Anno CXVI - N. 4 Aprile 2010 - POSTE ITALIANE SPA - SPEDIZIONE IN A.P. D.L. 353/03 (CONT. L.46/04) ART. 1 COMMA 2, DCB - FILIALE DI ROMA aprile 2010 Vita Giuseppina4 M e n s i l e d e i g i u s e p p i n i d e l m u r i a l d o n. anno sacerdotale “Io sono il buon pastore...” 1 L’orizzonte Deboli colonne del cielo di don Mario Aldegani Padre generale H o avuto diverse occasioni, nel corso di questo “Anno Sacerdotale”, di riflettere e di far riflettere i miei confratelli sul tema del sacerdozio. Per trovare la giusta ispirazione sono andato a rivedermi che cosa San Leonardo Murialdo pensava del suo sacerdozio e come parla della sua vocazione sacerdotale quando, nel Testamento Spirituale, egli rilegge tutta la sua vita. Egli ritiene anzitutto che la vocazione sacerdotale è un “dono”, grandissimo e del tutto immeritato, che il Signore gli ha concesso. “Che cosa renderò al Signore per quanto mi ha dato?” Con questa espressione, tratta dal Salmo 115, incomincia la pagina del Testamento Spirituale nella quale il Murialdo ripensa alla sua vocazione sacerdotale, e la racconta così: “Il buon Dio, veramente buono con me, mi ha quasi forzato a seguire le due più sublimi vocazioni che ci siano al mondo: quella sacerdotale e quella religiosa”; “Dio mi ha chiamato, mi ha perfino forzato all’onore, alla gloria, alla felicità ineffabile di essere un altro Cristo”. Credo che ogni sacerdote, nel profondo del suo cuore, pensi soprattutto questo: chi sono io per essere un sacerdote di Cristo nella Chiesa? Ognuno di noi conosce e riconosce la sua povertà e, a volte, l’indegnità della risposta al dono, la sua pochezza rispetto alla grandezza del compito che Dio gli ha affidato e vive ogni giorno del suo sacerdozio nel respiro della gratitudine, nell’abbandono alla fedeltà di Dio e alla sua misericordia. “I preti: le deboli colonne del cielo”. In questa espressione del poeta Novalis c’è tutto il mistero di cui il Murialdo, e un po’ ogni sacerdote, sentono il peso e la grazia: la coscienza della propria fragilità e, contemporaneamente, la consapevolezza della straordinaria grandezza dell’impegno assunto. Dentro questa duplice certezza si fa largo ogni giorno di più la coscienza della responsabilità che abbiamo, davanti ai nostri fratelli, nel popolo di Dio: dal prete le persone si aspettano la parola che consola e che incoraggia, l’esempio che sostiene nelle difficoltà… “Il tuo sacerdozio - scriveva David Maria Turoldo - è un’oasi dove essi hanno il diritto di approdare dalle loro fatiche”. Sono prete da 30 anni. Proprio in occasione dell’anniversario della mia ordinazione sacerdotale pensavo che… ho portato Gesù in tanti posti del mondo, soprattutto negli ultimi anni e, spesso, anche oltre le mie capacità e le mie stesse intenzioni; forse, per mezzo mio, la Sua grazia ha toccato i cuori delle persone. In realtà, ogni giorno, è stato Lui a “portarmi”: neppure per un attimo la Sua Forza e il Suo Amore mi hanno abbandonato. E mi sono sentito “portato” ogni giorno dalla preghiera e dall’affetto di tante persone… Tutti noi sacerdoti, “deboli colonne del cielo”, abbiamo bisogno della vostra preghiera, della vostra fede e forse anche del vostro perdono. n Per aderire al Sostegno a Distanza potete fare una donazione di 155,00 euro annui sul conto corrente postale n. 30836035 - Intestato a ENGIM - Causale: Sostegno a Distanza. Oppure fare un bonifico su Banca Prossima SPA - Intestato a ENGIM Onlus. Codice IBAN: IT15R 03359 01600 100000004903, con la stessa causale. L’ENGIM è una ONG e una ONLUS quindi tutte le offerte inviate sono deducibili fiscalmente. Vita Giuseppina 4 2010 l 3 l’orizzonte Deboli colonne del cielo di p. Mario Aldegani 5 grandangolo Preti di Giuseppe Novero 6 reportage 10 Anno sacerdotale a cusa della redazione uomini di dio p. Angelo Cuomo di p. Angelo Catapano 11 anno sacerdotale Un sogno realizzato di p. Francisco Ricardo Luz 12 san leonardo murialdo Una nuova organizzazione di p. Giuseppe Fossati 13 ci scrivono 14 voce Ai giovani Quando guardo quegli occhi... di p. M. Rocchi e allievi di Oderzo 16 Fdm Verso l’Incontro Internazionale 17 vita giovani IN FAMIGLIA Essere una famiglia affidataria a cura di una famiglia affidataria 22 murialdine La verità della famiglia di sr. Emma Bellotto 21 23 grandangolo In copertina Vita Giuseppina aprile 2010 n. 4 L’accostamento della “storica” ordinazione dei Giuseppini del 1950, avvenuta a Viterbo nella Chiesa di Santa Rosa, con una delle più recenti, quella di P. anno sacerdotale Francisco Ricardo Luz, avvenuta in Brasile “Io sono il buon pastore...” nel gennaio del 2010: la storia continua... Viterbo. La ordenación sacerdotal del año 1950. En la foto de abajo, P. Ricardo Luz, ordenado sacerdote en Pacotì, Brasil, el 23 de enero de 2010. Viterbo. A ordenação sacerdotal do ano de 1950. Na foto abaixo, Pe. F. Ricardo Luz, ordenado sacerdote em Pacoti (CE), Brasil, no dia 23 de janeiro de 2010. Viterbo. Priestly ordination of year 1950. In the picture below, Fr. F. Ricardo Luz, who has been ordained in Brazil, on January 23, 2010. Anno CXVI - N. 4 Aprile 2010 - POSTE ITALIANE SPA - SPEDIZIONE IN A.P. D.L. 353/03 (CONT. L.46/04) ART. 1 COMMA 2, DCB - FILIALE DI ROMA sommario 3 M E N S I L E D E I G I U S E P P I N I D E L M U R I A L D O Vita Giuseppina mensile dei giuseppini del murialdo anno CXVI - aprile 2010 n. 4 Direttore responsabile Giuseppe Novero Redattore M. De Summa Redazione M. Aldegani - A. Santonico - M. Regosa - U. Maggiore Segreteria F. De Summa - A. Romozzi Editing G. Rocchetti Collaboratori grafici A. Aimetta - G. Marzano - M. Villalba - S. Girodo Progetto grafico S. Aureli Versione on-line I. Soncini - S. Agazzi Direzione e amministrazione Via Belvedere Montello, 77 00166 Roma - Tel. 066247144 - Fax 066240846 - [email protected] www.giuseppini.org - www.murialdo.org Autorizzazione del Tribunale di Roma 26-7-1954 -n. 4072 del Registro della Stampa. 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Causale: abbonamento a Vita Giuseppina. IBAN: IT 37 O (lettera) 076 0103 2000 0006 2635 008 A l termine della Messa domenicale il mio parroco ha introdotto l’abitudine di invitare l’assemblea ad un’ultima preghiera per tutti i sacerdoti: è un modo semplice, ma significativo, per ricordare quest’anno sacerdotale. Quanti preti abbiamo conosciuto nel corso degli anni? Dal vecchio parroco, all’insegnante di religione, passando magari attraverso qualche parente o amico, tutti abbiamo incrociato una figura religiosa. Sui banchi di scuola ci siamo imbattuti nel padre Cristoforo del Manzoni, nel vescovo Myriel dei “Miserabili” di Victor Hugo, capace di toccare il cuore di Jean Valjean, fino al giovane curato di Bernanos dove “tutto è grazia”. Ma anche la cinematografia ci ha presentato soggetti religiosi: dal padre Logan di Hitchcock (che difende il segreto della confessione), ai missionari del Paraguay e così via, fino agli sceneggiati tv. Molti preti li abbiamo affiancati, per periodi più o meno lunghi. Alcuni sono stati importanti nella nostra formazione, hanno giocato in oratorio con noi (come cantava Celentano), alcuni li abbiamo ammirati, altri criticati. Ma non ci sono mai stati indifferenti. Semmai molte critiche sono proteste deluse. Chi critica, chi contesta senza aver preconcetti, è perché spesso misura l’altezza del messaggio che da lì viene annunciato al mondo e che vorrebbe sempre testimoniato in modo eroico. Ma quando questo avviene, ancora oggi e in modo drammatico in molti paesi, non fa notizia, se non per un attimo. E allora ricordiamoli questi preti, al termine di quest’anno a loro dedicato. Da loro continuiamo a pretendere molto. Pretendiamo i sacramenti come si richiede la ricetta dal medico di base. Vogliamo che siano disponibili sempre, ma li lasciamo spesso soli ad occuparsi di scartoffie. E ricordiamo quelli che ci sono passati a fianco. Ho letto in questi ultimi tempi il libretto stampato a suo tempo per il padre Egidio Bianchi, giuseppino morto a 97 anni, come un patriarca. “Lui per sé non esisteva”, ne ha scritto p. Adelio Cola, “non chiedeva niente di superfluo, non aveva bisogno di niente; era contento di tutto e di tutti… aveva scelto di vivere sconosciuto e di non essere considerato”. “Era felice di passare inosservato”, aggiunge p. Franco Verri, “di essere dimenticato. Lo svuotamento di sé lo rendeva aperto a tutti”. Proprio per questi motivi non dimentichiamoci dei nostri preti e, magari, qualche volta, ringraziamoli. n Vita Giuseppina 4 2010 l 5 reportage reportage anno sacerdotale “io sono il buon pastore” - anno sacerdotale “io sono il buon pastore” - anno sacerdotale 1974. Viterbo. Concelebrazione dei novelli sacerdoti. Nella foto: Leonardo Rigoni, Giuseppe Menzato, Solideo Poletti, Guglielmo Mauro, Mariano Zenere, Gino Pittarello (Padre Maestro), Vincente Novoa, Gino Cia, Mauro Peserico, Franco Zago. 1974 1947 1947 – 1 marzo. Chiesa di Santa Rosa di Viterbo. Ordinazioni sacerdotali. Da sinistra a destra: Armando Bridaroli, Bruno Bison, Giovanni Pizzutto, mons. Adelchi Albanesi, Michele Ventrella, Carlo Berti, Mario Lago, Nello Masini. 1963 – 30 marzo. Viterbo. I novelli sacerdoti. Nella foto: Flavio Allegro, Michele Campanelli, Vinicio Crema, Honorino Dall’Alba, Vittorio Garuti, Giuseppe Giaccone, Siro Lazzari, Dante Maculan, Giacomo Maggini, Paolo Mietto, Achilleo Montorio, Sergio Parea, Attilio Sasso, Silvano Schiavo, Antonio Volpato, Domenico Zanon. 1948 1948 – 21 febbraio. Viterbo. I novelli sacerdoti. In alto: Ulderico Didomnicantonio, Francesco Donaggio, Antonio Dalla Pozza, Francesco Piacentini. In basso: Nicola Ammirati, Giovanni Furbatto, Girolamo Freschi, Giuseppe Bevilacqua, Gastone Borghesi. Seduto: Vincenzo Minciacchi. 1977 - 18 marzo. Cattedrale di Viterbo. Ordinazioni sacerdotali. Da sinistra: Domenico De Faveri, Agostino Petroselli, Giampaolo Virgilli, Giovanni Salustri, Elio Rossetto. 1969 - 28 giugno. Vicenza. Ordinazioni sacerdotali. Da sinistra: Giacomo Berti, Tarcisio Riondato, Agostino Montan, Silvano Cazzola. 1977 1985. Parrocchia San Leonardo Murialdo di Viterbo. Concelebrazione dei novelli sacerdoti ordinati 25 anni fa. 1963 6 1969 Vita Giuseppina 4 2010 l 1985 Vita Giuseppina 4 2010 l 7 reportage rEportage 1950 1950. Viterbo. I novelli sacerdoti ordinati nel 1950, molti dei quali festeggiano in cielo il loro 60° anniversario di sacerdozio: Ferruccio Badesso, Bruno Beato, Mario Beltrami, Bruno Bisello, Ferruccio Buson, Antonio Caneva, Olimpio Cavalleris, Arturo Censi, Mario Del Pio, Dario Gallizio, Michele Gilardi, Aldo Marengo, Michele Palmieri, Bruno Paroletti, Marcello Revrenna, Narciso Rezzadore, Italo Paolo Sarollo, Vittorio Scarano, Radames Segalina, Lorenzo Terrando, Americo Vari, Girolamo Zanconato, Palmiro Zanellato, Giacomo Pistone, Francesco Ivaldi, Antonio Baggio, Alejandro Almachi, Luigi Maestrello, Pedro Moncayo, Leonardo Morales, Riccardo Nardi, Luigi Rizzo. 1975 1975 – 15 marzo. Cattedrale di Viterbo. Ordinazioni sacerdotali. Da sinistra: Renzo Sartori, Mario Pesci, Luciano Chisté, Giovanni Vanzo, mons. Luigi Boccadoro, Mario Biancosino, Giovanni Martelli, Giovanni Lionetti, Giuseppe Locatelli. 1980 1980 - 22 marzo. Cattedrale di Viterbo. Ordinazioni sacerdotali. Da sinistra in basso: Antonio Barone, Carlo Fasano, Giambattista Nicolato, Giorgio Gelmini, Sereno Cozza, Pietro Rota, Sandro Picco; in seconda fila, sempre da sinistra: GianMario Negro, Luigi Cencin, Giuseppe Taveri, il vescovo ordinante Mons. Luigi Boccadoro, Michele Balduzzi, Claudio Iori, Pasquale Pagliuso, Mario Aldegani. 1960 1960. Viterbo. Tre ordinati dell'anno 1960 e ai lati padre Vincenzo Minciacchi e padre Antonio Boschetti. Al centro il vescovo ordinante mons. Adelchi Albanesi. anno sacerdotale “io sono il buon pastore” - anno sacerdotale “io sono il buon pastore” - anno sacerdotale 8 Vita Giuseppina 4 2010 l Vita Giuseppina 4 2010 l 9 uomini di dio anno sacerdotale Un sogno realizzato Padre Angelo Cuomo L’ esistenza di padre Angelo Cuomo (San Giuseppe Vesuviano 1915 – Lucera 1990) si presenta semplice e cristallina. I suoi confratelli giuseppini lo hanno visto più che altro come Superiore, Provinciale o locale; i suoi concittadini di elezione, a Lucera (Foggia), come il fondatore e animatore dell’Opera san Giuseppe. In realtà questi sono solo due tratti, forse i più appariscenti, ma riduttivi, di due segmenti della sua vita, che si presenta ben più complessa. In profondità padre Angelo appare – ed è un po’ una scoperta – con la stoffa del santo, sia per una vita interiore limpida e forte, sia per una dedizione di amore illimitato. Colpisce la dirittura d’animo che lo contraddistingue in ogni circostanza, a cominciare dalla giovinezza e dal momento della consacrazione religiosa nella congregazione dei Giuseppini del Murialdo, fino a tutto il suo ministero sacerdotale di quasi cinquant’anni. Il grido di Cristo in croce “ho sete” si fissa nella sua mente come bisogno estremo del dono che viene dall’alto e che deve essere riversato ai fratelli. Una passione per il Signore e per la preghiera, la sua, che va oltre il normale e indica continuamente il divino, con una nostalgia tale, espressa in tante occasioni, che deve aver misteriosamente assaporato in modo incredibile. Un amore per Dio, indubbiamente da Lui ricevuto, che non si stanca in ogni modo di trasmettere, con la sua “anima di fuoco” e il suo cuore ardente, con un’insoddisfazione per quanto riesce a dare e a comunicare, che “non gli dà pace mai”. Una fede nell’amore provvidente del Padre celeste, nella tenerezza materna della Madonna e nell’aiuto specialissimo di san Giuseppe, che l’accompagna sempre, anche quando si trova nella tempesta e i venti soffiano contrari. Una carità di apostolo con il prossimo, che trabocca la misura nel suo “farsi tutto a tutti per guadagnare tutti a Cristo”, nel suo mettersi in ogni momento “a disposizione” con i fatti e nella verità. Un legame decisivo con i giovani, sempre amati e serviti, con una presenza d’affetto e di amicizia, con una costante fedeltà e una grande sincerità: sono loro “gli amici” che ha scelto e a cui dare la vita nella sua missione di giuseppino. Un’umiltà che lo ha portato a farsi servo dei confratelli, dei giovani e di 10 tanta gente, ad apparire e a scomparire secondo la volontà di Dio del momento, a soffrire e a mortificarsi, a lavorare in silenzio nei cuori, nel nascondimento e in povertà. Una linearità ed una essenzialità in tutto ciò che ha detto e ha fatto, che ce lo presenta come un uomo forte, che sa bene dove andare e dove portare, che non perde di vista la bussola puntata sulla direzione intrapresa, sulla misura alta della vita cristiana verso l’ideale della santità. Un’intraprendenza e una praticità che ne fanno una personalità tenace e creativa, concreta e operativa sul piano dell’azione, audace e volitiva, indubbiamente realizzatrice. Una bontà e un’affabilità, con un sorriso e un ottimismo trascinatore, che crea un campo magnetico attraente verso Dio e un alone di simpatia umana invidiabile. Pare emergere dunque un padre Angelo inedito e sconosciuto a molti, che vale la pena incontrare e ascoltare, attraverso il racconto della sua vita e la lettura dei suoi scritti. Senza lasciarsi imbrogliare da un linguaggio che può apparire talora elementare o superato, conviene mettersi alla sua scuola. Lucera è nota per l’avventura di santità vissuta già tra il Seicento e il Settecento da san Francesco Antonio Fasani, chiamato il “padre Maestro” dai suoi concittadini; forse sulla sua scia anche padre Angelo Cuomo oggi ha qualcosa da dire e può fare da “padre Maestro”. Pur tenendo presenti le debite differenze, pare poi che l’esperienza di padre Pio a San Giovanni Rotondo si ripeta in qualche modo nel nostro padre Angelo, che è stato suo confidente ed amico, e si è fatto un po’ come lui, semplice ed umile, uomo che richiama al soprannaturale e conduce a Dio, sacerdote che confessa e guida all’Eucaristia, che rilancia l’amore al Crocifisso. Anche il beato Bartolo Longo che ha costruito il santuario di Pompei vicino a San Giuseppe Vesuviano, dove padre Angelo è nato ed è scampato alla guerra, è analogamente a lui vicino, sia come innamorato di Maria, sia come realizzatore della sua Opera di carità. Infine principalmente san Leonardo Murialdo, con il regalo di quel fuoco dell’amore di Dio che non si spegne e la sua dedizione appassionata alla gioventù, è stato per lui il più appropriato modello di santità. n p. Angelo Catapano, postulatore Vita Giuseppina 4 2010 l H o vissuto 14 anni di cammino vocazionale, cercando di dare ogni giorno un senso alla chiamata ad essere discepolo di Gesù in mezzo ai giovani poveri, come amico, fratello e padre. La realizzazione di questo sogno ha per me il senso di una vittoria e di una grande felicità e, soprattutto, della certezza che sto realizzando la volontà di Dio, che mi ha chiamato per essere suo nella famiglia religiosa dei Giuseppini del Murialdo. Questo sogno l’ho condiviso con tutti quelli che direttamente o indirettamente hanno contribuito alla sua realizzazione. Era un sogno momento di viva fede. Non c’erano invitati speciali, tutti erano un po’ responsabili e protagonisti di quello che stava accadendo. Il giorno 23 gennaio la città si è svegliata in festa: le campane suonavano, la banda musicale suonava e la gente cantava annunciando che era arrivato il gran giorno. Così, in processione, recitando il rosario e cantando per le vie del paese, abbiamo cominciato all’alba la nostra giornata: “l’alvorada vocacional” (aurora vocazionale). La settimana di animazione vocazionale ha svegliato nel cuore di molti giovani il P. Ricardo, al termine della sua prima messa, con a fianco i suoi genitori, ringrazia commosso tutti i presenti. solo mio; con il passare degli anni è diventato il sogno della mia famiglia ...e oggi il mio sacerdozio è un po’ la realizzazione del sogno di tanti. “Io do la mia vita per le mie pecore” (Gv 10,15): questa Parola di Gesù è stata la frase che ho scelto come ricordo della mia ordinazione, nella certezza che sono chiamato a donare tutta la vita a servizio del regno di Dio, in una congregazione che vuole seguire Cristo e donarsi ad ogni persona, principalmente ai giovani poveri. Quello che ho sperimentato nella preparazione della mia ordinazione sacerdotale, principalmente a Pacotì, mio paese natale, è stato proprio il sentimento che stavo compiendo la volontà di Dio. È stata una festa molto bella, non solo per me, che con l’ordinazione realizzavo il mio sogno, ma per tutti quelli che sono stati toccati dalla Grazia e dall’azione dello Spirito Santo di Dio. La città di Pacotì, la mia parrocchia, la mia famiglia hanno vissuto un Vita Giuseppina 4 2010 l senso della vocazione. Sono il ventesimo sacerdote nativo della mia città di Pacotì. Oggi sto lavorando in ciò che credo sia il futuro della nostra congregazione: l’accoglienza amorosa e fraterna di nuovi giovani che vogliono seguire Cristo, nel carisma del Murialdo; credo che chi un giorno è stato incantato da questo carisma può essere capace di incantare ed entusiasmare altri giovani a seguire lo stesso cammino. Sono grato alla Congregazione dei Giuseppini del Murialdo perché ha creduto in me, per la fiducia che mi ha dato; sono felice di far parte di questo sogno e di lottare perché diventi realtà. So che non tutti i giorni saranno facili e felici, ma so che confidando in Dio tutto è più tranquillo. Sono sereno perché ho fiducia soprattutto in Lui. n p. Francisco Ricardo Luz, ordinato sacerdote a Pacotì (Brasile) il 23.01.2010 11 san leonardo murialdo ci scrivono Cara Vita Giuseppina... Una nuova organizzazzione I l Murialdo, nonostante che in generale «fosse ottimo lo spirito che dominava nel Collegio» quando entrò come rettore (Scritti, X, p. 107), per favorire maggiormente la serenità, la moralità e la disciplina, volle che fosse subito redatto un nuovo regolamento che entrò in vigore nell’anno scolastico 1867-1868: Regolamento interno del Collegio degli Artigianelli. Esso comprendeva diverse sezioni e trattava delle regole generali e regole disciplinari per tutte le persone addette ai giovani nei vari settori. Inoltre, pur avendo trovato una sufficiente impostazione del curricolo scolastico, il Murialdo diede impulso all’insegnamento, anche circa i contenuti, delle quattro classi elementari (divenute 5 nel 1890), e istituì altri corsi di perfezionamento soprattutto per i giovani ormai impegnati ad apprendere un mestiere. Particolare attenzione diede poi all’aggiornamento dei laboratori «colla provvista delle macchine divenute nei nostri tempi indispensabili» (Scritti, X, p. 149) e all’istituzione di nuovi. Infatti, ai precedenti laboratori di calzoleria, falegnameria, legatoria, sartoria, tipografia, furono aggiunti i fabbri-ferrai, gli scultori in legno, i litografi stampatori e poi i litografi incisori, i fonditori di caratteri, i tornitori in legno e tornitori in ferro. L’aumento dei ragazzi e la carenza di spazi per i laboratori portarono, nel 1879, alla costruzione di una nuova ala di fabbricato su un solo piano. I giovani, terminata la scuola elementare e dopo un periodo di orientamento nei vari laboratori, sceglievano in modo definitivo un apprendimento specifico e vi si dedicavano fin verso i 19 anni quando, appresa la professione, lasciavano il collegio e potevano così intraprendere un lavoro sicuro e guadagnarsi da vivere. Diceva il Murialdo che «il mestiere è una cascina per chi non ha terre e su cui non grandina» (Scritti, IX, p. 345). 12 di p. Giuseppe Fossati Nei laboratori si eseguivano lavori sia per il collegio, sia su ordinazione di esterni e per questo venivano fatte conoscere le varie specializzazioni in modo da avere lavoro sufficiente per impegnare i giovani. I laboratori che avevano maggior numero di ragazzi erano, pur considerando le variazioni negli anni, la calzoleria, la falegnameria, la tipografia e la legatoria. I lavori erano apprezzati e più volte furono premiati, con medaglie o menzione onorevole, come all’Esposizione Nazionale di Milano e di Torino. Accanto ai laboratori si deve porre, dal 1869, la scuola di scultura e poi anche di pittura dirette da Enrico Reffo. Nella relazione sullo stato del collegio del 1891, il Murialdo elencava 14 laboratori. Il Murialdo, convinto della necessità di «un personale educativo veramente capace» (Scritti, X, p. 146), si impegnò attivamente nella preparazione degli educatori attraverso conferenze pedagogico-religiose, così da affinare le loro capacità formative [qui a fianco foto del 1898]. Diceva il Murialdo che quella degli educatori è una «tremenda responsabilità» (Scritti, X, p. 108) perché «l’educatore ha in cura ciò che più prezioso c’è nella società, cioè i fanciulli; e ciò che più prezioso c’è nei fanciulli, cioè il cuore» (Scritti, IV, p. 326). Il Murialdo, inoltre, cercò di aggiornarsi sui metodi educativi attraverso la lettura di opere specifiche e le visite, in Italia (significativa è quella del 1872) e all’estero, soprattutto in Francia (1872, 1874, 1875, 1876, 1878, 1879, 1881), ad istituzioni sorte per la gioventù di cui annotava regolamenti, orari, pratiche di pietà… per far tesoro dell’esperienza altrui, così da rendere più efficace la sua azione formativa. In tutto questo suo impegno il Murialdo era aiutato e sostenuto, in modo particolare, da don Eugenio Reffo e don Giulio Costantino, i quali anche loro si erano consacrati all’educazione dei giovani. n Vita Giuseppina 4 2010 l Un confratello giuseppino, che vive e lavora per e con i giovani della Romania, riflette sull’omicidio di un giovane rumeno avvenuto a Torino, appena fuori dell’oratorio della parrocchia Nostra Signora della Salute, il 1° febbraio scorso. Cara Vita Giuseppina, vorrei condividere con i lettori della nostra rivista qualche riflessione, che viene dall’esperienza personale, su un fatto di qualche tempo fa, che ha avuto vasta eco nelle cronache dei mass media e che ha toccato da vicino il mondo giuseppino: la tragica morte del giovane Giorgio Munteanu, 15 anni, di origine rumena, accoltellato in un giardino di Borgo Vittoria a Torino - il quartiere dove sono nato e cresciuto - , per aver negato una sigaretta a due suoi coetanei. Già un ragazzo rumeno ucciso, uno degli oltre 100.000 rumeni presenti in provincia di Torino. Ed io, a due passi da Bucarest, con la mia comunità religiosa giuseppina, i nostri sforzi per integrare i ragazzi rumeni con quelli rom, le nostre attività a favore della gente in Romania, che portiamo avanti grazie anche al prezioso aiuto di tanti parrocchiani di Borgo Vittoria, della Caritas diocesana torinese, del Comune di Torino e di varie Associazioni… ho avuto una stretta al cuore! La sera di quel fatto, ci siamo Vita Giuseppina 4 2010 l trovati con i giovani nel nostro oratorio di Bucarest a pregare per quel giovane e per la sua famiglia, proprio alla stessa ora in cui all’oratorio della Salute, i coetanei di Giorgio si sono raccolti in preghiera. E mentre raccontavamo ciò che era accaduto a duemila chilometri di distanza, in molti hanno pianto. Preghiera unisona, raccolta e dignitosa in sintonia con i ragazzi torinesi che chiedevano “Basta violenza”. Ma vi sono stati momenti in cui il pregiudizio e la violenza, purtroppo, hanno fatto la parte del leone. Secondo alcuni quotidiani rumeni, usciti il giorno dopo l’assassinio di Giorgio, “un cittadino rumeno di 15 anni era stato accoltellato alla gola a morte da due rom”. Affermazione ovviamente infondata, smentita senza appello, quando, qualche giorno dopo sono stati arrestati i colpevoli: due giovani rumeni, che gli “zingari”, i rom, non avevamo nulla a che fare. Già… Italia e Romania, italiani, rumeni e rom rumeni… Paesi, popoli che hanno in comune l’idioma di origine latina e il carattere sanguigno, persone con legami sempre per via delle distanze che sino accorciate, dopo la caduta di tanti muri… Eppure gente che si conosce ancora così poco e che si guarda con sospetto e diffidenza. Recentemente, a Torino, su un mezzo pubblico, ho letto una scritta a grande lettere: “Fuori i rumeni da Torino!”. Ma dal mio osservatorio di un quartiere periferico di Bucarest mi permetto di fare qualche considerazione. Sono oltre 1 milione i cittadini rumeni presenti in Italia, decine di migliaia le piccole imprese aperte da imprenditori rumeni nel nostro paese; 20.000 aziende italiane localizzate in Romania danno lavoro a un milione di persone; un continuo via vai di persone tra lo stivale italico e il paese balcanico… Una lingua latina e radici storiche comuni ed ora interessi economici comuni. E in comune tanti pregiudizi! Giorgio Munteanu, i suoi amici, la parrocchia della Salute e i tanti giovani italiani e rumeni che hanno vissuto insieme alla sua famiglia questa tragedia ci insegnano che vivere insieme, nella gioia come nelle lacrime, è possibile perché gioia e lacrime non hanno nazione, né bandiera, né colore! E allora: a chi lasceremo il compito di costruire ponti? Ci proviamo noi o lasciamo che gli unici artefici dei legami fra l’Italia e la Romania siano le compagnie aeree low cost o i gestori della telefonia mobile? Marco De Magistris, oratorio giuseppino di Popesti (Romania) voce ai giovani voce Ai giovani o n a t n o c c a r i i giovani s mondo particolare, che è proprio di ognuno di noi. Nel rapporto con gli altri dobbiamo andare oltre l’apparenza e scoprire l’universo che nasconde. Gli occhi emanano la gioia di vivere che è in noi, l’attesa di un desiderio, la speranza, ma anche il dolore, la sofferenza e la paura. Dagli occhi si può cogliere la personalità dell’altro e anche comprendere la sua fragilità. Non siamo solo corpo e mente, ma quando vedo quegli occhi... perdo proprio la testa! È un pensiero ricorrente quando guardo i suoi occhi, specchio della sua anima pura e candida, il riflesso mi abbaglia, mi fa sentire piccola. Sono i suoi occhi che mi fanno riflettere, che mi fanno pensare a ciò che forse devo cambiare di me. Quando vedo i suoi occhi perdo proprio la testa! Non riesco a sostare su di essi, non riesco a guardarli senza vergogna, timore, ansia e forse amore. Nella mia vita ho avuto tanti sguardi di ogni genere: tristi, felici, arrabbiati, malinconici, ma in particolare c’è uno sguardo a cui penso sempre nei momenti di tristezza: quello della persona amata. Due occhi azzurri, profondi, belli da perdere la testa, ma soprattutto belli perché ricchi di ottimismo e felicità, due o d r a u g o d n Qua . . . i h c c o i quegl caratteristiche che a me mancano spesso e che quindi cerco di rendere mie, mentre guardo i suoi occhi. Quante volte ci capita di rimanere colpiti dallo sguardo di una persona? A volte invece non ci rendiamo conto dell’importanza di uno sguardo e consideriamo tutto in maniera superficiale, oppure abbassiamo gli occhi o parliamo con le persone senza fissarle nel volto, oppure preferiamo comunicare con computer o telefonini, mediati da un mezzo che ci impedisce di vedere la profondità di una persona riflessa nei suoi occhi. E che dire quando vediamo gli occhi carichi di sofferenza dei bambini che soffrono per la fame, per le malattie o per le calamità naturali, come il recente terremoto di Haiti? Quegli occhi ci toccano nel profondo e non possono lasciarci indifferenti, anche se spesso la nostra vita frenetica ci fa presto dimenticare anche le emozioni più forti. Proviamo a tenere più aperti gli occhi, a guardare attentamente le cose e le persone: così il mondo potrà diventare migliore. Grazie mille, quindi, a te che con quegli occhi mi fai sentire e mi fai capire che un’anima ce l’hanno tutti, anch’io. n A cura di d. Massimo Rocchi e degli allievi di Oderzo: Midena Carolina (3 media B); Busato Giulio (5 ITC); De Piccoli Serena, D’Agostini Anna (5 SC). FORMAZIONE @ DISTANZA T ra corpo, mente e spirito c’è profonda unità. L’uomo non è puro spirito, ma anche corporeità e attraverso il corpo può conoscere la realtà. Attraverso gli occhi si possono vedere le cose, luci, colori, la realtà che ci circonda, la natura; possiamo vedere gli altri. Sono un dono prezioso, sono la chiave di noi stessi, del nostro cuore. A volte penso a come mi sarei sentita senza la possibilità di vedere, con la mia anima immersa nel buio. L’uomo non è una macchina, bisogna riconoscerlo, ha dei sentimenti, un’anima, prova emozioni, reagisce di conseguenza, è impulsivo, e gli occhi rispecchiano tutto ciò. Si dice che gli occhi sono lo specchio dell’anima. Tante volte il silenzio dice più di mille parole e solo con uno sguardo si possono capire più di mille cose. Gli occhi sono una semplice e complessa parte del nostro corpo, ma per tutto ciò che esprimono sono collegati al nostro cuore, alla nostra anima e la esprimono come niente altro riesce a fare. Spesso si cerca di mascherare il proprio stato d’animo, ma sono i nostri occhi che raccontano il nostro passato e presente, mettendo in luce tutti i nostri dolori e le nostre emozioni. Basta un piccolo sguardo attento per capire com’è lo stato d’animo di una persona. Spesso mi sento dire: i tuoi occhi esprimono ciò che senti, sono così luminosi. Ma il mondo che ci circonda è ricco di pregiudizi e spesso ci dà una visione distorta delle persone. È difficile mettersi davanti allo specchio e vedere riflessa un’immagine nitida di se stessi. Non è facile affrontare la gente senza cercare protezione in una maschera. Dietro un semplice sguardo, un semplice sorriso o gesto si cela un 14 Vita Giuseppina 4 2010 l MURIALDO APERTA A TUTTI COLORO CHE DESIDERANO FORMARSI NELLA PEDAGOGIA MURIALDINA LA F@D MURIALDO PROPONE 30 CORSI ON LINE IN ITALIANO, SPAGNOLO, PORTOGHESE, INGLESE E ALBANESE. PER INFO: visita la piattaforma informatica http://elearning.murialdo.org oppure scrivi a Vita Giuseppina 4 2010 l [email protected] 15 FdM verso l’ incontro internaz ionale della F dM 2 0 1 0 “Amici, Fratelli e Padri dei giovani” Rinnovare l’impegno ad essere, come giuseppini e come membri della Famiglia del Murialdo, “amici, fratelli e padri” dei giovani significa essere fedeli all’eredità carismatica e pedagogica che il Murialdo ci ha lasciato, riproporre e testimoniare il suo stile educativo, riempire totalmente la nostra vita del senso che dà ad essa il carisma che condividiamo. Essere “amici, fratelli e padri” per i giovani significa stabilire con loro relazioni disinteressate, fedeli, affettuose. Leggo soprattutto queste qualità nelle caratteristiche del nostro stile educativo. Ovunque vada, a contatto con la gente e nei suoi scritti, il nostro Superiore Generale incanta e contagia tutti con la sua speranza, gioia, l’amore alla congregazione, al carisma e la passione per la Famiglia del Murialdo. Nel brano della circolare n. 13, riportato qui a fianco, evidenzia un aspetto importante del nostro stile di educazione, che identifica e distingue i membri della FdM: essere fratelli, amici e genitori dei giovani. Ma voglio sottolineare il “nuovo” che il nostro Padre generale presenta e che è stato anche registrato nella conferenza di Aparecida del 2007: stabilire rapporti gratuiti, trasparenti, disinteressati, affettuosi e leali con i giovani. In altre parole, si parla di uscire dalle istituzioni, (Tratto dalla lettera circ. n.13 del Padre generale) raggiungere i giovani, senza moralismi, preconcetti e pregiudizi, carichi di tenerezza e compassione per capirli nel loro mondo: “...Lo vide e si mosse a “Esprimo felicitazioni ed auguri alla Federazione Nazionale compassione” (Lc 10,33). Amici ed Exallievi. Quarant’anni sono un traguardo e un punto di partenza. Un traguardo che significa fedeltà, presenza, vivacità Vivere la compassione di Dio e spirito di iniziativa. Un punto di partenza per un’ Associazione per l’uomo vuole essere la nostra “storica” nel mondo murialdino, che si è sentita chiamata a profezia nel mondo di oggi (XXI nuovi impegni dentro il contesto della Famiglia del Murialdo CG. 1.1.1). Sempre, ma soprattutto ed in essa ha assunto nuove responsabilità di partecipazione oggi, i bambini, gli adolescenti e i e di presenza. Mi piace segnalare, in particolare in questo giovani riconoscono, percepiscono, anniversario, due aspetti. Lo spirito missionario che ha coinvolto sentono, quando si rivolgono a la Federazione in questi anni in molte iniziative di vicinanza e di loro persone di Dio. aiuto alle missioni giuseppine e lo spirito di internazionalità che Per essere un fratello, amico e l’ha aperta all’incontro con altre Associazioni di Exallievi nel padre si esige un cuore educato alla mondo. In questo senso è significativo che la celebrazione del pedagogia dell’amore e all’amore 40° si collochi nel contesto della costituzione di una Federazione misericordioso di Dio. Internazionale di Exallievi ed Amici e, ancora di più, dentro Quindi la fedeltà carismatica un evento di grande importanza per il mondo murialdino: l’Incontro internazionale della Famiglia del Murialdo...” passa anche attraverso i nostri rapporti e attraverso lo spirito d. Mario Aldegani, Padre generale di famiglia che si vive nei nostri ambienti educativi. p. Raimundo Pauletti, superiore della Provincia brasiliana 16 Vita Giuseppina 4 2010 VitaGiovani Prima Pagina “COMPAGNI di BANCO” in ROMANIA collaborazione della Risale a maggio 2009 la prima ni rde con l’Associazione Fundatia Murialdo di Popesti Leo adina di Panciu (a nord est Rom pentru Rom, che nella citt i di minori Rom. Attraverso della Romania) si occupa da ann aiuta una quarantina di il Centro Diurno “Pinocchio” , nel sostegno scolastico, bambini, prevalentemente Rom Romeni, lottando contro nell’integrazione con i coetanei zione. dispersione scolastica e discrimina agli chiesto Abbiamo di rni gio 3 Rom una educatori della Rom pentru lta rivo , rno Diu il nostro formazione, fatta a Popesti presso ttivo di comprendere bie l’ob con ai nostri educatori, a di poter operare con meglio il mondo Rom, in vist ità e competenza con sempre maggior professional biente. La formazione ha questi ragazzi ed in questo am avuto successo. so di tristezza e E nel cuore di noi tutti un sen ghettizzate, che vivono solidarietà per queste persone la pretesa di definirsi nel 2010 in un paese che ha , non fosse per il freddo “EUROPEO”. La povertà è tale che più vicine all’Africa che intenso, ricorda certe situazioni erienze vissute a Bruxelles! pentru19Rom, forti di queste esp Rom one azi oci Ass e do percorsi rial Fundatia Mu questi bambini, stanno iniziando per ne sio pas una di e une com he a Panciu... assieme, di un lavoro getto COMPAGNI di BANCO anc Pro il re rga alla ad ano mir che , tica che progettuali comuni funzionando... è una buona pra sta che to get pro un è O NC BA passa per perchè COMPAGNI di ile, perchè la vera integrazione sib pos più il esa est ere ess di erare ed ha il diritto e il dovere endosi davvero si possono sup osc con e e iem ass o end viv o i più piccoli... perchè sol leranza. denza, del razzismo e dell’intol diffi la del e rier bar le ere att ompagna 75 minori... abb rno della Fundatia Murialdo acc diu tro cen il nto me mo sto que In di spazi, non riusciamo ad 30 bambini che, per problemi re olt di esa att di a list una tro Diurno Pinocchio ed ha i partecipano alle attività del Cen azz rag 40 re olt ciu Pan A ... accogliere un mondo sempre della Rom pentru Rom. riamo dia frutti abbondanti per spe che , ura ent avv va nuo una È iniziata fratel Marco de Magistris più pacifico e solidale. ESPERIENZA ESTIVA 2010 (prime tre settimane di agosto) Se sei interessato contattaci! e-mail: [email protected] In Sierra Leone In Guinea Bissau In Ghana In Ecuador In Romania In Albania l Vita Giuseppina 4 1 2010 l 1 17 VitaGiovani alba nia Un gran numero di adolescenti provenienti da numerose parrocchie della Diocesi di Tirana-Durazzo si è riunito, dopo un momento di preghiera, per rappresentare a turno la vita di un santo. È stata una giornata bella ma molto impegnativa, segnata anche da un clima instabile e temporalesco, quella di sabato 27 febbraio. Ogni gruppo aveva a disposizione circa 10 minuti per una drammatizzazione, una canzone o un balletto. Lo sforzo di ogni gruppo è stato notevole e da lodare: tutti hanno lavorato sodo per realizzare un “qualcosa” di bello sulla vita di un santo. La vita dei santi, più o meno famosi, è una vita pienamente realizzata, una vita che non ha rimpianti e sa trovare in Gesù la vera gioia, anche a costo di sacrifici e della stessa vita. A metà giornata è stata molto toccante la testimonianze di suor Pina, un’anziana suora di Scutari (stimmatina), la quale ci ha parlato brevemente della sua esperienza di religiosa al tempo del regime comunista di Enver Hoxha. Una vera testimonianza di fede, data anche a rischio della prigione o della pena capitale, come è accaduto per molti sacerdoti e laici in quel tempo. F. Guarnati brasile Dopo un periodo di vacanza e di formazione degli insegnanti, l’équipe educativa della “Lar-Escola” a Maringà ha ripreso la sua attività con bambini e adolescenti nel mese di febbraio. Con la sensibilità tipica di una squadra impegnata nella vita di chi ha più bisogno, l’azione converge a coltivare l’amore e il rispetto, la solidarietà e la promozione della cittadinanza. Il Murialdo ha sottolineato la valorizzazione dei docenti come punto di partenza perché il lavoro con i giovani possa ottenere il risultato desiderato. La grande arte dell’istruzione era, per il Murialdo, incomparabile: “Nessun pittore o scultore può essere comparato a quel che ha la grande arte di plasmare il cuore dei giovani”. M. de Souza 18 lucera Amando come Lui ci ha amati Tra le proposte di formazione destinate ai giovani, da questo anno pastorale l’Opera San Giuseppe di Lucera propone anche un laboratorio di spiritualità per giovani adulti, YouthLab, una proposta “pensata” per i giovani della diocesi di Lucera-Troia con apertura al di fuori del confine diocesano. Il laboratorio, che prevede cinque incontri nel corso dell’anno, è pensato per quei giovani tra i 20 e i 30 anni che vogliano aderire alla proposta di un cammino interiore, nel quale confrontarsi vis à vis con il proprio io, nella prospettiva di una crescita personale che diventi lente d’ingrandimento nella scoperta della propria strada. L’argomento scelto come leitmotiv dell’itinerario spirituale è, dunque, proprio l’Amore nelle sue diverse declinazioni. Il tema del primo week end, tenutosi nel mese di novembre, è stato l’Amore di Dio, la scoperta di essere amati e chi-amati. Come relatore, p. Diego Cappellazzo ci ha sapientemente guidati nell’analisi della parabola del Padre Misericordioso e nel brano dell’incontro di Gesù e Zaccheo. Il secondo incontro si è svolto, invece, lo scorso week end e, nel confrontarci sul tema dell’amore per se stessi, siamo stati accompagnati da p. Alessandro Agazzi. Partendo dalla figura di Pietro, siamo scesi nel profondo di noi stessi per iniziare a guardare la mutevolezza, le fragilità e le contraddizioni da cui tutti siamo abitati, in quanto esseri umani. Aiutati dal testo “Il cielo comincia in te” di Anselm Grun, abbiamo approfondito il concetto di spiritualità dal basso, che ci insegna che possiamo giungere a Dio solo attraverso una sincera conoscenza di noi stessi; potremo scoprire le nostre vocazioni, i progetti che Dio ha per ciascuno, soltanto se avremo il coraggio della verità, se saremo capaci di scendere nella nostra terrenità, nella nostra humilitas, e di occuparci delle nostre passioni e dei nostri istinti, passando per le nostre debolezze. È stato solo l’inizio di un lungo cammino: quello del mistero dell’incarnazione di Gesù; come Lui, anche noi dobbiamo incarnarci nelle nostre vite, intraprendendo una via che va dalla debolezza alla gloria. I prossimi incontri di YouthLab affronteranno come tematiche: l’amore per gli altri, la cura delle relazioni e il servizio ai fratelli (10 -11 aprile), l’amore nella coppia, …e i due divennero una cosa sola (8-9 maggio), la pedagogia dell’amore (28-30 maggio). M. Polidori Vita Giuseppina 4 2010 Vita Giuseppina 4 2010 l 19 VitaGiovani Giornate di spiritualità per giovani in famiglia “Essere una Dal 5 al 7 marzo si sono svolti a Desenzano del Garda, in provincia di Brescia, le consuete giornate di spiritualità per un’ottantina di giovani delle Opere del Nord. L’esperienza, organizzata e diretta dall’Opera San Paolo di Ravenna, è stata incentrata sul tema dell’educazione nella Bibbia: “Come la pupilla dei suoi occhi”. Le riflessioni bibliche sono state guidate da p. Diego Cappellazzo, che ha commentato inizialmente il brano del Deuteronomio (32,1-12) da cui è stato tratto il titolo delle giornate di spiritualità. Successivamente ha sviluppato i temi: “Dio ci educa” (Lc 15,11-32 e Lc 19,1-10) e “Dio ci chiama ad educare”(Lc 24,13-35). Le giornate sono state vissute intensamente nella preghiera liturgica, nel deserto, nelle celebrazioni dell’eucaristia e della riconciliazione e, in particolare, nell’adorazione eucaristica. L’esperienza, vissuta fraternamente presso il Centro di Spiritualità Sant’Angela Merici, è stata un’ottima occasione di formazione per i giovani provenienti dalle opere di Ravenna, Torino-Salute, Milano, Thiene, Montecchio M., Conegliano, Pinerolo, Oderzo e Trento. Zaccaria Cesare o n a z n e s e d a ravenn Ragazzi e sindaco: “il vero sballo è dire no!” Lo scorso 22 gennaio, nei locali della nostra Opera San Paolo di Ravenna, il sindaco della città Fabrizio Matteucci e il dottor Cesare Baccini (tossicologo) hanno incontrato gli adolescenti e i giovani della parrocchia per presentare e discutere con loro le ordinanze relative al divieto di consumo di alcolici e uso di sostanze stupefacenti e psicotrope; due ordinanze differenti che coinvolgono i giovani. È stato direttamente il sindaco a spiegare ai ragazzi i motivi che l’hanno spinto verso tali provvedimenti, rammentando loro che “il vero sballo è dire no!” e che non c’è nessuna distinzione tra droghe leggere e pesanti. Le riflessioni sono state tante ed è emerso che la filosofia dello sballo è quella che accompagna i ragazzi fin dai primi anni dell’adolescenza. È stata ripetuta ai ragazzi l’importanza dell’“agire in scienza e coscienza” e di rendersi consapevoli che le restrizioni non scaturiscono da una mancanza di tolleranza, ma dalla volontà di intervenire per tentare di risolvere i problemi soprattutto di sicurezza stradale. N. Ripani e L. Agnella PELLEGRINAGGIO AD AUSCHWITZ PER TUTTI I GIOVANI SOPRA I 18 ANNI INTERESSATI A UNA FORTE ESPERIENZA DI SPIRITUALITà E FORMAZIONE DAL 1 AGOSTO AL 8 AGOSTO 2010 Iscrizioni entro Aprile 2010. Per Informazioni: p. Danilo Magni: [email protected] o p. Antonio Fabris: [email protected] Vita Giuseppina 4 2010 l affidataria” “Quotidianamente con Dio… per essere accolti da Lui e accorgerci degli altri” L a scelta dell’accoglienza non è e non può essere limitata al semplice desiderio di aiutare un bambino o, ancor più riduttivo, al desiderio di avere un figlio. Essa è assai più complessa e va affrontata con dovuta cautela. Ci siamo chiesti come sarebbe stata la nostra vita, che forza avevamo per affrontare le situazioni, quali competenze per risolvere i tanti problemi; abbiamo valutato i nostri stati emotivi di fronte ai dispiaceri, abbiamo quantificato le rinunce che avremmo dovuto fare… Ne è venuta fuori una gran paura. Ma forse è proprio quando si ha più paura che si diventa improvvisamente coraggiosi. Se avessimo abbandonato questa idea, ci saremmo chiesti per tutta la vita quale sarebbe stata la scelta giusta e forse non ci saremmo mai perdonati tale viltà; tanto valeva allora cominciare. Abbiamo accolto così un bambino di circa sette anni. Era un’esperienza nuova e la vivevamo con un certo impaccio. Spesso ci siamo ritrovati ad affrontare problematiche cercando di risolverle, inventandoci strategie e quanto altro necessario per il raggiungimento del fine. Con il passare del tempo tutto appare ovvio e scontato, tutto sembra essere sempre stato così, ma, in alcuni momenti, appare chiaro come la nostra scelta ha modificato radicalmente il corso della nostra esistenza e quella di chi ci è vicino. Oggi possiamo affermare che è un grave errore pensare che sia “semplice” ma è un grave errore pensare anche che “non sia possibile”. Abbiamo avuto momenti di gioia ma anche momenti di dolore. Uno dei più grandi regali che ci è stato fatto in questi anni, senza averlo chiesto, è la visione del Vita Giuseppina 4 2010 l 20 Famiglia trionfo della giustizia. Il senso di giustizia forse è un istinto che è dentro di noi. Chi non si è mai posto il problema dell’iniquità? L’avere accolto due bambini ci ha regalato questa equità, perché un bimbo che è in difficoltà ha la possibilità di riscattare il suo diritto di essere in vita… ha qualcuno che gli vuole bene. È una sensazione bellissima e commovente. Abbiamo pertanto sperimentato qualcosa che appare inverosimile e cioè che la solidarietà, contrariamente a ciò che pensiamo, non è “dare” ma è soprattutto “ricevere”. Colui che ha bisogno diventa lo strumento che ci permette di appagare la nostra sete di sentirci uomini. Bisogna però stare attenti perché tutto questo non diventi puro egoismo. È facile infatti sconfinare. Bisogna allora considerare i nostri bisogni naturali che sono il donare, sono l’essere solidali con il prossimo, sono il sentire… il compenetrare nell’anima di chi ci guarda con occhi lacrimevoli. Il nostro compenso non deve essere altro che un senso di benessere che ci avvolge perché sappiamo di aver fatto il giusto. Tutto questo è bellissimo, è gratificante, ma non semplice. Non mancano le gioie ma non mancano nemmeno le fatiche. Spesso ci siamo ripetuti che ogni soddisfazione passa attraverso le fatiche. Un bravo professionista diventa bravo attraverso i sacrifici, un campione diventa campione non prima di aver faticato… la salvezza passa attraverso la sofferenza. E così l’essere aperti agli altri non esclude, qualche volta, il rimpianto per la bella e serena vita, ma questo crucciarsi per le rinunce fatte rafforza ancor di più la convinzione che si è fatto il giusto, si è fatta la volontà di Gesù che ci dice: “lascia tutto e seguimi”! n Una famiglia affidataria 21 murialdine vita della chiesa LA verità Della FAMIGLIA P er porre la sua tenda tra di noi, Dio ha assunto la storia di una determinata genealogia, carica delle promesse divine, ma intessuta anche di peccato e di miserie umane e ha assunto pure la struttura che ha consentito a quella storia di svolgersi, cioè la famiglia. Anche per Gesù, infatti, è stato essenziale il contesto familiare per crescere e scoprire il senso della sua vita. Il fatto che Gesù abbia avuto una famiglia non significa solo che Dio abbia voluto assumere la realtà umana della famiglia, ma ancor più che la famiglia nella sua realtà umana parla di Dio. Nel racconto del ritrovamento al tempio di Gesù da parte dei suoi genitori ne abbiamo un indizio rivelatore. Al padre e alla madre che lo cercavano angosciati Gesù non teme di rispondere: “Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?”. Altre volte nel vangelo Gesù risponderà con questo tono a sua madre. Quando gli dicono che lo cercano sua madre e i suoi fratelli, egli dichiara: “Mia madre e miei fratelli sono coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica” (Lc 8,21). Oppure, a Cana, durante il banchetto di nozze, a sua madre che lo sollecitava ad intervenire risponde: “Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora” (Gv 2,4). Gesù rimanda continuamente, da dentro gli affetti familiari, ad una dimensione ancor più profonda che costituisce la radice stessa di quegli affetti e la garanzia più sicura. Rimanda cioè a quel “Padre”, dal quale discende ogni paternità/maternità e al quale ogni affetto rimanda. Tutti i genitori conoscono difficoltà nella crescita dei figli: fanno tutto per i figli e la loro gioia sta in questo, ma sanno 22 di sr Emma Bellotto che i figli sono chiamati a realizzare un loro progetto, spesso senza poterlo condividere. La premura dei genitori, come pure la libertà dei figli, corrispondono al progetto di Dio e, se entrambi sono consapevoli di questa unità, trovano la loro gioia nel realizzarlo. Il legame familiare, infatti, se non resta aperto ad un progetto superiore, rischia di soffocare. Gesù fa vedere in tutto ciò che vive che è essenziale scoprire la gioia che viene dal vivere orientati verso il Padre dei cieli, Colui dal quale riceviamo ogni bene. Senza questo orizzonte aperto sulla paternità di Dio l’uomo si chiude in se stesso e non trova più slancio e passione per un progetto grande di vita: non ritrova più lo Spirito donato da Gesù. Lo Spirito Santo è Colui che continuamente tiene aperti gli orizzonti verso il Padre, tanto in Gesù quanto in noi, perché il desiderio di Dio si possa compiere. Così è stato per Gesù, così è per noi tutti. Siamo chiamati a vivere gli affetti dentro l’AMORE DEL PADRE, amore che infinitamente ci supera e che ci rende una stessa famiglia. n Vita Giuseppina 4 2010 l La testimonianza suscita Vocazioni I l messaggio di papa Benedetto XVI per la prossima giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, inizia così: “La 47a Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, che si celebrerà la IV domenica di Pasqua - domenica del “Buon Pastore” - il 25 aprile 2010, mi offre l’opportunità di proporre alla vostra riflessione un tema che ben si intona con l’Anno Sacerdotale: "La testimonianza suscita vocazioni". La fecondità della proposta vocazionale, infatti, dipende primariamente dall’azione gratuita di Dio, ma, come conferma l’esperienza pastorale, è favorita anche dalla qualità e dalla ricchezza della testimonianza personale e comunitaria di quanti hanno già risposto alla chiamata del Signore nel ministero sacerdotale e nella vita consacrata, poiché la loro testimonianza può suscitare in altri il desiderio di corrispondere, a loro volta, con generosità all’appello di Cristo. Questo tema è dunque strettamente legato alla vita e alla missione dei sacerdoti e dei consacrati”. L’informazione clamorosa, e drammatica nello stesso tempo, in queste settimane sta scuotendo molti credenti a fronte di tanti scandali di cui sono colpevoli dei sacerdoti. La denuncia del male, la ferma reazione, dire che si è dalla parte delle vittime, applicare la regola della tolleranza zero, sembrano non scalfire o ridurre lo sconcerto di tanti. Che fare? A me sembra opportuno riprendere il tema della testimonianza, nella consapevolezza che il testimone mette in gioco se stesso, responsabile dei propri atti morali, sapendo che le proprie opere confermano i valori che si proclamano per sé e per gli altri. La Chiesa nasce dalla testimonianza e vive della testimonianza che diffonde e trasmette; noi oggi siamo Vita Giuseppina 4 2010 l di p. Tullio Locatelli figli di testimoni e a nostra volta chiamati ad essere testimoni nell’oggi per il domani. La testimonianza interpella, fa nascere domande, induce a chiedere che cosa la sorregge e la motiva; il vero testimone, infatti, rimanda ad un oltre, o meglio ad un Altro. Dice ancora nel suo messaggio Benedetto XVI: “L’iniziativa libera e gratuita di Dio incontra e interpella la responsabilità umana di quanti accolgono il suo invito a diventare strumenti, con la propria testimonianza, della chiamata divina. Questo accade anche oggi nella Chiesa: Iddio si serve della testimonianza di sacerdoti, fedeli alla loro missione, per suscitare nuove vocazioni sacerdotali e religiose al servizio del Popolo di Dio”. Dunque proprio il sacerdote è chiamato prima di tutto ad essere testimone come via privilegiata della trasmissione del vangelo e strumento di animazione vocazionale perché altri possano fare la medesima scelta. Il Centro Nazionale Vocazioni dell’Italia, ha così tradotto il tema del messaggio pontificio: “Ho una bella notizia: io l’ho incontrato!” Lo slogan vuole evidenziare che il sacerdote è credibile nella misura in cui testimonia il suo incontro con Gesù, come egli viva tale relazione e come essa sia decisiva per la sua esistenza. D’altra parte credo che sia vero, per la maggior parte dei sacerdoti, avere incontrato un prete “significativo” all’inizio della propria storia vocazionale e di avere poi scommesso la propria vita a partire da quell’esempio, da quella testimonianza. Non si è incontrato un eroe, ma un uomo ed un prete fedele alla sua scelta, felice del suo servizio, capace di far trasparire il volto di Gesù nella ordinarietà della vita di una parrocchia, di una comunità religiosa, di un cammino pastorale. La prossima giornata di preghiere per le vocazioni accetta quindi la sfida che si può essere buoni preti anche oggi, testimoni credenti e credibili, non solo per se stessi ma anche per nuove vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata. n 23 ATTUALITà attualità La speranza di Spitalla di p. Giovanni e sr. Cristina S «Poveri e abbandonati: ecco i due requisiti che costituiscono un giovane come uno dei nostri, e quanto più è povero e abbandonato, tanto più è dei nostri». San Leonardo Murialdo (Scritti, V, p. 6). Il forum pastorale è giunto alla terza tappa - Incoraggiare nella Famiglia del Murialdo una maggiore consapevolezza del nucleo centrale della nostra azione pastorale-educativa: bambini e giovani poveri e abbandonati. - Sviluppare una cultura della solidarietà e della missione in una prospettiva globale. - Sostenere, diffondere e condividere le esperienze positive che già si stanno realizzando al servizio degli ultimi e incoraggiare la loro moltiplicazione. Sono questi gli obiettivi ambiziosi che nel novembre del 2008 hanno alimentato i lavori del “Forum Pastorale, la Famiglia del Murialdo al servizio degli ultimi": un processo di studio, condivisione, approfondimento e stimolo, sul modo di proporsi con efficacia al servizio dei giovani più poveri. A partire da quella data, molta strada è stata percorsa. Nella prima fase la costituzione di una comunità virtuale, riunita attorno al Portale internet della Famiglia del Murialdo, ha permesso a molte opere di presentare le proprie attività e il proprio modo di interpretare e concretizzare il carisma di S.L. Murialdo. Tra aprile e maggio 2009 la comunità si è riunita poi a Londrina in Brasile. Provenendo da ogni parte del mondo, ha celebrato la sua dimensione internazionale ed interculturale, dando seguito all’esperienza del Seminario Pedagogico di Buenos Aires e anticipando il grande appuntamento del prossimo maggio, che vedrà la Famiglia del Murialdo raccogliersi di nuovo insieme intorno all’urna di San Leonardo Murialdo a Torino. Ci troviamo ora nel pieno della terza tappa in cui la FdM torna a confrontarsi e a riflettere sulla rete, riprendendo e ampliando i temi trattati nella prima e seconda fase. Il sito http://forum.pastorale.murialdo.org propone infatti non solo un approfondimento su ognuna delle nove linee comuni di azione emerse come conclusione al Forum di Londrina, ma anche le proposte educative e pastorali che ogni Provincia religiosa e ogni settore della Famiglia del Murialdo stanno presentando sul “web” in sintonia con alcuni dei tipi di servizi che li caratterizzano. Si cercherà di mostrare una visione globale di quella realtà, delle sue sfide e problematiche, delle modalità di lavoro e delle prospettive future del settore. Chi vuole alimentare il dialogo e il confronto è il benvenuto sul sito del forum. n Francesco Farnesi FORUM PASTORALE: in marcia 24 Vita Giuseppina 4 2010 l pitalla: è il nome della periferia nord di Durazzo (Albania), zona che si estende considerevolmente tra il cimitero vecchio della città e Porto Romano. Le periferie delle grandi città sono il naturale serbatoio delle immigrazioni interne; così anche a Spitalla con l’avvento della democrazia si sono riversate centinaia di famiglie provenienti dal nord-est del Paese che, essendo zona montagnosa, non offre condizioni di vita confortevoli. L’arrivo nel nuovo ambiente si è presentato con difficoltà di ogni genere, per le costruzioni arrangiate, le condizioni igieniche precarie, l’inserimento sociale, l’affollamento scolastico per i bambini, l’emigrazione diffusa. Essendo Spitalla parte del territorio della parrocchia “Santa Lucia”, mons. Damian Kurti con i Giuseppini vi hanno creato due centri pastorali per la celebrazione domenicale dell’Eucarestia e le attività di catechesi e di animazione. In uno di essi, nella zona chiamata palude, è in funzione un capannone in legno, con a fianco una campana che rintocca per chiamare la gente; nell’altro, in collina zona Repart Ushtarak, le attività pastorali si svolgono in un piccolo container in lamiera. La benedizione delle famiglie con la visita alle singole abitazioni, svolta con l’aiuto delle suore di Madre Teresa e di San Vincenzo, ha permesso di riallacciare rapporti sociali, di conoscere le situazioni reali della gente e di intervenire in modo adeguato. L’aiuto economico, tramite l’organizzazione del “sostegno a distanza”, mira soprattutto a ridare speranza ai bambini meno fortunati, procurando loro i mezzi necessari per un’alimentazione sufficiente e per un inserimento adeguato nella scuola. Gli adulti fanno fatica a trovare la via della pratica religiosa, assolutamente negata al tempo del regime comunista; tuttavia ogni anno si nota una crescita costante nell’avvicinamento alla chiesa e alla frequenza della messa domenicale e sono molte le famiglie che Vita Giuseppina 4 2010 l liberamente chiedono di essere preparate a ricevere i sacramenti dell’iniziazione cristiana. Lo scorso inverno, in due punti diversi della zona, sono partiti dei corsi di catechesi per adulti. La sorpresa è stata veramente grande quando si sono presentati ai corsi adulti con mille problemi, mamme con bambini piccoli, gente che lavora notte e giorno per farsi una casetta, persone che arrivano di corsa col fiatone dal lavoro: in poche parole, è gente che ha fatto grandi sacrifici per imparare a conoscere la fede dei loro antenati e di cui essi sono molto orgogliosi. Ed eccoci al mese di novembre 2009: un mese di grazia abbondante. Domenica 8 novembre sono state battezzate 40 persone; insieme ai neobattezzati ha fatto la Prima Comunione anche un bel gruppo di ragazzi e ragazze. La celebrazione si è realizzata non senza difficoltà a causa dell’esterno alluvionato. Il piano in cemento della chiesa era l’unica cosa all’asciutto in mezzo ad un lago di acqua. Il giorno seguente, nella chiesa con-cattedrale di Santa Lucia, 12 coppie di battezzati il giorno prima, già sposate civilmente, hanno celebrato il sacramento del matrimonio. Domenica 15 novembre è stata la volta delle cresime. L’arcivescovo mons. Rrok Mirdita ha presieduto la Santa Messa, amministrando il sacramento della Confermazione a una cinquantina di persone, giovani e adulti, tra neo-battezzati ed altri. L’arcivescovo ha incoraggiato tutti a dare nella vita la propria bella testimonianza con la forza dello Spirito Santo. Infine, il giorno 23, a ricevere il battesimo sono stati i bambini di quanti avevano ricevuto i sacramenti nei giorni precedenti. I genitori si sono impegnati a crescere i loro figli nella fede e nell’amore cristiano. Al Signore lode e onore per le meraviglie che va operando tra noi e a tutti l’augurio di buona perseveranza! n 25 attualità attualità Terremoto in Cile Un confratello giuseppino racconta i momenti drammatici vissuti il 27 febbraio scorso. Invitiamo tutti i nostri lettori a sostenere le famiglie delle Opere della Famiglia del Murialdo colpite dal terremoto. oltre il pregiudizio dell’immigrazione un film di Thomas McCarthy: “L’OSPITE INATTESO” U n rendez-vous fatale ambientato a New York e apparecchiato dal regista Thomas McCarthy. Walter, stanco della routine universitaria, fugge nella grande mela. Vorrebbe trovare rifugio in una casetta che possiede laggiù, ma, infilate le chiavi nella toppa, scopre che qualche furbetto ha affittato l’appartamento al musicista siriano Tarek e alla sua compagna, l’africana Zainab. Prevedibili sia l’imbarazzo di questi ultimi che l’irritazione del primo. Un fastidio che però si scioglie in curiosità che si fa sempre più complice. Le persone, a guardarle negli occhi, non spaventano più. Sicché non meraviglia il successivo sviluppo di questo film, assai gradevole e benissimo interpretato. I due uomini, diversi per età e cultura, diventano amici mettendo ciascuno quel che può. Fino a che la polizia arresta Tarek perché irregolare. Di fronte alle regole pazzesche e al trattamento inumano verso i clandestini (vero: tutto il mondo è, in questo ambito, stupidamente paese), Walter continua ad assistere il suo amico da fuori il carcere, ritrova la voglia di vivere e il desiderio di non arrendersi. n Maurizio Regosa 26 R acconto, così come mi nasce, l’esperienza del terremoto del 27 febbraio. È stata veramente spaventosa. Avevo vissuto un’esperienza simile nel febbraio del 1971, quando è caduta Tuscania. Allora ero studente di teologia a Viterbo. È da allora che quando sento qualche scossa, esco immediatamente dagli edifici. Di scosse ne ho sentite tante finora, in Italia, in Messico, in Ecuador, a Mendoza in Argentina ed anche qui, in Cile. Ma questa volta è stato realmente scioccante. Mi sveglio al primo movimento del letto ed esco subito nel cortile interno della casa. Devo aggrapparmi a un tavolo per non perdere l’equilibrio. Sballottamento e strepito sembrano non finire mai. Mi metto a pregare a voce alta. È luna piena e intravedo come l’edificio della casa regge bene, nonostante lo scuotimento continuo e lo strepito di lamiere e di materiali che cadono. Mentre prego, riesco a pensare alle persone che vivono sui grattaceli o nelle case di “adobe” (specie di grosso mattone crudo di fango e paglia). Finiscono le interminabili scosse telluriche, rientro in camera, prendo la torcia da campeggio, perché non c’è corrente elettrica, mi vesto ed esco di nuovo. Ci raggiunge subito la famiglia del factotum della scuola, che vive in una casa di ‘adobe’, annessa alla scuola. Stanno bene. Però i bambini hanno gli occhi sbarrati dalla paura. Cile è una terra bellissima, diversa, dal deserto ai ghiacciai, ma che porta nelle sue viscere Vita Giuseppina 4 2010 l distruggere. Perché non tutti rubano per prendere questi ribaltamenti, dovuti alle placche che si scontrano viveri di prima necessità, acqua, latte, biscotti, cibo in a 30 km sotto la superficie. generale. È il lato cattivo dell’uomo… Ma c’è anche Guardo l’orologio, sono le 3:50. La strada di fronte, l’altra faccia: gente solidale che aiuta e si aiuta; gente via Santa Filomena, si riempie di gente. Si sentono le che ha perso tutto, ma non la speranza di riprendersi. prime sirene. Scorgiamo qualche bagliore. Ci viene Gente che viene in chiesa a ringraziare il Signore, perché in mente di avvicinare l’auto ed accendere la radio. sono vivi. Famiglie di alunni che non potranno rientrare Ascoltiamo le prime notizie, prima vaghe, poi sempre mai più nella loro casa, ma che con soddisfazione hanno più precise ed allarmanti. L’epicentro, secondo le sentito che la loro scuola è rimasta intatta, a differenza informazioni che arrivano dagli USA, si posiziona al di altre inagibili. E tanti mi ripetono: “cominceremo di sud, vicino alla città di Concepción. Gradi 8.8 della nuovo, ce la faremo”. scala Richter. È più grosso di quello di Haiti, commento. E così si ricomincerà di nuovo la scuola fra otto Chissà quante vittime! giorni. Ci racconteremo le esperienze, condivideremo Fratel Claudio ed io andiamo a vedere come stanno le paure, e pregheremo per i morti, ma soprattutto le vecchiette dell’opera “Casitas San José”, quelle che per i vivi che hanno perso parenti e beni. Lanceremo vivono nelle casette unipersonali della parte posteriore subito una campagna straordinaria di solidarietà del campo da calcio. Anche loro sono in piedi, piene in occasione della quaresima e sono sicuro che di paura, qualcuna con la corona in mano, parlando raccoglieremo tanto. concitate: “Stiamo tutte bene; grazie per essere venuti Credo che questo è il vero Cile, che ha imparato a vederci; ci dia la benedizione”. dal suo santo, Alberto Hurtado a “dar hasta que te Fratel Claudio con il suo cellulare - l’unico che duela” (a dare fino che ti faccia male) . funziona - riesce a mettersi in contatto con i confratelli Ma c’è bisogno anche di una mano! n delle altre tre comunità. Tutti bene, grande spavento, specialmente a Valparaíso, dove la comunità vive al 4º p. Franco Zago piano; qua e là qualche danno, non strutturale, vetri rotti, statue al suolo, calcinacci, polvere. Manca la corrente, per cui ascoltiamo le notizie dalla radio dell’auto. Le informazioni sono ancora confuse e lo saranno per tutta la giornata. Trenta morti, una cinquantina, più di ottanta ed in aumento… Pericolo di tsunami… case, negozi e campeggi lungo la costa rasi al suolo. Barche da pesca e container in mezzo le vie. Morti e dispersi. Oggi, lunedì primo marzo, a due giorni dal cataclisma, posso dire che quello che più mi colpì è stata la durata. Due minuti, dicono. Un tempo interminabile per chi vive questa esperienza. Ma anche se la parte più Per sostente le famiglie colpite dal terremoto del Cile si può utilizzare il bollettino drammatica sembra passata, postale di Vita Giuseppina o fare un bonifico bancario sorgono altri aspetti, impensabili con la causale: Aiuti per il terremoto in Cile. prima. I saccheggi dei negozi. C.C.P. 62635008 - IBAN: IT 37 O (lettera) 076 0103 2000 0006 2635 008 Vandali e sciacalli che approfittano delle disgrazie per rubare e Vita Giuseppina 4 2010 l 27 nella casa del padre nella casa del padre Padre Michele Palmieri Padre Vittorino Pisi ë Bagnoli (Napoli), 12 gennaio 1924 + Lucera (Foggia), 27 febbraio 2010 ë Venezia, 17 settembre 1919 + Lonigo (Vicenza), 16 marzo 2010 Da tempo ormai era sofferente; si è ultimamente aggravato, amorevolmente assistito dai confratelli della comunità ed ex-allievi; la mattina di sabato 27 febbraio il Signore lo ha fatto partecipe della sua Vita. Padre Michele era nato a Bagnoli (NA) il 12 gennaio 1924: aveva dunque appena compiuto 86 anni. Aveva iniziato il suo cammino vocazionale a Viterbo con la scuola media ed il postulato, per poi passare in noviziato a Vigone nel 1939; qui, l’anno seguente, ha fatto la sua professione religiosa. Ha frequentato la scuola superiore in parte a Sommariva Bosco - era scoppiata la guerra e non si riusciva a viaggiare… - ed in parte a Ponte di Piave. Nel 1943 inizia il periodo di magistero alla Colonia Agricola di Sezze, per passare poi, a Foggia, per gli altri due anni: qui, nell’Opera San Michele, professa in perpetuo nell’agosto del 1945. Dopo gli studi teologici a Viterbo, qui viene consacrato sacerdote il 4 marzo 1950: si stavano preparando i festeggiamenti per i 60 anni di ordinazione! Rimane per un anno nel teologato di Viterbo, svolgendovi il compito di economo; è quindi insegnante a Santa Marinella ed al Centro Sant’Antonio, nei pressi di Roma, dal 1951 al 1953; ritorna a Viterbo, all’Istituto Divina Provvidenza, ancora economo e, dal 1956 al 1958, direttore; un anno come direttore a Segezia, per passare nel 1959, definitivamente, a Lucera. E diventa parte ed artefice della storia e della vita dell’Opera San Michele: 50 anni di presenza discreta, non in primo piano, ma fattiva, sia nella costruzione dell’opera, come economo, sia come presenza animatrice di attività e formazione: i suoi giovani ricordano con simpatia i campeggi… Chi lo ha incontrato in questi anni ha sentito il suo cuore buono, tenero, pur sotto la “scorza” di un fare burbero. Il 22 ottobre scorso il Consiglio Comunale di Lucera ha insignito p. Michele della cittadinanza onoraria, “quale riconoscimento, doveroso e sentito, per l’opera svolta in favore della gioventù lucerina nel corso di 50 anni di permanenza a Lucera”. è stata la testimonianza entusiasta da parte della popolazione di una città per una vita “spesa” per tutti. La sua salma riposa nel cimitero comunale di Lucera. Padre Silvio Lievore Martedì 16 marzo è tornato alla Casa del Padre p. Vittorino Pisi della comunità di Montecchio Maggiore. Era nato a Venezia il 17 settembre 1919: aveva dunque già oltrepassata la soglia dei 90 anni. Dopo il periodo di postulato vissuto a Montecchio Maggiore (VI), era entrato in noviziato a Vigone nel settembre del 1934 e vi aveva emesso la professione religiosa il 19 settembre 1935. Frequentati gli studi di filosofia a Ponte di Piave e svolta l’esperienza del magistero a Riva del Garda (1938-41), aveva professato in perpetuo a Montecchio il 27 settembre 1941. Ha svolto gli studi di teologia prima a La Quercia (VT), quindi, gli ultimi due anni, nel seminario di Venezia, dove, il 10 giugno 1945 è stato consacrato sacerdote. Dopo un anno di insegnamento a Ponte di Piave, nel 1946 è partito per l’Argentina: Morrison (1946-48); Mendoza (1948-50) come maestro dei novizi; Requinoa (195051), come direttore e parroco; Mendoza (1951-55); Villa Bosch (1955-56), come direttore e parroco. Nel 1956 rientra in Italia ed è padre spirituale nell'Istituto di Albano per due anni; quindi viene nominato parroco di S. Tito, a Roma, fino al 1961, quando passa in Spagna: direttore a Sigüenza, quindi a Orduña, dove è direttore dal 1963 al 1966, economo fino al 1969 e maestro dei filosofi nel 1969-70. Altra tappa: dal 1970 al 1972 è padre spirituale nel seminario di San Giuseppe Vesuviano; quindi, fino al 1978, direttore e parroco nella comunità di Napoli. Ritorna ancora a Orduña dal 1978 al 1981; poi di nuovo nel ministero parrocchiale a Taranto (1981-82) ed a Rossano. Nel 1989 lascia nuovamente l’Italia per trasferirsi in Messico, ad Hermosillo, dove dal 1989 al 1993 è direttore e parroco e vi rimane, poi, impegnato nel ministero pastorale, fino al 1996, quando i problemi di salute lo costringono a rientrare in Italia, entrando a far parte della comunità di Montecchio: l’ultima sua tappa. È stato “un grande giuseppino”, un pioniere in vari ambienti dove ha prestato la sua opera. Anche solo le “tappe” della sua vita ne sono una testimonianza; ma, soprattutto, la sua è stata una vita intensamente spesa a servizio dei giovani. Negli ultimi tempi la sua salute non destava particolare preoccupazione. Il mattino di martedì 16 marzo è stato trovato a terra in stanza, vittima di un’ischemia cerebrale. Portato subito all’ospedale di Lonigo (VI), sembrava superare la crisi, dando segni di ripresa; ma verso sera ha raggiunto la casa del Padre. I funerali si sono svolti nella chiesa parrocchiale di Montecchio Maggiore e qui è stato sepolto nella cappella di congregazione. La Famiglia del Murialdo in Cielo ë Carrè (Vicenza), 10 gennaio 1922 + Thiene (Vicenza), 23 marzo 2010 Nella notte di martedì 23 marzo 2010, il Signore ha chiamato a Sé p. Silvio Lievore, della comunità di Thiene. Era nato a Carré (Vicenza) il 10 gennaio 1922: 88 anni compiuti. Ha iniziato il suo cammino di formazione nella congregazione con il postulato vissuto a Montecchio Maggiore, il noviziato a Vigone e la professione religiosa alla fine dell’anno, a Vigone, nel settembre del 1942. Svolse gli studi filosofici a Sommariva Bosco ed a Ponte di Piave; visse l’esperienza del magistero a Venezia, dal 1945 al 1947; professò in perpetuo a Montecchio Maggiore il 9 agosto 1947; a Viterbo, dopo gli studi teologici, fu ordinato sacerdote il giorno 8 marzo 1952. Ritornò a Venezia per iniziare il suo apostolato da sacerdote e vi rimase fino al 1961. Un breve passaggio nella parrocchia a Padova e quindi, nel 1962, a Thiene, che è stata l’opera di tutta la sua vita, alla quale ha dedicato tutte le sue energie. Con il crescere dell’età la malattia è diventata la sua compagna quotidiana: varie volte si è trovato in pericolo di vita. Alla fine è passato dal sonno alla vita eterna: i confratelli lo hanno trovato al mattino ormai privo di vita. 28 Vita Giuseppina 4 2010 l Ângela Tadiello Galiotto, sorella del giuseppino fr. Valdomiro Tadiello, della comunità di Caxias do Sul C.T.S., morta il 17 febbraio. Giuseppe Dalla Vecchia, fratello di p. Bruno, della comunità di Santa Margherita Ligure, morto il 17 febbraio, a 86 anni di età. Rita Tamanini, mamma di p. Marco Dematté, della comunità di Trento, morta il 16 febbraio a Trento, a 82 anni di età. Vita Giuseppina 4 2010 l 29 flash di vita flash di vita ECUADOR do Leonar a o v i t a Educ ldine, Centro uore Muria io, si è l i S na Presso o delle 23 gen formandi l i d , l o a ic tro i Muri l Mess terzo incon formatric e d à t o e t l Cit u i t i Isti ator zato o i realiz ande, form ldine e r a c a m , vi i r i r o r u f a M z o z e su r e lmo La pini, Giusep e. Padre Ce useppini, erale r Gi ra gen idato o i r ei Secola e e d p l , su o gu la genera Bertolotto dine, hann o per l t a a n i e t s i Orsol uore Muri e S i è d munion sma delle tro, che s oia, la co i n o car l’inco ità, la gi el medesim ermine è n d r Al t a frate divisione aldo. stia, nell i r u n M o c i a o r s d a e r c la r a u M.Te Leon a l’E di san oncelebrat dine, suor a, hanno c r stata due Murial ina Saaved i Rafael, r a i e K p to ep n r qual e suo ti e i gius anno ricevu r a p h o v Gas n i a ato e Ju . rinnov in, Ramiro Accolitato ’ l l k l de Fran istero il min sabato 13 preghiera, i d i n r o i g celebrato da tre dine hanno l Preceduto a i r u M e r one: 1960– e Suo di fondazi febbraio l o i e l i b u i g il ervizio de vita al s in Ecuador o i p d m a i c n n a uant’ e nel e famigli 2010. Cinq l e l l e a d i h c e c arro overi astorale p p giovani p l a e l d l e o d c i stol zione, ariato apo c dell’educa i a V t n l a e S d a e on l ssion iniziata c e nella Mi è l i e n , o o i t z t a Mie elebr s. Paolo n o Napo. La c a m n o c a i d ’ l a ando siedut rdato – us o Messa pre e c d i n r o f a o h r a p no ’omeli radici” so “ quale nell l i e l ; o d e l h a Muri o – c o d r a n o e L dell’alber san e ha ingono a Casaril ch . p a d o perchè att t a e con rappresent urialdine M e l l e d e “tronco” è on ” sono Congregazi r; i “rami e l l i p S . fondato la s mon rutti” `Ecuador) ioni; i “f z a N e s r e lui (per l v di dendo ine nelle izzano. Ve l a e r e h c le Muriald to o con i apostola ra adornat e o i r e t i le opere d b res he ogni utto il p aggiunto c a h , e s o poi che t r e ovunque di stupend rosa che, d a n u e m o centinaia c e deve esser Murialdina di Cristo. o m u f o r p l i a t r va, po 18-20 febbraio 2010 Teologico San Pietro uto Istit MESSICO VITERBO Convegno “Abitare il limite” Il tema del convegno è stato il rapporto tra identità e alterità, ossia la relazione con l’altro, il differente, il diverso. nel inserisce si convegno Il tiva educa ione quest sulla dibattito e antropologica che attraversa la cultura attuale e vuole entrare in esso a partire da una precisa prospettiva: quella appunto del limite come possibilità e risorsa per riconciliarsi con la propria finitezza e per fare esperienza autentica di accoglienza dell’altro e di sé. 30 Vita Giuseppina 4 2010 l Vita Giuseppina 4 2010 l 31 flash di vita flash di vita ECUADOR DAL 14 AL 18 MARZO. ISTITUTO SAN PIETRO. TENA. 26 febbraio 2010 I “fratelli” giuseppini della Provincia Italiana si sono riuniti per una tre giorni di formazione sotto la guida del Superiore provinciale e di fratel Pietro Sto dei fratelli Maristi. Nella foto da sinistra in alto: Franco Assogna, Piero Casotto, Antonio Santonico, Paolo Pattarello, p. Tullio Locatelli, Giuseppe Zana; in basso da sinistra: Angelo Benvivi, Valeriano Maragno, diac. Alberto Mazzola, Luigi Carusillo. Inaugurazione della “terzara planta” del Centro Preventivo Ubaldo Bonuchelli alla presenza delle autorità civili e religiose. VITERBO CONEGLIANO ODERZO TREVISO 23 FEBBRAIO 2010 Le tre comunità giuseppine situate in provincia di Treviso (Conegliano, Oderzo, Treviso) si sono incontrate per la seconda volta, dopo l’incontro di ritiro prenatalizio, per il ritiro comunitario. La riflessione è stata impostata come condivisione fraterna sull’anno sacerdotale. ROMANIA 32 21 FEBBRAIO 2010 Abbiamo avuto tra di noi a Roman il Padre generale d. Mario Aldegani per la visita canonica. La sua presenza è stata un’occasione per fare il punto sulla situazione dell’opera e della comunità di Roman e per incontrare le persone, i collaboratori, i giovani ed i ragazzi che vivacizzano e concretizzano la nostra realtà giuseppina, in particolare il Centro Educativo. Vita Giuseppina 4 2010 l DOMENICA 14 MARZO, presso la cappella del Seminario diocesano di Viterbo, durante l’eucarestia presieduta da S.E. Mons. Lorenzo Chiarinelli, i confratelli studenti di teologia dell’Istituto San Pietro di Viterbo hanno ricevuto i ministeri. Hanno ricevuto il Lettorato: Joshio Lizarraga (Messico), Joshy Renjem Wilfred (India), Anuraj Pradeep Bhavan (India), Pier Paolo Fanelli (seminarista diocesano). Hanno ricevuto l’Accolitato: Napoleon Esquivel (Ecuador), Eduardo Leon (Chile), Justin Berkmans (India), Denson Ithiparambil (India), Edward Kanu (Africa). A C C O L IT I LETTORI THIENE 4 MARZO 2010. Presso la cappellina della comunità p. Italo Sarollo ha celebrato il 60mo anniversario di ordinazione sacerdotale assieme al padre Marcello Revrenna, attorniati da confratelli, collaboratori, parenti ed amici. Vita Giuseppina 4 2010 l 33 c o n t r o l u c e NEL MONDO: Giovanni Paolo II IN ITALIA: “No al razzismo!” Dal 15 al 21 marzo l’UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali) ha promosso la sesta “Settimana di azione contro il razzismo”, in occasione del 21 marzo, dichiarata dall’Assemblea generale delle Nazioni unite nel 1967 “Giornata internazionale contro qualsiasi forma di razzismo e di discriminazione”, per conservare e diffondere la memoria del 21 marzo 1960, quando, nella città di Sharpeville (Sudafrica) la polizia aprì il fuoco uccidendo 70 manifestanti che protestavano pacificamente contro le leggi razziste emanate dal regime dell’apartheid. Fonte: www.unar.it “Compagno di viaggio per l’uomo di oggi” così Papa Benedetto XVI ha definito Giovanni Paolo II nella celebrazione del quinto anniversario della sua morte (2 aprile 2005). “Sapeva di essere stato preso per mano dal Signore - ha sottolineato il Papa - e questo gli ha consentito di esercitare un ministero molto fecondo... di donarsi in modo generoso, senza riserve, senza misura, senza calcolo”. Il 19 dicembre 2009, con un decreto firmato da Papa Benedetto XVI che ne attesta le virtù eroiche, Giovanni Paolo II è stato proclamato venerabile. Fonte: www.agensir.it la foto del mese È una foto trovata tra i ricordi di p. Michele Palmieri. Risale all’agosto 1958 e siamo all’opera “San Giuseppe Artigiano”, detta “Il Villaggio”, di Viterbo. Al centro si trova il “gigante buono” Primo Carnera. Quindi i confratelli (da sinistra in piedi): ch. Luigi Carletti, ch. Dante Cecconi, p. Michele Palmieri, p. Sante Gigante, p. Luigi Pierini, p. Fedele Campana. Davanti a Primo Carnera i chierici Sergio Parea e Michele Campanelli. San Giuseppe... Arrivò a piedi in Egitto: padre “sportivo”più che putativo Ogni anno, il 19 marzo, la Chiesa cattolica ricorda la figura di san Giuseppe. Un personaggio che nel racconto dei Vangeli è quasi una figura di riflesso che esiste per la luce che gli dà la presenza di Maria. L’unico dato certo è il suo arrivo a Betlemme per il censimento obbligatorio, e poi quel suo camminare nel deserto per fuggire alla prepotenza di Erode e mettere in salvo la sua famiglia e il ritornare infine a Nazareth, la sua terra d’origine, dove faceva il falegname. Non è poco, si può dire, se non si pensa che nella storia della sacra famiglia egli non pronuncia parola e che il figlio che aveva il compito di salvare il mondo non lo nomina mai. La figura di questo uomo certamente buono sparisce nel silenzio in cui era vissuto senza rumore, senza il ricordo di un rimpianto. Allora tutto quello che si conosce di Giuseppe lo abbiamo costruito noi attraverso secoli di preghiera e forse di ricerca storica, che ci ha dato pochi risultati certi. Il suo culto ufficiale si è sviluppato molto tardi, ve ne è traccia in Oriente nel IV secolo presso i copti mentre in Occidente se ne ha notizia verso i secoli IX e X. Chi ne parlò a lungo e con passione furono san Tommaso, santa Brigida e infine santa Teresa di Gesù. Nel 1538 venne fondata a Roma la Confraternita di san Giuseppe dei falegnami, che eresse una chiesa al suo patrono. Infine la congregazione dei riti, per volontà di papa Pio IX, dichiarò San Giuseppe patrono della Chiesa universale. Mi pare non ci sia una ragione precisa per la scelta della festa di san Giuseppe nella data del 19 marzo, visto che non si conosce neppure il giorno della sua morte. In quanto poi alla descrizione fisica, anche se egli appare sempre nelle rappresentazioni della natività, ogni autore è ricorso più alla sua fantasia che a dati storici. La nostra iconografia di popoli occidentali ha raffigurato sempre questo padre protettore della vita umana di Cristo immaginandolo già avanti nell’età, senza pensare che ciò era in contrasto con un lavoro certamente pesante che conduceva allora per la sua famiglia, non solo, ma era capace di raggiungere l’Egitto a piedi partendo da Gerusalemme ( cf. immagine sopra del Verri). Sarebbe piaciuto a tutti noi avere una descrizione più attenta non solo di quel Gesù Bambino nato in un paese povero quando le comunicazioni avevano la lentezza del cammino nella polvere e tutto prendeva forma solo sulla parola non scritta. Né gli evangelisti pensarono di descrivere i colori, le vesti, l’aspetto di quella giovane donna chiamata Maria, occupati com’erano nel ricordare e trasmettere le parole, gli insegnamenti del Maestro. Essi hanno scritto l’essenziale, quasi preoccupati di non ricordare ogni cosa senza perdersi in descrizioni d’ambiente o di personaggi che sarebbero stati fonte di distrazione. Non pensavano a futuri lettori, ma a cercare discepoli. Oggi che ci stiamo costruendo un mondo tanto diverso, che ci sentiamo ormai capaci di raggiungere la radice della vita e abbiamo così poco rispetto del mistero, la storia di San Giuseppe curvo a difendere il piccolo Gesù ci sembra lontana e non ci chiediamo più se aveva la barba o un giglio in mano. Anche chi va in chiesa fa offerte e chiede grazie a sant’Antonio o a padre Pio. A San Giuseppe si mangiano i bignè. Maria Romana De Gasperi Rubrica: Ieri e domani - Avvenire, 7 marzo 2009 34 Vita Giuseppina 4 2010 l 35 Vita Giuseppina nel prossimo numero... Attualità Il Murialdo nella stampa Reportage nuova biografia del Murialdo MURIALDINE ”Arcidevotissimi di MAria” Dio ha scelto me! Egli mi ha chiamato, mi ha perfino forzato all’onore, Deus me escolheu! Ele me chamou, até forçou-me à honra, alla gloria, alla felicità ineffabile di essere suo ministro, à glória, à felicidade inefável de ser seu ministro, di essere “un altro Cristo”, di essere “dopo Dio un Dio terreno” de ser um “outro Cristo”, de ser “depois de Deus um Deus na terra” (dal Testamento Spirituale di san Leonardo Murialdo). God chose me! He called me, I was even forced to the honor, Dios me ha elegido! él me ha llamado, incluso me ha forzado al honor, to the glory, to the ineffable happiness of being his minister, a la gloria, a la felicidad inefable de ser su ministro, de ser “otro Cristo”, to be “another Christ”, to be “after God, a God on earth” de ser “después de Dios un dios terreno”