Prefazione
Roberto Speziale – Presidente Nazionale Anffas Onlus
Il Presidente Nazionale di Anffas
dice che questa agenda è dedicata ai fratelli e le sorelle.
I fratelli e le sorelle sono molto importanti
per le famiglie e per le associazioni come Anffas.
Anffas vuole dare sempre maggiore attenzione
alle persone con disabilità intellettiva
e ai loro fratelli e sorelle.
Abbiamo voluto dedicare quest’edizione della nostra Agenda associativa ad un tema
importante sul quale Anffas ha deciso di impegnarsi attivamente: i fratelli e le sorelle.
Sentiamo infatti l’esigenza di dare attenzione ad un argomento troppo spesso trascurato
ed invece, a nostro avviso, centrale sia dal punto di vista delle dinamiche familiari, della
crescita delle persone, delle ricadute sociali, culturali ed esistenziali, sia dal punto di
vista della valorizzazione di risorse importanti per il movimento delle persone con
disabilità e delle loro famiglie, che pure a volte non hanno il giusto spazio.
La nostra Associazione è fatta di famiglie, ed all’interno delle nostre famiglie non
possiamo dimenticare o trascurare il ruolo e l’importanza dei fratelli: sono componenti
essenziali delle nostre vite, delle nostre esperienze, dei nostri vissuti e possono aprirci
nuove strade, svelarci nuove prospettive e punti di vista.
I fratelli e le sorelle dovranno sempre più essere protagonisti attivi, insieme alle stesse
persone con disabilità intellettiva e/o relazionale, della nostra Associazione. E’ a loro
che noi genitori spesso consegniamo il nostro impegno, personale e associativo,
invitandoli a farlo proprio e proseguirlo. Sono loro che vogliamo avere al nostro fianco
nel portare avanti la nostra mission ed al tempo stesso non possiamo che essere loro
vicini e solidali, coinvolgerli ed ascoltarli con interesse e con rispetto…per tutti i fratelli
e le sorelle, per tutte le persone con disabilità, di oggi, ma soprattutto per tutti quelli
che verranno.
Buon 2013!
Presentazione Agenda Associativa
Anffas 2013
Questa agenda parla dei fratelli e delle sorelle,
anche quelli con disabilità.
Nell’agenda puoi trovare storie, foto, poesie e pensieri
che riguardano i fratelli.
Puoi trovare anche titoli di libri, film e storie
sui fratelli e sulla disabilità.
Quest’edizione dell’agenda Anffas per il 2013 è pensata come un raccoglitore di stimoli,
esperienze, idee, vissuti e testimonianze che ruotano attorno al tema della relazione
fraterna e, più in particolare, di quando a questa si affianca una condizione di disabilità
di uno dei componenti.
Vi lasciamo quindi scoprire tra le pagine di questa agenda, senza pretesa di essere
esaustivi, contributi, dei più vari generi, che provengono dai “diretti interessati” ed una
serie di “pillole” (libri, video e film, esperienze) sul tema, che ci fanno riflettere, interrogare, sorridere e qualche volta commuovere, e che speriamo possano vivacizzare l’interesse, attenzione e dibattito.
Sono contributi in cui tanti fratelli e sorelle potranno trovare punti di differenza e di contatto, e che pensiamo possano in qualche modo “sollevare un velo” per scoprire aspetti
importanti ed interessanti per tutti, a partire dai genitori.
Nelle pagine seguenti diamo spazio, non a caso, a tre diverse testimonianze: la prima
riguarda un’esperienza esterna ad Anffas, che da diversi anni si è caratterizzata specificamente sul tema, la seconda proviene invece da uno dei gruppi che si sono strutturati
all’interno dell’Associazione, la terza è un’intervista a tre voci - voci giovani, consapevoli
ed al tempo stesso positive e speranzose - e che ci aprono, da diversi punti di vista,
nuovi scenari.
Potrete proseguire, poi, la lettura sia con le “pillole” che scandiscono le settimane, sia
con le schede interne.
In alcune parti, troverete dei box in linguaggio facile da leggere, per favorire l’accessibilità dei contributi a tutti, ed in particolare alle persone con disabilità intellettiva.
Buona lettura
Il «con o durante noi»: essere sorelle e fratelli
di persone con disabilità
di Federico Girelli - Presidente del Comitato Siblings Onlus – Sorelle e fratelli
di persone con disabilità
Questo articolo è scritto da un fratello
di una persona con la sindrome di down.
L’articolo parla di un gruppo di fratelli e sorelle
di persone con disabilità che si incontrano
e si aiutano a vicenda.
Questo gruppo si chiama Comitato Sibling Onlus.
La legge n. 104/1992, presidio a tutela delle persone con disabilità e dei loro familiari, è tornata
purtroppo in questi ultimi giorni agli onori della cronaca per via della paventata decurtazione della
retribuzione per i familiari (ad eccezione del genitore e del coniuge) che si avvalgono dei permessi
lavorativi previsti appunto da questa fondamentale normativa. Per fortuna (e grazie all’impegno di
tante associazioni) sul punto c’è stato un ripensamento; nondimeno, non si può non sottolineare
come chi ha immaginato un intervento di tal fatta (nel migliore dei casi) ignora che i fratelli di persone
con disabilità di fatto rappresentano per queste ultime, nell’età adulta, l’unico sostegno in grado di
assicurare l’assistenza continua di cui necessitano, a meno che non si reputi legittimo che i diversi
problemi connessi alla disabilità debbano interamente gravare sulle spalle di genitori ormai anziani
e prostrati da un'esistenza sfibrante.
Del resto, proprio la legge n. 104/1992 all’art. 5, comma 1, lett. h) prevede: «La rimozione delle
cause invalidanti, la promozione dell'autonomia e la realizzazione dell'integrazione sociale sono
perseguite attraverso i seguenti obiettivi: […] h) garantire alla persona handicappata e alla famiglia
adeguato sostegno psicologico e psicopedagogico, servizi di aiuto personale o familiare, strumenti
e sussidi tecnici, prevedendo, nei casi strettamente necessari e per il periodo indispensabile,
interventi economici integrativi per il raggiungimento degli obiettivi di cui al presente articolo».
Anche un «adeguato sostegno» alla «famiglia» è dunque funzionale alla «realizzazione
dell'integrazione sociale» delle persone con disabilità. L’attività di sostegno alle famiglie, quindi, non
dovrebbe essere indirizzata esclusivamente ai genitori o alla persona con disabilità, ma deve tener
conto del fatto che le “famiglie”, appunto, sono composte anche dalle sorelle e dai fratelli, delle cui
esigenze e del cui contributo bisogna pur tener conto.
Per la verità mi sento anche nella condizione esistenziale di poter affermare questo, per via della
vita vissuta accanto a mia sorella Maria Claudia, donna di 34 anni con Sindrome di Down.
Nacque quando avevo quasi 6 anni: mi sembrò un po' strano che dopo la sua nascita trascorressero
diversi giorni prima che lei e la mamma tornassero a casa. Ricordo che mio padre non era
(inspiegabilmente per me) di buon umore. Non ho, invece, un ricordo di mia madre di quel giorno.
Chiaramente c'era qualcosa che non andava. Non so se quel giorno, ma probabilmente in quelli
successivi, mi rivolsi a Giovanni, il fratello maggiore. Mi spiegò che Maria Claudia era malata, che
il suo cuore non funzionava bene, che presto, anche se così piccola, avrebbe dovuto affrontare
una delicatissima operazione chirurgica. Gli chiesi se, nel caso l'operazione fosse riuscita, Maria
Claudia sarebbe guarita. Mi rispose che sarebbe guarita, ma che c'era dell'altro. Chiesi allora se
dopo l'operazione sarebbe stata in buona salute. Mi rispose in senso affermativo. Mi bastò.
Passò del tempo, non saprei dire se dei mesi o un anno, si cominciò a sentir pronunciare in casa
una curiosa locuzione: "ritardo mentale". Questa volta capii che era necessario il consulto di uno
specialista diverso dal “cardiochirurgo” Giovanni, così chiesi lumi a Raffaella (la secondogenita),
che mi disse che mi avrebbe spiegato la questione come era stata spiegata a lei dal pediatra di
Maria Claudia. «Hai presente quando nei fumetti di Topolino un personaggio ha un'idea, capisce
qualcosa, arriva alla soluzione di un problema e gli si accende una lampadina sulla testa?», mi
disse, «certamente», risposi. «Anche a Maria Claudia si accende quella lampadina, ma dopo, un
po' dopo, magari molto dopo…». Questo era il "ritardo mentale". Compresi perfettamente e sono
cresciuto nella consapevolezza che Maria Claudia avesse la Sindrome di Down; non c'è stato un
momento preciso in cui l'ho scoperto.
Questo è solo un piccolo esempio di solidarietà fra fratelli (tgevkwu fratellini) ugp|c disabilità; il
sostegno reciproco fra sorelle e fratelli di persone con disabilità può operare, ed opera, ad un raggio
ben più ampio: di questo, grazie ad un’idea di Anna Serena Zambon Hobart, si occupa il Gruppo
Siblings (ora organizzato in Comitato) da più di quindici anni.
Abbiamo scelto questo nome per il semplice fatto che in inglese il singolo termine “siblings”
ricomprende le sorelle e i fratelli, mentre in italiano “fratelli” letteralmente si riferisce solo ai maschi.
L'idea di fondo della nostra iniziativa è quella di porre l'attenzione sul fratello senza disabilità e,
ferme le peculiarità che contraddistinguono i singoli casi, abbiamo avuto modo di verificare che le
dinamiche proprie dei siblings si qualificano per quel vissuto, per quel tipo di approccio, di “punto
di vista”, tipico della condizione di “fratello” in quanto tale, che prescinde, o almeno non dipende
del tutto, dalla specifica difficoltà del fratello disabile, ma deriva dalla oggettiva condizione di disagio
di quest'ultimo, che può essere determinata dalle disabilità più diverse.
Il principale strumento perché si realizzi questo supporto reciproco consiste nell’organizzazione di
gruppi di auto mutuo aiuto per siblings adulti. Del resto, una conquistata serenità del fratello senza
disabilità non può che incidere positivamente nella relazione con il fratello disabile, producendo, in
ultima analisi, un beneficio anche per quest'ultimo.
La posizione dei fratelli si lega in particolare, come detto, alle questioni che si pongono in relazione
alla vita adulta delle persone con disabilità: siamo proprio noi fratelli, del resto, per legge di natura,
a dover accompagnare, almeno nella maggior parte dei casi, la fase adulta della vita dei nostri
fratelli, o sorelle, disabili, trovandoci spesso, ad esempio, a doverci confrontare con una congerie
normativa ove persino l'interprete più acuto fatica a trovare un denominatore comune.
Viene quindi in evidenza ineluttabilmente il tema noto come “dopo di noi”, che nell’ottica proposta
è stato riformulato in termini di «con o durante noi»1, considerato, peraltro, che i Siblings, soprattutto,
desiderano approfondire le modalità attraverso le quali la vita adulta dei propri fratelli disabili possa
essere davvero «libera e dignitosa» (riprendendo la formula dell’art. 36 Cost.).
Per questo il Comitato Siblings, apportando la peculiare “prospettiva dei fratelli”, si è impegnato nel
corso del tempo in diverse attività, di cui ricorderò solo la più recente: il contributo dato
all’organizzazione del Convegno internazionale “Assistenza, inclusione sociale e diritti delle persone
con disabilità. A vent’anni dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104”, tenutosi a Roma il 13 e 14 giugno
2012 presso la Fondazione Santa Lucia e l’Università degli Studi Roma Tre.
Per il resto, e per quanto qui ho potuto solo accennare, non posso che rinviare al nostro sito web,
yyy0ukdnkpiu0kv, ove abbiamo ritenuto opportuno inserire anche una bibliografia, che testimonia come
anche la letteratura scientifica si sia interessata della posizione dei fratelli delle persone con disabilità
(e forse è un po’ anche merito nostro).
Vorrei chiudere questo breve intervento con una piccola esperienza personale di «con o durante noi».
Mia sorella Maria Claudia non parla, non legge, non fa tante cose ed invero nemmeno è una
persona lamentosa. Se si lamenta vuol dire che sta davvero male.
1
Vedi G. Iraci, Intervento al Convegno nazionale delle associazioni che si occupano di Sindrome di Down, tenutosi
a Milano il 10 marzo 2002: http://www.siblings.it/attivita/intervento.htm.
Un giorno, quando mio figlio Leonardo aveva un mese e mezzo circa, Maria Claudia si sente
male di stomaco al centro della ASL che frequenta la mattina: avvisano i miei genitori, che, però,
non si trovavano a Roma. Mi telefona mio padre per dirmi se fossi vicino casa, ma io ero
all’università e non potevo liberarmi. In ogni modo di Claudia (che nel frattempo era stata
riaccompagnata a casa) si prende cura la persona che vive lì a casa sua e dei miei genitori sotto
la supervisione di mia zia, che è medico. Nulla di grave; si tratta di una forma virale che colpisce
lo stomaco: comporta vomito, dolori, etc. e soprattutto è piuttosto contagiosa [probabilmente
Claudia l’ha presa da papà che l’ha presa dalla nipotina Chiara (figlia di nostra sorella maggiore
Raffaella)].
In serata, tornando a casa, passo da Maria Claudia (abitiamo vicini): Claudia piangeva, si
lamentava. Sono rimasto un po’ con lei........ la malattia, però, è molto contagiosa. Se me la
prendo io, poco male; se però la trasmettessi a Leonardo, che ha appena un mese e mezzo,
per lui sarebbe un problema piuttosto serio.
Vado a casa mia, convinto di dover tutelare la salute di mio figlio, ma con un gran senso di colpa
per non essere rimasto più a lungo vicino a mia sorella (disabile), proprio quando stava male.
L’indomani alla fine della giornata ripasso dai miei per sapere di Claudia: mi dicono che va
meglio, ma di non andare da lei perché non debbo espormi al possibile contagio.
Anche dopo qualche giorno sono tornato da Claudia, ormai quasi rimessa.
Che dire? Leonardo o Claudia? Claudia o Leonardo? Sembrerà l'uovo di Colombo: Leonardo e
Claudia. Certo, nei limiti del possibile e del ragionevole.
Leonardo, che ora ha tre anni e mezzo, guarda sempre la zia con simpatia e curiosità: speriamo
che continui così.
Il gruppo SO.FRA.PA ANFFAS Cagliari
di Carlo Sessego – referente gruppo SO.FRA.PA
Questo articolo parla di un gruppo di fratelli e di sorelle
di persone con disabilità che si chiama SO.FRA.PA.
Questo gruppo è nato dentro Anffas di Cagliari
per fare partecipare di più alle attività dell’Associazione
i fratelli e le sorelle delle persone con disabilità.
L’idea di creare il Gruppo SO.FRA.PA. Anffas Cagliari è nata esattamente 2 anni fa (ottobre
2010), a seguito di una serie di riflessioni e constatazioni su una sempre più esigua
partecipazione dei Soci alla vita associativa, alle Assemblee e, in generale, agli incontri con le
famiglie. Alcune sorelle e fratelli Soci si sono interrogati in merito a questo preoccupante
fenomeno, individuando anche le possibili cause che lo hanno determinato e quali eventuali
contromisure adottare per arginarne gli effetti:

Una delle più importanti è sicuramente attribuibile alla non più giovane età di molti genitori
(altri purtroppo sono deceduti), i quali - dopo 50 anni di “lotte” - non hanno più sufficienti
forze fisiche e mentali per continuare a sostenere, spesso da soli, il “carico” del proprio
figlio con disabilità. Inoltre, si sentono fortemente delusi in quanto non “ripagati” ma, anzi,
dimenticati socialmente ed economicamente da quelle Istituzioni che, in questi decenni,
sono state pressoché assenti.

Una seconda ragione è ascrivibile al fatto che troppo spesso l’Anffas e gli Enti Locali e
Nazionali, sono sempre più assorbiti da problemi economici e gestionali e, quindi, sempre
meno vigili all’ascolto delle preoccupazioni, delle ansie, delle incertezze di genitori e
familiari con disabilità; viene per questo a mancare quell’unico sostegno psicologico che,
sicuramente, li aiuterebbe a lenire i problemi legati alla solitudine, al silenzio ed alle
difficoltà economiche, e, soprattutto, al dramma del “Dopo di Noi”.

Un altro motivo, certamente non meno rilevante dei precedenti, è riconducibile alla
constatazione che molte sorelle e fratelli si trovano inevitabilmente coinvolti, alcuni
tacitamente e altri improvvisamente, nella condizione di dover programmare la vita del proprio
familiare con disabilità senza una precedente e graduale preparazione. E’ ormai appurato
che questa forma di “ingenuo egoismo” si è diffuso proprio perché i genitori hanno dato tutto
per scontato, anche su chi doveva occuparsi concretamente del futuro del fratello o della
sorella con disabilità. Ieri come oggi, tutta la loro vita l’hanno spesa nel pensare
accuratamente a tutto e consumata con l’assillo di assicurare a “su pippiu miu o sa pippia
mia” (al “mio bambino o alla mia bambina”) una tranquilla e solida condizione economica,
spesso anche a costo di duri sacrifici: la pensione d’invalidità, l’assegno di
accompagnamento, la/e reversibilità delle pensioni, il libretto postale, almeno una casa…
Pertanto, questa affannosa ricerca li ha talmente impegnati al punto da trascurare di
compiere, consciamente o inconsciamente, l’atto più importante: affrontare preventivamente
in famiglia il delicato problema del “dopo”. Con il passare degli anni, tale dimenticanza ha
causato una serie di conseguenze, i cui effetti si sono fusi in un’unica soluzione dai poli
manifestamente negativi: da una parte vediamo genitori più che mai stanchi e soli, dall’altra
osserviamo sorelle, fratelli o parenti impreparati ad affrontare la complessa situazione.
Partendo proprio da quest’ultima constatazione, lo scopo iniziale dei fratelli e sorelle
promotori, era quello di dare continuità all’attività Associativa svolta dai nostri genitori in quanto,
diversamente, Anffas Cagliari sarebbe destinata inesorabilmente a scomparire oppure ad essere
composta non più da “Famiglie”. Per ottenere tale obiettivo, si è ritenuto prioritario ed
indispensabile stimolare la volontà necessaria perché ognuno uscisse dall’isolamento e
dall’anonimato per riappropriarsi del ruolo di Socio propositivo, attivo, attento ad ascoltare e
deciso a farsi ascoltare. Tutto ciò era possibile solo attraverso un totale coinvolgimento, per cui
la principale preoccupazione è sempre stata quella di rivolgere l’invito a sorelle, fratelli, parenti,
genitori e amici di tutti i Centri Anffas, soci e non. L’obiettivo primario, quindi, era di ritrovarsi ed
iniziare a conoscersi ma, soprattutto, di ricominciare a parlare dei semplici argomenti riguardanti
la vita quotidiana, di ricevere suggerimenti sugli argomenti da discutere e di individuare scopi,
iniziative e progetti che, prioritariamente, si intendevano promuovere e realizzare tutti assieme.
L’accoglienza della proposta è stata immediata, tanto da condividere all’unanimità l’idea di
intraprendere un percorso comune, di stabilire una calendarizzazione dei successivi incontri e,
infine, di individuare le principali tematiche legate alla “propria” disabilità.
Dall’iniziale diffidenza si è passati subito alla fiducia ed alla consapevolezza di voler uscire
dal silenzio, di potersi aprire e di poter contare anche sugli altri. Nel rispetto dei propri tempi e
della propria condizione psicologica, ogni partecipante-membro ha dignitosamente esposto,
scambiato e condiviso le proprie problematiche, le storie, le gioie e le ansie, suggerendo anche
possibili soluzioni al “Durante” per il “Dopo di Noi”.
Questa modalità di incontrarsi, ha favorito la nascita di un movimento spontaneo di
formazione per sorelle, fratelli e parenti sulle problematiche e sui bisogni del familiare con
disabilità, sui modi di risolverli nonché sugli atteggiamenti da assumere nei confronti dei genitori
in difficoltà. In proposito, si sono ribadite, per l’ennesima volta, l’insostituibilità e l’importanza del
ruolo dei genitori ma, contemporaneamente, si è ribaltato il concetto di esclusiva sul diritto
di proprietà della vita dei figli con disabilità a favore di un principio fondato sulla condivisione
e sulla necessità di camminare fianco a fianco.
Il Gruppo ha acquisito sempre più una propria fisionomia, ricca di contenuti ed iniziative, sia
associative che ricreative, il cui filo conduttore è rappresentato dalla partecipazione attiva e
propositiva, dal coinvolgimento e dalla condivisione delle decisioni. Trattandosi di un Gruppo
Anffas, si è immediatamente evidenziata l’opportunità di evitare di trattare, laddove possibile,
quegli argomenti e di realizzare quelle iniziative, anche se spensierate e ricreative, che potessero
minimamente interferire o sovrapporsi ai programmi e ai servizi riabilitativi offerti dai Centri.
Pertanto, si era stabilito di incontrarsi nelle sedi Anffas una volta al mese di pomeriggio e di
programmare le giornate di svago nei sabati di chiusura dei Centri.
In due anni di attività, il Gruppo ha realizzato una svariata serie di iniziative alle cui finalità si
era concordemente deciso di dare più significati:

l’esigenza di far vivere questi momenti all’insegna del puro svago e del divertimento

la necessità di favorire adeguate situazioni utili a preparare gradualmente la persona con
disabilità ed i familiari ad un futuro ed inevitabile “distacco”

l’opportunità di incoraggiare la rinascita di un vero Gruppo associativo in cui ogni
partecipante diventa membro del Gruppo e, quindi, organizzatore e fruitore di attività
ricreative (gite giornaliere, soggiorni di fine settimana, allegre pizzate di inizio e fine anno,
Natale, Pasqua, Carnevale, compleanni….) nonché promotore di manifestazioni di vera
valenza Associativa (manifestazioni promozionali e celebrative, fiere, mostre, convegni,
incontri per il “Dopo di Noi”…).
Si è più volte ribadito quanto queste iniziative abbiano contribuito alla nascita di nuove e vere
amicizie, consolidatesi anche al di fuori dell’attività associativa, e di una specifica forma di “Mutuo
aiuto” che si è tradotto immediatamente in uno “strumento di soccorso” a cui potevano rivolgersi
quei genitori soli, privi di mezzo di trasporto o, magari, sempre più in situazione di difficoltà
economica, di partecipare agli incontri, alle gite ed alle allegre serate.
Allo scopo di coinvolgere tutti i genitori, fratelli, sorelle, parenti delle persone con disabilità
frequentanti i Centri e gli amici (Soci e non) e di creare interesse attorno all’attività del Gruppo,
si è ritenuto indispensabile curare e prestare la massima attenzione agli aspetti legati alla
comunicazione e all’informazione. Pertanto, si è deciso di utilizzare una capillare rete di
informazioni su tutta l’attività del Gruppo attraverso un doppio canale di comunicazione:
cartaceo, tramite circolare, informatico, via e-mail, facebook e internet. Il mezzo cartaceo
garantisce, non solo la trasmissione della data e degli argomenti da trattare ma anche la
diffusione della sintesi degli incontri sia agli assenti sia a quanti non usano lo strumento
informatico. Invece, quello telematico assicura, oltre alla divulgazione delle informazioni, un
vastissimo scambio di notizie e di idee in tempo reale, soprattutto, con quegli Amici, Associazioni,
Gruppi, Enti, Comitati che si occupano di disabilità e che, pur aderendo al Gruppo, risiedono
fuori Sede.
I risultati ottenuti dopo due anni di attività si possono considerare più che soddisfacenti.
Nell’immediato si è riscontrato

un graduale e significativo incremento di familiari, soprattutto sorelle, fratelli, parenti
giovani, più presenti e più protagonisti nella vita del Gruppo e dell’Associazione;
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un’importante richiesta di nuove iscrizioni a Socio Ordinario, soprattutto giovani, i quali
potrebbero garantire una naturale continuità nei Consigli di Amministrazione;
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un sempre più crescente desiderio di incontrarsi per riappropriarsi del ruolo di genitore e
di familiare di una persona con disabilità;
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la volontà di evadere e di vivere momenti sereni e spensierati;
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una riscoperta dell’importanza e del ruolo delle Amicizie, del Mutuo Aiuto;
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una consapevolezza di sapere che, solo se uniti, è possibile uscire dal buio della solitudine
e affrontare, con più serenità, anche i difficili problemi sulla disabilità, compresa
l’opportunità di creare un tipo di Fondazione “Dopo di Noi” rispondente alle comuni
esigenze di tutti i familiari.
Questa iniziativa ed il contenuto di queste considerazioni non hanno la pretesa di rappresentare
una ricetta universale ma hanno il solo scopo di far nascere un momento di riflessione sul grave
fenomeno dell’allontanamento di genitori, fratelli, sorelle e parenti Anffas dalla vita associativa
in generale. Inoltre, non vuole assolutamente puntare il dito verso qualcuno, poiché è palese
che la maggior parte delle “colpe” non sono da ricercare solamente all’interno della vita
Associativa. Semmai, si auspica di risvegliare quelle coscienze da tempo assopite per ridar loro
la stessa energia e rabbia che i nostri genitori, soprattutto mamme, e familiari con disabilità
hanno manifestato nel rivendicare più di 50 anni fa, pionieristicamente, i primi diritti per
assicurare un “dopo” agli allora definiti “hcpekwnnk"uwdpqtocnk”.
Giulia e le sue sorelle
Riportiamo di seguito alcuni stralci dell’intervista che ci hanno concesso tre sorelle:
Giulia, Debora e Anna.
Anna ha 20 anni, Giulia e Debora, gemelle, ne hanno quasi 19. Giulia ha la sindrome di down.
Anffas ha fatto un’intervista a tre sorelle
di nome Giulia, Debora e Anna.
Giulia ha la sindrome di down.
In questa intervista le tre sorelle
raccontano alcune cose della loro infanzia
e parlano anche dei loro progetti per il futuro.
Tu sei la più grande Anna, quindi hai vissuto la nascita delle tue sorelle...
Anna: Si, però avevo un anno quando loro sono nate, quindi è come se ci fossero sempre state.
Quindi siamo state sempre abituate ad avere una sorella come Giulia nella nostra famiglia. Vero,
Giuly?
Giulia: Si!
Anna: Noi abbiamo sempre saputo che Giulia ha la sindrome di down, ce l’hanno detto praticamente da subito e quando eravamo piccole cercavamo, a modo nostro, anche di dirlo a lei. Ti
ricordi, Giulia, che da piccole ti dicevamo “Giulia, lo sai che tu hai la sindrome di down?”.
E dopo a lei è stato spiegato quando è stata un po’ più grande.
Finché eravamo piccole era più semplice, poi crescendo è diventato più difficile perché vedevamo che noi riuscivamo a fare certe cose e lei magari no e restava un po’ più indietro ed anche
lei se n’è sempre accorta.
E ti dispiaceva questa cosa, Giulia?
Giulia: Si, un po’. Ma le mie sorelle mi hanno aiutata tanto. Mi hanno aiutata standomi vicina.
Che cosa è più difficile per voi?
Debora: A volte sono i sensi di colpa, magari quando usciamo e sappiamo che lei è a casa. Le
difficoltà ci sono anche nel modo in cui dirlo agli altri, perché quando io mi presento dico che ho
una sorella più grande ed una sorella gemella, allora tutti “Oh, hai una gemella! Che bello!” ed
io non so mai come spiegarlo perché poi (quando dici che ha la sindrome di down) ti guardano
come se dicessi “Mi è morta la mamma”, lo sguardo è quello.
Anna: Infatti è brutto quando lo dici perché tutti ti guardano come se fosse una cosa brutta, ma
in realtà, si, ci sono le difficoltà, però non è che sia una cosa brutta.
Debora: In ogni caso noi ci diciamo sempre che non dobbiamo colpevolizzare gli altri, perché
pensiamo che se non avessimo Giulia chissà come saremmo. Non ce la prendiamo con quelli
che fanno facce, gesti… abbiamo sempre pensato che il fatto di avere Giulia come sorella ci ha
reso più aperte e se lei non ci fosse stata non so come avremmo reagito anche noi.
Che poi voi siete cresciute insieme, quindi è un’esperienza un po’ particolare, no?
Anna: Si, Debora e Giulia alle elementari erano anche in classe insieme
Debora: Eravamo anche compagne di banco. Abbiamo avuto qualche difficoltà, infatti alle scuole
medie siamo state divise. Alle elementari erano venute fuori un po’ di prese in giro, che anche
se riguardavano Giulia, indirettamente colpivano anche me e ci siamo ritrovate ad essere noi
due contro tutti. Poi a scuola è stato presentato un libretto che spiegava la disabilità ai bambini
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Agenda - Anffas Sondrio