Anno CXVI - N. 4 Aprile 2010 - POSTE ITALIANE SPA - SPEDIZIONE IN A.P. D.L. 353/03 (CONT. L.46/04) ART. 1 COMMA 2, DCB - FILIALE DI ROMA
aprile 2010
Vita Giuseppina4
M e n s i l e
d e i
g i u s e p p i n i
d e l
m u r i a l d o
n.
anno sacerdotale
“Io sono
il buon pastore...”
1
L’orizzonte
Deboli
colonne del cielo
di don Mario Aldegani
Padre generale
H
o avuto diverse occasioni, nel corso di questo “Anno Sacerdotale”, di riflettere e di far riflettere
i miei confratelli sul tema del sacerdozio.
Per trovare la giusta ispirazione sono andato a rivedermi che cosa San Leonardo Murialdo
pensava del suo sacerdozio e come parla della sua vocazione sacerdotale quando, nel Testamento
Spirituale, egli rilegge tutta la sua vita. Egli ritiene anzitutto che la vocazione sacerdotale è un “dono”,
grandissimo e del tutto immeritato, che il Signore gli ha concesso. “Che cosa renderò al Signore
per quanto mi ha dato?” Con questa espressione, tratta dal Salmo 115, incomincia la pagina del
Testamento Spirituale nella quale il Murialdo ripensa alla sua vocazione sacerdotale, e la racconta così:
“Il buon Dio, veramente buono con me, mi ha quasi forzato a seguire le due più sublimi vocazioni che
ci siano al mondo: quella sacerdotale e quella religiosa”; “Dio mi ha chiamato, mi ha perfino forzato
all’onore, alla gloria, alla felicità ineffabile di essere un altro Cristo”.
Credo che ogni sacerdote, nel profondo del suo cuore, pensi soprattutto questo: chi sono io per
essere un sacerdote di Cristo nella Chiesa? Ognuno di noi conosce e riconosce la sua povertà e, a volte,
l’indegnità della risposta al dono, la sua pochezza rispetto alla grandezza del compito che Dio gli ha
affidato e vive ogni giorno del suo sacerdozio nel respiro della gratitudine, nell’abbandono alla fedeltà
di Dio e alla sua misericordia.
“I preti: le deboli colonne del cielo”. In questa espressione del poeta Novalis c’è tutto il mistero di cui
il Murialdo, e un po’ ogni sacerdote, sentono il peso e la grazia: la coscienza della propria fragilità e,
contemporaneamente, la consapevolezza della straordinaria grandezza dell’impegno assunto.
Dentro questa duplice certezza si fa largo ogni giorno di più la coscienza della responsabilità che
abbiamo, davanti ai nostri fratelli, nel popolo di Dio: dal prete le persone si aspettano la parola che
consola e che incoraggia, l’esempio che sostiene nelle difficoltà… “Il tuo sacerdozio - scriveva David
Maria Turoldo - è un’oasi dove essi hanno il diritto di approdare dalle loro fatiche”.
Sono prete da 30 anni. Proprio in occasione dell’anniversario della mia ordinazione sacerdotale
pensavo che… ho portato Gesù in tanti posti del mondo, soprattutto negli ultimi anni e, spesso, anche
oltre le mie capacità e le mie stesse intenzioni; forse, per mezzo mio, la Sua grazia ha toccato i cuori
delle persone. In realtà, ogni giorno, è stato Lui a “portarmi”: neppure per un attimo la Sua Forza e il
Suo Amore mi hanno abbandonato.
E mi sono sentito “portato” ogni giorno dalla preghiera e dall’affetto di tante persone…
Tutti noi sacerdoti, “deboli colonne del cielo”, abbiamo bisogno della vostra preghiera, della vostra
fede e forse anche del vostro perdono. n
Per aderire al Sostegno a Distanza potete fare una donazione di 155,00 euro annui
sul conto corrente postale n. 30836035 - Intestato a ENGIM - Causale: Sostegno a
Distanza. Oppure fare un bonifico su Banca Prossima SPA - Intestato a ENGIM Onlus.
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è una ONG e una ONLUS quindi tutte le offerte inviate sono deducibili fiscalmente.
Vita Giuseppina 4 2010
l
3
l’orizzonte
Deboli colonne del cielo
di p. Mario Aldegani
5
grandangolo
Preti
di Giuseppe Novero
6
reportage
10
Anno sacerdotale
a cusa della redazione
uomini di dio
p. Angelo Cuomo
di p. Angelo Catapano
11
anno sacerdotale
Un sogno realizzato
di p. Francisco Ricardo Luz
12
san leonardo murialdo
Una nuova organizzazione
di p. Giuseppe Fossati
13
ci scrivono
14
voce Ai giovani
Quando guardo quegli occhi...
di p. M. Rocchi e allievi di Oderzo
16
Fdm
Verso l’Incontro Internazionale
17
vita giovani
IN FAMIGLIA
Essere una famiglia affidataria
a cura di una famiglia affidataria
22
murialdine
La verità della famiglia
di sr. Emma Bellotto
21
23
grandangolo
In copertina
Vita Giuseppina
aprile 2010
n. 4
L’accostamento della “storica”
ordinazione dei Giuseppini del 1950,
avvenuta a Viterbo nella Chiesa di Santa
Rosa, con una delle più recenti, quella di P.
anno sacerdotale
Francisco Ricardo Luz, avvenuta in Brasile
“Io sono
il buon pastore...”
nel gennaio del 2010: la storia continua...
Viterbo. La ordenación sacerdotal del año
1950. En la foto de abajo, P. Ricardo Luz,
ordenado sacerdote en Pacotì, Brasil, el 23
de enero de 2010.
Viterbo. A ordenação sacerdotal do ano de 1950. Na foto abaixo, Pe.
F. Ricardo Luz, ordenado sacerdote em Pacoti (CE), Brasil, no dia 23 de
janeiro de 2010.
Viterbo. Priestly ordination of year 1950. In the picture below, Fr. F.
Ricardo Luz, who has been ordained in Brazil, on January 23, 2010.
Anno CXVI - N. 4 Aprile 2010 - POSTE ITALIANE SPA - SPEDIZIONE IN A.P. D.L. 353/03 (CONT. L.46/04) ART. 1 COMMA 2, DCB - FILIALE DI ROMA
sommario
3
M E N S I L E
D E I
G I U S E P P I N I
D E L
M U R I A L D O
Vita Giuseppina mensile dei giuseppini del murialdo
anno CXVI - aprile 2010
n. 4
Direttore responsabile Giuseppe Novero
Redattore M. De Summa
Redazione M. Aldegani - A. Santonico - M. Regosa - U. Maggiore
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Libreria Editrice murialdo
di p. Tullio Locatelli
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24
attualità
Forum pastorale in marcia
di Francesco Farnesi
di p. Giovanni e sr. Cristina
26 Il terremoto in Cile
di p. Franco Zago
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NELLA CASA DEL PADRE
30
flash di vita
34
controluce
35
san giuseppe
preti
1
vita della chiesa
La testimonianza suscita vocazioni
25 La speranza di Spitalla
di Giuseppe Novero
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A
l termine della Messa domenicale il mio parroco ha introdotto l’abitudine di invitare
l’assemblea ad un’ultima preghiera per tutti i sacerdoti: è un modo semplice, ma
significativo, per ricordare quest’anno sacerdotale.
Quanti preti abbiamo conosciuto nel corso degli anni?
Dal vecchio parroco, all’insegnante di religione, passando magari attraverso qualche
parente o amico, tutti abbiamo incrociato una figura religiosa. Sui banchi di scuola ci siamo
imbattuti nel padre Cristoforo del Manzoni, nel vescovo Myriel dei “Miserabili” di Victor
Hugo, capace di toccare il cuore di Jean Valjean, fino al giovane curato di Bernanos dove
“tutto è grazia”. Ma anche la cinematografia ci ha presentato soggetti religiosi: dal padre
Logan di Hitchcock (che difende il segreto della confessione), ai missionari del Paraguay e
così via, fino agli sceneggiati tv.
Molti preti li abbiamo affiancati, per periodi più o meno lunghi. Alcuni sono stati
importanti nella nostra formazione, hanno giocato in oratorio con noi (come cantava
Celentano), alcuni li abbiamo ammirati, altri criticati. Ma non ci sono mai stati
indifferenti. Semmai molte critiche sono proteste deluse. Chi critica, chi contesta
senza aver preconcetti, è perché spesso misura l’altezza del messaggio che da lì
viene annunciato al mondo e che vorrebbe sempre testimoniato in modo eroico. Ma
quando questo avviene, ancora oggi e in modo drammatico in molti paesi, non fa
notizia, se non per un attimo.
E allora ricordiamoli questi preti, al termine di quest’anno a loro dedicato.
Da loro continuiamo a pretendere molto. Pretendiamo i sacramenti come si
richiede la ricetta dal medico di base. Vogliamo che siano disponibili sempre,
ma li lasciamo spesso soli ad occuparsi di scartoffie. E ricordiamo quelli che
ci sono passati a fianco.
Ho letto in questi ultimi tempi il libretto stampato a suo tempo per il
padre Egidio Bianchi, giuseppino morto a 97 anni, come un patriarca.
“Lui per sé non esisteva”, ne ha scritto p. Adelio Cola, “non chiedeva
niente di superfluo, non aveva bisogno di niente; era contento di
tutto e di tutti… aveva scelto di vivere sconosciuto e di non
essere considerato”. “Era felice di passare inosservato”,
aggiunge p. Franco Verri, “di essere dimenticato. Lo
svuotamento di sé lo rendeva aperto a tutti”.
Proprio per questi motivi non dimentichiamoci
dei nostri preti e, magari, qualche volta,
ringraziamoli. n
Vita Giuseppina 4 2010
l
5
reportage
reportage
anno sacerdotale “io sono il buon pastore” - anno sacerdotale “io sono il buon pastore” - anno sacerdotale
1974. Viterbo.
Concelebrazione
dei novelli sacerdoti.
Nella foto: Leonardo Rigoni,
Giuseppe Menzato, Solideo
Poletti, Guglielmo Mauro,
Mariano Zenere, Gino
Pittarello (Padre Maestro),
Vincente Novoa, Gino Cia,
Mauro Peserico, Franco Zago.
1974
1947
1947 – 1 marzo. Chiesa di Santa Rosa di Viterbo.
Ordinazioni sacerdotali.
Da sinistra a destra: Armando Bridaroli, Bruno Bison,
Giovanni Pizzutto, mons. Adelchi Albanesi,
Michele Ventrella, Carlo Berti, Mario Lago, Nello Masini.
1963 – 30 marzo. Viterbo. I novelli sacerdoti.
Nella foto: Flavio Allegro, Michele Campanelli,
Vinicio Crema, Honorino Dall’Alba, Vittorio Garuti, Giuseppe
Giaccone, Siro Lazzari, Dante Maculan, Giacomo Maggini,
Paolo Mietto, Achilleo Montorio, Sergio Parea, Attilio Sasso,
Silvano Schiavo, Antonio Volpato, Domenico Zanon.
1948
1948 – 21 febbraio. Viterbo. I novelli sacerdoti.
In alto: Ulderico Didomnicantonio, Francesco Donaggio,
Antonio Dalla Pozza, Francesco Piacentini. In basso: Nicola
Ammirati, Giovanni Furbatto, Girolamo Freschi, Giuseppe
Bevilacqua, Gastone Borghesi. Seduto: Vincenzo Minciacchi.
1977 - 18 marzo.
Cattedrale di Viterbo.
Ordinazioni sacerdotali.
Da sinistra: Domenico De
Faveri, Agostino Petroselli,
Giampaolo Virgilli, Giovanni
Salustri, Elio Rossetto.
1969 - 28 giugno. Vicenza.
Ordinazioni sacerdotali. Da sinistra:
Giacomo Berti, Tarcisio Riondato,
Agostino Montan, Silvano Cazzola.
1977
1985. Parrocchia San
Leonardo Murialdo di
Viterbo. Concelebrazione
dei novelli sacerdoti
ordinati 25 anni fa.
1963
6
1969
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l
1985
Vita Giuseppina 4 2010
l
7
reportage
rEportage
1950
1950. Viterbo. I novelli sacerdoti ordinati nel 1950, molti dei quali festeggiano in cielo il loro 60°
anniversario di sacerdozio: Ferruccio Badesso, Bruno Beato, Mario Beltrami, Bruno Bisello, Ferruccio
Buson, Antonio Caneva, Olimpio Cavalleris, Arturo Censi, Mario Del Pio, Dario Gallizio, Michele Gilardi,
Aldo Marengo, Michele Palmieri, Bruno Paroletti, Marcello Revrenna, Narciso Rezzadore, Italo Paolo
Sarollo, Vittorio Scarano, Radames Segalina, Lorenzo Terrando, Americo Vari, Girolamo Zanconato, Palmiro
Zanellato, Giacomo Pistone, Francesco Ivaldi, Antonio Baggio, Alejandro Almachi, Luigi Maestrello, Pedro
Moncayo, Leonardo Morales, Riccardo Nardi, Luigi Rizzo.
1975
1975 – 15 marzo. Cattedrale di Viterbo. Ordinazioni sacerdotali.
Da sinistra: Renzo Sartori, Mario Pesci, Luciano Chisté, Giovanni Vanzo, mons. Luigi Boccadoro,
Mario Biancosino, Giovanni Martelli, Giovanni Lionetti, Giuseppe Locatelli.
1980
1980 - 22 marzo. Cattedrale di Viterbo. Ordinazioni sacerdotali. Da sinistra in basso: Antonio Barone,
Carlo Fasano, Giambattista Nicolato, Giorgio Gelmini, Sereno Cozza, Pietro Rota, Sandro Picco; in seconda
fila, sempre da sinistra: GianMario Negro, Luigi Cencin, Giuseppe Taveri, il vescovo ordinante Mons. Luigi
Boccadoro, Michele Balduzzi, Claudio Iori, Pasquale Pagliuso, Mario Aldegani.
1960
1960. Viterbo. Tre ordinati dell'anno 1960 e ai lati padre Vincenzo Minciacchi e padre Antonio Boschetti. Al
centro il vescovo ordinante mons. Adelchi Albanesi.
anno sacerdotale “io sono il buon pastore” - anno sacerdotale “io sono il buon pastore” - anno sacerdotale
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Vita Giuseppina 4 2010
l
Vita Giuseppina 4 2010
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uomini di dio
anno sacerdotale
Un sogno realizzato
Padre Angelo Cuomo
L’
esistenza di padre Angelo
Cuomo
(San
Giuseppe
Vesuviano 1915 – Lucera 1990)
si presenta semplice e cristallina. I
suoi confratelli giuseppini lo hanno
visto più che altro come Superiore,
Provinciale o locale; i suoi concittadini
di elezione, a Lucera (Foggia), come il
fondatore e animatore dell’Opera san
Giuseppe. In realtà questi sono solo
due tratti, forse i più appariscenti, ma
riduttivi, di due segmenti della sua vita,
che si presenta ben più complessa. In
profondità padre Angelo appare – ed è un po’ una
scoperta – con la stoffa del santo, sia per una vita
interiore limpida e forte, sia per una dedizione di
amore illimitato. Colpisce la dirittura d’animo che lo
contraddistingue in ogni circostanza, a cominciare
dalla giovinezza e dal momento della consacrazione
religiosa nella congregazione dei Giuseppini del
Murialdo, fino a tutto il suo ministero sacerdotale
di quasi cinquant’anni. Il grido di Cristo in croce
“ho sete” si fissa nella sua mente come bisogno
estremo del dono che viene dall’alto e che deve
essere riversato ai fratelli. Una passione per il Signore
e per la preghiera, la sua, che va oltre il normale e
indica continuamente il divino, con una nostalgia
tale, espressa in tante occasioni, che deve aver
misteriosamente assaporato in modo incredibile. Un
amore per Dio, indubbiamente da Lui ricevuto, che
non si stanca in ogni modo di trasmettere, con la
sua “anima di fuoco” e il suo cuore ardente, con
un’insoddisfazione per quanto riesce a dare e a
comunicare, che “non gli dà pace mai”. Una fede
nell’amore provvidente del Padre celeste, nella
tenerezza materna della Madonna e nell’aiuto
specialissimo di san Giuseppe, che l’accompagna
sempre, anche quando si trova nella tempesta e i
venti soffiano contrari. Una carità di apostolo con il
prossimo, che trabocca la misura nel suo “farsi tutto a
tutti per guadagnare tutti a Cristo”, nel suo mettersi
in ogni momento “a disposizione” con i fatti e nella
verità. Un legame decisivo con i giovani, sempre amati
e serviti, con una presenza d’affetto e di amicizia,
con una costante fedeltà e una grande sincerità:
sono loro “gli amici” che ha scelto e a cui dare la vita
nella sua missione di giuseppino. Un’umiltà che lo ha
portato a farsi servo dei confratelli, dei giovani e di
10
tanta gente, ad apparire e a scomparire
secondo la volontà di Dio del momento,
a soffrire e a mortificarsi, a lavorare in
silenzio nei cuori, nel nascondimento e in
povertà. Una linearità ed una essenzialità
in tutto ciò che ha detto e ha fatto, che
ce lo presenta come un uomo forte, che
sa bene dove andare e dove portare, che
non perde di vista la bussola puntata
sulla direzione intrapresa, sulla misura
alta della vita cristiana verso l’ideale della
santità. Un’intraprendenza e una praticità
che ne fanno una personalità tenace e
creativa, concreta e operativa sul piano dell’azione,
audace e volitiva, indubbiamente realizzatrice. Una
bontà e un’affabilità, con un sorriso e un ottimismo
trascinatore, che crea un campo magnetico attraente
verso Dio e un alone di simpatia umana invidiabile.
Pare emergere dunque un padre Angelo inedito
e sconosciuto a molti, che vale la pena incontrare
e ascoltare, attraverso il racconto della sua vita e la
lettura dei suoi scritti. Senza lasciarsi imbrogliare da
un linguaggio che può apparire talora elementare
o superato, conviene mettersi alla sua scuola.
Lucera è nota per l’avventura di santità vissuta
già tra il Seicento e il Settecento da san Francesco
Antonio Fasani, chiamato il “padre Maestro” dai
suoi concittadini; forse sulla sua scia anche padre
Angelo Cuomo oggi ha qualcosa da dire e può fare
da “padre Maestro”. Pur tenendo presenti le debite
differenze, pare poi che l’esperienza di padre Pio a
San Giovanni Rotondo si ripeta in qualche modo nel
nostro padre Angelo, che è stato suo confidente ed
amico, e si è fatto un po’ come lui, semplice ed umile,
uomo che richiama al soprannaturale e conduce a
Dio, sacerdote che confessa e guida all’Eucaristia,
che rilancia l’amore al Crocifisso. Anche il beato
Bartolo Longo che ha costruito il santuario di Pompei
vicino a San Giuseppe Vesuviano, dove padre Angelo
è nato ed è scampato alla guerra, è analogamente
a lui vicino, sia come innamorato di Maria, sia
come realizzatore della sua Opera di carità. Infine
principalmente san Leonardo Murialdo, con il regalo
di quel fuoco dell’amore di Dio che non si spegne e
la sua dedizione appassionata alla gioventù, è stato
per lui il più appropriato modello di santità. n
p. Angelo Catapano,
postulatore
Vita Giuseppina 4 2010
l
H
o vissuto 14 anni di cammino vocazionale,
cercando di dare ogni giorno un senso alla
chiamata ad essere discepolo di Gesù in
mezzo ai giovani poveri, come amico, fratello e padre.
La realizzazione di questo sogno ha per me il senso di
una vittoria e di una grande felicità e, soprattutto, della
certezza che sto realizzando la volontà di Dio, che mi
ha chiamato per essere suo nella famiglia religiosa dei
Giuseppini del Murialdo. Questo sogno l’ho condiviso
con tutti quelli che direttamente o indirettamente
hanno contribuito alla sua realizzazione. Era un sogno
momento di viva fede. Non c’erano invitati speciali,
tutti erano un po’ responsabili e protagonisti di quello
che stava accadendo.
Il giorno 23 gennaio la città si è svegliata in festa:
le campane suonavano, la banda musicale suonava
e la gente cantava annunciando che era arrivato il
gran giorno. Così, in processione, recitando il rosario
e cantando per le vie del paese, abbiamo cominciato
all’alba la nostra giornata: “l’alvorada vocacional”
(aurora vocazionale). La settimana di animazione
vocazionale ha svegliato nel cuore di molti giovani il
P. Ricardo, al termine della sua prima messa, con a fianco i
suoi genitori, ringrazia commosso tutti i presenti.
solo mio; con il passare degli anni è diventato il sogno
della mia famiglia ...e oggi il mio sacerdozio è un po’
la realizzazione del sogno di tanti.
“Io do la mia vita per le mie pecore” (Gv 10,15):
questa Parola di Gesù è stata la frase che ho scelto
come ricordo della mia ordinazione, nella certezza
che sono chiamato a donare tutta la vita a servizio del
regno di Dio, in una congregazione che vuole seguire
Cristo e donarsi ad ogni persona, principalmente
ai giovani poveri. Quello che ho sperimentato nella
preparazione della mia ordinazione sacerdotale,
principalmente a Pacotì, mio paese natale, è stato
proprio il sentimento che stavo compiendo la volontà
di Dio. È stata una festa molto bella, non solo per
me, che con l’ordinazione realizzavo il mio sogno, ma
per tutti quelli che sono stati toccati dalla Grazia e
dall’azione dello Spirito Santo di Dio. La città di Pacotì,
la mia parrocchia, la mia famiglia hanno vissuto un
Vita Giuseppina 4 2010
l
senso della vocazione. Sono il ventesimo sacerdote
nativo della mia città di Pacotì.
Oggi sto lavorando in ciò che credo sia il futuro
della nostra congregazione: l’accoglienza amorosa e
fraterna di nuovi giovani che vogliono seguire Cristo,
nel carisma del Murialdo; credo che chi un giorno è
stato incantato da questo carisma può essere capace
di incantare ed entusiasmare altri giovani a seguire lo
stesso cammino. Sono grato alla Congregazione dei
Giuseppini del Murialdo perché ha creduto in me,
per la fiducia che mi ha dato; sono felice di far parte
di questo sogno e di lottare perché diventi realtà. So
che non tutti i giorni saranno facili e felici, ma so che
confidando in Dio tutto è più tranquillo. Sono sereno
perché ho fiducia soprattutto in Lui. n
p. Francisco Ricardo Luz,
ordinato sacerdote a Pacotì (Brasile) il 23.01.2010
11
san leonardo murialdo
ci scrivono
Cara Vita Giuseppina...
Una nuova
organizzazzione
I
l Murialdo, nonostante che in generale «fosse
ottimo lo spirito che dominava nel Collegio» quando
entrò come rettore (Scritti, X, p. 107), per favorire
maggiormente la serenità, la moralità e la disciplina,
volle che fosse subito redatto un nuovo regolamento
che entrò in vigore nell’anno scolastico 1867-1868:
Regolamento interno del Collegio degli Artigianelli.
Esso comprendeva diverse sezioni e trattava delle
regole generali e regole disciplinari per tutte le persone
addette ai giovani nei vari settori.
Inoltre, pur avendo trovato una
sufficiente impostazione del curricolo
scolastico, il Murialdo diede impulso
all’insegnamento, anche circa i
contenuti, delle quattro classi
elementari (divenute 5 nel 1890), e
istituì altri corsi di perfezionamento
soprattutto per i giovani ormai
impegnati ad apprendere un
mestiere.
Particolare attenzione diede poi
all’aggiornamento dei laboratori
«colla provvista delle macchine
divenute nei nostri tempi indispensabili»
(Scritti, X, p. 149) e all’istituzione di nuovi.
Infatti, ai precedenti laboratori di calzoleria,
falegnameria, legatoria, sartoria, tipografia, furono
aggiunti i fabbri-ferrai, gli scultori in legno, i litografi
stampatori e poi i litografi incisori, i fonditori di
caratteri, i tornitori in legno e tornitori in ferro.
L’aumento dei ragazzi e la carenza di spazi per i
laboratori portarono, nel 1879, alla costruzione di
una nuova ala di fabbricato su un solo piano.
I giovani, terminata la scuola elementare e dopo
un periodo di orientamento nei vari laboratori,
sceglievano in modo definitivo un apprendimento
specifico e vi si dedicavano fin verso i 19 anni
quando, appresa la professione, lasciavano il collegio
e potevano così intraprendere un lavoro sicuro e
guadagnarsi da vivere. Diceva il Murialdo che «il
mestiere è una cascina per chi non ha terre e su cui
non grandina» (Scritti, IX, p. 345).
12
di p. Giuseppe Fossati
Nei laboratori si eseguivano lavori sia per il collegio,
sia su ordinazione di esterni e per questo venivano fatte
conoscere le varie specializzazioni in modo da avere
lavoro sufficiente per impegnare i giovani. I laboratori
che avevano maggior numero di ragazzi erano, pur
considerando le variazioni negli anni, la calzoleria, la
falegnameria, la tipografia e la legatoria. I lavori erano
apprezzati e più volte furono premiati, con medaglie o
menzione onorevole, come all’Esposizione Nazionale
di Milano e di Torino. Accanto ai laboratori si
deve porre, dal 1869, la scuola di scultura
e poi anche di pittura dirette da Enrico
Reffo. Nella relazione sullo stato
del collegio del 1891, il Murialdo
elencava 14 laboratori.
Il Murialdo, convinto della
necessità di «un personale
educativo veramente capace»
(Scritti, X, p. 146), si impegnò
attivamente nella preparazione
degli
educatori
attraverso
conferenze pedagogico-religiose,
così da affinare le loro capacità
formative [qui a fianco foto del 1898].
Diceva il Murialdo che quella degli
educatori è una «tremenda responsabilità»
(Scritti, X, p. 108) perché «l’educatore ha in
cura ciò che più prezioso c’è nella società,
cioè i fanciulli; e ciò che più prezioso c’è nei
fanciulli, cioè il cuore» (Scritti, IV, p. 326).
Il Murialdo, inoltre, cercò di aggiornarsi sui metodi
educativi attraverso la lettura di opere specifiche
e le visite, in Italia (significativa è quella del 1872) e
all’estero, soprattutto in Francia (1872, 1874, 1875,
1876, 1878, 1879, 1881), ad istituzioni sorte per la
gioventù di cui annotava regolamenti, orari, pratiche
di pietà… per far tesoro dell’esperienza altrui, così da
rendere più efficace la sua azione formativa.
In tutto questo suo impegno il Murialdo era aiutato
e sostenuto, in modo particolare, da don Eugenio
Reffo e don Giulio Costantino, i quali anche loro si
erano consacrati all’educazione dei giovani. n
Vita Giuseppina 4 2010
l
Un confratello giuseppino,
che vive e lavora per e con
i giovani della Romania,
riflette sull’omicidio di un
giovane rumeno avvenuto
a Torino, appena fuori
dell’oratorio della parrocchia
Nostra Signora della Salute, il
1° febbraio scorso.
Cara Vita Giuseppina,
vorrei
condividere
con
i
lettori della nostra rivista
qualche riflessione, che viene
dall’esperienza personale, su un
fatto di qualche tempo fa, che ha
avuto vasta eco nelle cronache
dei mass media e che ha toccato
da vicino il mondo giuseppino:
la tragica morte del giovane
Giorgio Munteanu, 15 anni, di
origine rumena, accoltellato in
un giardino di Borgo Vittoria a
Torino - il quartiere dove sono
nato e cresciuto - , per aver
negato una sigaretta a due suoi
coetanei.
Già un ragazzo rumeno ucciso,
uno degli oltre 100.000 rumeni
presenti in provincia di Torino.
Ed io, a due passi da Bucarest,
con la mia comunità religiosa
giuseppina, i nostri sforzi per
integrare i ragazzi rumeni con
quelli rom, le nostre attività a
favore della gente in Romania,
che portiamo avanti grazie
anche al prezioso aiuto di tanti
parrocchiani di Borgo Vittoria,
della Caritas diocesana torinese,
del Comune di Torino e di varie
Associazioni… ho avuto una
stretta al cuore!
La sera di quel fatto, ci siamo
Vita Giuseppina 4 2010
l
trovati con i giovani nel nostro
oratorio di Bucarest a pregare
per quel giovane e per la sua
famiglia, proprio alla stessa ora
in cui all’oratorio della Salute,
i coetanei di Giorgio si sono
raccolti in preghiera.
E mentre raccontavamo ciò
che era accaduto a duemila
chilometri di distanza, in
molti hanno pianto. Preghiera
unisona, raccolta e dignitosa in
sintonia con i ragazzi torinesi
che chiedevano “Basta violenza”.
Ma vi sono stati momenti in
cui il pregiudizio e la violenza,
purtroppo, hanno fatto la parte
del leone.
Secondo
alcuni
quotidiani
rumeni, usciti il giorno dopo
l’assassinio di Giorgio, “un
cittadino rumeno di 15 anni
era stato accoltellato alla gola a
morte da due rom”. Affermazione
ovviamente infondata, smentita
senza appello, quando, qualche
giorno dopo sono stati arrestati
i colpevoli: due giovani rumeni,
che gli “zingari”, i rom, non
avevamo nulla a che fare.
Già… Italia e Romania, italiani,
rumeni e rom rumeni… Paesi,
popoli che hanno in comune
l’idioma di origine latina e il
carattere sanguigno, persone
con legami sempre per via delle
distanze che sino accorciate,
dopo la caduta di tanti muri…
Eppure gente che si conosce
ancora così poco e che si guarda
con sospetto e diffidenza.
Recentemente, a Torino, su
un mezzo pubblico, ho
letto una scritta a grande
lettere: “Fuori i rumeni da
Torino!”. Ma dal mio osservatorio
di un quartiere periferico di
Bucarest mi permetto di fare
qualche considerazione.
Sono oltre 1 milione i cittadini
rumeni presenti in Italia, decine
di migliaia le piccole imprese
aperte da imprenditori rumeni
nel nostro paese; 20.000 aziende
italiane localizzate in Romania
danno lavoro a un milione di
persone; un continuo via vai di
persone tra lo stivale italico e il
paese balcanico… Una lingua
latina e radici storiche comuni ed
ora interessi economici comuni.
E in comune tanti pregiudizi!
Giorgio Munteanu, i suoi amici,
la parrocchia della Salute e i
tanti giovani italiani e rumeni
che hanno vissuto insieme alla
sua famiglia questa tragedia ci
insegnano che vivere insieme,
nella gioia come nelle lacrime, è
possibile perché gioia e lacrime
non hanno nazione, né bandiera,
né colore!
E allora: a chi lasceremo il
compito di costruire ponti? Ci
proviamo noi o lasciamo che
gli unici artefici dei legami fra
l’Italia e la Romania siano le
compagnie aeree low cost o i
gestori della telefonia mobile?
Marco De Magistris,
oratorio giuseppino
di Popesti (Romania)
voce ai giovani
voce Ai giovani
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i giovani s
mondo particolare, che è proprio di ognuno
di noi. Nel rapporto con gli altri dobbiamo
andare oltre l’apparenza e scoprire l’universo
che nasconde. Gli occhi emanano la gioia di
vivere che è in noi, l’attesa di un desiderio, la
speranza, ma anche il dolore, la sofferenza
e la paura. Dagli occhi si può cogliere la
personalità dell’altro e anche comprendere la
sua fragilità.
Non siamo solo corpo e mente, ma quando
vedo quegli occhi... perdo proprio la testa!
È un pensiero ricorrente quando guardo i
suoi occhi, specchio della sua anima pura e
candida, il riflesso mi abbaglia, mi fa sentire
piccola. Sono i suoi occhi che mi fanno
riflettere, che mi fanno pensare a ciò che
forse devo cambiare di me. Quando vedo i
suoi occhi perdo proprio la testa! Non riesco
a sostare su di essi, non riesco a guardarli
senza vergogna, timore, ansia e forse amore.
Nella mia vita ho avuto tanti sguardi di ogni
genere: tristi, felici, arrabbiati, malinconici,
ma in particolare c’è uno sguardo a cui penso
sempre nei momenti di tristezza: quello della
persona amata. Due occhi azzurri, profondi,
belli da perdere la testa, ma soprattutto belli
perché ricchi di ottimismo e felicità, due
o
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Qua
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c
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quegl
caratteristiche che a me mancano spesso
e che quindi cerco di rendere mie, mentre
guardo i suoi occhi.
Quante volte ci capita di rimanere colpiti
dallo sguardo di una persona? A volte invece
non ci rendiamo conto dell’importanza di
uno sguardo e consideriamo tutto in maniera
superficiale, oppure abbassiamo gli occhi o
parliamo con le persone senza fissarle nel
volto, oppure preferiamo comunicare con
computer o telefonini, mediati da un mezzo
che ci impedisce di vedere la profondità di
una persona riflessa nei suoi occhi.
E che dire quando vediamo gli occhi carichi
di sofferenza dei bambini che soffrono per
la fame, per le malattie o per le calamità
naturali, come il recente terremoto di Haiti?
Quegli occhi ci toccano nel profondo e non
possono lasciarci indifferenti, anche se spesso
la nostra vita frenetica ci fa presto dimenticare
anche le emozioni più forti. Proviamo a tenere
più aperti gli occhi, a guardare attentamente
le cose e le persone: così il mondo potrà
diventare migliore.
Grazie mille, quindi, a te che con quegli
occhi mi fai sentire e mi fai capire che
un’anima ce l’hanno tutti, anch’io. n
A cura di d. Massimo Rocchi e degli allievi di Oderzo:
Midena Carolina (3 media B); Busato Giulio (5 ITC);
De Piccoli Serena, D’Agostini Anna (5 SC).
FORMAZIONE
@
DISTANZA
T
ra corpo, mente e spirito c’è profonda unità. L’uomo non è puro spirito, ma anche corporeità e attraverso
il corpo può conoscere la realtà. Attraverso gli occhi si possono vedere le cose, luci, colori, la realtà che
ci circonda, la natura; possiamo vedere gli altri. Sono un dono prezioso, sono la chiave di noi stessi, del
nostro cuore. A volte penso a come mi sarei sentita senza la possibilità di vedere, con la mia anima immersa nel
buio. L’uomo non è una macchina, bisogna riconoscerlo, ha dei sentimenti, un’anima, prova emozioni, reagisce di
conseguenza, è impulsivo, e gli occhi rispecchiano tutto ciò.
Si dice che gli occhi sono lo specchio dell’anima. Tante volte il silenzio dice più di mille parole e solo con uno
sguardo si possono capire più di mille cose. Gli occhi sono una semplice e complessa parte del nostro corpo, ma
per tutto ciò che esprimono sono collegati al nostro cuore, alla nostra anima e la esprimono come niente altro
riesce a fare. Spesso si cerca di mascherare il proprio stato d’animo, ma sono i nostri occhi che raccontano il nostro
passato e presente, mettendo in luce tutti i nostri dolori e le nostre emozioni. Basta un piccolo sguardo attento
per capire com’è lo stato d’animo di una persona. Spesso mi sento dire: i tuoi occhi esprimono ciò che senti, sono
così luminosi.
Ma il mondo che ci circonda è ricco di pregiudizi e spesso ci dà una visione distorta delle persone. È difficile
mettersi davanti allo specchio e vedere riflessa un’immagine nitida di se stessi. Non è facile affrontare la gente
senza cercare protezione in una maschera. Dietro un semplice sguardo, un semplice sorriso o gesto si cela un
14
Vita Giuseppina 4 2010
l
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FdM
verso l’ incontro internaz ionale della F dM 2 0 1 0
“Amici, Fratelli e Padri dei giovani”
Rinnovare l’impegno ad
essere, come giuseppini e
come membri della Famiglia
del Murialdo, “amici, fratelli
e padri” dei giovani significa
essere fedeli all’eredità
carismatica e pedagogica
che il Murialdo ci ha lasciato, riproporre e testimoniare
il suo stile educativo, riempire totalmente la nostra vita
del senso che dà ad essa il carisma che condividiamo.
Essere “amici, fratelli e padri” per i giovani significa
stabilire con loro relazioni disinteressate, fedeli,
affettuose. Leggo soprattutto queste qualità nelle
caratteristiche del nostro stile educativo.
Ovunque vada, a contatto con la gente e nei
suoi scritti, il nostro Superiore Generale incanta e
contagia tutti con la sua speranza, gioia, l’amore alla
congregazione, al carisma e la passione per la Famiglia
del Murialdo.
Nel brano della circolare n. 13, riportato qui a fianco,
evidenzia un aspetto importante del nostro stile di
educazione, che identifica e distingue i membri della
FdM: essere fratelli, amici e genitori dei giovani.
Ma voglio sottolineare il “nuovo” che il nostro Padre
generale presenta e che è stato anche registrato nella
conferenza di Aparecida del 2007: stabilire rapporti
gratuiti, trasparenti, disinteressati, affettuosi e leali
con i giovani.
In altre parole, si parla di uscire dalle istituzioni,
(Tratto dalla lettera circ. n.13 del Padre generale)
raggiungere i giovani, senza moralismi, preconcetti
e pregiudizi, carichi di tenerezza
e compassione per capirli nel loro
mondo: “...Lo vide e si mosse a
“Esprimo felicitazioni ed auguri alla Federazione Nazionale
compassione” (Lc 10,33).
Amici ed Exallievi. Quarant’anni sono un traguardo e un punto di
partenza. Un traguardo che significa fedeltà, presenza, vivacità
Vivere la compassione di Dio
e spirito di iniziativa. Un punto di partenza per un’ Associazione
per l’uomo vuole essere la nostra
“storica” nel mondo murialdino, che si è sentita chiamata a
profezia nel mondo di oggi (XXI
nuovi impegni dentro il contesto della Famiglia del Murialdo
CG. 1.1.1). Sempre, ma soprattutto
ed in essa ha assunto nuove responsabilità di partecipazione
oggi, i bambini, gli adolescenti e i
e di presenza. Mi piace segnalare, in particolare in questo
giovani riconoscono, percepiscono,
anniversario, due aspetti. Lo spirito missionario che ha coinvolto
sentono, quando si rivolgono a
la Federazione in questi anni in molte iniziative di vicinanza e di
loro persone di Dio.
aiuto alle missioni giuseppine e lo spirito di internazionalità che
Per essere un fratello, amico e
l’ha aperta all’incontro con altre Associazioni di Exallievi nel
padre si esige un cuore educato alla
mondo. In questo senso è significativo che la celebrazione del
pedagogia dell’amore e all’amore
40° si collochi nel contesto della costituzione di una Federazione
misericordioso di Dio.
Internazionale di Exallievi ed Amici e, ancora di più, dentro
Quindi la fedeltà carismatica
un evento di grande importanza per il mondo murialdino:
l’Incontro internazionale della Famiglia del Murialdo...”
passa anche attraverso i nostri
rapporti e attraverso lo spirito
d. Mario Aldegani, Padre generale
di famiglia che si vive nei nostri
ambienti educativi.
p. Raimundo Pauletti,
superiore della Provincia brasiliana
16
Vita Giuseppina 4 2010
VitaGiovani
Prima Pagina
“COMPAGNI di BANCO” in ROMANIA
collaborazione della
Risale a maggio 2009 la prima
ni
rde con l’Associazione
Fundatia Murialdo di Popesti Leo
adina di Panciu (a nord est
Rom pentru Rom, che nella citt
i di minori Rom. Attraverso
della Romania) si occupa da ann
aiuta una quarantina di
il Centro Diurno “Pinocchio”
, nel sostegno scolastico,
bambini, prevalentemente Rom
Romeni, lottando contro
nell’integrazione con i coetanei
zione.
dispersione scolastica e discrimina
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ai nostri educatori,
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questi ragazzi ed in questo am
avuto successo.
so di tristezza e
E nel cuore di noi tutti un sen
ghettizzate, che vivono
solidarietà per queste persone
la pretesa di definirsi
nel 2010 in un paese che ha
, non fosse per il freddo
“EUROPEO”. La povertà è tale che
più vicine all’Africa che
intenso, ricorda certe situazioni
erienze vissute
a Bruxelles!
pentru19Rom, forti di queste esp
Rom
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Fundatia Mu
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getto COMPAGNI di BANCO anc
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funzionando... è una buona pra
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i più piccoli... perchè sol
leranza.
denza, del razzismo e dell’intol
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di spazi, non riusciamo ad
30 bambini che, per problemi
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tro Diurno Pinocchio
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accogliere
un mondo sempre
della Rom pentru Rom.
riamo dia frutti abbondanti per
spe
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Vita Giuseppina 4
1 2010
l
1
17
VitaGiovani
alba
nia
Un gran numero di adolescenti
provenienti da numerose parrocchie
della Diocesi di Tirana-Durazzo si è
riunito, dopo un momento di preghiera,
per rappresentare a turno la vita di un
santo.
È stata una giornata bella ma molto
impegnativa, segnata anche da un
clima instabile e temporalesco, quella
di sabato 27 febbraio. Ogni gruppo
aveva a disposizione circa 10 minuti per
una drammatizzazione, una canzone o
un balletto. Lo sforzo di ogni gruppo è
stato notevole e da lodare: tutti hanno lavorato sodo per realizzare un
“qualcosa” di bello sulla vita di un santo. La vita dei santi, più o meno
famosi, è una vita pienamente realizzata, una vita che non ha rimpianti
e sa trovare in Gesù la vera gioia, anche a costo di sacrifici e della stessa
vita.
A metà giornata è stata molto toccante la testimonianze di suor Pina, un’anziana suora di
Scutari (stimmatina), la quale ci ha parlato brevemente della sua esperienza di religiosa al
tempo del regime comunista di Enver Hoxha. Una vera testimonianza di fede, data anche
a rischio della prigione o della pena capitale, come è accaduto per molti sacerdoti e laici
in quel tempo.
F. Guarnati
brasile
Dopo un periodo di vacanza e di formazione degli
insegnanti, l’équipe educativa della “Lar-Escola”
a Maringà ha ripreso la sua attività con bambini e
adolescenti nel mese di febbraio. Con la sensibilità
tipica di una squadra impegnata nella vita di chi
ha più bisogno, l’azione converge a coltivare
l’amore e il rispetto, la solidarietà e la promozione
della cittadinanza. Il Murialdo ha sottolineato
la valorizzazione dei docenti come punto di
partenza perché il lavoro con i giovani possa
ottenere il risultato desiderato. La grande
arte dell’istruzione era, per il Murialdo,
incomparabile: “Nessun pittore o scultore può
essere comparato a quel che ha la grande arte
di plasmare il cuore dei giovani”.
M. de Souza
18
lucera Amando come Lui ci ha amati
Tra le proposte di formazione destinate ai giovani, da questo anno pastorale l’Opera
San Giuseppe di Lucera propone anche un laboratorio di spiritualità per giovani adulti,
YouthLab, una proposta “pensata” per i giovani della diocesi di Lucera-Troia con apertura
al di fuori del confine diocesano.
Il laboratorio, che prevede cinque incontri nel corso dell’anno, è pensato per quei
giovani tra i 20 e i 30 anni che vogliano aderire alla proposta di
un cammino interiore, nel quale confrontarsi vis à vis con
il proprio io, nella prospettiva di una crescita personale
che diventi lente d’ingrandimento nella scoperta della
propria strada. L’argomento scelto come leitmotiv
dell’itinerario spirituale è, dunque, proprio l’Amore nelle
sue diverse declinazioni.
Il tema del primo week end, tenutosi nel mese di novembre,
è stato l’Amore di Dio, la scoperta di essere amati e chi-amati.
Come relatore, p. Diego Cappellazzo ci ha sapientemente
guidati nell’analisi della parabola del Padre Misericordioso
e nel brano dell’incontro di Gesù e Zaccheo.
Il secondo incontro si è svolto, invece, lo scorso week end e,
nel confrontarci sul tema dell’amore per se stessi, siamo stati
accompagnati da p. Alessandro Agazzi. Partendo dalla figura di Pietro, siamo scesi nel
profondo di noi stessi per iniziare a guardare la mutevolezza, le fragilità e le contraddizioni
da cui tutti siamo abitati, in quanto esseri umani. Aiutati dal testo “Il cielo comincia in te”
di Anselm Grun, abbiamo approfondito il concetto di spiritualità dal basso, che ci insegna
che possiamo giungere a Dio solo attraverso una sincera conoscenza di noi stessi; potremo
scoprire le nostre vocazioni, i progetti che Dio ha per ciascuno, soltanto se avremo il
coraggio della verità, se saremo capaci di scendere nella nostra terrenità, nella nostra
humilitas, e di occuparci delle nostre passioni e dei nostri istinti, passando per le nostre
debolezze. È stato solo l’inizio di un lungo cammino: quello del mistero dell’incarnazione
di Gesù; come Lui, anche noi dobbiamo incarnarci nelle nostre vite, intraprendendo una
via che va dalla debolezza alla gloria.
I
prossimi
incontri
di
YouthLab
affronteranno come tematiche: l’amore
per gli altri, la cura delle relazioni e il
servizio ai fratelli (10 -11 aprile), l’amore
nella coppia, …e i due divennero una cosa
sola (8-9 maggio), la pedagogia dell’amore
(28-30 maggio).
M. Polidori
Vita Giuseppina 4 2010
Vita Giuseppina 4 2010
l
19
VitaGiovani
Giornate di spiritualità per giovani
in famiglia
“Essere una
Dal 5 al 7 marzo si sono svolti a Desenzano del
Garda, in provincia di Brescia, le consuete giornate
di spiritualità per un’ottantina di giovani delle
Opere del Nord. L’esperienza, organizzata e diretta
dall’Opera San Paolo di Ravenna, è stata incentrata sul
tema dell’educazione nella
Bibbia: “Come la pupilla dei suoi occhi”. Le riflessioni bibliche sono state guidate da p.
Diego Cappellazzo, che ha commentato inizialmente il brano del Deuteronomio (32,1-12)
da cui è stato tratto il titolo delle giornate di spiritualità. Successivamente ha sviluppato i
temi: “Dio ci educa” (Lc 15,11-32 e Lc 19,1-10) e “Dio ci chiama ad educare”(Lc 24,13-35).
Le giornate sono state vissute intensamente nella preghiera liturgica, nel deserto, nelle
celebrazioni dell’eucaristia e della riconciliazione e, in particolare, nell’adorazione
eucaristica. L’esperienza, vissuta fraternamente presso il Centro di Spiritualità Sant’Angela
Merici, è stata un’ottima occasione di formazione per i giovani provenienti dalle opere di
Ravenna, Torino-Salute, Milano, Thiene, Montecchio M., Conegliano, Pinerolo, Oderzo e
Trento.
Zaccaria Cesare
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ravenn
Ragazzi e sindaco: “il vero sballo è dire no!”
Lo scorso 22 gennaio, nei locali della nostra Opera San Paolo di Ravenna,
il sindaco della città Fabrizio Matteucci e il dottor Cesare Baccini
(tossicologo) hanno incontrato gli adolescenti e i giovani della parrocchia
per presentare e discutere con loro le ordinanze relative al divieto di
consumo di alcolici e uso di sostanze stupefacenti e psicotrope; due
ordinanze differenti che coinvolgono i giovani.
È stato direttamente il sindaco a spiegare ai ragazzi i motivi che l’hanno
spinto verso tali provvedimenti, rammentando loro che “il vero sballo è
dire no!” e che non c’è nessuna distinzione tra droghe leggere e pesanti.
Le riflessioni sono state tante ed è emerso che la filosofia dello sballo è
quella che accompagna i ragazzi fin dai primi anni dell’adolescenza.
È stata ripetuta ai ragazzi l’importanza dell’“agire in scienza e coscienza” e di rendersi
consapevoli che le restrizioni non scaturiscono da una mancanza di tolleranza, ma dalla
volontà di intervenire per tentare di risolvere i problemi soprattutto di sicurezza stradale.
N. Ripani e L. Agnella
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Vita Giuseppina 4 2010
l
affidataria”
“Quotidianamente con Dio… per essere accolti da Lui e accorgerci degli altri”
L
a scelta dell’accoglienza non è e non può
essere limitata al semplice desiderio di aiutare
un bambino o, ancor più riduttivo, al desiderio
di avere un figlio. Essa è assai più complessa e va
affrontata con dovuta cautela.
Ci siamo chiesti come sarebbe stata la nostra vita,
che forza avevamo per affrontare le situazioni, quali
competenze per risolvere i tanti problemi; abbiamo
valutato i nostri stati emotivi di fronte ai dispiaceri,
abbiamo quantificato le rinunce che avremmo dovuto
fare… Ne è venuta fuori una gran
paura. Ma forse è proprio quando
si ha più paura che si diventa
improvvisamente coraggiosi. Se
avessimo abbandonato questa
idea, ci saremmo chiesti per tutta
la vita quale sarebbe stata la scelta
giusta e forse non ci saremmo mai
perdonati tale viltà; tanto valeva
allora cominciare.
Abbiamo accolto così un
bambino di circa sette anni. Era
un’esperienza nuova e la vivevamo
con un certo impaccio. Spesso
ci siamo ritrovati ad affrontare
problematiche
cercando
di
risolverle, inventandoci strategie
e quanto altro necessario per il
raggiungimento del fine.
Con il passare del tempo tutto
appare ovvio e scontato, tutto
sembra essere sempre stato così, ma, in alcuni
momenti, appare chiaro come la nostra scelta ha
modificato radicalmente il corso della nostra esistenza
e quella di chi ci è vicino. Oggi possiamo affermare che
è un grave errore pensare che sia “semplice” ma è un
grave errore pensare anche che “non sia possibile”.
Abbiamo avuto momenti di gioia ma anche momenti
di dolore.
Uno dei più grandi regali che ci è stato fatto in
questi anni, senza averlo chiesto, è la visione del
Vita Giuseppina 4 2010
l
20
Famiglia
trionfo della giustizia. Il senso di giustizia forse è un
istinto che è dentro di noi. Chi non si è mai posto il
problema dell’iniquità? L’avere accolto due bambini ci
ha regalato questa equità, perché un bimbo che è in
difficoltà ha la possibilità di riscattare il suo diritto di
essere in vita… ha qualcuno che gli vuole bene.
È una sensazione bellissima e commovente.
Abbiamo pertanto sperimentato qualcosa che
appare inverosimile e cioè che la solidarietà,
contrariamente a ciò che pensiamo, non è “dare” ma
è soprattutto “ricevere”. Colui che
ha bisogno diventa lo strumento
che ci permette di appagare la
nostra sete di sentirci uomini.
Bisogna però stare attenti perché
tutto questo non diventi puro
egoismo. È facile infatti sconfinare.
Bisogna allora considerare i
nostri bisogni naturali che sono
il donare, sono l’essere solidali
con il prossimo, sono il sentire…
il compenetrare nell’anima di chi
ci guarda con occhi lacrimevoli. Il
nostro compenso non deve essere
altro che un senso di benessere
che ci avvolge perché sappiamo di
aver fatto il giusto. Tutto questo è
bellissimo, è gratificante, ma non
semplice. Non mancano le gioie
ma non mancano nemmeno le
fatiche. Spesso ci siamo ripetuti
che ogni soddisfazione passa attraverso le fatiche. Un
bravo professionista diventa bravo attraverso i sacrifici,
un campione diventa campione non prima di aver
faticato… la salvezza passa attraverso la sofferenza.
E così l’essere aperti agli altri non esclude, qualche
volta, il rimpianto per la bella e serena vita, ma questo
crucciarsi per le rinunce fatte rafforza ancor di più la
convinzione che si è fatto il giusto, si è fatta la volontà
di Gesù che ci dice: “lascia tutto e seguimi”! n
Una famiglia affidataria
21
murialdine
vita della chiesa
LA verità Della
FAMIGLIA
P
er porre la sua tenda tra di noi, Dio ha assunto la
storia di una determinata genealogia, carica delle
promesse divine, ma intessuta anche di peccato
e di miserie umane e ha assunto pure la struttura
che ha consentito a quella storia di svolgersi, cioè la
famiglia. Anche per Gesù, infatti, è stato essenziale il
contesto familiare per crescere e scoprire il senso della
sua vita.
Il fatto che Gesù abbia avuto una famiglia non
significa solo che Dio abbia voluto assumere la realtà
umana della famiglia, ma ancor più che la famiglia
nella sua realtà umana parla di Dio.
Nel racconto del ritrovamento al tempio di Gesù da
parte dei suoi genitori ne abbiamo un indizio rivelatore.
Al padre e alla madre che lo cercavano angosciati Gesù
non teme di rispondere: “Perché mi cercavate? Non
sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre
mio?”. Altre volte nel vangelo Gesù risponderà con
questo tono a sua madre. Quando gli dicono che lo
cercano sua madre e i suoi fratelli, egli dichiara: “Mia
madre e miei fratelli sono coloro che ascoltano la Parola
di Dio e la mettono in pratica”
(Lc 8,21). Oppure, a Cana,
durante il banchetto di nozze, a
sua madre che lo sollecitava ad
intervenire risponde: “Donna,
che vuoi da me? Non è ancora
giunta la mia ora” (Gv 2,4). Gesù
rimanda continuamente, da
dentro gli affetti familiari, ad una
dimensione ancor più profonda
che costituisce la radice stessa
di quegli affetti e la garanzia
più sicura. Rimanda cioè a quel
“Padre”, dal quale discende ogni
paternità/maternità e al quale
ogni affetto rimanda.
Tutti i genitori conoscono
difficoltà nella crescita dei figli:
fanno tutto per i figli e la loro
gioia sta in questo, ma sanno
22
di sr Emma Bellotto
che i figli sono chiamati a realizzare un loro progetto,
spesso senza poterlo condividere.
La premura dei genitori, come pure la libertà dei
figli, corrispondono al progetto di Dio e, se entrambi
sono consapevoli di questa unità, trovano la loro gioia
nel realizzarlo. Il legame familiare, infatti, se non resta
aperto ad un progetto superiore, rischia di soffocare.
Gesù fa vedere in tutto ciò che vive che è essenziale
scoprire la gioia che viene dal vivere orientati verso il
Padre dei cieli, Colui dal quale riceviamo ogni bene.
Senza questo orizzonte aperto sulla paternità di Dio
l’uomo si chiude in se stesso e non trova più slancio
e passione per un progetto grande di vita: non ritrova
più lo Spirito donato da Gesù.
Lo Spirito Santo è Colui che continuamente tiene
aperti gli orizzonti verso il Padre, tanto in Gesù quanto
in noi, perché il desiderio di Dio si possa compiere.
Così è stato per Gesù, così è per noi tutti. Siamo
chiamati a vivere gli affetti dentro l’AMORE DEL
PADRE, amore che infinitamente ci supera e che ci
rende una stessa famiglia. n
Vita Giuseppina 4 2010
l
La testimonianza
suscita
Vocazioni
I
l messaggio di
papa Benedetto
XVI
per
la
prossima giornata
mondiale
di
preghiera
per
le
vocazioni,
inizia così: “La
47a
Giornata
Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, che si celebrerà
la IV domenica di Pasqua - domenica del “Buon
Pastore” - il 25 aprile 2010, mi offre l’opportunità di
proporre alla vostra riflessione un tema che ben si intona
con l’Anno Sacerdotale: "La testimonianza suscita
vocazioni". La fecondità della proposta vocazionale,
infatti, dipende primariamente dall’azione gratuita
di Dio, ma, come conferma l’esperienza pastorale,
è favorita anche dalla qualità e dalla ricchezza della
testimonianza personale e comunitaria di quanti
hanno già risposto alla chiamata del Signore nel
ministero sacerdotale e nella vita consacrata, poiché la
loro testimonianza può suscitare in altri il desiderio di
corrispondere, a loro volta, con generosità all’appello
di Cristo. Questo tema è dunque strettamente legato
alla vita e alla missione dei sacerdoti e dei consacrati”.
L’informazione clamorosa, e drammatica nello
stesso tempo, in queste settimane sta scuotendo molti
credenti a fronte di tanti scandali di cui sono colpevoli
dei sacerdoti. La denuncia del male, la ferma reazione,
dire che si è dalla parte delle vittime, applicare la regola
della tolleranza zero, sembrano non scalfire o ridurre
lo sconcerto di tanti. Che fare?
A me sembra opportuno riprendere il tema della
testimonianza, nella consapevolezza che il testimone
mette in gioco se stesso, responsabile dei propri atti
morali, sapendo che le proprie opere confermano i
valori che si proclamano per sé e per gli altri.
La Chiesa nasce dalla testimonianza e vive della
testimonianza che diffonde e trasmette; noi oggi siamo
Vita Giuseppina 4 2010
l
di p. Tullio Locatelli
figli di testimoni e a nostra volta chiamati ad essere
testimoni nell’oggi per il domani. La testimonianza
interpella, fa nascere domande, induce a chiedere che
cosa la sorregge e la motiva; il vero testimone, infatti,
rimanda ad un oltre, o meglio ad un Altro.
Dice ancora nel suo messaggio Benedetto XVI:
“L’iniziativa libera e gratuita di Dio incontra e interpella
la responsabilità umana di quanti accolgono il suo invito
a diventare strumenti, con la propria testimonianza,
della chiamata divina. Questo accade anche oggi nella
Chiesa: Iddio si serve della testimonianza di sacerdoti,
fedeli alla loro missione, per suscitare nuove vocazioni
sacerdotali e religiose al servizio del Popolo di Dio”.
Dunque proprio il sacerdote è chiamato prima di
tutto ad essere testimone come via privilegiata della
trasmissione del vangelo e strumento di animazione
vocazionale perché altri possano fare la medesima
scelta.
Il Centro Nazionale Vocazioni dell’Italia, ha così
tradotto il tema del messaggio pontificio: “Ho una
bella notizia: io l’ho incontrato!” Lo slogan vuole
evidenziare che il sacerdote è credibile nella misura
in cui testimonia il suo incontro con Gesù, come egli
viva tale relazione e come essa sia decisiva per la sua
esistenza.
D’altra parte credo che sia vero, per la maggior parte
dei sacerdoti, avere incontrato un prete “significativo”
all’inizio della propria storia vocazionale e di avere poi
scommesso la propria vita a partire da quell’esempio,
da quella testimonianza. Non si è incontrato un eroe,
ma un uomo ed un prete fedele alla sua scelta, felice
del suo servizio, capace di far trasparire il volto di Gesù
nella ordinarietà della vita di una parrocchia, di una
comunità religiosa, di un cammino pastorale.
La prossima giornata di preghiere per le vocazioni
accetta quindi la sfida che si può essere buoni preti
anche oggi, testimoni credenti e credibili, non solo per
se stessi ma anche per nuove vocazioni al sacerdozio e
alla vita consacrata. n
23
ATTUALITà
attualità
La speranza di Spitalla
di p. Giovanni e sr. Cristina
S
«Poveri e abbandonati:
ecco i due requisiti che costituiscono un giovane come uno dei nostri,
e quanto più è povero e abbandonato, tanto più è dei nostri».
San Leonardo Murialdo (Scritti, V, p. 6).
Il forum pastorale è giunto alla terza tappa
- Incoraggiare nella Famiglia del Murialdo una
maggiore consapevolezza del nucleo centrale della
nostra azione pastorale-educativa: bambini e giovani
poveri e abbandonati.
- Sviluppare una cultura della solidarietà e della
missione in una prospettiva globale.
- Sostenere, diffondere e condividere le esperienze
positive che già si stanno realizzando al servizio degli
ultimi e incoraggiare la loro moltiplicazione.
Sono questi gli obiettivi ambiziosi che nel novembre
del 2008 hanno alimentato i lavori del “Forum Pastorale,
la Famiglia del Murialdo al servizio degli ultimi": un
processo di studio, condivisione, approfondimento e
stimolo, sul modo di proporsi con efficacia al servizio
dei giovani più poveri.
A partire da quella data, molta strada è stata
percorsa. Nella prima fase la costituzione di una
comunità virtuale, riunita attorno al Portale internet
della Famiglia del Murialdo, ha permesso a molte opere
di presentare le proprie attività e il proprio modo di
interpretare e concretizzare il carisma di S.L. Murialdo.
Tra aprile e maggio 2009 la comunità si è riunita poi
a Londrina in Brasile. Provenendo da ogni parte del
mondo, ha celebrato la sua dimensione internazionale
ed interculturale, dando seguito all’esperienza del
Seminario Pedagogico di Buenos Aires e anticipando
il grande appuntamento del prossimo maggio, che
vedrà la Famiglia del Murialdo raccogliersi di nuovo
insieme intorno all’urna di San Leonardo Murialdo a
Torino.
Ci troviamo ora nel pieno della terza tappa in cui
la FdM torna a confrontarsi e a riflettere sulla rete,
riprendendo e ampliando i temi trattati nella prima e
seconda fase.
Il sito http://forum.pastorale.murialdo.org propone
infatti non solo un approfondimento su ognuna delle
nove linee comuni di azione emerse come conclusione
al Forum di Londrina, ma anche le proposte educative
e pastorali che ogni Provincia religiosa e ogni settore
della Famiglia del Murialdo stanno presentando sul
“web” in sintonia con alcuni dei tipi di servizi che li
caratterizzano. Si cercherà di mostrare una visione
globale di quella realtà, delle sue sfide e problematiche,
delle modalità di lavoro e delle prospettive future del
settore. Chi vuole alimentare il dialogo e il confronto è
il benvenuto sul sito del forum. n
Francesco Farnesi
FORUM PASTORALE: in marcia
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Vita Giuseppina 4 2010
l
pitalla: è il nome
della periferia nord
di Durazzo (Albania),
zona
che
si
estende
considerevolmente
tra
il cimitero vecchio della
città e Porto Romano. Le
periferie delle grandi città
sono il naturale serbatoio
delle immigrazioni interne;
così anche a Spitalla con
l’avvento della democrazia
si sono riversate centinaia di famiglie provenienti dal
nord-est del Paese che, essendo zona montagnosa,
non offre condizioni di vita confortevoli. L’arrivo nel
nuovo ambiente si è presentato con difficoltà di ogni
genere, per le costruzioni arrangiate, le condizioni
igieniche precarie, l’inserimento sociale, l’affollamento
scolastico per i bambini, l’emigrazione diffusa.
Essendo Spitalla parte del territorio della parrocchia
“Santa Lucia”, mons. Damian Kurti con i Giuseppini vi
hanno creato due centri pastorali per la celebrazione
domenicale dell’Eucarestia e le attività di catechesi
e di animazione. In uno di essi, nella zona chiamata
palude, è in funzione un capannone in legno, con
a fianco una campana che rintocca per chiamare la
gente; nell’altro, in collina zona Repart Ushtarak, le
attività pastorali si svolgono in un piccolo container
in lamiera. La benedizione delle famiglie con la visita
alle singole abitazioni, svolta con l’aiuto delle suore
di Madre Teresa e di San Vincenzo, ha permesso di
riallacciare rapporti sociali, di conoscere le situazioni
reali della gente e di intervenire in modo adeguato.
L’aiuto economico, tramite l’organizzazione del
“sostegno a distanza”, mira soprattutto a ridare
speranza ai bambini meno fortunati, procurando loro
i mezzi necessari per un’alimentazione sufficiente e
per un inserimento adeguato nella scuola. Gli adulti
fanno fatica a trovare la via della pratica religiosa,
assolutamente negata al tempo del regime comunista;
tuttavia ogni anno si nota una crescita costante
nell’avvicinamento alla chiesa e alla frequenza della
messa domenicale e sono molte le famiglie che
Vita Giuseppina 4 2010
l
liberamente chiedono di
essere preparate a ricevere
i sacramenti dell’iniziazione
cristiana.
Lo scorso inverno, in due
punti diversi della zona, sono
partiti dei corsi di catechesi
per adulti. La sorpresa è stata
veramente grande quando
si sono presentati ai corsi
adulti con mille problemi,
mamme con bambini piccoli,
gente che lavora notte e giorno per farsi una casetta,
persone che arrivano di corsa col fiatone dal lavoro: in
poche parole, è gente che ha fatto grandi sacrifici per
imparare a conoscere la fede dei loro antenati e di cui
essi sono molto orgogliosi.
Ed eccoci al mese di novembre 2009: un mese di
grazia abbondante. Domenica 8 novembre sono
state battezzate 40 persone; insieme ai neobattezzati
ha fatto la Prima Comunione anche un bel gruppo
di ragazzi e ragazze. La celebrazione si è realizzata
non senza difficoltà a causa dell’esterno alluvionato.
Il piano in cemento della chiesa era l’unica cosa
all’asciutto in mezzo ad un lago di acqua. Il giorno
seguente, nella chiesa con-cattedrale di Santa Lucia,
12 coppie di battezzati il giorno prima, già sposate
civilmente, hanno celebrato il sacramento del
matrimonio.
Domenica 15 novembre è stata la volta delle cresime.
L’arcivescovo mons. Rrok Mirdita ha presieduto la
Santa Messa, amministrando il sacramento della
Confermazione a una cinquantina di persone, giovani
e adulti, tra neo-battezzati ed altri. L’arcivescovo ha
incoraggiato tutti a dare nella vita la propria bella
testimonianza con la forza dello Spirito Santo.
Infine, il giorno 23, a ricevere il battesimo sono
stati i bambini di quanti avevano ricevuto i sacramenti
nei giorni precedenti. I genitori si sono impegnati a
crescere i loro figli nella fede e nell’amore cristiano.
Al Signore lode e onore per le meraviglie che
va operando tra noi e a tutti l’augurio di buona
perseveranza! n
25
attualità
attualità
Terremoto
in Cile
Un confratello giuseppino
racconta i momenti
drammatici vissuti il 27
febbraio scorso.
Invitiamo tutti i nostri
lettori a sostenere le
famiglie delle Opere della
Famiglia del Murialdo
colpite dal terremoto.
oltre il pregiudizio dell’immigrazione
un film di Thomas McCarthy:
“L’OSPITE INATTESO”
U
n rendez-vous fatale ambientato a New York
e apparecchiato dal regista Thomas McCarthy.
Walter, stanco della routine universitaria, fugge
nella grande mela. Vorrebbe trovare rifugio in una
casetta che possiede laggiù, ma, infilate le chiavi
nella toppa, scopre che qualche furbetto ha affittato
l’appartamento al musicista siriano Tarek e alla sua
compagna, l’africana Zainab. Prevedibili sia l’imbarazzo
di questi ultimi che l’irritazione del primo. Un fastidio
che però si scioglie in curiosità che si fa sempre più
complice. Le persone, a guardarle negli occhi, non
spaventano più. Sicché non meraviglia il successivo
sviluppo di questo film, assai gradevole e benissimo
interpretato. I due uomini, diversi per età e cultura,
diventano amici mettendo ciascuno quel che può. Fino
a che la polizia arresta Tarek perché irregolare. Di fronte
alle regole pazzesche e al trattamento inumano verso
i clandestini (vero: tutto il mondo è, in questo ambito,
stupidamente paese), Walter continua ad assistere il
suo amico da fuori il carcere, ritrova la voglia di vivere
e il desiderio di non arrendersi. n
Maurizio Regosa
26
R
acconto, così come mi nasce, l’esperienza del
terremoto del 27 febbraio. È stata veramente
spaventosa. Avevo vissuto un’esperienza simile
nel febbraio del 1971, quando è caduta Tuscania.
Allora ero studente di teologia a Viterbo. È da allora che
quando sento qualche scossa, esco immediatamente
dagli edifici. Di scosse ne ho sentite tante finora, in
Italia, in Messico, in Ecuador, a Mendoza in Argentina
ed anche qui, in Cile. Ma questa volta è stato realmente
scioccante.
Mi sveglio al primo movimento del letto ed esco
subito nel cortile interno della casa. Devo aggrapparmi
a un tavolo per non perdere l’equilibrio. Sballottamento
e strepito sembrano non finire mai. Mi metto a pregare
a voce alta. È luna piena e intravedo come l’edificio
della casa regge bene, nonostante lo scuotimento
continuo e lo strepito di lamiere e di materiali che
cadono. Mentre prego, riesco a pensare alle persone
che vivono sui grattaceli o nelle case di “adobe”
(specie di grosso mattone crudo di fango e paglia).
Finiscono le interminabili scosse telluriche, rientro in
camera, prendo la torcia da campeggio, perché non
c’è corrente elettrica, mi vesto ed esco di nuovo.
Ci raggiunge subito la famiglia del factotum della
scuola, che vive in una casa di ‘adobe’, annessa alla
scuola. Stanno bene. Però i bambini hanno gli occhi
sbarrati dalla paura. Cile è una terra bellissima, diversa,
dal deserto ai ghiacciai, ma che porta nelle sue viscere
Vita Giuseppina 4 2010
l
distruggere. Perché non tutti rubano per prendere
questi ribaltamenti, dovuti alle placche che si scontrano
viveri di prima necessità, acqua, latte, biscotti, cibo in
a 30 km sotto la superficie.
generale. È il lato cattivo dell’uomo… Ma c’è anche
Guardo l’orologio, sono le 3:50. La strada di fronte,
l’altra faccia: gente solidale che aiuta e si aiuta; gente
via Santa Filomena, si riempie di gente. Si sentono le
che ha perso tutto, ma non la speranza di riprendersi.
prime sirene. Scorgiamo qualche bagliore. Ci viene
Gente che viene in chiesa a ringraziare il Signore, perché
in mente di avvicinare l’auto ed accendere la radio.
sono vivi. Famiglie di alunni che non potranno rientrare
Ascoltiamo le prime notizie, prima vaghe, poi sempre
mai più nella loro casa, ma che con soddisfazione hanno
più precise ed allarmanti. L’epicentro, secondo le
sentito che la loro scuola è rimasta intatta, a differenza
informazioni che arrivano dagli USA, si posiziona al
di altre inagibili. E tanti mi ripetono: “cominceremo di
sud, vicino alla città di Concepción. Gradi 8.8 della
nuovo, ce la faremo”.
scala Richter. È più grosso di quello di Haiti, commento.
E così si ricomincerà di nuovo la scuola fra otto
Chissà quante vittime!
giorni. Ci racconteremo le esperienze, condivideremo
Fratel Claudio ed io andiamo a vedere come stanno
le paure, e pregheremo per i morti, ma soprattutto
le vecchiette dell’opera “Casitas San José”, quelle che
per i vivi che hanno perso parenti e beni. Lanceremo
vivono nelle casette unipersonali della parte posteriore
subito una campagna straordinaria di solidarietà
del campo da calcio. Anche loro sono in piedi, piene
in occasione della quaresima e sono sicuro che
di paura, qualcuna con la corona in mano, parlando
raccoglieremo tanto.
concitate: “Stiamo tutte bene; grazie per essere venuti
Credo che questo è il vero Cile, che ha imparato
a vederci; ci dia la benedizione”.
dal suo santo, Alberto Hurtado a “dar hasta que te
Fratel Claudio con il suo cellulare - l’unico che
duela” (a dare fino che ti faccia male) .
funziona - riesce a mettersi in contatto con i confratelli
Ma c’è bisogno anche di una mano! n
delle altre tre comunità. Tutti bene, grande spavento,
specialmente a Valparaíso, dove la comunità vive al 4º
p. Franco Zago
piano; qua e là qualche danno,
non strutturale, vetri rotti, statue al
suolo, calcinacci, polvere. Manca
la corrente, per cui ascoltiamo le
notizie dalla radio dell’auto. Le
informazioni sono ancora confuse
e lo saranno per tutta la giornata.
Trenta morti, una cinquantina,
più di ottanta ed in aumento…
Pericolo di tsunami… case, negozi
e campeggi lungo la costa rasi al
suolo. Barche da pesca e container
in mezzo le vie. Morti e dispersi.
Oggi, lunedì primo marzo, a due
giorni dal cataclisma, posso dire
che quello che più mi colpì è stata
la durata. Due minuti, dicono. Un
tempo interminabile per chi vive
questa esperienza.
Ma anche se la parte più
Per sostente le famiglie colpite dal terremoto del Cile si può utilizzare il bollettino
drammatica sembra passata,
postale di Vita Giuseppina o fare un bonifico bancario
sorgono altri aspetti, impensabili
con la causale: Aiuti per il terremoto in Cile.
prima. I saccheggi dei negozi.
C.C.P. 62635008 - IBAN: IT 37 O (lettera) 076 0103 2000 0006 2635 008
Vandali e sciacalli che approfittano
delle disgrazie per rubare e
Vita Giuseppina 4 2010
l
27
nella casa del padre
nella casa del padre
Padre Michele Palmieri
Padre Vittorino Pisi
ë Bagnoli (Napoli), 12 gennaio 1924
+ Lucera (Foggia), 27 febbraio 2010
ë Venezia, 17 settembre 1919
+ Lonigo (Vicenza), 16 marzo 2010
Da tempo ormai era sofferente; si è ultimamente aggravato, amorevolmente
assistito dai confratelli della comunità ed ex-allievi; la mattina di sabato 27 febbraio
il Signore lo ha fatto partecipe della sua Vita.
Padre Michele era nato a Bagnoli (NA) il 12 gennaio 1924: aveva dunque appena
compiuto 86 anni. Aveva iniziato il suo cammino vocazionale a Viterbo con la scuola
media ed il postulato, per poi passare in noviziato a Vigone nel 1939; qui, l’anno
seguente, ha fatto la sua professione religiosa. Ha frequentato la scuola superiore
in parte a Sommariva Bosco - era scoppiata la guerra e non si riusciva a viaggiare…
- ed in parte a Ponte di Piave. Nel 1943 inizia il periodo di magistero alla Colonia
Agricola di Sezze, per passare poi, a Foggia, per gli altri due anni: qui, nell’Opera San Michele, professa in perpetuo
nell’agosto del 1945. Dopo gli studi teologici a Viterbo, qui viene consacrato sacerdote il 4 marzo 1950: si stavano
preparando i festeggiamenti per i 60 anni di ordinazione! Rimane per un anno nel teologato di Viterbo, svolgendovi
il compito di economo; è quindi insegnante a Santa Marinella ed al Centro Sant’Antonio, nei pressi di Roma, dal
1951 al 1953; ritorna a Viterbo, all’Istituto Divina Provvidenza, ancora economo e, dal 1956 al 1958, direttore;
un anno come direttore a Segezia, per passare nel 1959, definitivamente, a Lucera. E diventa parte ed artefice
della storia e della vita dell’Opera San Michele: 50 anni di presenza discreta, non in primo piano, ma fattiva, sia
nella costruzione dell’opera, come economo, sia come presenza animatrice di attività e formazione: i suoi giovani
ricordano con simpatia i campeggi… Chi lo ha incontrato in questi anni ha sentito il suo cuore buono, tenero, pur
sotto la “scorza” di un fare burbero.
Il 22 ottobre scorso il Consiglio Comunale di Lucera ha insignito p. Michele della cittadinanza onoraria, “quale
riconoscimento, doveroso e sentito, per l’opera svolta in favore della gioventù lucerina nel corso di 50 anni di
permanenza a Lucera”. è stata la testimonianza entusiasta da parte della popolazione di una città per una vita
“spesa” per tutti. La sua salma riposa nel cimitero comunale di Lucera.
Padre Silvio Lievore
Martedì 16 marzo è tornato alla Casa del Padre p. Vittorino Pisi della comunità di
Montecchio Maggiore. Era nato a Venezia il 17 settembre 1919: aveva dunque già
oltrepassata la soglia dei 90 anni. Dopo il periodo di postulato vissuto a Montecchio
Maggiore (VI), era entrato in noviziato a Vigone nel settembre del 1934 e vi aveva
emesso la professione religiosa il 19 settembre 1935. Frequentati gli studi di filosofia
a Ponte di Piave e svolta l’esperienza del magistero a Riva del Garda (1938-41), aveva
professato in perpetuo a Montecchio il 27 settembre 1941. Ha svolto gli studi di
teologia prima a La Quercia (VT), quindi, gli ultimi due anni, nel seminario di Venezia,
dove, il 10 giugno 1945 è stato consacrato sacerdote. Dopo un anno di insegnamento a Ponte di Piave, nel 1946
è partito per l’Argentina: Morrison (1946-48); Mendoza (1948-50) come maestro dei novizi; Requinoa (195051), come direttore e parroco; Mendoza (1951-55); Villa Bosch (1955-56), come direttore e parroco. Nel 1956
rientra in Italia ed è padre spirituale nell'Istituto di Albano per due anni; quindi viene nominato parroco di S.
Tito, a Roma, fino al 1961, quando passa in Spagna: direttore a Sigüenza, quindi a Orduña, dove è direttore dal
1963 al 1966, economo fino al 1969 e maestro dei filosofi nel 1969-70. Altra tappa: dal 1970 al 1972 è padre
spirituale nel seminario di San Giuseppe Vesuviano; quindi, fino al 1978, direttore e parroco nella comunità di
Napoli. Ritorna ancora a Orduña dal 1978 al 1981; poi di nuovo nel ministero parrocchiale a Taranto (1981-82) ed
a Rossano. Nel 1989 lascia nuovamente l’Italia per trasferirsi in Messico, ad Hermosillo, dove dal 1989 al 1993 è
direttore e parroco e vi rimane, poi, impegnato nel ministero pastorale, fino al 1996, quando i problemi di salute
lo costringono a rientrare in Italia, entrando a far parte della comunità di Montecchio: l’ultima sua tappa.
È stato “un grande giuseppino”, un pioniere in vari ambienti dove ha prestato la sua opera. Anche solo le
“tappe” della sua vita ne sono una testimonianza; ma, soprattutto, la sua è stata una vita intensamente spesa a
servizio dei giovani. Negli ultimi tempi la sua salute non destava particolare preoccupazione. Il mattino di martedì
16 marzo è stato trovato a terra in stanza, vittima di un’ischemia cerebrale. Portato subito all’ospedale di Lonigo
(VI), sembrava superare la crisi, dando segni di ripresa; ma verso sera ha raggiunto la casa del Padre. I funerali si
sono svolti nella chiesa parrocchiale di Montecchio Maggiore e qui è stato sepolto nella cappella di congregazione.
La Famiglia del Murialdo in Cielo
ë Carrè (Vicenza), 10 gennaio 1922
+ Thiene (Vicenza), 23 marzo 2010
Nella notte di martedì 23 marzo 2010, il Signore ha chiamato a Sé p. Silvio
Lievore, della comunità di Thiene. Era nato a Carré (Vicenza) il 10 gennaio 1922: 88
anni compiuti. Ha iniziato il suo cammino di formazione nella congregazione con
il postulato vissuto a Montecchio Maggiore, il noviziato a Vigone e la professione
religiosa alla fine dell’anno, a Vigone, nel settembre del 1942. Svolse gli studi filosofici
a Sommariva Bosco ed a Ponte di Piave; visse l’esperienza del magistero a Venezia,
dal 1945 al 1947; professò in perpetuo a Montecchio Maggiore il 9 agosto 1947; a
Viterbo, dopo gli studi teologici, fu ordinato sacerdote il giorno 8 marzo 1952.
Ritornò a Venezia per iniziare il suo apostolato da sacerdote e vi rimase fino al 1961. Un breve passaggio nella
parrocchia a Padova e quindi, nel 1962, a Thiene, che è stata l’opera di tutta la sua vita, alla quale ha dedicato
tutte le sue energie.
Con il crescere dell’età la malattia è diventata la sua compagna quotidiana: varie volte si è trovato in pericolo
di vita. Alla fine è passato dal sonno alla vita eterna: i confratelli lo hanno trovato al mattino ormai privo di vita.
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Vita Giuseppina 4 2010
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Ângela Tadiello Galiotto, sorella del giuseppino fr.
Valdomiro Tadiello, della comunità di Caxias do Sul C.T.S., morta
il 17 febbraio.
Giuseppe Dalla Vecchia, fratello di p. Bruno, della comunità
di Santa Margherita Ligure, morto il 17 febbraio, a 86 anni di età.
Rita Tamanini, mamma di p. Marco Dematté, della comunità
di Trento, morta il 16 febbraio a Trento, a 82 anni di età.
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18-20 febbraio 2010
Teologico San Pietro
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MESSICO
VITERBO
Convegno
“Abitare il limite”
Il tema del convegno è stato il
rapporto tra identità e alterità,
ossia la relazione con l’altro, il
differente, il diverso.
nel
inserisce
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convegno
Il
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educa
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quest
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dibattito
e antropologica che attraversa la
cultura attuale e vuole entrare
in esso a partire da una precisa
prospettiva: quella appunto del
limite come possibilità e risorsa
per riconciliarsi con la propria
finitezza e per fare esperienza
autentica di accoglienza dell’altro
e di sé.
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Vita Giuseppina 4 2010
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Vita Giuseppina 4 2010
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flash di vita
flash di vita
ECUADOR
DAL 14 AL 18 MARZO. ISTITUTO SAN PIETRO.
TENA. 26 febbraio 2010
I “fratelli” giuseppini della Provincia
Italiana si sono riuniti per una tre
giorni di formazione sotto la guida del
Superiore provinciale e di fratel Pietro
Sto dei fratelli Maristi. Nella foto da
sinistra in alto: Franco Assogna, Piero
Casotto, Antonio Santonico, Paolo
Pattarello, p. Tullio Locatelli, Giuseppe Zana; in basso da
sinistra: Angelo Benvivi, Valeriano Maragno, diac. Alberto
Mazzola, Luigi Carusillo.
Inaugurazione della
“terzara planta” del
Centro Preventivo Ubaldo
Bonuchelli alla presenza
delle autorità civili e
religiose.
VITERBO
CONEGLIANO ODERZO TREVISO
23 FEBBRAIO 2010
Le tre comunità giuseppine situate in provincia di Treviso (Conegliano, Oderzo,
Treviso) si sono incontrate per la seconda volta, dopo l’incontro di ritiro prenatalizio, per il ritiro comunitario. La riflessione è stata impostata come
condivisione fraterna sull’anno sacerdotale.
ROMANIA
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21 FEBBRAIO 2010
Abbiamo avuto tra di noi a
Roman il Padre generale d. Mario
Aldegani per la visita canonica. La
sua presenza è stata un’occasione
per fare il punto sulla situazione
dell’opera e della comunità
di Roman e per incontrare le
persone, i collaboratori, i giovani
ed i ragazzi che vivacizzano e
concretizzano la nostra realtà
giuseppina, in particolare il Centro
Educativo.
Vita Giuseppina 4 2010
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DOMENICA 14 MARZO, presso la
cappella del Seminario diocesano
di Viterbo, durante l’eucarestia
presieduta da S.E. Mons. Lorenzo
Chiarinelli, i confratelli studenti di
teologia dell’Istituto San Pietro di
Viterbo hanno ricevuto i ministeri.
Hanno ricevuto il Lettorato: Joshio
Lizarraga (Messico), Joshy Renjem
Wilfred (India), Anuraj Pradeep Bhavan
(India), Pier Paolo Fanelli (seminarista
diocesano). Hanno ricevuto l’Accolitato:
Napoleon Esquivel (Ecuador), Eduardo
Leon (Chile), Justin Berkmans (India),
Denson Ithiparambil (India), Edward
Kanu (Africa).
A C C O L IT I
LETTORI
THIENE
4 MARZO 2010.
Presso la cappellina della comunità p. Italo Sarollo
ha celebrato il 60mo anniversario di ordinazione
sacerdotale assieme al padre Marcello Revrenna,
attorniati da confratelli, collaboratori, parenti ed amici.
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c o n t r o l u c e
NEL MONDO:
Giovanni Paolo II
IN ITALIA:
“No al razzismo!”
Dal 15 al 21 marzo l’UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali) ha promosso la sesta “Settimana di azione
contro il razzismo”, in occasione del 21 marzo, dichiarata
dall’Assemblea generale delle Nazioni unite nel 1967 “Giornata internazionale contro qualsiasi forma di razzismo e di
discriminazione”, per conservare e diffondere la memoria
del 21 marzo 1960, quando, nella città di Sharpeville (Sudafrica) la polizia aprì il fuoco uccidendo 70 manifestanti che
protestavano pacificamente contro le leggi razziste emanate dal regime dell’apartheid.
Fonte: www.unar.it
“Compagno di viaggio per l’uomo
di oggi” così Papa Benedetto XVI
ha definito Giovanni Paolo II nella
celebrazione del quinto anniversario
della sua morte (2 aprile 2005).
“Sapeva di essere stato preso per
mano dal Signore - ha sottolineato
il Papa - e questo gli ha consentito
di esercitare un ministero molto
fecondo... di donarsi in modo
generoso, senza riserve, senza
misura, senza calcolo”. Il 19 dicembre
2009, con un decreto firmato da
Papa Benedetto XVI che ne attesta
le virtù eroiche, Giovanni Paolo II è
stato proclamato venerabile.
Fonte: www.agensir.it
la foto del mese
È una foto trovata tra
i ricordi di p. Michele
Palmieri. Risale all’agosto
1958 e siamo all’opera
“San Giuseppe Artigiano”,
detta “Il Villaggio”, di
Viterbo. Al centro si
trova il “gigante buono”
Primo Carnera. Quindi i
confratelli (da sinistra in
piedi): ch. Luigi Carletti,
ch. Dante Cecconi, p.
Michele Palmieri, p. Sante
Gigante, p. Luigi Pierini, p.
Fedele Campana. Davanti
a Primo Carnera i chierici
Sergio Parea e Michele
Campanelli.
San Giuseppe...
Arrivò a piedi in Egitto:
padre “sportivo”più che putativo
Ogni anno, il 19 marzo, la Chiesa cattolica ricorda la figura di san
Giuseppe. Un personaggio che nel racconto dei Vangeli è quasi una figura
di riflesso che esiste per la luce che gli dà la presenza di Maria. L’unico
dato certo è il suo arrivo a Betlemme per il censimento obbligatorio, e poi
quel suo camminare nel deserto per fuggire alla prepotenza di Erode e
mettere in salvo la sua famiglia e il ritornare infine a Nazareth, la sua terra
d’origine, dove faceva il falegname.
Non è poco, si può dire, se non si pensa che nella storia della sacra
famiglia egli non pronuncia parola e che il figlio che aveva il compito di
salvare il mondo non lo nomina mai.
La figura di questo uomo certamente buono sparisce nel silenzio in cui
era vissuto senza rumore, senza il ricordo di un rimpianto. Allora tutto
quello che si conosce di Giuseppe lo abbiamo costruito noi attraverso
secoli di preghiera e forse di ricerca storica, che ci ha dato pochi risultati certi.
Il suo culto ufficiale si è sviluppato molto tardi, ve ne è traccia in Oriente nel IV secolo presso i copti mentre
in Occidente se ne ha notizia verso i secoli IX e X. Chi ne parlò a lungo e con passione furono san Tommaso,
santa Brigida e infine santa Teresa di Gesù. Nel 1538 venne fondata a Roma la Confraternita di san Giuseppe dei
falegnami, che eresse una chiesa al suo patrono. Infine la congregazione dei riti, per volontà di papa Pio IX, dichiarò
San Giuseppe patrono della Chiesa universale.
Mi pare non ci sia una ragione precisa per la scelta della festa di san Giuseppe nella data del 19 marzo, visto che
non si conosce neppure il giorno della sua morte. In quanto poi alla descrizione fisica, anche se egli appare sempre
nelle rappresentazioni della natività, ogni autore è ricorso più alla sua fantasia che a dati storici.
La nostra iconografia di popoli occidentali ha raffigurato sempre questo padre protettore della vita umana di
Cristo immaginandolo già avanti nell’età, senza pensare che ciò era in contrasto con un lavoro certamente pesante
che conduceva allora per la sua famiglia, non solo, ma era capace di raggiungere l’Egitto a piedi partendo da
Gerusalemme ( cf. immagine sopra del Verri).
Sarebbe piaciuto a tutti noi avere una descrizione più attenta non solo di quel Gesù Bambino nato in un paese
povero quando le comunicazioni avevano la lentezza del cammino nella polvere e tutto prendeva forma solo sulla
parola non scritta. Né gli evangelisti pensarono di descrivere i colori, le vesti, l’aspetto di quella giovane donna
chiamata Maria, occupati com’erano nel ricordare e trasmettere le parole, gli insegnamenti del Maestro. Essi hanno
scritto l’essenziale, quasi preoccupati di non ricordare ogni cosa senza perdersi in descrizioni d’ambiente o di
personaggi che sarebbero stati fonte di distrazione. Non pensavano a futuri lettori, ma a cercare discepoli.
Oggi che ci stiamo costruendo un mondo tanto diverso, che ci sentiamo ormai capaci di raggiungere la
radice della vita e abbiamo così poco rispetto del mistero, la storia di San Giuseppe curvo a difendere
il piccolo Gesù ci sembra lontana e non ci chiediamo più se aveva la barba o un giglio in mano.
Anche chi va in chiesa fa offerte e chiede grazie a sant’Antonio o a padre Pio. A San Giuseppe
si mangiano i bignè.
Maria Romana De Gasperi
Rubrica: Ieri e domani - Avvenire, 7 marzo 2009
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Vita Giuseppina
nel prossimo numero...
Attualità
Il Murialdo nella stampa
Reportage
nuova biografia del Murialdo
MURIALDINE
”Arcidevotissimi di MAria”
Dio ha scelto me! Egli mi ha chiamato, mi ha perfino forzato all’onore,
Deus me escolheu! Ele me chamou, até forçou-me à honra,
alla gloria, alla felicità ineffabile di essere suo ministro,
à glória, à felicidade inefável de ser seu ministro,
di essere “un altro Cristo”, di essere “dopo Dio un Dio terreno”
de ser um “outro Cristo”, de ser “depois de Deus um Deus na terra”
(dal Testamento Spirituale di san Leonardo Murialdo).
God chose me! He called me, I was even forced to the honor,
Dios me ha elegido! él me ha llamado, incluso me ha forzado al honor,
to the glory, to the ineffable happiness of being his minister,
a la gloria, a la felicidad inefable de ser su ministro, de ser “otro Cristo”,
to be “another Christ”, to be “after God, a God on earth”
de ser “después de Dios un dios terreno”
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"Vita Giuseppina" di Aprile 2010 - Giuseppini del Murialdo