Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art ,1 comma 2, CB Bologna - Anno XLI - n. 1 - I trimestre
Movimento Domenicano del Rosario - Provincia “S. Domenico in Italia”
1/2008
ROSARIUM
Pubblicazione trimestrale del
Movimento Domenicano del Rosario
Proprietà:
Provincia Domenicana S. Domenico in Italia
via G.A. Sassi 3 - 20123 Milano
Autorizzazione al Tribunale di Bologna
n. 3309 del 5/12/1967
Direttore responsabile:
fr. Mauro Persici o.p.
Rivista fuori commercio
Le spese di stampa e spedizione
sono sostenute dai benefattori
Anno 41°- n. 1
buona pasqua
stampa:
Tipolitografia Angelo Gazzaniga s.a.s.
Milano - via P. della Francesca 38
Movimento Domenicano del Rosario
Via IV Novembre 19/E
43012 Fontanellato (PR)
Tel. 0521822899
Fax 0521824056
Cell. 3355938327
e-mail [email protected]
www.sulrosario.org
CCP. 22977409
Manoscritti e fotografie, anche se non
pubblicati, non vengono restituiti.
L’invio delle fotografie include il consenso
per una eventuale pubblicazione.
Pag. 4 e seguenti:
SEGUACE DI BERNARDINO LUINI
Paesaggio, S. Maurizio al Monastero
Maggiore, Milano
Pag. 15 e seguenti:
Interni di catacombe di Roma
Pag. 23 AURELIO E GIOVAN PIETRO LUINI,
Battesimo di Cristo, S. Maurizio al
Monastero Maggiore, Milano
SOMMARIO
La conoscenza che salva
Card. Giacomo Biffi
3
Il pericolo per l’educazione dei nostri figli si nasconde
... nel tubo catodico
Mauro Faverzani
8
Intervista ad Alessandro Gnocchi
12
Roma: la catacomba di santa Priscilla
una culla del culto mariano
Suor Maria Francesca
15
Il Rosario è veramente una preghiera
universalmente stimata
fra Carlos Azpiroz Costa
18
Catechismo per tutti: l’acqua benedetta
23
Testimonianze
26
Nuovi iscritti
29
Pagina della riconoscenza
30
C a rd i n a l e G i a c o m o B i ff i
A rc i ve s c o vo e m e r i t o d i B o l o g n a
la conoscenza
che salva
la conoscenza
che salva
L’
itinerario quaresimale verso la Pasqua – che ogni anno ci è riproposto con
paziente tenacia dalla Chiesa – è un pellegrinaggio verso il «cuore» dell’avvenimento cristiano; è la proposta di riscoprire a un livello più profondo la nostra identità di credenti; è l’invito a cogliere l’essenziale dell’esistenza, dell’esistenza nuova,
della nostra più autentica esistenza di uomini, che è l’esistenza stessa del Figlio di
Dio crocifisso e risorto offerta alla nostra condivisione.
È un percorso non facile, costoso come tutto ciò che vale, insidiato come è sempre
insidiata la verità delle cose quando si trova a fare i conti con il vuoto prepotente
delle apparenze e con l’arroganza delle sempiterne menzogne; che è appunto la
nostra quotidiana esperienza nel mondo.
Perciò è saggio lasciarsi sorreggere e guidare in questo camminare accidentato; è
saggio lasciarsi aiutare particolarmente da colei che è stata la prima pellegrina
dell’Assoluto, la più agile e la più determinata. Maria, e lei sola, ha potuto puntare
all’Assoluto con un amore limpido, appassionato, totalizzante: l’amore del suo
cuore di vergine, che non si è mai disperso in nessuna diversa attenzione, e l’amore
del suo cuore di madre.
Questa tensione a Cristo, Verità unitotale, centro e senso di ogni esistenza, è in lei
tanto forte ed esuberante che può comunicarsi anche a quanti, come noi, vogliono
lasciarsi coinvolgere e arricchire spiritualmente dalla sua imparagonabile capacità di
donazione.
Ecco la ragione della nostra ascesa su questo monte, a ridosso della celebrazione
pasquale; ecco la ragione del nostro trovarci in questo bel santuario che da otto
secoli per le genti bolognesi raffigura e attua la presenza incoraggiante della Madre
di Dio e il suo soccorso alle nostre ansie e alle nostre tristezze.
A lei chiediamo che ci illumini e ci rianimi nella nostra ricerca, che è ricerca di
senso, ricerca di perdono, ricerca di vita eterna; vale a dire ricerca di ciò che noi, se
Discorso pronunciato in occasione del pellegrinaggio universitario al Santuario della Beata Vergine
di San Luca, venerdì 18 marzo 1994. Pubblicato in BAB, LXXXV, 3/1994, pagg. 86-89.
4
abbandonati a noi stessi, non possiamo raggiungere in nessun modo, ed è invece
quanto di più necessario ci avvenga di desiderare.
Ricerca di senso, perché non tolleriamo più di vivere nell’assurdo che oggi sembra
connotare ogni cosa. Ricerca di perdono, perché il nostro peccato ci intristisce e, se
non è dissolto, ci impedisce di giudicare rettamente gli accadimenti e le idee.
Soprattutto ricerca di vita eterna: come accontentarsi di una vita che dopo qualche
tempo finisca? Come accontentarsi di una vita che ci dia sì qualche soddisfazione,
ma parziale ed effimera, e non ci renda esaurientemente felici?
Che ne facciamo di una vita che, nonostante quanto ci può offrire la cultura più raffinata e la scienza più progredita, resti enigmatica e paia sorda proprio nei confronti
degli interrogativi che contano?
D’altronde, neppure ci andrebbe bene una vita eterna che fosse solo una speranza
remota o un’utopia inarrivabile come l’estremo orizzonte. Abbiamo bisogno di una
vita eterna che già sia esperienza e possesso di questi nostri giorni inquieti; magari
un possesso iniziale e ancora avvolto nel mistero, ma già reale e pacificante.
Solo in Cristo possiamo amare Dio e sentirlo a noi «prossimo»
Ci risponde Gesù, nella grande preghiera dell’ultima sera registrata dal vangelo di
Giovanni: Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che
hai mandato, Gesù Cristo (Gv 17, 3). Questa è la vita eterna: questa è già adesso la
vita, la vita vera senza di che la mia anima, anche se crede di vivere, è morta; la
vita che non muterà sostanzialmente, neppure quando approderemo nel Regno
della luce, al cospetto di quel Dio nel quale non c’è variazione né ombra di cambiamento (Gc 1, 17).
Che conoscano te e colui che hai mandato. Atto primo e fonte della vita dello spirito è sempre la conoscenza: una conoscenza che non sia illusoria, ma sia sostanziale
fruizione della verità.
Dio e Cristo: sembrano due oggetti distinti, e teoricamente lo sono. Ma nella concretezza dell’attività intellettuale dell’uomo in questo ordine di cose, l’uno è incluso
nell’altro nella stessa contemplazione vitale.
Dio nessuno lo ha mai visto, ci ripete san Giovanni (cf. Gv 1, 18; 1 Gv 4, 12). Solo
in Cristo lo percepiamo reso accessibile e fatto «prossimo», tanto da poterlo anche
amare.
In Cristo crocifisso, principio di redenzione e di salvezza, ogni contestazione di quel
Creatore che non impedisce la sofferenza e il peccato si dissolve. In Cristo crocifisso e risorto, modello e causa dell’universo rinnovato, ogni scandalo per l’apparente
vittoria del male è superato nella certezza di una gloria che è già in atto e nella scoperta di un disegno trascendente, incomprensibile in se stesso ma capace di illuminare le opacità della natura e della storia.
Ci dice Gesù: Chi ha visto me ha visto il Padre… Credetemi: io sono nel Padre e il
Padre è in me (Gv 14, 9. 11).
Ci sono certo anche coloro che dicono di accettare Dio e poi rifiutano di adorare
Gesù di Nazaret. Ma la contraddizione di solito è più apparente che reale. In effetti,
5
costoro o non credono nel Dio vivo e vero, ma in un idolo esistenzialmente insignificante; o, senza saperlo, anelano a Cristo e già lo raggiungono con un’adesione
almeno implicita e confusa.
Chi odia me odia anche il Padre mio (Gv 15, 23): è un’altra parola del Signore, benché sia tra le meno citate.
Ciò che davvero divide l’umanità non è il Dio dei filosofi o il Dio che le religioni
onorano con vari nomi; è il Cristo, «Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio
vero».
Perciò egli fin dall’infanzia è stato profetizzato come il segno di contraddizione,
perché siano svelati i pensieri di molti cuori (Lc 2, 34. 35). Perciò lui stesso ha detto
di sé: Non sono venuto a portare pace ma una spada. Io sono venuto infatti a separare… (Mt 10, 34. 35): che è, anche questa, una frase di lui poco ricordata e pochissimo presa sul serio.
Non attraverso i concetti razionali
comprendiamo realmente Dio,
ma lasciandoci afferrare da Cristo
Però non ogni conoscenza di Gesù è salvifica, come non ogni conoscenza di Dio è
sorgente di senso, di perdono, di vita. San Giacomo ci ammonisce che anche il diavolo sa che c’è un Dio solo e trema davanti a lui, senza che questa consapevolezza e
questo timore abbiano valore alcuno (cf. Gc 2, 19). La narrazione di Marco nota che
i demòni conoscevano Cristo (cf. Mc 1, 34) e gli obbedivano (cf. Mc 1, 28); ma
restavano creature irredimibili.
La pagina evangelica che è stata qui proclamata affronta esplicitamente il problema
dell’ambiguità che può esserci nella nostra conoscenza del Salvatore.
Gesù ammette che anche i suoi malevoli ascoltatori sanno tutto di lui: Voi mi conoscete e sapete di dove sono (Gv 7, 28). Eppure cercano di sopprimerlo.
In realtà, c’è una conoscenza di Cristo che non è salvifica, anche quando è sorretta
dall’erudizione e dalla serietà metodologica.
Quanti studi sull’origine del cristianesimo, quante esegesi puntigliose dei testi biblici, quante esplorazioni che ritengono di essere spassionatamente storiche, assomigliano alla cristologia degli scribi e dei farisei! Il Signore viene studiato quasi contrapponendosi a lui, quasi con l’atteggiamento di un entomologo che scruta gli insetti. Viene studiato oggettivando, per così dire, colui che è la Luce e la Vita degli
uomini e facendo attenzione che il suo messaggio e il suo mistero non arrivino al
cuore e non sconvolgano le persuasioni fondamentali e le care abitudini del ricercatore. Alla sessione di esami ultima e definitiva Gesù, unico e assoluto Maestro, boccerà questi analizzatori dell’evento cristiano – siano essi studenti o professori –
dicendo: Non hanno conosciuto né il Padre né me (Gv 16, 3).
Chi pensa a Dio solo considerandolo come un’eventuale ipotesi alternativa a quella
del caso e del mondo come accidente fortuito, crede magari di fare della scienza
religiosa o addirittura della teologia; in effetti, non esce dal piccolo groviglio dei
suoi concetti e non si accorge della vastità e della ricchezza del reale. Per lui la
6
ragione è sì un chiarore che illumina un po’ la vicenda terrena; ma un chiarore
come quello del sole che, fasciando il cielo, ci impedisce di percepire l’immensità
dello spazio popolato dalle miriadi di stelle.
La conoscenza salvifica di Cristo e di Dio – nella quale sta la vita eterna – è frutto
senza dubbio di leale, disinteressata, rigorosa ricerca del vero, ma anche di aperta
disponibilità a lasciarsi afferrare da colui che non è mai adeguatamente capito se
non è anche amato.
Il Redentore, che ci è stato assegnato dal Padre, ci ha riscattato sacrificandosi personalmente per noi; così noi possiamo accedere a lui soltanto se abbiamo il coraggio
di mettere in gioco per lui tutto ciò che abbiamo e tutto ciò che siamo.
Come ha fatto Maria, che ha cominciato a comprendere il disegno trascendente di
Dio su di lei quando col suo «sì» ha accettato di entrarvi e di compiere la parte
eccezionale ed esigente che le veniva assegnata. Perché il disegno eterno pensato e
voluto per noi – che si corona e si compendia nel mistero di Cristo – lo si capisce
solo dal di dentro: chi se ne tiene estraneo si autocondanna all’ottusità.
Allo stesso modo l’intelligibilità della Chiesa, Sposa e Corpo del Signore, è concessa soltanto a chi cordialmente, docilmente, gioiosamente, si fa partecipe della sua
vita e del suo patrimonio di verità, senza riserve. Chi invece dall’esterno analizza e
valuta la sua costituzione e la sua storia, non valuta secondo verità e analizza un
dato irreale.
Il dono pasquale da implorare oggi, qui, nella casa della Madre del Redentore e dei
redenti, è appunto, come ci ha fatto pregare la liturgia della prima domenica di quaresima, «di crescere nella conoscenza del mistero di Cristo e di testimoniarlo con
una degna condotta di vita».
Gli articoli pubblicati su “Rosarium”
sono tratti dal libro
“La donna ideale ”
del Cardinale Giacomo Biffi
Arcivescovo emerito di Bologna
in vendita presso
Edizioni Studio Domenicano
via Dell’Osservanza, 72 - 40136 Bologna
Tel. 051/582037
Fax 051/331583 - [email protected]
7
il pericolo
per l’educazione dei
nostri figli
si nasconde … nel tubo catodico
Media e new media propongono spesso veri e propri disvalori o contenuti immorali, all’insaputa dei genitori.
Il Papa è molto chiaro: “I programmi che inculcano violenza e comportamenti anti-sociali o volgarizzano la sessualità umana sono
inaccettabili, tanto più se proposti ai minori”. Eppure in molte case
sono proprio papà e mamma ad affidare al piccolo schermo lo scomodo ruolo di “baby sitter elettronica”. Senza percepirne le possibili, pesanti conseguenze…
Papa Benedetto XVI è stato chiaro: “Le mie preoccupazioni – ha detto nel marzo scorso, rivolgendosi ai partecipanti all’Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio delle
Comunicazioni Sociali – non sono diverse da quelle di ogni padre o madre o cittadino
responsabile”. In che senso? Nel senso che “la responsabilità di introdurre ed educare i
bambini e i giovani nella via della bellezza, della verità e della bontà è seria” e può
essere sostenuta dai mass-media “solo nella misura in cui promuovano la dignità
umana fondamentale, il vero valore del matrimonio e della vita familiare, i successi e
gli obiettivi dell’umanità”. Il che da una parte chiama in causa i “leader dell’industria
dei media” ed “i produttori”, ma dall’altra chiama in causa direttamente le famiglie,
invitate a non delegare, a non trasformare cioè il tubo catodico in una baby-sitter elettronica, cui affidare indiscriminatamente ed “a prescindere” i propri figli, per non farli
crescere a telepromozioni e spot, anziché a biberon e coccole.
Ma è proprio così? Papà e mamme percepiscono il problema nella sua reale portata ed
in tutta la sua complessità? Hanno, essi stessi, le chiavi di lettura, gli strumenti interpretativi fondamentali, per assolvere tale compito?
Quanti hanno piazzato i pargoli davanti alla serie “The Simpson” o li hanno portati a
vedere il relativo film, alzino la mano! Molto bene, anzi no. Il perché, basta un minimo
di passione educativa e d’interesse critico verso quanto venga propinato ai figli, per
saperlo. Tuttavia, ricorriamo per autorevolezza e serietà scientifica di analisi agli esperti
del settore. Il professor Armando Fumagalli è docente di Semiotica e direttore del
Master Universitario in Scrittura e produzione per la fiction ed il cinema presso l’Uni-
8
versità Cattolica del Sacro Cuore di Milano, nonché consulente per lo sviluppo progetti
presso la società di produzione televisiva Lux Vide. Un “addetto ai lavori”, insomma.
Ha recentemente pubblicato presso l’editrice Ares il volume “Scegliere la tv” a quattro
mani con un’altra esperta, Chiara Toffoletto, story analist per la stessa casa di produzione televisiva e collaboratrice per le attività didattiche presso lo stesso Master.
Bene, sfogliando il loro libro ed andando alla voce “I Simpson” si fa una prima “scoperta” (che in realtà scoperta non è, perché i più avveduti già ne erano informati): la
serie nacque vent’anni fa “per i grandi” (pag. 334 del testo). Quindi, non per i bambini.
Non voleva sin dall’inizio essere una fiaba, bensì “una pungente satira sociale” di
“inaudito cinismo” e “di inconcepibile cattivo gusto”. Basterebbe questo per spegnere
il piccolo schermo. Ma andiamo avanti. Sin dalla sigla di apertura, i protagonisti si pre-
sentano con “la loro lista di pecche”. Lo stesso nome Simpson deriva da Son of a simpleton ovvero “figlio di un credulone, di un sempliciotto”. Il padre Homer “è disordinato, pigro, un po’ superficiale”, mentre il figlio Bart “ha fatto della scuola elementare
di Springfield il proprio inferno personale”: i due “sono senz’altro i principali responsabili delle accuse mosse alla serie di cinismo, volgarità, feroce parodia”.
È questo il modello di famiglia che vogliamo proporre ai nostri figli ed a noi stessi?
Morale?
Questo il giudizio espresso dagli autori del libro: “I Simpson è ideale per un pubblico
adulto, in grado di recepirne le allusioni, i riferimenti, la portata ironica, che a volte
sconfina in un compiacimento un po’ sadico; viceversa, i bambini potrebbero restare
spiazzati”. Non solo: in alcuni casi “la forte carica sarcastica delle storie sembra in
grado di intaccare ogni valore e per questo richiede allo spettatore adeguata maturità
critica e discernimento”.
Capito? Che, alla fine, sia “la famiglia a vincere, contro ogni pronostico”, ch’essa sia
“al centro” e che non manchi “un inconsueto ottimismo di fondo”, non toglie che tale
trasmissione non sia esattamente la “tata” ideale, cui abbandonare soli soletti i nostri
figli. Se siete tra coloro che l’hanno fatto, comunque, non preoccupatevi: siete in buona
compagnia! La serie trasmessa da “Italia 1” è stata seguita da 2.533.000 spettatori, pari
al 17,81% dello share. Senza tener conto di quanti hanno continuato e continuano a sorbirsela sul canale satellitare “Fox”.
Ma “The Simpson” non sono l’unico esempio. Potremmo citarne molti altri, anche tra
i programmi più popolari e cosiddetti (dalle stesse emittenti) “per le famiglie”. Ciascuno
9
di loro meriterebbe una riflessione a sé. Tanto per dare qualche riferimento: “I Griffin”,
proposti sempre da “Italia 1” e dall’emittente satellitare “Fox”.
Benché sia stata trasmessa anche in orari pomeridiani, alle ore 14.30 (intercettando circa
3 milioni di spettatori, pari al 15% dello share, tra cui - ahimé - tanti ragazzini), tale
serie è “politicamente scorretta” e “per adulti” (quindi, “del tutto inadatta ai bambini
per modalità narrativa e contenuti”): “qualsiasi tipo di credo – si legge sul volume di
Fumagalli e Toffoletto – è deriso e banalizzato, in testa il Cristianesimo”. Anzi, i cristiani vengono definiti come “violenti, bigotti e stupidi. La figura di Dio è spesso ridicolizzata in modo blasfemo: Gesù, paragonato a Snoopy e ad altri personaggi per bambini, è un mago impostore, Dio Padre va a letto con le prostitute e vorrebbe fare sesso
senza il profilattico, lo Spirito Santo viene sostituito da Fonzie di Happy Days in un
nuovo culto creato da Chris”, che è uno dei figli dei protagonisti della serie, Lois e
Peter, i quali, come genitori, “non sono esemplari e le loro capacità educative sono
discutibili”. Vengono, inoltre, ridicolizzati “anche gli ebrei osservanti per il loro modo
di comportarsi”.
Spesso vengono presentate scene di sesso o comunque morbose, sebbene non del tutto
visivamente esplicite. Frequenti le apparizioni di prostitute o di nudi maschili parziali, il
tema dell’omosessualità viene guardato con compiacente benevolenza (nozze gay comprese), numerose sono le scene di violenza “con spargimento di sangue ed arti mozzati”. “Può valere come sintesi –affermano gli autori del libro- la filosofia di Peter di
fronte ai difficili problemi familiari: ‘Questo è il tipo di problema che si risolve da solo,
se lo ignori’. Non c’è nessun orizzonte valoriale su cui possa basarsi il rapporto educativo e i legami familiari, se non un reciproco, ma inverosimile, accettarsi”. Tra i personaggi pubblici messi in ridicolo, figurano il Presidente Bush, il Papa e Gandhi. In molte
nazioni la diffusione dei “Griffin” è stata vietata. In Italia no, sebbene una multa inflitta
a “Italia 1” dall’Agcom, Autorità per le Garanzie sulle Comunicazioni, abbia indotto
l’emittente a “depurare” semplicemente da alcune espressioni, ritenute più volgari, le
puntate pomeridiane, inventando così - oltre tutto! - una fascia di seconda serata dal
titolo “I Griffin VM”, cioè vietati ai minori, con la diffusione integrale della sit-com
animata. Il che non tutela alcuno, ragazzini compresi, dato che – come giustamente evidenziano gli autori del libro, Fumagalli e Toffoletto – “le loro camere sono dei veri e
propri media center privati in cui a ogni ora è possibile fruire qualsiasi tipo di programma” (e qui la responsabilità è ancora una volta dei genitori, che hanno acquistato
10
loro le strumentazioni necessarie ed offerto sul piatto d’argento tale diseducativa
“opportunità”…).
Non si salvano nemmeno varietà nazional-popolari quali “Buona Domenica” (definito
come un programma privo di fisionomia, caratterizzato da uno “sconcertante relativismo”, “cinque ore di nulla” che pongono sullo stesso piano problemi etici, gossip, discussioni politiche e telepromozioni, il tutto farcito di liti ed insulti, ancheggiamenti e
ragazzine scosciate in cerca di visibilità, affiancando starlette coinvolte nelle intercettazioni di Vallettopoli a “reduci” della casa del “Grande Fratello”; insomma, una Tv “autoreferenziale e claustrofobica”, oppure tv movie come “La Sacra Famiglia” (bollato
come un “maldestro tentativo di rilettura della storia della nascita e dell’infanzia di
Gesù”, debitore delle soap opera per temi, toni e moduli narrativi, nonché privo “di rispetto verso i dati più comuni ed accettati della storia sacra, ma anche di contestualizzazione storica e geografica di quello che si va a raccontare”, il tutto “a favore di un
qualunquismo attualizzante che legge l’esperienza religiosa con linguaggio sentimentale”). Tutti programmi, insomma, di fronte ai quali tranquillamente vengono posti i
nostri figli, spesso non sospettando i rischi in essi viceversa insiti.
L’elenco potrebbe continuare davvero a lungo e non cesserebbe di riservare autentiche
sorprese rispetto all’immaginario collettivo…
Allora, non potendo più contare su di una seria censura, in grado non tanto di vietare o
di proibire, quanto di tutelare e garantire il pubblico da contenuti immorali, scadenti e dia
cattivo gusto, il problema è quello evidenziato dal Santo Padre in occasione della 41
Giornata Mondiale delle Comunicazioni: la chiave di tutto sta nella formazione, “essenziale” per un uso corretto dei media, nonché in un’autentica collaborazione tra genitori,
professori e comunità ecclesiale, tra coloro cioè che sono preposti all’educazione delle
nuove generazioni, al fine di renderli essi stessi “selettivi”, capaci di discernimento,
così da far maturare in loro “un atteggiamento critico, coltivando il gusto per ciò che è
esteticamente e moralmente valido”. Tutti “i programmi – ha detto Papa Benedetto
XVI – che inculcano violenza e comportamenti anti-sociali o volgarizzano la sessualità
umana sono inaccettabili, tanto più se proposti ai minori”.
Papà e mamme lo tengano presente…
Sempre.
Mauro Faverzani
11
INTERVISTA
ad Alessandro Gnocchi
“Io speriamo che
resto cattolico”
È
uscito l’ultimo libro di Gnocchi e Palmaro, rappresentazione semiseria dei drammi della
fede di oggi: “Io speriamo che resto cattolico. Nuovo manuale di sopravvivenza contro il laicismo
moderno”.
Dal modernismo al nuovo calendario scolastico “laico”, che rende festivo Halloween: in 237 pagine
tutti gli abusi, di cui la società contemporanea è protagonista. Nostra intervista all’autore, Alessandro Gnocchi.
Chi si inginocchia più durante la Santa Messa, al momento della Consacrazione e dopo la Comunione? Perché è sempre più frequente notare in chiesa fedeli che ruminano chewing gum durante la
celebrazione eucaristica? È stato forse abolito il segno della Croce, quando si metta piede in un
tempio sacro? Oppure, qualcuno lo ha reso un gesto appena appena accennato, così frettoloso da
sembrar che si stiano scacciando le mosche? Quanti preti si genuflettono ancora davanti al tabernacolo? E quanti vestono la talare? Da dove spuntano quegli zelanti catechisti super-moderni, che han
trasformato le adunanze, da momenti d’apprendimento della dottrina cristiana – quali erano e quali
ancora dovrebbero essere –, in generici corsi d’educazione alla pace? Perché tutto quanto un tempo
ci veniva scrupolosamente insegnato, oggi sembra venire con altrettanto zelo smentito?
Sono solo alcuni degli interrogativi che emergono, leggendo le pagine del volume “Io speriamo che
resto cattolico”, scritto da Mario Palmaro ed Alessandro Gnocchi, da poco pubblicato da Piemme. I
due autori – il primo docente presso la Facoltà di Bioetica dell’Università Pontificia “Regina
Apostolorum” di Roma, il secondo studioso di tematiche religiose nella letteratura moderna e contemporanea, nonché massimo esperto italiano dell’opera di Giovannino Guareschi –, hanno già fir-
12
Alessandro Gnocchi
si occupa delle tematiche religiose nella letteratura moderna e contemporanea.
È considerato il maggior studioso di Giovannino
Guareschi, al quale ha dedicato una decina di
saggi, tra cui “Don Camillo & Peppone: l’invenzione del vero” (Rizzoli), “Giovannino Guareschi,
una storia italiana” (Rizzoli), “Viaggio sentimentale nel mondo piccolo di Guareschi” (Rizzoli) e,
con Mario Palmaro, “Don Camillo, il Vangelo dei
semplici” (Ancora). Scrive anche di attualità religiosa: in questo settore, in coppia con Mario Palmaro, ha pubblicato, tra l’altro, “Catholic Pride”,
“Contro il logorio del laicismo moderno” e “Io
speriamo che resto cattolico” (tutti editi da Piemme). È editorialista del quotidiano “Il Giornale”,
collabora a “Il Foglio” e “Il Timone”.
mato anche altri libri sulla falsariga di questo, come “Catholic Pride” ed “Il Crocifisso scomodo”,
inaugurando di fatto un innovativo filone, capace in tono semiserio di rappresentare efficacemente
gli abusi, spesso drammatici, perpetrati – per lo più per ignoranza – a danno della liturgia e della
retta dottrina: «Per la verità, alla fine, il bilancio più che semiserio, è semitragico – ci spiega
Alessandro Gnocchi, da noi interpellato –. In questo caso abbiamo utilizzato un espediente letterario, proponendo varie situazioni in forma di lettere scritte da un bambino al proprio padre, cui chiede lumi su come ci si debba via via comportare».
Nel volume vengono analizzate posizioni culturali e correnti di pensiero, oggi alquanto diffuse –
come il modernismo o il caos dottrinale –, da voi apertamente criticate. Perché?
Per la verità, il modernismo è una delle piaghe più gravi attraversate dalla Chiesa in questo periodo
– risponde Gnocchi – Lo stigmatizzò a suo tempo Papa san Pio X nell’enciclica “Pascendi”, dove
indicò anche che cosa si sarebbe dovuto fare. Evidentemente non venne ascoltato, se è vero – come
è vero – che oggi ci troviamo di fronte ad un mondo cattolico attraversato al proprio interno da un
pluralismo di visioni e concezioni della fede.
Fantasia al potere, insomma?
Sì, si incontrano credenti, che di fatto non professano più il Cattolicesimo, bensì un semplice sentimento personale, una propria filosofia di vita, lontano anni luce dalla fede in Cristo crocifisso e
risorto. Una religione “fai-da-te”, quindi, le cui ripercussioni non mancano anche nel vivere civile.
Ad esempio, nel mondo della scuola, dove si insegnano i nuovi “dogmi” – come quello del darwinismo – e si introduce il nuovo calendario “laico”, che rende festivo Halloween.
13
Ma l’elenco di casi analoghi, che Voi stilate, è piuttosto lungo.
Sì, purtroppo è lunghissimo! – afferma Gnocchi –. Queste cose si constatano tutti i giorni! Una
delle più grandi consolazioni – pur non essendo propriamente tale – che abbiamo come autori di
questo libro è, andando in giro a presentarlo, il riscontro fornitoci dalla gente, che ci conferma
come molto di quanto elencato capiti anche a loro, a riprova del fatto che non siamo dei visionari.
Gli episodi relativi al mondo della scuola, ad esempio, sono tutti tratti dall’esperienza quotidiana
dei nostri figli, ma toccano veramente tutti.
In fondo al libro, come in altri titoli dello stesso filone, proponete anche un test. Di cosa si tratta?
Sì, cerchiamo di fornire qui dei profili circa l’essere cattolico e l’essere laico, attraverso tutta una
serie di domande anche ironiche, ironiche nella forma ma non nella sostanza, perché, ahimé, ribadiscono esattamente la realtà qual è.
Allora, davvero: io speriamo che resto cattolico!
Mauro Faverzani
Bella Maria
In una cappella, una sera, mentre stava con altri frati a contemplare l'Immacolata, S. Giuseppe da Copertino, con il volto rapito, si rivolse al Padre Custode e gli disse con trasporto: Padre Custode, ripeti con me: «Bella Maria! Bella Maria!». A quell'invito il Padre Custode disse anche lui: «Bella Maria! Bella Maria!». Ma Padre Giuseppe non sentiva nella
voce dell'altro il suo fervore, e gli disse animandosi ancora più: Padre Custode, ripeti più
forte: «Bella Maria! Bella Maria!» e nel dire questo lo abbracciò con grande impeto e lo
sollevò con sé in volo verso la "Bella Maria".
(Da "I Santi e la Madonna" - P. Stefano Maria Manelli - Casa Mariana)
14
Luoghi di culto
Roma:
la catacomba
di santa Priscilla,
una culla
del culto mariano
L
a Via Salaria aveva due punti di partenza dalle vecchie mura di Roma, uno all’attuale Piazza
Fiume e l’altro a Porta Pinciana. Due strade che confluivano nell’incontro col Tevere per poi snodarsi insieme lungo la Sabina, attraversando di seguito le regioni dell’Appennino centrale e andando finalmente a sboccare a Porto d’Ascoli, nelle Marche, da dove si portava nell’Urbe il sale, materia ben più preziosa allora che ai nostri giorni. Ed era proprio il sale che dava il nome alla celebre
strada.
Le catacombe della via del sale
Meno noti e visitati dai turisti, ma forse non meno importanti dei cimiteri romani sotterranei
(denominati usualmente catacombe) che si trovano sulla Via Appia, troviamo anche sull’estremo
romano della Via Salaria una serie di cimiteri antichi, di cui il più famoso è quello di Priscilla.
Questa era una nobile cristiana, sicuramente appartenente alla famiglia degli Acili, secondo
alcune epigrafi trovate nel luogo, che ha messo la sua proprietà a disposizione per la sepoltura dei
cristiani.
Al numero civico 430 della Via Salaria, quasi davanti ai cancelli di accesso a Villa Ada, troviamo anche l’ingresso alla catacomba di Priscilla, che si snoda sotto la Basilica di San Silvestro,
dove questo pontefice romano è sepolto assieme ad altri Papi e Martiri.
È lui il Papa del tempo di Costantino che ha eretto, quando la situazione politica dell’Impero
15
lo rese possibile, questo tempio
all’esterno, sulla tomba dei martiri
Felice e Filippo, anche per rendere
il dovuto culto alle grandi figure
che nel cimitero erano state tumulate, come il Papa Marcellino, il
Papa Marcello, le martiri Pudenziana e Prassede e centinaia di altri
ricordati nei documenti della Chiesa primitiva.
Tre tesori fragili ma preziosi
Tra i grandi tesori che il cimitero di Priscilla nasconde nelle sue
venerande gallerie e stanze, alcuni
in particolare sono molto cari alla
memoria dei cristiani. Infatti, lì si venerano le più antiche raffigurazioni esistenti della Madonna, le
quali possono ritenersi databili una alla fine del secondo secolo o inizi del terzo, le altre due al terzo
avanzato.
Naturalmente queste immagini, oltre che essere una preziosa testimonianza dell’antichità del
culto alla Vergine Maria sin dagli inizi della Chiesa, hanno un significato cristologico: quel Bambino in braccio a sua Madre, o nella scena dell’Annunciazione predetto dall’angelo, è il protagonista della storia, dal quale però non può essere disgiunta colei che l’ha generato.
Infatti da questo inseparabile legame col Figlio nasce nella Chiesa primitiva il culto, cioè il
riconoscimento della grandezza della Vergine Maria e l’onore e l’amore a lei tributato. Tale culto,
che nei secoli ha contemplato, approfondito e rappresentato le prerogative della Vergine, a lei concesse in funzione della sua maternità divina, non è certo, come alcuni credono, una elaborazione
quasi mitologica della pietà del medioevo ma un frutto dell’azione illuminativa dello Spirito Santo
dall’inizio del Cristianesimo.
La Madonna col Profeta
Nel più antico dei due affreschi, dipinto sull’intonaco nella volta di una nicchia, trasformata in
galleria per la presenza di una tomba venerata, la Vergine è seduta in cattedra, rivestita di stola
dalle maniche corte e con la “palla” che le copre il capo, reclinato in atteggiamento di tenerezza
verso il Figlio che tiene in grembo.
Davanti a lei il profeta Balaam in piedi, vestito di pallio, tiene nella mano sinistra un rotolo,
mentre con la destra addita una stella in alto, sulla testa della Madonna.
La composizione s’ispira al passo biblico: «Oracolo di Balaam, figlio di Beor, oracolo dell’uo-
16
mo dall’occhio penetrante, oracolo
di chi ode le parole di Dio e conosce la scienza dell’Altissimo, di chi
vede la visione dell’Onnipotente, e
cade ed è tolto il velo dai suoi
occhi. Io lo vedo, ma non adesso, io
lo contemplo, ma non da vicino:
una stella spunta da Giacobbe e
uno scettro sorge da Israele» (Numeri 24, 15-17).
Come non provare una profonda emozione nell’incontrare queste
testimonianze, leggermente sbiadite
nelle immagini ma così vive nella
loro essenzialità, del culto tributato
dai primi cristiani alla Madre di
Dio, la Theotokos, quale trono dell’Altissimo, di colui che è la Stella che darà luce a tutto il mondo?
L’Epifania
La seconda raffigurazione della vergine la troviamo sull’arco centrale della cosiddetta “Cappella greca”. Qui la Madonna, sempre assisa in cattedra, porge il Figlio all’adorazione dei Magi.
Come si trova frequentemente nei cimiteri antichi, questa scena che sta a indicare una salvezza non
riservata al popolo eletto ma estesa a tutti i popoli del mondo! Qui a Priscilla ce n’è un altro esempio in un frammento di sarcofago, posto sotto l’altare nella basilica di san Silvestro.
L’Annunciazione
Ancora una volta ritroviamo, in un cubicolo dell’arenario (forse anche qui la presenza di una
tomba venerata?), dipinta sulla volta, la figura della Vergine nella scena dell’Annunciazione. È
seduta su una cattedra, in atteggiamento maestosamente eretto, mentre l’angelo col braccio proteso
verso di lei le comunica il disegno di Dio e ne riceve l’assenso.
È da questo momento che inizia l’opera della Redenzione, il Vangelo della salvezza che compie l’attesa messianica e sarà annunciato in tutto il mondo. E da allora Madre e Figlio sono strettamente legati all’umanità intera, Lei come l’eletta, la più santa tra le creature, Lui come Dio che ne
assume l’umanità per divinizzarla!
Suor Maria Francesca
Tratto da “Radici Cristiane”
N° 29 - novembre 2007
17
Il Rosario
è veramente
una preghiera
universalmente
stimata
... il rosario resta un’esperienza quanto mai
vivente nell’Ordine. Con questa lettera vorrei proporre una semplice meditazione sul
rosario dal punto di vista della memoria,
della riflessione teologica e della religiosità
popolare.
La memoria
Permettetemi di evocare alcuni ricordi personali, sperando che questi ne susciteranno altrettanti in voi. I ricordi sono importanti per forgiare la nostra identità, dare carne e sangue alle
nostre idee e permetterci di rivivere e reinterpretare gli eventi-chiave della nostra vita.
Il mio primo ricordo del rosario risale agli anni giovanili quando ero al collegio Champagnat dei Maristi a Buenos Aires, con la prima corona che ebbi nelle mani. I fratelli ci ispiravano un vero amore a Maria in quanto Madre che ci ama incondizionatamente e intercede
per i suoi amati figli e figlie, a Maria come risulta dal vangelo di Giovanni.
Ovviamente c’era il mese di
Maria con processioni, rosari e
litanie. Da giovane portavo in
tasca una “decina”. La ripetizione del Padre nostro, dell’Ave
Maria, del Gloria al Padre ha
profondamente ancorato questa
preghiera nella mia vita.
Oggi amo specialmente pregare
con il rosario mentre cammino.
Questa preghiera mi accompagna da un paese dall’altro, mentre viaggio o mentre sono in
18
città. È la “contemplazione della strada” di cui parlava fra Vincent de Couesnongle. Adagio
adagio questa preghiera segna il ritmo dei miei passi, mi fa prendere presa sul mondo in
costante trasformazione. Essa mi permette di donare anima, vita e cuore alla città o al luogo
che talvolta mi limito ad attraversare, agli incontri che mi attendono con le loro gioie, speranze, luci, ombre.
Di recente, in un giorno dei nostri ritiri, il consiglio generalizio meditava sul mistero della
morte. Uno dei frati ha evocato come i frati agonizzanti richiedano quasi sempre il loro
rosario, anche solo per tenerlo in mano. Mi viene in mente il film “Battesimo di sangue” che
racconta la storia dei nostri frati brasiliani torturati negli anni ’70 sotto la dittatura. Il nostro
frate Tito de Alencar, nel momento in cui viene portato fuori del convento, grida a un frate
di andargli a cercare il rosario. Che senso aveva per lui in quel momento di terrore?
E voi quali ricordi associate al rosario? Quale è il senso di questa memoria per voi? per me?
che cosa possono dirci il nostro studio e la nostra riflessione teologica?
La riflessione teologica
Credo che questi ricordi ci parlino della prossimità di Dio. Il mistero dell’Incarnazione non
concerne soltanto la nascita del Signore in un passato millenario, ma l’incarnazione della
grazia, ossia la nascita di Dio nella nostra vita quotidiana. Gesù vive e il suo Spirito continua nei nostri confronti a guarire, insegnare, perdonare, consolare e stimolare. Non è una
vana astrazione, ma si manifesta nelle immagini associate ai misteri del rosario. La conoscenza dell’Incarnazione si sviluppa nella misura in cui lasciamo che queste immagini si
intreccino con la nostra vita quotidiana. Così il rosario è profondamente legato all’Incarnazione, è biblico, cristocentrico e contemporaneo.
Il rosario – ci mancherebbe! – è mariano. Ma facciamo un po’ di chiarezza su che cosa
significa questa asserzione. In Maria il divino si unisce all’umano, la creatura si unisce al
Creatore. In Maria noi riconosciamo la nostra identità e insieme il nostro destino. Vediamo
questa santa comunione di “Dio con noi” e di “noi in Dio”. Riconosciamo che Dio è il “Dio
per noi”, redentore e salvatore, santificatore e glorificatore.
Maria è una figura centrale nella nostra vita di fede. Mentre la consideriamo figlia del Padre,
madre del Figlio e sposa dello Spirito Santo, siamo anche chiamati a vedere in lei una credente nella valle di lacrime, una credente che continua a sperare a fronte di una situazione di
disperazione. Si può pensare a lei come a una patrona delle donne incinte che partoriscono
nella povertà, a una patrona di coloro che emigrano verso terre straniere per sopravvivere, a
una madre che porta il dolore per il figlio arrestato, torturato, ucciso. Infine in tutto questo
possiamo scorgere il trionfo della fede, della speranza, della carità.
Giovanni Paolo II ci invitava a contemplare il volto di Cristo con gli occhi di Maria.
Che cosa significa tutto questo per noi? Come Maestro dell’Ordine sono un missionario che
sostiene fratelli e sorelle dispersi per il mondo. Ascolto la loro storia e osservo la loro situa-
19
zione. Rivedo i volti delle famiglie cristiane gravemente ferite a Bahawalpure in Pakistan nel
2001; i vicini delle nostre
suore nei quartieri più
miserabili di Kinshasa
nel Congo; i ragazzi che
continuavano a seguirci
in Cameroun e quelli
della Piazza della guerra
civile a Campodos (Tibú)
in Colombia; le famiglie
a pesca nelle canoe al
largo di Gizo nelle Isole
Salomone o sulla riva
dell’Urubamba nell’Amazzonia peruviana.
Queste immagini accompagnano i misteri e il
rosario diventa la mia
personale intercessione
insieme all’intercessione
di Maria, mentre depongo tutti i feriti ai piedi del
Signore Gesù.
Il nostro mondo sembra
perpetuamente diviso
dalla guerra. Mi si presenta alla mente innanzitutto l’Irak lacerato e poi
la continua effusione di
sangue tra Israeliani e
Palestinesi. Il secolo XX
è stato un secolo di guerre e di devastazioni planetarie. Nei momenti
peggiori, le genti si sono
20
volte verso il rosario pregando per la pace. E d’altra parte non era questo il messaggio centrale della devozione di Fatima per la conversione della Russia e non si invoca la Madonna
come Regina della pace? Contestualmente, non minimizziamo le “guerre fredde” che possono svilupparsi in seno alle famiglia, alla comunità, nel nostro stesso cuore e nella nostra
stessa anima. Il rosario non potrebbe forse condurci alla pace? Quest’anno festeggeremo il
cinquantesimo del conferimento del Premio Nobel della Pace al nostro frate belga
Dominique Pire che aveva fondato le “isole di pace”. Avrà egli trovato l’ispirazione di questo progetto meditando il rosario per chiedere la pace?
Le parole delle preghiere che accompagnano le mie meditazioni parlano del Regno di Dio,
del pane quotidiano, di essere liberati dal male; parlano del frutto delle viscere, dei peccatori, dell’ora della morte. Il regno di Dio è giustizia e pace, la volontà di Dio non si accorda
con l’oppressione, il pane lo si spezza insieme e il perdono lo si dà. Il frutto benedetto del
ventre materno è sacro. Sì, il rosario – le parole bibliche e la nostra meditazione – è una preghiera profetica tanto quanto è contemplativa, una preghiera che insieme annuncia e denuncia, consola e trasforma. Le parole che glorificano la Trinità ci invitano a vivere in comunità
senza falsa sottomissione e con apertura e disponibilità verso l’altro.
Sì, la “volontà di Dio” sarà compiuta: è per questo che non perdiamo mai la speranza. La
nostra predicazione è piena di speranza perché «ciò che era fin da principio, ciò che noi
abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato» è «il Verbo della vita» (cf 1Gv 1,1). Vivendo
in compagnia di Gesù, come lo fu Maria, noi ci convertiamo nel discepolo e nell’apostolo
dei quali il mondo ha bisogno e che Dio desidera.
La pratica religiosa popolare
Dopo il Vaticano II è invalsa la tendenza a minimizzare l’importanza della “religiosità popolare”. A giusto titolo, si insisteva sullo studio della Bibbia e sulla accresciuta partecipazione
alla liturgia. Ma, così facendo, si minimizzavano anche le espressioni popolari che prima
permettevano al sentimento religioso di manifestarsi: per esempio, le esposizioni del
Santissimo, le processioni, i pellegrinaggi ai santuari, le devozioni al rosario ecc. Oggi, forti
di una esperienza di quarant’anni, constatiamo che i giovani come i meno giovani hanno
bisogno di queste espressioni per «ravvivare il carisma di Dio che è in te» (2Tm 1,6).
Questo tipo di religiosità popolare continua ad affermarsi dappertutto nel mondo nei grandi
santuari mariani. Quest’anno festeggiamo i 150 anni di Lourdes (Francia) e i 90 anni di
Fatima (Portogallo), due santuari che attirano milioni di persone ogni anno. Si può anche
riandare con il pensiero a Guadalupe (Messico), Czestochowa (Polonia), Knock (Irlanda),
Chiquinquira (Colombia), Coromoto (Venezuela), Lujan (Argentina), Manaoja (Filippine) e
via di seguito. Quasi ogni popolo di questo mondo ha un santuario nazionale dedicato alla
Vergine, che raduna in un abbraccio materno i fedeli da ogni dove.
21
Si vedono ancora delle medaglie di S. Cristoforo nelle automobili e dei rosari appesi allo
specchio retrovisore, dei piccoli altari nelle case e delle statue nei giardini.
Il rito della imposizione delle Ceneri all’inizio della Quaresima e quello delle Palme all’inizio della Settimana Santa ci insegnano molto sul desiderio e sul sentimento religioso del
popolo. Sono dei riti che introducono un certo ordine, una stabilità, un certo ritmo e una
dimensione dell’incarnazione nella vita della gente, permettendo di vivere più profondamente questi eventi religiosi. E noi Domenicani non potremmo ritrovare la pietà popolare
che ci caratterizza, cioè il rosario?
Ho scoperto che il rosario è veramente una preghiera universalmente stimata. In Italia come
in Ucraina, in Messico o negli USA, nelle Filippine o in Viêt-Nam, in Kenia come in Nigeria,
il rosario è recitato e amato. Ritengo che una ragione di questo attaccamento è che si tratta di
una realtà di orazione tangibile.
Quasi tutti i cattolici hanno una
corona del rosario. La si regala.
È un rito che si celebra da soli o
in gruppo. È un oggetto che si
può toccare, tenere, stringere tra
le mani nei momenti difficili
della nostra vita; è come stringere le stesse mani di Maria. Il
rosario è posto nelle nostre mani
«nell’ora della nostra morte» e
nel giorno della nostra consegna
alla terra. Le preghiere che compongono il rosario sono un riassunto della nostra fede. Impararle è come imparare a parlare, è l’inizio della nostra vita di
preghiera e ne è anche il compimento: «sia fatta la tua volontà»,
«adesso e nell’ora della nostra
morte». Ci viene offerto un
rosario in gioventù, riceviamo
un rosario vestendo l’abito
domenicano, un rosario ci accompagnerà quando saremo deposti nella terra.
fra Carlos Azpiroz Costa
Maestro dell’Ordine
22
l’acqua benedetta
catechismo per tutti
catechismo per tutti: l’acqua benedetta
P
roseguiamo nella meditazione sui “santi segni” alla scuola di Romano
Guardini, attingendo dal suo omonimo libretto.
L’acqua benedetta gioca un ruolo assai rilevante nella liturgia, e quando noi
entriamo in chiesa prima di tutto ci segniamo con l’acqua benedetta. Ma già la
semplice acqua, anche non benedetta, è un segno molto eloquente e prezioso.
Scrive Guardini: «Misteriosa è l’acqua. Tutta pura e modesta, “casta” l’ha chiamata san Francesco. Senza pretese, come se non volesse significare nulla per se
stessa. Per così dire ignara di sé, esistente solo per servire ad altri, per mondare e
ristorare». Noi ci accorgiamo di quanto sia preziosa l’acqua quando viene a
mancare. Però l’acqua ha anche un altro aspetto, di segno opposto, per così dire.
Continua il nostro autore «non hai mai guardato dove essa essa s’indugia a gran
profondità e non ti ci sei mai immerso con anima sensitiva? Hai percepito come
fosse misteriosa quella profondità? Come essa sembrasse tutta piena di meraviglie, attraente e insieme spaventevole? Oppure ti sei mai raccolto in ascolto
quando l’acqua in fiumana scorre a valle, senza posa fluendo e mormorando?
Oppure quando i vortici disegnano i loro cerchi, e fan mulinelli e risucchi? Allora ne può sorgere una tale impressione di forza opprimente che il cuore dell’uomo le si deve sottrarre».
Scendendo più in profondità Guardini prosegue: «semplice, limpida, disinteressata; pronta a mondare ciò che è sordido, a ristorare ciò che è assetato. E nello
stesso tempo profonda, insondabile, irrequieta, piena di enigmi e di forza. Immagine adeguata dei fecondi abissi da cui sorga la vita e immagine della vita
stessa che sembra così chiara ed è così misteriosa».
A questo punto Guardini comincia ad analizzare e descrivere l’aspetto sacro
dell’acqua. E scrive: «comprendiamo bene come la Chiesa faccia dell’acqua il
simbolo e il veicolo della vita divina, della grazia. Dal Battesimo noi siamo usciti uomini nuovi, “rinati in virtù dell’acqua e dello Spirito Santo”. E con l’acqua
santa, con l’acqua benedetta, noi bagniamo nel segno della Croce fronte e petto,
spalla e spalla; con l’elemento originario, misterioso, limpido, semplice, fecondo, che è simbolo e strumento della vita soprannaturale, la grazia».
Qual è l’effetto della benedizione sull’acqua? Sentiamo Guardini: «Benedicendola, la Chiesa ha reso monda l’acqua: l’ha purificata dalle oscure forze che
in essa sonnecchiano. E queste non sono parole vuote! Chi possiede un’anima
sensibile ha già percepito l’incanto della forza naturale che può sprigionarsi dall’acqua. E questo è semplicemente potenza della natura? O non è qualcosa di oscuro, di extranaturale? Nella natura, in tutta la sua ricchezza e bellezza, vi è anche il male, il demoniaco. La città intontitrice delle anime ha reso l’uomo ottuso
24
Questo testo, presentatoci da fra Roberto Coggi o.p., è stato
tratto dal volume “Lo spirito della liturgia. I santi segni” di
Romano Guardini, Edizioni Morcelliana. Romano Guardini,
nato in Italia ma sempre vissuto in Germania, fu una personalità di grande spicco ed un insigne professore nelle facoltà
universitarie tedesche (prima a Berlino poi a Monaco) oltre
che un grande animatore del mondo giovanile. Morì nel 1968,
dopo aver dato un notevole contributo alle discussioni conciliari, soprattutto nel campo della Liturgia.
Joseph Ratzinger lo conobbe bene e fu anche suo allievo. Egli
soleva dire: il guaio dei teologi tedeschi del postconcilio è
stato quello di non aver seguito le orme di Romano Guardini.
25
catechismo per tutti: l’acqua benedetta
al punto ch’egli non ha più senso per questo. La Chiesa però non lo ignora e
“purifica” l’acqua da ogni elemento contrario a Dio, la “consacra” e prega Dio
che la renda strumento della Sua grazia».
Alla luce di queste parole possiamo comprendere il significato profondo del
gesto che compie il cristiano entrando in chiesa: «il cristiano, quando varca la
soglia della casa del Signore, si inumidisce la fronte, il petto e le spalle, vale a
dire tutto l’essere suo, con l’acqua pura e purificante, affinché l’anima sua diventi monda. Non è bello questo modo in cui vengono a incontrarsi la natura depurata dal peccato, la grazia e l’umanità anelante alla purezza, e tutto nel segno
della Croce?».
L’acqua benedetta serve anche a concludere bene la giornata. Scrive Guardini: «Oppure la sera. “La notte non è amica dell’uomo” dice il proverbio. C’è
del vero in questo. Noi siamo creati per la luce. Appena l’uomo si abbandona alla potenza del sonno e dell’oscurità in cui si spengono la luce della coscienza e
la luce del giorno, allora egli si fa il segno della Croce con l’acqua santa, simbolo della natura riscattata, liberata dal peccato: che Dio lo protegga da tutto ciò
che è oscuro! E quando al mattino si ridesta dal sonno uscendo dall’oscurità e
dall’incoscienza e ricomincia la sua vita, lo fa di nuovo. È come un lieve ricordo
di quell’acqua santa per cui nel battesimo è uscito alla luce di Cristo. E bello è
pure quest’uso. In esso s’incontrano l’anima redenta e la natura redenta nel
segno della Croce».
... messa
al posto del televisore
D
al primo luglio 2000 ad oggi sono trascorsi sette anni e sei mesi da quando è iniziata
nella provincia di Udine, provincia del Friuli
Venezia Giulia, la “Peregrinatio Mariae”. Ho
cominciato per così dire per “caso” quando, a
fine giugno del 2000, l’amico Tiziano ha accettato, anche per me, di dare inizio a quanto proposto da Padre Mauro Persici, responsabile del
Movimento Domenicano del Rosario, di far
veicolare, in tutta la provincia di Udine, una
statua raffigurante la Madonna del Rosario nelle chiese, nelle parrocchie, nelle comunità, dagli anziani, dalle persone sole e soprattutto nelle famiglie, allo scopo divulgare la preghiera
del Santo Rosario.
L’iniziativa, a parte qualche titubanza iniziale,
mi è sembrata da subito molto attraente perché
in linea con quanto da sempre auspicato dalla
Chiesa attraverso i Papi, i Santi ed in modo
particolare dall’allora Sommo pontefice Giovanni Paolo II che sul Santo Rosario ha scritto
una lettera apostolica intitolata “Rosarium
Virginis Mariae” proclamando il 2002 anno del
Santo Rosario.
Nella lettera apostolica il Santo Padre scrive
che tale preghiera così semplice ma al contempo così profonda è destinata a portare frutti di
santità. Inoltre, il Santo Padre Giovanni Paolo
II, sempre nella lettera apostolica, considera tale preghiera efficace per chiedere a Gesù, colui
che è il Principe della Pace, attraverso la potente intercessione di Maria, la pace nel mondo e
nella famiglia, piccola Chiesa domestica oggi
tanto martoriata da forze disgregatrici a vari
livelli.
Da sempre la preghiera del Santo Rosario è
stata presentata come preghiera contemplativa
assai efficace, anzi probabilmente la preghiera
contemplativa per eccellenza perché è un misto
testimonianze
di preghiera e di meditazione. Proprio attraverso
la meditazione dei misteri noi contempliamo gli
avvenimenti salienti della nostra salvezza.
Non solo, ma le stesse preghiere che compongono il Santo Rosario, pur nella loro semplicità,
sono preghiere di natura biblica.
Non solo innumerevoli Papi, Santi e Beati, ma la
Stessa Santissima Vergine Maria, nelle sue innumerevoli apparizioni nel mondo – ricordiamo
solo le più importanti di Lourdes, Fatima e le
attuali presunte di Medjugorje – raccomanda la
preghiera del Santo Rosario a tutti i fedeli, assieme alla penitenza, come mezzo per chiedere
la pace nei nostri cuori, nelle famiglie e nel
mondo così tormentato da guerre e divisioni. Di
fronte a una crisi mondiale di valori umani e in
cui l’uomo si è allontanato dalla fede e si è eretto a padrone del mondo la risposta della Madre è
la preghiera.
In questo contesto, quindi, bene si inserisce l’iniziativa Domenicana della “Peregrinatio Mariae”
che da subito ha riscosso una indubbia benevolenza dalle parrocchie, gruppi e famiglie da Lei
visitate.
Ricordo in particolare che, in questi anni, tutte le
persone in cui Lei ha fatto visita, rivelavano di
sentire la presenza viva della Vergine come se,
dietro le apparenze della statua, Lei fosse realmente presente.
26
In particolare, nelle famiglie da Lei visitate,
come per miracolo, mariti, mogli, piccoli e
grandi, trovavano il tempo di pregare insieme
spegnendo i televisori. Mi ricordo addirittura
che in alcuni casi volevano che la statua della
Vergine venisse messa al posto del televisore.
Ricordo poi che alcune famiglie, che prima
erano divise ed in disaccordo per motivi futili,
durante il passaggio della “Madonna Pellegrina” si ritrovavano, quasi unite da una forza
misteriosa, a pregare ogni sera insieme.
Altre famiglie, poi, dove alcuni membri erano
lontani dalla Chiesa, dopo aver pregato insieme
per un certo periodo, proprio grazie al passaggio della Madonna Pellegrina, si ritrovano tutt’oggi a pregare ogni sera insieme con i loro figli ed a partecipare attivamente alla vita parrocchiale. Sono tanti i piccoli e grandi miracoli
che si sono verificati in questi anni nelle famiglie, nei gruppi e nelle comunità visitate dalla
Madonna Pellegrina.
Posso dire con assoluta certezza che quando la
Madonna, attraverso l’immagine della Madonna pellegrina, entra in un luogo, sia esso una
parrocchia, una famiglia o altro, dispensa sempre innumerevoli grazie: la guarigione fisica o
morale di una persona, la conversione di qualche esponente della famiglia o anche qualche
grazia materiale di cui Lei sa esservi il bisogno.
Per ultimo, ma non meno importante, va sottolineato il fatto che in tutti questi anni sono nate
tante belle amicizie che durano a tutt’oggi e
che, personalmente, credo siano destinate a
durare per sempre perché nate dalla condivisione di uno speciale amore a Maria e a Gesù.
Personalmente vedo in tutte le apparizioni Mariane ed in tutte queste iniziative della Chiesa,
dove si propaga e si promuove la preghiera
personale, familiare, comunitaria, un'unica mano, la mano di Dio che continua a dirci, come
duemila anni fa, ECCO TUA MADRE.
Una Madre, che con la dolcezza e l’amore
delle migliori delle madri, malgrado i nostri
continui peccati, le nostre miserie ed infedeltà,
cerca le nostre mani per condurci a Gesù.
Il mondo oggi ha bisogno di pace, amore, compassione, ma per far questo abbiamo bisogno
di una profonda unione con Dio. È molto difficile portare Gesù alla gente, se non abbiamo
Gesù nei nostri cuori. Per questo è indispensabile approfondire la nostra vita d’amore, di
preghiera e di sacrificio per poi successivamente donarlo agli altri.
Un grande grazie va a Padre Mauro per quanto,
sotto l’ispirazione dello Spirito Santo, sta facendo per le Parrocchie, le comunità, le famiglie ed i fedeli in genere; un grazie anche a chi,
assieme a me, collabora da ormai qualche anno
ed in particolar modo a Loretta, Ennio, Simonetta, Claudio, Graziella, Franco, Marisa, Franco, Renata, Renato e Mariella e tanti altri che si
sono prodigati e si prodigano per far conoscere
e divulgare la preghiera attraverso la “Peregrinatio Mariae”.
Infine, un grazie specialissimo alla nostra Madre Celeste che ha messo nei nostri cuori un seme: il desiderio del Cielo. Sta a noi ora far crescere questo seme con il nostro umile, fiducio-
27
so e perseverante impegno quotidiano.
Mi piace terminare con una frase di una grande
santa dei nostri tempi:
il frutto della preghiera è la fede,
il frutto della fede è l’amore,
il frutto dell’amore è il servizio,
il frutto del servizio è la pace.
Madre Teresa
Milko
... cercando di liberare
il terreno dai macigni
R
ieccomi dopo poco più di un anno, siamo
ancora vivi e per grazia di Dio anche in ottima
salute ma, soprattutto, in cammino con Maria
verso il Paradiso.
Come mi aveva anticipato nei nostri primi colloqui, il fervore iniziale dell'esperienza del Rosario
Vivente, dopo qualche mese è andato scemando. Attenzione: di cambiamenti e grazie ne
abbiamo visti tanti qui da noi, a cominciare dalla
scoperta di questa preghiera che prima veniva da
tutti noi recitata con una certa meccanicità.
Qualcuno è passato dalla recita della decina al
rosario intero e magari più di uno... qualcuno poi
ha aggiunto la liturgia delle ore... altri, quando
possibile, la messa quotidiana... chi ha iniziato un
cammino di direzione spirituale... in tutti il desiderio di portare anime a Gesù: quindi servizio,
apostolato ed evangelizzazione. Famiglie distratte che oggi sono più salde, uomini che si erano
“sviati” che sono tornati “all'ovile”... per farla in
breve, tanti cuori che cambiano.
Ma nel miracolo dei miracoli c’è l'opera, tuttora
in corso, che credo fermamente figlia del Rosario: si tratta di un gruppo di evangelizzazione nato all'interno della Questura (io sono un poliziotto) nell'ottobre del 2006. Prima di andare avanti
le chiedo una preghiera per questa iniziativa
tanto difficile. Il gruppo è stato messo sotto la
protezione della Mater Ecclesiae.
A volte, un po’ per ridere, racconto che più che
seminare stiamo cercando di liberare il terreno
dai macigni, la semina più avanti; ma con l'aiuto
di Dio tutto è possibile.
Allora, dovendo seguire quest'opera, ho allentato
le riunioni con gli animatori del Rosario Vivente
lasciando a loro piena autonomia; adesso, da
qualche settimana abbiamo ripreso le fila e ...
Francesco
28
quest’anno aspettiamo anche te!
partecipa ai nostri pellegrinaggi
notizie sul prossimo numero
luogo
Movimento Domenicano del Rosario 3355938327 - www.sulrosario.org
convegno del rosario
data
programma
22 aprile 2008
Santuario di S. Maria in
Aula Regia - Comacchio
ore 10,00 Ritrovo dei partecipanti
nel piazzale del Santuario
ore 10,30 Ora Mariana nel salone
a fianco del Santuario
ore 11,30 Meditazione
ore 12,30 Pranzo al sacco
ore 14,00 Visita guidata
di Comacchio
venite...
vi aspettiamo!
ore 16,00 S. Messa in santuario
e momento di adorazione
ore 17,30 Saluti
In caso di mancato recapito inviare all’ufficio di Bologna CMP detentore del conto
per la restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tassa
Scarica

rosarium 2008-01 - Movimento Domenicano del Rosario