LUNEDÌ 8 SETTEMBRE 2014 ANNO 53 - N. 35 In Italia EURO 1,40 www.corriere.it italia: 51575551575557 Milano, Via Solferino 28 - Tel. 02 62821 Roma, Via Campania 59/C - Tel. 06 688281 Servizio Clienti - Tel 02 63797510 mail: [email protected] Del lunedì Noè e altre figure bibliche Gli inediti di Marc Chagall Investimenti Tassi zero: Btp, azioni e liquidità La guida per guadagnare di più Oggi su In mostra a Milano 22 opere mai viste di Armando Torno alle pagine 28 e 29 www.abb.it La fine di un’era, verso il divorzio. Sfogo del presidente: così Maranello diventerà americana UN CENTIMETRO E MILLE GIORNI Ferrari, rottura in casa Fiat di ANTONIO POLITO Marchionne: Montezemolo non è indispensabile ochi primi ministri italiani hanno goduto delle eccezionali circostanze di cui si avvale Matteo Renzi. Più si addensano nubi minacciose sul nostro Paese, sulla sua economia, sulla sua solvibilità, e più la mongolfiera del consenso personale del leader vola in alto. Più gli economisti fanno fosche previsioni, dividendosi tra pessimisti e catastrofisti, e più gli italiani si affidano all’uomo che li chiama gufi, e che ai loro convegni preferisce i rubinettifici. La nostra situazione, un debito così alto con un’inflazione quasi a zero, è pesante e alla lunga insostenibile, ma Renzi rivendica la sostenibile leggerezza dell’essere e del mangiare gelati. In patria non ha alternative né oppositori; in Europa è pieno di imitatori, come la scena dei blues brothers socialisti, tutti in camicia bianca ieri sul palco di Bologna, ha plasticamente dimostrato; e l’apoteosi della Festa dell’Unità (pur senza Unità), derubrica a broncio i mugugni tardivi di un D’Alema. Ma gli stessi italiani che nei sondaggi premiano Renzi perché gli riconoscono il piglio del vendicatore anti-establishment, del fustigatore dei privilegi e dei vecchi assetti di potere, si dichiarano scettici sulle misure che sta prendendo per l’economia, non ritenendole le mosse giuste. Matteo Renzi è insomma entrato a buon diritto nel cerchio magico dei leader al Teflon, quei politici fatti del materiale delle padelle cui non si attacca lo sporco: ciò non vuol dire che lo sporco non ci sia. E in effetti finora, nei duecento giorni già passati, l’azione di governo non ha dato i frutti sperati, come lo stesso ministro Padoan ha di recente riconosciuto. Le due misure prescelte, il bonus di 80 euro e la riforma del Senato, comunque le si giudichi, di sicuro non han- no provocato lo choc di cui l’economia ha bisogno. Anzi, l’indice di fiducia delle famiglie, dopo una prima impennata, è da tre mesi in calo. L’orizzonte è diventato quello dei mille giorni ma la sensazione è di incertezza sulla direzione di marcia. Per quanto il premier annunci che non cederà di un centimetro, non è chiaro da dove. C’è al Senato la madre di tutte le riforme, quella del mercato del lavoro, annunciata ormai da gennaio, che da sola potrebbe cambiare l’appetibilità del nostro Paese per gli investitori. Ma i segnali sono contraddittori, il linguaggio è prudente, non si vede la determinazione necessaria per liberarsi della giungla di rigidità del nostro Statuto dei lavoratori, e rendere finalmente più facile assumere, prima ancora che licenziare. Sulle privatizzazioni c’è stato un alt. Sulle municipalizzate c’è stato un vedremo. Sulla ristrutturazione della spesa c’è stato un faremo. Sulla pubblica amministrazione si alternano messaggi contrastanti, prima si promettono 150 mila precari assunti nella scuola, poi il blocco degli stipendi per tutti gli statali, poi lo sblocco per i soli statali in divisa. E anche quando si fa, come nel caso dello sblocca Italia, si fa così poco da rischiare un effetto boomerang sulle aspettative. Questa sorta di limbo autorizza, soprattutto all’estero, il sospetto che in Italia ci sia ancora chi prende tempo, nella convinzione che prima o poi ci penserà la Banca centrale europea con un acquisto massiccio di titoli del debito pubblico, nella speranza di risparmiarsi così scelte troppo difficili e impopolari. Ma il guaio è che, come in un circolo vizioso, più questo sospetto si diffonde e meno Draghi avrà le mani libere, e più Renzi le mani legate. © RIPRODUZIONE RISERVATA Strappo in casa Fiat. Alla Ferrari si sta per chiudere l’era del presidente Montezemolo. Nella giornata del Gran Premio d’Italia a Monza l’amministratore delegato di FiatChrysler, Sergio Marchionne, prima precisa che l’avvicendamento a Maranello «non è sul tavolo», poi aggiunge: «Nessuno è indispensabile». Marchionne ha dato atto a Montezemolo di aver fatto un «grandissimo lavoro», ma «l’obiettivo Ferrari è vincere. E questo non avviene dal 2008». Lo sfogo del presidente: è la fine di un’epoca, l’amara verità è che la Ferrari ormai è diventata americana. Giannelli Il referendum LA SCOZIA INDIPENDENTE CHE ORA FA PAURA di ANTONIO ARMELLINI er la prima volta dall’inizio della campa«Il governo scelga e agisca P gna il pendolo dei sondaggi si è spostato a favore della separazione della Scozia dal Basta con i gattopardi» Regno Unito. Il margine è «L’Italia è da sempre il Paese dei Gattopardi: a parole vogliamo che tutto cambi, ma solo perché tutto rimanga com’è». A dirlo, dal palco del Forum Ambrosetti di Villa d’Este, sul Lago di Como, è stato ieri Sergio Marchionne, che ha consigliato al governo di «agire, cominciando da tre cose per realizzarle e poi passare alle tre successive» e al Paese di «fare un esame di coscienza». L’amministratore delegato di Fiat-Chrysler ha anche invitato la politica a ripensare profondamente il rapporto tra Stato, lavoratore e imprese: senza dover importare modelli stranieri ma costruendo una «via italiana». esiguo: 51 a 47%, curiosamente simmetrico a quello che solo pochi giorni fa dava la stessa percentuale a favore dei contrari all’indipendenza. Da qui al 18 settembre i sondaggi potranno cambiare ancora, ma è evidente che quella che era stata ritenuta una battaglia soprattutto di bandiera, con gli unionisti arroccati su un vantaggio di oltre venti punti, si è trasformata in una lotta all’ultimo voto. ALLE PAGINE 8 E 9 ALLE PAGINE 4 E 5 CONTINUA A PAGINA 31 Di Vico, Marro, Pica A PAGINA 15 Farina, Roddolo Il premier alla Festa dell’Unità: non accetto lezioni dai tecnici della Prima Repubblica. Il grazie a Bersani che si commuove Il patto tra Renzi e la sinistra Ue: cambiamo l’Europa Federica Mogherini, Alto Rappresentante europeo per gli Esteri designato, viene applaudita alla Festa dell’Unità di Bologna, da sinistra, dal segretario del Pse, il tedesco Achim Post, dal presidente del Consiglio italiano Matteo Renzi, dal leader dei socialisti spagnoli Pedro Sánchez, dal premier francese Manuel Valls e dal leader olandese del Pvda Diederik Samsom Due missionarie uccise in Burundi A PAGINA 17 Bruno www.abb.it Carretto, De Rosa, Ravelli La diocesi di Parma: le suore colpite a morte da uno squilibrato durante una rapina Due missionarie saveriane italiane, suor Lucia Pulici e suor Olga Raschietti, sono state uccise nelle scorse ore a Kamenge, un villaggio in Burundi. A dare la notizia è stata la diocesi di Parma, secondo la quale le circostanze del duplice omicidio, benché «ancora oscure», sarebbero quelle di una rapina «da parte di una persona squilibrata» finita nel sangue. Immediato il cordoglio della Farnesina, accompagnato dalla richiesta che «le autorità del Burundi chiariscano quanto accaduto». L’amministratore delegato di Fca AFP / VINCENZO PINTO Poste Italiane Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 conv. L. 46/2004 art. 1, c1, DCB Milano 9 771120 498008 Barrì, Drusiani, Marvelli, Monti Puliafito e Sabella nell’inserto FORZA, ORGOGLIO E VANITÀ DI UN LEADER P 40 9 0 8> CorrierEconomia Equivoci Il caso Quella resa educativa dietro gli slogan sulla marijuana E in Toscana è scoppiata la guerra dei vigneti di GIOVANNI BELARDELLI di GIAN ANTONIO STELLA A PAGINA 31 A PAGINA 21 con il commento di Luciano Ferraro Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha chiuso ieri — insieme al premier francese e ad altri leader socialisti europei, con i quali ha siglato il «patto del tortellino» per cambiare l’Ue — la Festa nazionale dell’Unità a Bologna. Nel suo discorso finale ha promesso di «non mollare di un centimetro» sulle riforme e ha ribadito di non accettar lezioni da «tecnici cresciuti nella Prima Repubblica, che continuano a sbagliare». Dal palco il leader pd ha anche ringraziato l’ex segretario Pier Luigi Bersani, che si è commosso ma ha rilanciato: «Matteo non ha la bacchetta magica». Il retroscena Cottarelli avrebbe deciso Addio vicino ALLE PAGINE 2 E 3 Alberti Il Commissario alla revisione della spesa, Carlo Cottarelli, si dice ottimista sulle prospettive dell’operazione varata dal governo con l’obiettivo di recuperare gran parte delle risorse necessarie per finanziare il rilancio dell’economia. Ma appaiono sempre più verosimili le indiscrezioni su un suo possibile abbandono dell’incarico. Labate, Meli, Persivale A PAGINA 5 Sensini 2 Primo Piano Lunedì 8 Settembre 2014 Corriere della Sera italia: 51575551575557 Il governo Il premier Renzi: riforme, io non mollo Patto del tortellino sull’Europa ACHIM POST 55 anni, tedesco, è segretario generale del Partito socialista europeo. Ieri era sul palco della Festa nazionale dell’Unità a Bologna, nel giorno di chiusura, insieme ai leader della sinistra europea (foto LaPresse) DIEDERIK SAMSOM 43 anni, deputato olandese, è leader del Partito laburista (PvdA), di cui è capogruppo in Parlamento. Ambientalista, già schierato con Greenpeace, è stato amministratore di una piccola azienda di energie rinnovabili Il segretario con Valls e Sánchez sul palco: noi cambiamo la Ue «No a lezioni dai tecnici cresciuti nella Prima Repubblica» DAL NOSTRO INVIATO I «critici» Da Cuperlo a Civati Alla Festa Da sinistra: Pier Luigi Bersani, il segretario provinciale del Pd bolognese Raffaele Donini e la eurodeputata Simona Bonafé ieri durante il comizio di Renzi (Ansa) E Bersani (citato) si commuove in platea «Però Matteo non ha la bacchetta magica» ROMA — La commozione di Pier Luigi Bersani placa le inquiete acque del Pd e apre la via alla gestione unitaria. Quando il leader comincia a parlare l’ex segretario è lì, camicia bianca e giacca blu, a conferma che la «ditta» viene prima di tutto. Proprio a lui, che da giorni spedisce consigli non richiesti all’indirizzo di Palazzo Chigi, Renzi dedica «un ringraziamento doppio» e una battuta affettuosa: «A gennaio ci ha fatto prendere un bel coccolone... Ma poi è tornato grintoso, anche troppo! Il Pd è un partito plurale. Si litiga, ma poi si cammina insieme». Bersani alza gli occhi al cielo e si vede che è commosso, anche perché il premier ha sdoganato quella libertà di critica che a lui sta molto a cuore. «Il Paese non può raddrizzarlo una persona sola, fosse anche la più brava — aveva detto arrivando —. Serve un collettivo che funziona». E il governo, funziona? «La partenza è stata incisiva, ma Renzi non ha la bacchetta magica». Quanto alla segreteria plurale Bersani ci scherza su: «La parola unitaria mi piace da matti, poi bisogna vedere cosa significa». Gianni Cuperlo arriva con Pippo Civati per chiudere con una foto a due l’incidente del mancato invito: «La critica e il pluralismo non vengano letti come un reato di lesa maestà. Non c’è stato nessun Emozione invito. Ma confido molto Pure Errani in lacrime nella festa sulla neve». Battute e lacrime. Anche quando il premier Vasco Errani si commuove lo loda per il passo quando Renzi lo loda per il indietro non richiesto passo indietro non richiesto: «Questo popolo, che è il tuo popolo, ha stima e fiducia in te, che non verrà mai meno». Le polemiche dei giorni scorsi finiscono in secondo piano. L’argomento più insidioso, quello dell’uomo solo al comando, lo disinnesca lo stesso Renzi, abile a sminare il terreno su cui cammina. Dice che un segretario in splendida solitudine «non può fare niente», conferma la scelta della gestione unitaria e però ammonisce: «In un partito del 41% nessuno può pensare di fare da solo, ma il diritto di veto non c’è per nessuno. I due paletti sono questi». Il leader apre e conferma l’intenzione di nominare, venerdì, una segreteria unitaria. Ma i gufi democratici chiudano il becco e i dissidenti non intralcino le riforme. Questo il patto che Renzi propone a Bersani, Cuperlo, Speranza e anche Civati, il quale però medita di rifiutare l’abbraccio: «È il Renzi che conosciamo. Non è che uno è irresponsabile se non entra in segreteria, il Paese si può aiutare anche stando in minoranza». Quindi non entra, onorevole? «Se arriva una proposta articolata, la discuteremo». Tra i nomi in corsa Leva, Campana, Amendola. Però i renziani non escludono «sorprese». Dentro Area riformista la riflessione non è chiusa. Roberto Speranza resta convinto che la segreteria unitaria sia «la strada giusta», ma la firma sotto l’accordo ancora non si vede: «C’è bisogno di condividere un modello di partito, perché il Pd non può essere il partito del governo e l’autonomia non è un tema banale». La gestione unitaria si farà? «Chi non ha votato Renzi entra se c’è lo spazio per dare un contributo vero. Non si va a fare gli orpelli». M.Gu. © RIPRODUZIONE RISERVATA BOLOGNA — Cambia camicia a metà giornata dopo il primo bagno di folla (dall’azzurro al bianco), e non solo per il sudore, pure copioso vista la temperatura equatorial-padana, quanto per uniformarsi agli altri quattro leader progressisti (il premier francese Manuel Valls, il segretario del Partito socialista spagnolo Pedro Sánchez, il capo dei laburisti olandesi Diederik Samsom e il segretario del Partito socialista europeo, il tedesco Achim Post), che in camicia bianca si sono presentati alla Festa nazionale dell’Unità, e ora che pure Renzi si è messo in bianco, fanno proprio una bella squadra, con tanto di divisa e l’obiettivo di trasformarsi un giorno in un asse capace di arginare in Europa il diesel tedesco e le sue logiche rigoriste. È lo stesso Renzi a dare il titolo: «Il patto del Tortellino». E poco importa che poi, a tavola da «Bertoldo», il premier praticamente non tocchi il famoso piatto bolognese e uno dei suoi ospiti stranieri, per motivi di salute, non vada oltre il brodino. Dettagli. L’importante era rappresentare, anche plasticamente, quella che il ministro Mogherini, futura Lady Pesc, ha definito «una nuova generazione di leader europei»: gente che vede in Renzi, alla luce del quasi 41% alle Europee, un punto di riferimento (scatenato lo spagnolo Sánchez: «Che fortuna per l’Italia avere un premier come Matteo!»), tanto da spingere qualcuno a paragoni impegnativi con «la Terza via» di Blair. Renzi rivolta come un calzino il decennale copione della chiusura della Festa (dalle 11 alle 20 tra gli stand: altro che tradizionale comizio) e riempie di orgoglio l’anima di un Pd finalmente con le spalle larghe in Europa: «Siamo il più grande partito in ambito comunitario, roba da brividi: se facciamo il nostro mestiere, possiamo cambiare in profondità le politiche del Vecchio Continente» tuona dal palco, attorniato da sei ministri e con la minoranza (Bersani, Cuperlo, Civati) sparsa tra il pubblico. Ma è in casa che si gioca la partita più complicata. L’economia boccheggia, i sindacati mostrano i denti. Nemmeno l’ironia stavolta sottrae il premier alla consapevolezza che la strada è in salita: «Sono 30 anni che qualcuno ci dice “preparatevi ad un autunno caldo”… Non sottovaluto le difficoltà, siamo pronti a fare ❜❜ L’ironia Ora basta con i gufi: sono trent’anni che sento parlare di autunno caldo ❜❜ Il Quirinale Ha sopportato una campagna indecente per aver dato una mano agli italiani scelte difficili e a prenderci le responsabilità». E qui il tono cambia: «Ma basta con i gufi, con questa storia della luna di miele che sarebbe finita: nessuno fermerà il cambiamento». Renzi sente le critiche, ne soffre e reagisce. Nel mirino finiscono «quei tecnici cresciuti nell’ombra della Prima Repubblica, incapaci per 20 anni di leggere Berlusconi e che ora ci raccontano che gli 80 euro sono un errore perché i consumi non sono cresciuti. Sbagliano, gli 80 euro sono un atto di giustizia sociale prima che economica: non accettiamo lezioni». Schema collaudato: Renzi contro l’apparato, contro la palude burocratica e salottiera. Sa di giocarsi tutto: «In ballo – esclama — non c’è il mio destino, ma quello del Paese». Anche per questo si copre sul fronte interno dopo che nel Pd hanno ripreso fiato le voci critiche (D’Alema innanzitutto). Lancia un ponte alla minoranza interna («La nuova segreteria sarà unitaria»), riconosce uno degli argomenti cardine degli oppositori («Un segretario, da solo, non può fare nulla»). Ma pone due precisi paletti: «A nessuno spetta un diritto di veto e se qualcuno cerca rivincite dovrà attendere fino al 2017». La prova del nove restano quelle riforme «da taluni considerate inutili», ma che co- stituiscono la ragion d’essere del governo: «Non mollo di mezzo centimetro. Anche se con modifiche, sia quella elettorale che quella costituzionale andranno avanti: dimostreremo che la politica sa decidere». Una strada, butta lì, non casualmente, indicata dallo stesso 2011 e di prove tecniche di rivolta nel quartiere San Giovanni, tra il mercato rionale e la sede del Pd. Il fatto è subito rimbalzato sui social: «Vederlo al primo spettacolo non ha prezzo!» qualcuno ha twittato. E l’account ufficiale del film — @tweetemartello — ha cinguettato compiaciuto: «Ringraziamo il presidente Napolitano per aver visto il nostro film». presidente Napolitano, «che ha sopportato una campagna indecente e indecorosa per essere stato costretto a dare una mano agli italiani». E poi c’è la scuola, altra trincea. E qui Renzi affronta a modo suo alcuni dei totem del Pd: «Il merito, il talento e la qualità sono di sinistra» tuona. Sbagliato pensare che la ricetta passi da una riduzione dei salari: «Noi vigileremo sui 300 miliardi del piano Junker e controlleremo che i soldi della Bce alle banche vadano a sostegno delle imprese». Infine il capitolo delle primarie in Emilia Romagna, sfida tutta renziana tra Stefano Bonaccini e Matteo Richetti (con Roberto Balzani come outsider). Il premier avrebbe gradito una soluzione diversa, ma abbozza: «Hanno fatto un bel casino, l’importante è che non litighino, sono bravi ragazzi…». © RIPRODUZIONE RISERVATA Francesco Alberti Il capo dello Stato in sala con la moglie Clio Napolitano al cinema per il film di Zoro Che Giorgio e Clio Napolitano siano da sempre cinefili appassionati è cosa nota. I film amano vederli in sala, come è successo ieri pomeriggio, al cinema Quattro Fontane (poco distante dal Quirinale e dal quartiere Monti): hanno comprato il biglietto per vedere Arance e martello, il film di debutto di Diego Bianchi, alias Zoro — fresco del lancio a Venezia —, la cronaca di una caldissima giornata dell’estate © RIPRODUZIONE RISERVATA Forza Italia L’ex Cavaliere rilancia il dialogo dopo le accuse di Fitto. Intesa possibile con i dem su Consulta e Csm Berlusconi ai falchi: la nostra opposizione è responsabile ROMA — «Giovanni, dobbiamo accelerare sulla costruzione della coalizione per le regionali. E farlo senza clamore. Per cui, quando sarai a Cernobbio...». Mancano poche ore all’intervento di Renzi a Bologna. E ai giovani azzurri riuniti a Giovinazzo, che alle 11 di mattina ascoltano la sua voce che arriva da un telefono, Silvio Berlusconi affida messaggi del tipo «sto lottando per la libertà del Paese che amo», «combatto per la mia agibilità politica» e soprattutto — a mo’ di chiusura di ogni possibile dibattito sulla successione — «sarò la vostra bandiera nonostante l’età». Ma la missione più delicata di questa domenica di inizio settembre, Berlusco- ni la affida a «Giovanni». E cioè a Giovanni Toti. È al suo consigliere politico, che ieri mattina sbarca a Cernobbio per un dibattito a porte chiuse con Salvini sul futuro del centrodestra, che l’ex premier chiede di cominciare a ricomporre il puzzle della coalizione in vista della prossima tornata di regionali, che comincerà con «l’antipasto» servito in Calabria ed Emilia-Romagna. E Toti si muove di conseguenza. E così, durante alcune pause del workshop Ambrosetti disertato da Renzi, Toti getta le basi del «cantiere». Prima si apparta con Maurizio Lupi, con cui inizia a parlare delle «convergenze necessarie» tra Forza Italia e Nuovo centrodestra, e soprattutto di un incontro tra berlusconiani e alfaniani da mettere in agenda dei prossimi giorni. Poi avvicina Salvini e Maroni, a cui propone lo stesso schema. Toti sa benissimo, anche perché lo ascolta dalla viva voce dei suoi interlocutori, che nel breve periodo Ncd e Lega hanno delle difficoltà politiche a sedersi allo stesso tavolo. Di conseguenza, come da mandato berlusconiano, propone a entrambi la strada dei «vertici bilaterali» con FI. Come a dire, «prima componiamo gli accordi FINcd e FI-Lega, poi componiamo il puzzle del centrodestra». Il risultato dei colloqui dev’essere stato positivo assai se è vero — com’è vero — che in serata, ad Arcore, hanno cominciato ad accelerare le procedure di convocazione della troika berlusconiana (presieduta da Altero Matteoli, ma ne Le regionali Toti getta le basi del cantiere per le regionali con il Nuovo centrodestra da una parte e la Lega Nord dall’altra fanno parte anche Toti e Romani) chiamata a scegliere i candidati per le regionali. «Noi vogliamo l’accordo con Alfano. Ma vogliamo un accordo organico. O si alleano con noi ovunque, o da nessuna parte», è il punto che sta in cima ai desiderata di Berlusconi. Il resto lo si vedrà nei prossimi giorni, quando il calendario degli incontri tra FI e gli altri partiti del centrodestra sarà messo nero su bianco. E non è tutto. Il lavorio sulla ricomposizione del centrodestra è anche una risposta implicita alle richieste di Raffaele Fitto, che insiste su quelle primarie che ad Arcore — a meno che noi siano necessarie — non vogliono né vorranno. Come non vogliono sentir parlare, almeno per ora, delle barricate contro Renzi. D’altronde Berlusconi l’aveva chiarito senza eufemismi già dal collegamento telefonico mattutino coi i giovani forzisti. «Siamo opposizione responsabile». Non a caso, i rumors che danno per imminente la chiusura di un accordo col Pd per le elezioni dei giudici di Consulta e Csm si fanno sempre più insistenti. Tommaso Labate © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Lunedì 8 Settembre 2014 Primo Piano italia: 51575551575557 3 ✒ PEDRO SÁNCHEZ 42 anni, professore di Economia, deputato, da luglio guida, dopo la vittoria alle primarie, il Partito socialista spagnolo: a lui è affidato il compito di rilanciare una formazione in difficoltà MATTEO RENZI 39 anni, presidente del Consiglio da febbraio di quest’anno e segretario del Pd dopo aver vinto le primarie di dicembre 2013. È stato sindaco e presidente della Provincia di Firenze MANUEL VALLS 52 anni, socialista, a marzo è diventato primo ministro francese: l’incarico gli è stato affidato da Hollande dopo l’insuccesso dei socialisti alle elezioni amministrative. Prima ricopriva, dal 2012, il ruolo di ministro dell’Interno. Il 25 agosto ha presentato le dimissioni: ha ottenuto un nuovo incarico e il giorno dopo è nato il governo Valls II L’asse sulla camicia Il potere è versatile di MATTEO PERSIVALE I namidata divisa (obbligatoria dal tardo pomeriggio in poi) dei gentlemen londinesi dell’era tardo- vittoriana, capofeticcio di Frank Sinatra e dei suoi amici nottambuli nell’America a cavallo tra Anni 50 e 60, relegata a formalissimo capo da cerimonia dagli anni 70 in poi e sorpassata dalla camicia azzurra, la camicia bianca vive negli ultimi anni una stagione di enorme popolarità come capo versatile da portare con o senza cravatta, con o senza giacca. E, per questo, subito cooptata dai politici. È infatti la nuova divisa ufficiale degli eurodem dopo l’apparizione di Matteo Renzi, Achim Post, Diederik Samsom, Pedro Sánchez (l’unico in jeans) e Manuel Valls insieme. A qualcuno è venuto il dubbio che si fossero messi d’accordo prima, visto l’impatto di quella foto di gruppo: comunque sia, la camicia bianca con il colletto aperto (e senza bottoncini: il tramonto della classica button down) è ormai patrimonio transnazionale dei leader: eletti (come Barack Obama) o non eletti (come il principe William e il vivace Harry). Il trucco è di una semplicità disarmante: lo dimostra Sánchez, che con i suoi jeans, nel gruppo risalta subito come quello troppo casual. Gli altri invece, tutti con scarpe nere e pantaloni dell’abito scuro, hanno capito che la camicia bianca aperta (niente inamidature da vecchio notabile Dc a un battesimo importante, ma deve essere sempre ben stirata) permette un semplice e efficace atto di trasformismo: sfilata la cravatta, basta togliere la giacca, slacciare due bottoni della camicia bianca e rimboccare le maniche per passare in pochi secondi dalla divisa più formale che c’è — da consiglio di amministrazione — al look giovanile da leader eurodem. Dall’antica Roma in poi la veste bianca (candida) è quella del candidato alla leadership. Renzi in camicia bianca non piace a Giorgio Armani («Adorabile, ma con quella camiciola bianca... non va bene fare del giovanilismo in mezzo ai signori in scuro, cosa vuol provocare?») ma il vero pericolo, dopo il patto del tortellino, sono le macchie di sugo sul popeline bianco. © RIPRODUZIONE RISERVATA C.D.S. L’agenda L’incontro per i lavori sulla legge elettorale In settimana ripartono i lavori sull’Italicum: già domani forse Renzi incontrerà, con il ministro Boschi, la presidente della commissione Affari costituzionali del Senato Finocchiaro. Alla Camera giovedì riparte l’iter delle riforme I provvedimenti dell’esecutivo Per Renzi sarà una settimana chiave anche per i lavori parlamentari sui provvedimenti del governo. In Senato c’è il disegno di legge Madia per la riforma della Pubblica amministrazione e anche il Jobs act, su lavoro e contratti La direzione pd per la segreteria Renzi sarà impegnato, questa settimana, anche sul fronte del partito: giovedì è in calendario la direzione del partito che si confronterà sulla proposta lanciata ieri dal leader di una segreteria unitaria. Venerdì i nuovi vertici democratici Alla messa del Papa per i caduti delle guerre Sabato il premier è atteso a Redipuglia: qui incontrerà papa Francesco e parteciperà alla messa che il Pontefice celebrerà in memoria dei caduti di tutte le guerre. Poi Renzi sarà a Bari alla Fiera del Levante Retroscena L’offerta ai bersaniani e dalemiani per archiviare i loro leader. I nomi di Leva, Manuela Campana ed Enzo Amendola Segreteria unitaria per azzerare il passato Il premier vuole la nuova generazione della minoranza, per un Pd più compatto ROMA — «C’è un nuovo gruppo dirigente, che non è più quello di un tempo: non c’è nessun uomo solo al comando». Parola di Matteo Renzi, che per dimostrare plasticamente la veridicità di quel che dice si presenta alla festa con i nuovi leader del socialismo europeo: il premier francese Manuel Valls e il leader del Psoe Pedro Sánchez. Con loro ci sono l’olandese Diederik Samsom e il segretario generale del Pse Achim Post. Indossano tutti la camicia bianca e salutano sorridenti. La photo opportunity con loro non è solo un messaggio all’Europa, dove il premier vorrebbe esportare un po’ di rottamazione. Ma è anche un segnale interno, che gli serve proprio per ribadire il concetto: «C’è un nuovo gruppo dirigente». Il che vale anche per l’Italia, e, segnatamente, per il Pd. Che cos’altro rappresenta se non questo, anche l’altra foto, quella che fa da copertina al libretto sul successo elettorale delle europee, che viene distribuito alla Festa? Lì ci sono tutti i trentenni e i quarantenni del Pd, di qualsiasi corrente, quelli che si presentarono alla conferenza stampa della vittoria. Una nuova generazione, appunto. Quella foto serve ad azzerare la vecchia classe dirigente del Partito democratico. A cui vanno i più sentiti ringraziamenti, è ovvio. Renzi pronuncia i nomi dei segretari che lo hanno preceduto e dedica un doppio omaggio a Bersani, che pure lo ha criticato e continua a mostrarsi diffidente anche ora lì, sotto il palco. È un grazie, che è un po’ come archiviare una pratica. Ora c’è un «tempo nuovo». Talmente nuovo che il leader del Pd non nomina nemmeno Massimo D’Alema (assente alla Festa). È il grazie di chi non vuole aprire nuove polemiche o inimicarsi i «vecchi» leader perché intende coinvolgere nella gestione del partito tutti coloro che sono stati (o stanno ancora) con Bersani e D’Alema, ma che appartengono a un’altra generazione. È a loro che il premier propone di entrare in una segreteria unitaria in cui ognuno si «assuma le proprie responsabilità». Lui per primo, ma pure gli altri, perché «il pantano delle correnti non è più possibile». Non è più il momento di perdersi in «beghe interne»: fuori c’è il Paese che ha bisogno del «più grande partito d’Europa». E il leader di quel partito ha vinto le primarie, ha conquistato il 40,8 per cento dopo la «botta elettorale» delle politiche del 2013, e ora non «può sottostare a veti». Renzi sa bene che con un Pd unito sarà più facile far marciare i provvedimenti lungo il percorso parlamentare impervio del Senato, dove la maggioranza è risicata. E sarà più difficile per gli alleati del Nuovo centrodestra dettare condizioni o per l’opposizione di Forza Italia offrire il «soccorso azzurro» in cambio di un occhio di riguardo per Silvio Berlusconi. E allora segreteria unitaria sia, che «c’è bisogno di tutti»: quello che Renzi offre ai bersaniani e ai dalemiani è un patto generazionale. «Non voglio dare spazio alle polemiche», aveva anticipato il leader ai collaboratori prima di salire sul palco per il suo comizio. E così è stato. Anche se la convinzione del premier è che «le polemiche di questi giorni nei miei confronti non hanno fatto altro che rafforzare il nuovo profilo del Pd». Già. Da una parte c’è il vecchio gruppo dirigente, dall’altra c’è Renzi «con chi vorrà starci» e che, intanto incassa gli elogi e gli apprezzamenti degli altri leader del nuovo socialismo Gli scenari Le voci di un ricorso al voto, sempre smentite. Ma in quel caso molti oppositori interni non sarebbero ricandidati Le trattative D’Alema assente ieri alla Festa dell’Unità. I renziani convinti che sarà il primo a ostacolare le trattative europeo. I nomi degli esponenti della minoranza che potrebbero entrare nella nuova segreteria unitaria circolano già: i bersaniani Danilo Leva e Manuela Campana e il dalemiano Enzo Amendola. Ma in realtà Renzi preferisce tenere le sue carte ancora coperte e lavorare sotto traccia per raggiungere il risultato. Per il leader del Partito democratico è un obiettivo importante, ma sia chiaro, e Renzi lo dice senza troppi giri di parole, che se vi saranno dei «no» lui andrà avanti lo stesso, perché non è possibile porre veti per impedirgli di fare «ciò che gli hanno chiesto gli elettori delle primarie, prima, e quelli delle europee dopo». Quel che il presidente del Consiglio non dice, ma che da giorni si vocifera, benché da lui più volte ufficialmente smentito, è che il premier non si farà logorare e che le elezioni anticipate restano lì sullo sfondo, anche se non volute e non cercate. In quel caso quanti ostacolano Renzi otterrebbero solo di non rivedere più, almeno per la maggior parte, il loro scranno parlamentare. Ma non è certo questo quello a cui mira l’inquilino di Palazzo Chigi che anzi, per spronare il partito, ricorda al Pd che le riforme istituzionali e quella elettorale sono state esplicitamente richieste da Giorgio Napolitano come condizione per accettare il bis al Quirinale. Ora, come da costume, entreranno nel vivo le trattative per la segreteria unitaria e vi sarà chi cercherà di opporsi in tutti i modi. «D’Alema in primis», sostengono i renziani. Ma anche a lui, come alla minoranza interna, è dedicata la kermesse di ieri a Bologna. Una kermesse per dire che il leader e il Partito democratico sono una cosa sola. Maria Teresa Meli A tavola Il premier Matteo Renzi e il leader del Psoe Pedro Sánchez da Bertoldo, storico stand della Festa dell’Unità a Bologna (Ansa) © RIPRODUZIONE RISERVATA 4 Primo Piano Lunedì 8 Settembre 2014 Corriere della Sera italia: 51575551575557 La crescita La proposta «Basta con l’Italia dei gattopardi» Marchionne: clima ostile alle imprese «Ognuno faccia un esame di coscienza. L’Irap è una tassa sul lavoro» «Lo Stato deve dimagrire. Il governo agisca, cominci da tre cose» DA UNO DEI NOSTRI INVIATI CERNOBBIO — «Scegliete tre cose, realizzatele, e poi passate alle tre successive». È il consiglio «non richiesto» di Sergio Marchionne al «governo giovane e con un gruppo di persone determinate a scardinare il sistema» impegnato nella maratona dei Mille giorni con una «to-do-list», una lista di cose da fare, «che sappiamo essere lunghissima». Il capo di Fiat Chrysler è l’unico esponente della grande industria chiamato a prendere la parola nella terza e ultima giornata del Forum Ambrosetti, sessione per tradizione dedicata alla politica. Marchionne non va fuori tema, alla vigilia della quota- L’intervento Boschi: «Il nostro compito non è essere simpatici Ma è di cambiare l’Italia» DA UNO DEI NOSTRI INVIATI CERNOBBIO — « Il compito del governo non è quello di risultare simpatico qui a Cernobbio, o altrove. Il nostro compito è di cambiare l’Italia». Maria Elena Boschi si fa portavoce del governo al Forum Ambrosetti dove è venuta a confermare il cambio di passo, dallo «sprint iniziale, alla maratona» dei Mille giorni. «Il nostro dovere è fare le riforme — dice — non ci sottrarremo, anche se siamo consapevoli che corriamo il rischio di perdere le elezioni nel 2018». Il debutto a Villa d’Este è stato preceduto da un tormentone «verrà o non verrà?» durato l’intero fine settimana poi accompagnato dal puntuale gigantesco assalto di flash e telecamere al quale lei sembra educatamente rassegnata. «Sono qui perché ho fatto una valutazione diversa rispetto al presidente del Consiglio. A volte può succedere», taglia corto pur riconoscendo a Matteo Renzi una scelta «coraggiosa». Prendendo posto al banco dei relatori dice poi come l’Italia non sia più il fanalino di coda per la presenza di donne in posizioni apicali, in politica e nelle aziende, almeno quelle a capitale pubblico come Enel Eni e Poste dove il governo ha voluto le tre presidenti Patrizia Grieco, Emma Marcegaglia e Luisa Todini. Ma è l’incarico in Europa alla titolare degli esteri Federica Mogherini che proietta le «donne di questo governo come figure di riferimento a livello internazionale». Pa.Pic. © RIPRODUZIONE RISERVATA zione a Wall Street tiene a dire che si sente italiano e indica le tre zavorre di chi fa impresa: «Il mercato del lavoro, la mancanza di certezza del diritto, la burocrazia». Ma per il governo giovane e combattivo non ci sono solo i consigli c’è anche «l’invito di dimagrire, di asciugare la presenza dello Stato nella vita della gente e delle aziende. Il futuro dell’Italia — scandisce Marchionne — dipende molto più dalla capacità di rimuovere gli ostacoli dai binari più che da ulteriori ingerenze». La ripresa e il lavoro si creano «solo se i meccanismi sono efficienti e gli stimoli del mercato sono forti». Un aiuto potrà venire dall’indebolimento dell’euro: «Facciamolo scendere ancora a 1,10, aiuta le esportazioni, fa ripartire le fabbriche e ci vorremo tutti più bene». Ma l’Italia soffre perché «è stata ferma per troppo tempo, alla “seconda stazione”» di Tolstoj, quel luogo dove si guarda ancora e solo al passato. Scriveva l’autore russo ne «I Cosacchi»: «Come sempre suole accadere in un lungo viaggio, alle prime due o tre stazioni l’immaginazione resta ferma nel luogo da dove sei partito, e poi d’un tratto, col primo mattino incontrato per via, si volge verso la meta del viaggio e ormai costruisce là i castelli dell’avvenire». Lasciare la seconda stazione comporta delle responsabilità individuali. «Noi italiani siamo da sempre il Paese dei Gattopardi. A parole vogliamo che tutto cambi, ma solo perché tutto rimanga com’è. Ognuno di noi, ogni individuo — dice citando questa volta una poesia di un anchorman dell’americana Cbs, Charles Osgood — deve farsi un esame di coscienza e decidere qual è il cambiamento che vuole: il proprio o quello degli altri». Tenendo presente che il secondo «condanna la società al ruolo di vittima». Detto questo, restano le responsabilità pubbliche di un sistema debordante quando non serve e assente quando necessario, che «ha spostato la gestione della vita lavorativa dei suoi cittadini sulle azien- La citazione di Tolstoj Da «I Cosacchi»: «... in un lungo viaggio, alle prime stazioni l’immaginazione resta ferma nel luogo in cui sei partito, poi d’un tratto si volge verso la meta» Le slide Marchionne ha corredato la relazione con immagini molto apprezzate da Padoan: «Devo farle i complimenti per le bellissime fotografie che ci ha offerto» de». Un «concetto da economia socialista», che per Marchionne non tutela davvero i salari e ci condanna (dati World Economic Forum) al 136esimo posto su 144 per efficienza del mercato del lavoro, ultimi in Europa e un gradino sopra lo Zimbawe. «Una tassa come l’Irap, che tutti considerano iniqua ma continua a esistere, è figlia di questa cultura anti industriale. Non si spiega altrimenti perché, in momenti di disoccupazione drammatica, s’imponga una tassa che cresce in proporzione al numero di persone impiegate». È «inutile» che L’Italia pensi al modello tedesco, meglio trovare la «nostra strada» smettendo di pensare «alle misure di welfare come un mezzo per riparare a posteriori i danni». Anche il rapporto con le rappresentanze, infine, deve cambiare: «A oggi non esiste alcun parametro affidabile per stabilire quale sindacato è rappresentativo e ha titolo per negoziare. Vi chiedo se questo è un modo per dare certezza a un‘azienda. E in un momento delicato come questo, non possiamo più difendere un sistema di tirannia della minoranza». A stretto giro arriva le replica della leader Cgil, Susanna Camusso: «Siamo assolutamente d’accordo. Marchionne potrebbe intanto applicare il Testo unico sulla rappresentanza che dà la certezza delle regole». Paola Pica paolapica © RIPRODUZIONE RISERVATA Il commento Il nuovo welfare? Deve cambiare, non copiare modelli 136 di DARIO DI VICO Probabilmente quello di ieri sarà ricordato come il discorso delle Isole Tonga per l’affermazione, paradossale ma non troppo, che è più facile fare impresa in Polinesia che in Italia. Sergio Marchionne dopo il meeting di Rimini ha voluto marcare la sua presenza anche a Cernobbio e ha fatto l’en plein. E non solo per la lunga ovazione che ha salutato la fine del suo intervento. Innanzitutto ha dato sostanza e adrenalina a un’edizione del workshop Ambrosetti che rischiava di passare agli annali esclusivamente per le polemiche a distanza con il premier Matteo Renzi e le rubinetterie bresciane. Poi l’amministratore delegato della Fiat Chrysler ha avuto anche la capacità di riportare al centro della riflessione di Villa d’Este l’economia reale, laddove nei giorni precedenti avevano dominato ancora una volta gli economisti-scenaristi e gli eurocrati di Bruxelles, entrambi restii ad appassionarsi di fabbriche e di tecnologie. Mancava la voce degli imprenditori e con Marchionne è finalmente arrivata, senza lesinare sui decibel. Per completare il quadro varrà la pena ricordare che in questo settembre 2014 si discuterà in Italia di riforma del lavoro, mezza Europa vigilerà sui tempi dell’approvazione parlamentare del Jobs act e Marchionne ha detto la sua. Ha invitato la politica a ripensare profondamente il rapporto tra Stato, lavoratore e imprese senza dover per forza importare questo o quel modello straniero ma tentando di costruire una via italiana alla flexicurity. Per tentare di capire ancora meglio l’affondo di Marchionne può avere un senso ricordare come diversi imprenditori in questo periodo cerchino di attirare l’attenzione sui mutamenti dei cicli economici dopo la Grande crisi. Mi è capitato di leggere di recente un’intervista al capoazienda di una delle nostre multinazionali ta- Posto su 144 Paesi La posizione dell’Italia nella classifica dell’efficienza del mercato del lavoro del World economic forum citata ieri dall’amministratore delegato di Fiat www.corriere.it/economia I video dei protagonisti su Corriere.it Interviste sul lavoro, commenti sulle ultime mosse della Banca centrale europea e pareri sulle strategie economiche dell’Italia. Sono tutti online i video realizzati dai nostri inviati a Cernobbio con le interviste ai protagonisti del workshop Ambrosetti nella tre giorni del think tank italiano a cui hanno partecipato ministri, economisti ed esperti di politiche europee. Dal vicepresidente della Commissione Ue per gli Affari economici e monetari Jyrki Katainen (nella foto) fino al commissario alla spending review Carlo Cottarelli e la presidente dell’Enel Patrizia Grieco. Tutti i video e gli articoli di approfondimento li trovate online su Corriere.it nel canale web Economia. © RIPRODUZIONE RISERVATA scabili che raccontava in maniera efficace di “aziende stressate, ordini che arrivano all’ultimo o che all’ultimo vengono cancellati, continue modifiche tecniche, nuovi mercati che esplodono all’improvviso costringendoci a rivedere le strategie”. E’ questo in sostanza l’ambiente economico in cui si andrà operare e quand’anche la ripresa sarà arrivata avrà comunque queste caratteristiche. I cicli lunghi ce li possiamo scordare e come ieri ha sintetizzato il ministro Federica Guidi, anche lei presente a Cernobbio: «Le aziende non hanno più un portafoglio ordini a sei mesi ma a sei giorni». Ma ci sono oggi le condizioni per una riflessione di così ampia portata, come quella delineata da Marchionne? E il governo Renzi se ne farà davvero carico a costo di aprire un nuovo fronte polemico dentro il Pd e con la Cgil? Il top manager Fiat evidentemente pensa di sì, spiega che non bisogna privilegiare la difesa statica del singolo posto di lavoro ma la persona favorendone la mobilità sociale e la formazione perché – sia chiaro a tutti - «noi non vogliamo lavoratori usae-getta ma persone coinvolte». Tutti concetti che ricordano molto da vicino le eresie del giuslavorista Pietro Ichino, spesso sottovalutate dal mondo confindustriale. E non a caso l’amministratore delegato di Fiat Chrysler ha voluto ancora una volta ricordare come «pur di riconquistare una libertà di contrattazione» con i propri dipendenti l’azienda avesse deciso a suo tempo di uscire da Confindustria. Chiudendo Marchionne ha aggiunto che da sei anni le attività italiane sono in perdita e nonostante ciò non è stato chiuso nessuno stabilimento o licenziato nessuno e il motivo primo è che «siamo fondamentalmente italiani». Una frase che i suoi avversari non gli abboneranno facilmente. A cominciare da Roberto Maroni che ieri sull’italianità della Fiat è stato più caustico dei sindacalisti. © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Lunedì 8 Settembre 2014 Primo Piano italia: 51575551575557 5 L’arrivo Sergio Marchionne a Cernobbio per il workshop Ambrosetti Il governo Il responsabile alla «spending review»: servono sanzioni per chi non risparmia Cottarelli: possibili 20 miliardi di tagli Il commissario pronto a lasciare presto DA UNO DEI NOSTRI INVIATI Visti sul lago Economia Il ministro Pier Carlo Padoan ieri a Cernobbio Guidi arriva e parte in elicottero Nibali e le medaglie d’oro Peres: Zuckerberg più forte di Lenin Niente auto per il ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi, che per arrivare a Cernobbio ha scelto invece l’elicottero. Arrivata attorno alle 11, è ripartita poco dopo le 14 sempre sullo stesso velivolo giallo noleggiato per poter tornare a casa a Modena subito dopo l’intervento al workshop Ambrosetti. Il noleggio è stato pagato personalmente dal ministro, che è stata tra i politici più scortati anche all’interno di Villa d’Este. Per i 40 anni del workshop Ambrosetti la tradizionale cena di gala ha visto la sfilata degli sportivi più in vista del momento. Venerdì sera sono saliti sul palco il vincitore del Tour de France, Vincenzo Nibali, il campione di basket Nba Marco Belinelli, dei San Antonio Spurs, Gregorio Paltrinieri, oro agli ultimi europei di nuoto negli 800 e 1.500 stile libero, Rossella Fiamingo, oro nella spada individuale ai mondiali di Kazan, e gli Special Olympics Christian Clemente (nuoto) e Alex Montorfano (pallacanestro). CERNOBBIO — «Venti miliardi di tagli alla spesa pubblica si possono fare, perché partiamo da una base di 700 miliardi, ma bisogna andare oltre, guardare oltre il 2015. In questo contesto i mille giorni del programma di governo sono un tempo giusto». Il Commissario alla revisione della spesa, Carlo Cottarelli, continua ad essere ottimista sulle prospettive dell’operazione dalla quale il governo si attende gran parte delle risorse necessarie per finanziare il rilancio dell’economia. Anche se appaiono sempre più verosimili le indiscrezioni su un suo possibile abbandono dell’incarico. Al Tesoro spiegano che i 20 miliardi di tagli già sul 2015 di cui ha parlato Renzi pochi giorni fa in un’intervista non sarebbero comunque interamente affidati alla spending review (dovrebbero includere anche una rimodulazione della spesa attuale, segnatamente quella per gli incentivi alle imprese). Tra pochi giorni Palazzo Chigi e l’Economia definiranno con precisione gli obiettivi, ma la portata originaria dei tagli non dovrebbe subire grandi rimaneggiamenti: circa 15 miliardi il prossimo anno, che salirebbero a oltre 30 nel 2016. «La revisione della spesa dovrà essere un processo continuo. Non è una corsa sprint, e nemmeno una maratona, piuttosto — dice Cottarelli — è una corsa a staffetta». Anche se il Commissario non svela se passerà o meno il testimone. Lui ha espresso il desiderio di tornare al Fondo monetario, Renzi lo ha pregato di restare, ma inseguito dai cronisti nei giardini di Villa d’Este, a Cernobbio, Cottarelli dribbla ogni domanda sul futuro. Secondo fonti attendibili, tuttavia, il commissario sarebbe pronto a lasciare già questa settimana per rientrare a Washington. Per i momento preferisce parlare del suo lavoro attuale. Invitando il governo ad alleggerire l’impianto normativo («Ci sono troppe leggi, che fanno da veri e propri colli di bottiglia»), e suggerendo «sanzioni e controlli per chi non rispetta i tempi di attuazione dei provvedimenti». «Io dovevo fare il rapporto sulle municipalizzate per il 31 luglio. Ci ho messo una settimana in più e mi è dispiaciuto, — dice Cottarelli a Corriere Tv —, ma se ci avessi messo sette mesi in più, qualcuno avrebbe dovuto prendere provvedimenti». Spending review Il commissario Carlo Cottarelli Camera Laura Boldrini, presidente della Camera dei deputati «La rivoluzione di un uomo può fare più degli eserciti che uccidono milioni di milioni di persone, un individuo come Mark Zuckerberg (fondatore di Facebook, ndr) può fare di più di Lenin e Robespierre». L’accostamento è di Shimon Peres, Nobel per la pace, discutendo del conflitto nella striscia di Gaza: «Viviamo un’epoca in cui si deve capire che governare vuol dire essere al servizio dell’innovazione. La vera vittoria sarà la pace, tutte le vittorie militari hanno vita breve e la vittoria dev’essere politica». Infrastrutture Il ministro Maurizio Lupi I tagli definiti dal governo confluiranno nella Legge di Stabilità del 2015, che secondo Padoan sarà «uno dei primi passi della strategia dei mille giorni», di cui saranno perno centrale le riforme. A cominciare da quella del lavoro «perché la rimodulazione del modo di creare occupazione ha un effetto “segnaletico” importante dentro e fuori il Paese» dice Padoan, secondo il quale se è vero che «c’è il problema delle priorità», è anche vero che «più riforme si sostengono a vicenda. Quella della pubblica amministrazione serve a quella del lavoro e a quella dei mercati, come la riforma della giustizia civile contribuirà a migliorare l’ambiente in cui operano le imprese» dice Padoan, replicando a chi accusa il governo di aver messo troppa carne al fuoco o a chi gli suggerisce di scegliere pochi obiettivi per volta e realizzarli, come fa Il rientro A giorni il possibile rientro al Fondo monetario internazionale l’amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne. Le riforme, secondo Padoan, dovranno essere anche l’asse portante della strategia europea per l’uscita dalla crisi, insieme all’integrazione dei mercati, e alla ripresa degli investimenti. Oltre al “fiscal compact” sulla disciplina di bilancio, e l’”industrial compact” su cui già si lavora, «serve anche un “investment compact”, sfruttando anche meccanismi finanziari innovativi» dice Padoan. Che non lascia Cernobbio senza aver prima riportato l’attenzione sul problema numero uno, il debito «di cui si parla poco, ma che si porta via 84 miliardi di interessi l’anno». La discesa dello spread, che rende le cose più semplici, dipende anche dal recupero del merito di credito dell’Italia, «che non va dato per scontato, ma va difeso ogni giorno», dice Padoan che boccia senza appello le ipotesi di un piano shock per ridurre il debito. «Fantasie, noi lavoriamo sulla valorizzazione degli immobili e delle partecipazioni, e sulle dismissioni». Mario Sensini © RIPRODUZIONE RISERVATA Conti pubblici La formula delle minori uscite uguali per tutti finora ha dato i maggiori risultati I ministeri si preparano alla dieta del 3% Previste riduzioni di spesa per 7 miliardi Vanno individuati ancora gli interventi definiti da Letta ROMA — Tagliare la spesa dei ministeri del 3%. È l’obiettivo annunciato qualche giorno fa dal presidente del Consiglio per dar corpo ai 20 miliardi di euro di taglio della spesa pubblica promessi sempre da Matteo Renzi per il 2015. Oggi dovrebbero cominciare a Palazzo Chigi gli incontri tra lo stesso premier e il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, con i singoli ministri. Renzi infatti ha detto di non voler imporre i tagli ai componenti la squadra di governo, ma di volerli coinvolgere nella scelta delle voci di spesa da ridurre. Fermo restando però il target di una diminuzione delle uscite del 3%. Se questo taglio si applicasse a tutta la spesa pubblica (centrale e locale), a conti fatti, escludendo le spese per investimenti, quelle per il personale e quelle per prestazioni sociali (pensioni, assistenza, sanità, ammortizzatori sociali), si potrebbero realizzare al massimo 6 miliardi di euro. Dal totale di 806 miliardi di euro di spesa pubblica prevista per il 2014 dal Def (Documento di economia e finanza) bisogna infatti sottrarre circa 84 miliardi per gli oneri sul debito pubblico, 164 miliardi per gli stipendi dei dipendenti pubblici, 320 miliardi per le prestazioni sociali e 50 miliardi di spese in conto capitale, cioè in investimenti. Tutte voci che non può o non vuole tagliare. Restano appunto circa 190 miliardi. Il 3% fa 5,7 miliardi. Considerando la sola spesa delle «amministrazioni centrali», alle quali i ministeri appartengono, si parte da 353 miliardi al netto degli oneri sul debito pubblico e delle spese in conto capitale. Tolta la spesa per il personale (94 miliardi), restano 259 miliardi. Un taglio del 3% farebbe risparmiare circa 7 miliardi e mezzo. Sulla carta, quindi, un terzo dei 20 miliardi di tagli complessivi della spesa pubblica chiesti da Renzi potrebbero arrivare dai ministeri. Ma i precedenti hanno dimostrato quanto l’operazione sia difficile. È dal 2011 che si cerca di ridurre la spesa ministeriale, possibilmente con tagli non lineari, ma selettivi, che colpiscano cioè gli sprechi anziché tutte le voci allo stesso modo. Fu l’allora ministro dell’Economia, Giulio Tre- monti, con tre successivi provvedimenti a fissare gli obiettivi (10,7 miliardi nel 2012, 5 miliardi nel 2013 e 5 nel 2014, ai quali si aggiunsero altri 1,8 miliardi per il 2013 e 1,6 miliardi per i due anni successivi). I singoli ministeri avrebbero dovuto scegliere quali voci tagliare. Se non lo avessero fatto, sarebbe scattata la clausola di salvaguardia dei tagli lineari. Bene, la Ragioneria generale dello Stato, nel «Bilancio in breve» del 2013 spiega che le proposte di tagli selettivi avanzate dai ministeri coprirono all’incirca la metà della riduzione della spesa prevista, insisten- Le spese delle amministrazioni pubbliche In milioni di euro Totale spese correnti Totale spese in conto capitale Totale spese al netto di interessi Totale spese 2011 2012 2013 previsioni 2014 745.786 48.680 716.069 794.466 752.082 48.791 714.399 800.873 756.404 42.536 716.897 798.940 755.936 50.083 722.070 806.019 D’ARCO do in particolare sul taglio delle spese per il personale, in particolare indennità varie, vestiario, mense, equipaggiamenti, e sugli investimenti per i trasporti urbani ed extraurbani. Insomma non proprio tagli virtuosi. Anche la legge di Stabilità 2014 e il successivo decreto legge 4 dello scorso gennaio (governo Letta) prevedono un pacchetto di misure (accorpamento strutture, tagli su beni e servizi e sulle locazioni) per assicurare una riduzione complessiva della spesa di 500 milioni nel 2014, 4,4 miliardi nel 2015, 8,9 nel 2016 e 11,9 a decorrere dal 2017. Di questi risparmi fanno però parte 3 miliardi nel 2015, 7 nel 2016 e 10 dal 2017 da realizzare attraverso il taglio delle agevolazioni e detrazioni fiscali se, entro il primo gennaio 2015, non saranno approvati provvedimenti tali da assicurare tagli di spesa equivalenti. In attesa di tali provvedimenti sono intanto disposte riduzioni delle spese dei ministeri di un miliardo nel 2015 e 1,2 miliardi dal 2016. Che però ancora non sono stati individuate. Enrico Marro © RIPRODUZIONE RISERVATA 6 Primo Piano Lunedì 8 Settembre 2014 Corriere della Sera italia: 51575551575557 Giustizia Il confronto L’accusa di Davigo: crimini di strada? L’emergenza forte è la corruzione Il pm di Mani Pulite e la lentezza delle cause: troppi avvocati, serve il numero chiuso La riforma Il vice di Bruti Liberati Dopo il Cdm La riforma della Giustizia, dopo il via libera del Consiglio dei ministri, deve Robledo: la politica punta al controllo totale dei magistrati DAL NOSTRO INVIATO Sul palco Piercamillo Davigo ieri durante il suo intervento al Workshop Ambrosetti di Cernobbio (Newpress) DA UNO DEI NOSTRI INVIATI CERNOBBIO — Tocca a Piercamillo Davigo, magistrato di Cassazione e memoria storica di Mani Pulite, scuotere il forum Ambrosetti con il richiamo a una grande emergenza del Paese, più trascurata nel dibattito sulle riforme: la criminalità. Ma non quella comune — molto più ridotta di quanto non sia percepito anche per l’enfasi dei media sui fatti di sangue — ma quella organizzata e quella dei reati economici come corruzione, falso in bilancio e riciclaggio. E anche l’altro magistrato presente a Villa d’Este, Raffaele Cantone, presidente dell’Authority anticorruzione, non è tenero: «Gli imprenditori corrotti vanno trattati come i collusi con la mafia, Confindustria deve cacciarli via». «La vera anomalia, oltre alla criminalità organizzata, è la massiccia devianza delle classi dirigenti», denuncia Davigo. Sono d’accordo i due magistrati in prima linea oggi come ieri: serve un salto culturale nella percezione del pericolo e dei danni della corruzione. «Non c’è biasimo della società, non c’è un costo reputazionale nel commettere reati finanziari», spiega Davigo. «Quando Calisto Tanzi fu condannato, si meravigliò: “Ma come, mi tocca andare in carcere?”. In Usa per il falso in bilancio ti danno 10-20 anni, invece da noi c’è una sorta di amnistia per questi reati». C’è un altro punto dolente: l’inadeguatezza delle norme penali e processuali, che fa sì che la quota di detenuti per reati finanziari sia dello 0,4% contro una media europea del 4,1%. E questo nonostante i danni siano molto più grandi rispetto a quelli provocati dalla «criminalità predatoria da strada: le 45 mila parti civili nell’aggiotaggio Parmalat erano 45 mila vittime che chiedevano di essere risarcite. E spesso avevano investito i risparmi di una vita», mentre nello scippo perdi al massimo la pensione appena intascata. Anche Cantone è duro: dagli anni 90 per la lotta alla corruzione «non si è fatto nulla. Si è fatto finta che fosse stata eliminata con le indagini». E A Cernobbio Cantone: gli imprenditori corrotti sono come quelli collusi con la mafia, Confindustria li cacci la situazione è peggiorata con l’eliminazione del falso in bilancio e con la riforma costituzionale del titolo V (il federalismo): «È stato un danno enorme perché ha moltiplicato i centri di spesa ed eliminato ogni sistema di controllo sulla pubblica amministrazione», e da ultimo con la legge Severino che ha modificato le norme sulla corruzione. Eppure la preoccupazione degli italiani sembra essere ancora la criminalità comune, nonostante il numero totale dei reati in Italia sia del 4,89% rispetto alla popolazione, meno che in Spagna (5,14%), Francia (5,52%), Germania (7,65%), Regno Unito (8,78%). Anche gli omicidi sono calati a quota 650, e molti sono commessi all’interno della cerchia familiare. Anche sul numero di dete- nuti Davigo prova a fare chiarezza: in Italia ce ne sono 112,6 ogni centomila abitanti, contro una media Ue di 127,7: «Non sono troppi. Ciò che è intollerabile è la gravissima insufficienza dei posti disponibili, appena 45.700, il numero più basso d’Europa». I dubbi dell’alto magistrato sono anche sulla riforma del processo civile: la promessa di definire in un anno i procedimenti grazie all’arbitrato potrebbe non avere successo perché molte cause sono liti temerarie promosse da chi non ha interesse a chiuderle presto. E la colpa — sostiene — è anche dei «troppi avvocati. A Giurisprudenza servirebbe il numero chiuso, come a Medicina». Fabrizio Massaro fabriziomassar0 ora passare all’esame delle Commissioni di Camera e Senato Il civile La parte di riforma civile, che procede per decreto, inciderà sui processi con l’obiettivo di dimezzare l’arretrato in 3 anni Scontri interni Ci sono molti punti della riforma, come le intercettazioni e la prescrizione, che sono ancora oggetto di divisioni nei partiti di maggioranza © RIPRODUZIONE RISERVATA Il lavoro della regista, l’indignazione dell’ex procuratore per il suo personaggio Caselli e Guzzanti, quei paladini della «trattativa» ai ferri corti sul film Q uella scena così beffarda non ha potuto sopportarla. E perciò Gian Carlo Caselli ha scritto una lettera furente e puntigliosa al Fatto quotidiano per dire che la fiction di Sabina Guzzanti nel film «La trattativa» è offensiva e bugiarda. Caselli fu raffigurato nel «Divo» di Paolo Sorrentino come un tipo vanesio e fatuo che si passa la lacca sulla sua chioma candida. L’ex capo della Procura di Palermo ne fu ferito, ma incassò. Oggi in una scena clou del film della Guzzanti appare come uno sprovveduto che si fa abbindolare dai carabinieri di Mori per non perquisire il covo di Riina. Un oltraggio. Uno sfregio che viene da un mondo che pure dovrebbe apprezzare Caselli. Un’icona dell’antimafia messa alla berlina da un film sui rapporti «indicibili» tra mafia e Stato. Caselli non poteva ingoiare un simile affron- to. E sul Fatto di ieri lo ha dimostrato con indignazione. «Gentile direttore», ha scritto Caselli, «raccontare con tecnica da “cabaret” la pagina grave e oscura della mancata sorveglianza (certamente non addebitabile alla Procura) e della conseguente mancata perquisizione del covo di Riina è offensivo e non può cancellare né far dimenticare gli importanti positivi risultati ottenuti in quei sette anni di duro e pericoloso lavoro degli Uffici giudiziari palermitani, in stretta collaborazione con le forze di Polizia». E qui Caselli elenca con meticolosa completezza i colpi inferti alla mafia negli anni della sua gestione della Procura di Palermo: i boss arrestati, i processi conclusi, i beni confiscati. Anche le indagini su Dell’Utri e su Andreotti, che pure hanno suscitato molte controversie ma che rappresentano altrettanti fiori all’oc- chiello di un’attività giudiziaria che invece viene presentata dal «cabaret» della Guzzanti come un addensarsi di ombre, una sequenza di cedimenti che avrebbe inquinato e macchiato tutti gli anni della cosiddetta Seconda Repubblica. Una visione estremista e oltranzista che Caselli non può accettare e far passare sotto silenzio, se non correndo il rischio di veder appiattita e misconosciuta tutta la sua attività di contrasto alla mafia. Un rischio troppo grosso. Caselli credeva forse che nel mondo del Fatto, l’organo di stampa che ha fatto della cosiddetta trattativa Stato-mafia un cavallo di battaglia, un dogma, il momento centrale del romanzo criminale che avrebbe fagocitato la politica italiana, lasciando sola la Procura palermitana nella guerra santa del Bene contro il Male, Caselli credeva dunque che la reputazione sua e degli uffici giudiziari palermitani da lui diretti per ben sette anni sarebbe stata difesa. E invece nell’intervista-spettacolo che Sabina Guzzanti ha dato a Marco Travaglio durante la festa del Fatto a Marina di Pietrasanta, il condirettore del giornale, mandata sullo schermo la scena in cui Caselli si fa manovrare dai «trattativisti» che non vogliono perquisire il covo di Riina, ha derubricato il tutto a mera «licenza poetica»: giusto un colore un po’ più acceso per dare pregnanza spettacolare e narrativa ai fatti della storia. Troppo poco, deve aver pensato Caselli. Il quale, negli ultimi tempi, ha pure avuto qualche Docufiction Al Festival La Trattativa di Sabina Guzzanti è stato presentato fuori concorso mercoledì a Venezia. Docufiction sul presunto patto tra Stato e mafia, alterna immagini di repertorio con messe in scena con attori La polemica Il film, già al centro di polemiche, è stato criticato da Gian Carlo Caselli: «Offensivo» (sopra, una scena: al centro, seduto, l’attore Michele Franco nei panni di Caselli; accanto, Ninni Bruschetta nella parte di un pm) motivo di attrito con il mondo della sinistra di cui la Guzzanti, prima ancora del Fatto, è espressione. L’attrito per l’inchiesta sui No Tav e per la scelta di Magistratura democratica di pubblicare sull’agenda 2014 uno scritto di Erri De Luca troppo «tenero» con la deriva violenta di una parte del movimento. L’attrito, negli ultimi giorni, quando Caselli ha ricordato il silenzio degli intellettuali compiacenti mentre la magistratura combatteva contro il terrorismo. Attriti, peraltro, compensati dall’appoggio che Caselli ha ricevuto dal Fatto nella polemica che lo ha contrapposto a Pietro Grasso appena eletto presidente del Senato. Ma che però non hanno cancellato le tensioni che il tema della eventuale, problematica, immaginata trattativa Stato-mafia ha generato, soprattutto quando la polemica con il presidente della Repubblica si è fatta incandescente. Ora il «cabaret» offensivo della Guzzanti, che chissà quali brecce di sospetto aprirà tra gli spettatori più inclini a far propri gli assunti della fiction guzzantiana, più ardentemente certi della veridicità delle presunte nefandezze della ignominiosa «trattativa». Uno strappo. Un’offesa. Non c’è concordia tra le forze del Bene. Pierluigi Battista © RIPRODUZIONE RISERVATA PIETRASANTA (Lucca) — È in corso «una manovra che tende al controllo totale della magistratura», un’azione a tenaglia del potere politico che minaccia l’indipendenza della magistratura e che approfitterebbe delle mosse del Presidente della Repubblica, mettendo in pericolo la democrazia e la stessa libertà degli italiani. È la tesi di Alfredo Robledo, il procuratore aggiunto di Milano protagonista da mesi di uno scontro al calor bianco senza precedenti con il capo dell’ufficio Edmondo Bruti Liberati. Prepensionamento dei magistrati e aumento del potere nelle mani dei procuratori capo sono a parere di Robledo le due ali di una strategia che vuole limitare l’indipendenza del potere giudiziario sottomettendolo a quello politico. «Sembra quasi che il prepensionamento sia solo una questione sindacale», dice Robledo intervenendo a Marina di Pietrasanta alla festa del Fatto quotidiano. Invece, dietro la decisione di anticipare a 70 anni il limite d’età per i magistrati in servizio, si A Milano Alfredo nascondereb Robledo, 64 anni, procuratore aggiunto be una precisa volontà di far «saltare la struttura direttiva della magistratura» italiana per sostituirla con una meno impermeabile alle pressioni della politica. Una scelta che potrebbe incorrere nei rigori della Corte di giustizia europea, che ha già condannato l’Ungheria che nel 2011 fece una cosa analoga che era stata «bocciata anche dalla Corte costituzionale ungherese» perché «contraria al principio di amovibilità dei magistrati e discriminatoria». A selezionare i nuovi capi sarà un Csm in cui i membri togati sono l’espressione della «degenerazione delle correnti» mentre quelli laici, dopo l’accordo del Nazareno RenziBerlusconi, «saranno nominati dal potere della maggioranza politica». Robledo è convinto che per ottenere l’incarico i candidati alla guida degli uffici giudiziari dovranno «sottoscrivere una cambiale che poi sarà presentata a pagamento chiedendo conto dell’aiuto che è stato dato loro». A «chiudere il cerchio» c’è la gerarchizzazione delle procure. Non parla della sua vicenda, ma si richiama ad essa quando fa riferimento alla «interpretazione suggerita dal capo dello Stato» sul ruolo guida dei procuratori che sarebbe stata «accolta dal Csm andando contro tre sue disposizioni precedenti». Gli applausi scrosciano quando fa notare che sono stati i giornali a parlare di «pressioni evidenti» sulle «commissioni del Csm che hanno cambiato le loro conclusioni dopo l’intervento fantasmagorico del capo dello Stato». Giuseppe Guastella © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Lunedì 8 Settembre 2014 italia: 51575551575557 7 8 Primo Piano Lunedì 8 Settembre 2014 Corriere della Sera italia: 51575551575557 Il Lingotto Il gruppo Sergio Marchionne e Luca di Montezemolo Ferrari, il giorno del divorzio Si chiude l’era Montezemolo Marchionne: «Nessuno è indispensabile, non vinciamo dal 2008» MILANO — Fosse andata in un altro modo, chissà, la partita non si sarebbe riaperta ma la soddisfazione di tornare a sfilare a Monza (per l’ultima volta) da protagonista non gliela avrebbe tolta nessuno. Al Gran premio d’Italia protagonista lo è stato comunque Luca Cordero di Montezemolo e non per le Ferrari, che hanno chiuso la gara una fuori pista l’altra al nono posto. A tenere banco è stato l’accavallarsi delle voci sull’addio del presidente della Ferrari dopo 23 anni passati a Maranello. Mentre le macchine erano in pista per il warm-up, da Cernobbio l’amministratore delegato di Fiat-Chrysler, Sergio Marchionne, ha mandato segnali piuttosto chiari in quella direzione. Il manager ha prima precisato che l’avvicendamento a Maranello «non è sul tavolo», poi però ha aggiunto un «nessuno è indispensabile» che non richiede certo grandi sforzi interpretativi. Marchionne non l’ha comunque lasciato cadere lì. «Ogni ceo (corrispettivo anglosassone del nostro amministratore delegato, ndr) — ha spiegato — è al servizio del consiglio di amministrazione». Lui stesso si considera «essenziale, ma sono comunque al servizio dell’azienda». E non ha mascherato un certo fastidio per le parole con cui il giorno prima Montezemolo ha cercato di mettere a tacere le indiscrezioni su una sua imminente uscita da Mara- nello. «Ho dato la mia disponibilità a marzo agli azionisti, alla gente della Ferrari a cui sono molto legato, per un impegno per altri tre anni» aveva detto il presidente del Cavallino, sciorinando risultati e programmi futuri. «Io e Luca Cordero di Montezemolo — ha ribattuto Marchionne — siamo grandissimi amici ma quando ho letto le dichiarazioni, ho pensato che sono cose che non avrei mai detto Il cambio Il manager secondo molti potrebbe essere il futuro presidente di Alitalia su me stesso». Poi ha spiegato: «Ferrari è una società che fa capo alla galassia della Fiat. L’abbiamo fatta gestire da Luca per un periodo per due ragioni: prima, per l’indipendenza della Ferrari. Anche riguardo al prodotto e al posizionamento della Ferrari sul mercato era importante che si separasse dalla Fiat. Detto questo, lo è per me e lo è per lui come per tutti gli altri: noi siamo al servizio dell’azienda, quando l’azienda cambia idea o per lo meno non c’è più la convergenza di obiettivi le cose cambiano». La seconda ragione è la gestione sportiva, ha proseguito Marchionne, il quale ha dato atto a Montezemolo di aver fatto un «grandissimo lavoro» sui risultati economici e i volumi, «gli faccio i miei complimenti», però «l’obiettivo di Ferrari è quello di vincere — ha ricordato il manager —. Vedere da anni la Ferrari in queste condizioni, avendo i migliori piloti, box di una qualità eccezionale, ingegneri che sono veramente bravi e vedere che non vinciamo dal 2008 no, non si può». Da troppi anni le rosse sono finite in un cono d’ombra. A Maranello, dunque, si sta per aprire una nuova era. E forse anche per Montezemolo, da più parti dato come probabile nuovo presidente di Alitalia. Non è escluso che la sua uscita arrivi in contemporanea con la nomina al vertice della compagnia di bandiera finita nell’orbita di Etihad. Il manager bolognese è stato legato alla famiglia Agnelli da vincoli strettissimi. Era l’ombra dell’Avvocato, è stato vicino a Umberto in Fiat e quando questi all’improvviso è venuto a mancare, e la famiglia si è vista costretta a chiudere i rapporti con l’allora amministratore delegato Giuseppe Morchio, si rivolse a lui dandogli piena fiducia e la presidenza del Lingotto. Che John Elkann, a quell’epoca vicepresidente, si riprenderà ad aprile del 2010, riservando comunque a Montezemolo un posto in consiglio. Il salvataggio prima e poi i nuovi piani per Fiat-Chrysler, che hanno portato a un rafforzamento della proiezione internazionale del Lingotto, che il prossimo 13 ottobre verrà suggellata dal debutto a Wall Street della nuova Fca, hanno segnato la svolta. Quando ad agosto si è trattato di individuare il nuovo consiglio d’ammini- strazione per Fca, nell’elenco dei nomi quello di Montezemolo non c’era. Le regole di corporate governance americane richiedono una forte indipendenza del board e il presidente della Ferrari, controllata al 90% dalla Fiat, non ha i requisiti richiesti. Gli Stati Uniti sono un mercato fondamentale per Maranello e agli investitori americani oggi Marchionne non può raccontare certo di una Ferrari vincente. Il che stona con la filosofia del manager. L’attesa adesso è per il consiglio d’amministrazione convocato giovedì prossimo a Maranello. L’uscita di Montezemolo «non è sul tavolo», come ha detto Marchionne, ma ci saranno i conti semestrali del Cavallino. Dopo questo weekend non si può però escludere un’accelerazione. F. D. R. © RIPRODUZIONE RISERVATA La squadra Dopo Monza F1, che cosa può cambiare a Maranello MONZA — Monza, provincia di Cernobbio. Al giro 29 del Gp d’Italia accadono due cose destinate a cambiare la storia minima e quella massima delle corse (e non solo di quelle): Fernando Alonso parcheggia la sua Ferrari sulla ghiaia e Sergio Marchionne sfiducia il presidente della Rossa Luca di Montezemolo. E le critiche più dure arrivano proprio per i risultati sportivi degli ultimi anni, nonostante nessuno nel Circus abbia vinto quanto Montezemolo (14 titoli da presidente, 5 da direttore sportivo). Di fronte al proprio pubblico, la Ferrari non potrebbe mostrarsi più disarmata tecnicamente e disorientata politicamente. Domanda diretta al nuovo team principal Marco Mattiacci: questi scontri al vertice fanno bene all’immagine della Ferrari? «Io so che non fa bene avere una macchina fuori e una nona. Commenti alle frasi di Marchionne? Io sono qua per riportare il team al top. Abbiamo trovato un metodo di lavoro e un’unità». Ecco, appunto: e ora che succede? Mattiacci avrà il tempo di andare avanti? Non cambierà nulla fino alla conclusione di questa stagione (fine novembre), agitata da un Al Gran premio terremoto dopo l’altro: la prima Mattiacci: «Io so che scossa l’ha data proprio Montezenon fa bene avere molo con l’avvicendamento, ad aprile, di Stefano Domenicali (che una macchina fuori formalmente si è dimesso con e una nona» l’accordo del presidente). La logica ora vorrebbe che al sostituto Mattiacci fosse dato il tempo per ricostruire, ma a questo punto non ci sono certezze. Mattiacci è stato scelto da Montezemolo, ma è gradito anche a John Elkann. Infine, qualche ripercussione ci potrebbe essere anche sul fronte dei piloti. Fernando Alonso (che ha un contratto blindato fino al 2016, se ne può andare solo col consenso della Ferrari o se smette di correre) e che da mesi sta discutendo del rinnovo, ha negato che la sua situazione possa essere influenzata dall’uscita di Montezemolo. Però i piloti sono uomini e l’incertezza potrebbe anche far venire qualche ripensamento. «Il futuro di Alonso? Siamo legati fino al 2016 — commenta Mattiacci —, anche lui sa che per tornare al top dobbiamo attraversare momenti difficili come questo, di ricostruzione e normalizzazione del team». Ecco, è proprio la normalizzazione che ora appare lontana. Arianna Ravelli © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Lunedì 8 Settembre 2014 Primo Piano italia: 51575551575557 9 La replica Il presidente: «Questo è stato l’anno record, siamo il marchio più forte al mondo» Lo sfogo di Luca: fine di un’epoca, l’amara verità è che così la fanno diventare americana Le tappe Recesso Il marchio Ferrari Fino al 6 ottobre Fiat pagherà agli azionisti che hanno esercitato il diritto di recesso 463,6 milioni di euro 90% Fiat spa 10% Quotazione Piero Ferrari Il bilancio 2013 +5% 2.035 Il fatturato a 2,3 miliardi di euro consegne negli Stati Uniti, +9% rispetto al 2012 +5,4% 677 L’utile netto pari a 246 milioni di euro Miliardi di euro la posizione finanziaria industriale netta Consegne in Italia, mercato che ormai rappresenta meno del 3% delle vendite mondiali Ferrari Le vetture omologate a 6.922 unità Vetture vendute nel 2013 2012 Alfa Romeo Previsioni vetture vendute per il 2018 -370 2013 7.270 6.900 7.000 A fine ottobre ci sarà il consiglio di amministrazione Fiat in cui si parlerà anche del possibile aumento di capitale 205 -5,4% Ferrari Consiglio Vetture consegnate in Gran Bretagna, primo mercato europeo del gruppo 1,36 Riduzione voluta della produzione di auto per mantenere l’esclusività del marchio previsioni 2018 (ma i volumi possono salire a 10.000 auto l’anno) 74.000 Chrysler Dodge 400.000 350.000 Piano Portata a casa la quotazione a Wall Street, l’amministratore delegato si dedicherà al piano industriale Gruppo Ferrari fa parte della galassia Fiat. Il Lingotto ne controlla il 90% mentre azionista con il 10% è Piero Ferrari 800.000 Uscita 596.000 600.000 1.500.000 1.900.000 Fiat Jeep Fiat-Chrysler punta a debuttare in Borsa a Wall Street il 13 ottobre, Columbus Day americano 732.000 1.900.000 Maserati 15.400 75.000 Luca Cordero di Montezemolo nei giorni scorsi aveva dato la sua disponibilità per rimanere alla guida della Ferrari MILANO — È un addio amaro. Le parole di Sergio Marchionne non lasciano margini di incertezza. Luca Cordero di Montezemolo tuttavia sente di non avere le responsabilità che si vede attribuire. È amareggiato, il presidente della Ferrari, racconta chi ha raccolto il suo sfogo. Essere messo alla porta perché da sei anni il Cavallino Rampante non riesce a conquistare il titolo mondiale della Formula 1, brucia. Quando nel 2000 Michael Schumacher riuscì a conquistare il suo primo titolo, ricordava ieri, «erano 21 anni che Maranello non vinceva un campionato mondiale. La Mercedes l’ultimo lo ha vinto nel 1955». Scorrendo il nastro dei 23 anni alla guida della Ferrari, di cui il manager bolognese è stato anche direttore sportivo, si trovano 14 titoli mondiali, di cui 8 costruttori, e 118 vittorie nei Gran premi. Ieri Montezemolo il film lo ha ripercorso per intero. Con grande dispiacere perché a fare da sottofondo c’erano le parole di Marchionne che rimbalzavano da Cer- I conti Giovedì il consiglio del gruppo di Maranello si riunisce per l’esame dei conti semestrali pendenti, come vogliono le buone pratiche delle grandi corporation, lo ha escluso. Come presidente Ferrari non aveva i requisiti. Chi lo conosce bene racconta che la decisione di lasciarlo fuori, «estromesso senza nemmeno una parola di ringraziamento», sia all’origine della frattura. Giovedì scorso era atteso a Villar Perosa alla festa per i 10 anni di matrimonio di John Elkann e Lavinia Borromeo. Non si è visto. In cuor suo Montezemolo il capitolo lo ha già chiuso. «È finita un’epoca» ha confidato, «la verità è che ormai la Ferrari è americana». E qui è partito un’altro spezzone del film, in cui il manager racconta di quando l’Avvocato Agnelli comprò la Ferrari per tenerla in Italia ed evitare proprio che finisse nelle mani degli americani. La voleva la Ford. Ora, con la quotazione a Wall Street e la sua uscita da Maranello, ha detto di te- 2005 Luca Cordero di Montezemolo in una foto del 2005 con Allegra (a sinistra) e Susanna Agnelli nobbio. La durezza dei toni l’ha scosso. «Ingenerose» le avrebbe definite. Insieme al film degli anni a Maranello nella testa di Montezemolo ieri scorreva in realtà tutta la sua storia, legata a doppio filo alla Fiat e alla famiglia Agnelli. E nei racconti c’era commozione. Ha ricordato quella drammatica domenica di maggio del 2004. Non erano stati ancora celebrati i funerali di Umberto Agnelli che l’allora amministratore delegato del Lingotto, Giuseppe Morchio, tentò con una manovra di prendersi l’azienda. Fu messo alla porta e Susanna Agnelli chiese senza esitare a Montezemolo di assumere il comando. In uno dei momenti forse più difficili per la Casa torinese. Era persino a rischio la sopravvivenza del gruppo. Ci resterà fino al 2010 lasciando il timone a John Elkann che però gli riservò un posto nel consiglio di amministrazione della Fiat. Un posto che non è stato confermato nella nuova Fca, la società che nascerà dalla fusione tra Fiat e Chrysler e che il 13 ottobre debutterà a Wall Street. L’obbligo di dotare il nuovo board di un certo numero di consiglieri indi- ❜❜ L’uscita dal consiglio Estromesso dal consiglio di Torino senza nemmeno un ringraziamento ❜❜ Il ritorno sul podio Quando arrivai nel 2000 erano ventun’anni che non vincevamo un titolo mondiale mere che la Ferrari possa «diventare come la Lamborghini». Certo, guardando agli investitori americani, e non solo, la Ferrari rappresenta un indubbio atout per la nuova Fca avviata sulla strada della Borsa. È l’oggetto dei desideri per eccellenza, «il marchio più conosciuto al mondo» ricordava il manager, confessando che non sarebbe sorpreso se alla fine fosse Marchionne a diventare presidente della Ferrari. Le logiche di business che dominano il mondo Fiat le conosce bene Montezemolo. Ovvio. Ma fatica ad adattarle a una storia fatta soprattutto di passione e sentimenti. Anche di risultati economici, certo. In questo non è così distante da Marchionne. E forse è uno dei motivi dell’amarezza confessata agli amici per un «divorzio che si consuma nell’anno record per i conti della Ferrari». Giovedì prossimo il consiglio esaminerà il resoconto semestrale della gestione. Potrebbe essere il momento dell’addio. Che è scontato, sebbene lui le dimissioni non le abbia date. Un accordo si troverà. Federico De Rosa © RIPRODUZIONE RISERVATA Retroscena Il debutto sul listino americano della società nata dalla fusione Torino-Detroit è previsto per il 13 ottobre La strategia del Lingotto: un Cavallino vincente, anche a Wall Street La scelta in vista della quotazione del gruppo Fiat-Chrysler negli Usa A Cernobbio Sergio Marchionne si presenta senza alcuna ambizione politica e senza la presunzione di parlare a nome di tutti gli industriali italiani, ma come il capitano di una multinazionale con l’orgoglio di un’italianità che sente profondamente. Al pari di tutti gli emigranti che hanno lasciato il nostro Paese negli Anni 60, quando, dopo i sacrifici della guerra, si assisteva ad un momento di rilancio economico e di entusiasmo per il recupero degli anni perduti, Marchionne vuole ritrovare quell’energia, quella volontà e quella forza che avevano consentito agli italiani di rialzarsi e lavorare per la crescita del loro Paese. Al forum Ambrosetti si è limitato a parlare da uomo che fa impresa, che vede, in Italia, due grandi problemi: la mancanza di occupazione e l’assenza di investimenti, soprattutto dall’estero. Ha semplicemente chiesto allo Stato di fare lo Stato. In primo luogo invitandolo ad asciugare la sua presenza nella vita della gente e delle imprese, in secondo luogo a non scaricare solo sulle aziende la gestione della vita lavorativa dei suoi cittadini né a limitarsi semplicemente ad assisterli. Ha rimarcato che il nostro Welfare State, un sistema pensato per aiutare i più deboli, oggi ha perso la sua efficacia, ha invitato il nuovo governo ad allineare il nostro ordinamento a quello della maggior parte d’Europa, ispirandosi ai principi della «flexicurity», adattandoli al nostro Paese. Con pochi esempi, ha evidenziato il percorso che ha seguito la Fiat negli ultimi 10 anni: da sola ha introdotto elementi di modernità per arrivare alla Fiat Chrysler Automobiles che oggi dà lavoro a circa 300 mila persone nel mondo, di cui più di 85 mila in Italia. La nuova società Fca sta per essere quotata alla Borsa di New York il 13 ottobre, data in cui in Usa si festeggia il Columbus Day, il giorno della scoperta dell’America da parte di Cristoforo Colombo, il 12 ottobre 1492. Sarà un momento in cui il gruppo si proporrà nella sua nuova veste, cercando di convincere gli in- «CorrierEconomia» Come investire Guadagnare con i tassi vicini allo zero. Dopo la mossa della Bce che ha tagliato il costo del denaro allo 0,05 per cento, il CorrierEconomia, in edicola oggi con il Corriere della Sera, ha fatto una ricognizione sulle strategie utili a chi si domanda come investire adesso. Con i rendimenti bassi per guadagnare più del due per cento è necessario infatti prendersi più rischi sia in campo obbligazionario che in campo azionario © RIPRODUZIONE RISERVATA vestitori a credere in questa visione industriale, passata da Torino ad una dimensione senza frontiere. Per realizzare questo obiettivo servono prodotti e marchi vincenti. Anche la Ferrari, presente da anni negli Stati Uniti, deve continuare ad essere un punto di riferimento per tutta la miglior produzione automobilistica. Inaccettabili le sconfitte, da sei anni, in Formula 1, poiché «la Ferrari è la Formula 1», ha detto l’amministratore delegato, «deve ritornare al successo, ad ogni costo, per difendere una supremazia che conta più di ogni individualismo». Senza giri di parole — non c’è più tempo per discussioni accademiche — Fca affronta, anche all’interno, dei cambiamenti radicali, gli stessi che chiede allo Stato: cioè la possibilità di interrompere un rapporto di lavoro, anche il più stretto, quando non esistono più i presupporti per la sua validità. Le imprese sono forti quando i processi di cambiamento e di rinascita si generano naturalmente, la sfida non deve limitarsi ad una competizione tra impresa e lavoratori, solamente uniti si può affrontare la vera concorrenza, senza meccanismi lenti ed arretrati. Bianca Carretto © RIPRODUZIONE RISERVATA 10 Lunedì 8 Settembre 2014 Corriere della Sera italia: 51575551575557 Esteri Le emergenze Rinviata la riforma dell’immigrazione «Colpiremo l’Isis» Obama e la nuova fase della guerra al terrore Il piano presentato alla vigilia dell’11 settembre DAL NOSTRO INVIATO NEW YORK — Dopo gli interventi di contenimento decisi per scopi umanitari e per proteggere il personale Usa nell’area, adesso, «è ora di entrare in una nuova fase, quella nella quale saremo, in qualche modo, all’offensiva». Tornato dal vertice Nato di Newport con in tasca l’accordo di dieci Paesi dell’Alleanza pronti a partecipare a uno sforzo comune per «degradare e distruggere» l’Isis, Barack Obama ha annunciato ieri in un’intervista alla rete televisiva Nbc che mercoledì presenterà agli americani un piano dettagliato d’intervento contro il quasi-Stato dei terroristi sunniti che si è consolidato a cavallo tra Siria e Iraq. Il presidente americano non ha fornito dettagli, ma ha spiegato che il piano — che verrà significativamente presentato alla vigilia dell’anniversario dell’attacco di Al Qaeda dell’11 settembre di 13 anni fa — avrà una componente militare, una parte politica e una parte economica. Per quest’ultima è facile immaginare che l’obiettivo sarà quello di tagliare le fonti di finanziamento di un «califfato» che ha fin qui prosperato grazie alla straordinaria disponibilità di mezzi finanziari arrivati dalle donazioni di alcuni Paesi sunniti, ma soprattutto dalla vendita sul mercato nero del petrolio estratto nelle regioni dell’Iraq occupate dalle truppe dall’autoproclamato califfo Al-Baghdadi. Alla colazione politica sta lavorando il segretario di Stato John Kerry che Obama ha deciso di mandare in missione in Medio Oriente per allargare ai Paesi arabi il fronte anti Isis, attualmente costituito soprattutto dagli alleati europei degli Usa, Italia compresa. Dopo molte incertezze, Obama ha deciso che è necessario battere l’Isis militarmente perché rappresenta una minaccia ormai enorme per tutti, in Occidente e nel mondo arabo. Ma per distruggere davvero quest’organizzazione terrorista è necessario demolire anche il consenso politico che si è conquistato tra le popolazioni locali nelle province sunnite della Siria e dell’Iraq. E, per far questo, Obama, ha bisogno del sostegno attivo anche degli altri governi sunniti della regione. Sulla possibilità di mettere in piedi una coalizione realmente coesa e di combattere insieme — sunniti moderati, sciiti e curdi — per distruggere l’Isis e creare un nuovo ordine, possibilmente democratico, i dubbi sono, però, molto forti. La Casa Bianca punta sulla nascita di un I tre fronti esteri La lotta al califfato tra Siria e Iraq 1 Finora la battaglia contro l’Isis sta costando all’amministrazione americana 225 milioni di dollari al mese, cifra destinata ad aumentare se Obama estenderà il fronte in Siria Presenza più muscolare in Europa contro Mosca 2 Obama ha sostenuto la necessità di una presenza più persistente della Nato nell’Est Europa in funzione anti Russa, convinto che le sanzioni siano efficaci nel lungo periodo L’Asia nuovo centro della politica estera Usa 3 Obama tornerà in Asia in autunno per contrastare il ruolo e l’aggressività crescente della Cina che ha in atto dispute territoriali con Giappone, Sud Corea, Vietnam e Filippine governo realmente multietnico a Bagdad, dopo l’uscita di scena di quello, settario, di Al Maliki. E questi dovrebbero essere i giorni decisivi per la formazione della coalizione del nuovo premier moderato Al Abadi. Ma se si guarda a quello che accade sui campi di battaglia, non sembra sia il caso di farsi troppe illusioni. L’ultimo caso è quello della città sciita di Amerli attaccata un mese fa dagli estremisti dell’Isis e salvata dall’assedio da un’inedita coalizione di forze sciite, curde e sunnite moderate. Ma quando i peshmerga sono entrati nella città appena liberata pensando di ricevere i ringraziamenti della cittadinanza, hanno trovato, invece, i combattenti sciiti coi mitra spianati che li hanno cacciati: «Andatevene, i curdi non entrano in questa città». Insomma, appena rientrata la minaccia del califfato, tornano i vecchi conflitti tribali. Negli Stati Uniti, comunque, l’intervista al nuovo anchor della Nbc Chuck Todd ha colpito più per la decisione di Obama di rinviare a dopo le elezioni di mid-term di novembre le misure per ridurre le deportazioni degli immigrati clandestini, che per l’annuncio del piano anti Isis. Accusato dagli ispanici di aver ceduto alle pressioni politiche dei parlamentari democratici impegnati in difficili campagne elettorali in collegi con un forte elettorato conservatore, il presidente ha negato di aver fatto una scelta opportunista. Ma, nello spiegare che preferisce agire solo quando la situazione dei ragazzini che entrano negli Usa da soli, senza genitori, sarà più chiara e quando potrà spiegare in modo più pacato agli americani quali sono i problemi, gli interessi, anche economici, del Paese, il presidente ha anche fatto riferimento all’estrema politicizzazione di questa questione da parte del partito repubblicano. Massimo Gaggi © RIPRODUZIONE RISERVATA Dopo il summit Il presidente americano Barack Obama in un momento di relax al termine del vertice Nato nel Galles (Ap) ✒ Sarcasmo e violenza: efficaci contro la jihad? di VIVIANA MAZZA C rocifissioni di musulmani, moschee fatte saltare in aria, teste mozzate. Non è un video di propaganda dell’Isis, ma un tentativo del dipartimento di Stato americano di contrattaccare i jihadisti sui social media. Ci provano da tre anni, ma nell’ultima settimana gli sforzi si sono moltiplicati, anche in inglese. «Benvenuti nello Stato Islamico» è il titolo dell’ultimo video: poi si illustrano una serie di «competenze utili» che si possono imparare unendosi all’Isis, tra cui bombardare i civili e depredare le risorse pubbliche; in chiusura, una battuta: «Viaggiare costa poco perché non c’è bisogno del biglietto di ritorno». I funzionari puntano sul sarcasmo, che ritengono «adatto a Twitter». Ma funziona davvero? Fa discutere la scelta di riutilizzare le immagini brutali, ma non solo. «Come mai ad un costo stimato di 250 mila dollari l’anno il governo non riesce a fare meglio dei rivali che usano assai meno soldi?», chiede la Cnn. «Patetico», commenta Michael Waller del think tank «Wikistrat». Sarebbe molto più efficace una contro-propaganda gestita dai Paesi che continuano a finanziare i terroristi. © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Lunedì 8 Settembre 2014 Esteri 11 italia: 51575551575557 # ❜❜ ❜❜ Tutti siamo stati ripetutamente picchiati. I più giovani in modo prolungato, continuo Il più cattivo era un iracheno sulla cinquantina. Ha fatto decapitare le statue della Madonna e del Cristo Il reportage Le minoranze nel mirino dei jihadisti. Tre ragazze yazide tentano il suicidio dopo gli stupri Preghiera Un gruppo di cristiani iracheni, fuggiti da Mosul dopo l’arrivo dei jihadisti dello Stato Islamico, pregano in una scuola adibita a rifugio per i profughi a Erbil, nel nord dell’Iraq. Secondo una stima, almeno 100 mila cristiani sono stati costretti a lasciare le proprie case nel nord del Paese (Reuters/ Ahmed Jadallah) DAL NOSTRO INVIATO BATNAIA (Iraq settentrionale) — «Meglio morire che convertirci», affermano decisi i cristiani iracheni sfuggiti dalle milizie dello Stato Islamico. Considerano un «traditore» chi per salvare la vita, o anche solo per tenersi soldi e proprietà, ha pronunciato la «Shahada», la dichiarazione di conversione all’islam. E dimostrano una fede e una determinazione nel mantenerla che per noi europei può sembrare una cosa del passato, memoria di tempi antichi.«Per un mese ci hanno provato. Ogni giorno venivano a dirci che dovevamo diventare musulmani. Una mattina gli abbiamo detto che forse era meglio se loro si battezzavano. Ma ci hanno picchiato più forte», raccontano quattro uomini del villaggio di Batnaia, posto a una quindicina di chilometri a ovest di Mosul. Sono Salem Elias Shannun di 57 anni; Habib Noah, 66; Najib Donah Odish, 67, ed il 65enne Yohannah Kakosh: sono arrivati tre sere fa a Erbil, dopo aver convissuto per 22 giorni con i jihadisti che occupavano le loro case, poi essere rimasti rin- In battaglia «I jihadisti ti chiedono di dimostrare di aver abbracciato la nuova fede: esigono che il convertito combatta con loro» chiusi 12 giorni nel carcere di Hawuja e infine aver raggiunto le postazioni curde a Kirkuk. La loro testimonianza offre nuovi elementi per delineare il comportamento degli estremisti sunniti verso le altre fedi. E aiuta a ricordare quali e quanti tabù ancestrali sono messi in gioco da questa rivoluzione che sta soffiando persino oltre i confini del Medio Oriente. Sta per esempio emergendo che le donne yazide violentate in molti casi preferirebbero morire piuttosto che affrontare il «disonore» nelle loro stesse comunità familiari. Ieri dall’ospedale di Zakho, nell’Iraq curdo non lontano dal confine con la Turchia, è giunta la segnalazione di tre giovani sfuggite ai mercati del sesso nella zona di Mosul che hanno tentato il suicidio. Una è morta. La cosa non è strana. Incontrando i familiari delle donne rapite nei campi di sfollati attorno a Dohuq, «Croci spezzate, spari contro la Vergine Meglio morire che convertirsi» I racconti dei cristiani iracheni fuggiti dallo «Stato Islamico» specie mariti e fratelli, non è difficile sentirsi dire che preferirebbero un «accurato bombardamento americano che uccidesse le donne con i loro aguzzini», piuttosto che vivere con la vergogna dello stupro. Per i cristiani le sofferenze sono meno drammatiche. Sino ad ora non sono emerse tra loro prove concrete di donne ridotte a schiave sessuali o di massacri di uomini. Eppure, i tabù e i valori messi in gioco appaiono altrettanto importanti. «La prima settimana dopo il loro arrivo a Batnaia, i jihadisti ci hanno lasciato in pace, nessuna minaccia. Anzi, ci hanno portato cibo, acqua. Il nostro villaggio conta circa 3.000 abitanti. Eravamo rimasti in una quarantina. E loro dicevano che dovevamo telefonare ai nostri cari per convincerli a tornare. Poi le cose sono rapidamente peggiorate. Hanno cominciato ad insistere che dovevamo convertirci. Tutti siamo stati ripetutamente picchiati. I più giovani in modo prolungato», ricordano i quattro. Si mettono quasi a piangere quando descrivono la dissacrazione della «Mar Kariakos», la basilica locale. «Tra i jihadisti ci sono volontari arrivati dal Sudan, dal Qa- tar, tanti sauditi, ma anche siriani, libanesi, ceceni, afghani, pachistani. Però il più cattivo è un iracheno sulla cinquantina che si fa chiamare Abu Yakin. Lui mandava i suoi uomini a picchiarci. Ci minacciava. E ha ordinato che venissero spezzate le croci Su «Libération» L’assassino di Bruxelles preparava un grande attentato per il 14 luglio Mehdi Nemmouche (foto), arrestato in Francia lo scorso 30 maggio con l’accusa di aver ucciso, sei giorni prima, 4 persone al Museo Ebraico di Bruxelles aveva in progetto un «mega attentato» per il 14 luglio, giorno che ricorda la Presa della Bastiglia e in Francia è festa nazionale. Lo rivela il quotidiano Libération in edicola oggi, con un servizio esclusivo che riporta la confessione del jihadista. in chiesa, che le statue della Madonna e del Cristo venissero decapitate e prese di mira con i kalashnikov». Per loro la conversione però è fuori discussione. «Non è tanto la formuletta di adesione all’Islam che vale. Se fosse solo quello, si potrebbe anche fare. Poi ti confessi e finisce tutto, torni cristiano. Il fatto è che i jihadisti ti chiedono di provare la tua nuova fede. Esigono che il neoconvertito vada a combattere con loro, partecipi alle operazioni in prima linea», dicono. Pochi giorni fa alcuni sfollati dal villaggio di Qaraqosh testimoniavano di aver visto alcuni giovani cristiani di Mosul diventati autisti delle brigate jihadiste. Lo stesso farebbero anche decine di curdi. Ma per i dirigenti della Chiesa caldea si tratterebbe di infime minoranze, di un problema secondario. Padre Paolo Mekko, studioso di teologia e parroco in prima linea con la sua diocesi nella piana di Niniveh ora sfollato a Erbil, ha persino rispolverato i testi della storia della Chiesa riferiti agli anni dei primi martiri per cercare risposte. «La Chiesa non ammette un secondo battesimo. I convertiti con la forza nel loro cuore restano cristiani, se si pentono la questione della loro abiura non si pone neppure», spiega. Si osserva del resto un certo ottimismo crescere tra gli sfollati. Nelle prossime ore a Bagdad dovrebbe venire annunciato il nuovo governo di unità nazionale sotto la guida del neopremier Haider Al Abadi. Un passo considerato fondamentale per stabilizzare il Paese e facilitare il patto di collaborazione con le grandi tribù sunnite in grado di isolare lo Stato Islamico e soprattutto facilitare l’intervento militare degli americani e dei Paesi alleati. I recenti bombardamenti Usa presso la diga di Haditha sono seguiti con attenzione tra i cristiani. «Parlare di ritorno alle nostre case è certo prematuro», ammette Mekko. «Però possiamo ricominciare a sperare». Lorenzo Cremonesi © RIPRODUZIONE RISERVATA Dopo il conflitto a Gaza Le truppe verrebbero dispiegate lungo il «corridoio Philadelphia», sotto al quale corrono molti tunnel palestinesi Israele «apre» a una forza europea nella Striscia Il controllo del confine con l’Egitto forse affidato anche a militari americani e Caschi Blu dell’Onu DAL NOSTRO CORRISPONDENTE GERUSALEMME — Due pagine, quattro proposte, quattordici chilometri da pattugliare. Il ministero degli Esteri israeliano ha presentato un piano al governo di Benjamin Netanyahu per dare il controllo della frontiera di Gaza, almeno quella a Sud verso il Sinai e l’Egitto, a una forza internazionale. I diplomatici privilegiano nel progetto — rivela il quotidiano Haaretz — l’idea di affidare la missione alle truppe europee, perché dai Paesi dell’Unione sarebbe già arrivata la disponibilità durante i cinquanta giorni di guerra fermati con il cessate il fuoco del 26 agosto. Indicano anche l’ipotesi di soldati occidentali (compresi americani, canadesi, australiani, neozelandesi), Caschi Blu delle Nazioni Unite o militari della Na- In discussione Il ministero degli Esteri ha presentato al premier quattro proposte: presto la decisione to. Qualunque siano le divise, il drappello verrebbe dispiegato lungo quello che è chiamato «corridoio Philadelphia», una striscia di sabbia che preoccupa gli israeliani per quello che avviene sotto al deserto: qui sono stati scavati i tunnel usati per i traffici clandestini di benzina, sigarette, medicine. E soprattutto armamenti. La forza internazionale affiancherebbe il lavoro degli egiziani dall’altra parte della barriera che negli ultimi mesi hanno distrutto le gallerie: temono che il via vai viaggi nel- Ministro Il capo della diplomazia di Israele, Avigdor Lieberman le due direzioni e i kalashnikov o i lanciagranate possano raggiungere gli estremisti nella penisola del Sinai. Il mandato sarebbe definito sul modello del gruppo di monitoraggio dell’Unione Europea stazionato sul confine a Rafah tra il 2005 e il 2007: fino a quando Hamas non ha tolto con le armi il controllo di Gaza al presidente Abu Mazen e Israele ha imposto l’embargo economico contro l’organizzazione fondamentalista. La missione «Eu Bam» è appena stata rinnovata di un altro anno, anche se i controllori non sono per ora operativi sulla frontiera. Il ministero degli Esteri a Gerusalemme raccomanda che le truppe internazionali abbiano il potere di in- tervenire per impedire il riarmo di Hamas: l’intelligence dello Stato ebraico sostiene di avere le prove che i miliziani abbiano già cominciato a ricostruire i tunnel verso Israele bombardati nel conflitto. «Si stanno preparando alla prossima guerra». Abdel Fattah Al Sisi, il generale egiziano diventato presidente, ripete di essere pronto ad aprire i cancelli di Rafah, se le chiavi vengono affidate dal Hamas Netanyahu vuole che i soldati stranieri possano intervenire per impedire il riarmo di Hamas lato palestinese alla Guardia presidenziale di Abu Mazen. Che ieri ha minacciato Hamas di far saltare il governo di unità nazionale creato prima dell’estate, perché — accusa il leader — i fondamentalisti non hanno ceduto il controllo di Gaza ai nuovi ministri tecnici, soprattutto quello delle forze militari. «Se non accettano una sola autorità, una sola legge e un solo esercito, non ci sarà più alcuna unità». Durante le settimane di guerra, i dirigenti di Fatah, la fazione del presidente, sono stati messi agli arresti domiciliari, chi non ha rispettato gli ordini è stato gambizzato. Davide Frattini @dafrattini © RIPRODUZIONE RISERVATA 12 Esteri Lunedì 8 Settembre 2014 Corriere della Sera italia: 51575551575557 Meeting di Sant’Egidio 350 rappresentanti delle diverse fedi e culture uniti nel difendere lo spirito di Assisi Il commento L’appello dei religiosi da Anversa «Basta conflitti in nome di Dio» LO TSUNAMI PRIMA O POI PASSERÀ Papa Francesco: «Quelle stragi inutili non riparano le ingiustizie» DAL NOSTRO INVIATO ANVERSA — C’è la parlamentare yazida che grida al mondo la tragedia del suo popolo nel Sinjar iracheno, c’è il Gran Mufti egiziano, che parla di «ponti» e non di muri tra le religioni. Abraham Skorka, il rabbino di Buenos Aires amico di papa Francesco, il presidente del consiglio europeo Van Rompuy, il filosofo polacco Zygmunt Bauman. E c’è, a sorpresa, un’Europa che non si rassegna. Tanta Europa: 7 mila persone in gran parte giovani, venuti ad Anversa da quasi tutti i Paesi dell’Unione. Ma anche dalla Russia e dall’Ucraina. Quando ascoltano il messaggio del Papa, nella grande sala dello Stadsschouwburg e dai maxischermi della piazza, si fa silenzio assoluto. France- sco, come Benedetto XV un secolo fa, chiama le guerre «inutili stragi». Perché non riescono mai «a riparare le ingiustizie». Ma c’è di più. Quasi in modo ufficiale e con grande forza, il Papa assegna il ruolo di pacificatori ai responsabili delle religioni, cristiani, musulmani, ebrei e di altre confessioni: «È giunto il tempo che cooperino con efficacia all’opera di guarire le ferite, di risolvere i conflitti». Perché «sono in grado di promuovere una cultura dell’incontro e della pace, quando altre opzioni falliscono o vacillano». In altre parole, possono e forse devono riuscire là dove la politica o le grandi istituzioni internazionali sembrano impotenti. L’invito della Comunità di Sant’Egidio a questo incontro internazionale era stato lancia- I giovani All’incontro presenti 7 mila persone, tanti giovani L’impegno «La pace come futuro, il dialogo per arrivarci e mantenerla» to, insieme alla diocesi di Anversa, un anno fa, accompagnato dalla memoria dei cento anni dalla Prima guerra mondiale. Qui, in una città e in un Paese, il Belgio, che ne subì pesantemente le conseguenze. Oggi però i quasi 350 rappresentanti delle religioni e della cultura, accorsi da ogni continente per questa tre giorni di pace, si trovano di fronte ad uno scenario internazionale da terza guerra mondiale «a pezzetti», come ha detto recentemente papa Francesco: Ucraina, Siria, Iraq, Nigeria, sempre più allarmanti conflitti. Ma guai a parlare di rassegnazione a chi partecipa. Perché «La pace è il futuro», come recita il titolo dell’incontro, che è nello «spirito di Assisi», la storica giornata interreligiosa voluta nel 1986 da Giovanni Paolo II nella città di San Francesco. Nell’assemblea inaugurale Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di sant’Egidio, ha parlato proprio di questa convinzione: «Anche davanti ai conflitti più disumani confermiamo che non può esserci guerra e violenza in nome di Dio». E se è vero che le guerre sembrano diventare sempre più crudeli «che sarebbe oggi il mondo senza il dialogo?». Lavorare per la pace, dunque, «come necessità del nostro tempo». Ne sa qualcosa Vian Dakheel, donna coraggiosa, membro del Parlamento iracheno, che ha invocato l’avvio di un’inchiesta internazionale sul massacro subito dal suo popolo, la liberazione di 5 mila donne e bambini yazidi e l’invio di truppe di pace nella regione. E ne sa molto anche Aphrem II, patriarca della Chiesa siro-ortodossa, che ha parlato della sofferenza che vivono oggi i cristiani in Medio Oriente. Sono in quella regione dai tempi di Gesù: «Ma la gravità di ciò che sta avvenendo oltrepassa tutto ciò che avevamo visto in passato». Il Gran Muftì dell’Egitto Shawqi Allam traccia in modo netto il confine tra l’Islam e la violenza dei gruppi estremisti e dell’Isis: «Si affidano a interpretazioni distorte della religione che non hanno fondamento nella dottrina: il loro obiettivo è puramente politico ed è diffondere il caos nel mondo». Oggi e domani si continua con 25 tavole rotonde: al centro le crisi e le speranze di pace che attraversano la Terra, grandi questioni sociali come l’immigrazione e la lotta alla povertà. Con la partecipazione anche di storici, sociologi ed economisti. Ieri Zygmunt Bauman, teorico della «società liquida», ha parlato del dialogo come dell’«arte più importante per mantenere la pace nel pianeta». Roberto Zuccolini © RIPRODUZIONE RISERVATA I protagonisti Ponti Shawki Allam, Gran Mufti d’Egitto: ha parlato di «ponti» e non muri tra le religioni Filosofo Zygmunt Bauman, polacco: il dialogo è l’arte più importante per mantenere la pace Pace Il presidente uscente del Consiglio Ue, Herman Van Rompuy: urgente realizzare vincoli di pace Presidente Martin Schulz, presidente del Parlamento europeo: anche lui è intervenuto ad Anversa Yazida Vian Dakheel, deputata yazida a Bagdad: chiede un’inchiesta sul massacro del suo popolo Fondatore Andrea Riccardi, della Patriarca Aphrem II, patriarca delComunità di Sant’Egidio: non può la Chiesa siro-ortodossa: ha paresserci guerra in nome di Dio lato della sofferenza dei cristiani 350 rappresentanti delle principali religioni e delle culture mondiali hanno partecipato all’incontro interreligioso «La pace è il futuro», organizzato nella città belga di Anversa dalla comunità di Sant’Egidio, nel centenario dello scoppio della Prima guerra mondiale di ANTONIO FERRARI L e voci della speranza salgono fieramente proprio dalla terra dove si stanno consumando crimini mostruosi. La dolce terra mediorientale, stuprata dalla ferocia e dai boia di uno Stato che non esiste ma che massacra e distrugge, come ha denunciato anche qui ad Anversa la parlamentare yazida irachena Vian Dakheel. I l m o n d o è s c o nvo l t o , m a Mohammed Sammak, intellettuale libanese del Comitato per il dialogo nazionale islamico-cristiano, che appartiene alle oltre 300 autorità religiose cha hanno accolto l’invito della Comunità di Sant’Egidio, ha lo sguardo sereno di chi è abituato a vivere sulla frontiera di una convivenza che deve essere conquistata ogni giorno. Mi dice che quanto sta accadendo non è nient’altro che uno tsunami. «Certo, è uno spaventoso tsunami, che ha portato e porterà devastazione, un numero impressionante di vittime, ferite difficili da rimarginare e danni incalcolabili. Tuttavia lo tsunami prima o poi finirà. Dobbiamo resistere e dovremo farci trovare pronti per ricostruire su quelle macerie». Sammak, uno dei tanti studiosi mediorientali che hanno preservato la saggezza di una memoria millenaria, già immagina l’uscita dal tunnel, con la volontà collettiva che si ricompone. Da libanese, per nella più matura pacatezza, è in grado di esprimere le proprie idee con rocciosa convinzione. Come Guirgis Ibrahim Saleh, professore dell’Antico Testamento al seminario teologico copto. Saleh è un egiziano che vive nell’amore del dialogo, e che sta tessendo relazioni sempre più proficue con le massime autorità religiose sunnite. La collaborazione cristiano-islamica sta dunque compiendo grandi passi, proprio nel momento più difficile; e in particolare in Egitto, che sta tornando-nonostante le tensioni- al ruolo-guida cui è chiamato dalle proprie responsabilità come primo Paese arabo. È davvero importante che questi segnali giungano da un piccolo Paese, il Belgio, e che le voci della speranza salgano da una città che conta mezzo milione di abitanti, e nella quale convivono 171 differenti nazionalità: superata soltanto da Amsterdam e New York. Con le sue 71 Chiese cattoliche, 140 Chiese protestanti ed evangeliche, 6 ortodosse, e le sue 32 sinagoghe e 48 moschee, Anversa è davvero un efficace esempio di civile convivenza. [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA Rabbino Abraham Skorka, rabbino di Buenos Aires: le fedi devono diffondere giustizia e misericordia Il dibattito Il caso di Imola. E l’impegno della Santa Sede, di fronte agli orrori dell’Isis, a fermare le pulsioni «crociate» I vescovi che chiedono di «allontanare i nemici in casa» CITTÀ DEL VATICANO — Parte dall'«afflusso» crescente di «profughi e immigrati» e chiede agli «islamici presenti fra noi» di «mostrarsi uomini d’onore» e «prendere posizione pubblicamente contro le persecuzioni e gli atti di crudeltà» di cui sono vittime i cristiani e «alcune minoranze religiose», fino a concludere: «Altrimenti dovrebbero avere il coraggio di allontanarsi dalle nostre terre, perché nessuno vuole avere nemici in casa». Il vescovo di Imola, Tommaso Ghirelli, non l’ha mandata a dire, con relativo contorno di polemiche ed entusiasmi — specie in Rete — dei «crociati» nostalgici della guerra di religione. E del resto, negli ultimi tempi, è capitato altre volte che l’anima più conservatrice del- l’episcopato scegliesse toni forti: l’arcivescovo di Ferrara Luigi Negri impegnato a denunciare una «prevalenza della volontà di dialogo a ogni costo che deprime la verità» e le «responsabilità storiche che fanno capo a certe formulazioni ideologico-religiose che rendono permanente il pericolo per i cristiani»; o Giampaolo Crepaldi, arcivescovo di Trieste, che in tema di «ideologie di morte» anticristiane denunciava «la dittatura del relativismo in Europa e Occidente» accostando i «movimenti islamici mossi dall’odio» e il «comunismo nordcoreano». In questi mesi, tuttavia, la Santa Sede è stata attenta ad arrestare sul nascere le pulsioni «crociate» nate come reazione agli orrori dell’Isis: anche per la semplice ragione che farebbero il gioco dei fanatici islamisti. Non a caso Francesco, nell’affermare che in Iraq «è lecito fermare l’aggressore ingiusto», diceva ai giornalisti: «Mi parlano dei cristiani che soffrono, dei martiri, ed è vero, ci sono tanti martiri; ma qui ci sono uomini e donne, minoranze religiose non tutte cristiane, e tutte sono uguali davanti a Dio». Oltretevere spiegano che è giusto mettere in guardia dal rischio di reclutamento dalle nostre parti, ma pure che l’odio scatenato dell’Isis è anche, o anzitutto, intramusulmano. Di là dalle interpretazioni della frase di monsignor Ghirelli — che nella lettera scrive pure: «Finiamola di prendercela in blocco con gli stranieri» —, la linea è stata espressa nell’edito- Oltre 150 vittime Monsone in Kashmir Alcuni lavoratori immigrati si riparano dalle forti piogge a Shrinagar, capitale del Kashmir indiano. Il monsone ha causato nell’area oltre 150 vittime(Ap) riale appena uscito della Civiltà Cattolica, la rivista dei gesuiti confratelli di Bergoglio: davanti alla «guerra religiosa scatenata dall’Isis» la «risposta sbagliata» è «una controffensiva di stampo religioso anche soltanto intraislamico» perché «si radicalizzerebbe l’islamismo dell’Is nelle menti e nei cuori di molti musulmani». Certo, «la comunità islamica mondiale ha il dovere di distruggere nei cuori di tutti i musulmani una concezione estremista del Corano e della tradizione islamica» si legge. Però «a tutti spetta il dovere di non strumentalizzare l’Islam (e nessuna religione) per fini egemonici politici, economici o settari». L’arcivescovo Silvano Maria Tomasi, Osservatore della Santa Sede all’Onu, diceva al Corriere che è «urgente» intervenire per fermare l’Isis, anche per la «minaccia» che rappresentano i mercenari che tornerebbero in Occidente, parlava di «uso della forza» per fermare il «genocidio» e insieme di «risposta politica», ma sempre coinvolgendo i Paesi dell’area, altro che guerra di religione: «Dobbiamo guardare alla sostanza delle cose e non alla verniciatura esterna. I mercenari e gli altri combattenti del cosiddetto Califfato usano un vocabolario religioso per conquistare il potere». Ieri Francesco ha scritto un messaggio ai leader religiosi riuniti ad Anversa: «La guerra non è mai un mezzo soddisfacente a riparare le ingiustizie, è sempre una inutile strage. Il rispetto reciproco, il dialogo e la cooperazione aiuteranno a bandire il sinistro fantasma del conflitto armato». Gian Guido Vecchi © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Lunedì 8 Settembre 2014 Esteri 13 italia: 51575551575557 La crisi Oggi la nuova lista delle contromisure Ue, Putin minaccia di reagire. Mariupol sotto attacco La tregua in Ucraina ora vacilla Berlusconi: sanzioni irresponsabili Dall’Italia elmetti e giubbotti all’esercito di Kiev. «Ma niente blindati» «Materiale difensivo e di protezione». Così definiscono allo Stato maggiore della Difesa l’equipaggiamento che l’Italia è disposta a concedere all’Ucraina. Niente armi, ma eventualmente solo elmetti e giubbotti antiproiettile. «Stiamo preparando — dicono al vertice delle Forze armate — un pacchetto di assistenza militare su cui ragionare anche con altri Paesi della Nato». In un primo momento era circolata la voce secondo la quale l’Italia era pronta a inviare al governo di Kiev 90 mezzi blindati. Ipotesi smentita da Palazzo Chigi. In realtà nessun Paese dell’Alleanza atlantica sembra volersi invischiare direttamente nel caos ucraino. Dopo le precisazioni italiane, anche Norvegia, Polonia e Stati Uniti si sono affrettati a chiarire che non hanno alcuna intenzione di armare le truppe ucraine. A Kiev si erano diffuse voci riguardo all’invio di armi dopo il summit della Nato, che si è svolto a Newport, nel Galles, giovedì e venerdì scorsi. Ma erano voci infondate, tanto che Yuri Lytisenko, consigliere del presidente Petro Poroshenko, è stato costretto ad ammettere che di armi da parte dell’Alleanza atlantica non se ne parla. Oggi dovrebbe essere resa nota la nuova lista di sanzioni che i 28 Paesi dell’Ue hanno deciso di applicare alla Russia. Putin minaccia reazioni pesanti, se Estremisti islamici di circa 3 mila persone. In questo caso scatterebbero le nuove sanzioni contro Mosca. E i Paesi europei che, a causa del blocco delle esportazioni, ci hanno già rimesso 5 miliardi di euro (all’Italia l’embargo è costato finora 200 milioni), dovrebbero sopportare ripercussioni ancora più pesanti sul piano economico. Una prospettiva che ha già creato tensioni all’interno dell’Unione, con Slovacchia e Repubblica Ceca apertamente critiche verso le iniziative contro Mosca. Non le condivide nemmeno Silvio Berlusconi, il quale definisce «irresponsabile e ridicolo l’atteggiamento sanzionatorio» nei confronti della Russia. Viviamo un periodo di angoscia, dice il leader di Forza Italia, a causa della profonda crisi dell’economia aggravata «ancora più dalle decisioni dei vertici occidentali, americani, la Nato e i vertici europei che, direi incredibilmente e irresponsabilmen- 5 miliardi di euro è costato finora ai Paesi europei il blocco delle esportazioni verso la Russia, in seguito alle sanzioni Il controllo Soldati ucraini ispezionano un carro armato danneggiato alla periferia della città portuale di Mariupol, sul Mar d’Azov, uno dei centri nel mirino delle azioni dei ribelli (Reuters/ Vasily Fedosenko) le nuove restrizioni entreranno in vigore. Da Bruxelles arriva però un’importante apertura di credito verso Mosca. Herman Van Rompuy, presidente uscente del Consiglio europeo, afferma che l’Europa potrebbe cancellare le sanzioni contro la Russia, se la tregua regge. «Il cessate il fuoco — spiega Van Rompuy — è un passo importante e per accrescere la pressione su Mosca abbiamo deciso delle sanzioni. Ma siamo pronti a fare marcia indietro se tiene la tregua». Tuttavia, la tregua firmata venerdì a Minsk tra Kiev e i ribelli filorussi sembra abbastanza fragile. Ieri è stata violata più volte. I bombardamenti hanno devastato un quartiere della città portuale di Mariupol, sul mar d’Azov. Ci ha rimesso la vita una donna di 33 anni, e quattro persone hanno riportato ferite. Colpi di cannone hanno echeggiato anche vicino all’aeroporto di Donetsk. C’è il forte timore che Mariupol non sia un incidente, ma che da lì possa di nuovo prendere vigore il conflitto che in 5 mesi ha causato già la morte te, hanno cancellato e stanno cancellando il grande lavoro e i risultati che avevamo conseguito noi nel 2002 con il trattato di Pratica di Mare, mettendo fine a mezzo secolo di guerra fredda». A Pratica di Mare, nel 2002, al vertice Nato partecipò anche Putin. Marco Nese © RIPRODUZIONE RISERVATA Boko Haram avanza in Nigeria I miliziani islamici di Boko Haram hanno conquistato Michika, un’importante città dello Stato nord-orientale di Adamawa, in Nigeria. I guerriglieri hanno così consolidato il controllo della zona, dove giovedì scorso avevano già espugnato la città di Gulak. Secondo quanto riferito dagli abitanti in fuga, jet militari hanno sorvolato la zona ma non hanno bombardato i miliziani. Il governo federale di Abuja ha inviato soldati nella zona di Mararaba Mubi per proteggere la città di Mubi, un altro centro strategico a pochi chilometri da Michika. I militanti del gruppo estremista islamico (il nome Boko Haram significa «l’educazione occidentale è peccato») hanno attaccato Michika a bordo di camion, motociclette e anche blindati rubati all’esercito regolare. Dal canto loro, i soldati fedeli al governo federale hanno abbandonato la regione, seguiti da parte della popolazione. Il governo nigeriano sta tuttavia cercando di rassicurare i propri cittadini dopo gli attacchi di Boko Haram. Il ministero della Difesa in un comunicato ha rinnovato gli sforzi del governo contro il terrorismo e ha promesso che sarà fatto tutto il possibile per sconfiggere gli estremisti. 14 Esteri Lunedì 8 Settembre 2014 Corriere della Sera italia: 51575551575557 L’iniziativa E’ contro il nucleare, elogia il marito («porta fuori la spazzatura»). La carta segreta per conquistare l’elettorato femminile? Giappone-Cina, il disgelo delle mogli Lady Abe, detta l’«opposizione in casa»: vorrei incontrare la signora Xi, bella ed elegante DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PECHINO — I sette membri del Comitato permanente del Politburo comunista cinese erano allineati uno al fianco dell’altro il 3 settembre a Pechino: la data è stata scelta per celebrare con orgoglio la vittoria contro gli invasori giapponesi nella Seconda guerra mondiale. Sono mesi che il potere cinese non perde occasione per ricordare la ferocia dell’aggressione dell’esercito imperiale di Tokyo, che tra il 1931 e il 1945 costò la vita a 35 milioni di cinesi tra civili e militari. Le relazioni tra il presidente Xi Jinping e il governo giapponese di Shinzo Abe sono poco più che inesistenti: i due oltre che politicamente a quanto si dice si detestano anche personalmente. Eppure, proprio il 3 settembre a Tokyo è successo qualcosa di assolutamente inatteso che potrebbe contribuire a disperdere la cortina di rancori e sospetti tra le due leadership. Akie Abe, la moglie del premier, ha ricevuto i corrispondenti delle agenzie di stampa internazionali e ha lanciato un messaggio: «Mi piacerebbe incontrare la first lady cinese Peng Liyuan, perché le mogli dei leader possono parlare tra di loro senza il peso degli interessi nazionali sulle loro spalle». Akie, 50 anni, è un personaggio fuori dagli schemi tradizionali della politica giapponese che relegano le compagne A confronto A sinistra, il premier giapponese Shinzo Abe, 59 anni, con la moglie Akie, 50. A destra, il presidente cinese Xi Jinping, 61 anni, con la consorte Peng Liyuan, 50. I due leader, nei due anni al vertice del potere nei rispettivi Paesi non si sono mai incontrati. I rapporti tra Cina e Giappone sono gelidi, in particolare per questioni territoriali e timori di espansionismo dei primi ministri all’invisibilità o al massimo alla coreografia delle foto di gruppo ufficiali. La signora ama parlare con i giornalisti e ha delle idee sue, soprattutto in tema di politica I mariti Shinzo Abe e Xi Jinping non si sono mai stretti la mano. Le relazioni tra i loro Paesi sono «fredde» nucleare: al contrario del marito, che vuole riaccendere tutte le centrali atomiche del Paese spente sull’onda dell’emozione per il disastro di Fukushima nel 2011, Akie ripete che «quando accade un incidente, le conseguenze sono terribili e non c’è niente da fare; quindi se ci sono fonti di energia alternative io le preferisco e vorrei che il governo non riattivasse i reattori». Per affermazioni come questa Akie Abe è stata definita «l’opposizione in famiglia del pre- mier». La signora non è una sprovveduta. Viene da una grande famiglia di imprenditori, ha studiato in un esclusivo college cattolico di Tokyo, è stata dirigente in un’importante agenzia di pubblicità (alcuni a Tokyo sospettano che Akie critichi il marito dimostrandosi autonoma proprio per metterlo in buona luce, proiettando di lui un’immagine di uomo moderno che sa ascoltare il parere femminile). Se davvero c’è una strategia politica familiare, anche le parole che Akie ha dedicato alla collega cinese Peng Liyuan ne fanno parte e assumono maggiore rilievo. «La trovo davvero bella, di stile e simpatica, ha L’incontro Akie Abe e Peng Liyuan potrebbero vedersi a novembre, a margine del vertice dell’Apec un’aura», ha detto la first lady giapponese della moglie di Xi. Il vertice tra le due potrebbe svolgersi a novembre a Pechino, a margine della riunione dell’Apec, l’Associazione per la cooperazione economica AsiaPacifico. I due leader potrebbero seguire il loro esempio. Anche Peng Liyuan è un caso unico nella storia della Repubblica popolare cinese: prima moglie di un leader a curare l’eleganza, si mostra in pubblico al fianco del marito, partecipa alle mis- sioni internazionali. Akie e Peng sono coetanee, entrambe classe 1964. Se davvero si vedranno faccia a faccia a Pechino, dipenderà comunque dalle scelte dei governi presieduti dai mariti. Finora, nei due anni da quando sono in carica, Shinzo Abe e Xi Jinping non si sono mai nemmeno stretti la mano. Abe però ha mandato un altro segnale notevole di disponibilità a un disgelo negli ultimi giorni: ha chiamato nella sua formazione di ministri due esponenti noti a Tokyo (e a Pechino) come «filo-cinesi». Oltre all’omaggio a Peng, Akie Abe ha dedicato parte del colloquio con Associated Press e Reuters alle politiche economiche del marito, la famosa Abenomics. Alla signora non piace l’aumento dell’imposta sui consumi al 10 per cento, che è una delle «frecce» del piano governativo: «Meglio tagliare prima tutte le spese inutili, non vi pare?». Per concludere, una confidenza sul privato del capo del governo imperiale: «Come sapete, noi abitiamo in un appartamento normale a Tokyo, abbiamo rinunciato alla residenza dei premier, io sono spesso fuori per il mio lavoro, così lui aiuta con le faccende di casa, qualche volta fa il bucato, butta la spazzatura, anche se magari sposta le cose male e debbo intervenire». Guido Santevecchi @guidosant © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Lunedì 8 Settembre 2014 Verso il referendum Esteri 15 italia: 51575551575557 I sondaggi Per la prima volta i sì alla secessione al 51 per cento. Tremano i laburisti che hanno le loro roccaforti a Edimburgo I catalani: no a un voto illegale DAL NOSTRO INVIATO In famiglia La regina Elisabetta, con il plaid a quadretti, tra il marito Filippo (a sinistra) e il figlio Carlo agli annuali giochi sportivi di Braemar in Scozia (Afp) Scozia, sorpasso indipendentista Scacco alla Regina dopo 307 anni? Panico a Londra, Cameron offre subito più autonomia il sì bisognerà pensare a una nuova frontiera. Guardie, controlli, costi. «Se gli scozzesi non vogliono frontiere, votino no al referendum». L’«occhio nero» dà una scossa alla sonnolenta campagna «Better Together» (Insieme è meglio), mentre il sorpasso galvanizza i supporter di «Yes Scotland». Gli osservatori sottolineano che serviranno altri sondaggi per confermare la tendenza pro-indipendenza. Secondo YouGOv gli indecisi sono l’8%. Un altro sondaggio, commissionato dal fronte del sì, dà ancora gli unionisti in vantaggio (52 a 48%). Entrambe le parti hanno la necessità di mandare gli elettori ai seggi: l’affluenza sarà cruciale. La fetta degli ultra sessantenni, quelli che vanno di più a votare, è ancora saldamente a favore del no (62% a 38%). Un segno che il gioco si fa davvero duro, oltre alle parole forti da Bruxelles (il presidente uscente della Commissione, Barroso, ha ventilato che «l’Unione Europea non riconoscerà la sovranità della Scozia») è a Londra il balenare dei coltelli nelle file dei grandi partiti: tra i conservatori ci sono parlamentari che già parlano di dimissioni dovute per Cameron se la Scozia dovesse staccarsi. Cameron come Lord North, il primo ministro sfiduciato alla Camera dei Comuni nel 1782, dopo «la perdita» delle colonie americane. Tra i laburisti c’è chi chiede la testa del coordinatore Douglas Alexander, soprannominato impietosamente «Rain Man» per la sua incapacità di relazionarsi agli altri. Nel castello di Balmoral Elisabetta II, «orripilata» ma ufficialmente neutrale, preoccupata soprattutto per il suo ruolo di capo della Chiesa Scozzese, incrocia le dita. A Londra il governo ha già chiesto al Cobra, il comitato di emergenza, un piano per evitare un crollo dei mercati nel caso in cui dalle urne il 18 settembre arrivi un altro, definitivo, «occhio nero». Michele Farina mikele_farina © RIPRODUZIONE RISERVATA In cifre Mare del Nord POPOLAZIONE LAZIONE (dati 2012) 2012 Scozia 5,3 milioni Pari all’8,3% degli abitanti del Regno Unito PIL PRO CAPITE (dati in sterline) Regno Unito Scozia 22.336 SCOZIA Aberdeen Glasgow EIRE LONDRA — Il sorpasso degli indipendentisti, l’«occhio nero» preannunciato da Rupert Murdoch sabato notte su Twitter, ha fatto scattare il governo: ieri mattina mentre il Sunday Times dello Squalo usciva in edicola con il sondaggio choc di YouGov che per la prima volta dava i sì in vantaggio sui No (51% contro 49%), il premier David Cameron spediva il ministro delle Finanze George Osborne negli studi della Bbc ad assicurare un piano di nuove concessioni alla Scozia, prima di spedire se stesso nel castello (scozzese) di Balmoral per una foto-opportunità con la Regina all’uscita della messa. Ogni mossa è buona, a dieci giorni dal referendum che potrebbe davvero rompere l’Unione che resiste da 307 anni. Chi se l’immagina la regina (fonti di palazzo la definiscono «orripilata» da una possibile scissione) che cammina per i boschi di Balmoral come una straniera? Dovrà mostrare il passaporto il principe Carlo o basterà il kilt quando dovrà superare il confine del fiume Tweed? In tv Osborne ha annunciato per i prossimi giorni (senza entrare nel dettaglio) un piano che «darà più poteri» immediati agli Highlander su tasse, spesa e welfare. «Questa è una bustarella — ha tuonato il leader indipendentista Alex Salmond — I politici di Londra sono nel panico, stanno perdendo e cercano di corrompere gli elettori all’ultimo minuto. Ma che dire delle migliaia di scozzesi che hanno già votato per corrispondenza?». Il fronte del no ha sempre viaggiato con un vento di sondaggi che lo davano sicuro vincente. Un mese fa YouGov poneva i sì indietro di 22 punti. A metà agosto erano 14, una settimana fa 6. Fino al sorpasso annunciato ieri. Chi ha cambiato idea? In un mese gli under 40 favorevoli al distacco sono cresciuti dal 39 al 60%. Nella classe operaia sono passati dal 41 al 56%. Un cambio significativo è quello delle donne, da sempre più ostili a un futuro lontano da Londra. Anche la diga femminile sembra franare addosso ai sostenitori di una Gran Bretagna unita: le indipendentiste erano il 33% a inizio agosto e sono il 47% oggi. Cosa è accaduto? Peter Kellner, capo di YouGov, dice al Guardian che Alex Salmond è riuscito a neutralizzare il fattore paura, specie sulle conseguenze economiche di uno strappo. Un’altra barriera che sembrava insormontabile, la fede politica, dà segni di cedimento: tra i laburisti i Sì sono raddoppiati in 30 giorni, dal 18 al 35%. Anche questo spiega il nervosismo di Ed Miliband (che ha 40 deputati scozzesi mentre i Conservatori ne hanno solo uno): il leader del Labour in un’intervista pubblicata ieri ha detto che se passa Edimburgo REGNO UNITO 26.424 Incluse le rendite petrolifere Londra Escluse le rendite petrolifere 20.873 20.571 ULTIMI SONDAGGI (esclusi: «non so» e «non voterò») NO SÌ 61% 57% 43% 39% 53% 51% 47% 49% New York De Blasio «tradisce» i senza tetto Bill de Blasio criticato per il trattamento dei poveri: il sindaco di New York, che sulla difesa dei diseredati ha costruito gran parte della sua campagna elettorale, si appresta a mandare via dalla Grande Mela 2.000 senza tetto. E subito si scatena la protesta delle associazioni per i diritti dei poveri, che vedono il primo cittadino seguire i passi del predecessore (dopo averlo criticato). De Blasio aveva infatti accusato Michael Bloomberg, sindaco fino alla fine del 2013, di «espellere» dalla città i più sfortunati e i più deboli, col risultato di creare in pratica due città: quella dei ricchi, Manhattan, e quella dei poveri, nelle altre aree della metropoli. Ma il numero dei senza tetto costretti a fare le valigie si mantiene ai livelli di quelli della precedente amministrazione. Le associazioni vorrebbero invece che il sindaco colpisse i proprietari di immobili e di case che mettono i più poveri in mezzo a una strada. LA BATTAGLIA PER L’INDIPENDENZA: I LEADER Un legame speciale per la Corona Da Maria Stuarda ai picnic a Balmoral Elisabetta e quelle terre del Nord SÌ Alex Salmond Primo ministro scozzese Leader del Snp (Scottish National Party) NO Alistair Darling Leader di «Better Together» Ex ministro delle Finanze del Regno Unito C.D.S. di ENRICA RODDOLO Come ogni estate Her Majesty è a Balmoral, il suo luogo del cuore. Anche se è solo dal 1707, con l’Act of Union voluto dalla regina Anna (figlia di Giacomo II), che le due corone sono state unificate dopo secoli di aspre battaglie: Elisabetta I arrivò a mandare al patibolo la cugina Mary «regina degli scozzesi» (Maria Stuarda) nel 1587. Così ieri l’inquilino del numero 10 di Downing Street è volato fino a Balmoral per incontrarla e fare il punto sulla delicata questione del voto sull’indipendenza scozzese. Solo fra i venti e la natura aspra di questa terra Elisabetta ritrova la sua serenità. Per La maggioranza dei catalani ritiene che il referendum sull’indipendenza della Catalogna dalla Spagna non si debba svolgere se, come è probabile, verrà dichiarato incostituzionale. È quanto emerge da due sondaggi pubblicati a due mesi dalla consultazione popolare del 9 novembre proposta dal presidente della regione nord-orientale, Arturo Mas. Il premier spagnolo, Mariano Rajoy, ha già sottoposto la questione alla Corte costituzionale. Solo il 23% dei catalani vuole che si vada al voto anche senza l’avallo giuridico, secondo un sondaggio pubblicato da El Pais. Un 45% chiede di rispettare la decisione dei tribunali. Del resto solo il 27% dice di volere l’indipendenza da Madrid e il 42% chiede solo rinegoziare i rapporti. Da un altro sondaggio, su La Razon, emerge che il 55% è contrario al voto se vietato dai tribunali. Ritratti Elisabetta nel 1960 al castello di Balmoral con Filippo e i figli. Sopra un ritratto di Maria Stuarda questo, quando Buckingham palace apre ai visitatori della tradizionale summer exhibition, lei e Filippo si trasferiscono a Balmoral, la residenza di vacanza acquistata nel 1852 da Alberto di Saxe Corburgo per la sua amata Vittoria. Qui Filippo, fino a che l’età lo permetteva (e talvolta ancora oggi) si dilettava a cucinare salsicce e carne alla brace: Elisabetta ha sempre amato i dejeuner sur l’erbe, come cavalcare e guidare per i sentieri impervi delle colline scozzesi. Quanto al duca, la sua passione è la caccia che solo lontano da Londra riesce a coltivare. Anche molte delle fughe romantiche di Her Majesty hanno avuto per meta la Scozia, e per la precisione le isole Ebridi: le scelse anche per festeg- giare i suoi 80 anni. Prima le raggiungeva a bordo del Royal Britannia poi si è rassegnata ad affittare l‘Hebridean Princess, un traghetto per il trasporto dei veicoli, riconvertito in lussuoso albergo sulle onde. Come ogni estate, il 3 luglio, alla cattedrale di St Giles nel cuore storico di Edimburgo la regina ha nominato i nuovi cavalieri dell’Ordine del Thistle (il cardo), la più alta Residenza estiva Ogni estate sposta in Scozia la sua residenza. Qui Filippo, finché poteva, si dilettava a cucinare salsicce onorificenza di Scozia. E pochi giorni prima aveva incontrato il paladino dell’indipendenza, Alex Salmond, durante il tradizionale Royal garden party scozzese: ogni anno, la regina dedica infatti alla Scozia uno dei ricevimenti della stagione estiva, oltre ai tre a Buckingham palace a Londra. Proprio Salmond ha sempre assicurato che la Scozia non rinuncerà mai alla sua regina, lei resterà insomma Queen of Scotland. In fondo, Her Majesty è rimasta sovrana anche dell’Australia. Ma pur non potendo esprimere un pensiero politico, Elisabetta è molto preoccupata. E ai Braemar Gathering, i giochi delle Highland, accanto a Carlo (che in Scozia è Duca di Rothesay), il suo volto non nascondeva tensione. È consapevole che la corona è fragile. Insomma, anche se Salmond assicura che la regina non è in discussione, dire addio alla sua terra amatissima sarebbe una fitta al cuore per Elisabetta. © RIPRODUZIONE RISERVATA 16 italia: 51575551575557 Lunedì 8 Settembre 2014 Corriere della Sera Corriere della Sera Lunedì 8 Settembre 2014 17 italia: 51575551575557 # Cronache La tragedia Le suore appartenevano all’ordine saveriano. Il dolore di Mogherini Viaggio di solidarietà «Colpite da uno squilibrato» Uccise due missionarie italiane Volontario accoltellato nel suo camper in Turchia Erano impegnate in Burundi. L’ipotesi di una rapina GENOVA — Stavano tornando da un viaggio che univa solidarietà e conoscenza di Paesi e terre nuove: i genovesi Giorgio Bozzo, 70 anni, e la moglie Rita facevano parte di un gruppo di sei equipaggi di camperisti diretti in Turchia, Georgia e Armenia. Venerdì notte Giorgio, agente marittimo in pensione, è stato ucciso a coltellate nel suo camper, nei pressi di Trebisonda, durante un tentativo di rapina finito nel sangue, probabilmente perché ha cercato di reagire e difendere la compagna. Rita Bozzo è rimasta lievemente ferita, è stata ricoverata in stato di choc ed è già stata dimessa. Farà ritorno in Italia oggi. «È morto tra le mie braccia, nel buio di quel parcheggio», racconta Rita. «Era buio, non ho visto in faccia gli aggressori». Giorgio e Rita erano in viaggio per consegnare medicine a un ambulatorio in Armenia e a un’associazione che offre sostegno ai profughi, in particolare orfani. La missione era andata a buon fine e la carovana era sulla via del ritorno. La spedizione era organizzata dall’associazione Arance di Natale Onlus, un gruppo di camperisti che sotto Natale vende arance per beneficenza e impiega quanto raccolto per acquistare medicine e generi di prima necessità, come spiega il vicepresidente Beppe Maio, che vengono poi consegnati di persona. «Abbiamo parlato al telefono con Rita — dice Maio — fisicamente sta bene ma è molto provata. Anche noi siamo sconvolti, Giorgio era un amico e un punto di riferimento per la nostra attività di volontariato, era con noi da molti anni». La polizia turca ha già arrestato due uomini, uno dei quali — H.K., 33 anni, noto come tossicodipendente — secondo notizie confermate dalla Farnesina sarebbe l’autore materiale dell’omicidio. Secondo le indagini sarebbe entrato nel camper dal finestrino di ventilazione e avrebbe colpito Giorgio Bozzo con numerose coltellate. «I camper dei nostri soci — dice Maio — erano parcheggiati davanti a un ristorante dove il gruppo si era fermato per cena. L’area di parcheggio è custodita, nei nostri viaggi stiamo sempre attenti alla sicurezza. Non conosciamo esattamente la dinamica di quello che è successo». È quello che si chiede anche il fratello maggiore di Giorgio, Mario, che abita poco distante dai Bozzo nelle alture di Genova: «Ero preoccupato per questo viaggio — dice — perché quelle zone mi sono sembrate da subito troppo pericolose. Avevo detto a mio fratello di non partire. Ma per lui questi viaggi erano molto importanti. E adesso mi dicono che è stato ucciso da un disgraziato, un tossico». Sui quotidiani e alla tv turca l’aggressione viene descritta con espressioni di grande riprovazione. Forse è ancora vivo il ricordo dell’omicidio dell’artista Pippa Bacca (Giuseppina Pasqualino di Marineo), uccisa da un camionista nel marzo del 2008 non lontano da Istanbul. Lucia Pulici, missionaria saveriana, da 6 anni era impegnata a Kamenge, villaggio nella zona della città di Bujumbura in Burundi. Compito difficile, in una clinica psichiatrica della locale parrocchia, tenuta dai Fratelli della Carità. «L’incontro con gli ospiti della clinica è diventato un appuntamento fisso della domenica pomeriggio — raccontava qualche tempo fa —. Accompagniamo padre Modesto nella visita ai malati. Insieme a lui, da anni, visita i malati anche Esperance, una giovane burundese, dolce e calma, che non si scompone di fronte alle loro reazioni a volte violente». Ieri forse uno di quei malati ha colpito a morte suor Lucia Pulici e la consorella Olga Raschietti. È stato nella notte il sito internet della diocesi di Parma a dare la tragica notizia: «Oggi in Burundi presso la loro missione di Kamenge sono state uccise due sorelle missionarie saveriane. Le circostanze sono ancora oscure: sembra che il loro omicidio sia il tragico esito di una rapina da parte di una persona squilibrata». Il ministero degli Esteri ha subito confermato la morte delle due religiose. Il ministro Federica Mogherini ha commentato: «L’uccisione di suor Lucia Pulici e suor Olga Raschietti nel convento di Kamenge è un grande dolore. A nome mio e del governo vorrei porgere le più sentite condoglianze alle fa- miglie e all’ordine delle Missionarie di Maria saveriane». E ha aggiunto: «Attendiamo ora che le autorità del Burundi chiariscano quanto accaduto. Ci adopereremo per riportare in Italia quanto prima le salme delle due religiose». Lucia Pulici aveva lavorato in un reparto di maternità prima in Brasile e poi in Congo. Dal 2008 era in Burundi. Olga Raschietti, originaria di Montecchio Maggiore, in provincia di Vicenza, era entrata tra le Missionarie di Maria saveriane nel 1956, e dal 1968 era in Africa, soprattutto nelle missioni in Congo. Prima di tornare nella sua ultima missione di Kamenge aveva scritto sul giornale della diocesi di Vicenza: «Riparto con gioia per l’Africa con il desiderio di continuare a comunica- In Africa A sinistra, Olga Raschietti. A destra Lucia Pulici. Missionarie saveriane, erano impegnate nel villagio di Kamenge in Burundi In Puglia Gabrielli: «Sì allo stato d’emergenza nel Gargano» «Per quello che ho visto, per quello che il presidente (Vendola ndr) mi ha raccontato, credo che ci siano le condizioni per la dichiarazione dello stato di emergenza». Lo ha detto il capo della Protezione civile, Franco Gabrielli, dopo l’incontro in prefettura a Foggia con i sindaci dei comuni colpiti dall’alluvione che sabato ha causato un morto e un disperso. Intanto l’Esercito è al lavoro per liberare dal fango le strade di Peschici e di Rodi Garganico. Riccardo Bruno © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA Napoli L’avvocato Anselmo conduce una controinchiesta. Arma e ospedale negano Per la morte di Davide c’è il legale di Cucchi «Il carabiniere gli ha sparato alle spalle» La vicenda La vittima Davide Bifolco (foto sotto) è stato ucciso venerdì nel rione Traiano di Napoli dopo essere stato colpito da un proiettile partito dalla pistola di un carabiniere al termine di un inseguimento. Il ragazzo, che avrebbe compiuto 17 anni il prossimo 29 settembre, si trovava assieme ad altri due giovani su uno scooter senza casco e Filmato Una telecamera fuori dalla sala giochi vicina a dove è stato ucciso Davide Bifolco mostra un carabiniere precipitarsi nel locale dopo gli spari NAPOLI — I genitori di Davide Bifolco — il diciassettenne ucciso quattro notti fa da un carabiniere dopo un inseguimento al Rione Traiano — hanno dato incarico all’avvocato Fabio Anselmo (che in passato ha assistito anche le famiglie di Stefano Cucchi e di Federico Aldrovandi) di svolgere proprie investigazioni da consegnare poi ai magistrati della Procura di Napoli che indagano per omicidio colposo nei confronti del carabiniere che ha sparato. L’avvocato è stato ieri a Napoli accompagnato da Ilaria Cucchi, la sorella di Stefano Cucchi, e da una re la Parola di Dio e testimoniare il suo grande amore per noi, per tutti. Sento fortemente che per una vera missione è necessaria la preghiera: occorre stare con Gesù per capire la forza del Vangelo, sola forza che può trasformare il mondo e cambiare la storia». E qualche anno prima aveva confessato: «Ormai le mie forze diminuiscono, però ancora accompagno dei giovani che si preparano ai sacramenti; inoltre posso annunciare Gesù attraverso i contatti personali: si può sempre essere vicini con una parola buona e di speranza». Il vescovo Enrico Solmi, «a nome di tutta la Chiesa di Parma», ha espresso «la vicinanza e il cordoglio della diocesi alla Congregazione delle missionarie saveriane e ai familiari delle due sorelle affidandole, nella preghiera, al Signore della Vita». Il porporato ha poi invitato «i cristiani di Parma alla preghiera» e ha rivolto «agli uomini e alle donne di buona volontà un appello al raccoglimento e all’omaggio verso persone umili, forti, che erano votate al bene di tutti». Quello saveriano è un ordine missionario fondato nella prima metà del secolo scorso dall’ex vescovo di Parma Guido Maria Conforti. Ha missioni in tutto il mondo e da molti anni è presente in Burundi. collaboratrice, per raccogliere il primo materiale che stamattina, o al massimo domani, dovrebbe essere depositato in Procura. Anselmo è entrato in possesso della registrazione dell’impianto video a circuito chiuso del centro scommesse distante pochi metri dal punto in cui il diciassettenne è stato ucciso. Le telecamere, però, non inquadrano la stra- Le immagini Il foro sul petto nelle foto del cadavere diffuse dalla famiglia. L’autopsia dirà se è di entrata o di uscita da, quindi si vedono soltanto alcune persone che, attirate dal rumore dello sparo, escono dal locale, ma poi vengono fatte rientrare da un carabiniere, che secondo i legali dei Bifolco apparirebbe in uno stato d’animo «evidentemente alterato». Al Comando provinciale di Napoli (dove si ribadisce «profonda solidarietà» nei confronti dei familiari della giovane vittima) sostengono, però, che quello che appare nel video non sarebbe il carabiniere che ha esploso il colpo di pistola contro Davide Bifolco ma un suo collega. Sempre secondo gli stessi carabinieri, le immagini inquadrerebbero di sfuggita anche Arturo Equabile, il giovane ricercato che, stando alla ricostruzione fatta dai militari dell’Arma, era sullo scooter insieme con Bifolco e un altro giovane (Salvatore Triunfo), e perciò i tre non si sarebbero fermati all’alt della pattuglia del nucleo radiomobile dando quindi il via all’inseguimento conclusosi tragicamente. Per i carabinieri questo particolare è importante perché l’altro giorno alcune emittenti televisive hanno intervistato un giovane che ha detto di chiamarsi Enzo Ambrosio e ha riferito di essere lui e non Equabile quello che la notte di venerdì assicurazione: i tre non si sono fermati all’alt dei carabinieri Le tensioni Sabato a Napoli c’è stata una manifestazione per chiedere giustizia per il giovane. Un gruppo di facinorosi ha organizzato un blocco stradale mentre tafferugli sono scoppiati con gli uomini della polizia. Il sindaco de Magistris si è detto «scosso dalla tragedia» scorso riuscì ad allontanarsi a piedi mentre Bifolco veniva ferito a morte e Triunfo bloccato e ammanettato. In accordo con i genitori del diciassettenne, i legali hanno anche reso pubbliche alcune foto del corpo senza vita di Davide Bifolco, perché dimostrerebbero che il foro che si vede chiaramente sul lato sinistro del torace è il foro di uscita del proiettile, quindi il ragazzo sarebbe stato colpito mentre era di spalle. Tale ricostruzione contrasta con quella ufficiale fornita dai carabinieri e avvalorata dal referto medico dell’ospedale San Paolo (dove il diciassettenne arrivò già cadavere), secondo cui il proiettile sarebbe entrato dalla parte anteriore del torace e uscito dalla zona dell’ascella. Intanto al Rione Traiano continua il presidio degli abitanti sul luogo dove il ragazzo è stato ucciso. Ieri sera un centinaio di persone ha anche dato vita a un corteo che si è svolto senza incidenti ma ha creato notevoli disagi alla circolazione automobilistica. In serata, poi, è stata organizzata una preghiera. Oggi, quando il corpo del ragazzo, dopo l’autopsia, sarà riconsegnato alla famiglia, si dovrebbero conoscere data e luogo dei funerali. F. B. © RIPRODUZIONE RISERVATA Erika Dellacasa © RIPRODUZIONE RISERVATA 18 italia: 51575551575557 Lunedì 8 Settembre 2014 Corriere della Sera Corriere della Sera Lunedì 8 Settembre 2014 Cronache 19 italia: 51575551575557 Istruzione Sempre più regioni hanno calendari uguali ogni anno. Il Codacons calcola le spese: oltre 750 euro a studente L’Aquila Otto milioni di ragazzi sui banchi Parte Bolzano, fra 10 giorni il Sud L’Istituto elementare con due classi per soli italiani Oggi i primi rientri in classe. Polemiche sui costi di libri e corredo INF ANZI A1 .022 9 9 .12 9 . 1 0 7.881.838 1 6 . 2 GLI ALUNNI ISCRITTI QUEST’ANNO SCOLASTICO GR AD Scuole aperte da oggi: i primi a sedersi in classe sono gli alunni della Provincia autonoma di Bolzano Gli ultimi i pugliesi e i siciliani O 8.644 366.838 Le istituzioni scolastiche statali nello scorso anno 728.325 Le classi attivate nell’anno scolastico 2013/2014 Gli insegnanti (compresi quelli di sostegno) nelle scuole statali PER REGIONE I testi Alle medie e alle superiori servono tra i 300 e i 350 euro per acquistare i manuali Prov. autonoma di Bolzano Numero iscritti Oggi Inizio scuola (settembre) 15 * Lombardia 1.181.434 Valle d’Aosta 11 16.000*** Piemonte 15 536.275 605.968 15 Veneto 217.131 15 Marche 179.465 11 Abruzzo 534.259 15 Emilia Romagna 41.797 10 Molise Toscana 15 474.423 83.553 15 Basilicata Umbria 15 119.701 Lazio 15 739.360 632.646 17 Puglia 933.864 PR IM AR IA Campania 15 Sardegna 15 212.822 Calabria 15 297.106 CO SE In otto milioni sui banchi Tra elementari, medie e superiori quest’anno scolastico gli studenti saranno 7.881.838, a cui vanno aggiunti quelli che frequenteranno gli istituti nelle regioni a statuto speciale (Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige) e quelli paritari. Sullo sfondo la «disperazione» — affidata sempre ai social network — dei ragazzi: «Non sono psicologicamente pronto», sintetizzano in molti. Qualcuno spera in un «ripescaggio» della soluzione di Umberto Buratti, sindaco di Forte dei Marmi, che settimane fa propose di posticipare l’apertura a ottobre. «Ripescaggio» che difficilmente ci sarà, visto che il ministro dell’Istru- Il formato digitale Non è mai partito il progetto di digitalizzare i testi o adottare forme miste cartacee e digitali 145.772 15 Friuli Venezia Giulia 10 ** Liguria 15 173.892 suonerà poco dopo anche per i «cugini» di Trento e i molisani (mercoledì), per i valdostani e gli abruzzesi (giovedì). Tra sette giorni toccherà agli alunni di quattordici regioni. I più «fortunati» al Sud: in Puglia e Sicilia le classi torneranno ad affollarsi il 17. La mancata svolta digitale Un conto, quello sui libri per Prov. autonoma di Trento 2.59 6.148 Le cifre SECOND ARIA DI S EC ON DO Per la maggior parte dei ragazzi questa sarà l’ultima settimana libera. Per quelli della Provincia autonoma di Bolzano le vacanze sono già finite: oggi tornano sui banchi di scuola. «Perché iniziamo prima di tutti gli altri?», si lamentano i giovanissimi su Twitter e Facebook. A cui si aggiungono i post «disperati» degli iscritti di alcuni istituti, soprattutto milanesi, che hanno deciso di anticipare rispetto al calendario regionale. Anche se la differenza è di qualche ora: la campanella Gli alunni ND iscritti al 1° anno AR delle scuole superiori (statali e paritarie) 19,4% IA Istituti professionali 30,8% Istituti tecnici 49,8% 537.242 CDS Tutti a settembre Naufragata l’ipotesi di una riapertura solo a ottobre DI PR IM O Licei Sicilia 17 GR ADO 769.353 *Scuole dell’infanzia iniziano oggi **Scuole dell’infanzia già iniziate il 1° settembre ***Dato provvisorio 1.651.571 Fonte: ministero dell’Istruzione; i dati regionali sono del 2013/14: Lombardia, Lazio, Campania, Valle d’Aosta, Molise e Basilicata del 2014/15 zione, Stefania Giannini, ha già risposto con un «no, grazie». Dal 2014/2015 due grandi regioni, Lazio e Toscana, introducono i «calendari pluriennali» (anche se in Lombardia ed Emilia Romagna succede da un po’) per permettere a famiglie e scuole di programmare il tutto per tempo. Le lezioni inizieranno e finiranno nelle stesse date: si parte il 15 settembre, si chiude l’8 giugno. Se l’apertura capita di sabato o domenica allora si anticipa o posticipa al primo giorno lavorativo utile. derni e quadernoni (1-2 euro a pezzo), penne. Ma anche — come chiedono tanti istituti — rotoli di scottex, risme di carta, pacchi di fazzoletti, confezioni di bicchieri di plastica. Il corredo scolastico si allarga sempre di più e aumenta pure la spesa di mamma e papà: +2 per cento, rispetto al 2013, secondo il Codacons. E se in media le cartolibrerie costano più dei supermercati, l’unica voce di risparmio è quella delle promozioni: si arriva a sborsare anche il 40% in meno. A fare in conti in tasca alle famiglie, quest’anno si spenderanno 450-490 euro soltanto per il corredo scolastico. Altri 300-350 euro serviranno per l’acquisto dei testi alle scuole medie e superiori. Conto finale: da 750 a 840 euro per ogni figlio. Le spese dei genitori Grembiuli o casacche (nere, blu, bluette...) per femmine e maschi, zaini (50-70 euro), astucci vuoti (10-15 euro) o pieni (20-25 euro), matite colorate (6-10 euro per dodici pezzi), diari (11-15 euro), qua- studiare, in parte «alleggerito» dai contributi del ministero dell’Istruzione alle famiglie meno abbienti (con un reddito netto inferiori a 15.493,71 euro) raddoppiato e portato a 103 milioni di euro. Ma che potrebbe essere ancora più basso — ricorda Skuola.net — se fosse davvero andata in porto l’idea di adottare libri in forma mista (versione cartacea e digitale) o interamente scaricabili dal web. Se ne parla dal 2008. Si doveva partire tra il 2011 e il 2012. Il debutto ufficiale poi venne annunciato — con tanto di circolare ministeriale — per l’anno scolastico 2012/2013. Ma ad oggi, a parte qualche eccezione, è rimasto su carta pure quello. Leonard Berberi Antonella De Gregorio © RIPRODUZIONE RISERVATA GLI APPROFONDIMENTI Sul Canale Scuola www.corriere.it/scuola PRATOLA PELIGNA (L’Aquila) — Aule con soli italiani e aule miste. A Pratola Peligna, comune di circa 8 mila abitanti in provincia dell’Aquila, la campanella dell’istituto comprensivo «Gabriele Tedeschi» rischia di dare l’inizio non solo alle lezioni ma anche alle polemiche sulla nazionalità degli alunni. Basta un’occhiata agli elenchi di nomi che compongono le quattro prime classi delle elementari nei due plessi di piazza Indipendenza e Valle Madonna: in sole due classi (una per plesso), quelle che per una coincidenza sono denominate «B», si trovano ragazzi stranieri. Cognomi di nazionalità diversa da quella italiana sono invece assenti nelle altre due. Lo ammette, con sconcerto, il sindaco Antonio De Crescentiis, dopo le verifiche effettuate a scuola: «È stata la conseguenza di scelte avvenute nelle more del passaggio di consegne tra il preside precedente e l’attuale, che è in servizio dal 1° settembre e ha preso subito le distanze dall’accaduto. Non so se ci siano state pressioni da parte delle famiglie sugli insegnanti per evitare che i figli capitassero in una classe o in un’altra. Sarà il preside a fare chiarezza, certo la cosa preoccupa perché qui finora non abbiamo mai registrato fenomeni di intolleranza». A Pratola Peligna ci sono circa 600 extracomunitari, per il 90% di origini albanesi. Finora mai nessun problema, ripete il sindaco: «Ma se qualcuno dei nostri concittadini la pensa diversamente e ci sono insegnanti disposti a sostenerli dovremo riconsiderare tutto». Già stamattina il preside, Raffaele Santini, dovrebbe intervenire annullando gli elenchi attuali e ricomponendo le classi con sorteggio. Nicola Catenaro © RIPRODUZIONE RISERVATA In Francia La titolare dell’Istruzione Vallaud-Belkacem promuove la lotta alle discriminazioni. Ma a molti non piace e i colori entrano nello scontro politico Sfida alla ministra a colpi di cartelle rosa e blu Paese diviso sulle sue idee di uguaglianza I critici: restino le distinzioni di genere DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PARIGI — Il ritorno a scuola in Francia è stato movimentato dalla crisi di governo: via Benoît Hamon, al suo posto nel nuovo esecutivo socialista è stata promossa Najat Vallaud-Belkacem, prima donna a diventare ministro dell’Istruzione nella storia francese. Una scelta che ha destato molte polemiche a destra, condotte anche a colpi di cartelle rosa e blu. Vallaud-Belkacem, 36 anni, nata in Marocco, si era già occupata di scuola quando era ministro della Parità uomodonna, perché aveva sostenuto il programma sperimentale «ABCD dell’uguaglianza» volto a combattere le discriminazioni in base al sesso sin dai primi anni di età. Come mai le ragazze francesi sono spesso molto brillanti in matematica, ma all’università finiranno per scegliere facoltà umanistiche? Perché nelle aziende i ruoli direttivi sono quasi sempre affidati agli uo- La vicenda Chi è Najat Vallaud-Belkacem (foto), 36 anni, francomarocchina, è nata in Marocco e cresciuta nella banlieue di Amiens. Ha studiato a Parigi ed è sposata dal 2005 La nomina Belkacem guida l’Educazione nazionale e punta molto a combattere le discriminazioni. Un’idea che non piace alla destra che la accusa di voler scardinare la suddivisione tra maschi e femmine mini? Secondo il governo francese una grande responsabilità ce l’ha la scuola, che continua a riprodurre — spesso senza volerlo — vecchi stereotipi. L’«ABCD dell’uguaglianza» puntava a sensibilizzare insegnanti e allievi sul fatto che le bambine non sono destinate per forza a diventare madri o a scegliere mestieri tradizionalmente reputati femminili (dalla maestra alla segretaria), e i bambini non devono per forza intraprendere carriere impegnative o comunque lavori faticosi (dal muratore al pompiere al presidente della Repubblica). Ma le associazioni già scese in piazza contro il matrimonio degli omosessuali hanno trovato un nuovo terreno di battaglia nella lotta alla «teoria di genere» di importazione americana. A loro dire, Najat Vallaud-Belkacem voleva introdurre nelle scuole la convinzione che la differenziazione sessuale è fondamentalmente culturale, ambientale, e non innata, naturale. In realtà Najat Vallaud-Belkacem non ha mai parlato di annullare le differenze, ma solo le discriminazioni. Ma contro di lei si sono saldate alcune associazioni cattoliche tradizionaliste e musulmane, che hanno organizzato addirittura alcune giornate di protesta con il ritiro dei bambini da scuola. Tale è stata l’opposizione che l’«ABCD dell’uguaglianza» l’anno scorso è stato abbando- nato, ma a Najat VallaudBelkacem è rimasto attaccato addosso il sospetto di voler annullare — in nome della parità — le millenarie differenze tra maschi e femmine. Nelle manifestazioni contro il matrimonio degli omosessuali, il rosa per le bambine e il blu per i maschi — usati per loghi, manifesti, palloncini, bandiere — sono diventati il simbolo dell’opposizione al governo e alla visione di Najat Vallaud-Belkacem. Così, appena la giovane ministra è passata alla guida dell’Istruzione, le polemiche sono ricominciate. Sabato 30 agosto Joëlle Ceccaldi-Raynaud, sindaco del sobborgo parigino di Puteaux, ha pensato di assecondare lo spirito del tempo regalando 4000 cartelle agli allievi del suo Diversi Gli zaini rosa e blu che un sindaco francese ha dato agli alunni (dal profilo DocShadok su Instagram) comune: rosa per le bambine, blu per i maschi (l’anno scorso erano nere per tutti). Al loro interno, penne e colori e due giochi: «Crea le tue collanine» per le femmine, «costruisci il tuo robot» per i maschi. «Certo che a Puteaux non si scherza con la differenza tra i sessi!», ha ironizzato la sottosegretaria alla Famiglia Laurence Rossignol, mentre il consigliere centrista Christophe Grébert ha criticato apertamente un gesto da lui definito «clientelare e retrogrado»: «Il blu e il rosa sono diventati dei simboli politici dopo il loro uso nelle manifestazioni contro il matrimonio degli omosessuali, usarli per le cartelle dei bambini significa ricorrere a stereotipi stupidi». La ministra Najat VallaudBelkacem ha cercato di sorvolare — «sono certa che in tempi di crisi molte famiglie saranno contente di ricevere materiale scolastico gratis» — ma per molti resta un nemico da combattere. Le due riviste di estrema destra Valeurs Actuelles e Minute l’hanno messa in copertina: «L’Ayatollah» e «La provocazione - una marocchina musulmana all’Istruzione» erano i titoli. Stefano Montefiori @Stef_Montefiori © RIPRODUZIONE RISERVATA 20 Cronache Lunedì 8 Settembre 2014 Corriere della Sera italia: 51575551575557 Il caso La lotta contro la soluzione del canale alternativo: «Non è sostenuta da studi seri» La protesta dei «nobili» a Venezia: drappi sul Canal Grande contro le navi L’iniziativa nel giorno della Regata Storica. «È stato un successo» «Con ironia qualcuno ci chiama nobilastri, bollando la nostra battaglia in difesa di Venezia con la sua Laguna come l’idea di un gruppo di sopravvissuti in cerca di visibilità. E no, il Gruppo 25 Aprile ha raccolto in pochi mesi 30.000 firme (3.000 nelle ultime 48 ore) e altre se ne raccoglieranno. Ci sono banchetti in tutta la città. Ma li avete contati i drappi esposti sui Palazzi che s’affacciano sul Canal Grande nella giorno della Regata Storica? Una cinquantina. Color dell’acqua, visibili a tutti. Un successo». È Jane Da Mosto, signora veneziana (anche se è nata a Londra), a raccontare con entusiasmo e determinazione il senso della protesta («noi preferiamo chiamarla affermazione») contro la soluzione «governativa» per liberare il Canale della Giudecca e il Bacino di San Marco dalle grandi navi: passaggio esterno, lontano dal centro, mantenendo l’attuale approdo alla Stazione Marittima, raggiunto attraverso un nuovo canale, il Contorta Sant’Angelo. «Un’assurdità, scelta non sostenuta da studi scientifici seri, un altro sfregio», incalza Jane. Il tema grandi navi non c’entrerebbe con la Regata Storica — corteo di barche ma anche gara che si disputa annualmente la prima domenica di settembre — appuntamento imperdibile per veneziani e turisti. Nell’occasio- La scritta «Venezia è Laguna» esposto da uno dei palazzi del Canal Grande durante la Regata Storica 2014 (foto Sabadin/Vision) I partecipanti Nel gruppo l’artista Gigi Bon, Bianca d’Aosta e la titolare dell’Hotel Bauer ne, i proprietari delle antiche dimore aprono sale e saloni, organizzano feste pomeridiane dove gli ospiti, tra una tartina e un bicchiere, si affacciano dalle logge, con lo sguardo rivolto ai regatanti sul Canal Grande. La posizione migliore è davanti alla «machina», il palco delle autorità allestito sull’acqua. Quest’anno, a rappresentare il Comune c’era il commissario Vittorio Zappalorto, dopo le dimissioni di Giorgio Orsoni, causa scandalo Mose. E per la prima volta si sono visti i gondolini con il nome dello sponsor. La sfida, dunque, è stata vinta, al centimetro, dall’equipaggio verde di Ivo Redolfi Tezzat e Giampaolo D’Este. Settima vittoria della loro carriera di regatanti storici. Sconfitto l’arancione dei cugini Rudi e Igor Vigotti, che avevano trionfato nell’edizione del 2013. Il fatto è che nei Palazzi, con o senza drappo verde scuro espo- La vicenda INVITO A MANIFESTARE INTERESSE PER L’ACQUISTO IN BLOCCO DI N. 5 CREDITI DI TITOLARITA’ DI IMPRESA S.p.A. IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA La sottoscritta Prof.ssa Daniela Saitta, in qualità di Commissario Straordinario di Impresa S.p.A. in A.S. con sede legale in Roma, Via Catania 9 (“Impresa”), premesso - che Impresa è titolare dei seguenti crediti (“i Crediti”): 1) quota parte credito Consorzio Ascosa 4 nei confronti di Ente Volturno, in dipendenza del rapporto concessorio di cui alla Convenzione del 27 ottobre 1989, relativa all’”ammodernamento e potenziamento della Ferrovia Alifana” e successivi atti aggiuntivi; 2) quota parte credito ATI De Lieto, Impresa ed altri nei confronti di RFI in dipendenza del contratto di appalto n. 53/2002, stipulato in data 19 aprile 2002, relativo alla “Realizzazione del corpo stradale, delle opere d’arte, dell’armamento e degli impianti tecnologici per la Variante Cassino, la Variante Salerno e il II lotto della nuova linea di Penetrazione Urbana a Napoli C.le della linea A.V. Roma-Napoli”; 3) quota parte credito ATI De Lieto, Impresa ed altri nei confronti di RFI in dipendenza del contratto di appalto stipulato in data 19 novembre 2002, concernente la “esecuzione dei lavori di adeguamento a sagoma gabarit B+ con codifica P80 ed EBV1 della linea Premosello-Domodossola-Iselle”; 4) credito nei confronti di Autostrade per l’Italia S.p.A. di cui al contratto di appalto stipulato in data 18 maggio 2005, concernente “i lavori di ampliamento a tre corsie Barberino del Mugello - Incisa Valdarno - Tratta B (lotti 4-5-6) nel tratto Firenze Nord Firenze Sud dell’Autostrada Milano - Napoli”; 5) credito nei confronti di Autostrade per l’Italia S.p.A., di cui al contratto di appalto stipulato in data 15 luglio 2004, concernente “i lavori di ampliamento a tre corsie Barberino del Mugello - Incisa Valdarno - Tratta C (lotti 7-8) nel tratto Firenze Nord Firenze Sud dell’Autostrada Milano - Napoli”; - che con provvedimento in data 11 agosto 2014 il Ministero dello Sviluppo Economico ha autorizzato il sottoscritto Commissario ad indire una procedura di gara per la cessione pro soluto, in lotto unico, dei citati n. 5 crediti, al prezzo base di € 23.000.000 (ventitremilioni); invita i soggetti interessati all’acquisto in blocco dei Crediti a manifestare il proprio interesse a partecipare alla procedura di cessione dei Crediti, che avrà luogo nei modi e nei termini previsti dal regolamento (il “Regolamento”) disponibile sul sito internet www.impresaspa.it, che i soggetti interessati sono tenuti a leggere nella sua interezza. La manifestazione di interesse dovrà pervenire, nei modi previsti dal Regolamento, all’attenzione della Prof.ssa Daniela Saitta - Commissario Straordinario di Impresa S.p.A. in A.S.. Via Ugo de Carolis 100 00136 - Roma, mail: [email protected] ll Commissario Straordinario - Prof.ssa Daniela Saitta AZIENDA OSPEDALIERA DELLA VALTELLINA E DELLA VALCHIAVENNA Via Stelvio, 25 23100 Sondrio AVVISO DI BANDO DI GARA Viene indetta procedura da esperire secondo quanto indicato dal D.lgs 163/2006 e s.m.i. per aggiudicare la fornitura di sistemi per gestione ed esecuzione della misura della glicemia e di sistemi analitici per emogasanalisi per un periodo di anni cinque. La procedura di gara è gestita tramite piattaforma SINTEL di Regione Lombardia raggiungibile all’URL: www.sintel.regione.lombardia.it codice gara: 62787186. Le offerte dovranno pervenire con le modalità indicate nei documenti di gara entro le ore 16:00 del 15.10.2014. La documentazione di gara è disponibile anche sul sito internet dell’Azienda Ospedaliera della Valtellina e della Valchiavenna: http://www.aovv.it sezione Albo online, Provveditorato, Bandi di Gara. Punti di contatto: tel. 0342 521.074 - telefax 0342 521.080 - e mail: [email protected]. Responsabile Unico del procedimento: Dr. Renato Paroli. IL DIRETTORE GENERALE - Dott.ssa Maria Beatrice Stasi Per la pubblicità legale e finanziaria rivolgersi a: RCS MediaGroup S.p.A. Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano Via Rizzoli, 8 20132 Milano Tel. 02 2584 6665 02 2584 6256 Fax 02 2588 6114 Vico II San Nicola alla Dogana, 9 80133 Napoli Tel. 081 49 777 11 Fax 081 49 777 12 Via Campania, 59 00187 Roma Tel. 06 6882 8650 Fax 06 6882 8682 Via Villari, 50 70122 Bari Tel. 080 5760 111 Fax 080 5760 126 L’iniziativa Il Gruppo 25 Aprile critica la soluzione proposta per liberare il Canale della Giudecca e il Bacino di San Marco dalle grandi navi Le richieste Chiede chiarezza, trasparenza e la partecipazione della città Sisma magnitudo 4 sto, gli argomenti di conversazione erano altri. E Venezia, già lacerata per la Tangentopoli del Mose, ora è spaccata in due. Anzi, in tre. I No grandi navi che si oppongono, senza compromessi, al passaggio delle mega-imbarcazioni in Laguna. Il Gruppo 25 aprile, invece, ha debuttato pubblicamente ieri con la parata dei drappi sui palazzi del Canal Grande. Con lo slogan «Venezia è Laguna» affronta la questione chiedendo trasparenza, chiarezza e partecipazione della città alle decisioni. Qualche nome: Jane da Mosto (nuora di Ranieri da Mosto, nobile leghista, che a fine anni 90 offrì il suo Palazzo come sede del governo della Padania). Marco Gasparinetti (attivissimo nella raccolta di firme on line), l’artista Gigi Bon, Bianca d’Aosta, Iaia Coin, Francesca Bortolotto, proprietaria dell’hotel Bauer. Ieri sera, hanno festeggiato il successo della loro iniziativa ritrovandosi tutti al Teatro San Gallo. Infine, i sostenitori della linea governativa, approvata nelle riunione del Comitatone dell’8 agosto, che hanno formato il gruppo «Venice Alive», lanciando una petizione. I membri promotori sono 4 ex sindaci di Venezia (Ugo Bergamo, Paolo Costa, Nereo Laroni, Mario Rigo), Agostino Cappelli e Caterina Frisone (Università IUAV), Cristiano Chiarot (sovrintendente della Fenice), Davide Croff (ex presidente della Biennale), Mara Manente (CISET), Giampietro Ravagnan (università Ca’ Foscari), Luigino Rossi (presidente Comitato italiano per la Salvaguardia di Venezia), JerômeFrançois Zieseniss (Comité Français pour la Sauvegarde de Venise). Forte scossa tra Emilia e Toscana: torna la paura Torna a tremare la terra tra le province di Pistoia e Modena, nella zona colpita dal sisma nel 2012 che aveva causato pesantissimi danni in Emilia Romagna. La scossa di magnitudo 4 ieri mattina è stata avvertita dagli abitanti della zona (tra i comuni modenesi entro i 20 km dall’epicentro ci sono, oltre a Fiumalbo, anche Sestola, Pievepelago, Riolunato, Montecreto e Fanano) e diverse persone sono scese in strada o sono uscite dai locali pubblici. Il terremoto si è verificato a una profondità di 12,3 chilometri. Nella stessa area, sempre ieri, poco prima delle 13 si è registrata un’altra scossa di terremoto, di magnitudo 2, a una profondità di 15,2 km. In Emilia Romagna il sisma è stata avvertito distintamente, e ha riportato la paura tra le persone, che sono scese in strada. Sul fronte toscano, oltre un centinaio di chiamate al centralino dei Vigili del Fuoco di Pistoia e moltissime segnalazioni alla Protezione civile sia nel Pistoiese, che in Lucchesia e in tutta la provincia di Firenze, anche se per fortuna non sono stati rilevati danni né vittime. Marisa Fumagalli © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA AVVISO DI GARA ESPERITA 1. Soggetto Aggiudicatore: FERROVIENORD S.p.A. - Sede legale: Piazzale L. Cadorna n. 14 - 20123 MILANO, telefono 02/85114250, telefax 02/85114621. 2. Procedura di gara: APERTA ai sensi del D.Lgs. 163/06 e successive modificazioni: Appalto di Servizi. 3. Tipo di Servizi: Servizio di bonifica da ordigni bellici nelle aree interessate dai lavori di realizzazione delle opere di Collegamento Ferroviario T1 - T2 Malpensa Lotto 2 CIG: 566503893D. 4. Importo presunto a base di gara a misura: Euro 1.988.148,29 di cui Euro 28.319,84 per oneri per la sicurezza ed Euro 1.177.929,62 per oneri per la manodopera, non soggetti a ribasso d’asta. 5. Numero di offerte validamente pervenute: 6. 6. Criteri di aggiudicazione: l’appalto è stato aggiudicato con il criterio prezzo più basso (ex art. 82 del D.Lgs. 63/06) determinato mediante il massimo ribasso sull’importo a base d’asta, alla società SOGELMA S.R.L. con sede in Scandicci (FI) - Via G. Ambrosoli in data 15/07/2014 alle condizioni economiche offerte in gara ossia applicando il ribasso offerto pari al 67,71%, per un importo totale dell’appalto di € 1.458.724,60. L’AMMINISTRATORE DELEGATO DOTT. ING. MARCO BARRA CARACCIOLO Risorze umane TECHNO SKY S.r.l. - Enav Company ESTRATTO AVVISO DI GARA 1) Ente aggiudicatore: TECHNO SKY S.R.L. - Funzione Acquisti - Via del Casale Cavallari n. 200 - 00156 Roma (tel. 06/99342343 - fax 06/99342248). 2) Tipo di procedura e criterio di aggiudicazione: gara europea a procedura aperta con aggiudicazione all’offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi dell’art. 83 del D.Lgs.163/06 s.m.i.. 3) Oggetto dell’appalto: Fornitura di sistemi LIDAR presso l’aeroporto “Falcone-Borsellino” di Palermo. 4) Durata dell’appalto: 465 giorni solari. 5) Importo dell’appalto: € 1.600.000,00 (unmilioneseicentomila/00), comprensivo dell’eventuale opzione pari ad € 700.000,00 (settecentomila/00). 6) Termine e luogo per il ricevimento delle offerte: entro le ore 12.00 del giorno 28.10.2014 presso l’indirizzo indicato al punto 1). Bando inviato alla GUUE il 03.09.2014 e pubblicato sulla GURI l’08.09.2014. La documentazione di gara è disponibile sul sito www.technosky.it - Sezione Bandi di gara e riveste carattere di ufficialità. Il Responsabile Funzione Acquisti F.to Felicetta Polesi AVVISO DI SELEZIONE PUBBLICA, PER TITOLI E COLLOQUIO, DIRETTA ALLA COSTITUZIONE DI RAPPORTI DI LAVORO A TEMPO DETERMINATO In data 03.09.2014, l’Università degli Studi di Milano ha pubblicato sul sito Internet dell’Ateneo: http://www.unimi.it/ateneo/concorsi/1476.htm n. 1 bando di selezione pubblica per assunzione di personale con rapporto di lavoro a tempo determinato. IL CAPO DIVISIONE PERSONALE COSMEF Srl in liquidazione - capitale sociale Euro 1 500 000,00 Sede principale e amministrativa: Via Wilmer Graziano, 2/B - 15057 Tortona (AL) - Italy Tel. +39 0131 81961 - Fax +39 0131 820369 - e-mail: [email protected] Codice Fiscale e Partita Iva (VAT): IT 02147730069 SOLLECITAZIONE A MANIFESTARE INTERESSE PER L’AFFITTO, PRODROMICO ALL’ACQUISTO DELL’AZIENDA DELLA SOCIETA’ COSMEF SRL IN LIQUIDAZIONE E IN CONCORDATO PREVENTIVO TRIBUNALE DI MILANO PROCEDURA N. 164/2014 COSMEF SRL IN LIQUIDAZIONE E IN CONCORDATO PREVENTIVO, OPERANTE IN MILANO, BUSTO ARSIZIO, FOGGIA E TORTONA NEL SETTORE DELLA RIPARAZIONE DEI CARRI FERROVIARI, INTENDE VAGLIARE EVENTUALI OFFERTE PER L’AFFITTO E LA CESSIONE DELL’AZIENDA, COSTITUITA DA BENI MATERIALI, CONTRATTI IN ESSERE CON I CLIENTI, AVVIAMENTO E DIPENDENTI, NELL’AMBITO DI UNA PROCEDURA COMPETITIVA CHE SI TERRA’, PRESSO LO STUDIO DEL LIQUIDATORE, DR. MARCO VIGNA TAGLIANTI, IN MILANO, VIA VITTOR PISANI 7, IN DATA 15 OTTOBRE 2014, ALLE ORE 15. PREZZO BASE EURO 400.000, RIALZO MINIMO EURO 20.000. SI PRECISA CHE PARTE DEL COMPENDIO AZIENDALE E’ ATTUALMENTE AFFITTATO AD UN SOGGETTO TERZO, IN FORZA DI REGOLARE CONTRATTO DI AFFITTO D’AZIENDA, ANCORA SOGGETTO A CONDIZIONE SOSPESIVA. GLI INTERESSATI DOVRANNO PRENDERE CONTATTO CON IL LIQUIDATORE, DR. MARCO VIGNA TAGLIANTI, PER OTTENERE INFORMAZIONI IN MERITO ALLA AZIENDA (VIA FAX 02-700421419 O VIA MAIL [email protected]) E, NELL’IPOTESI DI INTERMEDIARI, DOVRANNO DICHIARARE L’IDENTITA’ DEI MANDANTI. LE OFFERTE, IN BUSTA CHIUSA (CONTENENTI LA PROPOSTA DI ACQUISTO, IL VALORE DELL’OFFERTA, NONCHE’ UN ASSEGNO CIRCOLARE INTESTATO A COSMEF SRL IN LIQUIDAZIONE, PARI AL 10% DEL PREZZO OFFERTO) DOVRANNO ESSERE DEPOSITATE, PRESSO LO STUDIO DEL LIQUIDATORE, ENTRO LE ORE 13 DEL 14 OTTOBRE 2014. L’APERTURA DELLE BUSTE CONTENENTI LE OFFERTE, SI TERRA’ IL GIORNO 15 OTTOBRE 2014 ALLE ORE 15:00. IN CASO DI PIU’ OFFERTE DI PARI IMPORTO SI PROCEDERA’ CON UNA GARA AL RIALZO, CON RIALZO MINIMO DI EURO 20.000. IN DETTA SEDE VERRA’ INDIVIDUATO IL MIGLIORE OFFERENTE E VERRA’ RICHIESTA L’AUTORIZZAZIONE, AL GIUDICE DELEGATO, PER DARE CORSO ALLA SOTTOSCRIZIONE DEI RELATIVI CONTRATTI. IL PRESENTE ANNUNCIO E LA RICEZIONE DELLE EVENTUALI OFFERTE NON COMPORTANO ALCUN OBBLIGO E IMPEGNO DI ALIENAZIONE NEI CONFRONTI DI EVENTUALI OFFERENTI, E PER ESSI ALCUN DIRITTO A QUALSIASI TITOLO (IE. MEDIAZIONE O CONSULENZA). Sede legale: via Lattuada, 16 - 20135 Milano - Italy - REA: 1891520 - Registro Imprese di Milano: 02147730069 Stabilimento di Busto Arsizio: via Dogana, 4 - 21052 Busto Arsizio (VA) - Italy - tel. +39 0331 1852055 - fax +39 0331 1852056 Stabilimento di Foggia: via S. Alfonso M. de Liguori, 35 - 71100 Foggia - Italy - tel. +39 0881 743821 - fax +39 0881 743822 Stabilimento di Milano: via Toffetti, 122 - 20139 Milano - Italy - tel. +39 02 5696448 - fax +39 02 55210844 TRIBUNALE DI MILANO TRIBUNALE DI MILANO CONCORDATO PREVENTIVO N. 49/14 Il Tribunale di Milano Sezione Fallimenti con decreto in data 17.7.14 dep. 26.7.14 ha dichiarato aperta la procedura di concordato preventivo dell’impresa: ARTENERGY PUBLISHING SRL IN LIQ.NE CON SEDE IN MILANO VIA TAORMINA 40. Il Tribunale ha delegato alla procedura la dott.ssa IRENE LUPO; ha nominato commissario giudiziale il dott. GIAN MATTEO FIORINI VIA BESANA 6 MILANO; ha fissato la data del 12.11.14 alle ore 13.30 per l’adunanza dei creditori presso l’aula B, piano I, lato Via S. Barnaba del Palazzo di Giustizia di Milano. M0014624 CP 21/2014: Il Tribunale di Milano con decreto in data 8/5/2014 dep. 15/7/2014 ha dichiarato aperta la procedura di concordato preventivo dell’impresa: Autocar Giacosa S.a.s. con sede in Cormano (MI) Via Cimabue 26/28. Il Tribunale ha delegato alla procedura il G.D. Dott.ssa Bruno; ha nominato commissario giudiziale la Dott.ssa Maddalena Dal Moro; ha fissato la data del 29/10/2014 alle ore 13:30 per l’adunanza dei creditori presso l’aula delle adunanze a ciò destinata del Palazzo di Giustizia di Milano. M0014164 TRIBUANALE DI MILANO TRIBUNALE DI MILANO IL FALLIMENTO FONDERIA RIVA SRL IN LIQ.NE vende in un unico lotto piena proprietà: 1) immobili industriali e terreni agricoli posti a Parabiago Via Vittorio Vela 9/A. 2) impianti, macchinari, attrezzature, mobilio, arredi e macchine ufficio. Prezzo base d’asta € 5.800.619,50, in caso di gara per pluralità di offerenti, rilancio non inferiore a € 10.000,00. Per maggiori informazioni si rimanda la lettura delle perizie e dell’ordinanza di vendita consultabili sul sito del Tribunale di Milano all’indirizzo http://pubblicità.tribunale.milano.it/milano. Data asta 10.11.14 h 11. G.D Dott. D’aquino. Collegio curatori Avv. G. Zanetti, Dott.ssa M. Dal Moro, Dott. V. Potenza, tel. 0255193464 - 0236684000 - 0258318685 Rif. R.G 742/11 M0014214 ROMA - VIA BOCCIONI 4, INT. 2: Vendesi immobile sito in Roma, costituito da appartamento piano terra con annessa cantina la piano seminterrato mq 140 circa. Le offerte dovranno pervenire al Liquidatore giudiziale entro il giorno e l’ora fissati per l’asta mediante deposito di assegno circolare corrispondente al 10% del prezzo offerto. In caso di pluralità di offerte l’aggiudicazione sarà effettuata mediante espletamente di gara tra gli offerenti da tenersi avanti al liquidatore giudiziale. Il bene viene venduto a corpo e nello stato di fatto e di diritto in cui si trova. Prezzo base Euro 390.000,00. Vendita senza incanto 05-11-2014 ore 15:00. G.D. Dott.ssa Mammone. Liquidatore Giudiziale Dott. Massoli Giovanni tel. 02796634. Rif. Fall. 10/2012. M0013998 Corriere della Sera Lunedì 8 Settembre 2014 Cronache 21 italia: 51575551575557 Nel 1977 Nel 2007 Wall Street Journal «Il lago di Garda? Bello e senza americani» Castello di Albola Il podere Marangole nel 1977: paesaggio misto, terrazze con vigne, ulivi, aceri Trent’anni dopo La stessa collina nel 2007 tutta coperta da vigneti lavorabili industrialmente Ambiente I puristi chiedono più tutele per le campagne. I produttori di vino si lamentano: è una visione antica La disfida dei filari di vite in Toscana «Sono troppi, il paesaggio è di tutti» Polemiche per il Piano territoriale in discussione nella Regione di GIAN ANTONIO STELLA «B ucolici!». «Profittivisti!». La guerra dei vigneti, seguita a quelle tra guelfi e ghibellini, fiorentini e senesi, pisani e livornesi, sta spaccando a metà politici e vignaioli, docenti e paesaggisti come non si vedeva da tempo perfino in una regione litigiosa qual è la Toscana. Cuore della rissa: il nuovo Piano di indirizzo territoriale. Destinato a diventare il piano paesaggistico I temi sono due. Primo: i vigneti sono sempre e comunque, per loro stessa natura, bellissimi? Secondo: i colli toscani appartengono solo ed esclusivamente ai loro proprietari? E se è così la pretesa di mettere naso nelle faccende delle colture e del paesaggio è una violazione della proprietà privata da parte della «burokrazja» regionale? Sì, dice Confagricoltura. E sulla sua pagina Facebook accusa il piano, elaborato dall’assessore all’urbanistica e al territorio Anna Marson, di essere «vincolistico e bucolico» e di imporre «solo limitazioni alle aziende vitivinicole». Accuse che l’assessore e il governatore Enrico Rossi respingono: «Il paesaggio toscano appartiene a tutti i toscani. Non solo ai grandi produttori vitivinicoli. Abbiamo o no il diritto di chiedere un occhio di riguardo non solo per la massima produttività dei vigneti (che preme anche a noi, ovvio) ma anche per la tutela del paesaggio storico, unico al mondo, della nostra terra?». Dicono i puristi: il paesaggio storico è quello dipinto da Ambrogio Lorenzetti nel celeberrimo «Gli effetti del buon governo in campagna»: un sublime accatastarsi disordinato di vitigni a terrazza, ville, casupole, campi, pascoli, aceri e boschetti. Quel tipo di paesaggio che, sostanzialmente rimasto intatto per secoli, ha fatto la fortuna della Toscana e dunque va conservato così com’è. «Così si torna indietro di cent’anni!», ribattono i produttori come Fabrizio Bindocci, presidente del Consorzio del Brunello di Montalcino: «Qui si immagina una agricoltura con le pecore, i maiali, il boschetto e gli olivi ma piantar vigne non vuol dire fare ecomostri!». L’agricoltura moderna impone di «plasmare» il territorio per poterlo usare meglio? Nessun pregiudizio: «Qui il terreno era ripido e sei metri più alto, ma con anni di lavoro l’abbiamo sistemato, ci lavorano cento persone e abbiamo valorizzato tutta la zona», ha spiegato Lamberto Frescobaldi, il presidente dell’azienda di famiglia che fa vino da 30 generazioni, «non si possono demonizzare i lavori necessari a un’azienda». «Esser conservatori in agricoltura non ha senso», ha detto al «Corriere fiorentino» suo padre Vittorio. E le incoerenze tra produttività industriale e bellezza? Zero: «Per essere competitivi servono aziende moderne e belle, chi viene qui capisce la nostra dedizione al lavoro e questa bellezza è la nostra forza». Il nodo è la scelta tra due tipi di vigneto, quindi di paesaggio. Da una parte quello tradizionale: quella sublime e disordinata mescolanza di terrazze di cui dicevamo coi vigneti a «girapoggio» lavorati nei secoli con la zappa. Dall’altra i vigneti a «rittocchino», grandi distese di filari perfettamente allineati su colline qua e là piallate così da consentire l’accesso ai trattori e alle altre macchine. Le foto del castello d’Albola nel 1977 e nel 2007 dicono tutto. E divideranno i lettori come già dividono gli addetti e perfino (di qua l’assessore all’agricoltura Gianni Salvadori, di là la Marson) la giunta regionale: il paesaggio d’oggi è snaturato o no rispetto a un tempo? Paolo Socci, che fa un Chianti Classico a Lamole dove ha riunito 16 poderi, dice di avere speso «una tombola» per sistemare i terrazzamenti («i morti e gli emigrati si sono portati via la sapienza») ma giura che ora, con la rinuncia al «rittocchino», «il vino è più buono». Lui stesso, però, rifiuta di sostenere che l’uno o l’altro dei sistemi sia sempre e comunque il migliore: «Dipende da troppe cose: il luogo, il colle, i venti, l’esposizione al sole... ». Quale sia il business dietro la baruffa è presto detto: 26.120 aziende vinicole di cui alcune decine molto grandi, 59.992 ettari di vigneti pari al 7% della superficie agricola, qua e là un boom di nuovi filari, due milioni e 338mila ettolitri prodotti nel 2013 (un quarto della Puglia ma con tutto un altro mercato internazionale), un export di 747 milioni di euro nel 2013, dai 16 ai 22mila euro di contributi su ogni ettaro di vigne nuove, 172 milioni in un decennio aiuti regionali e per il futuro una pioggia da qui al 2014 di un miliardo e 700 milioni di fondi europei. «Appunto! — insiste Enrico Rossi —. Vogliamo renderci conto che abbiamo strappato più soldi a Bruxelles proprio perché non dobbiamo solo 2,218 Milioni di ettolitri È il vino rosso prodotto in Toscana nel 2013. Di bianco invece 440 mila ettolitri 38 Per cento È la percentuale di vino prodotta in provincia di Siena nel 2013. Firenze si ferma al 25% ✒ L’ira dei vignaioli, accusati di inquinare di LUCIANO FERRARO «L a Regione Toscana vuole riportarci agli anni del Dopoguerra, quando nelle campagne si faceva la fame. Ma davvero sognano il ritorno dei mezzadri con tre filari di viti, un olivo e due mucche?»: Fabrizio Bindocci, presidente del Consorzio del Brunello di Montalcino, guida la rivolta contro il Piano paesaggistico della Toscana. Con lui gli altri presidenti dei vignaioli toscani (Bolgheri, Chianti, Chianti classico, Cortona, Morellino di Scansano, Nobile di Montepulciano...), i vivaisti e i cavatori. Mercoledì a Firenze si incontreranno per decidere le contromosse. Linea dura: «C’è poco da modificare, quel piano va cancellato, non modificato. In linea di principio siamo per il dialogo — spiega Bindocci —. Ma ho scritto da dieci giorni al governatore Enrico Rossi, e neppure mi ha risposto». Rossi parla di un Piano di «raccomandazioni». I produttori sono convinti che i limiti alla sostituzione di vecchi filari e al riammodernamento delle cantine provochino un danno alla terra conosciuta in tutto il mondo per i suoi vini. «Il Piano — dicono i vignaioli — è fondato su principi sbagliati». E indicano l’articolo 18 del malloppo di 3.000 pagine, approvato a luglio e che dovrà ottenere il via libera definitivo ad ottobre: il territorio è un bene comune, al di là di chi possiede le terre e i beni immobili. L’idea è che la monocultura, in alcune zone, abbia cambiato radicalmente il paesaggio, alterando l’equilibrio del passato. Bindocci porta ad esempio la sua zona, dichiarata nel 2004, assieme alla Val d’Orcia, patrimonio dell’umanità dall’Unesco, come è accaduto poche settimane fa a Langhe, Monferrato e Roero, in Piemonte. A Montalcino ci sono 24 mila ettari di superficie, 12 mila a bosco, 3.600 a vigneto, il rimanente per ulivi, altre colture e pascoli. «Ma come si fa a dire che i vigneti sono troppi? — si arrabbia Bindocci —. Dicono che inquinano? Abbiamo analisi che dimostrano che non è vero: non c’è inquinamento né da concimi né da antiparassitari. Il rischio smottamenti? Ma i contadini sono le sentinelle del territorio, lo controllano e lo tutelano. Pensate che una polemica simile potrebbe nascere in Francia, riferita a Champagne, Bordeaux e Borgogna?». Bindocci è convinto che la ricchezza e la fama del sistema Brunello abbiano preservato la bellezza delle colline. «Come nel Chianti e nel resto della Toscana — sostiene — le nostre sono campagne curate e pulite. Invece il Piano sostiene che bisogna tornare ai pascoli degli anni Cinquanta e vieta persino di reimpiantare i cipressi. Ma non si chiamavano cipressi toscani?». (divini.corriere.it) © RIPRODUZIONE RISERVATA aiutare l’agricoltura ma anche tutelare un paesaggio unico che appartiene a tutti quelli che amano la Toscana? Non vogliamo fermare lo sviluppo dei vigneti ma possiamo o no chiedere che le distese a “rittocchino” siano interrotte qua e là da un boschetto, una macchia, qualche cipresso? Vogliamo trovare un punto di equilibrio tra il vigneto competitivo e il “nostro” paesaggio?». «La prova della nostra apertura è che, nonostante la legge Galasso consideri sacro ogni bosco, noi consentiamo di riportare all’agricoltura quelli nuovi che hanno meno di cinquant’anni — insiste Anna Marson —. Il piano vuole solo fissare alcuni punti. E qualche paletto dove la monocultura ha spazzato via tutto il resto. E non solo per questioni paesaggistiche, ma anche idrogeologiche». Altro tema: i vigneti a «rittocchino», secondo studiosi come Mauro Agnoletti, docente di Sistemi agrari, alimentari e forestali a Firenze, terrebbero meno in caso di frane. Che la vecchia agricoltura avesse «tradito» i contadini appenninici perché incapace di dar da mangiare a tutti non si discute: dal censimento del 1921 ad oggi una emorragia incessante. Che il sistema a terrazze, però, fosse una garanzia idrogeologica pare dimostrato, ad esempio, dalle analisi delle 30 frane principali che hanno colpito le Cinque Terre: il 69% degli smottamenti è avvenuto travolgendo «boschi e arbusti su terrazzi abbandonati», il 16% devastando colture abbandonate e solo il 5,6% solcando terrazzamenti in attività. Di più: «Nelle aree campione di vigneto a rittochino l’erosione annuale è risultata particolarmente intensa, da 230 a 320 tonnellate l’ettaro». Al contrario i terrazzamenti «rallentando la velocità di flusso delle acque ed allungandone il percorso, determinano un aumento dei tempi di corrivazione e quindi consentono una riduzione anche sensibile dei picchi di deflusso». A farla corta: la Grande Onda in caso di piogge torrenziali «ha con i terrazzamenti 80% di probabilità in meno di ripetersi.» Tutte tesi che i viticoltori, offesi dal sospetto di badare solo al profitto, respingono: ciò che conta è la cura del territorio ed è interesse loro, assicurano, conservarlo con l’amore del buon padrone. Auguri. Certo è che da qui al 26 settembre, termine ultimo per le contestazioni al piano (oltre tremila pagine di elaborazioni coltissime spesso illeggibili per i profani) la polemica sarà infuocata. Il terrore, per i vignaioli, è che in quella massa enorme di dettagli gli uffici tecnici comunali si impantanino paralizzando tutto. Un rischio che lo stesso Enrico Rossi, sia pure schierandosi a spada tratta con la Marson, vorrebbe evitare con accordi di buon senso. Purché, si capisce, si diano una calmata i talebani dell’una e dell’altra parte. © RIPRODUZIONE RISERVATA Un invito ai turisti americani a scegliere il lago di Garda, il più grande d’Italia, ai confini tra Lombardia, Veneto e Trentino come meta delle loro vacanze. Arriva dal The Wall Street Journal che in un servizio elenca tutte le «meraviglie» del posto. «I turisti provenienti dagli Stati Uniti gravitano attorno al lago di Como. Quello di Garda, che si trova a trenta minuti di auto dall’aeroporto di Verona e due ore da quello di Milano, è una destinazione che gli europei sono riusciti a tenere per sé», scrive il quotidiano come a suggerire che la minore presenza di statunitensi può essere un’ulteriore attrattiva. Il giornale offre un itinerario enogastronomico in grado di soddisfare tutti i palati, consiglia i posti e i monumenti da visitare in quella zona, indica settembre come mese ideale per concedersi un periodo di relax sulle rive del lago. © RIPRODUZIONE RISERVATA Pantelleria Lo zibibbo candidato al patrimonio dell’Unesco Per la prima volta l’Unesco si trova a valutare la candidatura di una pratica agricola a patrimonio dell’umanità. È la coltivazione della vite ad alberello che a Pantelleria, nelle conche e tra i muretti a secco, permette alle uve di Zibibbo di crescere nonostante il vento. «Dopo quattro anni, siamo alla fine del percorso di candidatura», ha detto in occasione di Passitaly il consigliere giuridico dei ministri dell’Agricoltura e dell’Ambiente Pier Luigi Petrillo. Che ha aggiunto: «In questi giorni si riunirà a Parigi l’organo di valutazione, composto dai rappresentanti di Perù, Kirghizistan, Grecia, Tunisia, Lettonia e Nigeria. Quest’organo dovrà proporre al comitato intergovernativo della Convenzione Unesco l’iscrizione o meno della pratica di Pantelleria nella lista dei patrimoni culturali dell’umanità». © RIPRODUZIONE RISERVATA 22 italia: 51575551575557 www.yamatovideo.com Lunedì 8 Settembre 2014 Corriere della Sera Corriere della Sera Lunedì 8 Settembre 2014 Cronache 23 italia: 51575551575557 » Dossier I dati Imprenditori cinesi e stranieri nel settore manifatturiero, II° trimestre 2014 e variazione 2009/2014 Principali nazionalità straniere presenti nei distretti italiani, II° trimestre 2014 Prosciutto di Parma Porfido e Pietre Trentino Orafo Arezzo Metalmeccanica Canavese Comet Friuli Venezia Giulia +15% 42.806 17.847 +3,8% Cinesi Altri stranieri Albania Macedonia Prato 22,6% Le prime province Milano 10,6% Francia Marocco 8,8% 15,6% 33,1% Romania 5,9% Svizzera 7,8% Svizzera 34,3% Bangladesh Marocco 12,2% Romania Pakistan 42,2% 15% 25,6% Francia 9,8% Germania 8,0% 11,9% Germania 6,3% SARTI CINESI E ORAFI DEL BANGLADESH CRESCE IL MADE IN ITALY DEGLI IMMIGRATI A. Cop. quasi tutti cinesi, cresciuti tra il 2009-14 del 28,5 per cento. Importante la presenza “estera” pure nel calzaturiero di San Mauro Pascoli, in piena Romagna (18,9%); e persino nella Regione delle scarpe per eccellenza, a Civitanova Marche (14,4) e a Fermo (12,9). «Non è da sottovalutare la presenza in altri settori ancora – continuano i ricercatori -, come il porfido trentino o la metalmeccanica del Canavese, in cui la prima nazionalità è romena (25,6%). È “l’evoluzione” dell’operaio che dopo aver imparato il “lavoro” inizia l’avventura imprenditoriale». La storia dei nuovi orafi pakistani e bangladesi del distretto di Arezzo, tra gli altri, una realtà ancora piccola (il 9,2 per cento) ma in forte crescita (più 27,6% in 5 anni); a fronte di una diminuzione di imprese con titolare italiano (meno 17%). Si comincia a osservare, allora, un effetto «sostituzione»: la vecchia ditta italiana chiude per mancanza di eredi, l’ex dipendente la rileva o ne apre una propria con il know how qui appreso, portando avanti una tradizione che le nuove generazioni autoctone non sanno o non vogliono perpetuare. «I dati sulle imprese da una parte confermano la sedimentazione della presenza dei migranti in Italia — nota il geografo dell’Università Orientale di Napoli, Fabio Amato —: non un’anomalia, ma un trend di lunga durata. Dall’altra, indicano un dinamismo e una capacità di adattamento spesso superiori a quelli degli italiani». Gli stranieri non fanno più solo i mestieri «scartati» perché troppo faticosi, continua lo studioso, ma «coprono» con nuove imprese anche le competenze manuali che via via si stanno perdendo. Ultima roccaforte, l’agroalimentare, dove il rapporto tra l’azienda e il territorio è particolarmente blindato e richiede forze maggiori per essere espugnato. Nel distretto del prosecco di Conegliano Valdobbiadene, per capire, gli stranieri sono i tedeschi che hanno comprato la Mionetto o un magnate russo che s’è accaparrato la Contarini. Vicenda diversa, forse anche più importante, nella storia del made in Italy ma da altri. © RIPRODUZIONE RISERVATA Alessandra Coppola Il rapporto: «Nel 2013 più 50 mila ditte straniere, meno 18 mila le italiane» Fatto in Italia sì, ma da sarti cinesi, orafi bangladesi, cavatori macedoni, meccanici romeni. Non solo manodopera, ormai è assodato: il made in Italy è sempre più una fabbricazione «straniera» in casa. Anche negli storici distretti manifatturieri, ossatura della nostra produzione, un numero crescente di aziende è di proprietà di donne e uomini nati all’estero. Wu Y. Q., per esempio, imprenditore tessile nel Gallaratese, arrivato 18 anni fa dallo Zhejiang. Per diffidenza, incertezze della lingua e anche perché lavora per un grosso marchio dell’alta moda, del suo nome vuole dare solo le iniziali. «Ho 31 anni, moglie e tre figli, tutti nati qui — racconta —. Ho aperto la mia azienda sei anni fa, dopo aver lavorato nello stesso settore, nella ditta di mia madre». Da lì, ha cominciato a capire come funziona. «Arrivato bambino, ho frequentato la seconda e la terza media. Non parlavo benissimo l’italiano, ma meglio del resto della famiglia: è così che hanno affidato a me il rapporto con le altre aziende». Un po’ di studi, molti contatti, Y. Q. ha fatto il salto: oggi ha sette dipendenti, ma nel 2010 era arrivato ad averne anche 15, perché il marchio del lusso per cui lavora aveva ritirato in fretta le confezioni dalla Tunisia, spaventato dalle rivolte della Primavera, e le aveva ricollocate tra i terzisti cinesi. Che in Italia, ormai, il tessile lo dominano. Sono stranieri, prevalentemente nati nella Repubblica popolare, otto imprenditori su dieci nel distretto dell’abbigliamento di Prato, con una crescita di oltre il 10 per cento in cinque anni; la metà dei titolari delle aziende nell’area di Empoli; quasi il 40 per cento in provincia di Teramo; oltre il 30 a Santa Croce sull’Arno (Pisa); e ancora sopra la media nazionale (del 24 per cento) nel Gallaratese (Varese), a Montebelluna (Treviso), a Verona. Si legge con chiarezza nelle tabelle elaborate per il Corriere del- la Sera da Enrico Di Pasquale e Chiara Tronchin, ricercatori della «Fondazione Leone Moressa». «La crescita imprenditoriale straniera nel nostro Paese non deve stupire — spiegano gli esperti —: è il naturale evolversi di un processo di integrazione». Sviluppo in controtendenza, però, rispetto alle aziende italiane, che rallentano. L’ultimo dossier della Fondazione segnalava che, su sei milioni di imprese, 497 mila sono condotte da persone nate all’estero (l’8,2%) e che, nonostante la crisi, le ditte straniere Tito Anisuzzaman qui, nerbo del made in Italy, «le dinamiche economiche degli ultimi anni hanno mutato profondamente il panorama, aprendo all’internazionalizzazione». Non solo nel tessile. L’incidenza di «stranieri» nelle ditte di pelli del Valdarno Superiore è del 37,9%, Halyna Lyakh ❜❜ Avevo 17 anni ❜❜ La mia fortuna A Roma finii stipato in una stanza con 6-7 letti a castello Ho accettato di portare avanti l’azienda che stavano cedendo «Scappai dalla gita scolastica Ora sono un imprenditore» Tre amici e un’avventura: «Eravamo in gita scolastica dal Bangladesh a Parigi, era il 1999, non avevamo ancora 17 anni, abbiamo deciso che era il momento giusto per provarci: ora o mai più. E siamo fuggiti». L’arrivo in Italia di Tito Anisuzzaman, oggi imprenditore orafo ad Arezzo, è un passaggio rocambolesco di frontiera, alloggi di fortuna, stazioni scelte a caso. La prima è Roma Termini: «In città avevamo dei conoscenti», che li ospitano in una stanza stipata all’inverosimile. «C’erano 6 o 7 letti a castello, non si respirava, siamo rimasti una notte e siamo andati via». Di nuovo in treno, verso Arezzo, altri ospiti rintracciati nella rete allargata dei parenti. «Minorenni, senza permessi regolari, non volevano tenerci a lungo». I tre ragazzi sopravvivono per un po’ con 500 mila lire ricavate dalla sono aumentate nel 2013 di 50 mila unità, mentre quelle «autoctone» sono diminuite di 18 mila. Il nuovo studio si concentra sui distretti produttivi, prendendo in considerazione solo il manifatturiero. Per dimostrare che anche vendita dei passaporti «tanto erano inutili». Lavori saltuari, qualche disavventura, finché Tito, nel 2000, ancora minorenne, trova un impiego e un affido presso il suo datore di lavoro, orafo. «È da lui che ho imparato il mestiere». Dopo cinque anni è promosso responsabile, nel 2007, continuando a fare l’operaio, apre la propria azienda «Amici international»: «Un piccolo laboratorio al principio, ci andavo la sera, dopo i turni. E per campare continuavo a fare anche altre cose, il fabbro, il lavapiatti, il muratore…». Come artigiano, però, Tito ingrana, accelera, nel 2011 si sgancia e prende la sua strada , con 11 dipendenti e buone prospettive di sviluppo, al punto che nel 2013 MoneyGram gli ha assegnato il riconoscimento per la Crescita. A. Cop. © RIPRODUZIONE RISERVATA «Gli inizi da colf a Napoli Poi i paralumi fatti a mano» La prima parte del percorso è già tracciata da molte donne ucraine prima di lei. «Una decisione semplice da prendere — dice —: facevo la sarta, non avevo abbastanza lavoro, volevo garantire a mia figlia la possibilità di studiare. Nel 2001, a 21 anni, sono venuta in Italia». Oggi artigiana nel trevigiano, Halyna Lyakh non s’è risparmiata una tappa. «Sono arrivata a Napoli e al principio ho lavorato presso come colf». È sola, la bambina rimasta coi nonni a Leopoli. Si apre un’opportunità in Basilicata «operaia sotto le serre dei pomodorini a grappolo, ma ho dovuto cambiare». Aveva l’asma, allergica ai fertilizzanti. A quel punto, «sono salita su al Nord, conoscevo la parente di un’amica in provincia di Treviso». Le capacità con la macchina per cucire tornano utili, Halyna trova un lavoro in 24,5% Francia fabbrica. «Molto distante, però, da dove abitavo: lunghi tragitti in autobus». La chance di cambiare arriva il giorno in cui, per curiosità, la donna entra in un negozio di paralumi, proprietà di una coppia di italiani. «Mi è subito piaciuto, e ho cominciato a lavorare lì part-time». «È successo poi che la signora è mancata, il signore ha raggiunto l’età della pensione, e il figlio non era interessato a continuare l’attività: hanno chiesto a me di prenderla in mano». Dal 2013 Halyna Lyakh ha rilevato la Artistiche Lavorazioni Doge, e porta avanti l’antica tradizione della fabbricazione a mano di paralumi, segnalata tra le imprese di successo del premio MoneyGram. Quanto alla figlia rimasta in Ucraina, «si è laureata, è sposata, e vuole restare lì». © RIPRODUZIONE RISERVATA Il simbolo portato sul Monte Rosa La croce di Lampedusa baciata dal Papa in viaggio con i pellegrini Una croce realizzata con le assi di legno delle barche che trasportano i migranti dall’Africa alle coste italiane. Alta 2 metri e ottanta, larga un metro e cinquanta, pesante 60 chili. L’ha costruita Franco Tuccio, falegname di Lampedusa. L’ha benedetta papa Francesco, in Piazza San Pietro, lo scorso 9 aprile. E da allora gruppi di pellegrini l’hanno trasportata per l’Italia. Fino a quota 3.000 mila metri, sul Monte Rosa. L’iniziativa è stata promossa da Manuele Vai, presidente della fondazione Casa dello spirito e delle arti, e da Arnoldo Mosca Mondadori, che ne è il fondatore. Dal Vaticano la loro croce è passata per Napoli e poi ha proseguito verso Nord. Toccando Verona e Vittorio Veneto, in provincia di Treviso. Francesco benedicendola ne aveva indicato la via: ovunque nel mondo. Adesso, il pellegrinaggio proseguirà, con la Caritas di Como, nelle varie province della Diocesi, da Como a Varese sino a Sondrio e alla Valtellina. Si potrà vedere durante messe, celebrazioni, veglie di preghiera o alla «Due giorni giovani» in programma il 25 e il 26 ottobre a Cermenate, che radunerà oltre 500 giovani tra i 18 e i 30 anni da tutte le province limitrofe. Il 27 ottobre 2014 la Diocesi di Como farà «staffetta spirituale» con Brescia per far partecipare la Croce ad un’iniziativa di preghiera. Il 9 novembre 2014 sarà quindi la volta di Rivoli (Torino) dove la Croce verrà accompagnata dal libro «Bibbia e Corano a Lampedusa». La benedizione Papa Francesco bacia la Croce In pellegrinaggio Il Crocifisso è giunto sulle Alpi © RIPRODUZIONE RISERVATA 24 italia: 51575551575557 Lunedì 8 Settembre 2014 Corriere della Sera Corriere della Sera Lunedì 8 Settembre 2014 Cronache 25 italia: 51575551575557 Roma L’annuncio fatto a due sposini che festeggiavano pedalando al Campidoglio Gianni Pittella La vicenda Ai Fori solo bus, bici e pedoni Marino ferma i taxi in centro 1 Fine della sperimentazione Il sindaco: via a dicembre. E pensa al parco archeologico ROMA — Passo dopo passo, una strada dopo l’altra: oggi via dei Fori Imperiali, domani il Circo Massimo. E poi, «entro la consiliatura», giù fino all’Appia Antica. Da quando si è insediato, a giugno 2013, il sindaco ciclista Ignazio Marino lavora a un’idea precisa: «liberare» il centro storico di Roma dalle automobili e trasformarlo nel più grande «parco archeologico urbano del pianeta». Un anno fa toccò ai cinquecento metri di strada verso il Colosseo, tristemente definito da Antonio Cederna «spartitraffico della città»: adesso, però, l’obiettivo annunciato dal sindaco in campagna elettorale — nonostante le polemiche iniziali di residenti e commercianti — prende una forma più chiara. Dopo un anno di sperimentazione, quel tratto di via dei Fori Imperiali da dicembre diventerà «definitivamente» chiuso alle macchi- Il regista del Giubileo Il sindaco si è «affidato» a Maurizio Pucci, già direttore dei cantieri del Giubileo del 2000 ne (taxi e ncc inclusi) e il divieto si estenderà a tutta la strada, da piazza Venezia all’Anfiteatro Flavio. Unici mezzi a motore «autorizzati», i bus dell’Atac. Uno step in più, rispetto alle chiusure estive. Ma, soprattutto, il provvedimento riguarderà anche via dei Cerchi, che costeggia il Circo Massimo e porta alla Bocca della Verità. Si passa, così, alla «fase 2» dell’operazione Fori, destinata — secondo i piani del Campidoglio — a unire l’area archeologica centrale con il parco dell’Appia Antica passando per le Terme di Caracalla. Progetto molto ambizioso, di grande fascino, ma anche di difficile realizzazione, sul quale Marino si gioca gran parte della sua credibilità nel tentativo di lasciare un segno indelebile. In mancanza di soldi, con la crisi che morde e la necessità di attirare investimenti stranieri, il sindaco punta sull’effetto choc: trasformare il centro, coi suoi «tesori» di storia millenaria, in un’immensa «isola» pedonale. Da buon «marziano» della politica, Marino anche per l’annuncio della chiusura definitiva dei Fori sceglie un modo insolito: comunicarlo ad una coppia di sposi — italiano lui, russa lei — che sabato, dopo la cerimonia, aveva festeggiato pedalando in- Nozze su due ruote Andrea ed Elena sabato scorso dopo il matrimonio sono andati via in bici. Il sindaco Marino dopo aver visto le foto li ha chiamati (Benvegnù-Guaitoli) torno al Campidoglio. Le foto, domenica mattina, sono su tutti i giornali e il sindaco chiama i due: «Vi ho visto in bici, complimenti. Sappiate che da dicembre solo gli autobus, oltre a ciclisti e pedoni, potranno percorrere quella strada». Quello che Marino non dice ad Andrea ed Elena, gli sposini, è il resto, il piano complessivo, che da mesi viene studiato dai tecnici del Comune. Non a caso, per realizzare l’opera, il sindaco si è «affidato» a Maurizio Pucci, già direttore dei cantieri del Giubileo del 2000 con Rutelli sindaco. Corsi e ricorsi. Anche allora la viabilità romana cambiò molto (ci fu ad esempio la chiusura di piazza del Popolo alle auto), anche allo- ra ci furono discussioni e contrasti. La «ricetta» Marino, infatti, non è «indolore» per i cittadini romani. Per diminuire le auto in centro, la giunta capitolina negli ultimi mesi ha deliberato una serie di aumenti: dai permessi Ztl alla sosta tariffata, chi vuole usare l’auto deve mettere mano al portafogli. Polemiche e ricorsi al Tar, ma Marino tira dritto: «Chiudendo via dei Cerchi potremo collegare il Circo Massimo, il Palatino e l’area sotto al Campidoglio». Sulle sue «mappe», ci sono già le strade segnate in rosso e le stazioni della metro da costruire. Già, la metropolitana: l’apertura del cantiere della linea C (con i soldi appena sbloccati dal governo) è un passaggio fondamentale per pedonalizzare il centro. Entro fine anno toccherà a una co m m i ss i o n e d i es p e r t i (composta, tra gli altri, da Claudio Strinati e Adriano La Regina) stabilire gli esatti confini del parco archeologico. Marino è entusiasta: «Mi piacerebbe un tram con le pareti a vetro che arrivi a piazza Venezia». Dall’opposizione, FdI lo critica: «La telefonata agli sposi è patetica», dice Fabrizio Ghera. Ma sempre nel centrodestra l’ex sottosegretario ai Beni Culturali, il senatore Francesco Giro (FI), lo loda: «Marino sta spiazzando tutti. Devo riconoscere che sta cercando di cambiare la città e per me sta vincendo la sua sfida». Tanto da immaginare, dopo le turbolenze iniziali (anche col Pd), di ricandidarsi? «Completare la realizzazione del parco archeologico — disse qualche mese fa — sarebbe un buon motivo per farlo». Chissà. Per ora si va avanti. Passo dopo passo. Dopo la sperimentazione estiva il sindaco di Roma annuncia lo stop a tutte le auto ai Fori Imperiali Il divieto esteso fino al Circo Massimo 2 Il divieto di circolazione riguarderà anche via dei Cerchi, che costeggia il Circo Massimo Via alla Fase 2 fino all’Appia Antica 3 La «Fase 2» è destinata a unire l’area archeologica centrale con il parco dell’Appia Antica La metropolitana e il bus «a vetri» 4 Nei piani di Marino anche le nuove stazioni della metropolitana e un bus «con le pareti a vetro» Alessandro Capponi Ernesto Menicucci © RIPRODUZIONE RISERVATA «In Europa la battaglia contro l’Iva al no profit» Centinaia di condivisioni su Facebook, 300 persone connesse in streaming, decine di mail e oltre tre ore ai vertici della top-ten della sezione politica di twitter. Sono questi i numeri del live twitting che, ieri mattina, ha tenuto banco in occasione del dibattito organizzato dal Centro Nazionale del Volontariato per dare seguito alla campagna di Corriere della Sera e Tg La7 #NoProfitNoIVA, per detassare le realtà che si occupano di sociale. «Una battaglia di giustizia. Il bene non si tassa», ha commentato Gregorio Arena, Presidente di Labsus. A incassare gli applausi reali e virtuali il presidente del gruppo Pse al parlamento europeo, Gianni Pittella, che ha annunciato la creazione del primo intergruppo del #NoProfitNolva A casa dello stilista Lampada Questa lampada dalle linee art deco è sempre stata di ispirazione per lo stilista In famiglia La fotografia che risale a metà degli anni Novanta è stata scattata a Piacenza città natale di Armani Pantere Le due sculture in bronzo rappresentano due pantere, eleganti e potenti al tempo stesso Leopardo Il piccolo leopardo in legno rappresenta la passione per i grandi felini, «espressione di agilità e vitalità» Fragranza Le boccette sono di Bois d’Encens, della linea Armani/Privé. Sotto il tavolo, creazioni in vetro di Murano Granchi Due granchi: uno piccolo sul tavolo e uno grande usato come fermacarte. Un rimando al segno del cancro terzo settore: «Il nostro obiettivo sarà quello di far abbattere l’Iva e detassare le donazioni». Altrettanto bene non è andata al governo che ha incassato numerose critiche sulla riforma ormai prossima del settore: «Le coperture finanziare sono insufficienti — ha detto Alessandro Bianchini, presidente della “Fondazione Volontariato e Partecipazione” — e scarsa attenzione è stata dedicata alla creazione di un organismo di vigilanza che il sociale invoca». A catalizzare l’attenzione è stata, però, la ricerca dell’Istituto italiano della Donazione: «Su un campione di 4 mila cittadini ben il 65% non sapeva che il no profit fosse soggetto a Iva — spiega Edoardo Patriarca, presidente dell’Istituto e parlamentare pd —. Quasi il 50% chiede che il no profit non paghi più la tassa e il 36% è per l’Iva agevolata». Interessante il dato sulle donazioni ai partiti, che per un terzo degli intervistati devono essere più convenienti. Di #NoProfitNoIVA si parlerà ancora a Torino il 4 ottobre, giornata del dono. Luca Mattiucci Pantere di bronzo e i film di Batman, gli oggetti cari per Armani C’è Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry, «mi piace l’apparente semplicità e naturalezza con la quale l’autore pronuncia grandi verità, senza enfasi». E il cofanetto Les Années 30 «perché mi sono sempre interessato all’arte degli anni 20 e 30, che si riflette nella mia moda». E la trilogia di Batman: «Perché ho disegnato gli abiti di Bruce Wayne». E i suoi occhiali, tondi: «Amo le montature @CorriereSociale © RIPRODUZIONE RISERVATA arrotondate». «Re» Giorgio Armani racconta a WSJ Magazine gli oggetti del cuore: «Le sculture in bronzo rappresentano due pantere. Le trovo potenti ed eleganti», dice. E c’è anche una foto: «Un ritratto di famiglia di metà anni 90, a Piacenza, la città dove sono nato». (foto Alessandro Furchino per WSJ.Magazine) © RIPRODUZIONE RISERVATA In Bolivia Sudoku Difficile Ha nove anni ed è cieco, Jose nuovo prodigio del jazz delle serate musicale nel suo Paese d’origine , ma è stato invitato a suonare anche in Brasile. Per il cantante jazz Vero Perez «la cosa più interessante del talento di Jose è che suona in un modo tale da rendere perfettamente l’idea di quello che la musica jazz è, completamente libera, piena di improvvisazione». Da ultimo il piccolo prodigio ha conquistato il pubblico di La Paz in occasione dell’annuale appuntamento con il festival del jazz. © RIPRODUZIONE RISERVATA 9 1 2 2 2 3 8 9 7 Come si gioca Bisogna riempire la griglia in modo che ogni riga, colonna e riquadro contengano una sola volta i numeri da 1 a 9 LA SOLUZIONE DI IERI Puzzles by Pappocom Ha soltanto nove anni ed è cieco. Si chiama Jose Andre Montanho ( foto a sinistra) ed è la giovane rivelazione della scena Jazz. Il bambino boliviano sta conquistando il pubblico latino americano con il suo talento innato. La sua passione per la musica è nata all’età di quattro anni nella città di retaggio coloniale di Totora in Bolivia, quando ha iniziato a misurarsi con le percussioni con risultati eccezionali. Poi è passato al pianoforte e, quando non aveva più di cinque anni si è esibito nel suo primo jazz trio. Adesso è un habitué 5 8 4 2 1 3 4 9 2 5 9 3 6 7 Altri giochi su www.corriere.it 1 4 7 6 3 1 8 2 5 9 3 5 9 6 4 2 8 1 7 2 1 8 9 5 7 6 4 3 8 9 7 1 2 5 3 6 4 5 3 4 8 6 9 7 2 1 1 6 2 4 7 3 9 8 5 6 8 1 7 9 4 5 3 2 9 4 5 2 3 6 1 7 8 7 2 3 5 8 1 4 9 6 26 italia: 51575551575557 Lunedì 8 Settembre 2014 Corriere della Sera Corriere della Sera Lunedì 8 Settembre 2014 Cronache 27 italia: 51575551575557 Il personaggio La ex campionessa chiede la mano della sua compagna. E il pubblico assiste sui maxischermi «Julia, mi vuoi sposare?» Navratilova in ginocchio fra tweet e diretta tv modella, scrittice...); l’ex calciatore Leonardo in diretta Sky ha messo in imbarazzo la compagna che era anche la conduttrice del programma; il fidanzato della tennista olandese Michaella Krajicek si è messo sottorete con il microfono in mano per sembrare più credibile. Basta andare su YouTube e inserire nella ricerca «proposta di matrimonio» per trovare migliaia di video di aitanti giovani e meno giovani che si lanciano con il paracadute, mobilitano paesi interi, girano finti film e li proiettano in veri cinema. Talvolta anche con un «no» come risposta, da cui la facile conclusione che era meglio dedicarsi a cementare il rapporto che perdere tempo a fare gli originali. Navratilova sa bene tutto questo eppure ha voluto lo stesso sottoporsi a un costume d’altri tempi, diventato a volte anche mercato del kitsch (sono nate persino agenzie che ti organizzano non il matrimo- La dichiarazione agli US Open di tennis I precedenti In campo Il cestista Dominic James e la proposta ad Angela Phillips Ha scelto il gesto più conformistico e lo ha reso allo stesso tempo anticonvenzionale, è ricorsa ai modi antichi per mutare le abitudini, ha commosso i romantici e insieme turbato i custodi della tradizione. Martina Navratilova, 57 anni, la più grande tennista di sempre, si è inginocchiata davanti alla sua amata, come facevano i cavalieri d’un tempo al cospetto delle loro damigelle, e le ha chiesto di sposarla. Un colpo a effetto, come quelli che le hanno permesso di vincere 59 prove del Grande Slam, Felicità Martina: «Ho creduto che fossero il momento e il luogo adatto. Sono felice che abbia detto sì» In diretta Su Sky Leonardo, ex Milan, chiede la mano di Anna Billò In ginocchio Il rapper Kanye West chiede di sposare Kim Kardashian Sull’erba Martin Emmrich chiede la mano alla tennista Michaella Krajicek una dichiarazione personale ma anche una trovata, studiata per stupire. Come quando, poco più che diciottenne, lei nata a Praga e da poco cittadina statunitense, rivelò di essere omosessuale mettendo a tacere con coraggio e determinazione le voci che iniziavano a circolare. «Ho aspettato a lungo il momento di chiedere a Julia di sposarmi. Ho creduto che questo fosse il momento giusto e il luogo adatto e sono contenta che lei abbia risposto “sì”» ha spiegato Martina tra interviste e tweet. Il luogo è l’Arthur Ashe Stadium, sede degli Us Open, che lei ha vinto 4 volte nel singolo, ed è un po’ casa sua. Il momento adatto è stata una pausa delle semifinali maschili, picchi d’audience e spalti gremiti di personaggi in passerella. Julia è la russa Lemigova, 42 anni, madre di due bambine, l’ultima miss del- l’Unione Sovietica, donna d’affari e vedova di un banchiere francese trovato morto dopo un gioco sadomaso. La loro relazione è iniziata sei anni fa. «Siamo felici insieme e Martina ha completato la nostra famiglia». Navratilova, pantaloni e blusa bianchi, scarpe basse nere, si è abbassata davanti a Julia, tacchi vertiginosi, gonna aderente, proprio davanti alla telecamere e al cartellone di Tennis Channel, la rete per cui l’ex stella è commentatrice. Poi la consegna dell’anello, la sorpresa e lo stupore della compagna, il fatidico «sì», tutto benedetto da flash e amplificato dai maxischermi dello stadio. Con l’amministratore delegato del canale tv che arriva provvidenzialmente con una bottiglia magnum dello champagne sponsor del torneo. Tutto è spettacolo, e anche il più intimo dei momenti di una coppia può trasformarsi in show. Martina lo sa bene, l’ex campionessa è ormai una donna di comunicazione, paladina dei diritti degli animali e del rispetto dell’ambiente, testimonial Onu nella lotta contro l’omofobia. «È stata un’esperienza fuori dal nor- Le nozze Vorrebbero la cerimonia in Florida, dove di nozze gay si stanno ancora occupando i giudici male — confessa lei —. Ho visto spesso persone proporsi durante eventi sportivi, nei film, nella vita reale. Ma stava accadendo a me. Era come se stessi vedendo me stessa che lo facevo». Nell’era dominata dall’apparire e dai social network è lungo l’elenco di sportivi, showman e sconosciuti emuli che s’inventano proposte di matrimonio choc. Il rapper Kanye West ha preso in prestito un intero stadio e un’orchestra di 50 elementi per commuovere Kim Kardashian (soprattutto bella, poi attrice, L’attimo L’ex stella del tennis Martina Navratilova fa la sua proposta di matrimonio a Julia Lemigova, agli US Open di tennis a New York. A sinistra, le promesse spose sugli spalti (foto Ap, Epa) nio, ma la proposta). Questa volta però la promessa è stata fatta da una donna a un’altra donna. Martina e Julia hanno spiegato che preferirebbero sposarsi in Florida, dove vivono. Un mese fa un giudice federale ha stabilito che il divieto di nozze gay nello Stato è incostituzionale, ma è già stato proposto appello. Il matrimonio gay non è un diritto acquisito, come Martina sa. Per questo forse ha compiuto quel gesto d’altri tempi, la tradizione per rivoluzionare le regole. Rendendo plateale un momento così privato, come ormai fanno molti, ha chiesto di considerare normale ciò che per qualcuno è diverso. Per far capire che inginocchiarsi davanti al proprio compagno o alla propria compagna è un gesto d’amore. Indipendentemente dal sesso. Riccardo Bruno © RIPRODUZIONE RISERVATA New York Capi tecnici e ispirati al mondo della nautica per Lacoste, tagli anatomici e nervature per Alexander Wang. Il rigore di Victoria Beckham Parka, nastri e neoprene: sfila la moda «senza sforzo» DALLA NOSTRA INVIATA NEW YORK — Al grido di effortless, che sta per senza sforzo, si consuma, al terzo giorno, la fashion week di New York. Non più sportswear, easy, over size, e chi più ne ha ne metta, per definire lo stile «rilassato» che veste gli adepti della nuova generazione «lavoro-solo-quanto-basta» per vivere anche il tempo libero. Perché non vela o running, tanto per cominciare? C’è il mare a Manhattan e c’è la High line (l’ex ferrovia) che percorre in lungo tutta l’isola e che è stata recuperata in pieno spirito effortless: al posto delle rotaie alberi, panchine e un fondo perfetto per correre. Un gioco da ragazzi per Lacoste se la tendenza è quella di cui sopra. Il bel Renè, il fondatore, era un campione del tennis soprannominato «il coccodrillo», quando smise con la racchetta, negli anni Trenta, si impegnò con la maglietta ottenendo risultati ancora adesso da trofeo seppure la griffe faccia oggi capo agli svizzeri di Maus Fréres: 47 milioni e 800 mila euro l’ultimo fatturato pervenuto e 7.500 i dipendenti a In passerella Da sinistra in senso orario: le ispirazioni nautiche di Lacoste; le ispirazioni di Wang e, sotto, Victoria Beckham libro paga. L’attuale stilista, il bravo e schivo Felipe Oliveira Baptista, ha cercato nella storia oltre la rete e ha trovato che nel 1985 René Lacoste aveva collaborato con un cantiere navale francese. Così in passerella grandi vele spiegate e poi una uscita via l’altra di mix&match fra capi tecnici, abc della nautica e tessuti naturali. Parka e giubbotti nastrati, le piccole polo in neoprene, i giacconi da pescatore a tinte accese o le cerate sbiadite, i blazer sottili, i body come mute, le impalpabili giacche a vento (ma anche i più lunghi impermeabili) che si possono agganciare in vita creando una silhouette ancor più rilassata. Spesso la scelta del monocolore anche in pendant con le scarpe, per lo più sportive, naturalmente. Sneaker altra parola chiave in quel di New York ma non solo. La ripete in continuazione Alexander Wang nel backstage per spiegare la sua sfilata che lascia un po’ così perché sin troppo precisa e fittata e couture. Lo stilista racconta una bella storia: «Osservando una così grande creatività nelle sneaker, mi sono Vela e running Sguardo rivolto verso vela e running per capi da indossare anche nel tempo libero Dalle scarpe Wang: «Ho trattato gli abiti con la stessa creatività usata nelle scarpe da ginnastica» Coach Stupire con bomber e zeppe DALLA NOSTRA INVIATA NEW YORK — È Buster, una sorta di diavoletto che ti invita a mollare tutto e a divertirti, il protagonista della moda Coach by Stuart Vevers (lo stilista) e Gary Baseman (l’artista). Una ragazza un po’ pazzerella che indossa bomber di montone rosa e ciabatte con la zeppa, abitini svelti, short e magari la t-shirt o il blazer del suo ragazzo. Molto divertente e spigliata. Pa. Po. © RIPRODUZIONE RISERVATA chiesto perché non trattare gli abiti come fossero scarpe da ginnastica?». Bella idea ma forse sviluppata con tanta sofisticatezza a scivolate nel troppo «impostato». L’arte del running dunque si ritrova nell’uso delle reti tecniche, nei tagli anatomici, nelle nervature, negli accostamenti, nei colori forti e fluo a contrasto. Plissettature couture direttamente dalla scuola i madame Grès per gonnelle e abiti sottili. Una scommessa decisa sui pantaloni a vita alta: ovunque, indossati con top-corazza. In prima fila applaudono Rihanna (che è già in testa alla hit della celebrità più invitata) e Nicki Minaj, la cantante che sta scalando le classifiche con la sua Anaconda e i glutei «rifatti». Cosa c’entrerà poi con lo stile da secca-secca di Wang? Boh. Infine Victoria Beckham che sfila a Wall Street, nell’ex sede di una compagnia britannica di navigazione. Location monumentale per una moda rigorosa e precisa: una sorta di divisa ideale fatta di gonne longuette sottili, sahariane svuotate, tubini monacali. Tutto comincia e finisce quando David entra ed esce. E Victoria saluta ballando, felice. Paola Pollo © RIPRODUZIONE RISERVATA 28 Lunedì 8 Settembre 2014 Corriere della Sera italia: 51575551575557 Cultura Le immagini Quattro degli inediti di Marc Chagall (Vicebsk, oggi Bielorussia, 1887 – Saint Paul de Vence, Francia, 1985, a fianco) provenienti da una collezione privata, del 1931. A sinistra: «Il sogno di Giacobbe», studio preparatorio per l’incisione del 1931-34; al centro: «Abramo pronto a immolare suo figlio», studio per la gouache dallo stesso titolo e dello stesso anno; a destra: «Noè lascia andare la colomba», dove Noè ha la kippà, altro studio per una gouache del 1931 (nell’immagine piccola: un’ulteriore versione) Inediti Erano gli abbozzi iniziali della «Bibbia» del pittore, figlio della cultura yiddish. Saranno esposti per la prima volta dal 17 settembre al Museo Diocesano di Milano, in contemporanea con la grande mostra a Palazzo Reale dal nostro inviato ARMANDO TORNO PARIGI — Place Dauphine, Île de la Cité. Siamo accanto al Pont Neuf, immortalato da Renoir nel 1872 in un quadro ora alla National Gallery di Washington. Nella piazza, in un appartamento luminoso, si conservano le carte di Marc Chagall. Incontriamo tra le antiche mura Meret Meyer, nipote del pittore e rappresentante degli eredi. Insieme a lei Sylvie Forestier, nota per essere stata la direttrice del Museo Chagall di Nizza; quindi Nathalie Hazan-Brunet, responsabile della sezione di arte contemporanea del Museo Ebraico di Parigi. Il motivo: la mostra di Milano dedicata all’artista (e notizie su gouache mai esposte che saranno pubblicate per la prima volta). Dal 17 settembre si terrà a Palazzo Reale una grande retrospettiva («La più importante degli ultimi cinquant’anni», sottolinea la stessa Meyer); mentre al Museo Diocesano — con medesima decorrenza — si potranno vedere 22 schizzi inediti del Messaggio biblico di Chagall. Si tratta di piccole e densissime opere che, a detta della Forestier, «sono più spontanee rispetto a quelle conosciute e sembrano riflettere l’inquietudine di un’epoca; anzi, si direbbe che rimettano furtivamente la storia al centro dell’attenzione». Meret Meyer parla delle sorprese recate dal ritrovamento. Spiega come le gouache preparatorie per la Bibbia, presenti nel museo di Nizza consacrato al pittore, siano state donate dallo stesso Chagall allo Stato francese; questi inediti, invece, finirono in una collezione che non era ancora ben identificata. In essi l’erede coglie elementi essenziali: «Intese costruire con la sua arte un ponte tra i tempi, cercando nel mondo biblico quanto mancava al Novecento. Forse dovremmo dire che pensò a un trasloco di forza vitale». Così traduciamo il suo déplacer, anche se il termine italiano è poco elegante; tuttavia ci torna utile per comprendere meglio le parole della signora Hazan-Brunet: «Chagall ha trasformato artisticamente la Parola, ha interrogato, entrando e scavando nelle lettere e nella spiritualità che la Bibbia racchiude. Il suo legame con il testo rivelato passò per la lingua yiddish. Desiderava prendere dalla storia del popolo di Dio l’energia necessaria per dar senso a un’epoca che aveva smarrito quasi tutto». Gli schizzi che si vedranno al Diocesano milanese, e che saranno poi integralmente pubblicati nel volume della Jaca Book Chagall. Viaggio nella Bibbia, colpiscono per la potenza primitiva che scaturisce dai tratti. Sembrano incisi nella carne della storia da un pittore convinto che il nostro tempo sia drammaticamente orfano della profezia. Lui, ebreo di lingua yiddish, decide allora di andarla a cercare dove essa rampolla eternamente; la rintraccia nelle radici del suo popolo e nelle azioni di quel Dio che ordina a Noè di costruire l’Arca (eccolo, in un primo schizzo, con la kippà; copricapo che poi gli è tolto); oppure nel gesto di Abramo che sta Le esposizioni Dal 17 settembre al 1°febbraio 2015, Palazzo Reale a Milano ospita «Marc Chagall. Una retrospettiva 1908-1985». La mostra, promossa dal Comune di Milano-Cultura, è organizzata e prodotta da Palazzo Reale, 24 Ore Cultura-Gruppo 24 Ore, Arthemisia Group e GAmm Giunti. Ideata da Claudia Zevi & Partners, è curata da Claudia Zevi con la collaborazione di Meret Meyer Il catalogo sarà pubblicato in coedizione da Gamm Giunti e 24 Ore Cultura. Nello stesso periodo, il Museo Diocesano propone la mostra «Marc Chagall e la Bibbia»: 60 lavori sul messaggio biblico, tra dipinti, sculture e ceramiche. Sono esposte le 22 gouache inedite Anche Noè aveva la kippà Ecco gli Chagall mai visti per uccidere Isacco per ordine divino; o infine nella lotta di Giacobbe «faccia a faccia» con Dio stesso. Chagall insegue la Parola che sconvolge, scovando i colori, i tratti, le urla di qualcosa che il nostro tempo ha irrimediabilmente perduto. La Forestier nota: «Questi 22 inediti sono una finestra che si apre sulla sua arte consentendone una nuova lettura, offrendoci altre percezioni. L’alfabeto biblico di Chagall cambia attraverso le emozioni che nascono in tali studi con acquarello e biacca, con tratti di matita. La Bibbia è innanzitutto Parola: e lui, similmente alla fenice, brucia nel tradurla e risorge offrendole nuove forme». HazanBrunet sottolinea: «Chagall gioca con la lettera ebraica, che racchiude in sé l’essenza. Cerca la forza eterna che si trova in questi se- gni visibili. La sua è un’odissea spirituale nel XX secolo, tempo del quale lui conosceva tutto, epoca in cui l’arte guardava altrove e scavava la realtà forse con rabbia ma non certo con la sua sete di assoluto». Meret Meyer precisa: «Non cercava la profezia, la esprimeva». I 22 inediti non sono facilmente databili, comunque siamo intorno al 1931, anno in cui Chagall compie un viaggio in Terra L’odissea spirituale Il grande artista giunge alla convinzione che il nostro tempo moderno sia orfano della profezia Perciò la cerca nella Scrittura ✒ Festivaletteratura Crescono visitatori, biglietti, acquisti. «La nostra ricerca premia» Santa che muta le sue prospettive. HazanBrunet ricorda di aver letto in un testo, dove rispondeva a un questionario, l’intento di porre il Cristo «poeta e ultimo dei profeti» oltre le consuete coordinate. Ecco le parole del pittore: «Gesù, ci tengo a metterlo tra i profeti ebraici, come ultimo tra essi, di cui mi appresto adesso a dedicare una raccolta di incisioni». La sua Bibbia, meditata nelle radici ebraiche, rompe i confini delle fedi. È forza divina che fugge. E cerca tutti. Forestier osserva: nel decennio 1930-40 l’immagine del Cristo diventa forte in Chagall. «Ha scritto — confida — che “qualcuno guida la mia mano”. Picasso dipinse Guernica nel 1937, lui nel 1938 la Crocifissione bianca». Quest’opera, conservata nell’Art Institute di Chicago, è stata tra l’altro indicata come «quadro preferito» da papa Francesco. La Meyer parla delle emozioni provate confrontando gli inediti — i ripensamenti, i dettagli che variano di poco tra l’uno e l’altro magari sul medesimo soggetto — con i contributi definitivi che il maestro ha realizzato per la Bibbia. Ma qui si apre un altro capitolo della storia di Marc Chagall, le cui origini erano russe. Nel libro Jaca Book, dove saranno riprodotte per la prima volta le 22 opere ritrovate, c’è un saggio di Evgenia Kuzmina, accanto a quelli di Sylvie Forestier e Nathalie Hazan-Brunet, dedicato alla lettura iconografica delle gouache bibliche del pittore. La studiosa si sofferma sulla liturgia dei sensi e sulla memoria delle icone. Non sono che due aspetti di quell’universo che Chagall portava in sé. Già, le icone. Da ultimo bizantino amalgamava i volti santi all’infinito perfetto eikénai (traduciamo: essere simile) che, diventato figura, turberà i pittori, i fedeli, gli interpreti come il sommo Florenskij. In pieno Novecento l’essere simile si rifugia, grazie a Chagall, anche in alcune gouache. E in esse grida, senza requie, il disperato bisogno di profezia. © RIPRODUZIONE RISERVATA Improvvisi Mantova ce la fa: più presenze del 2013 Amarcord per la penna biro dal nostro inviato CRISTINA TAGLIETTI MANTOVA — Il Festivaletteratura ha vinto la scommessa: alzare il livello della manifestazione migliorando (leggermente) anche i numeri, 119 mila presenze contro le 112 mila dell’anno scorso (di più anche i biglietti staccati: 66 mila contro 64 mila) . Un successo che spinge gli organizzatori ad autocelebrarsi un po’: «L’estate che non c’era è arrivata al Festivaletteratura». Pionieri del format festivaliero, hanno cercato di sfruttare in modo positivo la crisi dell’editoria che ha ridotto budget e cachet per portare in Italia gli autori stranieri. Non che non ci fossero i grossi nomi, da Rifkin ad Aciman, da Shteyngart al Pierre Lemaitre (nella foto) di Ci rivediamo lassù a Cunningham (che ieri sera ha chiuso la manifestazione), ma l’aria è certo molto cambiata. «L’era dei grandi bestseller — dice Luca Nicolini, presidente del comitato organizzatore — è tramontata. I numeri di una volta non ci sono più da tempo. E il Festivaletteratura di SEBASTIANO VASSALLI si è dato il compito di ricerca di temi importanti per la vita. Un lavoro molto approfondito che si è sviluppato nel tempo. Volevamo dare un segnale forte, rivendicando un’originalità che ci ha contraddistinto fin dall’inizio. Qui gli autori non vengono a presentare il proprio libro». Il lavoro si è tradotto in un programma non facile dove si cerca l’autore da far conoscere, ci si focalizza sulla sostenibilità alimentare e energetica, sulle nuove forme della lettura. Si dice spesso che chi va ai festival poi non compri libri, anzi quasi li sostituisca con l’incontro. «Chi viene qui molto spesso ha già letto i libri. E anche le vendite della libreria collettiva sono aumentate», ribatte Nicolini. Miracolo a Mantova. Non resta che aspettare che si ripeta nel 2015, dal 9 al 13 settembre. © RIPRODUZIONE RISERVATA «B ellezza riposata dei solai/ dove il rifiuto secolare dorme!» Sono versi di Guido Gozzano dedicati alla soffitta del suo personaggio: La signorina Felicita, e raccontano l’avvicendarsi degli oggetti nelle vicende umane. «Materassi, vasellame,/ lucerne, ceste, mobili: ciarpame/ reietto, così caro alla mia Musa!». In un ideale museo delle cose diventate inutili già si trovano i calamai e le vecchie penne per scrivere, quelle che si usavano col pennino; si trovano i pennini e presto si troveranno anche gli strumenti «moderni» della scrittura: la stilografica e la biro, che in Italia arrivò negli anni Cinquanta e che era la stilografica dei poveri (attingo ai miei personali ricordi scolastici) e delle persone che avevano fretta. È un dato certo: si scrive sempre di più, perché il personal computer, il telefono e il tablet sono degli straordinari moltiplicatori di scrittura, ma sempre meno a mano. Si sta perdendo la fisicità dello scrivere; quella sintonia tra il pensiero e il gesto che è il suo segreto e la ragione profonda del suo fascino. La multinazionale che produce le biro e ne vende sempre meno: la Bic, ha lanciato una campagna nei Paesi anglofoni per promuovere la scrittura su carta; ma non credo che darà grandi risultati. Scrivere a mano, oggi, è considerato una stranezza, una stortura. Un tale a cui avevo mandato un biglietto per comunicargli non so più cosa, mi ha risposto ringraziandomi… «dell’autografo»! Ma va’ al diavolo. © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Lunedì 8 Settembre 2014 Cultura 29 italia: 51575551575557 LO STUDIO DEL BRITANNICO RUSSELL EDWARDS «Il Dna mi dà ragione: Jack lo Squartatore era il polacco Kosminsky» LONDRA — Jack lo Squartatore ha un nome. A 126 anni dagli omicidi dell’East End, il mistero dell’identità dell’assassino (a fianco in un disegno dell’epoca) sembra essere stato risolto da un appassionato di criminologia: Russell Edwards sostiene di poter confermare che a uccidere e mutilare cinque prostitute alla fine del XIX secolo fu Aaron Kosminsky, emigrato polacco morto in manicomio trent’anni dopo i fatti. La ricostruzione sarebbe stata possibile grazie al ritrovamento di uno scialle lasciato vicino al cadavere di una delle vittime, Catherine Eddowes. Con l’aiuto di un biologo di Liverpool, Jari Louhelainen, Edwards avrebbe identificato sullo scialle le tracce genetiche della vittima e di Kosminsky, già nella rosa dei sospetti. Stando a Edwards, che sulla scoperta ha scritto un libro (Naming Jack the Ripper), lo scialle fu rimosso dalla scena del delitto da un sergente di Scotland Yard, Amos Simpson, che lo regalò alla moglie. La quale, sconcertata dalle tracce di sangue, non lo indossò né lo lavò mai. Edwards lo acquistò a un’asta nel Suffolk nel 2007 con una lettera che ne conferma la provenienza. Dopo 14 anni di ricerche Edwards ha trovato i discendenti di Kosminsky e di Eddowes e, grazie al loro Dna, il nome dell’assassino. Sulle conclusioni c’è in Gran Bretagna un certo scetticismo: «Bisogna vedere i metodi usati e se si può escludere la contaminazione del materiale genetico», ha sottolineato sir Alec Jeffreys, uno dei massimi esperti di impronte genetiche. Paola De Carolis © RIPRODUZIONE RISERVATA Saggi La questione tedesca vista da Reitani, Bolaffi e Giacché Ripensare la Germania con Mann e Meinecke I Il volume Il libro che riproduce per la prima volta i 22 inediti, con saggi di Sylvie Forestier, Nathalie Hazan-Brunet, Evgenia Kuzmina, si intitola «Chagall. Viaggio nella Bibbia» (traduzioni di Federico Simonti e Ariase Barretta, pp. 240, 70). Alta la qualità delle illustrazioni, numerosi i particolari evidenziati, è pubblicato da Jaca Book in concomitanza con le due mostre milanesi a Palazzo Reale e al Museo Diocesano (dove saranno esposte le 22 opere inedite, dal 17 settembre al 1° febbraio 2015). Il volume sarà in libreria il prossimo 25 settembre. Si può acquistare già oggi sul sito www.jacabook.it/chagall oppure scrivendo a [email protected] La retrospettiva Tra Bielorussia e Francia, 220 opere dal 1908 al 1985 Poesia dell’ebreo errante: lasciar volare gli amanti di ROBERTA SCORRANESE «U n genio, spaccato come una pesca». Così il poeta Blaise Cendrars definì l’amico Marc Chagall, il quale si ispirò alla poesia in uno dei suoi quadri più suggestivi, Il poeta sdraiato (1915). Questa è una delle 220 opere che Palazzo Reale ospita in Marc Chagall. Una retrospettiva 1908-1985, dal 17 settembre al 1° febbraio 2015. E forse non è casuale: l’obiettivo di questa ambiziosa mostra è rileggere l’artista nella sua interezza, anche poetica. Dagli inizi nella sua Vicebsk, nell’odierna Bielorussia (con il primo quadro, Le petit salon), passando per le avanguardie parigine, fino al ritorno in Urss, all’esperienza americana e all’approdo finale nel Sud della Francia. Parliamo di poesia quando ci troviamo davanti a quadri come La passeggiata (1917-18) o La mucca con l’ombrello (1946), per citare due delle opere scelte da Claudia Zevi con Meret Meyer? Di certo parliamo di purezza, senso dello stupore, come intuì André Breton, che lo voleva tra i Surrealisti. Ma Chagall era, più che altro, «sur-reale» come lo definì Apollinaire. Oltre la realtà, sospeso in un circo di visioni che sanno di autentico, nonostante l’assurdo negli animali che volano, dei fidanzati sospesi, dei violinisti sul tetto. Con opere quali L’ebreo in rosso, Le nozze, Il compleanno o La caduta dell’angelo, la mostra punta a questo: un denso, articolato racconto della coerenza dell’artista, il quale, pur avendo attraversato nella sua lunga vita (1887-1985) due guerre, le persecuzioni dei nazisti e l’ostilità dei sovietici, la morte dell’amata moglie Bella e la depressione, era rimasto fedele alla vertigine poetica che fa volare torri, amanti, violini e pecore. Fedele al messaggio della tradizione ebraica (la bidimensionalità delle figure tipica dell’iconografia dei testi sacri illustrati, i simboli) appresa da bambino, mescolata a rituali popolari, aneddoti, personaggi autentici. Puri, come la Sapienza ebraica, che, ricorda Elémire Zolla, «danza e gioca al cospetto di Dio». Una fede visionaria che lo ha portato a dedicare opere anche alla Bibbia. Di qui la mostra al Museo Diocesano Marc Chagall e la Bibbia: 60 tra dipinti, sculture e disegni (e 22 gouache inedite) ispirati al testo religioso. Tra i curatori, anche Paolo Biscottini, direttore del museo. © RIPRODUZIONE RISERVATA n un libro pubblicato in Italia da Mondadori nel 1946, La conquista morale della Germania, il pubblicista tedesco, di origine ebraica, Emil Ludwig, suggeriva, tra le misure urgenti: «Non basta che spariscano dalla scena i lavori teatrali dell’èra hitleriana: bisogna anche proibire la Tetralogia di Wagner. Essa ha fatto, con la sua forza suggestiva, più male di tutti i libri nazisti perché in essa si trovano lampi di genio e l’impressione che produce è così potente che anche l’ascoltatore poco versato nella musica si trova incitato a conquistare il mondo, a venir meno ai giuramenti, a commettere tutti i delitti dei quali si sono poi macchiati i nazisti». Il libro si apre con una precisazione: «Il carattere nazionale è una realtà che riassume i tratti distintivi di un popolo considerato nel suo complesso, anche se alcuni degli individui che lo compongono non li possiedono». Poco dopo apparve presso La Nuova Italia, La catastrofe tedesca di Friedrich Meinecke, edito in Germania anch’esso nel 1946. Meno drastico di Ludwig, ugualmente severo con la storia tedesca culminata nella catastrofe del 1945, stabiliva un filo negativo a partire dall’affermarsi del militarismo prussiano. E in uno degli ultimi capitoli si poneva anche il quesito se ci fosse «un avvenire per l’hitlerismo», paventando addirittura che «in virtù della sua superiorità demagogica che gli è conferita dal suo metodo di conquista delle masse, esso non sia destinato a diventare la forma di vita dominante nell’Occidente». Nei 70 anni che ci separano dalla «catastrofe» analizzata da Meinecke sono intervenuti mutamenti epocali, anche se un osservatore attento non può non essere sensibile alla questione posta dal grande storico, scomparso nel 1954, e soprattutto alla sua intuizione veridica: essere stato cioè il nocciolo dell’hitlerismo la capacità di conquista demagogica delle masse. Chi se la sente di negare che il problema è sempre sul tappeto? In certo senso il liberale Meinecke non si discosta molto (ovviamente senza conoscerla) dalla nota di diario del comunista Bertolt Brecht, scritta durante l’esilio americano: «Un fascismo americano sarebbe democratico» (intendeva dire: eviterebbe di ferire alcune esteriorità dei sistemi rappresentativi). Del resto anche Thomas Mann, nel di- scorso di Hollywood del 1948, lanciò l’allarme di fronte ai prodromi del maccartismo e non eluse certo il concetto di «fascismo». Oggi la Germania è il perno dell’Unione Europea e il guardiano delle sue rigide regole economiche. Di queste soltanto, giacché gli altri campi dell’agire umano (dai problemi della guerra e della pace ad altri molto più specifici) non hanno in verità visto svilupparsi alcuna «unione». Perciò la Germania torna ad essere impopolare presso l’opinione pubblica dei Paesi che più patiscono dell’asserita, e vigorosa- gruppo porrei due saggi: Cuore tedesco di Angelo Bolaffi (uscito da Donzelli nel 2013) e il nuovo Europa tedesca, Germania europea di Luigi Reitani (Salerno, pp. 104, 7,90), in uscita il 17 settembre. Nell’altro gruppo porrei il saggio, molto documentato e illuminante, di Vladimiro Giacché, Anschluss. L’annessione: l’unificazione della Germania e il futuro dell’Europa (Imprimatur editore). L’idea dominante di Reitani, il quale, come germanista, ha dedicato molte energie alla teoria e alla pratica della traduzione, è condensata in questa osservazione: mente presidiata, immodificabilità di «parametri» e «vincoli». Una impopolarità forse non così aspra come quella documentata dal libro di Emil Ludwig, ma certo difficilmente sanabile con le prediche. Nascono perciò da ultimo libri di due generi: quelli che cercano, affettuosamente argomentando, di attutire quella diffusa avversione e quelli che, invece, mettono in relazione la riacquisita egemonia tedesca sull’Europa con i modi (e i costi) con cui, a partire dal novembre 1990, si attuò la riunificazione tedesca. L’infittirsi stesso della pubblicistica sull’argomento dimostra che un «problema tedesco» esiste oggi più che mai, ben diverso — s’intende — da quello cui vanamente cercavano di dare una soluzione, negli anni della guerra fredda, le periodiche conferenze tra i vincitori sul «problema tedesco». Nel primo «Prima ancora che economica, politica e sociale, la questione europea è oggi in primo luogo una questione culturale. Il vero problema dell’Unione non è il mantenimento del patto di Stabilità o l’alternativa tra una politica di contenimento della spesa pubblica e quella di un incentivo alla crescita, ma il superamento delle barriere che impediscono la reciproca comprensione». Il pensiero verso cui converge il libro di Bolaffi è: «Tocca ai tedeschi assumersi la responsabilità storica di salvare l’Europa, dopo averla affondata due volte in passato. Ed è necessario che esercitino con saggezza e lungimiranza l’egemonia che loro compete». Merito rilevante del libro di Giacché è di aver ricostruito, con gli strumenti dell’analisi economica, le modalità dell’unificazione o meglio annessione dei Länder dell’ex Germania Est: deindustrializzazione dell’ex Ddr, perdita di posti di lavoro in quei Länder, emigrazione di massa verso Ovest. L’interrogativo, non allegro, che il libro ci propone è se non si stia assestando in modi analoghi l’attuale riunificazione «tedesca» dell’Europa. THOMAS MANN CON LA MOGLIE NEL 1949 (FOTO AP) di LUCIANO CANFORA Musica e nazionalismo Nel dopoguerra Emil Ludwig propose di vietare le rappresentazioni della «Tetralogia» di Wagner © RIPRODUZIONE RISERVATA Il caso A ruba le memorie dell’ex «première dame». Imbarazzi nel pubblico. I politici dicono di snobbarle e le comprano di nascosto. Ma non tutti i commercianti festeggiano «Scusate, non vendiamo robaccia». I librai contro il bestseller di Trierweiler dal nostro corrispondente STEFANO MONTEFIORI PARIGI — Come quasi tutti i politici francesi Alain Juppé, sindaco di centrodestra di Bordeaux e candidato alle prossime presidenziali, ha simulato distacco: «Non leggerò quel libro, ho di meglio da fare». Però pare che giovedì, il giorno di uscita di Merci pour le moment di Valérie Trierweiler, lo stesso Juppé abbia fatto aprire in anticipo la libreria Mollat della sua città per procurarsene una copia e leggerlo prima degli altri (lo riportava ieri il «Journal du Dimanche»). Il libro-vendetta dell’ex première dame, che non svela segreti di Stato, ma distrugge l’immagine personale del presidente François Hollande, è un’enorme fonte di imbarazzo. Si capisce quello dell’Eliseo, dei compagni di partito, dei familiari e delle altre sue donne (da Ségolène Royal a Julie Gayet). Fa un po’ sorridere invece il timore di tanti lettori, «che prima prendono gli ultimi Carrère e Reinhardt e poi alla cassa ci chiedono a bassa voce “vi è rimasta una copia del Trierweiler?”», racconta un libraio di Saint-Germain. Oppure tengono a precisare «non è per me, me lo ha chiesto un’amica». «Tanti sembrano ragazzi in farmacia, che esitano prima di chiedere i condom», dice un altro. Il libro che fa vacillare la presidenza della seconda economia della zona euro è di un interesse evidente, infatti va a ruba. Ma molti se ne vergognano. L’aspetto ancora A fianco, il cartello di una libreria: «Desolati, abbiamo terminato i libri di Trierweiler (ma il nome è scritto in modo sbagliato, ndr) però abbiamo Balzac e Dumas». Sopra: Valérie e Hollande più curioso di questo straordinario successo editoriale — 200 mila copie esaurite in 48 ore, ristampe notturne, previsione di almeno mezzo milione di esemplari venduti — è lo sdegno di alcuni librai. Fastidio nel vedere solo adesso i loro negozi finalmente pieni? O rabbia per avere sbagliato ordinazione e finito le scorte in poche ore (il che qualcosa ci dice sulla loro conoscenza del mercato)? Comunque, nelle vetrine di alcune librerie francesi sono comparsi i cartelli di una nuova resistenza in nome delle Lettere. «Ci spiace, non abbiamo più il libro di Valérie Trierweiler ma ci restano delle opere di Balzac, Dumas, Maupassant etc...». «Teniamo 11 mila libri e non siamo il bidone della spazzatura di Trierweiler e Hollande», annuncia la libre- ria Contretemps nella chic rue Cler (che mesi fa ha ospitato una presentazione dell’autoproclamato «nazional-socialista giudeofobo» Alain Soral: lui invece andava bene...). E ancora: «La libreria non è la lavatrice dei panni sporchi di Madame Trierweiler», proclama il cartello di un altro negozio, pronto a difendere la Cultura e a intimidire il povero cliente. Da anni il governo francese è impegnato nella battaglia per tutelare le librerie di quartiere, minacciate dalla concorrenza dei grandi distributori. Fnac o Amazon trattano i libri come una merce qualsiasi e sono impersonali, ripetono i critici. Ma in certi casi, come questo, può essere un vantaggio. @Stef_Montefiori © RIPRODUZIONE RISERVATA 30 italia: 51575551575557 Lunedì 8 Settembre 2014 Corriere della Sera Corriere della Sera Lunedì 8 Settembre 2014 31 italia: 51575551575557 Corriere della Sera SMS Idee&opinioni Le news più importanti in anteprima sul tuo cellulare. Invia un sms con la parola CORRIERE al 4898984 Servizio in abbonamento (4 euro a settimana). Per disattivarlo invia RCSMOBILE OFF al 4898984 Maggiori informazioni su www.corriere.it/mobile IL REFERENDUM E LE PROSPETTIVE ✒ Come in un grottesco gioco dell’oca: siamo di nuovo alla casella di partenza. Il caso Garlasco riparte dall’ennesimo colpo di scena. Un processo di primo grado, un appello, la Cassazione, un appello bis in corso, infinite varietà di consulenze, perizie, accertamenti tecnici di ogni genere e ora che succede? Si scopre che in sette anni nessuno ha mai notato due fotografie dell’avambraccio sinistro di Alberto Stasi, l’unico da sempre sotto accusa per l’omicidio della sua fidanzata, Chiara Poggi, uccisa a colpi in testa la mattina del 13 agosto del 2007 nella sua villetta di Garlasco. A volerla immaginare, la scena in caserma è più o meno questa: i carabinieri della stazione di Garlasco notano due piccoli segni sull’avambraccio di Alberto, li fotografano e gli chiedono come se li è procurati. L’abc di un’inchiesta. Lui dice che è stato il suo cane, la sera prima. Peccato che nessuno verbalizza la sua spiegazione, ritenuta evidentemente più che convincente. Non sarebbe stato meglio puntualizzare? Scattare immagini nitide dei due segni invece che del braccio intero? Anche a garanzia di Alberto, ovviamente: per poter eventualmente escludere che fossero i segni di una colluttazione. Non si mise a verbale niente, spiega ora un carabiniere presente all’epoca, «perché l’importante era partire dalla vittima e scoprire se sotto le unghie della vittima c’era il Dna del sospettato, non fare il percorso inverso». Sarà. Ma allora parliamo del Dna sotto le unghie: analisi fatte, risultato zero. Salvo disporre, sempre dopo sette anni, un tipo di accertamento differente (non più sotto ma sull’intera superficie delle unghie) che rivela stavolta la presenza di cromosoma Y, quello maschile. Ma se anche risultasse con certezza che quel Dna è di Alberto (e già questo sembra sia difficile), collegarlo ai segni sul braccio e a un’ipotetica difesa di Chiara non sarà semplice: perché, appunto, chi ha visto le fotografie dei graffi le definisce «poco chiare» e perché Alberto era il suo fidanzato e quindi si possono ipotizzare anche contatti intimi in grado di lasciare tracce sulle unghie. Quindi siamo tornati alla casella di partenza. Nel senso che, dopo sette anni, stiamo ragionando ancora una volta su dettagli che potevano entrare in scena fin dal primo giorno. Giusi Fasano © RIPRODUZIONE RISERVATA SOLDI STRANIERI AI «LOBBISTI OCCULTI» MA LA POLITICA USA NON SI INFLUENZA COSÌ ✒ Il New York Times dedica un’inchiesta molto ampia alla crescente mole di contributi ricevuti dai più autorevoli think tank americani, dal Brookings Institution all’Atlantic Council. Soldi arrivati da Paesi stranieri interessanti a influenzare la politica degli Stati Uniti in vari campi, dall’energia al commercio internazionale, alla difesa. Centri di ricerca noti per la loro autorevolezza e indipendenza che operano, a volte, anche come «lobbisti occulti»? Fosse così, non ci sarebbe molto da sorprendersi: Washington è una grande fabbrica che produce leggi, regolamenti, eroga incentivi, ordina beni e servizi, stabilisce regimi di controllo. Ma il prodotto più prezioso è la conquista dell’attenzione del presidente e della sua Amministrazione. Un bene scientificamente misurato in secondi, partecipazioni di Obama a eventi pubblici e privati, foto con supporter e finanziatori, menzione nei suoi discorsi di questo o quel personaggio. È attorno a questo «fatturato» che lavora l’immensa macchina lobbistica della Capitale. Quando fu eletto, nel 2008, Obama promise di domare le lobby mettendole in condizioni di non nuocere. Invece da allora le società il cui mestiere è quello di influenzare la politica sono più potenti e ricche che mai. E i loro leader (alcuni dei quali sono ex collaboratori dello stesso presidente democratico) ormai rifiu- tano con sdegno la definizione di «lobbista»: vogliono essere chiamati «professionisti delle relazioni col governo». Con tanti miliardi di dollari e tanti personaggi di prestigio in circolazione, non c’è da stupirsi che a volte i confini tra le società di questi professionisti e centri di ricerca spesso guidati da economisti, ex diplomatici o personaggi di elevato rango politico, possano in qualche punto confondersi. Lo spettro agitato dal giornale americano è quello del «denaro straniero» ma Washington è pur sempre la capitale di un impero, anche se in declino, ed è abbastanza normale che Paesi che vogliono far sentire la loro voce al di là di quello che possono fare le loro ambasciate, puntino anche sui think tank. Serve agli arabi per premere sulla politica energetica Usa? La Norvegia, come scrive il Times cerca di far cambiare idea al governo sulle politiche per l’Artico attraverso la Brookings? Forse è così. Ma difficilmente il paper di qualche esperto farà cambiare rotta alla Casa bianca o al Congresso su questioni cruciali. Spesso quei soldi servono a risolvere problemi molto più terra-terra: trovare una sede di prestigio nella quale il ministro straniero in visita nella capitale dell’impero possa lasciare un segno, parlando in istituto davanti a un pubblico sussiegoso. Massimo Gaggi © RIPRODUZIONE RISERVATA SECONDO CASO DI RAZZISMO IN POCHI MESI QUEI SEGNALI INQUIETANTI PER IL BASKET ✒ Il basket americano ha vissuto di tutto: giocatori che picchiano un allenatore (Latrell Sprewell dei Golden State Warriors, 1997), atleti che malmenano il pubblico (Ron Artest degli Indiana Pacers, 2004). Ma i tempi di Adolph Frederick Rupp sembravano definitivamente tramontati. L’allenatore che rese grande la squadra dell’Università del Kentucky non è famoso solo per le sue 876 vittorie in 41 anni di panchine, o per la percentuale di successi pazzesca (82,2%): ma anche, tristemente, per le sue idee razziste. Chiedeva che, sulla documentazione ufficiale, venissero indicati con un asterisco i giocatori di colore: avrebbe fatto a meno di visionarli. Nel 1966, quando il suo quintetto (formato da 5 bianchi) venne sconfitto da quello della Texas Western University (5 neri), Rupp si arrese (ingaggiò l’afroamericano Payne), e un’epoca sembrò finita. I suoi cascami riaffiorano però, inquietanti, per la seconda volta in pochi mesi. Bruce Levenson, comproprietario degli At- lanta Hawks, ha ieri messo in vendita la sua quota del club per una mail dell’agosto 2012, in cui scriveva che «il pubblico nero spaventa i bianchi». Il 29 aprile Adam Silver, il commissioner del campionato di basket professionistico americano, aveva multato e radiato il proprietario dei Los Angeles Clippers Donald Sterling che, in una telefonata finita su un sito di gossip, chiedeva alla fidanzata di non portare afroamericani alle partite. Qualcosa di anomalo sta forse accadendo nella Nba (o almeno ad Atlanta) se Levenson si è autodenunciato per una mail di due anni fa. Ma qualcosa di forse più preoccupante emerge nel modo in cui episodi di razzismo trasudano dal tessuto sociale negli Stati Uniti guidati dal primo presidente afroamericano della storia. Dall’Nba — un campionato dove l’80% dei giocatori sono di colore, e l’80% degli spettatori sono bianchi — ci aspettiamo di tutto: ma non di permettere ai tempi di Rupp di tornare in vita. Davide Casati © RIPRODUZIONE RISERVATA La Scozia sull’orlo della separazione ora inizia a far paura (non solo a Londra) di ANTONIO ARMELLINI SEGUE DALLA PRIMA Londra sembra essere stata colta di sorpresa: solo la City — da sempre attenta agli umori — aveva già da qualche giorno messo in cantiere misure difensive. L’esito finale sarà determinato dalla platea degli indecisi e molto sembra avere giocato l’andamento dei dibattiti televisivi tenutisi nelle scorse settimane. Il primo era stato nettamente favorevole agli unionisti; il secondo è stato perso malamente da Alistair Darling (cui David Cameron aveva affidato il compito di difendere le ragioni dell’unione), dando al Chief minister di Edimburgo Alex Salmond un vantaggio che si è affrettato a sfruttare. Il tema del recupero di una identità usurpata dallo strapotere inglese ha avuto un peso tutto sommato secondario: Braveheart è stato evocato meno di quanto accada fra i leghisti di casa nostra. Si è parlato di cose molto concrete, dal destino del Servizio sanitario nazionale a quello della sterlina, messi in pericolo da una possibile secessione ed entrambi ritenuti fondamentali anche nell’ipotesi di una Scozia indipendente. La pulsione nazionalista è rimasta sullo sfondo, mentre il tradizionale pragmatismo del Paese e il fatto che le identità regionali (non solo quella scozzese, ma anche quelle irlandese e gallese) abbiano ottenuto riconoscimenti via via crescenti, hanno indotto la campagna a puntare sulla promessa di vantaggi economici immediati per sfuggire alla trappola dell’indifferenza. La Scozia può già oggi contare su molte delle prerogative della sovranità: ha un suo ordinamento giuridico e lo stesso vale per la religione; la devolution ha attribuito al suo Parlamento poteri rilevanti; vi è persino una sterlina scozzese, anche se si tratta di una banconota priva di qualsiasi autonomia. Quali sono allora i punti forti della campagna per l’indipendenza? Il modello immaginato per la Scozia è stato paragonato a quelli di Paesi come la Norvegia o la Danimarca. Con la prima condividerebbe la prosperità assicurata dalla riserve petrolifere del Mare del Nord che, ancorché calanti, non dovrebbero più essere condivise con altri. Della seconda ricalcherebbe il modello socialdemocratico messo seriamente a rischio dall’egemonia tory: sarebbe stato proprio questo aspetto a indurre molti laburisti scozzesi a cambiare posizione ed esprimersi nei sondaggi per l’indipendenza. Diversamente da entrambe, sarebbe un membro attivo dell’Unione Europea, in antitesi alle posizioni del Regno unito. La separazione DORIANO SOLINAS I NUOVI INDIZI NEL CASO GARLASCO E LE INDAGINI CHE NON FINISCONO MAI sarebbe «dolce»: la nuova Scozia sarebbe retta dalla Regina Elisabetta, manterrebbe come moneta la sterlina, la frontiera sarebbe aperta e verrebbe creato un mercato unico. Molto per certi versi, ma non abbastanza per giustificare un terremoto politico e costituzionale le cui conseguenze restano imprevedibili. Anche perché, al di là delle intenzioni, la separazione potrebbe rivelarsi assai meno amichevole. Lo strascico di polemiche, da parte di un’opinione pubblica inglese che avrebbe molta difficoltà a capire, rischierebbe di essere forte. Un’unione monetaria presupporrebbe un accordo da parte di Londra che al momento è tutt’altro che certo; senza contare che in tal caso il controllo della politica monetaria resterebbe nelle mani della Banca d’Inghilterra e ad Edimburgo non resterebbe che uniformarsi alle sue decisioni. Senza il voto scozzese il partito laburista sarebbe fortemente ridimensionato; lo spostamento della bilancia a favore dei conservatori nel parlamento di Londra renderebbe problematica la collaborazione con quello di Edimburgo. Industria e finanza in Scozia sono soprattutto inglesi e la separazione provocherebbe un esodo massiccio di cui si vedono già i segnali. Per Edimburgo l’indipendenza potrebbe rappresentare un salto nel vuoto pericoloso, ma non andrebbe sottovalutato l’impatto per il resto del Paese. Il Regno Unito rimasto sarebbe un Paese sminuito: senza contare la possibile deriva di Galles e Irlanda del Nord, immaginarlo membro permanente del Consiglio di Sicurezza e attore di primo piano sul piano internazionale sarebbe vieppiù difficile. Un’Inghilterra controllata da un partito conservatore senza più una vera opposizione potrebbe rendere concreta l’ipotesi di una uscita dall’Ue, con il rischio di erigere una vera frontiera proprio là dove la si vorrebbe mantenere virtuale. Uno scenario del genere potrebbe forse convenire a quanti vorrebbero per Londra un futuro da maxi-Singapore europea: un grande centro finanziario, con una forte omogeneità sociale e politica, con un sistema economico deregolamentato e liberista. Un piccolo-grande Paese: ricco senza dubbio e magari soddisfatto di sé, ma lontano da quella Gran Bretagna che ancora oggi rivendica il diritto di punch above its weight (farsi valere anche al di là della sua forza) in nome di un prestigio antico. Mancano diversi giorni e a Londra tutti moltiplicheranno gli sforzi per raddrizzare le sorti di una scommessa che si è fatta difficile; c’è da augurarsi che al momento del voto la spinta emotiva dei sondaggi ceda il passo a valutazioni più pacate. Una vittoria dell’indipendenza aprirebbe una pagina incerta per la Scozia e traumatica per il resto del Regno Unito; una vittoria dell’unione lascerebbe comunque dei segni e renderebbe inevitabile una riflessione in profondità sulle sue motivazioni e i suoi strumenti. © RIPRODUZIONE RISERVATA GLI EQUIVOCI SULLA «MARIJUANA DI STATO» La resa educativa degli slogan sulla cannabis di GIOVANNI BELARDELLI L’ annuncio di un accordo per la produzione di farmaci a base di cannabinolo da parte dello Stabilimento farmaceutico militare forse ha provocato qualche entusiasmo di troppo. In sé e per sé la novità è limitata: visto che l’impiego dei cannabinoidi a scopo terapeutico era già autorizzato da anni, tutto si ridurrebbe alla produzione in Italia dei relativi farmaci. Ma appunto, un po’ per il tenore di certi commenti, un po’ per un sentire diffuso nell’opinione pubblica, si fa spesso confusione tra la marijuana terapeutica e la marijuana libera, cioè liberamente consumabile da chiunque lo voglia. Così, c’è chi ha subito approfittato della notizia per chiedere anche la liberalizzazione della marijuana a scopo ricreativo; oppure chi si è dichiarato in favore della liberalizzazione come strumento per combattere la criminalità ma contemporaneamente ha addotto motivazioni di tutt’altra natura, sostenendo che la pericolosità della cannabis è soltanto una leggenda creata da «politici bacchettoni». In effetti, il principale punto di debolezza della battaglia antiproibizioni- sta dei radicali e non solo, di chi cioè considera la liberalizzazione come strumento per combattere la criminalità organizzata e lo spaccio (dunque anche per ridurre il sovraffollamento delle carceri), sta nel lasciare spazio alle posizioni di chi continua a considerare la marijuana come una droga che fondamentalmente non fa male. E questo non è vero. Gli effetti nocivi del consumo di marijuana sembrano ormai accertati, come ha illustrato Giuseppe Remuzzi su questo giornale lo scorso 3 settembre e come ha autorevolmente ribadito due giorni fa Silvio Garattini sulla Stampa, ricordando in particolare i danni generati dall’uso della cannabis nei più giovani. Si tratta di dati di fatto che dovrebbero spazzar via il mito dell’«erba» che non ha mai fatto male a nessuno, ancora largamente circolante come se fossimo rimasti agli Anni 60 e a Woodstock. Ma questo non avviene e i danni prodotti dalla cannabis sono ricordati di rado, anche per la paura di apparire altrimenti retrogradi e bacchettoni. Proprio se spostiamo il discorso a livello culturale, occorre riconoscere che nei Paesi occidentali è in atto da qualche tempo una svolta in favore della liberalizzazione, come notava Umberto Veronesi un mese fa in un appello antiproibizionista (che non a caso — a testimoniare la confusione e l’ambiguità di cui si parlava — l’Espresso titolava «Diciamo anche noi marijuana libera»). Ma è una svolta culturale di cui non credo ci sia da andar fieri, poiché dietro di essa si intravvede, nelle classi dirigenti e più in generale nelle classi d’età adulte dell’Occidente, una abdicazione dalle proprie responsabilità educative. Spesso, dietro il consumo di droghe, leggere o pesanti che siano, ci sono le difficoltà esistenziali, la crisi dei valori, le prospettive grigie di vita in cui tanti giovani oggi si dibattono. Ma su tutto questo la generazione dei baby boomers, cioè di chi è stato giovane negli Anni 60, sembra non sapere interrogarsi davvero, nonostante abbia molta responsabilità per la situazione in cui si trovano i propri figli e nipoti. Spesso quella generazione appare capace soltanto di un progressismo incanutito e vacuo, che non va molto oltre lo slogan — e l’illusione — della «marijuana libera». © RIPRODUZIONE RISERVATA 32 Milano Via Solferino, 36 tel.02/6282.7555 - 02/6282.7422, fax 02/6552.436 Si precisa che ai sensi dell’Art. 1, Legge 903 del 9/12/1977 le inserzioni di ricerca di personale inserite in queste pagine devono sempre intendersi rivolte ad entrambi i sessi ed in osservanza della Legge sulla privacy (L.196/03). 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Corriere della Sera Lunedì 8 Settembre 2014 33 italia: 51575551575557 Lettere al Corriere LE AMBIGUITÀ DELLA FRANCIA DALLA SCONFITTA ALLA VITTORIA Risponde Sergio Romano Ho trovato molto comprensivo nei riguardi dei francesi il suo commento delle scorse settimane sulle caratteristiche dello Stato di Vichy. Forse con gli Usa non sarebbe stato altrettanto moderato. Che la Francia sia passata alla fine della guerra come un vincitore è un’ingiustizia che andrebbe menzionata. Non solo è inesatta l’affermazione del suo lettore che il governo Pétain sia stato imposto dai tedeschi, ma lo è anche quella che tale governo sia stato instaurato «dopo» l’armistizio, il che potrebbe avvalorare tale inesattezza, ma Pétain fu nominato dal parlamento costituzionale di Bordeaux il 16 giugno 1940, e l’armistizio fu firmato il 22 giugno. È inutile sottilizzare, la Francia, a voler essere buoni, tenne il piede in due scarpe: quella tedesca con Pétain e quella alleata — chissà quanto PRESCRIZIONE Paesi e limiti Caro Romano, ma è vero che la prescrizione penale in altri Paesi europei non è prevista? Ruggero Morelli [email protected] Non so se vi siano Paesi in cui la prescrizione non è prevista. Ma posso assicurare che esiste sia in quelli dove vige la common law (fra cui Gran Bretagna e Stati Uniti, dove va sotto il nome di statute of limitations), sia in quelli dell’Europa continentale. Non vi è prescrizione, invece, per i crimini di guerra e i reati contro l’umanità. LAVORO / 1 volontariamente e più tardi — con De Gaulle a Londra. Si comportò come le grandi famiglie le quali, prudentemente, allo scoppiare di una rivoluzione con speranze di successo, inviano il figlio cadetto a fare il rivoluzionario. Agostino Castiglioni ing.acastiglioni@ fastwebnet.it Caro Castiglioni, a storia, come scrisse Benedetto Croce, non è «giustiziera», e gli storici, aggiungo, non sono giudici di tribunale, autorizzati a emettere sentenze. Con la risposta da lei ricordata ho cercato di spiegare che la Francia di Vichy non fu soltanto il frutto di una sconfitta. Fu anche il risultato di una lunga crisi che aveva fortemente intaccato l’autorità e la credibilità della democrazia parlamentare. Quanto al- L che costoro non pensino al settore privato dove le aziende chiudono una dopo l’altra con migliaia di lavoratori licenziati, agli esodati, agli ultraquarentenni (o anche meno) che non trovano lavoro, alla sempre crescente disoccupazione giovanile? Si mettano la mano sulla coscienza e riflettano prima di parlare e di lamentarsi per il loro «magro» ma sicuro stipendio. Si fa troppo rumore sulle lamentele per il blocco degli stipendi nel pubblico impiego. Trovo un po’ ipocrita ed arrogante l’atteggiamento degli statali che, comunque vadano le cose, hanno il loro posto e lo stipendio garantito (anche se non aggiornato). Possibile l’ingiustizia che sarebbe stata commessa trattandola, dopo la guerra, come un Paese vincitore, credo che occorra aggiungere al quadro qualche particolare. Esiste anzitutto, come nella storia dell’antifascismo italiano, una frontiera temporale. Fino alla seconda metà del 1942 una larga parte della classe dirigente francese si comportò come se la vittoria della Germania fosse molto probabile, e fu preoccupata soprattutto dal desiderio di creare le condizioni affinché il loro Paese, dopo la guerra, avesse col vincitore un rapporto speciale. Il caso di Parigi è particolarmente interessante. Qui l’intellighenzia accettò di convivere con gli occupanti perché era lusingata e sedotta dal rispetto e dall’ammirazione che molti tedeschi sembravano riservare alla capitale francese. Molti sperarono che anche in una Europa tedesca Parigi sarebbe sempre stata Parigi. Il clima politico cambiò, gradualmente, quando la Germania subì, in Russia e in Africa del Nord, le sue prime sconfitte. I passaggi alla Resistenza divennero sempre più frequenti e le azioni dei partigiani sempre più efficaci. Le autorità di Vichy nelle colonie cominciarono a collaborare con gli Alleati. Il generale De Gaulle acquisì un maggiore valore e la sua crescente popolarità nell’opinione pubblica francese garantì a Londra e a Washington un interlocutore scomodo, ma sicuro. La collaborazione militare francese in Europa, dopo lo sbarco in Normandia, fu limitata, ma non insignifi- cante. Se la Francia fu considerata vincitrice ed ebbe un seggio permanente al Consiglio di Sicurezza, la ragione, comunque, fu politica. Il presidente americano, a cui De Gaulle non piaceva, sarebbe stato meno generoso, ma Churchill era convinto che un Francia autorevole fosse necessaria, tra l’altro, per tenere a bada la Germania del futuro. Per la sua storia, le sue tradizioni e la sua cultura la Francia era necessaria all’Europa. Infliggerle un’altra umiliazione avrebbe reso la ricostruzione politica ed economica del continente ancora più difficile. Conviene ricordare infine, caro Castiglioni, che la Francia ebbe il merito di concepire e lanciare un ambizioso progetto per l’unificazione dell’Europa. Nessun altro Paese europeo, in quelle circostanze, avrebbe potuto farlo. distinguo sia assolutamente d’obbligo. euro potrebbe essere sufficientemente punitiva. Anna Maria Nicoletti Cremona Mario Donetti [email protected] LAVORO / 2 Statali privilegiati Sono d’accordo con il premier Renzi sulla battuta del Meno ipocrisia Le lettere, firmate con nome, cognome e città, vanno inviate a: «Lettere al Corriere» Corriere della Sera via Solferino, 28 20121 Milano - Fax al numero: 02-62.82.75.79 «grasso che cola». Vorrei, però sottolineare che il «grasso che cola» è quello di dipendenti statali privilegiati, di serie A. Per chi come loro ha uno stipendio congruo, il blocco del contratto può essere facilmente sopportato. Certamente non da chi da oltre cinque anni ha uno stipendio da fame che non supera i 1000-1200 euro, compresi gli ottanta, da poco concessi. Da questi ultimi ciò che cola, sono solo «lacrime e sangue». Ritengo che questo © RIPRODUZIONE RISERVATA Aldo Alpegiani [email protected] SENZA BIGLIETTO PREMIER RENZI Sanzione eccessiva? Le critiche fanno bene Volevo segnalare ciò che è accaduto ieri a mia figlia che ha viaggiato nel breve tratto Limbiate-Saronno su un autobus senza biglietto. Il controllore le ha fatto la multa. Niente da dire, ha fatto il suo dovere. Quello che intendo evidenziare è l’importo della sanzione, 145 euro. Se si paga entro 5 giorni l’importo diventa 58,33 euro. A me sembra una follia: una sanzione intorno ai 20-30 Renzi vuole essere un premier autoritario, nel senso che il Renzi-pensiero deve prevalere su quello antagonista. Nella fase storica che stiamo vivendo, secondo me, fa bene a tirare dritto, ma le critiche vanno ascoltate: è il minimo per essere considerato liberale e democratico. Francesco Italo Russo Montecatini TELEFONIA Messaggi illeggibili La tua opinione su sonar.corriere.it Il premier ha disertato Cernobbio per l’inaugurazione di una fabbrica di rubinetti a Brescia. Ha fatto bene? SUL WEB Risposte alle 19 di ieri La domanda di oggi Sì La ministra Boschi: potremmo perdere le elezioni nel 2018 ma l’importante è rilanciare il Paese. Giusto? 82 No 18 I cellulari sono sempre più eleganti, ma il progresso non aiuta a leggere i messaggi. Infatti, durante le ore diurne, non necessariamente al sole, è spesso arduo interpretare il testo degli sms. Carlo Radollovich [email protected] Interventi & Repliche Le conseguenze del bullismo Ho appena letto l’articolo sul bullismo nella scuola francese di Roma (Corriere di ieri). Voglio segnalare che mio figlio a 13 anni in terza media, lo scorso hanno scolastico, ha subito violenze fisiche e morali da un gruppo di extracomunitari, presso una scuola pubblica del quartiere Prati. Segnalati gli episodi di continua aggressione che avvenivano in bagno, non solo non è accaduto nulla e gli episodi sono continuati, ma addirittura ci è stato detto che se non ci piaceva la scuola potevamo cambiarla (a 20 giorni dall’esame di terza media)! Vorrei sapere perché gli insegnanti e i dirigenti sono e si sentono esenti da qualsiasi responsabilità e come mai il Ministero competente sembra che non se ne occupi? Anna Maria Teresa Gregori [email protected] Il significato del Forum di Cernobbio L’articolo di ieri sul Corriere, a firma di Aldo Cazzullo, riferisce che il presidente del Consiglio Renzi, nella sua visita di ieri a una azienda di rubinetti, ha dichiarato che «A Cernobbio si chiacchiera, qui si fa». Ritengo doveroso offrire ai lettori un chiarimento. Prima di tutto sono molto grato al Governo per avere, come da tradizione, onorato e partecipato al Forum con ben 6 membri dell’esecutivo. Al Forum The European House – Ambrosetti a Cernobbio, da 40 anni, si confrontano, spesso in anteprima, i principali attori economici, politici e delle scienze del Paese, dell’Europa e del Mondo in un clima di totale indipendenza, autonomia e senza preconcetti né bandiere partitiche. Al Forum vengono approfondite e dibattute idee e proposte che servono al Paese e all’Europa su temi strategici di macro e di micro economia. Vengono presentati studi seri e indipendenti sui problemi dell’Italia e dell’Europa e dei principali settori industriali. Non è un caso se l’Università della Pennsylvania ci ha nominato primo Think Tank privato italiano, quarto in Europa e tra i primi al mondo. Sono presenti i capi azienda delle più importanti società del Paese e delle © 2014 RCS MEDIAGROUP S.P.A. DIVISIONE QUOTIDIANI CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE DIRETTORE RESPONSABILE PRESIDENTE Angelo Provasoli Ferruccio de Bortoli VICE PRESIDENTE Roland Berger Luciano Fontana VICEDIRETTORI Antonio Macaluso Daniele Manca Giangiacomo Schiavi Barbara Stefanelli AMMINISTRATORE DELEGATO Pietro Scott Jovane Sede legale: Via Angelo Rizzoli, 8 - Milano Registrazione Tribunale di Milano n. 5825 del 3 febbraio 1962 Responsabile del trattamento dei dati (D. Lgs. 196/2003): Ferruccio de Bortoli [email protected] - fax 02-6205.8011 © COPYRIGHT RCS MEDIAGROUP S.P.A. DIVISIONE QUOTIDIANI Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo quotidiano può essere riprodotta con mezzi grafici, meccanici, elettronici o digitali. Ogni violazione sarà perseguita a norma di legge. CONSIGLIERI DIREZIONE, REDAZIONE E TIPOGRAFIA 20121 Milano - Via Solferino, 28 Tel. 02-62821 Fulvio Conti, Teresa Cremisi, Luca Garavoglia, Attilio Guarneri, Piergaetano Marchetti, Laura Mengoni DISTRIBUZIONE m-dis Distribuzione Media S.p.A. Via Cazzaniga, 19 - 20132 Milano - Tel. 02-2582.1 - Fax 02-2582.5306 DIRETTORE GENERALE DIVISIONE MEDIA Alessandro Bompieri E-mail: [email protected] oppure: www.corriere.it oppure: [email protected] Particelle elementari di Pierluigi Battista I putiniani d’Italia arcigni e disinvolti N on è facile tracciare l’identikit dei nuovi e arcigni putiniani d’Italia. Sono di destra, ma i loro giornali sembrano l’Unità filo-sovietica degli anni Cinquanta («Così Obama vuole spingerci alla guerra contro Putin», titolava ieri il Giornale): manca soltanto l’osanna a Stalin. I nuovi e arcigni putiniani d’Italia erano fieri anticomunisti, ma pur di sostenere la causa dell’autocrate Putin, si bevono anche la fandonia degli ucraini nazisti (che hanno racimolato lo 0,1 alle elezioni) che vorrebbero sterminare «i fratelli russi». Del resto, i fieri anticomunisti d’un tempo avrebbero difficoltà a stare dalla parte di Adam Michnik o del compianto Václav Havel che fino all’ultimo dei suoi giorni metteva in guardia dalle tentazioni neo-imperiali della nuova Russia post-comunista. E infatti a loro, ai putiniani d’Italia, non dispiace il premier ungherese Orbán, che ha un debole per Putin, teorizza (e pratica, per ora solo parzialmente) la fine della democrazia, e fino a un paio di mesi fa aveva l’intenzione di piazzare all’ambasciata d’Ungheria in Italia un notorio antisemita: senza riuscirci, per fortuna. I putiniani d’Italia sono molto disinvolti. Molti di loro sono stati anche gheddafiani d’Italia. O meglio: sono stati antigheddafiani in un lontano passato, ma poi, per ragioni economiche e geo-politiche non sempre da snobbare, sono diventati grandi sostenitori del Colonnello libico, fino al punto di applaudire alle sue pagliacciate durante le visite in Italia dell’ex nemico della civiltà occidentale. I putiniani d’Italia sono del tutto indifferenti ai torti e alle ragioni del conflitto che divide Kiev e Mosca. Se il nuovo imLe ragioni del pero russo disintegra i confini e conflitto fra invade il territorio di uno Stato sovrano, fanno finta di niente o Mosca e Kiev addirittura si appellano alle sono messe in pulsioni di una Storia antica: sperando che l’Austria non vosecondo piano glia invadere il «suo» Sud Tirolo. Hanno giustamente timore dell’effetto boomerang delle sanzioni economiche, ma mai che ci dicessero come si deve reagire di fronte a un atto di palese prepotenza come quello militarmente realizzato da Putin in Ucraina. Dicono, con l’aria dei nuovi pensosi Ezra Pound, di non volere l’Europa delle banche e della finanza, ma l’Europa dei popoli: però se il popolo ucraino supplica l’Unione Europea di non girare le spalle e consentire che l’orso russo faccia valere le ragioni della sua smisurata forza, allora i popoli possono pure crepare e resta solo da omaggiare il nuovo imperatore. Sono contro l’egemonia degli intellettuali impegnati, ma possono sottoscrivere ciò che sostiene il regista russo Andrej Konchalovskij quando prende in giro le libere elezioni e la difesa di anticaglie come i diritti umani. Ai putiniani d’Italia non interessa la stampa asservita nella Russia che li fa gongolare, la galera per i dissidenti, gli oppositori spariti, i diritti civili calpestati. Però si dicono addirittura «liberali»: ma deve essere qualcosa che assomiglia alla satira. ❜❜ © RIPRODUZIONE RISERVATA Bozzetto DEL LUNEDÌ CONDIRETTORE @ PUBBLICITÀ RCS MediaGroup S.p.A. Divisione Pubblicità Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano - Tel. 02-25846543 - www.rcspubblicita.it PREZZI DI VENDITA ALL’ESTERO: Albania € 2,20; Argentina $ 13,50 (recargo envio al interior $ 1,00); Austria € 2,20; Belgio € 2,20; Canada CAD 3,50; CH Fr. 3,00; CH Tic. 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Valerio De Molli, managing partner The European House – Ambrosetti EDIZIONI TELETRASMESSE: RCS Produzioni Milano S.p.A. 20060 Pessano con Bornago - Via R. Luxemburg - Tel. 02-95.74.35.85 • RCS Produzioni S.p.A. 00169 Roma - Via Ciamarra 351/353 - Tel. 06-68.82.8917 • RCS Produzioni Padova S.p.A. 35100 Padova - Corso Stati Uniti 23 - Tel. 049-87.00.073 • Tipografia SEDIT Servizi Editoriali S.r.l. 70026 Modugno (Ba) - Via delle Orchidee, 1 Z.I. - Tel. 080-58.57.439 • Società Tipografica Siciliana S.p.A. 95030 Catania - Strada 5ª n. 35 - Tel. 095-59.13.03 • L’Unione Sarda S.p.A. 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PREZZI: *Non acquistabili separati, il venerdì Corriere della Sera + Sette € 1,90 (Corriere € 1,40 + Sette € 0,50); il sabato Corriere della Sera + IoDonna € 1,90 (Corriere € 1,40 + IoDonna € 0,50). A Como e prov., non acquistabili separati: m/m/g/d Corsera + Cor. Como € 1,20 + € 0,20; ven. Corsera + Sette + Cor. Como € 1,20 + € 0,50 + € 0,20; sab. Corsera + IoDon- La tiratura di domenica 7 settembre è stata di 468.142 copie ISSN 1120-4982 - Certificato ADS n. 7682 del 18-12-2013 Thailandia THB 190; UK Lg. 1,80; Ungheria Huf. 700; U.S.A. USD 5,00. ABBONAMENTI: Per informazioni sugli abbonamenti nazionali e per l’estero tel. 0039-0263.79.85.20 fax 02-62.82.81.41 (per gli Stati Uniti tel. 001-718-3610815 fax 001-718-3610815). ARRETRATI: Tel. 02-99.04.99.70. 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Viaggio nel tempo” € 8,30; con “Tiziano Terzani” € 10,30; con “I capolavori dell’Arte” € 7,30; con “Ufo Robot” € 7,39; con “James Bond collection” € 11,39; con “English Express” € 12,39 34 Lunedì 8 Settembre 2014 Corriere della Sera italia: 51575551575557 Spettacoli L’intervista La sua «Prayer in C» è stata per settimane in vetta alle classifiche «Non cerco l’effetto tormentone. La mia lingua ormai è di casa nella dance europea» Incassi Usa I «Guardiani della galassia» restano in vetta I Guardiani della galassia restano in vetta agli incassi Usa del weekend, con 10,2 milioni di dollari, sfiorando in totale i 295 milioni. Dietro il film Marvel si confermano Le Tartarughe Ninja con 6,5 milioni di dollari (174,6 milioni in totale). Terzo Resta anche domani con 5,75 milioni (39,6 in totale). Fan in delirio a Firenze Deep house Robin Schulz, 27 anni: «I primi vinili li ho messi da ragazzino con mio padre nelle discoteche» Clooney dal palco annuncia le nozze «Sposo Amal, forse a Venezia» C’erano anche George Clooney e la sua fidanzata Amal Alamuddin tra gli ospiti a Palazzo Vecchio per la cena di gala con asta di beneficenza della Celebrity Fight Night, in programma ieri sera. L’attore è giunto intorno alle 19, tenendosi per mano con la compagna (foto), che indossava un abito nero con strascico tempestato di cristalli, tra fan in delirio, bagno di folla e I n tedesco si chiama «Ohrwurm», letteralmente «verme da orecchio»: si dice di una canzone che al primo ascolto entra in testa e non se ne va. Fanno quest’effetto i remix del dj tedesco Robin Schulz: su tutti la sua «Prayer in C», dall’ipnotica chitarrina iniziale che ha invaso le radio italiane a fine estate dopo settimane in testa alla classifica dei singoli, di Shazam e di Spotify. Rarità per un dj, specie che di solito, salvo casi come Avicii e Guetta, sbanca più i botteghini dei club e dei festival che le classifiche; e rarità per un tedesco che produce anche brani in tedesco, come il suo prossimo singolo «Willst Du». «Non temo la mia lingua. Magari a voi mediterranei suona difficile, ma nella dance europea è sempre più sdoganata, tanto che ai miei live in Francia e Olanda metto questo pezzo e la gente lo conosce già». E infatti anche in Europa — dalla Francia al Regno Unito al Belgio — gli exploit in classifica del ventisettenne Schulz sono simili. «Non cerco l’effetto tormentone», giura lui. Che però ha fiuto per il potenziale delle canzoni che sceglie per i suoi remix «a istinto, prendo le poche che mi colpiscono tra le decine che ogni giorno ascolto sui canali musicali di YouTube»; e ha portato alla luce, come un talent scout, chicche dal successo finora non planetario, come «Prayer in C» del duo francese Lilly Wood and the Pricks (2010) e «Waves», del rapper olandese Mr. Probz (2013). «Mi hanno scritto entrambi per ringraziarmi. Ma non ci siamo ancora incontrati, in questi mesi ho giusto il tempo di respirare. Sono stato a casa otto sere in tutta l’estate... Però ci siamo aggiunti su Facebook, e stiamo cercando di organizzare concerti insieme». I due «beneficiati» dalla consolle magica di Schulz non sono gli unici La favola musicale del dj Robin: con me il mondo balla in tedesco «I Coldplay vogliono che collabori con loro, sono incredulo» Il personaggio Lo stile Robin Schulz è nato ad Osnabrück il 28 aprile del 1987. Dice che sceglie «a istinto» le canzoni per i suoi remix: «Prendo le poche che mi colpiscono tra le decine che ogni giorno ascolto sui canali musicali di YouTube» ad averlo contattato: dopo il successo di «Prayer in C» si sono fatti vivi nientemeno che i Coldplay, che gli hanno chiesto di remixare il loro singolo «A sky full of stars». Che infatti ha un posto d’onore tra le tracce del suo nuovo album, «Prayer», in uscita il 19 settembre. «I Coldplay, capito. Sono incredulo», ride lui. «Produco brani miei dal 2010, ho sempre puntato molto su quelli. Questo gioco di remixare pezzi già noti l’ho intrapreso con zero aspettative». Eppure il «gioco» è valso a Schulz un milione di visualizzazioni prima ancora di produrre «Waves», il suo primo singolo: «L’avevo sentita per caso e ho pensato di remixarla mettendo in evidenza la voce di Mr. Probz, ha un timbro molto sexy. L’ho postata su Soundcloud e in un mese ho fatto un milione di clic. Il suo agente mi ha contattato, abbiamo prodotto il singolo e tutto è iniziato». Una volta è la voce di Mr. Probz, un’altra la chitarra di «Prayer», un’altra ancora il ritornello quasi tenorile di «Willst du»: il «trattamento-Schulz» prevede sempre un elemento da far spiccare sopra gli altri, «un giro di acceleratore al ritmo del pezzo, perché deve per prima cosa essere ballabile» e una drastica ripulitura da tutti gli elementi romantici o retrò (sparito ad esem- La scommessa Schulz produce brani dal 2010: «E pensare che avevo cominciato a remixare pezzi già noti senza aspettative» pio da «Prayer in C» un lungo assolo di flauto traverso in stile Jethro Tull). Si chiama deep house: un tipo di elettronica più lento e melodico (e glamour: non a caso fa sempre più spesso da sottofondo alle sfilate) rispetto ad altri filoni andati forte in passato come la drum’n bass. «Tutto il contrario di quella che suonava mio padre», spiega Schulz, figlio d’arte: «I primi vinili li ho messi con lui nelle discoteche di Osnabrück, dove abitiamo. E dove la mia carriera è iniziata, a 17 anni: facevo tutti i venerdì una serata chiamata Elektroschnipsel, “collage elettronico”». Cioè (se il collage è prendere pezzi già pronti e farne un’opera nuova) più o meno quello che, 10 anni dopo, fa ancora. richiesta di autografi. Clooney, arrivato a Firenze nel pomeriggio, sul palco davanti a tutti ha detto: «Sono onorato di diventare marito di Amal. La amo molto e ci sposeremo entro un paio di settimane in Italia, forse a Venezia». L’attore era tra gli ospiti più attesi della cena di gala, appuntamento clou di una quattro giorni di eventi promossa per raccogliere fondi a favore del Muhammad Alì Parkinson Centre e che vede il coinvolgimento della Andrea Bocelli Foundation. Tra gli altri ospiti della serata, presentata da Michelle Hunziker nel salone dei Cinquecento, Laura Pausini, Lionel Ritchie, Belén Rodriguez insieme al marito Stefano De Martino, il maestro Zubin Mehta che ha anche diretto l’Orchestra del Maggio musicale che ha accompagnato l’esibizione di Andrea Bocelli, «padrone di casa» con la sua fondazione. All’incanto, tra le altre cose, una cena con Robert De Niro e Billy Cristal. © RIPRODUZIONE RISERVATA Irene Soave © RIPRODUZIONE RISERVATA Dopo la Mostra di Venezia Costanzo felice per la coppa Volpi ai suoi due attori. Tozzi, presidente dei produttori: su 300 film l’anno solo 100 arrivano nelle sale Se l’Italia vince a metà. Munzi: «Che fatica riuscire a fare cinema» DAL NOSTRO INVIATO VENEZIA — L’Italia che piace, premiata alla Mostra di Venezia dalla stampa e dal pubblico delle anteprime, non ha trovato lo stesso consenso nella giuria. Non sono stati presi in considerazione il Leopardi di Martone (se n’è un po’ stupita anche la stampa francese) e la ‘ndrangheta di Munzi, l’unico ad avere avuto delle chance è stato Hungry Hearts di Saverio Costanzo. Gli ultimi due Leoni d’Oro sono stati vinti in Italia quando c’era come presidente un italiano: Ettore Scola premiò Così ridevano di Gianni Amelio, 1998; e Bernardo Bertolucci Sacro GRA di Gianfranco Rosi, nel 2013. Mai come quest’anno i nostri tre film hanno avuto un’acco- glienza così positiva. Il vincitore morale, e la rivelazione, è Francesco Munzi: con Anime nere, è stato paragonato dal Telegraph a Visconti e Coppola: «Considero una vittoria uscire dal Lido in questo modo. Il cinema italiano è fatto di contraddizioni e paradossi. Molti film non hanno le caratteristiche produttive per andare in sala. E poi se da una parte c’è la riproposizione della commedia ovvero l’idea di un film unico, dall’altra c’è la fucina dei cineasti che tengono viva la ricerca e il nome del cinema italiano all’estero. Tutto questo però è legato a uno sforzo enorme degli autori, è vissuto sulla nostra pelle, il mio film si è fatto con grande fatica grazie a un collage di tanti fondi». Paolo Del Brocco è ammini- stratore delegato di Rai Cinema (negli ultimi quattro anni ha raddoppiato l’investimento complessivo, fino a 85 milioni), coproduttore dei tre film italiani in gara e di altri sei alla Mostra: «A Venezia conta la bella acco- glienza che ha ricevuto il cinema italiano». In dieci anni 579 cinema hanno chiuso, anche se sono aumentati gli schermi (+269) grazie ai multiplex. «In Francia — prosegue — nei cineplex cittadini trovi di tutto, non Premiati Adam Drive, Alba Rohrwacher e Saverio Costanzo a Venezia solo i blockbuster ma il cinema d’autore, questo è il vero problema». L’Italia non vive più di sola rendita dei De Sica e dei Fellini, gli autori hanno un respiro più universale: si gira in inglese. Il presidente dei produttori Riccardo Tozzi: «La quota del mercato italiana, al 30%, resta alta; gli autori hanno uno sguardo più largo e vincono all’estero, dagli Oscar a Cannes; siamo pronti per una legge di sistema. Tra le cose negative restano la stagionalità (d’estate il cinema è fermo, servono incentivi maggiori). E soprattutto si produce un’abnormità di film: circa 300 l’anno, rispetto ai 170 del recente passato. È demagogia pensare che tanto ci sia comunque un cinema che li proietta. In sala ne escono 100, di cui significativi Numeri e verdetti Baratta: bilancio soddisfacente Stazionario, quindi buono. I dati del presidente della Biennale Baratta confermano quelli del 2013: 1 milione e 300 mila euro d’incasso, 128 mila spettatori rispetto i 126 mila dell’anno scorso. Unico neo, il rischio che molti titoli del palmares restino invisibili. «Il premio ad Andersson aiuta un cinema insolito. Le dinamiche delle giurie sono imprevedibili». 50-60. In Francia, dove hanno 6.000 schermi e noi 3.500, ne realizzano 200». Vania Traxler è la Signora dei film d’autore: «Fui la prima a portarli, dagli Anni 70, nei cinema commerciali. Oggi il mio mestiere è quasi impossibile, non c’è stato un ricambio nel pubblico, che è sempre quello». Con You, the Living, ha fatto conoscere in Italia il Leone d’Oro Roy Andersson: come andò? «Ah, malissimo, fu snobbato da tutti. Però sono fiera di averlo fatto». A Venezia comprò il Faust diretto da Aleksandr Sokurov, Leone d’Oro nel 2011: «In sala incassò 500 mila euro, per un film così è un miracolo. Ma è vero, il cinema d’autore italiano è un po’ migliorato». Valerio Cappelli © RIPRODUZIONE RISERVAT Corriere della Sera Lunedì 8 Settembre 2014 Spettacoli 35 italia: 51575551575557 The Theory of Everything Al festival di Toronto il film ispirato alla biografia dello studioso scritta dalla ex moglie Aveva 23 anni Amori e sfide di un astrofisico: la vita coraggiosa di Hawking Addio a Rise, un altro lutto per la girl-band Ladies’ Code Redmayne: ho studiato ogni gesto segnato dalla malattia TORONTO — Se l’anno scorso il Festival di Toronto segnò l’inizio della corsa verso l’Oscar di 12 anni schiavo, il film di Steve McQueen ispirato all’autobiografia di Solomon Northup, nella 39esima edizione un applauso lungo e commosso ha accolto la fine della proiezione di The Theory of Everything, tratto, secondo una forte tendenza del cinema del nostro tempo, da un’altra biografia. Perché sempre più spesso lo schermo si affida alla realtà, alle fratture, conquiste e perdite, effetti e affetti speciali di vite vere. Infatti, il film diretto da James Marsh, premio Oscar per il documentario Man on Wire - Un uomo tra le Torri, ricostruisce, tra privato (poco noto) e pubblico, l’esistenza, le passioni e le ricerche dell’astrofisico, matematico e cosmologo britannico Stephen Hawking. E in particolare il suo matrimonio, durato un quarto di secolo (dal 1965 al 1991), con Jane Wilde. Dalle memorie della donna, Travelling to infinity: my life with Stephen, è stato tratto il copione con una documentata sceneggiatura di Anthony McCarten che Felicity Jones ha interpretato con squisita sensibilità e complessità. «Ci sono affinità tra il mio documentario sul funambolo sospeso nello spazio su una corda d’acciaio — spiega Marsh — e questo film sui rischi, sulle sfide, sui sogni e sulla ricerca di Finzione e realtà Il matrimonio di Stephen e Jane Hawking nel film. A fianco quello vero (1965) equilibrio di uomini che, in qualche modo, riescono a toccare le nuvole e a entrare nell’infinito». Grandi consensi sono andati all’attore inglese Eddie Redmayne (I Miserabili) per la sorprendente immedesimazione fisica e psicologica nel ruolo di Hawking, condannato all’immobilità da una malattia del motoneurone, diagnosticatagli quand’era era uno studente universitario di 21 anni. Un male che non ha intaccato le sue capacità intellettuali di astrofisico noto soprattutto per i suoi studi sui buchi neri, la relatività e l’origine dell’universo. Racconta Redmayne: «Ho dedicato due anni al film, ho studiato ogni movimento segnato dal male di Stephen. Che, mai, però, ha ostacolato i suoi studi così difficili e impegnativi. Mostrare la sua progressiva degenerazione fisica è stato un lavoro sfibrante, ma la tenacia e la forza di Hawking di combattere contro la depressione mi hanno totalmente conquistato. Più che mitizzarlo, volevo restituire al pubblico l’essenza della sua vita, guardare con profondità dentro le sue giornate, il suo essere marito e padre e, contro ogni evento, un eterno ottimista». «È stata una grande prova fisica e spirituale — sottolinea a sua volta Felicity —. Jane e Stephen Lo scienziato Nato a Oxford Fisico, matematico e astrofisico tra i più importanti del mondo, Stephen Hawking è nato a Oxford l’8 gennaio 1942 I buchi neri È noto soprattutto per i suoi studi sui buchi neri e l’origine dell’universo. Nel 1988 ha pubblicato il suo capolavoro «Dal big bang ai buchi neri. Breve storia del tempo» La sindrome A 13 anni Hawking è stato colpito da una malattia del motoneurone, una sindrome degenerativa che via via lo ha costretto all’immobilità e a comunicare con un sintetizzatore vocale si erano conosciuti a Cambridge, contro ogni avversità hanno costruito una vita domestica, una quotidianità di fiducia e coraggio reciproci. Il film è una grande storia d’amore, una analisi del tempo, una sfida a un male inesorabile, progressivo, conosciuto comunemente come morbo di Gehrig. L’anelito alla pienezza dei sentimenti e dei desideri è il cuore del film oltre all’analisi di una mente scientifica aperta a ogni esplorazione di nuove frontiere della fisica e della cosmologia. È stato un privilegio essere chiamata a far parte del cast». In platea anche altri attori del cast: Emily Watson, David Thewlis e Charlie Cox, ossia Jonathan, il professore di musica diventato il compagno di Jane dopo la separazione da Hawking. Che con l’ex moglie e i loro tre figli è stato spesso presente durante le riprese. Confessa l’attore protagonista: «Finite le riprese, ho fatto fatica a “staccarmi” dal personaggio. Il viaggio della mente di quest’uomo, contrapposto ai limiti del suo corpo, è diventato per me — e spero lo sia anche per gli spettatori — un microscopio puntato sull’universo e sulle vite che ci sono concesse». Sul set Redmayne diventerà anche un transgender nel film The Danish Girll diretto da Tobe Hopper e ispirato alla vita del pittore Einar Wegener. Giovanna Grassi SEOUL — È morta un’altra componente delle Ladies’ Code, la girl-band sudcoreana che suona K-pop. Kwon Ri-sae (soprannominata Rise, nella foto), 23 anni, non ce l’ha fatta e ieri mattina è deceduta a Suwon, città 30 chilometri a sud di Seoul. Sono le conseguenze del drammatico incidente che ha coinvolto le Ladies’ Code mercoledì scorso. Il furgone su cui viaggiavano a causa dell’asfalto bagnato ha sbattuto con violenza contro un guard-rail: Go Eun-bi, 21 anni, era morta sul colpo, mentre le condizioni di Kwon Ri-sae erano subito apparse critiche. SoJung invece se l’era cavata con la frattura della mandibola, mentre le altre due componenti della band avevano riportato solo delle ferite lievi. Secondo le prime ricostruzioni della polizia locale, la causa dell’incidente sarebbe da addebitare all’alta velocità. © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA Teatro Il regista prepara il debutto della tragicommedia di Löhle Corsetti: il mio «Gospodin» è l’antieroe alla Monty Python «I l capitalismo? Il male assoluto. Almeno per il mio Gospodin». Ride Giorgio Barberio Corsetti mentre racconta della sua nuova regia teatrale da Gennant Gospodin di Philipp Löhle, il 30enne autore tedesco diventato un caso in Europa proprio con questo testo. Interpretato da Claudio Santamaria, lo spettacolo debutterà in prima assoluta in autunno al Teatro Eliseo nell’ambito di Romaeuropa Festival. Ma chi è Gospodin? «Un uomo semplice — spiega il regista —, un incrocio tra Brecht e i Monty Python, un antieroe tragicomico che vuole liberarsi dalle catene del capitalismo facendo a meno del denaro. Un vortice di paradossi lo trascinerà sempre più in mezzo ai guai, fino al più paradossale dei finali: trovare la libertà in prigione, perché lì solo può vivere senza soldi ed essere finalmente felice. La sua vicenda è un apologo sull’impossibilità di vivere fuori dagli schemi». Come ha scelto il protagonista? «Claudio ha un grande sense of humour, come ha dimostrato in Paz! (il film di Renato Di Maria del 2002 tratto dai fumetti di Andrea Pazienza, ndr). Credo che in quel suo modo di fare sornione, un po’ orso ma con lo sguardo acuminato, attento, Gospodin possa mimetizzarsi bene…». Brevi scene e dialoghi fulminanti si alternano a racconti lirici in cui altri due attori (Marcello Prayer e Valentina Apicello), strampalati quanto Anche un musical Porterà in tour europeo l’opera di Adams «Stavo guardando il soffitto poi ho visto il cielo» Gospodin, ne raccontano le allucinate scorribande in città. Una città che assomiglia alle grandi metropoli in cui viviamo: non luoghi tutti uguali, senza identità, in cui vive un’umanità dipendente dai soldi e votata al consumismo. Dipende davvero tutto dai soldi? «Basta guardare alla disastrosa situazione della cultura in Italia. A Roma come nel resto del Paese i teatri chiudono, la cultura viene considerata un bene superfluo, non necessario. Viceversa, basta oltrepassare i confini nazionali per scoprire una vivacità creativa che da tempo noi abbiamo perduto». Progetti in cantiere dopo Gospodin? «Con Compagnia Fattore K, una factory di sperimentazione artistica con cui esploriamo le zone di confine tra il teatro e le altre arti, riprenderemo la tournée in Europa di I was looking at the ceiling and then I saw the sky (Stavo guardando il soffitto poi ho visto il cielo) che John Adams scrisse nel 1995, un anno dopo il sisma che devastò Northridge, cittadina alla periferia di Los Angeles. Trasse il titolo dalla frase su un giornale, la testimonianza di un terremotato. La pensò come un musical, una miscela di pop, jazz e gospel a metà tra Porgy and Bess e West Side Story». Un lavoro molto diverso da Gospodin. «Gospodin siamo noi, quando fantastichiamo di mollare tutto e vivere senza la pressione dei soldi, dei guadagni. Gospodin è l’oggi”. L.Za. © RIPRODUZIONE RISERVATA fondazionecorriere.it Design A+G Sul palco Una scena dell’opera di John Adams «Stavo guardando il soffitto poi ho visto il cielo» che Corsetti riporterà in tournée in Europa. In autuno il suo «Gospodin» debutterà in prima assoluta al Romaeuropa Festival 36 Lunedì 8 Settembre 2014 Corriere della Sera italia: 51575551575557 Sportlunedì Formula Mercedes A Monza solito dominio delle frecce d’argento, con il britannico che recupera 7 punti sul rivale nella corsa al titolo mondiale Nonostante il suo addio alla nazionale francese, Frank Ribéry rischia di essere squalificato per tre partite a livello di club (gioca nel Bayern Monaco), se non risponderà alla convocazione del c.t. Didier Deschamps. Parola di Michel Platini: «Ribéry non può decidere da solo se giocare per la Francia o no. Se il c.t. lo chiama, lui deve andare in nazionale. Altrimenti, viene squalificato». Lontani gli altri Podio per Massa, si fa piccola la Red Bull di Vettel, disastro Ferrari: Alonso si ferma dopo 29 giri, i tifosi fischiano Rosberg a fine gara Il trionfo A destra il sorpasso di Lewis Hamilton, 29 anni, su Nico Rosberg, 29 anni, finito fuoripista. A sinistra Hamilton festeggia sul podio dopo la vittoria al Gp di Monza. Per il pilota britannico è la sesta vittoria stagionale (Afp, LaPresse) Gran premio d’Italia Gran premio d’Italia Circuito di Monza (5.793 m), 53 giri per 306,720 km Ordine d’arrivo 1. Hamilton (Gbr) Mercedes in 1.19’10’’236 (media 232,450 km/h) 2. Rosberg (Ger) Mercedes a 3’’175 3. Massa (Bra) Williams a 25’’026 4. Bottas (Fin) Williams a 40’’786 5. Ricciardo (Aus) Red Bull a 50’’309 6. Vettel (Ger) Red Bull a 59’’965 7. Perez (Mes) Force India a 1’02’’518 8. Button (Gbr) McLaren a 1’03’’063 9. Raikkonen (Fin) Ferrari a 1’03’’535 10. Magnussen (Dan) McLaren a 1’06’’171 11. Kvyat (Rus) Toro Rosso a 1’11’’184 12. Hulkenberg (Ger) Force India a 1’12’’606 13. Vergne (Fra) Toro Rosso a 1’13’’093 14. Maldonado (Ven) Lotus a 1 giro 15. Sutil (Ger) Sauber a 1 giro 16. Grosjean (Fra) Lotus a 1 giro 17. Kobayashi (Gia) Caterham a 1 giro 18. Bianchi (Fra) Marussia a 1 giro 19. Gutierrez (Mes) Sauber a 2 giri 20. Ericsson (Sve) Caterham a 2 giri Motivi dei ritiri 6° giro: Chilton (Gbr) Marussia, uscita di pista 29° giro: Alonso (Spa) Ferrari, problema elettrico Giro più veloce Il 29° di Hamilton (Gbr) Mercedes in 1’28’’004 (media 236,975 km/h) Mondiale piloti 1. Rosberg (Ger) 238 2. Hamilton (Gbr) 216 3. Ricciardo (Aus) 166 4. Bottas (Fin) 122 5. Alonso (Spa) 121 6. Vettel (Ger) 106 7. Button (Gb) 72 8. Hulkenberg (Ger) 70 9. Massa (Bra) 55 41 10. Raikkonen (Fin) 11. Perez (Mes) 39 12. Magnussen (Dan) 38 13. Vergne (Fra) 11 14. Grosjean (Fra) 8 15. Kvyat (Rus) 8 16. Bianchi (Fra) 2 Mondiale costruttori 1. Mercedes 454 2. Red Bull-Renault 272 3. Williams-Mercedes 177 4. Ferrari 162 5. McLaren-Mercedes 110 6. Force India-Mercedes 109 7. Toro Rosso-Renault 19 8. Lotus-Renault 8 9. Marussia-Ferrari 2 I prossimi appuntamenti 21/9: Gp Singapore (Singapore) 5/10: Gp Giappone (Suzuka) 12/10: Gp Russia (Sochi) 2/11: Gp Usa (Austin) 9/11: Gp Brasile (San Paolo) 23/11: Gp Abu Dhabi (Isola Yas) Nell’ultimo Gp verranno assegnati punteggi doppi rispetto agli altri 18 Platini: «Ribéry va squalificato» MONZA — Non aveva mai vinto più di cinque gare in una stagione, nemmeno nel 2008 quando diventò campione del mondo. Invece adesso è salito a quota sei. Aveva domato Monza solo nel 2012 e quello era stato il penultimo successo della sua precedente vita in F1, trascorsa alla McLaren: oggi c’è la prima griffe nel Gp d’Italia con le insegne del team che ha investito un pacco di soldi sul suo talento. M come Monza e come Mercedes. E LH come Lewis Hamilton: trionfo personale numero 28, è sua la freccia d’argento che centra il bersaglio nel parco e che scalfisce pure, con sette punti aggiunti alla causa della rimonta, la leadership di Nico Rosberg nel Mondiale. La gioia dopo la grande paura. Luigino perde il vantaggio della pole con una brutta partenza, ma senza averne colpa («Qualcosa non ha funzionato nella procedura di lancio»), quindi reagisce — grande il sorpasso a Massa alla prima chicane — e arriva a demolire la fuga di Nico, rovinato da un errore in frenata alla curva 1, replica di uno sbaglio-fotocopia avvenuto in precedenza (nono passaggio), che potrebbe costargli caro nella lotta in famiglia per il titolo. È il giro 29, quello in cui Alonso parcheggia e si ritira, ed è l’ora nella quale, a Cernobbio, Sergio Marchionne bacchetta Luca di Montezemolo. La tornata del destino: Rosberg che deve zigzagare per la seconda volta nella via di fuga sembra la nemesi appropriata per lo sbaglio di Spa che aveva rovinato l’inglese. O forse è la conferma che, sotto stress, Nico si perde. Domanda dal significato simile per entrambi. Rosberg, questo prova che lei non ha ancora ritrovato l’equilibrio dopo i fatti del Belgio? «No, Spa è alle spalle. Semplicemente, in questi giorni Lewis è stato più veloce di me». Hamilton, ha messo sotto pressione il compagno di squadra sperando nel suo errore? «Non lo so. Ma se spingi, può accadere di tutto». Invece è Guerra in famiglia Hamilton sbaglia la partenza poi rimonta il compagno Rosberg frenato da due gravi errori Giorgio Terruzzi da differente». Il tritatutto anglo-tedesco funziona benissimo, come ampiamente previsto: torna l’1-2 di scuderia che mancava dall’Austria e macina una concorrenza che, con la parziale eccezione della Williams, finisce massacrata in termini di ritmo e di prestazione: stavolta è piccola la Red Bull, mentre si miniaturizza la McLaren e sparisce la peggior Ferrari di sempre. Il bandierone a tutta pista del Cavallino, peraltro, si spinge ugualmente fin sotto il podio, bene o male Lewis e Nico sono due ragazzi che amano l’Italia e il primo non è più visto come il nemico che battagliava con la Rossa per il titolo iridato: al mattino, giunto al circuito con una Mv Agusta e con un casco tricolore dedicato a Giacomo Agostini, Hamilton s’era pure tuffato tra la folla a firmare autografi. Eppure, nonostante i tanti che tifano per lui, a Rosberg non va altrettanto bene. Durante la premiazione, infatti, deve subire i «buu» che aveva già udito in Belgio, una scena di fronte alla quale Luigino, intervistato da Jean Alesi, non ha esitazioni: «Mi sento in imbarazzo, non è bello che capiti questo nello sport». Possibile che nemmeno gli italiani, suoi amici, perdonino a Nico la manovra di Spa? Possibile. Ma Rosberg non reagisce: «Non è piacevole, ovvio. Spero che il tempo aiuti a dimenticare: sarebbe una gran cosa. Io mi sono scusato, di più non posso fare». Però, se non altro, un minimo di serenità pare ripristinata a Casa Mercedes. Rosberg fa perfino battute su se stesso («Come ho fatto a sbagliare due volte? Non sono stato io, sono stati gli altri... Scherzo, non sono qui a cercare scuse: ma sono arrivato secondo, non è un disastro») e pianifica un finale di stagione senza cambi di strategie: «Continuerò a correre per vincere, non per amministrare il vantaggio nel Mondiale. Se cambio idea, vi avviso». © RIPRODUZIONE RISERVATA Flavio Vanetti certo che Luigino se n’è fatto un baffo del consiglio dell’ingegnere che lo invitava a tenersi a un paio di secondi dal tedesco, per poi azzannarlo nel finale: «L’esperienza mi ha insegnato che non è la cosa migliore da fare». È un altro ordine di scuderia rimandato al mittente? «Assolutamente no, ho solo percorso una stra- Barbera & champagne Lewis e Nico, il pugilato motoristico non fa per loro C hi aveva in mente antiche e illustrissime liti tra compagni di squadra, ha già abbassato la cresta. Hamilton e Rosberg sembrano incapaci di reggere ogni paragone con il meglio del pugilato motoristico. Un po’ perché non hanno il fisico del lottatore, quel coraggio lì, utile a farla fuori davvero, chissenefrega della forma. Soprattutto perché commettono, entrambi, troppi errori. Gino Hamilton ha cominciato la gara della riscossa con una partenza da ragionier Ugo Fantozzi. Quarto alla prima curva, scattando dalla pole. Oh mamma! Per sua fortuna Rosberg ha replicato sciorinando due strafalcioni in fondo al rettilineo, capaci di produrre un doppio risultato: perdere la corsa e far pensare che si trattasse di suicidio volontario, scopo penitenza post Belgio. Tre pasticci in una sola gara. Ai quali — per fare poker — aggiungiamo quell’attacco maldestro organizzato proprio a Spa, da Nico. Troppi passi Sul podio Nico Rosberg, 29 anni (Epa) falsi. Se poi consideriamo quanto i due siano nella condizione di sfruttare un vantaggio tecnico talmente ampio da mantenerli fuori portata in pianta stabile, il bilancio non esalta nemmeno un po’. Nessuno è in grado di attaccarli; la pressione è una cosa a due; ogni errore dell’uno va a vantaggio — al massimo — dell’altro. Uno status alla panna montata. Dominano, si contendono il titolo, l’intera scena ma il rendimento, in assenza di pressioni esterne, mostra limiti inattesi. Il fatto è che siamo dentro una stagione arida e questa libidine da compagni in lotta ci costringe, da una parte, ad alimentare aspettative alte; dall’altra a considerare quanto i nostri eroi non siano affatto portati per il ruolo. Teniamo d’occhio la coppietta Mercedes ma ci entusiasmiamo davvero per Ricciardo che attacca chiunque e dovunque senza sbagliare, anche per un misero quinto posto. Mentre Hamilton e Rosberg stravincono, certo, tra errori, atti mancati e tracce di stucchevole bon ton. Niente a che vedere con i gesti feroci e magnifici che dipingono le grandi storie, un dualismo intenso quanto memorabile. © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Lunedì 8 Settembre 2014 Sport 37 italia: 51575551575557 Brasile, Maicon rimandato a casa Basket, la Serbia elimina la Grecia Sbk, Melandri-Aprilia show Il Brasile nell’amichevole di domani nel New Jersey contro l’Ecuador (la seconda post Mondiale dopo la vittoria sulla Colombia) non avrà in campo Maicon. Il difensore è stato rimandato a casa «per un problema interno di natura disciplinare». La decisione è stata annunciata da Gilmar Rinaldi, il coordinatore delle nazionali brasiliane. Con le vittorie di Serbia (90-72 sulla Grecia), Lituania (76-71 sulla Nuova Zelanda), Turchia (65-64 sull’Australia) e con il derby tra Brasile e Argentina si è completato il tabellone dei quarti dei Mondiali di basket in corso di svolgimento in Spagna. Gli accoppiamenti: domani Slovenia-Usa e Lituania-Turchia, mercoledì Francia-Spagna e Serbia-vinc. Brasile-Argentina. Grande doppietta di Marco Melandri nel 10° round del Mondiale Superbike a Jerez de la Frontera. Per il pilota dell’Aprilia è il 5° successo stagionale e il 18° in Sbk. A completare lo show Aprilia i due secondi posti di Guintoli. Il francese, con 321 punti, avvicina in classifica il leader Sykes (Kawasaki), a 352. Prossimo (e penultimo) round: 5 ottobre, Magny Cours. Crisi Lo spagnolo si ritira, non succedeva da 29 Gp. Raikkonen è nono La Ferrari è in caduta libera Alonso non vede il traguardo «Rinascere? Chissà quando» «Momento difficile, ma non perdo la voglia» Il campione solo sesto Vettel, nuova delusione La rivincita in McLaren? MONZA — (f.van.) Tradito dalle gomme, «che — così assicura — si sono deteriorate prima del previsto». Ma intanto Sebastian Vettel ha concluso un’altra volta alle spalle di Daniel Ricciardo, incassando un sorpasso-sverniciata che non avrà di sicuro rialzato il suo morale. Essere i primi delle auto non motorizzate Mercedes (le power unit di Stoccarda dopo i primi sei posti sulla griglia si sono presi i primi quattro sul traguardo del Gp d’Italia) non basta di sicuro ai campioni del mondo della Red Bull. E men che meno a chi il titolo lo conserva da quattro stagioni. Sebastian prova a giustificarsi: «Anticipare il cambio gomme (l’ha fatto già al 18° giro, primo in assoluto ad aprire il valzer dei pit stop, ndr) era l’unico modo per tentare di stare davanti alle McLaren», spiega. In effetti, il concetto all’inizio ha pagato e ha permesso di mettere alle spalle pure Raikkonen e Perez. Ma dopo è stato un boomerang. «Quando era il momento di chiudere il cerchio, sono rimasto rovinato dall’usura delle coperture “hard”». Se è stata una decisione del team, pare condivisa, non sembrano esserci «gialli» alle spalle. Ma intanto Ricciardo è quinto e lui sesto. «È un’annata difficile, ci sono tante lezioni da tenere a mente», dice Vettel. Le metterà a frutto ancora alla Red Bull oppure alla McLaren, che a giorni gli ufficializzerà una proposta di contratto? © RIPRODUZIONE RISERVATA MONZA — Il momento e il posto sbagliati. Non potevano esserci spazio e tempo peggiori per parcheggiare la Rossa sulla ghiaia. Erano 29 Gp che Fernando Alonso vedeva il traguardo (ultimo ritiro, l’anno scorso in Malesia) ed erano addirittura 86 gare che non si fermava per un guasto (sempre Malesia, 2010). Insomma, tradisce anche l’affidabilità (problema al sistema Ers), finora unica specialità della casa. Che sia successo proprio ora, proprio qui, in questa domenica monzese da tregenda, può apparire un segno del destino, o un’immagine simbolo. Negli stessi minuti, a Cernobbio parlava Sergio Marchionne con tutto quel che comporterà in termini di riorganizzazione della Ferrari, e l’ex team principal Stefano Domenicali, anche lui in qualche modo simbolo di questa stagione tormentata, lasciava il circuito. «Sono venuto solo per salutare la squadra, ci sono tante persone cui voglio bene, e fare l’in bocca al lupo a Mattiacci. Cosa farò ora? Ora vado dai miei bambini». Domenicali si era dimesso dopo il Gp del Bahrein, ad aprile, ed è stata la prima scossa di terremoto. Ora Marco Mattiacci, l’attuale responsabile, cerca di tenere la barra dritta e non demoralizzarsi: «Sono motivatissimo e concentrato per tornare al vertice il prima possibile. Abbiamo trovato un metodo di lavoro e un’unità di intenti. Ci sono già stati dei miglioramenti. Abbiamo ben chiaro cosa non funziona e conosciamo i nostri punti di forza: piloti, brand, azienda, cultura, eredità, tradizione di vittorie». Ci vorrà del tempo, ma il problema è che mai come ora Deluso Fernando Alonso, 33 anni, al Gp di Monza si è ritirato. Non accadeva dal Gp della Malesia nel 2013 (Sport Image) il futuro è un’ipotesi. Questa è una Ferrari in crisi tecnica, scossa da quanto succede ai vertici, scivolata al quarto posto nella classifica costruttori, superata dalla Williams. Non solo. Alonso è da mesi nel pieno di una trattativa per il rinnovo che non fa passi avanti: liberarsi prima del 2016 è per lui molto difficile (il contratto L’imperativo Mattiacci prova a reagire: «Conosciamo le cause dei guai, abbiamo l’obbligo di risolverli» prevede che anche la Ferrari deve essere d’accordo, a meno che lui non decida di smettere di correre), però la frustrazione cresce. E anche se il matrimonio continuerà, le crepe rischiano di allargarsi e le motivazioni, alla lunga, possono calare. «Quello che è successo non cambia la mia volontà di vincere — prova a rassicurare Alonso —. Il ritiro qui è un vero peccato, è un momento difficile per i ragazzi della squadra, che lavorano giorno e notte per darci la macchina migliore, e anche per i nostri tifosi: purtroppo non siamo riusciti a fare nulla di speciale per loro». In effetti negli ultimi quattro anni (anche quelli più negativi) lo spagnolo era sempre riuscito a salire sul podio di casa, che è un po’ come raddrizzare una stagione calcistica storta vincendo il derby. Al momento del ritiro, invece, Alonso era undicesimo (ma molti davanti a lui non si erano ancora fermati al pit stop) e al massimo, parole sue, «avrei potuto raggiungere il quinto posto». Non c’è da farsi illusioni, questa è la situazione e non cambierà: «A Singapore andremo un po’ meglio, perché questa è una pista in cui conta particolarmente il motore. Però non ci potranno essere grossi cambiamenti: non ci siamo risollevati in 13 gare, non ce la faremo in una». A tutto ciò si aggiunge che l’altra Ferrari, quella di Kimi Raikkonen, è arrivata nona (due posizioni guadagnate al via, una per la penalità a Magnussen), senza mai mostrare segnali di vivacità, o meglio, di velocità. «Il bilanciamento non era male, ma mi mancava velocità in rettilineo e aderenza. Più di così non potevo fare». Il momento generale ha fatto in effetti passare in secondo piano le difficoltà di Kimi. Se c’è un altro che appare disorientato da tutto quanto sta accadendo è proprio il finlandese. Insomma, non mancano i problemi. «Abbiamo l’obbligo, ripeto l’obbligo, di risolverli: in fabbrica c’è gente che lavora dalle sette a mezzanotte», aggiunge Mattiacci. A maggior ragione sarebbe meglio che lavorasse con un po’ di serenità: la prima cosa da ritrovare a Maranello. Arianna Ravelli © RIPRODUZIONE RISERVATA L’ex ferrarista Per il brasiliano primo podio stagionale tra gli applausi Massa, champagne e gratitudine «Nessuna vendetta, solo amore» MONZA — La tuta di un bianco immacolato. Di rosso ci sono solo le strette bande verticali che si alternano al blu della Martini, ma bastano a evocare suggestioni fra i migliaia venuti ad assistere al tracollo della Ferrari. I colori di una nuova vita per Felipe Massa. Lontana da Maranello, dagli incubi di un Mondiale perso all’ultima curva e da quelli del grave incidente del 2009, dagli ordini di squadra che lo relegavano a eterno secondo. Gongola sul podio il brasiliano, si prende una pioggia di applausi, saluta e fissa le bandiere ammainate con quel Cavallino che gli bat- te ancora dentro. È la prima volta da quando è passato alla Williams che riesce a concludere fra gli spruzzi di champagne. È il primo degli «umani» dietro alla coppia Hamilton-Rosberg, ha tenuto a bada il «robottino» Bottas che pure partiva prima di lui. L’impresa ha il sapore di una rivincita per- Passato e presente «La Rossa e i suoi tifosi restano nel mio cuore ma corro per la Williams: visto che è competitiva?» sonale nella sua Monza. Ma Felipe non è il tipo da coltelli dietro la schiena: il suo è stato un addio dolce, in Ferrari è amatissimo e ha ancora tanti amici. Di rivalsa non vuol sentir parlare: «Non devo mandare messaggi, non ce l’ho con nessuno. Abbiamo lottato contro la mia ex squadra come con tutte le altre. E li abbiamo battuti. Conservo un posto speciale nel mio cuore per la Ferrari, sarà sempre con me. Ho passato stagioni incredibili lì dentro, ma adesso lavoro per la Williams. Questa gara è solo la dimostrazione che siamo competitivi, que- sto è il mio unico messaggio». Per il pubblico italiano poi solo parole d’amore: «Non è perché non sono più “rosso” che non provo la stessa gioia a festeggiare davanti a queste persone speciali». Eppure quell’etichetta di gregario proprio non si scolla, anche quest’anno arrivato nel team inglese ha dovuto abbassare la testa davanti al giovane Bottas. Ripensa al passato e alla sua leggendaria sfortuna: «Le ho provate tutte per essere il primo pilota. In qualunque squadra abbia corso Felice Felipe Massa, 33 anni, per la prima volta sul podio in questa stagione (Epa) ho vissuto momenti duri, fa parte della vita. Devi solo combattere e andare avanti». Massa il ragazzo d’oro con l’anima da guerriero ora può permettersi di guardare al futuro con leggerezza. Forte della power unit Mercedes che fa volare la sua macchina. E della stima che lo circonda: Frank Williams gli appena allungato il contratto di un anno, stessa mossa per il compagno finlandese. La gente di Monza lo vedrà ancora. Daniele Sparisci © RIPRODUZIONE RISERVATA 38 Sport Lunedì 8 Settembre 2014 Corriere della Sera italia: 51575551575557 Polemiche Allegri spera di avere il difensore contro il Malmoe, telefonata alla Figc Nazionale-Juve, il grande gelo Sarà Conte a fare il mediatore Sempre divisi sul caso Chiellini. Il c.t. incontrerà il club ✒ L'analisi IL MODELLO VINCENTE DI UN ERETICO di MARIO SCONCERTI Q uando Conte dice di attaccare con cinque uomini è vero, lo ha sempre fatto. La Juventus ha provato spesso in casa anche il 3-3-4, che è uno schema quasi non previsto dall’ermeneutica del calcio. La differenza di Conte è che attacca partendo da lontano, con due terzini comunque coperti, un centrocampista che si inserisce e due attaccanti che aspettano la squadra sulla metà campo il cui primo dovere è proprio fare da sponda alla squadra che viene avanti. Una volta in attacco, gli inserimenti possono essere anche di altri giocatori. Il suo 3-5-2 varia molto a seconda di chi gioca sulle fasce, se solo terzini o giocatori capaci anche di dribbling. È un’invenzione di calcio molto italiana che permette, con gli uomini giusti, di stare sempre sul campo come serve. Servirà ancora di più alla Nazionale che è meno forte della Juve e ha più bisogno di costante compattezza . Il gioco di Conte è spesso verticale perché fatto di pressioni e accelerazioni improvvise. Il possesso palla si vede meno, ma non è un danno. Dal momento che lo giocano tutti, è più facile sorprenderlo. Basta un lancio lungo fatto bene per superarlo, effetto non facile ma nemmeno impossibile, per esempio a Bonucci contro l’Olanda è riuscito e a Pirlo in campionato riesce quasi regolarmente. In sostanza quello che sta portando Conte in Nazionale è un modello. Ne aveva uno anche Prandelli, poi finito in confusione, ma con una differenza: le squadre di club di Prandelli hanno sempre giocato bene, ma non hanno mai avuto l’occasione di vincere. Conte ha quasi soltanto vinto. Conosce meglio la strada, i particolari della vittoria, la psicologia elementare di una squadra, ne conosce gli eccessi epici che magari facevano sorridere Prandelli, uomo serio fino al timore di sé. Conte ha meno vergogna perché ha già sperimentato. Sa di essere un vincente quindi crede nei propri metodi, fossero anche errori. Infatti ha subito adattato gli uomini allo schema, non viceversa. Un’altra piccola eresia ufficiale. Ma Conte in fondo è esattamente questo, un eretico che cerca con grande energia la santificazione di tutti. Coprendosi le spalle però con una dottrina solida e antica rimasta sempre la vera eresia del mondo: il calcio all’italiana. Conte l’ha modernizzata, l’ha resa plausibile televisivamente e quasi ideale per rompere le righe del possesso palla. Le sue squadre sono progetti di fede mistica basati sul positivismo più duro. Un’eresia appunto. Ma si vince cambiando, conviene crederci. © RIPRODUZIONE RISERVATA DAL NOSTRO INVIATO FIRENZE — Dopo le polemiche e i comunicati, resta il gelo. La Nazionale e la Juventus divisi dal caso Chiellini. Il difensore ieri era a Torino e da oggi si sottoporrà ad una serie di nuovi controlli nella speranza bianconera di poterlo recuperare contro il Malmoe, nell’esordio di Champions League, martedì 16 settembre. Sull’asse Coverciano-Torino nessun segno di pace o chiarimento. Le parti restano sulle proprie posizioni. In Nazionale rimarcano il cambiamento di rotta della Juventus; sull’altra sponda fanno notare come il primo comunicato, quello di venerdì in cui si annunciava che il difensore sarebbe rimasto in azzurro con la benedizione del suo club, sia stato affrettato. Di sicuro la storia si è trasformata in un gran pasticcio. Ci sono stati difetti di comunicazione e un po’ di superficialità nel trattare una questione così delicata. La Juve lamenta di aver parlato solo con Chiellini e di non aver avuto contatti diretti La polemica con un rappresentante della Federazione e di essere stata presa Sopra Giorgio Chiellini, 30 anni, lascia il ritiro di Coverciano alla sprovvista dall’annuncio. per fare ritorno a Torino. A destra Antonio Conte, Magari l’entusiasmo del difen45 anni, con il suo staff (Getty Images, LaPresse) sore, che voleva rimanere a tutti i costi, può aver ingannato i feVerso la sfida di domani derali. «Non so se Giorgio ci sia rimasto male, credo però che tra Juventus e Nazionale debba esserci più collaborazione», ha spiegato Emanuele Giaccherini. Il soldatino, fortemente voluto da Conte, ha centrato il problema. Parlarsi di più è inevitabile, altrimenti il rischio è quello di affogare in un bicchiere d’acqua. La colDAL NOSTRO INVIATO ITALIA laborazione tra la serie A FIRENZE — (a.b.) Le polemiche sul caso Chiellini non e il club Italia è precaria e distraggono Conte, concentrato sul debutto europeo lo sarà anche in futuro, contro la Norvegia. L’allenatore sta mettendo a punto la nonostante le assicuraAll.: Conte squadra per la sfida di domani sera a Oslo (ieri lunga zioni di Tavecchio (traseduta video) e dopo l’esordio felice con l’Olanda si è mite Lotito). Se siamo a Buffon convinto a limitare i cambi. Turnover praticamente questi punti a settemazzerato: torna Buffon al posto di Sirigu ed entra un bre, cioè a inizio stagioRanocchia centrocampista, probabilmente il romanista Florenzi, ne, cosa succederà Bonucci Astori per rimpiazzare lo squalificato Marchisio. Per il resto, quando campionato e stessa difesa e stesso attacco. Sarà un’Italia entusiasta coppe entreranno nel anche se a basso contenuto di esperienza. Se Darmian vivo? Florenzi De Rossi Giaccherini vincerà il ballottaggio con Candreva, saranno sette i Conte è rimasto magiocatori con meno di 15 presenze azzurre e cinque le per la piega che ha Darmian (quasi il 50 per cento) sotto le dieci. Un problema in più preso il caso Chiellini. De Scig lio (Candreva) da valutare. Perché la maglia azzurra pesa e condiziona. E Oriali si è arrabbiato Toccherà a Buffon, 142 gare e a De Rossi, al 99° gettone, più di lui. Ma anche a Zaza Immobile prendere in mano la situazione. Ma contro gli Oranje Torino hanno i musi tutti hanno fatto la loro parte. Ranocchia e Astori, lunghi. La Juve non ci sta a passare per voltagabbana e tanto Pochi cambi e tanti azzurri alle prime armi A Oslo Buffon e De Rossi unici grandi vecchi 3-5-2 impiegati nella difesa a tre in sostituzione degli infortunati Barzagli e Chiellini, hanno giocato con sicurezza, attenzione, coraggio, limitando gli errori. L’anno scorso a ottobre, il neocapitano dell’Inter era stato disastroso in Danimarca e il romanista, allora al Cagliari, aveva fatto persino peggio a Napoli contro l’Armenia. Il centrocampo sarà l’unico reparto che Conte modificherà. De Rossi sarà il playmaker e al posto dello squalificato Marchisio negli ultimi due giorni è stato provato Florenzi, appena 4 presenze e un gol. Il romanista ha scavalcato Parolo nel derby romano per la Poca esperienza Se Darmian vincerà il ballottaggio con Candreva, saranno sette giocatori con meno di quindici presenze e cinque con meno di dieci Il personaggio La norvegese Karen Espelund è l’unica donna nell’esecutivo Uefa: «Mai capito chi paragona sport maschile e femminile» La signora del pallone: «Tavecchio? Aspetto i fatti» Il debutto ufficiale del presidente della Federcalcio Carlo Tavecchio sarà in casa del nemico? Guardando il curriculum della norvegese Karen Espelund, prima e finora unica donna nell’Esecutivo Uefa (dal 2011), ci sono pochi dubbi: ex calciatrice con 300 partite giocate, paladina dei diritti delle donne nel pallone, dieci anni come segretaria generale della federazione del proprio Paese, già nella commissione fair play, la 53enne Espelund si occupa anche dell’emergenza razzismo. Il nuovo numero uno della Federcalcio italiana invece è in attesa del giudizio della Uefa dopo la frase sui giocatori «mangiabanane». «Spero che le sue parole non rispecchino la sua attitudine su questo tema — sottolinea Espelund —. Ho notato che Tavecchio si è scusa- to e sono contenta che si sia spiegato, perché a tutti può capitare di sbagliare. Ma adesso spero anche che voglia dimostrare uno spirito inclusivo: le parole devono diventare atti concreti». Le quote di stranieri possono essere una soluzione? Espelund ribalta questo punto di vista: «Limitare il lavoro degli stranieri non si può, ma si possono inserire quote di giovani formati nei vivai del proprio Paese, come accade nelle Coppe europee: se mettiamo l’obbligo Spirito giusto «Il vostro presidente ha sbagliato ma ha chiesto scusa. Ora spero dimostri di avere lo spirito giusto» di avere 10 giocatori formati “in casa” su una rosa di 25 le cose possono migliorare. La Bundesliga va seguita in un aspetto fondamentale: sui settori giovanili bisogna investire denaro. In Norvegia lo stiamo facendo, fatelo anche voi. Perché domani siete strafavoriti, ma il mondo del calcio è strano e imprevedibile. E si muove più veloce del pallone». Tavecchio a maggio si era lanciato anche in una dotta riflessione sulle donne «che si riteneva che fossero un soggetto handicappato rispetto al maschio, sulla resistenza e sul tempo, sull’espressione anche atletica, invece abbiamo riscontrato che sono molto simili». «Questo atteggiamento non è certo nuovo ed è una cosa che non ho mai capito — dice Espelund —. In tutti gli sport, dall’atletica al nuoto, fino al- Ex calciatrice Karen Espelund, 53 anni lo sci, non si fanno mai paragoni tra donne e uomini. Nel calcio invece si tende sempre a fare paragoni. A Tavecchio dico di dimenticare questo approccio e di lavorare perché le ragazzine abbiano le stesse possibilità dei ragazzini di giocare a calcio». Del resto la prima trasferta di Mister T. sarà in un Paese dove l’allenatore della Nazionale di calcio maschile, Per Mathias Holgmo, ha guidato per quattro anni anche la squadra femminile, conquistando un quarto posto Mondiale e un oro olimpico ai Giochi di Sidney 2000. «Sono orgogliosa di questo: in Norvegia su dieci ragazzi che giocano a calcio 3 sono femmine e molti allenatori hanno lavorato in tutte e due le situazioni. L’Italia? Non credo ci sia un pregiudizio sessista, ma quando giocavo io eravate molto davanti alla Norvegia: dovete tor- Corriere della Sera Lunedì 8 Settembre 2014 Sport 39 italia: 51575551575557 Dentro la crisi Le Leghe hanno conquistato la Figc, ma ora servono fatti concreti meno vuol far passare il messaggio che il cambiamento di rotta sia stato un dispetto all’ex allenatore o, peggio ancora, uno sgarbo alla Federazione dopo le scorie con Tavecchio per la lunga battaglia elettorale. Ieri la società bianconera non ha sentito il bisogno di mettersi in contatto con la casa della Nazionale, ma ha telefonato al presidente federale più che per lamentarsi, per chiarire: offriamo collaborazione, pretendiamo rispetto (riferito all’ironia di Oriali). La questione sarà affrontata dallo stesso Tavecchio, che oggi viaggerà sul charter azzurro dove troverà posto anche Lotito. A risolverla, però, sarà Conte. L’allenatore, in questo momento, è totalmente concentrato sulla partita contro la Norvegia e non vuole distrazioni. Ma non intende rinunciare al dialogo con i club che considera fondamentale per avere una Nazionale forte e simbolo dell’intero movimento. Presto, proprio in compagnia di Oriali, andrà a Vinovo per incontrare Allegri e nell’occasione parlerà sia con Andrea Agnelli che con Marotta. L’incontro non è stato fissato, ma a Torino fanno sapere che non c’è problema: il c.t. è il benvenuto. La Juve è l’unica grande società che il tecnico non ha ancora visitato. Il blitz a Vinovo era in programma il 28 agosto, sono stati i bianconeri a chiedere un rinvio visto che l’appuntamento coincideva con i sorteggi Champions. Conte non si tirerà indietro. E se sarà necessario farà il primo passo. Ma riuscire ad andare d’accordo con la serie A sarà più complicato che portare a casa l’Europeo tra due anni. Alessandro Bocci © RIPRODUZIONE RISERVATA maglia azzurra, mostrandosi più vivace e dinamico negli allenamenti. L’altro interno con licenza di attaccare la profondità sarà il soldato Giaccherini, prezioso contro l’Olanda sia dal punto di vista tattico che sul piano dell’intensità. Giovani saranno anche gli esterni: Darmian, portato in Nazionale da Prandelli e confermato da Conte, ha giocato così bene a Bari da viaggiare spedito verso la conferma. Candreva, il suo rivale, ha più esperienza (23 partite contro 5) e più propensione alla fase offensiva, ma il granata ha interpretato bene le raccomandazioni dell’allenatore, scalando sulla linea dei difensori quando c’era bisogno e ribaltando il fronte in continuazione. Sull’altra corsia De Sciglio (13 presenze) è in netto vantaggio su Pasqual, più vecchio di età ma con solo 6 partite nell’Italia. L’attacco è il reparto più acerbo eppure più intrigante. Immobile e Zaza sembrano fatti per giocare insieme: si cercano, si aiutano, dialogano, sono funzionali alla squadra. Venerdì, nella riunione tecnica post Olanda, Conte non ha mosso neppure un appunto alla strana coppia. Ciro e Simone allontanano Balotelli e regalano fiducia all’Italia. In due hanno 6 presenze (5 Immobile e solo una Zaza) e un gol. Ma il futuro è loro e se Mario vorrà riprendersi la maglia azzurra dovrà sgomitare parecchio. © RIPRODUZIONE RISERVATA Serie B Il Perugia passa a Bari È solo in testa Varese k.o. Parodia I social network si sono scatenati contro Claudio Lotito, 57 anni, dopo la sua foto col giaccone della Nazionale Stranieri, vivai, stadi, Nazionale Le 10 scoperte (dell’America) dei dirigenti del calcio italiano Chi ha sempre frenato ora promette la rivoluzione È tempo di grandi scoperte per i dirigenti del calcio italiano. L’eliminazione dell’Italia dal Mondiale è stata decisiva per scoprire all’improvviso quello che si sapeva da anni; quello che tutti facevano finta di ignorare; quello che avrebbero continuato a trascurare se gli azzurri avessero pareggiato con l’Uruguay. Anche perché Abete ha lasciato, ma i componenti del Consiglio federale sono rimasti (più o meno) gli stessi. Primo punto. L’importanza della Nazionale, come forza trainante del movimento. Lo si era capito dopo il secondo posto all’Europeo 2012 e allora la Figc aveva cercato una revisione globale dei rapporti fra società e club Italia, intensificando i contatti con le prime squadre. Conclusione: Prandelli era riuscito a strappare in tutto due stage, uno per i test medici pre-Brasile (senza toccare il pallone), l’altro riservato ai più giovani. Secondo punto. Venti squadre in A sono troppe. Dopo l’allargamento del 2004-2005 (caso-Catania), si pensava che si sarebbe tornati alle 18 squadre in tre/cinque anni. Invece il format delle 38 giornate non è più stato toccato. Così come quello della B a 22. Ora si parla di scendere a 18 in A e in B e di ridurre anche il format della Lega Pro, appena tornata a tre gironi da 20 e che si vorrebbe addirittura ridurre a 40. La commissione-Lotito è pronta a entrare in azione. Terzo punto. Gli stranieri sono troppi, anche nei settori giovanili. Quando nel 2010, dopo l’eliminazione dal Mondiale sudafricano, la Figc aveva deciso di ridurre gli extracomunitari tesserabili da due ad uno (erano stati portati a due, cedendone altrettanti, il 3 luglio 2008), la Lega di A aveva Il caso Razzismo, cori e insulti contro Balotelli jr Due giornate di campionato e c’è soltanto una squadra a punteggio pieno: il Perugia (in attesa che il Latina giochi il recupero mercoledì con il Vicenza). La squadra di Camplone, neopromossa dalla Lega Pro, dopo aver battuto all’esordio il Bologna in casa, è andata a vincere contro il Bari: 2-0, gol di Falcinelli (28’ p.t.) e di Del Prete (32’ s.t.), con avversari in dieci dal 10’ s.t. e addirittura in nove dal 19’ (espulsi prima Caputo e poi Defendi). Taddei ha avuto due volte la palla del 3-0. È stata una domenica di partite tirate, a cominciare da Carpi-Varese. I lombardi si sono trovati in vantaggio due volte (1-0 e 2-1), ma sono usciti battuti (2-4), con il Carpi che ha segnato due gol in 100” a inizio ripresa (Poli e Galiolo). Il Catania, che viene dalla A, è stato sconfitto dalla Pro Vercelli (3-2), trascinata dal brasiliano Pompeu da Silva Ronaldo (foto, traversa, con rete di Belloni e gol su Pomeriggio da dimenticare per Enock Baruawh (nella foto), il fratello naturale di Mario Balotelli, insultato durante la gara di esordio nel match di Eccellenza tra Vallecamonica e Darfo Boario. «Mi hanno detto negro di m... e fatto il verso della scimmia». scelto l’Aventino, disertando per mesi il Consiglio federale. Adesso si comincia a capire che il problema non sono gli stranieri in quanto tali, ma la bassa qualità di chi viene acquistato (anche se comunitario) e si ipotizza persino una specie di moral suasion fra i club per frenare l’arrivo di giocatori provenienti dall’estero. Ma l’ultima campagna acquisti ha detto che non esiste nessuna inversione di tendenza. Quarto punto. Le rose sono troppo numerose e vanno ridotte, ma per anni sono state gonfiate in base al principio del turn over e delle necessità di essere La forza dell’azzurro Adesso tutti scoprono l’importanza della Nazionale, ignorata anche dopo il 2° posto europeo competitivi nelle coppe, anche se l’Europa League è stata quasi sempre snobbata, con la perdita di un posto in Champions. Quinto punto. Maggiore attenzione ai vivai. Responsabile delle nazionali giovanili dal 2010 al 2014, Sacchi ha fatto tutto il possibile e l’impossibile per spiegare che occorreva valorizzare i giovani italiani. Fin qui non gli ha dato retta nessuno, anche se l’Under 21 nel 2013 è arrivata seconda all’Europeo. Sesto punto. La necessità di un confronto con altri Paesi, salvo poi decidere che le squadre B (Spagna) non piacciono, il modello tedesco e quello belga sono molto specifici e quello francese è di difficile applicazione. Settimo punto. Gli stadi sono vuoti. Eppure in questi anni si è fatto di tutto per vendere alle tv tutto quanto era possibile commercializzare, pur di aumentare i ricavi per bilanci comunque sempre in rosso. Ottavo punto. Gli stadi sono brutti e inospitali. Ma la Lega di A si è mobilitata in forze per questioni molto meno importanti. Con un atteggiamento diverso da parte dei club, una vera legge sarebbe stata approvata almeno tre anni fa. Nono punto. Un accordo fra le Leghe per le grandi riforme in tempi brevi. Lo slogan è del presidente della serie B, Abodi. Per la cronaca, negli ultimi quattro anni, le componenti hanno fatto di tutto per aumentare la conflittualità all’interno del Consiglio federale. E per bloccare qualsiasi riforma, finché sono riuscite a mettere le mani sulla Figc. Decimo punto. Un recupero dell’etica applicata al calcio. Anche dopo Calciopoli, se ne sono viste di tutti i colori e il futuro promette poco. Fabio Monti © RIPRODUZIONE RISERVATA punizione), 24 anni, ex Empoli. Il Bologna, fischiato dai suoi tifosi, è riuscito a conquistare soltanto un punto in casa contro l’Entella, che aveva chiuso in vantaggio il primo tempo (ma solo di un gol, segnato di sinistro da Sansovini al 3’), dopo aver sprecato molto. Di Cacia il gol del pareggio. Bene il Cittadella, che ha segnato tre gol all’Avellino; male il Modena, battuto dal Lanciano, senza essere mai entrato in partita. Successo del Trapani (in dieci) contro il Vicenza, che ha esordito in B, dopo essere stato ripescato. Buon calcio in Ternana-Pescara, finita in parità (1-1) e vittoria dello Spezia contro il Frosinone che ha chiuso in nove (espulsi il portiere Zappino e Blanchard). © RIPRODUZIONE RISERVATA Qualificazioni Euro 2016 Stranieri ❜❜ Quote Limitare il lavoro degli stranieri non si può, ma si possono inserire quote di giovani formati nei vivai del proprio Paese, capita nelle coppe europee e come fanno i tedeschi nare a considerare il potenziale femminile che c’è nella base e vincere questa sfida». La Norvegia che affronterà l’Italia di Conte è invece una squadra in piena ricostruzione dopo i fasti degli anni Novanta: multiculturalità e gioventù sono i pilastri da cui sono ripartiti a Oslo e dintorni. Oggi almeno sei giocatori nel giro della Nazionale sono nati da immigrati africani e il quindicenne Martin Odegaard ha debuttato con la prima squadra, anche se non è stato convocato per la sfida di domani: «Negli anni passati ci sono stati buoni investimenti sui vivai e adesso che c’è la crisi è necessario puntare sui giovani. E i figli di immigrati sono una risorsa. Dal nostro calcio il razzismo è stato quasi completamente debellato e tutto il nostro mondo deve seguire l’esempio che viene dal campo, dove giocano ragazzi di ogni razza. Senza problemi». Paolo Tomaselli © RIPRODUZIONE RISERVATA 2ª giornata Portogallo choc: cade in casa con l’Albania MILANO — La Germania soffre e vince 2-1 a Dortmund contro la Scozia. Vantaggio tedesco con Muller (18’ p.t.), ma gli scozzesi rispondono con Anya (21’ s.t.) che batte Neuer su assist di Fletcher. Quattro minuti dopo ci pensa il solito Muller. Ma è di Gianni De Biasi la vera impresa di giornata. Ad Aveiro la sua Albania vince 10 contro il Portogallo (uscito tra i fischi), in campo senza Cristiano Ronaldo. Il gol vittoria è di Kace che al 21’ s.t. finalizza al meglio l’assist di Kukeli. Va male a Claudio Ranieri. La Grecia perde 1-0 contro la Romania (Marica su rigore al 10’ p.t.), costretta a giocare in 10 dall’8’ s.t. per l’espulsione (somma di ammonizioni) dello stesso Marica. Vittoria in rimonta della Danimarca sull’Armenia (2-1) e successo su misura anche dell’Irlanda sulla Georgia (2-1). Festeggia l’Irlanda del Nord che si impone 2-1 sull’Ungheria soltanto nel finale: McGinn (36’ s.t.) e Lafferty (43’ s.t.) replicano a Priskin (30’ s.t.). Vincono Sorpresa Il capitano albanese Lorik Cana Perde Ranieri Colpo della squadra di De Biasi, k.o. la Grecia di Ranieri. Gibilterra subisce sette gol, vince la Germania facili la Finlandia (3-1 alle Far Oer) e la Polonia che supera 7-0 la Gibilterra, alla sua prima gara ufficiale. Lewandowski è stato il protagonista con quattro gol. In amichevole la Francia pareggia 1-1 contro la Serbia. Si prosegue oggi con altre nove partite. Si inizia con la Russia di Fabio Capello che sfiderà il Liechtenstein (ore 18, girone G). Nello stesso raggruppamento Austria-Svezia (ore 20.45) e Montenegro-Moldova (ore 20.45). Nel gruppo C è in programma il debutto della Spagna, campione in carica. La squadra di Vicente Del Bosque affronterà la Macedonia (ore 20.45). In campo anche Lussemburgo-Bielorussia (ore 20.45) e Ucraina-Slovacchia (ore 20.45). Infine, esordio dell’Inghilterra: Rooney e compagni giocheranno contro la Svizzera (20.45). Le altre due partite del girone E (20.45) sono Estonia-Slovenia e San Marino-Lituania. © RIPRODUZIONE RISERVATA BARI-PERUGIA BOLOGNA-ENTELLA BRESCIA-LIVORNO CARPI-VARESE CITTADELLA-AVELLINO LATINA-CROTONE PRO VERCELLI-CATANIA SPEZIA-FROSINONE TERNANA-PESCARA TRAPANI-VICENZA V. LANCIANO-MODENA 0-2 1-1 0-1 4-2 3-1 1-0 3-2 2-1 1-1 2-1 2-0 Classifica Perugia 6 Frosinone V. Lanciano 4 Avellino Cittadella 4 Pescara Ternana 4 Varese (-1) Livorno 4 Catania Trapani 4 Bologna Carpi 4 Entella Bari 3 Modena Latina* 3 Vicenza* Pro Vercelli 3 Brescia Spezia 3 Crotone *una partita in meno 3 3 2 2 1 1 1 1 0 0 0 40 italia: 51575551575557 Lunedì 8 Settembre 2014 Corriere della Sera Corriere della Sera Lunedì 8 Settembre 2014 Sport 41 italia: 51575551575557 # Volley Ai Mondiali in Polonia, terza sconfitta su cinque partite Us Open Schiacciata dagli States l’Italia promossa ma senza nessuna gloria Williams ok 18° Slam per lei Stasera Cilic contro Nishikori NEW YORK — Serena Williams (nella foto) non smette mai di stupire. La statunitense vince contro la danese Caroline Wozniacki (6-3, 6-3) e conquista il 18° Slam in carriera (eguagliando Martina Navratilova e Chris Evert): è il suo sesto successo a New York (il primo nel 1999), terzo consecutivo. Mai in difficoltà, la Williams si conferma, ancora una volta, un’avversaria difficile da battere. Stasera la finale uomini (alle 23.05, diretta Eurosport) tra Kei Nishikori, primo giapponese ad approdare in una finale dello Slam, e Marin Cilic, primo tennista croato capace di raggiungere un simile traguardo dai tempi di Goran Ivanisevic, suo attuale allenatore, vincitore a Wimbledon nel 2001 (il primo tennista a trionfare in un torneo dello Slam con una wild card). In Giappone la storia del tennis è stata aggiornata con il successo sul favoritissimo Novak Djokovic. Nel Paese del Sol Levante si erano fermati Azzurri costretti a inseguire nella seconda fase Mai distrarsi, con l’Italia del volley. La lasci rinvigorita dalla vittoria con il Belgio e la ritrovi umiliata dal Porto Rico. Non avevano mai vinto un set, prima di incontrare gli azzurri, i portoricani. E quando i paragoni con il calcio si sprecano e Berruto è un Prandelli giusto un tantino meno famoso, arriva l’ennesimo colpo di scena e l’Italia è già qualificata alla seconda fase del Mondiale prima ancora di scendere in campo nell’ultima sfida con gli Stati Uniti. Regali di un girone che più imprevedibile non poteva essere. Ma la partita con gli Usa è tutt’altro che irrilevante. Perché la formula del torneo dice Gioco perduto Zaytsev, infortunato a una caviglia: «Dovremo ritrovare il nostro gioco e la serenità di rischiare» che le squadre qualificate si portano dietro i punti ottenuti contro le altre formazioni promosse. In pratica, nel girone che dovrà affrontare l’Italia, la Polonia arriva con nove punti, gli azzurri appena con due. Quelli ottenuti con la Francia. Gli unici ad averla battuta, peraltro. Perché i ragazzi di Berruto perdono 3-1 anche con gli Stati Uniti (25-18, 25-20, 23-25, 25-17), terzo k.o. in cinque partite, e la speranza di cambiare un Mondiale nefasto è ulteriormente rimandata a data da destinarsi. Cosa sta succedendo agli azzurri? Tutto. Tutto quello che può andare male. Nel secondo set, sul 16 pari, si infortuna pure Ivan Zaytsev. Ma La situazione Così l’Italia Italia-Iran 1-3 Francia-Italia 2-3 Italia-Belgio 3-1 Porto Rico-Italia 3-1 Italia-Usa 1-3 Classifica girone D Francia 12; Iran 11; Usa 9; Italia e Belgio 5; Porto Rico 3 Le prime quattro alla seconda fase a gironi, con formula del girone all’italiana, conservando i risultati della prima fase Azzurri alla seconda fase Gli azzurri affronteranno Polonia, Argentina, Serbia e Australia Classifica girone F Polonia 9; Francia 7; Serbia 6; Iran 5; Usa 4; Argentina 3; Italia 2; Australia 0 Le date 10-14/9: seconda fase 16-18/9: terza fase 20/9: semifinali, finale 5°-6° 21/9: finale 1°-2°, finale 3°-4° quello che preoccupa, più della caviglia dello Zar, più della sconfitta con il Porto Rico, più – addirittura - del miracolo che servirà per battere adesso squadre come Polonia, Serbia, Argentina e Australia, è la fiducia che pare essersi persa tra tecnico e squadra. Non lo dice nessuno, è chiaro. Teoricamente (molto teoricamente) l’Italia potrebbe vincere il Mondiale e andare a brindare alla faccia di chi pensa sia finito un ciclo. Ma il fatto è che mai, neanche nelle nottatacce di Londra, il gruppo era sembrato così spaesato. E questo influisce sull’atteggiamento della squadra. Perché – guarda caso – fu proprio una vittoria sugli Usa, ai Giochi, che aprì la strada al bronzo olimpico. Lì c’era Cristian Savani, a caricarsi la squadra sulle spalle. Qui non c’è nessuno. Le fiammate del solo Zaytsev non bastano, gli errori sono troppi, le difese troppo poche. Allora viene il dubbio che la La sconfitta Un’azione della gara tra Stati Uniti e Italia. Gli azzurri pur perdendo 3-1 (18-25, 20-25, 25-23, 17-25) si sono qualificati alla seconda fase dei Mondiali che si stanno disputando in Polonia. Non c’è stata la reazione alla sconfitta rimediata contro il Portorico (Epa) ✒ Avanti male, adesso è necessario un cambio di mentalità di FLAVIO VANETTI A vanti nel Mondiale polacco, ma con il ricordo di un primo girone eliminatorio vissuto in altalena. Troppo in altalena e macchiato dalla figuraccia dell’incredibile sconfitta contro il materasso Portorico, una «Corea» del volley, anche se dalle conseguenze meno catastrofiche di quelle vissute nel 1966 dalla nazionale del calcio. Di sicuro, se l’Italia dei muri e delle schiacciate vorrà riabilitarsi e proseguire il cammino iridato fino al livello che le compete, da qui in poi dovrà cambiare registro. Prima lacuna da eliminare: la superficialità e la deconcentrazione, costate carissimo contro i portoricani. Quindi sarà importante verificare in maniera profonda atteggiamenti e giocatori: questo campionato iridato cade alla metà del viaggio verso i Giochi di Rio, avviato secondo un progetto di rinnovamento che non prevede retromarce nella filosofia, ma che richiede uomini adeguati. Strada facendo, l’Italia dovrà anche trovare (o inventarsi) un leader, ammesso ci sia. Infine, occorrerà smentire l’idea che sia intervenuto un cortocircuito nel dialogo tecnico-umano tra il coach e il gruppo. Nulla di grave, pensiamo che tutto derivi dalla eccessiva somatizzazione della mancata vittoria nella World League estiva conclusasi a Firenze: quello è stato solo un episodio e anche i fatti negativi possono aiutare a crescere. © RIPRODUZIONE RISERVATA qualità di certi giocatori, se viene a franare la sintonia che Berruto ha coltivato con i suoi, non è abbastanza nel confronto mondiale. «Le squadre si valutano nei momenti complicati e la nostra deve ritrovarsi in 24 ore», aveva dichiarato il c.t. dopo la sconfitta con i portoricani. La reazione di qualche giocatore c’è stata (vedi Travica e Parodi) ma non è bastata. È l’emblema di questo Mondiale, non essere abbastanza. «Dovremo ritrovare il nostro gioco e la serenità di giocare», dice alla fine Ivan Zaytsev, che avrà due giorni per rimettersi in piedi. Lui, come tutta l’Italia. Eleonora Cozzari © RIPRODUZIONE RISERVATA Ciclismo Atletica a Rieti Vuelta, Contador non dà la zampata Sulle montagne è l’ora dei big Freccia Galvan nei 300 fa meglio di Mennea Del Buono ok La Vuelta delle grandi rivincite non ha ancora un padrone. O meglio: ce l’ha ma ieri, sulla salita-culto dei Laghi di Covadonga, nel cuore delle Asturie, Alberto Contador, che pure ha conservato la maglia rossa di leader, ha continuato a non convincere completamente nel ruolo di dominatore assoluto della corsa. Aggressivo in modo dispersivo, Contador colpisce ai fianchi a ciclo continuo gli avversari con scatti pungenti ma non risolutivi e poi puntualmente molla di colpo nei metri finali lasciando loro preziosi secondi di distacco e di abbuono. Ieri ne hanno approfittato Alejandro Valverde, sempre secondo in generale alle spalle del capitano Saxobank, e Purito Rodriguez, sempre quarto. Anche l’obbiettivo principale degli attacchi di Contador, Chris Froome, staccato in un primo momento è tornato quatto quatto sulle ruote dei primissimi negli ultimi due chilometri perdendo solo sette secondi dal leader e conservando il terzo posto nella graduatoria generale. Chi ieri ha sorriso è stato il polacco Niemiec che si è inserito nella battaglia tra i big regalandosi la vittoria e regalandola alla sua Lampre (secondo successo in questa Vuelta per il team dopo quello di Anacona) che il prossimo anno difenderà da sola la bandiera italiana nel World Tour. Sorride anche Fabio RIETI — La stagione dell’atletica va in archivio celebrando l’edizione numero 44 del RietiMeeting e per una volta c’è un po’ di Italia a confezionare spettacolo. Nella gara diventata lo scorso anno appuntamento fisso in onore di Pietro Mennea, quei 300 metri in cui la Freccia del Sud migliorò due volte proprio a Rieti la miglior prestazione mondiale, si ottengono le cose migliori: il polacco Zalewski corre come nessuno ha saputo fare quest’anno (31’’93) e nella sua scia trascina Matteo Galvan: l’azzurro che sulla pista reatina sgobba tutto l’anno ottiene il primato italiano (32’’01), togliendo le ragnatele, in una sorta di scherzo del destino, al 32’’27 di Pietro Mennea ottenuto a Rieti nel 1979. «Volevo chiudere bene una stagione strana – ha detto Galvan – e questo risultato mi regala quella serenità che quest’anno spesso mi è mancata». Sempre azzurro il lampo visto sugli 800 al femminile: Federica De Buono, 19 anni e una saggezza tattica da consumata frequentatrice delle piste, accorcia da quei 1500 metri che l’avevano vista quinta agli Europei di Zurigo e si esibisce su un doppio giro di pista corso a ritmo di personale dalla keniana Jerutho (1’59’’51) che ne esalta le doti di grande speranza del mezzofondo azzurro. Per lei record personale migliorato di oltre un secondo (2’00’’58) e altra conferma In rosso Alberto Contador, 31 anni (Afp) Aru, sempre con i primissimi e al traguardo appaiato a Froome a dodici secondi da Valverde e a soli sette da Contador. Il 24enne sardo dell’Astana ha fatto un altro balzo in avanti in classifica generale: scavalcato Rigoberto Uran, che l’aveva preceduto sul podio finale del Giro, ora è quinto a un minuto da Valverde e Froome, appaiati. Il salto di qualità di Aru è impressionante: da spalla di Nibali a comprimario nella lotta tra i migliori ciclisti del mondo. Oggi la Vuelta vivrà la sua terza giornata consecutiva di montagna prima del riposo di domani, con la tappa di La Farrapona che presenta cinque gran premi della montagna di prima categoria inclusa la lunga ascesa finale. Oggi chi vuole vincere la Vuelta dovrà farsi avanti. Marco Bonarrigo © RIPRODUZIONE RISERVATA Sprint Justin Gatlin, 9’’83 ieri nei 100 (Afp) che l’Italia ha in mano un talento prezioso da trattare con cura in prospettiva. Ultima recita per Giuseppe Gibilisco che il giorno prima si era concesso un volo in aliante sulla città e ieri ha salutato il grande circo dell’atletica con un 5,55 che rende giustizia a una carriera impreziosita dall’oro mondiale di Parigi 2003 e dal bronzo olimpico conquistato l’anno dopo ad Atene. Il resto sono due splendide volate sui 100 metri dei separati in casa (hanno preferito correre in serie diverse) Justin Gatlin (9’’83) e Asafa Powell (9’’90): «Sono davvero stanco – ha affermato il primatista stagionale Gatlin – e adesso mi merito una bella vacanza». I 2,36 di Bondarenko, l’affanno di molti in pista, sono il segnale che non tutti sono riusciti a distillare le ultime energie. Valerio Vecchiarelli © RIPRODUZIONE RISERVATA a due date che oggi sanno tanto di «preistoria». Nel 1918, quando l’Europa era ancora falcidiata dalla Grande Guerra, Ichiya Kumagae si era spinto fino alle semifinali degli Us Open. Ancora meglio nel 1933: Jiro Sato aveva giocato le semifinali sia al Roland Garros sia a Wimbledon. E adesso questo ragazzo nato a Matsue, capoluogo della prefettura di Shiname, questa storia vuole riscriverla regalando al Giappone il successo nella finale inattesa perché dopo nove anni è la prima di uno Slam senza uno tra Djokovic, Federer o Nadal. Accadde nel 2005 all’Australian Open, Safin contro Hewitt. Desidera fare lo stesso anche Cilic, abile in semifinale a spazzare via Roger Federer che forse già si gustava la sfida infinita contro Djokovic, ennesima saga del tennis degli ultimi anni. Nishikori e Cilic dovranno giocare senza paura di vincere perché a volte questa occasione capita una sola volta nella vita. Sarebbe un guaio non acciuffarla. © RIPRODUZIONE RISERVATA 42 Lunedì 8 Settembre 2014 Corriere della Sera italia: 51575551575557 CorriereMotori Ricerca Oltre alla Ferrari, Mercedes, Renault e Honda sfruttano l’esperienza delle corse per sviluppare innovazioni per le vetture di serie 1 6 MILANO — Le immagini delle monoposto Mercedes che sfilano accanto alle berline di lusso. Cartoline pubblicitarie per spiegare che la tecnologia da Formula uno, quella con cui i tedeschi stanno dominando il campionato, è già lì, dentro al cofano delle auto di serie. Che anche papà può chiudere gli occhi e sentirsi per un attimo Rosberg o Hamilton, almeno sulle «autobahn» senza limiti di velocità. Ma è davvero così rapido il passaggio dalle corse alle strade? E la F1 di oggi resta ancora il massimo laboratorio per l’innovazione? Dipende dai casi. Ci sono costruttori come la Ferrari che sul trasferimento tecnologico hanno costruito la loro storia. A Maranello il travaso è continuo, fa parte del Dna del marchio: ingegneri della Gestione sportiva e del reparto Gt si scambiano periodicamente i ruoli. Basta prendere l’ultima supercar «LaFerrari»: il telaio in carbonio è realizzato con le stesse tecniche, nelle stesse aree produttive e dalle stesse persone che producono le monoposto. Inoltre i simulatori con i quali si allenano Alonso e Raikkonen servono anche a mettere a punto le stradali. «Il processo in realtà richiede tempi relativamente lunghi perché non si tratta semplicemente di prendere un contenuto e trapiantarlo così com’è. È necessario adattarlo alle diverse esigenze e ai diversi usi — spiega Matteo Lanzavecchia, responsabile perfomance veicolo per il Cavallino —. L’affidabilità dei componenti deve essere più ampia nel tempo. Adesso lo scambio è più rapido e massiccio grazie alla continua interazione fra i reparti». Qualche esempio? Uno su tutti è il cambio 7 FIBRA DI CARBONIO / Si usa da più di 30 anni in F1 e ha cambiato il modo di costruire le macchine, e portato più sicurezza. Oltre alle super-sportive (dalla Ferrari alle Lamborghini) ora si trova anche sulle elettriche per ridurre il peso (Bmw) 2 CAMBIO SEQUENZIALE CON COMANDI AL VOLANTE / Debutta nelle corse verso la fine degli anni 80. Ora ce l’hanno quasi tutti i modelli stradali 3 VOLANTE MULTIFUNZIONE / Nell’idea di ridurre al massimo le distrazioni e concentrare tutti i pulsanti in una sola zona della macchina, i volanti tradizionali riprendono la concezione di quelli da corsa. FRENI Le temperature dei dischi in gara possono raggiungere i 1200 C°. Servono materiali speciali, come il carbonio, e potentissimi sistemi di ventilazione GOMME Fra le proposte per il futuro della F1 c’è quella sostenuta dalla Pirelli di introdurre cerchi da 18” molto più vicini alla produzione stradale Formula Auto Dal cambio al volante alla mescola degli pneumatici, dalla fibra di carbonio al Kers: quanta tecnologia è passata dalla pista alla strada semiautomatico, quello con le palette al volante e senza frizione. Ce l’hanno tutte le macchine ormai, dal Suv all’utilitaria. «Per applicarlo sulla F355 nel 1997 sono serviti quasi dieci anni». Il debutto in pista è avvenuto nel 1989 sulla Ferrari di Mansell, a mettere a punto la trasmissione sequenziale è stato il geniale John Barnard riprendendo vecchi progetti Ferrari. «An- che nel settore dell’elettronica — prosegue Lanzavecchia — i primi sistemi in F1 sono apparsi agli inizi degli anni 90 mentre differenziale elettronico e controllo di trazione sono stati introdotti per la prima volta al mondo nel 2004 e nel 2006 su F430 e 599. Il Kers ha fatto la sua comparsa nelle corse nel 2006 e abbiamo ottenuto la sua prima applicazione stradale con La- Ferrari, lo scorso anno, equipaggiata di Hy-Kers, ovvero un sistema che non solo recupera energia della frenata ma è in grado di sfruttare molte altre situazione di guida per la ricarica delle batterie. È un tipico caso in cui la tecnologia proveniente dalle corse può essere addirittura più sofisticata». Ma lista di invenzioni è lunga: se i moderni motori turbo scaricano i cavalli in modo regolare e omogeno è perché migliaia di ingegneri hanno sudato sette camice fino a trovare una soluzione al ritardo nella risposta. Quel vuoto momentaneo di potenza a cui seguiva il «calcio dietro la schiena» che rendeva le macchine brutali e spesso incontrollabili. L’era dei motori sovralimentati in F1 inizia nel 1977 per opera della Renault, tocca l’apice nel periodo di Prost e Senna, si spegne in nome della sicurezza quando l’impennata di potenze aveva raggiunto picchi spaventosi oltre i mille cavalli. Da quest’inverno il turbo è tornato protagonista della massima categoria delle competizioni motoristiche, ma le «power unit» sono talmente sofisticate da far sembrare ar- cheologia qualsiasi paragone con il passato. I V6 silenziosi di 1.600 cc infatti lavorano con una serie di sistemi avanzatissimi: «Ers», «Mgu-K» e Mgu-H», sigle che per capirle in fondo serve una laurea in ingegneria. Semplificando al limite è la «Formula ibrida», con le monoposto che consumano il 3035% rispetto a quelle del 2013. Quali sono i possibili impieghi nel traffico di tutti i giorni? Sia la Mercedes sia la Renault studiano parecchie soluzioni, fra le quali turbo- Paddock Quello che tutti pensano fra i paddock è che un team sia una realtà ben diversa da un’azienda compressori elettrici che consentono di aumentare le prestazioni sprecando meno carburante. Le nuove regole attraggono più costruttori: dal 2015 tornerà la Honda fornendo i V6 turbo alla McLaren. «Lo scambio sta già avvenendo — spiega Andy Cowell responsabile dei motori del team Mercedes — alcune idee per la F1 di quest’anno provengono direttamente dal mondo della produzione con l’aggiunta di nuove interessanti tecnologie». Quello che però tutti pensano fra i paddock è che un team sia una realtà ben diversa da un’azienda. La Mercedes straccia gli avversari non tanto per le sinergie sull’asse Stoccarda-Inghilterra — (la W05 Hybrid nasce fra Brackley e Brixworth nella famosa Sicurezza Il nuovo Suv a sette posti è un concentrato di tecnologia attiva che include anche un sistema salva-passeggeri nel caso di un’uscita di strada La nuova Volvo XC90 riconosce gli incroci e frena per evitare incidenti È la vettura con cui Volvo lancia l’ultima sfida in fatto di sicurezza: la XC90, prima auto nata su una piattaforma Volvo al 100% dopo l’acquisizione della nuova proprietà nell’agosto del 2010, si inserisce a pieno titolo nel dibattito sulle vetture che si guidano da sole con la non più così remota possibilità di una rottamazione degli autisti. Il tutto in nome di una strategia comune, quella di eliminare l’errore umano e le conseguenti vittime della strada. Con i sistemi lanciati in anteprima mondiale sulla nuova XC90, dal sistema di protezione in caso di uscita di strada del veicolo alla funzione di frenata automatica in prossimità di incroci, si va verso un’auto semi-automatica con tecnolo- gie già in grado di salvare il conducente da se stesso. Sembra un claim l’obiettivo di Volvo di azzerare il numero di persone rimaste uccise o gravemente ferite a seguito di incidenti in una nuova Volvo entro il 2020, ma è molto di più di una previsione ambiziosa. Il nuovo Suv sette posti fa dell’Intellisafe il suo punto di forza con l’equipaggiamento di sicurezza più completo incluso nella dotazione standard, a cominciare dal City Safety, l’insieme delle funzioni di frenata automatica in grado di rilevare sia di giorno che di notte la presenza di veicoli, ciclisti e pedoni che transitano davanti all’auto. Con il sistema di protezione in caso di uscita di strada, l’auto rileva ciò che ac- cade e tende le cinture di sicurezza per mantenere i passeggeri in posizione ottimale; un dispositivo di assorbimento dell’energia posto fra il sedile e il telaio del sedile attutisce le forze verticali che possono generarsi quando la vettura urta con violenza contro il terreno riducendo il rischio di lesioni alla spina dorsale. L’altra «world premiere» il modello top della XC90 proporrà un «Twin Engine» da 400 cavalli Volvo è la frenata automatica in caso di potenziale urto laterale: la tecnologia attiva i freni se l’automobilista svolta inavvertitamente mentre di fronte sopraggiunge un’altra vettura, situazione comune sia in prossimità di incroci cittadini trafficati sia in autostrada dove i limiti di velocità sono più elevati. «Sono tre le aree principali che aiuteranno Volvo a realizzare il proprio obiettivo Vision 2020 — spiega il Presidente di Volvo Car Italia Michele Cresci —. La sicurezza, la connettività e la guida autonoma». E un’esperienza di guida semplificata si ha già ad esempio grazie alla nuova funzione che consente all’auto di seguire automaticamente il veicolo che la precede nel traffico len- to. La nuova piattaforma modulare Spa sulla quale nasceranno tutte le future Volvo rientra in un programma di investimento del valore complessivo di 11 miliardi di dollari. «La nuova XC90 — prosegue il presidente Cresci — seg n a l ’ i n i z i o d i u n n u ovo capitolo nella storia dell’azienda rispecchiandone il futuro orientamento stilistico, integrando una serie di nuove tecnologie esclusive del marchio Occhio vigile La tecnologia attiva i freni se si svolta inavvertitamente mentre arriva un’altra vettura e utilizzandone la nuova Architettura di Prodotto Scalabile (Spa)». La vettura fissa nuovi standard per il segmento non solo in termini di sicurezza: assieme alla gamma di motori a quattro cilindri da 2 litri della famiglia Drive-E, il modello top della XC90 proporrà un «Twin Engine» da 400 cavalli che sarà il motore ibrido più potente al mondo abbinando un quattro cilindri turbo benzina sovra-alimentato da 2 litri a un motore elettrico (320 cavalli sviluppati dal propulsore benzina posto anteriormente e 80 dall’elettrico al posteriore) con emissioni di anidride carbonica pari a circa 60 g/km. Savina Confaloni © RIPRODUZIONE RISERVAT Corriere della Sera Lunedì 8 Settembre 2014 Motori 43 italia: 51575551575557 Anteprima Quasi tutti i costruttori proporranno a breve nuove citycar Sul mercato si aspetta l’invasione delle piccole 5 Le vetture dialogheranno per regolare la velocità anche a grandi distanze MOTORI TURBO / Con le nuove regole della F1 le macchine consumano il 30% in meno. I V6 turbo di 1600 cc supportati dalle unità elettriche daranno origine a nuovi sistemi ibridi stradali entro dieci anni, quando i costi saranno più bassi Corriere della Sera / Mirco Tangherlini 4 Il futuro KERS / Il primo sistema di recupero dell’energia cinetica debutta in F1 nel 2007. Pesava più di 100 kg, nel 2012 non superava i 24. Il modulo elettrico serve ad aumentare le prestazioni consumando meno: supercar come LaFerrari, Porsche 918 Spyder e McLaren P1 lo montano «F1 valley») — ma per aver azzeccato il progetto e per aver imposto al «circus» la sua visione delle competizioni. Avere un gigante industriale alle spalle però aiuta: nel caso del team anglo-tedesco persino esperti della divisione camion di Daimler hanno dato un mano nello sviluppo dei turbocompressori. E in Ferrari? «Da molti anni esiste un comitato permanente per lo scambio di informazioni tra i tecnici della Scuderia e quelli che si occupano delle vetture stradali — spiega Vittorio Dini direttore motopropulsori —. È fondamentale il fatto che realizziamo le vetture tutte “in casa” e siamo tutti a Maranello. Per abitudine non scartiamo mai nulla a priori, stiamo studiando a fondo questa tecnologia così nuova per capire come sfruttarne il potenziale ma siamo ancora all’inizio del processo». Come è appena cominciato il rodaggio della gomma da 18 pollici della Pirelli: provata a Silverstone potrebbe avvicinare ancor di più i due pianeti. Daniele Sparisci © RIPRODUZIONE RISERVATA La pubblicità americana di una compagnia petrolifera del 1956 raffigurava quello che ingegneri e scienziati immaginavano per il futuro. Cogliendo qualche input, forse, dai film di fantascienza, ecco in mezzo a una strada un’auto senza ruote e senza conducente. Tre persone a bordo che sorseggiano una bibita e guardano la tv. Non pensano ad altro. La vettura fa il resto. In un momento, il nostro, in cui le case automobilistiche cercano di lanciare il proprio mercato oltre la crisi e pubblicizzano il piacere della guida, ecco che nei laboratori si studia l’auto «che si guida da sé». Può sembrare un po’ una trovata anche questa. Ma la strada è segnata. Fin dagli anni Cinquanta. A Varano de’ Melegari il centro internazionale di Guida Sicura diretto da Andrea De Adamich ha riunito proprio gli ingegneri dei reparti ricerca di Fiat e Dallara che hanno spiegato qualcuna delle soluzioni che cambieranno il modo di stare alla guida. «Gli ultimi 50 anni —, ha detto Maurizio Miglietta, department manager del Centro Ricerche Fiat — hanno visto l’auto dotarsi di sistemi di assistenza sempre più sofisticati. Prima i freni a disco, poi Abs, Asc, Dsc, etc. Lancia Delta è stato il primo modello del Gruppo Fiat a sperimentare il Lane Departure Warning, mentre a portare al debutto il City Brake Control è stata 500L. La sicurezza alla guida, nel futuro prossimo, si misurerà tuttavia in termini di approccio integrato. Il progetto Drive C2X, piano cofinanziato dall’Unione Europea, si ispira proprio al principio di cooperative mobility». Un sistema in fase di test proprio in questo momento sulla A22 del Brennero. Non solo radar e telecamere che intuiscono possibili pericoli davanti all’auto. Ma anche sensori capaci si captare movimenti laterali, soprattutto di persone o animali che improvvisamente si troveranno sul nostro tragitto. La maggior parte degli incidenti avvengono ai danni di pedoni e ciclisti. Poi c’è la disattenzione. Per questo le auto comunicheranno tra di loro e con torrette di controllo che, oltre a segnalare code, traffico e incidenti, permetteranno di condividere le velocità degli altri automobilisti e indicare il possibile punto di impatto, così da evitarlo. Sistemi che, se per ora sono optional, in futuro diventeranno di serie. Nel gergo, tutto questa strumentazione è chiamata sicurezza preventiva, che è al servizio di quella attiva, freni, controllo motore, e passiva che vuole migliorare l’abitabilità del veicolo e la sicurezza di chi guida. Alla fine si tratta solo di portare alcuni accorgimenti già in uso dalla Formula Uno, come ha spiegato Luca Pignacca, Chief Designer & Eu Business Leader di Dallara Automobili: «Nel corso dei decenni le auto da corsa, in particolare le monoposto, in materia di sicurezza hanno compiuto passi da gigante: Andrea De Adamich, 73 anni, ex pilota di Formula uno, ha riunito gli ingegneri dei reparti ricerca di Fiat e Dallara che hanno rivelato qualcuna delle soluzioni che cambieranno il modo di stare alla guida si pensi all’evoluzione dei materiali per la scocca, dall’acciaio degli anni Sessanta ai materiali compositi in uso da qualche tempo». Dallara per proteggere l’abitacolo dell’auto usa i pannelli di zylon, «efficace per le sue proprietà termiche, di leggerezza e rigidità torsionale». Ora bisogna solo portare tutto questo sulle strade delle nostre città. Ilaria Morani © RIPRODUZIONE RISERVATA ❜❜ Protezione Ci aiuteranno anche sensori capaci di captare movimenti laterali, soprattutto di persone o animali Tante novità, Panda resta ancora la più venduta La Opel Adam Rocks è una sorta di crossover urbano L’auto come la scuola: il nuovo anno inizia a settembre. È in questi giorni che l’industria automobilistica torna sui banchi per preparare l’esame dei mercati. Lo fa con l’ottimismo di chi ha studiato tutta l’estate il lancio di nuovi modelli per trovarsi pronto all’appuntamento. Il calendario delle novità è ricco, anche se poi in termini di volumi, il primo quadrimestre girerà intorno alle più piccole. Tutte a caccia della più venduta, la capoclasse Fiat Panda. Se per le rinnovate Citroën C1, Peugeot 108 e Toyota Aygo è già il momento delle prime pagelle, nei prossimi mesi proveranno a salire in cattedra le nuove generazioni di Renault Twingo e Smart. Due modelli che insieme valgono qualcosa come 4,8 milioni di vetture vendute finora. Tra qualche giorno toccherà alla nuova Twingo: auto innovativa, spaziosa, facile da guidare e dai costi di produzione ridotti. Meglio in due che da soli. Tanto più se Renault, il partner l’ha già in casa: Daimler-Mercedes con cui da tempo scambia motori e piattaforme. «Nel 2009 il progetto Twingo era in fase di stallo per la mancanza di risorse economiche e i tedeschi avevano le stesse nostre necessità per la nuova Smart: è stato naturale sviluppare insieme le due auto», racconta Ali Kassai, responsabile «piccole» Renault. Il resto è storia di questi giorni: linea che ricorda la Fiat 500 e trazione posteriore. Una Twingo «tutto dietro» garanzia di agilità e sportività. D’altronde i motori a 3 cilindri sembrano avere lo spirito giusto per far divertire. Doppia la scelta: un 898 cm³ turbo benzina da 90 cavalli e un 999 cm³ aspirato da 70 cavalli. Al resto ci pensano le parole di Kassai: «Le emissioni di CO2 sono basse ma non sono state il focus principale del progetto». Come dire: il vero obiettivo era rendere l’auto piacevole da guidare. Mettere le ruote ai 4 angoli, ha poi consenti- La nuova Twingo è 10 centimetri più corta dell’attuale to alla nuova Twingo (più corta di 10 centimetri dell’attuale) di guadagnare spazio interno per un totale di 33 centimetri. I prezzi partono da 9.950 euro. A novembre toccherà alla Smart, disponibile già al lancio, sia nella versione classica Fortwo, che nella riedizione di quella Forfour a 4 posti passata senza lasciar traccia. Tutto si giocherà sulle misure. La Fortwo mantiene i 2 metri e 69 di lunghezza (la larghezza aumenta di 10 centimetri). Le misure della Forfour sono invece le stesse della prima generazione della Mercedes Classe A: «Aspetto che consentirà alla Forfour d’intercettare la domanda, soprattutto femminile, ancora non soddisfatta dall’attuale Classe A», spiega Annette Winkler, a capo di Smart. L’aiuto arriverà dal prezzo: la Forfour costerà 650 euro in più rispetto alla 2 posti. Per entrambe, un contenuto di tecnologia superiore all’attuale, cambio manuale a 5 rapporti o automatico a doppia frizione e al lancio, il benzina 999 cm³ aspirato da 70 cavalli. Prezzi da 12.750 euro per la Fortwo. Twingo, Smart ma non solo. Alle piccole piace darsi un tono da fuoristrada. La Panda, dopo la Young, dedicata ai giovani, allunga la gamma con la nuova Cross a trazione integrale mentre Opel lancerà ad ottobre l’Adam Rocks, una sorta di crossover urbano che potrà contare anche sul nuovo 1.0 Ecotec 3 cilindri turbo benzina da 90 e 115 cavalli. Suv tascabili crescono. Alessandro Marchetti Tricamo © RIPRODUZIONE RISERVATA La Panda, in questa foto nella versione Young, resta la citycar in assoluto più venduta in Italia seguita da un’altra Fiat, la 500. Ora la gamma Panda si allunga con la versione Cross, quindi a trazione integrale Da novembre debutterà la nuova Smart, disponibile già al lancio, sia nella versione classica Fortwo, foto, che nella riedizione di quella Forfour a 4 posti. La Fortwo mantiene i 2 metri e 69 di lunghezza Moto Si chiama Tricity lo scooter compatto a tre ruote dotato di freni potenti firmato anche dal «papà» dei bolidi da pista di Valentino Rossi e Jorge Lorenzo Leggero, rapido e molleggiato: è il triciclo alla giapponese di Yamaha AMSTERDAM — Scooteristi navigati, motociclisti di ritorno e giovani centauri. Ma anche neofiti integrali, guidatori che non si sentono a proprio agio con i mezzi tradizionali e automobilisti che non ne possono più di stare in coda ore ogni giorno per andare e tornare dall’ufficio. Sono solo alcuni esempi dell’amplissimo pubblico a cui si rivolge Yamaha con il nuovo Tricity 125, scooter a tre ruote che non è solo un prodotto inedito, ma rappresenta il primo step dell’implementazione del progetto «new mobility», tramite il quale la casa giapponese ha intenzione di rivoluzionare il concetto di trasporto urbano. Una novità assoluta? Non Il Tricity 125 della Yamaha ha un motore monocilindrico da 11 cavalli proprio se pensiamo che il primo scooter a tre ruote è uscito nel 2006 dalle catene di montaggio dell’italiana Piaggio. La risposta assume però connotati diversi se si considera il fatto che con il Tricity Yamaha cambia prospettiva, rivedendo il concetto per cercare di eliminare i difetti congeniti di questo tipo di mezzi, ovvero peso, ingombri laterali e prezzo. Il Tricity costa 3.490 euro, è molto compatto anche trasversalmente e pesa solo 152 chili in ordine di marcia, una manciata in più del cugino a due ruote Xenter. Ma soprattutto ha dalla sua un feeling di guida immediato, che ti permette di dimenticarti del fatto che là davanti ci sono due ruo- te pochi secondi dopo che hai cominciato a sgusciare nel traffico, mantenendo però tutti i vantaggi in termini di aderenza in curva, sullo sconnesso e in frenata tipici di questa configurazione meccanica. Gran parte del merito di una guida così intuitiva, rassicurante e piacevole è da ascrivere al particolare schema scelto da Kazuhisa Takano (l’ingegnere a cui si deve anche la paternità della M1 di Sulla bilancia Il Tricity costa 3.490 euro, è molto compatto e pesa solo 152 chili in ordine di marcia Lorenzo e Rossi…) per la sospensione anteriore del Tricity: si tratta di un sistema basculante a parallelogramma con forcella a quattro steli montati «in tandem», due per ogni ruota. Una soluzione leggera, semplice ed efficace che riesce a rendere l’avantreno tanto preciso quanto capace di assorbire le asperità del terreno. Sotto la sella (che nasconde un vano portaoggetti in grado di accogliere un casco integrale e l’immancabile antipioggia) gira un motore monocilindrico a corsa lunga da 11 cavalli che, al contrario di quanto si potrebbe pensare sulla carta, è rapido il giusto nelle accelerazioni da fermi e non va affatto in affanno quando ci si allontana dal traffico della città per percorrere le strade extraurbane, anche quando ci si imbatte in qualche bella curva. Proprio in questo contesto si riesce ad apprezzare la stabilità del Tricity sul veloce, che spinge chi guida — nei limiti del motore — a cercare angoli di piega sconosciuti ai mezzi tradizionali, grazie alla notevole sensazione di solidità trasmessa dall’avantreno. E quando c’è da rallentare non ci si trova mai in difficoltà, visto che la potenza frenante dei tre dischi è notevole, la modulabilità ottima e il funzionamento del sistema di frenata combinata non fa una grinza. Stefano Bargiggia © RIPRODUZIONE RISERVATA 44 italia: 51575551575557 Lunedì 8 Settembre 2014 Corriere della Sera Corriere della Sera Lunedì 8 Settembre 2014 Carissimo "Beati i puri di cuore perché vedranno Dio". (Matteo 5,8) Guido e Giovanna Tabellini, con Anna e Marco, si stringono con affetto a Francesco e alla famiglia nel momento della scomparsa di prof. Mario Borroni i suoi insegnamenti professionali e di vita mi hanno accompagnato e mi accompagneranno sempre.- Mao. - Milano, 7 settembre 2014. Commendatore Anna Maria Giavazzi Marini Pasquale Quadri - Milano, 6 settembre 2014. Giannetta Viola con i figli Carlo, Francesca e loro famiglie abbraccia Paola e Costanza ricordando commossa il loro papà Lo annunciano con dolore la moglie Antonella, le figlie Alessandra e Francesca e le nipotine Melissa e Martina.- Lamore per la vita, per il tuo lavoro e soprattutto per la tua famiglia sono il regalo più bello che illuminerà per sempre il nostro cuore.- La salma si trova composta presso la nuova casa del commiato Vavassori in via Nazionale 22/d a Seriate (BG) ed è visitabile lunedì dalle ore 8.30 alle ore 20.30 e martedì fino alle ore 12.- Le esequie avranno luogo il giorno martedì 9 settembre 2014 alle ore 15 con partenza dallabitazione in via Ronco 8 a Torre de Roveri verso la chiesa parrocchiale San Gerolamo Dottore in piazza Conte Sforza, per poi proseguire verso il cimitero del paese. - Seriate - Torre de Roveri, 8 settembre 2014. Giorgio Rocco è affettuosamente vicino allamico Francesco nel dolore per la scomparsa della sua cara mamma Lello Borroni Anna Giavazzi Marini vero amico di una vita intera. - Milano, 7 settembre 2014. - Milano, 7 settembre 2014. Mario e Paola Mazza si stringono con affetto a Paola e Costanza nel ricordo del papà Angelo e Lydia abbracciano forte Francesco, Giovannella e Maria Teresa nel triste momento della scomparsa della mamma Prof. Mario Borroni Anna grande maestro di arte medica e di vita. - Milano, 7 settembre 2014. - Roma, 7 settembre 2014. Franco e Barbara, con Juan Tommaso e Domenica, sono vicini con un abbraccio affettuoso a Francesco e Giovannella, Maria ed Anna nel dolore per la scomparsa della signora Emiliana Moneta Falciola rimpiange il caro Lello con Guido Stefano Elisabetta con Giuliano e Giovanna. - Milano, 8 settembre 2014. I dirigenti e i dipendenti tutti di Clay Paky SpA, profondamente addolorati, si uniscono con grande affetto al lutto di Antonella, Alessandra e Francesca per la scomparsa del Anna Giavazzi Commendatore - Milano, 7 settembre 2014. Mario Randelli profondamente commosso partecipa al lutto per la scomparsa del Pasquale (Paky) Quadri I colleghi di IGIER - Università Bocconi si stringono commossi e con grande affetto a Francesco Giavazzi e alla sua famiglia in questo momento di grande dolore per la scomparsa dellamatissima mamma prof. Mario Borroni caro amico e collega in lunghi anni di attività professionale. - Santa Marghertia Ligure, 7 settembre 2014. Presidente amato e stimato, imprenditore visionario, presenza insostituibile, grande esempio di signorilità e rettitudine, ha impegnato ogni energia ed entusiasmo nella società, da lui curata con affetto paterno e spirito guerriero.- A lui va la riconoscenza nostra e delle nostre famiglie per averci lasciato in eredità la preziosa prospettiva di un lavoro appassionante e sicuro. - Seriate, 7 settembre 2014. Anna Maria Giavazzi Marini - Milano, 7 settembre 2014. Giuseppe e Sara Laurà ricordano con affetto il prof. Mario Borroni Il Consiglio di Amministrazione e il Collegio Sindacale di Vitale e Associati SpA partecipano commossi al grande dolore del Consigliere Professore Francesco Giavazzi per la perdita della cara mamma signora Maestro di Ortopedia. - Milano, 7 settembre 2014. Marco e Sabrina dImporzano partecipano al dolore per la scomparsa del Pio e Lucia Nahum con i figli Aida, Alberto e Aurora si uniscono nel dolore alla famiglia per la scomparsa dellindimenticabile Anna Maria Giavazzi Marini Prof. Mario Borroni Paky - Milano, 7 settembre 2014. maestro e amico indimenticabile. - Milano, 7 settembre 2014. Gli abbiamo voluto davvero bene.- Era un grande uomo e un esempio raro di onestà e generosità.- A lui va la nostra imperitura riconoscenza, per quello che ci ha insegnato e che ci ha dato. - Seriate, 7 settembre 2014. Guido Roberto Vitale partecipa commosso al grave lutto che ha colpito il carissimo amico Francesco per la perdita della mamma Virginio e Rosabianca Zucchi partecipano costernati al lutto della famiglia per la morte del Anna Maria Giavazzi Marini Prof. Mario Borroni Pasquale (Paky) Quadri - Milano, 7 settembre 2014. amico da una vita ed impareggiabile compagno di lavoro.- Ciao Lello! - Milano, 7 settembre 2014. Anna Maria Giavazzi Marini Guido Cometti e tutti i colleghi di Link Italia sono vicini a Costanza e famiglia per la scomparsa del caro Partecipano al lutto: Eldo, Anna Jordan. Angelo e Roberta Zanchi. Prof. Mario Borroni Luca Valpreda, Stefano Belviglieri e Amapola tutta sono vicini alla famiglia Quadri e si stringono agli amici della società Clay Paky. - Torino, 7 settembre 2014. "Non rattristatevi per averla persa, ma ringraziate per averla avuta". È mancata allaffetto della sua famiglia e dei suoi cari Franca Stoppini ved. Casale - Pietrasanta, 6 settembre 2014. Marialuisa Cantù Sarai sempre nel mio cuore.- Daniela. - Malnate, 7 settembre 2014. Il Direttore Bruno Marelli con i medici tutti del Dipartimento di Ortotraumatologia dellIstituto Ortopedico Gaetano Pini è vicino a Costanza e alla famiglia per la perdita dellindimenticabile Alessandro con Sonia, Giovanni Maria, Edoardo e Margherita si stringono a Daniela con un forte abbraccio per la perdita della sua cara mamma Primario emerito dellistituto. - Milano, 7 settembre 2014. Ileana, Daniele e Riccardo annunciano la scomparsa del loro caro marito e padre Il suo entusiasmo e la sua forza danimo saranno per noi un esempio da seguire. - Malnate, 7 settembre 2014. Paolo Guerzoni Paolo Guerzoni Franca Stoppini Casale - Milano, 7 settembre 2014. Simonetta, Umbi, Margio, Tommaso e Lollo abbracciano Richi e la sua famiglia per la scomparsa del caro papà Hannelore piange la cara amica Franca e abbraccia Daniela con molto affetto. - Castellina Marittima, 7 settembre 2014. Partecipa al lutto: Daniela Borzone. Franca Casale Paolo Guerzoni Emanuela e Marco Frattini sono vicini a Marco ed alla sua famiglia nel triste momento della scomparsa del padre Aroldo Romanelli Enrico e Lucia, Eliano e Rosanna, Pino e Wanda, Giorgio e Mariolina, Nicola e Grazia abbracciano affettuosamente Mirando ed Emanuela nella dolorosissima circostanza della scomparsa della cara Un grande grande grande grande abbraccio.Ferdinando e tutta F&P. - Milano, 8 settembre 2014. 2013 - 2014 Lelia (Lella) Viganò Ciao mamma da un anno ogni giorno ti penso, ti cerco e ti ritrovo sempre nei dolci ricordi che mi hai lasciato.- Una Messa in tuo ricordo sarà celebrata in San Babila il 9 settembre 2014 alle ore 18.30.- Un bacio Roberta. - Milano, 8 settembre 2014. 8 settembre 2013 - 8 settembre 2014 In ricordo di Enzo Magrì Un anno è già trascorso e sei sempre nei nostri cuori.- Le tue Pucci, Antonella e Paola. - Milano, 8 settembre 2014. La tenerezza, il sorriso e la forza di Lea Gritti Bottacco sono sempre presenti nel cuore di Brando. - Ginevra, 8 settembre 2014. RCS MediaGroup S.p.A. - Via Rizzoli,8 - 20132 Milano Tel. 02 50984519 - Fax 02 25846003 www.necrologi.corriere.it e-mail: [email protected] SI ACCETTANO RICHIESTE VIA WEB, E-MAIL E CHIAMATE DA CELLULARI SOLO DIETRO PAGAMENTO CON CARTA DI CREDITO L’INVIO DI UN FAX DEVE ESSERE ACCOMPAGNATO DA COPIA DI UN DOCUMENTO DI IDENTITA’ Corriere della Sera PER PAROLA: A MODULO: Necrologie: € 5,00 Adesioni al lutto: € 10,00 Solo anniversari, trigesimi e ringraziamenti: € 540,00 Gazzetta dello Sport Gli amici della lega PierLombardo partecipano al dolore di Riccardo e famiglia. - Milano, 7 settembre 2014. Incoronata DOrazio Maria Claudia (Miussy) Riccio Werner Confalonieri il marito Enzo Riccio ricorda ancora con immenso dolore la sua adorata moglie. - Milano, 8 settembre 2014. TARIFFE BASE IVA ESCLUSA: magistrato Presidente aggiunto onorario della Corte di Cassazione.- Lo annunciano ladorata moglie Annamaria, i figli Marco con Antonella, Maurizio con Beatrice e gli amatissimi nipoti Giulia, Bartolomeo, Leopoldo, Tullia e Pietro. - San Remo, 7 settembre 2014. Vicini a Daniela per la perdita della sua cara mamma, Anna, Alessandra, Liliana, Luca e Guido, ricorderanno sempre - Milano, 7 settembre 2014. 7 agosto 2012 - 7 agosto 2014 Nel secondo anniversario della scomparsa della signora Aroldo Romanelli ed è vicino a Daniela. - Malnate, 7 settembre 2014. Paolo Guerzoni Emma Speranza Zerboni e un prezioso legame familiare. - Torino, 6 settembre 2014. È mancato, dopo una vita lunga e felice zia Franca - Milano, 6 settembre 2014. Marcello Camerino - Milano, 8 settembre 2014. Pucci con Lucio, Barbara e tutti i ragazzi ricorda con immenso rimpianto una grande amica CON SUPPLEMENTO 20% SULLA TARIFFA BASE Fabio con Cristina e Bianca ricorda con affetto Paolo I condomini di largo Settimio Severo n. 4, Milano unitamente allAmministratore prendono viva parte con sentito cordoglio al dolore della famiglia per la scomparsa del signor ATTIVO DA LUNEDI A DOMENICA 13.30-19.30 nonna Luisa - Malnate, 7 settembre 2014. Claudio, Donatella con Chiara e Irene si stringono con affetto a Ileana, Daniele e Riccardo nel ricordo di Partecipano al lutto: Livia e Luciano. Decio e Maria. Mariarosa e Piero. SERVIZIO ACQUISIZIONE NECROLOGIE il tuo ricordo sarà sempre nei nostri cuori.- Il tuo dolce sorriso e la pazienza che hai avuto nel guidarci nei nostri primi passi fanno di te una nonna speciale.- Un abbraccio Giulia e Serena. - Monza, 7 settembre 2014. zia Franca e lo abbracciano affettuosamente. - Milano, 7 settembre 2014. Gianluigi Bracchi Ciao Massimo e Roberta con Inigo e Alessia si stringono forte a Daniela per la scomparsa della carissima Roberto e Giulia, Turi, Pippo, Andrea e Gregorio sono vicini a Richi e alla sua famiglia per la scomparsa del caro papà Nicola Paola e Michele piangono la scomparsa e ricorderanno sempre il suo amore per la famiglia, la sua simpatia e la sua integrità morale. - Milano, 7 settembre 2014. Partecipano al lutto: Il fratello Giancarlo. Le cognate. I nipoti. Marco, Sofia e Cristiana. Luca, Simona, Susanna, Oscar. La cognata Anna. Franca Ti porteremo sempre nel nostro cuore. - Milano, 6 settembre 2014. di Con immensa tristezza nel cuore ne danno il doloroso annuncio il marito Gianfranco e i figli Stefano con Barbara, Alessandra, Daniela con Fabrizio. - Monza, 7 settembre 2014. Partecipano al lutto: Liliana Rivolta e famiglia. Prof. Mario Borroni 45 italia: 51575551575557 PER PAROLA: Necrologie: € 1,90 Adesioni al lutto: € 3,70 A MODULO: Solo anniversari, trigesimi e ringraziamenti: € 258,00 Diritto di trasmissione: pagamento anticipato € 1,67 - pagamento differito € 5,00 L’accettazione delle adesioni è subordinata al pagamento con carta di credito - New York - Milano, 7 settembre 2014. Alba e Marco abbracciano forte Marco per la perdita del caro padre Laura Zini Servizio fatturazione necrologie: tel. 02 25846632 mercoledì 9/12.30 - giovedì/venerdì 14/17.30 fax 02 25886632 - e-mail: [email protected] Aroldo Romanelli - Milano, 6 settembre 2014. - Milano, 7 settembre 2014. Il Tempo Ogni giorno le PREVISIONI della tua città sempre con te Digita: mobile.corriere.it nel browser del telefonino Il servizio è gratuito salvo i costi di connessione internet previsti dal piano tariffario del proprio operatore Maggiori informazioni su www.corriere.it/mobile 48 +)+ 4< +)84 43 +) 47 +)8 4+ +)77 4+ +)) 47 +)) 47) +)73 47 +)7) 4 +)7) -&2( -".2 (.2 &:" "$&( (-"&( ($(& &(6 "-&: &(& -5" 122$*( " 9'(6 29&& (*261 ,($2*& *( $&$ " 6*1(1((* 21($ * ,** (9:*&*2$ 29&& ' $*1 ,16 $ 266*1$- ,16$1 '1*&% 6966:$ *11(6$ $(26$&$ (*1#6&(6$" ,*161((* (9*:* '&6',* & 266(61$*( 29 ,16 & (61* *( 1*:2$ 6',*1&$ ,$966*26* 1.9(6$- ',1 ' $*1'(6 2*& $6* $(: & '1$$*( 2&:* .9&" $2691* " ,*61 1$ 911 $ 1$&$:$ ,,(($($$ *: (*( 2$ 2&9*(* ,$*:2"$- ,+5"$ %*(..( -" *($" 2&:-( $"-" *26 *1$(* (*: *&* ( *' ',*22* - &1$ 6($ $&(* 1(6* (;$ 1$26 $1(; 19 $ (*( /.9$& ,*&$ 1$ *6(; 6( $-%( &1'* & "1* &$1$ 91 $ &$ *& 9:*&* *,16* $* $ *:2$ ',*1&$ : *16* *16 *&6* *16 &'* %8 (*( *26 1$ *&* ( *&;(* 12$ &$1$ )3 )0 )' )/ )/ )' )' 4 4 4/ 4 4' 40 3; 1(* $* $ %8 ) ) )' )/ )0 )' 4; 44 4 4/ 43 4 4/ 3; 9:*&*2* /.9$& 22$( $&(* ,*&$ &$ &1'* ',*1& %"& %8 )3 )' 44 )' ) 4; 43 4 40 4/ 40 4' 3; 4' *,16* $."&#" .$( -$"&( %.2-% -.6" - (&- "6 5$"&( (*&!& "%5-( 2(($% "&& $-( -"" "$&( &#- 5-.2 -" ".(& (% -$$(& "-& 2& 5&"." $-" $66* %"& ',*22* 6($ 1*6*( 9(* $1(; (*: ',1$ *22* %"& *& $ ( ',* $ &6 ,122$*( ,12(6 29&&091*, 266(61$*(& 1(6$2 9( 6',* 26$& 2*& $6* 29&& :;$ 29 9*( ,16 && 1 *1$(6&$ & *(6$((6- ,122$*( " " ,1*:*6* '*&6$ $2691$ ($ $*1($ 2*12$ 29&& 1 $*($ (61*# '1$$*(&$ $6&$( 2$696 *1 29$ 266*1$ &($$ ,1*:*(* $:12$ 1*:2$ (*'($ 6',*1&2"$ $92$- (2&: 1' 19 $ 21 $2 *6(; - &1$ $'$($ : %"& %8 )/ ) )/ )/ )3 44 )/ 40 4 4/ 40 44 4' 4 *:2$ *' *1$(* 1(6* 1$26 $( (;$ 1*( $ %"& %8 ) ) ) 4; )/ )' )' 3) 4 4/ 4/ 4 40 40 $!" !&!" 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Torna la serie che racconta la guerra alla mafia con protagonista Marco Bocci (vicequestore Domenico Calcaterra, foto), Giulia Michelini (leader mafiosa Rosy Abate) e Ana Caterina Morariu (vicequestore Lara Colombo). Dopo aver raccontato nel corso degli anni le sfumature del crimine organizzato e le attività a esso connesse, questa nuova stagione si concentra sul tema delicato — e oltremodo attuale — dei rapporti tra mafia e istituzioni: il vicequestore Calcaterra si trova alle prese con un’organizzazione segreta il cui braccio operativo è il redivivo Filippo De Silva. diciannovEquaranta La7, ore 19.40 Squadra Antimafia 6 Canale 5, ore 21.10 ,>Ó À>°Ì ,>Î À>°Ì ,iÌi{ >>ix Ì>>£ >Ç /Û À>°Ì i`>ÃḭÌÉÀiÌi{ i`>ÃḭÌÉV>>ix i`>ÃḭÌÉÌ>>£ >Ç°Ì ÌÛ°Ì È°ää 1," 7-° ÌÌÕ>ÌD Ȱ£ä ,1 "° ÌÌÕ>ÌD ȰÎä / £° *,6-" -1 6/ -6, ",/° Ȱ{x 1 "// ° ÌÌÕ>ÌD ££°£ä " / //° ÌÌÕ>ÌD £Ó°ää *,"6 1" "° 6>ÀiÌD £Î°Îä /", ° £{°ää / £ " "° ÌÌÕ>ÌD £{°äx " "*" /° 6>ÀiÌD £{°{ä /",/" " ," ¶ 6,//" ° ÌÌÕ>ÌD £È°ää 6/ ,//° ÌÌÕ>ÌD £È°Îä / £° /*" ° £n°xä ,<" / ° 6>ÀiÌD -, Óä°ää /", ° Óä°Îä , /1"° 6>ÀiÌD Ó£°£x "--," " / "° ÃiÀi° ÕV> <}>ÀiÌÌ] iÃ>Ài VV] *i«« >ââÌÌ>] }i ,ÕÃÃ\ /} £ Èä ÃiV` n°£ä *,"/-/ /-"° ÌÌÕ>ÌD n°{ä -", "° /iiv °Óx *-" *,"° /iiv £ä°£ä /Ó - -//° ÌÌÕ>ÌD ££°ää // 6"-/,° ÌÌÕ>ÌD £Î°ää / Ó ", "° £Î°Îä °°°-// " "-/1° ÌÌÕ>ÌD £Î°xä Îΰ ,ÕLÀV> ` >ÌÌÕ>ÌD £{°ää //" //"° ÌÌÕ>ÌD £È°£x -/° /iiv £Ç°ää -1*,8 /6° 6>ÀiÌD £Ç°{x , *, /"° £Ç°xx / Ó - °°-° /" Ó° £n°ää , / -*",/° £n°Óä / Ó° £n°xä ° °°-° " -° /iiv £°{ä ° °°-° /iiv n°ää ", -//° Ḭ̀ £ä°ää 1 ", " " ° £Ó°ää / ΰ £Ó°Óx - ", 7-/ ° /iiv £Î°£ä /*" -/",° ÌÌÕ>ÌD £{°ää / ," ° / ," /"° £{°Óä / ΰ /" ΰ £{°xä /, *<< ,° ÌÌÕ>ÌD £{°xx / Î -° £x°ää /,, "-/, Ó° /iiv £x°{x * " ° £Ç°{x " < Óä£{° VÕiÌ>À £°ää / ΰ £°Îä / ," ° / ," /"° Óä°ää "° ÌÌÕ>ÌD Óä°£ä " ,/° /iiv Óä°Îx 1 *"-/" -"° ->« ǰÓä 1 /,° /iiv n°£x 1", ,° /iiÛi> °{ä , ,° /iiv £ä°{x , // ½/ ° Ḭ̀ ££°Îä / { /"°/ £Ó°ää / /6 ",-° /iiv £Î°ää - ", "° /iiv £{°ää " -*",/" ",1° ÌÌÕ>ÌD £x°Îä 1, -/,//" Ó£° /iiv £È°Îx " / ", /° /iiv £n°xä /*, / {° £n°xx / { /"°/ £°Îx , " /6° 6>ÀiÌD £°xx /*-/ ½",° ->« "«iÀ> Óä°Îä -,/"° /iiÛi> Ȱää / x *, * ° ÌÌÕ>ÌD n°ää / x // ° n°{x // " +1° ÌÌÕ>ÌD £ä°äx / x ", £ä° /"°/° ££°ää ",1° ÌÌÕ>ÌD £Î°ää / x° iÌi°Ì £Î°{ä 1/1° ->« £{°{x "6½ ¶ ÃiÀi £È°ää *"," +1° ÌÌÕ>ÌD £°ää -,/"° /iiÛi>° i «À}À>>\ ÌV«>âi /} x £°xx / x *, * ° ÌÌÕ>ÌD Óä°ää / x° i «À}À>>\ iÌi°Ì Óä°{ä **,-- -*, /° 6>ÀiÌD° `ÕVi À}> *>>Ã] 6ÌÌÀ ÀÕÌÌ È°äx , -° -iÀi ǰäx 6/ - " " ° -iÀi ǰÎä E "9° /iiv n°Óx / "-,° /iiv £ä°Óx *,-" " /,-/° /iiv £Ó°Óx -/1" *,/" -*",/ -/ / *<" ° £Î°ää -*",/ -/° £{°äx -*-" ° >ÀÌ £{°Îx 1/1,° >ÀÌ £x°ää *,//9 // ,-° /iiv £È°{ä 7-" ½- ,° -iÀi -/1" *,/" / *<" ° £n°Îä -/1" *,/"° i «À}À>>\ iÌi°Ì £°Óä °-° - , ° /iiv° 7> °*iÌiÀà Ȱää / ǰ ǰxä " 1- /"° ÌÌÕ>ÌD ǰxx " 1-° ÌÌÕ>ÌD °{x " ,° ÌÌÕ>ÌD ££°ää " ° /> Ã Ü ££°{ä " 1-° ÌÌÕ>ÌD £Î°Îä / ǰ £{°ää / Ç ," ° ÌÌÕ>ÌD £{°{ä -/, - , - "° /iiv £Ç°{ä "--," ",,° /iiv £°{ä "6+1, /° /> à ܰ `ÕVi Û> Àà Óä°ää / ǰ Óä°Îä "//" <<"° ÌÌÕ>ÌD° `ÕVi ÀÕLiÀ £{°£x - ,1-° -iÀi £x°£ä ," 1 , -1*,-/,° /iiv £x°Îx ," 1 , -1*,-/,° /iiv £È°ää /-\ - //½ -iÀi £È°xä £È /° 6>ÀiÌD £Ç°xä / "° 6>ÀiÌD £n°xä / , ,- *-"° 6>ÀiÌD £°xä /½- 1* "** " /," /*"° 6>ÀiÌD Óä°£x £È /° 6>ÀiÌD Ó£°£ä - "\ " ", ° 6>ÀiÌD Ó£°Îx - "\ " ", ° 6>ÀiÌD Óä°Îä / Ó Óä°Îä° Ó£°ää " \®° -iÀi Ó£°£ä * " 8*,-- ΰ ,i>ÌÞ° `ÕVi ÃÌ>Ì `i> iÀ>À`iÃV> Óΰää / Ó° ÓΰÓä *,/9 *"* <° VÕ,i>ÌÞ ä°£ä / Ó° Ó£°äx - <" " /° / ÀiÀ] 1Ã>] ££®° ,i}> ` >Ì > ii° `i ÃÌiÀ] Ì Þ «Ã] -VÌÌ i° Óΰ£x / ," ° ÓΰÓä / Î "// Ó£°£x +1 / "" ° ÌÌÕ>ÌD° `ÕVi *> i iLL Óΰxx -- ,/ {° ÌÌÕ>ÌD Ó{°ää -/, -/7 ° i`>] 1Ã>] £nÇ®° ,i}> ` iÀ}i iÀ Ó£°£ä -+1, / Ȱ ÃiÀi° >ÀV VV] Õ> V i] > >ÌiÀ> À>ÀÕ ÓΰÎä , 1° /iiv° ,LiÀÌ >Ì ÕÀÃÌ] ÀÞÃÌ> Vi >ÀV> Ó£°£ä 1 1 /,"**"° i`>] 1Ã>] Óä£Ó®° ,i}> ` À> ,LLð ``i ÕÀ« Þ] iÀÀÞ 7>à }Ì] >À Õi° i «À}À>>\ /}VÆ iÌi°Ì Ó£°£ä ," /, 1 6" *, ""-"° 7iÃÌiÀ] >>`>É1Ã>] ÓääÈ®° ,i}> ` 7>ÌiÀ ° ,LiÀÌ ÕÛ>] / >à >`i ÕÀV ] ÀiÌ> -V>VV ° ÓΰÎä */,""° ÌÌÕ>ÌD° `ÕVi Õ >>À> ä°Îx /£ "//° £°äx /*" ° £°£ä -"//"6" ° ÌÌÕ>ÌD ä°Óx -", / 6/° ÌÌÕ>ÌD ä°xx 7 6ä° /iiv° >V À`] >ià >VÀÌ ÕÀ Ó°Îä ", " " , ° i`>] Ì>>] £Ç{®° ,i}> ` 6ÌÌÀ -`° 7>ÌiÀ >À ä°Îä / x "//° i «À}À>>\ ,>ÃÃi}> ÃÌ>«>Æ iÌi°Ì £°ää **,-- -*, /° 6>ÀiÌD Óΰää "7 ,° i`>] 1Ã>] £®° ,i}> ` À> "â° ``i ÕÀ« Þ] -ÌiÛi >ÀÌ ä°{x / Ç / -° £°£x "6+1, /° /> à ܰ `ÕVi Û> Àà -//° /" ΰ Óΰxx , 6 "6 /"° ÌÌÕ>ÌD° `ÕVi *> i ii>Þ /6 £x°ää / "7° ÕÃV>i £x°Îä 9 -1, /-° ÕÃV>i £È°xx 9 /° £Ç°ää 9 /-° ÕÃV>i £n°ää /9° /iiv £n°xx 9 /° £°ää -7/ / ,/ Ó° /iiv Óä°ää / "7° ÕÃV>i Óä°Îä ", *-1° ÕÃV>i Óä°{x 1", ,"° 6>ÀiÌD Ó£°£x ,"" ° 6>ÀiÌD Ó£°Îä *- -/ Ó° VÕ,i>ÌÞ 2 -/$/ ?$! $/!2 "*1/ Film e programmi Omaggio a Mike, il signore della tv L’avido Murphy punito da un guru ,>{ Nel quinto anniversario della scomparsa di Mike Bongiorno (8 settembre 2009), omaggio al presentatore (foto) con una maratona dedicata ai suoi successi televisivi. Giornata Mike Canale 5, dalle 17 Un agente letterario (Eddie Murphy, foto) disposto a tutto pur di chiudere un affare, inganna un guru new age. Dovrà vedersela con l’incantesimo che il santone gli ha lanciato. Una bugia di troppo Italia1, ore 21.10 Falcone e Riina Viaggio nel brivido come agisce la mafia con Hitchcock «Falcone e Riina. Caccia mortale» racconta l’ascesa del boss Riina, e l’impegno del giudice Falcone, deciso a fare luce nel pozzo nero di Cosa Nostra. Commenta Paolo Mieli. Gli archivi del Novecento Rai3, ore 23.55 Al via da oggi una retrospettiva di 14 film sul «maestro del brivido» commentata da Mariarosa Mancuso. Stasera: «Psycho» (1960), «Marnie» (1964) e «Il ladro» (1956). Hitchcock - Il maestro del brivido; Iris, dalle 21 ,>x À>°Ì À>°Ì °äx 7,"1- £Î° -iÀi °xä 6 ° -iÀi £ä°Îx ,1-° /iiv ££°Óä -*" /° -iÀi £Ó°äx -/,° -iÀi £Ó°xä -/,° -iÀi £Î°Îx 6 ° -iÀi £{°Óä -/,/ / /-° /iiv £x°äx " /", 7"° -iÀi £x°xä " /, ° -iÀi £È°Îx -/,° -iÀi £Ç°Óä -/,° -iÀi £n°äx , 7- ", "° £n°£ä 7,"1- £Î° -iÀi £n°xx / "-/ 7",° -iÀi £°{ä " /", 7"° -iÀi Óä°Óx -/,/ / /-° /iiv Ó£°£ä / 1 / *,° âi®° ,i}> ` 7> Ài`° ÓÓ°{x ,"° -iÀi £°xx **1 / /" ° ÌÌÕ>ÌD £Ç°xä , 7- ", "° £Ç°xx 6 //, -"7° /> Ã Ü £n°{x , , , ° V° £°xä "- 1*° V° Óä°{ä *--*,/"1/° Ḭ̀ Ó£°£x ½1"" ° /i>ÌÀ Óΰ£ä //," /° /i>ÌÀ ,> -ÌÀ> £°Îä ½/ { ¼xä\ °°°½ /° VÕiÌ Óä°Îä ", " -/",° VÕiÌ Óä°xä /*" -/",° VÕiÌ Ó£°Îä ,7 ," ° VÕiÌ ,> ,> *ÀiÕÀ>°Ì Ûi £Ç°{ä £Ç°{x £n°Îä £°£x Óä°£x Ó£°£x ÓÓ°{x ÓΰÎx , 7- ", "° /"*<"° /iiÛi> /"*<"° /iiÛi> /,, "-/,° /iiÛi> " ° ÃiÀi ° -iÀi £{c -/,//"° -iÀi -+1, -* 6 ° -iÀi À>°Ì À>°Ì £Ç°Îä , 7- ", "° £Ç°Îx ½--" ° £°Îä 8*,--° Ó£°£x " 7- Î - /, -6° -iÀi ÓÓ°äx " 7- Î 1 1" "° -iÀi ÓÓ°xä 1 ,1° ,> Õ« À>°Ì ,i> /i Ài>ÌiÌÛ°Ì >Ãà /Û >Ý >Ç` `>Ý°Ì V>ÃÃ°Ì >Ç°Ì £°£ä / ,1-° /iiv £°Îx 6"//° /iiv Óä°Óx "1- " 1-° /iiv Ó£°£x 7 8 1° >ÀÌ Ó£°{ä ,<< -1 --"° >ÀÌ ÓÓ°äx 1 1 * ° >ÀÌ £n°£ä 8/, "6,\ / /" ° ÌÌÕ>ÌD Óä°£ä 1 1" 1-° ÌÌÕ>ÌD Ó£°£ä ,-- " /," ,° ÌÌÕ>ÌD Óΰäx // ,<< / 88° ÌÌÕ>ÌD £Ç°Îä -/,//" *"<° -iÀi £°{ä 7E",,° /iiv Óä°{ä 1 6,° ÓÓ°xä -* "-/, 6 <° ÌÌÕ>ÌD Óΰ£ä 7E",,° /iiv £n°Îx , //"t VÕiÌ>À £°Îä , /1// "-/° V° Óä°Óä " *1 ° VÕiÌ>À Ó£°£ä ,6, " -/,*iÃV> ÓÓ°ää /", 1" \ 1* ° £Î°ää "6 -° Ḭ̀ £Î°äx 5 //° ÌÌÕ>ÌD £{°äx / ,° "< -"7° 6>ÀiÌD £È°xä -°"°-° //° ,i>ÌÞ £n°xx / ǰ £°ää 1" ° ÌÌÕ>ÌD Ó£°£ä *, 1 ", "° 6>ÀiÌD ,> 99 Àà i >x /Û Óäää À>°Ì £°ää /, " "-1,° >ÀÌ £°Îä -" *, *-- £°xä ,/" " < " ½","° Óä°£ä *** *° >ÀÌ Ó£°äx "6° >ÀÌ Ó£°Îä 1"6 66 /1, */, * ° Àði`>ÃiÌ°Ì ViÌÛ°Ì i`>ÃiÌ°Ì £Ç°£{ "/ 6 <° 6>ÀiÌD £Ç°ÓÓ " /", -,/"° £°£{ <<,° /iiv Óä°äÈ <<,° /iiv Óä°x " ½" 6-/"° 6>ÀiÌD Ó£°äx *-9 "° Óΰäx " ½" 6-/"° 6>ÀiÌD £n°Îä "-- /° 6>ÀiÌD £°£x , 1" /8-° VÕiÌ>À Óä°£x , ° 6>ÀiÌD Ó£°£ä //"° i`>] 1Ã>] Ó䣣®° ,i}> ` 7 ÕV £Ç°Îä 8/, "6, " /" ° V° £n°Îä 19 //9° /iiv £°Óx "--* ,° /iiv Óä°£x ,"9 * -° /iiv Ó£°£ä 11-/ ,1- 1- 1",° ÌÛÓäää°Ì £x°Óä -° ,i}i £x°Óx -" 1", -/",° Ḭ̀ £x°Îx 1", ", , "° ÌÌÕ>ÌD £È°{ä , -/,° -iÀi £Ç°Îx ," ** , - "° ,i}i Corriere della Sera Lunedì 8 Settembre 2014 47 italia: 51575551575557 Pay Tv Film e programmi Hunt e Lauda rivali in Formula Uno Il film di Ron Howard racconta la rivalità storica, che segnerà una stagione unica della Formula Uno, tra due campioni, diversissimi tra loro: Niki Lauda e James Hunt (Chris Hemsworth, foto). Rush Sky Cinema 1, ore 21.10 Scrivere a macchina la campionessa è Rose -Þ i> A fil di rete -«ÀÌ ££°ää *, 6//", 1> >Ì >} "ÃV>À «iÀ À>VVÌ `i> Ài>âi >iÀV>> > *i>À >ÀLÀ° ° 7>Þi i ° Õ}>ð -Þ i> >ÃÃVà £Ó°Óä " Î `] Û> i >V À>VVÌ> } >LÃà `i½"Vi> >ÌÌÀ>ÛiÀà Û>}} ` Õ> Ì>ÀÌ>ÀÕ}> >À>° -Þ i> >Þ £Î°ää ,"--" 1 v] ÌÀ>ÌÌ `> Õ LÀ ` >ÀV `] À>VVÌ> i ÃÌÀi V i ýÌÀiVV> >½ÌiÀ ` Õ> Lââ>ÀÀ> ÃVÕ> À>>° -Þ i> Ìà £{°{x *, * 1-6" 1 ÌÀiVV ` ÃÌÕ>â VVÀ>ÌV i° *ÀÌ>}ÃÌ\ Õ V>«i `i ÃVÀVV] ÃÕ }ÀÕ«« ` >V i Õ> ÌÀÃÌi «ÀV«iÃÃ>° -Þ i> Ìà £x°£ä -- / /6 -° ÕV] Õ½>}iÌi `i½ `> ` LÀÕÃV i Ì «V vi] Ûii vÌÀ>Ì> Õ VVÀà ` Liiââ>° -Þ i> £ £È°äx ,- >ÃÌ>À Ì iÀ} i iÌ -V iÞ Ài>ââ> À«ÀiÃi V i ÃÌÀ> > ÛÌ> `i} Àà LÀÕ V i ÛÛ i Ì>}i i i L>i `i½>Ã>° -Þ i> >Þ £Ç°äx * , *iÀ viÀ>Ài ½Û>Ãi >i>] i >â V>LÀ> >> VÃÌÀÕâi ` iÀ ÀLÌ ` vÀ> Õ>>° -Þ i> £ £n°äx -*,/ ",/ -«Ã>Ìà ÌÀ«« }Û>] iiÃÌi i iÃÃi à à Ãi«>À>Ì >> Ã}> `i ÌÀi̽>° iV` «iÀ¢ ` iÛÌ>Ài `ÛÀâ i À>iÀi >V° -Þ i> Ìà £°£ä *, / " ° i>Ì ÌiÀ«ÀiÌ> > >> `i½ÌÀÛiÀÃ> ° Ài° *iÀ «>ÕÀ> V i «ÃÃ> V«iÀi ÃÕ ÃÌiÃà iÀÀÀ] i ViÀV> Õ Õ°°° -Þ i> *>Ãà ӣ°ää *, £ää ," 1 iÝ V>Ì>Ìi ÀV ÛÀÀiLLi V Õ`iÀi V > `À}> > «À>] Õ «âÌÌ VÃÌÀ}i > Õ½ÕÌ> «iÀ>âi ` ë>VV° -Þ i> >ÃÃVà / *,"1 ,- 1 " " <-/ ,i>i `i½iÃÀ` Vi>Ì}À>vV ` i ÀÃ] ÕÃVÌ i £Èn V ÌÌ º*iÀ v>ÛÀi ÌVV>Ìi i ÛiVV iÌÌi»° 1° / ÕÀ>° -Þ i> ÕÌ -/ / - " +1-/ À>âi >> «>ÃÃi «iÀ > }>ÃÌV> >ÀÌÃÌV>] Õ> À>}>ââ> ` «ÛiÀi iÃÌÀ>â ÃV> ÀiÃVi > ÀÃV>ÌÌ>Àð -Þ i> >Þ -"//" - " *, "" /iÀâ >`>ÌÌ>iÌ ` Õ LiÃÌ ÃiiÀ ` / >VÞ >ÕÌÀi ` º >VV> > -iÀi /Û ÌÀ>ÌÌiiÌ ,>}>ââ VÕiÌ>À £Î°äx £{°ää £x°ää £È°£ä £Ó°äx , - 1 "" -Þ 1 £x°ää , 1" -Þ 1 £È°Îä 1 6/ ", -Þ i> Ìà £Ç°Îx -/, 1-/, -Þ 1 £n°£x /"1, ÃiÞ >i £°£ä 1,, /",/ Óä°Óä //1 1" -Þ 1 Óä°{x //1 1" -Þ 1 Ó£°£ä " -Þ 1 ÓÓ°ää , 9 -Þ 1 ÓÓ°äx , 9 -Þ 1 ÓÓ°Óx /"1, ÃiÞ >i ÓÓ°xä *," / ,1 79 -/,- Î Ý vi Óΰää , 9 -Þ 1 ä°Óä * / 1 * i`à ££°äx 1 / /", Vi`i £Ó°ää / 1 "" ,> Õ« £Î°äx 9 // *" 9\ ½ < iÀ>} £{°ää *"1 *1**- 1 " iÀ>} £x°ää "9 // - , i`à £È°ää /" i`à £Ç°ää 9 // *" 9\ ½ < iÀ>} £n°äx " -/,", ," " " 1 >ÀÌ iÌÜÀ £°ää 7 8 1 i`à Óä°ää /" E ,,9 /- iÀ>} Ó£°äx 1"6 66 /1, */, * i`à ӣ°£x 9 // *" 9\ ½ < iÀ>} £{°äx /", >Ì> i}À>« V £x°ää -° /,, -/,\ - >Ì> i}À>« V £È°äx --/," ,// ÃÌÀÞ >i £Ç°ää -/", ½1 6,-" ÃÌÀÞ >i £n°ää 1" -/,/ ÃÌÀÞ >i £°ää , 1" 7 9", ÃÌÀÞ >i Óä°ää , +1//," ,1"/ ÃVÛiÀÞ >i Ó£°ää " //" ÃVÛiÀÞ >i ÓÓ°äx 6 ÃVÛiÀÞ -ViVi Óΰää - /1 /t ÃVÛiÀÞ -ViVi £{°xÇ ,° "1- 6-" ° /iiv " £x°Ó / 6*, ,-° /iiv 9 £x°{x ,6"1/" ° /iiv /" £x°{ ,° "1- 6-" ° /iiv " £È°£È 1 *, ° /iiv 9 £È°Îä -1*, /1,° /iiv /" £È°{ä "- 1*° VÕiÌ>À -ÌÕ` 1ÛiÀÃ> £È°xÇ "6" ° *ÀiÕ i> £Ç°äx 9 9° 9 £Ç°£ä Ó ", *,° -ÌÕ` 1ÛiÀÃ> £Ç°£n "6,/ ,-° /iiv /" £Ç°Ó / ° /iiv " £Ç°x{ *,- , ,/" ° /iiv " £n°äÎ ,6"1/" ° /iiv /" £n°£{ +1 "° - Ü " £n°{{ / 6*, ,-° /iiv 9 £n°xÓ -1*, /1,° /iiv /" £n°xx ½", - " " ° -ÌÕ` 1ÛiÀÃ> £°Îä - " /," /, // ° *ÀiÕ i> £°ÎÓ " /, ° /iiv 9 Ó£°£ä ÓÓ°{ä Óΰää Óΰ£x "ÌÌLÀi ,Ãû i ºV ` «ÌiÀi»®° *ÀÌ>}ÃÌ> ° À`° -Þ i> >Ý /1// *<< *, ,"- À>V> > xä° ,Ãi m «ÀiÃÃ> ëÃ> > v} `i «À«ÀiÌ>À ` Õ½>ÕÌvvV> > i ÛÕi Ã>«iÀi ` Õ> ÛÌ> `i }iiÀi° -Þ i> *>Ãà ,1- v ÀiÛV> Õ> `ii «Ù ViiLÀ ÀÛ>ÌD ëÀÌÛi V i i} > Çä > ««ÃÌ V>ÀÃ>ÌV >ià ÕÌ > «iÀviâÃÌ> >Õ`>° -Þ i> £ x v À>VVÌ> > ÃÌÀ> ` Õ }ÀÕ«« ` iÀ VÃVÕÌ > L>L\ >LL >Ì>i] } *>õÕ>i] > >Ì> `i ḭ°° -Þ i> Ìà ½1/" *,/", Ûi "ÃV>À «iÀ v `ÀiÌÌ `> ° iÀÌÕVV ViÌÀ>Ì ÃÕ> ÛÌ> ` *Õ9] ½ÕÌ «iÀ>ÌÀi `i> >° -Þ i> >ÃÃVà *,"*"-/" ,9 ° À`] >Li >ÛÛV>Ì V>ÀÀiÀ>] Ãi}ÕÌ >` Õ> À>«> V>`i V>° > ÃÕ> ÛÌ> V>LiÀD À>`V>iÌi° ° i}° -Þ i> *>Ãà 1" *," iÃVi `> V>ÀViÀi `« Ón > i >` >ÌÌi`iÀ V½m ÃÕ ÛiVV >V V V i «iÀ¢ > V«Ì ` ÕVV`iÀ° -Þ i> £ di Aldo Grasso £{°ää ""/ , "\ \ -/ ", 1- -Þ -«ÀÌ Ó £{°Îä "\ , - "< +Õ>vV>â ÕÀ«i Óä£È -Þ -«ÀÌ £ £x°ää -"\ - ,/ ,9 1," ,,*" ° £Èä 6ÕiÌ> ` -«>}>° ÀiÌÌ> ÕÀëÀÌ £Ç°ää /," - "\ *° " Óä£{ , , £ä /° - ,>-«ÀÌ £ £Ç°{x / -\ - - 1"«i ÕÀëÀÌ £n°ää "\ ,1-- / -/ +Õ>vV>â ÕÀ«i Óä£È° ÀiÌÌ> -Þ -«ÀÌ £ £°ää / -\ 1"«i ÕÀëÀÌ Óä°ää 1/""-"\ , £ Ó /Àvi L>ÀÌ xää -Þ -«ÀÌ Ó Óä°Îä *6""\ - \ *° " Óä£{ , 6- *",/" , " ,>-«ÀÌ £ Óä°{x "\ -6<<, /,, +Õ>vV>â ÕÀ«i Óä£È° ÀiÌÌ> -Þ -«ÀÌ £ Ó£°ää 7,-/ \ /- 7 " 77 ÕÀëÀÌ Ó£°Îä / -\ - - 1"«i ÕÀëÀÌ Óΰää 7,-/ \ 77 8/ -Þ -«ÀÌ Ó Óΰäx / -\ - 1"«i° ÀiÌÌ> ÕÀëÀÌ L’omaggio a Camilleri è un’autocelebrazione N on è cosa da tutti i giorni che la tv diventi maestra di cerimonie per un compleanno: ma l’occasione era importante e, per festeggiare gli 89 anni di Andrea Camilleri, su Rai1 è andato in onda il docu-film «Camilleri. Il maestro senza regole» (sabato, 21.20). La celebrazione aveva però anche il sapore di un’autocelebrazione: l’operazione è stata messa in piedi da Sellerio, la casa editrice che pubblica i romanzi del maestro, e lo stesso Vincitori e vinti Camilleri (cosa ben strana) compariva tra gli autori. RegaFrancesco lando una prima serata al docuSilvestre film letterario, di certo non un I Modá genere da sabato sera, Rai1 ha superano pagato una sorta di debito ideail maestro le con l’autore che ha dato vita a Camilleri. Su Canale 5 una delle poche fiction del seril concerto allo stadio vizio pubblico capaci di trovare San Siro di Milano una distribuzione di successo del gruppo musicale anche all’estero. Di Montalbaguidato da Francesco no, in realtà, si è parlato poco: «Kekko» Silvestre: giusto una visita a Porto Empeper 2.479.000 docle per riconoscere alcuni spettatori, 14,5% dei luoghi che hanno ispirato la di share cittadina immaginaria di Vigata, una sosta al ristorante di Andrea specialità sicule preferito dal Camilleri commissario, due battute con Il maestro Luca Zingaretti e via. Camilleri Il cuore del racconto sono superato stati gli anni scolastici, dove ha dai Modá. Docu-film preso vita una sorta di romanzo su Andrea Camilleri di formazione di Camilleri, tra nella prima serata di ricordi privati adolescenziali e Rai1: a seguire la vita familiari, fino ad arrivare al peprivata e i personaggi riodo passato all’Accademia creati dallo scrittore Silvio D’Amico, di cui lo scrittosiciliano ci sono re è stato prima allievo come re2.159.000 spettatori, gista e poi insegnante. Sono sfiper una share dell’11,6% late le testimonianze dei molti che si definiscono suoi allievi: Luigi Lo Cascio, Fabrizio Gifuni, molti scrittori e registi. Curiosamente, sono passati quasi sotto silenzio i molti anni di lavoro in Rai precedenti al grande successo di Montalbano, a cui sono stati preferiti ricordi di un Camilleri privato, che hanno dato al documentario un tono melò, alimentato anche da Teresa Mannino che, in quota sicula, ha fatto da filo conduttore e voce narrante. Come una studentessa liceale. 1958. Rose (Déborah François, foto) è una terribile segretaria, ma ha un talento formidabile nel battere a macchina. Il suo capo la trasformerà nella dattilografa più veloce del mondo. Tutti pazzi per Rose Sky Cinema Passion, ore 21 Il trainer Pitt nei guai con l’agente della Cia Un ex agente Cia (John Malkovich) sta scrivendo le sue memorie, ma perde i suoi scritti che finiscono in mano a due istruttori di palestra, Chad (Brad Pitt, foto) e Linda (Frances McDormand). Burn After Reading - A prova di spia; Cinema Comedy, ore 21.15 £Ç°ää £n°ää £°ää Óä°ää Ó£°ää ÓÓ°£x ÓÓ°{x ÓÓ°xä Óΰ£x Óΰ{ä -*-" Ý , Ý "1- " 1- ,> Õ« 1" ",/1 ,t ÃiÞ >i 6"// ÃiÞ >i /- ÃiÞ >i , Ý /1 , Vi`i 6 ÃiÞ >i /,9 Ý Ài ,-- Ý / ,, ,- Ý vi /1//" ,/" ÃiÞ >i -*9 ""7 Ý /- ÃiÞ >i / 6/,- ÃiÞ >i -", /- ÃiÞ >i Le voci dall’inferno dell’11 settembre i`>ÃiÌ *ÀiÕ Il documentario ripercorre la tragedia delle Twin Towers attraverso il racconto di coloro che hanno vissuto e combattuto quel drammatico 11 settembre 2001. 11 Settembre: «Eroi in divisa» «Voci dall’inferno» National Geographic, ore 20.55 £Î°{ " /, ° /iiv 9 £{°£{ -1*, /1,° /iiv /" £{°ÎÈ , *, ° /iiv 9 £{°{£ " -/ Ȱ - Ü " £{°xä 6 , *,"--",° -ÌÕ` 1ÛiÀÃ> £{°xx "7"9- E -° *ÀiÕ i> £{°xÇ "6,/ ,-° /iiv /" © RIPRODUZIONE RISERVATA Forum «Televisioni»: www.corriere.it/grasso Videorubrica «Televisioni»: www.corriere.tv £°ÎÈ £°ÎÈ Óä°ÓÓ Óä°Óx Óä°Óx Óä°{x "6,/ ,-° /iiv /" ,,9½- 7° /iiv " " /, ° /iiv 9 ,6"1/" ° /iiv /" ,,9½- 7° /iiv " " * ",/"° - Ü -ÌÕ` 1ÛiÀÃ> Ó£°£x ",/9 ,*",/° *ÀiÕ i> Ó£°£x " /° /iiv /" Ó£°£x Ó£°£x Ó£°£x Ó£°Óä ÓÓ°ä{ ÓÓ°x{ ÓΰäÎ Óΰ£ä *-9 ° /iiv " ,/ " 8° /iiv 9 " 1-° - Ü -ÌÕ` 1ÛiÀÃ> - " /, <" ° -ÌÕ` 1ÛiÀÃ> / ,, ,-° /iiv 9 *½ /1 ° /iiv 9 -1*, /1,° /iiv /" ½, / "° -ÌÕ` 1ÛiÀÃ> 48 italia: 51575551575557 Lunedì 8 Settembre 2014 Corriere della Sera