita una
donna di 33 anni, e quattro persone hanno riportato ferite. Colpi di cannone hanno echeggiato
anche vicino all’aeroporto di
Donetsk. C’è il forte timore che
Mariupol non sia un incidente,
ma che da lì possa di nuovo
prendere vigore il conflitto che
in 5 mesi ha causato già la morte
te, hanno cancellato e stanno
cancellando il grande lavoro e i
risultati che avevamo conseguito noi nel 2002 con il trattato di
Pratica di Mare, mettendo fine a
mezzo secolo di guerra fredda».
A Pratica di Mare, nel 2002, al
vertice Nato partecipò anche
Putin.
Marco Nese
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Boko Haram
avanza
in Nigeria
I miliziani islamici di Boko
Haram hanno conquistato
Michika, un’importante città
dello Stato nord-orientale di
Adamawa, in Nigeria. I
guerriglieri hanno così
consolidato il controllo della
zona, dove giovedì scorso
avevano già espugnato la
città di Gulak. Secondo
quanto riferito dagli abitanti
in fuga, jet militari hanno
sorvolato la zona ma non
hanno bombardato i
miliziani. Il governo federale
di Abuja ha inviato soldati
nella zona di Mararaba Mubi
per proteggere la città di
Mubi, un altro centro
strategico a pochi chilometri
da Michika. I militanti del
gruppo estremista islamico
(il nome Boko Haram
significa «l’educazione
occidentale è peccato»)
hanno attaccato Michika a
bordo di camion,
motociclette e anche
blindati rubati all’esercito
regolare. Dal canto loro, i
soldati fedeli al governo
federale hanno abbandonato
la regione, seguiti da parte
della popolazione. Il
governo nigeriano sta
tuttavia cercando di
rassicurare i propri cittadini
dopo gli attacchi di Boko
Haram. Il ministero della
Difesa in un comunicato ha
rinnovato gli sforzi del
governo contro il terrorismo
e ha promesso che sarà fatto
tutto il possibile per
sconfiggere gli estremisti.
14 Esteri
Lunedì 8 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
L’iniziativa E’ contro il nucleare, elogia il marito («porta fuori la spazzatura»). La carta segreta per conquistare l’elettorato femminile?
Giappone-Cina, il disgelo delle mogli
Lady Abe, detta l’«opposizione in casa»: vorrei incontrare la signora Xi, bella ed elegante
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
PECHINO — I sette membri
del Comitato permanente del
Politburo comunista cinese
erano allineati uno al fianco
dell’altro il 3 settembre a Pechino: la data è stata scelta per celebrare con orgoglio la vittoria
contro gli invasori giapponesi
nella Seconda guerra mondiale.
Sono mesi che il potere cinese
non perde occasione per ricordare la ferocia dell’aggressione
dell’esercito imperiale di Tokyo, che tra il 1931 e il 1945 costò la vita a 35 milioni di cinesi
tra civili e militari. Le relazioni
tra il presidente Xi Jinping e il
governo giapponese di Shinzo
Abe sono poco più che inesistenti: i due oltre che politicamente a quanto si dice si detestano anche personalmente.
Eppure, proprio il 3 settembre a Tokyo è successo qualcosa
di assolutamente inatteso che
potrebbe contribuire a disperdere la cortina di rancori e sospetti tra le due leadership.
Akie Abe, la moglie del premier, ha ricevuto i corrispondenti delle agenzie di stampa
internazionali e ha lanciato un
messaggio: «Mi piacerebbe incontrare la first lady cinese
Peng Liyuan, perché le mogli
dei leader possono parlare tra
di loro senza il peso degli interessi nazionali sulle loro spalle».
Akie, 50 anni, è un personaggio fuori dagli schemi tradizionali della politica giapponese che relegano le compagne
A confronto
A sinistra, il
premier
giapponese
Shinzo Abe, 59
anni, con la moglie
Akie, 50. A destra,
il presidente
cinese Xi Jinping,
61 anni, con la
consorte Peng
Liyuan, 50. I due
leader, nei due
anni al vertice del
potere nei
rispettivi Paesi
non si sono mai
incontrati. I
rapporti tra Cina e
Giappone sono
gelidi, in
particolare per
questioni
territoriali e timori
di espansionismo
dei primi ministri all’invisibilità o al massimo alla coreografia
delle foto di gruppo ufficiali. La
signora ama parlare con i giornalisti e ha delle idee sue, soprattutto in tema di politica
I mariti
Shinzo Abe e Xi Jinping
non si sono mai stretti la
mano. Le relazioni tra i
loro Paesi sono «fredde»
nucleare: al contrario del marito, che vuole riaccendere tutte
le centrali atomiche del Paese
spente sull’onda dell’emozione
per il disastro di Fukushima nel
2011, Akie ripete che «quando
accade un incidente, le conseguenze sono terribili e non c’è
niente da fare; quindi se ci sono
fonti di energia alternative io le
preferisco e vorrei che il governo non riattivasse i reattori».
Per affermazioni come questa
Akie Abe è stata definita «l’opposizione in famiglia del pre-
mier». La signora non è una
sprovveduta. Viene da una
grande famiglia di imprenditori, ha studiato in un esclusivo
college cattolico di Tokyo, è
stata dirigente in un’importante agenzia di pubblicità (alcuni
a Tokyo sospettano che Akie
critichi il marito dimostrandosi
autonoma proprio per metterlo
in buona luce, proiettando di
lui un’immagine di uomo moderno che sa ascoltare il parere
femminile).
Se davvero c’è una strategia
politica familiare, anche le parole che Akie ha dedicato alla
collega cinese Peng Liyuan ne
fanno parte e assumono maggiore rilievo. «La trovo davvero
bella, di stile e simpatica, ha
L’incontro
Akie Abe e Peng Liyuan
potrebbero vedersi a
novembre, a margine
del vertice dell’Apec
un’aura», ha detto la first lady
giapponese della moglie di Xi.
Il vertice tra le due potrebbe
svolgersi a novembre a Pechino, a margine della riunione
dell’Apec, l’Associazione per la
cooperazione economica AsiaPacifico. I due leader potrebbero seguire il loro esempio. Anche Peng Liyuan è un caso unico nella storia della Repubblica
popolare cinese: prima moglie
di un leader a curare l’eleganza,
si mostra in pubblico al fianco
del marito, partecipa alle mis-
sioni internazionali. Akie e
Peng sono coetanee, entrambe
classe 1964. Se davvero si vedranno faccia a faccia a Pechino, dipenderà comunque dalle
scelte dei governi presieduti dai
mariti. Finora, nei due anni da
quando sono in carica, Shinzo
Abe e Xi Jinping non si sono
mai nemmeno stretti la mano.
Abe però ha mandato un altro
segnale notevole di disponibilità a un disgelo negli ultimi
giorni: ha chiamato nella sua
formazione di ministri due
esponenti noti a Tokyo (e a Pechino) come «filo-cinesi». Oltre all’omaggio a Peng, Akie
Abe ha dedicato parte del colloquio con Associated Press e
Reuters alle politiche economiche del marito, la famosa Abenomics. Alla signora non piace
l’aumento dell’imposta sui
consumi al 10 per cento, che è
una delle «frecce» del piano governativo: «Meglio tagliare prima tutte le spese inutili, non vi
pare?».
Per concludere, una confidenza sul privato del capo del
governo imperiale: «Come sapete, noi abitiamo in un appartamento normale a Tokyo, abbiamo rinunciato alla residenza
dei premier, io sono spesso
fuori per il mio lavoro, così lui
aiuta con le faccende di casa,
qualche volta fa il bucato, butta
la spazzatura, anche se magari
sposta le cose male e debbo intervenire».
Guido Santevecchi
@guidosant
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Lunedì 8 Settembre 2014
Verso il referendum
Esteri 15
italia: 51575551575557
I sondaggi
Per la prima volta i sì alla secessione al 51 per cento. Tremano i laburisti che hanno le loro roccaforti a Edimburgo
I catalani:
no a un voto
illegale
DAL NOSTRO INVIATO
In famiglia La regina Elisabetta, con il plaid a quadretti, tra il marito Filippo (a sinistra) e il figlio Carlo agli annuali giochi sportivi di Braemar in Scozia (Afp)
Scozia, sorpasso indipendentista
Scacco alla Regina dopo 307 anni?
Panico a Londra, Cameron offre subito più autonomia
il sì bisognerà pensare a una nuova
frontiera. Guardie, controlli, costi. «Se
gli scozzesi non vogliono frontiere, votino no al referendum».
L’«occhio nero» dà una scossa alla
sonnolenta campagna «Better Together» (Insieme è meglio), mentre il
sorpasso galvanizza i supporter di «Yes
Scotland». Gli osservatori sottolineano
che serviranno altri sondaggi per confermare la tendenza pro-indipendenza.
Secondo YouGOv gli indecisi sono l’8%.
Un altro sondaggio, commissionato dal
fronte del sì, dà ancora gli unionisti in
vantaggio (52 a 48%). Entrambe le parti
hanno la necessità di mandare gli elettori ai seggi: l’affluenza sarà cruciale. La
fetta degli ultra sessantenni, quelli che
vanno di più a votare, è ancora saldamente a favore del no (62% a 38%).
Un segno che il gioco si fa davvero
duro, oltre alle parole forti da Bruxelles
(il presidente uscente della Commissione, Barroso, ha ventilato che
«l’Unione Europea non riconoscerà la
sovranità della Scozia») è a Londra il
balenare dei coltelli nelle file dei grandi
partiti: tra i conservatori ci sono parlamentari che già parlano di dimissioni
dovute per Cameron se la Scozia dovesse staccarsi. Cameron come Lord North,
il primo ministro sfiduciato alla Camera dei Comuni nel 1782, dopo «la perdita» delle colonie americane. Tra i laburisti c’è chi chiede la testa del coordinatore Douglas Alexander, soprannominato impietosamente «Rain Man» per
la sua incapacità di relazionarsi agli altri. Nel castello di Balmoral Elisabetta II,
«orripilata» ma ufficialmente neutrale,
preoccupata soprattutto per il suo ruolo di capo della Chiesa Scozzese, incrocia le dita. A Londra il governo ha già
chiesto al Cobra, il comitato di emergenza, un piano per evitare un crollo
dei mercati nel caso in cui dalle urne il
18 settembre arrivi un altro, definitivo,
«occhio nero».
Michele Farina
mikele_farina
© RIPRODUZIONE RISERVATA
In cifre
Mare
del Nord
POPOLAZIONE
LAZIONE (dati 2012)
2012
Scozia
5,3 milioni
Pari all’8,3%
degli abitanti
del Regno
Unito
PIL PRO CAPITE (dati in sterline)
Regno
Unito
Scozia
22.336
SCOZIA
Aberdeen
Glasgow
EIRE
LONDRA — Il sorpasso degli indipendentisti, l’«occhio nero» preannunciato da Rupert Murdoch sabato notte
su Twitter, ha fatto scattare il governo:
ieri mattina mentre il Sunday Times
dello Squalo usciva in edicola con il
sondaggio choc di YouGov che per la
prima volta dava i sì in vantaggio sui No
(51% contro 49%), il premier David Cameron spediva il ministro delle Finanze
George Osborne negli studi della Bbc
ad assicurare un piano di nuove concessioni alla Scozia, prima di spedire se
stesso nel castello (scozzese) di Balmoral per una foto-opportunità con la Regina all’uscita della messa. Ogni mossa
è buona, a dieci giorni dal referendum
che potrebbe davvero rompere l’Unione
che resiste da 307 anni. Chi se l’immagina la regina (fonti di palazzo la definiscono «orripilata» da una possibile
scissione) che cammina per i boschi di
Balmoral come una straniera? Dovrà
mostrare il passaporto il principe Carlo
o basterà il kilt quando dovrà superare
il confine del fiume Tweed?
In tv Osborne ha annunciato per i
prossimi giorni (senza entrare nel dettaglio) un piano che «darà più poteri»
immediati agli Highlander su tasse,
spesa e welfare. «Questa è una bustarella — ha tuonato il leader indipendentista Alex Salmond — I politici di
Londra sono nel panico, stanno perdendo e cercano di corrompere gli elettori all’ultimo minuto. Ma che dire delle
migliaia di scozzesi che hanno già votato per corrispondenza?».
Il fronte del no ha sempre viaggiato
con un vento di sondaggi che lo davano
sicuro vincente. Un mese fa YouGov poneva i sì indietro di 22
punti. A metà agosto
erano 14, una settimana fa 6. Fino al sorpasso annunciato ieri. Chi
ha cambiato idea? In
un mese gli under 40
favorevoli al distacco
sono cresciuti dal 39 al
60%. Nella classe operaia sono passati dal
41 al 56%. Un cambio
significativo è quello
delle donne, da sempre più ostili a un futuro lontano da Londra. Anche la diga femminile sembra
franare addosso ai sostenitori di una
Gran Bretagna unita: le indipendentiste
erano il 33% a inizio agosto e sono il
47% oggi. Cosa è accaduto? Peter Kellner, capo di YouGov, dice al Guardian
che Alex Salmond è riuscito a neutralizzare il fattore paura, specie sulle conseguenze economiche di uno strappo.
Un’altra barriera che sembrava insormontabile, la fede politica, dà segni di
cedimento: tra i laburisti i Sì sono raddoppiati in 30 giorni, dal 18 al 35%. Anche questo spiega il nervosismo di Ed
Miliband (che ha 40 deputati scozzesi
mentre i Conservatori ne hanno solo
uno): il leader del Labour in un’intervista pubblicata ieri ha detto che se passa
Edimburgo
REGNO
UNITO
26.424
Incluse
le rendite petrolifere
Londra
Escluse
le rendite petrolifere
20.873
20.571
ULTIMI SONDAGGI (esclusi: «non so» e «non voterò»)
NO
SÌ
61%
57%
43%
39%
53%
51%
47%
49%
New York
De Blasio
«tradisce»
i senza tetto
Bill de Blasio criticato per il
trattamento dei poveri: il
sindaco di New York, che
sulla difesa dei diseredati ha
costruito gran parte della sua
campagna elettorale, si
appresta a mandare via dalla
Grande Mela 2.000 senza
tetto. E subito si scatena la
protesta delle associazioni per
i diritti dei poveri, che vedono
il primo cittadino seguire i
passi del predecessore (dopo
averlo criticato). De Blasio
aveva infatti accusato Michael
Bloomberg, sindaco fino alla
fine del 2013, di «espellere»
dalla città i più sfortunati e i
più deboli, col risultato di
creare in pratica due città:
quella dei ricchi, Manhattan,
e quella dei poveri, nelle altre
aree della metropoli. Ma il
numero dei senza tetto
costretti a fare le valigie si
mantiene ai livelli di quelli
della precedente
amministrazione. Le
associazioni vorrebbero
invece che il sindaco colpisse
i proprietari di immobili e di
case che mettono i più poveri
in mezzo a una strada.
LA BATTAGLIA PER L’INDIPENDENZA: I LEADER
Un legame speciale per la Corona
Da Maria Stuarda ai picnic a Balmoral
Elisabetta e quelle terre del Nord
SÌ
Alex Salmond
Primo ministro
scozzese
Leader del Snp
(Scottish
National Party)
NO
Alistair Darling
Leader di
«Better Together»
Ex ministro
delle Finanze
del Regno Unito
C.D.S.
di ENRICA RODDOLO
Come ogni estate Her Majesty è a
Balmoral, il suo luogo del cuore. Anche se è solo dal 1707, con l’Act of
Union voluto dalla regina Anna (figlia
di Giacomo II), che le due corone sono
state unificate dopo secoli di aspre
battaglie: Elisabetta I arrivò a mandare al patibolo la cugina Mary «regina
degli scozzesi» (Maria Stuarda) nel
1587.
Così ieri l’inquilino del numero 10
di Downing Street è volato fino a Balmoral per incontrarla e fare il punto
sulla delicata questione del voto sull’indipendenza scozzese. Solo fra i
venti e la natura aspra di questa terra
Elisabetta ritrova la sua serenità. Per
La maggioranza dei catalani
ritiene che il referendum
sull’indipendenza della
Catalogna dalla Spagna non si
debba svolgere se, come è
probabile, verrà dichiarato
incostituzionale. È quanto
emerge da due sondaggi
pubblicati a due mesi dalla
consultazione popolare del 9
novembre proposta dal
presidente della regione
nord-orientale, Arturo Mas. Il
premier spagnolo, Mariano
Rajoy, ha già sottoposto la
questione alla Corte
costituzionale. Solo il 23% dei
catalani vuole che si vada al
voto anche senza l’avallo
giuridico, secondo un
sondaggio pubblicato da El
Pais. Un 45% chiede di
rispettare la decisione dei
tribunali. Del resto solo il 27%
dice di volere l’indipendenza
da Madrid e il 42% chiede solo
rinegoziare i rapporti. Da un
altro sondaggio, su La Razon,
emerge che il 55% è contrario
al voto se vietato dai tribunali.
Ritratti
Elisabetta nel
1960 al castello di
Balmoral con
Filippo e i figli.
Sopra un ritratto
di Maria Stuarda
questo, quando Buckingham palace
apre ai visitatori della tradizionale
summer exhibition, lei e Filippo si trasferiscono a Balmoral, la residenza di
vacanza acquistata nel 1852 da Alberto di Saxe Corburgo per la sua amata
Vittoria. Qui Filippo, fino a che l’età lo
permetteva (e talvolta ancora oggi) si
dilettava a cucinare salsicce e carne alla brace: Elisabetta ha sempre amato i
dejeuner sur l’erbe, come cavalcare e
guidare per i sentieri impervi delle
colline scozzesi. Quanto al duca, la sua
passione è la caccia che solo lontano
da Londra riesce a coltivare.
Anche molte delle fughe romantiche di Her Majesty hanno avuto per
meta la Scozia, e per la precisione le
isole Ebridi: le scelse anche per festeg-
giare i suoi 80 anni. Prima le raggiungeva a bordo del Royal Britannia poi si
è rassegnata ad affittare l‘Hebridean
Princess, un traghetto per il trasporto
dei veicoli, riconvertito in lussuoso albergo sulle onde. Come ogni estate, il
3 luglio, alla cattedrale di St Giles nel
cuore storico di Edimburgo la regina
ha nominato i nuovi cavalieri dell’Ordine del Thistle (il cardo), la più alta
Residenza estiva
Ogni estate sposta in Scozia
la sua residenza. Qui Filippo,
finché poteva, si dilettava
a cucinare salsicce
onorificenza di Scozia. E pochi giorni
prima aveva incontrato il paladino
dell’indipendenza, Alex Salmond, durante il tradizionale Royal garden party scozzese: ogni anno, la regina dedica infatti alla Scozia uno dei ricevimenti della stagione estiva, oltre ai tre
a Buckingham palace a Londra. Proprio Salmond ha sempre assicurato
che la Scozia non rinuncerà mai alla
sua regina, lei resterà insomma Queen
of Scotland. In fondo, Her Majesty è
rimasta sovrana anche dell’Australia.
Ma pur non potendo esprimere un
pensiero politico, Elisabetta è molto
preoccupata. E ai Braemar Gathering,
i giochi delle Highland, accanto a Carlo (che in Scozia è Duca di Rothesay),
il suo volto non nascondeva tensione.
È consapevole che la corona è fragile.
Insomma, anche se Salmond assicura
che la regina non è in discussione, dire addio alla sua terra amatissima sarebbe una fitta al cuore per Elisabetta.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
16
italia: 51575551575557
Lunedì 8 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Lunedì 8 Settembre 2014
17
italia: 51575551575557
#
Cronache
La tragedia Le suore appartenevano all’ordine saveriano. Il dolore di Mogherini
Viaggio di solidarietà
«Colpite da uno squilibrato»
Uccise due missionarie italiane
Volontario
accoltellato
nel suo camper
in Turchia
Erano impegnate in Burundi. L’ipotesi di una rapina
GENOVA — Stavano tornando
da un viaggio che univa
solidarietà e conoscenza di
Paesi e terre nuove: i genovesi
Giorgio Bozzo, 70 anni, e la
moglie Rita facevano parte di
un gruppo di sei equipaggi di
camperisti diretti in Turchia,
Georgia e Armenia. Venerdì
notte Giorgio, agente
marittimo in pensione, è stato
ucciso a coltellate nel suo
camper, nei pressi di
Trebisonda, durante un
tentativo di rapina finito nel
sangue, probabilmente
perché ha cercato di reagire e
difendere la compagna. Rita
Bozzo è rimasta lievemente
ferita, è stata ricoverata in
stato di choc ed è già stata
dimessa. Farà ritorno in Italia
oggi. «È morto tra le mie
braccia, nel buio di quel
parcheggio», racconta Rita.
«Era buio, non ho visto in
faccia gli aggressori». Giorgio
e Rita erano in viaggio per
consegnare medicine a un
ambulatorio in Armenia e a
un’associazione che offre
sostegno ai profughi, in
particolare orfani. La
missione era andata a buon
fine e la carovana era sulla via
del ritorno. La spedizione era
organizzata dall’associazione
Arance di Natale Onlus, un
gruppo di camperisti che
sotto Natale vende arance per
beneficenza e impiega quanto
raccolto per acquistare
medicine e generi di prima
necessità, come spiega il
vicepresidente Beppe Maio,
che vengono poi consegnati
di persona. «Abbiamo parlato
al telefono con Rita — dice
Maio — fisicamente sta bene
ma è molto provata. Anche
noi siamo sconvolti, Giorgio
era un amico e un punto di
riferimento per la nostra
attività di volontariato, era
con noi da molti anni». La
polizia turca ha già arrestato
due uomini, uno dei quali —
H.K., 33 anni, noto come
tossicodipendente — secondo
notizie confermate dalla
Farnesina sarebbe l’autore
materiale dell’omicidio.
Secondo le indagini sarebbe
entrato nel camper dal
finestrino di ventilazione e
avrebbe colpito Giorgio Bozzo
con numerose coltellate. «I
camper dei nostri soci — dice
Maio — erano parcheggiati
davanti a un ristorante dove il
gruppo si era fermato per
cena. L’area di parcheggio è
custodita, nei nostri viaggi
stiamo sempre attenti alla
sicurezza. Non conosciamo
esattamente la dinamica di
quello che è successo». È
quello che si chiede anche il
fratello maggiore di Giorgio,
Mario, che abita poco distante
dai Bozzo nelle alture di
Genova: «Ero preoccupato per
questo viaggio — dice —
perché quelle zone mi sono
sembrate da subito troppo
pericolose. Avevo detto a mio
fratello di non partire. Ma per
lui questi viaggi erano molto
importanti. E adesso mi
dicono che è stato ucciso da
un disgraziato, un tossico».
Sui quotidiani e alla tv turca
l’aggressione viene descritta
con espressioni di grande
riprovazione. Forse è ancora
vivo il ricordo dell’omicidio
dell’artista Pippa Bacca
(Giuseppina Pasqualino di
Marineo), uccisa da un
camionista nel marzo del
2008 non lontano da Istanbul.
Lucia Pulici, missionaria saveriana, da 6 anni era impegnata a Kamenge, villaggio nella zona della città di Bujumbura in
Burundi. Compito difficile, in
una clinica psichiatrica della locale parrocchia, tenuta dai Fratelli della Carità. «L’incontro con
gli ospiti della clinica è diventato un appuntamento fisso della
domenica pomeriggio — raccontava qualche tempo fa —.
Accompagniamo padre Modesto nella visita ai malati. Insieme a lui, da anni, visita i malati
anche Esperance, una giovane
burundese, dolce e calma, che
non si scompone di fronte alle
loro reazioni a volte violente».
Ieri forse uno di quei malati
ha colpito a morte suor Lucia
Pulici e la consorella Olga Raschietti. È stato nella notte il sito
internet della diocesi di Parma a
dare la tragica notizia: «Oggi in
Burundi presso la loro missione
di Kamenge sono state uccise
due sorelle missionarie saveriane. Le circostanze sono ancora
oscure: sembra che il loro omicidio sia il tragico esito di una
rapina da parte di una persona
squilibrata».
Il ministero degli Esteri ha
subito confermato la morte delle due religiose. Il ministro Federica Mogherini ha commentato: «L’uccisione di suor Lucia
Pulici e suor Olga Raschietti nel
convento di Kamenge è un
grande dolore. A nome mio e
del governo vorrei porgere le
più sentite condoglianze alle fa-
miglie e all’ordine delle Missionarie di Maria saveriane». E ha
aggiunto: «Attendiamo ora che
le autorità del Burundi chiariscano quanto accaduto. Ci adopereremo per riportare in Italia
quanto prima le salme delle due
religiose».
Lucia Pulici aveva lavorato in
un reparto di maternità prima
in Brasile e poi in Congo. Dal
2008 era in Burundi. Olga Raschietti, originaria di Montecchio Maggiore, in provincia di
Vicenza, era entrata tra le Missionarie di Maria saveriane nel
1956, e dal 1968 era in Africa,
soprattutto nelle missioni in
Congo. Prima di tornare nella
sua ultima missione di Kamenge aveva scritto sul giornale della diocesi di Vicenza: «Riparto
con gioia per l’Africa con il desiderio di continuare a comunica-
In Africa
A sinistra, Olga
Raschietti. A destra
Lucia Pulici. Missionarie
saveriane, erano
impegnate nel villagio di
Kamenge in Burundi
In Puglia
Gabrielli:
«Sì allo stato
d’emergenza
nel Gargano»
«Per quello che ho
visto, per quello che il
presidente (Vendola
ndr) mi ha raccontato,
credo che ci siano le
condizioni per la
dichiarazione dello
stato di emergenza».
Lo ha detto il capo
della Protezione civile,
Franco Gabrielli, dopo
l’incontro in
prefettura a Foggia
con i sindaci dei
comuni colpiti
dall’alluvione che
sabato ha causato un
morto e un disperso.
Intanto l’Esercito è al
lavoro per liberare dal
fango le strade di
Peschici e di Rodi
Garganico.
Riccardo Bruno
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Napoli L’avvocato Anselmo conduce una controinchiesta. Arma e ospedale negano
Per la morte di Davide c’è il legale di Cucchi
«Il carabiniere gli ha sparato alle spalle»
La vicenda
La vittima
Davide Bifolco (foto
sotto) è stato ucciso
venerdì nel rione Traiano
di Napoli dopo essere
stato colpito da un
proiettile partito dalla
pistola di un carabiniere
al termine di un
inseguimento. Il ragazzo,
che avrebbe compiuto 17
anni il prossimo 29
settembre, si trovava
assieme ad altri due
giovani su uno scooter
senza casco e
Filmato Una telecamera fuori dalla sala giochi vicina a dove è stato ucciso Davide Bifolco mostra un carabiniere precipitarsi nel locale dopo gli spari
NAPOLI — I genitori di
Davide Bifolco — il diciassettenne ucciso quattro
notti fa da un carabiniere
dopo un inseguimento al
Rione Traiano — hanno dato incarico all’avvocato Fabio Anselmo (che in passato
ha assistito anche le famiglie di Stefano Cucchi e di
Federico Aldrovandi) di
svolgere proprie investigazioni da consegnare poi ai
magistrati della Procura di
Napoli che indagano per
omicidio colposo nei confronti del carabiniere che ha
sparato.
L’avvocato è stato ieri a
Napoli accompagnato da
Ilaria Cucchi, la sorella di
Stefano Cucchi, e da una
re la Parola di Dio e testimoniare
il suo grande amore per noi, per
tutti. Sento fortemente che per
una vera missione è necessaria
la preghiera: occorre stare con
Gesù per capire la forza del Vangelo, sola forza che può trasformare il mondo e cambiare la
storia». E qualche anno prima
aveva confessato: «Ormai le mie
forze diminuiscono, però ancora accompagno dei giovani che
si preparano ai sacramenti;
inoltre posso annunciare Gesù
attraverso i contatti personali: si
può sempre essere vicini con
una parola buona e di speranza».
Il vescovo Enrico Solmi, «a
nome di tutta la Chiesa di Parma», ha espresso «la vicinanza e
il cordoglio della diocesi alla
Congregazione delle missionarie saveriane e ai familiari delle
due sorelle affidandole, nella
preghiera, al Signore della Vita».
Il porporato ha poi invitato «i
cristiani di Parma alla preghiera» e ha rivolto «agli uomini e
alle donne di buona volontà un
appello al raccoglimento e all’omaggio verso persone umili,
forti, che erano votate al bene di
tutti».
Quello saveriano è un ordine
missionario fondato nella prima
metà del secolo scorso dall’ex
vescovo di Parma Guido Maria
Conforti. Ha missioni in tutto il
mondo e da molti anni è presente in Burundi.
collaboratrice, per raccogliere il primo materiale che
stamattina, o al massimo
domani, dovrebbe essere
depositato in Procura. Anselmo è entrato in possesso
della registrazione dell’impianto video a circuito chiuso del centro scommesse distante pochi metri dal punto
in cui il diciassettenne è stato ucciso. Le telecamere, però, non inquadrano la stra-
Le immagini
Il foro sul petto nelle foto
del cadavere diffuse dalla
famiglia. L’autopsia dirà
se è di entrata o di uscita
da, quindi si vedono soltanto alcune persone che, attirate dal rumore dello sparo,
escono dal locale, ma poi
vengono fatte rientrare da
un carabiniere, che secondo
i legali dei Bifolco apparirebbe in uno stato d’animo
«evidentemente alterato».
Al Comando provinciale di
Napoli (dove si ribadisce
«profonda solidarietà» nei
confronti dei familiari della
giovane vittima) sostengono, però, che quello che appare nel video non sarebbe
il carabiniere che ha esploso
il colpo di pistola contro Davide Bifolco ma un suo collega. Sempre secondo gli
stessi carabinieri, le immagini inquadrerebbero di
sfuggita anche Arturo Equabile, il giovane ricercato che,
stando alla ricostruzione
fatta dai militari dell’Arma,
era sullo scooter insieme
con Bifolco e un altro giovane (Salvatore Triunfo), e
perciò i tre non si sarebbero
fermati all’alt della pattuglia
del nucleo radiomobile
dando quindi il via all’inseguimento conclusosi tragicamente.
Per i carabinieri questo
particolare è importante
perché l’altro giorno alcune
emittenti televisive hanno
intervistato un giovane che
ha detto di chiamarsi Enzo
Ambrosio e ha riferito di essere lui e non Equabile quello che la notte di venerdì
assicurazione: i tre non si
sono fermati all’alt dei
carabinieri
Le tensioni
Sabato a Napoli c’è stata
una manifestazione per
chiedere giustizia per il
giovane. Un gruppo di
facinorosi ha organizzato
un blocco stradale
mentre tafferugli sono
scoppiati con gli uomini
della polizia. Il sindaco de
Magistris si è detto
«scosso dalla tragedia»
scorso riuscì ad allontanarsi
a piedi mentre Bifolco veniva ferito a morte e Triunfo
bloccato e ammanettato.
In accordo con i genitori
del diciassettenne, i legali
hanno anche reso pubbliche alcune foto del corpo
senza vita di Davide Bifolco,
perché dimostrerebbero
che il foro che si vede chiaramente sul lato sinistro del
torace è il foro di uscita del
proiettile, quindi il ragazzo
sarebbe stato colpito mentre era di spalle. Tale ricostruzione contrasta con
quella ufficiale fornita dai
carabinieri e avvalorata dal
referto medico dell’ospedale San Paolo
(dove il diciassettenne arrivò già cadavere), secondo cui
il proiettile sarebbe
entrato dalla parte
anteriore del torace
e uscito dalla zona
dell’ascella.
Intanto al Rione
Traiano continua il
presidio degli abitanti sul luogo dove il ragazzo è stato ucciso. Ieri sera un
centinaio di persone ha anche dato vita a un corteo che
si è svolto senza incidenti
ma ha creato notevoli disagi
alla circolazione automobilistica. In serata, poi, è stata
organizzata una preghiera.
Oggi, quando il corpo del
ragazzo, dopo l’autopsia,
sarà riconsegnato alla famiglia, si dovrebbero conoscere data e luogo dei funerali.
F. B.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Erika Dellacasa
© RIPRODUZIONE RISERVATA
18
italia: 51575551575557
Lunedì 8 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Lunedì 8 Settembre 2014
Cronache 19
italia: 51575551575557
Istruzione Sempre più regioni hanno calendari uguali ogni anno. Il Codacons calcola le spese: oltre 750 euro a studente
L’Aquila
Otto milioni di ragazzi sui banchi
Parte Bolzano, fra 10 giorni il Sud
L’Istituto
elementare
con due classi
per soli italiani
Oggi i primi rientri in classe. Polemiche sui costi di libri e corredo
INF
ANZI
A1
.022
9
9
.12
9
.
1
0
7.881.838
1
6
.
2 GLI ALUNNI ISCRITTI QUEST’ANNO SCOLASTICO
GR
AD
Scuole aperte da oggi:
i primi a sedersi in classe sono
gli alunni della Provincia
autonoma di Bolzano
Gli ultimi i pugliesi
e i siciliani
O
8.644
366.838
Le istituzioni
scolastiche statali
nello scorso anno
728.325
Le classi attivate
nell’anno scolastico
2013/2014
Gli insegnanti
(compresi quelli di sostegno)
nelle scuole statali
PER REGIONE
I testi
Alle medie e alle
superiori servono
tra i 300 e i 350 euro
per acquistare i manuali
Prov. autonoma
di Bolzano
Numero iscritti
Oggi
Inizio scuola (settembre)
15 *
Lombardia
1.181.434
Valle d’Aosta 11 16.000***
Piemonte 15 536.275
605.968 15 Veneto
217.131 15 Marche
179.465 11 Abruzzo
534.259 15 Emilia Romagna
41.797 10 Molise
Toscana 15 474.423
83.553 15 Basilicata
Umbria 15 119.701
Lazio 15
739.360
632.646 17 Puglia
933.864
PR
IM
AR
IA
Campania 15
Sardegna 15 212.822
Calabria 15 297.106
CO
SE
In otto milioni sui banchi
Tra elementari, medie e superiori quest’anno scolastico
gli studenti saranno 7.881.838,
a cui vanno aggiunti quelli che
frequenteranno gli istituti nelle
regioni a statuto speciale (Valle
d’Aosta e Trentino Alto Adige)
e quelli paritari. Sullo sfondo la
«disperazione» — affidata
sempre ai social network — dei
ragazzi: «Non sono psicologicamente pronto», sintetizzano
in molti. Qualcuno spera in un
«ripescaggio» della soluzione
di Umberto Buratti, sindaco di
Forte dei Marmi, che settimane
fa propose di posticipare
l’apertura a ottobre. «Ripescaggio» che difficilmente ci sarà,
visto che il ministro dell’Istru-
Il formato digitale
Non è mai partito il
progetto di digitalizzare
i testi o adottare forme
miste cartacee e digitali
145.772 15 Friuli Venezia Giulia
10 **
Liguria 15 173.892
suonerà poco dopo anche per i
«cugini» di Trento e i molisani
(mercoledì), per i valdostani e
gli abruzzesi (giovedì). Tra sette giorni toccherà agli alunni di
quattordici regioni. I più «fortunati» al Sud: in Puglia e Sicilia le classi torneranno ad affollarsi il 17.
La mancata svolta digitale
Un conto, quello sui libri per
Prov. autonoma
di Trento
2.59
6.148
Le cifre
SECOND
ARIA
DI S
EC
ON
DO
Per la maggior parte dei ragazzi questa sarà l’ultima settimana libera. Per quelli della
Provincia autonoma di Bolzano
le vacanze sono già finite: oggi
tornano sui banchi di scuola.
«Perché iniziamo prima di tutti
gli altri?», si lamentano i giovanissimi su Twitter e Facebook.
A cui si aggiungono i post «disperati» degli iscritti di alcuni
istituti, soprattutto milanesi,
che hanno deciso di anticipare
rispetto al calendario regionale. Anche se la differenza è di
qualche ora: la campanella
Gli alunni
ND
iscritti al 1° anno
AR
delle scuole superiori
(statali e paritarie)
19,4%
IA
Istituti
professionali
30,8%
Istituti tecnici
49,8%
537.242
CDS
Tutti a settembre
Naufragata
l’ipotesi
di una riapertura
solo a ottobre
DI
PR
IM
O
Licei
Sicilia 17
GR
ADO
769.353
*Scuole dell’infanzia
iniziano oggi
**Scuole dell’infanzia già iniziate
il 1° settembre
***Dato provvisorio
1.651.571
Fonte: ministero dell’Istruzione; i dati regionali sono del 2013/14: Lombardia, Lazio, Campania, Valle d’Aosta, Molise e Basilicata del 2014/15
zione, Stefania Giannini, ha già
risposto con un «no, grazie».
Dal 2014/2015 due grandi
regioni, Lazio e Toscana, introducono i «calendari pluriennali» (anche se in Lombardia ed
Emilia Romagna succede da un
po’) per permettere a famiglie e
scuole di programmare il tutto
per tempo. Le lezioni inizieranno e finiranno nelle stesse date:
si parte il 15 settembre, si chiude l’8 giugno. Se l’apertura capita di sabato o domenica allora si anticipa o posticipa al primo giorno lavorativo utile.
derni e quadernoni (1-2 euro a
pezzo), penne. Ma anche — come chiedono tanti istituti —
rotoli di scottex, risme di carta,
pacchi di fazzoletti, confezioni
di bicchieri di plastica. Il corredo scolastico si allarga sempre
di più e aumenta pure la spesa
di mamma e papà: +2 per cento, rispetto al 2013, secondo il
Codacons. E se in media le cartolibrerie costano più dei supermercati, l’unica voce di risparmio è quella delle promozioni: si arriva a sborsare anche
il 40% in meno.
A fare in conti in tasca alle
famiglie, quest’anno si spenderanno 450-490 euro soltanto
per il corredo scolastico. Altri
300-350 euro serviranno per
l’acquisto dei testi alle scuole
medie e superiori. Conto finale:
da 750 a 840 euro per ogni figlio.
Le spese dei genitori
Grembiuli o casacche (nere,
blu, bluette...) per femmine e
maschi, zaini (50-70 euro),
astucci vuoti (10-15 euro) o
pieni (20-25 euro), matite colorate (6-10 euro per dodici
pezzi), diari (11-15 euro), qua-
studiare, in parte «alleggerito»
dai contributi del ministero
dell’Istruzione alle famiglie
meno abbienti (con un reddito
netto inferiori a 15.493,71 euro) raddoppiato e portato a 103
milioni di euro. Ma che potrebbe essere ancora più basso —
ricorda Skuola.net — se fosse
davvero andata in porto l’idea
di adottare libri in forma mista
(versione cartacea e digitale) o
interamente scaricabili dal
web. Se ne parla dal 2008. Si
doveva partire tra il 2011 e il
2012. Il debutto ufficiale poi
venne annunciato — con tanto
di circolare ministeriale — per
l’anno scolastico 2012/2013.
Ma ad oggi, a parte qualche eccezione, è rimasto su carta pure
quello.
Leonard Berberi
Antonella De Gregorio
© RIPRODUZIONE RISERVATA
GLI APPROFONDIMENTI
Sul Canale Scuola
www.corriere.it/scuola
PRATOLA PELIGNA (L’Aquila)
— Aule con soli italiani e aule
miste. A Pratola Peligna,
comune di circa 8 mila
abitanti in provincia
dell’Aquila, la campanella
dell’istituto comprensivo
«Gabriele Tedeschi» rischia di
dare l’inizio non solo alle
lezioni ma anche alle
polemiche sulla nazionalità
degli alunni. Basta
un’occhiata agli elenchi di
nomi che compongono le
quattro prime classi delle
elementari nei due plessi di
piazza Indipendenza e Valle
Madonna: in sole due classi
(una per plesso), quelle che
per una coincidenza sono
denominate «B», si trovano
ragazzi stranieri. Cognomi di
nazionalità diversa da quella
italiana sono invece assenti
nelle altre due. Lo ammette,
con sconcerto, il sindaco
Antonio De Crescentiis, dopo
le verifiche effettuate a scuola:
«È stata la conseguenza di
scelte avvenute nelle more del
passaggio di consegne tra il
preside precedente e l’attuale,
che è in servizio dal 1°
settembre e ha preso subito le
distanze dall’accaduto. Non so
se ci siano state pressioni da
parte delle famiglie sugli
insegnanti per evitare che i
figli capitassero in una classe
o in un’altra. Sarà il preside a
fare chiarezza, certo la cosa
preoccupa perché qui finora
non abbiamo mai registrato
fenomeni di intolleranza». A
Pratola Peligna ci sono circa
600 extracomunitari, per il
90% di origini albanesi. Finora
mai nessun problema, ripete
il sindaco: «Ma se qualcuno
dei nostri concittadini la
pensa diversamente e ci sono
insegnanti disposti a
sostenerli dovremo
riconsiderare tutto». Già
stamattina il preside, Raffaele
Santini, dovrebbe intervenire
annullando gli elenchi attuali
e ricomponendo le classi con
sorteggio.
Nicola Catenaro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
In Francia La titolare dell’Istruzione Vallaud-Belkacem promuove la lotta alle discriminazioni. Ma a molti non piace e i colori entrano nello scontro politico
Sfida alla ministra a colpi di cartelle rosa e blu
Paese diviso sulle sue idee di uguaglianza
I critici: restino le distinzioni di genere
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
PARIGI — Il ritorno a scuola
in Francia è stato movimentato dalla crisi di governo: via
Benoît Hamon, al suo posto
nel nuovo esecutivo socialista
è stata promossa Najat Vallaud-Belkacem, prima donna a
diventare ministro dell’Istruzione nella storia francese. Una
scelta che ha destato molte polemiche a destra, condotte anche a colpi di cartelle rosa e
blu.
Vallaud-Belkacem, 36 anni,
nata in Marocco, si era già occupata di scuola quando era
ministro della Parità uomodonna, perché aveva sostenuto il programma sperimentale
«ABCD dell’uguaglianza» volto a combattere le discriminazioni in base al sesso sin dai
primi anni di età.
Come mai le ragazze francesi sono spesso molto brillanti
in matematica, ma all’università finiranno per scegliere facoltà umanistiche? Perché nelle aziende i ruoli direttivi sono
quasi sempre affidati agli uo-
La vicenda
Chi è
Najat Vallaud-Belkacem
(foto), 36 anni, francomarocchina, è nata in
Marocco e cresciuta nella
banlieue di Amiens. Ha
studiato a Parigi ed è sposata
dal 2005
La nomina
Belkacem guida l’Educazione
nazionale e punta molto a
combattere le discriminazioni.
Un’idea che non piace alla
destra che la accusa di voler
scardinare la suddivisione tra
maschi e femmine
mini? Secondo il governo francese una grande responsabilità ce l’ha la scuola, che continua a riprodurre — spesso
senza volerlo — vecchi stereotipi.
L’«ABCD dell’uguaglianza»
puntava a sensibilizzare insegnanti e allievi sul fatto che le
bambine non sono destinate
per forza a diventare madri o a
scegliere mestieri tradizionalmente reputati femminili (dalla maestra alla segretaria), e i
bambini non devono per forza
intraprendere carriere impegnative o comunque lavori faticosi (dal muratore
al pompiere al presidente della Repubblica). Ma le associazioni già scese
in piazza contro il
matrimonio degli
omosessuali hanno
trovato un nuovo
terreno di battaglia
nella lotta alla «teoria di genere» di importazione
americana. A loro dire, Najat
Vallaud-Belkacem voleva introdurre nelle scuole la convinzione che la differenziazione sessuale è fondamentalmente culturale, ambientale, e
non innata, naturale. In realtà
Najat Vallaud-Belkacem non
ha mai parlato di annullare le
differenze, ma solo le discriminazioni. Ma contro di lei si
sono saldate alcune associazioni cattoliche tradizionaliste
e musulmane, che hanno organizzato addirittura alcune
giornate di protesta con il ritiro dei bambini da scuola. Tale
è stata l’opposizione che
l’«ABCD dell’uguaglianza»
l’anno scorso è stato abbando-
nato, ma a Najat VallaudBelkacem è rimasto attaccato
addosso il sospetto di voler
annullare — in nome della parità — le millenarie differenze
tra maschi e femmine.
Nelle manifestazioni contro
il matrimonio degli omosessuali, il rosa per le bambine e il
blu per i maschi — usati per
loghi, manifesti, palloncini,
bandiere — sono diventati il
simbolo dell’opposizione al
governo e alla visione di Najat
Vallaud-Belkacem. Così, appena la giovane ministra è passata alla guida dell’Istruzione, le
polemiche sono ricominciate.
Sabato 30 agosto Joëlle Ceccaldi-Raynaud, sindaco del
sobborgo parigino di Puteaux,
ha pensato di assecondare lo
spirito del tempo regalando
4000 cartelle agli allievi del suo
Diversi Gli zaini rosa e blu che un sindaco francese ha dato agli alunni (dal profilo DocShadok su Instagram)
comune: rosa per le bambine,
blu per i maschi (l’anno scorso
erano nere per tutti). Al loro
interno, penne e colori e due
giochi: «Crea le tue collanine»
per le femmine, «costruisci il
tuo robot» per i maschi.
«Certo che a Puteaux non si
scherza con la differenza tra i
sessi!», ha ironizzato la sottosegretaria alla Famiglia Laurence Rossignol, mentre il
consigliere centrista Christophe Grébert ha criticato
apertamente un gesto da lui
definito «clientelare e retrogrado»: «Il blu e il rosa sono
diventati dei simboli politici
dopo il loro uso nelle manifestazioni contro il matrimonio
degli omosessuali, usarli per le
cartelle dei bambini significa
ricorrere a stereotipi stupidi».
La ministra Najat VallaudBelkacem ha cercato di sorvolare — «sono certa che in tempi di crisi molte famiglie saranno contente di ricevere materiale scolastico gratis» — ma
per molti resta un nemico da
combattere. Le due riviste di
estrema destra Valeurs Actuelles e Minute l’hanno messa in
copertina: «L’Ayatollah» e «La
provocazione - una marocchina musulmana all’Istruzione»
erano i titoli.
Stefano Montefiori
@Stef_Montefiori
© RIPRODUZIONE RISERVATA
20 Cronache
Lunedì 8 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Il caso La lotta contro la soluzione del canale alternativo: «Non è sostenuta da studi seri»
La protesta dei «nobili» a Venezia:
drappi sul Canal Grande contro le navi
L’iniziativa nel giorno della Regata Storica. «È stato un successo»
«Con ironia qualcuno ci chiama nobilastri, bollando la nostra battaglia in difesa di Venezia
con la sua Laguna come l’idea di
un gruppo di sopravvissuti in
cerca di visibilità. E no, il Gruppo 25 Aprile ha raccolto in pochi
mesi 30.000 firme (3.000 nelle
ultime 48 ore) e altre se ne raccoglieranno. Ci sono banchetti
in tutta la città. Ma li avete contati i drappi esposti sui Palazzi
che s’affacciano sul Canal Grande nella giorno della Regata Storica? Una cinquantina. Color
dell’acqua, visibili a tutti. Un
successo». È Jane Da Mosto, signora veneziana (anche se è nata a Londra), a raccontare con
entusiasmo e determinazione il
senso della protesta («noi preferiamo chiamarla affermazione») contro la soluzione «governativa» per liberare il Canale
della Giudecca e il Bacino di San
Marco dalle grandi navi: passaggio esterno, lontano dal centro,
mantenendo l’attuale approdo
alla Stazione Marittima, raggiunto attraverso un nuovo canale, il Contorta Sant’Angelo.
«Un’assurdità, scelta non sostenuta da studi scientifici seri, un
altro sfregio», incalza Jane.
Il tema grandi navi non c’entrerebbe con la Regata Storica —
corteo di barche ma anche gara
che si disputa annualmente la
prima domenica di settembre —
appuntamento imperdibile per
veneziani e turisti. Nell’occasio-
La scritta «Venezia è Laguna» esposto da uno dei palazzi del Canal Grande durante la Regata Storica 2014 (foto Sabadin/Vision)
I partecipanti
Nel gruppo l’artista
Gigi Bon, Bianca
d’Aosta e la titolare
dell’Hotel Bauer
ne, i proprietari delle antiche dimore aprono sale e saloni, organizzano feste pomeridiane dove
gli ospiti, tra una tartina e un
bicchiere, si affacciano dalle
logge, con lo sguardo rivolto ai
regatanti sul Canal Grande.
La posizione migliore è davanti alla «machina», il palco
delle autorità allestito sull’acqua. Quest’anno, a rappresentare il Comune c’era il commissario Vittorio Zappalorto, dopo le
dimissioni di Giorgio Orsoni,
causa scandalo Mose. E per la
prima volta si sono visti i gondolini con il nome dello sponsor. La sfida, dunque, è stata
vinta, al centimetro, dall’equipaggio verde di Ivo Redolfi Tezzat e Giampaolo D’Este. Settima
vittoria della loro carriera di regatanti storici. Sconfitto l’arancione dei cugini Rudi e Igor Vigotti, che avevano trionfato nell’edizione del 2013.
Il fatto è che nei Palazzi, con o
senza drappo verde scuro espo-
La vicenda
INVITO A MANIFESTARE INTERESSE PER L’ACQUISTO
IN BLOCCO DI N. 5 CREDITI DI TITOLARITA’ DI IMPRESA S.p.A.
IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA
La sottoscritta Prof.ssa Daniela Saitta, in qualità di Commissario Straordinario di Impresa
S.p.A. in A.S. con sede legale in Roma, Via Catania 9 (“Impresa”),
premesso
- che Impresa è titolare dei seguenti crediti (“i Crediti”):
1) quota parte credito Consorzio Ascosa 4 nei confronti di Ente Volturno, in dipendenza
del rapporto concessorio di cui alla Convenzione del 27 ottobre 1989, relativa all’”ammodernamento e potenziamento della Ferrovia Alifana” e successivi atti aggiuntivi;
2) quota parte credito ATI De Lieto, Impresa ed altri nei confronti di RFI in dipendenza
del contratto di appalto n. 53/2002, stipulato in data 19 aprile 2002, relativo alla “Realizzazione del corpo stradale, delle opere d’arte, dell’armamento e degli impianti tecnologici per la Variante Cassino, la Variante Salerno e il II lotto della nuova linea di
Penetrazione Urbana a Napoli C.le della linea A.V. Roma-Napoli”;
3) quota parte credito ATI De Lieto, Impresa ed altri nei confronti di RFI in dipendenza
del contratto di appalto stipulato in data 19 novembre 2002, concernente la “esecuzione dei lavori di adeguamento a sagoma gabarit B+ con codifica P80 ed EBV1 della
linea Premosello-Domodossola-Iselle”;
4) credito nei confronti di Autostrade per l’Italia S.p.A. di cui al contratto di appalto stipulato in data 18 maggio 2005, concernente “i lavori di ampliamento a tre corsie Barberino del Mugello - Incisa Valdarno - Tratta B (lotti 4-5-6) nel tratto Firenze Nord Firenze Sud dell’Autostrada Milano - Napoli”;
5) credito nei confronti di Autostrade per l’Italia S.p.A., di cui al contratto di appalto stipulato in data 15 luglio 2004, concernente “i lavori di ampliamento a tre corsie Barberino del Mugello - Incisa Valdarno - Tratta C (lotti 7-8) nel tratto Firenze Nord Firenze Sud dell’Autostrada Milano - Napoli”;
- che con provvedimento in data 11 agosto 2014 il Ministero dello Sviluppo Economico
ha autorizzato il sottoscritto Commissario ad indire una procedura di gara per la cessione
pro soluto, in lotto unico, dei citati n. 5 crediti, al prezzo base di € 23.000.000 (ventitremilioni);
invita
i soggetti interessati all’acquisto in blocco dei Crediti a manifestare il proprio interesse
a partecipare alla procedura di cessione dei Crediti, che avrà luogo nei modi e nei
termini previsti dal regolamento (il “Regolamento”) disponibile sul sito internet
www.impresaspa.it, che i soggetti interessati sono tenuti a leggere nella sua interezza. La
manifestazione di interesse dovrà pervenire, nei modi previsti dal Regolamento, all’attenzione della Prof.ssa Daniela Saitta - Commissario Straordinario di Impresa S.p.A. in A.S..
Via Ugo de Carolis 100
00136 - Roma,
mail: [email protected]
ll Commissario Straordinario - Prof.ssa Daniela Saitta
AZIENDA OSPEDALIERA DELLA VALTELLINA E DELLA VALCHIAVENNA
Via Stelvio, 25 23100 Sondrio
AVVISO DI BANDO DI GARA
Viene indetta procedura da esperire secondo quanto indicato dal D.lgs 163/2006 e s.m.i. per aggiudicare la fornitura di sistemi per gestione ed esecuzione della misura della glicemia e di
sistemi analitici per emogasanalisi per un periodo di anni cinque. La procedura di gara è gestita tramite piattaforma SINTEL di Regione Lombardia raggiungibile all’URL: www.sintel.regione.lombardia.it codice gara: 62787186. Le offerte dovranno pervenire con le modalità
indicate nei documenti di gara entro le ore 16:00 del 15.10.2014. La documentazione di gara è
disponibile anche sul sito internet dell’Azienda Ospedaliera della Valtellina e della Valchiavenna:
http://www.aovv.it sezione Albo online, Provveditorato, Bandi di Gara. Punti di contatto:
tel. 0342 521.074 - telefax 0342 521.080 - e mail: [email protected]. Responsabile Unico
del procedimento: Dr. Renato Paroli.
IL DIRETTORE GENERALE - Dott.ssa Maria Beatrice Stasi
Per la pubblicità legale e finanziaria
rivolgersi a:
RCS MediaGroup S.p.A.
Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano
Via Rizzoli, 8
20132 Milano
Tel. 02 2584 6665
02 2584 6256
Fax 02 2588 6114
Vico II San Nicola
alla Dogana, 9
80133 Napoli
Tel. 081 49 777 11
Fax 081 49 777 12
Via Campania, 59
00187 Roma
Tel. 06 6882 8650
Fax 06 6882 8682
Via Villari, 50
70122 Bari
Tel. 080 5760 111
Fax 080 5760 126
L’iniziativa
Il Gruppo 25 Aprile critica la
soluzione proposta per
liberare il Canale della
Giudecca e il Bacino di San
Marco dalle grandi navi
Le richieste
Chiede chiarezza, trasparenza
e la partecipazione della città
Sisma magnitudo 4
sto, gli argomenti di conversazione erano altri. E Venezia, già
lacerata per la Tangentopoli del
Mose, ora è spaccata in due. Anzi, in tre. I No grandi navi che si
oppongono, senza compromessi, al passaggio delle mega-imbarcazioni in Laguna. Il Gruppo
25 aprile, invece, ha debuttato
pubblicamente ieri con la parata
dei drappi sui palazzi del Canal
Grande. Con lo slogan «Venezia
è Laguna» affronta la questione
chiedendo trasparenza, chiarezza e partecipazione della città alle decisioni. Qualche nome: Jane
da Mosto (nuora di Ranieri da
Mosto, nobile leghista, che a fine anni 90 offrì il suo Palazzo
come sede del governo della Padania). Marco Gasparinetti (attivissimo nella raccolta di firme
on line), l’artista Gigi Bon, Bianca d’Aosta, Iaia Coin, Francesca
Bortolotto, proprietaria dell’hotel Bauer. Ieri sera, hanno festeggiato il successo della loro
iniziativa ritrovandosi tutti al
Teatro San Gallo.
Infine, i sostenitori della linea
governativa, approvata nelle
riunione del Comitatone dell’8
agosto, che hanno formato il
gruppo «Venice Alive», lanciando una petizione. I membri promotori sono 4 ex sindaci di Venezia (Ugo Bergamo, Paolo Costa, Nereo Laroni, Mario Rigo),
Agostino Cappelli e Caterina Frisone (Università IUAV), Cristiano Chiarot (sovrintendente della Fenice), Davide Croff (ex presidente della Biennale), Mara
Manente (CISET), Giampietro
Ravagnan (università Ca’ Foscari), Luigino Rossi (presidente
Comitato italiano per la Salvaguardia di Venezia), JerômeFrançois Zieseniss (Comité
Français pour la Sauvegarde de
Venise).
Forte scossa
tra Emilia
e Toscana:
torna la paura
Torna a tremare la terra tra
le province di Pistoia e
Modena, nella zona colpita
dal sisma nel 2012 che
aveva causato pesantissimi
danni in Emilia Romagna.
La scossa di magnitudo 4
ieri mattina è stata
avvertita dagli abitanti
della zona (tra i comuni
modenesi entro i 20 km
dall’epicentro ci sono,
oltre a Fiumalbo, anche
Sestola, Pievepelago,
Riolunato, Montecreto e
Fanano) e diverse persone
sono scese in strada o sono
uscite dai locali pubblici. Il
terremoto si è verificato a
una profondità di 12,3
chilometri. Nella stessa
area, sempre ieri, poco
prima delle 13 si è
registrata un’altra scossa di
terremoto, di magnitudo 2,
a una profondità di 15,2
km. In Emilia Romagna il
sisma è stata avvertito
distintamente, e ha
riportato la paura tra le
persone, che sono scese in
strada. Sul fronte toscano,
oltre un centinaio di
chiamate al centralino dei
Vigili del Fuoco di Pistoia e
moltissime segnalazioni
alla Protezione civile sia
nel Pistoiese, che in
Lucchesia e in tutta la
provincia di Firenze, anche
se per fortuna non sono
stati rilevati danni né
vittime.
Marisa Fumagalli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA
AVVISO DI GARA ESPERITA
1. Soggetto Aggiudicatore: FERROVIENORD
S.p.A. - Sede legale: Piazzale L. Cadorna n.
14 - 20123 MILANO, telefono 02/85114250,
telefax 02/85114621.
2. Procedura di gara: APERTA ai sensi del
D.Lgs. 163/06 e successive modificazioni:
Appalto di Servizi.
3. Tipo di Servizi: Servizio di bonifica da ordigni
bellici nelle aree interessate dai lavori di
realizzazione delle opere di Collegamento
Ferroviario T1 - T2 Malpensa Lotto 2
CIG: 566503893D.
4. Importo presunto a base di gara a misura:
Euro 1.988.148,29 di cui Euro 28.319,84 per
oneri per la sicurezza ed Euro 1.177.929,62
per oneri per la manodopera, non soggetti a
ribasso d’asta.
5. Numero di offerte validamente pervenute: 6.
6. Criteri di aggiudicazione: l’appalto è stato aggiudicato con il criterio prezzo più basso (ex
art. 82 del D.Lgs. 63/06) determinato mediante il massimo ribasso sull’importo a
base d’asta, alla società SOGELMA S.R.L.
con sede in Scandicci (FI) - Via G. Ambrosoli in data 15/07/2014 alle condizioni economiche offerte in gara ossia applicando il
ribasso offerto pari al 67,71%, per un importo totale dell’appalto di € 1.458.724,60.
L’AMMINISTRATORE DELEGATO
DOTT. ING. MARCO BARRA CARACCIOLO
Risorze umane
TECHNO SKY S.r.l. - Enav Company
ESTRATTO AVVISO DI GARA
1) Ente aggiudicatore: TECHNO SKY S.R.L. - Funzione Acquisti - Via del Casale Cavallari n. 200 - 00156
Roma (tel. 06/99342343 - fax 06/99342248). 2) Tipo
di procedura e criterio di aggiudicazione: gara europea a procedura aperta con aggiudicazione all’offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi
dell’art. 83 del D.Lgs.163/06 s.m.i.. 3) Oggetto dell’appalto: Fornitura di sistemi LIDAR presso l’aeroporto “Falcone-Borsellino” di Palermo. 4) Durata
dell’appalto: 465 giorni solari. 5) Importo dell’appalto: € 1.600.000,00 (unmilioneseicentomila/00),
comprensivo dell’eventuale opzione pari ad
€ 700.000,00 (settecentomila/00). 6) Termine e luogo
per il ricevimento delle offerte: entro le ore 12.00 del
giorno 28.10.2014 presso l’indirizzo indicato al punto
1). Bando inviato alla GUUE il 03.09.2014 e pubblicato
sulla GURI l’08.09.2014. La documentazione di gara
è disponibile sul sito www.technosky.it - Sezione
Bandi di gara e riveste carattere di ufficialità.
Il Responsabile Funzione Acquisti
F.to Felicetta Polesi
AVVISO DI SELEZIONE PUBBLICA, PER TITOLI E COLLOQUIO, DIRETTA ALLA COSTITUZIONE DI RAPPORTI DI
LAVORO A TEMPO DETERMINATO
In data 03.09.2014, l’Università degli Studi di Milano ha pubblicato sul sito Internet dell’Ateneo: http://www.unimi.it/ateneo/concorsi/1476.htm n. 1 bando di selezione pubblica
per assunzione di personale con rapporto di lavoro a tempo
determinato.
IL CAPO DIVISIONE PERSONALE
COSMEF Srl in liquidazione - capitale sociale Euro 1 500 000,00
Sede principale e amministrativa: Via Wilmer Graziano, 2/B - 15057 Tortona (AL) - Italy
Tel. +39 0131 81961 - Fax +39 0131 820369 - e-mail: [email protected]
Codice Fiscale e Partita Iva (VAT): IT 02147730069
SOLLECITAZIONE A MANIFESTARE INTERESSE
PER L’AFFITTO, PRODROMICO ALL’ACQUISTO DELL’AZIENDA DELLA SOCIETA’
COSMEF SRL IN LIQUIDAZIONE E IN CONCORDATO PREVENTIVO
TRIBUNALE DI MILANO
PROCEDURA N. 164/2014
COSMEF SRL IN LIQUIDAZIONE E IN CONCORDATO PREVENTIVO, OPERANTE IN MILANO, BUSTO ARSIZIO, FOGGIA E TORTONA NEL SETTORE DELLA RIPARAZIONE DEI CARRI FERROVIARI, INTENDE VAGLIARE EVENTUALI OFFERTE PER L’AFFITTO E LA CESSIONE DELL’AZIENDA, COSTITUITA DA BENI
MATERIALI, CONTRATTI IN ESSERE CON I CLIENTI, AVVIAMENTO E DIPENDENTI, NELL’AMBITO DI
UNA PROCEDURA COMPETITIVA CHE SI TERRA’, PRESSO LO STUDIO DEL LIQUIDATORE, DR. MARCO
VIGNA TAGLIANTI, IN MILANO, VIA VITTOR PISANI 7, IN DATA 15 OTTOBRE 2014, ALLE ORE 15.
PREZZO BASE EURO 400.000, RIALZO MINIMO EURO 20.000.
SI PRECISA CHE PARTE DEL COMPENDIO AZIENDALE E’ ATTUALMENTE AFFITTATO AD UN SOGGETTO
TERZO, IN FORZA DI REGOLARE CONTRATTO DI AFFITTO D’AZIENDA, ANCORA SOGGETTO A CONDIZIONE SOSPESIVA.
GLI INTERESSATI DOVRANNO PRENDERE CONTATTO CON IL LIQUIDATORE, DR. MARCO VIGNA TAGLIANTI, PER OTTENERE INFORMAZIONI IN MERITO ALLA AZIENDA (VIA FAX 02-700421419 O VIA
MAIL [email protected]) E, NELL’IPOTESI DI INTERMEDIARI, DOVRANNO DICHIARARE
L’IDENTITA’ DEI MANDANTI.
LE OFFERTE, IN BUSTA CHIUSA (CONTENENTI LA PROPOSTA DI ACQUISTO, IL VALORE DELL’OFFERTA,
NONCHE’ UN ASSEGNO CIRCOLARE INTESTATO A COSMEF SRL IN LIQUIDAZIONE, PARI AL 10% DEL
PREZZO OFFERTO) DOVRANNO ESSERE DEPOSITATE, PRESSO LO STUDIO DEL LIQUIDATORE, ENTRO
LE ORE 13 DEL 14 OTTOBRE 2014.
L’APERTURA DELLE BUSTE CONTENENTI LE OFFERTE, SI TERRA’ IL GIORNO 15 OTTOBRE 2014 ALLE
ORE 15:00. IN CASO DI PIU’ OFFERTE DI PARI IMPORTO SI PROCEDERA’ CON UNA GARA AL RIALZO,
CON RIALZO MINIMO DI EURO 20.000.
IN DETTA SEDE VERRA’ INDIVIDUATO IL MIGLIORE OFFERENTE E VERRA’ RICHIESTA L’AUTORIZZAZIONE, AL GIUDICE DELEGATO, PER DARE CORSO ALLA SOTTOSCRIZIONE DEI RELATIVI CONTRATTI.
IL PRESENTE ANNUNCIO E LA RICEZIONE DELLE EVENTUALI OFFERTE NON COMPORTANO ALCUN
OBBLIGO E IMPEGNO DI ALIENAZIONE NEI CONFRONTI DI EVENTUALI OFFERENTI, E PER ESSI ALCUN
DIRITTO A QUALSIASI TITOLO (IE. MEDIAZIONE O CONSULENZA).
Sede legale: via Lattuada, 16 - 20135 Milano - Italy - REA: 1891520 - Registro Imprese di Milano: 02147730069
Stabilimento di Busto Arsizio: via Dogana, 4 - 21052 Busto Arsizio (VA) - Italy - tel. +39 0331 1852055 - fax +39 0331 1852056
Stabilimento di Foggia: via S. Alfonso M. de Liguori, 35 - 71100 Foggia - Italy - tel. +39 0881 743821 - fax +39 0881 743822
Stabilimento di Milano: via Toffetti, 122 - 20139 Milano - Italy - tel. +39 02 5696448 - fax +39 02 55210844
TRIBUNALE DI MILANO
TRIBUNALE DI MILANO
CONCORDATO PREVENTIVO N. 49/14
Il Tribunale di Milano Sezione Fallimenti
con decreto in data 17.7.14 dep.
26.7.14 ha dichiarato aperta la procedura di concordato preventivo dell’impresa: ARTENERGY PUBLISHING SRL
IN LIQ.NE CON SEDE IN MILANO VIA
TAORMINA 40. Il Tribunale ha delegato
alla procedura la dott.ssa IRENE LUPO;
ha nominato commissario giudiziale il
dott. GIAN MATTEO FIORINI VIA BESANA 6 MILANO; ha fissato la data del
12.11.14 alle ore 13.30 per l’adunanza
dei creditori presso l’aula B, piano I, lato
Via S. Barnaba del Palazzo di Giustizia
di Milano. M0014624
CP 21/2014: Il Tribunale di Milano
con decreto in data 8/5/2014 dep.
15/7/2014 ha dichiarato aperta la
procedura di concordato preventivo
dell’impresa: Autocar Giacosa S.a.s.
con sede in Cormano (MI) Via Cimabue 26/28. Il Tribunale ha delegato
alla procedura il G.D. Dott.ssa Bruno;
ha nominato commissario giudiziale
la Dott.ssa Maddalena Dal Moro; ha
fissato la data del 29/10/2014 alle ore
13:30 per l’adunanza dei creditori
presso l’aula delle adunanze a ciò
destinata del Palazzo di Giustizia di
Milano. M0014164
TRIBUANALE DI MILANO
TRIBUNALE DI MILANO
IL FALLIMENTO FONDERIA RIVA SRL IN
LIQ.NE vende in un unico lotto piena proprietà: 1) immobili industriali e terreni
agricoli posti a Parabiago Via Vittorio Vela
9/A. 2) impianti, macchinari, attrezzature,
mobilio, arredi e macchine ufficio. Prezzo
base d’asta € 5.800.619,50, in caso di
gara per pluralità di offerenti, rilancio non
inferiore a € 10.000,00. Per maggiori informazioni si rimanda la lettura delle perizie e dell’ordinanza di vendita consultabili
sul sito del Tribunale di Milano all’indirizzo
http://pubblicità.tribunale.milano.it/milano. Data asta 10.11.14 h 11. G.D Dott.
D’aquino. Collegio curatori Avv. G. Zanetti,
Dott.ssa M. Dal Moro, Dott. V. Potenza, tel.
0255193464 - 0236684000 - 0258318685
Rif. R.G 742/11 M0014214
ROMA - VIA BOCCIONI 4, INT. 2: Vendesi
immobile sito in Roma, costituito da appartamento piano terra con annessa cantina la
piano seminterrato mq 140 circa. Le offerte
dovranno pervenire al Liquidatore giudiziale
entro il giorno e l’ora fissati per l’asta mediante deposito di assegno circolare corrispondente al 10% del prezzo offerto. In
caso di pluralità di offerte l’aggiudicazione
sarà effettuata mediante espletamente di
gara tra gli offerenti da tenersi avanti al liquidatore giudiziale. Il bene viene venduto a
corpo e nello stato di fatto e di diritto in cui
si trova. Prezzo base Euro 390.000,00.
Vendita senza incanto 05-11-2014 ore
15:00. G.D. Dott.ssa Mammone. Liquidatore Giudiziale Dott. Massoli Giovanni tel.
02796634. Rif. Fall. 10/2012. M0013998
Corriere della Sera Lunedì 8 Settembre 2014
Cronache 21
italia: 51575551575557
Nel 1977
Nel 2007
Wall Street Journal
«Il lago
di Garda?
Bello e senza
americani»
Castello di Albola Il podere Marangole nel 1977: paesaggio misto, terrazze con vigne, ulivi, aceri Trent’anni dopo La stessa collina nel 2007 tutta coperta da vigneti lavorabili industrialmente
Ambiente I puristi chiedono più tutele per le campagne. I produttori di vino si lamentano: è una visione antica
La disfida dei filari di vite in Toscana
«Sono troppi, il paesaggio è di tutti»
Polemiche per il Piano territoriale in discussione nella Regione
di GIAN ANTONIO STELLA
«B
ucolici!». «Profittivisti!». La guerra dei vigneti, seguita a quelle
tra guelfi e ghibellini,
fiorentini e senesi, pisani e livornesi,
sta spaccando a metà politici e vignaioli, docenti e paesaggisti come non si
vedeva da tempo perfino in una regione litigiosa qual è la Toscana. Cuore
della rissa: il nuovo Piano di indirizzo
territoriale. Destinato a diventare il
piano paesaggistico
I temi sono due. Primo: i vigneti sono sempre e comunque, per loro stessa natura, bellissimi? Secondo: i colli
toscani appartengono solo ed esclusivamente ai loro proprietari? E se è così
la pretesa di mettere naso nelle faccende delle colture e del paesaggio è
una violazione della proprietà privata
da parte della «burokrazja» regionale?
Sì, dice Confagricoltura. E sulla sua
pagina Facebook accusa il piano, elaborato dall’assessore all’urbanistica e
al territorio Anna Marson, di essere
«vincolistico e bucolico» e di imporre
«solo limitazioni alle aziende vitivinicole».
Accuse che l’assessore e il governatore Enrico Rossi respingono: «Il paesaggio toscano appartiene a tutti i toscani. Non solo ai grandi produttori
vitivinicoli. Abbiamo o no il diritto di
chiedere un occhio di riguardo non
solo per la massima produttività dei
vigneti (che preme anche a noi, ovvio) ma anche per la tutela del paesaggio storico, unico al mondo, della nostra terra?».
Dicono i puristi: il paesaggio storico è quello dipinto da Ambrogio Lorenzetti nel celeberrimo «Gli effetti
del buon governo in campagna»: un
sublime accatastarsi disordinato di vitigni a terrazza, ville, casupole, campi,
pascoli, aceri e boschetti. Quel tipo di
paesaggio che, sostanzialmente rimasto intatto per secoli, ha fatto la fortuna della Toscana e dunque va conservato così com’è.
«Così si torna indietro di cent’anni!», ribattono i produttori come Fabrizio Bindocci, presidente del Consorzio del Brunello di Montalcino:
«Qui si immagina una agricoltura con
le pecore, i maiali, il boschetto e gli
olivi ma piantar vigne non vuol dire
fare ecomostri!». L’agricoltura moderna impone di «plasmare» il territorio per poterlo usare meglio? Nessun
pregiudizio: «Qui il terreno era ripido
e sei metri più alto, ma con anni di lavoro l’abbiamo sistemato, ci lavorano
cento persone e abbiamo valorizzato
tutta la zona», ha spiegato Lamberto
Frescobaldi, il presidente dell’azienda
di famiglia che fa vino da 30 generazioni, «non si possono demonizzare i
lavori necessari a un’azienda». «Esser
conservatori in agricoltura non ha
senso», ha detto al «Corriere fiorentino» suo padre Vittorio. E le incoerenze tra produttività industriale e bellezza? Zero: «Per essere competitivi
servono aziende moderne e belle, chi
viene qui capisce la nostra dedizione
al lavoro e questa bellezza è la nostra
forza».
Il nodo è la scelta tra due tipi di vigneto, quindi di paesaggio. Da una
parte quello tradizionale: quella sublime e disordinata mescolanza di terrazze di cui dicevamo coi vigneti a
«girapoggio» lavorati nei secoli con la
zappa. Dall’altra i vigneti a «rittocchino», grandi distese di filari perfettamente allineati su colline qua e là piallate così da consentire l’accesso ai
trattori e alle altre macchine. Le foto
del castello d’Albola nel 1977 e nel
2007 dicono tutto. E divideranno i lettori come già dividono gli addetti e
perfino (di qua l’assessore all’agricoltura Gianni Salvadori, di là la Marson)
la giunta regionale: il paesaggio d’oggi è snaturato o no rispetto a un tempo?
Paolo Socci, che fa un Chianti Classico a Lamole dove ha riunito 16 poderi, dice di avere speso «una tombola» per sistemare i terrazzamenti («i
morti e gli emigrati si sono portati via
la sapienza») ma giura che ora, con la
rinuncia al «rittocchino», «il vino è
più buono». Lui stesso, però, rifiuta di
sostenere che l’uno o l’altro dei sistemi sia sempre e comunque il migliore:
«Dipende da troppe cose: il luogo, il
colle, i venti, l’esposizione al sole... ».
Quale sia il business dietro la baruffa è presto detto: 26.120 aziende vinicole di cui alcune decine molto
grandi, 59.992 ettari di vigneti pari al
7% della superficie agricola, qua e là
un boom di nuovi filari, due milioni e
338mila ettolitri prodotti nel 2013 (un
quarto della Puglia ma con tutto un altro mercato internazionale), un
export di 747 milioni di euro nel 2013,
dai 16 ai 22mila euro di contributi su
ogni ettaro di vigne nuove, 172 milioni in un decennio aiuti regionali e per
il futuro una pioggia da qui al 2014 di
un miliardo e 700 milioni di fondi europei.
«Appunto! — insiste Enrico Rossi
—. Vogliamo renderci conto che abbiamo strappato più soldi a Bruxelles
proprio perché non dobbiamo solo
2,218
Milioni di ettolitri È il vino rosso
prodotto in Toscana nel 2013. Di
bianco invece 440 mila ettolitri
38
Per cento È la percentuale di vino
prodotta in provincia di Siena nel
2013. Firenze si ferma al 25%
✒
L’ira dei vignaioli, accusati di inquinare
di LUCIANO FERRARO
«L
a Regione Toscana vuole riportarci agli anni del
Dopoguerra, quando nelle campagne si faceva la
fame. Ma davvero sognano il ritorno dei mezzadri con
tre filari di viti, un olivo e due mucche?»: Fabrizio
Bindocci, presidente del Consorzio del Brunello di
Montalcino, guida la rivolta contro il Piano
paesaggistico della Toscana. Con lui gli altri presidenti
dei vignaioli toscani (Bolgheri, Chianti, Chianti classico,
Cortona, Morellino di Scansano, Nobile di
Montepulciano...), i vivaisti e i cavatori. Mercoledì a
Firenze si incontreranno per decidere le contromosse.
Linea dura: «C’è poco da modificare, quel piano va
cancellato, non modificato. In linea di principio siamo
per il dialogo — spiega Bindocci —. Ma ho scritto da
dieci giorni al governatore Enrico Rossi, e neppure mi ha
risposto». Rossi parla di un Piano di
«raccomandazioni». I produttori sono convinti che i
limiti alla sostituzione di vecchi filari e al
riammodernamento delle cantine provochino un danno
alla terra conosciuta in tutto il mondo per i suoi vini. «Il
Piano — dicono i vignaioli — è fondato su principi
sbagliati». E indicano l’articolo 18 del malloppo di 3.000
pagine, approvato a luglio e che dovrà ottenere il via
libera definitivo ad ottobre: il territorio è un bene
comune, al di là di chi possiede le terre e i beni immobili.
L’idea è che la monocultura, in alcune zone, abbia
cambiato radicalmente il paesaggio, alterando
l’equilibrio del passato. Bindocci porta ad esempio la
sua zona, dichiarata nel 2004, assieme alla Val d’Orcia,
patrimonio dell’umanità dall’Unesco, come è accaduto
poche settimane fa a Langhe, Monferrato e Roero, in
Piemonte. A Montalcino ci sono 24 mila ettari di
superficie, 12 mila a bosco, 3.600 a vigneto, il rimanente
per ulivi, altre colture e pascoli. «Ma come si fa a dire
che i vigneti sono troppi? — si arrabbia Bindocci —.
Dicono che inquinano? Abbiamo analisi che dimostrano
che non è vero: non c’è inquinamento né da concimi né
da antiparassitari. Il rischio smottamenti? Ma i
contadini sono le sentinelle del territorio, lo controllano
e lo tutelano. Pensate che una polemica simile potrebbe
nascere in Francia, riferita a Champagne, Bordeaux e
Borgogna?». Bindocci è convinto che la ricchezza e la
fama del sistema Brunello abbiano preservato la bellezza
delle colline. «Come nel Chianti e nel resto della Toscana
— sostiene — le nostre sono campagne curate e pulite.
Invece il Piano sostiene che bisogna tornare ai pascoli
degli anni Cinquanta e vieta persino di reimpiantare i
cipressi. Ma non si chiamavano cipressi toscani?».
(divini.corriere.it)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
aiutare l’agricoltura ma anche tutelare
un paesaggio unico che appartiene a
tutti quelli che amano la Toscana? Non
vogliamo fermare lo sviluppo dei vigneti ma possiamo o no chiedere che
le distese a “rittocchino” siano interrotte qua e là da un boschetto, una
macchia, qualche cipresso? Vogliamo
trovare un punto di equilibrio tra il vigneto competitivo e il “nostro” paesaggio?».
«La prova della nostra apertura è
che, nonostante la legge Galasso consideri sacro ogni bosco, noi consentiamo di riportare all’agricoltura quelli nuovi che hanno meno di cinquant’anni — insiste Anna Marson —. Il
piano vuole solo fissare alcuni punti.
E qualche paletto dove la monocultura ha spazzato via tutto il resto. E non
solo per questioni paesaggistiche, ma
anche idrogeologiche».
Altro tema: i vigneti a «rittocchino», secondo studiosi come Mauro
Agnoletti, docente di Sistemi agrari,
alimentari e forestali a Firenze, terrebbero meno in caso di frane. Che la vecchia agricoltura avesse «tradito» i
contadini appenninici perché incapace di dar da mangiare a tutti non si discute: dal censimento del 1921 ad oggi
una emorragia incessante. Che il sistema a terrazze, però, fosse una garanzia idrogeologica pare dimostrato,
ad esempio, dalle analisi delle 30 frane
principali che hanno colpito le Cinque
Terre: il 69% degli smottamenti è avvenuto travolgendo «boschi e arbusti
su terrazzi abbandonati», il 16% devastando colture abbandonate e solo il
5,6% solcando terrazzamenti in attività. Di più: «Nelle aree campione di vigneto a rittochino l’erosione annuale
è risultata particolarmente intensa, da
230 a 320 tonnellate l’ettaro». Al contrario i terrazzamenti «rallentando la
velocità di flusso delle acque ed allungandone il percorso, determinano un
aumento dei tempi di corrivazione e
quindi consentono una riduzione anche sensibile dei picchi di deflusso». A
farla corta: la Grande Onda in caso di
piogge torrenziali «ha con i terrazzamenti 80% di probabilità in meno di
ripetersi.» Tutte tesi che i viticoltori,
offesi dal sospetto di badare solo al
profitto, respingono: ciò che conta è la
cura del territorio ed è interesse loro,
assicurano, conservarlo con l’amore
del buon padrone. Auguri.
Certo è che da qui al 26 settembre,
termine ultimo per le contestazioni al
piano (oltre tremila pagine di elaborazioni coltissime spesso illeggibili per i
profani) la polemica sarà infuocata. Il
terrore, per i vignaioli, è che in quella
massa enorme di dettagli gli uffici tecnici comunali si impantanino paralizzando tutto. Un rischio che lo stesso
Enrico Rossi, sia pure schierandosi a
spada tratta con la Marson, vorrebbe
evitare con accordi di buon senso.
Purché, si capisce, si diano una calmata i talebani dell’una e dell’altra parte.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Un invito ai turisti americani
a scegliere il lago di Garda, il
più grande d’Italia, ai confini
tra Lombardia, Veneto e
Trentino come meta delle
loro vacanze. Arriva dal The
Wall Street Journal che in un
servizio elenca tutte le
«meraviglie» del posto. «I
turisti provenienti dagli Stati
Uniti gravitano attorno al
lago di Como. Quello di
Garda, che si trova a trenta
minuti di auto dall’aeroporto
di Verona e due ore da quello
di Milano, è una
destinazione che gli europei
sono riusciti a tenere per sé»,
scrive il quotidiano come a
suggerire che la minore
presenza di statunitensi può
essere un’ulteriore attrattiva.
Il giornale offre un itinerario
enogastronomico in grado di
soddisfare tutti i palati,
consiglia i posti e i
monumenti da visitare in
quella zona, indica
settembre come mese ideale
per concedersi un periodo di
relax sulle rive del lago.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Pantelleria
Lo zibibbo
candidato
al patrimonio
dell’Unesco
Per la prima volta l’Unesco si
trova a valutare la
candidatura di una pratica
agricola a patrimonio
dell’umanità. È la
coltivazione della vite
ad alberello che a Pantelleria,
nelle conche e tra i muretti a
secco, permette alle uve di
Zibibbo di crescere
nonostante il vento. «Dopo
quattro anni, siamo alla fine
del percorso di candidatura»,
ha detto in occasione di
Passitaly il consigliere
giuridico dei ministri
dell’Agricoltura e
dell’Ambiente Pier Luigi
Petrillo. Che ha aggiunto: «In
questi giorni si riunirà a
Parigi l’organo di valutazione,
composto dai rappresentanti
di Perù, Kirghizistan, Grecia,
Tunisia, Lettonia e Nigeria.
Quest’organo dovrà proporre
al comitato intergovernativo
della Convenzione Unesco
l’iscrizione o meno della
pratica di Pantelleria nella
lista dei patrimoni culturali
dell’umanità».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
22
italia: 51575551575557
www.yamatovideo.com
Lunedì 8 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Lunedì 8 Settembre 2014
Cronache 23
italia: 51575551575557
» Dossier
I dati
Imprenditori cinesi e stranieri nel settore manifatturiero,
II° trimestre 2014 e variazione 2009/2014
Principali nazionalità straniere presenti nei distretti italiani, II° trimestre 2014
Prosciutto di Parma
Porfido e Pietre Trentino
Orafo Arezzo
Metalmeccanica Canavese
Comet Friuli Venezia Giulia
+15%
42.806
17.847
+3,8%
Cinesi
Altri stranieri
Albania
Macedonia
Prato
22,6%
Le prime
province
Milano
10,6%
Francia
Marocco
8,8%
15,6%
33,1%
Romania
5,9%
Svizzera
7,8%
Svizzera
34,3%
Bangladesh
Marocco
12,2%
Romania
Pakistan
42,2%
15%
25,6%
Francia
9,8%
Germania
8,0%
11,9%
Germania
6,3%
SARTI CINESI E ORAFI DEL BANGLADESH
CRESCE IL MADE IN ITALY DEGLI IMMIGRATI
A. Cop.
quasi tutti cinesi, cresciuti tra il
2009-14 del 28,5 per cento. Importante la presenza “estera” pure
nel calzaturiero di San Mauro Pascoli, in piena Romagna (18,9%);
e persino nella Regione delle
scarpe per eccellenza, a Civitanova Marche (14,4) e a Fermo
(12,9).
«Non è da sottovalutare la presenza in altri settori ancora – continuano i ricercatori -, come il
porfido trentino o la metalmeccanica del Canavese, in cui la prima nazionalità è romena (25,6%).
È “l’evoluzione” dell’operaio che
dopo aver imparato il “lavoro”
inizia l’avventura imprenditoriale». La storia dei nuovi orafi pakistani e bangladesi del distretto di
Arezzo, tra gli altri, una realtà ancora piccola (il 9,2 per cento) ma
in forte crescita (più 27,6% in 5
anni); a fronte di una diminuzione di imprese con titolare italiano
(meno 17%).
Si comincia a osservare, allora,
un effetto «sostituzione»: la vecchia ditta italiana chiude per
mancanza di eredi, l’ex dipendente la rileva o ne apre una propria con il know how qui appreso,
portando avanti una tradizione
che le nuove generazioni autoctone non sanno o non vogliono perpetuare. «I dati sulle imprese da una parte confermano la
sedimentazione della presenza
dei migranti in Italia — nota il geografo dell’Università Orientale
di Napoli, Fabio Amato —: non
un’anomalia, ma un trend di lunga durata. Dall’altra, indicano un
dinamismo e una capacità di
adattamento spesso superiori a
quelli degli italiani». Gli stranieri
non fanno più solo i mestieri
«scartati» perché troppo faticosi,
continua lo studioso, ma «coprono» con nuove imprese anche le
competenze manuali che via via
si stanno perdendo.
Ultima roccaforte, l’agroalimentare, dove il rapporto tra
l’azienda e il territorio è particolarmente blindato e richiede forze maggiori per essere espugnato. Nel distretto del prosecco di
Conegliano Valdobbiadene, per
capire, gli stranieri sono i tedeschi che hanno comprato la Mionetto o un magnate russo che s’è
accaparrato la Contarini. Vicenda
diversa, forse anche più importante, nella storia del made in
Italy ma da altri.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Alessandra Coppola
Il rapporto: «Nel 2013 più 50 mila ditte straniere, meno 18 mila le italiane»
Fatto in Italia sì, ma da sarti cinesi, orafi bangladesi, cavatori
macedoni, meccanici romeni.
Non solo manodopera, ormai è
assodato: il made in Italy è sempre più una fabbricazione «straniera» in casa. Anche negli storici
distretti manifatturieri, ossatura
della nostra produzione, un numero crescente di aziende è di
proprietà di donne e uomini nati
all’estero.
Wu Y. Q., per esempio, imprenditore tessile nel Gallaratese,
arrivato 18 anni fa dallo Zhejiang.
Per diffidenza, incertezze della
lingua e anche perché lavora per
un grosso marchio dell’alta moda, del suo nome vuole dare solo
le iniziali. «Ho 31 anni, moglie e
tre figli, tutti nati qui — racconta
—. Ho aperto la mia azienda sei
anni fa, dopo aver lavorato nello
stesso settore, nella ditta di mia
madre». Da lì, ha cominciato a capire come funziona. «Arrivato
bambino, ho frequentato la seconda e la terza media. Non parlavo benissimo l’italiano, ma meglio del resto della famiglia: è così
che hanno affidato a me il rapporto con le altre aziende».
Un po’ di studi, molti contatti,
Y. Q. ha fatto il salto: oggi ha sette
dipendenti, ma nel 2010 era arrivato ad averne anche 15, perché il
marchio del lusso per cui lavora
aveva ritirato in fretta le confezioni dalla Tunisia, spaventato dalle
rivolte della Primavera, e le aveva
ricollocate tra i terzisti cinesi. Che
in Italia, ormai, il tessile lo dominano. Sono stranieri, prevalentemente nati nella Repubblica popolare, otto imprenditori su dieci
nel distretto dell’abbigliamento
di Prato, con una crescita di oltre
il 10 per cento in cinque anni; la
metà dei titolari delle aziende
nell’area di Empoli; quasi il 40 per
cento in provincia di Teramo; oltre il 30 a Santa Croce sull’Arno
(Pisa); e ancora sopra la media
nazionale (del 24 per cento) nel
Gallaratese (Varese), a Montebelluna (Treviso), a Verona.
Si legge con chiarezza nelle tabelle elaborate per il Corriere del-
la Sera da Enrico Di Pasquale e
Chiara Tronchin, ricercatori della
«Fondazione Leone Moressa».
«La crescita imprenditoriale
straniera nel nostro Paese non
deve stupire — spiegano gli
esperti —: è il naturale evolversi
di un processo di integrazione».
Sviluppo in controtendenza, però, rispetto alle aziende italiane,
che rallentano. L’ultimo dossier
della Fondazione segnalava che,
su sei milioni di imprese, 497 mila sono condotte da persone nate
all’estero (l’8,2%) e che, nonostante la crisi, le ditte straniere
Tito Anisuzzaman
qui, nerbo del made in Italy, «le
dinamiche economiche degli ultimi anni hanno mutato profondamente il panorama, aprendo
all’internazionalizzazione». Non
solo nel tessile. L’incidenza di
«stranieri» nelle ditte di pelli del
Valdarno Superiore è del 37,9%,
Halyna Lyakh
❜❜
Avevo 17 anni
❜❜
La mia fortuna
A Roma finii
stipato in una
stanza con 6-7
letti a castello
Ho accettato di
portare avanti
l’azienda che
stavano cedendo
«Scappai dalla gita scolastica
Ora sono un imprenditore»
Tre amici e un’avventura:
«Eravamo in gita scolastica dal
Bangladesh a Parigi, era il 1999,
non avevamo ancora 17 anni,
abbiamo deciso che era il
momento giusto per provarci: ora
o mai più. E siamo fuggiti».
L’arrivo in Italia di Tito
Anisuzzaman, oggi imprenditore
orafo ad Arezzo, è un passaggio
rocambolesco di frontiera, alloggi
di fortuna, stazioni scelte a caso.
La prima è Roma Termini: «In
città avevamo dei conoscenti»,
che li ospitano in una stanza
stipata all’inverosimile. «C’erano
6 o 7 letti a castello, non si
respirava, siamo rimasti una
notte e siamo andati via». Di
nuovo in treno, verso Arezzo,
altri ospiti rintracciati nella rete
allargata dei parenti. «Minorenni,
senza permessi regolari, non
volevano tenerci a lungo». I tre
ragazzi sopravvivono per un po’
con 500 mila lire ricavate dalla
sono aumentate nel 2013 di 50
mila unità, mentre quelle «autoctone» sono diminuite di 18
mila.
Il nuovo studio si concentra sui
distretti produttivi, prendendo in
considerazione solo il manifatturiero. Per dimostrare che anche
vendita dei passaporti «tanto
erano inutili». Lavori saltuari,
qualche disavventura, finché
Tito, nel 2000, ancora minorenne,
trova un impiego e un affido
presso il suo datore di lavoro,
orafo. «È da lui che ho imparato il
mestiere». Dopo cinque anni è
promosso responsabile, nel 2007,
continuando a fare l’operaio, apre
la propria azienda «Amici
international»: «Un piccolo
laboratorio al principio, ci
andavo la sera, dopo i turni. E per
campare continuavo a fare anche
altre cose, il fabbro, il lavapiatti, il
muratore…». Come artigiano,
però, Tito ingrana, accelera, nel
2011 si sgancia e prende la sua
strada , con 11 dipendenti e
buone prospettive di sviluppo, al
punto che nel 2013 MoneyGram
gli ha assegnato il
riconoscimento per la Crescita.
A. Cop.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
«Gli inizi da colf a Napoli
Poi i paralumi fatti a mano»
La prima parte del percorso è già
tracciata da molte donne ucraine
prima di lei. «Una decisione
semplice da prendere — dice —:
facevo la sarta, non avevo
abbastanza lavoro, volevo
garantire a mia figlia la
possibilità di studiare. Nel 2001,
a 21 anni, sono venuta in Italia».
Oggi artigiana nel trevigiano,
Halyna Lyakh non s’è risparmiata
una tappa. «Sono arrivata a
Napoli e al principio ho lavorato
presso come colf». È sola, la
bambina rimasta coi nonni a
Leopoli. Si apre un’opportunità
in Basilicata «operaia sotto le
serre dei pomodorini a grappolo,
ma ho dovuto cambiare». Aveva
l’asma, allergica ai fertilizzanti. A
quel punto, «sono salita su al
Nord, conoscevo la parente di
un’amica in provincia di
Treviso». Le capacità con la
macchina per cucire tornano
utili, Halyna trova un lavoro in
24,5%
Francia
fabbrica. «Molto distante, però,
da dove abitavo: lunghi tragitti in
autobus». La chance di cambiare
arriva il giorno in cui, per
curiosità, la donna entra in un
negozio di paralumi, proprietà di
una coppia di italiani. «Mi è
subito piaciuto, e ho cominciato
a lavorare lì part-time». «È
successo poi che la signora è
mancata, il signore ha raggiunto
l’età della pensione, e il figlio
non era interessato a continuare
l’attività: hanno chiesto a me di
prenderla in mano». Dal 2013
Halyna Lyakh ha rilevato la
Artistiche Lavorazioni Doge, e
porta avanti l’antica tradizione
della fabbricazione a mano di
paralumi, segnalata tra le
imprese di successo del premio
MoneyGram. Quanto alla figlia
rimasta in Ucraina, «si è laureata,
è sposata, e vuole restare lì».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il simbolo portato sul Monte Rosa
La croce
di Lampedusa
baciata dal Papa
in viaggio
con i pellegrini
Una croce realizzata con le assi di legno delle
barche che trasportano i migranti dall’Africa
alle coste italiane. Alta 2 metri e ottanta, larga
un metro e cinquanta, pesante 60 chili. L’ha
costruita Franco Tuccio, falegname di
Lampedusa. L’ha benedetta papa Francesco,
in Piazza San Pietro, lo scorso 9 aprile. E da
allora gruppi di pellegrini l’hanno trasportata
per l’Italia. Fino a quota 3.000 mila metri, sul
Monte Rosa. L’iniziativa è stata promossa da
Manuele Vai, presidente della fondazione
Casa dello spirito e delle arti, e da Arnoldo
Mosca Mondadori, che ne è il fondatore. Dal
Vaticano la loro croce è passata per Napoli e
poi ha proseguito verso Nord. Toccando
Verona e Vittorio Veneto, in provincia di
Treviso. Francesco benedicendola ne aveva
indicato la via: ovunque nel mondo. Adesso,
il pellegrinaggio proseguirà, con la Caritas di
Como, nelle varie province della Diocesi, da
Como a Varese sino a Sondrio e alla
Valtellina. Si potrà vedere durante messe,
celebrazioni, veglie di preghiera o alla «Due
giorni giovani» in programma il 25 e il 26
ottobre a Cermenate, che radunerà oltre 500
giovani tra i 18 e i 30 anni da tutte le province
limitrofe. Il 27 ottobre 2014 la Diocesi di
Como farà «staffetta spirituale» con Brescia
per far partecipare la Croce ad un’iniziativa di
preghiera. Il 9 novembre 2014 sarà quindi la
volta di Rivoli (Torino) dove la Croce verrà
accompagnata dal libro «Bibbia e Corano a
Lampedusa».
La benedizione Papa Francesco bacia la Croce
In pellegrinaggio Il Crocifisso è giunto sulle Alpi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
24
italia: 51575551575557
Lunedì 8 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Lunedì 8 Settembre 2014
Cronache 25
italia: 51575551575557
Roma L’annuncio fatto a due sposini che festeggiavano pedalando al Campidoglio
Gianni Pittella
La vicenda
Ai Fori solo bus, bici e pedoni
Marino ferma i taxi in centro 1
Fine della
sperimentazione
Il sindaco: via a dicembre. E pensa al parco archeologico
ROMA — Passo dopo passo, una strada dopo l’altra:
oggi via dei Fori Imperiali,
domani il Circo Massimo. E
poi, «entro la consiliatura»,
giù fino all’Appia Antica. Da
quando si è insediato, a giugno 2013, il sindaco ciclista
Ignazio Marino lavora a
un’idea precisa: «liberare» il
centro storico di Roma dalle
automobili e trasformarlo nel
più grande «parco archeologico urbano del pianeta». Un
anno fa toccò ai cinquecento
metri di strada verso il Colosseo, tristemente definito da
Antonio Cederna «spartitraffico della città»: adesso, però,
l’obiettivo annunciato dal
sindaco in campagna elettorale — nonostante le polemiche iniziali di residenti e commercianti — prende una forma più chiara. Dopo un anno
di sperimentazione, quel tratto di via dei Fori Imperiali da
dicembre diventerà «definitivamente» chiuso alle macchi-
Il regista del Giubileo
Il sindaco si è «affidato»
a Maurizio Pucci, già
direttore dei cantieri
del Giubileo del 2000
ne (taxi e ncc inclusi) e il divieto si estenderà a tutta la
strada, da piazza Venezia all’Anfiteatro Flavio. Unici mezzi a motore «autorizzati», i
bus dell’Atac. Uno step in più,
rispetto alle chiusure estive.
Ma, soprattutto, il provvedimento riguarderà anche via
dei Cerchi, che costeggia il
Circo Massimo e porta alla
Bocca della Verità. Si passa,
così, alla «fase 2» dell’operazione Fori, destinata — secondo i piani del Campidoglio
— a unire l’area archeologica
centrale con il parco dell’Appia Antica passando per le
Terme di Caracalla. Progetto
molto ambizioso, di grande
fascino, ma anche di difficile
realizzazione, sul quale Marino si gioca gran parte della
sua credibilità nel tentativo di
lasciare un segno indelebile.
In mancanza di soldi, con la
crisi che morde e la necessità
di attirare investimenti stranieri, il sindaco punta sull’effetto choc: trasformare il centro, coi suoi «tesori» di storia
millenaria, in un’immensa
«isola» pedonale.
Da buon «marziano» della
politica, Marino anche per
l’annuncio della chiusura definitiva dei Fori sceglie un
modo insolito: comunicarlo
ad una coppia di sposi — italiano lui, russa lei — che sabato, dopo la cerimonia, aveva festeggiato pedalando in-
Nozze su due ruote Andrea
ed Elena sabato scorso dopo
il matrimonio sono andati via
in bici. Il sindaco Marino dopo
aver visto le foto li ha chiamati (Benvegnù-Guaitoli)
torno al Campidoglio. Le foto,
domenica mattina, sono su
tutti i giornali e il sindaco
chiama i due: «Vi ho visto in
bici, complimenti. Sappiate
che da dicembre solo gli autobus, oltre a ciclisti e pedoni,
potranno percorrere quella
strada».
Quello che Marino non dice ad Andrea ed Elena, gli
sposini, è il resto, il piano
complessivo, che da mesi viene studiato dai tecnici del Comune. Non a caso, per realizzare l’opera, il sindaco si è
«affidato» a Maurizio Pucci,
già direttore dei cantieri del
Giubileo del 2000 con Rutelli
sindaco. Corsi e ricorsi. Anche
allora la viabilità romana
cambiò molto (ci fu ad esempio la chiusura di piazza del
Popolo alle auto), anche allo-
ra ci furono discussioni e
contrasti. La «ricetta» Marino, infatti, non è «indolore»
per i cittadini romani. Per diminuire le auto in centro, la
giunta capitolina negli ultimi
mesi ha deliberato una serie
di aumenti: dai permessi Ztl
alla sosta tariffata, chi vuole
usare l’auto deve mettere mano al portafogli. Polemiche e
ricorsi al Tar, ma Marino tira
dritto: «Chiudendo via dei
Cerchi potremo collegare il
Circo Massimo, il Palatino e
l’area sotto al Campidoglio».
Sulle sue «mappe», ci sono
già le strade segnate in rosso e
le stazioni della metro da costruire. Già, la metropolitana:
l’apertura del cantiere della linea C (con i soldi appena
sbloccati dal governo) è un
passaggio fondamentale per
pedonalizzare il centro. Entro
fine anno toccherà a una
co m m i ss i o n e d i es p e r t i
(composta, tra gli altri, da
Claudio Strinati e Adriano La
Regina) stabilire gli esatti
confini del parco archeologico. Marino è entusiasta: «Mi
piacerebbe un tram con le pareti a vetro che arrivi a piazza
Venezia». Dall’opposizione,
FdI lo critica: «La telefonata
agli sposi è patetica», dice Fabrizio Ghera. Ma sempre nel
centrodestra l’ex sottosegretario ai Beni Culturali, il senatore Francesco Giro (FI), lo loda: «Marino sta spiazzando
tutti. Devo riconoscere che sta
cercando di cambiare la città e
per me sta vincendo la sua sfida». Tanto da immaginare,
dopo le turbolenze iniziali
(anche col Pd), di ricandidarsi? «Completare la realizzazione del parco archeologico
— disse qualche mese fa —
sarebbe un buon motivo per
farlo». Chissà. Per ora si va
avanti. Passo dopo passo.
Dopo la sperimentazione
estiva il sindaco di Roma
annuncia lo stop a tutte
le auto ai Fori Imperiali
Il divieto esteso
fino al Circo Massimo
2
Il divieto di circolazione
riguarderà anche via dei
Cerchi, che costeggia il
Circo Massimo
Via alla Fase 2
fino all’Appia Antica
3
La «Fase 2» è destinata
a unire l’area
archeologica centrale con
il parco dell’Appia Antica
La metropolitana
e il bus «a vetri»
4
Nei piani di Marino anche
le nuove stazioni della
metropolitana e un bus
«con le pareti a vetro»
Alessandro Capponi
Ernesto Menicucci
© RIPRODUZIONE RISERVATA
«In Europa
la battaglia
contro l’Iva
al no profit»
Centinaia di condivisioni
su Facebook, 300 persone
connesse in streaming,
decine di mail e oltre tre
ore ai vertici della top-ten
della sezione politica di
twitter. Sono questi i
numeri del live twitting
che, ieri mattina, ha
tenuto banco in occasione
del dibattito organizzato
dal Centro Nazionale del
Volontariato per dare
seguito alla campagna di
Corriere della Sera e Tg
La7 #NoProfitNoIVA, per
detassare le realtà che si
occupano di sociale. «Una
battaglia di giustizia. Il
bene non si tassa», ha
commentato Gregorio
Arena, Presidente di
Labsus. A incassare gli
applausi reali e virtuali il
presidente del gruppo Pse
al parlamento europeo,
Gianni Pittella, che ha
annunciato la creazione
del primo intergruppo del
#NoProfitNolva
A casa dello stilista
Lampada
Questa
lampada dalle
linee art deco
è sempre
stata di
ispirazione per
lo stilista
In famiglia
La fotografia
che risale a
metà degli anni
Novanta è stata
scattata a
Piacenza città
natale di Armani
Pantere
Le due sculture
in bronzo
rappresentano
due pantere,
eleganti e
potenti al
tempo stesso
Leopardo
Il piccolo
leopardo in legno
rappresenta la
passione per i
grandi felini,
«espressione di
agilità e vitalità»
Fragranza
Le boccette sono
di Bois d’Encens,
della linea
Armani/Privé.
Sotto il tavolo,
creazioni in
vetro di Murano
Granchi
Due granchi:
uno piccolo sul
tavolo e uno
grande usato
come fermacarte.
Un rimando al
segno del cancro
terzo settore: «Il nostro
obiettivo sarà quello di far
abbattere l’Iva e detassare
le donazioni». Altrettanto
bene non è andata al
governo che ha incassato
numerose critiche sulla
riforma ormai prossima
del settore: «Le coperture
finanziare sono
insufficienti — ha detto
Alessandro Bianchini,
presidente della
“Fondazione Volontariato
e Partecipazione” — e
scarsa attenzione è stata
dedicata alla creazione di
un organismo di vigilanza
che il sociale invoca». A
catalizzare l’attenzione è
stata, però, la ricerca
dell’Istituto italiano della
Donazione: «Su un
campione di 4 mila
cittadini ben il 65% non
sapeva che il no profit
fosse soggetto a Iva —
spiega Edoardo Patriarca,
presidente dell’Istituto e
parlamentare pd —. Quasi
il 50% chiede che il no
profit non paghi più la
tassa e il 36% è per l’Iva
agevolata». Interessante il
dato sulle donazioni ai
partiti, che per un terzo
degli intervistati devono
essere più convenienti. Di
#NoProfitNoIVA si parlerà
ancora a Torino il 4
ottobre, giornata del dono.
Luca Mattiucci
Pantere di bronzo e i film di Batman, gli oggetti cari per Armani
C’è Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry, «mi piace l’apparente
semplicità e naturalezza con la quale l’autore pronuncia grandi verità, senza
enfasi». E il cofanetto Les Années 30 «perché mi sono sempre interessato all’arte
degli anni 20 e 30, che si riflette nella mia moda». E la trilogia di Batman: «Perché
ho disegnato gli abiti di Bruce Wayne». E i suoi occhiali, tondi: «Amo le montature
@CorriereSociale
© RIPRODUZIONE RISERVATA
arrotondate». «Re» Giorgio Armani racconta a WSJ Magazine gli oggetti del cuore:
«Le sculture in bronzo rappresentano due pantere. Le trovo potenti ed eleganti»,
dice. E c’è anche una foto: «Un ritratto di famiglia di metà anni 90, a Piacenza, la
città dove sono nato». (foto Alessandro Furchino per WSJ.Magazine)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
In Bolivia
Sudoku Difficile
Ha nove anni ed è cieco, Jose nuovo prodigio del jazz
delle serate musicale nel suo Paese
d’origine , ma è stato invitato a suonare
anche in Brasile. Per il cantante jazz Vero
Perez «la cosa più interessante del talento
di Jose è che suona in un modo tale da
rendere perfettamente l’idea di quello che
la musica jazz è, completamente libera,
piena di improvvisazione». Da ultimo il
piccolo prodigio ha conquistato il
pubblico di La Paz in occasione
dell’annuale appuntamento con il festival
del jazz.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
9
1
2
2
2
3
8
9 7
Come si gioca
Bisogna riempire la
griglia in modo che ogni
riga, colonna e riquadro
contengano una sola
volta i numeri da 1 a 9
LA SOLUZIONE DI IERI
Puzzles by Pappocom
Ha soltanto nove anni ed è cieco. Si chiama
Jose Andre Montanho ( foto a sinistra) ed
è la giovane rivelazione della scena Jazz. Il
bambino boliviano sta conquistando il
pubblico latino americano con il suo
talento innato. La sua passione per la
musica è nata all’età di quattro anni nella
città di retaggio coloniale di Totora in
Bolivia, quando ha iniziato a misurarsi con
le percussioni con risultati eccezionali. Poi
è passato al pianoforte e, quando non
aveva più di cinque anni si è esibito nel
suo primo jazz trio. Adesso è un habitué
5 8 4
2 1
3
4
9
2
5
9
3 6 7
Altri giochi su www.corriere.it
1
4
7
6
3
1
8
2
5
9
3
5
9
6
4
2
8
1
7
2
1
8
9
5
7
6
4
3
8
9
7
1
2
5
3
6
4
5
3
4
8
6
9
7
2
1
1
6
2
4
7
3
9
8
5
6
8
1
7
9
4
5
3
2
9
4
5
2
3
6
1
7
8
7
2
3
5
8
1
4
9
6
26
italia: 51575551575557
Lunedì 8 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Lunedì 8 Settembre 2014
Cronache 27
italia: 51575551575557
Il personaggio La ex campionessa chiede la mano della sua compagna. E il pubblico assiste sui maxischermi
«Julia, mi vuoi sposare?»
Navratilova in ginocchio
fra tweet e diretta tv
modella, scrittice...); l’ex calciatore Leonardo in diretta Sky
ha messo in imbarazzo la compagna che era anche la conduttrice del programma; il fidanzato della tennista olandese Michaella Krajicek si è messo sottorete con il microfono
in mano per sembrare più credibile.
Basta andare su YouTube e
inserire nella ricerca «proposta di matrimonio» per trovare
migliaia di video di aitanti giovani e meno giovani che si lanciano con il paracadute, mobilitano paesi interi, girano finti
film e li proiettano in veri cinema. Talvolta anche con un
«no» come risposta, da cui la
facile conclusione che era meglio dedicarsi a cementare il
rapporto che perdere tempo a
fare gli originali.
Navratilova sa bene tutto
questo eppure ha voluto lo
stesso sottoporsi a un costume
d’altri tempi, diventato a volte
anche mercato del kitsch (sono nate persino agenzie che ti
organizzano non il matrimo-
La dichiarazione agli US Open di tennis
I precedenti
In campo Il cestista Dominic James
e la proposta ad Angela Phillips
Ha scelto il gesto più conformistico e lo ha reso allo
stesso tempo anticonvenzionale, è ricorsa ai modi antichi
per mutare le abitudini, ha
commosso i romantici e insieme turbato i custodi della tradizione.
Martina Navratilova, 57 anni, la più grande tennista di
sempre, si è inginocchiata davanti alla sua amata, come facevano i cavalieri d’un tempo
al cospetto delle loro damigelle, e le ha chiesto di sposarla.
Un colpo a effetto, come quelli
che le hanno permesso di vincere 59 prove del Grande Slam,
Felicità
Martina: «Ho creduto
che fossero il momento
e il luogo adatto. Sono
felice che abbia detto sì»
In diretta Su Sky Leonardo, ex
Milan, chiede la mano di Anna Billò
In ginocchio Il rapper Kanye West
chiede di sposare Kim Kardashian
Sull’erba Martin Emmrich chiede la
mano alla tennista Michaella Krajicek
una dichiarazione personale
ma anche una trovata, studiata
per stupire. Come quando, poco più che diciottenne, lei nata
a Praga e da poco cittadina statunitense, rivelò di essere
omosessuale mettendo a tacere con coraggio e determinazione le voci che iniziavano a
circolare.
«Ho aspettato a lungo il momento di chiedere a Julia di
sposarmi. Ho creduto che questo fosse il momento giusto e il
luogo adatto e sono contenta
che lei abbia risposto “sì”» ha
spiegato Martina tra interviste
e tweet. Il luogo è l’Arthur
Ashe Stadium, sede degli Us
Open, che lei ha vinto 4 volte
nel singolo, ed è un po’ casa
sua. Il momento adatto è stata
una pausa delle semifinali maschili, picchi d’audience e
spalti gremiti di personaggi in
passerella. Julia è la russa Lemigova, 42 anni, madre di due
bambine, l’ultima miss del-
l’Unione Sovietica, donna d’affari e vedova di un banchiere
francese trovato morto dopo
un gioco sadomaso. La loro relazione è iniziata sei anni fa.
«Siamo felici insieme e Martina ha completato la nostra famiglia».
Navratilova, pantaloni e
blusa bianchi, scarpe basse
nere, si è abbassata davanti a
Julia, tacchi vertiginosi, gonna
aderente, proprio davanti alla
telecamere e al cartellone di
Tennis Channel, la rete per cui
l’ex stella è commentatrice. Poi
la consegna dell’anello, la sorpresa e lo stupore della compagna, il fatidico «sì», tutto
benedetto da flash e amplificato dai maxischermi dello stadio. Con l’amministratore delegato del canale tv che arriva
provvidenzialmente con una
bottiglia magnum dello champagne sponsor del torneo.
Tutto è spettacolo, e anche il
più intimo dei momenti di una
coppia può trasformarsi in
show. Martina lo sa bene, l’ex
campionessa è ormai una
donna di comunicazione, paladina dei diritti degli animali
e del rispetto dell’ambiente,
testimonial Onu nella lotta
contro l’omofobia. «È stata
un’esperienza fuori dal nor-
Le nozze
Vorrebbero la cerimonia
in Florida, dove di nozze
gay si stanno ancora
occupando i giudici
male — confessa lei —. Ho visto spesso persone proporsi
durante eventi sportivi, nei
film, nella vita reale. Ma stava
accadendo a me. Era come se
stessi vedendo me stessa che
lo facevo».
Nell’era dominata dall’apparire e dai social network è
lungo l’elenco di sportivi,
showman e sconosciuti emuli
che s’inventano proposte di
matrimonio choc. Il rapper
Kanye West ha preso in prestito un intero stadio e un’orchestra di 50 elementi per commuovere Kim Kardashian (soprattutto bella, poi attrice,
L’attimo
L’ex stella
del tennis
Martina
Navratilova fa
la sua proposta di matrimonio a Julia
Lemigova, agli
US Open
di tennis a
New York. A
sinistra, le promesse spose
sugli spalti
(foto Ap, Epa)
nio, ma la proposta). Questa
volta però la promessa è stata
fatta da una donna a un’altra
donna. Martina e Julia hanno
spiegato che preferirebbero
sposarsi in Florida, dove vivono. Un mese fa un giudice federale ha stabilito che il divieto di nozze gay nello Stato è incostituzionale, ma è già stato
proposto appello.
Il matrimonio gay non è un
diritto acquisito, come Martina sa. Per questo forse ha compiuto quel gesto d’altri tempi,
la tradizione per rivoluzionare
le regole. Rendendo plateale
un momento così privato, come ormai fanno molti, ha
chiesto di considerare normale ciò che per qualcuno è diverso. Per far capire che inginocchiarsi davanti al proprio
compagno o alla propria compagna è un gesto d’amore. Indipendentemente dal sesso.
Riccardo Bruno
© RIPRODUZIONE RISERVATA
New York Capi tecnici e ispirati al mondo della nautica per Lacoste, tagli anatomici e nervature per Alexander Wang. Il rigore di Victoria Beckham
Parka, nastri e neoprene: sfila la moda «senza sforzo»
DALLA NOSTRA INVIATA
NEW YORK — Al grido di effortless, che sta per senza sforzo,
si consuma, al terzo giorno, la
fashion week di New York.
Non più sportswear, easy,
over size, e chi più ne ha ne metta, per definire lo stile «rilassato» che veste gli adepti della
nuova generazione «lavoro-solo-quanto-basta» per vivere anche il tempo libero. Perché non
vela o running, tanto per cominciare? C’è il mare a Manhattan e
c’è la High line (l’ex ferrovia)
che percorre in lungo tutta l’isola e che è stata recuperata in pieno spirito effortless: al posto
delle rotaie alberi, panchine e un
fondo perfetto per correre. Un
gioco da ragazzi per Lacoste se la
tendenza è quella di cui sopra. Il
bel Renè, il fondatore, era un
campione del tennis soprannominato «il coccodrillo», quando
smise con la racchetta, negli anni Trenta, si impegnò con la maglietta ottenendo risultati ancora adesso da trofeo seppure la
griffe faccia oggi capo agli svizzeri di Maus Fréres: 47 milioni e
800 mila euro l’ultimo fatturato
pervenuto e 7.500 i dipendenti a
In passerella
Da sinistra in senso orario: le ispirazioni nautiche di Lacoste; le ispirazioni di Wang e, sotto,
Victoria Beckham
libro paga. L’attuale stilista, il
bravo e schivo Felipe Oliveira
Baptista, ha cercato nella storia
oltre la rete e ha trovato che nel
1985 René Lacoste aveva collaborato con un cantiere navale
francese. Così in passerella
grandi vele spiegate e poi una
uscita via l’altra di mix&match
fra capi tecnici, abc della nautica
e tessuti naturali. Parka e giubbotti nastrati, le piccole polo in
neoprene, i giacconi da pescatore a tinte accese o le cerate sbiadite, i blazer sottili, i body come
mute, le impalpabili giacche a
vento (ma anche i più lunghi
impermeabili) che si possono
agganciare in vita creando una
silhouette ancor più rilassata.
Spesso la scelta del monocolore
anche in pendant con le scarpe,
per lo più sportive, naturalmente.
Sneaker altra parola chiave in
quel di New York ma non solo.
La ripete in continuazione
Alexander Wang nel backstage
per spiegare la sua sfilata che lascia un po’ così perché sin troppo precisa e fittata e couture. Lo
stilista racconta una bella storia:
«Osservando una così grande
creatività nelle sneaker, mi sono
Vela e running
Sguardo rivolto verso
vela e running per capi
da indossare anche
nel tempo libero
Dalle scarpe
Wang: «Ho trattato gli
abiti con la stessa
creatività usata nelle
scarpe da ginnastica»
Coach
Stupire con bomber e zeppe
DALLA NOSTRA INVIATA
NEW YORK — È Buster, una
sorta di diavoletto che ti
invita a mollare tutto e a
divertirti, il protagonista della
moda Coach by Stuart Vevers
(lo stilista) e Gary Baseman
(l’artista). Una ragazza un po’
pazzerella che indossa
bomber di montone rosa e
ciabatte con la zeppa, abitini
svelti, short e magari la
t-shirt o il blazer del suo
ragazzo. Molto divertente e
spigliata.
Pa. Po.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
chiesto perché non trattare gli
abiti come fossero scarpe da
ginnastica?». Bella idea ma forse
sviluppata con tanta sofisticatezza a scivolate nel troppo «impostato». L’arte del running
dunque si ritrova nell’uso delle
reti tecniche, nei tagli anatomici, nelle nervature, negli accostamenti, nei colori forti e fluo a
contrasto. Plissettature couture
direttamente dalla scuola i madame Grès per gonnelle e abiti
sottili. Una scommessa decisa
sui pantaloni a vita alta: ovunque, indossati con top-corazza.
In prima fila applaudono Rihanna (che è già in testa alla hit della
celebrità più invitata) e Nicki
Minaj, la cantante che sta scalando le classifiche con la sua
Anaconda e i glutei «rifatti». Cosa c’entrerà poi con lo stile da
secca-secca di Wang? Boh.
Infine Victoria Beckham che
sfila a Wall Street, nell’ex sede di
una compagnia britannica di
navigazione. Location monumentale per una moda rigorosa
e precisa: una sorta di divisa ideale fatta di gonne longuette sottili, sahariane svuotate, tubini
monacali. Tutto comincia e finisce quando David entra ed esce.
E Victoria saluta ballando, felice.
Paola Pollo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
28
Lunedì 8 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Cultura
Le immagini
Quattro degli inediti di Marc Chagall (Vicebsk, oggi Bielorussia, 1887 –
Saint Paul de Vence, Francia, 1985, a fianco) provenienti da una collezione
privata, del 1931. A sinistra: «Il sogno di Giacobbe», studio preparatorio
per l’incisione del 1931-34; al centro: «Abramo pronto a immolare suo
figlio», studio per la gouache dallo stesso titolo e dello stesso anno; a
destra: «Noè lascia andare la colomba», dove Noè ha la kippà, altro studio
per una gouache del 1931 (nell’immagine piccola: un’ulteriore versione)
Inediti Erano gli abbozzi iniziali della «Bibbia»
del pittore, figlio della cultura yiddish. Saranno
esposti per la prima volta dal 17 settembre al
Museo Diocesano di Milano, in contemporanea
con la grande mostra a Palazzo Reale
dal nostro inviato ARMANDO TORNO
PARIGI — Place Dauphine, Île de la Cité.
Siamo accanto al Pont Neuf, immortalato da
Renoir nel 1872 in un quadro ora alla National Gallery di Washington. Nella piazza, in
un appartamento luminoso, si conservano le
carte di Marc Chagall. Incontriamo tra le antiche mura Meret Meyer, nipote del pittore e
rappresentante degli eredi. Insieme a lei Sylvie Forestier, nota per essere stata la direttrice del Museo Chagall di Nizza; quindi Nathalie Hazan-Brunet, responsabile della sezione
di arte contemporanea del Museo Ebraico di
Parigi. Il motivo: la mostra di Milano dedicata all’artista (e notizie su gouache mai esposte che saranno pubblicate per la prima volta). Dal 17 settembre si terrà a Palazzo Reale
una grande retrospettiva («La più importante degli ultimi cinquant’anni», sottolinea la
stessa Meyer); mentre al Museo Diocesano
— con medesima decorrenza — si potranno
vedere 22 schizzi inediti del Messaggio biblico di Chagall. Si tratta di piccole e densissime opere che, a detta della Forestier, «sono
più spontanee rispetto a quelle conosciute e
sembrano riflettere l’inquietudine di un’epoca; anzi, si direbbe che rimettano furtivamente la storia al centro dell’attenzione».
Meret Meyer parla delle sorprese recate
dal ritrovamento. Spiega come le gouache
preparatorie per la Bibbia, presenti nel museo di Nizza consacrato al pittore, siano state
donate dallo stesso Chagall allo Stato francese; questi inediti, invece, finirono in una collezione che non era ancora ben identificata.
In essi l’erede coglie elementi essenziali:
«Intese costruire con la sua arte un ponte tra
i tempi, cercando nel mondo biblico quanto
mancava al Novecento. Forse dovremmo dire che pensò a un trasloco di forza vitale».
Così traduciamo il suo déplacer, anche se il
termine italiano è poco elegante; tuttavia ci
torna utile per comprendere meglio le parole della signora Hazan-Brunet: «Chagall ha
trasformato artisticamente la Parola, ha interrogato, entrando e scavando nelle lettere
e nella spiritualità che la Bibbia racchiude. Il
suo legame con il testo rivelato passò per la
lingua yiddish. Desiderava prendere dalla
storia del popolo di Dio l’energia necessaria
per dar senso a un’epoca che aveva smarrito
quasi tutto».
Gli schizzi che si vedranno al Diocesano
milanese, e che saranno poi integralmente
pubblicati nel volume della Jaca Book Chagall. Viaggio nella Bibbia, colpiscono per la
potenza primitiva che scaturisce dai tratti.
Sembrano incisi nella carne della storia da
un pittore convinto che il nostro tempo sia
drammaticamente orfano della profezia.
Lui, ebreo di lingua yiddish, decide allora di
andarla a cercare dove essa rampolla eternamente; la rintraccia nelle radici del suo popolo e nelle azioni di quel Dio che ordina a
Noè di costruire l’Arca (eccolo, in un primo
schizzo, con la kippà; copricapo che poi gli è
tolto); oppure nel gesto di Abramo che sta
Le esposizioni
Dal 17 settembre al
1°febbraio 2015, Palazzo
Reale a Milano ospita «Marc
Chagall. Una retrospettiva
1908-1985». La mostra,
promossa dal Comune di
Milano-Cultura, è
organizzata e prodotta da
Palazzo Reale, 24 Ore
Cultura-Gruppo 24 Ore,
Arthemisia Group e GAmm
Giunti. Ideata da Claudia Zevi
& Partners, è curata da
Claudia Zevi con la
collaborazione
di Meret Meyer
Il catalogo sarà pubblicato
in coedizione da Gamm
Giunti e 24 Ore Cultura. Nello
stesso periodo, il Museo
Diocesano propone la mostra
«Marc Chagall e la Bibbia»:
60 lavori sul messaggio
biblico, tra dipinti, sculture
e ceramiche. Sono esposte le
22 gouache inedite
Anche Noè aveva la kippà
Ecco gli Chagall mai visti
per uccidere Isacco per ordine divino; o infine nella lotta di Giacobbe «faccia a faccia»
con Dio stesso. Chagall insegue la Parola che
sconvolge, scovando i colori, i tratti, le urla
di qualcosa che il nostro tempo ha irrimediabilmente perduto.
La Forestier nota: «Questi 22 inediti sono
una finestra che si apre sulla sua arte consentendone una nuova lettura, offrendoci altre percezioni. L’alfabeto biblico di Chagall
cambia attraverso le emozioni che nascono
in tali studi con acquarello e biacca, con tratti di matita. La Bibbia è innanzitutto Parola: e
lui, similmente alla fenice, brucia nel tradurla e risorge offrendole nuove forme». HazanBrunet sottolinea: «Chagall gioca con la lettera ebraica, che racchiude in sé l’essenza.
Cerca la forza eterna che si trova in questi se-
gni visibili. La sua è un’odissea spirituale nel
XX secolo, tempo del quale lui conosceva
tutto, epoca in cui l’arte guardava altrove e
scavava la realtà forse con rabbia ma non certo con la sua sete di assoluto». Meret Meyer
precisa: «Non cercava la profezia, la esprimeva». I 22 inediti non sono facilmente databili, comunque siamo intorno al 1931, anno in cui Chagall compie un viaggio in Terra
L’odissea spirituale
Il grande artista giunge alla
convinzione che il nostro tempo
moderno sia orfano della profezia
Perciò la cerca nella Scrittura
✒
Festivaletteratura Crescono visitatori, biglietti, acquisti. «La nostra ricerca premia»
Santa che muta le sue prospettive. HazanBrunet ricorda di aver letto in un testo, dove
rispondeva a un questionario, l’intento di
porre il Cristo «poeta e ultimo dei profeti»
oltre le consuete coordinate. Ecco le parole
del pittore: «Gesù, ci tengo a metterlo tra i
profeti ebraici, come ultimo tra essi, di cui
mi appresto adesso a dedicare una raccolta
di incisioni». La sua Bibbia, meditata nelle
radici ebraiche, rompe i confini delle fedi. È
forza divina che fugge. E cerca tutti.
Forestier osserva: nel decennio 1930-40
l’immagine del Cristo diventa forte in Chagall. «Ha scritto — confida — che “qualcuno
guida la mia mano”. Picasso dipinse Guernica nel 1937, lui nel 1938 la Crocifissione bianca». Quest’opera, conservata nell’Art Institute di Chicago, è stata tra l’altro indicata come
«quadro preferito» da papa Francesco. La
Meyer parla delle emozioni provate confrontando gli inediti — i ripensamenti, i dettagli
che variano di poco tra l’uno e l’altro magari
sul medesimo soggetto — con i contributi
definitivi che il maestro ha realizzato per la
Bibbia. Ma qui si apre un altro capitolo della
storia di Marc Chagall, le cui origini erano
russe. Nel libro Jaca Book, dove saranno riprodotte per la prima volta le 22 opere ritrovate, c’è un saggio di Evgenia Kuzmina, accanto a quelli di Sylvie Forestier e Nathalie
Hazan-Brunet, dedicato alla lettura iconografica delle gouache bibliche del pittore. La
studiosa si sofferma sulla liturgia dei sensi e
sulla memoria delle icone. Non sono che
due aspetti di quell’universo che Chagall
portava in sé. Già, le icone. Da ultimo bizantino amalgamava i volti santi all’infinito perfetto eikénai (traduciamo: essere simile) che,
diventato figura, turberà i pittori, i fedeli, gli
interpreti come il sommo Florenskij. In pieno Novecento l’essere simile si rifugia, grazie
a Chagall, anche in alcune gouache. E in esse
grida, senza requie, il disperato bisogno di
profezia.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Improvvisi
Mantova ce la fa: più presenze del 2013 Amarcord per la penna biro
dal nostro inviato CRISTINA TAGLIETTI
MANTOVA — Il Festivaletteratura ha vinto la scommessa: alzare il livello della manifestazione migliorando (leggermente) anche i numeri, 119 mila presenze contro le 112
mila dell’anno scorso (di più anche i biglietti staccati: 66
mila contro 64 mila) . Un successo che spinge gli organizzatori ad autocelebrarsi un po’: «L’estate che non c’era è arrivata al Festivaletteratura». Pionieri del format festivaliero,
hanno cercato di sfruttare in modo positivo la crisi dell’editoria che ha ridotto budget e cachet per portare in Italia gli
autori stranieri. Non che non ci fossero i grossi nomi, da Rifkin ad Aciman, da Shteyngart al Pierre Lemaitre (nella foto) di Ci rivediamo lassù a Cunningham (che ieri sera ha
chiuso la manifestazione), ma l’aria è certo molto cambiata.
«L’era dei grandi bestseller — dice Luca Nicolini, presidente del comitato organizzatore — è tramontata. I numeri
di una volta non ci sono più da tempo. E il Festivaletteratura
di SEBASTIANO VASSALLI
si è dato il compito di ricerca di temi importanti per la vita. Un lavoro molto approfondito che si è sviluppato nel tempo. Volevamo dare
un segnale forte, rivendicando
un’originalità che ci ha contraddistinto fin dall’inizio. Qui gli autori
non vengono a presentare il proprio libro». Il lavoro si è tradotto
in un programma non facile dove si cerca l’autore da far conoscere, ci si focalizza sulla sostenibilità alimentare e energetica, sulle nuove forme della lettura. Si dice spesso che
chi va ai festival poi non compri libri, anzi quasi li sostituisca con l’incontro. «Chi viene qui molto spesso ha già letto i
libri. E anche le vendite della libreria collettiva sono aumentate», ribatte Nicolini. Miracolo a Mantova. Non resta
che aspettare che si ripeta nel 2015, dal 9 al 13 settembre.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
«B
ellezza riposata dei
solai/ dove il rifiuto
secolare dorme!» Sono
versi di Guido Gozzano dedicati
alla soffitta del suo personaggio:
La signorina Felicita, e raccontano
l’avvicendarsi degli oggetti nelle
vicende umane. «Materassi,
vasellame,/ lucerne, ceste, mobili:
ciarpame/ reietto, così caro alla
mia Musa!».
In un ideale museo delle cose
diventate inutili già si trovano i
calamai e le vecchie penne per
scrivere, quelle che si usavano col
pennino; si trovano i pennini e
presto si troveranno anche gli
strumenti «moderni» della
scrittura: la stilografica e la biro,
che in Italia arrivò negli anni
Cinquanta e che era la stilografica
dei poveri (attingo ai miei
personali ricordi scolastici) e delle
persone che avevano fretta.
È un dato certo: si scrive sempre di
più, perché il personal computer, il
telefono e il tablet sono degli
straordinari moltiplicatori di
scrittura, ma sempre meno a
mano. Si sta perdendo la fisicità
dello scrivere; quella sintonia tra il
pensiero e il gesto che è il suo
segreto e la ragione profonda del
suo fascino. La multinazionale che
produce le biro e ne vende sempre
meno: la Bic, ha lanciato una
campagna nei Paesi anglofoni per
promuovere la scrittura su carta;
ma non credo che darà grandi
risultati.
Scrivere a mano, oggi, è
considerato una stranezza, una
stortura. Un tale a cui avevo
mandato un biglietto per
comunicargli non so più cosa, mi
ha risposto ringraziandomi…
«dell’autografo»! Ma va’ al
diavolo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Lunedì 8 Settembre 2014
Cultura 29
italia: 51575551575557
LO STUDIO DEL BRITANNICO RUSSELL EDWARDS
«Il Dna mi dà ragione:
Jack lo Squartatore
era il polacco Kosminsky»
LONDRA — Jack lo Squartatore ha un nome. A 126 anni
dagli omicidi dell’East End, il mistero dell’identità
dell’assassino (a fianco in un disegno dell’epoca) sembra
essere stato risolto da un appassionato di criminologia:
Russell Edwards sostiene di poter confermare che a uccidere
e mutilare cinque prostitute alla fine del XIX secolo fu Aaron
Kosminsky, emigrato polacco morto in manicomio trent’anni
dopo i fatti. La ricostruzione sarebbe stata possibile grazie al
ritrovamento di uno scialle lasciato vicino al cadavere di una
delle vittime, Catherine Eddowes. Con l’aiuto di un biologo di
Liverpool, Jari Louhelainen, Edwards avrebbe identificato
sullo scialle le tracce genetiche della vittima e di Kosminsky,
già nella rosa dei sospetti. Stando a Edwards, che sulla
scoperta ha scritto un libro (Naming Jack the Ripper), lo scialle
fu rimosso dalla scena del delitto da un sergente di Scotland
Yard, Amos Simpson, che lo regalò alla moglie. La quale,
sconcertata dalle tracce di sangue, non lo indossò né lo lavò
mai. Edwards lo acquistò a un’asta nel Suffolk nel 2007 con
una lettera che ne conferma la provenienza. Dopo 14 anni di
ricerche Edwards ha trovato i discendenti di Kosminsky e di
Eddowes e, grazie al loro Dna, il nome dell’assassino. Sulle
conclusioni c’è in Gran Bretagna un certo scetticismo:
«Bisogna vedere i metodi usati e se si può escludere la
contaminazione del materiale genetico», ha sottolineato sir
Alec Jeffreys, uno dei massimi esperti di impronte genetiche.
Paola De Carolis
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Saggi La questione tedesca vista da Reitani, Bolaffi e Giacché
Ripensare la Germania
con Mann e Meinecke
I
Il volume
Il libro che riproduce per la prima volta i
22 inediti, con saggi di Sylvie Forestier,
Nathalie Hazan-Brunet, Evgenia
Kuzmina, si intitola «Chagall. Viaggio
nella Bibbia» (traduzioni di Federico
Simonti e Ariase Barretta, pp. 240, 70). Alta la qualità delle illustrazioni,
numerosi i particolari evidenziati, è
pubblicato da Jaca Book in
concomitanza con le due mostre
milanesi a Palazzo Reale e al Museo
Diocesano (dove saranno esposte le 22
opere inedite, dal 17 settembre al 1°
febbraio 2015). Il volume sarà in libreria
il prossimo 25 settembre. Si può
acquistare già oggi sul sito
www.jacabook.it/chagall oppure
scrivendo a [email protected]
La retrospettiva Tra Bielorussia e Francia, 220 opere dal 1908 al 1985
Poesia dell’ebreo errante:
lasciar volare gli amanti
di ROBERTA SCORRANESE
«U
n genio, spaccato come
una pesca». Così il poeta
Blaise Cendrars definì
l’amico Marc Chagall, il quale si
ispirò alla poesia in uno dei suoi
quadri più suggestivi, Il poeta
sdraiato (1915). Questa è una delle
220 opere che Palazzo Reale ospita
in Marc Chagall. Una retrospettiva
1908-1985, dal 17 settembre al 1°
febbraio 2015. E forse non è
casuale: l’obiettivo di questa
ambiziosa mostra è rileggere
l’artista nella sua interezza, anche
poetica. Dagli inizi nella sua
Vicebsk, nell’odierna Bielorussia
(con il primo quadro, Le petit
salon), passando per le
avanguardie parigine, fino al
ritorno in Urss, all’esperienza
americana e all’approdo finale
nel Sud della Francia. Parliamo
di poesia quando ci troviamo
davanti a quadri come La
passeggiata (1917-18) o La mucca
con l’ombrello (1946), per citare due
delle opere scelte da Claudia Zevi
con Meret Meyer? Di certo parliamo
di purezza, senso dello stupore,
come intuì André Breton, che lo
voleva tra i Surrealisti. Ma Chagall
era, più che altro, «sur-reale» come
lo definì Apollinaire. Oltre la realtà,
sospeso in un circo di visioni che
sanno di autentico, nonostante
l’assurdo negli animali che volano,
dei fidanzati sospesi, dei violinisti
sul tetto. Con opere quali L’ebreo in
rosso, Le nozze, Il compleanno o La
caduta dell’angelo, la mostra punta
a questo: un denso, articolato
racconto della coerenza dell’artista,
il quale, pur avendo attraversato
nella sua lunga vita (1887-1985)
due guerre, le persecuzioni dei
nazisti e l’ostilità dei sovietici, la
morte dell’amata moglie Bella e la
depressione, era rimasto fedele alla
vertigine poetica che fa volare torri,
amanti, violini e pecore. Fedele al
messaggio della tradizione ebraica
(la bidimensionalità delle figure
tipica dell’iconografia dei testi sacri
illustrati, i simboli) appresa da
bambino, mescolata a rituali
popolari, aneddoti, personaggi
autentici. Puri, come la Sapienza
ebraica, che, ricorda Elémire Zolla,
«danza e gioca al cospetto di Dio».
Una fede visionaria che lo ha
portato a dedicare opere anche alla
Bibbia. Di qui la mostra al Museo
Diocesano Marc Chagall e la
Bibbia: 60 tra dipinti, sculture e
disegni (e 22 gouache inedite)
ispirati al testo religioso. Tra i
curatori, anche Paolo Biscottini,
direttore del museo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
n un libro pubblicato in Italia
da Mondadori nel 1946, La
conquista morale della Germania, il pubblicista tedesco, di
origine ebraica, Emil Ludwig, suggeriva, tra le misure urgenti: «Non
basta che spariscano dalla scena i
lavori teatrali dell’èra hitleriana: bisogna anche proibire la Tetralogia
di Wagner. Essa ha fatto, con la sua
forza suggestiva, più male di tutti i
libri nazisti perché in essa si trovano lampi di genio e l’impressione
che produce è così potente che anche l’ascoltatore poco versato nella
musica si trova incitato a conquistare il mondo, a venir meno ai giuramenti, a commettere tutti i delitti
dei quali si sono poi macchiati i nazisti». Il libro si apre con una precisazione: «Il carattere nazionale è
una realtà che riassume i tratti distintivi di un popolo considerato
nel suo complesso, anche se alcuni
degli individui che lo compongono
non li possiedono». Poco dopo apparve presso La Nuova Italia, La catastrofe tedesca di Friedrich Meinecke, edito in Germania anch’esso
nel 1946. Meno drastico di Ludwig,
ugualmente severo con la storia tedesca culminata nella catastrofe del
1945, stabiliva un filo negativo a
partire dall’affermarsi del militarismo prussiano. E in uno degli ultimi capitoli si poneva anche il quesito se ci fosse «un avvenire per l’hitlerismo», paventando addirittura
che «in virtù della sua superiorità
demagogica che gli è conferita dal
suo metodo di conquista delle masse, esso non sia destinato a diventare la forma di vita dominante nell’Occidente».
Nei 70 anni che ci separano dalla
«catastrofe» analizzata da Meinecke
sono intervenuti mutamenti epocali, anche se un osservatore attento
non può non essere sensibile alla
questione posta dal grande storico,
scomparso nel 1954, e soprattutto
alla sua intuizione veridica: essere
stato cioè il nocciolo dell’hitlerismo
la capacità di conquista demagogica
delle masse. Chi se la sente di negare che il problema è sempre sul tappeto? In certo senso il liberale Meinecke non si discosta molto (ovviamente senza conoscerla) dalla nota
di diario del comunista Bertolt Brecht, scritta durante l’esilio americano: «Un fascismo americano sarebbe democratico» (intendeva dire:
eviterebbe di ferire alcune esteriorità dei sistemi rappresentativi). Del
resto anche Thomas Mann, nel di-
scorso di Hollywood del 1948, lanciò l’allarme di fronte ai prodromi
del maccartismo e non eluse certo il
concetto di «fascismo».
Oggi la Germania è il perno dell’Unione Europea e il guardiano
delle sue rigide regole economiche.
Di queste soltanto, giacché gli altri
campi dell’agire umano (dai problemi della guerra e della pace ad
altri molto più specifici) non hanno
in verità visto svilupparsi alcuna
«unione». Perciò la Germania torna
ad essere impopolare presso l’opinione pubblica dei Paesi che più
patiscono dell’asserita, e vigorosa-
gruppo porrei due saggi: Cuore tedesco di Angelo Bolaffi (uscito da
Donzelli nel 2013) e il nuovo Europa
tedesca, Germania europea di Luigi
Reitani (Salerno, pp. 104, 7,90), in
uscita il 17 settembre. Nell’altro
gruppo porrei il saggio, molto documentato e illuminante, di Vladimiro Giacché, Anschluss. L’annessione: l’unificazione della Germania e il futuro dell’Europa (Imprimatur editore). L’idea dominante di
Reitani, il quale, come germanista,
ha dedicato molte energie alla teoria e alla pratica della traduzione, è
condensata in questa osservazione:
mente presidiata, immodificabilità
di «parametri» e «vincoli». Una impopolarità forse non così aspra come quella documentata dal libro di
Emil Ludwig, ma certo difficilmente sanabile con le prediche.
Nascono perciò da ultimo libri di
due generi: quelli che cercano, affettuosamente argomentando, di
attutire quella diffusa avversione e
quelli che, invece, mettono in relazione la riacquisita egemonia tedesca sull’Europa con i modi (e i costi)
con cui, a partire dal novembre
1990, si attuò la riunificazione tedesca. L’infittirsi stesso della pubblicistica sull’argomento dimostra che
un «problema tedesco» esiste oggi
più che mai, ben diverso — s’intende — da quello cui vanamente cercavano di dare una soluzione, negli
anni della guerra fredda, le periodiche conferenze tra i vincitori sul
«problema tedesco». Nel primo
«Prima ancora che economica, politica e sociale, la questione europea è
oggi in primo luogo una questione
culturale. Il vero problema dell’Unione non è il mantenimento del
patto di Stabilità o l’alternativa tra
una politica di contenimento della
spesa pubblica e quella di un incentivo alla crescita, ma il superamento
delle barriere che impediscono la
reciproca comprensione». Il pensiero verso cui converge il libro di
Bolaffi è: «Tocca ai tedeschi assumersi la responsabilità storica di
salvare l’Europa, dopo averla affondata due volte in passato. Ed è necessario che esercitino con saggezza e lungimiranza l’egemonia che
loro compete».
Merito rilevante del libro di Giacché è di aver ricostruito, con gli
strumenti dell’analisi economica, le
modalità dell’unificazione o meglio
annessione dei Länder dell’ex Germania Est: deindustrializzazione
dell’ex Ddr, perdita di posti di lavoro
in quei Länder, emigrazione di
massa verso Ovest. L’interrogativo,
non allegro, che il libro ci propone è
se non si stia assestando in modi
analoghi l’attuale riunificazione
«tedesca» dell’Europa.
THOMAS MANN CON LA MOGLIE NEL 1949 (FOTO AP)
di LUCIANO CANFORA
Musica e nazionalismo
Nel dopoguerra Emil
Ludwig propose di vietare
le rappresentazioni della
«Tetralogia» di Wagner
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il caso A ruba le memorie dell’ex «première dame». Imbarazzi nel pubblico. I politici dicono di snobbarle e le comprano di nascosto. Ma non tutti i commercianti festeggiano
«Scusate, non vendiamo robaccia». I librai contro il bestseller di Trierweiler
dal nostro corrispondente
STEFANO MONTEFIORI
PARIGI — Come quasi tutti i politici francesi Alain Juppé, sindaco di centrodestra di
Bordeaux e candidato alle prossime presidenziali, ha simulato distacco: «Non leggerò quel libro, ho di meglio da fare». Però
pare che giovedì, il giorno di uscita di Merci
pour le moment di Valérie Trierweiler, lo
stesso Juppé abbia fatto aprire in anticipo la
libreria Mollat della sua città per procurarsene una copia e leggerlo prima degli altri
(lo riportava ieri il «Journal du Dimanche»).
Il libro-vendetta dell’ex première dame,
che non svela segreti di Stato, ma distrugge
l’immagine personale del presidente
François Hollande, è un’enorme fonte di
imbarazzo. Si capisce quello dell’Eliseo, dei
compagni di partito, dei familiari e delle altre sue donne (da Ségolène Royal a Julie
Gayet). Fa un po’ sorridere invece il timore
di tanti lettori, «che prima prendono gli ultimi Carrère e Reinhardt e poi alla cassa ci
chiedono a bassa voce “vi è rimasta una copia del Trierweiler?”», racconta un libraio
di Saint-Germain. Oppure tengono a precisare «non è per me, me lo ha chiesto
un’amica». «Tanti sembrano ragazzi in farmacia, che esitano prima di chiedere i condom», dice un altro.
Il libro che fa vacillare la presidenza della
seconda economia della zona euro è di un
interesse evidente, infatti va a ruba. Ma
molti se ne vergognano. L’aspetto ancora
A fianco, il cartello di
una libreria: «Desolati,
abbiamo terminato i
libri di Trierweiler (ma
il nome è scritto in
modo sbagliato, ndr)
però abbiamo Balzac
e Dumas». Sopra:
Valérie e Hollande
più curioso di questo straordinario successo editoriale — 200 mila copie esaurite in
48 ore, ristampe notturne, previsione di almeno mezzo milione di esemplari venduti
— è lo sdegno di alcuni librai.
Fastidio nel vedere solo adesso i loro negozi finalmente pieni? O rabbia per avere
sbagliato ordinazione e finito le scorte in
poche ore (il che qualcosa ci dice sulla loro
conoscenza del mercato)? Comunque, nelle vetrine di alcune librerie francesi sono
comparsi i cartelli di una nuova resistenza
in nome delle Lettere. «Ci spiace, non abbiamo più il libro di Valérie Trierweiler ma
ci restano delle opere di Balzac, Dumas,
Maupassant etc...». «Teniamo 11 mila libri e
non siamo il bidone della spazzatura di
Trierweiler e Hollande», annuncia la libre-
ria Contretemps nella chic rue Cler (che
mesi fa ha ospitato una presentazione dell’autoproclamato «nazional-socialista giudeofobo» Alain Soral: lui invece andava bene...). E ancora: «La libreria non è la lavatrice dei panni sporchi di Madame Trierweiler», proclama il cartello di un altro
negozio, pronto a difendere la Cultura e a
intimidire il povero cliente.
Da anni il governo francese è impegnato
nella battaglia per tutelare le librerie di
quartiere, minacciate dalla concorrenza dei
grandi distributori. Fnac o Amazon trattano i libri come una merce qualsiasi e sono
impersonali, ripetono i critici. Ma in certi
casi, come questo, può essere un vantaggio.
@Stef_Montefiori
© RIPRODUZIONE RISERVATA
30
italia: 51575551575557
Lunedì 8 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Lunedì 8 Settembre 2014
31
italia: 51575551575557
Corriere della Sera SMS
Idee&opinioni
Le news più importanti in anteprima sul tuo cellulare. Invia un sms con la parola CORRIERE al 4898984
Servizio in abbonamento (4 euro a settimana). Per disattivarlo invia RCSMOBILE OFF al 4898984
Maggiori informazioni su www.corriere.it/mobile
IL REFERENDUM E LE PROSPETTIVE
✒
Come in un grottesco gioco dell’oca: siamo di nuovo alla casella di
partenza. Il caso Garlasco riparte dall’ennesimo colpo di scena. Un processo di primo
grado, un appello, la Cassazione, un appello
bis in corso, infinite varietà di consulenze,
perizie, accertamenti tecnici di ogni genere
e ora che succede? Si scopre che in sette anni
nessuno ha mai notato due fotografie dell’avambraccio sinistro di Alberto Stasi, l’unico da sempre sotto accusa per l’omicidio
della sua fidanzata, Chiara Poggi, uccisa a
colpi in testa la mattina del 13 agosto del
2007 nella sua villetta di Garlasco.
A volerla immaginare, la scena in caserma è più o meno questa: i carabinieri della
stazione di Garlasco notano due piccoli segni sull’avambraccio di Alberto, li fotografano e gli chiedono come se li è procurati.
L’abc di un’inchiesta. Lui dice che è stato il
suo cane, la sera prima. Peccato che nessuno
verbalizza la sua spiegazione, ritenuta evidentemente più che convincente. Non sarebbe stato meglio puntualizzare? Scattare
immagini nitide dei due segni invece che del
braccio intero? Anche a garanzia di Alberto,
ovviamente: per poter eventualmente escludere che fossero i segni di una colluttazione.
Non si mise a verbale niente, spiega ora un
carabiniere presente all’epoca, «perché l’importante era partire dalla vittima e scoprire
se sotto le unghie della vittima c’era il Dna
del sospettato, non fare il percorso inverso».
Sarà. Ma allora parliamo del Dna sotto le
unghie: analisi fatte, risultato zero. Salvo disporre, sempre dopo sette anni, un tipo di
accertamento differente (non più sotto ma
sull’intera superficie delle unghie) che rivela
stavolta la presenza di cromosoma Y, quello
maschile. Ma se anche risultasse con certezza che quel Dna è di Alberto (e già questo
sembra sia difficile), collegarlo ai segni sul
braccio e a un’ipotetica difesa di Chiara non
sarà semplice: perché, appunto, chi ha visto
le fotografie dei graffi le definisce «poco
chiare» e perché Alberto era il suo fidanzato
e quindi si possono ipotizzare anche contatti intimi in grado di lasciare tracce sulle unghie.
Quindi siamo tornati alla casella di partenza. Nel senso che, dopo sette anni, stiamo ragionando ancora una volta su dettagli
che potevano entrare in scena fin dal primo
giorno.
Giusi Fasano
© RIPRODUZIONE RISERVATA
SOLDI STRANIERI AI «LOBBISTI OCCULTI»
MA LA POLITICA USA NON SI INFLUENZA COSÌ
✒
Il New York Times dedica un’inchiesta molto ampia alla crescente
mole di contributi ricevuti dai più autorevoli
think tank americani, dal Brookings Institution all’Atlantic Council. Soldi arrivati da Paesi stranieri interessanti a influenzare la politica degli Stati Uniti in vari campi, dall’energia al commercio internazionale, alla
difesa. Centri di ricerca noti per la loro autorevolezza e indipendenza che operano, a
volte, anche come «lobbisti occulti»?
Fosse così, non ci sarebbe molto da sorprendersi: Washington è una grande fabbrica che produce leggi, regolamenti, eroga incentivi, ordina beni e servizi, stabilisce regimi di controllo. Ma il prodotto più
prezioso è la conquista dell’attenzione del presidente e
della sua Amministrazione.
Un bene scientificamente
misurato in secondi, partecipazioni di Obama a eventi
pubblici e privati, foto con
supporter e finanziatori,
menzione nei suoi discorsi
di questo o quel personaggio. È attorno a
questo «fatturato» che lavora l’immensa
macchina lobbistica della Capitale. Quando
fu eletto, nel 2008, Obama promise di domare le lobby mettendole in condizioni di non
nuocere. Invece da allora le società il cui mestiere è quello di influenzare la politica sono
più potenti e ricche che mai. E i loro leader
(alcuni dei quali sono ex collaboratori dello
stesso presidente democratico) ormai rifiu-
tano con sdegno la definizione di «lobbista»: vogliono essere chiamati «professionisti delle relazioni col governo».
Con tanti miliardi di dollari e tanti personaggi di prestigio in circolazione, non c’è da
stupirsi che a volte i confini tra le società di
questi professionisti e centri di ricerca spesso guidati da economisti, ex diplomatici o
personaggi di elevato rango politico, possano in qualche punto confondersi. Lo spettro
agitato dal giornale americano è quello del
«denaro straniero» ma Washington è pur
sempre la capitale di un impero, anche se in
declino, ed è abbastanza normale che Paesi
che vogliono far sentire la
loro voce al di là di quello
che possono fare le loro ambasciate, puntino anche sui
think tank. Serve agli arabi
per premere sulla politica
energetica Usa? La Norvegia,
come scrive il Times cerca di
far cambiare idea al governo
sulle politiche per l’Artico
attraverso la Brookings?
Forse è così. Ma difficilmente il paper di qualche esperto farà cambiare
rotta alla Casa bianca o al Congresso su questioni cruciali. Spesso quei soldi servono a
risolvere problemi molto più terra-terra: trovare una sede di prestigio nella quale il ministro straniero in visita nella capitale dell’impero possa lasciare un segno, parlando
in istituto davanti a un pubblico sussiegoso.
Massimo Gaggi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
SECONDO CASO DI RAZZISMO IN POCHI MESI
QUEI SEGNALI INQUIETANTI PER IL BASKET
✒
Il basket americano ha vissuto di
tutto: giocatori che picchiano un
allenatore (Latrell Sprewell dei Golden State
Warriors, 1997), atleti che malmenano il
pubblico (Ron Artest degli Indiana Pacers,
2004). Ma i tempi di Adolph Frederick Rupp
sembravano definitivamente tramontati.
L’allenatore che rese grande la squadra dell’Università del Kentucky non è famoso solo
per le sue 876 vittorie in 41 anni di panchine,
o per la percentuale di successi pazzesca
(82,2%): ma anche, tristemente, per le sue
idee razziste. Chiedeva che, sulla documentazione ufficiale, venissero indicati con un
asterisco i giocatori di colore: avrebbe fatto a
meno di visionarli. Nel 1966, quando il suo
quintetto (formato da 5 bianchi) venne
sconfitto da quello della Texas Western University (5 neri), Rupp si arrese (ingaggiò
l’afroamericano Payne), e un’epoca sembrò
finita.
I suoi cascami riaffiorano però, inquietanti, per la seconda volta in pochi mesi.
Bruce Levenson, comproprietario degli At-
lanta Hawks, ha ieri messo in vendita la sua
quota del club per una mail dell’agosto 2012,
in cui scriveva che «il pubblico nero spaventa i bianchi». Il 29 aprile Adam Silver, il commissioner del campionato di basket professionistico americano, aveva multato e radiato il proprietario dei Los Angeles Clippers
Donald Sterling che, in una telefonata finita
su un sito di gossip, chiedeva alla fidanzata
di non portare afroamericani alle partite.
Qualcosa di anomalo sta forse accadendo
nella Nba (o almeno ad Atlanta) se Levenson
si è autodenunciato per una mail di due anni
fa. Ma qualcosa di forse più preoccupante
emerge nel modo in cui episodi di razzismo
trasudano dal tessuto sociale negli Stati Uniti guidati dal primo presidente afroamericano della storia. Dall’Nba — un campionato
dove l’80% dei giocatori sono di colore, e
l’80% degli spettatori sono bianchi — ci
aspettiamo di tutto: ma non di permettere ai
tempi di Rupp di tornare in vita.
Davide Casati
© RIPRODUZIONE RISERVATA
La Scozia sull’orlo della separazione
ora inizia a far paura (non solo a Londra)
di ANTONIO ARMELLINI
SEGUE DALLA PRIMA
Londra sembra essere stata colta di
sorpresa: solo la City — da sempre attenta
agli umori — aveva già da qualche giorno
messo in cantiere misure difensive.
L’esito finale sarà determinato dalla platea
degli indecisi e molto sembra avere giocato
l’andamento dei dibattiti televisivi tenutisi
nelle scorse settimane. Il primo era stato
nettamente favorevole agli unionisti; il
secondo è stato perso malamente da
Alistair Darling (cui David Cameron aveva
affidato il compito di difendere le ragioni
dell’unione), dando al Chief minister di
Edimburgo Alex Salmond un vantaggio
che si è affrettato a sfruttare.
Il tema del recupero di una identità
usurpata dallo strapotere inglese ha avuto
un peso tutto sommato secondario:
Braveheart è stato evocato meno di quanto
accada fra i leghisti di casa nostra. Si è
parlato di cose molto concrete, dal destino
del Servizio sanitario nazionale a quello
della sterlina, messi in pericolo da una
possibile secessione ed entrambi ritenuti
fondamentali anche nell’ipotesi di una
Scozia indipendente. La pulsione
nazionalista è rimasta sullo sfondo, mentre
il tradizionale pragmatismo del Paese e il
fatto che le identità regionali (non solo
quella scozzese, ma anche quelle irlandese
e gallese) abbiano ottenuto riconoscimenti
via via crescenti, hanno indotto la
campagna a puntare sulla promessa di
vantaggi economici immediati per sfuggire
alla trappola dell’indifferenza.
La Scozia può già oggi contare su molte
delle prerogative della sovranità: ha un suo
ordinamento giuridico e lo stesso vale per
la religione; la devolution ha attribuito al
suo Parlamento poteri rilevanti; vi è
persino una sterlina scozzese, anche se si
tratta di una banconota priva di qualsiasi
autonomia. Quali sono allora i punti forti
della campagna per l’indipendenza?
Il modello immaginato per la Scozia è stato
paragonato a quelli di Paesi come la
Norvegia o la Danimarca. Con la prima
condividerebbe la prosperità assicurata
dalla riserve petrolifere del Mare del Nord
che, ancorché calanti, non dovrebbero più
essere condivise con altri. Della seconda
ricalcherebbe il modello
socialdemocratico messo seriamente a
rischio dall’egemonia tory: sarebbe stato
proprio questo aspetto a indurre molti
laburisti scozzesi a cambiare posizione ed
esprimersi nei sondaggi per
l’indipendenza. Diversamente da
entrambe, sarebbe un membro attivo
dell’Unione Europea, in antitesi alle
posizioni del Regno unito. La separazione
DORIANO SOLINAS
I NUOVI INDIZI NEL CASO GARLASCO
E LE INDAGINI CHE NON FINISCONO MAI
sarebbe «dolce»: la nuova Scozia sarebbe
retta dalla Regina Elisabetta, manterrebbe
come moneta la sterlina, la frontiera
sarebbe aperta e verrebbe creato un
mercato unico. Molto per certi versi, ma
non abbastanza per giustificare un
terremoto politico e costituzionale le cui
conseguenze restano imprevedibili.
Anche perché, al di là delle intenzioni, la
separazione potrebbe rivelarsi assai meno
amichevole. Lo strascico di polemiche, da
parte di un’opinione pubblica inglese che
avrebbe molta difficoltà a capire,
rischierebbe di essere forte. Un’unione
monetaria presupporrebbe un accordo da
parte di Londra che al momento è tutt’altro
che certo; senza contare che in tal caso il
controllo della politica monetaria
resterebbe nelle mani della Banca
d’Inghilterra e ad Edimburgo non
resterebbe che uniformarsi alle sue
decisioni. Senza il voto scozzese il partito
laburista sarebbe fortemente
ridimensionato; lo spostamento della
bilancia a favore dei conservatori nel
parlamento di Londra renderebbe
problematica la collaborazione con quello
di Edimburgo. Industria e finanza in Scozia
sono soprattutto inglesi e la separazione
provocherebbe un esodo massiccio di cui
si vedono già i segnali.
Per Edimburgo l’indipendenza potrebbe
rappresentare un salto nel vuoto
pericoloso, ma non andrebbe sottovalutato
l’impatto per il resto del Paese. Il Regno
Unito rimasto sarebbe un Paese sminuito:
senza contare la possibile deriva di Galles e
Irlanda del Nord, immaginarlo membro
permanente del Consiglio di Sicurezza e
attore di primo piano sul piano
internazionale sarebbe vieppiù difficile.
Un’Inghilterra controllata da un partito
conservatore senza più una vera
opposizione potrebbe rendere concreta
l’ipotesi di una uscita dall’Ue, con il rischio
di erigere una vera frontiera proprio là
dove la si vorrebbe mantenere virtuale. Uno
scenario del genere potrebbe forse
convenire a quanti vorrebbero per Londra
un futuro da maxi-Singapore europea: un
grande centro finanziario, con una forte
omogeneità sociale e politica, con un
sistema economico deregolamentato e
liberista. Un piccolo-grande Paese: ricco
senza dubbio e magari soddisfatto di sé,
ma lontano da quella Gran Bretagna che
ancora oggi rivendica il diritto di punch
above its weight (farsi valere anche al di là
della sua forza) in nome di un prestigio
antico.
Mancano diversi giorni e a Londra tutti
moltiplicheranno gli sforzi per raddrizzare
le sorti di una scommessa che si è fatta
difficile; c’è da augurarsi che al momento
del voto la spinta emotiva dei sondaggi
ceda il passo a valutazioni più pacate. Una
vittoria dell’indipendenza aprirebbe una
pagina incerta per la Scozia e traumatica
per il resto del Regno Unito; una vittoria
dell’unione lascerebbe comunque dei
segni e renderebbe inevitabile una
riflessione in profondità sulle sue
motivazioni e i suoi strumenti.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
GLI EQUIVOCI SULLA «MARIJUANA DI STATO»
La resa educativa degli slogan sulla cannabis
di GIOVANNI BELARDELLI
L’
annuncio di un accordo per la
produzione di farmaci a base di
cannabinolo da parte dello Stabilimento farmaceutico militare
forse ha provocato qualche entusiasmo di troppo. In sé e per sé la novità è
limitata: visto che l’impiego dei cannabinoidi a scopo terapeutico era già autorizzato da
anni, tutto si ridurrebbe alla produzione in
Italia dei relativi farmaci. Ma appunto, un
po’ per il tenore di certi commenti, un po’
per un sentire diffuso nell’opinione pubblica, si fa spesso confusione tra la marijuana
terapeutica e la marijuana libera, cioè liberamente consumabile da chiunque lo voglia.
Così, c’è chi ha subito approfittato della
notizia per chiedere anche la liberalizzazione della marijuana a scopo ricreativo; oppure chi si è dichiarato in favore della liberalizzazione come strumento per combattere la
criminalità ma contemporaneamente ha
addotto motivazioni di tutt’altra natura, sostenendo che la pericolosità della cannabis
è soltanto una leggenda creata da «politici
bacchettoni». In effetti, il principale punto
di debolezza della battaglia antiproibizioni-
sta dei radicali e non solo, di chi cioè considera la liberalizzazione come strumento per
combattere la criminalità organizzata e lo
spaccio (dunque anche per ridurre il sovraffollamento delle carceri), sta nel lasciare
spazio alle posizioni di chi continua a considerare la marijuana come una droga che
fondamentalmente non fa male. E questo
non è vero.
Gli effetti nocivi del consumo di marijuana sembrano ormai accertati, come ha illustrato Giuseppe Remuzzi su questo giornale
lo scorso 3 settembre e come ha autorevolmente ribadito due giorni fa Silvio Garattini
sulla Stampa, ricordando in particolare i
danni generati dall’uso della cannabis nei
più giovani. Si tratta di dati di fatto che dovrebbero spazzar via il mito dell’«erba» che
non ha mai fatto male a nessuno, ancora largamente circolante come se fossimo rimasti
agli Anni 60 e a Woodstock. Ma questo non
avviene e i danni prodotti dalla cannabis sono ricordati di rado, anche per la paura di
apparire altrimenti retrogradi e bacchettoni.
Proprio se spostiamo il discorso a livello
culturale, occorre riconoscere che nei Paesi
occidentali è in atto da qualche tempo una
svolta in favore della liberalizzazione, come
notava Umberto Veronesi un mese fa in un
appello antiproibizionista (che non a caso
— a testimoniare la confusione e l’ambiguità di cui si parlava — l’Espresso titolava «Diciamo anche noi marijuana libera»). Ma è
una svolta culturale di cui non credo ci sia
da andar fieri, poiché dietro di essa si intravvede, nelle classi dirigenti e più in generale nelle classi d’età adulte dell’Occidente,
una abdicazione dalle proprie responsabilità educative. Spesso, dietro il consumo di
droghe, leggere o pesanti che siano, ci sono
le difficoltà esistenziali, la crisi dei valori, le
prospettive grigie di vita in cui tanti giovani
oggi si dibattono. Ma su tutto questo la generazione dei baby boomers, cioè di chi è
stato giovane negli Anni 60, sembra non sapere interrogarsi davvero, nonostante abbia
molta responsabilità per la situazione in cui
si trovano i propri figli e nipoti. Spesso quella generazione appare capace soltanto di un
progressismo incanutito e vacuo, che non
va molto oltre lo slogan — e l’illusione —
della «marijuana libera».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
32
Milano Via Solferino, 36
tel.02/6282.7555 - 02/6282.7422,
fax 02/6552.436
Si precisa che ai sensi dell’Art. 1, Legge 903 del
9/12/1977 le inserzioni di ricerca di personale
inserite in queste pagine devono sempre intendersi rivolte ad entrambi i sessi ed in osservanza
della Legge sulla privacy (L.196/03).
ABILE impiegata ufficio commerciale
inglese francese Windows, Mac offerte ordini follow-up, offresi.
331.12.23.422
AMMINISTRATIVO esperto aziende
medio piccole, gestione completa fino al bilancio, trentennale esperienza, esamina proposte anche tenuta
contabilità presso clienti zona Milano
nord. Disponibilità immediata.
339.37.40.496
ASSISTENTE alla poltrona ottimo curriculum, cerca lavoro part/full-time.
Tel. 338.91.34.547
CONTABILE ordinarie, semplificate,
dichiarazioni fiscali, intra/black list
offresi. Tel. 334.60.74.075
IMPIEGATO di magazzino coordinatore ventennale esperienza gestione
ordini Italia-estero, programmi Ibm
AS/400 Sap R/3 inventari in mobilità
fino a maggio 2016 Legge 223/91
offresi anche come magazziniere
part-time/full-time. 329.49.57.628.
PERITO meccanico 50enne, esperienza ufficio produzione commesse tecnico acquisti settore impiantistica e
macchinari, valuta proposte. Disponibilità immediata. 335.52.22.858.
RAGIONIERA pluriennale esperienza
contabilità generale, banche, adempimenti fiscali, clienti/fornitori, buona conoscenza inglese, pacchetto office, disponibilità immediata. Tel.
339.20.56.130
RAGIONIERE capo contabile gestore
risorse finanziarie, controllo, pianificazione, disposto trasferte, incarichi
di
fiducia.
Libero
subito.
329.77.95.606
RAGIONIERE 45enne, esperienza
25ennale. Prima nota, co.ge, banche, cassa, recupero crediti, pagamenti, Intrastat, black list, fino a stesura e controllo bilanci, inglese, offresi. Mail: [email protected]
Cell. 333.93.50.950
RESPONSABILE amministrativo,
43enne laureato, esperto in contabilità, bilancio, adempimenti fiscali,
banche. 327.86.65.097
RESPONSABILE amministrazione
vendite, esperienza anche commerciale e post vendita, inglese ottimo.
333.43.04.187
TRUST laureato esperto istituzione
Trust, tutela del patrimonio, delocalizzazione aziende, contabilità, bilanci, dichiarativi. 02.87.22.37.26
CONDUTTORE manutentore di impianti condizionamento riscaldamento con patente secondo grado
vapore cerca lavoro. 328.42.68.082
37ENNE diplomato offresi come autista per aziende/banche patente B.
Tel: 333.56.51.035
A Milano, anche primo impiego, attività commerciale ricerca 3 ambosessi. Mansioni: amministrative, controllo e commerciali. 02.24.30.29.21
AFFERMATA società brokeraggio cerca impiegata indispensabile pluriennale esperienza assunzioni property
casualty auto. Corriere 177-XZ 20132 Milano
AZIENDA tessile Bresso ricerca contabile con esperienza. Inviare CV a:
[email protected]
PRIMARIA azienda di servizi, ricerca
ambosessi automuniti per espansione commerciale. Provvigioni superiori alla media con liquidazione settimanale.Tel. 02.52.72.829
COMMESSA ventennale esperienza
offresi per lavoro serio, libera subito,
Milano e limitrofi. 339.14.86.855
CUOCO italiano referenziato, affidabile cerca lavoro, anche stagionale,
lunga esperienza Italia/estero. Disposto viaggiare. Ottima conoscenza
inglese. Tel. 06.70.11.439
AZIENDA leader ricerca commerciali
ambosessi. Offresi formazione, alte
provvigioni, possibilità carriera. Tel.
02.33.40.53.06
CERCA lavoro ragazza srilankese
27enne, permesso di soggiorno,
esperienza domestica. Chiamare:
388.95.77.790
CERCO lavoro come domestico, custode villa, cameriere. Possesso patente
B. Tel. 351.13.23.662
CERCO urgentemente lavoro possibilmente Milano centro, dalle 8 alle 15
(trattabili) ottime referenze. Colf, stiratrice,
baby
sitter.
Cell.
389.53.70.985
COLLABORATORE domestico ragazzo srilankese offresi anche badante,
ottima presenza, ottime referenze.
388.93.06.393
SIGNORA peruviana cerca lavoro pulizie, baby sitter dalle 13 in poi.
340.49.64.854
COMMERCIALE 41enne, decennale
esperienza nelle vendite maturata
all'estero, settore beni di largo consumo, valuta offerta lavorativa come
responsabile commerciale estero.
Esperienza consolidata nella gestione di risorse, di distributori, di agenti
e nella pianificazione ed esecuzione
del budget. Ottimo inglese parlato e
scritto, disponibile alle trasferte.
[email protected]
CONTABILE neopensionato, autonomo fino bilancio, adempimenti/dichiarazioni, offresi contabilità piccola
azienda. 328.68.59.679
DIRIGENTE scolastico pensionato settembre 2012 esperienza quarantennale esaminerebbe offerte lavoro
coordinatore istituti paritari disposto
viaggiare. 340.57.62.532
PERSONA fiducia, 50enne, Milano,
laureato lode, professionalità, offresi
consegne territorio nazionale,
335.78.54.283
PROFESSORE di madrelingua inglese
dà lezioni private a casa o ufficio.
327.30.24.103
OPERATORE sanitario con referenze
disponibile come assistente ed aiuto
domestico. Cell.: 340.56.25.973
ATTICI MM Maciachini. Piani alti, terrazzi. box. CE: C - IPE: 74,9 kWh/mqa
02.88.08.31 cod. T09 www.filcasaimmobili.it
BRERA Solferino: loft/appartamenti
restaurati, bilivelli, biservizi, mini piscina, sauna, mq. 120/160. CE in
corso. 331.43.23.979
MANZONI 170 mq. Giardino, box.
CE: F - IPE: 110 kWh/mqa.
335.68.94.589
PER investimento nostra clientela ricerchiamo palazzine, attici, appartamenti semicentrali Milano. Liba
335.68.94.589
SOCIETÀ d'investimento internazionale acquista direttamente appartamenti e stabili in Milano.
02.46.27.03
BANCHE
MULTINAZIONALI
•RICERCANO appartamenti affitto
vendita. Milano e provincia
02.29.52.99.43
MULTINAZIONALE ricerca appartamenti ed uffici a Milano. Tel.:
02.67.17.05.43
STUDENTESSE massime referenze
cercano trilocale/quadrilocale in Milano zona servita. 02.67.47.96.25
PINZOLO vicinanze, direttamente da
impresa, panoramicissimi appartamenti. Euro 40.000,00 + 80.000,00
mutuo. 348.88.72.838
SELVINO Aviatico Valle Brembana
Valle Imagna residenze ideali per famiglie, natura, relax. CE: da C - IPE:
87 kWh/mqa. www.edilizia-orobica.com 335.83.91.395
BERGAMO capannone mq 2.300 uffici, ampio piazzale. Ideale attività
commerciale. CE: esente. Sito:
www.edilizia-orobica.com
335.83.91.395
LONATE POZZOLO (VA) vicinanze
Malpensa vendesi/affittasi edificio
industriale nuovo 2.700 mq. + 450
mq. uffici arredati, 2 campate h. 12
mt, 1 campata h. 8.50 mt, completo
impianti tecnici, cabina 630 Kw,
pronto immediato utilizzo. CE: D,
41,26 kWh/mc. Tel. 335.20.75.86
NEGOZI plurivetrine, Repubblica,
canne fumarie (bar tavola fredda), affitto-riscatto. CE: G - IPE: 187,5 kWh/
mca 02.88.08.31 cod. C03 www.filcasaimmobili.it
NEGOZIO /ufficio sette luci, Valtellina-Farini. 650 mq oltre sottonegozio, box triplo. CE: F - IPE: 147,22
kWh/mca 02.88.08.31 cod. N15
www.filcasaimmobili.it
NEGOZIO angolare 7 luci, Sarpi. Ristrutturato, sottonegozio. CE: C - IPE:
61,79 kWh/mca. 02.88.08.31 cod.
N13 www.filcasaimmobili.it
Una nuova vetrina: prima di tutto…
prima di tutti!
Ore pas
ti. 348.08
.28.350
Temporary Shop
Saldi Eventi
Outlet
Locali Ristoranti
Viaggi
oppure nei giorni feriali presso
l’agenzia:
ESPERTO tecnico commerciale italiano residente in Brasile da dieci anni
offresi per rappresentare imprese italiane del comparto componenti auto
e industriali di grandi serie. Interessati inviare e-mail a:
[email protected]
OFFRESI esperienza trentennale sales
& marketing, creazione e gestione reti vendita agenti e rivenditori settore
ospedaliero
e
dentale.
348.44.00.469 [email protected]
RETI AGENTI, massima qualità.
Esperto crea, avvia e gestisce reti
vendita appositamente per aziende
clienti. 338.37.66.816
Corsi
Mostre
www.piccoliannunci.rcs.it
[email protected]
Spettacoli
Gli annunci si ricevono tutti i giorni su:
Lunedì 8 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
per promuovere tutto ciò
che ti rende Speciale!
[email protected]
TEMPOR
GRAN ARY SHOP
DI OFFE
RTE
Milano
Affari!
Dal 9 lugl
abbigliamio al 10 settem
abiti, jea ento uomo / bre
don
a prezzi nseria e access na
ori
scontatiss
Vieni a
trovarci imi!
.
in via Fra
Tel.
02.11.12.
nico, 6
27.
BUSTO ARSIZIO (VA) zona Madonna
Regina vendesi terreno fabbricabile
5612 mq lottizzato per 14 villette a
schiera - Tel. 335.20.75.86
CERVIA speciale terme, 1 settimana
pensione completa euro 260,00
compreso acqua, vino. Specialità pesce. Hotel tre stelle vicino fermata
bus. Tel. 0544.97.27.84
VENDO Gozzo 1971 Moltedo motorsailer m 12,50x3,30 in mogano.Visibile lago Maggiore. 336.34.99.30
CERCASI impresa artigianale per demolizioni, costruzioni, nuove ristrutturazioni immobili. Scrivere a: Corriere 159-XZ - 20132 Milano
ACQUISTARE, vendere aziende, immobili, ricercare soci, joint-venture?
Trentennale esperienza nazionale,
internazionale, pagamenti garantiti.
www.cogefim.com - 02.39.26.11.91
ATTIVITÀ da cedere/acquistare artigianali, industriali, turistico alberghiere, commerciali, bar, aziende
agricole, immobili. Ricerca soci. Business Services 02.29.51.80.14
Acquistiamo
•AUTOMOBILI E FUORISTRADA,
qualsiasi cilindrata con passaggio di proprietà e pagamento immediato. Autogiolli, Milano.
02.89504133 - 338.7431476
36
RI
ACCOGLIENTE centro benessere italiano, massaggli olistici su lettino e
futon. 02.39.56.06.70
CONCEDITI una pausa. Massaggi olistici, trattamenti benessere, idromassaggio, promozioni. 02.20.52.06.19
SOLARI esclusivo studio italiano, trattamenti olistici ambiente confortevole e raffinato. Tel. 02.91.63.57.63
PADRONA
autorevolissima
899.842.411. Viziosa 899.842.473.
Euro 1,30min/ivato. VM18. Futura
Madama31 Torino.
Il Corriere della Sera e La Gazzetta
dello Sport con le edizioni stampa e
digital offrono quotidianamente agli
inserzionisti una audience di oltre 8
milioni di lettori, con una penetrazione
sul territorio che nessun altro media è
in grado di ottenere.
La nostra Agenzia di Milano è a disposizione per proporvi offerte dedicate a
soddisfare le vostre esigenze e rendere efficace la vostra comunicazione.
TARIFFE PER PAROLA IVA ESCLUSA
Rubriche in abbinata obbligatoria:
Corriere della Sera - Gazzetta
dello Sport: n. 0: € 4,00; n. 1: €
2,08; n. 2, 3, 14: € 7,92; n. 5, 6, 7,
8, 9, 12, 20: € 4,67; n. 10: € 2,92;
n. 1: € 3,25; n. 13: € 9,17; n. 15: €
4,17; n. 17: € 4,58; n. 18, 19: €
3,33; n. 21: € 5,00; n. 24: € 5,42.
Rubriche in abbinata facoltativa:
n. 4: Corriere della Sera € 4,42;
Gazzetta dello Sport € 1,67; abbinata € 5,00.
n. 16: Corriere della Sera € 1,67;
Gazzetta dello Sport € 0,83; abbinata € 2,08.
n. 22: Corriere della Sera € 4,08;
Gazzetta dello Sport € 2,92; abbinata € 4,67.
n. 23: Corriere della Sera € 4,08;
Gazzetta dello Sport € 2,92; abbinata € 5,00.
RICHIESTE SPECIALI
Data Fissa: +50%
Data successiva fissa: +20%
Per tutte le rubriche tranne la 21,
22 e 24:
Neretto: +20%
Capolettera: +20%
Neretto riquadrato: +40%
Neretto riquadrato negativo: +40%
Colore evidenziato giallo: +75%
In evidenza: +75%
Prima fila: +100%
Tablet: + € 100
Rubrica 4 “Avvisi Legali”:
1 modulo: € 400
2 moduli: € 800
Rubriche Compravendite immobiliari
Nel testo dell’inserzione è obbligatorio indicare la classe energetica di
appartenenza dell’immobile e il relativo indice di prestazione energetica
espresso in kWh/mqa o kWh/mca a
seconda della destinazione d’uso dell’edificio. Nel caso di immobili esenti
dall’indicazione, riportare la dicitura
“Immobile non soggetto all’obbligo di
certificazione energetica”.
Corriere della Sera Lunedì 8 Settembre 2014
33
italia: 51575551575557
Lettere al Corriere
LE AMBIGUITÀ DELLA FRANCIA
DALLA SCONFITTA ALLA VITTORIA
Risponde
Sergio Romano
Ho trovato molto comprensivo
nei riguardi dei francesi il suo
commento delle scorse
settimane sulle caratteristiche
dello Stato di Vichy. Forse con
gli Usa non sarebbe stato
altrettanto moderato. Che la
Francia sia passata alla fine
della guerra come un vincitore
è un’ingiustizia che andrebbe
menzionata. Non solo è
inesatta l’affermazione del suo
lettore che il governo Pétain
sia stato imposto dai tedeschi,
ma lo è anche quella che tale
governo sia stato instaurato
«dopo» l’armistizio, il che
potrebbe avvalorare tale
inesattezza, ma Pétain fu
nominato dal parlamento
costituzionale di Bordeaux il
16 giugno 1940, e l’armistizio
fu firmato il 22 giugno. È
inutile sottilizzare, la Francia,
a voler essere buoni, tenne il
piede in due scarpe: quella
tedesca con Pétain e quella
alleata — chissà quanto
PRESCRIZIONE
Paesi e limiti
Caro Romano, ma è vero che
la prescrizione penale in altri
Paesi europei non è prevista?
Ruggero Morelli
[email protected]
Non so se vi siano Paesi in
cui la prescrizione non è prevista. Ma posso assicurare che
esiste sia in quelli dove vige la
common law (fra cui Gran
Bretagna e Stati Uniti, dove va
sotto il nome di statute of limitations), sia in quelli dell’Europa continentale. Non vi
è prescrizione, invece, per i
crimini di guerra e i reati contro l’umanità.
LAVORO / 1
volontariamente e più tardi —
con De Gaulle a Londra. Si
comportò come le grandi
famiglie le quali,
prudentemente, allo scoppiare
di una rivoluzione con
speranze di successo, inviano
il figlio cadetto a fare il
rivoluzionario.
Agostino Castiglioni
ing.acastiglioni@
fastwebnet.it
Caro Castiglioni,
a storia, come scrisse Benedetto Croce, non è
«giustiziera», e gli storici,
aggiungo, non sono giudici di
tribunale, autorizzati a emettere sentenze. Con la risposta da
lei ricordata ho cercato di spiegare che la Francia di Vichy
non fu soltanto il frutto di una
sconfitta. Fu anche il risultato
di una lunga crisi che aveva
fortemente intaccato l’autorità
e la credibilità della democrazia parlamentare. Quanto al-
L
che costoro non pensino al
settore privato dove le
aziende chiudono una dopo
l’altra con migliaia di
lavoratori licenziati, agli
esodati, agli
ultraquarentenni (o anche
meno) che non trovano
lavoro, alla sempre crescente
disoccupazione giovanile? Si
mettano la mano sulla
coscienza e riflettano prima
di parlare e di lamentarsi per
il loro «magro» ma sicuro
stipendio.
Si fa troppo rumore sulle
lamentele per il blocco degli
stipendi nel pubblico
impiego. Trovo un po’
ipocrita ed arrogante
l’atteggiamento degli statali
che, comunque vadano le
cose, hanno il loro posto e lo
stipendio garantito (anche se
non aggiornato). Possibile
l’ingiustizia che sarebbe stata
commessa trattandola, dopo la
guerra, come un Paese vincitore, credo che occorra aggiungere al quadro qualche particolare.
Esiste anzitutto, come nella
storia dell’antifascismo italiano, una frontiera temporale.
Fino alla seconda metà del
1942 una larga parte della classe dirigente francese si comportò come se la vittoria della
Germania fosse molto probabile, e fu preoccupata soprattutto dal desiderio di creare le
condizioni affinché il loro Paese, dopo la guerra, avesse col
vincitore un rapporto speciale.
Il caso di Parigi è particolarmente interessante. Qui l’intellighenzia accettò di convivere
con gli occupanti perché era
lusingata e sedotta dal rispetto
e dall’ammirazione che molti
tedeschi sembravano riservare
alla capitale francese. Molti
sperarono che anche in una
Europa tedesca Parigi sarebbe
sempre stata Parigi.
Il clima politico cambiò,
gradualmente, quando la Germania subì, in Russia e in Africa del Nord, le sue prime sconfitte. I passaggi alla Resistenza
divennero sempre più frequenti e le azioni dei partigiani
sempre più efficaci. Le autorità
di Vichy nelle colonie cominciarono a collaborare con gli
Alleati. Il generale De Gaulle
acquisì un maggiore valore e la
sua crescente popolarità nell’opinione pubblica francese
garantì a Londra e a Washington un interlocutore scomodo, ma sicuro. La collaborazione militare francese in Europa,
dopo lo sbarco in Normandia,
fu limitata, ma non insignifi-
cante. Se la Francia fu considerata vincitrice ed ebbe un seggio permanente al Consiglio di
Sicurezza, la ragione, comunque, fu politica. Il presidente
americano, a cui De Gaulle non
piaceva, sarebbe stato meno
generoso, ma Churchill era
convinto che un Francia autorevole fosse necessaria, tra l’altro, per tenere a bada la Germania del futuro. Per la sua
storia, le sue tradizioni e la sua
cultura la Francia era necessaria all’Europa. Infliggerle
un’altra umiliazione avrebbe
reso la ricostruzione politica
ed economica del continente
ancora più difficile. Conviene
ricordare infine, caro Castiglioni, che la Francia ebbe il
merito di concepire e lanciare
un ambizioso progetto per
l’unificazione dell’Europa.
Nessun altro Paese europeo, in
quelle circostanze, avrebbe
potuto farlo.
distinguo sia assolutamente
d’obbligo.
euro potrebbe essere
sufficientemente punitiva.
Anna Maria Nicoletti
Cremona
Mario Donetti
[email protected]
LAVORO / 2
Statali privilegiati
Sono d’accordo con il premier
Renzi sulla battuta del
Meno ipocrisia
Le lettere, firmate con nome, cognome e città, vanno inviate a:
«Lettere al Corriere» Corriere della Sera
via Solferino, 28 20121 Milano - Fax al numero: 02-62.82.75.79
«grasso che cola». Vorrei,
però sottolineare che il
«grasso che cola» è quello di
dipendenti statali
privilegiati, di serie A.
Per chi come loro ha uno
stipendio congruo,
il blocco del contratto può
essere facilmente sopportato.
Certamente non da chi da
oltre cinque anni ha uno
stipendio da fame che non
supera i 1000-1200 euro,
compresi gli ottanta,
da poco concessi.
Da questi ultimi ciò che cola,
sono solo «lacrime e
sangue». Ritengo che questo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Aldo Alpegiani
[email protected]
SENZA BIGLIETTO
PREMIER RENZI
Sanzione eccessiva?
Le critiche fanno bene
Volevo segnalare ciò che è
accaduto ieri a mia figlia che
ha viaggiato nel breve tratto
Limbiate-Saronno su un
autobus senza biglietto. Il
controllore le ha fatto la
multa. Niente da dire, ha
fatto il suo dovere.
Quello che intendo
evidenziare è l’importo della
sanzione, 145 euro. Se si
paga entro 5 giorni l’importo
diventa 58,33 euro. A me
sembra una follia: una
sanzione intorno ai 20-30
Renzi vuole essere un premier
autoritario, nel senso che il
Renzi-pensiero deve
prevalere su quello
antagonista. Nella fase
storica che stiamo vivendo,
secondo me, fa bene a tirare
dritto, ma le critiche vanno
ascoltate: è il minimo per
essere considerato liberale e
democratico.
Francesco Italo Russo
Montecatini
TELEFONIA
Messaggi illeggibili
La tua opinione su
sonar.corriere.it
Il premier ha disertato
Cernobbio per
l’inaugurazione di una
fabbrica di rubinetti a
Brescia. Ha fatto bene?
SUL WEB Risposte alle 19 di ieri
La domanda
di oggi
Sì
La ministra Boschi:
potremmo perdere
le elezioni nel 2018 ma
l’importante è rilanciare
il Paese. Giusto?
82
No
18
I cellulari sono sempre più
eleganti, ma il progresso non
aiuta a leggere i messaggi.
Infatti, durante le ore diurne,
non necessariamente al sole,
è spesso arduo interpretare il
testo degli sms.
Carlo Radollovich
[email protected]
Interventi & Repliche
Le conseguenze del bullismo
Ho appena letto l’articolo sul bullismo
nella scuola francese di Roma (Corriere
di ieri). Voglio segnalare che mio figlio a
13 anni in terza media, lo scorso hanno
scolastico, ha subito violenze fisiche e
morali da un gruppo di extracomunitari,
presso una scuola pubblica del quartiere
Prati. Segnalati gli episodi di continua
aggressione che avvenivano in bagno,
non solo non è accaduto nulla e gli
episodi sono continuati, ma addirittura
ci è stato detto che se non ci piaceva la
scuola potevamo cambiarla (a 20 giorni
dall’esame di terza media)! Vorrei sapere
perché gli insegnanti e i dirigenti sono e
si sentono esenti da qualsiasi
responsabilità e come mai il Ministero
competente sembra che non se ne
occupi?
Anna Maria Teresa Gregori
[email protected]
Il significato del Forum di Cernobbio
L’articolo di ieri sul Corriere, a firma di Aldo
Cazzullo, riferisce che il presidente del
Consiglio Renzi, nella sua visita di ieri a
una azienda di rubinetti, ha dichiarato che
«A Cernobbio si chiacchiera, qui si fa».
Ritengo doveroso offrire ai lettori un
chiarimento. Prima di tutto sono molto
grato al Governo per avere, come da
tradizione, onorato e partecipato al Forum
con ben 6 membri dell’esecutivo. Al
Forum The European House – Ambrosetti
a Cernobbio, da 40 anni, si confrontano,
spesso in anteprima, i principali attori
economici, politici e delle scienze del
Paese, dell’Europa e del Mondo in un
clima di totale indipendenza, autonomia e
senza preconcetti né bandiere partitiche.
Al Forum vengono approfondite e
dibattute idee e proposte che servono al
Paese e all’Europa su temi strategici di
macro e di micro economia. Vengono
presentati studi seri e indipendenti sui
problemi dell’Italia e dell’Europa e dei
principali settori industriali. Non è un caso
se l’Università della Pennsylvania ci ha
nominato primo Think Tank privato
italiano, quarto in Europa e tra i primi al
mondo. Sono presenti i capi azienda delle
più importanti società del Paese e delle
© 2014 RCS MEDIAGROUP S.P.A. DIVISIONE QUOTIDIANI
CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE
DIRETTORE RESPONSABILE
PRESIDENTE Angelo Provasoli
Ferruccio de Bortoli
VICE PRESIDENTE Roland Berger
Luciano Fontana
VICEDIRETTORI
Antonio Macaluso
Daniele Manca
Giangiacomo Schiavi
Barbara Stefanelli
AMMINISTRATORE DELEGATO Pietro Scott Jovane
Sede legale: Via Angelo Rizzoli, 8 - Milano
Registrazione Tribunale di Milano n. 5825 del 3 febbraio 1962
Responsabile del trattamento dei dati (D. Lgs. 196/2003): Ferruccio de Bortoli
[email protected] - fax 02-6205.8011
© COPYRIGHT RCS MEDIAGROUP S.P.A. DIVISIONE QUOTIDIANI
Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo quotidiano può essere
riprodotta con mezzi grafici, meccanici, elettronici o digitali. Ogni violazione
sarà perseguita a norma di legge.
CONSIGLIERI
DIREZIONE, REDAZIONE E TIPOGRAFIA 20121 Milano - Via Solferino, 28 Tel. 02-62821
Fulvio Conti, Teresa Cremisi, Luca Garavoglia,
Attilio Guarneri, Piergaetano Marchetti,
Laura Mengoni
DISTRIBUZIONE m-dis Distribuzione Media S.p.A.
Via Cazzaniga, 19 - 20132 Milano - Tel. 02-2582.1 - Fax 02-2582.5306
DIRETTORE GENERALE DIVISIONE MEDIA
Alessandro Bompieri
E-mail: [email protected]
oppure: www.corriere.it
oppure: [email protected]
Particelle elementari
di Pierluigi Battista
I putiniani d’Italia
arcigni e disinvolti
N
on è facile tracciare l’identikit dei nuovi e arcigni
putiniani d’Italia. Sono di destra, ma i loro giornali sembrano l’Unità filo-sovietica degli anni Cinquanta («Così Obama vuole spingerci alla guerra
contro Putin», titolava ieri il Giornale): manca soltanto l’osanna a Stalin. I nuovi e arcigni putiniani d’Italia erano fieri anticomunisti, ma pur di sostenere la causa dell’autocrate Putin, si bevono anche la fandonia degli ucraini nazisti
(che hanno racimolato lo 0,1 alle elezioni) che vorrebbero
sterminare «i fratelli russi». Del resto, i fieri anticomunisti
d’un tempo avrebbero difficoltà a stare dalla parte di Adam
Michnik o del compianto Václav Havel che fino all’ultimo dei
suoi giorni metteva in guardia dalle tentazioni neo-imperiali
della nuova Russia post-comunista. E infatti a loro, ai putiniani d’Italia, non dispiace il premier ungherese Orbán, che ha
un debole per Putin, teorizza (e pratica, per ora solo parzialmente) la fine della democrazia, e fino a un paio di mesi fa
aveva l’intenzione di piazzare all’ambasciata d’Ungheria in
Italia un notorio antisemita: senza riuscirci, per fortuna.
I putiniani d’Italia sono molto disinvolti. Molti di loro sono
stati anche gheddafiani d’Italia. O meglio: sono stati antigheddafiani in un lontano passato, ma poi, per ragioni economiche e geo-politiche non sempre da snobbare, sono diventati grandi sostenitori del Colonnello libico, fino al punto
di applaudire alle sue pagliacciate durante le visite in Italia
dell’ex nemico della civiltà occidentale. I putiniani d’Italia sono
del tutto indifferenti ai torti e alle ragioni del conflitto che divide Kiev e Mosca. Se il nuovo imLe ragioni del
pero russo disintegra i confini e
conflitto fra
invade il territorio di uno Stato
sovrano, fanno finta di niente o
Mosca e Kiev
addirittura si appellano alle
sono messe in
pulsioni di una Storia antica:
sperando che l’Austria non vosecondo piano
glia invadere il «suo» Sud Tirolo. Hanno giustamente timore
dell’effetto boomerang delle sanzioni economiche, ma mai
che ci dicessero come si deve reagire di fronte a un atto di palese prepotenza come quello militarmente realizzato da Putin
in Ucraina. Dicono, con l’aria dei nuovi pensosi Ezra Pound,
di non volere l’Europa delle banche e della finanza, ma l’Europa dei popoli: però se il popolo ucraino supplica l’Unione Europea di non girare le spalle e consentire che l’orso russo faccia valere le ragioni della sua smisurata forza, allora i popoli
possono pure crepare e resta solo da omaggiare il nuovo imperatore.
Sono contro l’egemonia degli intellettuali impegnati, ma
possono sottoscrivere ciò che sostiene il regista russo Andrej
Konchalovskij quando prende in giro le libere elezioni e la difesa di anticaglie come i diritti umani. Ai putiniani d’Italia
non interessa la stampa asservita nella Russia che li fa gongolare, la galera per i dissidenti, gli oppositori spariti, i diritti
civili calpestati. Però si dicono addirittura «liberali»: ma deve
essere qualcosa che assomiglia alla satira.
❜❜
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Bozzetto
DEL LUNEDÌ
CONDIRETTORE
@
PUBBLICITÀ
RCS MediaGroup S.p.A. Divisione Pubblicità
Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano - Tel. 02-25846543 - www.rcspubblicita.it
PREZZI DI VENDITA ALL’ESTERO: Albania € 2,20; Argentina $ 13,50 (recargo envio al interior $ 1,00); Austria € 2,20; Belgio € 2,20; Canada CAD 3,50; CH Fr. 3,00;
CH Tic. Fr. 3,00 (quando pubblicato con Style Magazine Fr. 3,50); Cipro € 2,20; Croazia Hrk 17; CZ Czk. 64; Francia € 2,20; Germania € 2,20; Grecia € 2,50; Irlanda €
2,20; Lux € 2,20; Malta € 2,20; Monaco P. € 2,20; Olanda € 2,20; Portogallo/Isole € 2,50; SK Slov. € 2,20; Slovenia € 2,20; Spagna/Isole € 2,50; Hong Kong HK$ 45;
più importanti multinazionali presenti o
potenziali investitrici in Italia. Coloro che
partecipano da più anni sanno bene che
Villa d’Este non è una vetrina, non si fa
salotto. Si studia, si lavora, si
approfondisce, ci si confronta, si impara e
si insegna. L’Italia incontra l’Europa e il
mondo e il mondo e l’Europa incontrano
l’Italia. Quest’anno sono intervenuti oltre
200 capi azienda e responsabili delle
istituzioni da tutto il mondo per un totale
di 16 Paesi rappresentati. Hanno
ragionato insieme in questi tre giorni.
Lascio a loro valutare se torneranno a
casa arricchiti o no o se riterranno di
avere solo fatto chiacchiere.
Valerio De Molli, managing partner
The European House – Ambrosetti
EDIZIONI TELETRASMESSE: RCS Produzioni Milano S.p.A. 20060 Pessano con Bornago
- Via R. Luxemburg - Tel. 02-95.74.35.85 • RCS Produzioni S.p.A. 00169 Roma - Via Ciamarra 351/353 - Tel. 06-68.82.8917 • RCS Produzioni Padova S.p.A. 35100 Padova - Corso
Stati Uniti 23 - Tel. 049-87.00.073 • Tipografia SEDIT Servizi Editoriali S.r.l. 70026 Modugno (Ba) - Via delle Orchidee, 1 Z.I. - Tel. 080-58.57.439 • Società Tipografica Siciliana
S.p.A. 95030 Catania - Strada 5ª n. 35 - Tel. 095-59.13.03 • L’Unione Sarda S.p.A. Centro
stampa 09034 Elmas (Ca) - Via Omodeo, 5 - Tel. 070-60.131 • BEA printing sprl 16 rue du
Bosquet - 1400 Nivelles - Belgium • Speedimpex USA, Inc. 38-38 9th Street Long Island
City - NY 11101 - USA • CTC Coslada Avenida de Alemania, 12 - 28820 Coslada (Madrid) Spagna • La Nación Bouchard 557 - 1106 Buenos Aires - Argentina • Miller Distributor
Limited Miller House, Airport Way, Tarxien Road – Luqa LQA 1814 - Malta • Hellenic Distribution Agency (CY) Ltd 208 Ioanni Kranidioti Avenue, Latsia - 1300 Nicosia - Cyprus •
FPS Fernost Presse Service Co. Ltd 44/10 Soi Sukhumvit, 62 Sukhumvit Road, Bang
Chark, Phrakhanong - Bangkok 10260 - Thailandia
na + Cor. Como € 1,20 + € 0,50 + € 0,20. In Campania, Puglia, Matera e prov., non acquistabili separati: lun. Corsera + CorrierEconomia del CorMez. € 0,93 + € 0,47; m/m/g/d
Corsera + CorMez. € 0,93 + € 0,47; ven. Corsera + Sette + CorMez. € 0,93 + € 0,50 + € 0,47;
sab. Corsera + IoDonna + CorMez. € 0,93 + € 0,50 + € 0,47. In Veneto, non acquistabili
separati: m/m/g/d Corsera + CorVen. € 0,93 + € 0,47; ven. Corsera + Sette + CorVen. € 0,93
+ € 0,50 + € 0,47; sab. Corsera + IoDonna + CorVen. € 0,93 + € 0,50 + € 0,47. In Trentino
Alto Adige, non acquistabili separati: m/m/g/d Corsera + CorTrent. o CorAltoAd. € 0,93 +
€ 0,47; ven. Corsera + Sette + CorTrent. o CorAltoAd. € 0,93 + € 0,50 + € 0,47; sab. Corsera +
IoDonna + CorTrent. o CorAltoAd. € 0,93 + € 0,50 + € 0,47. A Bologna e prov. non acquistabili separati: m/m/g/d Corsera + CorBo € 0,62 + € 0,78; ven. Corsera + Sette + CorBo €
0,62 + € 0,50 + € 0,78; sab. Corsera + Io Donna + CorBo € 0,62 + € 0,50 + € 0,78. A Firenze e
prov. non acquistabili separati: l/m/m/g/d Corsera + CorFi € 0,62 + € 0,78; ven. Corsera +
Sette + CorFi € 0,62 + € 0,50 + € 0,78; sab. Corsera + Io Donna + CorFi € 0,62 + € 0,50 + €
0,78.
PREZZI: *Non acquistabili separati, il venerdì Corriere della Sera + Sette € 1,90 (Corriere €
1,40 + Sette € 0,50); il sabato Corriere della Sera + IoDonna € 1,90 (Corriere € 1,40 + IoDonna € 0,50). A Como e prov., non acquistabili separati: m/m/g/d Corsera + Cor. Como €
1,20 + € 0,20; ven. Corsera + Sette + Cor. Como € 1,20 + € 0,50 + € 0,20; sab. Corsera + IoDon-
La tiratura di domenica 7 settembre è stata di 468.142 copie
ISSN 1120-4982 - Certificato ADS n. 7682 del 18-12-2013
Thailandia THB 190; UK Lg. 1,80; Ungheria Huf. 700; U.S.A. USD 5,00. ABBONAMENTI: Per informazioni sugli abbonamenti nazionali e per l’estero tel. 0039-0263.79.85.20 fax 02-62.82.81.41 (per gli Stati Uniti tel. 001-718-3610815 fax 001-718-3610815). ARRETRATI: Tel. 02-99.04.99.70. SERVIZIO CLIENTI: 02-63797510 (prodotti collaterali e promozioni).
* Con “Sette” € 2,90; con “Io Donna” € 2,90; con “Style Magazine” € 3,40; con “Living” € 5,30; con “La matematica come un romanzo” € 9,30; con “Tutto Pratt” € 12,39; con “Le grandi storie Disney” € 9,39; con “La Biblioteca di Papa Francesco” € 12,30; con “Grandangolo” € 7,30; con “Lettere d'amore” € 8,30; con “Agatha Christie” € 8,30; con “I sentieri della Grande Guerra” € 14,30; con “Tu sei il
male” € 11,30; con “Alle radici del male” € 11,30; con “Skylander” € 11,30; con “Diabolik. Nero su nero” € 8,39; con “Grande Guerra. 100 anni dopo” € 12,39; con “Geronimo Stilton. Viaggio nel tempo” € 8,30; con “Tiziano Terzani” € 10,30; con “I capolavori dell’Arte” € 7,30; con “Ufo Robot” € 7,39; con “James Bond collection” € 11,39; con “English Express” € 12,39
34
Lunedì 8 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Spettacoli
L’intervista
La sua «Prayer in C»
è stata per settimane
in vetta alle classifiche
«Non cerco l’effetto
tormentone. La mia
lingua ormai è di casa
nella dance europea»
Incassi Usa
I «Guardiani della galassia» restano in vetta
I Guardiani della galassia restano in
vetta agli incassi Usa del weekend, con
10,2 milioni di dollari, sfiorando in
totale i 295 milioni. Dietro il film Marvel
si confermano Le Tartarughe Ninja con
6,5 milioni di dollari (174,6 milioni in
totale). Terzo Resta anche domani con
5,75 milioni (39,6 in totale).
Fan in delirio a Firenze
Deep house Robin
Schulz, 27 anni: «I primi vinili li ho messi da
ragazzino con mio padre nelle discoteche»
Clooney dal palco
annuncia le nozze
«Sposo Amal,
forse a Venezia»
C’erano anche George Clooney
e la sua fidanzata Amal
Alamuddin tra gli ospiti a
Palazzo Vecchio per la cena di
gala con asta di beneficenza
della Celebrity Fight Night, in
programma ieri sera. L’attore è
giunto intorno alle 19,
tenendosi per mano con la
compagna (foto), che indossava
un abito nero con strascico
tempestato di cristalli, tra fan in
delirio, bagno di folla e
I
n tedesco si chiama
«Ohrwurm», letteralmente
«verme da orecchio»: si dice di
una canzone che al primo
ascolto entra in testa e non se ne va.
Fanno quest’effetto i remix del dj
tedesco Robin Schulz: su tutti la sua
«Prayer in C», dall’ipnotica chitarrina iniziale che ha invaso le radio
italiane a fine estate dopo settimane in testa alla classifica dei singoli,
di Shazam e di Spotify.
Rarità per un dj, specie che di solito, salvo casi come Avicii e Guetta,
sbanca più i botteghini dei club e
dei festival che le classifiche; e rarità per un tedesco che produce anche brani in tedesco, come il suo
prossimo singolo «Willst Du».
«Non temo la mia lingua. Magari a
voi mediterranei suona difficile,
ma nella dance europea è sempre
più sdoganata, tanto che ai miei live
in Francia e Olanda metto questo
pezzo e la gente lo conosce già».
E infatti anche in Europa — dalla
Francia al Regno Unito al Belgio —
gli exploit in classifica del ventisettenne Schulz sono simili. «Non cerco l’effetto tormentone», giura lui.
Che però ha fiuto per il potenziale
delle canzoni che sceglie per i suoi
remix «a istinto, prendo le poche
che mi colpiscono tra le decine che
ogni giorno ascolto sui canali musicali di YouTube»; e ha portato alla
luce, come un talent scout, chicche
dal successo finora non planetario,
come «Prayer in C» del duo francese Lilly Wood and the Pricks (2010)
e «Waves», del rapper olandese Mr.
Probz (2013). «Mi hanno scritto entrambi per ringraziarmi. Ma non ci
siamo ancora incontrati, in questi
mesi ho giusto il tempo di respirare. Sono stato a casa otto sere in tutta l’estate... Però ci siamo aggiunti
su Facebook, e stiamo cercando di
organizzare concerti insieme».
I due «beneficiati» dalla consolle
magica di Schulz non sono gli unici
La favola musicale del dj Robin:
con me il mondo balla in tedesco
«I Coldplay vogliono che collabori con loro, sono incredulo»
Il personaggio
Lo stile
Robin Schulz è nato ad Osnabrück il
28 aprile del 1987. Dice che sceglie
«a istinto» le canzoni per i suoi remix:
«Prendo le poche che mi colpiscono
tra le decine che ogni giorno ascolto
sui canali musicali di YouTube»
ad averlo contattato: dopo il successo di «Prayer in C» si sono fatti
vivi nientemeno che i Coldplay, che
gli hanno chiesto di remixare il loro
singolo «A sky full of stars». Che infatti ha un posto d’onore tra le tracce del suo nuovo album, «Prayer»,
in uscita il 19 settembre. «I Coldplay, capito. Sono incredulo», ride
lui. «Produco brani miei dal 2010,
ho sempre puntato molto su quelli.
Questo gioco di remixare pezzi già
noti l’ho intrapreso con zero aspettative».
Eppure il «gioco» è valso a
Schulz un milione di visualizzazioni prima ancora di produrre «Waves», il suo primo singolo: «L’avevo
sentita per caso e ho pensato di remixarla mettendo in evidenza la voce di Mr. Probz, ha un timbro molto
sexy. L’ho postata su Soundcloud e
in un mese ho fatto un milione di
clic. Il suo agente mi ha contattato,
abbiamo prodotto il singolo e tutto
è iniziato».
Una volta è la voce di Mr. Probz,
un’altra la chitarra di «Prayer»,
un’altra ancora il ritornello quasi
tenorile di «Willst du»: il «trattamento-Schulz» prevede sempre un
elemento da far spiccare sopra gli
altri, «un giro di acceleratore al ritmo del pezzo, perché deve per prima cosa essere ballabile» e una drastica ripulitura da tutti gli elementi
romantici o retrò (sparito ad esem-
La scommessa
Schulz produce brani dal
2010: «E pensare che avevo
cominciato a remixare pezzi
già noti senza aspettative»
pio da «Prayer in C» un lungo assolo di flauto traverso in stile Jethro
Tull).
Si chiama deep house: un tipo di
elettronica più lento e melodico (e
glamour: non a caso fa sempre più
spesso da sottofondo alle sfilate) rispetto ad altri filoni andati forte in
passato come la drum’n bass. «Tutto il contrario di quella che suonava
mio padre», spiega Schulz, figlio
d’arte: «I primi vinili li ho messi con
lui nelle discoteche di Osnabrück,
dove abitiamo. E dove la mia carriera è iniziata, a 17 anni: facevo tutti i
venerdì una serata chiamata Elektroschnipsel, “collage elettronico”». Cioè (se il collage è prendere
pezzi già pronti e farne un’opera
nuova) più o meno quello che, 10
anni dopo, fa ancora.
richiesta di autografi. Clooney,
arrivato a Firenze nel
pomeriggio, sul palco davanti a
tutti ha detto: «Sono onorato di
diventare marito di Amal. La
amo molto e ci sposeremo
entro un paio di settimane in
Italia, forse a Venezia». L’attore
era tra gli ospiti più attesi della
cena di gala, appuntamento
clou di una quattro giorni di
eventi promossa per raccogliere
fondi a favore del Muhammad
Alì Parkinson Centre e che vede
il coinvolgimento della Andrea
Bocelli Foundation. Tra gli altri
ospiti della serata, presentata
da Michelle Hunziker nel
salone dei Cinquecento, Laura
Pausini, Lionel Ritchie, Belén
Rodriguez insieme al marito
Stefano De Martino, il maestro
Zubin Mehta che ha anche
diretto l’Orchestra del Maggio
musicale che ha accompagnato
l’esibizione di Andrea Bocelli,
«padrone di casa» con la sua
fondazione. All’incanto, tra le
altre cose, una cena con Robert
De Niro e Billy Cristal.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Irene Soave
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Dopo la Mostra di Venezia Costanzo felice per la coppa Volpi ai suoi due attori. Tozzi, presidente dei produttori: su 300 film l’anno solo 100 arrivano nelle sale
Se l’Italia vince a metà. Munzi: «Che fatica riuscire a fare cinema»
DAL NOSTRO INVIATO
VENEZIA — L’Italia che piace,
premiata alla Mostra di Venezia
dalla stampa e dal pubblico delle anteprime, non ha trovato lo
stesso consenso nella giuria.
Non sono stati presi in considerazione il Leopardi di Martone
(se n’è un po’ stupita anche la
stampa francese) e la ‘ndrangheta di Munzi, l’unico ad avere
avuto delle chance è stato Hungry Hearts di Saverio Costanzo.
Gli ultimi due Leoni d’Oro sono
stati vinti in Italia quando c’era
come presidente un italiano: Ettore Scola premiò Così ridevano
di Gianni Amelio, 1998; e Bernardo Bertolucci Sacro GRA di
Gianfranco Rosi, nel 2013.
Mai come quest’anno i nostri
tre film hanno avuto un’acco-
glienza così positiva. Il vincitore
morale, e la rivelazione, è Francesco Munzi: con Anime nere, è
stato paragonato dal Telegraph
a Visconti e Coppola: «Considero una vittoria uscire dal Lido in
questo modo. Il cinema italiano
è fatto di contraddizioni e paradossi. Molti film non hanno le
caratteristiche produttive per
andare in sala. E poi se da una
parte c’è la riproposizione della
commedia ovvero l’idea di un
film unico, dall’altra c’è la fucina
dei cineasti che tengono viva la
ricerca e il nome del cinema italiano all’estero. Tutto questo però è legato a uno sforzo enorme
degli autori, è vissuto sulla nostra pelle, il mio film si è fatto
con grande fatica grazie a un
collage di tanti fondi».
Paolo Del Brocco è ammini-
stratore delegato di Rai Cinema
(negli ultimi quattro anni ha
raddoppiato l’investimento
complessivo, fino a 85 milioni),
coproduttore dei tre film italiani
in gara e di altri sei alla Mostra:
«A Venezia conta la bella acco-
glienza che ha ricevuto il cinema italiano». In dieci anni 579
cinema hanno chiuso, anche se
sono aumentati gli schermi
(+269) grazie ai multiplex. «In
Francia — prosegue — nei cineplex cittadini trovi di tutto, non
Premiati Adam Drive, Alba Rohrwacher e Saverio Costanzo a Venezia
solo i blockbuster ma il cinema
d’autore, questo è il vero problema». L’Italia non vive più di sola
rendita dei De Sica e dei Fellini,
gli autori hanno un respiro più
universale: si gira in inglese.
Il presidente dei produttori
Riccardo Tozzi: «La quota del
mercato italiana, al 30%, resta
alta; gli autori hanno uno sguardo più largo e vincono all’estero,
dagli Oscar a Cannes; siamo
pronti per una legge di sistema.
Tra le cose negative restano la
stagionalità (d’estate il cinema è
fermo, servono incentivi maggiori). E soprattutto si produce
un’abnormità di film: circa 300
l’anno, rispetto ai 170 del recente passato. È demagogia pensare che tanto ci sia comunque un
cinema che li proietta. In sala ne
escono 100, di cui significativi
Numeri e verdetti
Baratta: bilancio
soddisfacente
Stazionario, quindi buono.
I dati del presidente della
Biennale Baratta
confermano quelli del
2013: 1 milione e 300 mila
euro d’incasso, 128 mila
spettatori rispetto i 126
mila dell’anno scorso.
Unico neo, il rischio che
molti titoli del palmares
restino invisibili. «Il
premio ad Andersson
aiuta un cinema insolito.
Le dinamiche delle giurie
sono imprevedibili».
50-60. In Francia, dove hanno
6.000 schermi e noi 3.500, ne realizzano 200». Vania Traxler è la
Signora dei film d’autore: «Fui
la prima a portarli, dagli Anni
70, nei cinema commerciali.
Oggi il mio mestiere è quasi impossibile, non c’è stato un ricambio nel pubblico, che è sempre quello». Con You, the Living, ha fatto conoscere in Italia
il Leone d’Oro Roy Andersson:
come andò? «Ah, malissimo, fu
snobbato da tutti. Però sono fiera di averlo fatto». A Venezia
comprò il Faust diretto da Aleksandr Sokurov, Leone d’Oro nel
2011: «In sala incassò 500 mila
euro, per un film così è un miracolo. Ma è vero, il cinema d’autore italiano è un po’ migliorato».
Valerio Cappelli
© RIPRODUZIONE RISERVAT
Corriere della Sera Lunedì 8 Settembre 2014
Spettacoli 35
italia: 51575551575557
The Theory of Everything Al festival di Toronto il film ispirato alla biografia dello studioso scritta dalla ex moglie
Aveva 23 anni
Amori e sfide di un astrofisico:
la vita coraggiosa di Hawking
Addio a Rise,
un altro lutto
per la girl-band
Ladies’ Code
Redmayne: ho studiato ogni gesto segnato dalla malattia
TORONTO — Se l’anno scorso
il Festival di Toronto segnò l’inizio della corsa verso l’Oscar di 12
anni schiavo, il film di Steve McQueen ispirato all’autobiografia
di Solomon Northup, nella
39esima edizione un applauso
lungo e commosso ha accolto la
fine della proiezione di The Theory of Everything, tratto, secondo una forte tendenza del cinema del nostro tempo, da un’altra
biografia. Perché sempre più
spesso lo schermo si affida alla
realtà, alle fratture, conquiste e
perdite, effetti e affetti speciali
di vite vere.
Infatti, il film diretto da James
Marsh, premio Oscar per il documentario Man on Wire - Un
uomo tra le Torri, ricostruisce,
tra privato (poco noto) e pubblico, l’esistenza, le passioni e le ricerche dell’astrofisico, matematico e cosmologo britannico Stephen Hawking. E in particolare
il suo matrimonio, durato un
quarto di secolo (dal 1965 al
1991), con Jane Wilde. Dalle memorie della donna, Travelling to
infinity: my life with Stephen, è
stato tratto il copione con una
documentata sceneggiatura di
Anthony McCarten che Felicity
Jones ha interpretato con squisita sensibilità e complessità.
«Ci sono affinità tra il mio documentario sul funambolo sospeso nello spazio su una corda
d’acciaio — spiega Marsh — e
questo film sui rischi, sulle sfide, sui sogni e sulla ricerca di
Finzione e realtà Il matrimonio di Stephen e Jane Hawking nel film. A fianco quello vero (1965)
equilibrio di uomini che, in
qualche modo, riescono a toccare le nuvole e a entrare nell’infinito». Grandi consensi sono andati all’attore inglese Eddie Redmayne (I Miserabili) per la sorprendente immedesimazione
fisica e psicologica nel ruolo di
Hawking, condannato all’immobilità da una malattia del motoneurone, diagnosticatagli
quand’era era uno studente universitario di 21 anni. Un male che
non ha intaccato le sue capacità
intellettuali di astrofisico noto
soprattutto per i suoi studi sui
buchi neri, la relatività e l’origine
dell’universo.
Racconta Redmayne: «Ho dedicato due anni al film, ho studiato ogni movimento segnato
dal male di Stephen. Che, mai,
però, ha ostacolato i suoi studi
così difficili e impegnativi. Mostrare la sua progressiva degenerazione fisica è stato un lavoro
sfibrante, ma la tenacia e la forza
di Hawking di combattere contro la depressione mi hanno totalmente conquistato. Più che
mitizzarlo, volevo restituire al
pubblico l’essenza della sua vita,
guardare con profondità dentro
le sue giornate, il suo essere marito e padre e, contro ogni evento, un eterno ottimista».
«È stata una grande prova fisica e spirituale — sottolinea a sua
volta Felicity —. Jane e Stephen
Lo scienziato
Nato a Oxford
Fisico, matematico e
astrofisico tra i più
importanti del mondo,
Stephen Hawking è
nato a Oxford l’8
gennaio 1942
I buchi neri
È noto soprattutto per i
suoi studi sui buchi
neri e l’origine
dell’universo. Nel 1988
ha pubblicato il suo
capolavoro «Dal big
bang ai buchi neri.
Breve storia del
tempo»
La sindrome
A 13 anni Hawking è
stato colpito da una
malattia del
motoneurone, una
sindrome degenerativa
che via via lo ha
costretto all’immobilità
e a comunicare con un
sintetizzatore vocale
si erano conosciuti a Cambridge, contro ogni avversità hanno
costruito una vita domestica,
una quotidianità di fiducia e coraggio reciproci. Il film è una
grande storia d’amore, una analisi del tempo, una sfida a un
male inesorabile, progressivo,
conosciuto comunemente come
morbo di Gehrig. L’anelito alla
pienezza dei sentimenti e dei
desideri è il cuore
del film oltre all’analisi di una
mente scientifica
aperta a ogni
esplorazione di
nuove frontiere
della fisica e della
cosmologia. È
stato un privilegio essere chiamata a far parte
del cast».
In platea anche altri attori del
cast: Emily Watson, David
Thewlis e Charlie
Cox, ossia Jonathan, il professore di musica diventato il compagno di Jane dopo la separazione
da Hawking. Che con l’ex moglie
e i loro tre figli è stato spesso
presente durante le riprese.
Confessa l’attore protagonista: «Finite le riprese, ho fatto fatica a “staccarmi” dal personaggio. Il viaggio della mente di
quest’uomo, contrapposto ai limiti del suo corpo, è diventato
per me — e spero lo sia anche
per gli spettatori — un microscopio puntato sull’universo e
sulle vite che ci sono concesse».
Sul set Redmayne diventerà anche un transgender nel film The
Danish Girll diretto da Tobe
Hopper e ispirato alla vita del
pittore Einar Wegener.
Giovanna Grassi
SEOUL — È morta un’altra
componente delle Ladies’
Code, la girl-band
sudcoreana che suona
K-pop. Kwon Ri-sae
(soprannominata Rise, nella
foto), 23 anni, non ce l’ha
fatta e ieri mattina è
deceduta a Suwon, città 30
chilometri a sud di Seoul.
Sono le conseguenze del
drammatico incidente che
ha coinvolto le Ladies’ Code
mercoledì scorso. Il furgone
su cui viaggiavano a causa
dell’asfalto bagnato ha
sbattuto con violenza contro
un guard-rail: Go Eun-bi, 21
anni, era morta sul colpo,
mentre le condizioni di
Kwon Ri-sae erano subito
apparse critiche. SoJung
invece se l’era cavata con la
frattura della mandibola,
mentre le altre due
componenti della band
avevano riportato solo delle
ferite lievi. Secondo le prime
ricostruzioni della polizia
locale, la causa
dell’incidente sarebbe da
addebitare all’alta velocità.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Teatro Il regista prepara il debutto della tragicommedia di Löhle
Corsetti: il mio «Gospodin»
è l’antieroe alla Monty Python
«I
l capitalismo? Il male assoluto. Almeno per il mio
Gospodin». Ride Giorgio Barberio Corsetti mentre racconta
della sua nuova regia teatrale da
Gennant Gospodin di Philipp
Löhle, il 30enne autore tedesco
diventato un caso in Europa proprio con questo testo. Interpretato da Claudio Santamaria, lo
spettacolo debutterà in prima
assoluta in autunno al Teatro
Eliseo nell’ambito di Romaeuropa Festival.
Ma chi è Gospodin? «Un uomo semplice — spiega il regista
—, un incrocio tra Brecht e i
Monty Python, un antieroe tragicomico che vuole liberarsi dalle catene del capitalismo facendo a meno del denaro. Un vortice di paradossi lo trascinerà
sempre più in mezzo ai guai, fino al più paradossale dei finali:
trovare la libertà in prigione,
perché lì solo può vivere senza
soldi ed essere finalmente felice. La sua vicenda è un apologo
sull’impossibilità di vivere fuori
dagli schemi». Come ha scelto il
protagonista? «Claudio ha un
grande sense of humour, come
ha dimostrato in Paz! (il film di
Renato Di Maria del 2002 tratto
dai fumetti di Andrea Pazienza,
ndr). Credo che in quel suo modo di fare sornione, un po’ orso
ma con lo sguardo acuminato,
attento, Gospodin possa mimetizzarsi bene…». Brevi scene e
dialoghi fulminanti si alternano
a racconti lirici in cui altri due
attori (Marcello Prayer e Valentina Apicello), strampalati quanto
Anche un musical
Porterà in tour europeo
l’opera di Adams «Stavo
guardando il soffitto
poi ho visto il cielo»
Gospodin, ne raccontano le allucinate scorribande in città. Una
città che assomiglia alle grandi
metropoli in cui viviamo: non
luoghi tutti uguali, senza identità, in cui vive un’umanità dipendente dai soldi e votata al consumismo. Dipende davvero tutto
dai soldi? «Basta guardare alla
disastrosa situazione della cultura in Italia. A Roma come nel
resto del Paese i teatri chiudono,
la cultura viene considerata un
bene superfluo, non necessario.
Viceversa, basta oltrepassare i
confini nazionali per scoprire
una vivacità creativa che da tempo noi abbiamo perduto».
Progetti in cantiere dopo Gospodin? «Con Compagnia Fattore K, una factory di sperimentazione artistica con cui esploriamo le zone di confine tra il teatro e le altre arti, riprenderemo
la tournée in Europa di I was
looking at the ceiling and then I
saw the sky (Stavo guardando il
soffitto poi ho visto il cielo) che
John Adams scrisse nel 1995, un
anno dopo il sisma che devastò
Northridge, cittadina alla periferia di Los Angeles. Trasse il titolo dalla frase su un giornale, la
testimonianza di un terremotato. La pensò come un musical,
una miscela di pop, jazz e gospel
a metà tra Porgy and Bess e West
Side Story». Un lavoro molto diverso da Gospodin. «Gospodin
siamo noi, quando fantastichiamo di mollare tutto e vivere senza la pressione dei soldi, dei
guadagni. Gospodin è l’oggi”.
L.Za.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
fondazionecorriere.it
Design A+G
Sul palco
Una scena
dell’opera di John
Adams «Stavo guardando il soffitto poi
ho visto il cielo» che
Corsetti riporterà in
tournée in Europa.
In autuno il suo
«Gospodin» debutterà in prima assoluta al Romaeuropa
Festival
36
Lunedì 8 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Sportlunedì
Formula Mercedes A Monza solito
dominio delle frecce d’argento,
con il britannico che recupera 7 punti
sul rivale nella corsa al titolo mondiale
Nonostante il suo addio alla nazionale francese, Frank Ribéry rischia di essere squalificato per tre partite a livello di club (gioca nel Bayern Monaco), se
non risponderà alla convocazione del c.t. Didier Deschamps. Parola di Michel
Platini: «Ribéry non può decidere da solo se giocare per la Francia o no. Se il
c.t. lo chiama, lui deve andare in nazionale. Altrimenti, viene squalificato».
Lontani gli altri Podio per Massa,
si fa piccola la Red Bull di Vettel, disastro
Ferrari: Alonso si ferma dopo 29 giri,
i tifosi fischiano Rosberg a fine gara
Il trionfo
A destra
il sorpasso
di Lewis
Hamilton,
29 anni,
su Nico
Rosberg,
29 anni,
finito
fuoripista.
A sinistra
Hamilton
festeggia
sul podio
dopo la
vittoria al Gp
di Monza.
Per il pilota
britannico
è la sesta
vittoria
stagionale
(Afp, LaPresse)
Gran premio d’Italia
Gran premio d’Italia
Circuito di Monza (5.793 m),
53 giri per 306,720 km
Ordine d’arrivo
1. Hamilton (Gbr) Mercedes
in 1.19’10’’236
(media 232,450 km/h)
2. Rosberg (Ger) Mercedes
a 3’’175
3. Massa (Bra) Williams
a 25’’026
4. Bottas (Fin) Williams
a 40’’786
5. Ricciardo (Aus) Red Bull
a 50’’309
6. Vettel (Ger) Red Bull a 59’’965
7. Perez (Mes) Force India
a 1’02’’518
8. Button (Gbr) McLaren
a 1’03’’063
9. Raikkonen (Fin) Ferrari
a 1’03’’535
10. Magnussen (Dan) McLaren
a 1’06’’171
11. Kvyat (Rus) Toro Rosso
a 1’11’’184
12. Hulkenberg (Ger) Force India
a 1’12’’606
13. Vergne (Fra) Toro Rosso
a 1’13’’093
14. Maldonado (Ven) Lotus
a 1 giro
15. Sutil (Ger) Sauber a 1 giro
16. Grosjean (Fra) Lotus a 1 giro
17. Kobayashi (Gia) Caterham
a 1 giro
18. Bianchi (Fra) Marussia
a 1 giro
19. Gutierrez (Mes) Sauber
a 2 giri
20. Ericsson (Sve) Caterham
a 2 giri
Motivi dei ritiri
6° giro: Chilton (Gbr) Marussia,
uscita di pista
29° giro: Alonso (Spa) Ferrari,
problema elettrico
Giro più veloce
Il 29° di Hamilton (Gbr)
Mercedes in 1’28’’004
(media 236,975 km/h)
Mondiale piloti
1. Rosberg (Ger)
238
2. Hamilton (Gbr)
216
3. Ricciardo (Aus)
166
4. Bottas (Fin)
122
5. Alonso (Spa)
121
6. Vettel (Ger)
106
7. Button (Gb)
72
8. Hulkenberg (Ger)
70
9. Massa (Bra)
55
41
10. Raikkonen (Fin)
11. Perez (Mes)
39
12. Magnussen (Dan)
38
13. Vergne (Fra)
11
14. Grosjean (Fra)
8
15. Kvyat (Rus)
8
16. Bianchi (Fra)
2
Mondiale costruttori
1. Mercedes
454
2. Red Bull-Renault
272
3. Williams-Mercedes
177
4. Ferrari
162
5. McLaren-Mercedes
110
6. Force India-Mercedes
109
7. Toro Rosso-Renault
19
8. Lotus-Renault
8
9. Marussia-Ferrari
2
I prossimi appuntamenti
21/9: Gp Singapore (Singapore)
5/10: Gp Giappone (Suzuka)
12/10: Gp Russia (Sochi)
2/11: Gp Usa (Austin)
9/11: Gp Brasile (San Paolo)
23/11: Gp Abu Dhabi (Isola Yas)
Nell’ultimo Gp verranno
assegnati punteggi doppi
rispetto agli altri 18
Platini: «Ribéry va squalificato»
MONZA — Non aveva mai
vinto più di cinque gare in
una stagione, nemmeno nel
2008 quando diventò campione del mondo. Invece adesso è
salito a quota sei. Aveva domato Monza solo nel 2012 e
quello era stato il penultimo
successo della sua precedente
vita in F1, trascorsa alla McLaren: oggi c’è la prima griffe nel
Gp d’Italia con le insegne del
team che ha investito un pacco di soldi sul suo talento. M
come Monza e come Mercedes. E LH come Lewis Hamilton: trionfo personale numero
28, è sua la freccia d’argento
che centra il bersaglio nel parco e che scalfisce pure, con
sette punti aggiunti alla causa
della rimonta, la leadership di
Nico Rosberg nel Mondiale.
La gioia dopo la grande paura.
Luigino perde il vantaggio
della pole con una brutta partenza, ma senza averne colpa
(«Qualcosa non ha funzionato
nella procedura di lancio»),
quindi reagisce — grande il
sorpasso a Massa alla prima
chicane — e arriva a demolire
la fuga di Nico, rovinato da un
errore in frenata alla curva 1,
replica di uno sbaglio-fotocopia avvenuto in precedenza
(nono passaggio), che potrebbe costargli caro nella lotta in
famiglia per il titolo. È il giro
29, quello in cui Alonso parcheggia e si ritira, ed è l’ora
nella quale, a Cernobbio, Sergio Marchionne bacchetta Luca di Montezemolo. La tornata
del destino: Rosberg che deve
zigzagare per la seconda volta
nella via di fuga sembra la nemesi appropriata per lo sbaglio di Spa che aveva rovinato
l’inglese. O forse è la conferma
che, sotto stress, Nico si perde. Domanda dal significato
simile per entrambi. Rosberg,
questo prova che lei non ha
ancora ritrovato l’equilibrio
dopo i fatti del Belgio? «No,
Spa è alle spalle. Semplicemente, in questi giorni Lewis
è stato più veloce di me». Hamilton, ha messo sotto pressione il compagno di squadra
sperando nel suo errore?
«Non lo so. Ma se spingi, può
accadere di tutto». Invece è
Guerra
in famiglia
Hamilton sbaglia la partenza
poi rimonta il compagno Rosberg
frenato da due gravi errori
Giorgio Terruzzi
da differente». Il tritatutto anglo-tedesco funziona benissimo, come ampiamente previsto: torna l’1-2 di scuderia che
mancava dall’Austria e macina una concorrenza che, con
la parziale eccezione della
Williams, finisce massacrata
in termini di ritmo e di prestazione: stavolta è piccola la Red
Bull, mentre si miniaturizza la
McLaren e sparisce la peggior
Ferrari di sempre. Il bandierone a tutta pista del Cavallino,
peraltro, si spinge ugualmente fin sotto il podio, bene o
male Lewis e Nico sono due
ragazzi che amano l’Italia e il
primo non è più visto come il
nemico che battagliava con la
Rossa per il titolo iridato: al
mattino, giunto al circuito con
una Mv Agusta e con un casco
tricolore dedicato a Giacomo
Agostini, Hamilton s’era pure
tuffato tra la folla a firmare autografi. Eppure, nonostante i
tanti che tifano per lui, a Rosberg non va altrettanto bene.
Durante la premiazione, infatti, deve subire i «buu» che
aveva già udito in Belgio, una
scena di fronte alla quale Luigino, intervistato da Jean Alesi, non ha esitazioni: «Mi sento in imbarazzo, non è bello
che capiti questo nello sport».
Possibile che nemmeno gli
italiani, suoi amici, perdonino
a Nico la manovra di Spa? Possibile. Ma Rosberg non reagisce: «Non è piacevole, ovvio.
Spero che il tempo aiuti a dimenticare: sarebbe una gran
cosa. Io mi sono scusato, di
più non posso fare». Però, se
non altro, un minimo di serenità pare ripristinata a Casa
Mercedes. Rosberg fa perfino
battute su se stesso («Come
ho fatto a sbagliare due volte?
Non sono stato io, sono stati
gli altri... Scherzo, non sono
qui a cercare scuse: ma sono
arrivato secondo, non è un disastro») e pianifica un finale
di stagione senza cambi di
strategie: «Continuerò a correre per vincere, non per amministrare il vantaggio nel
Mondiale. Se cambio idea, vi
avviso».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Flavio Vanetti
certo che Luigino se n’è fatto
un baffo del consiglio dell’ingegnere che lo invitava a tenersi a un paio di secondi dal
tedesco, per poi azzannarlo
nel finale: «L’esperienza mi ha
insegnato che non è la cosa
migliore da fare». È un altro
ordine di scuderia rimandato
al mittente? «Assolutamente
no, ho solo percorso una stra-
Barbera & champagne
Lewis e Nico, il pugilato motoristico non fa per loro
C
hi aveva in mente antiche e
illustrissime liti tra compagni di
squadra, ha già abbassato la
cresta. Hamilton e Rosberg sembrano
incapaci di reggere ogni paragone con il
meglio del pugilato motoristico. Un po’
perché non hanno il fisico del lottatore,
quel coraggio lì, utile a farla fuori
davvero, chissenefrega della forma.
Soprattutto perché commettono,
entrambi, troppi errori. Gino Hamilton
ha cominciato la gara della riscossa con
una partenza da ragionier Ugo Fantozzi.
Quarto alla prima curva, scattando dalla
pole. Oh mamma! Per sua fortuna
Rosberg ha replicato sciorinando due
strafalcioni in fondo al rettilineo, capaci
di produrre un doppio risultato: perdere
la corsa e far pensare che si trattasse di
suicidio volontario, scopo penitenza post
Belgio. Tre pasticci in una sola gara. Ai
quali — per fare poker — aggiungiamo
quell’attacco maldestro organizzato
proprio a Spa, da Nico. Troppi passi
Sul podio Nico Rosberg, 29 anni (Epa)
falsi. Se poi consideriamo quanto i due
siano nella condizione di sfruttare un
vantaggio tecnico talmente ampio da
mantenerli fuori portata in pianta
stabile, il bilancio non esalta nemmeno
un po’. Nessuno è in grado di attaccarli;
la pressione è una cosa a due; ogni errore
dell’uno va a vantaggio — al massimo —
dell’altro. Uno status alla panna
montata. Dominano, si contendono il
titolo, l’intera scena ma il rendimento, in
assenza di pressioni esterne, mostra
limiti inattesi. Il fatto è che siamo dentro
una stagione arida e questa libidine da
compagni in lotta ci costringe, da una
parte, ad alimentare aspettative alte;
dall’altra a considerare quanto i nostri
eroi non siano affatto portati per il ruolo.
Teniamo d’occhio la coppietta Mercedes
ma ci entusiasmiamo davvero per
Ricciardo che attacca chiunque e
dovunque senza sbagliare, anche per un
misero quinto posto. Mentre Hamilton e
Rosberg stravincono, certo, tra errori,
atti mancati e tracce di stucchevole bon
ton. Niente a che vedere con i gesti feroci
e magnifici che dipingono le grandi
storie, un dualismo intenso quanto
memorabile.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Lunedì 8 Settembre 2014
Sport 37
italia: 51575551575557
Brasile, Maicon rimandato a casa
Basket, la Serbia elimina la Grecia Sbk, Melandri-Aprilia show
Il Brasile nell’amichevole di domani nel New Jersey contro l’Ecuador
(la seconda post Mondiale dopo la vittoria sulla Colombia) non avrà in
campo Maicon. Il difensore è stato rimandato a casa «per un problema
interno di natura disciplinare». La decisione è stata annunciata da Gilmar Rinaldi, il coordinatore delle nazionali brasiliane.
Con le vittorie di Serbia (90-72 sulla Grecia), Lituania (76-71 sulla Nuova
Zelanda), Turchia (65-64 sull’Australia) e con il derby tra Brasile e Argentina si è completato il tabellone dei quarti dei Mondiali di basket in corso di
svolgimento in Spagna. Gli accoppiamenti: domani Slovenia-Usa e Lituania-Turchia, mercoledì Francia-Spagna e Serbia-vinc. Brasile-Argentina.
Grande doppietta di Marco Melandri nel 10° round del Mondiale Superbike a Jerez de la Frontera. Per il pilota dell’Aprilia è il 5° successo stagionale e il 18° in Sbk. A completare lo show Aprilia i due secondi posti di Guintoli. Il francese, con 321 punti, avvicina in classifica il leader Sykes (Kawasaki), a 352. Prossimo (e penultimo) round: 5 ottobre, Magny Cours.
Crisi Lo spagnolo si ritira, non succedeva da 29 Gp. Raikkonen è nono
La Ferrari è in caduta libera
Alonso non vede il traguardo
«Rinascere? Chissà quando»
«Momento difficile, ma non perdo la voglia»
Il campione solo sesto
Vettel, nuova delusione
La rivincita in McLaren?
MONZA — (f.van.) Tradito dalle gomme, «che — così
assicura — si sono deteriorate prima del previsto». Ma
intanto Sebastian Vettel ha concluso un’altra volta alle spalle
di Daniel Ricciardo, incassando un sorpasso-sverniciata che
non avrà di sicuro rialzato il suo morale. Essere i primi delle
auto non motorizzate Mercedes (le power unit di Stoccarda
dopo i primi sei posti sulla griglia si sono presi i primi
quattro sul traguardo del Gp d’Italia) non basta di sicuro ai
campioni del mondo della Red Bull. E men che meno a chi il
titolo lo conserva da quattro stagioni. Sebastian prova a
giustificarsi: «Anticipare il cambio gomme (l’ha fatto già al
18° giro, primo in assoluto ad aprire il valzer dei pit stop,
ndr) era l’unico modo per tentare di stare davanti alle
McLaren», spiega. In effetti, il concetto all’inizio ha pagato e
ha permesso di mettere alle spalle pure Raikkonen e Perez.
Ma dopo è stato un boomerang. «Quando era il momento di
chiudere il cerchio, sono rimasto rovinato dall’usura delle
coperture “hard”». Se è stata una decisione del team, pare
condivisa, non sembrano esserci «gialli» alle spalle. Ma
intanto Ricciardo è quinto e lui sesto. «È un’annata difficile,
ci sono tante lezioni da tenere a mente», dice Vettel. Le
metterà a frutto ancora alla Red Bull oppure alla McLaren,
che a giorni gli ufficializzerà una proposta di contratto?
© RIPRODUZIONE RISERVATA
MONZA — Il momento e il
posto sbagliati. Non potevano
esserci spazio e tempo peggiori per parcheggiare la Rossa sulla ghiaia. Erano 29 Gp
che Fernando Alonso vedeva il
traguardo (ultimo ritiro, l’anno scorso in Malesia) ed erano
addirittura 86 gare che non si
fermava per un guasto (sempre Malesia, 2010). Insomma,
tradisce anche l’affidabilità
(problema al sistema Ers), finora unica specialità della casa.
Che sia successo proprio
ora, proprio qui, in questa domenica monzese da tregenda,
può apparire un segno del destino, o un’immagine simbolo. Negli stessi minuti, a Cernobbio parlava Sergio Marchionne con tutto quel che
comporterà in termini di riorganizzazione della Ferrari, e
l’ex team principal Stefano
Domenicali, anche lui in qualche modo simbolo di questa
stagione tormentata, lasciava
il circuito. «Sono venuto solo
per salutare la squadra, ci sono tante persone cui voglio
bene, e fare l’in bocca al lupo a
Mattiacci. Cosa farò ora? Ora
vado dai miei bambini».
Domenicali si era dimesso
dopo il Gp del Bahrein, ad
aprile, ed è stata la prima
scossa di terremoto. Ora Marco Mattiacci, l’attuale responsabile, cerca di tenere la barra
dritta e non demoralizzarsi:
«Sono motivatissimo e concentrato per tornare al vertice
il prima possibile. Abbiamo
trovato un metodo di lavoro e
un’unità di intenti. Ci sono già
stati dei miglioramenti. Abbiamo ben chiaro cosa non
funziona e conosciamo i nostri punti di forza: piloti,
brand, azienda, cultura, eredità, tradizione di vittorie».
Ci vorrà del tempo, ma il
problema è che mai come ora
Deluso Fernando
Alonso, 33 anni, al Gp
di Monza si è ritirato.
Non accadeva dal Gp
della Malesia nel 2013
(Sport Image)
il futuro è un’ipotesi. Questa è
una Ferrari in crisi tecnica,
scossa da quanto succede ai
vertici, scivolata al quarto posto nella classifica costruttori,
superata dalla Williams. Non
solo. Alonso è da mesi nel pieno di una trattativa per il rinnovo che non fa passi avanti:
liberarsi prima del 2016 è per
lui molto difficile (il contratto
L’imperativo
Mattiacci prova a
reagire: «Conosciamo le
cause dei guai, abbiamo
l’obbligo di risolverli»
prevede che anche la Ferrari
deve essere d’accordo, a meno
che lui non decida di smettere
di correre), però la frustrazione cresce. E anche se il matrimonio continuerà, le crepe rischiano di allargarsi e le motivazioni, alla lunga, possono
calare. «Quello che è successo
non cambia la mia volontà di
vincere — prova a rassicurare
Alonso —. Il ritiro qui è un vero peccato, è un momento difficile per i ragazzi della squadra, che lavorano giorno e
notte per darci la macchina
migliore, e anche per i nostri
tifosi: purtroppo non siamo
riusciti a fare nulla di speciale
per loro».
In effetti negli ultimi quattro anni (anche quelli più negativi) lo spagnolo era sempre
riuscito a salire sul podio di
casa, che è un po’ come raddrizzare una stagione calcistica storta vincendo il derby. Al
momento del ritiro, invece,
Alonso era undicesimo (ma
molti davanti a lui non si erano ancora fermati al pit stop) e
al massimo, parole sue, «avrei
potuto raggiungere il quinto
posto». Non c’è da farsi illusioni, questa è la situazione e
non cambierà: «A Singapore
andremo un po’ meglio, perché questa è una pista in cui
conta particolarmente il motore. Però non ci potranno essere grossi cambiamenti: non
ci siamo risollevati in 13 gare,
non ce la faremo in una».
A tutto ciò si aggiunge che
l’altra Ferrari, quella di Kimi
Raikkonen, è arrivata nona
(due posizioni guadagnate al
via, una per la penalità a Magnussen), senza mai mostrare
segnali di vivacità, o meglio,
di velocità. «Il bilanciamento
non era male, ma mi mancava
velocità in rettilineo e aderenza. Più di così non potevo fare». Il momento generale ha
fatto in effetti passare in secondo piano le difficoltà di Kimi. Se c’è un altro che appare
disorientato da tutto quanto
sta accadendo è proprio il finlandese. Insomma, non mancano i problemi. «Abbiamo
l’obbligo, ripeto l’obbligo, di
risolverli: in fabbrica c’è gente
che lavora dalle sette a mezzanotte», aggiunge Mattiacci. A
maggior ragione sarebbe meglio che lavorasse con un po’
di serenità: la prima cosa da
ritrovare a Maranello.
Arianna Ravelli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
L’ex ferrarista Per il brasiliano primo podio stagionale tra gli applausi
Massa, champagne e gratitudine
«Nessuna vendetta, solo amore»
MONZA — La tuta di un
bianco immacolato. Di rosso
ci sono solo le strette bande
verticali che si alternano al
blu della Martini, ma bastano
a evocare suggestioni fra i migliaia venuti ad assistere al
tracollo della Ferrari. I colori
di una nuova vita per Felipe
Massa. Lontana da Maranello,
dagli incubi di un Mondiale
perso all’ultima curva e da
quelli del grave incidente del
2009, dagli ordini di squadra
che lo relegavano a eterno secondo. Gongola sul podio il
brasiliano, si prende una
pioggia di applausi, saluta e
fissa le bandiere ammainate
con quel Cavallino che gli bat-
te ancora dentro.
È la prima volta da quando
è passato alla Williams che
riesce a concludere fra gli
spruzzi di champagne. È il
primo degli «umani» dietro
alla coppia Hamilton-Rosberg, ha tenuto a bada il «robottino» Bottas che pure partiva prima di lui. L’impresa ha
il sapore di una rivincita per-
Passato e presente
«La Rossa e i suoi tifosi
restano nel mio cuore
ma corro per la Williams:
visto che è competitiva?»
sonale nella sua Monza. Ma
Felipe non è il tipo da coltelli
dietro la schiena: il suo è stato
un addio dolce, in Ferrari è
amatissimo e ha ancora tanti
amici.
Di rivalsa non vuol sentir
parlare: «Non devo mandare
messaggi, non ce l’ho con
nessuno. Abbiamo lottato
contro la mia ex squadra come con tutte le altre. E li abbiamo battuti. Conservo un
posto speciale nel mio cuore
per la Ferrari, sarà sempre con
me. Ho passato stagioni incredibili lì dentro, ma adesso
lavoro per la Williams. Questa
gara è solo la dimostrazione
che siamo competitivi, que-
sto è il mio
unico messaggio». Per il pubblico italiano poi
solo parole d’amore:
«Non è perché non sono più “rosso” che non
provo la stessa gioia a festeggiare davanti a queste
persone speciali».
Eppure quell’etichetta di
gregario proprio non si scolla,
anche quest’anno arrivato nel
team inglese ha dovuto abbassare la testa davanti al giovane Bottas. Ripensa al passato e alla sua leggendaria sfortuna: «Le ho provate tutte per
essere il primo pilota. In qualunque squadra abbia corso
Felice
Felipe Massa,
33 anni, per la
prima volta
sul podio
in questa
stagione (Epa)
ho vissuto
momenti duri,
fa parte della vita.
Devi solo combattere
e andare avanti».
Massa il ragazzo d’oro con
l’anima da guerriero ora può
permettersi di guardare al futuro con leggerezza. Forte
della power unit Mercedes
che fa volare la sua macchina.
E della stima che lo circonda:
Frank Williams gli appena allungato il contratto di un anno, stessa mossa per il compagno finlandese.
La gente di Monza lo vedrà
ancora.
Daniele Sparisci
© RIPRODUZIONE RISERVATA
38 Sport
Lunedì 8 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Polemiche Allegri spera di avere il difensore contro il Malmoe, telefonata alla Figc
Nazionale-Juve, il grande gelo
Sarà Conte a fare il mediatore
Sempre divisi sul caso Chiellini. Il c.t. incontrerà il club
✒
L'analisi
IL MODELLO
VINCENTE
DI UN ERETICO
di MARIO SCONCERTI
Q
uando Conte dice di
attaccare con cinque
uomini è vero, lo ha
sempre fatto. La Juventus ha
provato spesso in casa anche il
3-3-4, che è uno schema quasi
non previsto dall’ermeneutica
del calcio. La differenza di
Conte è che attacca partendo
da lontano, con due terzini
comunque coperti, un
centrocampista che si inserisce
e due attaccanti che aspettano
la squadra sulla metà campo il
cui primo dovere è proprio fare
da sponda alla squadra che
viene avanti. Una volta in
attacco, gli inserimenti
possono essere anche di altri
giocatori. Il suo 3-5-2 varia
molto a seconda di chi gioca
sulle fasce, se solo terzini o
giocatori capaci anche di
dribbling. È un’invenzione di
calcio molto italiana che
permette, con gli uomini
giusti, di stare sempre sul
campo come serve. Servirà
ancora di più alla Nazionale
che è meno forte della Juve e ha
più bisogno di costante
compattezza . Il gioco di Conte
è spesso verticale perché fatto
di pressioni e accelerazioni
improvvise. Il possesso palla si
vede meno, ma non è un
danno. Dal momento che lo
giocano tutti, è più facile
sorprenderlo. Basta un lancio
lungo fatto bene per superarlo,
effetto non facile ma nemmeno
impossibile, per esempio a
Bonucci contro l’Olanda è
riuscito e a Pirlo in
campionato riesce quasi
regolarmente. In sostanza
quello che sta portando Conte
in Nazionale è un modello. Ne
aveva uno anche Prandelli, poi
finito in confusione, ma con
una differenza: le squadre di
club di Prandelli hanno sempre
giocato bene, ma non hanno
mai avuto l’occasione di
vincere. Conte ha quasi
soltanto vinto. Conosce meglio
la strada, i particolari della
vittoria, la psicologia
elementare di una squadra, ne
conosce gli eccessi epici che
magari facevano sorridere
Prandelli, uomo serio fino al
timore di sé. Conte ha meno
vergogna perché ha già
sperimentato. Sa di essere un
vincente quindi crede nei
propri metodi, fossero anche
errori. Infatti ha subito
adattato gli uomini allo
schema, non viceversa.
Un’altra piccola eresia
ufficiale. Ma Conte in fondo è
esattamente questo, un eretico
che cerca con grande energia la
santificazione di tutti.
Coprendosi le spalle però con
una dottrina solida e antica
rimasta sempre la vera eresia
del mondo: il calcio
all’italiana. Conte l’ha
modernizzata, l’ha resa
plausibile televisivamente e
quasi ideale per rompere le
righe del possesso palla. Le sue
squadre sono progetti di fede
mistica basati sul positivismo
più duro. Un’eresia appunto.
Ma si vince cambiando,
conviene crederci.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
DAL NOSTRO INVIATO
FIRENZE — Dopo le polemiche e i comunicati, resta il gelo.
La Nazionale e la Juventus divisi
dal caso Chiellini. Il difensore
ieri era a Torino e da oggi si sottoporrà ad una serie di nuovi
controlli nella speranza bianconera di poterlo recuperare contro il Malmoe, nell’esordio di
Champions League, martedì 16
settembre. Sull’asse Coverciano-Torino nessun segno di pace
o chiarimento. Le parti restano
sulle proprie posizioni. In Nazionale rimarcano il cambiamento di rotta della Juventus;
sull’altra sponda fanno notare
come il primo comunicato,
quello di venerdì in cui si annunciava che il difensore sarebbe rimasto in azzurro con la benedizione del suo club, sia stato
affrettato.
Di sicuro la storia si è trasformata in un gran pasticcio. Ci sono stati difetti di comunicazione e un po’ di superficialità nel
trattare una questione così delicata. La Juve lamenta di aver
parlato solo con Chiellini e di
non aver avuto contatti diretti
La polemica
con un rappresentante della Federazione e di essere stata presa
Sopra Giorgio Chiellini, 30 anni, lascia il ritiro di Coverciano
alla sprovvista dall’annuncio.
per fare ritorno a Torino. A destra Antonio Conte,
Magari l’entusiasmo del difen45 anni, con il suo staff (Getty Images, LaPresse)
sore, che voleva rimanere a tutti
i costi, può aver ingannato i feVerso la sfida di domani
derali. «Non so se Giorgio ci sia
rimasto male, credo però che
tra Juventus e Nazionale debba
esserci più collaborazione», ha
spiegato Emanuele Giaccherini.
Il soldatino, fortemente voluto da Conte, ha centrato il
problema. Parlarsi di più è inevitabile, altrimenti il rischio è
quello di affogare in un
bicchiere d’acqua. La colDAL NOSTRO INVIATO
ITALIA
laborazione tra la serie A
FIRENZE — (a.b.) Le polemiche sul caso Chiellini non
e il club Italia è precaria e
distraggono Conte, concentrato sul debutto europeo
lo sarà anche in futuro,
contro la Norvegia. L’allenatore sta mettendo a punto la
nonostante le assicuraAll.: Conte
squadra per la sfida di domani sera a Oslo (ieri lunga
zioni di Tavecchio (traseduta video) e dopo l’esordio felice con l’Olanda si è
mite Lotito). Se siamo a
Buffon
convinto a limitare i cambi. Turnover praticamente
questi punti a settemazzerato: torna Buffon al posto di Sirigu ed entra un
bre, cioè a inizio stagioRanocchia
centrocampista, probabilmente il romanista Florenzi,
ne, cosa succederà
Bonucci
Astori
per rimpiazzare lo squalificato Marchisio. Per il resto,
quando campionato e
stessa difesa e stesso attacco. Sarà un’Italia entusiasta
coppe entreranno nel
anche se a basso contenuto di esperienza. Se Darmian
vivo?
Florenzi De Rossi
Giaccherini
vincerà il ballottaggio con Candreva, saranno sette i
Conte è rimasto magiocatori con meno di 15 presenze azzurre e cinque
le per la piega che ha
Darmian
(quasi il 50 per cento) sotto le dieci. Un problema in più
preso il caso Chiellini.
De
Scig
lio
(Candreva)
da valutare. Perché la maglia azzurra pesa e condiziona.
E Oriali si è arrabbiato
Toccherà a Buffon, 142 gare e a De Rossi, al 99° gettone,
più di lui. Ma anche a
Zaza
Immobile
prendere in mano la situazione. Ma contro gli Oranje
Torino hanno i musi
tutti hanno fatto la loro parte. Ranocchia e Astori,
lunghi. La Juve non ci sta a passare per voltagabbana e tanto
Pochi cambi e tanti azzurri alle prime armi
A Oslo Buffon e De Rossi unici grandi vecchi
3-5-2
impiegati nella difesa a tre in sostituzione degli
infortunati Barzagli e Chiellini, hanno giocato con
sicurezza, attenzione, coraggio, limitando gli errori.
L’anno scorso a ottobre, il neocapitano dell’Inter era
stato disastroso in Danimarca e il romanista, allora al
Cagliari, aveva fatto persino peggio a Napoli contro
l’Armenia. Il centrocampo sarà l’unico reparto che Conte
modificherà. De Rossi sarà il playmaker e al posto dello
squalificato Marchisio negli ultimi due giorni è stato
provato Florenzi, appena 4 presenze e un gol. Il
romanista ha scavalcato Parolo nel derby romano per la
Poca esperienza
Se Darmian vincerà il ballottaggio
con Candreva, saranno sette
giocatori con meno di quindici
presenze e cinque con meno di dieci
Il personaggio La norvegese Karen Espelund è l’unica donna nell’esecutivo Uefa: «Mai capito chi paragona sport maschile e femminile»
La signora del pallone: «Tavecchio? Aspetto i fatti»
Il debutto ufficiale del presidente della Federcalcio Carlo Tavecchio
sarà in casa del nemico? Guardando il curriculum della norvegese
Karen Espelund, prima e finora
unica donna nell’Esecutivo Uefa
(dal 2011), ci sono pochi dubbi: ex
calciatrice con 300 partite giocate,
paladina dei diritti delle donne nel
pallone, dieci anni come segretaria
generale della federazione del proprio Paese, già nella commissione
fair play, la 53enne Espelund si occupa anche dell’emergenza razzismo.
Il nuovo numero uno della Federcalcio italiana invece è in attesa
del giudizio della Uefa dopo la frase
sui giocatori «mangiabanane».
«Spero che le sue parole non rispecchino la sua attitudine su questo tema — sottolinea Espelund —.
Ho notato che Tavecchio si è scusa-
to e sono contenta che si sia spiegato, perché a tutti può capitare di
sbagliare. Ma adesso spero anche
che voglia dimostrare uno spirito
inclusivo: le parole devono diventare atti concreti».
Le quote di stranieri possono essere una soluzione? Espelund ribalta questo punto di vista: «Limitare il lavoro degli stranieri non si
può, ma si possono inserire quote
di giovani formati nei vivai del proprio Paese, come accade nelle Coppe europee: se mettiamo l’obbligo
Spirito giusto
«Il vostro presidente
ha sbagliato ma ha chiesto
scusa. Ora spero dimostri
di avere lo spirito giusto»
di avere 10 giocatori formati “in casa” su una rosa di 25 le cose possono migliorare. La Bundesliga va seguita in un aspetto fondamentale:
sui settori giovanili bisogna investire denaro. In Norvegia lo stiamo
facendo, fatelo anche voi. Perché
domani siete strafavoriti, ma il
mondo del calcio è strano e imprevedibile. E si muove più veloce del
pallone».
Tavecchio a maggio si era lanciato anche in una dotta riflessione
sulle donne «che si riteneva che
fossero un soggetto handicappato
rispetto al maschio, sulla resistenza
e sul tempo, sull’espressione anche
atletica, invece abbiamo riscontrato che sono molto simili». «Questo
atteggiamento non è certo nuovo
ed è una cosa che non ho mai capito
— dice Espelund —. In tutti gli
sport, dall’atletica al nuoto, fino al-
Ex calciatrice Karen Espelund, 53 anni
lo sci, non si fanno mai paragoni tra
donne e uomini. Nel calcio invece si
tende sempre a fare paragoni. A Tavecchio dico di dimenticare questo
approccio e di lavorare perché le ragazzine abbiano le stesse possibilità dei ragazzini di giocare a calcio».
Del resto la prima trasferta di
Mister T. sarà in un Paese dove l’allenatore della Nazionale di calcio
maschile, Per Mathias Holgmo, ha
guidato per quattro anni anche la
squadra femminile, conquistando
un quarto posto Mondiale e un oro
olimpico ai Giochi di Sidney 2000.
«Sono orgogliosa di questo: in Norvegia su dieci ragazzi che giocano a
calcio 3 sono femmine e molti allenatori hanno lavorato in tutte e due
le situazioni. L’Italia? Non credo ci
sia un pregiudizio sessista, ma
quando giocavo io eravate molto
davanti alla Norvegia: dovete tor-
Corriere della Sera Lunedì 8 Settembre 2014
Sport 39
italia: 51575551575557
Dentro la crisi Le Leghe hanno conquistato la Figc, ma ora servono fatti concreti
meno vuol far passare il messaggio che il cambiamento di
rotta sia stato un dispetto all’ex
allenatore o, peggio ancora, uno
sgarbo alla Federazione dopo le
scorie con Tavecchio per la lunga battaglia elettorale. Ieri la società bianconera non ha sentito
il bisogno di mettersi in contatto con la casa della Nazionale,
ma ha telefonato al presidente
federale più che per lamentarsi,
per chiarire: offriamo collaborazione, pretendiamo rispetto
(riferito all’ironia di Oriali).
La questione sarà affrontata
dallo stesso Tavecchio, che oggi
viaggerà sul charter azzurro dove troverà posto anche Lotito. A
risolverla, però, sarà Conte.
L’allenatore, in questo momento, è totalmente concentrato
sulla partita contro la Norvegia
e non vuole distrazioni. Ma non
intende rinunciare al dialogo
con i club che considera fondamentale per avere una Nazionale forte e simbolo dell’intero
movimento. Presto, proprio in
compagnia di Oriali, andrà a Vinovo per incontrare Allegri e
nell’occasione parlerà sia con
Andrea Agnelli che con Marotta.
L’incontro non è stato fissato,
ma a Torino fanno sapere che
non c’è problema: il c.t. è il benvenuto. La Juve è l’unica grande
società che il tecnico non ha ancora visitato. Il blitz a Vinovo
era in programma il 28 agosto,
sono stati i bianconeri a chiedere un rinvio visto che l’appuntamento coincideva con i sorteggi
Champions. Conte non si tirerà
indietro. E se sarà necessario farà il primo passo. Ma riuscire ad
andare d’accordo con la serie A
sarà più complicato che portare
a casa l’Europeo tra due anni.
Alessandro Bocci
© RIPRODUZIONE RISERVATA
maglia azzurra, mostrandosi più vivace e dinamico
negli allenamenti. L’altro interno con licenza di
attaccare la profondità sarà il soldato Giaccherini,
prezioso contro l’Olanda sia dal punto di vista tattico
che sul piano dell’intensità. Giovani saranno anche gli
esterni: Darmian, portato in Nazionale da Prandelli e
confermato da Conte, ha giocato così bene a Bari da
viaggiare spedito verso la conferma. Candreva, il suo
rivale, ha più esperienza (23 partite contro 5) e più
propensione alla fase offensiva, ma il granata ha
interpretato bene le raccomandazioni dell’allenatore,
scalando sulla linea dei difensori quando c’era bisogno e
ribaltando il fronte in continuazione. Sull’altra corsia De
Sciglio (13 presenze) è in netto vantaggio su Pasqual,
più vecchio di età ma con solo 6 partite nell’Italia.
L’attacco è il reparto più acerbo eppure più intrigante.
Immobile e Zaza sembrano fatti per giocare insieme: si
cercano, si aiutano, dialogano, sono funzionali alla
squadra. Venerdì, nella riunione tecnica post Olanda,
Conte non ha mosso neppure un appunto alla strana
coppia. Ciro e Simone allontanano Balotelli e regalano
fiducia all’Italia. In due hanno 6 presenze (5 Immobile e
solo una Zaza) e un gol. Ma il futuro è loro e se Mario
vorrà riprendersi la maglia azzurra dovrà sgomitare
parecchio.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Serie B
Il Perugia
passa a Bari
È solo in testa
Varese k.o.
Parodia I social network si sono scatenati contro Claudio Lotito, 57 anni, dopo la sua foto col giaccone della Nazionale
Stranieri, vivai, stadi, Nazionale
Le 10 scoperte (dell’America)
dei dirigenti del calcio italiano
Chi ha sempre frenato ora promette la rivoluzione
È tempo di grandi scoperte per
i dirigenti del calcio italiano.
L’eliminazione dell’Italia dal
Mondiale è stata decisiva per
scoprire all’improvviso quello
che si sapeva da anni; quello che
tutti facevano finta di ignorare;
quello che avrebbero continuato
a trascurare se gli azzurri avessero pareggiato con l’Uruguay. Anche perché Abete ha lasciato, ma i
componenti del Consiglio federale sono rimasti (più o meno)
gli stessi.
Primo punto. L’importanza
della Nazionale, come forza trainante del movimento. Lo si era
capito dopo il secondo posto all’Europeo 2012 e allora la Figc
aveva cercato una revisione globale dei rapporti fra società e
club Italia, intensificando i contatti con le prime squadre. Conclusione: Prandelli era riuscito a
strappare in tutto due stage, uno
per i test medici pre-Brasile (senza toccare il pallone), l’altro riservato ai più giovani.
Secondo punto. Venti squadre
in A sono troppe. Dopo l’allargamento del 2004-2005 (caso-Catania), si pensava che si sarebbe
tornati alle 18 squadre in tre/cinque anni. Invece il format delle 38
giornate non è più stato toccato.
Così come quello della B a 22. Ora
si parla di scendere a 18 in A e in
B e di ridurre anche il format della Lega Pro, appena tornata a tre
gironi da 20 e che si vorrebbe addirittura ridurre a 40. La commissione-Lotito è pronta a entrare in azione.
Terzo punto. Gli stranieri sono
troppi, anche nei settori giovanili. Quando nel 2010, dopo l’eliminazione dal Mondiale sudafricano, la Figc aveva deciso di ridurre
gli extracomunitari tesserabili da
due ad uno (erano stati portati a
due, cedendone altrettanti, il 3
luglio 2008), la Lega di A aveva
Il caso
Razzismo,
cori e insulti
contro
Balotelli jr
Due giornate di campionato
e c’è soltanto una squadra a
punteggio pieno: il Perugia
(in attesa che il Latina
giochi il recupero mercoledì
con il Vicenza). La squadra
di Camplone, neopromossa
dalla Lega Pro, dopo aver
battuto all’esordio il
Bologna in casa, è andata a
vincere contro il Bari: 2-0,
gol di Falcinelli (28’ p.t.) e di
Del Prete (32’ s.t.), con
avversari in dieci dal 10’ s.t.
e addirittura in nove dal 19’
(espulsi prima Caputo e poi
Defendi). Taddei ha avuto
due volte la palla del 3-0. È
stata una domenica di
partite tirate, a cominciare
da Carpi-Varese. I lombardi
si sono trovati in vantaggio
due volte (1-0 e 2-1), ma
sono usciti battuti (2-4),
con il Carpi che ha segnato
due gol in 100” a inizio
ripresa (Poli e Galiolo). Il
Catania, che viene dalla A, è
stato sconfitto dalla Pro
Vercelli (3-2), trascinata dal
brasiliano Pompeu da Silva
Ronaldo (foto, traversa, con
rete di Belloni e gol su
Pomeriggio da
dimenticare per Enock
Baruawh (nella foto),
il fratello naturale
di Mario Balotelli,
insultato durante
la gara di esordio nel
match di Eccellenza tra
Vallecamonica e Darfo
Boario. «Mi hanno detto
negro di m... e fatto
il verso della scimmia».
scelto l’Aventino, disertando per
mesi il Consiglio federale. Adesso
si comincia a capire che il problema non sono gli stranieri in
quanto tali, ma la bassa qualità di
chi viene acquistato (anche se
comunitario) e si ipotizza persino una specie di moral suasion
fra i club per frenare l’arrivo di
giocatori provenienti dall’estero.
Ma l’ultima campagna acquisti
ha detto che non esiste nessuna
inversione di tendenza.
Quarto punto. Le rose sono
troppo numerose e vanno ridotte, ma per anni sono state gonfiate in base al principio del turn
over e delle necessità di essere
La forza dell’azzurro
Adesso tutti scoprono
l’importanza della
Nazionale, ignorata anche
dopo il 2° posto europeo
competitivi nelle coppe, anche se
l’Europa League è stata quasi
sempre snobbata, con la perdita
di un posto in Champions.
Quinto punto. Maggiore attenzione ai vivai. Responsabile
delle nazionali giovanili dal 2010
al 2014, Sacchi ha fatto tutto il
possibile e l’impossibile per spiegare che occorreva valorizzare i
giovani italiani. Fin qui non gli
ha dato retta nessuno, anche se
l’Under 21 nel 2013 è arrivata seconda all’Europeo.
Sesto punto. La necessità di un
confronto con altri Paesi, salvo
poi decidere che le squadre B
(Spagna) non piacciono, il modello tedesco e quello belga sono
molto specifici e quello francese
è di difficile applicazione.
Settimo punto. Gli stadi sono
vuoti. Eppure in questi anni si è
fatto di tutto per vendere alle tv
tutto quanto era possibile commercializzare, pur di aumentare i
ricavi per bilanci comunque
sempre in rosso.
Ottavo punto. Gli stadi sono
brutti e inospitali. Ma la Lega di A
si è mobilitata in forze per questioni molto meno importanti.
Con un atteggiamento diverso da
parte dei club, una vera legge sarebbe stata approvata almeno tre
anni fa.
Nono punto. Un accordo fra le
Leghe per le grandi riforme in
tempi brevi. Lo slogan è del presidente della serie B, Abodi. Per la
cronaca, negli ultimi quattro anni, le componenti hanno fatto di
tutto per aumentare la conflittualità all’interno del Consiglio
federale. E per bloccare qualsiasi
riforma, finché sono riuscite a
mettere le mani sulla Figc.
Decimo punto. Un recupero
dell’etica applicata al calcio. Anche dopo Calciopoli, se ne sono
viste di tutti i colori e il futuro
promette poco.
Fabio Monti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
punizione), 24 anni, ex
Empoli. Il Bologna, fischiato
dai suoi tifosi, è riuscito a
conquistare soltanto un
punto in casa contro
l’Entella, che aveva chiuso
in vantaggio il primo tempo
(ma solo di un gol, segnato
di sinistro da Sansovini al
3’), dopo aver sprecato
molto. Di Cacia il gol del
pareggio. Bene il Cittadella,
che ha segnato tre gol
all’Avellino; male il Modena,
battuto dal Lanciano, senza
essere mai entrato in
partita. Successo del
Trapani (in dieci) contro il
Vicenza, che ha esordito in
B, dopo essere stato
ripescato. Buon calcio in
Ternana-Pescara, finita in
parità (1-1) e vittoria dello
Spezia contro il Frosinone
che ha chiuso in nove
(espulsi il portiere Zappino
e Blanchard).
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Qualificazioni Euro 2016
Stranieri
❜❜
Quote
Limitare il
lavoro degli
stranieri non
si può, ma si
possono
inserire quote
di giovani
formati nei
vivai del
proprio
Paese, capita
nelle coppe
europee e
come fanno
i tedeschi
nare a considerare il potenziale
femminile che c’è nella base e vincere questa sfida».
La Norvegia che affronterà l’Italia di Conte è invece una squadra in
piena ricostruzione dopo i fasti degli anni Novanta: multiculturalità e
gioventù sono i pilastri da cui sono
ripartiti a Oslo e dintorni. Oggi almeno sei giocatori nel giro della
Nazionale sono nati da immigrati
africani e il quindicenne Martin
Odegaard ha debuttato con la prima squadra, anche se non è stato
convocato per la sfida di domani:
«Negli anni passati ci sono stati
buoni investimenti sui vivai e
adesso che c’è la crisi è necessario
puntare sui giovani. E i figli di immigrati sono una risorsa. Dal nostro calcio il razzismo è stato quasi
completamente debellato e tutto il
nostro mondo deve seguire l’esempio che viene dal campo, dove giocano ragazzi di ogni razza. Senza
problemi».
Paolo Tomaselli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
2ª giornata
Portogallo choc: cade in casa con l’Albania
MILANO — La Germania soffre e vince 2-1
a Dortmund contro la Scozia. Vantaggio
tedesco con Muller (18’ p.t.), ma gli
scozzesi rispondono con Anya (21’ s.t.) che
batte Neuer su assist di Fletcher. Quattro
minuti dopo ci pensa il solito Muller. Ma è
di Gianni De Biasi la vera impresa di
giornata. Ad Aveiro la sua Albania vince 10 contro il Portogallo (uscito tra i fischi),
in campo senza Cristiano Ronaldo. Il gol
vittoria è di Kace che al 21’ s.t. finalizza al
meglio l’assist di Kukeli. Va male a Claudio
Ranieri. La Grecia perde 1-0 contro la
Romania (Marica su rigore al 10’ p.t.),
costretta a giocare in 10 dall’8’ s.t. per
l’espulsione (somma di ammonizioni)
dello stesso Marica. Vittoria in rimonta
della Danimarca sull’Armenia (2-1) e
successo su misura anche dell’Irlanda sulla
Georgia (2-1). Festeggia l’Irlanda del Nord
che si impone 2-1 sull’Ungheria soltanto
nel finale: McGinn (36’ s.t.) e Lafferty (43’
s.t.) replicano a Priskin (30’ s.t.). Vincono
Sorpresa Il capitano albanese Lorik Cana
Perde Ranieri
Colpo della squadra di De Biasi,
k.o. la Grecia di Ranieri. Gibilterra
subisce sette gol, vince la Germania
facili la Finlandia (3-1 alle Far Oer) e la
Polonia che supera 7-0 la Gibilterra, alla
sua prima gara ufficiale. Lewandowski è
stato il protagonista con quattro gol. In
amichevole la Francia pareggia 1-1 contro
la Serbia. Si prosegue oggi con altre nove
partite. Si inizia con la Russia di Fabio
Capello che sfiderà il Liechtenstein (ore
18, girone G). Nello stesso
raggruppamento Austria-Svezia (ore
20.45) e Montenegro-Moldova (ore 20.45).
Nel gruppo C è in programma il debutto
della Spagna, campione in carica. La
squadra di Vicente Del Bosque affronterà
la Macedonia (ore 20.45). In campo anche
Lussemburgo-Bielorussia (ore 20.45) e
Ucraina-Slovacchia (ore 20.45). Infine,
esordio dell’Inghilterra: Rooney e
compagni giocheranno contro la Svizzera
(20.45). Le altre due partite del girone E
(20.45) sono Estonia-Slovenia e San
Marino-Lituania.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
BARI-PERUGIA
BOLOGNA-ENTELLA
BRESCIA-LIVORNO
CARPI-VARESE
CITTADELLA-AVELLINO
LATINA-CROTONE
PRO VERCELLI-CATANIA
SPEZIA-FROSINONE
TERNANA-PESCARA
TRAPANI-VICENZA
V. LANCIANO-MODENA
0-2
1-1
0-1
4-2
3-1
1-0
3-2
2-1
1-1
2-1
2-0
Classifica
Perugia
6 Frosinone
V. Lanciano 4 Avellino
Cittadella 4 Pescara
Ternana
4 Varese (-1)
Livorno
4 Catania
Trapani
4 Bologna
Carpi
4 Entella
Bari
3 Modena
Latina*
3 Vicenza*
Pro Vercelli 3 Brescia
Spezia
3 Crotone
*una partita in meno
3
3
2
2
1
1
1
1
0
0
0
40
italia: 51575551575557
Lunedì 8 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Lunedì 8 Settembre 2014
Sport 41
italia: 51575551575557
#
Volley Ai Mondiali in Polonia, terza sconfitta su cinque partite
Us Open
Schiacciata dagli States
l’Italia promossa
ma senza nessuna gloria
Williams ok
18° Slam per lei
Stasera Cilic
contro Nishikori
NEW YORK — Serena
Williams (nella foto) non
smette mai di stupire.
La statunitense vince
contro la danese Caroline
Wozniacki (6-3, 6-3)
e conquista il 18° Slam
in carriera (eguagliando
Martina Navratilova e Chris
Evert): è il suo sesto
successo a New York
(il primo nel 1999), terzo
consecutivo. Mai in
difficoltà, la Williams si
conferma, ancora una volta,
un’avversaria difficile da
battere. Stasera la finale
uomini (alle 23.05, diretta
Eurosport) tra Kei
Nishikori, primo
giapponese ad approdare
in una finale dello Slam,
e Marin Cilic, primo
tennista croato capace
di raggiungere un simile
traguardo dai tempi di
Goran Ivanisevic, suo
attuale allenatore, vincitore
a Wimbledon nel 2001
(il primo tennista
a trionfare in un torneo
dello Slam con una wild
card). In Giappone la storia
del tennis è stata aggiornata
con il successo sul
favoritissimo Novak
Djokovic. Nel Paese del Sol
Levante si erano fermati
Azzurri costretti a inseguire nella seconda fase
Mai distrarsi, con l’Italia del
volley. La lasci rinvigorita dalla vittoria con il Belgio e la ritrovi umiliata dal Porto Rico.
Non avevano mai vinto un set,
prima di incontrare gli azzurri,
i portoricani. E quando i paragoni con il calcio si sprecano e
Berruto è un Prandelli giusto
un tantino meno famoso, arriva l’ennesimo colpo di scena e
l’Italia è già qualificata alla seconda fase del Mondiale prima ancora di scendere in campo nell’ultima sfida con gli
Stati Uniti.
Regali di un girone che più
imprevedibile non poteva essere. Ma la partita con gli Usa è
tutt’altro che irrilevante. Perché la formula del torneo dice
Gioco perduto
Zaytsev, infortunato
a una caviglia: «Dovremo
ritrovare il nostro gioco
e la serenità di rischiare»
che le squadre qualificate si
portano dietro i punti ottenuti
contro le altre formazioni promosse. In pratica, nel girone
che dovrà affrontare l’Italia, la
Polonia arriva con nove punti,
gli azzurri appena con due.
Quelli ottenuti con la Francia.
Gli unici ad averla battuta, peraltro. Perché i ragazzi di Berruto perdono 3-1 anche con
gli Stati Uniti (25-18, 25-20,
23-25, 25-17), terzo k.o. in
cinque partite, e la speranza di
cambiare un Mondiale nefasto
è ulteriormente rimandata a
data da destinarsi.
Cosa sta succedendo agli
azzurri? Tutto. Tutto quello
che può andare male. Nel secondo set, sul 16 pari, si infortuna pure Ivan Zaytsev. Ma
La situazione
Così l’Italia
Italia-Iran
1-3
Francia-Italia
2-3
Italia-Belgio
3-1
Porto Rico-Italia
3-1
Italia-Usa
1-3
Classifica girone D
Francia 12; Iran 11; Usa 9;
Italia e Belgio 5; Porto Rico 3
Le prime quattro alla seconda
fase a gironi, con formula del
girone all’italiana, conservando
i risultati della prima fase
Azzurri alla seconda fase
Gli azzurri affronteranno Polonia,
Argentina, Serbia e Australia
Classifica girone F
Polonia 9; Francia 7; Serbia 6;
Iran 5; Usa 4; Argentina 3;
Italia 2; Australia 0
Le date
10-14/9: seconda fase
16-18/9: terza fase
20/9: semifinali, finale 5°-6°
21/9: finale 1°-2°, finale 3°-4°
quello che preoccupa, più della caviglia dello Zar, più della
sconfitta con il Porto Rico, più
– addirittura - del miracolo
che servirà per battere adesso
squadre come Polonia, Serbia,
Argentina e Australia, è la fiducia che pare essersi persa
tra tecnico e squadra.
Non lo dice nessuno, è chiaro. Teoricamente (molto teoricamente) l’Italia potrebbe vincere il Mondiale e andare a
brindare alla faccia di chi pensa sia finito un ciclo. Ma il fatto
è che mai, neanche nelle nottatacce di Londra, il gruppo
era sembrato così spaesato. E
questo influisce sull’atteggiamento della squadra. Perché –
guarda caso – fu proprio una
vittoria sugli Usa, ai Giochi,
che aprì la strada al bronzo
olimpico. Lì c’era Cristian Savani, a caricarsi la squadra sulle spalle. Qui non c’è nessuno.
Le fiammate del solo Zaytsev
non bastano, gli errori sono
troppi, le difese troppo poche.
Allora viene il dubbio che la
La sconfitta
Un’azione della gara tra Stati Uniti e Italia.
Gli azzurri pur
perdendo 3-1
(18-25,
20-25,
25-23,
17-25)
si sono
qualificati alla
seconda fase
dei Mondiali
che si stanno
disputando in
Polonia.
Non c’è stata
la reazione
alla sconfitta
rimediata
contro
il Portorico
(Epa)
✒
Avanti male, adesso è necessario un cambio di mentalità
di FLAVIO VANETTI
A
vanti nel Mondiale polacco, ma con
il ricordo di un primo girone
eliminatorio vissuto in altalena. Troppo
in altalena e macchiato dalla figuraccia
dell’incredibile sconfitta contro il
materasso Portorico, una «Corea» del
volley, anche se dalle conseguenze meno
catastrofiche di quelle vissute nel 1966
dalla nazionale del calcio. Di sicuro, se
l’Italia dei muri e delle schiacciate vorrà
riabilitarsi e proseguire il cammino
iridato fino al livello che le compete, da
qui in poi dovrà cambiare registro.
Prima lacuna da eliminare: la
superficialità e la deconcentrazione,
costate carissimo contro i portoricani.
Quindi sarà importante verificare in
maniera profonda atteggiamenti e
giocatori: questo campionato iridato
cade alla metà del viaggio verso i Giochi
di Rio, avviato secondo un progetto di
rinnovamento che non prevede
retromarce nella filosofia, ma che
richiede uomini adeguati. Strada
facendo, l’Italia dovrà anche trovare (o
inventarsi) un leader, ammesso ci sia.
Infine, occorrerà smentire l’idea che sia
intervenuto un cortocircuito nel dialogo
tecnico-umano tra il coach e il gruppo.
Nulla di grave, pensiamo che tutto
derivi dalla eccessiva somatizzazione
della mancata vittoria nella World
League estiva conclusasi a Firenze:
quello è stato solo un episodio e anche i
fatti negativi possono aiutare a crescere.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
qualità di certi giocatori, se
viene a franare la sintonia che
Berruto ha coltivato con i suoi,
non è abbastanza nel confronto mondiale. «Le squadre si
valutano nei momenti complicati e la nostra deve ritrovarsi in 24 ore», aveva dichiarato il c.t. dopo la sconfitta con
i portoricani. La reazione di
qualche giocatore c’è stata
(vedi Travica e Parodi) ma non
è bastata. È l’emblema di questo Mondiale, non essere abbastanza. «Dovremo ritrovare
il nostro gioco e la serenità di
giocare», dice alla fine Ivan
Zaytsev, che avrà due giorni
per rimettersi in piedi. Lui, come tutta l’Italia.
Eleonora Cozzari
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Ciclismo
Atletica a Rieti
Vuelta, Contador
non dà la zampata
Sulle montagne
è l’ora dei big
Freccia Galvan
nei 300 fa meglio
di Mennea
Del Buono ok
La Vuelta delle grandi rivincite non ha ancora
un padrone. O meglio: ce l’ha ma ieri, sulla
salita-culto dei Laghi di Covadonga, nel cuore
delle Asturie, Alberto Contador, che pure ha
conservato la maglia rossa di leader, ha
continuato a non convincere completamente
nel ruolo di dominatore assoluto della corsa.
Aggressivo in modo dispersivo, Contador
colpisce ai fianchi a ciclo continuo gli
avversari con scatti pungenti ma non risolutivi
e poi puntualmente molla di colpo nei metri
finali lasciando loro preziosi secondi di
distacco e di abbuono. Ieri ne hanno
approfittato Alejandro Valverde, sempre
secondo in generale alle spalle del capitano
Saxobank, e Purito Rodriguez, sempre quarto.
Anche l’obbiettivo principale degli attacchi di
Contador, Chris Froome, staccato in un primo
momento è tornato quatto quatto sulle ruote
dei primissimi negli ultimi due chilometri
perdendo solo sette secondi dal leader e
conservando il terzo posto nella graduatoria
generale. Chi ieri ha sorriso è stato il polacco
Niemiec che si è inserito nella battaglia tra i
big regalandosi la vittoria e regalandola alla
sua Lampre (secondo successo in questa
Vuelta per il team dopo quello di Anacona) che
il prossimo anno difenderà da sola la bandiera
italiana nel World Tour. Sorride anche Fabio
RIETI — La stagione dell’atletica va in
archivio celebrando l’edizione numero 44 del
RietiMeeting e per una volta c’è un po’ di Italia
a confezionare spettacolo. Nella gara diventata
lo scorso anno appuntamento fisso in onore di
Pietro Mennea, quei 300 metri in cui la Freccia
del Sud migliorò due volte proprio a Rieti la
miglior prestazione mondiale, si ottengono le
cose migliori: il polacco Zalewski corre come
nessuno ha saputo fare quest’anno (31’’93) e
nella sua scia trascina Matteo Galvan: l’azzurro
che sulla pista reatina sgobba tutto l’anno
ottiene il primato italiano (32’’01), togliendo le
ragnatele, in una sorta di scherzo del destino,
al 32’’27 di Pietro Mennea ottenuto a Rieti nel
1979. «Volevo chiudere bene una stagione
strana – ha detto Galvan – e questo risultato
mi regala quella serenità che quest’anno
spesso mi è mancata». Sempre azzurro il
lampo visto sugli 800 al femminile: Federica
De Buono, 19 anni e una saggezza tattica da
consumata frequentatrice delle piste, accorcia
da quei 1500 metri che l’avevano vista quinta
agli Europei di Zurigo e si esibisce su un
doppio giro di pista corso a ritmo di personale
dalla keniana Jerutho (1’59’’51) che ne esalta le
doti di grande speranza del mezzofondo
azzurro. Per lei record personale migliorato di
oltre un secondo (2’00’’58) e altra conferma
In rosso Alberto Contador, 31 anni (Afp)
Aru, sempre con i primissimi e al traguardo
appaiato a Froome a dodici secondi da
Valverde e a soli sette da Contador. Il 24enne
sardo dell’Astana ha fatto un altro balzo in
avanti in classifica generale: scavalcato
Rigoberto Uran, che l’aveva preceduto sul
podio finale del Giro, ora è quinto a un minuto
da Valverde e Froome, appaiati. Il salto di
qualità di Aru è impressionante: da spalla di
Nibali a comprimario nella lotta tra i migliori
ciclisti del mondo. Oggi la Vuelta vivrà la sua
terza giornata consecutiva di montagna prima
del riposo di domani, con la tappa di La
Farrapona che presenta cinque gran premi
della montagna di prima categoria inclusa la
lunga ascesa finale. Oggi chi vuole vincere la
Vuelta dovrà farsi avanti.
Marco Bonarrigo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Sprint Justin Gatlin, 9’’83 ieri nei 100 (Afp)
che l’Italia ha in mano un talento prezioso da
trattare con cura in prospettiva. Ultima recita
per Giuseppe Gibilisco che il giorno prima si
era concesso un volo in aliante sulla città e ieri
ha salutato il grande circo dell’atletica con un
5,55 che rende giustizia a una carriera
impreziosita dall’oro mondiale di Parigi 2003 e
dal bronzo olimpico conquistato l’anno dopo
ad Atene. Il resto sono due splendide volate sui
100 metri dei separati in casa (hanno preferito
correre in serie diverse) Justin Gatlin (9’’83) e
Asafa Powell (9’’90): «Sono davvero stanco –
ha affermato il primatista stagionale Gatlin – e
adesso mi merito una bella vacanza». I 2,36 di
Bondarenko, l’affanno di molti in pista, sono il
segnale che non tutti sono riusciti a distillare
le ultime energie.
Valerio Vecchiarelli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
a due date che oggi sanno
tanto di «preistoria».
Nel 1918, quando l’Europa
era ancora falcidiata dalla
Grande Guerra, Ichiya
Kumagae si era spinto fino
alle semifinali degli Us
Open. Ancora meglio nel
1933: Jiro Sato aveva giocato
le semifinali sia al Roland
Garros sia a Wimbledon.
E adesso questo ragazzo
nato a Matsue, capoluogo
della prefettura di Shiname,
questa storia vuole
riscriverla regalando
al Giappone il successo
nella finale inattesa perché
dopo nove anni è la prima
di uno Slam senza uno tra
Djokovic, Federer o Nadal.
Accadde nel 2005
all’Australian Open, Safin
contro Hewitt. Desidera
fare lo stesso anche Cilic,
abile in semifinale a
spazzare via Roger Federer
che forse già si gustava la
sfida infinita contro
Djokovic, ennesima saga
del tennis degli ultimi anni.
Nishikori e Cilic dovranno
giocare senza paura di
vincere perché a volte
questa occasione capita una
sola volta nella vita.
Sarebbe un guaio non
acciuffarla.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
42
Lunedì 8 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
CorriereMotori
Ricerca Oltre alla Ferrari, Mercedes,
Renault e Honda sfruttano
l’esperienza delle corse per sviluppare
innovazioni per le vetture di serie
1
6
MILANO — Le immagini
delle monoposto Mercedes
che sfilano accanto alle berline di lusso. Cartoline pubblicitarie per spiegare che la tecnologia da Formula uno,
quella con cui i tedeschi stanno dominando il campionato,
è già lì, dentro al cofano delle
auto di serie. Che anche papà
può chiudere gli occhi e sentirsi per un attimo Rosberg o
Hamilton, almeno sulle «autobahn» senza limiti di velocità.
Ma è davvero così rapido il
passaggio dalle corse alle
strade? E la F1 di oggi resta
ancora il massimo laboratorio
per l’innovazione? Dipende
dai casi. Ci sono costruttori
come la Ferrari che sul trasferimento tecnologico hanno
costruito la loro storia.
A Maranello il travaso è
continuo, fa parte del Dna del
marchio: ingegneri della Gestione sportiva e del reparto
Gt si scambiano periodicamente i ruoli. Basta prendere
l’ultima supercar «LaFerrari»:
il telaio in carbonio è realizzato con le stesse tecniche, nelle
stesse aree produttive e dalle
stesse persone che producono
le monoposto.
Inoltre i simulatori con i
quali si allenano Alonso e
Raikkonen servono anche a
mettere a punto le stradali. «Il
processo in realtà richiede
tempi relativamente lunghi
perché non si tratta semplicemente di prendere un contenuto e trapiantarlo così com’è. È necessario adattarlo alle diverse esigenze e ai diversi
usi — spiega Matteo Lanzavecchia, responsabile perfomance veicolo per il Cavallino
—. L’affidabilità dei componenti deve essere più ampia
nel tempo. Adesso lo scambio
è più rapido e massiccio grazie alla continua interazione
fra i reparti». Qualche esempio? Uno su tutti è il cambio
7
FIBRA DI CARBONIO / Si usa da più di 30
anni in F1 e ha cambiato il modo di costruire
le macchine, e portato più sicurezza.
Oltre alle super-sportive (dalla Ferrari
alle Lamborghini) ora si trova anche
sulle elettriche per ridurre il peso (Bmw)
2
CAMBIO SEQUENZIALE CON COMANDI
AL VOLANTE / Debutta nelle corse verso
la fine degli anni 80. Ora ce l’hanno quasi
tutti i modelli stradali
3
VOLANTE MULTIFUNZIONE / Nell’idea di ridurre al massimo
le distrazioni e concentrare tutti i pulsanti in una sola zona
della macchina, i volanti tradizionali riprendono
la concezione di quelli da corsa.
FRENI
Le temperature
dei dischi in gara
possono
raggiungere
i 1200 C°.
Servono materiali
speciali, come
il carbonio,
e potentissimi
sistemi
di ventilazione
GOMME
Fra le proposte
per il futuro
della F1 c’è
quella sostenuta
dalla Pirelli
di introdurre
cerchi da 18”
molto più vicini
alla produzione
stradale
Formula Auto
Dal cambio al volante alla mescola
degli pneumatici, dalla fibra di
carbonio al Kers: quanta tecnologia
è passata dalla pista alla strada
semiautomatico, quello con le
palette al volante e senza frizione. Ce l’hanno tutte le macchine ormai, dal Suv all’utilitaria. «Per applicarlo sulla
F355 nel 1997 sono serviti
quasi dieci anni». Il debutto in
pista è avvenuto nel 1989 sulla Ferrari di Mansell, a mettere
a punto la trasmissione sequenziale è stato il geniale
John Barnard riprendendo
vecchi progetti Ferrari. «An-
che nel settore dell’elettronica
— prosegue Lanzavecchia — i
primi sistemi in F1 sono apparsi agli inizi degli anni 90
mentre differenziale elettronico e controllo di trazione
sono stati introdotti per la
prima volta al mondo nel
2004 e nel 2006 su F430 e 599.
Il Kers ha fatto la sua comparsa nelle corse nel 2006 e abbiamo ottenuto la sua prima
applicazione stradale con La-
Ferrari, lo scorso anno, equipaggiata di Hy-Kers, ovvero
un sistema che non solo recupera energia della frenata ma
è in grado di sfruttare molte
altre situazione di guida per la
ricarica delle batterie. È un tipico caso in cui la tecnologia
proveniente dalle corse può
essere addirittura più sofisticata».
Ma lista di invenzioni è lunga: se i moderni motori turbo
scaricano i cavalli in modo regolare e omogeno è perché
migliaia di ingegneri hanno
sudato sette camice fino a trovare una soluzione al ritardo
nella risposta. Quel vuoto
momentaneo di potenza a cui
seguiva il «calcio dietro la
schiena» che rendeva le macchine brutali e spesso incontrollabili.
L’era dei motori sovralimentati in F1 inizia nel 1977
per opera della Renault, tocca
l’apice nel periodo di Prost e
Senna, si spegne in nome della sicurezza quando l’impennata di potenze aveva raggiunto picchi spaventosi oltre
i mille cavalli.
Da quest’inverno il turbo è
tornato protagonista della
massima categoria delle competizioni motoristiche, ma le
«power unit» sono talmente
sofisticate da far sembrare ar-
cheologia qualsiasi paragone
con il passato. I V6 silenziosi
di 1.600 cc infatti lavorano
con una serie di sistemi avanzatissimi: «Ers», «Mgu-K» e
Mgu-H», sigle che per capirle
in fondo serve una laurea in
ingegneria.
Semplificando al limite è la
«Formula ibrida», con le monoposto che consumano il 3035% rispetto a quelle del 2013.
Quali sono i possibili impieghi nel traffico di tutti i
giorni? Sia la Mercedes sia la
Renault studiano parecchie
soluzioni, fra le quali turbo-
Paddock
Quello che tutti pensano
fra i paddock è che un
team sia una realtà ben
diversa da un’azienda
compressori elettrici che consentono di aumentare le prestazioni sprecando meno carburante.
Le nuove regole attraggono
più costruttori: dal 2015 tornerà la Honda fornendo i V6
turbo alla McLaren. «Lo
scambio sta già avvenendo —
spiega Andy Cowell responsabile dei motori del team Mercedes — alcune idee per la F1
di quest’anno provengono direttamente dal mondo della
produzione con l’aggiunta di
nuove interessanti tecnologie».
Quello che però tutti pensano fra i paddock è che un team sia una realtà ben diversa
da un’azienda. La Mercedes
straccia gli avversari non tanto per le sinergie sull’asse
Stoccarda-Inghilterra — (la
W05 Hybrid nasce fra Brackley e Brixworth nella famosa
Sicurezza Il nuovo Suv a sette posti è un concentrato di tecnologia attiva che include anche un sistema salva-passeggeri nel caso di un’uscita di strada
La nuova Volvo XC90 riconosce gli incroci e frena per evitare incidenti
È la vettura con cui Volvo
lancia l’ultima sfida in fatto di
sicurezza: la XC90, prima auto
nata su una piattaforma Volvo
al 100% dopo l’acquisizione
della nuova proprietà nell’agosto del 2010, si inserisce a pieno titolo nel dibattito sulle vetture che si guidano da sole con
la non più così remota possibilità di una rottamazione degli
autisti. Il tutto in nome di una
strategia comune, quella di eliminare l’errore umano e le
conseguenti vittime della strada. Con i sistemi lanciati in anteprima mondiale sulla nuova
XC90, dal sistema di protezione in caso di uscita di strada
del veicolo alla funzione di frenata automatica in prossimità
di incroci, si va verso un’auto
semi-automatica con tecnolo-
gie già in grado di salvare il
conducente da se stesso. Sembra un claim l’obiettivo di Volvo di azzerare il numero di persone rimaste uccise o gravemente ferite a seguito di incidenti in una nuova Volvo entro
il 2020, ma è molto di più di
una previsione ambiziosa. Il
nuovo Suv sette posti fa dell’Intellisafe il suo punto di forza con l’equipaggiamento di
sicurezza più completo incluso
nella dotazione standard, a cominciare dal City Safety, l’insieme delle funzioni di frenata
automatica in grado di rilevare
sia di giorno che di notte la
presenza di veicoli, ciclisti e
pedoni che transitano davanti
all’auto. Con il sistema di protezione in caso di uscita di
strada, l’auto rileva ciò che ac-
cade e tende le cinture di sicurezza per mantenere i passeggeri in posizione ottimale; un
dispositivo di assorbimento
dell’energia posto fra il sedile e
il telaio del sedile attutisce le
forze verticali che possono generarsi quando la vettura urta
con violenza contro il terreno
riducendo il rischio di lesioni
alla spina dorsale.
L’altra «world premiere»
il modello top della XC90 proporrà un «Twin Engine» da 400 cavalli
Volvo è la frenata automatica
in caso di potenziale urto laterale: la tecnologia attiva i freni
se l’automobilista svolta inavvertitamente mentre di fronte
sopraggiunge un’altra vettura,
situazione comune sia in prossimità di incroci cittadini trafficati sia in autostrada dove i limiti di velocità sono più elevati. «Sono tre le aree principali
che aiuteranno Volvo a realizzare il proprio obiettivo Vision
2020 — spiega il Presidente di
Volvo Car Italia Michele Cresci
—. La sicurezza, la connettività
e la guida autonoma».
E un’esperienza di guida
semplificata si ha già ad esempio grazie alla nuova funzione
che consente all’auto di seguire automaticamente il veicolo
che la precede nel traffico len-
to. La nuova piattaforma modulare Spa sulla quale nasceranno tutte le future Volvo
rientra in un programma di investimento del valore complessivo di 11 miliardi di dollari. «La nuova XC90 — prosegue il presidente Cresci — seg n a l ’ i n i z i o d i u n n u ovo
capitolo nella storia dell’azienda rispecchiandone il futuro
orientamento stilistico, integrando una serie di nuove tecnologie esclusive del marchio
Occhio vigile
La tecnologia attiva
i freni se si svolta
inavvertitamente mentre
arriva un’altra vettura
e utilizzandone la nuova Architettura di Prodotto Scalabile
(Spa)». La vettura fissa nuovi
standard per il segmento non
solo in termini di sicurezza: assieme alla gamma di motori a
quattro cilindri da 2 litri della
famiglia Drive-E, il modello
top della XC90 proporrà un
«Twin Engine» da 400 cavalli
che sarà il motore ibrido più
potente al mondo abbinando
un quattro cilindri turbo benzina sovra-alimentato da 2 litri
a un motore elettrico (320 cavalli sviluppati dal propulsore
benzina posto anteriormente e
80 dall’elettrico al posteriore)
con emissioni di anidride carbonica pari a circa 60 g/km.
Savina Confaloni
© RIPRODUZIONE RISERVAT
Corriere della Sera Lunedì 8 Settembre 2014
Motori 43
italia: 51575551575557
Anteprima Quasi tutti i costruttori proporranno a breve nuove citycar
Sul mercato si aspetta
l’invasione delle piccole
5
Le vetture dialogheranno
per regolare la velocità
anche a grandi distanze
MOTORI TURBO / Con le nuove
regole della F1 le macchine
consumano il 30% in meno.
I V6 turbo di 1600 cc supportati
dalle unità elettriche daranno
origine a nuovi sistemi ibridi
stradali entro dieci anni, quando
i costi saranno più bassi
Corriere della Sera / Mirco Tangherlini
4
Il futuro
KERS / Il primo sistema
di recupero dell’energia
cinetica debutta in F1 nel 2007.
Pesava più di 100 kg, nel 2012
non superava i 24. Il modulo
elettrico serve ad aumentare
le prestazioni consumando
meno: supercar come
LaFerrari, Porsche 918 Spyder
e McLaren P1 lo montano
«F1 valley») — ma per aver
azzeccato il progetto e per
aver imposto al «circus» la sua
visione delle competizioni.
Avere un gigante industriale
alle spalle però aiuta: nel caso
del team anglo-tedesco persino esperti della divisione camion di Daimler hanno dato
un mano nello sviluppo dei
turbocompressori.
E in Ferrari? «Da molti anni
esiste un comitato permanente per lo scambio di informazioni tra i tecnici della Scuderia e quelli che si occupano
delle vetture stradali — spiega Vittorio Dini direttore motopropulsori —. È fondamentale il fatto che realizziamo le
vetture tutte “in casa” e siamo
tutti a Maranello. Per abitudine non scartiamo mai nulla a
priori, stiamo studiando a
fondo questa tecnologia così
nuova per capire come sfruttarne il potenziale ma siamo
ancora all’inizio del processo».
Come è appena cominciato
il rodaggio della gomma da 18
pollici della Pirelli: provata a
Silverstone potrebbe avvicinare ancor di più i due pianeti.
Daniele Sparisci
© RIPRODUZIONE RISERVATA
La pubblicità americana di una
compagnia petrolifera del 1956
raffigurava quello che ingegneri e
scienziati immaginavano per il futuro. Cogliendo qualche input, forse, dai film di fantascienza, ecco in
mezzo a una strada un’auto senza
ruote e senza conducente. Tre persone a bordo che sorseggiano una
bibita e guardano la tv. Non pensano ad altro. La vettura fa il resto.
In un momento, il nostro, in cui
le case automobilistiche cercano di
lanciare il proprio mercato oltre la
crisi e pubblicizzano il piacere della guida, ecco che nei laboratori si
studia l’auto «che si guida da sé».
Può sembrare un po’ una trovata
anche questa. Ma la strada è segnata. Fin dagli anni Cinquanta.
A Varano de’ Melegari il centro
internazionale di Guida Sicura diretto da Andrea De Adamich ha
riunito proprio gli ingegneri dei
reparti ricerca di Fiat e Dallara che
hanno spiegato
qualcuna delle
soluzioni che
cambieranno il
modo di stare alla guida.
«Gli ultimi 50
anni —, ha detto
Maurizio Miglietta, department manager
del Centro Ricerche Fiat — hanno visto l’auto dotarsi di sistemi di assistenza sempre più sofisticati. Prima i freni a
disco, poi Abs, Asc, Dsc, etc. Lancia
Delta è stato il primo modello del
Gruppo Fiat a sperimentare il Lane
Departure Warning, mentre a portare al debutto il City Brake Control
è stata 500L. La sicurezza alla guida, nel futuro prossimo, si misurerà tuttavia in termini di approccio
integrato. Il progetto Drive C2X,
piano cofinanziato dall’Unione Europea, si ispira proprio al principio
di cooperative mobility». Un sistema in fase di test proprio in questo
momento sulla A22 del Brennero.
Non solo radar e telecamere che
intuiscono possibili pericoli davanti all’auto. Ma anche sensori
capaci si captare movimenti laterali, soprattutto di persone o animali
che improvvisamente si troveranno sul nostro tragitto. La maggior
parte degli incidenti avvengono ai
danni di pedoni e ciclisti. Poi c’è la
disattenzione. Per questo le auto
comunicheranno tra di loro e con
torrette di controllo che, oltre a segnalare code, traffico e incidenti,
permetteranno di condividere le
velocità degli altri automobilisti e
indicare il possibile punto di impatto, così da evitarlo. Sistemi che,
se per ora sono optional, in futuro
diventeranno di serie. Nel gergo,
tutto questa strumentazione è
chiamata sicurezza preventiva, che
è al servizio di quella attiva, freni,
controllo motore, e passiva che
vuole migliorare l’abitabilità del
veicolo e la sicurezza di chi guida.
Alla fine si tratta solo di portare
alcuni accorgimenti già in uso dalla Formula Uno, come ha spiegato
Luca Pignacca, Chief Designer & Eu
Business Leader di Dallara Automobili: «Nel corso dei decenni le
auto da corsa, in particolare le monoposto, in materia di sicurezza
hanno compiuto passi da gigante:
Andrea De Adamich, 73
anni, ex pilota di Formula
uno, ha riunito gli ingegneri dei reparti ricerca di
Fiat e Dallara che hanno
rivelato qualcuna delle soluzioni che cambieranno il
modo di stare alla guida
si pensi all’evoluzione dei materiali per la scocca, dall’acciaio degli
anni Sessanta ai materiali compositi in uso da qualche tempo». Dallara per proteggere l’abitacolo dell’auto usa i pannelli di zylon, «efficace per le sue proprietà termiche,
di leggerezza e rigidità torsionale».
Ora bisogna solo portare tutto
questo sulle strade delle nostre città.
Ilaria Morani
© RIPRODUZIONE RISERVATA
❜❜
Protezione
Ci aiuteranno anche
sensori capaci di
captare movimenti
laterali, soprattutto
di persone o animali
Tante novità, Panda resta ancora la più venduta
La Opel Adam Rocks è una sorta di crossover urbano
L’auto come la scuola: il nuovo
anno inizia a settembre. È in questi
giorni che l’industria automobilistica torna sui banchi per preparare
l’esame dei mercati. Lo fa con l’ottimismo di chi ha studiato tutta
l’estate il lancio di nuovi modelli
per trovarsi pronto all’appuntamento. Il calendario delle novità è
ricco, anche se poi in termini di volumi, il primo quadrimestre girerà
intorno alle più piccole. Tutte a caccia della più venduta, la capoclasse
Fiat Panda. Se per le rinnovate Citroën C1, Peugeot 108 e Toyota Aygo è già il momento delle prime pagelle, nei prossimi mesi proveranno a salire in cattedra le nuove generazioni di Renault Twingo e
Smart. Due modelli che insieme
valgono qualcosa come 4,8 milioni
di vetture vendute finora.
Tra qualche giorno toccherà alla
nuova Twingo: auto innovativa,
spaziosa, facile da guidare e dai costi di produzione ridotti. Meglio in
due che da soli. Tanto più se Renault, il partner l’ha già in casa: Daimler-Mercedes con cui da tempo
scambia motori e piattaforme. «Nel
2009 il progetto Twingo era in fase
di stallo per la mancanza di risorse
economiche e i tedeschi avevano le
stesse nostre necessità per la nuova
Smart: è stato naturale sviluppare
insieme le due auto», racconta Ali
Kassai, responsabile «piccole» Renault.
Il resto è storia di questi giorni:
linea che ricorda la Fiat 500 e trazione posteriore. Una Twingo «tutto dietro» garanzia di agilità e sportività. D’altronde i motori a 3 cilindri sembrano avere lo spirito giusto
per far divertire. Doppia la scelta:
un 898 cm³ turbo benzina da 90 cavalli e un 999 cm³ aspirato da 70
cavalli. Al resto ci pensano le parole
di Kassai: «Le emissioni di CO2 sono basse ma non sono state il focus
principale del progetto». Come dire: il vero obiettivo era rendere
l’auto piacevole da guidare. Mettere
le ruote ai 4 angoli, ha poi consenti-
La nuova Twingo è 10 centimetri più corta dell’attuale
to alla nuova Twingo (più corta di
10 centimetri dell’attuale) di guadagnare spazio interno per un totale di 33 centimetri. I prezzi partono
da 9.950 euro.
A novembre toccherà alla Smart,
disponibile già al lancio, sia nella
versione classica Fortwo, che nella
riedizione di quella Forfour a 4 posti passata senza lasciar traccia.
Tutto si giocherà sulle misure. La
Fortwo mantiene i 2 metri e 69 di
lunghezza (la larghezza aumenta di
10 centimetri). Le misure della Forfour sono invece le stesse della prima generazione della Mercedes
Classe A: «Aspetto che consentirà
alla Forfour d’intercettare la domanda, soprattutto femminile, ancora non soddisfatta dall’attuale
Classe A», spiega Annette Winkler,
a capo di Smart. L’aiuto arriverà dal
prezzo: la Forfour costerà 650 euro
in più rispetto alla 2 posti. Per entrambe, un contenuto di tecnologia
superiore all’attuale, cambio manuale a 5 rapporti o automatico a
doppia frizione e al lancio, il benzina 999 cm³ aspirato da 70 cavalli.
Prezzi da 12.750 euro per la Fortwo.
Twingo, Smart ma non solo. Alle
piccole piace darsi un tono da fuoristrada. La Panda, dopo la Young,
dedicata ai giovani, allunga la gamma con la nuova Cross a trazione
integrale mentre Opel lancerà ad
ottobre l’Adam Rocks, una sorta di
crossover urbano che potrà contare anche sul nuovo 1.0 Ecotec 3 cilindri turbo benzina da 90 e 115 cavalli. Suv tascabili crescono.
Alessandro Marchetti Tricamo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
La Panda, in
questa foto nella versione
Young, resta la
citycar in assoluto più venduta in Italia seguita da un’altra Fiat, la 500.
Ora la gamma
Panda si allunga con la versione Cross,
quindi a trazione integrale
Da novembre
debutterà la
nuova Smart,
disponibile già
al lancio, sia
nella versione
classica Fortwo, foto, che
nella riedizione
di quella Forfour a 4 posti.
La Fortwo
mantiene i 2
metri e 69 di
lunghezza
Moto Si chiama Tricity lo scooter compatto a tre ruote dotato di freni potenti firmato anche dal «papà» dei bolidi da pista di Valentino Rossi e Jorge Lorenzo
Leggero, rapido e molleggiato: è il triciclo alla giapponese di Yamaha
AMSTERDAM — Scooteristi
navigati, motociclisti di ritorno e giovani centauri. Ma anche neofiti integrali, guidatori
che non si sentono a proprio
agio con i mezzi tradizionali e
automobilisti che non ne possono più di stare in coda ore
ogni giorno per andare e tornare dall’ufficio. Sono solo alcuni esempi dell’amplissimo
pubblico a cui si rivolge
Yamaha con il nuovo Tricity
125, scooter a tre ruote che
non è solo un prodotto inedito, ma rappresenta il primo
step dell’implementazione del
progetto «new mobility», tramite il quale la casa giapponese ha intenzione di rivoluzionare il concetto di trasporto
urbano.
Una novità assoluta? Non
Il Tricity 125 della Yamaha ha un motore monocilindrico da 11 cavalli
proprio se pensiamo che il
primo scooter a tre ruote è
uscito nel 2006 dalle catene di
montaggio dell’italiana Piaggio. La risposta assume però
connotati diversi se si considera il fatto che con il Tricity
Yamaha cambia prospettiva,
rivedendo il concetto per cercare di eliminare i difetti congeniti di questo tipo di mezzi,
ovvero peso, ingombri laterali
e prezzo.
Il Tricity costa 3.490 euro, è
molto compatto anche trasversalmente e pesa solo 152
chili in ordine di marcia, una
manciata in più del cugino a
due ruote Xenter. Ma soprattutto ha dalla sua un feeling di
guida immediato, che ti permette di dimenticarti del fatto
che là davanti ci sono due ruo-
te pochi secondi dopo che hai
cominciato a sgusciare nel
traffico, mantenendo però
tutti i vantaggi in termini di
aderenza in curva, sullo sconnesso e in frenata tipici di questa configurazione meccanica.
Gran parte del merito di
una guida così intuitiva, rassicurante e piacevole è da ascrivere al particolare schema
scelto da Kazuhisa Takano
(l’ingegnere a cui si deve anche la paternità della M1 di
Sulla bilancia
Il Tricity costa 3.490
euro, è molto compatto
e pesa solo 152 chili
in ordine di marcia
Lorenzo e Rossi…) per la sospensione anteriore del Tricity: si tratta di un sistema basculante a parallelogramma
con forcella a quattro steli
montati «in tandem», due per
ogni ruota. Una soluzione leggera, semplice ed efficace che
riesce a rendere l’avantreno
tanto preciso quanto capace di
assorbire le asperità del terreno.
Sotto la sella (che nasconde
un vano portaoggetti in grado
di accogliere un casco integrale e l’immancabile antipioggia) gira un motore monocilindrico a corsa lunga da 11
cavalli che, al contrario di
quanto si potrebbe pensare
sulla carta, è rapido il giusto
nelle accelerazioni da fermi e
non va affatto in affanno
quando ci si allontana dal traffico della città per percorrere
le strade extraurbane, anche
quando ci si imbatte in qualche bella curva. Proprio in
questo contesto si riesce ad
apprezzare la stabilità del Tricity sul veloce, che spinge chi
guida — nei limiti del motore
— a cercare angoli di piega
sconosciuti ai mezzi tradizionali, grazie alla notevole sensazione di solidità trasmessa
dall’avantreno. E quando c’è
da rallentare non ci si trova
mai in difficoltà, visto che la
potenza frenante dei tre dischi
è notevole, la modulabilità ottima e il funzionamento del
sistema di frenata combinata
non fa una grinza.
Stefano Bargiggia
© RIPRODUZIONE RISERVATA
44
italia: 51575551575557
Lunedì 8 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Lunedì 8 Settembre 2014
Carissimo
"Beati i puri di cuore perché vedranno
Dio".
(Matteo 5,8)
Guido e Giovanna Tabellini, con Anna e Marco, si stringono con affetto a Francesco e alla famiglia nel momento della scomparsa di
prof. Mario Borroni
i suoi insegnamenti professionali e di vita mi hanno accompagnato e mi accompagneranno sempre.- Mao. - Milano, 7 settembre 2014.
Commendatore
Anna Maria Giavazzi Marini
Pasquale Quadri
- Milano, 6 settembre 2014.
Giannetta Viola con i figli Carlo, Francesca e
loro famiglie abbraccia Paola e Costanza ricordando commossa il loro papà
Lo annunciano con dolore la moglie Antonella,
le figlie Alessandra e Francesca e le nipotine Melissa e Martina.- L’amore per la vita, per il tuo
lavoro e soprattutto per la tua famiglia sono il
regalo più bello che illuminerà per sempre il nostro cuore.- La salma si trova composta presso la
nuova casa del commiato Vavassori in via Nazionale 22/d a Seriate (BG) ed è visitabile lunedì
dalle ore 8.30 alle ore 20.30 e martedì fino alle
ore 12.- Le esequie avranno luogo il giorno martedì 9 settembre 2014 alle ore 15 con partenza
dall’abitazione in via Ronco 8 a Torre de’ Roveri
verso la chiesa parrocchiale San Gerolamo Dottore in piazza Conte Sforza, per poi proseguire
verso il cimitero del paese.
- Seriate - Torre de’ Roveri, 8 settembre 2014.
Giorgio Rocco è affettuosamente vicino
all’amico Francesco nel dolore per la scomparsa
della sua cara mamma
Lello Borroni
Anna Giavazzi Marini
vero amico di una vita intera.
- Milano, 7 settembre 2014.
- Milano, 7 settembre 2014.
Mario e Paola Mazza si stringono con affetto a
Paola e Costanza nel ricordo del papà
Angelo e Lydia abbracciano forte Francesco,
Giovannella e Maria Teresa nel triste momento
della scomparsa della mamma
Prof. Mario Borroni
Anna
grande maestro di arte medica e di vita.
- Milano, 7 settembre 2014.
- Roma, 7 settembre 2014.
Franco e Barbara, con Juan Tommaso e Domenica, sono vicini con un abbraccio affettuoso
a Francesco e Giovannella, Maria ed Anna nel
dolore per la scomparsa della signora
Emiliana Moneta Falciola rimpiange il caro
Lello
con Guido Stefano Elisabetta con Giuliano e Giovanna. - Milano, 8 settembre 2014.
I dirigenti e i dipendenti tutti di Clay Paky SpA,
profondamente addolorati, si uniscono con grande affetto al lutto di Antonella, Alessandra e
Francesca per la scomparsa del
Anna Giavazzi
Commendatore
- Milano, 7 settembre 2014.
Mario Randelli profondamente commosso partecipa al lutto per la scomparsa del
Pasquale (Paky) Quadri
I colleghi di IGIER - Università Bocconi si stringono commossi e con grande affetto a Francesco
Giavazzi e alla sua famiglia in questo momento
di grande dolore per la scomparsa dell’amatissima mamma
prof. Mario Borroni
caro amico e collega in lunghi anni di attività professionale.
- Santa Marghertia Ligure, 7 settembre 2014.
Presidente amato e stimato, imprenditore visionario, presenza insostituibile, grande esempio di
signorilità e rettitudine, ha impegnato ogni energia ed entusiasmo nella società, da lui curata con
affetto paterno e spirito guerriero.- A lui va la
riconoscenza nostra e delle nostre famiglie per
averci lasciato in eredità la preziosa prospettiva
di un lavoro appassionante e sicuro.
- Seriate, 7 settembre 2014.
Anna Maria Giavazzi Marini
- Milano, 7 settembre 2014.
Giuseppe e Sara Laurà ricordano con affetto il
prof. Mario Borroni
Il Consiglio di Amministrazione e il Collegio
Sindacale di Vitale e Associati SpA partecipano
commossi al grande dolore del Consigliere Professore Francesco Giavazzi per la perdita della
cara mamma signora
Maestro di Ortopedia.
- Milano, 7 settembre 2014.
Marco e Sabrina d’Imporzano partecipano al
dolore per la scomparsa del
Pio e Lucia Nahum con i figli Aida, Alberto e
Aurora si uniscono nel dolore alla famiglia per la
scomparsa dell’indimenticabile
Anna Maria Giavazzi Marini
Prof. Mario Borroni
Paky
- Milano, 7 settembre 2014.
maestro e amico indimenticabile.
- Milano, 7 settembre 2014.
Gli abbiamo voluto davvero bene.- Era un grande uomo e un esempio raro di onestà e generosità.- A lui va la nostra imperitura riconoscenza,
per quello che ci ha insegnato e che ci ha dato.
- Seriate, 7 settembre 2014.
Guido Roberto Vitale partecipa commosso al
grave lutto che ha colpito il carissimo amico Francesco per la perdita della mamma
Virginio e Rosabianca Zucchi partecipano costernati al lutto della famiglia per la morte del
Anna Maria Giavazzi Marini
Prof. Mario Borroni
Pasquale (Paky) Quadri
- Milano, 7 settembre 2014.
amico da una vita ed impareggiabile compagno
di lavoro.- Ciao Lello!
- Milano, 7 settembre 2014.
Anna Maria Giavazzi Marini
Guido Cometti e tutti i colleghi di Link Italia
sono vicini a Costanza e famiglia per la scomparsa del caro
Partecipano al lutto:
– Eldo, Anna Jordan.
– Angelo e Roberta Zanchi.
Prof. Mario Borroni
Luca Valpreda, Stefano Belviglieri e Amapola tutta sono vicini alla famiglia Quadri e si stringono
agli amici della società Clay Paky.
- Torino, 7 settembre 2014.
"Non rattristatevi per averla persa, ma
ringraziate per averla avuta".
È mancata all’affetto della sua famiglia e dei
suoi cari
Franca Stoppini ved. Casale
- Pietrasanta, 6 settembre 2014.
Marialuisa Cantù
Sarai sempre nel mio cuore.- Daniela.
- Malnate, 7 settembre 2014.
Il Direttore Bruno Marelli con i medici tutti del
Dipartimento di Ortotraumatologia dell’Istituto
Ortopedico Gaetano Pini è vicino a Costanza e
alla famiglia per la perdita dell’indimenticabile
Alessandro con Sonia, Giovanni Maria, Edoardo e Margherita si stringono a Daniela con un
forte abbraccio per la perdita della sua cara
mamma
Primario emerito dell’istituto.
- Milano, 7 settembre 2014.
Ileana, Daniele e Riccardo annunciano la
scomparsa del loro caro marito e padre
Il suo entusiasmo e la sua forza d’animo saranno
per noi un esempio da seguire.
- Malnate, 7 settembre 2014.
Paolo Guerzoni
Paolo Guerzoni
Franca Stoppini Casale
- Milano, 7 settembre 2014.
Simonetta, Umbi, Margio, Tommaso e Lollo
abbracciano Richi e la sua famiglia per la scomparsa del caro papà
Hannelore piange la cara amica Franca e abbraccia Daniela con molto affetto.
- Castellina Marittima, 7 settembre 2014.
Partecipa al lutto:
– Daniela Borzone.
Franca Casale
Paolo Guerzoni
Emanuela e Marco Frattini sono vicini a Marco
ed alla sua famiglia nel triste momento della
scomparsa del padre
Aroldo Romanelli
Enrico e Lucia, Eliano e Rosanna, Pino e Wanda, Giorgio e Mariolina, Nicola e Grazia abbracciano affettuosamente Mirando ed Emanuela
nella dolorosissima circostanza della scomparsa
della cara
Un grande grande grande grande abbraccio.Ferdinando e tutta F&P.
- Milano, 8 settembre 2014.
2013 - 2014
Lelia (Lella) Viganò
Ciao mamma da un anno ogni giorno ti penso,
ti cerco e ti ritrovo sempre nei dolci ricordi che mi
hai lasciato.- Una Messa in tuo ricordo sarà celebrata in San Babila il 9 settembre 2014 alle ore
18.30.- Un bacio Roberta.
- Milano, 8 settembre 2014.
8 settembre 2013 - 8 settembre 2014
In ricordo di
Enzo Magrì
Un anno è già trascorso e sei sempre nei nostri
cuori.- Le tue Pucci, Antonella e Paola.
- Milano, 8 settembre 2014.
La tenerezza, il sorriso e la forza di
Lea Gritti Bottacco
sono sempre presenti nel cuore di Brando.
- Ginevra, 8 settembre 2014.
RCS MediaGroup S.p.A. - Via Rizzoli,8 - 20132 Milano
Tel. 02 50984519 - Fax 02 25846003
www.necrologi.corriere.it
e-mail: [email protected]
SI ACCETTANO RICHIESTE VIA WEB, E-MAIL E CHIAMATE DA
CELLULARI SOLO DIETRO PAGAMENTO CON CARTA DI CREDITO
L’INVIO DI UN FAX DEVE ESSERE ACCOMPAGNATO
DA COPIA DI UN DOCUMENTO DI IDENTITA’
Corriere della Sera
PER PAROLA:
A MODULO:
Necrologie: € 5,00
Adesioni al lutto: € 10,00
Solo anniversari, trigesimi
e ringraziamenti: € 540,00
Gazzetta dello Sport
Gli amici della lega PierLombardo partecipano al
dolore di Riccardo e famiglia.
- Milano, 7 settembre 2014.
Incoronata D’Orazio
Maria Claudia (Miussy)
Riccio Werner Confalonieri
il marito Enzo Riccio ricorda ancora con immenso
dolore la sua adorata moglie.
- Milano, 8 settembre 2014.
TARIFFE BASE IVA ESCLUSA:
magistrato Presidente aggiunto onorario della
Corte di Cassazione.- Lo annunciano l’adorata
moglie Annamaria, i figli Marco con Antonella,
Maurizio con Beatrice e gli amatissimi nipoti Giulia, Bartolomeo, Leopoldo, Tullia e Pietro.
- San Remo, 7 settembre 2014.
Vicini a Daniela per la perdita della sua cara
mamma, Anna, Alessandra, Liliana, Luca e Guido, ricorderanno sempre
- Milano, 7 settembre 2014.
7 agosto 2012 - 7 agosto 2014
Nel secondo anniversario della scomparsa della signora
Aroldo Romanelli
ed è vicino a Daniela.
- Malnate, 7 settembre 2014.
Paolo Guerzoni
Emma Speranza Zerboni
e un prezioso legame familiare.
- Torino, 6 settembre 2014.
È mancato, dopo una vita lunga e felice
zia Franca
- Milano, 6 settembre 2014.
Marcello Camerino
- Milano, 8 settembre 2014.
Pucci con Lucio, Barbara e tutti i ragazzi ricorda
con immenso rimpianto una grande amica
CON SUPPLEMENTO 20% SULLA TARIFFA BASE
Fabio con Cristina e Bianca ricorda con affetto
Paolo
I condomini di largo Settimio Severo n. 4, Milano unitamente all’Amministratore prendono viva parte con sentito cordoglio al dolore della famiglia per la scomparsa del signor
ATTIVO DA LUNEDI A DOMENICA 13.30-19.30
nonna Luisa
- Malnate, 7 settembre 2014.
Claudio, Donatella con Chiara e Irene si stringono con affetto a Ileana, Daniele e Riccardo nel
ricordo di
Partecipano al lutto:
– Livia e Luciano.
– Decio e Maria.
– Mariarosa e Piero.
SERVIZIO
ACQUISIZIONE
NECROLOGIE
il tuo ricordo sarà sempre nei nostri cuori.- Il tuo
dolce sorriso e la pazienza che hai avuto nel guidarci nei nostri primi passi fanno di te una nonna
speciale.- Un abbraccio Giulia e Serena.
- Monza, 7 settembre 2014.
zia Franca
e lo abbracciano affettuosamente.
- Milano, 7 settembre 2014.
Gianluigi Bracchi
Ciao
Massimo e Roberta con Inigo e Alessia si stringono forte a Daniela per la scomparsa della carissima
Roberto e Giulia, Turi, Pippo, Andrea e Gregorio sono vicini a Richi e alla sua famiglia per la
scomparsa del caro papà
Nicola Paola e Michele piangono la scomparsa
e ricorderanno sempre il suo amore per la famiglia, la sua simpatia e la sua integrità morale.
- Milano, 7 settembre 2014.
Partecipano al lutto:
– Il fratello Giancarlo.
– Le cognate.
– I nipoti.
– Marco, Sofia e Cristiana.
– Luca, Simona, Susanna, Oscar.
– La cognata Anna.
Franca
Ti porteremo sempre nel nostro cuore.
- Milano, 6 settembre 2014.
di
Con immensa tristezza nel cuore ne danno il doloroso annuncio il marito Gianfranco e i figli Stefano con Barbara, Alessandra, Daniela con Fabrizio. - Monza, 7 settembre 2014.
Partecipano al lutto:
– Liliana Rivolta e famiglia.
Prof. Mario Borroni
45
italia: 51575551575557
PER PAROLA:
Necrologie: € 1,90
Adesioni al lutto: € 3,70
A MODULO:
Solo anniversari, trigesimi
e ringraziamenti: € 258,00
Diritto di trasmissione:
pagamento anticipato € 1,67 - pagamento differito € 5,00
L’accettazione delle adesioni
è subordinata al pagamento
con carta di credito
- New York - Milano, 7 settembre 2014.
Alba e Marco abbracciano forte Marco per la
perdita del caro padre
Laura Zini
Servizio fatturazione necrologie:
tel. 02 25846632 mercoledì 9/12.30 - giovedì/venerdì 14/17.30
fax 02 25886632 - e-mail: [email protected]
Aroldo Romanelli
- Milano, 6 settembre 2014.
- Milano, 7 settembre 2014.
Il Tempo
Ogni giorno le PREVISIONI della tua città sempre con te
Digita: mobile.corriere.it nel browser del telefonino
Il servizio è gratuito salvo i costi di connessione internet previsti dal piano tariffario del proprio operatore
Maggiori informazioni su www.corriere.it/mobile
48
+)+
4<
+)84
43
+)
47
+)8
4+
+)77
4+
+))
47
+))
47)
+)73
47
+)7)
4
+)7)
-&2(
-".2
(.2
&:"
"$&(
(-"&(
($(&
&(6
"-&:
&(&
-5"
122$*( " 9'(6 29&& (*261 ,($2*& *( $&$ " 6*1(1((* 21($ * ,** (9:*&*2$ 29&& ' $*1 ,16 $ 266*1$- ,16$1 '1*&% 6966:$
*11(6$ $(26$&$ (*1#6&(6$" ,*161((* (9*:* '&6',* & 266(61$*( 29 ,16 & (61* *( 1*:2$ 6',*1&$ ,$966*26* 1.9(6$- ',1
' $*1'(6 2*& $6* $(: & '1$$*( 2&:* .9&" $2691* " ,*61 1$ 911 $ 1$&$:$ ,,(($($$ *: (*( 2$ 2&9*(* ,$*:2"$-
,+5"$
%*(..(
-"
*($"
2&:-(
$"-"
*26
*1$(*
(*:
*&* (
*'
',*22*
- &1$
6($
$&(*
1(6*
(;$
1$26
$1(;
19 $
(*(
/.9$&
,*&$
1$
*6(;
6(
$-%(
&1'*
& "1*
&$1$
91 $
&$
*&
9:*&*
*,16*
$*
$
*:2$ ',*1&$
:
*16*
*16
*&6* *16
&'*
%8
(*(
*26
1$
*&* (
*&;(*
12$
&$1$
)3
)0
)'
)/
)/
)'
)'
4
4
4/
4
4'
40
3;
1(*
$*
$
%8
)
)
)'
)/
)0
)'
4;
44
4
4/
43
4
4/
3;
9:*&*2*
/.9$&
22$(
$&(*
,*&$
&$
&1'*
',*1&
%"&
%8
)3
)'
44
)'
)
4;
43
4
40
4/
40
4'
3;
4'
*,16*
$."&#"
.$(
-$"&(
%.2-%
-.6"
-
(&-
"6
5$"&(
(*&!&
"%5-(
2(($%
"&&
$-(
-""
"$&(
&#-
5-.2
-"
".(&
(%
-$$(&
"-&
2&
5&"."
$-"
$66*
%"&
',*22*
6($
1*6*(
9(*
$1(;
(*:
',1$
*22*
%"&
*&
$
( ',* $ &6
,122$*( ,12(6
29&&091*, 266(61$*(&
1(6$2 9( 6',*
26$& 2*& $6* 29&&
:;$ 29 9*(
,16 && 1 *1$(6&$
& *(6$((6- ,122$*( " "
,1*:*6* '*&6$ $2691$
($ $*1($ 2*12$ 29&&
1 $*($ (61*#
'1$$*(&$ $6&$( 2$696 *1 29$ 266*1$
&($$ ,1*:*(*
$:12$ 1*:2$ (*'($ 6',*1&2"$
$92$-
(2&:
1'
19 $
21
$2
*6(;
- &1$
$'$($
:
%"&
%8
)/
)
)/
)/
)3
44
)/
40
4
4/
40
44
4'
4
*:2$
*'
*1$(*
1(6*
1$26
$(
(;$
1*(
$
%"&
%8
)
)
)
4;
)/
)'
)'
3)
4
4/
4/
4
40
40
$!" !&!"
(#9(
&#(#
-.
((2
5$
!"&(
9&9
&2"(
7 (-#
"22 $ .."(
!"(
& -&".( (. &$.
"-2
$ "-(
"%
&(56- .$&
"(
&"-(
5&(. "-.
"-("
(.
5&
"22 $ *(
46
Lunedì 8 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Tv in chiaro
Teleraccomando
,>ˆ£
di Maria Volpe
PER CAPIRE
PER DISTRARSI
L’esordio di Floris Mafia e istituzioni
E torna la Gruber Bocci indaga
In attesa dell’appuntamento
settimanale del martedì in
prima serata in programma
il 16 settembre, Giovanni
Floris (foto) debutta sulla
rete di Urbano Cairo con una
striscia di informazione
prima del tg di Mentana.
Dal lunedì al venerdì il
giornalista, per anni
conduttore di «Ballarò» su
Rai3, approfondirà il tema o
il fatto del giorno. E sempre
stasera torna, questa volta
dopo il tg di Mentana, per la
settima stagione, Lilli
Gruber. Ospiti di questa
prima puntata: la deputata
del Pd Alessandra Moretti e
il giornalista Marco
Travaglio.
Torna la serie che racconta la
guerra alla mafia con
protagonista Marco Bocci
(vicequestore Domenico
Calcaterra, foto), Giulia
Michelini (leader mafiosa
Rosy Abate) e Ana Caterina
Morariu (vicequestore Lara
Colombo). Dopo aver
raccontato nel corso degli anni
le sfumature del crimine
organizzato e le attività a esso
connesse, questa nuova
stagione si concentra sul tema
delicato — e oltremodo attuale
— dei rapporti tra mafia e
istituzioni: il vicequestore
Calcaterra si trova alle prese
con un’organizzazione segreta
il cui braccio operativo è il
redivivo Filippo De Silva.
diciannovEquaranta
La7, ore 19.40
Squadra Antimafia 6
Canale 5, ore 21.10
,>ˆÓ
À>ˆ°ˆÌ
,>ˆÎ
À>ˆ°ˆÌ
,iÌi{
>˜>ix
Ì>ˆ>£
>Ç
/Û
À>ˆ°ˆÌ
“i`ˆ>ÃiÌ°ˆÌÉÀiÌi{
“i`ˆ>ÃiÌ°ˆÌÉV>˜>ix
“i`ˆ>ÃiÌ°ˆÌɈÌ>ˆ>£
>Ç°ˆÌ
“ÌÛ°ˆÌ
È°ää 1," 7-° ÌÌÕ>ˆÌD
È°£ä ,1 "°
ÌÌÕ>ˆÌD
È°Îä / £°
*,6-" -1
6/ ‡ -6,
",/°
È°{x 1 "// °
ÌÌÕ>ˆÌD
££°£ä " / //°
ÌÌÕ>ˆÌD
£Ó°ää *,"6 1"
"° 6>ÀˆiÌD
£Î°Îä /", °
£{°ää / £ " "°
ÌÌÕ>ˆÌD
£{°äx "
"*" /°
6>ÀˆiÌD
£{°{ä /",/" " ," ¶
6,//" °
ÌÌÕ>ˆÌD
£È°ää 6/ ,//°
ÌÌÕ>ˆÌD
£È°Îä / £°
/*" °
£n°xä ,<" / °
6>ÀˆiÌD
-,
Óä°ää /", °
Óä°Îä , /1"° 6>ÀˆiÌD
Ó£°£x "--,"
" / "°
ˆ˜ˆÃiÀˆi° œ˜ ÕV>
<ˆ˜}>ÀiÌ̈] iÃ>Ài
œVVˆ] *i««ˆ˜œ
>ââœÌÌ>] ˜}iœ
,ÕÃÜ\ /} £ Èä
ÃiVœ˜`ˆ
n°£ä *,"/-/ /-"°
ÌÌÕ>ˆÌD
n°{ä -",
"° /iivˆ“
™°Óx *-" *,"°
/iivˆ“
£ä°£ä /Ó -
-//° ÌÌÕ>ˆÌD
££°ää // 6"-/,°
ÌÌÕ>ˆÌD
£Î°ää / Ó ", "°
£Î°Îä °°°-// "
"-/1° ÌÌÕ>ˆÌD
£Î°xä Îΰ
,ÕLÀˆV> `ˆ >ÌÌÕ>ˆÌD
£{°ää //" //"°
ÌÌÕ>ˆÌD
£È°£x -/° /iivˆ“
£Ç°ää -1*,8 /6°
6>ÀˆiÌD
£Ç°{x , *, /"°
£Ç°xx / Ó - °°-°
/" Ó°
£n°ää , / -*",/°
£n°Óä / Ó°
£n°xä °
°°-° " -° /iivˆ“
£™°{ä °
°°-° /iivˆ“
n°ää ", -//° ÌÌ°
£ä°ää 1 ", " " °
£Ó°ää / ΰ
£Ó°Óx - ", 7-/ ° /iivˆ“
£Î°£ä /*" -/",° ÌÌÕ>ˆÌD
£{°ää / ," °
/ ," /"°
£{°Óä / ΰ /" ΰ
£{°xä /, *<< ,°
ÌÌÕ>ˆÌD
£{°xx / Î -°
£x°ää /,, "-/, Ó°
/iivˆ“
£x°{x *
" °
£Ç°{x " < Óä£{° œVՓi˜Ì>Àˆœ
£™°ää / ΰ
£™°Îä / ," °
/ ," /"°
Óä°ää "° ÌÌÕ>ˆÌD
Óä°£ä " ,/° /iivˆ“
Óä°Îx 1 *"-/" -"°
-œ>«
Ç°Óä 1 /,° /iivˆ“
n°£x 1", ,°
/ii˜œÛi>
™°{ä , ,°
/iivˆ“
£ä°{x ,
//
½/ ° ÌÌ°
££°Îä / { ‡ /"°/
£Ó°ää /
/6 ",-° /iivˆ“
£Î°ää - ", "° /iivˆ“
£{°ää " -*",/" ",1°
ÌÌÕ>ˆÌD
£x°Îä 1,
-/,//" Ó£°
/iivˆ“
£È°Îx " /
", /° /iivˆ“
£n°xä /*, / {°
£n°xx / { ‡ /"°/
£™°Îx , " /6°
6>ÀˆiÌD
£™°xx /*-/ ½",°
-œ>« "«iÀ>
Óä°Îä -,/"°
/ii˜œÛi>
È°ää / x *, * °
ÌÌÕ>ˆÌD
n°ää / x // °
n°{x // " +1°
ÌÌÕ>ˆÌD
£ä°äx / x ", £ä°
/"°/°
££°ää ",1° ÌÌÕ>ˆÌD
£Î°ää / x° iÌiœ°ˆÌ
£Î°{ä 1/1° -œ>«
£{°{x "6½ ¶
ˆ˜ˆÃiÀˆi
£È°ää *","
+1° ÌÌÕ>ˆÌD
£™°ää -,/"°
/ii˜œÛi>° i
«Àœ}À>““>\
˜ÌˆVˆ«>∜˜i /} x
£™°xx / x *, * °
ÌÌÕ>ˆÌD
Óä°ää / x° i
«Àœ}À>““>\
iÌiœ°ˆÌ
Óä°{ä **,--
-*, /° 6>ÀˆiÌD°
œ˜`ÕVi ˆœÀ}ˆ>
*>“>Ã] 6ˆÌ̜Àˆœ
ÀՓœÌ̈
È°äx , -° -iÀˆi
Ç°äx 6/ -
" "
° -iÀˆi
Ç°Îä E "9°
/iivˆ“
n°Óx / "-,°
/iivˆ“
£ä°Óx *,-" "
/,-/° /iivˆ“
£Ó°Óx -/1" *,/"
-*",/ -/ ‡
/
*<" °
£Î°ää -*",/ -/°
£{°äx -*-" ° >À̜˜ˆ
£{°Îx 1/1,° >À̜˜ˆ
£x°ää *,//9 //
,-° /iivˆ“
£È°{ä 7-" ½- ,°
-iÀˆi
-/1" *,/" ‡
/
*<" °
£n°Îä -/1" *,/"° i
«Àœ}À>““>\
iÌiœ°ˆÌ
£™°Óä °-° ‡ -
, ° /iivˆ“°
œ˜ 7ˆˆ>“
°*iÌiÀܘ
È°ää / Ç°
Ç°xä " 1- /"°
ÌÌÕ>ˆÌD
Ç°xx " 1-°
ÌÌÕ>ˆÌD
™°{x " ,°
ÌÌÕ>ˆÌD
££°ää " ° />Ž
ŜÜ
££°{ä " 1-°
ÌÌÕ>ˆÌD
£Î°Îä / Ç°
£{°ää / Ç ," °
ÌÌÕ>ˆÌD
£{°{ä -/, -
, -
"° /iivˆ“
£Ç°{ä "--,"
",,°
/iivˆ“
£™°{ä
"6+1,
/° />Ž Ŝܰ
œ˜`ÕVi ˆœÛ>˜˜ˆ
œÀˆÃ
Óä°ää / Ç°
Óä°Îä "//" <<"°
ÌÌÕ>ˆÌD° œ˜`ÕVi
ˆˆ ÀÕLiÀ
£{°£x -
,1-° -iÀˆi
£x°£ä ," 1 ,
-1*,-/,° /iivˆ“
£x°Îx ," 1 ,
-1*,-/,° /iivˆ“
£È°ää /-\ -
//½ -iÀˆi
£È°xä £È /°
6>ÀˆiÌD
£Ç°xä / "° 6>ÀˆiÌD
£n°xä / , ,-
*-"° 6>ÀˆiÌD
£™°xä /½- 1* ‡ "**
" /," /*"°
6>ÀˆiÌD
Óä°£x £È /°
6>ÀˆiÌD
Ó£°£ä - ‡"\ "
", ° 6>ÀˆiÌD
Ó£°Îx - ‡"\ "
", ° 6>ÀˆiÌD
Óä°Îä / Ó Óä°Îä°
Ó£°ää " \‡®° -iÀˆi
Ó£°£ä *
" 8*,-- ΰ
,i>ˆÌÞ° œ˜`ÕVi
œÃÌ>˜Ìˆ˜œ `i>
…iÀ>À`iÃV>
Óΰää / Ó°
ÓΰÓä *,/9 *"*
<° œVÕ,i>ˆÌÞ
ä°£ä / Ó°
Ó£°äx - <"
"
/°
­/…ÀˆiÀ] 1Ã>] £™™£®°
,i}ˆ> `ˆ œ˜>̅>˜
i““i° œ˜ œ`ˆi
œÃÌiÀ] ˜Ì…œ˜Þ
œ«Žˆ˜Ã] -VœÌÌ
i˜˜°
Óΰ£x / ," °
ÓΰÓä / Î "//
Ó£°£x +1 / "" °
ÌÌÕ>ˆÌD° œ˜`ÕVi
*>œœ i iLLˆœ
Óΰxx -- ,/
{° ÌÌÕ>ˆÌD
Ó{°ää -/, -/7
°
­
œ““i`ˆ>] 1Ã>]
£™nÇ®° ,i}ˆ> `ˆ
iœÀ}i ˆiÀ
Ó£°£ä -+1,
/ È°
ˆ˜ˆÃiÀˆi° œ˜
>ÀVœ œVVˆ] ˆÕˆ>
ˆV…iˆ˜ˆ] ˜>
>ÌiÀˆ˜> œÀ>ÀˆÕ
ÓΰÎä ,
1° /iivˆ“°
œ˜ ,œLiÀÌ
>̅ÕÀÃÌ] ÀÞÃÌ>
ˆVœi >ÀV>˜œ
Ó£°£ä 1 1 /,"**"°
­
œ““i`ˆ>] 1Ã>]
Óä£Ó®° ,i}ˆ> `ˆ
Àˆ>˜ ,œLLˆ˜Ã° œ˜
``ˆi ÕÀ«…Þ] iÀÀÞ
7>ň˜}̜˜] >ÀŽ
Վi° i
«Àœ}À>““>\ /}Vœ“Æ
iÌiœ°ˆÌ
Ó£°£ä ," /,
‡ 1 6"
*,
""-"°
­7iÃÌiÀ˜]
>˜>`>É1Ã>] ÓääÈ®°
,i}ˆ> `ˆ 7>ÌiÀ ˆ°
œ˜ ,œLiÀÌ ÕÛ>]
/…œ“>à >`i˜
…ÕÀV…] ÀiÌ>
-V>VV…ˆ°
ÓΰÎä */,""° ÌÌÕ>ˆÌD°
œ˜`ÕVi Ոˆœ
ˆ>““>Àˆ>
ä°Îx /£ "//°
£°äx /*" °
£°£ä -"//"6"
° ÌÌÕ>ˆÌD
ä°Óx -", / 6/°
ÌÌÕ>ˆÌD
ä°xx 7 6‡ä°
/iivˆ“° œ˜ >VŽ
œÀ`] >“iÃ
>VÀ̅ÕÀ
Ó°Îä ", "
" , °
­
œ““i`ˆ>] Ì>ˆ>]
£™Ç{®° ,i}ˆ> `ˆ
6ˆÌ̜Àˆœ -ˆ˜`œ˜ˆ° œ˜
7>ÌiÀ …ˆ>Àˆ
ä°Îä / x "//° i
«Àœ}À>““>\
,>ÃÃi}˜> ÃÌ>“«>Æ
iÌiœ°ˆÌ
£°ää **,--
-*, /° 6>ÀˆiÌD
Óΰää "7 ,°
­
œ““i`ˆ>] 1Ã>]
£™™™®° ,i}ˆ> `ˆ
À>˜Ž "â° œ˜ ``ˆi
ÕÀ«…Þ] -ÌiÛi
>À̈˜
ä°{x / Ç / -°
£°£x
"6+1,
/° />Ž Ŝܰ
œ˜`ÕVi ˆœÛ>˜˜ˆ
œÀˆÃ
-//°
/" ΰ
Óΰxx ,
6 "6
/"°
ÌÌÕ>ˆÌD° œ˜`ÕVi
*>œœ ˆiˆ
ii>Þ /6
£x°ää / "7° ÕÈV>i
£x°Îä 9 -1,
/-° ÕÈV>i
£È°xx 9 /°
£Ç°ää 9 /-°
ÕÈV>i
£n°ää /9° /iivˆ“
£n°xx 9 /°
£™°ää -7/
/ ,/
Ó° /iivˆ“
Óä°ää / "7° ÕÈV>i
Óä°Îä ", *-1°
ÕÈV>i
Óä°{x 1", ,"° 6>ÀˆiÌD
Ó£°£x ,"" ° 6>ÀˆiÌD
Ó£°Îä *-
-/ Ó°
œVÕ,i>ˆÌÞ
2 -/$/
?$!
$/!2 "*1/
Film e programmi
Omaggio a Mike,
il signore della tv
L’avido Murphy
punito da un guru
,>ˆ{
Nel quinto anniversario della
scomparsa di Mike Bongiorno
(8 settembre 2009), omaggio
al presentatore (foto) con una
maratona dedicata ai suoi
successi televisivi.
Giornata Mike
Canale 5, dalle 17
Un agente letterario (Eddie
Murphy, foto) disposto a tutto
pur di chiudere un affare,
inganna un guru new age. Dovrà
vedersela con l’incantesimo che
il santone gli ha lanciato.
Una bugia di troppo
Italia1, ore 21.10
Falcone e Riina
Viaggio nel brivido
come agisce la mafia con Hitchcock
«Falcone e Riina. Caccia
mortale» racconta l’ascesa del
boss Riina, e l’impegno del
giudice Falcone, deciso a fare
luce nel pozzo nero di Cosa
Nostra. Commenta Paolo Mieli.
Gli archivi del Novecento
Rai3, ore 23.55
Al via da oggi una retrospettiva
di 14 film sul «maestro del
brivido» commentata da
Mariarosa Mancuso. Stasera:
«Psycho» (1960), «Marnie»
(1964) e «Il ladro» (1956).
Hitchcock - Il maestro del
brivido; Iris, dalle 21
,>ˆx
À>ˆ°ˆÌ
À>ˆ°ˆÌ
™°äx 7,"1- £Î°
-iÀˆi
™°xä 6 ° -iÀˆi
£ä°Îx ,1-° /iivˆ“
££°Óä -*" /° -iÀˆi
£Ó°äx -/,° -iÀˆi
£Ó°xä -/,° -iÀˆi
£Î°Îx 6 ° -iÀˆi
£{°Óä -/,/ / /-°
/iivˆ“
£x°äx "
/", 7"° -iÀˆi
£x°xä " /, ° -iÀˆi
£È°Îx -/,° -iÀˆi
£Ç°Óä -/,° -iÀˆi
£n°äx , 7- ‡ ", "°
£n°£ä 7,"1- £Î°
-iÀˆi
£n°xx / "-/ 7",°
-iÀˆi
£™°{ä "
/", 7"° -iÀˆi
Óä°Óx -/,/ / /-°
/iivˆ“
Ó£°£ä / 1 / ‡
*,° ­âˆœ˜i®°
,i}ˆ> `ˆ 7ˆˆ>“
Àˆi`Žˆ˜°
ÓÓ°{x ,"° -iÀˆi
£°xx **1 / /" ° ÌÌÕ>ˆÌD
£Ç°xä , 7- ‡ ", "°
£Ç°xx 6 //,
-"7° />Ž ŜÜ
£n°{x , , , ° œV°
£™°xä "- 1*° œV°
Óä°{ä *--*,/"1/° ÌÌ°
Ó£°£x ½1"" °
/i>ÌÀœ
Óΰ£ä //," /°
/i>ÌÀœ
,>ˆ
-̜Àˆ>
£™°Îä ½/ { ¼xä\ °°°½ /°
œVՓi˜Ìˆ
Óä°Îä ", " -/",° œVՓi˜Ìˆ
Óä°xä /*" -/",° œVՓi˜Ìˆ
Ó£°Îä ,7 ‡ ,"
°
œVՓi˜Ìˆ
,>ˆ
,>ˆ
*Ài“ˆÕ“À>ˆ°ˆÌ œÛˆi
£Ç°{ä
£Ç°{x
£n°Îä
£™°£x
Óä°£x
Ó£°£x
ÓÓ°{x
ÓΰÎx
, 7- ‡ ", "°
/"*<"° /ii˜œÛi>
/"*<"° /ii˜œÛi>
/,, "-/,°
/ii˜œÛi>
"
°
ˆ˜ˆÃiÀˆi
° -iÀˆi
£{c -/,//"° -iÀˆi
-+1, -*
6 ° -iÀˆi
À>ˆ°ˆÌ
À>ˆ°ˆÌ
£Ç°Îä , 7- ‡ ", "°
£Ç°Îx ½--" °
£™°Îä 8*,--°
Ó£°£x " 7- Î ‡
- /, -6°
-iÀˆi
ÓÓ°äx " 7- Î ‡
1 1" "°
-iÀˆi
ÓÓ°xä 1 ,1°
,>ˆ
Տ«
À>ˆ°ˆÌ
,i>
/ˆ“i
Ài>Ìˆ“iÌÛ°ˆÌ
>ÃÃ
/Û
>Ý
>Ç`
`“>Ý°ˆÌ
V>ÃðˆÌ
>Ç°ˆÌ
£™°£ä / ,1-°
/iivˆ“
£™°Îx 6"//° /iivˆ“
Óä°Óx "1- " 1-°
/iivˆ“
Ó£°£x 7 8 1°
>À̜˜ˆ
Ó£°{ä ,<< -1
--"° >À̜˜ˆ
ÓÓ°äx 1 1 * °
>À̜˜ˆ
£n°£ä 8/,
"6,\ /
/" ° ÌÌÕ>ˆÌD
Óä°£ä 1
1"
1-°
ÌÌÕ>ˆÌD
Ó£°£ä ,-- " /,"
,° ÌÌÕ>ˆÌD
Óΰäx //
,<< / 88°
ÌÌÕ>ˆÌD
£Ç°Îä -/,//" *"<°
-iÀˆi
£™°{ä 7E",,°
/iivˆ“
Óä°{ä 1 6,°
ÓÓ°xä -*
"-/,
6 <° ÌÌÕ>ˆÌD
Óΰ£ä 7E",,°
/iivˆ“
£n°Îx , //"t
œVՓi˜Ì>Àˆœ
£™°Îä , /1// "-/° œV°
Óä°Óä " *1 °
œVՓi˜Ì>Àˆœ
Ó£°£ä ,6, " -/,*iÃV>
ÓÓ°ää /", 1" \ 1*
°
£Î°ää "6 -° ÌÌ°
£Î°äx 5 //° ÌÌÕ>ˆÌD
£{°äx / ,° "< -"7°
6>ÀˆiÌD
£È°xä -°"°-° //° ,i>ˆÌÞ
£n°xx / Ç°
£™°ää 1"
°
ÌÌÕ>ˆÌD
Ó£°£ä *, 1
", "° 6>ÀˆiÌD
,>ˆ
9œ9œ
ÀˆÃ
ˆiœ
>x
/Û
Óäää
À>ˆ°ˆÌ
£™°ää /, " "-1,° >À̜˜ˆ
£™°Îä -" *, *--
£™°xä ,/" "
<
" ½","°
Óä°£ä *** *° >À̜˜ˆ
Ó£°äx "6° >À̜˜ˆ
Ó£°Îä 1"6
66 /1, */, * °
ˆÀˆÃ°“i`ˆ>ÃiÌ°ˆÌ
VˆiœÌÛ°ˆÌ
“i`ˆ>ÃiÌ°ˆÌ
£Ç°£{ "/ ‡
6 <° 6>ÀˆiÌD
£Ç°ÓÓ " /",
-,/"°
£™°£{ <<,° /iivˆ“
Óä°äÈ <<,° /iivˆ“
Óä°x™ " ½" 6-/"°
6>ÀˆiÌD
Ó£°äx *-9
"°
Óΰäx " ½" 6-/"°
6>ÀˆiÌD
£n°Îä "-- /° 6>ÀˆiÌD
£™°£x , 1" ‡
/8-°
œVՓi˜Ì>Àˆœ
Óä°£x , °
6>ÀˆiÌD
Ó£°£ä //"° ­
œ““i`ˆ>]
1Ã>] Ó䣣®° ,i}ˆ> `ˆ
7ˆ ÕVŽ
£Ç°Îä 8/,
"6, "
/" ° œV°
£n°Îä 19 //9° /iivˆ“
£™°Óx "--* ,°
/iivˆ“
Óä°£x ,"9 * -°
/iivˆ“
Ó£°£ä 11-/ ,1- ‡
1-
1",°
ÌÛÓää䰈Ì
£x°Óä -° ,iˆ}ˆœ˜i
£x°Óx -" 1", -/",° ÌÌ°
£x°Îx 1", ", ‡ , "°
ÌÌÕ>ˆÌD
£È°{ä , -/,°
-iÀˆi
£Ç°Îx ," **
, -
"°
,iˆ}ˆœ˜i
Corriere della Sera Lunedì 8 Settembre 2014
47
italia: 51575551575557
Pay Tv
Film
e programmi
Hunt e Lauda
rivali in Formula Uno
Il film di Ron Howard racconta la
rivalità storica, che segnerà una
stagione unica della Formula Uno,
tra due campioni, diversissimi tra
loro: Niki Lauda e James Hunt
(Chris Hemsworth, foto).
Rush
Sky Cinema 1, ore 21.10
Scrivere a macchina
la campionessa è Rose
-ŽÞ
ˆ˜i“>
A fil di rete
-«œÀÌ
££°ää *, 6//", 1˜> ˜œ“ˆ˜>̈œ˜
>}ˆ "ÃV>À «iÀ ˆ À>VVœ˜Ìœ `i>
Ài>∜˜i >“iÀˆV>˜> > *i>À >ÀLœÀ°
œ˜ ° 7>ޘi i ° œÕ}>ð -ŽÞ
ˆ˜i“> >ÃÈVÃ
£Ó°Óä "
Î `œ] ˆœÛ>˜˜ˆ i
ˆ>Vœ“œ À>VVœ˜Ì>˜œ }ˆ >LˆÃÈ
`i½"Vi>˜œ >ÌÌÀ>ÛiÀÜ ˆ ۈ>}}ˆœ `ˆ
՘> Ì>ÀÌ>ÀÕ}> “>Àˆ˜>° -ŽÞ ˆ˜i“>
>“ˆÞ
£Î°ää ,"--" 1  vˆ“] ÌÀ>Ì̜ `>
՘ ˆLÀœ `ˆ >ÀVœ œ`œˆ] À>VVœ˜Ì> i
Ã̜Àˆi V…i ýˆ˜ÌÀiVVˆ>˜œ >½ˆ˜ÌiÀ˜œ `ˆ
՘> Lˆââ>ÀÀ> ÃV՜> Àœ“>˜>° -ŽÞ
ˆ˜i“> ˆÌà £{°{x *, * 1-6" 1˜ ˆ˜ÌÀiVVˆœ
`ˆ ÈÌÕ>∜˜ˆ Vœ“ˆVœ‡Àœ“>˜ÌˆV…i°
*ÀœÌ>}œ˜ˆÃ̈\ ՘ V>“«ˆœ˜i `iœ
ÃVÀœVVœ] ˆ Ã՜ }ÀÕ««œ `ˆ >“ˆVˆ i ՘>
ÌÀˆÃÌi «Àˆ˜Vˆ«iÃÃ>° -ŽÞ ˆ˜i“> ˆÌÃ
£x°£ä -- /
/6 -° ՏœVŽ]
՘½>}i˜Ìi `i½ `>ˆ “œ`ˆ LÀÕÃV…ˆ i
“œÌœ «œVœ vi““ˆ˜ˆˆ] ۈi˜i ˆ˜vˆÌÀ>Ì>
ˆ˜ ՘ Vœ˜VœÀÜ `ˆ Liiââ>° -ŽÞ
ˆ˜i“> £ £È°äx ,- >ÃÌ>ˆÀ œÌ…iÀ}ˆ i iˆÌ…
-V…œiÞ Ài>ˆââ>˜œ Àˆ«ÀiÃi V…i
“œÃÌÀ>˜œ > ۈÌ> `i}ˆ œÀÈ LÀ՘ˆ V…i
ۈۜ˜œ i “œ˜Ì>}˜i i i L>ˆi
`i½>Î>° -ŽÞ ˆ˜i“> >“ˆÞ
£Ç°äx *
, *iÀ viÀ“>Ài
½ˆ˜Û>Ȝ˜i >ˆi˜>] i ˜>∜˜ˆ
Vœ>LœÀ>˜œ >> VœÃÌÀÕ∜˜i `ˆ
i˜œÀ“ˆ ÀœLœÌ `ˆ vœÀ“> Փ>˜>° -ŽÞ
ˆ˜i“> £ £n°äx -*,/ ",/ -«œÃ>̈È
ÌÀœ««œ }ˆœÛ>˜ˆ] iiÃÌi i iÃÃi È
ܘœ Ãi«>À>̈ >> Ü}ˆ> `iˆ
ÌÀi˜Ì½>˜˜ˆ° iVˆ`œ˜œ «iÀ¢ `ˆ iۈÌ>Ài ˆ
`ˆÛœÀ∜ i Àˆ“>˜iÀi >“ˆVˆ° -ŽÞ
ˆ˜i“> ˆÌà £™°£ä *,
/ " °
i>̜˜ ˆ˜ÌiÀ«ÀiÌ> > “>““>
`i½ˆ˜ÌÀœÛiÀÃ> ° œœÀi° *iÀ «>ÕÀ>
V…i «œÃÃ> Vœ“«ˆiÀi ˆ Ã՜ˆ ÃÌiÃÈ
iÀÀœÀˆ] i ViÀV> ՘ ՜“œ°°°
-ŽÞ ˆ˜i“> *>ÃȜ˜ Ó£°ää *, £ää ," 1˜ iÝ
V>˜Ì>˜Ìi ÀœVŽ ۜÀÀiLLi V…ˆÕ`iÀi Vœ˜
> `Àœ}> “> «Àˆ“>] ՘ «œˆâˆœÌ̜ œ
VœÃÌÀˆ˜}i > ՘½ÕÌˆ“> œ«iÀ>∜˜i `ˆ
ë>VVˆœ° -ŽÞ ˆ˜i“> >ÃÈVÃ
/ *,"1
,- ‡ 1 " " <-/ ,i“>Ži
`i½iÜÀ`ˆœ Vˆ˜i“>̜}À>vˆVœ `ˆ i
ÀœœŽÃ] ÕÃVˆÌœ ˜i £™Èn Vœ˜ ˆ ̜̈œ
º*iÀ v>ۜÀi ˜œ˜ ̜VV>Ìi i
ÛiVV…ˆiÌÌi»° œ˜ 1° /…ÕÀ“>˜° -ŽÞ
ˆ˜i“> ՏÌ
-/
/ ‡ - " +1-/
À>âˆi >> «>ÃȜ˜i «iÀ > }ˆ˜˜>Ã̈V>
>À̈Ã̈V>] ՘> À>}>ââ> `ˆ «œÛiÀi
iÃÌÀ>∜˜ˆ ÜVˆ>ˆ ÀˆiÃVi > ÀˆÃV>ÌÌ>ÀÈ°
-ŽÞ ˆ˜i“> >“ˆÞ
-"//" - " *,
""
/iÀ✠>`>ÌÌ>“i˜Ìœ `ˆ ՘ LiÃÌ ÃiiÀ
`ˆ /œ“ >˜VÞ ­>Õ̜Ài `ˆ º
>VVˆ> >
-iÀˆi /Û
˜ÌÀ>ÌÌi˜ˆ“i˜Ìœ
,>}>ââˆ
œVՓi˜Ì>Àˆ
£Î°äx
£{°ää
£x°ää
£È°£ä
£Ó°äx ,
- 1
"" -ŽÞ 1˜œ
£x°ää , 1" -ŽÞ 1˜œ
£È°Îä 1 6/ ", -ŽÞ ˆ˜i“>
ˆÌà £Ç°Îx -/,
1-/, -ŽÞ
1˜œ
£n°£x /"1, ˆÃ˜iÞ …>˜˜i
£™°£ä 1,, /",/ Óä°Óä //1 1" -ŽÞ 1˜œ
Óä°{x //1 1" -ŽÞ 1˜œ
Ó£°£ä " -ŽÞ 1˜œ
ÓÓ°ää , 9 -ŽÞ 1˜œ
ÓÓ°äx , 9 -ŽÞ 1˜œ
ÓÓ°Óx /"1, ˆÃ˜iÞ …>˜˜i
ÓÓ°xä *,"
/ ,1 79 -/,- Î
œÝ ˆvi
Óΰää , 9 -ŽÞ 1˜œ
ä°Óä * /
‡ 1 *
iŽˆ`Ã
££°äx 1 / /", ˆVŽiœ`iœ˜
£Ó°ää / 1 "" ,>ˆ Տ«
£Î°äx 9 // *" 9\ ½
< œœ“iÀ>˜}
£{°ää *"1 *1**- ‡ 1
" œœ“iÀ>˜}
£x°ää "9 //
-
, iŽˆ`Ã
£È°ää /" iŽˆ`Ã
£Ç°ää 9 // *" 9\ ½
< œœ“iÀ>˜}
£n°äx " -/,", ," " " 1 >À̜œ˜ iÌܜÀŽ
£™°ää 7 8 1 iŽˆ`Ã
Óä°ää /" E ,,9 /- œœ“iÀ>˜}
Ó£°äx 1"6 66 /1, */,
* iŽˆ`Ã
Ó£°£x 9 // *" 9\ ½
< œœ“iÀ>˜}
£{°äx /", >̈œ˜> iœ}À>«…ˆV
£x°ää -° /,, -/,\
- >̈œ˜> iœ}À>«…ˆV
£È°äx --/," ,//
ˆÃ̜ÀÞ …>˜˜i
£Ç°ää -/", ½1 6,-"
ˆÃ̜ÀÞ …>˜˜i
£n°ää ‡1" -/,/
ˆÃ̜ÀÞ …>˜˜i
£™°ää , 1" ‡ 7 9",
ˆÃ̜ÀÞ …>˜˜i
Óä°ää , +1//," ,1"/
ˆÃVœÛiÀÞ …>˜˜i Ó£°ää " //"
ˆÃVœÛiÀÞ …>˜˜i ÓÓ°äx 6 ˆÃVœÛiÀÞ -Vˆi˜Vi
Óΰää - /1 /t
ˆÃVœÛiÀÞ -Vˆi˜Vi
£{°xÇ ,° "1- ‡ 6-" °
/iivˆ“ "
£x°Ó™ / 6*, ,-° /iivˆ“
9
£x°{x ,6"1/" ° /iivˆ“ /"
£x°{™ ,° "1- ‡ 6-" °
/iivˆ“ "
£È°£È 1 *, ° /iivˆ“
9
£È°Îä -1*, /1,° /iivˆ“ /"
£È°{ä "- 1*° œVՓi˜Ì>Àˆœ -ÌÕ`ˆœ
1˜ˆÛiÀÃ>
£È°xÇ "6" ° ˆ“ *Ài“ˆÕ“ ˆ˜i“>
£Ç°äx 9 9° ˆ“ 9
£Ç°£ä Ó ", *,° ˆ“ -ÌÕ`ˆœ
1˜ˆÛiÀÃ>
£Ç°£n "6,/ ,-° /iivˆ“ /"
£Ç°Ó™ / ° /iivˆ“ "
£Ç°x{ *,- ,
,/" ° /iivˆ“
"
£n°äÎ ,6"1/" ° /iivˆ“ /"
£n°£{ +1 "° -…œÜ "
£n°{{ / 6*, ,-° /iivˆ“
9
£n°xÓ -1*, /1,° /iivˆ“ /"
£n°xx ½", -
" " ° ˆ“
-ÌÕ`ˆœ 1˜ˆÛiÀÃ>
£™°Îä -
" /," /, // ° ˆ“
*Ài“ˆÕ“ ˆ˜i“>
£™°ÎÓ " /, ° /iivˆ“ 9
Ó£°£ä
ÓÓ°{ä
Óΰää
Óΰ£x
"Ì̜LÀi ,œÃÜ» i ºˆœV…ˆ `ˆ «œÌiÀi»®°
*ÀœÌ>}œ˜ˆÃÌ> ° œÀ`° -ŽÞ ˆ˜i“>
>Ý /1// *<< *, ,"- À>˜Vˆ>
>˜˜ˆ xä° ,œÃi m «Àœ“iÃÃ> ˆ˜ ëœÃ>
> vˆ}ˆœ `i «Àœ«ÀˆiÌ>Àˆœ `ˆ
՘½>Õ̜vvˆVˆ˜> “> iˆ ˜œ˜ Û՜i
Ã>«iÀ˜i `ˆ ՘> ۈÌ> `i }i˜iÀi° -ŽÞ
ˆ˜i“> *>ÃȜ˜ ,1-  vˆ“ ÀˆiۜV> ՘> `ii «ˆÙ
ViiLÀˆ ÀˆÛ>ˆÌD ëœÀ̈Ûi V…i ˜i}ˆ >˜˜ˆ
Çä …> œ««œÃ̜ ˆ V>ÀˆÃ“>̈Vœ >“iÃ
Õ˜Ì > «iÀvi∜˜ˆÃÌ> ˆŽˆ >Õ`>° -ŽÞ
ˆ˜i“> £ x  vˆ“ À>VVœ˜Ì> >
Ã̜Àˆ> `ˆ ՘ }ÀÕ««œ `ˆ iÀœˆ Vœ˜œÃVˆṎ
>ˆ L>“Lˆ˜ˆ\ >LLœ >Ì>i]  œ˜ˆ}ˆœ
*>õÕ>i] > >̈˜> `iˆ i˜Ìˆ°°° -ŽÞ
ˆ˜i“> ˆÌà ½1/" *,/", œÛi "ÃV>À
«iÀ ˆ vˆ“ `ˆÀiÌ̜ `> ° iÀ̜ÕVVˆ
ˆ˜Vi˜ÌÀ>̜ ÃՏ> ۈÌ> `ˆ *Շ9ˆ] ½ÕÌˆ“œ
ˆ“«iÀ>̜Ài `i> ˆ˜>° -ŽÞ ˆ˜i“>
>ÃÈVÃ
*,"*"-/" ,9 ° œÀ`]
>Lˆi >ÛۜV>̜ ˆ˜ V>ÀÀˆiÀ>] ˆ˜ Ãi}Ո̜
>` ՘> À>«ˆ˜> V>`i ˆ˜ Vœ“>° > ÃÕ>
ۈÌ> V>“LˆiÀD À>`ˆV>“i˜Ìi° œ˜ °
i˜ˆ˜}° -ŽÞ ˆ˜i“> *>ÃȜ˜ 1" *,"  iÃVi `>
V>ÀViÀi `œ«œ Ón >˜˜ˆ i >` >ÌÌi˜`iÀœ
V½m ˆ Ã՜ ÛiVV…ˆœ >“ˆVœ œV V…i
«iÀ¢ …> ˆ Vœ“«ˆÌœ `ˆ ÕVVˆ`iÀœ° -ŽÞ
ˆ˜i“> £ di Aldo Grasso
£{°ää ""/ ,
"\ \
-/ ", ‡ 1-
-ŽÞ -«œÀÌ Ó £{°Îä "\ , ‡ -
"<
+Õ>ˆvˆV>∜˜ˆ ÕÀœ«iˆ Óä£È -ŽÞ
-«œÀÌ £ £x°ää -"\ - ,/ ,9
1," ‡ ,,*" ° £Èä
6ÕiÌ> `ˆ -«>}˜>° ˆÀiÌÌ> ÕÀœÃ«œÀÌ
£Ç°ää /," - "\ *° " Óä£{ ‡ , , £ä
/° -
,>ˆ-«œÀÌ £
£Ç°{x / -\ - -
1"«i˜ ÕÀœÃ«œÀÌ
£n°ää "\ ,1-- ‡ / -/
+Õ>ˆvˆV>∜˜ˆ ÕÀœ«iˆ Óä£È° ˆÀiÌÌ>
-ŽÞ -«œÀÌ £ £™°ää / -\ 1"«i˜ ÕÀœÃ«œÀÌ
Óä°ää 1/""-"\ , £ Ó
/Àœviœ L>À̅ xää -ŽÞ -«œÀÌ Ó Óä°Îä *6""\ -
\ *°
" Óä£{ ‡ , 6- *",/"
,
" ,>ˆ-«œÀÌ £
Óä°{x "\ -6<<, ‡ /,,
+Õ>ˆvˆV>∜˜ˆ ÕÀœ«iˆ Óä£È° ˆÀiÌÌ>
-ŽÞ -«œÀÌ £ Ó£°ää 7,-/ \ /- 7 " 77
ÕÀœÃ«œÀÌ
Ó£°Îä / -\ - -
1"«i˜ ÕÀœÃ«œÀÌ
Óΰää 7,-/ \ 77 8/ -ŽÞ -«œÀÌ
Ó Óΰäx / -\ -
1"«i˜° ˆÀiÌÌ> ÕÀœÃ«œÀÌ
L’omaggio a Camilleri
è un’autocelebrazione
N
on è cosa da tutti i giorni che la tv diventi maestra
di cerimonie per un compleanno: ma l’occasione
era importante e, per festeggiare gli 89 anni di
Andrea Camilleri, su Rai1 è andato in onda il docu-film «Camilleri. Il maestro senza regole» (sabato, 21.20).
La celebrazione aveva però anche il sapore di un’autocelebrazione: l’operazione è stata messa in piedi da Sellerio, la
casa editrice che pubblica i romanzi del maestro, e lo stesso
Vincitori e vinti
Camilleri (cosa ben strana)
compariva tra gli autori. RegaFrancesco
lando una prima serata al docuSilvestre
film letterario, di certo non un
I Modá
genere da sabato sera, Rai1 ha
superano
pagato una sorta di debito ideail maestro
le con l’autore che ha dato vita a
Camilleri. Su Canale 5
una delle poche fiction del seril concerto allo stadio
vizio pubblico capaci di trovare
San Siro di Milano
una distribuzione di successo
del gruppo musicale
anche all’estero. Di Montalbaguidato da Francesco
no, in realtà, si è parlato poco:
«Kekko» Silvestre:
giusto una visita a Porto Empeper 2.479.000
docle per riconoscere alcuni
spettatori, 14,5%
dei luoghi che hanno ispirato la
di share
cittadina immaginaria di Vigata, una sosta al ristorante di
Andrea
specialità sicule preferito dal
Camilleri
commissario, due battute con
Il maestro
Luca Zingaretti e via.
Camilleri
Il cuore del racconto sono
superato
stati gli anni scolastici, dove ha
dai Modá. Docu-film
preso vita una sorta di romanzo
su Andrea Camilleri
di formazione di Camilleri, tra
nella prima serata di
ricordi privati adolescenziali e
Rai1: a seguire la vita
familiari, fino ad arrivare al peprivata e i personaggi
riodo passato all’Accademia
creati dallo scrittore
Silvio D’Amico, di cui lo scrittosiciliano ci sono
re è stato prima allievo come re2.159.000 spettatori,
gista e poi insegnante. Sono sfiper una share dell’11,6%
late le testimonianze dei molti
che si definiscono suoi allievi:
Luigi Lo Cascio, Fabrizio Gifuni, molti scrittori e registi.
Curiosamente, sono passati quasi sotto silenzio i molti anni di lavoro in Rai precedenti al grande successo di Montalbano, a cui sono stati preferiti ricordi di un Camilleri privato,
che hanno dato al documentario un tono melò, alimentato
anche da Teresa Mannino che, in quota sicula, ha fatto da filo
conduttore e voce narrante. Come una studentessa liceale.
1958. Rose (Déborah François,
foto) è una terribile segretaria,
ma ha un talento formidabile nel
battere a macchina. Il suo capo la
trasformerà nella dattilografa più
veloce del mondo.
Tutti pazzi per Rose
Sky Cinema Passion, ore 21
Il trainer Pitt nei guai
con l’agente della Cia
Un ex agente Cia (John Malkovich)
sta scrivendo le sue memorie, ma
perde i suoi scritti che finiscono in
mano a due istruttori di palestra,
Chad (Brad Pitt, foto) e Linda
(Frances McDormand).
Burn After Reading - A prova di
spia; Cinema Comedy, ore 21.15
£Ç°ää
£n°ää
£™°ää
Óä°ää
Ó£°ää
ÓÓ°£x
ÓÓ°{x
ÓÓ°xä
Óΰ£x
Óΰ{ä
-*-" œÝ , œÝ "1- " 1- ,>ˆ Տ«
1" ",/1 ,t
ˆÃ˜iÞ …>˜˜i
6"// ˆÃ˜iÞ …>˜˜i
/- ˆÃ˜iÞ …>˜˜i
,
œÝ /1 , ˆVŽiœ`iœ˜
6 ˆÃ˜iÞ …>˜˜i
/,9 œÝ Àˆ“i ,-- œÝ / ,, ,- œÝ ˆvi
/1//" ,/" ˆÃ˜iÞ …>˜˜i
-*9 ""7 œÝ /- ˆÃ˜iÞ …>˜˜i
/ 6/,- ˆÃ˜iÞ …>˜˜i
-", /-
ˆÃ˜iÞ …>˜˜i
Le voci dall’inferno
dell’11 settembre
i`ˆ>ÃiÌ *Ài“ˆÕ“
Il documentario ripercorre la
tragedia delle Twin Towers
attraverso il racconto di coloro che
hanno vissuto e combattuto quel
drammatico 11 settembre 2001.
11 Settembre: «Eroi in divisa» «Voci dall’inferno»
National Geographic, ore 20.55
£Î°{™ " /, ° /iivˆ“ 9
£{°£{ -1*, /1,° /iivˆ“ /"
£{°ÎÈ ,‡
*, °
/iivˆ“ 9
£{°{£ " -/ ‡ È° -…œÜ "
£{°xä 6 , *,"--",° ˆ“
-ÌÕ`ˆœ 1˜ˆÛiÀÃ>
£{°xx "7"9- E -° ˆ“
*Ài“ˆÕ“ ˆ˜i“>
£{°xÇ "6,/ ,-° /iivˆ“ /"
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Forum «Televisioni»: www.corriere.it/grasso
Videorubrica «Televisioni»: www.corriere.tv
£™°ÎÈ
£™°ÎÈ
Óä°ÓÓ
Óä°Óx
Óä°Óx
Óä°{x
"6,/ ,-° /iivˆ“ /"
,,9½- 7° /iivˆ“ "
" /, ° /iivˆ“ 9
,6"1/" ° /iivˆ“ /"
,,9½- 7° /iivˆ“ "
" *
",/"° -…œÜ -ÌÕ`ˆœ
1˜ˆÛiÀÃ>
Ó£°£x ",/9 ,*",/° ˆ“ *Ài“ˆÕ“
ˆ˜i“>
Ó£°£x " /° /iivˆ“ /"
Ó£°£x
Ó£°£x
Ó£°£x
Ó£°Óä
ÓÓ°ä{
ÓÓ°x{
ÓΰäÎ
Óΰ£ä
*-9
° /iivˆ“ "
,/ " 8° /iivˆ“ 9
"
1-° -…œÜ -ÌÕ`ˆœ 1˜ˆÛiÀÃ>
-
" /, <" ° ˆ“
-ÌÕ`ˆœ 1˜ˆÛiÀÃ>
/ ,, ,-° /iivˆ“ 9
*½ /1
° /iivˆ“ 9
-1*, /1,° /iivˆ“ /"
‡ ½, / "° ˆ“
-ÌÕ`ˆœ 1˜ˆÛiÀÃ>
48
italia: 51575551575557
Lunedì 8 Settembre 2014 Corriere della Sera
Scarica

Scaricare - File PDF