Poste Italiane SPA Sped. in abb. postale DL353/2003 (conv. in L 27/02/2004 N°46) Art. 1 comma 1 DCB ROMA
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2012
Periodico bimestrale
anno XXVII
Associazione Nazionale Seniores Rai
dal 1953.
Novembre, Dicembre
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primo piano
UNA MOSTRA FOTOGRAFICA DEL LAVORO E DELLE PROFESSIONI
pag. 3
lettera di Natale
PACE CON DIO, CON NOI STESSI, CON GLI ALTRI
pag. 9
eurovisionsports 2012
pag. 10, 11
e Fiduciari
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IL TRIONFO DELLA SQUADRA RAI
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2012
editoriale
ORGOGLIO E OTTIMISMO
SPINTA NELLA GIUSTA DIREZIONE
di Antonio Calajò
N
oi senior ci interroghiamo sempre sul
binomio orgoglio e
ottimismo. Ci chiediamo se l’orgoglio e il
forte senso di appartenenza alla Rai
genera ottimismo, oppure viceversa.
Partiamo dall’ottimismo. Siamo ottimisti perché è nostra convinzione
che la Rai sia come il gatto delle sette
vite: quando cade, ormai finito, poco
dopo, superato lo sbalordimento, il
felino si rialza con maggior slancio.
La vita della nostra azienda è simile
alla vita dell’animale felino: la lunga
storia della Rai è piena di cadute e di
rialzi, dal 1924 ad oggi la Rai è stata
attraversata da crisi più o meno gravi.
Questa ultima, che appare in via di
superamento, forse va considerata
la più grave, non soltanto in termini
economici.
L’altro elemento che qualifica noi
senior rai è l’orgoglio, il cemento che
ci unisce da sempre e ci fa sempre più
numerosi. Un orgoglio che è fedeltà
forte verso la Rai, un orgoglio che
non ci spinge alla mera rassegnazione, non ci impaurisce nei momenti di
decadenza dell’azienda; anzi ci sprona
a fare di più, a lavorare di più, a tenere
duro, nella convinzione che poi tutto
passa, tutto ritorni ai tempi di maggior splendore. Ecco che orgoglio e ottimismo sono le due facce della stessa
medaglia, la medaglietta che molti di
noi portano sul bavero della giacca e
che ancora una volta ci è stata di aiuto, non ha tradito la nostra pervicace
speranza. Come oggi ragionevolmente constatiamo.
Sono trascorsi cento giorni dall’insediamento del nuovo Consiglio di
Amministrazione e dalla nomina del
Direttore Generale. Dalle prime dichiarazioni e da quelle più recenti del
Presidente Rai, Anna Maria Tarantola, ci sembra che la Rai stia uscendo
dal tunnel dell’impoverimento. Non
soltanto economico, che è pure importante perché l’autonomia e l’indipendenza dell’azienda dipendono dal
pareggio di bilancio, ma dall’impoverimento più in generale, diciamo di
identità.
Con gioia osserviamo che i primi
provvedimenti adottati sono positivi,
trasparenti, indicano che dal tunnel
stiamo uscendo, la luce si vede e si avvicina. Non sta a noi fare l’elenco degli
interventi fatti e annunciati, è compito
dei sindacati fare precise valutazioni.
Noi ci limitiamo a svolgere un’analisi
generale, più consona alla nostra
natura associativa. L’aria è decisamente cambiata,
si respira un’aria
di innovazione rispetto al recente
passato. Si avverte chiaramente la
volontà di girar
pagina, riportare la Rai nel suo
alveo naturale.
Attenzione si ai
conti economici,
ma grande attenzione al prodotto
nei suoi molteplici
generi: informazione, intrattenimento, spettacolo e cultura. I margini ci
sono, la qualità c’è ma va migliorata.
Lo zapping non deve confondere l’abbonato, la Rai deve essere riconosciuta immediatamente, non per il “bollino” impresso, ma per quello che si
vede e si sente.
Lo sforzo del nuovo management si
manifesta con continuità, verso l’interno e verso l’opinione pubblica.
Da una recente intervista al Corriere della Sera (13 ottobre), il Presidente Rai, esplicita: “Lavorare su una
linea editoriale coerente guidata da
principi chiari: pluralismo, responsabilità, ed etica”.
In merito alle pressioni esterne, riafferma: "ho invitato tutti i dirigenti
a respingere le pressioni che vengono
dalla politica".
L’aria è più respirabile anche nei
rapporti tra il nuovo top management
e i dipendenti. Il Presidente e il Direttore Generale hanno riaperto il dialogo con i dipendenti. Novità positiva
anche per la nostra associazione: il
Presidente Rai, Anna Maria Tarantola, ha accettato il titolo di Presidente
Onorario di Rai Senior; un posto vacante da lunghi anni, l’ultimo è stato
ricoperto prof. Roberto Zaccaria. Un
titolo che va oltre il significato simbolico, è l’adesione del Presidente Rai
ai principi e ai valori dei senior, la
sua stretta appartenenza alla “Rai di
tutti i tempi”. Un Presidente Rai che
si sente orgoglioso di governare una
grande azienda è una garanzia per i
dipendenti e per i cittadini. Un rafforzamento della democrazia.
Allora essere orgogliosi non è un
nonsenso: è la piena consapevolezza
che le storie professionali fanno la
storia della Rai e la storia dell’Italia e
degli italiani.
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primo piano
2012
UNA MOSTRA FOTOGRAFICA
DEDICATA AI LAVORATORI ED AL LAVORO IN RAI
I
di Luigi Pierelli
n un articolo del marzo scorso
avevamo preannunciato l’intenzione di aggiungere, alle
foto realizzate in passato, le
immagini dei tanti colleghi che
oggi operano nella nostra Azienda e
documentare contemporaneamente
le attività che vengono svolte per
realizzare i prodotti RAI.
E’ nato cosi il progetto di una mostra fotografica sul “Lavoro in RAI”
che vorremmo presentare entro il
mese di novembre nella Sala degli
Arazzi a Viale Mazzini, mostra che
poi potrà essere ospitata in altri insediamenti aziendali e in altre sedi.
Riteniamo infatti che le immagini
realizzate possano rappresentare un
veicolo promozionale per far conoscere tutto il contesto che opera “dietro
le quinte” che è cosi ricco di mestieri
e specializzazioni e che probabilmente non è totalmente noto neanche ai
colleghi RAI.
L’esperienza non semplice l’abbiamo condivisa con Franco Lubrani che,
oltre ad essere collega e socio RAI Senior è un affermato professionista nel
campo della fotografia e con Claudia
Sammicheli scenografa del CPTV di
Roma.
L’idea guida per la realizzazione del
reportage fotografico è stata quella
di dare uno spaccato dei tanti lavori
che si svolgono nella nostra Azienda
evidenziando l’impegno singolo e collettivo dei lavoratori.
Abbiamo cercato, attraverso le tante
foto, di sviluppare una sequenza che,
nei limiti del possibile, documentasse
come le varie attività concorrano al
processo produttivo ed alla gestione
dei servizi – con particolare riguardo alla programmazione e all’informazione televisiva e radiofonica – e
mostrasse inoltre alcuni dei servizi
tecnici che supportano la produzione
e la messa in onda.
Lo sviluppo del progetto e l’ampiezza della documentazione è stato condizionato da alcuni aspetti:
- Il budget stanziato non ha con-
sentito di organizzare trasferte, di
conseguenza il prodotto rappresenta
soltanto la realtà romana;
- la superficie espositiva a disposizione non ha permesso una maggiore
quantità di soggetti.
Questi aspetti hanno influito inevitabilmente sul numero di foto selezionate e sulla possibilità di documentare situazioni, anche rilevanti, che sono
state escluse dalla mostra.
Altro elemento critico da rappresentare ha riguardato alcune attività che, pur essendo diverse, vengono
svolte con il computer, attività che in
gran parte abbiamo dovuto escludere perché, non caratterizzandosi per
ambiente e strumenti di lavoro, visivamente non portano alcun contenuto
alla mostra. Preghiamo quindi i colleghi esclusi di comprendere i limiti in
cui si è operato e riconoscersi comunque negli obiettivi che hanno ispirato
l’Associazione.
Riteniamo comunque che le immagini proposte rendano ampiamente la
consapevolezza ed il senso di protagonismo dei lavoratori che sono impiegati nella nostra Azienda e mostrino
i contesti tecnologici in cui essi operano.
Peraltro il risultato raggiunto dal
gruppo di lavoro che come abbiamo
anticipato è composto oltre che dal
sottoscritto dai colleghi Franco Lubrani e Claudia Sammicheli è frutto
anche della collaborazione che abbiamo ricevuto sia dall’Azienda che
ha consentito e agevolato le riprese,
sia dei lavoratori che, oltre a prestarsi come soggetti, ci hanno accompagnato, spiegato e messi in condizione
di fare il nostro lavoro nelle migliori
condizioni.
La rassegna fotografica comunque
non sarebbe stata possibile senza la
sensibilità del Dott. Franco Lubrani e
la capacità tecnica di adattarsi ai vari
ambienti di lavoro, qualità che hanno
consentito di realizzare un percorso fotografico di notevole interesse.
Altrettanto possiamo dire dell’Arch.
Claudia Sammicheli che ha progettato
e seguito tutta la parte espositiva che
è stata messa a punto dalla scenografia del CPTV nel migliore dei modi.
Con questo impegno RAI Senior si
augura di aver dato la giusta visibilità
ai lavoratori della nostra Azienda ed
al lavoro in RAI e di aver creato un’occasione per sensibilizzare la Direzione a ripristinare i riconoscimenti di
anzianità sospesi da alcuni anni.
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2012
l’opinione
ENZO TORTORA
DALLA REALTÀ ALLA FICTION
UN'IMPORTANTE PAGINA DI EDUCAZIONE
CIVILE E POLITICA
di Gianpiero Gamaleri
L
a fiction su Enzo Tortora
è stata una significativa
pagina di storia contemporanea offerta a milioni di
italiani, molti dei quali, se
non altro per ragioni di età, ne sapevano poco o nulla. E non è stato solo il
racconto di un errore giudiziario nei
confronti di un grande protagonista
del giornalismo e dello spettacolo,
ma una buona lezione di educazione
civile e politica.
protagonista non casuale, ma volontario, avendo sposato con piena consapevolezza la causa dei diritti civili. A
differenza di tanti politici d’oggi che si
abbarbicano all’immunità parlamentare per evitare l’arresto, Tortora ha
deliberatamente rinunciato al seggio
europeo per rimettersi completamente in gioco affrontando tutti i rischi ed
i traumi di un processo dall’esito incerto. E attraverso la sua assoluzione
in appello confermata in Cassazione,
è stato l’attivatore di quel referendum
sulla responsabilità civile dei giudici
che è uno dei punti caldi e tuttora irrisolti del dibattito attuale.
Ma era necessario trovare il modo
di dissotterrare, soprattutto per i
giovani d’oggi, questa durissima esperienza. E ciò è avvenuto attraverso gli
inevitabili rischi della formula narra-
Da uomo di spettacolo a protagonista politico
So che la figlia di Tortora, Silvia, ha
criticato questo lavoro. Il suo giudizio
va rispettato, ma personalmente riconosco a questa fiction il merito, com’è
stato giustamente osservato a “Porta
a porta” da parte del segretario dei
radicali Staderini, di avere presentato Tortora, attraverso la sua tanto Il volto sofferto di Enzo Tortora
sofferta esperienza, anche come un nel suo messaggio al pubblico
protagonista della scena politica. Un di Portobello, nel 1987, dopo la
detenzione e i processi.
Gianpiero Gamaleri
Ordinario di Sociologia
della comunicazione
all’Università Roma Tre
Ex dirigente e consigliere
di amministrazione Rai
tiva, basata però sulla ricostruzione
fedele dei fatti, sull’efficacia di una
regia e su una convincente interpretazione imperniata sulla maschera di
Ricki Tognazzi .
Nel solco dei grandi sceneggiati
degli anni ‘70
Queste considerazioni ci riportano
a un’altra importante stagione della
nostra televisione: quella dei grandi
sceneggiati degli anni ‘70 che hanno
fatto conoscere agli italiani le loro
radici e le pietre miliari della storia,
della letteratura, della scienza a livello mondiale.
Lo ricordava Ettore Bernabei nella
lectio magistralis tenuta all’Università Lateranense il 16 maggio 2011, in
occasione del suo novantesimo compleanno: “Negli anni in cui l’Italia era
il quarto tra i sette paesi più industrializzati del mondo, ho guidato in
RAI la televisione di servizio pubblico.
Dal 1991 partecipo alla ideazione ed
alla produzione di sceneggiati televisivi “controcorrente”, con i quali la
Lux Vide ha ottenuto successi internazionali, sia di ascolto che di gradimento: come i ventuno film della
Bibbia, quelli su “Giovanni XXIII”, su
Pio XII, oppure su “Coco Chanel” e su
“Enrico Mattei”. Dopo queste esperienze significative sento il dovere
di testimoniare che la televisione che per mezzo secolo ha provocato
il disorientamento culturale di tante
persone - è oggi il mezzo più idoneo a
riportare miliardi di uomini e di donne sulla via del vero e del giusto. Certamente per far questo bisogna che
cambino i contenuti dei programmi di
intrattenimento televisivo. AI posto
di programmi violenti, nichilisti, immanentisti e permissivi occorre che,
con il rispetto di tutti, siano proposti
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l’opinione
2012
modelli di comportamento altruisti e
solidaristici, cosi come fece il grande
teatro rinascimentale e il grande cinema della prima metà del Novecento. Questi modelli potranno operare
una salutare bonifica di igiene sociale,
aiutando genitori, educatori e politici
a guidare l’umanità in organizzazioni
che tutelino i legittimi interessi, senza
eccedere in egoismi aggressivi”.
Parole che ci riportano a grandi autori, sceneggiatori e registitelevisivi
come Bolchi Falqui, Majano. Parole,
che tornano attuali proprio in questa stagione della nostra fiction, con
opere apprezzabili e insieme popolari,
come Il prefetto Mori, Il commissario
Nardone, Caruso.
“Dove eravamo rimasti?”
Ma torniamo a Tortora. Alla conclusione del suo calvario processuale,
torna in televisione il 20 febbraio del
1987, quando ricomincia con il suo
Portobello. Il ritorno in video è toccante, il pubblico in studio lo accoglie con
una lunga standing ovation. Tortora,
leggermente invecchiato e fisicamente molto provato dalla terribile vicenda passata, con evidente commozione
pronuncia la famosa frase:
«Dunque, dove eravamo rimasti?
Potrei dire moltissime cose e ne dirò
poche. Una me la consentirete: molta
gente ha vissuto con me, ha sofferto con
me questi terribili anni. Molta gente
mi ha offerto quello che poteva, per
esempio ha pregato per me, e io questo
non lo dimenticherò mai. E questo
“grazie” a questa cara, buona gente,
dovete consentirmi di dirlo. L’ho detto,
e un’altra cosa aggiungo: io sono qui,
e lo so, anche per parlare per conto di
quelli che parlare non possono, e sono
molti, e sono troppi. Sarò qui, resterò
qui, anche per loro ».
Il riferimento alle preghiere non è
casuale. Riecheggia quel passo del
Vangelo di Marco in cui Pietro dice
a Gesù: “Ecco, noi abbiamo lasciato
tutto e ti abbiamo seguito”. Anche
Tortora ha lasciato tutto per seguire
la giustizia, e non quella divina che
ti rende sempre il merito, ma quella
umana, così difettosa, così corrotta,
ma nella quale dobbiamo tuttavia
credere. E che ha finito per dare a
Enzo la stessa risposta di Gesù: “Non
c’è nessuno che abbia lasciato casa,
fratelli, sorelle o madre o padre o figli
per causa mia che non riceva già ora,
in questo tempo, cento volte tanto in
case e fratelli e sorelle e madri e figli,
insieme a persecuzioni….”.
Quelli di cui Tortora parlava nel suo
messaggio – “quelli che parlare non
possono, e sono molti, e sono troppi” –
sono quei fratelli che lui ha incontrato,
e ha voluto rincontrare rinunciando a
qualsiasi privilegio, in carcere, quei
“detenuti in attesa di giudizio” cui
anche Alberto Sordi aveva dedicato
un amarissimo film.
Una storia sconosciuta ai giovani
La fiction televisiva ci ha posto di fronte
a un richiamo etico di grande portata.
Il problema che rimane è quello di
non lasciarlo passare come acqua sul
vetro in questa nostra società liquida
in cui ogni goccia rischia di cancellare
la successiva e ogni giorno siamo
esposti a una grandinata di nuovi
messaggi e messaggini.
Che grande, affascinante e terribile
compito investe oggi gli artefici del
mondo della comunicazione! La
presenza però di alcune fiction capaci
di farci riflettere ci apre alla speranza
che qualche seme positivo possa
crescere nel terreno delle nostre
coscienze.
L’arresto di Tortora nella ricostruzione di Ricky Tognazzi, regista e
interprete della fiction “Dove eravamo rimasti?”
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appunti disordinati
QUANDO LA TELEVISIONE
SCRIVE LA STORIA
di Giuseppe Marchetti Tricamo
Q
uesta è la nostra storia
condivisa. È la storia
dei nati nella metà del
secolo scorso. Storia
che abbiamo vissuto
in diretta, tranquillamente seduti a
casa nostra, dove ci è stata portata
dal mezzo più popolare che la comunicazione abbia mai avuto. Scritta dalle
immagini della televisione e fatta
da molti episodi particolarmente
rilevanti per l’umanità. Narrata
dalla voce del giornalista, testimone
diretto degli eventi, che è “lo storico
del presente” (Umberto Eco) anche se
“non sempre i buoni libri di storia si
scrivono in un giorno, spesse volte in
un’ora, spesse volte in un minuto”. Ma
l’informazione ci regala “una scrupolosa messe di materiali che consentiranno di dare voce e volto agli avvenimenti” (Giovanni Santambrogio,
Lezioni di giornalismo, Editrice La
Scuola).
La paleo-televisione.
Era il 25 agosto 2012, quando la Nbc
ha dato la notizia che Neil Armstrong,
il primo essere umano ad aver messo piede sulla Luna, era scomparso,
all’età di ottantadue anni. Immediatamente si è manifestato il cordoglio della gente di tutto il mondo per
quell’uomo umile e coraggioso, che il
presidente statunitense Barack Obama ha definito “uno degli eroi più
grandi di tutti i tempi”.
Lo sbarco sulla Luna fu un evento
epocale: in Italia erano le 4:57 del 21
luglio 1969 quando Armstrong poggiò
il piede sinistro sul nostro satellite.
La Rai c’era. Molti di noi, come milioni di telespettatori nel mondo,
Giuseppe Marchetti Tricamo
Già dirigente RAI.
Docente presso la facoltà di Scienze
Politiche, Sociologia, Comunicazione
dell’Università di Roma “La Sapienza”
hanno seguito quell’evento mediatico
regalatoci dalla Rai ed entrato a far
parte dell’importante archivio storico della televisione. “Ha toccato! Ha
toccato il suolo lunare!”: con queste
parole Tito Stagno fece vivere con
grande emozione lo sbarco agli italiani nel corso della telecronaca dallo
Studio 3 del Centro di produzione Rai
di Roma. Oltre a Stagno facevano parte della “squadra della maratona della
Luna” Andrea Barbato, Piero Forcella
e Ruggero Orlando (da Houston), mentre un altro giornalista, Aldo Falivena,
coordinava la regia della non-stop televisiva: tutti bravi professionisti che,
insieme ad altri colleghi, hanno fatto
la televisione italiana. Quella notte
straordinaria è raccontata da Tito
Stagno nel libro (scritto con Sergio
Benoni) Mister Moonlight. Confessioni
di un telecronista lunatico (Minimum
Fax).
Erano gli anni di quella che gli studiosi dei media (utilizzando un termine coniato da Umberto Eco) chiamano paleo-televisione, parola che ci fa
immaginare la tv di una lontana era
geologica. Eppure era una televisione
Servizio pubblico diffusa da un ente
statale, in regime di monopolio, caratterizzata da un rigoroso progetto
comunicativo e con lo scopo di informare (lo faceva essenzialmente con
il telegiornale e i reportage), educare
(con trasmissioni come “Non è mai
troppo tardi”), intrattenere (con “Lascia o raddoppia?”). Nel confezionare
il palinsesto si teneva in ampia considerazione l’utilità che il telespettatore potesse riceverne. Questi obiettivi
coincidevano con quelli scelti per la
Bbc, nel 1922, da John Reith, suo primo direttore generale, obiettivi che la
Rai ha perseguito fino alla metà degli
anni Settanta.
La neo-televisione.
La tv degli anni Ottanta, che Eco definisce “neo-televisione” (Sette anni di
desiderio, Bompiani), costretta ad affrontare la concorrenza della moltiplicazione dei network, dovette abbandonare la sua impronta pedagogica,
mutare le sue caratteristiche, immer-
gersi “nella demagogia dell’audience”
(Peppino Ortoleva, Un ventennio a colori, Giunti), diventare autoriflessiva
e perseguire l’esibizione compiacente
di se stessa, progettare programmi
dalla contemporanea multifunzione
pur mantenendone una prevalente,
alimentando la finzione seriale ma
salvaguardando l’informazione ade-
guandola alle nuove tecnologie, alle
esigenze del pubblico e alla fruizione
cross-mediale.
Appunto tramite l’informazione,
che continua ad arrivare nelle nostre
case, la rappresentazione dei fatti diventa storia e memoria comune. Sono
state molte le immagini che la Rai ci
ha regalato in quasi sessant’anni di
trasmissioni. Frammenti di eventi
che talvolta hanno cambiato il mondo. Sono stati certamente gli uomini a
fare la storia del Novecento ma a scriverla, filmarla (dal 1925 nel mondo e
dal 1954 in Italia) e tramandarla nel
tempo ci ha pensato la televisione.
Gli anni Sessanta ci hanno portato
immagini di speranza e di disperazione. John Fitzgerald Kennedy che batte
Richard Nixon e diventa, a quarantatré anni, il più giovane presidente degli Usa. Il suo discorso d’insediamento
ha fatto palpitare i cuori dei democra-
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2012
tici di ogni Paese. Era già un discorso
da “nuova frontiera”, del benessere
diffuso, dei diritti e delle libertà di
tutti, dell’abbattimento delle barriere e delle discriminazioni razziali. La
“frontiera delle speranze incompiute
e dei sogni” (John Fitzgerald Kennedy, La nuova frontiera. Scritti e discorsi, Donzelli) fermati dagli spari di un
cecchino (Lee Harvey Oswald) il 22
novembre 1963 a Dallas . Quel giorno in tv abbiamo visto spegnersi il
sorriso di JFK e dell’America, mentre
Walter Cronkite, cronista della Cbs,
annunciava al mondo “the President
is dead”.
Ma i sogni non muoiono, c’è sempre
qualcuno che li raccoglie e li fa propri. È il caso di Martin Luther King,
pastore battista, che, durante il suo
famoso discorso passato alla storia
e pronunciato a Washington al termine di una marcia per i diritti civili,
ha dichiarato a neri e bianchi “I have
a dream”. Era un sogno di libertà, di
eguaglianza, di democrazia.
Talvolta il sogno si trasforma in
delirio di onnipotenza, in incubo. Fu,
appunto, un incubo l’assurda e tragica guerra in Vietnam da noi vissuta
attraverso le immagini dei reporter
televisivi che ritraevano i piccoli vietnamiti in fuga dai bombardamenti
al napalm dei loro villaggi. Un simbolo dell’atrocità di quella guerra che
sconvolse gli Usa e alla quale giovani
di tutto il mondo risposero con cortei
e canzoni di protesta. E i ragazzi del
movimento hippy, che volevano cambiare il mondo, eredi della Beat generation di Jack Kerouac e Allen Ginsberg, si concentrarono a Woodstock,
in un’adunata rock senza precedenti,
per ascoltare i gruppi musicali in voga
e per manifestare la propria forte intolleranza nei confronti delle armi
nucleari e della guerra in Vietnam.
appunti disordinati
Erano gli stessi ragazzi che avevano
creduto al messaggio kennediano della “nuova frontiera”.
E furono moltissimi i giovani che,
spinti da un forte senso di solidarietà,
si misero in viaggio da tutto il mondo per spalare il fango della terribile alluvione di Firenze e recuperare
le opere d’arte. Era il novembre del
1966 e quelle drammatiche immagini dell’Arno che rompeva gli argini e
invadeva la città del Rinascimento, le
ricordiamo ancora oggi.
Abbiamo visto l’euforia per il “miracolo economico italiano” e l’inaugurazione dell’Autostrada del sole
(Francesco Pinto, La strada dritta,
Mondadori) che ha unito le strade del
Nord a quelle del Sud (1960-1964); e
le facce incrostate di sale e gli occhi
tristi dei migranti che approdano,
ancora oggi, a Lampedusa su vecchi
barconi della speranza che odorano
di legno marcio e del ricordo di un
lontano e scarso pescato.
La storia è fatta di momenti tristi e
lieti e anche esaltanti. La Rai c’era alle
Olimpiadi di Roma del 1960. “La tv
c’era sempre, non si chiamava all news,
ma i telegiornali della Rai erano ovunque, seguivano tutto, raccontavano la
realtà, correvano insieme al Paese”
(Barbara Scaramucci, I mille colori
del bianco e nero, “Leggere:tutti”, n°
66). E quello è stato il primo impegno
“planetario” della Rai, che usciva dalla stagione pioneristica, si misurava
(mettendo in campo le sue migliori
professionalità) con le televisioni di
tutti i continenti e diventava una delle più importanti emittenti televisive
d’Europa. La Rai c’era e noi abbiamo
visto sventolare le molte migliaia di
bandiere tricolori che allo stadio Bernabéu di Madrid incorniciarono la finale (telecronaca di Nando Martellini)
della “Coppa del mondo” di calcio e il
3 a 1 dell’Italia sulla Germania (1982).
E furono ancora di più all’Olimpico di
Berlino per la finale del 2006 (telecronaca di Marco Civoli) vinta dalla
nostra nazionale sulla Francia. Per
l’Italia fu il quarto titolo mondiale
della storia. C’eravamo anche noi,
tramite la tv, tra il pubblico degli Academy Awards che salutava, con una
standing ovation, Federico Fellini che
riceveva la statuetta dell’Oscar alla
carriera (1993). E c’eravamo anche al
Concert Hall di Stoccolma mentre Dario Fo veniva insignito del Nobel per
la letteratura (1997). Ci siamo stati e
lo dobbiamo alle telecamere.
Specchio del Paese.
La Rai c’è sempre. Ogni giorno sui
fatti d’Italia e del mondo. Con i suoi
giornalisti, i suoi corrispondenti (una
risorsa strategica per il Servizio pubblico) che raccontano ciò che il tempo
metabolizzerà, sceglierà e farà diventare storia. La Rai, lo dicono in molti, è lo specchio del Paese, nel quale
si riflettono i momenti di crescita e
di fiducia ma anche i momenti crisi
economica, culturale ed etica. La Rai
è anche una spugna che assorbe troppo spesso gli umori del Palazzo invece delle istanze dei cittadini-utenti. La
Rai è l’Italia e con essa deve tornare
a crescere, entrambe forti delle loro
energie migliori, che vanno ascoltate, comprese, impegnate. È così che,
nell’anno che sta per iniziare di questo nuovo secolo, la Rai – che avrà accentuato il suo ruolo di Servizio pubblico, avrà recuperato il suo orgoglio
identitario e avrà colto le opportunità
offerte dai cambiamenti tecnologici –
ci sarà, sarà protagonista e tornerà al
centro della scena mediatica locale e
internazionale. E noi con essa.
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zapping
MARYLIN SARÀ SEMPRE AMATA
LA BACIANO ANCORA, NON È UN FILM, È TV
di Italo Moscati
“
Rai Storia” ha trasmesso due
volte tra luglio e settembreottobre la mia serie “Stelle in
fiamme”, 18 puntate, storia e
storie del cinema e dei divi,
una storia che ci riguarda sia per il
grande che per il piccolo schermo. Di
quella esperienza voglio raccontare
un dettaglio che non è tanto piccolo,
anzi è grande come può essere il
piccolo video. Un episodio dei lunghi
mesi di riprese tra Europa e America
che realizzai nel 1989, la prima volta
che andò in onda “Stelle in fiamme”
era l’anno dopo, poi è tornata a lungo.
Ecco l’episodio.
La nostra troupe si sta preparando;
ne avrà ancora per un po’ con cineprese e carico sul camioncino. Mi faccio
accompagnare a Westwood Nord, in
mezzo ai grattacieli di Los Angeles
per un sopralluogo. Li aspetterò là.Il
posto è immerso nel verde. Entro in
punta di piedi, suoni di clacson e sirene lontani.
Attraverso i vialetti delle aiuole
del giardino vigilato da alti muri di
cemento e finestre, un uomo pulisce
il suolo pulito, si china a raccogliere
petali dei fiori volati via, spazzolati
dal vento.
Si chiama Westwood Cemetery City,
il luogo di loculi allineati in file parallele le une sopra le altre. Uno spettacolo ordinato, monotono. I bisbigli
delle persone in visita. Il volo di un
aereo. Il rintocco di una campana. Gli
schizzi nervosi dei becchi delle innaffiatrici seminati nella terra.
Eccola, l’ho vista. La lapide. La scritta su sfondo rosso è semplice: Marilyn
Monroe, 1926- 1962. Cinquant’anni
fa, una ragazza di 36 anni salutò tutti. Aveva la stessa età di Greta Garbo
quando la protagonista di “Anna Karenina” e “Ninotcha” decise di smettere con il cinema e i suoi seducenti
veleni.
La lapide è costellata di rossetti.
Baci disputano lo spazio ridotto tra
fori e biglietti infilati in ogni inter-
stizio. Baci che vengono sostituiti. La
lapide viene ripulita. Ma i baci subito
scrosciano come una cascata.
“Kiss” è la canzone del primo film
da protagonista di Marilyn, “Niagara”,
1953. Bionda, i capelli biondi mossi
dal vento che viene dalla cascata, il
vestito stretto, il seno e il ventre prominenti, esce dalla sua stanza; ha in
mano un disco. Nel giardino i ragazzi
ballano. Marilyn aspetta che la canzone sul giradischi finisca. Colloca sul
piatto il suo disco.
Parte “Kiss”. Un coretto di maschi
lievita dolce, carezzevole. “Baciami,
baciami/ tienimi vicino a te/ fra le
tue braccia/ prendimi/ rendi la mia
vita una perfezione/ amore, amore,
stasera proteggimi”.Lei ascolta con lo
sguardo lontano. I ragazzi la guardano, femmine e maschi. Le lunghe ciglia
di Marily vibrano, le sua bocca mormora i versi della canzone. “Baciami,
baciami”.
È senza visitatori la lapide, è ancora
presto. I turisti dei “kisses” arriveranno tra poco. Il guardiano termina la
pulizia del già pulito, toglie qualche
petalo caduto sotto la tomba. Arriva
una ragazza con un mazzetto di fiori. Il guardiano l’aiuta a collocarlo nel
poco spazio che c’è, e se ne va.
La ragazza è una donna sui trent’anni, mi pare. Molto bella. Il volto fiero,
deciso. Alta, con una chioma bruna.
In jeans e in maglietta. Appoggia la
mano sinistra al muro, e si piega verso
la scritta del nome di Marylin. Misteriosa. In silenzio. Il tempo che passa
non sembra interessarla. La osservo
meglio. Al collo e al dito nessun anello,
vedo solo una piccola spilla sul cuore,
nessun gioiello.
“I francesi sono felici di morire per
amore/ si dilettano nel combattere
duelli/ Ma io preferisco un uomo che
vive/ e dà gioielli costosi/ un bacio
può essere grande/ ma non paga l’affitto/ i diamanti sono i migliori amici
di una ragazza”.
La canzone è nell’aria, esce dai ricordi che ritornano mentre la ragazza
continua ad appoggiarsi a pochi centimetri dalla lapide: “Diamond Are A
Girl Best Friend”.
La scena è di quelle che non si dimenticano. Vestita da urlo, rossa di
fuoco, circondata fa boys che le offrono gioielli , Marilyn gioca con i diamanti del cinema, spicchi di vetro.
Il film è “Gli uomini preferiscono le
bionde”. Marilyn è già una diva, famosa e ricca. I diamons, se vuole, se li
compra da sé. Adesso cerca qualcosa
di nuovo e uomini diversi, dopo i matrimoni falliti.
Incontra Arthur Miller, uno scrittore, un intellettuale. Nove anni di
più. Miller la conquista con parole
appropriate e mostra grande interesse per le poesie che Marilyn scrive
in segreto; dirà che la donna di cui si
è innamorato se si fosse fermata ad
un angolo di strada per far ascoltare
i suoi versi ,i passanti si sarebbero
fermati esclusivamente, scioccamente
per guardarla; ignorando i suoi versi più preziosi dei diamonds.L’amore
con Arthur segna una svolta. Marilyn
progetta di fare del teatro con lui, recitando i suoi testi già famosi.
Il nuovo marito apre le porte dei
salotti culturali e crea relazioni che,
grazie ai successi della diva, enfatizzano, creano inedite prospettive. Lei
gli sta accanto quando Arthur subirà
torturanti inchieste processuali, sotto accusa per attività antiamericane:
essere un ebreo comunista.
Il matrimonio agevola altri progetti,
tra cui un film con Laurence Olivier,
il più grande attore scespiriano, un
interprete e un regista a cui niente
è impossibile; ne sarà produttrice e
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2012
zapping
protagonista.
Il film è “Il principe e la ballerina”,
1957, ambientato nel 1911, a Londra,
una commedia brillante. Per l’incoronazione di Giorgio V, arriva il reggente
di un paese inventato, il personaggio
interpretato da Laurence Olivier. Il
reggente non può resistere a un’intraprendente ballerina americana,
il ruolo di Marilyn; lei lo conquista e
riuscirà anche a risolvere le beghe interne della Carpazia. Il film non piacque alla critica che salvò Marilyn: “le
morbidezze della Monroe sono imperdibili”.
Andare a Londra, essere ricevuta
dalla regina Elisabetta, imparare l’inchino, presentare il marito illustre,
sempre circondata da un’attenzione
clamorosa mai ricevuta da nessun’ altra attrice, è una vittoria sul passato,
un passo verso il futuro.
Arhur è accanto a lei, sempre più
sbalordito: “Quattrocento giornalisti,
inviati stranieri, i lampi dei flash formarono come un solido muro di luce
bianca che mi sembrò durare per mezzo minuto buono, una vera e propria
aureola. Non ricordo una parola. Tutti erano stupefatti di avere Marilyn lì
con loro come una dea. Sorridevano
quando lei sorrideva, si accigliavano
quando lei si accigliava, se Marilyn
aveva un risolino loro scoppiavano
in risa di piacere. Un atteggiamento
di adorazione senza alcun disdegno
puritano; quali che fossero i problemi
sessuali di quei giornalisti, nessuno si
prendeva la briga di nascondere che
sarebbe stato disposto a farsi rinchiudere in una segreta per tutta la vita
pur di godere i favori di lei, o ad andare a cogliere una rosa per Marilyn anche sulla parete a strapiombo in fondo
al quale bruciano i fuochi dell’Inferno”. Ma sulla tomba di Marilyn non
c’è il bacio di Arthur, c’è quello di Joe
Di Maggio, il campione italoamericano di baseball, il primo marito. Lui e
Marilyn furono sposati soltanto per
nove mesi, ma Joe segui’ la bara della
diva con gli occhi bassi, ancora innamorato.
Ecco, queste sono le righe che voglio
dedicare a Marilyn, a cinquant’anni
dalla morte e a “Stelle in fiamme”, agli
spettatori numerosissimi che hanno
ritrovato la serie.
lettera di Natale
PACE CON DIO
PACE CON NOI STESSI,
PACE CON GLI ALTRI
di Joan Maria Vernet*
La lettera da Betlemme fa parte della
- Vi ho detto queste cose affinché
serie “lettere impossibili”: si immagina abbiate pace in me (Gv 14, 16): Il mio
che è lo stesso Gesù a scrivere questo messaggio è tutto una parola di pace.
annuncio agli uomini di oggi, a tutti gli
- La pace sia con voi (Gv 20, 19). Dono
uomini di buona volontà.
del Risorto, augurio per tutti e per
sempre.
Miei cari amici, sempre accetto vo- Cristo è la nostra pace (Ef 2, 14):
lentieri l’invito di scrivervi una lettera San Paolo considera la mia persona
da Betlemme. In questi giorni natalizi come la pace degli uomini.
tutti voi pensate a me, piccolo neonato
nella stalla di Betlemme. Mi pensate
Questi testimoni biblici, e ancora
nelle braccia di Maria, accanto a San molti altri che si potrebbero aggiunGiuseppe e ai pastori.
gere, vi mostrano il mio ideale fatto
Anch’io penso a voi, vi penso sem- di pace, annunciato continuamente e
pre, e per questo non resisto a man- incessantemente donato.
darvi un mio saluto e un augurio per
Una delle prime esperienze che
l’Anno Nuovo, dandovi qualche sug- sente l’uomo quando si avvicina a me,
gerimento o consiglio che vi possa quando mi apre il suo cuore, è prorinsaldare sul cammino della pace, prio la pace, una pace profonda, mai
sempre necessario e sempre difficile. sperimentata prima, della mente, del
Queste lettere da Betlemme, comin- cuore; pace con Dio, pace con noi stesciate nel 2004, vi portano sempre un si, pace con gli altri, e il desiderio di
messaggio di pace e di concordia che conservare questa pace ad ogni costo.
non è altro che l’augurio degli angeIo sono la sorgente della pace perché
li agli uomini che Dio ama, l’augurio dono la vera libertà e il vero amore. La
cantato da essi alla mia nascita.
mia pace è uno spezzare le catene di
Oggi vi parlerò della mia persona mille schiavitù, dell’odio, dell’ambicome creatrice e portatrice di pace. Vi zione, dell’invidia, della lussuria, della
citerò alcuni versetti della Bibbia che vendetta... La mia pace comporta un
indicano questa mia qualità di promo- cambio di vita, un passare da una vita
tore e datore di pace:
umana povera e inquieta alla vita di- Principe della pace (Is 9, 6). Così mi vina che io possiedo e che io dono in
annuncia il profeta Isaia.
abbondanza a chi me la chiede.
- Io ho su di voi pensieri di pace e non
La mia pace è un mio dono prezioso
di afflizione (Ger 29, 11). Geremia in- che giunge a voi attraverso lo Spirito
terpreta il mio cuore.
Santo.
Ricordatelo: il Bambino neonato
- Pace agli uomini che Dio ama (Lc 2,
14). Augurio di pace per tutti gli uo- nella stalla di Betlemme, pur così
mini.
umile e indifeso, è l’autore e il dato- Beati gli operatori di pace (Mt 5, 9). re di questa pace che Lui è venuto a
Una delle beatitudini insegnate sul portare agli uomini e ai popoli, tanto
bisognosi di serenità, di armonia e di
monte.
- Venite a me... (Mt 11, 28 ). La con- fraternità. Accoglietela!
(* Salesiano Biblista, nostro collabosequenza è: E troverete il riposo per le
ratore a Gerusalemme)
vostre anime.
- Non si turbi il vostro cuore (Gv 14,
1): Santa Teresa lo diffuse così: “Nada
te turbe, nada te espante...”
- Vi do la mia pace (Gv 14, 27): Il mio
grande regalo prima di partire da
questo mondo.
- Va’ in pace (Lc 7, 50): il congedo
dopo tanti miracoli.
La foto è in copertina: riproduzione
- Se sapesti quello che porta alla di “Adorazione dei pastori” di Taddeo
pace! (Lc 19, 42): Parole che dissi nel Bartolo esposto alla Pinacoteca Napianto su Gerusalemme la domenica zionale di Siena.
delle Palme.
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2012
erovision sports 2012
IL TRIONFO DELLA
SQUADRA RAI
di Paolo Martucciello e Clemente Valetti
S
apevamo che si poteva
vincere questa edizione
dell’Eurovisionsports ma
temevamo di arrivare
ancora una volta secondi.
Invece è successo, per la prima volta
dal lontano 1958 la squadra ha trionfato all'Eurovisionsports, manifestazione sportiva tra i dipendenti delle
diverse televisioni europee giunta alla
55^ edizione, che si è svolta in Sicilia,
a Kamarina, nel settembre scorso.
I nostri atleti hanno saputo soltanto
vincere : 14 ori, 4 argenti e 3 bronzi.
Grazie a Maria Ciuffini e Sergio Russo, due medaglie d’oro ciascuno nei
2500 e 5000 metri; medaglie sudate
in tutti i sensi conquistate in due gare
corse sotto il sole cocente della Sicilia su percorsi impegnativi.Quelle nei
2500 sono state le prime medaglie dei
giochi, le prime vere emozioni, quelle
che si provano quando vedi che impegno e fatica vengono coronati dal
successo.
Grazie al team del ciclismo, coordinato dall’esperto e professionale Sandro Coccioni, che ha vinto l’oro a squadre ( Maccagnan, Perucca, Flaiban e
De Vizio) ma anche 1 oro, 1 argento
e 1 bronzo rispettivamente con Maccagnan Perucca e Flaiban, tutte piacevoli conferme avendo gli stessi già
vinto nelle precedenti edizioni a San
Vincenzo, a Ostuni e a Cap d’Agde in
Francia. Una citazione e una simbolica
medaglia anche agli altri componenti del team, ottimi gregari in questa
occasione:Capone Leonardi,Ferrante
e Malavolti.
Grazie al team del Bowling (oro a
squadra, argento e bronzo individuali), guidato con equilibrio da Sergio
Gigliati, già trionfatore nella precedente edizione dei giochi. Quest’anno
la squadra era composta da Bonato,
Caudera, Filardi e dal rientrante Tarantino e come lo scorso anno in Francia ha conquistato il gradino più alto
del podio. Piazzamenti individuali
dei soliti Bonato e Tarantino il quale
quest’ultimo al rientro sul palcoscenico europeo non ha perso l’occasione
per lasciare ancora una volta il segno .
Grazie alla squadra di calcio guidata da Enrico Antonucci, splendido C.T.
della squadra Rai coadiuvato da Giuseppe Gambino, che dopo tanti anni
ha trionfato di nuovo all’Eurovisionsports nonostante un girone difficile
ed un incrocio sfortunato di risultati
che ha messo la squadra per tre volte di fronte ai temibilissimi algerini.
E’ giusto ricordare i nomi : Antonucci, Grego, Rizzo (capocannoniere del
torneo), Mario Conti, Granati, Graziosi, Ventura, Vecchi, Maggi, Tozzi e
Carletti.
Grandi, come sempre, le squadre di
Tennis guidate dall’inossidabile Pieri-
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2012
no Polidori. Le squadre over (Vecchi,
Cerreti e Imeriani) e under (Maggi,
Tozzi e Solei) hanno conquistato 2
medaglie d’oro; argento e bronzo per
le squadre composte da Guiducci Calajo, Coco e Cerrocchi, Malasisi, Mucci
e Vacca.
Inedito il quartetto vincitore del
torneo di Beach volley: Curro’, Ventura, Micozzi e Vanzo; quesi ultimi due
li abbiamo sempre visti nelle manifestazioni invernali impegnati a rincorrere una medaglia, non sempre con
fortuna, tra i paletti dello slalom o nel
fondo sulle nevi gelate della Scandinavia o sulle Alpi. Ora eccoli sulla sabbia
bollente della Sicilia con al collo una
medaglia d’oro!
Proprio in chiusura della manifestazione è giunta la ciliegina sulla torta,
la vera sorpresa. Nel golf Damiano
Gregnanin della sede di Milano ha
vinto 3 medaglie d’oro, due individuali, lordo e netto,e una a squadra con
Filippo Amico di Meane, vincitore anche di un bronzo individuale, e Renato
Amadio.
Una medaglia simbolica è giusto assegnarla a Giuliano Avolio e Tullio Picone che hanno collaborato gestendo
i tornei di Petanque e Tennis Tavolo
purtroppo avari di medaglie vere.
Infine un ringraziamento a Luisa
Provvidenza e Patrizia Damato per
l’attività di segreteria e di preparazione della manifestazione svolta nei
mesi precedenti e, soprattutto, a Leonardo Papi: sito web, risultati, classifiche, fotografie, cronometraggio, DVD
della manifestazione, praticamente
da solo ma come se fosse un intero
ufficio a supporto della organizzazione, lui l’Eurovisionsports lo avrebbe
vinto comunque, indipendentemente
dai risultati.
Bravissimi tutti questi ragazzi e
queste ragazze, con loro e con il loro
esempio la RAI non può non vincere
ancora e non solo sui campi da gioco.
eurovision sports 2012
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2012
racconti
ENZO QUARTO
FIABE COLORI E MUSICA
di Gustavo Delgado
E
nzo Quarto è nato a
Taranto,vive e lavora a
Bari come giornalista
Rai. Ha scritto il libretto
per quattro opere musicali composte dal maestro Giovanni
Tamborrino: “L’Anello di Egnazia”,
“Elia”,”Lo sguardo di Abele”, e la
cantata “Exit mundi”, quest’ultima
eseguita nel Teatro Petruzzelli il 17
novembre del 2011 dall’Orchestra
sinfonica e dal Coro della Fondazione
Lirica del Petruzzelli. Ha pubblicato
il libro di poesie “E venne il tempo
delle ortensie”, versi incastonati
negli acquerelli di Michele Damiani
con la prefazione di Raffaele Nigro;
il romanzo “Le figlie di Federico.
Cronache e racconti dal Medioevo”;
la ninna nanna “Il gran pranzo di
Natale”, con le immagini di Manuela
Trimboli e la musica di Paolo Lepore,
e “Natale è… Gesù che nasce a Bari,
un libro denuncia sulla condizione
dei minori nei quartieri a rischio di
Bari. E’ Presidente dell’Unione Cattolica Stampa Italiana di Puglia e incaricato delle Comunicazioni Sociali della
Conferenza Episcopale Pugliese.
Adesso ha pubblicato un altro racconto.
Coniugare il mondo delle fiabe con
le suggestioni della parola, delle immagini, della musica e del creato;
conferire un respiro poetico alle invenzioni della fantasia, all’universo
dei sogni, di prodigi della tecnologia;
imprimere un tocco attuale, moderno
al regno delle fiabe, ricavando moniti
e appelli alle vere ragioni della vita¸
immergere nella realtà le emozioni
elargite dalle ricchezze della natura
e dalla varietà degli animali; simboleggiare con il volo leggero dei gabbiani e con le vertiginose movenze di
un delfino. Messaggi delle creature
senz’anima, ma egualmente ricche di
sentimenti; allacciare sempre più la
commovente curiosità di un bimbo
alla preziosa saggezza di un nonno e
sollecitare con successo i segni e i colori di una illustratrice per l’infanzia
e la virtuosa sensibilità di un musicista: ecco il contenuto ed il valore del
progetto realizzato dal collega Enzo
Quarto, poeta, scrittore e giornalista
Rai (in foto), con il suo volumetto “Pacobiclip e altri racconti”, presentato la
sera del 4 ottobre, a Bari, al Palazzo
“Barone Ferrara” di “Banca Apulia”,
all’insegna del benemerito sito “Città
dei bimbi”, che ha recensito il libro,
edito da “Gelsorosso” per la collana
“Gelsomini”, come un appassionato
viaggio attraverso dimensioni reali
e virtuali dell’esistenza, una triologia
tra terra, mare e “ciberspazio” per
scoprire l’essenza della vita, e come
una fibra classica, ma anche moderna
in uno stile semplice e frizzante, nello
stesso tempo leggero e profondo.
Ci voleva, aggiungiamo noi, penna
di un giornalista sperimentato per
traghettare fate, maghi e bambini
dall’analogico di tante fiabe fa al digitale della “Poesia 2000”. “Pacobiclip”
comprende tre delicati e straordinari
racconti: “La fonte dell’acqua ridente”, che zampilla fra misteri e valori,
“Una nave per girare il mondo”, ispirato da un’opera del compianto ed indimenticabile artista Pino Pascali di
Polignano a mare (Bari), e “Pacobiclip
e la noosfera”, viaggio periglioso tra
virtuale e reale con un doppio filo tra
un nonno, maestro di vita, ed un bimbo già esperto pescatore sulle reti di
internet.
A questa triplice alleanza tra Penna,
Pennello e Pentagramma hanno reso
omaggio durante la serata, condotta
da Rossella Santoro, organizzatrice
del Festival “Il libro possibile” di Polignano, il critico musicale Nicola Sbisà de “La Gazzetta del Mezzogiorno”,
l’illustratrice Manuela Trimboli ed il
compositore Gian-Luca Baldi.
Nel lavoro di Enzo Quarto, Nicola
Sbisà ha riscontrato una freschezza,
una spontaneità ed una sensibilità
espressa con un linguaggio tanto limpido quanto efficace e con una vena
immaginifica, tenera, poetica, resi fedelmente dalla forza di Manuela Trimboli: illustrazioni cariche di significati
esistenziali, di un eloquente cromatismo e di vibranti contrasti in un’atmosfera magica, incantata, luminosa.
Di questo Sbisà ha mostrato di apprezzare soprattutto la validità e la
chiarezza del testo, insolito e scorrevole, gradevole per tutte le età.
Descritto L”Opera da camera” in tre
quadri, con cui il musicista Baldi ha
animato melodicamente i racconti
di Enzo Quarto, attribuendogli una
grande suggestione ed una carica lirica, perfettamente rispondenti alle
virtù del libro.
Dei valori aggiunti, che nobilitano
i tre racconti, hanno argomentato la
stessa illustratrice ed il compositore,
attribuendo alle parole del testo una
fantasiosa ed attrattiva, tale da ispirare le loro arti. Un coro di riconoscimenti, insomma, che ha fatto dire ad
Enzo Quarto espressioni di lusingata
riconoscenza. Per finire, il clima della serata ha consacrato i contenuti,
i principi, l’ispirazione e le finalità
di “Pacobiclip”, libro che rivela tra
le righe, convinzioni umane, sociali
e religiose dense di un convinto ed
incantato attaccamento alle bellezze
del pianeta ed esalta gli ideali di una
convivenza serena e speranzosa, proiettata dietro le stelle.
5
per un certo verso
2012
ENZO SCHIUMA
MODELLA I SUOI OTTANTA
di antoniobruni.it
C
’è chi esordisce giovanissimo e chi invece rivela
tutti i suoi talenti nella
maturità. È il caso di Enzo
Schiuma che festeggia
ottant’anni nel pieno della giovinezza espressiva: scultore e scrittore
storico. È nel medagliere dei lavoratori creativi della Rai, quelli che, oltre
a svolgere ottimamente il proprio
incarico, hanno saputo dare qualcosa
di più sul piano artistico e culturale:
un’ulteriore dimostrazione dell’alto
livello del personale aziendale.
Enzo Schiuma al lavoro
Nel 1960, liceo classico e Belle Arti
in zaino, è assunto in Rai tramite concorso per visualizzare con animazioni
le notizie del Telegiornale. Molte immagini, che hanno raccontato il conflitto spaziale tra russi e americani
per la conquista della Luna, erano creazioni della sua fantasia. A fine anni
settanta passa come programmista
in RaiUno, cimentandosi in rubriche
di grande ascolto come “Italia Sera”.
Nell’84 è il primo giornalista a scrivere sulla figura di Nicola Bombacci,
con un articolo su ‘Il Tempo” del 22
dicembre. Gli storici Guglielmo Salotti, Arrigo Petacco e Roberto Gervaso
dedicheranno poi al personaggio un
volume ciascuno. Negli anni successivi, conduce per RaiUno una serie di
interviste per “Italia ore 6” e “ItaliaIstruzioni per l’uso”, sui pregi e difetti
degli italiani di fronte ai servizi e ai
disservizi pubblici; realizza un’inchiesta sulle condizioni di lavoro dei nostri emigrati in Germania ed è inviato
a Bruxelles per un incontro tra giornalisti e la Commissione Agricoltura
della Comunità, da cui trarrà per la
Bruni ritratto da Schiuma
Rai alcuni servizi.
Nel 1990, unica sua performance
teatrale: dirige una sfilata di moda
a palazzo Barberini, con recitativo e
gags comico-dimostrative. Un quotidiano romano scrisse “ha trasformato gli indossatori in indoss­attori di
vaglia”. Nel 1996 vince per la Rai “Il
Premio Speciale della Giuria” del Festival di Stavelot, in Belgio, dedicato
alla filmografia dell’automobile, con il
programma “L’automobile, il mito del
Secolo”, quattro puntate dedicate alla
crescita culturale e di costume dovute
alla diffusione del mezzo meccanico.
Enzo Schiuma è essenzialmente un
artista: ha tre anime che si ritrovano
fuse nei suoi lavori artistici:
una umanistica che gli proviene
dagli studi classici e dagli interessi
culturali coltivati; l’altra artistica,
donatagli dall’istinto e dai corsi frequentati all’Accademia di Belle Arti di
Roma e la terza sportiva; bersagliere
nel servizio militare, pratica nuoto e
atletica leggera ed altre discipline. La
sua esuberanza fiorisce nelle sculture: nudi vibranti che si interrogano
sul rapporto corpo-pensiero, volti
scrutanti il futuro, enigmi del movimento. Schiuma ha il talento naturale
di donare un’anima alle sue sculture: nei ritratti è capace di cogliere
un’espressione profonda della persona mentre nelle figure anonime pone
un dubbio esistenziale.
Come scrittore e come persona Enzo
Schiuma è un galantuomo, patriota
e convinto assertore della dignità e
della lealtà dello Stato e dei doveri
e diritti del cittadino; ha affrontato
a testa alta in azienda alcuni anni di
isolamento ideologico in periodi di
fanatici proclami e lottizzazioni. Nel
suo libro recente “Frantumi d’Italia”
(Pagine editore) racconta la sua testimonianza degli anni dall’8 settembre ad oggi, rivela episodi tragici ed
inediti, giudica gli eventi storici con
tesi personali anche discutibili, ma
sempre tracciate con grande onestà
intellettuale.
Esperienza di anni non sprecati
nell’indugio, ma in una crescita costante nella riflessione e nell’espressione.
La maturità artistica di Enzo Schiuma non è arrivo ma partenza per nuove invenzioni.
Pugili di argilla
Incrociano voglia di battere
sospirano vincite e gloria
sospendono cuore all’attesa
impegnano ore coi sacchi
saltellano in danza avversaria
allungano tendini in scatto
restringono gioia nel pugno
ricevono grida d’assalto
accusano buio negli occhi
www.antoniobruni.it/Schiuma.htm
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cronaca delle sedi
BARI
GIANNA CASAMASSIMA
il ricordo di Crispino Sfilio
È difficile per i figli scrivere
qualcosa sulla propria mamma, raccontarla in breve,
frugando tra i ricordi e pensando che non “abiterà” più
i momenti condivisi di vita
quotidiana.
Mamma era una donna semplice, integra, equilibrata.
Iniziò a lavorare in RAI negli anni ’50, considerando la
sede di via Dalmazia – Bari
– la sua seconda casa. Nel
corso della sua carriera lavorativa si è rapportata con
giornalisti noti, con semplici
impiegati, con il Direttore della sede del momento, sempre in modo
cortese, garbato, determinato. È stata sempre benvoluta e credo incidesse il suo sorriso ed il modo intuitivamente pragmatico di assolvere
ai suoi impegni lavorativi e di approcciarsi, in genere, alla vita.
Nel 1983 fu costretta a lasciare l’impiego per cause indipendenti dalla
sua volontà, ma non smise mai di credere nell’indipendenza della
donna, nella capacità di crescita culturale dell’essere umano, spingendo noi figli e, in seguito i nipoti, a non fermarci nella possibilità
di migliorarci, ma a guardare sempre avanti.
Mamma è stata una grande donna, riuscendo a calibrare la sua vita
lavorativa con il ruolo di moglie e madre.
Certo le imperfezioni di ogni essere umano esistevano anche per
lei, ma velate da una vigorosa pennellata di coraggio e buonumore.
Per noi figli è stata una maestra eccezionale ed insostituibile e credo che chiunque l’abbia conosciuta, ne conserverà un ricordo dolce,
quasi nascosto.
È andata via troppo in fretta, così come in fretta aveva vissuto, con
l’entusiasmo per ogni nuova esperienza; ha creduto di farcela fino
all’ultimo.
Ci ha lasciato un’importante lezione di vita e la sua benedizione per
le nostre scelte future, dicendoci: “Ricordate che la vita deve andare
avanti!”.
LIBRI NEL BORGO
U Vangèle Nòuste
di Demetrio Gigante
È consuetudine che nel periodo estivo i
centri storici dei comuni pugliesi si predispongano ad accogliere, non solo turisti,
ma anche manifestazioni di carattere
culturale.
Nell’ambito di queste rassegne, il borgo
antico di Bisceglie ha ospitato l’annuale
appuntamento con scrittori, giornalisti e
politici, dove ciascuno dei partecipanti
ha presentato una propria opera, cui è
seguito il dibattito pubblico.
La novità di questa edizione è stata lo
2012
scambio gratuito di libri, dove il
libro è stato messo a disposizione
anche e soprattutto dei diversamente abili.
Ha partecipato a questa manifestazione Demetrio Rigante nativo
di Bisceglie, responsabile del nucleo alta frequenza di Trani con
competenza sul centro trasmittente di M. Caccia in azienda dal 1977.
Demetrio è un cultore di fenomeni dialettali e ha corredato le sue
pubblicazioni con illustrazioni dei suoi dipinti ad olio in cui predominano le tematiche sociali.
“ U Vangèle Nòuste “ è una pubblicazione in vernacolo nella quale
l’uso del dialetto vuole essere il mezzo eccellente di comunicazione
e di divulgazione della esperienza umana del Cristo che, calato nel
borgo antico, assume un un aspetto nuovo, assolutamente popolare
e una dimensione profondamente umana.
Quest’ ultima raccolta di Demetrio Rigante, attraverso l’uso del
dialetto, continua a mantenere vivo l’interesse per le tradizioni del
nostro territorio; il ricavato della vendita verrà messo a disposizione
della Coop. “ UNO TRA NOI “ di Bisceglie che, presso il centro diurno
di assistenza, provvederà ad acquistare attrezzature speciali per la
riabilitazione dei diversamente abili.
Il libro può essere richiesto alla Cooperativa alla Via Giuliani 73,
76011 Bisceglie – Tel. 080 / 3955904
P. Giorgio
I RADIOAMATORI CELEBRANO 80° RADIO BARI
di Riccardo TRITTO
La prima emissione radiofonica ufficiale dal territorio pugliese avvenne esattamente 80 anni fa, il 6 se
ttembre 1932 con la trasmissione della cerimonia di
apertura della terza edizione della Fiera Del Levante.
L’inaugurazione della sede di
Bari dell’EIAR avvenne solennemente, con la presenza del
Duca d’Aosta e molte autorità
del tempo, tra cui il presidente
dell’EIAR Enrico Marchesi ed
il direttore generale Raoul
Chiodelli. Si pensi che avere un trasmettitore in onde
medie da 20 kw come quello
costruito a Ceglie Del Campo,
frazione di Bari, all’epoca aveva un’importanza maggiore di
quella di avere oggi una rete
televisiva nazionale. L’emittente nasce in realtà come
strumento di propaganda del regime, rivolto non soltanto all’utenza
locale ma anche agli ascoltatori di Grecia, paesi balcanici e soprattutto paesi arabi, ove fu talmente seguita da indurre la BBC ad istituire un proprio servizio arabo per rispondere alle trasmissioni di
Radio Bari. Ma è dopo l’armistizio di Cassibile, nel settembre 1943,
che Radio Bari vive la più intensa delle sue stagioni quando, in seguito al crollo del regime fascista, un gruppo di intellettuali baresi
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2012
molto vicini a Benedetto Croce ne
prende pacificamente possesso,
creando praticamente la prima
emittente libera d’Europa. All’arrivo a Bari dei militari alleati viene
poi affidata alla guida illuminata
e pluralista del maggiore inglese
Ian Greenlees. Da ricordare anche
l’eroica azione di alcuni tecnici
dell’epoca e del direttore Giuseppe Tritto, Magno, Di Santo
Damascelli che, sempre nel settembre 1943, riuscirono a sventare il
piano dei tedeschi in ritirata di distruggere gli impianti trasmittenti.
Storico il programma “L’Italia Combatte”, del quale fortunatamente
le “Teche” di Bari custodiscono gelosamente diverse registrazioni,
contenente istruzioni e messaggi destinati soprattutto ai partigiani
che nell’Italia occupata combattevano contro i tedeschi ed i fascisti,
che dal settembre 1943 fino alla fine del conflitto veniva registrato
ed irradiato da Bari e poi ritrasmesso anche da Radio Napoli e Radio
Palermo. Storica anche la registrazione del Congresso di Bari dei
CNL del 28 e 29 gennaio 1944 presso il Teatro Piccinni, effettuata
dal decano dei tecnici RAI/EIAR baresi Gioacchino Benni grazie alle
“nuove” apparecchiature di registrazione portate a Bari dai militari
alleati. Curiosamente infatti, non esistono registrazioni antecedenti
il settembre 1943 proprio perché all’EIAR di Bari non c’erano apparecchiature per registrare. Ed ancor più curiosamente tale registrazione non potè essere trasmessa da Radio Bari per un divieto
imposto dai militari alleati, ma fu trasmessa invece da Radio Londra.
Numerosi i personaggi della cultura, della politica dell’informazione
e dello spettacolo che nella storia si sono avvicendati ai microfoni di Radio Bari, ad iniziare dalla primissima annunciatrice e voce
ufficiale dell’EIAR di Bari, Rosa Di Napoli, trasferitasi giovanissima
appositamente da Radio Napoli, poi un giovane ufficiale dell’Aeronautica, Aldo Moro, che diffondeva i suoi appelli per la democrazia,
Carlo Bressan con i suoi programmi di intrattenimento e per bambini,
Carlo Vitale che con la sua “Orchestra Radio Bari” ha continuato a
suonare dagli studi di Bari in via Putignani anche in diretta nazionale nell’immediato dopoguerra ai tempi della “Rete Rossa” e “Rete
Azzurra”, la scrittrice Alba De Cespedes, il giornalista Antonio Piccone Stella, poi Arnoldo Foà, Gino Scotti, Vito Deanna, Silvio Noto,
Agostino Degli Espinosa, Diego
Calcagno, solo per citarne alcuni.
Furono denominati “i cento di Radio Bari”, e molti di loro avevano
rischiato la pelle per attraversare le
linee tedesche e raggiungere Bari.
È evidente come Radio Bari non
sia solo un pezzo di storia della
radiofonia pugliese ma anzi un’importantissima parte della storia del
Rosa di Napoli nello studio nostro Paese, ed è questo che i radioamatori della Sezione di Bari dell’ARI (Associazione Radioamatori
Italiani) hanno voluto degnamente celebrare con il “Diploma Radio
Bari” rilasciato a tutti quei radioamatori italiani e stranieri che si
collegava con l’apposita stazione con nominativo speciale IR7RAI
dal 6 al 16 settembre. Per concludere queste celebrazioni, il 15 e
16 settembre l’ARI ha allestito tale stazione speciale IR7RAI proprio sulla rotonda del lungomare di Bari, dove appassionati e curiosi
hanno potuto sia ammirare alcune foto e materiali d’epoca EIAR/
RAI che scoprire e/o avvicinarsi al magico mondo dei radioamatori:
un momento di incontro tra colleghi (senior e non), radioamatori ed
appassionati sia di radio che di storia.
Ad majora!
PRESENTATO IL LIBRO
cronaca delle sedi
CUSTODI DELL'IMMORTALITÁ
Con la presentazione del libro CUSTODI DELL’IMMORTALITÀ
di Piero Magaletti, la sezione di Rai Senior di Bari ha inteso
promuovere e valorizzare tutti quei giovani, figli o nipoti dei propri
iscritti, che abbiano una vocazione artistico/culturale.
L’ambizione è quella di aprire un percorso che porti nuova energia e
vitalità all’interno dell’associazione che molti, scherzosamente, additano come vecchia e dedita prevalentemente ai necrologi.
Piero Magaletti è figlio di Nicola, stimato tecnico di produzione, in pensione dal 2008, che, da dipendente,
faceva parte dell’esterna Bari 1 con
la qualifica di controllo camere insieme all’altro valido collega Michele
Morelli; ora in carico a Rai Way presso il Nucleo Miaf di Foggia.
L’incontro si è tenuto presso la nostra sede ed era aperto anche a
giovani studenti appassionati della
antica civiltà egizia.
L‘introduzione ed il dibattito che ne
è seguito è stato moderato dal collega inviato del TG Costantino Foschini appassionato estimatore di storia antica e di personalità che hanno dato lustro alla nostra regione.
Il giovane Magaletti è uno studioso di lingue antiche, di esoterismo e
di civiltà egizia e, in questo ambito ha bisogno di porsi domande e
cercare risposte, quindi definisce se stesso viaggiatore dell’incognito.
Secondo le teorie tradizionali le piramidi egizie, nel custodire il corpo
inumato del faraone e gli oggetti ad egli appartenuti in vita, erano in grado di garantire l’immortalità all’anima del sovrano; Piero
Magaletti combinando studi di archeologia, astronomia, filologia,
linguistica, mitologia e simbolismo esoterico ci propone una nuova
lettura in merito alla funzione delle Piramidi.
Le piramidi di Cheope, Chefren e Micerino, della Piana di Giza riproducono sulla terra le tre stelle della Cintura di Orione e sostanzialmente non sarebbero esclusivamente edifici funebri ma piuttosto luoghi in cui i Faraoni potevano stabilire un rapporto metafisico con Iside
al fine di garantire a se stessi l’immortalità e ai posteri la prosperità.
Questa nuova teoria capovolgerebbe quella che per secoli ha caratterizzato gli studi sulla civiltà egizia, ovvero che la parte “feconda”
è il cosmo, mentre la parte “virile” è la terra.
Con queste nuove scoperte concatenate fra loro, l’autore ha la certezza di aver ribaltato le antiche teorie determinando la vera natura
della costellazione di Orione, che non sarebbe Osiride, ma Iside.
Questa costellazione, la più grande dell’emisfero boreale, è in realtà
una dea, nel cui grembo le anime dei faraoni rinascevano sotto forma
di stelle.
Quindi è importante considerare le conseguenze di ciò: se Orione è
in realtà Iside, dobbiamo ribaltare il
significato e il ruolo
dei monumenti della Terra che si collegano ad essa. La
piramide di Cheope
nasconde al suo interno il pilastro Zed,
il membro di Osiride
eretto sulla Terra e
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16
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cronaca delle sedi
puntato nella direzione della sua consorte,
ed è da questa unione che nasce Horus,
il loro figlio, rappresentato nel cielo dalla
stella Sirio.
Naturalmente i segreti che custodiscono le
Piramidi di Giza vanno oltre il tempo e lo
spazio e Piero Magaletti si è posto sulle tracce di questi, promettendoci nuovi e più emozionanti scoperte.
Pietro Giorgio
2012
stoso Castello di Pieve del Vescovo risalente al XIV secolo, l’incontro
tra un gruppo di Raisenior di Pescara, guidati da Quinto Petricola
BOLZANO
ELIO SIMONI
ricordo di Ettore Frangipane
Era stato alle Olimpiadi invernali di Cortina d’Ampezzo nel 1956,
quando la televisione Italiana ha fatto il suo debutto (ovviamente
in bianco e nero). Una lunga storia in RAI, per Elio Simoni, sede di
Bolzano, che se ne è andato nel giugno del 2012 all’età di 92 anni. Ha
lavorato in qualità di tecnico (e poi capotecnico) soprattutto in radiofonia, in sede ma anche qua e là per il mondo. Tra le trasferte fatte
insieme ricordo in particolare i Mondiali di sci di St. Moritz, nel 1974,
quando Thoeni vinse l’oro dello slalom. Ma passò più volte i confini
anche con altri colleghi giornalisti. Un caro amico sempre ironico,
bravo nei montaggi, con quella sua passione pressoché inespressa
per le corse in auto che trasmesse al figlio, Elio Junior. È stato un’antesignano del foulard al collo, signorile ed elegante. La sua pensione
se l’è goduta a lungo, giusto premio per un dipendente che la RAI, a
Bolzano, nel dopoguerra l’aveva praticamente vista nascere.
Elio Simoni è stato l’ultimo della vecchia guardia.
PESCARA, PERUGIA
una gita in comune
Ritrovarsi ogni tanto tra “vecchi” colleghi di lavoro è piacevole, se
poi l’incontro avviene in un luogo incantevole e seduti attorno a una
tavola imbandita che consente appetitose degustazioni e gradevoli
conversazioni, il “ritrovarsi” diventa ancora più gradito. Si è svolto
a Villa Pieve di Corciano, un’antica residenza che fronteggia il mae-
responsabile Raisenior Abruzzo, Umbria, Marche ed Emilia Romagna,
e il gruppo Raisenior di Perugia accompagnato da Gino Goti vice
fiduciario per la sede di Perugia. Gli ospiti erano reduci da una gita
sul Trasimeno con visita a Isola Maggiore ricca di fascino, di storia e
di gustose specialità gastronomiche a base del pesce di lago. Il pomeriggio, guidati dal castellano, gli ospiti di Pescara hanno visitato
Corciano, uno dei più bei borghi medievali in Italia perfettamente
conservato e con panorami mozza fiato verso il Trasimeno e la valle
che si distende fino al Monte Peglia sede di un importante centro
trasmittente RAI. Una visita alle preziosità della Villa con eleganti
stanze affrescate e con decorazioni e arredi d’epoca, una cappella dedicata alla Vergine del Rosario, dipinta dal pittore Giappesi, maestro
di Gerardo Dottori, uno dei più celebri pittori del futurismo, hanno
preceduto la cena servita in suggestivi locali a botte con alle pareti
antichi affreschi di Santi ed angeli. Il dopo cena è stato allietato dalla
proiezione di un interessante filmato che ripercorre la storia della
Televisione dal 1954 ad oggi con testimonianze dei vari dirigenti che
si sono succeduti ai vertici dell’Azienda, di personalità della cultura,
dei personaggi: attori, cantanti, presentatori che hanno fatto la storia e la fortuna della RAI. Un documentario di alto valore storico e
culturale che ha fatto rivivere i momenti più significativi dell’Azienda
per coloro che hanno trascorso una vita e una carriera in RAI. Saluti,
abbracci e un arrivederci a un prossimo incontro...quadrangolare che
Petricola ha già programmato e che, in diretta, Raisenior di Perugia
ha appoggiato. Poi, nel viaggio di ritorno a Pescara, il gruppo ha
fatto una doverosa sosta ad Assisi, a Spoleto e a Norcia patria del
tartufo nero e delle specialità della norcineria note in tutto il mondo.
Una gita di piacere che ha compreso le eccellenze più significative
del “cuore verde d’Italia”: la bellezza del paesaggio, i capolavori
dell’arte, la dolcezza dei laghi, la spiritualità e il misticismo di Assisi,
il mistero dei borghi e delle antichità etrusche e i piaceri della buona
tavola, che, soprattutto se conditi con lo speciale olio extravergine
dell’Umbria e innaffiati con l’ottimo vino delle colline del Trasimeno,
non guastano mai e rendono più piacevole e completa una vacanza.
red Sede
ROMA
MARIO FINAMORE
il ricordo di Luciana Curti e Michele Paggi
Una tragica fatalità ha portato via alla famiglia, agli amici e ai colleghi, il caro Mario. È accaduto venerdi 14 settembre in circostanze che
non facevano sospettare lontanamente il drammatico epilogo. Mario
è stato uno dei colleghi più stimati dal punto di vista professionale e
benvoluto dal lato umano. Da funzionario a Viale Mazzini fu chiamato
5
cronaca delle sedi
2012
a dirigere prima la Sede di Potenza, poi
quella di Cagliari ed infine quella di Bari.
Proprio in questi periodi, per l’amicizia
che lo legava al Gruppo “Arte e Cultura”
della Sezione ARCAL di Roma, si prodigò
per la migliore riuscita delle varie escursioni organizzate in quei luoghi. Fu lui
che ci fece scoprire, tra le tante amene
località, le Dolomiti lucane, i laghi di
Monticchio, Cisternino, la terra dei trulli,
Lecce, Otranto e le innumerevoli bellezze inedite della Basilicata e
della Puglia. Memorabili sono le visite a siti e palazzi inaccessibili
aperti esclusivamente per noi e la squisita accoglienza riservata al
Gruppo ARCAL nella Sede di turno dove si aveva la sensazione di
essere una grande famiglia RAI. Dopo la pensione, partecipava alle
iniziative culturali insieme alla moglie Katia, sempre con molto interesse. Sono stati dei bei momenti d’incontro in cui si rammentavano i
tempi passati. Ci mancherai davvero tanto, caro Mario, e ricorderemo
sempre il tuo sorriso, le tue battute ironiche e la simpatia che sapevi
ispirare. Siamo vicini con tanto affetto a Katia e a tutta la famiglia.
il ricordo di Carlo Orichuia
Con Mario Finamore ci siamo conosciuti alle selezioni per sonorizzatori a Via Asiago nel 1967. Era il momento del rilancio della Radio
ad opera di Paolo Valmarana e di Adriano Magli e servivano forze
fresche in produzione ( non essendoci allora lo Statuto dei Lavoratori
spesso l’orario era 9-24). Con Mario arrivo’ anche Ammendola da
Napoli e per noi romani fu un tocco di diversità e di simpatia. Con
Mario seguimmo l’iter della Rai dell’epoca: selezioni e contratti a t.d.
fino alla sospirata assunzione: Mario lavorava sempre con serenità
ed ironia tipicamente napoletana, un tratto che l’ha seguito in tutta
la sua carriera sia al Dipartimento Scolastico sia nelle Sedi Regionali.
Una scomparsa improvvisa mentre Mario già pensava a realizzare
nuove iniziative culturali con alcuni di noi. Credo che Mario stia adesso ascoltando le vecchie sigle radiofoniche che cantavamo in regia!
Giuseppe Oddenino
Una figura storica dell’area tecnica del Centro di produzione Roma TV di via Teulada,
anni Sessanta. Ci ha lasciato in silenzio,
come in silenzio amava lavorare. Non aveva nemici, fu un grande professionista della
manutenzione degli apparati di bassa frequenza. I colleghi di Via Teulada lo amano
ricordare così: con una foto (a sinistra del
tavolo) scattata di recente in uno dei pranzi
annuali di auguri delle feste natalizie. red
Roma
Alberto Silvestri
il ricordo di Sergio Naruli Il 14 agosto in una Saxa Rubra torrida e
tranquilla , come solo nel mese di agosto
accade, io e i pochi colleghi di servizio siamo stati raggelati dalla telefonata di Sergio
Silvestri, fratello del nostro collega Alberto,
che tra le lacrime ci avvertiva del suo decesso. Alberto Silvestri è stato una persona
eccezionale, ammirato e stimato per le sue
qualità professionali ed umane. Alberto
era una sorta di genio, entrato in RAI nel
1976 classificandosi primo nel concorso per tecnici. Si era fin da subito distinto per
le sue conoscenze delle nuove telecamere
RCA che allora entravano in uso in Azienda sostituendo le riprese in
pellicola. Era talmente bravo da segnalare difetti e migliorie circuitali alla casa costruttrice in America. Consigli e segnalazioni che la
RCA trasformava immediatamente in modifiche sui suoi prodotti. Il
destino è stato primo generoso con Alberto, ma ad un certo punto si
è dimostrato crudele portandogli una malattia invalidante che gli ha
impedito di continuare a lavorare con passione, come sempre aveva
fatto. Ciò nonostante, per noi colleghi, era una presenza umana che
ispirava simpatia ed affetto. Al funerale svoltosi nella parrocchia di
S.Giuseppe, nel quartiere Trionfale, pur essendo il 16 agosto, hanno
partecipato numerosi colleghi tra cui molti pensionati che lo hanno
conosciuto quando godeva di una buona salute.
Alberto Seccarecci
il ricordo di Alberto Valentini
Chi ha conosciuto il “grande” Alberto Seccarecci non può far altro che averne un ricordo luminoso. Allegro, spensierato, scherzoso fino alla beffa, averlo in squadra era
sempre un piacere. La sua gioia di vivere, si
trasmetteva come un virus ai componenti
di tutta la squadra RAI. Amore pieno per la
famiglia, amore per il gioco in tutte le sue
sfaccettature e amore per mamma RAI. Era
un fiume in piena, impossibile non sentirsi
affascinati dalla sua persona. Coinvolgente, partecipativo non mancava mai di sostenere e difendere i colleghi presi di mira, i cosiddetti anelli “deboli” della catena. L’Alberto
scherzoso, ilare, che diventava serio quando necessitava, capace di
trasformarsi da compagno di lavoro RAI in “amico”, “consigliere” e
perché no, qualche volta anche in padre con le giovani reclute RAI.
Quante volte l’ho visto abbracciare o passeggiare con qualche collega
cercando di suggerire o consigliare la cosa giusta da fare. Alberto ci
ha lasciato ironizzando e scherzando anche nei suoi ultimi giorni di
vita, con la consapevolezza che in fondo è stato bello vivere, e certo
che in qualche modo ci ha lasciato il suo rilevante contributo. Scompare, ma non nella nostra memoria, un altro degli uomini che hanno
fatto grande questa Nostra Azienda.
TORINO
graziella bianchi
Il ricordo di Guerino Miele
Fu assunta presso la sede Rai di
Torino e assegnata alla Direzione Amministrativa. Nella seconda
metà degli anni ‘50 venne trasferita
a Roma ove ottenne la nomina di
capo ufficio. Con alle spalle una solida preparazione professionale, si
occupò della formazione e della crescita professionale di un gruppo di
giovani neo assunte. Di indole giusta che andava di pari passo con un
temperamento severo,venne subito
riconosciuta dalle proprie collaboratrici come una leader indiscussa,
tanto di meritarsi l’appellativo di
“maestra”
Una volte terminata l’attività lavorativa ritornò a Torino, sua città
natale, a vivere con la sorella Maria Giulia pensionata Rai. Dedicò
gran parte del proprio a tempo libero a quello che allora era il Gruppo
Anziani Rai, di cui divenne negli anni 80 consigliera nazionale. Fu
tra gli esponenti storici del Gruppo, occupandosi tra l’altro della gestione del contenzioso, tra i pensionati Rai e L’Enpals, sulla modifica
del tetto pensionistico . Contenzioso che portò ad una vittoria che
potremmo definire storica. Fu sempre a disposizione per fornire preziosi consigli ai soci in materia di pensioni e dichiarazioni dei redditi.
Gli amici di Torino, nel ricordare con affetto e gratitudine Graziella,
porgono alla sorella Marula vivissime condoglianze.
Ciao Graziella.
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2012
edd
a
i t ioor iianl eL i g u r i a
ALFREDO PROVENZALI E CESARE VIAZZI
UN DERBY IN CIELO
G
il ricordo di Emanuele Dotto*
randi colleghi, grandi
amici. Così diversi, ma
per certi aspetti così
simili. Se ne sono andati
in silenzio e in punta di
piedi, a breve distanza l’uno dall’altro,
come si fossero dati un appuntamento
con il destino.
In poche settimane, la Rai ha perso
due straordinari professionisti, due
giornalisti che hanno fatto la storia
della radio e della tv, e non soltanto
della sede regionale della Liguria.
Parlo, con affetto e con rimpianto,
con nostalgia e con tenerezza di Alfredo Provenzali e Cesare Viazzi.
Alfredo Provenzali, storica voce della radio ma anche primo conduttore
Cesare Viazzi
del Tg regionale il 15 dicembre 1979,
ci ha lasciati il giorno del suo 78esimo
compleanno. Non stava bene da qualche mese, ma ancora a fine Aprile era
sulla tolda di comando di “tutto il calcio minuto per minuto”, creatura da
lui amata e vissuta dapprima come
coprotagonista dagli anni ‘60 al 1992
insieme a Guglielmo Moretti, Roberto Bortoluzzi, Enrico Ameri, Sandro
Ciotti, Claudio Ferretti. E poi dal 1992
come conduttore, erede dello studio
centrale pilotato prima da Roberto
Bortoluzzi e poi da Massimo De Luca.
Provenzali è stato la radio. Voce
calda, grande signorilità, misurato e
pacato, professionista esemplare. Ingegnere navale mancato - gli mancava
un esame alla laurea - Alfredo aveva
cominciato a frequentare gli studi
della Rai di Genova in piazza della Vittoria insieme a Nico Sapio - perito nel
tragico rogo del volo Milano-Brema
nel 1966 al seguito della nazionale
azzurra di nuoto - Cesare Viazzi, Pierfranco Rembado e Nino Giordano. Appassionato di sport, Provenzali proprio da Sapio aveva ereditato il ruolo
di cronista radiofonico del nuoto e del
calcio. Alfredo era un grande cultore
degli sport allora considerati minori,
come il nuoto e la pallanuoto. In un
secondo tempo si era avvicinato al ciclismo e aveva cominciato a seguire
giri d’Italia, tour de France, le grandi
classiche, i campionati mondiali. Tre,
calcio a parte, gli sport da lui amati,
proprio come gli atleti di cui lui aveva
cantato e cantava le gesta. Nel nuoto il
suo mito era Novella Calligaris, la ragazzina padovana d’acciaio che fu la
prima a conquistare una medaglia ai
mondiali. E poi Eraldo Pizzo, il mitico
capitano del “settebello” di pallanuoto
e della nazionale, da lui ribattezzato
- insieme all’altro decano della waterpolo Sandro Castellano - il “caimano”.
Terzo mito sportivo di Alfredo, Francesco Moser di cui diventò il cantore
nelle corse in linea, in quelle a tappe e nel tentativo riuscito di record
dell’ora a Città del Messico.
Provenzali era un gentiluomo,
amante dello sport e delle buone maniere. Ha insegnato, con l’esempio e
con la parola, che raccontare lo sport
è un’impresa per la quale occorrono
impegno, umiltà, competenza e sobrietà. Per Provenzali il lavoro era
tutto. Ma veniva in seconda battuta
rispetto ai suoi gioielli, l’amatissima
moglie Marisa e la diletta figlia Paola,
che dal babbo ha ereditato la passione
per lo sport e per il giornalismo.
Originario dell’isola d’Elba, cresciuto nella delegazione di Sampierdarena, tifoso della Sampdoria, Provenzali. Piemontese di Predosa, nipote
dell’omonimo Cesare Viazzi, uno dei
più significativi pittori del ‘900, caldo
e appassionato tifoso del Genoa Viazzi. Uomo di grande spessore culturale, poeta, scrittore, umanista, musicologo, regista teatrale Viazzi è stato
per la città di Genova un importante
riferimento culturale. Dal teatro dialettale alla musica colta, dalla poesia
alla letteratura, Cesare spaziava senza limiti e confini. Anch’egli era par-
Alfredo Provenzali
tito dallo sport, dalle radiocronache
del suo Genoa. Poi però la televisione
e il mondo culturale lo avevano per
così dire rapito. Dalla sede regionale
della Liguria si era trasferito a Roma
dove aveva ideato il settimanale del
tg3 e dove aveva ...raddrizzato un certo Michele Santoro. Poi era tornato a
Genova dopo un’esperienza di caporedattore alla sede di Cosenza. Aveva
diretto prima la redazione ligure e poi
addirittura la sede regionale. Aperto,
alla mano, pronto alla discussione,
franca e cordiale. Ci si poteva anche
litigare, ma un abbraccio e una stretta
di mano cancellavano ogni tensione.
Docente di giornalismo, molto legato
anch’egli alla famiglia, la moglie Paola
Comolli - anche lei grande appassionata di teatro e letteratura, - i figli
Alberto e Carla che hanno seguito le
orme paterne e il figlio Remo professore nei Licei. Cesare Viazzi, un uomo
per bene e un giornalista di razza.
Due perdite dolorose, anche e soprattutto a livello umano. E mi piace immaginare i due grandi amici discutere
di calcio animatamente con passione
sanguigna Cesare, pacatamente e con
un filo di ironia Alfredo.
Ciao amici, non vi chiamo maestri
per rispetto. Ci avete insegnato tanto. più con l’esempio che con le parole.
(*Inviato speciale Giornale Radio Rai)
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a d d i o ei nd iLt iogr ui ar li e
a
2012
LE IDEE DI ARNALDO
il ricordo di Renzo Trotta*
“Da un’idea di Arnaldo Bagnasco”.
Gli piaceva firmar così, disseminare
di idee lo schermo e la vita. Chi lo ha
conosciuto sa che Bagnasco era inarrestabile.
Figlio del popolo, era entrato a diciotto anni in teatro, aveva recitato,
nientemeno, con Tino Buazzelli: “Ero
stupefatto che mi pagassero, per fare
quelle cose strane e divertentissime
lassù”, diceva. Raccontava che aveva
fatto anche un po’ da amministratore (così poteva aggiungere che si era
laureato in economia con Federico
Caffè), ma anche da regista, al grande
Tino (sì, gli piaceva vantarsi, spesso;
ma era un gioco per ricordarsi che la
sua vita non stava passando invano).
Non divenne un grande attore, ma il
teatro gli rimase intimamente dentro,
è il cuore profondo della sua storia.
Gli piacevano i conflitti, la verità che
nasce dal confronto aspro, i contrari
che si toccano e si incendiano: fu lui a
inventare Match, il primo scontro tv
programmato e regolamentato, RaiDue, Monicelli contro Nanni Moretti,
Albertazzi contro Memé Perlini, Moravia contro Sanguineti, con Alberto
Arbasino arbitro blasé, che raffreddava la temperatura quando si rischiava
la rissa. Siamo nel 1977, Bagnasco era
entrato in Rai dieci anni prima, aveva sceneggiato per RaiUno l’Eneide,
Le cinque stagioni di Gianni Amico, il
Ligabue. Quando arriva a Genova, nel
1978, sta per nascere la Terza Rete.
Lui ha il compito di inventare dal
nulla i programmi regionali, capisce
subito che quelle piccole produzioni
possono diventare un grande spazio
di sperimentazione, un luogo di libertà, di commistione di linguaggi e
di generi, di locale e cosmopolita. Bagnasco è l’uomo che io ho conosciuto
più radicalmente privo di snobismo,
verso l’alto e verso il basso; e dunque
è capace di ingegnerie mirabili, può
mettere insieme l’esoterismo di Enrico Ghezzi, le raffinate stilizzazioni
di Gianni Amico insieme con i mondi
a lui più cari, quelli del lavoro, della
terra, della memoria popolare. Il territorio viene esplorato in ogni angolo;
la forza del documento, dei volti e dei
luoghi si mescola alla ricerca linguistica, alla finzione, alla drammaturgia, al racconto. Muove tutte le risorse culturali della regione, si circonda
di centinaia di collaboratori, per la
maggior parte giovani, dà a tutti occasioni appassionanti, si impone, litiga,
regala idee, costringe a creare. Come
si è chiesto Marco Sciaccaluga (che
era uno di quei giovani) in una serata
in onore di Bagnasco poco più di un
anno fa: in quale luogo, presso quale
istituzione, quale impresa, fabbrica di
idee, di lavoro, i ragazzi di oggi possono trovare opportunità come quelle?
(Intanto il suo cuore torna al teatro:
nel 1981 firma, insieme a Giuseppe
D’Agata e Lucia Bruni, La bocca del
lupo, adattamento dal romanzo di
Remigio Zena. Lo produce lo Stabile
di Genova, la protagonista è Lina Volonghi, il ritratto d’epoca di un pezzo
di Genova di strada, appassionante,
violenta, disperata e vitale è potente.)
Quando, dopo dieci anni di vita, i
programmi regionali muoiono (“un
assassinio”, dirà lui, la vendetta di
Roma contro quello che allora si
chiamava il “decentramento”), torna a RaiDue, collabora con Giovanni
Minoli, compie una nuova trasformazione, che lo rende popolare: si
diverte finalmente a recitare la parte
del conduttore sul piccolo schermo.
È Mixercultura, è di nuovo scontro,
carne e sangue, gli intellettuali fatti
a fettine, provocati, riveriti, rosolati
a fuoco lento e attaccati a sciabolate:
tutto, purché la cultura sia vita.
Quando finisce Mixercultura, finisce anche la favola. Va a RaiTre dal direttore Guglielmi, ma non funziona;
torna a RaiDue col nuovo direttore, il
savonese Carlo Freccero, ma va ancora peggio. Il suo rifugio è l’antico amore, il teatro: “Palcoscenico” si chiama
il programma che inventa; ma Freccero non condivide il taglio, vorrebbe
scelte più sperimentali. Lo scontro fra
l’intellettuale situazionista e l’uomo
del popolo finisce con l’emarginazione
di Bagnasco e del suo programma in
orari sempre più punitivi. Bagnasco fa
il gran rifiuto, se ne va dalla Rai.
Questa volta il ritorno a Genova è
definitivo. Non fa il pensionato d’oro,
vive la sua ultima stagione creativa
come presidente del Palazzo Ducale
appena restaurato, fra Van Dyck e Rubens, i transatlantici, il G8 più feroce
che si ricordi e Genova capitale della
cultura. Ma non è quello il suo posto,
anche se da una sua idea rinascono le
antiche glorie del Siglo de los Genoveses. Lì, nelle antiche sale, che pure ironicamente lo lusingano, gli manca la
battaglia. La farà con la malattia, sarà
durissima, riuscirà a risorgere, finché
deciderà di addormentarsi sereno,
dice la moglie Matilde, nel suo rifugio
di Chiusa Pesio, anche il suo funerale,
nel centro storico di Genova, sarà uno
straordinario spettacolo di vita.
(* Vice Caporedattore TGR Liguria)
È morto a Roma dopo una
breve malattia Brando Giordani.
Con lui scompare un pezzo di
storia della tv italiana. Aveva
81 anni. Ideatore di programmi
diventati cult come
Pronto Raffaella? e Odeon
nel prossimo numero
BRANDO GIORDANI
LEALTÀ E LEGGEREZZA
il ricordo di Emilio Ravel
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autoritratto
LUCIANO RAVELLO
ASTROFILO PER PASSIONE
A
stronomia, parola magica:
ogni sera trascorsa ad
osservare il cielo mi dona
sensazioni ed emozioni
nuove come la prima
volta.
Molti si domanderanno perché
l’astronomia. In definitiva si tratta
unicamente di vedere dei puntini luminosi fissi e delle immagini a noi
note, come la Luna, Venere, Giove ecc.
Ragionando in questo modo, si affronta l’argomento superficialmente,
rammento che le bellezze della natura
non si esibiscono facilmente e chiedono un impegno umano. L’astronomia
non sfugge a questa regola, infatti, necessita l’utilizzo del telescopio, il quale ingrandendo l’oggetto costituisce il
tratto di unione fra noi ed il cielo; inoltre l’astrofilo deve avere un minimo
di competenza e di… pazienza per la
ricerca degli oggetti celesti che costituiscono l’universo. L’universo dove
tutti i suoi elementi sono in espansione a una velocità vertiginosa,
scaturita circa
15 miliardi di
anni fa, da un
puntino
con
un’enorme densità ed energia,
il Bing Bang.
Gli antichi immaginavano
il cielo sede di
divinità
con
il dio Sole e la
dea Luna, i quali si muovono con i
loro carri una volta il giorno. I sacerdoti, i primi astronomi, approfittando
delle loro conoscenze come le eclissi
del Sole quando la Terra si oscurava
o l’apparire dei pianeti, pronosticavano disastri o favolosi raccolti agricoli soggiogando il popolo ignorante.
Normalmente le passioni sportive o
scientifiche nascono con il concorso
di avvenimenti casuali, che colpiscono la nostra curiosità ed in seguito la
nostra mente. Nel mio caso ricordo
quando decine di anni fa, in una bella
serata estiva, invitato da Michele Gancia (in quel periodo lavoravo nel suo
reparto presso il Laboratorio Ricerche di Torino) ad un’osservazione con
il telescopio, vidi la Luna come mai
l’avevo vista, gigantesca, mi sembrava
di toccarla tanto era vicina.
Questa emozione fu decisiva per il mio
futuro di astrofilo.
Per
parecchi anni rimase latente, fin
quando andando in pensione
e avendo del
tempo libero,
mi rammentai
di quella serata
e decisi di dedicarmi al nuovo
hobby. Per prima cosa dovevo
acquistare il telescopio ma quale? Un
riflettore, dove l’obiettivo è uno specchio, oppure il rifrattore costituito
da più lenti quindi con maggior dettaglio? La scelta fu verso un riflettore
Meade da 20”, buon compromesso fra
peso, quindi trasportabilità, ingrandimento e prezzo dato l’alto costo dei
rifrattori. Iniziai quindi la mia attività
e con la collaborazione di altri astrofili, organizzai delle serate osservative
collettive, dove le immagini riprese
con il sensore CCD (simile alla macchina fotografica) collegato al computer,
erano visibili in uno schermo utilizzando un proiettore televisivo. Penso che le parole non siano sufficienti
per descrivere quello che ho provato
nel vedere, per la prima volta, un tale
spettacolo; non la Luna, ma la luce di
un oggetto nato quando ancora l’uomo non esisteva, raggiungere la mia
postazione, incredibile!
A questo punto vi chiederete quali
sono i miliardi di oggetti che costellano il cielo e lo rendono così vario e
interessante.
La galassia, come la nostra Via Lattea, miliardi di stelle configurate in
forme come la spirale o l’elisse.
La nebulosa, dove l’elemento essenziale è l’idrogeno, il quale grazie alla
forza gravitazionale che comprime il
nucleo, sviluppa la fusione nucleare
(15 milioni di gradi) creando le stelle. L’ammasso globulare, dove convivono sino ad un miliardo di stelle, visto nell’oculare del telescopio,
appare come un batuffolo di cotone
tondeggiante. La stella doppia, dove
ampliando l’ingrandimento di una
stella, appare la sorella minore ruo-
tante attorno ad essa. L’appetito vien
mangiando, come si usa dire, infatti,
in seguito mi procurai un riflettore
da 25 pollici installandolo in una postazione fissa nel mio balcone, quindi
molto più comodo ed immediato.
Con l’avvento della macchina fotografica digitale, potevo riprendere
gli oggetti con la Canon 20 D a colori,
espressamente costruita, aumentando sensibilmente la bellezza dell’immagine principalmente le nebulose,
dove il colore rosso e blu sono predominanti; la mia preferita è la nebulosa
di Orione.
Spero che questo piccolo seme venga raccolto e coltivato da qualcuno,
non si pentirà; per chi vuol approfondire l’argomento consiglio la visione
del mio sito (www.xoomer.virgilio.it/
astrovideo) e la lettura del mio libro
“Il cielo di Papà Marcel”.
([email protected])
5
per non dimenticare
2012
CARLO MARIA MARTINI
TESTIMONE DEL NOSTRO TEMPO
N
di Vittorio De Luca
el 1983, ho avuto il piacere
e l’emozione, durante il
mio impegno professionale in RAI, di incontrare
l’ex arcivescovo di Milano
e di seguirlo per qualche giorno nel
suo ruolo di vescovo e pastore, per
un programma televisivo RAI (Testimoni del nostro tempo) dal titolo
“Un vescovo, una città” trasmesso l’8
febbraio 1983 dalla Rete 2. D’accordo
con l’arcivescovo e il regista Renzo
Ragazzi abbiamo potuto filmare
Mons. Martini nel corso dei suoi
molteplici impegni: al lavoro nel suo
studio, durante la visita al Duomo in
fase di restauro, nel dialogo con gli
operai ed abbiamo registrato l’intervista, in un luogo suggestivo, in cima
al Duomo. Lo abbiamo anche seguito
durante le sue visite pastorali sia nei
quartieri di Milano sia in alcuni paesi
della Diocesi.
Insomma Carlo Maria Martini “un
vescovo fuori palazzo” come diremo
nell’intervista.
L’ex arcivescovo di Milano, è bene
ricordarlo, aveva iniziato il suo impegno pastorale in uno scenario drammatico della vita del nostro Paese, con
la crescita del terrorismo. Proprio in
quel mese, 12 febbraio 1980 si verificò
l’attentato terroristico al prof. Vittorio Bachelet, all’Università di Roma.
Con la morte del Cardinale Martini (31/08/2012) scompare una delle
personalità eminenti del nostro tempo, un biblista di fama internazionale, che ci ha insegnato a vivere e ad
affrontare i problemi attuali con il
Vangelo in mano. Ha saputo coniugare sapere e credere, con aperture
moderne ed intelligenti. E’ riuscito a
toccare i cuori, come ha dimostrato
l’imponente afflusso di credenti e non
credenti, uomini di cultura e persone
umili, giovani e anziani in Duomo per
rendergli l’estremo saluto. Una dimostrazione di grande affetto verso l’ex
arcivescovo di Milano.
1980 La prima lettera pastorale: “IL
SILENZIO È COME L’ARIA”
La riscoperta di una nuova qualità
della vita è stato uno dei primi inviti
che Mons. Martini aveva rivolto ai cattolici di Milano, ma indirettamente a
tutta la società italiana. Un’esortazione ad uno stile di vita, più semplice e
comunicativo, fondato sulla filosofia
dell’essere piuttosto che dell’avere.
“Ammiro l’impegno per la costruzione della città, per la diffusione del
benessere, per il trionfo dell’ordine
sul disordine e lo sfascio, ma vorrei
ricordare che l’ansia della vita non è
la pace del 1982. “Le mostruosità della
corsa agli armamenti, delle terribili
armi nucleari, della guerra, del terrorismo, sono preparate da quei mostri
che noi coltiviamo, con irresponsabile
indifferenza, nel nostro cuore, son le
sottili forme di prepotenza, la strumentalizzazione degli altri, le quotidiane
offese alla vita e alla dignità dell’uomo,
la ricerca del benessere economico fine
a se stesso”.
legge suprema, più importante è il ritorno alle radici dell’esistenza”.
Alcuni brani della lunga intervista:
LA PACE È POSSIBILE
Il problema della pace è stato uno
dei temi prioritari della predicazione
del Cardinal Martini
D. La società moderna vive con angoscia il senso del futuro; il problema
della pace, il problema della guerra
creano un senso di inquietudine. Forse mai come in questo periodo la gente
si pone degli interrogativi sul futuro.
Lei ha partecipato ed ha guidato” la
marcia della pace” di fine anno come
impegno forte per una nuova cultura
della pace.
R. Penso che bisogna partire dal fatto
che mai come in questo tempo l’umanità ha preso coscienza del suo terribile potere. Io ho partecipato a questa
marcia della pace perché mi sembrava
un’occasione importante per esprimere
con dei gesti certe cose; anche i giovani
che hanno partecipato ampiamente a
questo evento avvertono il problema.
Bisogna comunque educare alla pace,
questo è l’importante, a compiere gesti
concreti di pace, ricordando che anche
le guerre non accadono semplicemente
per errori tecnici, ma hanno la loro radice nelle divisioni dell’uomo, dei contrasti nei pregiudizi nell’incapacità di
perdonare.
Si potrebbero ricordare tante altre
occasioni nelle quali il cardinal Martini
è tornato a invocare una pace autentica, a livello dei cuori e nei rapporti
internazionali. Emblematiche le sue riflessioni per la giornata mondiale del-
IL LAVORO, LA QUALITA’ DELLA
VITA
D. Una grande città come Milano
vive problemi talvolta drammatici: la
cassa integrazione, l’aumento della disoccupazione, soprattutto nel mondo
giovanile.
Come vive questi problemi un vescovo?
R. Appunto i problemi, sono molto
gravi, vanno crescendo. Il problema è
molto sentito non solo dal vescovo, ma
è avvertito dalle comunità parrocchiali, oltre che dalle persone che lo vivono
come costante minaccia. Ma noi che
cosa cerchiamo di fare? “Siamo il più
possibile vicini a coloro che soffrono e
cerchiamo di promuovere solidarietà di
presenza e di sollecitazione alle parti
sociali”.
La progressiva conoscenza dell’hinterland ha portato il cardinale Martini il 2 febbraio 1983 a incontrarsi con
una fabbrica, l’Acna occupata perché
in lotta. Dopo alcuni giorni il cardinale rispondeva con una promessa:
“non vi lasceremo soli”. In mezzo agli
operai, dentro la struttura stessa della
fabbrica osservava: “se giungeremo a
smascherare questo idolo del profitto
da cui tutto deve dipendere, noi faremo
un grande servizio al bene comune, al
vero profitto della società, insegnando
che non è possibile risolvere i problemi
umani se non si mettono i valori assoluti al primo posto.
Nella stessa circostanza Martini auspicava: “Ed è in questa lotta contro la
schiavitù del profitto in senso assoluto,
separato dalle componenti umane, che
la Chiesa deve impegnarsi in nome del
Vangelo, per ricostruire una “cultura
della solidarietà”.
IL TERRORISMO
VIOLENZA E RICONCILIAZIONE
Il cardinal Martini, nel 1982, alla
domanda “che fare?”, rispetto alla
violenza terroristica che segnava Milano, rispondeva: “La prima cosa che
viene da dire è che in qualche maniera
non c’è risposta, nel senso che, supponiamo, un atto di violenza non è una
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22
5
2012
ed
p
e ri t o
n roi na l d
ei m e n t i c a re
domanda, è un atto assurdo, è una
follia, quindi non c’è risposta se non
il rifiuto, se non l’opposizione totale,
non si tratta qui neanche di dialogo,
si tratta di prendere posizione molto
chiara contro ciò che è assolutamente inammissibile: evidentemente, poi,
scavando a fondo, bisogna cercare
quali sono le radici. E qui la ricerca si
fa molto più difficile.
Rievocando in tempi più recenti e di
post-terrorismo quei momenti con la
rivista “La Civiltà Cattolica”, Martini
stesso ha confessato: “… non riuscivo
a capire su quale retroterra mentale
si basavano le loro azioni. Mi domandavo: “E’ mai possibile dialogare con
loro, cercare di farli riflettere?”. Ho
spesso parlato di questo con le autorità che avevo occasione di incontrare. Ricordo che il tono delle risposte
era: “Non ne sappiamo quasi niente”.
Era un mondo di cui non si riusciva
a vedere la fisionomia. L’incapacità a
trovare un interlocutore accresceva
lo stato d’ansia”. In più pesava la cappa di piombo dell’assassinio “annunciato” e sovente realizzato.
“Ricordo che ai funerali di Tobagi
(il 30 maggio 1980 in Santa Maria del
Rosario,) ho citato la frase del Vangelo: Mi hanno odiato senza ragione (Gv.
15, 25) ”. Queste omelie erano rivolte anche agli autori di quei criminali,
sull’esempio di ciò che all’epoca del
rapimento Moro aveva fatto Paolo VI,
anteprima
UNO
L’ULTIMO COMPLEANNO
il quale cercava di parlare a un minimo di umanità. Sapevo che si tratta di
gente che legge attentamente i giornali. Mi affidavo a questo mezzo per
lanciare un messaggio verso l’ignoto”.
Settembre 2002 il cardinale lascia la Diocesi
Il Cardinale Martini, nel suo lungo
itinerario di impegno pastorale nella diocesi più grande del mondo, l’8
settembre 2002 concludeva la sua
missione a Milano. Nell’ultima omelia in Duomo, rivolge il suo saluto di
commiato ai fedeli con un messaggio
molto semplice: “Vi parlo nel cuore.
Amatevi gli uni e gli altri, così vivrete nella giustizia, nel perdono e nella
pace”.
In quei giorni decide di fare ritorno
a Gerusalemme, città che ha sempre
amato. Sarà questo luogo punto di
preghiera e di silenzio ma aperto a
tanti gruppi e amici che si recano a
trovarlo …
Quando, negli anni, avverte i segni
di una malattia (Alzheimer) torna in
Italia e si trasferisce a Gallarate, nella
casa di riposo dei Padri Gesuiti, dove
trascorre il tempo nella preghiera,
con paziente serenità tra visite di
gruppi e di molti amici in dialogo
aperto con cattolici e non. In particolare ricordo le “Conversazioni” di
padre Martini con Eugenio Scalfari,
fondatore di Repubblica, amico fedele
del Cardinale e del prof. Vito Mancuso,
teologo e scrittore. Entrambi amici in
dialogo con Martini e coautori del bel
libro “Conversazioni con Carlo Maria
Martini” (Ed. Fazi, settembre 2012).
“Un documento straordinario – come
da prefazione – della presa di coscienza necessaria ai nostri tempi per non
perdere la speranza, oltre che una
specie di testamento spirituale per il
mondo laico”.
(brani e testi dal programma RAI,
Rete 2 TV, di Vittorio De Luca per la
regia di Renzo Ragazzi)
Eccola che arriva. Sta arrivando. E la quarta festa in un mese e mezzo. E proprio qui sotto, a pochi metri, a
pochi passi da qui. Sta entrando in casa. La festa riempirà gli spazi della mia casa.
Ancora... Questi pensieri affioravano nella mente di Eleonora come lente bolle in uno stagno abbandonato.
romanzo di Massimiliano Verzani
Era sola, chiusa nel piccolo bagno dalle mattonelle color madreperla rifinite con lievi venature derate. Sola,
(Edizioni Sabinae, 2012)
davanti al grande specchio con la cornice in legno rovere intarsiato. E sola, osservava i suoi quarantotto anni.
Osservava; sempre con quel suo sguardo spunto oltre i confini delle linee sopraccigliari, come volesse tuffarsi
Un romanzo avvincente sulla società e negli occhi di chiunque Ie fosse stato davanti. C’era infatti un’impercettibile tensione net tratti della sua fronte
le manifestazioni della vita moderna, dove che - come quell’ingrediente dall’apparenza …
vengono osservati con cruda severità, la
In vendita nelle librerie Feltrinelli e online su: www.edizionisabinae.com
ricchezza, il successo, la moda, l’amore,
l’opportunismo, l’ipocrisia, la malattia,
l’eutanasia, il dolore, l’agonia e la morte.
Natale in Poesia
Nel suo romanzo d’esordio Massimiliano
di nonno Lorenzo Nigretti
Verzani riesce ad emozionare facendo
poesia in decasillabe
partecipare il lettore all’interiorità della
L’uomo dal nome “Babbo Natale”
protagonista.
somiglia ad un vecchio abituale
Partendo dall’ordinaria banalità di una
con la sua lunga barba bianca,
ha l’apparenza assai stanca,
festa in una famiglia borghese, fino al triller di un matricidio, il libro si eleva con la
Durante la notte glaciale
fronteggia il vento maestrale;
recita del Magnificat al capezzale della
su una slitta è tutto fiero
protagonista morente, che fa di queste pacon forza, solca terra e cielo.
gine un vero cantico della fede cristiana.
Tirato da renne, con lumini,
Un libro che si legge volentieri, pagina
calandosi giù a dei camini,
tira pagina, fino ad arrivare all’ultima sensotto alberi con più lustrini,
za accorgersene.
dà regali ai buoni bambini.
Massimiliano è il figlio di Paolo, nostro
Rispettoso alle tradizioni,
senior in servizio alla Direzione Produzioè obbligato a buone azioni:
venerare con gioia, e di più
ne TV, Roma via Teulada.
la nascita del Bambino Gesù..
Per non svelare il contenuto, riportiamo
E se tutti noi, mano a mano,
solamente la prima pagina
sulla terra in cui viviamo,
Era arrivata la sera. Avrebbe portato una festa.
allacciassimo un girotondo,
Anzi...
otterremmo la pace nel mondo.
5
2012
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Aut. Trib. Roma n. 38 del 22.01.1986
Chiuso in redazione il 9 Novembre 2012
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Armonia quinto numero anno 2012.