Genitori stranieri al Nido e l’educazione al plurilinguismo. Il progetto “Le nostre merende in lingua” Barbara Ongari Sempre più la letteratura psicologica ha messo in luce l’importanza della qualità delle relazioni che il bambino può sperimentare precocemente nei primi tre anni di vita nei contesti ecologici di vita. Le declinazioni ecologiche della teoria dell’attaccamento e della regolazione emotiva, assieme ai fondamentali contributi recenti delle neuroscienze, hanno dimostrato come per l’evoluzione del benessere emotivo dei bambini e per lo sviluppo delle loro capacità sociali e di apprendimento siano fondamentali, nei primi anni di vita, relazioni con persone che sappiano gestire le emozioni, siano responsive ed empatiche ed offrano la sicurezza emotiva di potersi dedicare ai propri interessi e all’esplorazione del mondo. Su tali criteri ispiratori è stato costruito il modello educativo del Nido aziendale dell’Università di Trento (Ongari, 2008). Al centro del progetto c’è il bambino‐persona, il bambino costruttore del proprio sviluppo, il bambino attivo, il bambino competente, con un’attenzione fortemente individualizzata verso i bisogni individuali e le caratteristiche specifiche dei diversi contesti familiari (Golschmied, 1996; Elfer, Goldschmied & Selleck, 2010). La relazione educativa è impostata sul riconoscimento e sull’osservazione delle caratteristiche individuali di ogni bambino (il suo temperamento, la storia personale, l’organizzazione della vita familiare e lo stile educativo dei suoi familiari), in una collaborazione educativa continuamente in essere tra educatori e genitori (Ongari, Tomasi & Zoccatelli, 2009). La parola‐chiave del modello organizzativo è pertanto la flessibilità. In particolare la permanenza dei genitori all’interno del servizio si fonda non su regole dettate da esigenze istituzionali, ma sulle specifiche richieste che ogni famiglia propone sulla base dei ritmi individuali del bambino e della propria organizzazione familiare. I genitori possono trattenersi all’interno del Nido in uno spazio ad essi riservato che loro stessi possono contribuire ad organizzare, che consenta loro di potersi allontanare dal bambino quando si sentono in grado di farlo e quando quest’ultimo è emotivamente pronto a tollerare la separazione. Dunque “un Nido per genitori”, in cui la loro presenza è concordata con gli educatori sulla base del riconoscimento dei bisogni di piccoli e grandi, traducendo in pratica le parole di Donald W. Winnicott (1970) secondo cui non esiste un bambino senza le sue figure di riferimento. I genitori sono dunque co‐protagonisti della vita del Nido come presenze reali e simboliche e tutto il progetto educativo ruota attorno alla considerazione del sistema relazionale bambino‐famiglia, ispirandosi al pensiero della psicopedagogista Elinor Goldschmied che ha messo in evidenza come il benessere emotivo dei bambini dipenda dal benessere emotivo degli adulti che si occupano di loro, quindi dei genitori e degli educatori (1979; 1996). Nella misura in cui si crea tra genitori ed educatori un ponte di fiducia e di comunicazione, i genitori possono andare e venire ed essere presenti nei momenti delle attività quotidiane o di cura, nella certezza che tra chi si allontana e chi si avvicina al bambino c’è un rapporto di fiducia e di scambio. L’obiettivo di creare occasioni di coinvolgimento attivo dei genitori nelle attività educative si è declinato sottoforma di una molteplicità di attività svolte in partnership tra educatori e genitori. Quella che si intende illustrare qui è una sperimentazione educativa, attivata da alcuni anni, volta a valorizzare il patrimonio linguistico delle famiglie di altre nazionalità, nell’ambito di tali pratiche di collaborazione attiva tra genitori ed educatori (Ongari e Stricker, 2010; Ongari, Zoccatelli e Tomasi, 2010)1. 1
Si ringrazia Sabine Stricker per il prezioso contributo offerto alla progettazione ed alla conduzione della sperimentazione. La premessa teorica è che il dibattito scientifico relativo all’apprendimento della seconda lingua ha continuamente avanzato il dubbio circa l’opportunità di insegnare a bambini molto piccoli una lingua diversa da quella dei genitori, nel timore che si generino difficoltà di comprensione o confusione fra diversi codici, che richiederebbero poi traduzioni o semplificazioni dell’input linguistico. Tenendo conto delle competenze evolutive nel dominio cognitivo e linguistico nei primi tre anni di vita, l’obiettivo del presente progetto non è sicuramente quello di insegnare ai bambini altre lingue, quanto invece di permettere loro di condividere precocemente e di vivere come una ricchezza la presenza di persone che parlano lingue diverse. Nella società globalizzata infatti, la compresenza in famiglia e nella comunità di adulti e bambini plurilingui è ormai la caratteristica saliente. L’assunto educativo alla base del presente progetto consiste nel promuovere nei bambini, fin da molto piccoli, un atteggiamento di apertura nei confronti delle persone che parlano altre lingue e di motivazione a comunicare con loro. Come afferma Oken “L’occhio porta l’uomo nel mondo, l’orecchio introduce il mondo nell‘uomo” (in Frühauf & Werner, 2006). Sappiamo come sia l’abilità di ascolto attivo e consapevole a costituire la base dell’apprendimento delle lingue, sia della lingua madre che di quelle straniere. Sulla base della concezione di un Nido aperto al coinvolgimento e alla partecipazione di genitori e nonni, è ormai abitudine che tutti i genitori (o altre persone/parenti presenti in famiglia), nel momento in cui vengono a prendere il bambino dopo il lavoro, si fermino nella stanza per leggergli un libretto prima di andare via. I genitori bilingui vengono invitati a farlo nella loro lingua madre e a interagire con gli altri bambini, utilizzando materiali già presenti al Nido (libretti di immagini con titolazione in varie lingue diverse dall’italiano). Da qui è partita l’ispirazione per il progetto “Le nostre merende in lingua”, nel desiderio di valorizzare le diverse lingue presenti nella piccola comunità dei genitori del Nido e sulla base delle pratiche di collaborazione normalmente adottate. Partendo dalla considerazione di fatto che i bambini fin dalla età più precoci attraverso il gioco sanno mettere in atto strategie per convivere tranquillamente con persone che parlano altre lingue ha permesso di sfruttare il potenziale di realtà plurilingui. Siamo partiti dall’ipotesi che un atteggiamento di apertura, curiosità e disponibilità ad esprimersi/dare ascolto a lingue diverse da parte degli adulti (attraverso piccoli gesti come ad esempio un saluto all’educatore in lingua straniera o una conversazione tra genitori stranieri nella loro lingua) solleciti nei bambini la motivazione e l’interesse. Ogni adulto, con il proprio patrimonio culturale e linguistico e le proprie competenze, può trasmettere ai bambini un messaggio stimolante. L’esposizione a comportamenti adulti che esplicitano interesse e motivazione all’apprendimento di nuove lingue, rappresenta certamente per i bambini un modello e uno spunto per l’ imitazione (Ongari e Stricker, 2010). L’intento della sperimentazione al plurilinguismo non è dunque certamente quello di “insegnare” altre lingue ai bambini che frequentano il Nido, ma semplicemente permettere loro di imparare a percepire come una risorsa la presenza di persone che parlano lingue diverse. Gli obiettivi principali sono pertanto: l’educazione precoce al plurilinguismo, la sensibilizzazione dei genitori/nonni rispetto alla possibilità di vivere consapevolmente la molteplicità dei loro codici linguistici come una opportunità interessante per tutti (bambini e adulti) e la trasmissione di un messaggio positivo di apertura e curiosità verso le lingue. Il progetto prevede la presenza attiva, a turno, di un genitore di madrelingua tedesca, inglese, francese o spagnola che prende parte alla quotidianità del Nido e che vive la sua lingua interagendo, giocando, cantando o facendo merenda con i bambini. Le attività proposte rendono visibile e quindi condivisibile con i bambini il plurilinguismo, al di fuori di qualunque finalità didattica, m
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uso (anchee rudimentale) di un altro lessico, senza timore di non esprimersi perfettamente. La scoperta della ricchezza e delle sorprese connesse ad altre lingue, mediata dal tramite affettivo della lingua parlata dai genitori, permette l’apertura e la curiosità verso altre culture con cui avviare scambi di giochi, gesti e parole. Come afferma Tracey Tokuhama‐Espinosa, esperta di multilinguismo, mentre “i genitori ‘pensano’ una lingua, i bambini piccoli la ‘percepiscono’ mediante i sensi”. Si può concludere che questo progetto, pur su scala molto ridotta, sta mostrando la propria valenza educativa in quanto iniziativa co‐costruita tra Nido e famiglie. La partnership con i genitori plurilingui permette la crescita sociale degli adulti coinvolti nel progetto, mentre ai bambini è data l’opportunità preziosa di fare l’esperienza divertente e costruttiva della “contaminazione” tra i linguaggi e le diverse culture delle persone per loro più importanti (Ongari, Zoccatelli e Tomasi, 2010). Bibliografia Elfer, P., Goldschmied, E. & Selleck, D. (2003). Key persons in the nursery. London: D. Fulton Publishers. Trad. It. B. Ongari (a cura di) Persone chiave al nido. Bergamo: Junior, 2010. Goldschmied, E. (1979). Il bambino nell’asilo nido. Milano: Fabbri. Goldschmied, E. & Jackson, S. (1994). People under three: young children in day‐care. London: Routledge. Trad.it., Persone da zero a tre anni, Bergamo: Junior, 1996. Oken, L. (2006). In C. Frühauf & C. Werner. Hört mal, was da klingt. Münster: Ëkotopia. Ongari, B. (2008). L’asilo nido di Trento: Università degli studi di Trento. In F.L. Zaninelli (a cura di): il nido all’università. Esperienze e progetti negli Atenei italiani. BambiniDossier, 2, 23‐28. Ongari, B., Tomasi, F. & Zoccatelli, B. (2010). I genitori al nido: il progetto di co‐costruzione educativa in Corso all’Università di Trento. International Journal of Developmental and Educational Psychology‐INFAD Revista de Psicologia n.1, vol. 4, 371‐378. Ongari, B., Zoccatelli, B. & Tomasi, F. (2010). Costruire insieme nuovi linguaggi tra educatori e genitori. In A. Garbarini e M.A. Nunnari I diritti delle bambine e dei bambini. Bergamo: Junior, 290‐
296. Ongari, B. & Stricker, S. (2010). Lingue straniere al nido, UNITN, n. 119. Perregaux, C. (2007). Se il gallo prestasse la sua lingua al gatto. Bambini in Europa, 3, 10‐11. Tokuhama‐Espinosa, T. (2003). The multilingual mind. London: Praeger, p. 2 Winnicott, D. W. (1970). Sviluppo affettivo e ambiente. Roma: Armando. 
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