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ALLURA
&
Periodico della Diocesi di Tempio-Ampurias fondato nel 1927
NGLONA
N. 7 - Anno XXII - 31 luglio 2014 - Nuova serie - Spedizione in abbonamento postale art. 2 comma 20/b L. 662/96 - Sassari - € 1,00
SIAMO MEMBRA GLI UNI DEGLI ALTRI
Per essere Chiesa educante e missionaria
Gianni Sini
È
fresca di stampa la prima lettera pastorale del Vescovo Sanguinetti alla
Chiesa di Dio che è in Tempio-Ampurias. Il titolo è significativo “Siamo
membra gli uni degli altri”- per essere
Chiesa educante e missionaria. Già da
tempo il Vescovo desiderava scrivere una
lettera, sulla scia della tradizione della
Chiesa che vede nella lettera del Pastore
della Diocesi un atto peculiare del suo ministero, che più di ogni altro inquadra spirito, contenuti e obiettivi del suo servizio.
Il Vescovo è presente nella nostra Diocesi dall’undici giugno del 2006 e in tutto
questo tempo ha voluto soprattutto ascoltare, conoscere i luoghi, le persone e le
storie di questa Chiesa, soprattutto attraverso la visita pastorale conclusa appena
qualche mese fa e i convegni ecclesiali
annuali, tutti incentrati sul versante educativo: pastorale dell’iniziazione cristiana,
pastorale familiare, pastorale giovanile e
vocazionale. In questa lettera, come spiega Mons. Sanguinetti nell’introduzione,
vuole “condividere con noi il bagaglio di
conoscenze ed esperienze maturate insieme, sapendo che esso può essere un dono prezioso per la comunità diocesana,
nella misura in cui rafforzerà e aprirà strade di impegno e prospettive concrete di
vigore apostolico”. Il Pastore della Diocesi spiega anche un’altra ragione che ha
ispirato questa lettera. “Iniziando la visita
pastorale, eravamo partiti con un obietti-
vo ben preciso: vivere un’esperienza forte di Chiesa, fatta di incontro, di ascolto
reciproco, di lettura della realtà e di progettualità per il futuro”. Lo ritiene quindi
un atto di amore fedele alla nostra Chiesa
perché il Signore gli ha fatto scoprire e
sperimentare le tante ricchezze di fede e
di generosità apostolica presenti nella nostra terra. E’ bello quindi fermarci, per
guardarci in faccia, negli occhi, per conoscerci meglio, per comunicare più in profondità sentimenti, gioie, ansie e progetti,
per stabilire una relazione intensa di mente e di cuore. Comprendere e sperimentare ogni giorno che nella Chiesa “Siamo
membra gli uni degli altri”. Il contenuto
tematico presente nell’indice ci dice chiaramente dove vuole arrivare il Vescovo
della Diocesi: quale Chiesa, quale progetto di Chiesa, oggi? Il “dove” della nostra
Chiesa: fedeltà all’uomo e alla sua storia;
chi siamo: “Chiesa della Trinità”; Chiesa
in stato di missione permanente. Proprio
come la pensa il nostro Papa Francesco:
una Chiesa in uscita, che va fino alle periferie del nostro tempo, una Chiesa che
entra in dialogo. Una attenzione particolare viene dedicata alla vocazione e alla
missione della famiglia, il cui fondamento è nel disegno stesso di Dio. L‘ideale sarebbe che tra famiglia, Chiesa e società,
nascesse una fattiva e profonda collaborazione per il bene della famiglia stessa e
della società. La lettera pastorale porta la
data della domenica di Pentecoste e sarà
oggetto del convegno diocesano che si
terrà nel mese di ottobre.
Italia generosa e solidale
Milioni di volontari, una spinta
per il sistema Paese
L
continua, nonostante la crisi, ad es’ Italia
sere un Paese generoso e solidale: ce lo di-
ce l’Istat (Istituto centrale di statistica) che,
ha pubblicato il rapporto “Attività gratuite a beneficio di altri”. Il documento attesta che da noi
ci sono ben 6,63 milioni di volontari operativi. I
volontari sono più frequenti fra chi ha conseguito un titolo di studio più alto: tra i laureati sono il 22,1% mentre fra chi ha la licenza elementare la percentuale scende al 6,1%. Emerge anche che il volontariato è più presente tra chi ha
situazioni occupazionali stabili (14,8%) e chi vive in famiglie agiate (23,4%). Dati del resto prevedibili, in quanto chi vive situazioni positive riesce anche ad essere più sereno e a offrire tempo ed energie per aiutare chi sta peggio. Altro
dato Istat consiste nelle 19 ore su quattro settimane, stimate per il servizio mensile offerto dai
volontari italiani. È stato calcolato che questo
monte ore, se quantificato come fosse una attività lavorativa, significherebbe circa 875mila
unità occupate a tempo pieno. Qualcuno si
chiede se questi milioni di volontari non rubino
il lavoro ai giovani. I volontari
non rubano lavoro retribuito, ma
offrono attività gratuita spesso
laddove non ci sono servizi in
grado d’intervenire. La ricerca dice chiaramente che nelle Regioni
più ‘benestanti’ c’è un tasso maggiore di volontari. Quindi, il fatto
che lì ci sia più lavoro che al Sud
è una conferma che il volontariato non ‘ruba’ posti di lavoro.
Semmai bisognerebbe favorirne
una maggiore diffusione anche nel Mezzogiorno, dove i bisogni sociali sono maggiori. Il volontariato è una bella esperienza di vita per tutti, soprattutto per i giovani, ai quali fornisce
competenze e abilità che possono essere utili da
tanti punti di vista, anche per entrare nel mercato del lavoro. Imparare a lavorare in gruppo,
ad essere sensibili ai bisogni degli altri è un’attitudine molto apprezzata dalle aziende. Come
guardare al volontariato oggi: è una “croce rossa” sociale? Speriamo sia conclusa la stagione
della ‘croce rossa’ e finalmente lo si riconosca
come soggetto portatore di novità, generatore di
esperienze anche di tipo economico e lavorativo. Se pensiamo agli anni Ottanta, hanno generato realtà quali le case per minori, per i tossicodipendenti, il turismo sociale, e altre. La sfida
odierna, anche con la nuova legge del ‘Terzo
settore’, consiste nel continuare in questa generatività sociale ed economica. Non bastano le
buone azioni, oggi occorre aiutare concretamente il nostro Paese ad uscire dalla crisi.
ALLURA
&AGNGLONA
Nuova Serie
Il Papa nella terra dei fuochi
Aut. Trib. Tempio Pausania n. 4
del 21-12-1960
Proprietà:
Diocesi di
Tempio-Ampurias
Amministratori
Gavino Fancellu
Direttore responsabile:
don Giovanni Sini
[email protected]
Redazione:
Franco Fresi
Andrea Muzzeddu
Giuseppe Pulina
Gianni Satta
Pietro Zannoni
Tomaso Panu
Gavino Fancellu
AbboNAMeNTI 12
chiesa
Anno XXII
n. 7
31 luglio
2014
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Questo numero di Gallura & Anglona
è stato consegnato alle Poste, per la
spedizione, il 31 luglio 2014.
Questa bella terra richiede di essere tutelata
U
na giornata di pioggia anche intensa non ha
scoraggiato gli oltre duecentomila fedeli che si
sono radunati oggi davanti alla Reggia di Caserta per accogliere Papa Francesco. E, alla fine, sono stati premiati. Quando il Pontefice è arrivato ci sono state ancora poche gocce di pioggia, poi le nuvole
hanno fatto posto ad un sole fortissimo. Ma a riscaldare i cuori c’erano già la gioia e l’emozione d’incontrare il Papa e di ricevere da lui parole di speranza.
Un’attesa che non è andata delusa, perché il Santo Padre ha invitato a “non farsi rubare la speranza”, in una
terra purtroppo devastata come quella su cui insiste
anche la diocesi di Caserta, come ha ricordato il vescovo, monsignor Giovanni D’Alise, nel suo saluto alla fine della celebrazione.
Ambiente devastato. Sin dal volo in elicottero l’attenzione di Francesco è stata rivolta al problema del
degrado ambientale. Come ha rivelato ai giornalisti il
vice direttore della sala stampa vaticana, Angelo Scelzo, durante il volo il sostituto per gli affari generali della Segreteria di Stato, monsignor Giovanni Angelo
Becciu, ha fatto vedere dall’alto la terra ormai devastata da rifiuti e roghi e il Papa ha commentato: “Terribile”. Un tema che è tornato anche nell’omelia: “Dare il primato a Dio significa avere il coraggio di dire no
al male, no alla violenza, no alle sopraffazioni, per vivere una vita di servizio agli altri e in favore della legalità e del bene comune. Quando una persona scopre Dio, il vero tesoro, abbandona uno stile di vita
egoistico e cerca di condividere con gli altri la carità
che viene da Dio. Chi diventa amico di Dio, ama i fratelli, si impegna a salvaguardare la loro vita e la loro
salute anche rispettando l’ambiente e la natura”. L’affondo è venuto nelle parole dette a braccio: “Io so che
voi soffrite per queste cose. Oggi, quando sono arrivato, uno di voi si è avvicinato e mi ha detto: Padre,
ci dia la speranza. Ma io non posso darvi la speranza,
io posso dirvi che dove è Gesù lì è la speranza; dove
è Gesù si amano i fratelli, ci si impegna a salvaguardare la loro vita e la loro salute anche rispettando l’ambiente e la natura. Questa è la speranza che non delude mai, quella che dà Gesù!”. Ciò, ha precisato il Papa, “è particolarmente importante in questa vostra bella terra che richiede di essere tutelata e preservata, richiede di avere il coraggio di dire no ad ogni forma di
corruzione e di illegalità - tutti sappiamo il nome di
queste forme di corruzione e di illegalità - richiede a
tutti di essere servitori della verità e di assumere in
ogni situazione lo stile di vita evangelico, che si manifesta nel dono di sé e nell’attenzione al povero e all’escluso”. Parlando, poi, della festa di sant’Anna, il Pontefice ha incoraggiato “tutti a vivere la festa patronale
libera da ogni condizionamento, espressione pura della fede di un popolo che si riconosce famiglia di Dio
e rinsalda i vincoli della fraternità e della solidarietà”.
Infine, un invito: “Abbiate speranza, la speranza non
delude e a me piace ripetere: non lasciatevi rubare la
speranza”. Anche nelle parole del vescovo di Caserta,
monsignor Giovanni D’Alise, le difficoltà di questa
terra: “La Chiesa che è in Caserta - ha spiegato nel saluto finale al Papa - non è risparmiata dalla complessità e molteplicità di problemi che toccano tutti in
Campania, non di meno la nostra città e la nostra diocesi”. “Caserta - ha proseguito il presule - è capoluogo
di Terra di Lavoro, terra una volta posta nella ubertosa e splendida Campania Felix. Questa Campania non
è più ubertosa come un tempo e neanche più Felix
per la sua posizione geografica”. Infatti, ha rilevato il
vescovo, “questa splendida terra è stata attaccata da
più parti, in modo particolare, sventrata e fatta deposito di rifiuti particolari provenienti dall’Italia e dall’Europa, che causano morti e disagi”. Non solo: “C’è anche una disoccupazione che toglie il respiro, strappa
la speranza e mortifica le nuove generazioni”. E, in
questa terra, “non mancano criminalità e corruzione”.
“Santo Padre - ha aggiunto monsignor D’Alise - qui,
tuttavia, non ha trovato solo degrado, ma una popolazione che non si abbatte e non demorde, che ha un
gran desiderio di essere protagonista di una ripresa,
soprattutto spirituale, sotto la guida di Vostra Santità”.
Appena arrivato, il Santo Padre ha incontrato diciannove vescovi campani e 123 sacerdoti della diocesi di
Caserta. Con loro si è confrontato su temi ecclesiali, in
un dialogo cordiale e schietto. Poi il bagno di folla,
che lo attendeva dalla mattina: Francesco è passato in
papamobile tra la folla, che lo acclamava. Poi la Messa e alla fine l’annuncio su una futura visita a Napoli.
Papa Francesco, indicando il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, ha scherzato: “Ho sentito
che forse i napoletani sono un po’ gelosi. Non so. Ma
voglio assicurare ai napoletani che quest’anno sicuramente andrò da loro”. A questo annuncio c’è stato un
calorosissimo applauso dalla folla. Tra gli oltre duecentomila presenti, allora molti erano napoletani?
attualità
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ALLURA
&AGNGLONA
La guerra attraverso le immagini per non dimenticare
Gaza: “Vento di terra” denuncia distruzione centro “La terra dei bambini”
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esercito israeliano ha raso al
suolo “La Terra dei Bambini”, struttura a difesa dei diritti dell’infanzia nel villaggio beduino di Um al Nasser, nella Striscia di Gaza. Ne ha dato notizia
l’ONG “Vento di terra”, che gestisce
il progetto - finanziato tra gli altri
dalla Cooperazione italiana e dalla
Cei - fin dal suo avvio, nel 2011. Il
centro per l’infanzia ospitava un
asilo con 130 bambini e un ambulatorio pediatrico. Demolita pure la
nuova mensa comunitaria, inaugurata solo due mesi fa, che forniva
pasti ai bambini e alle famiglie povere del villaggio. “Vento di terra”
dichiara di essere testimone di come la struttura “non sia mai stata
utilizzata per scopi militari e non
sia avvenuto alcun contatto tra lo
staff e le milizie armate islamiste”.
“La ‘Terra dei bambini’ - prosegue rappresentava un’oasi a difesa dei
diritti dell’infanzia, che l’esercito
israeliano, messo al corrente di tutte le fasi del progetto, ha deciso
senza alcuna giustificazione di demolire. Un’esperienza unica, in un
panorama caratterizzato da decenni di conflitto, occupazione e devastazione è stata messa cinicamente
a tacere”. Quanto accaduto - rimarca l’ONG - è non solo “un’azione
gravissima” nei confronti della comunità locale, ma coinvolge “direttamente” il Ministero degli esteri
italiano, l’Unione Europea e la Cooperazione italiana, “che il progetto hanno finanziato e sostenuto in
questi anni”.
I bambini piangono
i loro coetanei
Bambina fra le macerie
La distruzione di Gaza
Vittime innocenti
Il terrore negli occhi
dei bambini
Si colpiscono anche
i soccorsi
No comment
Anniversario
a Gaza
Fuga
dall’inferno
Diteci le vostre impressioni e riflessioni sulla guerra e le pubblicheremo
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ALLURA
&AGNGLONA
Cresce la povertà nell’Isola
Lo sostiene il rapporto ISTAT
Pietro Barrotzu e Mario Medde
dell’Associazione Carta di Zuri
iformare il sistema regionale
di sicurezza sociale e istituire
il reddito di cittadinanza. Aumenta la povertà in Sardegna; è
dunque indispensabile attuare interventi per contrastarla. Le proposte della Carta di Zuri. E’ ormai da
10 anni che la povertà cresce nell’Isola a ritmi insostenibili e senza
confronti nel lungo periodo anche
con le altre regioni del Paese. Il
trend di crescita è preoccupante
perché attesta non solo le condizioni di crisi dell’economia, ma anche “un’abitudine” al peggio che è
disarmante perché favorisce una
cultura della rassegnazione soprattutto in chi ha la responsabilità di
promuovere strategie e interventi
tempestivi per rimuovere, o almeno attutire, le cause della povertà e
della indigenza. La povertà relativa
R
in Sardegna nel 2013 al 24,8%. Lo
sostiene l’ISTAT. Ma la realtà è
spesso ben più pesante dei numeri e delle statistiche. E’ chiaro ormai che le attuali strumentazioni in
campo per combattere la povertà
non funzionano adeguatamente e
che è urgente riformare il sistema
regionale di sicurezza sociale, soprattutto con una strategia integrata tra assessorati e misure che facciano riferimento a diversi capitoli
di spesa. Il monitoraggio sugli attuali interventi è indispensabile per
capire dove sono allocate le criticità e per individuare dove è necessario intervenire: sia sulle politiche
passive e assistenziali che sulle politiche attive del lavoro. La Carta di
Zuri ha fatto alcune proposte che
riproponiamo all’attenzione della
Regione e della opinione pubblica,
sottolineandone l’urgenza, dati i
tempi lunghi della burocrazia e
della politica.
D. Pietro Barrotzu
e, in piedi,
Mario Medde
Il Vangelo in tv
Cari amici e care amiche,
vi aspetto
su Cinque Stelle Sardegna
ogni venerdì e sabato
per il commento al
Vangelo della domenica
“Semi di speranza”.
Venerdì: ore 13 - ore 17
Sabato: ore 13,15 - 15,30 - 21,30
Mentre su Radio Arcipelago sui 90,20 FM,
ogni mercoledì alle ore 10,
presenterò in anteprima il giornale diocesano
Gallura e Anglona.
Don Gianni Sini
a t t u a lit à
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Proposte della carta di Zuri
La Carta di Zuri sollecita la Regione
perché attui immediatamente il Progetto
Garanzia Giovani e con esso i seguenti
interventi specifici:
I
l reinserimento dei giovani
tra 15 e 18 anni in percorsi formativi;
- La formazione mirata all’inserimento lavorativo;
- Il sostegno all’autoimpiego e
all’autoimprenditorialità;
- La reale valorizzazione della
misura sull’apprendistato per
la qualifica e il diploma professionale, dell’apprendistato
professionalizzante e di quello
sull’alta formazione e ricerca;
- Il rilancio del servizio civile e
dei tirocini;
- Rafforzamento dei servizi per
l’orientamento e l’impiego.
In secondo luogo è indispensabile potenziare il Fondo regionale sulle povertà trasformandolo però in Fondo per il
reddito di cittadinanza, coniugando al suo interno gli interventi assistenziali con quelli di
tutoraggio per l’inserimento e
il reinserimento nel mercato
del lavoro.
Si tratta dunque di monitorare gli interventi degli ultimi
anni in tutti i comuni della regione e di approvare una
norma quadro che riveda, migliorandolo, il sistema regionale di sicurezza sociale, valutando la proporzionalità tra
politiche attive e passive.
La terza proposta riguarda un
Programma pluriennale per il
lavoro nei settori dei beni culturali e ambientali, in stretto
rapporto con i Comuni e le
Sovrintendenze. La conservazione, valorizzazione e
fruizione dei beni ambientali,
culturali, archeologici e dell’identità, è un’opportunità eccezionale per il lavoro giovanile e in primo luogo per la
Sardegna.
Le risorse finanziarie per il
Progetto Garanzia Giovani
sono disponibili e assegnate
dalla UE e dallo Stato, per il
potenziamento del Fondo
contro la povertà e per un
nuovo sistema regionale di sicurezza sociale. Si tratta di
razionalizzare quelle esistenti
e di integrarle con quote
disponibili del Fondo Sociale
Europeo. Relativamente al
Programma pluriennale per il
lavoro giovanile nei settori dei
beni culturali, ambientali,
archeologici e identitari la
copertura finanziaria può
benissimo arrivare dalle maggiori disponibilità in capo alla
revisione dei vincoli del patto
di stabilità.
anniversari
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200 anni dell’Arma
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uecento anni di storia intensa e fedele agli interessi dello Stato italiano;
duecento anni di presidio del territorio nazionale contro l’illegalità e
nel mantenimento dell’ordine pubblico. Il 13 luglio 1814, il re Vittorio
Emanuele I, con la promulgazione
delle Regie Patenti, istituisce il Corpo dei Carabinieri Reali. Viene nominato primo comandante generale
del Corpo il generale d’armata Giuseppe Thaon di Revel di S. Andrea,
che può disporre inizialmente di 27
ufficiali e 776 tra sott’ufficiali e truppa. Così comincia la storia dell’Arma dei Carabinieri, che in questi
duecento anni ha accompagnato le
vicende del nostro Paese.
In questi duecento anni, la storia
dei carabinieri, in Italia, si è intrecciata in modo significativo con la
storia stessa della Nazione, per la
quale essi sono presenza sentita e
significativa. Una presenza impegnata anzitutto nella difesa e nella
custodia: delle persone e dell’ordine pubblico, ma anche dell’ambiente e del patrimonio culturale; una
presenza competente nella ricerca,
con il lavoro di investigazione e
scoperta di contraffazioni e inquina-
Una presenza educativa fra i cittadini
menti; una presenza, educativa, per
il modello di promozione e cura
dell’uomo che essi incarnano e, allo stesso tempo, per l’attenzione
che non di rado pongono al recupero delle persone, anche dei criminali.
I Carabinieri sono sempre stati caratterizzati dalla loro presenza capillare sul territorio. Soprattutto nei
piccoli centri periferici, insieme alle
figure del farmacista e del parroco,
sono tradizionalmente considerati
un importante punto di riferimento
per la gente. A tutti è capitato di
constatare e affermare che i nostri
carabinieri lavorano ‘col cuore’. Essi hanno a cuore la persona umana,
la sua vita e la sua dignità, e la gente lo percepisce. Per il modo in cui
sono organizzati, attraverso le classiche ‘stazioni’, possono inoltre godere di una vicinanza peculiare e
privilegiata con i cittadini che si traduce in una vera e proprio condivisione del quotidiano, una partecipazione alla vita stessa della comunità nella quale sono inseriti. Ed è
proprio
questo
il
valore
aggiunto. In questi duecento anni
non sono mancati episodi di forte
testimonianza di generosità da par-
PREGHIERA PER L'ASSUNTA
Tu, Madre nostra dolcissima,
sei la donna vestita di sole, tu sei il segno grandioso,
tu sei la donna
che schiaccia la testa al serpente, nostro antico avversario,
tu sei Colei che tutte le generazioni
chiamano beata,
tu sei Colei nella quale l’Onnipotente fa grandi cose,
tu sei la benedetta fra le donne, tu sei Colei che ha creduto,
per tutte le generazioni,
nell’adempimento delle parole del Signore, tu sei Colei
che l’angelo saluta
come la piena di grazia,
perché hai trovato grazia presso Dio, e con te noi tutti,
tu sei Colei sulla quale
la potenza dell’Altissimo ha steso la sua ombra,
tu sei l’“eccomi” della collaborazione
al disegno di Dio,
il nostro “eccomi”,
affinché il sangue dell’Agnello
riscatti dal peccato uomini di ogni tribù, lingua, popolo e
nazione.
Noi, Chiesa in cammino,
ti riconosciamo e ti veneriamo
come Corredentrice,
come potente mediatrice presso il figlio tuo, il Signore
nostro,
come Madre di Dio,
del Verbo che si è fatto carne
ed è venuto ad abitare in mezzo a noi, e questa carne è
frutto
della tua carne e del tuo sangue, Maria.
Noi, piccola Chiesa,
ti lodiamo e ti invochiamo, Madre nostra,
di generazione in generazione.
te dei carabinieri, fino all’estremo
sacrificio della vita per la salvezza
altrui. La dedizione, il senso del dono di sé che pervade il servizio dei
carabinieri è ciò che conduce fino
al sacrificio, al dono della vita. Si
tratta di una testimonianza che può
essere eroica, ma di una logica di
cui non si fa fatica a scorgere le assonanze con il messaggio evangelico. È il messaggio dell’amore e di
una forza che dimostra, se non la
fede religiosa esplicita, quell’apertura al trascendente che è il cuore del
rapporto dell’uomo con Dio. D’altra
parte non è un caso che l’atto eroico più rappresentativo dell’Arma
dei Carabinieri, quello di Salvo
d’Acquisto, abbia meritato un processo di Beatificazione.
L’Arma ha scelto come Patrona la
Madre di Gesù, col titolo di “Virgo
fidelis”. La fedeltà, incarnata dall’Icona di Maria, è un messaggio forte per la cultura contemporanea.
Tale fedeltà si incarna oggi in due
grandi sfide che sono poi due valori fondanti il bene comune: da una
parte, c’è la fedeltà alla verità, un
valore che contrasta col relativismo
e il soggettivismo, con l’illegalità e
la menzogna; dall’altra parte, c’è il
Maria, Assunta in cielo, prega, prega per noi tutti,
per noi tuoi figli.
Prega, Maria, prega per le nostre famiglie, perché vivano
nella fede, nella speranza e nella carità,
prega per i nostri figli, perché crescano
sani, sapienti e santi, prega per i nostri anziani
perché non si sentano mai abbandonati,
prega per i nostri giovani, perché abbiano un futuro,
prega per il nostro lavoro, perché sia onesto,
e sempre aperto alla solidarietà, prega per chi soffre
nel corpo e nello spirito,
perché trovi sempre un cuore generoso e accogliente,
prega per tutti coloro
che non hanno casa,
prega per tutti coloro che non hanno lavoro, prega per gli
emarginati,
prega per tutti i poveri del mondo,
prega per tutti coloro che non hanno voce,
prega per la nostra società civile,
perché sia sempre più sensibile alle sofferenze fisiche e
spirituali di ogni uomo e
di ogni donna, prega per la città dell’uomo, prega per i
governanti,
perché servano il bene comune
e promuovano la realizzazione piena di ogni popolo e
nazione,
per quella pace che può sgorgare solo da un cuore
riconciliato con Dio e i fratelli, prega per i nostri peccati,
prega per il nostro egoismo,
prega per la nostra insensibilità, prega per la nostra superbia,
prega per le nostre effimere sicurezze,
prega per la nostra conversione.
O Maria, Madre nostra dolcissima,
Assunta in cielo,
sì, prega, prega il figlio tuo Gesù, affinché noi tutti
possiamo contemplare
al termine del nostro pellegrinaggio terreno e dopo aver
collaborato
valore del servizio, in un mondo
che ha dimenticato il senso del gratuito e che tende a scartare i deboli, gli ultimi, i piccoli: proprio coloro ai quali il servizio dei carabinieri
si rivolge primariamente. È ancora
fresco il ricordo delle migliaia di carabinieri presenti a Piazza S. Pietro
per l’udienza con Papa Francesco.
L’Arma ha sempre mantenuto un
rapporto costruttivo e dialogante
con la Chiesa Cattolica. E’ un’alleanza preziosa quella tra la Chiesa
e l’Arma, che può offrire tanto alla
società, in particolare per la crescita
della solidarietà, della giustizia, della pace. Soprattutto, però, non bisogna dimenticare che anche la Chiesa del mondo militare è Chiesa. Una
porzione di Chiesa nella quale insostituibile è il ministero sacerdotale
dei cappellani militari, presenza importante per il servizio dei carabinieri e per il loro cammino di fede,
come ha voluto sottolineare quel
giorno lo stesso Papa Francesco.
alla costruzione del Regno,
il volto del Signore nostro
e con te, primizia di noi redenti, vivere la beatitudine senza fine
dei cieli nuovi e della terra nuova.
O Maria, Assunta in cielo,
ascolta ora la nostra supplica,
la nostra povera ma fiduciosa preghiera. Sì, ascolta e mostrati a noi tutti
madre, Madre dolcissima,
fino al termine del nostro cammino.
Amen!
Don Sandro Serreri
Con approvazione ecclesiastica
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feste patronali
Anno XXII
n. 7
31 luglio
2014
Le bandelas
per la festa del Rimedio
a Nulvi
Nulvi
S. Antonio e la Madonna del rimedio
solo evento religioso
Mauro Tedde
nche l’ultima bandela della
festa patronale dell’Assunta
ha lasciato finalmente la
cappella nella quale viene custodita, facendo tirare un sospiro di sollievo alla comunità nulvese. Le
bandelas dell’Assunta, ovvero gli
stendardi che vengono annualmente affidati ai comitati che si prendono cura dei festeggiamenti relativi
alla grande festa patronale, a Nulvi
sono tre, una per ogni candeliere, e
rappresentano il gremio di appartenenza. Solo la bandela del candeliere degli agricoltori (sos messajos)
quest’anna era stata presa in consegna a suo tempo da un gruppo di
fedales e più precisamente dai coetanei nati nel 1974 che si sono riuniti in comitato per allestire i festeggiamenti. Le altre due, visto che
nessuno si era fatto avanti, sono state prese in consegna dai due gremi
dei portatori del candeliere degli artigiani (sos mastros) e, proprio nei
giorni scorsi, da quello dei pastori
(sos pastores). La tradizione quindi
A
sarà anche quest’anno rispettata e la
comunità nulvese si prepara a rinnovare secondo tradizione il suo
voto secolare alla Vergine Assunta,
che si concretizza ogni anno anche
con la grandiosa e spettacolare processione dei tre mastodontici ceri
votivi nella vigilia della festa, il 14 di
agosto. Gli effetti della sempre più
pressante crisi economica si fanno
sentire anche nelle tradizionali feste
religiose dei piccoli centri. Anche in
questi casi infatti sembra stia trovando applicazione la spending review e la politica del risparmio.
Questa’anno ad esempio a Nulvi le
due importanti feste religiose che
caratterizzavano il mese di giugno e
il mese di luglio, la festa di Sant’Antonio e la festa della Madonna del
Rimedio, sono state celebrate soltanto sotto l’aspetto religioso. Nessun intrattenimento serale quindi,
come è sempre avvenuto in passato, niente musica o spettacoli di
nessun genere. E niente “comitato”,
il gruppo di persone che ogni anno
si occupava degli aspetti organizzativi e logistici dell’evento. Anche i
più anziani stentano a ricordare una
situazione di questo genere soprattutto per quanto riguarda la festa
del Rimedio, antica ricorrenza religiosa legata ad un evento miracoloso verificatosi all’interno delle chiesa di Santa Tecla, dove Nostra Signora del Rimedio è la titolare di
uno degli altari laterali. Un evento
prodigioso accaduto il 25 aprile del
1652, quando in Sardegna infuriava
una terribile pestilenza. Una piccola
tela raffigurante la Madonna, ritrovata secondo un leggenda locale
sotto una campana nell’orto del
convento francescano, parlò ai fedeli raccolti in preghiera lanciando
un messaggio di speranza “Io sono
il vostro Rimedio, io sono la vostra
Salvezza”. E a Nulvi la peste cessò,
prima che altrove. Da questo evento prodigioso nacque a Nulvi un
profondo e secolare culto per la
Madonnina miracolosa “de Su Remediu”. “Forse nemmeno in tempo
di guerra è mai accaduto”- azzarda
qualche anziano del paese, che ricorda quanto la festa della prima
domenica di luglio fosse sentita dai
fedeli nulvesi e dai tantissimi pellegrini che arrivavano in paese per
l’occasione. La celebrazione solenne venne spostata appositamente a
luglio, dopo la mietitura, per consentire meglio lo svolgersi delle celebrazioni e dei festeggiamenti che
si protraevano per diversi giorni nel
grande patio antistante la chiesa
medievale, letteralmente invasa dai
fedeli. E la festa del Rimedio divenne seconda per solennità solo alla
grande festa patronale dell’Assunta.
Le celebrazioni religiose comunque
quest’anno non sono mancate anzi
hanno avuto quasi un sapore speciale. Dopo la novena, i vespri e la
messa solenne, alla processione del
bel simulacro della Madonna del Rimedio ha partecipato infatti una
grande folla di fedeli e soprattutto
tantissime bandelas delle altre feste
che si tengono in paese, che, oltre
a donare una stupenda nota di colore all’antico rito hanno contribuito a dare un segnale di grande affetto alla Madonnina miracolosa di
Nulvi e di unità, vicinanza e solidarietà all’interno della comunità.
Martis
San Pantaleo: un culto arrivato
con il monachesimo orientale
M. T.
S
Il miracolo di
San Pantaleo
abato 26 e domenica 27 luglio
Martis ha festeggiato San Pantaleo, patrono di questa antico centro dell’Anglona. A curare i
tradizionali festeggiamenti è annualmente un apposito comitato,
che quest’anno era costituito dai
fedales nati del 1970, che durante
l’anno hanno raccolto i fondi necessari per allestire le celebrazioni
religiose e civili. San Pantaleone di
Nicodemia, il cui culto è arrivato in
Sardegna con il monachesimo
orientale, era un medico e insieme
ai santi Cosma e Damiano è il protettore dei medici. Anche per questo da diversi anni il paese fa coincidere con la festa una donazione
di sangue (quest’anno risultata
davvero preziosa vista la grave carenza di sangue nell’isola) che si è
tenuta nella piazzetta del Comune
in collaborazione con l’Avis di Perfugas. Sabato pomeriggio sono stati celebrati i vespri solenni nella
chiesa parrocchiale di San Giuseppe. San Pantaleo è titolare a Martis
di una splendida chiesa risalente al
1300, in stile romanico gotico, che
purtroppo, nonostante vari interventi di restauro, è inagibile da diversi decenni. Da questa chiesa
proviene la grande tela raffigurante il “Miracolo di San Pantaleo”, datata 1595, opera del più importante pittore manierista sardo, Andrea
Lusso, che ora si può ammirare all’interno della nuova chiesa parrocchiale. Dopo i vespri, anche
questo per tradizione, è stato imbandito un grande rinfresco offerto
dal comitato. Domenica mattina,
alle 11, è partita dalla chiesa del
Rosario la solenne processione del
santo scortato da una folta schiera
di cavalieri e cavalli sino alla chiesa di San Giuseppe dove è stata celebrata la messa solenne con il panegirico curato da don Francesco
Tamponi. Il comitato quest’anno,
per i festeggiamenti serali, ha voluto puntare sulla musica etnica e
prima sabato e poi domenica, nella piazza San Giovanni, si sono tenuti i partecipati concerti dei “Cordas e Cannas” e dei “Tazenda” due
grandi ed apprezzate band del panorama musicale sardo.
feste patronali
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Perfugas
Grande festa per Santa Maria degli Angeli
Mauro Tedde
al 24 luglio e sino al 1 agosto si sta celebrando a Perfugas la novena della
grande festa di Santa Maria degli Angeli,
patrona di questa antica comunità. Venerdì 1
agosto, vigilia della festa, alle 18.30 si terranno i
vespri solenni in suo onore e sabato 2 agosto,
alle 10 del mattino, fra le vie del paese si snoderà la processione del bel simulacro della Madonna degli Angeli. Al termine sarà celebrata la
messa solenne officiata da don Mirco Barone e
da padre Emmanuele che sarà accompagnata
dai suggestivi canti del coro “Matteo Peru” di
Perfugas. Non mancheranno i festeggiamenti ci-
D
vili organizzati dal comitato 2014 in collaborazione con la locale Pro Loco e il Comune di Perfugas. Venerdì 1 agosto in piazza Mannu è previsto l’esilarante spettacolo del sempreverde comico sardo Benito Urgu, intitolato “Semplicemente numero 1”. Sempre in piazza Mannu sabato 2 agosto si terrà il concerto della band “Antan Project” . Uno spazio dedicato interamente ai
bambini invece domenica alle 18, con il mega
party fatto di giochi, trucchi e clown, mentre il
serata l’immancabile appuntamento con il canto
tradizionale isolano e più precisamente con le
voci dei cantadores Franco Denanni, Salvatorangelo Salis e Daniele Giallara, accompagnati
dalla chitarra di Bruno Maludrottu.
Laerru
Quando gli emigrati ritornavano per Santa Margherita
M. T.
A
nche la comunità laerrese ha celebrato
nei giorni scorsi la sua grande festa patronale di Santa Margherita. Una ricorrenza che proprio perché si tiene in piena
estate determina il ritorno in paese per l’occasione dei tanti emigrati che, in virtù di una
sorta di richiamo ancestrale, cercano di essere
presenti in questi giorni così carichi di ricordi
infantili e non solo. Sabato 19, alle 18,30, si è
tenuta la solenne processione delle bandiere
che dà praticamente il via alla festa. Domeni-
ca 20, alle 9,30, ha avuto inizio la processione per le vie del paese con il simulacro della
santa patrona, con le due tradizionali soste di
preghiera in piazza della Regione e in piazza
Santa Croce e che si è conclusa nella chiesa a
lei intitolata con la celebrazione della messa
solenne. Non sono mancati i festeggiamenti
civili e sempre domenica, sul palco allestito in
piazza della Vittoria, si è tenuto il concerto
dei Bertas, la storica band sassarese che ha
fatto ritorno a Laerru dopo qualche anno dalla sua ultima esibizione. Musica anche lunedì
21 con il fisarmonicista Marcello Lentinu che
ha fatto danzare giovani e
meno giovani.
Ma quest’anno
in concomitanza della festa
patronale è stato organizzato
da un apposito
comitato anche il “Palio di
Santa Margherita” una gara ippica riservata ai
cavalli di razza anglo-arabo-sarda che si è tenuta nel nuovissimo galoppatoio comunale di
“Bena e Traes”. E’ stata per moltissime persone
l’occasione per conoscere il moderno e funzionale impianto ippico realizzato recentemente
lungo la strada statale per Bulzi che, grazie alla
sua posizione strategica, potrebbe diventare un
punto di riferimento per tutti gli appassionati di
sport equestri del territorio.
l’attenzione alle persone
non va in vacanza
I
“
l tempo estivo non è
tempo di riposo per le
nostre comunità parrocchiali.
L’attenzione alle persone e
al popolo che il Signore ci
ha affidato non va ‘in vacanza’. E di questo, abbiamo testimonianza anche nel fiorire
di iniziative e feste che, partendo dalla fervida devozione popolare delle nostre terre, hanno poi una declinazione finalizzata a favorire
l’aggregazione e le relazioni
interpersonali”. Lo raccomandano i parroci delle zone costiere della Diocesi alle
comunità parrocchiali per
un’estate a misura d‘uomo:
“Non dimenticate gli ultimi!
Nelle organizzazioni, l’aspetto della solidarietà verso famiglie e persone bisognose
dei vostri territori sia posta
nettamente dinanzi ad altri
tipi di esigenze”.
Un invito poi alla sobrietà:
“Non esasperate la dimensione estetica e mondana
delle feste”.
Infine, è necessaria un’attenzione particolare alla “legalità”: “Quando l’iniziativa è
promossa dalla parrocchia,
ci sia massimo coinvolgimento dei Consigli pastorali
e dei Consigli affari economici.
Su questi temi non possono
esserci ‘appalti’ e ‘deleghe
in bianco’ affidate a singole
persone o famiglie. È inoltre
serio e doveroso tenere una
contabilità trasparente e
consultabile da tutti, perché
si sappia dove va a finire
ogni euro raccolto”.
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culto in sardegna
SARDEGNA E ANGELI BUONI
D. Marcello Stanzione
a molti anni durante l’estate mi reco nel
mese di agosto in Sardegna e precisamente a Palau nel nord dell’isola, poco
prima dell’inizio della splendida Costa Smeralda
per aiutare pastoralmente il parroco don Salvatore Matta che in questo periodo dell’anno grazie alla presenza massiccia di turisti necessità di
un coadiutore. Ovviamente interessandomi da
oltre vent’anni di diffondere la devozione cattolica agli angeli mi sono interessato pure di raccogliere un po’ di materiale sulle leggende sarde
che riguardano gli angeli e sul loro culto liturgico in questa meravigliosa isola. Il golfo di Cagliari è chiamato anche “Golfo degli Angeli”, a
motivo di una famosa leggenda che ha origine
D
con la formazione dell’isola della Sardegna. Infatti si narra che quando quest’isola stava emergendo dal mare, gli angeli la guardavano dal cielo, e rimasero entusiasti nel vederla così bella e
incantevole, come una perla preziosa nella sua
conchiglia. Gli angeli notarono anche che nella
parte meridionale dell’isola si era formato un
grande golfo, dove le onde spumeggianti del
mare si smorzavano e trovavano la loro quiete
naturale. Essi pensarono che un luogo così stupendo dovesse essere protetto da ogni eventuale sciagura proveniente dal cielo o dagli abissi
del mare, e chiesero a Dio creatore di fare da
sorveglianti a questo golfo per tenerlo lontano
da qualsiasi insidia e vegliare anche sugli uomini che avrebbero popolato quella terra. Avuto il
benestare da Dio, a stormi gli angeli scesero dal
cielo per presidiarlo. Tutti sapevano che il golfo
era protetto dagli angeli celesti e gli abitanti della zona vivevano beatamente. Ma il demonio
con le sue schiere di angeli decaduti aveva invidia di tanta pace e benessere in quel golfo, così
tentò una battaglia con gli angeli buoni e si scatenò un furioso scontro tra le forze del bene e
quelle del male. Il combattimento perdurava già
da molto tempo, e le sorti non sembravano favorevoli né all’uno né all’altro schieramento.
Quando un angioletto ebbe una santa ispirazione, e tracciò nel cielo il segno della croce. I demoni di fronte a quel segno sembravano aver
perso ogni vigore, così tutti gli altri angeli tracciarono nel cielo miriadi di croci, e i demoni, ormai impotenti e privi di forza, sprofondarono
nell’abisso del mare, dal quale emerse un enorme scoglio nero a forma di sella, che dalla spiaggia s’inoltra verso il largo e sembra ancora puntare verso il cielo. Quello scoglio ancora oggi è
chiamato La Sella del Diavolo, ed i naviganti
quando passano accanto ad esso, si fanno il segno della croce, come fecero gli angeli a difesa
del golfo. Sempre a Cagliari si tramanda la leggenda che riguarda sant’Efisio († inizio IV sec.),
cui è dedicata una chiesa, e viene festeggiato
con grande onore. Questi era un ufficiale dell’esercito imperiale romano e, quando si trovava in
viaggio sulla strada di Utticania (nei pressi di Napoli), ebbe in visione Gesù Cristo in persona
prigione. Efisio per grazia divina in carcere fu risanato miracolosamente da ogni segno di tortura. Davanti a questo miracolo, il viceprefetto
Flaiano lo fece gettare in una fornace ardente,
dalla quale Efisio uscì indenne, mentre le fiamme divorarono i sui carnefici. Efisio allora fu decapitato a Nora, sul capo di Pula e la fama del
suo martirio si diffuse in tutta la Sardegna, dove
è considerato uno dei santi protettori. La dottrina della Chiesa segue riguardo agli Angeli quanto dice la Sacra Scrittura, e insegna che Dio, oltre al mondo visibile, ha creato gli spiriti celesti
che servono Dio e l’uomo. Anche la dottrina dell’angelo custode, che ha il suo fondamento nella Bibbia, è accettata dalla Chiesa fin dall’antichità, benché non sia stata mai formalmente definita. Nell’Oriente il culto degli Angeli si sviluppò presto, e si ha conoscenza
di gruppi cristiani che li veChiesa di
neravano già nel secolo III.
S. Michele Arcangelo
a Siddi
In Occidente, nelle zone non
dominate dall’Impero bizantino, si diffuse invece tardi. Vi
si opposero infatti vescovi illustri, come S. Agostino di Ippona. Nel 476 il Concilio Lateranense riconobbe il culto
dei tre arcangeli Gabriele, Michele e Raffaele, che così poté diffondersi più agevolmente. Nel secolo X il culto degli
Angeli divenne generale per
l’influsso dei monaci grecobizantini. Poiché i culti dell’Africa romana influenzarono
la religiosità dei sardi è bene
ricordare che il nome degli
arcangeli appare attestato in
ritrovamenti epigrafici di
quella Provincia, benché non
numerosi, già del secolo VI.
In Sardegna il culto venne introdotto durante la dominazione bizantina e abbastanza
presto. Sugli altri prevalse
quello di S. Michele. Il culto
degli Arcangeli quindi è stato
(come l’apparizione a san Paolo sulla strada di introdotto in Sardegna nell’alto Medioevo, ma
Damasco), che lo nominò capitano della sua mi- quello degli Angeli Custodi risale al secolo XVII
lizia celeste, ossia fu rivestito del rango di ange- – XVIII. Nel Traité des études, che il Fleury publo e fu messo a capo di tutte le schiere angeli- blicò nel 1686 e venne conosciuto in Sardegna,
che, con lo scopo di diffondere nella parte occi- l’autore fa proteggere i bambini dagli angeli cudentale del mondo fino ad allora conosciuto il stodi. A Cagliari nel 1797 venne pubblicata la
Vangelo e far trionfare il Cristianesimo. Quando Novena degli Angeli Custodi composta in lingua
la visione scomparve Efisio si accorse di avere spagnola da un devoto religioso dei PP. Delle
una croce impressa miracolosamente nel palmo Scuole Pie di Sassari e tradotta in lingua toscana
della mano, come segno lasciato dalla presenza da uno dello stesso ordine. L’iconografia sarda
di Cristo. Dopo alcuni anni Efisio arrivò a Gaeta dell’Ottocento ha rappresentato con frequenza
e si recò da un orafo a cui chiese di preparargli un angelo che impedisce la pericolosa caduta di
una croce d’oro come quella che aveva impres- un bambino. Pio VII approvò la Confraternita casa nella mano, senza alcuna paura di essere ad- gliaritana in onore degli Angeli Custodi. Essa ha
ditato come cristiano e di esporsi alla persecu- sede nella chiesa di S. Giorgio vescovo. I conzione che in quel tempo imperversavano. Appe- fratelli vestono un abito bianco con cappetta viona l’orafo realizzò la croce, su di essa apparvero lacea, cordone bianco e placa con l’immagine
incisi tre nomi: Emmanuele, Gabriele e Michele. dell’Angelo Custode, e portano in processione il
L’orafo davanti a questo prodigio, rimase stupe- simulacro della Vergine Addolorata nel giorno
fatto e cercò di distruggere la croce, ma non vi della festa. V. G. Berchialla, futuro arcivescovo di
riuscì e si affrettò a consegnarla ad Efisio che Cagliari, nel 1870 pubblicò a Torino un libretto
gliela aveva commissionata, fornendogli spiega- dal titolo L’angelo custode. Racconti, descrizioni
zioni sulla presenza dei tre nomi, non certamen- ed affetti, che venne diffuso anche nell’arcidiote opera sua. Efisio si fece battezzare a Gaeta e cesi. Il Concilio Plenario Sardo, celebrato ad Orisi trasferì in Sardegna, prendendo dimora a Ca- stano dal 18 al 25 maggio 1924 raccomandò ai
gliari dove trascorse il resto della sua vita. Qui fedeli di praticare, tra le altre devozioni, quella
però il prefetto romano Giulsio della città, avvi- degli Angeli Custodi. Le chiese dedicate agli Ansato che Efisio era un cristiano, fece di tutto per geli Custodi sono in Sardegna tre, ma quella di
farlo abiurare, utilizzando ogni strumento di tor- Fluminimaggiore in origine era forse dedicata ad
tura, ma non vi riuscì per cui lo fece mettere in un arcangelo.
culto in sardegna
Festa: 2 ottobre. 3 chiese: Serramanna e Ussana
in Diocesi di Cagliari; Fluminimaggiore in Diocesi di Iglesias. Anche in Sardegna nel Medioevo vennero elevate numerose chiesette col titolo di S. Michele. Nel secolo IX ne esisteva una
a Cagliari. In essa l’arcivescovo Arsenio aveva
eretto un altare, del quale, il papa Leone IV,
scrivendo al vescovo Giovanni nell’850 circa,
ordinò la demolizione, come si è già detto, perché era stato elevato da un pastore considerato
eretico. A modelli bizantini del secolo IX, si rifaceva sicuramente l’alzato di una chiesetta dedicata a S. Michele a is Mortorius, località denominata comunemente Santu Miali dai pastori della zona. Diverse sono le chiese monumentali ancora oggi dedicate a S. Michele. Quella di Plaiano, nota come S. Miali de li Plani, sorge non lontano da Sassari, e fu donata nel 1082
a S. Maria di Pisa dal giudice di Torres Mariano
I e dal figlio Costantino. Sotto il controllo dell’Opera di S. Maria si provvide a costruire ex
novo l’impianto della chiesa, la cui aula fu prolungata quando l’abbazia venne affidata dalla
stessa Opera ai Camaldolesi di S. Zenone di Pisa (6 novembre 1116) in cambio di un tributo
annuo di cento soldi lucchesi. Di quel periodo
è anche la facciata, che però è stata molto rimaneggiata nell’ultimo restauro. Quindi il Capitolo pisano la cedette il 3 settembre 1127 ai Vallombrosani. Nel 1144 i beni della chiesa e dell’abbazia furono incorporati nella mensa dell’Arcivescovo di Torres. S. Michele di Salvenero,
nelle campagne di Ploaghe, venne costruita sul
luogo di una precedente chiesetta ad iniziare
dal 1110 circa, dai Benedettini di Vallombrosa.
Vicino sorgeva il paese oggi scomparso di Salvenor o San Venero. La chiesa, che sarebbe stata costruita, stando al Fara, dal giudice Mariano
I tra il 1065 e il 1082, è ricordata in una bolla
pontificia del 1138 come sede abbaziale dipendente da Vallombrosa. Il monastero non esiste
più e la chiesa è stata molto rimaneggiata nel
corso dei secoli perdendo gran parte del suo
aspetto originario romanico arcaico e toscano.
Ricordo ancora la romanica S. Michele di Murusas, tra Sassari e Porto Torres presso Li Punti,
che era la parrocchiale del villaggio oggi scomparso di Murusas ricordato nel condaghe di S.
Pietro di Silki. S. Michele di Siddi, costruita nel
XIII secolo in stile romanico, è la più piccola
chiesa a due navate della Sardegna e si ispira
alla vicina chiesa di S. Pietro di Villamar. All’inizio del II Millennio esisteva la chiesa di S. Michele di Banari che nel secolo XII fu donata ai
Camaldolesi. Tra le chiese a noi più vicine nel
tempo, sono quelle di Cagliari, di Alghero e di
Sassari. La prima è stata costruita sul finire del
secolo XVII con i mezzi lasciati in eredità da
Francescangelo Dessì, morto a Cagliari nel 1674
e tumulato nella stessa chiesa. Contiguo all’edificio sacro c’è l’Ospedale militare che in origine
e fino al 1848 anno in cui furono cacciati i gesuiti, era la Casa del Noviziato dei figli di S.
Ignazio di Loyola. La prima pietra di quella di
Alghero e, insieme, del Collegio dei Gesuiti fu
benedetta nel 1589, ma i lavori ebbero termine
nel 1675 sotto la direzione di Domenico Spotorno. Sul luogo esisteva prima un’altra chiesa.
Secondo Renata Serra, il S. Michele di Alghero
corrisponde bene ai dettami che l’Ordine impartiva da Roma. La chiesa di S. Michele di Sassari venne eretta durante il dominio austriaco,
tra il 1708 e il 1717, ed era in origine intitolata
a S. Gavino. Sorge nella piazza della cattedrale
di S. Nicola. Il nome dell’Arcangelo viene ripetuto in numerosissimi toponimi ed è stato dato
alla Grotta di S. Michele in territorio di Ozieri,
una delle grotte sepolcrali sarde più importanti
e forse chiesa nell’età paleocristiana. Le varie
forme medioevali del nome si ritrovano nei
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n. 7
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condaghi. Miale è presente nel Condaghe di S.
Maria di Bonarcado ai nn. 73, 89, 124, 157 ecc.;
Micael nel CSNT ai nn. 23, 31, 66, ecc.; Micali
nel CSNT ai nn. 9, 216, 248; Migali nel CSPS ai
nn. 35, 43, 92, 147, 245, 298, 4000.
Festa: 29 settembre. Festa nello stesso giorno ad
Alghero, Aritzo, Banari, Barisardo, Bitti, Collinas,
Esterzili, Gonnostramatza, Irgoli, Milis, Nurri, Ollolai, Posada, San Vero Milis, Siddi, Silì, Sorradile, Tadasuni, Talana, Villasalto; a Sagama il 24
marzo e l’ultima domenica di settembre; a Luogosanto il primo maggio; a Silì il 6 maggio; a
Ghilarza, Luras e Monti la seconda domenica di
maggio; a Padru di Buddusò e a S. Teresa di Gallura il secondo lunedì di maggio; ad Arzachena
l’11 maggio; a Berchidda nella seconda quindicina di maggio; a Irgoli il 24 maggio e la seconda
domenica di ottobre; ad Aritzo l’8 maggio; a Dolianova la prima domenica di settembre.
Chiese oggi: 46; Diocesi di Ales: Collinas (patrono), Gonnostramatza (patrono), Siddi; Diocesi di
Alghero-Bosa: Alghero, Lei, Sagama, Sedilo (ruderi), Tadasuni; Diocesi di Iglesias: Iglesias; Diocesi di Lanusei: Esterzili, Talana, Villanova, Strisaili; Diocesi di Nuoro: Bitti, Irgoli Ollolai, Orgosolo, Posada, Sarule; Diocesi di Oristano: Aritzo
(patrono), Ghilarza, Milis, Neoneli, San Vero Milis, Sorradile; Diocesi di Ozieri: Berchidda, Bono
(patrono), Monti, Padru (frazione di Buddusò),
Pattada; Diocesi di Sassari: Banari, Ploaghe (Salvenero), Sassari (quattro chiese: la prima nel territorio della parrocchia della Cattedrale, la seconda in quello del Cuore Immacolato, la terza
è S. Michele di Plaiano, la quarta a Li Punti, Musuras); Diocesi di Tempio-Ampurias: Arzachena,
Luogosanto, Olbia (S. Angelo), San Pantaleo
(Bucchitoltu), San Pasquale (Liscia), Tarrapadedda (fraz. di Trinità d’Agultu).
Dell’Arcangelo Raffaele si parla ampiamente nel
libro di Tobia. Due ebrei della diaspora, Tobi e
Sara, vissuti nel secolo VIII – VII a. C., incorsero
in una sorta dolorosa e furono colpiti da gravi
tribolazioni. Dio mandò in loro aiuto l’angelo
Raffaele che liberò il vecchio Tobi dalla cecità e
la giovane Sara dall’influsso demoniaco. Alla fine Sara poté sposare Tobia, figlio di Tobi. Nel
racconto abbondano i tratti meravigliosi e la presenza di Raffaele è come una visione. Per mezzo di lui Dio comunica con gli uomini che gli sono fedeli. L’angelo si mette al servizio di un’intera famiglia assumendo forma umana, e diventa
accompagnatore di viaggio, guaritore, mediatore
di matrimonio, intercessore. Quando la felicità ritorna nella famiglia di Tobi, Raffaele sparisce in
ALLURA
&AGNGLONA
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modo improvviso. San Gregorio magno scrisse:
“Raffaele significa Medicina di Dio. Egli infatti
toccò gli occhi di Tobi, quasi in atto di medicarli, e dissipò le tenebre della sua cecità. Fu giusto
dunque che venisse chiamato Medicina di Dio
colui che venne inviato a operare guarigioni”. La
pietà cristiana si rivolge a Raffaele per ottenere
la protezione nei viaggi e nei pericoli e la guarigione in certe malattie. Interessante tra le chiese
dedicate all’arcangelo Raffaele è quella che sorge a qualche chilometro da Ghilarza, presso il
fiume Tirso, ed è detta di S. Serafino. Appartiene
agli inizi del secolo XIV, ma di quell’antica costruzione restano solo avanzi del prospetto e dei
fianchi. In una cappella della chiesa di S. Mauro
a Cagliari è esposto alla venerazione il simulacro
di S. Raffaele scolpito da G. A. Lonis con altre
quattro statuette che raffigurano gli arcangeli nominati nei libri apocrifi del Vecchio Testamento,
cioè Uriele, Barachiele, Sealtiele e Iehudiele. Festa: liturgica con Michele e Gabriele il 29 settembre. Festa popolare il 24 ottobre, ma a Sindia la
terza domenica di Pasqua.
Chiese oggi: 5; Diocesi di Cagliari: Villasimius
(patrono); Diocesi di Iglesias: Is Urigus frazione
di S. Giovanni Suergiu (patrono, Fluminimaggiore (detta dell’Angelo Custode); Diocesi di
Oristano: Ghilarza, Tonara (patrono).
Riguardo invece al terzo arcangelo notiamo che
la solennità di San Gabriele, separata dalla celebrazione dell’Annunciazione, ha avuto inizio
soltanto nel secolo X. Nel 1921 il papa Benedetto XV ne ha esteso la festa a tutta la Chiesa.
I Greci lo chiamavano propilaios, che significa
“posto davanti alla porta” per custodirla. Insieme con San Michele è venerato come guardiano
delle chiese. E’ patrono dei corrieri e dei portalettere. Tra le chiese sarde, quella di Sagama è
ricca di tele di grande valore e di una bellissima
statua dell’Arcangelo nell’atto di salutare la Vergine, attribuita a Nino Pisano. Di un certo interesse artistico è la parrocchiale di Cheremule.
Festa: 24 marzo; a Sagama anche il 28 ottobre
(festa della consacrazione della chiesa). Festa
popolare a Neoneli il primo lunedì di agosto; il
2 – 3 agosto a Tonara; il primo settembre a Villanova Strisaili.
Nel nuovo calendario liturgico della Chiesa latina i tre Arcangeli sono ricordati insieme il 29 settembre. Chiese oggi: 6; Diocesi di Alghero – Bosa: Sagama (patrono); Diocesi di Lanusei: Villagrande Strisaili (patrono); Diocesi di Nuoro: Olzai; Diocesi di Oristano: Neoneli, Tonara (patrono); Diocesi di Sassari: Cheremule (patrono).
Chiesa
S. Gabriele Arcangelo
di Tonara
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ALLURA
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la maddalena
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La Maddalena
ritornano le statue degli evangelisti
nella facciata della chiesa
M
ercoledì 16 luglio, sono state posizionate nella facciata della chiesa di S. Maria
Maddalena le statue dei quattro evangelisti. È un evento storico per la nostra comunità. Dalla costruzione della chiesa, duecento
anni fa, le statue non ci sono mai state nelle nicchie. C’erano anticamente delle sagome in ferro,
piatte, rappresentanti i quattro evangelisti. I più
anziani le ricordano. Poi nel 1952 fu prolungata
la chiesa di 8 metri e fu modificata la facciata.
Nel 1994 fu riportata al disegno originale. Ma le
nicchie rimasero vuote. Il sindaco Serra, fece fare delle bozze da alcuni artisti. Alcuni proponevano le statue in marmo, altri in bronzo ma c’erano inconvenienti ed il prezzo era molto alto.
Anche la parrocchia consultò diversi artisti sardi
e del continente che mandarono i disegni ma
non erano soddisfacenti. Il sindaco Comiti ci teneva alle statue della facciata e stanziò alcuni
anni fa 50 mila euro. Ma non si riusciva a partire. Finalmente ci fu un accordo tra il Comune e
l’ufficio dei Beni Culturali della diocesi diretto
da don Francesco Tamponi che è anche direttore dell’Ufficio Regionale Beni Culturali. In occasione del bicentenario della chiesa di S. Maria
Maddalena, Comune e Ufficio Beni Culturali
della diocesi hanno stanziato una somma per le
statue, ma anche per eliminare le infiltrazioni di
umido nella chiesa, imbiancarla dentro e fuori e
rifare le finestre. Si è affidata la direzione dei lavori all’Ufficio Beni culturali per rendere più
agevole il cammino. Il primo obiettivo è stato
raggiunto col posizionamento delle statue che
sono state inaugurate lunedì 21 luglio, vigilia
della festa di S. Maria Maddalena. Gli altri lavori di risanamento si faranno dopo l’estate. Le statue dei quattro evangelisti sono in polvere di
marmo che resiste anche a particolari sollecita-
zioni perché contiene della resina. Sono presentate con i simboli ecclesiastici: il leone per S.
Marco, l’uomo per S. Matteo, (in questo caso un
bambino), il vitello per S. Luca, l’aquila per S.
Giovanni. I simboli degli esseri viventi più nobili di cui si parla nell’Apocalisse. L’artista è il
sig. Desole Corrado di Sassari. Sono costate circa 50.000 euro.
Anche la memoria della Madonna del Carmelo
è stata celebrata con solennità poiché a La Maddalena la devozione alla Madonna del Carmelo
è molto forte. Anche nel nostro museo c’è una
bellissima statua della Madonna del Carmelo.
Alla fine della Messa il parroco ha benedetto
dei piccoli “scapolari” devozionali che ha distribuito ai fedeli.
• Domenica 13 c’è stata a Tempio in Cattedrale la
professione solenne di Suor Angela Orunesu, giovane suora cresciuta a La Maddalena e di altre sette suore della Congregazione di Gesù Crocifisso
fondata dal maddalenino Padre Salvatore Vico e
da madre Maddalena Brigaglia. La Messa presieduta dal vescovo Mons. Sanguinetti è stata concelebrata da Mons. Atzei, Mons. Meloni e Mons.
Morfino. Il vescovo nell’omelia ha detto che “è un
dono quello di seguire Cristo nei consigli evangelici di povertà, castità e obbedienza. È una prospettiva che apre a Dio e ai fratelli, all’eterno più
che all’effimero, agli altri più che a se stessi, con
la fatica di scelte contro corrente. Siate collaboratrici del divino Seminatore ha detto alle suore professe. La Chiesa cresce per testimonianza ed attrazione non per proselitismo. Svegliate il mondo
alla fraternità, all’amore e alla pace“. La madre generale Suor Feliciana Moro ha espresso la sua
gioia e riconoscenza a Dio per le giovani suore,
ha ricordato la figura del fondatore Padre Vico e
il suo invito frequente: “Viva la gioia”.
• Continua nella chiesa parrocchiale, in occasione del bicentenario,
una sistemazione più ordinata dei
simboli religiosi. All’entrata presso
l’acquasantiera, una scheda presenta
la storia della chiesa, un’altra descrive ciò che c’è nel presbiterio. È stato portato in chiesa il quadro originale della Trinità. Sotto la teca contenente le reliquie di alcuni santi sono stati scritti in maniera leggibile i
nomi dei santi. La statua di S. Silverio, patrono dei Ponzesi, è stata collocata nella cappella di S. Erasmo,
Facciata della chiesa
con le statue dei quattro
evangelisti
Suor Angela e Suor Aurora Orunesu
con don Domenico
devozione pure questa proveniente dalla Campania. Al posto della Madonna dormiente è stato posto il Cristo morto con la Madonna addolorata, là dove era anticamente. La statua della
Madonna Assunta è stata collocata al posto della Madonna di Fatima perché l’assunzione è il
culmine della vita della Beata Vergine e perché
c’è stata sempre a La Maddalena tanta devozione all’Assunta. Un vecchio confessionale è stato eliminato e siamo in attesa di un dipinto del
‘700, appena restaurato, appartenente al periodo di fondazione della chiesa parrocchiale. Tra
qualche giorno nelle varie cappelle verranno
posizionati dei leggii descrittivi.
Grido di speranza
Spettacolo di musica, canto, danza, balletto sardo nel Bicentenario
dell’edificazione della Chiesa Parrocchiale di Santa Maria Maddalena
D.D.
V
enerdì 25 luglio 2014, nel piazzale
della Chiesa, la Joy Band, composta
da don Alberto Guevara e più, ha
proposto al pubblico “Grido di Speranza”,
spettacolo di musica, canto, danza e balletto sardo per celebrare il Bicentenario (18142014) della edificazione della Chiesa Parrocchiale di Santa Maria Maddalena. La Band è
stata affiancata da bambini, giovani e gruppi corali di adulti, a rappresentare con la loro presenza e i loro canti la Famiglia Cristiana Intergenerazionale, che, anche in momenti di crisi, non solo economica, ma anche di valori, sa reagire con fede ed elevare
un grido di speranza alle generazioni future.
Lo spettacolo, presentato da Lorenzo Impagliazzo e dalla giovane Sara Pinna, ha visto
l’alternarsi di brani musicali, rielaborati o
composti da don Alberto, momenti di danza
ottocentesca, proposti dalla Compagnia Tersicore, la Danza Pivé: “Arcobaleno di speranza“, offerta dal Gruppo di bambini diretti dalle giovani maestre di ballo Elisa ed Alice, e l’esibizione in musica e balletto sardo
di sei bambini del Gruppo Folk di Galtellì.
Un ringraziamento particolare va, da parte
dell’ organizzazione, all’Assessore alla Cultura, sig. Gianvincenzo Belli e al Comitato Festeggiamenti Classe ‘64, che ha curato l’aspetto logistico dello spettacolo.
la maddalena
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2014
ALLURA
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la Maddalena, solenne concelebrazione con tre Vescovi
Il parroco ha donato umanità e credibilità alla chiesa isolana
Claudio Ronchi
l capolavoro storico-culturale del vicario urbano e parroco don Domenico Degortes è
stato quello di aver avuto - nella celebrazione
della festa patronale di Santa Maria Maddalena e
dei 200 anni dall’erezione della chiesa parrocchiale a lei dedicata - la contemporanea presenza del vescovo di Ajaccio “primate” della Corsica
mons. Oliver de Germay e dell’ordinario militare
per l’Italia mons. Marcianò, a sottolineare, insieme al vescovo della Gallura, dell’Anglona e di
Ozieri mons. Sebastiano Sanguinetti, radici e storia della comunità, cristiana e non, maddalenina.
Una presenza, quella sull’altare, di queste tre figure, di per sé icona e testimonianza di valori oggi magari poco considerati da molti, ma che assumono grande significato in una prospettiva storica e, se vogliamo, profetica, per la comunità isolana. Mica una cosa da poco. L’altro capolavoro
di don Degortes, che in 15 anni da “parroco” ha
donato umanità e credibilità alla chiesa isolana, è
stato quello, dopo 200 anni appunto, di aver
completato la chiesa voluta ed edificata, col contributo del lavoro e degli oboli della popolazione,
dall’ammiraglio Des Geneys, fondatore della Marina Sarda poi diventata Italiana, e dell’arma dai
I
Carabinieri. Le origini corse della comunità, la
presenza militare che l’ha sviluppata, il forte legame col resto della Sardegna: Mica cosa da poco … Nell’abside e in processione, il 22 luglio
scorso, a celebrare, c’erano una trentina tra preti e diaconi. Gli altri parroci e sacerdoti della città (don Domanski, don Pilotto, don Piras, don
Guevara e don Tumminello), mentre la nostra
Diocesi era rappresentata anche dal vicario
mons. Andrea Raffatellu e da altri presbiteri. Col
vescovo della Corsica c’era anche l’ajaccino don
Roger Poggi, e la Marina Militare era presente anche col cappellano attuale e con don Rino De
Paola che a Maddalena fu negli anni scorsi. La
pattuglia di preti isolani, aperta da don Paolo Piras era completata da don Roberto Aversano e da
fra Massimo Terrazzoni, e dall’anziano monsignor-arcivescovo Carlo Curis, spiritualmente presente. C’era anche, tra gli altri, don Alessando Piga, qui viceparroco diversi
anni fa. Hanno partecipato
alla Messa e alla Processione
a terra e a mare il sindaco
Comiti con alcuni assessori,
il presidente del Consiglio
Comunale Bargone, il comandante del Presidio Mili-
“Profondo legame tra la comunità
maddalenina e la santa patrona
Maria Maddalena prima testimone del Signore Risorto
C. R.
I
“
l Bicentenario rappresenta l’orgoglio di una storia e di un patrimonio di fede, di cultura, di
identità di questa comunità maddalenina” ha affermato ad inizio di omelia
il vescovo mons. Sebastiano Sanguinetti. “Storia e patrimonio da custodire, da attualizzare, da calare nell’oggi
della vita di questa comunità, e da tramandare alle nuove generazioni, come i vostri padri hanno fatto nei vostri
confronti”. I quattro Evangelisti, piazzati sulla facciata della chiesa, “non
sono stati collocati soltanto per riempire il vuoto di quelle nicchie, per dar
loro dignità architettonica, ma, posti
all’ingresso di questa Chiesa, dicono
su cosa si fonda la nostra fede, qual è
il fondamento della Chiesa, la Parola,
il Verbo, la Parola fatta Carne. Un Bicentenario “di intimo e profondo legame tra la comunità maddalenina, di
cui porta il nome, e la sua Santa Patrona, che le è guida come anche
maestra di vita. Maria Maddalena prima testimone e prima apostola del Signore Risorto. Ma la fede” ha proseguito il vescovo Sanguinetti “non è solo atto ed esperienza di vita individuale, la fede si riceve, si vive, si trasmette in una comunità, in un contesto di condivisione con i propri fratelli. Il grande padre della chiesa, San Cipriano, diceva, che ‘non si può avere
Dio come padre chi non ha la Chiesa
come madre’; dunque Chiesa-Madre,
questo grembo che ci nutre, che ci fa
nascere nella fede, che ci accompagna verso la maturità cristiana, nella
quale noi facciamo esperienza viva
della paternità di Dio”. La festa patronale dunque, ha ancora affermato il
vescovo, è occasione per rafforzare la
nostra fede ma anche per radicare ancor di più la nostra appartenenza ecclesiale, per essere e sentirci Chiesa
unita e missionaria, come ci ricorda
Papa Francesco, “Chiesa in uscita, che
non si accontenta di rimanere chiusa
nel suo cerchio, nella sua cittadella”,
ma Chiesa che va dove c’è l’uomo assetato, “che condivide con l’uomo la
sorte, i dolori, le gioie”. Alla Preghiera dei Fedeli si era pregato “per tutti
coloro che sono in difficoltà, per i malati, per gli anziani, per i disoccupati”,
come anche “per le tutte le famiglie
maddalenine, “quelle unite nell’amore
e quelle segnate dalla divisione”; “per
i turisti che ci allietano della loro presenza e con noi onorano la Santa Patrona”, “per la città di Ajaccio gemellata con La Maddalena, perché l’amicizia e la collaborazione tra le due città e le due isole, Corsica e Sardegna,
divenga sempre più fruttuosa, ricca di
scambi e feconda di iniziative”, “per
Papa Francesco, per il vescovo Sebastiano, per mons. Olivier, vescovo di
Ajaccio, per mons. Santo, ordinario
militare, per il concittadino mons. Curis, nunzio apostolico nel 67° anniversario della sua prima Messa”, “per il
sindaco e gli amministratori, e per i
responsabili dei vari enti civili e militari presenti nell’Isola”; per tutti coloro che hanno partecipato “con fede
alla festa di Santa Maria Maddalena,
perché col suo esempio e la sua intercessione possano seguire Cristo anche sotto la croce, servirlo ed annunciarlo ai fratelli”.
tare Gabrini, della Capitaneria di Porto Alessandro Petri, e i rappresentanti di altri enti militari
nonché il sindaco di Luogosanto Scampuddu e
il vice sindaco di Palau Vasello. Non c’erano né
il parroco né il sindaco di Palau. Ad animare e
solennizzare la celebrazione sono state le musiche e i canti liturgici del Coro Santa Cecilia diretto dal maestro Luigi Macciocu. La statua in
processione a terra e a mare è stata portata dalla Classe 1964 del Comitato Festeggiamenti (una
cinquantina le barche suggestivamente illuminate), onorata da fuochi d’artificio “da bicentenario” e, novità assoluta ideata dal presidente
Pirredda, da una applaudita imponente cascata
di luci al momento del rientro in chiesa. Tra i
presenti un nutrito gruppo di giovani suore che
prestano servizio a Roma, presso l’Ordinariato
Militare, e i gruppi in costume di Orune, Luogosanto e La Maddalena.
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ALLURA
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vita diocesana
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Dove c’è l’amore arriva la speranza
un’esperienza nel carcere di Nuchis
Il coro Gospel, le insegnanti, i genitori
entro il Carcere di Nuchis, sicuramente, si respira un’altra aria rispetto alle
diverse e terribili realtà carcerarie sparse nella penisola, ma resta comunque un luogo di detenzione. Un interessante progetto vede coinvolte più parti: il coro Gospel di Telti,
la classe quinta della Scuola Elementare del IV
circolo di via Vignola e la classe 2I della Scuola Media Inferiore A.Diaz di Isticadeddu entrambe di Olbia. I lavori i cui titoli sono, rispettivamente, “Il seme che era un fiore...e
non un’erbaccia” e “Dove c’è l’amore arriva la
speranza”Hanno avuto come obiettivo principale quello di guardare oltre” e provare ad abbattere le barriere spesso più robuste di quelle carcerarie costituite dai nostri pregiudizi,
luoghi comuni, falsi pietismi,giustizia vendicativa ecc. Nel carcere di Nuchis, in tanti studiano, si diplomano, amano il canto,la musica,
suonano degli strumenti, costruiscono oggetti... provano a vivere. Alcuni insegnanti, alla
presenza di un piccolo gruppo di genitori sensibili e attenti, hanno presentato agli ospiti del
carcere, i lavori fatti dai loro alunni, che nelle
ore scolastiche hanno riflettuto sulla realtà carceraria attraverso uno strumento che le stesse
persone detenute, hanno fornito loro: un libro
D
il cui titolo un pò ironico fa sorridere “Tu chiamale se vuoi...evasioni”. Il libro contiene i racconti di vita e le poesie di molti di loro; pagine ricche di umanità, tenerezza, bisogno d’amore che hanno toccato i cuori dei bambini.
All’interno della biblioteca carceraria si è vissuto un momento di grande intensità emotiva;
i disegni e le riflessioni-poesie raccolte in un
cd e il cartellone con pensieri e immagini realizzati dagli alunni, ci danno testimonianza ancora una volta di quanto i bambini siano molto più “grandi di noi”, la loro capacità inconsapevole di aprirci quelle porte che noi adulti
teniamo chiuse, a volte volutamente, a volte
per ignoranza. Gli adulti presenti (volontari,
educatori, persone detenute, insegnanti, guardie carcerarie) in un misto di gioia e commozione, hanno condiviso pensieri, desiderio di
capire di più su una realtà che spesso viene
socialmente rimossa, e il proposito di percorrere un pezzo di cammino insieme. La Dott.ssa
Carla Ciavarella, direttrice del carcere di Nuchis, promuove di frequente eventi di vario tipo che permettono di rendere la struttura carceraria come parte del territorio e non un‘isola lontana dalla realtà circostante. Credere fermamente in una giustizia che tende al recupero delle persone e della loro dignità è il proposito di questa direttrice che mette in pratica
Un anno fa la dipartita di Mons. Spettu
Santino Cimino
È
già passato un anno da quando Mons.
Efisio Spettu, sacerdote cagliaritano, ma
ben conosciuto nel clero sardo, ha concluso la sua esistenza terrena. Nell’imperscrutabile disegno della sua provvidenza, il
Signore lo ha chiamato a sè in una ricorrenza
importante e credo significativa per don Efisio,
il 14 luglio, giorno in cui la Chiesa celebra la
memoria liturgica di un gigante della pastorale
sanitaria, San Camillo de Lellis. E proprio in
questo versante della pastorale don Spettu ha
speso parte della sua vita, accompagnando
con amorevoli cure tante persone, bambini,
giovani e anziani nel loro lungo e misterioso
viaggio della sofferenza. Era un appassionato
degli ammalati, incontrati negli ospedali, specialmente nell’oncologico dove è stato per anni cappellano, ma anche in altre strutture sanitarie e nel santuario di Lourdes, disponibile
sempre all’ascolto dei loro problemi, delle
loro attese, donando con spirito di grande
umanità un messaggio di fiducia e di speranza. I sofferenti li portava nel cuore, affidandoli
quotidianamente alle mani Maria, per la quale
nutriva una chiara e sincera devozione. Il ricordo più nitido è inevitabilmente legato agli
anni del Seminario Regionale, quando don
Spettu, nell’onerosa mansione di Rettore, ha
guidato la comunità dei futuri presbiteri condividendone le gioie e le fatiche. Già ultrasessantenne non rinunciava ai momenti di svago,
specialmente alle partite di calcio dove, con
grinta ed entusiasmo, sfidava gli avversari alla pari di un giovane e dinamico atleta. Ma la
partita più impegnativa e coinvolgente don
Efisio l’ha giocata nel vasto campo della sofferenza, vivendo a contatto con le membra
deboli della chiesa, esercitando in modo
avveduto il ministero della consolazione,
intessendo anche con le famiglie degli am-
malati un rapporto di amicizia e di solidarietà.
Quella sofferenza che ha evangelizzato e di
cui si è fatto compagno di viaggio, l’ha poi incontrata nella sua vita, accettandola serenamente e accogliendola come una nuova chiamata al servizio del Regno. Don Efisio spesso
amava ripetere che le prime persone ad accoglierci in paradiso sono i poveri e i sofferenti che abbiamo aiutato. Lui ne ha raggiunti
ed assistiti tanti e siamo pertanto fiduciosi che
dal cielo continuerà ad essere vicino con l’affetto e la preghiera a quanti ancora portano
scolpiti i segni dell’umana sofferenza.
D. Efisio Spettu
ciò che dice il nostro sistema giudiziario. In
questo modo si favorisce la fuoriuscita di quei
talenti che per molti ospiti del carcere, sono rimasti inespressi e nascosti per molto tempo.
Le Dirigenti delle Scuola Elementare del IV circolo e della Scuola Media A.Diaz Isticadeddu
di Olbia, la dott. Francesca Demuro e la
dott.ssa Fiorella Ricciardi, hanno accolto la
proposta dei loro insegnanti e permesso e favorito la realizzazione di questo progetto che
ambisce a continuare per il prossimo anno.
Francesco, l’autore di una delle poesie raccolte nel libro, dice di sentirsi come Diogene che
con una lanterna cerca l’uomo. Ecco, pensiamo che questa sia la cosa più importante: mettersi al ricerca di sè stessi fino a ritrovarsi, perdonarsi e ri-alzarsi. Vale per tutti, dietro e fuori le sbarre. Ciò di cui tutti abbiamo immensamente bisogno è l’incontro con l’altro.
POESIA IN MEMORIA
DEL BEATO GIUSEPPE MONSERRATO,
frate francescano castellanese morto in concetto
di santità il 3 agosto del 1716
LU BIADDU IUSEPPU
Calteddu di lu tempu passaddu,
un ommu speciali ci ha lassaddu,
lu cjammavani lu biaddu Iuseppu
di boni radigi e singulari ceppu.
Indussadu aia l’abiddu francilcanu,
lu Crucifissu tinia sempri in manu,
l’abbaidava cun cara amurosa
e lu multrava a la ienti bisugnosa.
Boni e santi erani li sò parauli,
è viriddai, no sò fauli,
sanava l’animi adduluraddi
illu cunventu di li fraddi.
La molti soia aia profetizzaddu,
la di tre di aoltu era ‘lpiraddu,
dendi a li fraddeddi pagi e binidizioni,
a ca lu salutava un sintimentu di frizioni.
Li caltiddani no l’hani dimintiggaddu,
la terra pigliavani da undi era suttarraddu,
pa passalla illu colpu sufferenti
e intindissi ienti gaudenti.
A videllu in paradisu
di lu biaddu Iuseppu lu visu,
cun tutti l’agnuli e li santi
e caltiddani tanti e tanti.
Santino Cimino
Interno della
Cattedrale di
Castelsardo
dai paesi
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Luras, la nuova Pro Loco parte con il botto
successo per la sagra della zuppa
V
enerdì 18 luglio, le vie di Luras si sono
riempite di migliaia di turisti e visitatori
che hanno accolto l’invito della Pro loco
e del Gruppo Folk del paese. “La Sagra della
Zuppa”, infatti è andata in archivio con successo. La serata è scivolata via con il giusto mix di
cultura, tradizioni e gastronomia. I soci della rinata Pro loco hanno iniziato il loro percorso rispolverando una manifestazione che veniva fatta in paese diversi anni fa. Dalle 19, via Nazio-
nale e piazza Curiedda hanno visto passare nelle bancate all’aperto, oltre 1200 persone che
hanno potuto gustare il menù a base di zuppa
lurese, formaggio, pane, amaretti e vino nebbiolo. Il tutto allietato dalla fisarmonica di Lorenzo Satta che ha fatto ballare tutti fino a tarda notte. Durante la manifestazione ha fatto il
suo debutto con il nuovo costume i “Gruppo
Folk” di Luras che ha sfilato tra gli appalusi della gente, presentandosi e regalando qualche
ALLURA
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esibizione, così come ha fatto, apprezzato, il
coro “Su Bubugnulu”. Per tutta via Nazionale,
inoltre, le associazioni del paese si sono presentate con un proprio stand. “Siamo soddisfatti dell’ottima riuscita della nostra prima manifestazione - ha commentato il presidente della
Pro loco, Domenico Scanu - siamo, inoltre, contenti che la gente abbia apprezzato la nostra
zuppa e che si sia divertita in piazza anche a
ballare”. Il nuovo gruppo della Pro loco ha lavorato attivamente ed in poco tempo per organizzare il proprio primo evento. Per il futuro si
preannunciano diverse manifestazioni in paese.
I soci sono circa 120.
La ricca estate di Badesi: lo spettacolo del mare
Sebastiano Depperu
on solo mare a Badesi, una delle località turistiche più belle ed apprezzate
del Nord Sardegna. C’è anche tanto impegno per offrire ai vacanzieri (e non solo)
un’estate davvero spettacolare. E ricca di eventi. “L’Estate Badesana 2014” è iniziata da oltre
un mese con diversi appuntamenti di successo, organizzata dall’amministrazione comunale
in collaborazione con le diverse associazioni
che operano in paese. Sono tanti gli eventi che
allieteranno questa estate. Uno degli eventi
più attesi è quello musicale che prevede l’arrivo di Enzo Favata con il suggestivo momento
dei tramonti di musica sulle bocche con il sassofonista sardo farà sognare il pubblico che risponde sempre numero al suo richiamo (20
agosto). Tra gli ospiti già transitati a Badesi, c’è
anche Capitan Ventosa. Il popolare inivato di
“Striscia la Notizia” ha proposto uno show assieme alla sua “V band”, offerto dal comitato
della festa patronale “Sacro Cuore di Gesù”
(classi 73/83) in collaborazione con il Comune
di Badesi. Tra gli appuntamenti più attesi la
notte dei calici di stelle (10 agosto), il Carnevale Estivo (13 agosto) Le serate, che si svolgeranno con frequenza ravvicinata, sono iniziate la prima settimana di luglio e si protrarranno fine a settembre. In un calendario che si
rispetti non potevamo mancare le sagre e le
manifestazioni culinarie ed enogastronimiche
per la promozione del territorio e dei suoi prodotti. Ecco così che arriveranno: “Sagra della
zuppa gallurese” (8 agosto), “Sagra della maz-
Carnevale estivo a Badesi
N
za frissa” (12 agosto), “Sagra del vitellone arrosto” (19 agosto). Il settore turistico è quello
principale per la nostra economia - dice il primo cittadino Toni Stangoni - l’amministrazione, grazie alla collaborazione delle associazioni e delle società sportive sempre presenti, è
riuscita, con poche risorse, ad organizzare un
calendario di serate che spaziano dalla cultura
all’enogastronomia, dalla musica al puro divertimento con manifestazioni che hanno una
tradizione ultra 25ennale come il carnevale
estivo. Speriamo di aver centrato l’obiettivo e
Monti
on line il primo sito sul santuario
di San Paolo eremita
Pigi Sini
D
a martedì 15 luglio su internet è possibile visitare il nuovo sito dedicato al
santuario di San Paolo eremita. Nato e
curato da un’idea del parroco di Monti don
Pierluigi Sini, il sito dedicato a san Paolo eremita è il primo in assoluto nella storia. Cliccando su www.sanpaolodimonti.it vi è la possibilità di poter accedere alla pagina web che
permette di visitare il sito che è in grado di fornire delle preziose informazioni sulla storia del
santuario, del santo e sul programma della festa del prossimo agosto. Elaborato tecnicamente e magistralmente dal buddusoino Giuseppe
Seu, presidente della Coperativa Liber, il sito offre la possibilità di poter navigare da ogni angolo del pianeta, visualizzando delle pagine
che sono utili per conoscere e per recepire delle notizie sul santuario che è meta di pellegrinaggi da gruppi provenienti dalla Sardegna ed
in modo particolare dalla gallura e dal nuorese.
Le bellissime foto pubblicate nel sito sono del
repertorio di un progetto dell’istituto comprensorio di Monti e quelle più recenti del fotografo Dante Pantani di Olbia. Suggestivo e interessante la pubblicazione sul sito dell’antica
pergamena custodita gelosamente nell’archivio
parrocchiale di Monti. Da una traduzione datata 12 dicembre 1940, di mons. Mercati, della Suprema Suprema Santa Congregazione del Santo Offizio di Roma, scrivendo all’allora parroco
di Monti mons. Giommaria Casu, viene affermato con assoluta certezza che la chiesa dedicata al culto a San Paolo è stata consacrata dal
vescovo di Bisarcio mons. Marzocco tra il 1342
e il 1348. Nel sito non mancano delle informazioni utili sul dinamico e ospitale paese di Monti che offre la possibilità di poter visitare i siti
web della confraternita parrocchiale di San Gavino, della pro loco, della cantina del vermentino e del comune di Monti.
di far divertire e star bene turisti e residenti in
questa stagione”. Soddisfatto anche l’assessore
al turismo e cultura: “Siamo contenti del lavoro di programmazione svolto dal Comune in
collaborazione con tutte le associazioni - spiega Francesco Addis - che, ci tengo a sottolineare, sono molto attive anche durante tutto
l’anno. Abbiamo cercato di soddisfare le diverse esigenze delle varie fasce di età. Inoltre,
particolare attenzione si è rivolta verso le produzioni enogastronomiche locali, punto di forza della nostra offerta turistica”.
Perfugas
un modo originale per
valorizzare i prodotti
agricoli
N
el tempo dei Fast-Food e dei cibi preconfezionati, questo è un ritorno alle origini:
proporre cibi genuini, prodotti nel territorio a Km zero. Nell’ambito del progetto per l’attivazione del mercato del contadino “Ortalijas” nel
comune di Perfugas, con l’obiettivo di favorire la
vendita diretta di prodotti agricoli del territorio da
parte dei produttori locali, è stata realizzata una
interessante iniziativa intitolata: “Ortalijas, tra rivisitazione storica, buon cibo e musica”. La domenica 27 luglio, l’orto botanico di Perfugas (in
Via San Filippo) è stato animato, alla sera, con le
attività ludico-ricreative proposte da Sa Rundine
(tiro con l’arco, scheggiatura della selce per la preparazione delle frecce come si faceva in epoca nuragica), con il mercato contadino Ortalijas e il menu a km zero (preparato con gli ottimi prodotti del
territorio), e animato dal gruppo musicale dei
Swing Brosse System.
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convegno
Lo stato maggiore dell’ANacli a Calangianus per un convegno
l’allevamento del bovino da carne in
Sardegna tra sfide e opportunità
Pietro Zannoni
alangianus. Ieri una componente della
realtà economica ai piedi del Limbara era
l’allevamento bovino. Gli antichi stazzi
erano al centro di questa economia. Oggi si prosegue su quella strada: si allevano razze scelte
in realtà chiamate aziende agricole e gli allevatori nostrani di capi bovini, di razza Limousine e
Charolais, sono diventati negli ultimi anni una
vera forza non solo a livello locale. La prova che
nelle loro aziende passano le vie dello sviluppo
degli allevamenti bovini in Sardegna l’ha data
l’Associazione nazionale delle razze bovine Charolaise e Limousine che per la prima volta ha
voluto riunire il suo stato maggiore a Calangianus. L’occasione gliel‘ha fornita il convegno
“L’allevamento del bovino da carne in Sardegna
tra sfide e opportunità” inserito all’interno delle
manifestazioni della 13a Sagra del bovino che si
svolge ogni estate. “Siete una terra che ha allevatori con gran professionalità, e passione, grande il valore genetico dei capi allevati e tanti sacrifici avete fatto” Questa l’apertura di Roberto
Nocentini presidente nazionale Anacli ma ha subito aggiunto: “La politica, ieri ed oggi, però deve porsi qualche domanda: perché in Italia importiamo nel 2013 un milione e mezzo di vitelli
da ristallo dall’estero? Eppure il nostro allevamento potrebbe essere intensificato. Allevare
nei pascoli all’aperto è un grande aiuto a che la
vostra terra sia curata e non abbandonata. Occorrono però fondi per migliorare i pascoli, per
C
le recinzioni, per le strade, per gli abbeveratoi.
In campo nazionale siamo una bella forza con
27000 capi Limousine e 6000 Charrolais. Marco
Asara, gallurese, del consiglio nazionale Anacli
è interrogato dalle sedie vuote in aula. Ci spronano a perseverare e lavorare perché il fiato per
gridare è finito. Ma occorrono nuove soluzioni.
Prendiamo coscienza che siamo un valore immenso per il territorio gallurese ma serve progettualità; e non dimentichiamo che in altre zone in Italia ci sono esempi positivi. Stiamo attenti che non ci sfugga di mano tanta competenza; ciò che conta è la qualità e noi l’bbiamo”.
Emanuele Villa (direttore ANacli), ha parlato di
cantiere ANacli, della strategia più idonea per
garantire la valorizzazione economica del territorio basata sull’allevamento del bovino da carne. “E non dimentichiamo che all’allevamento di
razze altamente selezionate (Limousine e Charolaise) si aggiunge la consistente popolazione
di razze locali (razza sarda, sardo modicana,
bruno–sarda), che può essere migliorata e valorizzata, anche grazie al prezioso apporto che
proprio la Limousine e la Charolaise potrebbero
offrire”. Walter Pinna, del dipartimento di Agraria dell’Università di Sassari, ha segnalato che
serve conoscere i fattori di debolezza e delle
quattro filiere (razza sarda, sardo modicana,
bruno–sarda) di cui tre sono estremamente deboli e serve migliorarle grazie al prezioso apporto degli incroci con Limousine e Charolaise.
Marino Contu (direttore dell’Associazione regionale allevatori della Sardegna) ha auspicato di
riavere i finanziamenti per i produttori maschi
per migliorare le razze autoctone. Domenico
Bacciu (direttore del servizio di Sanità animale
della Asl di Olbia) ha parlato del ruolo che l’Asl
nel comparto spesso si è vista come parte contraria invece è un aiuto al settore. Michele Filigheddu, presidente Associazione allevatori Gallura Limousine e Charolaise, ha presentato le
difficoltà degli allevatori a partecipare alle mostre nazionali per i costi del trasporto e ringrazia
i comuni galluresi per il contributo dato. Poi in
finale interventi di Luca Saba della Coldiretti:
“insistere sulla filiera Italia”. Luca Sanna, Confagricoltura: “si deve chiudere il ciclo produttivo
in Sardegna con una filiera completa. Che i vitelli rimangano qui e siano ingrassati e macellati”. La conclusione è stata affidata al presidente
Nocentini: “E’ importante tenere sotto controllo
gli allevamenti; il valore genetico è importante
per lo sviluppo della nostra realtà di capi Charolaise e limousine, ma bisogna riuscire a migliorare le razze autoctone”. Il giorno dopo c’è
stata una visita ad un pool di allevamenti bovini Charolaise e Limousine del nord Sardegna.
Tante belle e partecipate sagre non scongiurano la crisi
P.Z.
C
alangianus. Per la crisi del settore sughero e per quella crisi che ha investito tutto
e tutti , Calangianus dovrebbe, specie d’estate, boccheggiare nella noia, vivere nell’inedia
e trascorrere i mesi estivi nel riandare con rimpianto ai floridi anni, dove, ma guarda che contraddizione, di vivacità sotto ogni aspetto non ce
n’era. Magari ben consapevoli che i cortili erano
colmi di sughero ed i magazzini di merce da
vendere, nessuno aveva tempo per organizzare
qualcosa di diverso. Ci si lamentava, tutto scorreva e poi un certo risveglio sociale avveniva
con le feste patronali di settembre. Oggi invece,
tempo di crisi, è un fiorire di sagre e di iniziative per cui non passa fine settimana che non ci
siano manifestazioni che coinvolgano molte persone e aiutino a crescere nell’autostima. Anche
se qualcuno inizia a mugugnare “ma siamo diventati un paese di sagre?” La realtà è che ci sono migliaia di visitatori ogni volta. Una fiumana
di persone che dà una scossa a tutto. Si è iniziato con due sagre fondamentali: la Sagra del bovino (13 edizioni) e la Paranza (8 edizione) che
la fanno da padrone. I giovani si lanciano, quelli di mezza età hanno una vitalità ammirevole, si
diffonde un esteso volontariato perché ogni sagra richiede tempo e fatica, si organizzano menù (una sera pesce, l’altra sera la miglior carne
dell’isola) e momenti di convivenza apprezzatissimi dai turisti che aumentano sempre più ogni
anno che passa. Tutto all’insegna della tipica
ospitalità gallurese e poi all’intorno un fiorire di
piccole iniziative che sollecitano l’estro degli artigiani, degli artisti, degli agricoltori, delle varie
cantine vinicole che presentano i loro prodotti
agli ospiti. Si sono inventate le notti bianche, si
valorizzano i centri storici e poi altre serate mo-
vimentate dalle macchine d’epoca, dalla festa della birra, da manifestazioni sportive. Ai primi di
agosto due novità in assoluto: il Festival internazionale del folklore, e il giorno dopo, la Giornata del tappo di sughero. Per l’occasione, come alla sagra del bovino, di mattina un altro convegno,
(aspetti tecnici, economici, turistici e culturali del
sughero) presente l’assessore regionale al turismo
prof. Morandi. Poi per i turisti pranzo in sughereta ove si estrae il sughero. Seguirà nel pomeriggio nel chiostro dell’ex convento una degustazione di vini. Mica è finita. Sempre nell’ex chiostro cappuccino si terrà una giornata di Time Jazz
per il 13 agosto ed anche qui ci saranno degli
stands con prodotti locali e ciò che ne consegue.
A fine agosto, e ci fermiamo sicuri che abbiamo
dimenticato qualcosa, la Festa dell’agliola nel boschetto delle Grazie. Qui c’è una novità fra le sagre. Alle ore 11 la messa celebrata nel santuario
da don Umberto che vuole ai piedi dell’altare il
bel gruppo dei giovani promotori. Poi altre tavolate, ma i turisti sono rari. Insomma con tante feste, sagre ed appuntamenti che vogliono valorizzare la realtà calangianese, è insita una domanda:
quale la sagra o la festa più partecipata? Sagre e
modi conviviali che sanno di strapaese, ma è tutto un fenomeno sempre più appariscente che
mostra che i costumi cambiano ed alla fine spingono i nostri paesi a curare di più l’estetica e l’arredo urbano. A vedere sagre così affollate e vivaci non si direbbe, però, che i nostri paesi di
Gallura siano in crisi. Solo che quando angoli e
vie riprendono la loro vita normale, tavolate,
danze nelle piazze, notti bianche, tutto sembra
essere stato un sogno dell’estate che se ne è andata. Il solito brontolone in piazza del Popolo ci
dice: “Pietro, sagre tante, ma la crisi c’è e resta”.
E capiamo che non è solo la crisi di una economia che tarda a riprendersi.
libri
Anno XXII
n. 7
31 luglio
2014
ALLURA
&AGNGLONA
15
Una esperienza pastorale
Lanfranco Ligas
Q
uando si tratta di scelte che partono dal
Vangelo, non basta compierle liberamente, ma occorre conquistarle dentro
un lungo percorso, pagando il prezzo che ogni
passaggio spirituale comporta. Così afferma don
Giuseppe nella presentazione del suo nuovo libro “Una esperienza pastorale”. Non è il racconto asettico di una vita o di una comune esperienza sacerdotale, ma il cammino sofferto di
un‘anima che si confronta con tutti i dubbi e le
difficoltà che nascono nel suo intimo per le motivazioni di tutte quelle decisioni, quelle scelte
che lo hanno portato a un traguardo cui non
può e non vuole rinunciare perché alla base di
tutto c‘è l‘unica ragione della sua vita: Gesù è
Lui lo specchio di fronte al quale don Giuseppe
misura le sue esperienze passate e attuali ed
esamina se il suo modo di agire è in sintonia
con la vita di Gesù è’ la storia di un travaglio intimo, forse non ancora completamente risolto,
soprattutto dopo la decisione sofferta anche se
voluta, di dare, ottantenne, una sterzata alla propria vita con una scelta di povertà: una rinuncia
ai privilegi ed al prestigio che gli derivavano
dalla cura di una parrocchia che lui aveva reso
dinamica e vitale. Il libro, a prima vista, può
sembrare antologico, frammentato, ma un unico
filo conduttore lega questi frammenti che sono
esperienze di vita e soprattutto di pensiero, che
rispecchiano una vicenda personale tutta improntata con generosità e direi anche con allegria a quella scelta giovanile che don Giuseppe
ha mantenuto sempre viva nel corso della sua
vita, con una volontà evidentemente sorretta da
una grazia fuori dalle comuni possibilità umane.
“Non posso tornare indietro dal cammino intrapreso“ dichiara a un certo punto. Certo ha
avuto dei dubbi, delle incertezze, si è fatto delle
domande ma ha sempre trovato le risposte nella contemplazione della vita di Gesù. Noi laici
qualche volta siamo portati a pensare che il sacerdote non possa avere dubbi, pentimenti,
voglia di tirarsi indietro, di mollare tutto: invece
dal libro traspare tutta intera la difficoltà delle
scelte, la richiesta di aiuto nella preghiera e la
risposta che egli si da nella fede per colmare il
vuoto di aridità che qualche volta lo ha attanagliato. La prima parte del libro, che è la più
corposa, si conclude lasciando intravedere il
sollievo di don Giuseppe che dopo tanto
travaglio intimo è finalmente conscio di aver
trovato la giustificazione, il chiarimento a tutte
le sue perplessità. E‘ arrivato all‘approdo, alla
certezza di aver fatto le scelte giuste, e anche
noi che, pur nei rimpianti lo leggiamo, abbiamo
la stessa certezza e sappiamo che è giusto così.
Com‘è nello stile di don Giuseppe, la scrittura
del libro è molto scorrevole e avvincente, per la
capacità di captare e descrivere i sentimenti di
chi lo avvicina e l‘ascolto partecipante alle sofferenze di chi gli si rivolge per averne conforto.
Quasi per voler mitigare con la bellezza della
natura i passaggi del racconto più travagliati, da
vero artista com‘egli è, non trascura mai di collocare gli avvenimenti di cui scrive, in una cornice di affreschi naturali: il cielo, il mare, i monti, le atmosfere. E‘ così anche nella seconda
parte del libro: don Giuseppe mette a nudo la
sua capacità di artista e poeta oltre che la sua
ricchezza spirituale. Non posso citare le tante
pagine che nella lettura ci toccano, ma certamente i primi due capitoli della seconda parte,
da questo punto di vista sono esemplari. Il pri-
Un mondo di disuguaglianze
oltre due miliardi di persone in condizioni di povertà
O
ltre due miliardi e duecento milioni di
persone nel mondo vivono in condizioni di povertà o rischiano di ricadervi. Si tratta di un numero che in futuro potrebbe aumentare a causa delle crisi finanziarie e delle sempre più frequenti catastrofi naturali. Occorrono dunque nuovi piani di assi-
stenza e maggiori aiuti per far fronte alle
emergenze ed evitare l’aumento delle disuguaglianze tra i popoli e le nazioni. È questa
la diagnosi che emerge dal rapporto 2014 del
Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (Unpd). L’Undp stima che i poveri siano
con certezza un miliardo e mezzo ripartiti in
91 Paesi; ottocento milioni di persone si trovano invece sulla soglia della povertà. Oltre
due miliardi di persone vivono quindi con l’equivalente di 1,25 dollari al giorno. Il documento annovera, tra le cause della povertà e
della miseria, anche l’andamento dei prezzi
delle derrate alimentari e le atrocità commesse dei conflitti armati.
Un DVD sull’alluvione Cleopatra
A
rzachena. L’assessore dell’Ambiente
Donatella Spano ha partecipato a
#18Undici, l’iniziativa benefica presentata nella sala convegni delle tenute delle Vigne Surrau, avviata da un gruppo di giornalisti
per l’alluvione che ha colpito la Sardegna lo
scorso 18 novembre (Ciclone Cleopatra), e che
consentirà di avviare una raccolta fondi per
opere di ricostruzione. “Siamo consapevoli, oltre che della tragedia, anche della portata dei
danni materiali per i privati, ha dichiarato l’esponente della giunta Pigliaru, stiamo perciò
lavorando a stretto contatto con i nostri rappresentanti in Parlamento per rendere possibile un accesso al prestito agevolato, che consenta cioè una proroga dei pagamenti senza
interessi. Vogliamo farlo inserendo il nostro
caso nei provvedimenti dello Stato a favore
delle popolazioni dell’Emilia Romagna. E mi
impegno personalmente per un disegno di legge che permetta ai privati di ricevere trasferimenti direttamente dalla Regione”. L’Assessore
ha voluto ringraziare i giornalisti e gli operatori delle diverse testate, i grafici, i montatori
e i musicisti del progetto, la Caritas e gli sponsor dell’iniziativa. “Tra le tante manifestazioni
di professionalità e solidarietà che la Sardegna
fortunatamente può vantare, ci tengo a dire
grazie a tutti i professionisti dell’informazione
che hanno realizzato questo lavoro con grande generosità e passione. Il dvd, ha concluso,
rappresenta, inoltre, una testimonianza importante sul dramma e un monito per vigilare sulle scelte ambientali di oggi e di domani”.
mo “ Quiete della sera “ e il secondo “ Eucaristia “ sono pagine di una liricità e profondità
commoventi. Da esse traspare tutta la sensibilità
poetica e spirituale dell‘ autore ed è impossibile
sottrarsi al fascino di queste parole. E tutto
nell‘insieme, dice don Giuseppe, è un tentativo
di andare al di là di ciò che si può vedere e toccare, per cogliere almeno un frammento del
mistero che ci avvolge da ogni parte.
Papa Francesco: in fila alla
mensa del Vaticano
V
isita a sorpresa di Papa Francesco alla
mensa del Vaticano, dove pranzano i
dipendenti della Santa Sede. Il Papa si è
presentato come un normale avventore mettendosi in fila. Ai microfoni di Radio Vaticana
lo chef della mensa, Franco Paìni, ha raccontato che il Pontefice “come il più umile degli
operai, si è presentato qui, ha preso il suo vassoio, le posatine, ha fatto la fila e l’abbiamo
servito. Ha mangiato la pasta in bianco e il
merluzzo. È stato benissimo: è stato circondato dalla sua grande famiglia… è stato benissimo! Ci siamo presentati, ci ha chiesto come
stessimo, ci ha chiesto come lavoriamo, ci ha
fatto i complimenti… è stato benissimo”. Paìni
ammette: “Io sono ancora emozionato”. Alla fine, il Papa “ci ha dato la benedizione, si è fatto le foto insieme a noi ed è andato via. È stato un’oretta!”. Questa visita “è stata una sorpresa! Proprio un fulmine a ciel sereno! E chi
se l’aspettava! Il Papa che viene a mangiare da
noi?! Eh… Siamo stati tutti presi ‘in contropiede’, però è stata una delle più grandi soddisfazioni che ti possono capitare”.
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ALLURA
&AGNGLONA
attualità
Anno XXII
n. 7
31 luglio
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XXI SESSIONE SPECIALE DEL CONSIGLIO PER I DIRITTI UMANI
INTerVeNTo Dell’ArcIVeScoVo SIlVANo ToMASI,
oSSerVATore PerMANeNTe DellA SANTA SeDe PreSSo l’uFFIcIo
Delle NAZIoNI uNITe e ISTITuZIoNI SPecIAlIZZATe A GINeVrA*
la voce della ragione sommersa dal fragore delle armi Signor Presidente,
mentre continua a crescere il numero di persone uccise, ferite, sradicate dalle proprie case nel
conflitto tra Israele e alcuni gruppi palestinesi,
particolarmente nella Striscia di Gaza, la voce
della ragione sembra venire sommersa dal fragore delle armi. La violenza non porterà a nulla, né ora né in futuro. Le ingiustizie perpetrate
e la violazione dei diritti umani, in special modo il diritto alla vita e a vivere in pace e sicurezza, gettano nuovi semi di odio e risentimento. Si sta consolidando una cultura della violenza, i cui frutti sono la distruzione e la morte. A
lungo andare, non potranno esserci vincitori
nell’attuale tragedia, soltanto ulteriori sofferenze. La maggior parte delle vittime è costituita da
civili che, per la legge umanitaria internazionale, dovrebbero essere protetti. Le Nazioni Unite
stimano che circa il settanta per cento dei palestinesi uccisi è costituito da civili innocenti. Ciò
è intollerabile quanto i missili lanciati indiscriminatamente contro bersagli civili in Israele. Le
coscienze sono paralizzate da un clima di prolungata violenza che cerca di imporre una soluzione attraverso l’annientamento dell’altro. Demonizzare gli altri, però, non elimina i loro diritti. Al contrario, la via verso il futuro risiede nel
riconoscere la nostra umanità comune.Durante
il suo pellegrinaggio in Terra Santa, Papa
Francesco ha chiesto che si ponga fine alla pre-
sente, inaccettabile, situazione del conflitto
israelo-palestinese (Discorso di Papa Francesco
a Betlemme, 25 maggio 2014). «Per il bene di
tutti», ha affermato, «si raddoppino dunque gli
sforzi e le iniziative volte a creare le condizioni
di una pace stabile, basata sulla giustizia, sul riconoscimento dei diritti di ciascuno e sulla reciproca sicurezza. È giunto il momento per tutti di
avere il coraggio della generosità e della creatività al servizio del bene, il coraggio della pace,
che poggia sul riconoscimento da parte di tutti
del diritto di due Stati a esistere e a godere di
pace e sicurezza entro confini internazionalmente riconosciuti» (Ibid). La legittima aspirazione alla sicurezza, da una parte, e a condizioni di vita decenti, dall’altra, con libero accesso a
mezzi di sussistenza quali medicinali, acqua e
lavoro, per esempio, riflette un diritto umano
fondamentale, senza il quale è molto difficile
conservare la pace.Il peggioramento della situazione a Gaza ci ricorda di continuo quanto sia
necessario arrivare a un cessate il fuoco immediato e dare inizio a negoziati per una pace duratura. «La pace porterà con sé innumerevoli benefici per i popoli di questa regione e per il
mondo intero», ha aggiunto Papa Francesco.
«Occorre dunque incamminarsi risolutamente
verso di essa, anche rinunciando ognuno a
qualche cosa». Spetta alla comunità internazionale intraprendere con zelo la ricerca della pa-
Per fare un vescovo
A colloquio con il cardinale Ouellet
U
omo di preghiera, di annuncio, di testimonianza.
Ma soprattutto «pastore con
l’odore delle pecore, cioè vicino alla gente». È questa la figura del vescovo che emerge dall’insegnamento di Papa Francesco, il quale
— sottolinea in questa intervista al
nostro giornale il cardinale Marc
Ouellet, prefetto della Congregazione per i vescovi — non ha «la
pretesa di dire cose nuove» ma ha
«il dono di mettere in luce con
maggior forza quegli aspetti irrinunciabili» che costituiscono il
cuore della missione episcopale. È
possibile tracciare un identikit del
vescovo secondo le indicazioni di
Papa Francesco? Credo proprio di
sì. Ai rappresentanti pontifici convocati a Roma l’anno scorso, il
Pontefice ha detto che non ha la
pretesa di dire cose nuove. Ha però il dono di mettere in luce con
maggior forza quegli aspetti irrinunciabili che, nel nostro caso, costituiscono l’identità del vescovo.
Incontrando la Congregazione per
i vescovi, nel febbraio scorso, ha
specificato alcuni tratti della figura
dei vescovi quali testimoni del Risorto, kerigmatici, oranti e pastori.
Spesso Papa Francesco fa uso di
immagini che colpiscono e veicolano con immediatezza il suo pensiero. Quali in particolare? Per
esempio, ha detto che il vescovo
deve essere un pastore con l’odore
delle pecore, cioè vicino alla gente. Questo è il primo criterio indicato dal Papa per la scelta dei candidati all’episcopato. Inoltre, che
non abbia una psicologia da «principe»,
ma sia padre e fratello, mite, misericordioso e, soprattutto,
paziente. Un altro lineamento identitario
è che il vescovo viva
da sposo di una Chiesa, senza essere in
costante ricerca di
un’altra, così da spendersi senza calcoli
umani per il popolo
che gli è affidato.
ce e aiutare le parti di questo orribile conflitto a
raggiungere un accordo al fine di porre fine alla violenza e di guardare al futuro con reciproca fiducia.Signor Presidente, la Delegazione della Santa Sede reitera il suo punto di vista che la
violenza non paga mai. La violenza porterà soltanto altre sofferenze, devastazione e morte, e
impedirà che la pace divenga realtà. La strategia
di violenza può essere contagiosa e diventare
incontrollabile. Per combattere la violenza e le
sue conseguenze dannose dobbiamo evitare di
abituarci alle uccisioni. In un momento in cui la
brutalità è pratica comune e le violazioni dei diritti umani sono onnipresenti, non dobbiamo diventare indifferenti ma reagire in modo concreto per ridurre il conflitto che riguarda tutti noi. I
media dovrebbero riportare in maniera giusta e
priva di pregiudizi la tragedia di tutti coloro che
soffrono a causa del conflitto, al fine di facilitare
lo sviluppo di un dialogo imparziale che riconosca i diritti di tutti, rispetti le giuste preoccupazioni della comunità internazionale e tragga beneficio dalla solidarietà della comunità internazionale nel sostenere uno sforzo serio per ottenere la pace. Con un occhio al futuro, il circolo
vizioso di ritorsioni e rappresaglie deve cessare.
Con la violenza, uomini e donne continueranno
a vivere da avversari o da nemici, ma con la pace potranno vivere da fratelli e sorelle (Papa
Francesco, Giardini Vaticani, 8 giugno 2014).
concordia, il relitto della nave ormeggiato a Genova
Gabrielli: “Missione compiuta”
L
a Concordia è arrivata in porto
a Genova al termine del suo
ultimo viaggio. Il relitto di Costa Concordia è giunto alla fine della diga Foranea nel porto di VoltriPrà ed è iniziato l’ormeggio. Gli ormeggiatori hanno messo a terra i cavi e poi li hanno collegati alle diciotto bitte rinforzate presenti in
banchina. L’operazione di ormeggio
rappresenta la fine della fase di trasferimento del relitto. La Concordia
verrà ormeggiata a 13 nuove bitte
doppie, montate in banchina proprio per rendere sicuro il relitto.
“Missione compiuta non è più ora
della scaramanzia”, ha detto il responsabile della Protezione Civile,
Franco Gabrielli. “Vorrei che questo
Paese fosse un Paese normale, nel
modo di approcciarsi ai temi ambientali - ha aggiunto Gabrielli -. C’è
una cosa che mi ha dato un po’ di
fastidio: noi abbiamo fatto uno sforzo pazzesco nel tentativo di salvaguardare la matrice ambientale. Oggi sembra che il controllo lo abbiano fatto Greenpeace e Legambiente”. “A me sembra invece che lo abbiano fatto le Arpa, l’Istituto superiore di sanità e altri enti pubblici ha spiegato Gabrielli - Se qualcuno
si è fatto la gita in barca e poi diventa il tutore dell’ambiente, va bene. Allora magari rivolgiamo maggiore attenzione a tutti i problemi
ambientali di questo Paese”. E’ bello essere arrivati qui, è bello aver
terminato il lavoro”, ha detto il sudafricano Nick Sloane il salvage master di Concordia. E’ stata Una
“grande sfida” con una “squadra eccezionale” ha aggiunto il salvage
master. “Tutto è stato svolto alla perfezione. Adesso me ne andrò a casa
a stare con la mia famiglia.
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GALLURA - Diocesi di Tempio – Ampurias