Poste Italiane SPA Sped. in abb. postale DL353/2003 (conv. in L 27/02/2004 N°46) Art. 1 comma 1 DCB ROMA 5 2012 Periodico bimestrale anno XXVII Associazione Nazionale Seniores Rai dal 1953. Novembre, Dicembre w w w.raisenior.i t primo piano UNA MOSTRA FOTOGRAFICA DEL LAVORO E DELLE PROFESSIONI pag. 3 lettera di Natale PACE CON DIO, CON NOI STESSI, CON GLI ALTRI pag. 9 eurovisionsports 2012 pag. 10, 11 e Fiduciari tivo Anno Nuovo e Consiglio Dire , a z en n Natale e Felic t o cio di L’Uffriano unPresid u Bu aug IL TRIONFO DELLA SQUADRA RAI 2 5 2012 editoriale ORGOGLIO E OTTIMISMO SPINTA NELLA GIUSTA DIREZIONE di Antonio Calajò N oi senior ci interroghiamo sempre sul binomio orgoglio e ottimismo. Ci chiediamo se l’orgoglio e il forte senso di appartenenza alla Rai genera ottimismo, oppure viceversa. Partiamo dall’ottimismo. Siamo ottimisti perché è nostra convinzione che la Rai sia come il gatto delle sette vite: quando cade, ormai finito, poco dopo, superato lo sbalordimento, il felino si rialza con maggior slancio. La vita della nostra azienda è simile alla vita dell’animale felino: la lunga storia della Rai è piena di cadute e di rialzi, dal 1924 ad oggi la Rai è stata attraversata da crisi più o meno gravi. Questa ultima, che appare in via di superamento, forse va considerata la più grave, non soltanto in termini economici. L’altro elemento che qualifica noi senior rai è l’orgoglio, il cemento che ci unisce da sempre e ci fa sempre più numerosi. Un orgoglio che è fedeltà forte verso la Rai, un orgoglio che non ci spinge alla mera rassegnazione, non ci impaurisce nei momenti di decadenza dell’azienda; anzi ci sprona a fare di più, a lavorare di più, a tenere duro, nella convinzione che poi tutto passa, tutto ritorni ai tempi di maggior splendore. Ecco che orgoglio e ottimismo sono le due facce della stessa medaglia, la medaglietta che molti di noi portano sul bavero della giacca e che ancora una volta ci è stata di aiuto, non ha tradito la nostra pervicace speranza. Come oggi ragionevolmente constatiamo. Sono trascorsi cento giorni dall’insediamento del nuovo Consiglio di Amministrazione e dalla nomina del Direttore Generale. Dalle prime dichiarazioni e da quelle più recenti del Presidente Rai, Anna Maria Tarantola, ci sembra che la Rai stia uscendo dal tunnel dell’impoverimento. Non soltanto economico, che è pure importante perché l’autonomia e l’indipendenza dell’azienda dipendono dal pareggio di bilancio, ma dall’impoverimento più in generale, diciamo di identità. Con gioia osserviamo che i primi provvedimenti adottati sono positivi, trasparenti, indicano che dal tunnel stiamo uscendo, la luce si vede e si avvicina. Non sta a noi fare l’elenco degli interventi fatti e annunciati, è compito dei sindacati fare precise valutazioni. Noi ci limitiamo a svolgere un’analisi generale, più consona alla nostra natura associativa. L’aria è decisamente cambiata, si respira un’aria di innovazione rispetto al recente passato. Si avverte chiaramente la volontà di girar pagina, riportare la Rai nel suo alveo naturale. Attenzione si ai conti economici, ma grande attenzione al prodotto nei suoi molteplici generi: informazione, intrattenimento, spettacolo e cultura. I margini ci sono, la qualità c’è ma va migliorata. Lo zapping non deve confondere l’abbonato, la Rai deve essere riconosciuta immediatamente, non per il “bollino” impresso, ma per quello che si vede e si sente. Lo sforzo del nuovo management si manifesta con continuità, verso l’interno e verso l’opinione pubblica. Da una recente intervista al Corriere della Sera (13 ottobre), il Presidente Rai, esplicita: “Lavorare su una linea editoriale coerente guidata da principi chiari: pluralismo, responsabilità, ed etica”. In merito alle pressioni esterne, riafferma: "ho invitato tutti i dirigenti a respingere le pressioni che vengono dalla politica". L’aria è più respirabile anche nei rapporti tra il nuovo top management e i dipendenti. Il Presidente e il Direttore Generale hanno riaperto il dialogo con i dipendenti. Novità positiva anche per la nostra associazione: il Presidente Rai, Anna Maria Tarantola, ha accettato il titolo di Presidente Onorario di Rai Senior; un posto vacante da lunghi anni, l’ultimo è stato ricoperto prof. Roberto Zaccaria. Un titolo che va oltre il significato simbolico, è l’adesione del Presidente Rai ai principi e ai valori dei senior, la sua stretta appartenenza alla “Rai di tutti i tempi”. Un Presidente Rai che si sente orgoglioso di governare una grande azienda è una garanzia per i dipendenti e per i cittadini. Un rafforzamento della democrazia. Allora essere orgogliosi non è un nonsenso: è la piena consapevolezza che le storie professionali fanno la storia della Rai e la storia dell’Italia e degli italiani. 5 primo piano 2012 UNA MOSTRA FOTOGRAFICA DEDICATA AI LAVORATORI ED AL LAVORO IN RAI I di Luigi Pierelli n un articolo del marzo scorso avevamo preannunciato l’intenzione di aggiungere, alle foto realizzate in passato, le immagini dei tanti colleghi che oggi operano nella nostra Azienda e documentare contemporaneamente le attività che vengono svolte per realizzare i prodotti RAI. E’ nato cosi il progetto di una mostra fotografica sul “Lavoro in RAI” che vorremmo presentare entro il mese di novembre nella Sala degli Arazzi a Viale Mazzini, mostra che poi potrà essere ospitata in altri insediamenti aziendali e in altre sedi. Riteniamo infatti che le immagini realizzate possano rappresentare un veicolo promozionale per far conoscere tutto il contesto che opera “dietro le quinte” che è cosi ricco di mestieri e specializzazioni e che probabilmente non è totalmente noto neanche ai colleghi RAI. L’esperienza non semplice l’abbiamo condivisa con Franco Lubrani che, oltre ad essere collega e socio RAI Senior è un affermato professionista nel campo della fotografia e con Claudia Sammicheli scenografa del CPTV di Roma. L’idea guida per la realizzazione del reportage fotografico è stata quella di dare uno spaccato dei tanti lavori che si svolgono nella nostra Azienda evidenziando l’impegno singolo e collettivo dei lavoratori. Abbiamo cercato, attraverso le tante foto, di sviluppare una sequenza che, nei limiti del possibile, documentasse come le varie attività concorrano al processo produttivo ed alla gestione dei servizi – con particolare riguardo alla programmazione e all’informazione televisiva e radiofonica – e mostrasse inoltre alcuni dei servizi tecnici che supportano la produzione e la messa in onda. Lo sviluppo del progetto e l’ampiezza della documentazione è stato condizionato da alcuni aspetti: - Il budget stanziato non ha con- sentito di organizzare trasferte, di conseguenza il prodotto rappresenta soltanto la realtà romana; - la superficie espositiva a disposizione non ha permesso una maggiore quantità di soggetti. Questi aspetti hanno influito inevitabilmente sul numero di foto selezionate e sulla possibilità di documentare situazioni, anche rilevanti, che sono state escluse dalla mostra. Altro elemento critico da rappresentare ha riguardato alcune attività che, pur essendo diverse, vengono svolte con il computer, attività che in gran parte abbiamo dovuto escludere perché, non caratterizzandosi per ambiente e strumenti di lavoro, visivamente non portano alcun contenuto alla mostra. Preghiamo quindi i colleghi esclusi di comprendere i limiti in cui si è operato e riconoscersi comunque negli obiettivi che hanno ispirato l’Associazione. Riteniamo comunque che le immagini proposte rendano ampiamente la consapevolezza ed il senso di protagonismo dei lavoratori che sono impiegati nella nostra Azienda e mostrino i contesti tecnologici in cui essi operano. Peraltro il risultato raggiunto dal gruppo di lavoro che come abbiamo anticipato è composto oltre che dal sottoscritto dai colleghi Franco Lubrani e Claudia Sammicheli è frutto anche della collaborazione che abbiamo ricevuto sia dall’Azienda che ha consentito e agevolato le riprese, sia dei lavoratori che, oltre a prestarsi come soggetti, ci hanno accompagnato, spiegato e messi in condizione di fare il nostro lavoro nelle migliori condizioni. La rassegna fotografica comunque non sarebbe stata possibile senza la sensibilità del Dott. Franco Lubrani e la capacità tecnica di adattarsi ai vari ambienti di lavoro, qualità che hanno consentito di realizzare un percorso fotografico di notevole interesse. Altrettanto possiamo dire dell’Arch. Claudia Sammicheli che ha progettato e seguito tutta la parte espositiva che è stata messa a punto dalla scenografia del CPTV nel migliore dei modi. Con questo impegno RAI Senior si augura di aver dato la giusta visibilità ai lavoratori della nostra Azienda ed al lavoro in RAI e di aver creato un’occasione per sensibilizzare la Direzione a ripristinare i riconoscimenti di anzianità sospesi da alcuni anni. 3 4 5 2012 l’opinione ENZO TORTORA DALLA REALTÀ ALLA FICTION UN'IMPORTANTE PAGINA DI EDUCAZIONE CIVILE E POLITICA di Gianpiero Gamaleri L a fiction su Enzo Tortora è stata una significativa pagina di storia contemporanea offerta a milioni di italiani, molti dei quali, se non altro per ragioni di età, ne sapevano poco o nulla. E non è stato solo il racconto di un errore giudiziario nei confronti di un grande protagonista del giornalismo e dello spettacolo, ma una buona lezione di educazione civile e politica. protagonista non casuale, ma volontario, avendo sposato con piena consapevolezza la causa dei diritti civili. A differenza di tanti politici d’oggi che si abbarbicano all’immunità parlamentare per evitare l’arresto, Tortora ha deliberatamente rinunciato al seggio europeo per rimettersi completamente in gioco affrontando tutti i rischi ed i traumi di un processo dall’esito incerto. E attraverso la sua assoluzione in appello confermata in Cassazione, è stato l’attivatore di quel referendum sulla responsabilità civile dei giudici che è uno dei punti caldi e tuttora irrisolti del dibattito attuale. Ma era necessario trovare il modo di dissotterrare, soprattutto per i giovani d’oggi, questa durissima esperienza. E ciò è avvenuto attraverso gli inevitabili rischi della formula narra- Da uomo di spettacolo a protagonista politico So che la figlia di Tortora, Silvia, ha criticato questo lavoro. Il suo giudizio va rispettato, ma personalmente riconosco a questa fiction il merito, com’è stato giustamente osservato a “Porta a porta” da parte del segretario dei radicali Staderini, di avere presentato Tortora, attraverso la sua tanto Il volto sofferto di Enzo Tortora sofferta esperienza, anche come un nel suo messaggio al pubblico protagonista della scena politica. Un di Portobello, nel 1987, dopo la detenzione e i processi. Gianpiero Gamaleri Ordinario di Sociologia della comunicazione all’Università Roma Tre Ex dirigente e consigliere di amministrazione Rai tiva, basata però sulla ricostruzione fedele dei fatti, sull’efficacia di una regia e su una convincente interpretazione imperniata sulla maschera di Ricki Tognazzi . Nel solco dei grandi sceneggiati degli anni ‘70 Queste considerazioni ci riportano a un’altra importante stagione della nostra televisione: quella dei grandi sceneggiati degli anni ‘70 che hanno fatto conoscere agli italiani le loro radici e le pietre miliari della storia, della letteratura, della scienza a livello mondiale. Lo ricordava Ettore Bernabei nella lectio magistralis tenuta all’Università Lateranense il 16 maggio 2011, in occasione del suo novantesimo compleanno: “Negli anni in cui l’Italia era il quarto tra i sette paesi più industrializzati del mondo, ho guidato in RAI la televisione di servizio pubblico. Dal 1991 partecipo alla ideazione ed alla produzione di sceneggiati televisivi “controcorrente”, con i quali la Lux Vide ha ottenuto successi internazionali, sia di ascolto che di gradimento: come i ventuno film della Bibbia, quelli su “Giovanni XXIII”, su Pio XII, oppure su “Coco Chanel” e su “Enrico Mattei”. Dopo queste esperienze significative sento il dovere di testimoniare che la televisione che per mezzo secolo ha provocato il disorientamento culturale di tante persone - è oggi il mezzo più idoneo a riportare miliardi di uomini e di donne sulla via del vero e del giusto. Certamente per far questo bisogna che cambino i contenuti dei programmi di intrattenimento televisivo. AI posto di programmi violenti, nichilisti, immanentisti e permissivi occorre che, con il rispetto di tutti, siano proposti 5 l’opinione 2012 modelli di comportamento altruisti e solidaristici, cosi come fece il grande teatro rinascimentale e il grande cinema della prima metà del Novecento. Questi modelli potranno operare una salutare bonifica di igiene sociale, aiutando genitori, educatori e politici a guidare l’umanità in organizzazioni che tutelino i legittimi interessi, senza eccedere in egoismi aggressivi”. Parole che ci riportano a grandi autori, sceneggiatori e registitelevisivi come Bolchi Falqui, Majano. Parole, che tornano attuali proprio in questa stagione della nostra fiction, con opere apprezzabili e insieme popolari, come Il prefetto Mori, Il commissario Nardone, Caruso. “Dove eravamo rimasti?” Ma torniamo a Tortora. Alla conclusione del suo calvario processuale, torna in televisione il 20 febbraio del 1987, quando ricomincia con il suo Portobello. Il ritorno in video è toccante, il pubblico in studio lo accoglie con una lunga standing ovation. Tortora, leggermente invecchiato e fisicamente molto provato dalla terribile vicenda passata, con evidente commozione pronuncia la famosa frase: «Dunque, dove eravamo rimasti? Potrei dire moltissime cose e ne dirò poche. Una me la consentirete: molta gente ha vissuto con me, ha sofferto con me questi terribili anni. Molta gente mi ha offerto quello che poteva, per esempio ha pregato per me, e io questo non lo dimenticherò mai. E questo “grazie” a questa cara, buona gente, dovete consentirmi di dirlo. L’ho detto, e un’altra cosa aggiungo: io sono qui, e lo so, anche per parlare per conto di quelli che parlare non possono, e sono molti, e sono troppi. Sarò qui, resterò qui, anche per loro ». Il riferimento alle preghiere non è casuale. Riecheggia quel passo del Vangelo di Marco in cui Pietro dice a Gesù: “Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito”. Anche Tortora ha lasciato tutto per seguire la giustizia, e non quella divina che ti rende sempre il merito, ma quella umana, così difettosa, così corrotta, ma nella quale dobbiamo tuttavia credere. E che ha finito per dare a Enzo la stessa risposta di Gesù: “Non c’è nessuno che abbia lasciato casa, fratelli, sorelle o madre o padre o figli per causa mia che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli, insieme a persecuzioni….”. Quelli di cui Tortora parlava nel suo messaggio – “quelli che parlare non possono, e sono molti, e sono troppi” – sono quei fratelli che lui ha incontrato, e ha voluto rincontrare rinunciando a qualsiasi privilegio, in carcere, quei “detenuti in attesa di giudizio” cui anche Alberto Sordi aveva dedicato un amarissimo film. Una storia sconosciuta ai giovani La fiction televisiva ci ha posto di fronte a un richiamo etico di grande portata. Il problema che rimane è quello di non lasciarlo passare come acqua sul vetro in questa nostra società liquida in cui ogni goccia rischia di cancellare la successiva e ogni giorno siamo esposti a una grandinata di nuovi messaggi e messaggini. Che grande, affascinante e terribile compito investe oggi gli artefici del mondo della comunicazione! La presenza però di alcune fiction capaci di farci riflettere ci apre alla speranza che qualche seme positivo possa crescere nel terreno delle nostre coscienze. L’arresto di Tortora nella ricostruzione di Ricky Tognazzi, regista e interprete della fiction “Dove eravamo rimasti?” 5 6 5 2012 appunti disordinati QUANDO LA TELEVISIONE SCRIVE LA STORIA di Giuseppe Marchetti Tricamo Q uesta è la nostra storia condivisa. È la storia dei nati nella metà del secolo scorso. Storia che abbiamo vissuto in diretta, tranquillamente seduti a casa nostra, dove ci è stata portata dal mezzo più popolare che la comunicazione abbia mai avuto. Scritta dalle immagini della televisione e fatta da molti episodi particolarmente rilevanti per l’umanità. Narrata dalla voce del giornalista, testimone diretto degli eventi, che è “lo storico del presente” (Umberto Eco) anche se “non sempre i buoni libri di storia si scrivono in un giorno, spesse volte in un’ora, spesse volte in un minuto”. Ma l’informazione ci regala “una scrupolosa messe di materiali che consentiranno di dare voce e volto agli avvenimenti” (Giovanni Santambrogio, Lezioni di giornalismo, Editrice La Scuola). La paleo-televisione. Era il 25 agosto 2012, quando la Nbc ha dato la notizia che Neil Armstrong, il primo essere umano ad aver messo piede sulla Luna, era scomparso, all’età di ottantadue anni. Immediatamente si è manifestato il cordoglio della gente di tutto il mondo per quell’uomo umile e coraggioso, che il presidente statunitense Barack Obama ha definito “uno degli eroi più grandi di tutti i tempi”. Lo sbarco sulla Luna fu un evento epocale: in Italia erano le 4:57 del 21 luglio 1969 quando Armstrong poggiò il piede sinistro sul nostro satellite. La Rai c’era. Molti di noi, come milioni di telespettatori nel mondo, Giuseppe Marchetti Tricamo Già dirigente RAI. Docente presso la facoltà di Scienze Politiche, Sociologia, Comunicazione dell’Università di Roma “La Sapienza” hanno seguito quell’evento mediatico regalatoci dalla Rai ed entrato a far parte dell’importante archivio storico della televisione. “Ha toccato! Ha toccato il suolo lunare!”: con queste parole Tito Stagno fece vivere con grande emozione lo sbarco agli italiani nel corso della telecronaca dallo Studio 3 del Centro di produzione Rai di Roma. Oltre a Stagno facevano parte della “squadra della maratona della Luna” Andrea Barbato, Piero Forcella e Ruggero Orlando (da Houston), mentre un altro giornalista, Aldo Falivena, coordinava la regia della non-stop televisiva: tutti bravi professionisti che, insieme ad altri colleghi, hanno fatto la televisione italiana. Quella notte straordinaria è raccontata da Tito Stagno nel libro (scritto con Sergio Benoni) Mister Moonlight. Confessioni di un telecronista lunatico (Minimum Fax). Erano gli anni di quella che gli studiosi dei media (utilizzando un termine coniato da Umberto Eco) chiamano paleo-televisione, parola che ci fa immaginare la tv di una lontana era geologica. Eppure era una televisione Servizio pubblico diffusa da un ente statale, in regime di monopolio, caratterizzata da un rigoroso progetto comunicativo e con lo scopo di informare (lo faceva essenzialmente con il telegiornale e i reportage), educare (con trasmissioni come “Non è mai troppo tardi”), intrattenere (con “Lascia o raddoppia?”). Nel confezionare il palinsesto si teneva in ampia considerazione l’utilità che il telespettatore potesse riceverne. Questi obiettivi coincidevano con quelli scelti per la Bbc, nel 1922, da John Reith, suo primo direttore generale, obiettivi che la Rai ha perseguito fino alla metà degli anni Settanta. La neo-televisione. La tv degli anni Ottanta, che Eco definisce “neo-televisione” (Sette anni di desiderio, Bompiani), costretta ad affrontare la concorrenza della moltiplicazione dei network, dovette abbandonare la sua impronta pedagogica, mutare le sue caratteristiche, immer- gersi “nella demagogia dell’audience” (Peppino Ortoleva, Un ventennio a colori, Giunti), diventare autoriflessiva e perseguire l’esibizione compiacente di se stessa, progettare programmi dalla contemporanea multifunzione pur mantenendone una prevalente, alimentando la finzione seriale ma salvaguardando l’informazione ade- guandola alle nuove tecnologie, alle esigenze del pubblico e alla fruizione cross-mediale. Appunto tramite l’informazione, che continua ad arrivare nelle nostre case, la rappresentazione dei fatti diventa storia e memoria comune. Sono state molte le immagini che la Rai ci ha regalato in quasi sessant’anni di trasmissioni. Frammenti di eventi che talvolta hanno cambiato il mondo. Sono stati certamente gli uomini a fare la storia del Novecento ma a scriverla, filmarla (dal 1925 nel mondo e dal 1954 in Italia) e tramandarla nel tempo ci ha pensato la televisione. Gli anni Sessanta ci hanno portato immagini di speranza e di disperazione. John Fitzgerald Kennedy che batte Richard Nixon e diventa, a quarantatré anni, il più giovane presidente degli Usa. Il suo discorso d’insediamento ha fatto palpitare i cuori dei democra- 5 2012 tici di ogni Paese. Era già un discorso da “nuova frontiera”, del benessere diffuso, dei diritti e delle libertà di tutti, dell’abbattimento delle barriere e delle discriminazioni razziali. La “frontiera delle speranze incompiute e dei sogni” (John Fitzgerald Kennedy, La nuova frontiera. Scritti e discorsi, Donzelli) fermati dagli spari di un cecchino (Lee Harvey Oswald) il 22 novembre 1963 a Dallas . Quel giorno in tv abbiamo visto spegnersi il sorriso di JFK e dell’America, mentre Walter Cronkite, cronista della Cbs, annunciava al mondo “the President is dead”. Ma i sogni non muoiono, c’è sempre qualcuno che li raccoglie e li fa propri. È il caso di Martin Luther King, pastore battista, che, durante il suo famoso discorso passato alla storia e pronunciato a Washington al termine di una marcia per i diritti civili, ha dichiarato a neri e bianchi “I have a dream”. Era un sogno di libertà, di eguaglianza, di democrazia. Talvolta il sogno si trasforma in delirio di onnipotenza, in incubo. Fu, appunto, un incubo l’assurda e tragica guerra in Vietnam da noi vissuta attraverso le immagini dei reporter televisivi che ritraevano i piccoli vietnamiti in fuga dai bombardamenti al napalm dei loro villaggi. Un simbolo dell’atrocità di quella guerra che sconvolse gli Usa e alla quale giovani di tutto il mondo risposero con cortei e canzoni di protesta. E i ragazzi del movimento hippy, che volevano cambiare il mondo, eredi della Beat generation di Jack Kerouac e Allen Ginsberg, si concentrarono a Woodstock, in un’adunata rock senza precedenti, per ascoltare i gruppi musicali in voga e per manifestare la propria forte intolleranza nei confronti delle armi nucleari e della guerra in Vietnam. appunti disordinati Erano gli stessi ragazzi che avevano creduto al messaggio kennediano della “nuova frontiera”. E furono moltissimi i giovani che, spinti da un forte senso di solidarietà, si misero in viaggio da tutto il mondo per spalare il fango della terribile alluvione di Firenze e recuperare le opere d’arte. Era il novembre del 1966 e quelle drammatiche immagini dell’Arno che rompeva gli argini e invadeva la città del Rinascimento, le ricordiamo ancora oggi. Abbiamo visto l’euforia per il “miracolo economico italiano” e l’inaugurazione dell’Autostrada del sole (Francesco Pinto, La strada dritta, Mondadori) che ha unito le strade del Nord a quelle del Sud (1960-1964); e le facce incrostate di sale e gli occhi tristi dei migranti che approdano, ancora oggi, a Lampedusa su vecchi barconi della speranza che odorano di legno marcio e del ricordo di un lontano e scarso pescato. La storia è fatta di momenti tristi e lieti e anche esaltanti. La Rai c’era alle Olimpiadi di Roma del 1960. “La tv c’era sempre, non si chiamava all news, ma i telegiornali della Rai erano ovunque, seguivano tutto, raccontavano la realtà, correvano insieme al Paese” (Barbara Scaramucci, I mille colori del bianco e nero, “Leggere:tutti”, n° 66). E quello è stato il primo impegno “planetario” della Rai, che usciva dalla stagione pioneristica, si misurava (mettendo in campo le sue migliori professionalità) con le televisioni di tutti i continenti e diventava una delle più importanti emittenti televisive d’Europa. La Rai c’era e noi abbiamo visto sventolare le molte migliaia di bandiere tricolori che allo stadio Bernabéu di Madrid incorniciarono la finale (telecronaca di Nando Martellini) della “Coppa del mondo” di calcio e il 3 a 1 dell’Italia sulla Germania (1982). E furono ancora di più all’Olimpico di Berlino per la finale del 2006 (telecronaca di Marco Civoli) vinta dalla nostra nazionale sulla Francia. Per l’Italia fu il quarto titolo mondiale della storia. C’eravamo anche noi, tramite la tv, tra il pubblico degli Academy Awards che salutava, con una standing ovation, Federico Fellini che riceveva la statuetta dell’Oscar alla carriera (1993). E c’eravamo anche al Concert Hall di Stoccolma mentre Dario Fo veniva insignito del Nobel per la letteratura (1997). Ci siamo stati e lo dobbiamo alle telecamere. Specchio del Paese. La Rai c’è sempre. Ogni giorno sui fatti d’Italia e del mondo. Con i suoi giornalisti, i suoi corrispondenti (una risorsa strategica per il Servizio pubblico) che raccontano ciò che il tempo metabolizzerà, sceglierà e farà diventare storia. La Rai, lo dicono in molti, è lo specchio del Paese, nel quale si riflettono i momenti di crescita e di fiducia ma anche i momenti crisi economica, culturale ed etica. La Rai è anche una spugna che assorbe troppo spesso gli umori del Palazzo invece delle istanze dei cittadini-utenti. La Rai è l’Italia e con essa deve tornare a crescere, entrambe forti delle loro energie migliori, che vanno ascoltate, comprese, impegnate. È così che, nell’anno che sta per iniziare di questo nuovo secolo, la Rai – che avrà accentuato il suo ruolo di Servizio pubblico, avrà recuperato il suo orgoglio identitario e avrà colto le opportunità offerte dai cambiamenti tecnologici – ci sarà, sarà protagonista e tornerà al centro della scena mediatica locale e internazionale. E noi con essa. 7 8 5 2012 zapping MARYLIN SARÀ SEMPRE AMATA LA BACIANO ANCORA, NON È UN FILM, È TV di Italo Moscati “ Rai Storia” ha trasmesso due volte tra luglio e settembreottobre la mia serie “Stelle in fiamme”, 18 puntate, storia e storie del cinema e dei divi, una storia che ci riguarda sia per il grande che per il piccolo schermo. Di quella esperienza voglio raccontare un dettaglio che non è tanto piccolo, anzi è grande come può essere il piccolo video. Un episodio dei lunghi mesi di riprese tra Europa e America che realizzai nel 1989, la prima volta che andò in onda “Stelle in fiamme” era l’anno dopo, poi è tornata a lungo. Ecco l’episodio. La nostra troupe si sta preparando; ne avrà ancora per un po’ con cineprese e carico sul camioncino. Mi faccio accompagnare a Westwood Nord, in mezzo ai grattacieli di Los Angeles per un sopralluogo. Li aspetterò là.Il posto è immerso nel verde. Entro in punta di piedi, suoni di clacson e sirene lontani. Attraverso i vialetti delle aiuole del giardino vigilato da alti muri di cemento e finestre, un uomo pulisce il suolo pulito, si china a raccogliere petali dei fiori volati via, spazzolati dal vento. Si chiama Westwood Cemetery City, il luogo di loculi allineati in file parallele le une sopra le altre. Uno spettacolo ordinato, monotono. I bisbigli delle persone in visita. Il volo di un aereo. Il rintocco di una campana. Gli schizzi nervosi dei becchi delle innaffiatrici seminati nella terra. Eccola, l’ho vista. La lapide. La scritta su sfondo rosso è semplice: Marilyn Monroe, 1926- 1962. Cinquant’anni fa, una ragazza di 36 anni salutò tutti. Aveva la stessa età di Greta Garbo quando la protagonista di “Anna Karenina” e “Ninotcha” decise di smettere con il cinema e i suoi seducenti veleni. La lapide è costellata di rossetti. Baci disputano lo spazio ridotto tra fori e biglietti infilati in ogni inter- stizio. Baci che vengono sostituiti. La lapide viene ripulita. Ma i baci subito scrosciano come una cascata. “Kiss” è la canzone del primo film da protagonista di Marilyn, “Niagara”, 1953. Bionda, i capelli biondi mossi dal vento che viene dalla cascata, il vestito stretto, il seno e il ventre prominenti, esce dalla sua stanza; ha in mano un disco. Nel giardino i ragazzi ballano. Marilyn aspetta che la canzone sul giradischi finisca. Colloca sul piatto il suo disco. Parte “Kiss”. Un coretto di maschi lievita dolce, carezzevole. “Baciami, baciami/ tienimi vicino a te/ fra le tue braccia/ prendimi/ rendi la mia vita una perfezione/ amore, amore, stasera proteggimi”.Lei ascolta con lo sguardo lontano. I ragazzi la guardano, femmine e maschi. Le lunghe ciglia di Marily vibrano, le sua bocca mormora i versi della canzone. “Baciami, baciami”. È senza visitatori la lapide, è ancora presto. I turisti dei “kisses” arriveranno tra poco. Il guardiano termina la pulizia del già pulito, toglie qualche petalo caduto sotto la tomba. Arriva una ragazza con un mazzetto di fiori. Il guardiano l’aiuta a collocarlo nel poco spazio che c’è, e se ne va. La ragazza è una donna sui trent’anni, mi pare. Molto bella. Il volto fiero, deciso. Alta, con una chioma bruna. In jeans e in maglietta. Appoggia la mano sinistra al muro, e si piega verso la scritta del nome di Marylin. Misteriosa. In silenzio. Il tempo che passa non sembra interessarla. La osservo meglio. Al collo e al dito nessun anello, vedo solo una piccola spilla sul cuore, nessun gioiello. “I francesi sono felici di morire per amore/ si dilettano nel combattere duelli/ Ma io preferisco un uomo che vive/ e dà gioielli costosi/ un bacio può essere grande/ ma non paga l’affitto/ i diamanti sono i migliori amici di una ragazza”. La canzone è nell’aria, esce dai ricordi che ritornano mentre la ragazza continua ad appoggiarsi a pochi centimetri dalla lapide: “Diamond Are A Girl Best Friend”. La scena è di quelle che non si dimenticano. Vestita da urlo, rossa di fuoco, circondata fa boys che le offrono gioielli , Marilyn gioca con i diamanti del cinema, spicchi di vetro. Il film è “Gli uomini preferiscono le bionde”. Marilyn è già una diva, famosa e ricca. I diamons, se vuole, se li compra da sé. Adesso cerca qualcosa di nuovo e uomini diversi, dopo i matrimoni falliti. Incontra Arthur Miller, uno scrittore, un intellettuale. Nove anni di più. Miller la conquista con parole appropriate e mostra grande interesse per le poesie che Marilyn scrive in segreto; dirà che la donna di cui si è innamorato se si fosse fermata ad un angolo di strada per far ascoltare i suoi versi ,i passanti si sarebbero fermati esclusivamente, scioccamente per guardarla; ignorando i suoi versi più preziosi dei diamonds.L’amore con Arthur segna una svolta. Marilyn progetta di fare del teatro con lui, recitando i suoi testi già famosi. Il nuovo marito apre le porte dei salotti culturali e crea relazioni che, grazie ai successi della diva, enfatizzano, creano inedite prospettive. Lei gli sta accanto quando Arthur subirà torturanti inchieste processuali, sotto accusa per attività antiamericane: essere un ebreo comunista. Il matrimonio agevola altri progetti, tra cui un film con Laurence Olivier, il più grande attore scespiriano, un interprete e un regista a cui niente è impossibile; ne sarà produttrice e 5 2012 zapping protagonista. Il film è “Il principe e la ballerina”, 1957, ambientato nel 1911, a Londra, una commedia brillante. Per l’incoronazione di Giorgio V, arriva il reggente di un paese inventato, il personaggio interpretato da Laurence Olivier. Il reggente non può resistere a un’intraprendente ballerina americana, il ruolo di Marilyn; lei lo conquista e riuscirà anche a risolvere le beghe interne della Carpazia. Il film non piacque alla critica che salvò Marilyn: “le morbidezze della Monroe sono imperdibili”. Andare a Londra, essere ricevuta dalla regina Elisabetta, imparare l’inchino, presentare il marito illustre, sempre circondata da un’attenzione clamorosa mai ricevuta da nessun’ altra attrice, è una vittoria sul passato, un passo verso il futuro. Arhur è accanto a lei, sempre più sbalordito: “Quattrocento giornalisti, inviati stranieri, i lampi dei flash formarono come un solido muro di luce bianca che mi sembrò durare per mezzo minuto buono, una vera e propria aureola. Non ricordo una parola. Tutti erano stupefatti di avere Marilyn lì con loro come una dea. Sorridevano quando lei sorrideva, si accigliavano quando lei si accigliava, se Marilyn aveva un risolino loro scoppiavano in risa di piacere. Un atteggiamento di adorazione senza alcun disdegno puritano; quali che fossero i problemi sessuali di quei giornalisti, nessuno si prendeva la briga di nascondere che sarebbe stato disposto a farsi rinchiudere in una segreta per tutta la vita pur di godere i favori di lei, o ad andare a cogliere una rosa per Marilyn anche sulla parete a strapiombo in fondo al quale bruciano i fuochi dell’Inferno”. Ma sulla tomba di Marilyn non c’è il bacio di Arthur, c’è quello di Joe Di Maggio, il campione italoamericano di baseball, il primo marito. Lui e Marilyn furono sposati soltanto per nove mesi, ma Joe segui’ la bara della diva con gli occhi bassi, ancora innamorato. Ecco, queste sono le righe che voglio dedicare a Marilyn, a cinquant’anni dalla morte e a “Stelle in fiamme”, agli spettatori numerosissimi che hanno ritrovato la serie. lettera di Natale PACE CON DIO PACE CON NOI STESSI, PACE CON GLI ALTRI di Joan Maria Vernet* La lettera da Betlemme fa parte della - Vi ho detto queste cose affinché serie “lettere impossibili”: si immagina abbiate pace in me (Gv 14, 16): Il mio che è lo stesso Gesù a scrivere questo messaggio è tutto una parola di pace. annuncio agli uomini di oggi, a tutti gli - La pace sia con voi (Gv 20, 19). Dono uomini di buona volontà. del Risorto, augurio per tutti e per sempre. Miei cari amici, sempre accetto vo- Cristo è la nostra pace (Ef 2, 14): lentieri l’invito di scrivervi una lettera San Paolo considera la mia persona da Betlemme. In questi giorni natalizi come la pace degli uomini. tutti voi pensate a me, piccolo neonato nella stalla di Betlemme. Mi pensate Questi testimoni biblici, e ancora nelle braccia di Maria, accanto a San molti altri che si potrebbero aggiunGiuseppe e ai pastori. gere, vi mostrano il mio ideale fatto Anch’io penso a voi, vi penso sem- di pace, annunciato continuamente e pre, e per questo non resisto a man- incessantemente donato. darvi un mio saluto e un augurio per Una delle prime esperienze che l’Anno Nuovo, dandovi qualche sug- sente l’uomo quando si avvicina a me, gerimento o consiglio che vi possa quando mi apre il suo cuore, è prorinsaldare sul cammino della pace, prio la pace, una pace profonda, mai sempre necessario e sempre difficile. sperimentata prima, della mente, del Queste lettere da Betlemme, comin- cuore; pace con Dio, pace con noi stesciate nel 2004, vi portano sempre un si, pace con gli altri, e il desiderio di messaggio di pace e di concordia che conservare questa pace ad ogni costo. non è altro che l’augurio degli angeIo sono la sorgente della pace perché li agli uomini che Dio ama, l’augurio dono la vera libertà e il vero amore. La cantato da essi alla mia nascita. mia pace è uno spezzare le catene di Oggi vi parlerò della mia persona mille schiavitù, dell’odio, dell’ambicome creatrice e portatrice di pace. Vi zione, dell’invidia, della lussuria, della citerò alcuni versetti della Bibbia che vendetta... La mia pace comporta un indicano questa mia qualità di promo- cambio di vita, un passare da una vita tore e datore di pace: umana povera e inquieta alla vita di- Principe della pace (Is 9, 6). Così mi vina che io possiedo e che io dono in annuncia il profeta Isaia. abbondanza a chi me la chiede. - Io ho su di voi pensieri di pace e non La mia pace è un mio dono prezioso di afflizione (Ger 29, 11). Geremia in- che giunge a voi attraverso lo Spirito terpreta il mio cuore. Santo. Ricordatelo: il Bambino neonato - Pace agli uomini che Dio ama (Lc 2, 14). Augurio di pace per tutti gli uo- nella stalla di Betlemme, pur così mini. umile e indifeso, è l’autore e il dato- Beati gli operatori di pace (Mt 5, 9). re di questa pace che Lui è venuto a Una delle beatitudini insegnate sul portare agli uomini e ai popoli, tanto bisognosi di serenità, di armonia e di monte. - Venite a me... (Mt 11, 28 ). La con- fraternità. Accoglietela! (* Salesiano Biblista, nostro collabosequenza è: E troverete il riposo per le ratore a Gerusalemme) vostre anime. - Non si turbi il vostro cuore (Gv 14, 1): Santa Teresa lo diffuse così: “Nada te turbe, nada te espante...” - Vi do la mia pace (Gv 14, 27): Il mio grande regalo prima di partire da questo mondo. - Va’ in pace (Lc 7, 50): il congedo dopo tanti miracoli. La foto è in copertina: riproduzione - Se sapesti quello che porta alla di “Adorazione dei pastori” di Taddeo pace! (Lc 19, 42): Parole che dissi nel Bartolo esposto alla Pinacoteca Napianto su Gerusalemme la domenica zionale di Siena. delle Palme. 9 10 5 2012 erovision sports 2012 IL TRIONFO DELLA SQUADRA RAI di Paolo Martucciello e Clemente Valetti S apevamo che si poteva vincere questa edizione dell’Eurovisionsports ma temevamo di arrivare ancora una volta secondi. Invece è successo, per la prima volta dal lontano 1958 la squadra ha trionfato all'Eurovisionsports, manifestazione sportiva tra i dipendenti delle diverse televisioni europee giunta alla 55^ edizione, che si è svolta in Sicilia, a Kamarina, nel settembre scorso. I nostri atleti hanno saputo soltanto vincere : 14 ori, 4 argenti e 3 bronzi. Grazie a Maria Ciuffini e Sergio Russo, due medaglie d’oro ciascuno nei 2500 e 5000 metri; medaglie sudate in tutti i sensi conquistate in due gare corse sotto il sole cocente della Sicilia su percorsi impegnativi.Quelle nei 2500 sono state le prime medaglie dei giochi, le prime vere emozioni, quelle che si provano quando vedi che impegno e fatica vengono coronati dal successo. Grazie al team del ciclismo, coordinato dall’esperto e professionale Sandro Coccioni, che ha vinto l’oro a squadre ( Maccagnan, Perucca, Flaiban e De Vizio) ma anche 1 oro, 1 argento e 1 bronzo rispettivamente con Maccagnan Perucca e Flaiban, tutte piacevoli conferme avendo gli stessi già vinto nelle precedenti edizioni a San Vincenzo, a Ostuni e a Cap d’Agde in Francia. Una citazione e una simbolica medaglia anche agli altri componenti del team, ottimi gregari in questa occasione:Capone Leonardi,Ferrante e Malavolti. Grazie al team del Bowling (oro a squadra, argento e bronzo individuali), guidato con equilibrio da Sergio Gigliati, già trionfatore nella precedente edizione dei giochi. Quest’anno la squadra era composta da Bonato, Caudera, Filardi e dal rientrante Tarantino e come lo scorso anno in Francia ha conquistato il gradino più alto del podio. Piazzamenti individuali dei soliti Bonato e Tarantino il quale quest’ultimo al rientro sul palcoscenico europeo non ha perso l’occasione per lasciare ancora una volta il segno . Grazie alla squadra di calcio guidata da Enrico Antonucci, splendido C.T. della squadra Rai coadiuvato da Giuseppe Gambino, che dopo tanti anni ha trionfato di nuovo all’Eurovisionsports nonostante un girone difficile ed un incrocio sfortunato di risultati che ha messo la squadra per tre volte di fronte ai temibilissimi algerini. E’ giusto ricordare i nomi : Antonucci, Grego, Rizzo (capocannoniere del torneo), Mario Conti, Granati, Graziosi, Ventura, Vecchi, Maggi, Tozzi e Carletti. Grandi, come sempre, le squadre di Tennis guidate dall’inossidabile Pieri- 5 2012 no Polidori. Le squadre over (Vecchi, Cerreti e Imeriani) e under (Maggi, Tozzi e Solei) hanno conquistato 2 medaglie d’oro; argento e bronzo per le squadre composte da Guiducci Calajo, Coco e Cerrocchi, Malasisi, Mucci e Vacca. Inedito il quartetto vincitore del torneo di Beach volley: Curro’, Ventura, Micozzi e Vanzo; quesi ultimi due li abbiamo sempre visti nelle manifestazioni invernali impegnati a rincorrere una medaglia, non sempre con fortuna, tra i paletti dello slalom o nel fondo sulle nevi gelate della Scandinavia o sulle Alpi. Ora eccoli sulla sabbia bollente della Sicilia con al collo una medaglia d’oro! Proprio in chiusura della manifestazione è giunta la ciliegina sulla torta, la vera sorpresa. Nel golf Damiano Gregnanin della sede di Milano ha vinto 3 medaglie d’oro, due individuali, lordo e netto,e una a squadra con Filippo Amico di Meane, vincitore anche di un bronzo individuale, e Renato Amadio. Una medaglia simbolica è giusto assegnarla a Giuliano Avolio e Tullio Picone che hanno collaborato gestendo i tornei di Petanque e Tennis Tavolo purtroppo avari di medaglie vere. Infine un ringraziamento a Luisa Provvidenza e Patrizia Damato per l’attività di segreteria e di preparazione della manifestazione svolta nei mesi precedenti e, soprattutto, a Leonardo Papi: sito web, risultati, classifiche, fotografie, cronometraggio, DVD della manifestazione, praticamente da solo ma come se fosse un intero ufficio a supporto della organizzazione, lui l’Eurovisionsports lo avrebbe vinto comunque, indipendentemente dai risultati. Bravissimi tutti questi ragazzi e queste ragazze, con loro e con il loro esempio la RAI non può non vincere ancora e non solo sui campi da gioco. eurovision sports 2012 11 12 5 2012 racconti ENZO QUARTO FIABE COLORI E MUSICA di Gustavo Delgado E nzo Quarto è nato a Taranto,vive e lavora a Bari come giornalista Rai. Ha scritto il libretto per quattro opere musicali composte dal maestro Giovanni Tamborrino: “L’Anello di Egnazia”, “Elia”,”Lo sguardo di Abele”, e la cantata “Exit mundi”, quest’ultima eseguita nel Teatro Petruzzelli il 17 novembre del 2011 dall’Orchestra sinfonica e dal Coro della Fondazione Lirica del Petruzzelli. Ha pubblicato il libro di poesie “E venne il tempo delle ortensie”, versi incastonati negli acquerelli di Michele Damiani con la prefazione di Raffaele Nigro; il romanzo “Le figlie di Federico. Cronache e racconti dal Medioevo”; la ninna nanna “Il gran pranzo di Natale”, con le immagini di Manuela Trimboli e la musica di Paolo Lepore, e “Natale è… Gesù che nasce a Bari, un libro denuncia sulla condizione dei minori nei quartieri a rischio di Bari. E’ Presidente dell’Unione Cattolica Stampa Italiana di Puglia e incaricato delle Comunicazioni Sociali della Conferenza Episcopale Pugliese. Adesso ha pubblicato un altro racconto. Coniugare il mondo delle fiabe con le suggestioni della parola, delle immagini, della musica e del creato; conferire un respiro poetico alle invenzioni della fantasia, all’universo dei sogni, di prodigi della tecnologia; imprimere un tocco attuale, moderno al regno delle fiabe, ricavando moniti e appelli alle vere ragioni della vita¸ immergere nella realtà le emozioni elargite dalle ricchezze della natura e dalla varietà degli animali; simboleggiare con il volo leggero dei gabbiani e con le vertiginose movenze di un delfino. Messaggi delle creature senz’anima, ma egualmente ricche di sentimenti; allacciare sempre più la commovente curiosità di un bimbo alla preziosa saggezza di un nonno e sollecitare con successo i segni e i colori di una illustratrice per l’infanzia e la virtuosa sensibilità di un musicista: ecco il contenuto ed il valore del progetto realizzato dal collega Enzo Quarto, poeta, scrittore e giornalista Rai (in foto), con il suo volumetto “Pacobiclip e altri racconti”, presentato la sera del 4 ottobre, a Bari, al Palazzo “Barone Ferrara” di “Banca Apulia”, all’insegna del benemerito sito “Città dei bimbi”, che ha recensito il libro, edito da “Gelsorosso” per la collana “Gelsomini”, come un appassionato viaggio attraverso dimensioni reali e virtuali dell’esistenza, una triologia tra terra, mare e “ciberspazio” per scoprire l’essenza della vita, e come una fibra classica, ma anche moderna in uno stile semplice e frizzante, nello stesso tempo leggero e profondo. Ci voleva, aggiungiamo noi, penna di un giornalista sperimentato per traghettare fate, maghi e bambini dall’analogico di tante fiabe fa al digitale della “Poesia 2000”. “Pacobiclip” comprende tre delicati e straordinari racconti: “La fonte dell’acqua ridente”, che zampilla fra misteri e valori, “Una nave per girare il mondo”, ispirato da un’opera del compianto ed indimenticabile artista Pino Pascali di Polignano a mare (Bari), e “Pacobiclip e la noosfera”, viaggio periglioso tra virtuale e reale con un doppio filo tra un nonno, maestro di vita, ed un bimbo già esperto pescatore sulle reti di internet. A questa triplice alleanza tra Penna, Pennello e Pentagramma hanno reso omaggio durante la serata, condotta da Rossella Santoro, organizzatrice del Festival “Il libro possibile” di Polignano, il critico musicale Nicola Sbisà de “La Gazzetta del Mezzogiorno”, l’illustratrice Manuela Trimboli ed il compositore Gian-Luca Baldi. Nel lavoro di Enzo Quarto, Nicola Sbisà ha riscontrato una freschezza, una spontaneità ed una sensibilità espressa con un linguaggio tanto limpido quanto efficace e con una vena immaginifica, tenera, poetica, resi fedelmente dalla forza di Manuela Trimboli: illustrazioni cariche di significati esistenziali, di un eloquente cromatismo e di vibranti contrasti in un’atmosfera magica, incantata, luminosa. Di questo Sbisà ha mostrato di apprezzare soprattutto la validità e la chiarezza del testo, insolito e scorrevole, gradevole per tutte le età. Descritto L”Opera da camera” in tre quadri, con cui il musicista Baldi ha animato melodicamente i racconti di Enzo Quarto, attribuendogli una grande suggestione ed una carica lirica, perfettamente rispondenti alle virtù del libro. Dei valori aggiunti, che nobilitano i tre racconti, hanno argomentato la stessa illustratrice ed il compositore, attribuendo alle parole del testo una fantasiosa ed attrattiva, tale da ispirare le loro arti. Un coro di riconoscimenti, insomma, che ha fatto dire ad Enzo Quarto espressioni di lusingata riconoscenza. Per finire, il clima della serata ha consacrato i contenuti, i principi, l’ispirazione e le finalità di “Pacobiclip”, libro che rivela tra le righe, convinzioni umane, sociali e religiose dense di un convinto ed incantato attaccamento alle bellezze del pianeta ed esalta gli ideali di una convivenza serena e speranzosa, proiettata dietro le stelle. 5 per un certo verso 2012 ENZO SCHIUMA MODELLA I SUOI OTTANTA di antoniobruni.it C ’è chi esordisce giovanissimo e chi invece rivela tutti i suoi talenti nella maturità. È il caso di Enzo Schiuma che festeggia ottant’anni nel pieno della giovinezza espressiva: scultore e scrittore storico. È nel medagliere dei lavoratori creativi della Rai, quelli che, oltre a svolgere ottimamente il proprio incarico, hanno saputo dare qualcosa di più sul piano artistico e culturale: un’ulteriore dimostrazione dell’alto livello del personale aziendale. Enzo Schiuma al lavoro Nel 1960, liceo classico e Belle Arti in zaino, è assunto in Rai tramite concorso per visualizzare con animazioni le notizie del Telegiornale. Molte immagini, che hanno raccontato il conflitto spaziale tra russi e americani per la conquista della Luna, erano creazioni della sua fantasia. A fine anni settanta passa come programmista in RaiUno, cimentandosi in rubriche di grande ascolto come “Italia Sera”. Nell’84 è il primo giornalista a scrivere sulla figura di Nicola Bombacci, con un articolo su ‘Il Tempo” del 22 dicembre. Gli storici Guglielmo Salotti, Arrigo Petacco e Roberto Gervaso dedicheranno poi al personaggio un volume ciascuno. Negli anni successivi, conduce per RaiUno una serie di interviste per “Italia ore 6” e “ItaliaIstruzioni per l’uso”, sui pregi e difetti degli italiani di fronte ai servizi e ai disservizi pubblici; realizza un’inchiesta sulle condizioni di lavoro dei nostri emigrati in Germania ed è inviato a Bruxelles per un incontro tra giornalisti e la Commissione Agricoltura della Comunità, da cui trarrà per la Bruni ritratto da Schiuma Rai alcuni servizi. Nel 1990, unica sua performance teatrale: dirige una sfilata di moda a palazzo Barberini, con recitativo e gags comico-dimostrative. Un quotidiano romano scrisse “ha trasformato gli indossatori in indossattori di vaglia”. Nel 1996 vince per la Rai “Il Premio Speciale della Giuria” del Festival di Stavelot, in Belgio, dedicato alla filmografia dell’automobile, con il programma “L’automobile, il mito del Secolo”, quattro puntate dedicate alla crescita culturale e di costume dovute alla diffusione del mezzo meccanico. Enzo Schiuma è essenzialmente un artista: ha tre anime che si ritrovano fuse nei suoi lavori artistici: una umanistica che gli proviene dagli studi classici e dagli interessi culturali coltivati; l’altra artistica, donatagli dall’istinto e dai corsi frequentati all’Accademia di Belle Arti di Roma e la terza sportiva; bersagliere nel servizio militare, pratica nuoto e atletica leggera ed altre discipline. La sua esuberanza fiorisce nelle sculture: nudi vibranti che si interrogano sul rapporto corpo-pensiero, volti scrutanti il futuro, enigmi del movimento. Schiuma ha il talento naturale di donare un’anima alle sue sculture: nei ritratti è capace di cogliere un’espressione profonda della persona mentre nelle figure anonime pone un dubbio esistenziale. Come scrittore e come persona Enzo Schiuma è un galantuomo, patriota e convinto assertore della dignità e della lealtà dello Stato e dei doveri e diritti del cittadino; ha affrontato a testa alta in azienda alcuni anni di isolamento ideologico in periodi di fanatici proclami e lottizzazioni. Nel suo libro recente “Frantumi d’Italia” (Pagine editore) racconta la sua testimonianza degli anni dall’8 settembre ad oggi, rivela episodi tragici ed inediti, giudica gli eventi storici con tesi personali anche discutibili, ma sempre tracciate con grande onestà intellettuale. Esperienza di anni non sprecati nell’indugio, ma in una crescita costante nella riflessione e nell’espressione. La maturità artistica di Enzo Schiuma non è arrivo ma partenza per nuove invenzioni. Pugili di argilla Incrociano voglia di battere sospirano vincite e gloria sospendono cuore all’attesa impegnano ore coi sacchi saltellano in danza avversaria allungano tendini in scatto restringono gioia nel pugno ricevono grida d’assalto accusano buio negli occhi www.antoniobruni.it/Schiuma.htm 13 14 5 cronaca delle sedi BARI GIANNA CASAMASSIMA il ricordo di Crispino Sfilio È difficile per i figli scrivere qualcosa sulla propria mamma, raccontarla in breve, frugando tra i ricordi e pensando che non “abiterà” più i momenti condivisi di vita quotidiana. Mamma era una donna semplice, integra, equilibrata. Iniziò a lavorare in RAI negli anni ’50, considerando la sede di via Dalmazia – Bari – la sua seconda casa. Nel corso della sua carriera lavorativa si è rapportata con giornalisti noti, con semplici impiegati, con il Direttore della sede del momento, sempre in modo cortese, garbato, determinato. È stata sempre benvoluta e credo incidesse il suo sorriso ed il modo intuitivamente pragmatico di assolvere ai suoi impegni lavorativi e di approcciarsi, in genere, alla vita. Nel 1983 fu costretta a lasciare l’impiego per cause indipendenti dalla sua volontà, ma non smise mai di credere nell’indipendenza della donna, nella capacità di crescita culturale dell’essere umano, spingendo noi figli e, in seguito i nipoti, a non fermarci nella possibilità di migliorarci, ma a guardare sempre avanti. Mamma è stata una grande donna, riuscendo a calibrare la sua vita lavorativa con il ruolo di moglie e madre. Certo le imperfezioni di ogni essere umano esistevano anche per lei, ma velate da una vigorosa pennellata di coraggio e buonumore. Per noi figli è stata una maestra eccezionale ed insostituibile e credo che chiunque l’abbia conosciuta, ne conserverà un ricordo dolce, quasi nascosto. È andata via troppo in fretta, così come in fretta aveva vissuto, con l’entusiasmo per ogni nuova esperienza; ha creduto di farcela fino all’ultimo. Ci ha lasciato un’importante lezione di vita e la sua benedizione per le nostre scelte future, dicendoci: “Ricordate che la vita deve andare avanti!”. LIBRI NEL BORGO U Vangèle Nòuste di Demetrio Gigante È consuetudine che nel periodo estivo i centri storici dei comuni pugliesi si predispongano ad accogliere, non solo turisti, ma anche manifestazioni di carattere culturale. Nell’ambito di queste rassegne, il borgo antico di Bisceglie ha ospitato l’annuale appuntamento con scrittori, giornalisti e politici, dove ciascuno dei partecipanti ha presentato una propria opera, cui è seguito il dibattito pubblico. La novità di questa edizione è stata lo 2012 scambio gratuito di libri, dove il libro è stato messo a disposizione anche e soprattutto dei diversamente abili. Ha partecipato a questa manifestazione Demetrio Rigante nativo di Bisceglie, responsabile del nucleo alta frequenza di Trani con competenza sul centro trasmittente di M. Caccia in azienda dal 1977. Demetrio è un cultore di fenomeni dialettali e ha corredato le sue pubblicazioni con illustrazioni dei suoi dipinti ad olio in cui predominano le tematiche sociali. “ U Vangèle Nòuste “ è una pubblicazione in vernacolo nella quale l’uso del dialetto vuole essere il mezzo eccellente di comunicazione e di divulgazione della esperienza umana del Cristo che, calato nel borgo antico, assume un un aspetto nuovo, assolutamente popolare e una dimensione profondamente umana. Quest’ ultima raccolta di Demetrio Rigante, attraverso l’uso del dialetto, continua a mantenere vivo l’interesse per le tradizioni del nostro territorio; il ricavato della vendita verrà messo a disposizione della Coop. “ UNO TRA NOI “ di Bisceglie che, presso il centro diurno di assistenza, provvederà ad acquistare attrezzature speciali per la riabilitazione dei diversamente abili. Il libro può essere richiesto alla Cooperativa alla Via Giuliani 73, 76011 Bisceglie – Tel. 080 / 3955904 P. Giorgio I RADIOAMATORI CELEBRANO 80° RADIO BARI di Riccardo TRITTO La prima emissione radiofonica ufficiale dal territorio pugliese avvenne esattamente 80 anni fa, il 6 se ttembre 1932 con la trasmissione della cerimonia di apertura della terza edizione della Fiera Del Levante. L’inaugurazione della sede di Bari dell’EIAR avvenne solennemente, con la presenza del Duca d’Aosta e molte autorità del tempo, tra cui il presidente dell’EIAR Enrico Marchesi ed il direttore generale Raoul Chiodelli. Si pensi che avere un trasmettitore in onde medie da 20 kw come quello costruito a Ceglie Del Campo, frazione di Bari, all’epoca aveva un’importanza maggiore di quella di avere oggi una rete televisiva nazionale. L’emittente nasce in realtà come strumento di propaganda del regime, rivolto non soltanto all’utenza locale ma anche agli ascoltatori di Grecia, paesi balcanici e soprattutto paesi arabi, ove fu talmente seguita da indurre la BBC ad istituire un proprio servizio arabo per rispondere alle trasmissioni di Radio Bari. Ma è dopo l’armistizio di Cassibile, nel settembre 1943, che Radio Bari vive la più intensa delle sue stagioni quando, in seguito al crollo del regime fascista, un gruppo di intellettuali baresi 5 2012 molto vicini a Benedetto Croce ne prende pacificamente possesso, creando praticamente la prima emittente libera d’Europa. All’arrivo a Bari dei militari alleati viene poi affidata alla guida illuminata e pluralista del maggiore inglese Ian Greenlees. Da ricordare anche l’eroica azione di alcuni tecnici dell’epoca e del direttore Giuseppe Tritto, Magno, Di Santo Damascelli che, sempre nel settembre 1943, riuscirono a sventare il piano dei tedeschi in ritirata di distruggere gli impianti trasmittenti. Storico il programma “L’Italia Combatte”, del quale fortunatamente le “Teche” di Bari custodiscono gelosamente diverse registrazioni, contenente istruzioni e messaggi destinati soprattutto ai partigiani che nell’Italia occupata combattevano contro i tedeschi ed i fascisti, che dal settembre 1943 fino alla fine del conflitto veniva registrato ed irradiato da Bari e poi ritrasmesso anche da Radio Napoli e Radio Palermo. Storica anche la registrazione del Congresso di Bari dei CNL del 28 e 29 gennaio 1944 presso il Teatro Piccinni, effettuata dal decano dei tecnici RAI/EIAR baresi Gioacchino Benni grazie alle “nuove” apparecchiature di registrazione portate a Bari dai militari alleati. Curiosamente infatti, non esistono registrazioni antecedenti il settembre 1943 proprio perché all’EIAR di Bari non c’erano apparecchiature per registrare. Ed ancor più curiosamente tale registrazione non potè essere trasmessa da Radio Bari per un divieto imposto dai militari alleati, ma fu trasmessa invece da Radio Londra. Numerosi i personaggi della cultura, della politica dell’informazione e dello spettacolo che nella storia si sono avvicendati ai microfoni di Radio Bari, ad iniziare dalla primissima annunciatrice e voce ufficiale dell’EIAR di Bari, Rosa Di Napoli, trasferitasi giovanissima appositamente da Radio Napoli, poi un giovane ufficiale dell’Aeronautica, Aldo Moro, che diffondeva i suoi appelli per la democrazia, Carlo Bressan con i suoi programmi di intrattenimento e per bambini, Carlo Vitale che con la sua “Orchestra Radio Bari” ha continuato a suonare dagli studi di Bari in via Putignani anche in diretta nazionale nell’immediato dopoguerra ai tempi della “Rete Rossa” e “Rete Azzurra”, la scrittrice Alba De Cespedes, il giornalista Antonio Piccone Stella, poi Arnoldo Foà, Gino Scotti, Vito Deanna, Silvio Noto, Agostino Degli Espinosa, Diego Calcagno, solo per citarne alcuni. Furono denominati “i cento di Radio Bari”, e molti di loro avevano rischiato la pelle per attraversare le linee tedesche e raggiungere Bari. È evidente come Radio Bari non sia solo un pezzo di storia della radiofonia pugliese ma anzi un’importantissima parte della storia del Rosa di Napoli nello studio nostro Paese, ed è questo che i radioamatori della Sezione di Bari dell’ARI (Associazione Radioamatori Italiani) hanno voluto degnamente celebrare con il “Diploma Radio Bari” rilasciato a tutti quei radioamatori italiani e stranieri che si collegava con l’apposita stazione con nominativo speciale IR7RAI dal 6 al 16 settembre. Per concludere queste celebrazioni, il 15 e 16 settembre l’ARI ha allestito tale stazione speciale IR7RAI proprio sulla rotonda del lungomare di Bari, dove appassionati e curiosi hanno potuto sia ammirare alcune foto e materiali d’epoca EIAR/ RAI che scoprire e/o avvicinarsi al magico mondo dei radioamatori: un momento di incontro tra colleghi (senior e non), radioamatori ed appassionati sia di radio che di storia. Ad majora! PRESENTATO IL LIBRO cronaca delle sedi CUSTODI DELL'IMMORTALITÁ Con la presentazione del libro CUSTODI DELL’IMMORTALITÀ di Piero Magaletti, la sezione di Rai Senior di Bari ha inteso promuovere e valorizzare tutti quei giovani, figli o nipoti dei propri iscritti, che abbiano una vocazione artistico/culturale. L’ambizione è quella di aprire un percorso che porti nuova energia e vitalità all’interno dell’associazione che molti, scherzosamente, additano come vecchia e dedita prevalentemente ai necrologi. Piero Magaletti è figlio di Nicola, stimato tecnico di produzione, in pensione dal 2008, che, da dipendente, faceva parte dell’esterna Bari 1 con la qualifica di controllo camere insieme all’altro valido collega Michele Morelli; ora in carico a Rai Way presso il Nucleo Miaf di Foggia. L’incontro si è tenuto presso la nostra sede ed era aperto anche a giovani studenti appassionati della antica civiltà egizia. L‘introduzione ed il dibattito che ne è seguito è stato moderato dal collega inviato del TG Costantino Foschini appassionato estimatore di storia antica e di personalità che hanno dato lustro alla nostra regione. Il giovane Magaletti è uno studioso di lingue antiche, di esoterismo e di civiltà egizia e, in questo ambito ha bisogno di porsi domande e cercare risposte, quindi definisce se stesso viaggiatore dell’incognito. Secondo le teorie tradizionali le piramidi egizie, nel custodire il corpo inumato del faraone e gli oggetti ad egli appartenuti in vita, erano in grado di garantire l’immortalità all’anima del sovrano; Piero Magaletti combinando studi di archeologia, astronomia, filologia, linguistica, mitologia e simbolismo esoterico ci propone una nuova lettura in merito alla funzione delle Piramidi. Le piramidi di Cheope, Chefren e Micerino, della Piana di Giza riproducono sulla terra le tre stelle della Cintura di Orione e sostanzialmente non sarebbero esclusivamente edifici funebri ma piuttosto luoghi in cui i Faraoni potevano stabilire un rapporto metafisico con Iside al fine di garantire a se stessi l’immortalità e ai posteri la prosperità. Questa nuova teoria capovolgerebbe quella che per secoli ha caratterizzato gli studi sulla civiltà egizia, ovvero che la parte “feconda” è il cosmo, mentre la parte “virile” è la terra. Con queste nuove scoperte concatenate fra loro, l’autore ha la certezza di aver ribaltato le antiche teorie determinando la vera natura della costellazione di Orione, che non sarebbe Osiride, ma Iside. Questa costellazione, la più grande dell’emisfero boreale, è in realtà una dea, nel cui grembo le anime dei faraoni rinascevano sotto forma di stelle. Quindi è importante considerare le conseguenze di ciò: se Orione è in realtà Iside, dobbiamo ribaltare il significato e il ruolo dei monumenti della Terra che si collegano ad essa. La piramide di Cheope nasconde al suo interno il pilastro Zed, il membro di Osiride eretto sulla Terra e 15 16 5 cronaca delle sedi puntato nella direzione della sua consorte, ed è da questa unione che nasce Horus, il loro figlio, rappresentato nel cielo dalla stella Sirio. Naturalmente i segreti che custodiscono le Piramidi di Giza vanno oltre il tempo e lo spazio e Piero Magaletti si è posto sulle tracce di questi, promettendoci nuovi e più emozionanti scoperte. Pietro Giorgio 2012 stoso Castello di Pieve del Vescovo risalente al XIV secolo, l’incontro tra un gruppo di Raisenior di Pescara, guidati da Quinto Petricola BOLZANO ELIO SIMONI ricordo di Ettore Frangipane Era stato alle Olimpiadi invernali di Cortina d’Ampezzo nel 1956, quando la televisione Italiana ha fatto il suo debutto (ovviamente in bianco e nero). Una lunga storia in RAI, per Elio Simoni, sede di Bolzano, che se ne è andato nel giugno del 2012 all’età di 92 anni. Ha lavorato in qualità di tecnico (e poi capotecnico) soprattutto in radiofonia, in sede ma anche qua e là per il mondo. Tra le trasferte fatte insieme ricordo in particolare i Mondiali di sci di St. Moritz, nel 1974, quando Thoeni vinse l’oro dello slalom. Ma passò più volte i confini anche con altri colleghi giornalisti. Un caro amico sempre ironico, bravo nei montaggi, con quella sua passione pressoché inespressa per le corse in auto che trasmesse al figlio, Elio Junior. È stato un’antesignano del foulard al collo, signorile ed elegante. La sua pensione se l’è goduta a lungo, giusto premio per un dipendente che la RAI, a Bolzano, nel dopoguerra l’aveva praticamente vista nascere. Elio Simoni è stato l’ultimo della vecchia guardia. PESCARA, PERUGIA una gita in comune Ritrovarsi ogni tanto tra “vecchi” colleghi di lavoro è piacevole, se poi l’incontro avviene in un luogo incantevole e seduti attorno a una tavola imbandita che consente appetitose degustazioni e gradevoli conversazioni, il “ritrovarsi” diventa ancora più gradito. Si è svolto a Villa Pieve di Corciano, un’antica residenza che fronteggia il mae- responsabile Raisenior Abruzzo, Umbria, Marche ed Emilia Romagna, e il gruppo Raisenior di Perugia accompagnato da Gino Goti vice fiduciario per la sede di Perugia. Gli ospiti erano reduci da una gita sul Trasimeno con visita a Isola Maggiore ricca di fascino, di storia e di gustose specialità gastronomiche a base del pesce di lago. Il pomeriggio, guidati dal castellano, gli ospiti di Pescara hanno visitato Corciano, uno dei più bei borghi medievali in Italia perfettamente conservato e con panorami mozza fiato verso il Trasimeno e la valle che si distende fino al Monte Peglia sede di un importante centro trasmittente RAI. Una visita alle preziosità della Villa con eleganti stanze affrescate e con decorazioni e arredi d’epoca, una cappella dedicata alla Vergine del Rosario, dipinta dal pittore Giappesi, maestro di Gerardo Dottori, uno dei più celebri pittori del futurismo, hanno preceduto la cena servita in suggestivi locali a botte con alle pareti antichi affreschi di Santi ed angeli. Il dopo cena è stato allietato dalla proiezione di un interessante filmato che ripercorre la storia della Televisione dal 1954 ad oggi con testimonianze dei vari dirigenti che si sono succeduti ai vertici dell’Azienda, di personalità della cultura, dei personaggi: attori, cantanti, presentatori che hanno fatto la storia e la fortuna della RAI. Un documentario di alto valore storico e culturale che ha fatto rivivere i momenti più significativi dell’Azienda per coloro che hanno trascorso una vita e una carriera in RAI. Saluti, abbracci e un arrivederci a un prossimo incontro...quadrangolare che Petricola ha già programmato e che, in diretta, Raisenior di Perugia ha appoggiato. Poi, nel viaggio di ritorno a Pescara, il gruppo ha fatto una doverosa sosta ad Assisi, a Spoleto e a Norcia patria del tartufo nero e delle specialità della norcineria note in tutto il mondo. Una gita di piacere che ha compreso le eccellenze più significative del “cuore verde d’Italia”: la bellezza del paesaggio, i capolavori dell’arte, la dolcezza dei laghi, la spiritualità e il misticismo di Assisi, il mistero dei borghi e delle antichità etrusche e i piaceri della buona tavola, che, soprattutto se conditi con lo speciale olio extravergine dell’Umbria e innaffiati con l’ottimo vino delle colline del Trasimeno, non guastano mai e rendono più piacevole e completa una vacanza. red Sede ROMA MARIO FINAMORE il ricordo di Luciana Curti e Michele Paggi Una tragica fatalità ha portato via alla famiglia, agli amici e ai colleghi, il caro Mario. È accaduto venerdi 14 settembre in circostanze che non facevano sospettare lontanamente il drammatico epilogo. Mario è stato uno dei colleghi più stimati dal punto di vista professionale e benvoluto dal lato umano. Da funzionario a Viale Mazzini fu chiamato 5 cronaca delle sedi 2012 a dirigere prima la Sede di Potenza, poi quella di Cagliari ed infine quella di Bari. Proprio in questi periodi, per l’amicizia che lo legava al Gruppo “Arte e Cultura” della Sezione ARCAL di Roma, si prodigò per la migliore riuscita delle varie escursioni organizzate in quei luoghi. Fu lui che ci fece scoprire, tra le tante amene località, le Dolomiti lucane, i laghi di Monticchio, Cisternino, la terra dei trulli, Lecce, Otranto e le innumerevoli bellezze inedite della Basilicata e della Puglia. Memorabili sono le visite a siti e palazzi inaccessibili aperti esclusivamente per noi e la squisita accoglienza riservata al Gruppo ARCAL nella Sede di turno dove si aveva la sensazione di essere una grande famiglia RAI. Dopo la pensione, partecipava alle iniziative culturali insieme alla moglie Katia, sempre con molto interesse. Sono stati dei bei momenti d’incontro in cui si rammentavano i tempi passati. Ci mancherai davvero tanto, caro Mario, e ricorderemo sempre il tuo sorriso, le tue battute ironiche e la simpatia che sapevi ispirare. Siamo vicini con tanto affetto a Katia e a tutta la famiglia. il ricordo di Carlo Orichuia Con Mario Finamore ci siamo conosciuti alle selezioni per sonorizzatori a Via Asiago nel 1967. Era il momento del rilancio della Radio ad opera di Paolo Valmarana e di Adriano Magli e servivano forze fresche in produzione ( non essendoci allora lo Statuto dei Lavoratori spesso l’orario era 9-24). Con Mario arrivo’ anche Ammendola da Napoli e per noi romani fu un tocco di diversità e di simpatia. Con Mario seguimmo l’iter della Rai dell’epoca: selezioni e contratti a t.d. fino alla sospirata assunzione: Mario lavorava sempre con serenità ed ironia tipicamente napoletana, un tratto che l’ha seguito in tutta la sua carriera sia al Dipartimento Scolastico sia nelle Sedi Regionali. Una scomparsa improvvisa mentre Mario già pensava a realizzare nuove iniziative culturali con alcuni di noi. Credo che Mario stia adesso ascoltando le vecchie sigle radiofoniche che cantavamo in regia! Giuseppe Oddenino Una figura storica dell’area tecnica del Centro di produzione Roma TV di via Teulada, anni Sessanta. Ci ha lasciato in silenzio, come in silenzio amava lavorare. Non aveva nemici, fu un grande professionista della manutenzione degli apparati di bassa frequenza. I colleghi di Via Teulada lo amano ricordare così: con una foto (a sinistra del tavolo) scattata di recente in uno dei pranzi annuali di auguri delle feste natalizie. red Roma Alberto Silvestri il ricordo di Sergio Naruli Il 14 agosto in una Saxa Rubra torrida e tranquilla , come solo nel mese di agosto accade, io e i pochi colleghi di servizio siamo stati raggelati dalla telefonata di Sergio Silvestri, fratello del nostro collega Alberto, che tra le lacrime ci avvertiva del suo decesso. Alberto Silvestri è stato una persona eccezionale, ammirato e stimato per le sue qualità professionali ed umane. Alberto era una sorta di genio, entrato in RAI nel 1976 classificandosi primo nel concorso per tecnici. Si era fin da subito distinto per le sue conoscenze delle nuove telecamere RCA che allora entravano in uso in Azienda sostituendo le riprese in pellicola. Era talmente bravo da segnalare difetti e migliorie circuitali alla casa costruttrice in America. Consigli e segnalazioni che la RCA trasformava immediatamente in modifiche sui suoi prodotti. Il destino è stato primo generoso con Alberto, ma ad un certo punto si è dimostrato crudele portandogli una malattia invalidante che gli ha impedito di continuare a lavorare con passione, come sempre aveva fatto. Ciò nonostante, per noi colleghi, era una presenza umana che ispirava simpatia ed affetto. Al funerale svoltosi nella parrocchia di S.Giuseppe, nel quartiere Trionfale, pur essendo il 16 agosto, hanno partecipato numerosi colleghi tra cui molti pensionati che lo hanno conosciuto quando godeva di una buona salute. Alberto Seccarecci il ricordo di Alberto Valentini Chi ha conosciuto il “grande” Alberto Seccarecci non può far altro che averne un ricordo luminoso. Allegro, spensierato, scherzoso fino alla beffa, averlo in squadra era sempre un piacere. La sua gioia di vivere, si trasmetteva come un virus ai componenti di tutta la squadra RAI. Amore pieno per la famiglia, amore per il gioco in tutte le sue sfaccettature e amore per mamma RAI. Era un fiume in piena, impossibile non sentirsi affascinati dalla sua persona. Coinvolgente, partecipativo non mancava mai di sostenere e difendere i colleghi presi di mira, i cosiddetti anelli “deboli” della catena. L’Alberto scherzoso, ilare, che diventava serio quando necessitava, capace di trasformarsi da compagno di lavoro RAI in “amico”, “consigliere” e perché no, qualche volta anche in padre con le giovani reclute RAI. Quante volte l’ho visto abbracciare o passeggiare con qualche collega cercando di suggerire o consigliare la cosa giusta da fare. Alberto ci ha lasciato ironizzando e scherzando anche nei suoi ultimi giorni di vita, con la consapevolezza che in fondo è stato bello vivere, e certo che in qualche modo ci ha lasciato il suo rilevante contributo. Scompare, ma non nella nostra memoria, un altro degli uomini che hanno fatto grande questa Nostra Azienda. TORINO graziella bianchi Il ricordo di Guerino Miele Fu assunta presso la sede Rai di Torino e assegnata alla Direzione Amministrativa. Nella seconda metà degli anni ‘50 venne trasferita a Roma ove ottenne la nomina di capo ufficio. Con alle spalle una solida preparazione professionale, si occupò della formazione e della crescita professionale di un gruppo di giovani neo assunte. Di indole giusta che andava di pari passo con un temperamento severo,venne subito riconosciuta dalle proprie collaboratrici come una leader indiscussa, tanto di meritarsi l’appellativo di “maestra” Una volte terminata l’attività lavorativa ritornò a Torino, sua città natale, a vivere con la sorella Maria Giulia pensionata Rai. Dedicò gran parte del proprio a tempo libero a quello che allora era il Gruppo Anziani Rai, di cui divenne negli anni 80 consigliera nazionale. Fu tra gli esponenti storici del Gruppo, occupandosi tra l’altro della gestione del contenzioso, tra i pensionati Rai e L’Enpals, sulla modifica del tetto pensionistico . Contenzioso che portò ad una vittoria che potremmo definire storica. Fu sempre a disposizione per fornire preziosi consigli ai soci in materia di pensioni e dichiarazioni dei redditi. Gli amici di Torino, nel ricordare con affetto e gratitudine Graziella, porgono alla sorella Marula vivissime condoglianze. Ciao Graziella. 17 18 5 2012 edd a i t ioor iianl eL i g u r i a ALFREDO PROVENZALI E CESARE VIAZZI UN DERBY IN CIELO G il ricordo di Emanuele Dotto* randi colleghi, grandi amici. Così diversi, ma per certi aspetti così simili. Se ne sono andati in silenzio e in punta di piedi, a breve distanza l’uno dall’altro, come si fossero dati un appuntamento con il destino. In poche settimane, la Rai ha perso due straordinari professionisti, due giornalisti che hanno fatto la storia della radio e della tv, e non soltanto della sede regionale della Liguria. Parlo, con affetto e con rimpianto, con nostalgia e con tenerezza di Alfredo Provenzali e Cesare Viazzi. Alfredo Provenzali, storica voce della radio ma anche primo conduttore Cesare Viazzi del Tg regionale il 15 dicembre 1979, ci ha lasciati il giorno del suo 78esimo compleanno. Non stava bene da qualche mese, ma ancora a fine Aprile era sulla tolda di comando di “tutto il calcio minuto per minuto”, creatura da lui amata e vissuta dapprima come coprotagonista dagli anni ‘60 al 1992 insieme a Guglielmo Moretti, Roberto Bortoluzzi, Enrico Ameri, Sandro Ciotti, Claudio Ferretti. E poi dal 1992 come conduttore, erede dello studio centrale pilotato prima da Roberto Bortoluzzi e poi da Massimo De Luca. Provenzali è stato la radio. Voce calda, grande signorilità, misurato e pacato, professionista esemplare. Ingegnere navale mancato - gli mancava un esame alla laurea - Alfredo aveva cominciato a frequentare gli studi della Rai di Genova in piazza della Vittoria insieme a Nico Sapio - perito nel tragico rogo del volo Milano-Brema nel 1966 al seguito della nazionale azzurra di nuoto - Cesare Viazzi, Pierfranco Rembado e Nino Giordano. Appassionato di sport, Provenzali proprio da Sapio aveva ereditato il ruolo di cronista radiofonico del nuoto e del calcio. Alfredo era un grande cultore degli sport allora considerati minori, come il nuoto e la pallanuoto. In un secondo tempo si era avvicinato al ciclismo e aveva cominciato a seguire giri d’Italia, tour de France, le grandi classiche, i campionati mondiali. Tre, calcio a parte, gli sport da lui amati, proprio come gli atleti di cui lui aveva cantato e cantava le gesta. Nel nuoto il suo mito era Novella Calligaris, la ragazzina padovana d’acciaio che fu la prima a conquistare una medaglia ai mondiali. E poi Eraldo Pizzo, il mitico capitano del “settebello” di pallanuoto e della nazionale, da lui ribattezzato - insieme all’altro decano della waterpolo Sandro Castellano - il “caimano”. Terzo mito sportivo di Alfredo, Francesco Moser di cui diventò il cantore nelle corse in linea, in quelle a tappe e nel tentativo riuscito di record dell’ora a Città del Messico. Provenzali era un gentiluomo, amante dello sport e delle buone maniere. Ha insegnato, con l’esempio e con la parola, che raccontare lo sport è un’impresa per la quale occorrono impegno, umiltà, competenza e sobrietà. Per Provenzali il lavoro era tutto. Ma veniva in seconda battuta rispetto ai suoi gioielli, l’amatissima moglie Marisa e la diletta figlia Paola, che dal babbo ha ereditato la passione per lo sport e per il giornalismo. Originario dell’isola d’Elba, cresciuto nella delegazione di Sampierdarena, tifoso della Sampdoria, Provenzali. Piemontese di Predosa, nipote dell’omonimo Cesare Viazzi, uno dei più significativi pittori del ‘900, caldo e appassionato tifoso del Genoa Viazzi. Uomo di grande spessore culturale, poeta, scrittore, umanista, musicologo, regista teatrale Viazzi è stato per la città di Genova un importante riferimento culturale. Dal teatro dialettale alla musica colta, dalla poesia alla letteratura, Cesare spaziava senza limiti e confini. Anch’egli era par- Alfredo Provenzali tito dallo sport, dalle radiocronache del suo Genoa. Poi però la televisione e il mondo culturale lo avevano per così dire rapito. Dalla sede regionale della Liguria si era trasferito a Roma dove aveva ideato il settimanale del tg3 e dove aveva ...raddrizzato un certo Michele Santoro. Poi era tornato a Genova dopo un’esperienza di caporedattore alla sede di Cosenza. Aveva diretto prima la redazione ligure e poi addirittura la sede regionale. Aperto, alla mano, pronto alla discussione, franca e cordiale. Ci si poteva anche litigare, ma un abbraccio e una stretta di mano cancellavano ogni tensione. Docente di giornalismo, molto legato anch’egli alla famiglia, la moglie Paola Comolli - anche lei grande appassionata di teatro e letteratura, - i figli Alberto e Carla che hanno seguito le orme paterne e il figlio Remo professore nei Licei. Cesare Viazzi, un uomo per bene e un giornalista di razza. Due perdite dolorose, anche e soprattutto a livello umano. E mi piace immaginare i due grandi amici discutere di calcio animatamente con passione sanguigna Cesare, pacatamente e con un filo di ironia Alfredo. Ciao amici, non vi chiamo maestri per rispetto. Ci avete insegnato tanto. più con l’esempio che con le parole. (*Inviato speciale Giornale Radio Rai) 5 a d d i o ei nd iLt iogr ui ar li e a 2012 LE IDEE DI ARNALDO il ricordo di Renzo Trotta* “Da un’idea di Arnaldo Bagnasco”. Gli piaceva firmar così, disseminare di idee lo schermo e la vita. Chi lo ha conosciuto sa che Bagnasco era inarrestabile. Figlio del popolo, era entrato a diciotto anni in teatro, aveva recitato, nientemeno, con Tino Buazzelli: “Ero stupefatto che mi pagassero, per fare quelle cose strane e divertentissime lassù”, diceva. Raccontava che aveva fatto anche un po’ da amministratore (così poteva aggiungere che si era laureato in economia con Federico Caffè), ma anche da regista, al grande Tino (sì, gli piaceva vantarsi, spesso; ma era un gioco per ricordarsi che la sua vita non stava passando invano). Non divenne un grande attore, ma il teatro gli rimase intimamente dentro, è il cuore profondo della sua storia. Gli piacevano i conflitti, la verità che nasce dal confronto aspro, i contrari che si toccano e si incendiano: fu lui a inventare Match, il primo scontro tv programmato e regolamentato, RaiDue, Monicelli contro Nanni Moretti, Albertazzi contro Memé Perlini, Moravia contro Sanguineti, con Alberto Arbasino arbitro blasé, che raffreddava la temperatura quando si rischiava la rissa. Siamo nel 1977, Bagnasco era entrato in Rai dieci anni prima, aveva sceneggiato per RaiUno l’Eneide, Le cinque stagioni di Gianni Amico, il Ligabue. Quando arriva a Genova, nel 1978, sta per nascere la Terza Rete. Lui ha il compito di inventare dal nulla i programmi regionali, capisce subito che quelle piccole produzioni possono diventare un grande spazio di sperimentazione, un luogo di libertà, di commistione di linguaggi e di generi, di locale e cosmopolita. Bagnasco è l’uomo che io ho conosciuto più radicalmente privo di snobismo, verso l’alto e verso il basso; e dunque è capace di ingegnerie mirabili, può mettere insieme l’esoterismo di Enrico Ghezzi, le raffinate stilizzazioni di Gianni Amico insieme con i mondi a lui più cari, quelli del lavoro, della terra, della memoria popolare. Il territorio viene esplorato in ogni angolo; la forza del documento, dei volti e dei luoghi si mescola alla ricerca linguistica, alla finzione, alla drammaturgia, al racconto. Muove tutte le risorse culturali della regione, si circonda di centinaia di collaboratori, per la maggior parte giovani, dà a tutti occasioni appassionanti, si impone, litiga, regala idee, costringe a creare. Come si è chiesto Marco Sciaccaluga (che era uno di quei giovani) in una serata in onore di Bagnasco poco più di un anno fa: in quale luogo, presso quale istituzione, quale impresa, fabbrica di idee, di lavoro, i ragazzi di oggi possono trovare opportunità come quelle? (Intanto il suo cuore torna al teatro: nel 1981 firma, insieme a Giuseppe D’Agata e Lucia Bruni, La bocca del lupo, adattamento dal romanzo di Remigio Zena. Lo produce lo Stabile di Genova, la protagonista è Lina Volonghi, il ritratto d’epoca di un pezzo di Genova di strada, appassionante, violenta, disperata e vitale è potente.) Quando, dopo dieci anni di vita, i programmi regionali muoiono (“un assassinio”, dirà lui, la vendetta di Roma contro quello che allora si chiamava il “decentramento”), torna a RaiDue, collabora con Giovanni Minoli, compie una nuova trasformazione, che lo rende popolare: si diverte finalmente a recitare la parte del conduttore sul piccolo schermo. È Mixercultura, è di nuovo scontro, carne e sangue, gli intellettuali fatti a fettine, provocati, riveriti, rosolati a fuoco lento e attaccati a sciabolate: tutto, purché la cultura sia vita. Quando finisce Mixercultura, finisce anche la favola. Va a RaiTre dal direttore Guglielmi, ma non funziona; torna a RaiDue col nuovo direttore, il savonese Carlo Freccero, ma va ancora peggio. Il suo rifugio è l’antico amore, il teatro: “Palcoscenico” si chiama il programma che inventa; ma Freccero non condivide il taglio, vorrebbe scelte più sperimentali. Lo scontro fra l’intellettuale situazionista e l’uomo del popolo finisce con l’emarginazione di Bagnasco e del suo programma in orari sempre più punitivi. Bagnasco fa il gran rifiuto, se ne va dalla Rai. Questa volta il ritorno a Genova è definitivo. Non fa il pensionato d’oro, vive la sua ultima stagione creativa come presidente del Palazzo Ducale appena restaurato, fra Van Dyck e Rubens, i transatlantici, il G8 più feroce che si ricordi e Genova capitale della cultura. Ma non è quello il suo posto, anche se da una sua idea rinascono le antiche glorie del Siglo de los Genoveses. Lì, nelle antiche sale, che pure ironicamente lo lusingano, gli manca la battaglia. La farà con la malattia, sarà durissima, riuscirà a risorgere, finché deciderà di addormentarsi sereno, dice la moglie Matilde, nel suo rifugio di Chiusa Pesio, anche il suo funerale, nel centro storico di Genova, sarà uno straordinario spettacolo di vita. (* Vice Caporedattore TGR Liguria) È morto a Roma dopo una breve malattia Brando Giordani. Con lui scompare un pezzo di storia della tv italiana. Aveva 81 anni. Ideatore di programmi diventati cult come Pronto Raffaella? e Odeon nel prossimo numero BRANDO GIORDANI LEALTÀ E LEGGEREZZA il ricordo di Emilio Ravel 19 20 5 2012 autoritratto LUCIANO RAVELLO ASTROFILO PER PASSIONE A stronomia, parola magica: ogni sera trascorsa ad osservare il cielo mi dona sensazioni ed emozioni nuove come la prima volta. Molti si domanderanno perché l’astronomia. In definitiva si tratta unicamente di vedere dei puntini luminosi fissi e delle immagini a noi note, come la Luna, Venere, Giove ecc. Ragionando in questo modo, si affronta l’argomento superficialmente, rammento che le bellezze della natura non si esibiscono facilmente e chiedono un impegno umano. L’astronomia non sfugge a questa regola, infatti, necessita l’utilizzo del telescopio, il quale ingrandendo l’oggetto costituisce il tratto di unione fra noi ed il cielo; inoltre l’astrofilo deve avere un minimo di competenza e di… pazienza per la ricerca degli oggetti celesti che costituiscono l’universo. L’universo dove tutti i suoi elementi sono in espansione a una velocità vertiginosa, scaturita circa 15 miliardi di anni fa, da un puntino con un’enorme densità ed energia, il Bing Bang. Gli antichi immaginavano il cielo sede di divinità con il dio Sole e la dea Luna, i quali si muovono con i loro carri una volta il giorno. I sacerdoti, i primi astronomi, approfittando delle loro conoscenze come le eclissi del Sole quando la Terra si oscurava o l’apparire dei pianeti, pronosticavano disastri o favolosi raccolti agricoli soggiogando il popolo ignorante. Normalmente le passioni sportive o scientifiche nascono con il concorso di avvenimenti casuali, che colpiscono la nostra curiosità ed in seguito la nostra mente. Nel mio caso ricordo quando decine di anni fa, in una bella serata estiva, invitato da Michele Gancia (in quel periodo lavoravo nel suo reparto presso il Laboratorio Ricerche di Torino) ad un’osservazione con il telescopio, vidi la Luna come mai l’avevo vista, gigantesca, mi sembrava di toccarla tanto era vicina. Questa emozione fu decisiva per il mio futuro di astrofilo. Per parecchi anni rimase latente, fin quando andando in pensione e avendo del tempo libero, mi rammentai di quella serata e decisi di dedicarmi al nuovo hobby. Per prima cosa dovevo acquistare il telescopio ma quale? Un riflettore, dove l’obiettivo è uno specchio, oppure il rifrattore costituito da più lenti quindi con maggior dettaglio? La scelta fu verso un riflettore Meade da 20”, buon compromesso fra peso, quindi trasportabilità, ingrandimento e prezzo dato l’alto costo dei rifrattori. Iniziai quindi la mia attività e con la collaborazione di altri astrofili, organizzai delle serate osservative collettive, dove le immagini riprese con il sensore CCD (simile alla macchina fotografica) collegato al computer, erano visibili in uno schermo utilizzando un proiettore televisivo. Penso che le parole non siano sufficienti per descrivere quello che ho provato nel vedere, per la prima volta, un tale spettacolo; non la Luna, ma la luce di un oggetto nato quando ancora l’uomo non esisteva, raggiungere la mia postazione, incredibile! A questo punto vi chiederete quali sono i miliardi di oggetti che costellano il cielo e lo rendono così vario e interessante. La galassia, come la nostra Via Lattea, miliardi di stelle configurate in forme come la spirale o l’elisse. La nebulosa, dove l’elemento essenziale è l’idrogeno, il quale grazie alla forza gravitazionale che comprime il nucleo, sviluppa la fusione nucleare (15 milioni di gradi) creando le stelle. L’ammasso globulare, dove convivono sino ad un miliardo di stelle, visto nell’oculare del telescopio, appare come un batuffolo di cotone tondeggiante. La stella doppia, dove ampliando l’ingrandimento di una stella, appare la sorella minore ruo- tante attorno ad essa. L’appetito vien mangiando, come si usa dire, infatti, in seguito mi procurai un riflettore da 25 pollici installandolo in una postazione fissa nel mio balcone, quindi molto più comodo ed immediato. Con l’avvento della macchina fotografica digitale, potevo riprendere gli oggetti con la Canon 20 D a colori, espressamente costruita, aumentando sensibilmente la bellezza dell’immagine principalmente le nebulose, dove il colore rosso e blu sono predominanti; la mia preferita è la nebulosa di Orione. Spero che questo piccolo seme venga raccolto e coltivato da qualcuno, non si pentirà; per chi vuol approfondire l’argomento consiglio la visione del mio sito (www.xoomer.virgilio.it/ astrovideo) e la lettura del mio libro “Il cielo di Papà Marcel”. ([email protected]) 5 per non dimenticare 2012 CARLO MARIA MARTINI TESTIMONE DEL NOSTRO TEMPO N di Vittorio De Luca el 1983, ho avuto il piacere e l’emozione, durante il mio impegno professionale in RAI, di incontrare l’ex arcivescovo di Milano e di seguirlo per qualche giorno nel suo ruolo di vescovo e pastore, per un programma televisivo RAI (Testimoni del nostro tempo) dal titolo “Un vescovo, una città” trasmesso l’8 febbraio 1983 dalla Rete 2. D’accordo con l’arcivescovo e il regista Renzo Ragazzi abbiamo potuto filmare Mons. Martini nel corso dei suoi molteplici impegni: al lavoro nel suo studio, durante la visita al Duomo in fase di restauro, nel dialogo con gli operai ed abbiamo registrato l’intervista, in un luogo suggestivo, in cima al Duomo. Lo abbiamo anche seguito durante le sue visite pastorali sia nei quartieri di Milano sia in alcuni paesi della Diocesi. Insomma Carlo Maria Martini “un vescovo fuori palazzo” come diremo nell’intervista. L’ex arcivescovo di Milano, è bene ricordarlo, aveva iniziato il suo impegno pastorale in uno scenario drammatico della vita del nostro Paese, con la crescita del terrorismo. Proprio in quel mese, 12 febbraio 1980 si verificò l’attentato terroristico al prof. Vittorio Bachelet, all’Università di Roma. Con la morte del Cardinale Martini (31/08/2012) scompare una delle personalità eminenti del nostro tempo, un biblista di fama internazionale, che ci ha insegnato a vivere e ad affrontare i problemi attuali con il Vangelo in mano. Ha saputo coniugare sapere e credere, con aperture moderne ed intelligenti. E’ riuscito a toccare i cuori, come ha dimostrato l’imponente afflusso di credenti e non credenti, uomini di cultura e persone umili, giovani e anziani in Duomo per rendergli l’estremo saluto. Una dimostrazione di grande affetto verso l’ex arcivescovo di Milano. 1980 La prima lettera pastorale: “IL SILENZIO È COME L’ARIA” La riscoperta di una nuova qualità della vita è stato uno dei primi inviti che Mons. Martini aveva rivolto ai cattolici di Milano, ma indirettamente a tutta la società italiana. Un’esortazione ad uno stile di vita, più semplice e comunicativo, fondato sulla filosofia dell’essere piuttosto che dell’avere. “Ammiro l’impegno per la costruzione della città, per la diffusione del benessere, per il trionfo dell’ordine sul disordine e lo sfascio, ma vorrei ricordare che l’ansia della vita non è la pace del 1982. “Le mostruosità della corsa agli armamenti, delle terribili armi nucleari, della guerra, del terrorismo, sono preparate da quei mostri che noi coltiviamo, con irresponsabile indifferenza, nel nostro cuore, son le sottili forme di prepotenza, la strumentalizzazione degli altri, le quotidiane offese alla vita e alla dignità dell’uomo, la ricerca del benessere economico fine a se stesso”. legge suprema, più importante è il ritorno alle radici dell’esistenza”. Alcuni brani della lunga intervista: LA PACE È POSSIBILE Il problema della pace è stato uno dei temi prioritari della predicazione del Cardinal Martini D. La società moderna vive con angoscia il senso del futuro; il problema della pace, il problema della guerra creano un senso di inquietudine. Forse mai come in questo periodo la gente si pone degli interrogativi sul futuro. Lei ha partecipato ed ha guidato” la marcia della pace” di fine anno come impegno forte per una nuova cultura della pace. R. Penso che bisogna partire dal fatto che mai come in questo tempo l’umanità ha preso coscienza del suo terribile potere. Io ho partecipato a questa marcia della pace perché mi sembrava un’occasione importante per esprimere con dei gesti certe cose; anche i giovani che hanno partecipato ampiamente a questo evento avvertono il problema. Bisogna comunque educare alla pace, questo è l’importante, a compiere gesti concreti di pace, ricordando che anche le guerre non accadono semplicemente per errori tecnici, ma hanno la loro radice nelle divisioni dell’uomo, dei contrasti nei pregiudizi nell’incapacità di perdonare. Si potrebbero ricordare tante altre occasioni nelle quali il cardinal Martini è tornato a invocare una pace autentica, a livello dei cuori e nei rapporti internazionali. Emblematiche le sue riflessioni per la giornata mondiale del- IL LAVORO, LA QUALITA’ DELLA VITA D. Una grande città come Milano vive problemi talvolta drammatici: la cassa integrazione, l’aumento della disoccupazione, soprattutto nel mondo giovanile. Come vive questi problemi un vescovo? R. Appunto i problemi, sono molto gravi, vanno crescendo. Il problema è molto sentito non solo dal vescovo, ma è avvertito dalle comunità parrocchiali, oltre che dalle persone che lo vivono come costante minaccia. Ma noi che cosa cerchiamo di fare? “Siamo il più possibile vicini a coloro che soffrono e cerchiamo di promuovere solidarietà di presenza e di sollecitazione alle parti sociali”. La progressiva conoscenza dell’hinterland ha portato il cardinale Martini il 2 febbraio 1983 a incontrarsi con una fabbrica, l’Acna occupata perché in lotta. Dopo alcuni giorni il cardinale rispondeva con una promessa: “non vi lasceremo soli”. In mezzo agli operai, dentro la struttura stessa della fabbrica osservava: “se giungeremo a smascherare questo idolo del profitto da cui tutto deve dipendere, noi faremo un grande servizio al bene comune, al vero profitto della società, insegnando che non è possibile risolvere i problemi umani se non si mettono i valori assoluti al primo posto. Nella stessa circostanza Martini auspicava: “Ed è in questa lotta contro la schiavitù del profitto in senso assoluto, separato dalle componenti umane, che la Chiesa deve impegnarsi in nome del Vangelo, per ricostruire una “cultura della solidarietà”. IL TERRORISMO VIOLENZA E RICONCILIAZIONE Il cardinal Martini, nel 1982, alla domanda “che fare?”, rispetto alla violenza terroristica che segnava Milano, rispondeva: “La prima cosa che viene da dire è che in qualche maniera non c’è risposta, nel senso che, supponiamo, un atto di violenza non è una 21 22 5 2012 ed p e ri t o n roi na l d ei m e n t i c a re domanda, è un atto assurdo, è una follia, quindi non c’è risposta se non il rifiuto, se non l’opposizione totale, non si tratta qui neanche di dialogo, si tratta di prendere posizione molto chiara contro ciò che è assolutamente inammissibile: evidentemente, poi, scavando a fondo, bisogna cercare quali sono le radici. E qui la ricerca si fa molto più difficile. Rievocando in tempi più recenti e di post-terrorismo quei momenti con la rivista “La Civiltà Cattolica”, Martini stesso ha confessato: “… non riuscivo a capire su quale retroterra mentale si basavano le loro azioni. Mi domandavo: “E’ mai possibile dialogare con loro, cercare di farli riflettere?”. Ho spesso parlato di questo con le autorità che avevo occasione di incontrare. Ricordo che il tono delle risposte era: “Non ne sappiamo quasi niente”. Era un mondo di cui non si riusciva a vedere la fisionomia. L’incapacità a trovare un interlocutore accresceva lo stato d’ansia”. In più pesava la cappa di piombo dell’assassinio “annunciato” e sovente realizzato. “Ricordo che ai funerali di Tobagi (il 30 maggio 1980 in Santa Maria del Rosario,) ho citato la frase del Vangelo: Mi hanno odiato senza ragione (Gv. 15, 25) ”. Queste omelie erano rivolte anche agli autori di quei criminali, sull’esempio di ciò che all’epoca del rapimento Moro aveva fatto Paolo VI, anteprima UNO L’ULTIMO COMPLEANNO il quale cercava di parlare a un minimo di umanità. Sapevo che si tratta di gente che legge attentamente i giornali. Mi affidavo a questo mezzo per lanciare un messaggio verso l’ignoto”. Settembre 2002 il cardinale lascia la Diocesi Il Cardinale Martini, nel suo lungo itinerario di impegno pastorale nella diocesi più grande del mondo, l’8 settembre 2002 concludeva la sua missione a Milano. Nell’ultima omelia in Duomo, rivolge il suo saluto di commiato ai fedeli con un messaggio molto semplice: “Vi parlo nel cuore. Amatevi gli uni e gli altri, così vivrete nella giustizia, nel perdono e nella pace”. In quei giorni decide di fare ritorno a Gerusalemme, città che ha sempre amato. Sarà questo luogo punto di preghiera e di silenzio ma aperto a tanti gruppi e amici che si recano a trovarlo … Quando, negli anni, avverte i segni di una malattia (Alzheimer) torna in Italia e si trasferisce a Gallarate, nella casa di riposo dei Padri Gesuiti, dove trascorre il tempo nella preghiera, con paziente serenità tra visite di gruppi e di molti amici in dialogo aperto con cattolici e non. In particolare ricordo le “Conversazioni” di padre Martini con Eugenio Scalfari, fondatore di Repubblica, amico fedele del Cardinale e del prof. Vito Mancuso, teologo e scrittore. Entrambi amici in dialogo con Martini e coautori del bel libro “Conversazioni con Carlo Maria Martini” (Ed. Fazi, settembre 2012). “Un documento straordinario – come da prefazione – della presa di coscienza necessaria ai nostri tempi per non perdere la speranza, oltre che una specie di testamento spirituale per il mondo laico”. (brani e testi dal programma RAI, Rete 2 TV, di Vittorio De Luca per la regia di Renzo Ragazzi) Eccola che arriva. Sta arrivando. E la quarta festa in un mese e mezzo. E proprio qui sotto, a pochi metri, a pochi passi da qui. Sta entrando in casa. La festa riempirà gli spazi della mia casa. Ancora... Questi pensieri affioravano nella mente di Eleonora come lente bolle in uno stagno abbandonato. romanzo di Massimiliano Verzani Era sola, chiusa nel piccolo bagno dalle mattonelle color madreperla rifinite con lievi venature derate. Sola, (Edizioni Sabinae, 2012) davanti al grande specchio con la cornice in legno rovere intarsiato. E sola, osservava i suoi quarantotto anni. Osservava; sempre con quel suo sguardo spunto oltre i confini delle linee sopraccigliari, come volesse tuffarsi Un romanzo avvincente sulla società e negli occhi di chiunque Ie fosse stato davanti. C’era infatti un’impercettibile tensione net tratti della sua fronte le manifestazioni della vita moderna, dove che - come quell’ingrediente dall’apparenza … vengono osservati con cruda severità, la In vendita nelle librerie Feltrinelli e online su: www.edizionisabinae.com ricchezza, il successo, la moda, l’amore, l’opportunismo, l’ipocrisia, la malattia, l’eutanasia, il dolore, l’agonia e la morte. Natale in Poesia Nel suo romanzo d’esordio Massimiliano di nonno Lorenzo Nigretti Verzani riesce ad emozionare facendo poesia in decasillabe partecipare il lettore all’interiorità della L’uomo dal nome “Babbo Natale” protagonista. somiglia ad un vecchio abituale Partendo dall’ordinaria banalità di una con la sua lunga barba bianca, ha l’apparenza assai stanca, festa in una famiglia borghese, fino al triller di un matricidio, il libro si eleva con la Durante la notte glaciale fronteggia il vento maestrale; recita del Magnificat al capezzale della su una slitta è tutto fiero protagonista morente, che fa di queste pacon forza, solca terra e cielo. gine un vero cantico della fede cristiana. Tirato da renne, con lumini, Un libro che si legge volentieri, pagina calandosi giù a dei camini, tira pagina, fino ad arrivare all’ultima sensotto alberi con più lustrini, za accorgersene. dà regali ai buoni bambini. Massimiliano è il figlio di Paolo, nostro Rispettoso alle tradizioni, senior in servizio alla Direzione Produzioè obbligato a buone azioni: venerare con gioia, e di più ne TV, Roma via Teulada. la nascita del Bambino Gesù.. Per non svelare il contenuto, riportiamo E se tutti noi, mano a mano, solamente la prima pagina sulla terra in cui viviamo, Era arrivata la sera. Avrebbe portato una festa. allacciassimo un girotondo, Anzi... otterremmo la pace nel mondo. 5 2012 Aggiornati! Clicca su www.raisenior.it Troverai in anteprima le pagine del giornale e le comunicazioni sociali. Chi desidera inviare testi e foto al giornale può rivolgersi ai fiduciari di Sede [email protected] [email protected] [email protected] (06.3686.9480) Aosta, Torino CP Antonio Calajò Torino DD.CC., Centro Ricerche Guido Fornaca, Caterina Musacchio Perugia, Pescara, Ancona, Bologna Quintildo Petricola Giuseppe (Pino) Bruno Bolzano, Trento, Trieste, Venezia Matteo Endrizzi Cagliari, Firenze, Genova Fabio Cavallo Campobasso, Napoli Antonio Neri Milano Fabio Breschi, Marco Andrea Pacher Roma Luigi Pierelli, Luciana Curti, Sergio Scalisi, Nicola Tartaglia, Luciana Romani Beatrice Santarelli Aosta Rosalia Ingrasci Bari Pietro Giorgio Bologna VICE FIDUCIARI Patrizia Fedeli Cagliari Alessandro Saltuari Giorgio Cordedda Campobasso Antonio Cece Cosenza Romano Pellegrino Firenze Stefania Tarchiani Fiammetta Perfetti Genova Paola Pittaluga Carla Bassano Milano Michele Casta Mario Bertoletti Napoli Francesco Manzi Ernesto Esposito Palermo Maria Vancheri Perugia Carmine Vardaro Pescara Rosa Trivulzio Potenza Silvana Ancona Giovanni Amendolara Roma-Mazzini Anna Maria Mistrulli Pia Fiacchi Roma-Via Asiago Antonio Chialina Silvana Goretti Roma-Nomentano Stefania Cherri Enrico Cinque Roma-Salario Pietro Muratori Roma-Borgo S.Angelo Rita Ledda Roma-Teulada Franco Biasini Roma-Saxa Rubra Daniela Simonetta Pino Colozza Torino-Via Cernaia Paola Ghio Lucia Carabotti Torino-Via Verdi Lia Panarisi Torino-Corso Giambone Giorgio Moscardo Giuseppe Nasi Trento Annamaria Andreatta Roberto Bailoni Trieste Alessandra Busletta Venezia Roberta Cabbia Gino Goti Fernanda Magrini Pasquinelli COLLEGIO SINDACI Riccardo Migliore (Presidente) Franco Colletti Pierangelo Pina COLLEGIO DEI PROBIVIRI Salvatore Strippoli (Presidente) Giovanni Ghidini Sede sociale Rai - 00195 Roma - via Col di Lana, 8 Cod. 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Roma n. 38 del 22.01.1986 Chiuso in redazione il 9 Novembre 2012 Gli articoli firmati esprimono solamente l’opinione dell’autore; devono pertanto considerarsi autonomi e del tutto indipendenti dalle linee direttive degli Organi associativi Prezzo abbonamento L’Associazione Raisenior, quale editore della presente pubblicazione, precisa che gli iscritti all’associazione sono, a tutti gli effetti, soci abbonati alla rivista. L’importo all’abbonamento è già compreso nel versamento della quota associativa annua. L’abbonamento avrà validità dal primo numero successivo alla data del versamento della quota di sottoscrizione e avrà la durata di un’anno. ADERISCI ALL’ASSOCIAZIONE L’importo annuale dal 2011 per i soci dipendenti: Euro 20,00 (venti/00), per i pensionati: Euro 15,00 (quindici/00). 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