CONTRIBUTO INTERNAZIONALE PER TRE
FINESTRE
Il delegato spagnolo al Consiglio Internazionale ha proposto una campagna di
solidarietà nei confronti della fraternità italiana delle Tre Finestre per
partecipare alla costruzione (o l'acquisto) di una o due cisterne di acqua. A
questa proposta hanno aderito tutti i paesi presenti e la Svizzera ha già
inviato il suo contributo.
Nel caso che anche voi voleste contribuire con un versamento:
Conto corrente intestato a Sanfilippo Vincenzo e Manfredi, iban:
IT07A0760104600000057921538.
ARCA
notizie
N.3/2009
ARCA NOTIZIE è un foglio di collegamento e di riflessione tra i compagni
e gli amici della Comunità dell'Arca in Italia.
Articoli, lettere, disegni vanno inviati a: Francesco Pavanello via Marconi 28
Trieste (e-mail: [email protected].)
Il sito internet dell'ARCA in Italia è: http://arca-di-lanzadelvasto.it
Per continuare a ricevere Arca Notizie, il contributo per il 2010 è di 20 euro
(10 per l'abbonamento on-line) da versare sul conto corrente postale n.
97660898 intestato a Dino Dazzani.
Questo numero è stato consegnato per la stampa il 27 novembre 2009
Vi amerete a vicenda, senza di che nessun lavoro può piacere a Dio né
dare buoni frutti.
Lavorerete per rendevi padroni di voi stessi.
...........
Vi guarderete dalla collera, dall’orgoglio, dalla pigrizia dal disordine, dalla
distrazione. Controllerete la vostra lingua Non direte male e né vi
burlerete di nessuno in sua assenza.Non rimprovererete a nessuno un
difetto che non si può correggere. Sarete meno attenti ai difetti del fratelli
che al correggere la vostra impazienza nel sopportarli.
Lanza del Vasto
anno XXIV NUMERO 3 setembre/dicembre 2009
Quadrimestrale della Comunità dell'Arca in Italia
Indice
Presentazione del numero
pag. 3
SOMMARIO
INSEGNAMENTO
2
La Trinità Spirituale appendice n 3
Lanza del Vasto
pag. 4
RIFLESSIONI SULLA CONOSCENZA POSSESSO E DONO DI SÈ
Chi sono io? Libere associazioni
Ambra Cusin
pag. 10
SPIRITO DI COMUNITÀ
Alla ricerca dell'anima comunitaria
Jean Baptiste Libouan
pag. 16
Un filo di luce
pag. 19
APPROFONDIMENTI
intuizioni e limiti del discorso sulla corresponsabilità
di Lanza del Vasto
Enzo Santifilippo
pag. 20
Appunti per la pratica dello yoga;
Guido Farella
pag. 34
ARCA IN ITALIA
San Giovanni Batista 2009
Dino Dazzani
pag. 38
Fraternità di Casciago
Patrizia Branbilla
pag. 39
Fraternità delle tre finestre
pag. 41
Entrate nel cerchio e dateci la mano
Renata Longo
pag. 46
Incontro Nazionale 2009
Renata Longo
pag. 47
Il Cammino di Riconciliazione
pag. 47
ARCA NEL MONDO
breve resoconto del consiglio internazionale
friedenshof , germania
a cura di Pierre-Ami Beguin
pag. 49
La Feve
Notizie dalla comunità di S. Antoine
pag. 53
SEMPLIFICAZIONE DI VITA
qualche appunto e riflessione su : povertà e semplificazione di
vita; a partire dalla mia esperienza personale
Laura lanza
pag.56
C
arissimi
In questo numero riprendiamo la traduzione in italiano della Trinità
Spirituale, grazie all'impegno e al lavoro di Frédéric.
Continuiamo la riflessione, sulla conoscenza e il dono di sé, con un
contributo di Ambra Cusin psicoterapeuta che a partire dalla propria
esperienza professionale si interroga su chi siamo e sul conoscere i nostri
limiti accettandoli.
Continuiamo a trarre dalla carta italiana dell'Arca il tema di
approfondimento: per il 2010 è stato scelto lo “spirito di comunità” e per
iniziare la riflessione riproponiamo un articolo di Jean Baptiste Libouban
sulla ricerca dell'anima comunitaria apparso nel 1991 sulla Nouvelles
dell'Arche. Il tema sarà al centro dell’incontro annuale che si terrà a
dicembre alle Tre Finestre.
La sezione degli approfondimenti contiene due contributi, uno di Enzo
Santifilippo che affronta la “intuizioni e i limiti del discorso sulla
corresponsabilità di Lanza del Vasto”.
Continua la pubblicazione delle riflessioni sullo yoga a cura di Guido
Farella.
Abbiamo un ampio spazio dedicato alla attività dell'Arca Italiana, un
resoconto della recente San Giovanni, del campo estivo ed un’ ampia
presentazione delle attività svolte dalla fraternità di Tre Finestre.
Pubblichiamo il resoconto del consiglio internazionale e la proposta della
comunità di S. Antoine “la Fava” progetto di formazione alla nonviolenza e
di sperimentazione del vivere esperienze comunitarie .
Completa il numero la riflessione sulla semplificazione di vita il contributo
al campo estivo di Laura Lanza.
Siamo alla fine di un anno di Arca Notizie, vi chiediamo di continuare a sostenerci,
anche aiutandoci a coprire i costi di stampa e spedizione rinnovando gli
abbonamenti che per il 2010. Sappiano di chiedere uno sforzo notevole a fronte di
pochi numeri annuali ma senza il vostro contributo concreto non riusciamo a
sostenere le spese di stampa e spedizione.
Il contributo per il 2009 è di 20 euro (10 per l'abbonamento on-line) da versare sul conto
corrente postale numero 97660898 intestato a Dino Dazzani.
La redazione
3
La Trinità spirituale
di Lanza del Vasto
APPENDICE III
PENSO DUNQUE SONO
COGLIAMO L'OCCASIONE PER PENSARE
A QUALCOSA OD A QUALCUNO
INSEGNAMENTO
traduzione a cura di Frèdèric Vermorel
Posso dubitare di tutto tranne che del fatto che dubito, ma
dubitare è pensare.
Ora, non è possibile pensare senza essere, dunque sono.
Certo, ma non potremmo pure dire che non è possibile correre
senza essere? Ora, corro, dunque sono! No, poiché potrei sognare
che corro, mentre sono a letto, immobile ed immerso nel sonno.
Ma sognare è pensare.
Ecco, sembra, un buon punto di partenza.
Eppure manca qualcosa. Manca un complemento al verbo, giacché
pensare è pensare qualcosa. Perché non dirlo?
Perché non si hanno certezze riguardo all'oggetto. Verificare
l'oggetto è precisamente il fine del Metodo “per un retto uso della
1
propria ragione e per la ricerca della verità nelle scienze” .
Sono troppi i dubbi, signor Cartesio che dite “Io sono” con tal
2
sufficienza . Non rischio alcunché nel dire “Penso qualcosa”,
giacché se pensassi nulla, non penserei affatto e il discorso si
concluderebbe prima ancora d'iniziare.
Diciamo semplicemente: [Io] penso qualcosa, dunque [io] sono
qualcuno.
Simile formula, non meno certa della prima, offre il prezioso
3
vantaggio di porre in risalto la parola “Io”, sottintesa in latino ,
ripetuta in francese, ma sulla quale ci si sofferma di rado,
considerandola probabilmente troppo evidente.
Ora, è proprio peccato non riflettervi, giacché la prima
proposizione del Metodo conclude al suo essere: “dunque io sono”.
Ma cosa sono?
Sono forse “un'idea chiara e distinta”? Ebbene no, ma oscura e
confusa, al punto che cerco in vano una mia definizione.
Sono forse una cosa? No, di certo,
ma il contrario di una cosa e il
contrappeso di tutte.
Orbene, come so che sono?
In realtà non lo so, lo sento. Il
sentire è un sapere anteriore al
sapere. Il sentire è l'alimento e il
terreno del sapere. È possibile
sentire senza sapere, ma l'inverso
non lo è.
Non meno evidente e più
fondamentale che il “Penso,
dunque sono” è il “Sento, dunque
vivo”.
Io mi sento, dunque sono
proprio io che vivo.
Ma qual’è il senso attraverso il
quale io mi sento?
È tanto diverso dai sensi rivolti
verso l'esterno che non si può
chiamare col medesimo nome.
In effetti, si chiama Affetto o
Sentimento.
È una corrente vitale tra due
poli: dolore in basso, gioia in
alto.
La sua oscillazione è perpetua,
e quando accelera si chiama
giustamente emozione.
È il senso dei miei sensi, il mio
cuore.
L'affetto è l'anima del mio
corpo, il legame tra il corpo e lo
spirito.
È altresì il legame tra la mia
intelligenza e la mia volontà.
Riceve l'urto delle impressioni e
conferisce la forza e la spinta
ad agire.
Qui le sensazioni venute dal
mondo intero confluiscono con i
desideri, i pensieri, i ricordi.
Nei suoi rami alti o bassi brulicano le
diverse passioni.
Così come mi collega a me stesso,
può legarmi ad altre persone.
Senza di lui il mio pensiero non ha
centro, la mia volontà non ha senso,
la mia ragione non ha ragion d'essere.
Le acque agitate dell'emozione sono
dunque io? No, ma io sono il suo
fondo impassibile.
Concludendo, prima, dal pensiero
all'essere, avevamo saltato questo
gradino,
saltato il senso,
saltato la vita,
saltato l'Io.
I difetti del sistema che segue
procedono necessariamente da queste
mancanze.
L'aver saltato l'Io (intendo l'io che si
percepisce tale) farà di me “una
sostanza pensante”, una specie di dio
che non sta né in cielo né in terra.
L'aver saltato la Vita farà del mondo di
Cartesio e dei suoi eredi un grande
macchina, e di Dio, il motore di questa
macchina. Ridurrà gli animali a
macchine insensibili, offrirà delle
spiegazioni meccaniche del corpo
4
umano e delle stesse passioni .
L'aver saltato il Senso (intendo l'aver
misconosciuto il sensibile e il relativo)
farà dell'intendimento (res cogitans) e
dell'estensione (res extensa) “degli
attributi della sostanza”. Ora, il proprio
della sostanza è di non potersi
5
comunicare . Tanto è che non si potrà
considerare la loro concordanza se non
come un miracolo e spiegarla se non
ricorrendo all'infinito.
Questo infinito giro di parole è la
dimostrazione dell'esistenza di Dio che
1
Sottotitolo, come ognuno sa, del Discorso sul Metodo di Cartesio.
Secondo la Cabala, soltanto Dio può dire: “Io Sono”.
3
Così come in italiano! (N.d.T.)
2
4
4
5
Si veda a tal proposito: Cartesio, Trattato delle Passioni; B. Spinoza, Etica.
“In un determinato soggetto non è altra da se stessa” dice Aristotele.
INSEGNAMENTO
5
tutti conoscono, perno di tutto il
sistema. Eccola:
Trovo in me l'idea d'Infinito.
Questa non può venire dalle cose,
le quali sono tutte limitate, né da
me stesso mortale ristretto nei
suoi orizzonti. Essa non può venire
che da un essere infinito, il quale
è necessariamente Dio. Dio non ci
può ingannare. Dunque, ben
condotto, l'intendimento
necessariamente intende le cose
così come sono. Cosicché
potremo, come i geometri,
dedurre tutta la scienza
dell'universo muovendo da pochi
assiomi.
Tale è la tesi.
Di certo non intendiamo negare
che Dio sia il garante d'ogni verità.
Neppure negheremo che il
procedimento che conduce dalla
conoscenza di sé alla conoscenza
di Dio e, da lì, alla conoscenza del
mondo creato avrebbe conferito
alla filosofia e alla scienza
occidentale la saggezza e la
profondità che difettano loro.
Purtroppo “il Padre della Filosofia
moderna”, come si suole
chiamarlo, ancorché abbia seguito
questa parabola, di poco superò i
suoi discendenti. Per lui il sé e
Dio, lungi dall'essere quelli che
sono, profondi misteri, si
presentano come delle nozioni
comuni dalle quali muove per non
farci ritorno.
Andiamo avanti. Metodo significa
procedimento metodico, passo
dopo passo. Com'è che il secondo
passo consiste qui in un salto
smisurato? Una volta posto che
6
sono, non potrei forse confrontarmi di
pari passo con quanto è o sembra essere
davanti a me?
Certo, posto che sia io, colui che sente
e vive. Poiché costui non è una nozione
comune: è un essere in sé che non può
essere conosciuto se non da se stesso.
Chiediamo al primo che capita come si
percepisce. Come una sostanza
pensante? No, ma tutto al più come un
animale razionale dotato di un corpo
vivente.
Ô filosofici angeli di luce che siamo,
non è forse straordinario aver potuto
cogitare fin qui senza accorgerci di
questo dettaglio!
Triviale e puerile accorgimento, certo,
ma capace di scaraventarci fuori
dall'orbita delle astrazioni sostanziate e
metterci alle prese con il reale.
In effetti, il nostro vivente corpo è una
sonda calata in mezzo alle cose, atta a
misurarne lo spessore sostanziale.
Mediante incessanti scambi con lui, le
cose provano che sono della stessa
natura sua. Resistendogli dimostrano la
loro esistenza.
Io che penso, io so che sono, poiché mi
sento da dentro e mi conosco da fuori.
Da dentro mi sperimento com'essendo
me stesso. Da fuori, mi vedo come un
corpo tra i corpi.
Degli altri corpi conosco soltanto
l'esterno, ma attribuisco loro un
interno, un essere, il quale valuto
muovendo dal mio peso d'essere da
questo lato della bilancia.
Pensare significa pronunciare il verbo
6
essere. Perciò pensare significa pesare .
È detto esistente l'oggetto percepito
soltanto dall'esterno.
Dall'esterno? All'esterno di che cosa?
- All'esterno di tutto.
Senso etimologico.
6
INSEGNAMENTO
Dall'interno? All'interno di che
cosa?
- All'interno di tutto.
Ogni cosa avendo un interno e un
esterno, conoscere consiste nel
percepire entrambi gli aspetti e il
loro legame.
Questo è chiaro. Basta enunciarlo
perché ognuno scopra che è
proprio quel che pensa. Come mai
nessuno l'ha detto?
Chissà? Forse Cartesio lo dice a
modo suo: Quel che egli chiama
res cogitans e res extensa
sembrano altri nomi per Interno e
Esterno.
Eppure no. Giacché la res cogitans
non è l'Interno; l'Interno è “Io
sono”. L'Io e l'Essere sono l'Interno
e la profondità.
L'intendimento (la res cogitans) è
la Relazione dell'Interno con
l'Esterno, o meglio, dall'Interno
all'interno dell'Esterno, meglio
ancora, dall'Interno all'Interno
tramite l'Esterno.
L'Interno e l'Esterno non sono
come la res extensa e la res
cogitans di Cartesio, degli
attributi della sostanza, bensì
7
delle dimensioni del Reale .
Cartesio, geometra, è l'inventore
delle Coordinate dello Spazio,
l'asse sul quale i tre Piani dello
Spazio s'incontrano ad angolo
retto, determinando così le figure
da ogni parte. Peccato che non
abbia applicato la sua trovata alla
Metafisica! (Non ha fatto di ogni
dimensione un attributo della sostanza,
e ne ha trovato tre e non due).
L'Interno, l'Esterno e il loro Legame,
vale a dire l'intelligenza della loro
conformità: ecco le tre dimensioni del
Reale,
di cui la prima si chiama essere, la
seconda si chiama esistenza, la terza
verità.
I tre termini si uniscono, ma non si
confondono. Quando vengono confusi,
si discute per secoli su falsi problemi
come quello della “esistenza di Dio”.
Penso, dunque sono. Ma esisto?
M'incontro nel mondo esterno, il quale,
per definizione, è esterno a me?
Certo, in quanto corpo.
E il mio pensiero, esiste?
8
Certo, nella misura in cui si esprime .
Si esprime tutta?
No. Io so il suo fondo altamente
inesprimibile, dolorosamente
inespresso.
Questo fondo esiste?
No. É.
È “io”.
Ecco che un altro anello del discorso
perviene sotto le nostre dita, anello che
non è altro che lo stesso discorso, cioè
il fatto stesso di discorrere. Con
sorpresa scopriamo che abbiamo
riflettuto ed abbondantemente discusso
a proposito del pensiero senza esserci
7
La res cogitans e la res extensa non sono come l'Interno e l'Esterno, degli opposti dai
quali rimane da scoprire la relazione. Sono la relazione-con-uno-dei-suoi-termini,
mentre l'altro termine, il primo, l'Io, è stato dimenticato appena che posto. Se si
oppone la relazione col termine, non si trova più nulla per collegarli. Donde, presso i
cartesiani, l'insolubile problema della comunicazione tra le cose e l'intelligenza. Falso
problema in quanto l'intelligenza è la comunicazione stessa.
8
Ex-sistere. Ex-primere. Ex = fuori.
INSEGNAMENTO
7
mai resi conto che parlavamo; che
la parola è il corpo del nostro
pensiero, indispensabile alla sua
vita, così come il nostro corpo di
carne lo è per la nostra vita
terrena. Penso e parlo, dunque
qualcun altro esiste.
Come il mio corpo non può
sussistere senza essere sostenuto,
nutrito, penetrato dal mondo
esterno, giacché vive di scambi,
similmente, il mio pensiero, che è
relazione, vive di scambi e
comunicazioni con l'altrui
pensiero.
9
Un pensatore dell'Antichità ha
detto: “I dormienti vivono ognuno
nel proprio mondo, gli svegli
hanno un mondo comune”.
La parola non è solamente parte
integrante del pensiero, è pure un
elemento costitutivo della
percezione, della
rappresentazione dell'oggetto, e,
per giunta, sintetizza in modo più
o meno sommario i legami di tal
oggetto col tutto.
La parola m'insegna che la mia
visione è coperta da quella degli
altri, confermata, corretta,
allargata dalla necessità di farsi
udire. Ogni parola è un patto
d'intesa.
Paradossalmente, l'accordo tra i
soggetti conferisce all'oggetto il
suo carattere oggettivo.
La parola non è solamente un
riflesso dell'intelletto, è pure
strumento della volontà. Chiama,
raduna gli uomini, conduce le
equipe di costruttori, e, mentre la
lingua guida, la mano tasta e constata.
Il termine francese per parola, “mot”,
10
significa moto ; e “verbo” significa
11
colpo . Il linguaggio contribuisce a
modellare l'immagine di un mondo
massiccio, dai contorni precisi, dalle
articolazioni regolate, dal
comportamento prevedibile.
La parola mi educa, mi conduce fuori
12
da me . Il mio mondo particolare,
quello delle mie relazioni corporee con
gli oggetti familiari, chiuso come quello
degli addormentati, si frantuma sugli
spigoli del mondo comune. Eccomi
cacciato dal mio centro. Il punto di
convergenza delle prospettive mi
sfugge, s'innalza, si allontana in
direzione dell'infinito. È lassù che il mio
pensiero deve abitare. Non può farsi
udire che di lassù, donde deve imparare
a considerare cose e persone, tra le
quali io.
Pericolosa altezza! Perché chi sono io?
Di dove sono? Di quaggiù o di lassù? E
l'essere? Sta in me oppure in questo
centro virtuale situato all'infinito?
Visto da sì così lontano il mio corpo
sembra un argomento precario a favore
dell'esistenza, essendo lui stesso
precario e domani morto. Mi
accompagna nei miei sogni e gioisce e
soffre di tutto quanto vi si svolge fino al
risveglio in lacrime. Il mio pensiero?
Quale consistenza possiede, lui che si
spegnerà stasera, quando spegnerò la
candela? (Ô filosofi, come potete
parlare dello spirito come se non
dormiste mai?) Le altre persone, così
pronte a mentire e inclini all'errore,
9
Parmenide. (N.d.T.).
Dal latino motus.
11
Dal latino verberare, colpire.
12
Senso etimologico: educere, ducere ex, educare: condurre fuori.
10
8
INSEGNAMENTO
sono forse testimoni più certi?
Anche loro incontro nei miei
sogni,ove mi dicono cose
stupefacenti che non potrei mai
inventare. Vi è poi il mondo dei
grandi sogni in comune, quello
delle fiabe.
Penso che io sono, piuttosto lo
sento, lo credo, lo so di un sapere
oscuro.
In verità, non so nulla di me stesso
né dell'essere.
In verità, non mi sono mai visto. In
effetti, posso vedere soltanto
quanto sta davanti ai miei occhi.
Ora, io sto dietro a loro.
Non mi penso, non sto nel mio
pensiero: sono da prima.
In effetti, è assurdo pensare che si
possa pensare senza essere, ma il
contrario non è affatto
dimostrato.
Quando proiettiamo l'essere nel
cuore delle cose, non si va da una
evidenza all'altra, ma da un'ombra
all'ombra di un'ombra. Si
attraversa con tal facilità lo
specchio delle apparenze sensibili
che uno se n'accorge a mala pena,
e crede di vedere e toccare le
sostanze. “Ecco del solido,
pensiamo, ecco dei principi e dei
fondamenti immutabili, ecco le
pietre dell'edificio metafisico”.
Ma non vi è nulla meno concreto
di siffatte pietre, le quali non
hanno altra consistenza all'infuori
del termine che le indica. “La
sostanza, dice Aristotele, non
soffre né il più né il meno”.
Quando si è detto di una cosa che
è, non vi è nulla da aggiungere
riguardo alla sua sostanza. Per
definizione, la sostanza è
impenetrabile. Costituisce il
termine contro il quale l'intelligenza
cozza con stupore. Se ne può parlare
solamente come termine di una
relazione, il quale, se viene separato
dalla relazione di cui è costitutivo e
considerato in sé, non è più nulla.
D'altronde, essa non si è mai collocata
da se stessa al di fuori dell'universale
trama delle relazioni e delle apparenze.
Il suo concetto procede dall'illusione di
averla vista al di fuori della vista,
conosciuta al di là della conoscenza,
spogliata delle forme che riveste e
colta nella sua nudità. Certo, sarebbe
bello poter collocare il fondo a fianco
della forma e constatare la loro
conformità!
Sta scritto: Nessuno ha mai visto Dio.
Allo stesso modo si può dire (non senza
meraviglia per gli ingenui):
Nessuno ha mai visto la materia.
Nessuno ha mai visto l'oggetto.
Conseguenza del fatto che nessuno
vede se stesso.
La sostanza non è un assioma e neppure
un concetto. È un mistero,
così come me.
Un mistero è qualcosa d'irrefutabile e,
al contempo, d'incomprensibile. Una
cosa della quale si sa che non si sa e
perché non si sa.. Una cosa che si
ignora non per mancanza di istruzione o
difetto di ragionamento bensì in virtù di
una necessità inerente all'intelligenza.
Così, ad esempio, IO SONO è
irrefutabile, eppure davanti all'Io e
all'Essere la mia intelligenza si ferma di
colpo. Attribuisco l'essere a tutto
quanto si presenta con il medesimo
carattere d'irrefutabile irrazionalità.
Bisogna forse attenersi alla sola
Apparenza sensibile, dato che gli sforzi
della ragione per superarla sono
altrettanti vicoli ciechi?
Impossibile attenenervisi in modo così
INSEGNAMENTO
9
anche agli animali. Ecco: il cane,
che ha sonnecchiato tutta la
serata il naso sul tappeto, drizza
le orecchie, si agita e gira e rigira
nella stanza. Ha riconosciuto,
quasi perso nella lontananza, il
ritmo del motore della macchina
del suo padrone, ed ora si prepara
all'evento osservando la porta,
quella stessa porta che si aprirà
tra un quarto d'ora, lasciando
entrare colui che agli occhi suoi
solo esiste.
Facciamo come lui, attenti al
benché minimo mormorio
dell'Apparenza. È da lei che
bisogna partire, giacché soltanto
lei appare. Essa sola costituisce il
dato primordiale.
Ora, quanto è giusto dire il
“Dato”: ammirevole, insondabile,
inesauribile Dono!
Esso supera tutte le astrazioni e
costruzioni mentali, le supera
quanto la foresta supera i pali e le
tavole che ne abbiamo tratti per
imbastire la nostra capanna.
Gli scienziati, che sono i più
realisti di tutti gli esseri umani,
non giudicano della realtà del
mondo esterno: la chiamano
13
Fenomeno, cioè Apparenza , e
fanno passare attraverso il
controllo dei sensi corporali le
meglio combinate e calcolate
14
delle loro invenzioni .
In modo quasi unanime i Filosofi
affermano che le cose non stanno
come appaiono.
Alcuni, e non di quelli secondari,
affermano che non sono affatto,
13
14
se non immagini e ombre proiettate.
Altri affermano che sono quelle che
sono, ma che non abbiamo alcuna
possibilità di saperlo (e loro, com'è che
lo sanno?).
Le loro discussioni sull'esistenza del
mondo esterno assomigliano ad una
storia di matti. Con la differenza che
sono falsi matti che non credono alla
loro storia, tranne che durante le loro
cogitazioni e discussioni, ma appena
passano a tavola, eccoli che divorano
con appetito senza pensare un attimo
che mangiano ombre.
I filosofi non sono gli unici a ricusare il
mondo visibile. Le grandi religioni
credono solo nell'Eterno. Ai loro occhi
tutto quanto si disperde nello spazio e
scivola nel tempo nega se stesso e si
annulla da sé. Gli Indù parlano di
Maya, l'Illusione Universale, del Gioco
del bambino Krishna, oppure
dell'espirazione di Vishnu
addormentato che sogna sul suo letto
di serpenti arrotolati, alla quale segue
l'inspirazione e il ritorno e l'inizio di
altri cicli senza fine.
La Bibbia parla di una creazione tratta
dal nulla, impastata di niente e di
vanità e destinata al “Giudizio di
fuoco”. La sapienza cristiana c'invita a
distoglierci “dalle figure di questo
mondo che passa”.
Non bisogna vedere in queste
cosmologie simboliche delle
spiegazioni della natura, ma delle
esortazioni al distacco, alla
conversione, al risveglio sull'altra
sponda della morte. Il mondo vi è
presentato come un sogno, ma un
sogno di Dio, e non una “proiezione
Medesimo significato etimologico.
È quel che si chiama esperimento scientifico.
10
INSEGNAMENTO
del nostro spirito”. Esse
riservano alla manifestazione la
sua parte di pienezza, la sua
parte di vacuità, la sua parte di
mistero e la sua parte di gloria.
Permangono, anche come
spiegazioni, di gran lunga più
accettabili al buon senso
popolare rispetto ai sistemi dei
metafisici.
Dobbiamo sapere che i sensi non
sbagliano mai. Sono incapaci di
sbagliare. Quello che è sentito è
sentito e dunque, in qualche
modo, è. Siamo noi che
possediamo una sconvolgente
capacità a falsificare i loro
messaggi.
Perché le nostre scienze e le
nostre filosofie sono a tal punto
grigie e morte?
Perché siamo degli ingrati, perché
abbiamo misconosciuto il Dato,
la larghezza, la profondità,
l'altezza della Rivelazione
Sensibile,
giacché il sensibile non è
confinato dentro quello che cade
sotto i cinque sensi, né
all'inimmaginabile profusione degli
esseri animati e inanimati che
popolano il cielo e la terra.
Esso comprende pure l'immagine
rovesciata e mescolata del cielo e
della terra nel mobile specchio
dell'anima.
E pure il limbo dei ricordi e il
germoglio dei secoli venturi.
E la flora e la fauna dei desideri,
dei timori, degli amori e delle
collere i cui amplessi e i cui furori
a volte traboccano a tal punto da
far crollare l'edificio delle nazioni
ed esplodere la crosta terrestre.
E ancora il gusto della bellezza, la
percezione delle risonanze e delle
corrispondenze, i vibranti legami che
uniscono i cuori e le stelle.
E ancora il senso del dovere, la fame e
la sete della giustizia ed il fervore
sacrificale.
E ancora la speranza, la felicità e la
salvezza.
E ancora le voci e i richiami dall'Alto, le
visioni e le profezie, i languori santi, la
pace delle profondità e l'estasi.
Quando si osserva il mondo esterno e lo
si scruta e studia ma dimenticando
sistematicamente quanto succede
dietro lo sguardo e nel cuore di colui
che guarda, questo mondo inaridisce, si
scolora, si svuota, diventa un non
senso, e ci si chiede, non senza ragione,
se è.
Va bene! La bellezza e la ricchezza
della cortina non sono messe in
discussione. Altra è la domanda che si
pone: c’è qualcosa al di là della
cortina? La cortina dei fenomeni, la si
può penetrare?
Tra i fenomeni ve n'è uno del quale non
posso dubitare, uno del quale non ho il
diritto di dubitare:
il volto del mio simile.
Devo credere che egli è, così come
credo di esserlo io, e per le medesime
ragioni.
Stupiamoci, ancora una volta, di avere
tanto discusso senza avere mai
incontrato questo punto, la
considerazione del volto. È proprio in
questo punto che il cosiddetto mondo
materiale assume la sua evidente
consistenza e perde la sua opacità.
È da qui che iniziò la conoscenza per
ognuno di noi ben prima d'ogni discorso
e cogitazione.
INSEGNAMENTO
11
12
significato.
Il mondo esiste, certo, e tuttavia di
un'esistenza relativa, transitoria e
attraversata.
È qualcosa attraverso la quale
qualcos'altro passa.
Guardiamolo come un volto che ci
guarda.
Chiediamoci cosa ci vuole dire e cosa
abbiamo da rispondergli.
Arrischiamo un ulteriore passo sul
sentiero delle certezze misteriose:
Amo, dunque Tu sei.
CHI SONO IO? LIBERE ASSOCIAZIONI
Di Ambra Cusin psicologo e psicoanalista della Società
Psicoanalitica Italiana
RIFLESSIONI SU CONOSCENZA,
POSSESSO E DONO DI SÉ
Il mondo intero si rivelò a noi
sotto le specie del volto di nostra
madre china sulla culla.
E mai più si è ripetuta nella nostra
esperienza terrestre una simile
penetrazione da essere a essere
attraverso il velo dell'apparenza.
D'altronde non vi sono “cose”
propriamente dette che per noi
snaturati civilizzati: per il
selvaggio, per il poeta, per il
bambino ogni oggetto è volto,
gesto, segno. Se ne cerca la
natura non nella materia e nelle
concatenazioni causali, bensì in un
La persona che mi ha consultato ha parlato ininterrottamente
per una ventina di minuti, cercando di spiegarmi alla meglio, in
un tempo sempre risicato per chi soffre, i motivi per cui si è
rivolta a me. Spesso è difficile capire le ragioni dell'altro, ma
per professione sono allenata a cogliere la sofferenza che
soggiace ad una richiesta per certi versi difficile e complessa:
quella di un trattamento psicoanalitico.
Ma è a questo punto che spesso mi viene da domandare al mio
interlocutore: “Ma lei chi è?” a cui segue una sorta di
smarrimento e disorientamento direttamente proporzionale
alla quota di dolore psichico presente. Disorientamento che
sarà la base su cui costruiremo il lungo lavoro psicoanalitico.
Quando ci viene chiesto “lei chi è?” proviamo un senso di
confusione. Siamo molte cose: un uomo, una donna, un
qualcuno che svolge una certa attività, un marito, una moglie,
un single, un padre, una madre, un figlio, un peccatore, un
santo, ecc. tutti ruoli, compiti o al massimo giudizi morali che
facilmente riusciamo a descrivere, ma difficilmente riusciamo
ad andare alle radici del nostro essere, della nostra essenza,
della nostra esistenza.
Lei chi “è”. Questa “è” è una parola in italiano brevissima una
sola vocale dotata di accento sulla quale molti si sono
interrogati.
Quest'anno “Arca Notizie” vuole dibattere sul tema della
conoscenza di sé stessi e ho trovato in alcuni numeri
interessanti commenti di personaggi prestigiosi che stimo.
Non so se sarò all'altezza degli stessi - chi mi conosce sa che ho
“un'altezza” molto modesta - ma trovo che il mio vertice
osservativo di psicoanalista possa offrire spunti alla
discussione.
Il mito, ovvero il racconto che la mente fa di sé stessa
(R.Romano), con cui si descrive e descrive il proprio
funzionamento, significa racconto ed ogni paziente quando
inizia la sua seduta porta un racconto, il suo mito di quel
giorno, di quella settimana, della sua vita. Ed è per questo che
il mito di Edipo non è come spesso erroneamente viene detto,
il mito sull'incesto, ma è il mito psicoanalitico per eccellenza
perché riguarda il bisogno di sapere, l'arroganza, la hybris,
quella volontà di conoscere se stessi, la propria storia e origine
che è insita, e a volte celata, in ogni essere umano capace e
13
libero di pensare. Quella volontà che
nel cercare il significato di noi stessi
ci fa incontrare le domande
sull'esistenza di Dio. Una volontà che
però può portarci ad un disastro.
Edipo vuole conoscere a tutti i costi
la verità su se stesso. Ma la verità è
sempre troppa, la nostra mente non
è in grado di contenerla, ne viene
devastata, accecata. Infatti non per
caso Edipo si toglie gli occhi una
volta conosciuta la verità. A volte ci
vorrebbe un “raggio di buio” così da
essere in grado di "sopportare" e di
condividere la vertigine persecutoria
del senso di "non appartenenza" (al
mondo dei viventi) che gli aspetti
inconsci (parte inevitabile della
mente e della relazione con gli esseri
umani) evocano. Un, "raggio di
oscurità" generato dal volontario
oscuramento di memoria, desiderio e
conoscenza.
Grazie a questo oscuramento
possiamo permetterci,
momentaneamente di eliminare le
seduzioni infingarde della realtà
esterna, concreta e cosciente (fatta
di percezioni e sensazioni) così da
“vedere” in modo diverso e nuovo in
noi stessi. (W.R. Bion).
La stessa arroganza di voler
“conoscere” viene punita da Dio a
Babele quando gli uomini sono così
presuntuosi da voler raggiungere il
cielo, Dio, nella concretezza. Ma
Babele non vuole dire solo
confusione, ma anche bab-El ovvero
Porta di Dio, luogo da cui si accede
alla conoscenza divina, al tutto, a
quel infinitudine al cui solo pensarci
la nostra mente si frammenta,
tentenna e balbetta. Come uomini
siamo limitati: dentro di noi abita
un'immensità, un universo di
potenzialità che mai riusciremo a
sondare del tutto e che, a mio
parere, è una timida immagine
dell'immensità divina ed è per questo
che la conoscenza di noi stessi, come
dice E.Bianchi, proprio su Arca (1/09)
può avvenire solo se va di pari passo
con la conoscenza di Dio.
Molto modestamente nel mio lavoro
quotidiano, cerco assieme al
paziente una verità, che è sempre
molto parcellare e minima, ma è la
verità che il paziente può quel giorno
tollerare e comprendere. Una verità
che aiuta a dare senso e significato e
che, come sottolineava Francesco
Pavanello parlando di Ricoeur, è
strettamente intrecciata alla
responsabilità.
In analisi c'è un momento speciale, e
doloroso, in cui il paziente diviene
consapevole che le cose che sta
dicendo sono proprio frutto dei suoi
pensieri di cui deve divenire
responsabile, che non può più
attribuire agli altri. I sogni li
facciamo noi, ne siamo i produttori e
i registi, oltre che attori. Come nella
famosa barzelletta che un giorno mi
raccontò un paziente: In un sogno
una donna corre nel deserto
inseguita da un africano nudo ed
eccitato sessualmente. Lei ne è
terrorizzata, scappa ma lui le è
sempre dietro. Ad un certo punto,
stanca morta si ferma, si gira e gli
chiede: ma perché mi insegui? Non lo
so, dice l'africano, lo sai tu che stai
facendo il sogno!”
Molte riflessioni sottolineano
l'importanza di tentare una
conoscenza di sé facendo riferimento
alla coscienza di sé stessi (“fin dove
questa coscienza può essere estesa
indietro ad una qualsiasi azione o
14 CONOSCENZA, POSSESSO E DONO DI SÉ
pensiero del passato, fin lì giunge
l'identità di quella persona”(Locke).
Io vorrei invece scomodare la parte
di noi stessi che soggiace alla
coscienza, ovvero l'inconscio, a cui
prima ho accennato, di cui
necessariamente per scelta mi
occupo quotidianamente, e che è
l'inconoscibile per antonomasia, che
non è direttamente “conoscibile” ma
che possiamo avvicinare solo
attraverso i suoi derivati: i sogni, i
lapsus, gli atti mancati (S. Freud).
Eppure l'inconscio è una fucina
immensa piena di potenzialità. Ma
anche fatta di contraddizioni.
Conoscere sé stessi necessariamente
incontra i permessi e i divieti posti
dal proprio inconscio personale (su
cui qui non ho la possibilità di
descrivere le caratteristiche per
esteso) la cui logica non è quella
asimmetrica a cui siamo abituati a
livello di coscienza (logica per la
quale per esempio se A > B allora B <
A), ma è una logica “simmetrica” (I.
Matte Blanco) dove sono valide
affermazioni del tipo “io sono la
madre di mio padre”, assurda a
livello cosciente, ma perfettamente
logica per esempio in un sogno.
Ebbene conoscere se stessi implica
anche misurarsi con tale logica,
accettare aspetti di noi spiacevoli e
non edificanti, incongruenze e
incoerenze che preferiremmo non
vedere ed evitare. Divenire
responsabili dunque anche delle
contraddizioni che ci caratterizzano
(tra cui visto il contesto dell'Arca
accennerei all'area violenta che abita
l'uomo e che solo se viene conosciuta
e assunta con responsabilità può
condurre a scelte veramente non
violente) , assumendocene l'onere
sapendo voler bene e apprezzare la
nostra grande, unica e meravigliosa
“nientità”.
CONOSCENZA, POSSESSO E DONO DI SÉ
15
ALLA RICERCA DELL'ANIMA COMUNITARIA
SPIRITO DI COMUNITÀ
di Jean Baptiste Libouban
(Nouvelles de l'Arche, anno XXXX, 1991, numero 1)
Nella prima bozza della Regola data a Tournier per le comunità,
(L'Arca aveva una Vigna per Vela), Shantidas comincia con
queste parole : “Vi amerete gli uni gli altri, se ciò non avviene
nessun lavoro può piacere a Dio ne dare buoni frutti”.E dovrei
poi riportare tutta la pagina che segue, poiché pone i punti
fondamentali sui quali concentrarsi per lavorare su di sè e con
gli altri al fine di continuamente ristabilire la pace e l'armonia
fra di noi. Se c'è un miracolo nelle comunità è che durino; se
durano è proprio dovuto alla grazia di Dio e per l' intenso lavoro
che spinge ognuno a sormontare le difficoltà della vita comune.
Ridicendoci “vi amerete gli uni gli altri….” Shantidas ha
pronunciato la parola centrale : amare.
Questo amore che viene da Dio e lo manifesta non è l'amore
affettivo, ma lo contiene. E' quello che ha spinto giustamente i
primi Cristiani a riunirsi in comunità e a condividere i loro beni.
Amare, si, ma in quale maniera continuamente ri-fare, riparare
questo tessuto che per sbadataggine e per ignoranza, per errore
noi strappiamo ?
La verità vorrebbe che il sole non tramontasse su di un litigio,
un malinteso, una collera pubblica, infine su qualsiasi atto che
possa aver intorpidito l'acqua di quel lago nel quale confluiscono
tutti i ruscelli delle nostre vite. Il bacio di pace che ci diamo
alla sera alla preghiera del fuoco dovrebbe essere il segno, il
sigillo della fiducia, della comunione tra di noi. E' per
preparare questo bacio di pace, ove ognuno possa guardare
l'altro senza tremare interiormente, che si diede luogo ad un
momento chiamato della culpa ( del 'pentimento' ) prima della
preghiera della sera. Ognuno vi riconosceva le proprie
infrazioni alla Regola e proponeva una appropriata penitenza. E
i presenti provavano piacere nel ridurla quando sembrava loro
senza proporzione con l'errore commesso: il ritardo alla
preghiera o al pasto comune, la trasandatezza nel vestire, il
gesto o la parola che avevano recato offesa, così come l'ingiuria
o la collera in pubblico, erano spesso l'oggetto di culpa. Tutto
ciò che feriva l'occhio, l'orecchio o il clima fraterno veniva così
gettato la sera nel fuoco purificatore.
Agli inizi dell'Arca, il patriarca responsabile della casa ha anche
16
avuto il privilegio di un rito di
pentimento speciale prima di
rinnovare il suo mandato.
Normalmente, alla sera, attorno al
fuoco, ognuno si faceva avanti e
riconosceva le proprie mancanze;
quel giorno invece ogni compagno
poteva presentare una rimostranza
rispettosa al proprio capo.
L'intenzione era quella di togliergli
ogni possibile attitudine tirannica o
arrogante. Il risultato però fu
davvero deplorevole, e
quest'esercizio somigliò piuttosto ad
una messa a morte (vedi Nouvelles
IX, pg 152). Non eravamo maturi per
questa “correzione fraterna” che
diveniva invece un regolamento di
conti; era un' altro esempio della
relazioni fra il sacro e la violenza;
quella in cui è sempre l'altro a essere
offerto in sacrificio per ristabilire
l'unità. Il rito 'della culpa', dopo
qualche anno, divenne del tutto
insignificante, caratterizzato da
pesanti silenzi. Ci si accusava di
piccole cose come il furto di
marmellata o la rottura di un vaso,
ma i veri problemi, quelli che
dipendevano dalle tensioni fra noi,
non apparivano più. Il rito si spense
da solo.
Cosa c'era all'origine di quelle
tensioni? C'erano le nostre difficoltà
di relazione fra noi. Il clima fraterno
di comprensione e di mutua
conoscenza è la base che permette
di prendere decisioni all'unanimità.
E' ciò che fa la differenza fra il
modello comunitario e gli altri
modelli associativi. Come creare
questo clima costruttivo di ascolto
che permette di comprendere e
perdonare le parole, le azioni, le
reazioni, le attitudini dei nostri
compagni, quelle che noi percepiamo
negativamente? Il rischio, in
comunità, è quello di costruire
progetti materiali, lottare per i
diritti dell'uomo, ma che ognuno viva
la propria vita, con una assoluta
incapacità di condividere ciò che
vive l'altro. La comunità funziona…
ma non vive. Molte riunioni, molte
attività, ma carenza totale di
comunione. E' l'agire che ha preso il
sopravvento su l'essere.
Tutti in comunità facciamo
l'esperienza di quanto la preghiera, il
silenzio, il lavoro in comune, e la
festa siano potenti mezzi per unirci.
Succede anche che percepiamo,
come in filigrana, il legame vivo che
ci tiene uniti. Questa vita è come un
soffio, un respiro condiviso: è la
nostra anima comune, la nostra
anima comunitaria. Quando questo
piccolo miracolo discreto appare,
allora le forze, le sensibilità, le
intelligenze si uniscono invece di
opporsi. Ognuno viene ad essere
rivelato a se-stesso, all'altro, a Dio,
non in una relazione di opposizione
ma secondo il suo essere proprio;
come ogni nota musicale in uno
spartito, ognuno accrescendo al
contrario il carattere e il valore
dell'altro.
La ricerca attuale all'interno delle
comunità, sia che riguardino la
condivisione, realizzabile soprattutto
in piccole comunità, che le pratiche
che si rifanno alla psicologia di
gruppo, mirano a scoprire,
mantenere, rinnovare e ricostruire
incessantemente questa anima
comune. E' la sostanza della vita
SPIRITO DI COMUNITÀ
17
comunitaria. Sarà difficile se non
impossibile prendere una decisione
all'unanimità se non vi è un anima
comune. La ricerca, la purificazione
di questa anima, spiega l'importanza
data a questi sforzi.
Questa corresponsabilità positiva,
creativa, è la condizione necessaria
alla possibilità di riconciliazione, di
mutuo perdono, per dar voce alla
corresponsabilità attiva e
nonviolenta che è la terza direzione
del nostro voto e che Shantidas ha
chiamato il Gioiello della Regola.
Questa corresponsabilità di
condivisione è l'introduzione al
mistero di ciascuno in ciò che ha di
migliore, ma anche di più doloroso.
La rosa canina è una piccola rosa
selvatica che ci regala la sua
bellezza e il suo profumo. Conserva
non di meno le sue spine. Ognuno di
noi, con i suoi difetti che non potrà
cambiare, è un poco questa rosa
canina per gli altri. Dobbiamo
mettere in conto e accettare queste
difficoltà per non idealizzare
l'esercizio e neanche rifiutarlo. Ogni
comunità, sia attraverso la
condivisione che con ogni altro
mezzo, ha bisogno di realizzare
questa tappa della corresponsabilità
positiva. E molto ci rimane ancora
da imparare a questo riguardo.
Prima di entrare di fatto nella vita
comunitaria passiamo normalmente
attraverso tre tappe. Arriviamo belli
belli , nuovi nuovi e ci presentiamo
sotto il nostro angolo migliore,
essendo anche noi sotto il fascino
della vita comune. Poi passiamo alla
tappa del giudizio negativo. In
fondo, i compagni non sono migliori
degli altri; cosa del tutto vera. Si
cerca quindi di trovare il proprio
posto, ci si difende contro questo, ci
si afferma contro quello. Si apre
nuovamente il catalogo dei buoni e
dei meno buoni, degli intelligenti e
di quelli che non lo sono poi molto,
per non dire di più. A questo stadio
ognuno si situa moralmente bene in
questa gerarchia vecchia come Caino
e Abele. E' solo la terza tappa però,
che consiste nel rovesciamento del
giudizio, che marca l'entrata nella
vita comunitaria profonda. E'
l'abbandono del precedente
atteggiamento, è il lasciar-presa.
18
SPIRITO DI COMUNITÀ
DA UN FILO DI LUCE
Riproduciamo alcuni brani dal Filo di Luce di Dino Dazzani, presentato
sull'ultimo numero di Arca Notizie, con l'intento di arricchire, con ulteriori
stimoli, la riflessione sullo spirito di comunità.
Sono tratti da un dialogo con Lanza del Vasto (pag. 256, 257 260, 264-265)
- Shantidas, l'Arca sta crescendo molto ed in fretta.
- L'importante non è il numero delle comunità o dei suoi compagni.
L'importante è l'unità, reale e concreta, che regna tra coloro che aderiscono
all'Arca pronunciando i voti, tra i postulanti e i novizi che si preparano a farlo
e gli amici e i fedeli che vivono nel mondo testimoniando e seminando la
nonviolenza. Se il numero crescerà ancora faremo nuove comunità,
sciameremo come le api, ma l'unità quella dovrà rimanere. Io parlo di unità
spirituale non di uniformità al volere comune o ad un consenso generalizzato.
- Unità spirituale che si realizza attraverso relazioni spirituali.
- Vedo che hai colto nel segno. Le relazioni umane, i doveri del cittadino, i
personaggi che recita durante la giornata del perfetto uomo sociale sono
piene di falsità, hanno un tarlo che corrode la Verità. Solo la relazione
spirituale conosce la Verità. È un pezzo di eternità, perché con la fine della
vita terrena finiscono le relazioni umane, mentre le relazioni spirituali
rimangono, appunto, per l'eternità.
…………………….
- Torniamo alla spiritualità della relazione
- Le relazioni non solo sono i fili e i nodi che fanno la stoffa dell'intelligenza,
ma costituiscono anche la sostanza dell'universo. Non bisogna, come si è
sempre fatto, opporre relazioni e realtà, ma opporre relazioni false e
relazioni vere, cioè reali. Ogni essere ha un dentro e un fuori e una relazione
tra il dentro e il fuori e questi tre termini non sono tre cose, bensì una sola
cosa. Che ogni cosa si legata a qualche altra e al tutto con relazioni, questo
non lo discute nessuno. Se tutto è relativo, l'Assoluto per se stesso si pone: è
la Relazione. L'attitudine dominante in questo mondo è l'ignoranza di sé, cioè
delle cose dell'anima, l'oblio, la distrazione, l'indifferenza costante nei
riguardi delle cose dell'anima, conseguenza di un inversione dell'intelletto
verso il profitto, verso l'appropriazione e la dominazione del mondo esterno,
cose e persone.
La conversione, ossia il rovesciamento di ciò che il peccato aveva rovesciato,
cioè il raddrizzamento, consiste nell'uscire dal mondo, nell'uscire
dall'esteriore, nel rientrare in sé.
SPIRITO DI COMUNITÀ
19
INTUIZIONI E LIMITI DEL DISCORSO
SULLA CORRESPONSABILITÀ DI LANZA
DEL VASTO
APPROFONDIMENTI
Enzo Santifilippo
Il difficile lavoro di rinnovamento che ha portato alle nuove
costituzioni e alla formula comune dell'impegno che ci riunisce
nella Comunità dell'Arca non si è concluso con il capitolo del 2005.
È forse opportuno, in questi tempi che sempre più ci appaiono
incerti e complessi, immaginare un rinnovamento permanente che
coniughi la fedeltà alle nostre radici con la fedeltà al presente che
ci è dato da vivere. Un presente contraddittorio e inquietante, ma
forse proprio per questo fertile, pronto ad accogliere il seme della
nonviolenza. La nonviolenza parla alle coscienze inquiete e
accoglie i conflitti (interni ed esterni a noi stessi) come occasioni
di cambiamento e di evoluzione.
Per gettare questo seme è necessario dialogare con il presente
(interno ed esterno all'Arca).
Per dialogare, il nostro messaggio deve farsi intellegibile
all'oggi, alle sue culture alle sue sensibilità; ma ancor più deve
dialogare con se stesso, affrontare i nodi della sua coerenza
interna. Solo questo coraggio di continua revisione che faccia
salva l'essenziale e lo purifichi da appesantimenti più o meno
“originali” (voluti cioè dal fondatore e non dalla cultura del tempo
in cui comunque era immerso o da prassi errate che al suo
insegnamento volevano rifarsi) potrà far sì che il messaggio
dell'Arca possa parlare agli uomini e alle donne del nostro secolo.
Certo affrontare i nodi della coerenza interna è difficile per chi
come noi da diversi anni cerca di seguire l'insegnamento di
Shandidas nutrendo per la sua figura e le sue parole rispetto e
ammirazione, a volte stupore, qualcosa di simile a quel
sentimento che ogni discepolo nutre per il proprio maestro che ti
chiama e ti “sveglia”. Nel nostro caso in particolare si tratta di un
maestro che non abbiamo conosciuto in vita, ma che ha in qualche
modo condizionato la nostra vita, le nostre scelte passate e quelle
che vogliamo ancora compiere giorno per giorno. Mettere mano a
qualcosa che lui stesso ha scritto è quindi sempre difficile. Ma ci
conforta lo stesso pensiero di Lanza Del Vasto che ebbe a scrivere:
“…le riforme sono necessarie di quando in quando. Quando il
Fondatore non le ha previste, quando i suoi successori non le
20
ammettono, queste avvengono nella
ribellione e nella lacerazione…La
riforma necessaria non è una novità, è
un rinnovamento, un ritorno alla
forma primaria e fondamentale che
ha potuto scadere nel corso degli anni,
essersi rammollita o troppo indurita o
diventare inapplicabile o applicarsi a
controsenso in un mondo cambiato.
L'analisi che ci apprestiamo a fare
non dovrà mancare di rigore, ma
speriamo che non manchi mai di
amore, per Shantidas e per coloro
attraverso cui abbiamo conosciuto il
suo insegnamento, i compagni italiani
delle prime comunità i compagni delle
comunità francesi che più di noi hanno
dovuto mettere mano ai testi di
fondazione dell'Arca per ripensarla nel
nostro tempo Anche noi abbiamo
partecipato al Capitolo del 2005
sentendo la sofferenza e la gioia di un
passaggio di crescita per la comunità
internazionale.
In un certo senso, come “fraternità”
delle Tre Finestre siamo figli di questa
stagione e non della prima, ammessi
nella famiglia dell'Arca in una forma
quella della “fraternità” - che prima
dell'ultimo capitolo non aveva un
riconoscimento particolare.
Nello stesso tempo, pur
riconoscendoci pienamente nelle
nuove costituzioni e nella formula di
impegno che riunisce i compagni
dell'Arca in tutto il mondo, sentiamo
oggi il bisogno di rileggere i testi del
nostro fondatore come una ritorno alle
nostre sorgenti, per meglio
impegnarci nella nostra vita
individuale e di fraternità. I testi di
Shantidas, d'altra parte restano il
fondamento della nostra Comunità
dell'Arca . Nelle nuove costituzioni
essi sono definiti “tesoro di
riferimento e radice”.
In questo spirito abbiamo deciso,
come Fraternità delle Tre Finestre di
ripartire dal commento ai voti.
Tutta la riflessione sui voti
è
ricchissima di spunti essenziali che
rimandano ad altri scritti di Lanza del
Vasto.
Certamente qui la riflessione riporta
a scelte concrete che Shantidas aveva
pensato per la sua vita di ogni giorno e
per quella dei suoi compagni. E così
dunque che, per quanto solo alcuni
degli impegnati, rinnovano il loro
impegno sotto questa forma antica, e
solo alcuni danno al nuovo impegno,
rinnovato ogni anno, la forma del voto
(e noi non siamo al momento tra
questi), i sette voti restano per noi
tesoro e radice, al pari di tutti gli altri
scritti di Shantidas, o forse in un modo
singolare e che riporta all'essenza di
tutto l'insegnamento.
Restando alla metafora vegetale
possiamo dire che dalle radici passa
una linfa che arriva a noi che siamo i
rami e le foglie attuali di questo albero
spirituale. Ma, così come la linfa che
passa dalle radici va agli organi della
fotosintesi per trasformarsi in “linfa
elaborata”, che ugualmente va in
circolo e garantisce la vita alla pianta
stessa, così oggi noi siamo chiamati a
rielaborare continuamente il
messaggio dell'Arca per dare il nostro
piccolo contributo alla Vita.
Un' analisi, un'ermeneutica,
un
ritorno alle fonti o un rinnovamento
non hanno senso se non ci conducono a
vivere meglio, a far evolvere la nostra
esistenza nel quotidiano interiore ed
esteriore.
E la nostra urgenza è proprio quella
di trovare insieme nuovi modi per
APPROFONDIMENTI
21
rinnovare la nostra vita individuale, di
fraternità, di gruppo nazionale.
La responsabilità nell'insegnamento
di Lanza del Vasto
Cominciamo il nostro lavoro con il
voto di responsabilità.
Uno dei sette voti che Shantidas
aveva previsto per i compagni
dell'Arca era il voto di “responsabilità”
1
che così recita :
Nârendranâgar».
Particolare di non poco conto che
pone una sorta di sigillo a questo testo
a quanto pare, quindi, direttamente
ispirato nella stessa notte in cui
Shantidas matura per la prima volta
l'idea dell'Arca. Tutto ciò rende il
lavoro di revisione critica e di
attualizzazione di questo particolare
punto dell'insegnamento ancor più
delicato e difficile.
La più grande intuizione
[facciamo voto] Di assumere la
responsabilità delle nostre azioni ,
di riconoscere i nostri torti,
di riparare i nostri misfatti,
di corregercene da noi,
sotto il controllo dei nostri
compagni se il misfatto è conosciuto,
in segreto se siamo soli a
conoscerlo.
Di assumerci la corresponsabilità
della giustizia nell'Ordine,
di riparare l'errore del nostro
compagno se rifiuta di riconoscerlo e
di correggersene
Il voto di responsabilità era
considerato centrale da Shantidas.
Esso riporta al nocciolo
dell'insegnamento, se il nostro
fondatore, nel successivo capitolo
dello stesso libro, commentando il
voto afferma: «È il punto più originale
della nostra Regola, ne è il seme.
Questo mi fu dettato in quella notte di
San Giovanni del 1937 in cui ebbi la
prima visione dell'Arca, a
A noi pare che la più grande
intuizione che fonda la
corresponsabilità, e che è comune al
pensiero di Gandhi, è il convincimento
profondo dell' interconnessione dei
peccati del mondo: rispetto a ciò,
Shantidas ha una profonda certezza:
“Quello che importa richiamare è
che la distinzione tra il tuo e il mio in
materia di peccato è meno netta di
quanto non sembri al giudizio del
mondo, che era più grande di quel che
sembrava la mia partecipazione alla
colpa di mio fratello che è semplice
incidente e dettaglio della grande
colpa di noi tutti”. (L’Arca aveva per
vela una vigna p. 136)
Ci troviamo di fronte a una di quelle
grandi verità che ci sono disegnate con
grande evidenza nella mente di
Shantidas nel suo cammino di
conversione, verità di fede comune a
diverse tradizioni,
sulla quale
1
Il capitolo sui sette voti nella edizione italiana de L'arca aveva una vigna per vela
inizia con queste parole: “Ecco i sette voti dei Compagni, come li pronunziamo oggi
[sottolineatura mia] : Eterno, Dio Forte, giusto e buono, non lasciare che mai
dimentichiamo il nostro voto di mantenerci e di avanzare nella direzione dei sette
adempimenti (che sono): …”
22
APPROFONDIMENTI
tuttavia siamo soliti sorvolare, legati
come siamo, specie noi occidentali, a
visioni individualistiche della vita.
Ecco che allora lo stesso “senso di
responsabilità”, al quale facciamo
spesso riferimento come richiamo
etico positivo, al quale diversi modelli
pedagogici si rifanno (pensiamo p.es.
al metodo scout), meriterebbe una
rivisitazione critica, nella direzione di
una responsabilità comunitaria che
potrebbe smorzare anche certi miti
occidentali del self-made-man.
Sì, con una certa dose di ironia
potremmo cominciare a smontare il
mito di tanti personaggi positivi
(Shantidas compreso) che sono solo
espressione di particolari relazioni, in
primis quelle con i propri genitori, poi
quelle di coppia, le relazioni con i
propri insegnanti, con padri spirituali,
e più in generale le relazioni di
prossimità, in cui si è cresciuti:
quante volte abbiamo sentito dire di
una persona che “ha respirato il
clima” di quella data scuola, di quegli
anni ecc.
In parallelo anche le colpe, i
peccati, gli errori, i “misfatti” di cui si
dice nel testo del voto [oggi alcuni di
questi termini ci appaiono molto
pesanti e desueti ] che noi scorgiamo
nelle vita e nelle storie di ciascuno di
noi sono solo l'epifenomeno di
interrelazioni malate.
Certo le relazioni non devono
portarci al relativismo: ciascuno ha
una sua responsabilità in ciò che fa di
bene e di male. Ma quest'ultima verità
non deve nascondere un dato
ontologico che riporta alla coresponsabilità
Noi non siamo individui in relazione,
siamo parti di uno stesso corpo.
Siamo soggetti e al contempo cellule
(in relazione) di soggetti di secondo
livello (famiglie, comunità, villaggi,
stati, ecc.) che a loro volta possono
formare aggregati più grandi e così via
fino all'umanità intera, anzi, direi fino
alla Vita intera, comprendendo cioè
gli animali, le piante, l'ambiente in
generale.
Non c'è “gioiello” senza questo dato
di fede nella comunità umana e nella
comunità dei viventi che sono i primi
soggetti trascendenti. L'uomo è legato
ad altri uomini non solo da relazioni
sociali, ma da più profonde relazioni
spirituali che lo trascendono dal basso
(relazioni con le altre forme di vita e
con la madre terra) e verso l'alto con le
comunità di secondo livello e con il
divino.
.È per questo che una malattia di un
organo può contagiare un'altra parte
di un organismo, il dolore o l'errore di
un figlio può straziare un genitore, un
nostro amico o un nostro collega che si
comporta ingiustamente o
stupidamente ci imbarazza o ci fa
soffrire, ci fa vergognare come se noi
stessi fossimo al suo posto… e così si
può provare sofferenza se un
connazionale commette un delitto, se
il nostro Stato partecipa ad un'ingiusta
aggressione.
Se veramente acquisissimo
interiormente questo dato potremmo
comprendere la frase di Shantidas: “la
distinzione tra il tuo e il mio in materia
di peccato è meno netta di quanto non
sembri al giudizio del mondo”
Ma questa consapevolezza “chiama
in causa” ciascuno uomo che
percepisce una disarmonia, un errore,
un male, un peccato.
È esperienza comune a molti
APPROFONDIMENTI
23
percepirsi limitati, inadeguati, pieni
di difetti, forse “peccatori”.
Ma, non neghiamolo, è esperienza
altrettanto frequente vedere gli altri
inadeguati, limitati, stupidi, a volte
“cattivi”.
Il discorso sulla corresponsabilità di
Shantidas, da un certo punto di vista ci
rassicura sul fatto che percepire
l'errore dell'altro, non solo è umano,
ma è quasi un dovere etico.
Il nostro corpo è mirabile in questo:
tutte le cellule raccolgono
informazioni sulle disarmonie, le
infiammazioni, le ferite ecc. e le
portano in giro, in uno straordinario
gioco di squadra, fino al cervello e agli
organi che devono provvedere alla
riparazione. Le scienze mediche più
sapienti sanno tutto ciò, la medicina
che parcellizza il corpo ha come
obiettivo la soppressione dei sintomi
che sempre più esploderanno uno
dietro l'altro e per ognuno ci si
inventerà una nuova disciplina
specialistica.
Noi cristiani siamo a volte fuorviati
dall'imperativo evangelico “non
giudicate” che in realtà è molto
categorico. Ho l'impressione che esso
ha potuto e potrebbe ancora
rafforzare erroneamente
atteggiamenti di indifferenza (nelle
situazioni di criminalità esso può
assumere la forma di omertà).
Ed è questo sforzo di vigilanza anche
alle disarmonie (percepite) fuori da
me stesso l'altro elemento originale
del voto di corresponsabilità. Ecco
allora che il modello della
corresponsabilità ci introduce ad un
nuovo paradigma di giustizia che pone
una terza soluzione all'alternativa tra
il giudizio tranciante che porta alla
24
condanna e l'indifferenza che lascia
crescere il male senza intervenire.
Estremizzando potremmo dire che si
tratta di una “giustizia senza giudizio”
dove nessuno si erge a giudice di
qualcun altro, ma, solamente per
amore suo, per carità, cerca di
svegliarlo, se si convince che questi
sta compiendo il male.
Uno schema di come è possibile
intervenire quando si percepisce una
disarmonia (apparentemente) al di
fuori di noi stessi potrebbe forse
essere il seguente:
In esso, secondo uno schema
trinitario che abbiamo appreso da
Shantidas, sono innanzi tutto
evidenziate le tre componenti che noi
agiamo nella nostra vita di relazione:
intelletto, cuore (emozioni), volontà;
seguono le reazioni che ciascuno,
utilizzando ciascuna di esse può avere
dopo aver percepito l'errore di una
persona a noi prossima. Esse si possono
collocare in continuum violenza-
APPROFONDIMENTI
nonviolenza nel quale emergono
quelle che possiamo indicare come le
tre “C” della corresponsabilità
nonviolenta: comprensione,
compassione, carità. Seguono ancora
atteggiamenti concreti che ne
derivano e l'esito di relazione e di
comunità. Dove la corresponsabilità
appare come un “lavoro” costante per
l'unità, un lavoro che mai ci fa togliere
lo sguardo da noi stessi, dalla nostra
interiorità, qualunque sia la
componente psichica che noi
utilizziamo. Tale lavoro fonda una
relazionalità alternativa a quella
imperante nel nostro presente tesa
alla separazione e alla violenza.
Certo tutto queste parole non danno
a noi il senso dell'efficacia immediata,
mentre i nostri tempi, soprattutto
nella sfera politica, ci inducono
sempre più in una direzione opposta. A
cosa serve infatti, per risolvere il
problema della sicurezza,
comprendere perché gli immigrati
vogliono a tutti i costi vivere nel nostro
paese?(comprensione), come ci siamo
sentiti noi quando eravamo immigrati
(compassione) cosa fare affinché
un'accoglienza parolaia non lasci
alcuni di loro nella solitudine che
porta all'illegalità e alla violenza?
(carità)
Ciascun uomo che ha maturato la
fede nell'unità del genere umano e
della Vita tutta, sente la
responsabilità del male commesso da
altri, poiché l'incontro del male con il
soggetto che lo compie è il sintomo di
una malattia che coinvolge tutto
l'organismo.
Lo stesso vale per la giustizia. Ciò
che normalmente chiamiamo “reato”
è solitamente l'ultimo anello di una
catena di ignoranza, miseria,
solitudine, disgregazione sociale o al
contrario di sete di possesso,
ricchezza, stress, moltiplicazione dei
bisogni, dipendenza da idoli e false
chimere.
A cosa serve dare accoglienza,
ascolto a una persona che ha
sbagliato?
Se il nostro fine è quello di risolvere
immediatamente un problema di
ordine pubblico, forse a poco, anche
se l'efficacia delle politiche sociali
improntate alla solidarietà è
dimostrabile scientificamente, se solo
si avesse l'intelligenza e la pazienza di
studiare.
E in ogni caso, guai a chiedere ad una
pratica spirituale i risultati nei tempi
che questo mondo richiede.
Il difficile passaggio dalla
dimensione sociale alla dimensione
di prossimità
Il voto di corresponsabilità, per
quanto detto finora, ha addentellati e
analogie con i voti di purificazione, di
obbedienza, di nonviolenza.
Riguardo a quest'ultimo, spesso
abbiamo sottolineato che l'originalità
della nonviolenza di Gandhi sta
proprio nel fatto che egli affrontava i
conflitti sociali tra due parti senza mai
addossare la responsabilità
dell'ingiustizia sull'avversario. Ogni
volta così il conflitto veniva ridefinito
e le sue cause distribuite per lo meno
al 50% . Se l'India è dominata da una
potenza straniera è anche colpa degli
indiani che sono abbagliati dai miti
occidentali e non sanno recuperare le
loro forze migliori per l'autogoverno.
Gli hindu non danno prova di umanità e
di vera fede se perseguono politiche di
APPROFONDIMENTI
25
esclusione nei confronti dei senza
casta, ecc.
Pertanto egli iniziava le sue
battaglie con pratiche di autopurificazione: preghiera e digiuno,
anche se pubblici, in questa
dimensione, mai in Gandhi
assumevano la condizione del
“ricatto”. Ma se, durante questi
periodi l'avversario cambiava
atteggiamento, ciò forse voleva dire
che anche la sua coscienza era stata
toccata. Si evidenziava così anche
l'aspetto pedagogico di richiamo della
coscienza dell'avversario e delle terze
parti indifferenti. Un aspetto che, ad
una attenta lettura della filosofia del
Mahatma, potremmo forse definire
accidentale.
Ma la nonviolenza storica si è
misurata e si misura su ingiustizie e
mali che sono percepiti come tali da
una gran parte della popolazione.
L'apartheid è considerato male e
peccato dall'intera popolazione nera e
da una buona parte di quella bianca.
La limitazione delle libertà sindacali
e politiche in Polonia ai tempi di
Solidarnosch sono avvertite come
ingiustizia dalla stragrande
maggioranza dei lavoratori e dei
cittadini (oltre che dalla stragrande
maggioranza della popolazione
occidentale).
Le preghiere collettive, gli scioperi,
le marce e i digiuni messi in campo in
queste situazioni storiche
denunciavano dei sistemi in cui non
una sola persona era additata come
responsabile, anche se le coscienze
dei singoli, al vertice come alla base
erano fortemente scosse. Le azioni
nonviolente collettive e il ruolo dei
leader pertanto divenivano un segnale
a volte conclusivo a volte di
testimonianza permanente, a volte di
accelerazione, di una azione spirituale
collettiva.
La storia ci ha lasciato ormai tracce
2
significative di queste possibilità .
C'è da dire che questa dimensione
allargata e diffusa del conflitto
favorisce quello che, anche nel
linguaggio comune, viene definita una
“presa di coscienza”
Un nodo da sciogliere prima di
passare alle prescrizioni previste dal
voto e al commento che ne fa lo stesso
Shantidas è il seguente: questo
assumere su di sé (almeno in parte) la
purificazione3 per il male commesso
da un altro (che si è sperimentato
avere un risvolto pedagogico verso
l'avversario), è applicabile anche nelle
relazioni micro-sociali?
Quando ad esempio siamo di fronte
ad un comportamento di un membro di
un gruppo che è percepito come errore
o peccato soltanto da una persona
dello stesso gruppo e gli altri
componenti non lo ritengono tale?
Cosa avviene quando tutto il gruppo è
indifferente a certi comportamenti
ritenuti sbagliati solo da pochi? Ed è
ben vero che una minoranza o una sola
persona possono nei grandi come nei
piccoli gruppi avere uno sguardo più
limpido di cento, mille messe assieme.
2
Cosi come di alcuni apparenti fallimenti come potrebbero essere
considerate le giornate di Piazza Tienanmen in Cina
3
Abbandoniamo tranquillamente il termine “castigo”, senza fare alcun torto
26
APPROFONDIMENTI
Devo dire tuttavia che la mia
esperienza nei piccoli gruppi rende
l'azione nonviolenta più complessa. Io
stesso ho spesso sostenuto che il
metodo nonviolento è applicabile allo
stesso modo nei rapporti
interpersonali così come in quelli tra
grandi gruppi, popoli ecc.
Da un po' di tempo non ne sono così
sicuro, non nel senso della comune
applicabilità, ma del comune modo.
Forse i rapporti di prossimità
richiedono una traduzione particolare
di quest'assunto nonviolento a cui il
discorso sulla corresponsabilità è
connesso.
E proprio per la rilevante originalità
del discorso sulla corresponsabilità
che abbiamo il dovere di non passare
in secondo piano alcune incongruenze
logiche di alcune prassi di vita
comunitaria che pure potrebbero
ispirarsi al nostro insegnamento
comune, incongruenze che hanno
forse contribuito ad alcuni fallimenti
delle esperienze dell'Arca,
incongruenze che costituiscono un
passaggio doloroso dal quale
dobbiamo uscire con un salto
evolutivo.
Prendere su di sé il castigo del
fratello che sbaglia: una
formulazione infelice e superata.
E veniamo pertanto al collegamento
con il voto di purificazione
Recita la conclusione del voto di
responsabilità:
Di assumerci la corresponsabilità
della giustizia nell'Ordine,
di riparare l'errore del nostro
compagno se rifiuta di riconoscerlo e
di correggersene.
Tutto il voto è un atto di
consapevolezza che richiama i
compagni dell'Arca al dovere di curare
l'ordine… dell'Ordine. Se siamo infatti
membra consapevoli di un corpo è
nostro dovere renderlo pulito,
ordinato, santo. Ma portiamo il
discorso a noi oggi: cosa vuol dire per
noi assumere la responsabilità della
giustizia nei contesti in cui viviamo?
Far sì che nella nostra famiglia, nel
nostro luogo di lavoro, nella nostra
fraternità, nella nostra società, ci sia
armonia, ci sia bellezza? Potremmo
certo sostenere che per curare questa
armonia non c'è da fare tanti discorsi e
tante ideologie, basta cominciare a
lavorare su noi stessi.
L'espressione “riparare l'errore del
compagno” è allora fuorviante poiché,
come abbiamo detto, la riparazione
di quell'errore, se c'è, è indiretta,
tant'è che la direzione non sarà il
castigo o la fustigazione del
compagno, e non sarà nemmeno
l'auto-castigo, ma l'inizio della
purificazione comune, alla quale io do
il via, per quello che mi corrisponde, al
fine di ricostruire l'armonia e la
giustizia.
Dal nostro punto di vista cristiano
l'auto-purificazione è il solo
contributo che possiamo dare per
riparare l'errore (il peccato) degli
altri, poiché solo Gesù ha il potere di
assumere su di sé, una volta per tutti i
peccati del mondo.
La purificazione è una pratica che
può essere faticosa, difficile,
dolorosa, ma che è sempre liberante e
porta alla gioia, direi anzi che
dovrebbe portarci alla Festa, così
centrale nella nostra tradizione.
APPROFONDIMENTI
27
Ma dobbiamo ancora ripulire il
discorso di Shantidas. C'è infatti un
altro passaggio infelice nel commento
al voto, quando egli scrive:
Se sorprendo in colpa il mio
compagno, che devo fare? Riferire la
cosa al mio capo con lo zelo di un
fedele spione? Denunciare il colpevole
in pubblico con nobile indignazione?
No, è da lui che devo andare per
chiedergli che pena intenda
applicarsi. Se fa la sua penitenza, e
questa è ragionevole e sufficiente,
l'incidente è chiuso. Se vi si rifiuta,
s'irrita e si giustifica, non devo
precipitarmi nella disputa, so quello
che mi resta da fare: prendere su di
me il castigo che a mio giudizio egli
meritava.
Può accadere che vedendomi
digiunare, vegliare o faticare al suo
posto, egli si penta….
Alcune grandi intuizioni che
avevamo commentato all'inizio
vengono contraddette in queste poche
righe.
Infatti, se la pena che mi autoinfliggo deve corrispondere al “castigo
che [il fratello che ha sbagliato] a mio
giudizio meritava” ciò comporta che:
1)
Io abbia comunque giudicato
la colpa di mio fratello (cosa che il
vangelo ci vieta di fare);
2)
Abbia addirittura misurato la
pena corrispondente (anche se la
trasferirò su me stesso)
Ora c'è da dire che qualunque
calcolo sul male commesso e sui
rimedi necessari potrebbe essere
d'aiuto se ciò mi aiutasse a purificare
non l'errore del fratello ma la mia
(sempre presente) responsabilità nel
male da lui (eventualmente)
28
commesso.
Affinché ciò avvenga, il mio
sacrificio (=sacro fare) dovrebbe
avvenire nel totale segreto (quando
digiuni, profumati ecc.). L'esposizione
certamente esemplificativa e non
prescrittiva che Shantidas fa del voto
di corresponsabilità tradisce tuttavia
una sottesa intenzionalità pedagogica
quando afferma: “Può accadere che,
vedendomi digiunare, vegliare o
faticare al suo posto, egli si penta” .
Shantidas infatti prevede (e quasi
auspica) che avvenga ciò che forse si
dovrebbe in ogni modo evitare: che il
fratello percepisca il mio digiuno
quale castigo esattamente calcolato
per il suo peccato. Le conseguenze
paradossali di questa prassi sono
abbastanza intuibili. Non tanto perché
non possa avvenire che il mio
comportamento di purificazione svegli
la coscienza altrui, quanto perché
questa eventualità dovrebbe restar
fuori dal mio orizzonte di significato
teso a riparare il mio errore, la mia
parte di responsabilità nel male che ho
percepito, sia pur essa minima o
sconosciuta a me stesso.
Possiamo bene immaginare il caso in
cui la persona (che si ritiene a torto o
a ragione innocente per l'errore che gli
fa notare un fratello) si accorga che
qualcuno digiuna al suo posto e ne
parli con altri del gruppo o della
comunità di cui fa parte: ecco crearsi
una ancor più patetica e sinistra
commedia della “Giustizia-checonosciamo”, tanto avversata da
Shantidas: Accusatori virtuosi,
colpevoli che diventano vittime
innocenti difesi da improvvisati
avvocati chiamati dagli uni o dagli altri
ad un argomentare inutile e piccino.
APPROFONDIMENTI
Sottomettersi al controllo dei
compagni per la riparazione dei
propri misfatti
C'è un'altra frase del voto che suona
a noi oggi pesante e inattuale che è
quella che impegnava i membri delle
comunità ad auto-correggere l'errore
commesso e riconosciuto
pubblicamente sotto il controllo degli
altri compagni. Ciò che ci riesce
difficile è immaginare situazioni reali
di comunità in cui una tale pratica
possa essere messa in atto, senza
creare nuove sofferenze, dispute,
rancori. Il rigore della prescrizione ci
appare sproporzionato agli errori ai
“misfatti” che si possono rendere
evidenti in una comunità. Si tratta
infatti di una prescrizione che non è
neanche prevista dalla Chiesa
Cattolica in cui la “penitenza” resta
affidata al penitente, salvo l'aiuto (e
non il controllo) del confessore-padre
spirituale.
La problematica generale, tuttavia
non è peregrina: ci sono situazioni
sociali in cui si è riproposto qualcosa di
simile a proposito per esempio di ex
terroristi, mafiosi torturatori. Le
comunità (nel senso ampio di
collettività), a garanzia della
autenticità dei percorsi di conversione
(o comunque di fuoriuscita dal
contesto in cui sono state compiute
gravi violazioni della legge e dei diritti
umani) sono chiamate a vigilare sugli
atti di riparazione assegnati ai
colpevoli di reati.
Perché mai Shantidas ha previsto
qualcosa del genere per i compagni
dell'Arca? Tanti anni fa mi capitò tra le
mani un libretto della Comunità di
Nomadelfia di Don Zeno dove venivano
descritte procedure ancora più
rigorose per le violazioni delle regole
di quella comunità.
Un'ipotesi (da verificare) è che
Lanza del Vasto (e ancor più Don Zeno)
prefigurassero comunità di vita molto
alternative e indipendenti dalle
istituzioni sociali, villaggi in cui si
potesse sperimentare concretamente
una “giustizia” diversa dalla giustizia
degli uomini, quasi una provocazione
alla “legalità” (ipocrita) del sistema
sociale in cui quelle comunità
nascevano È probabile che nel voto di
corresponsabilità sia passato qualcosa
di quest'idea sociale e abbia fatto
cortocircuito con l'aspetto spirituale
del voto.
Applicare o ridurre la pena?
Shantidas, cattolico che per molti
aspetti ha anticipato il Concilio, scrive
i testi dei voti nel 1960 Nella
formulazione del testo egli è figlio del
suo tempo, le prescrizioni previste da
Shantidas non si allontanano da uno
schema in cui ad ogni errore debba in
ogni caso applicarsi necessariamente
una pena.
Tutto richiama ad una tradizione
cattolica oggi superata all'interno
della stessa Chiesa che rimanda alla
“confessione” e alla “penitenza”,
concetti e termini già da tempo
rimodulati nel quadro di un'attenzione
prevalente al tema della
riconciliazione, che per i cattolici è
sacramento.
Colpa, peccato errore sono
considerati, nel testo del voto, in
riferimento ad azioni circoscritte nel
tempo e nello spazio (il testo italiano
del voto parla ad esempio di
“misfatto”) Oggi le scienze
APPROFONDIMENTI
29
psicologiche ci hanno abituato a
considerare i comportamenti nel
quadro della personalità complessiva
dell'individuo che può comprendere
orientamenti negativi perduranti (se
non permanenti) che connotano la
persona al pari delle sue virtù,
rendendola unica e irripetibile. La
presenza di personalità spigolose e
poco flessibili ha sempre costituito un
problema in
tutte le esperienze
comunitarie. Il voto di
corresponsabilità, così come
formulato, e il suo commento hanno
potuto e potrebbero portare in seguito
(nel caso in cui fosse adottato da
singole comunità, così come le attuali
costituzioni prevedono) ad una
applicazione rigida e banalizzante,
che può bloccare la crescita e il sereno
svolgimento della vita di gruppo anche
per molti anni. Alcuni limiti delle
persone vanno accettati con
misericordia e pazienza senza
accanirsi sui singoli comportamenti,
interrogandosi costantemente sulle
responsabilità nostre e degli altri
componenti del gruppo, assumendosi
eventualmente il carico di un
accompagnamento fraterno che può
durare nel tempo.
Anche studi e prassi di tipo spirituale
e pastorale pongono maggiormente
l'attenzione al rispetto dei tempi di
maturazione interiore in cui ogni uomo
può prendere coscienza dei propri
limiti, dei propri errori, dei propri
peccati. In tali percorsi gli altri non
sono esclusi per la richiamata
interrelazione spirituale di tutti gli
uomini. Il male che si manifesta in un
comportamento di un singolo è solo
l'epifenomeno di una realtà più grande
e complessa in cui tutti siamo
30
coinvolti. La Bibbia ci richiama a
questa corresponsabilità fin dai primi
racconti. Frédéric Vermorel ce lo ha
ricordato alla San Giovanni. È “sì” la
risposta implicita di Dio alla domanda
di Caino: “sono forse io il custode di
mio fratello?” Sì, siamo tutti custodi,
gli uni degli altri.
È forse per noi cristiani necessario
ritornare alla logica evangelica.
E se a quella logica dobbiamo, noi
cristiani, far riferimento, possiamo
chiederci se la pena va sempre
“applicata” o viene da sé dopo un vero
pentimento. Chi ha vera coscienza del
male fatto è sempre pronto a superare
il dovuto in fatto di pena: ricordiamo il
figliol prodigo pronto ai più umili
servizi nel podere del padre. E invece
di fronte a questo convinto ritorno,
paradossalmente, il padre si trova a
dover convincere il figlio a non farsi
più male, a non aggiungere male a
male, sofferenza a sofferenza. Basta
soffrire dice il padre, andiamo a far
festa! Un ruolo di “controllo” alla
rovescia fare in modo che non ci si
punisca troppo!
Guardiamo a Gesù; nella sua vita
terrena, di fronte a chi gli porta
innanzi un peccatore (l'adultera), la
sua prima preoccupazione è per i
peccati degli accompagnatori.
Le ultime parole di Gesù in croce
sono parole di perdono (per il male
compiuto senza coscienza da chi aveva
gridato crucifiggi!) e di accoglienza e
di amore per chi si riconobbe
peccatore (il ladrone in croce).
Ancora una volta, più che le
prescrizioni, le pene, torna alla nostra
evidenza il primato della coscienza,
quel sacrario, come è definita dalla
4
Gaudium et Spes , dove ciascuno di noi
entra da solo, ma alla cui porta può
APPROFONDIMENTI
forse essere accompagnato, con
discrezione e amorevolezza, dai
fratelli.
Priorità che impariamo dallo stesso
Shantidas che afferma: è nonviolento
5
chi mira alla coscienza .
Chi si riconosce peccatore fa uso
della coscienza. E, d'altra parte solo
questa esperienza ci può fare
accorgere del fatto che la coscienza
dell'uomo si può assopire, ci può far
comprendere l'altro che sbaglia, può
attivare situazioni creative per far
aumentare la consapevolezza
reciproca.
Ecco molto semplicemente la linea
che da Gesù porta a Gandhi e che
Shantidas ha ripreso in alcuni passaggi
fondamentali dei sui discorsi sulla
responsabilità.
Qui comincia il cammino
Abbiamo fin qui cercato di rileggere
il tema della corresponsabilità
evidenziando quello che a nostro
avviso resta il gioiello della regola di
Lanza del Vasto, ossia la sua visione del
peccato come di una realtà
profondamente interconnessa nelle
nostre vite. Una realtà comune che
non può suddividersi in parti
individuali di cui ciascuno è
singolarmente responsabile, ma che
chiama comunque tutti ad iniziare a
fare qualcosa, qualunque sia il posto
occupato nella rappresentazione che
ciascuno si è fatto della situazione in
cui il male si è concretizzato.
Abbiamo successivamente
evidenziato alcuni passaggi dell'antica
formulazione del voto e del commento
fatto da Shantidas che contraddicono
in parte le sue stesse più feconde
intuizioni, raccolte peraltro nella
continuità del pensiero e della
spiritualità di Gandhi.
Questi passaggi possono essere
riassunti
nella convinzione che si
possano riparare direttamente gli
errori degli altri
- nella convinzione, un po'
semplificante, che per ogni colpa
esista una pena corrispondente e che
questa pena possa essere misurata
- nella sottolineatura della
prospettiva pedagogico-sociale a
danno di quella spirituale.
Abbiamo inoltre ipotizzato che
l'applicazione dei principi di
nonviolenza e corresponsabilità
(molto simili e interconessi) possano e
debbano condurre a schemi e prassi
differenti a seconda che si realizzino
in contesti macro o micro. Che cioè la
presa di coscienza di errori, conflitti,
4
«Nell'intimo della coscienza l'uomo scopre una legge che non è lui a darsi,
ma alla quale invece deve obbedire. Questa voce, che lo chiama sempre ad
amare, a fare il bene e a fuggire il male, al momento opportuno risuona
nell'intimità del cuore: fa questo, evita quest'altro. L'uomo ha in realtà una
legge scritta da Dio dentro al cuore; obbedire è la dignità stessa dell'uomo, e
secondo questa egli sarà giudicato. La coscienza è il nucleo più segreto e il
sacrario dell'uomo, dove egli è solo con Dio, la cui voce risuona nell'intimità
[…]» GS,16
5
Lanza del Vasto, Che cos'è la nonviolenza, Jaca Book, Milano, 1978, p. 20
APPROFONDIMENTI
31
disarmonie, peccati all'interno di
piccoli gruppi e di relazioni di
prossimità possano avvenire e possano
essere ipotizzate creativamente
secondo tempi e modalità diverse da
quelle della presa di coscienza di
un'ingiustizia sociale che coinvolge
grandi gruppi umani. E abbiamo per
ultimo contestualizzato il contesto
pre-conciliare in cui il cattolico Lanza
del Vasto ha scritto il testo dei Sette
Voti.
Nelle nuove costituzioni approvate
dal Capitolo del 2005 il tema della
responsabilità non è ripreso nei
termini in cui lo ha proposto
Shantidas, ma in riferimento ai propri
atti:
“La coerenza è legata alla
responsabilità: saper accettare il
peso della parola data, dell'atto
impegnato, è essenziale. In una
società in cui le persone riescono
sempre meno a accettare le proprie
responsabilità, l'Arca ci invita a
riconoscere la responsabilità dei
nostri atti, ad assumere le nostre
scelte con tutti i buoni risultati e
tutti gli errori che ne derivano.”
Inoltre:
“Riferendosi alle ricerche e
sperimentazioni passate e presenti
nel campo della psicologia e
sociologia, i membri della Comunità
dell'Arca sono invitati ad acquisire
una formazione per quanto riguarda
la comunicazione, la mediazione, la
gestione dei conflitti, e ad esercitarsi
a mettere in pratica questi metodi
nella propria vita quotidiana. È
previsto che alcuni membri possano
diventare dei formatori.”
È certamente importante aver posto
l'accento su questo aspetto della
responsabilità che riporta l'attenzione
al dovere che ciascuno di noi ha nel
calcolare le conseguenze di ogni atto.
Chi ad esempio provoca dolore anche
nei rapporti di prossimità (come
potrebbe essere una sofferenza
psicologica provocata a un collega o al
proprio partner) immette una dose di
male nel mondo intero. Ecco che la
parola data pubblicamente, che nella
nostra comunità è impegno, promessa
o voto, ci aiuta ad esercitare la
volontà e l'intelligenza che non devono
mai trincerarsi dietro frasi del tipo «io
non avrei mai voluto, non lo potevo
6
prevedere ».
Così come essenziale è l'invito ad
acquisire competenze psicologiche e
comunicative.
Tuttavia il testo delle costituzioni
del 2005 mi pare abbia trascurato ( e
forse non è un caso) il tema della coresponsabilità, termine che non mi
pare appaia neanche una volta in tutto
il documento approvato al Capitolo
del 2005.
[Spirito di Comunità] Consapevoli di
quanto la conversione personale sia
favorita e potenziata da relazioni
comunitarie, dalla condivisione delle
proprie esperienze e dall'ascolto di
quelle altrui, cerchiamo di vivere
l'insegnamento non come
un'ideologia, ma come un lavoro
spirituale in cui la dimensione
interiore si completa con quella
relazionale, nella ricerca dell'unità
nella verità, nel pieno rispetto delle
diversità.
[Azione nonviolenta] Per aderire
alla nonviolenza ci impegniamo
inoltre, come questa richiede, ad
entrare in un cammino spirituale che
leghi la conversione personale a
quella delle strutture pubbliche,
sociali e politiche. Il che oggi per noi
significa anche: [….]
cercare di
risolvere i conflitti sforzandoci
sempre di capire le ragioni di tutti,
lavorando per favorire l'accordo delle
parti e praticando il perdono e la
riconciliazione, al fine di ristabilire
relazioni pacifiche e sane con noi
stessi e con gli altri.
Questi punti della Carta Italiana
appaiono più in linea con la riflessione
complessiva svolta fino ad ora,
tuttavia sarebbe auspicabile aprire un
confronto su come applichiamo oggi
nel concreto
queste importanti
intuizioni sulla corresponsabilità in un
contesto oltre che di comunità, di
“fraternità”, e di gruppo nazionale.
Allo stesso tempo si potrebbe
ricercare in altri contesti di vita
comunitaria e associativa esterni
all'Arca modalità, riflessioni e prassi in
cui gli stessi temi e principi hanno
trovato una concreta applicazione.
Nella nostra carta italiana queste
tematiche sono richiamate nei
seguenti punti:
6
Sulla “intelligenza della responsabilità” rimando ad un interessante
articolo di Rosella De Leonibus apparso sulla rivista «Rocca» n. 11 del 1
giugno 2009 dal titolo Per una ecologia della relazione di coppia
32
APPROFONDIMENTI
APPROFONDIMENTI
33
APPUNTI PER LA PRATICA DELLO YOGA
Guido Farella
proseguiamo la pubblicazione del contributo di Guido sullo yoga
NIYAMA
Mentre le regole Yama sono di applicazione universale, Niyama prescrive le
regole di condotta che si rife-riscono alla disciplina individuale. Le cinque
niyama elencate da Patanjali sono: saucha (purezza); santosa (il
contentarsi); tapas (fervore o austerità); svadhyaya (studio dell'Io); isvara
pranidhana (consacrazione al Signore).
Saucha
La purezza del corpo è essenziale per il benessere. Mentre buone abitudini,
come il bagnarsi, purificano il corpo esteriormente, asana e pranayama lo
puliscono interiormente. La pratica delle asana tonifica il corpo e toglie le
tossine e le impurità causate dall'eccessivo rilassamento. Pranayama pulisce i
polmoni, ossigena il sangue e purifica i nervi.
Invero, più importante della purificazione fisica del corpo è la purificazione
della mente dai suoi turbamenti, come l'odio, la passione, l'ira, la bramosia,
la cupidigia, l'illusione e l'orgoglio. Ancora più importante è purificare
l'intelletto dai pensieri impuri. Le impurità della mente vengono lavate dalle
acque dell'adorazione, quelle dell'intelletto - o della ragione - sono bruciate
dal fuoco di svadhyaya (studio dell'Io). Questa pulizia interiore dona
splendore e gioia, porta benevolenza e bandisce il dolore mentale, lo
scoraggiamento, la tristezza e la disperazione. Quando si è caritatevoli, si
vedono negli altri le virtù oltre agli errori. Il rispetto che si mostra per le
virtù di un altro, rende questi rispettoso di se stesso e lo aiuta a combattere
i propri dolori e le proprie difficoltà.
Una mente lucida è facilmente riconoscibile. La concentrazione porta alla
padronanza dei sensi e ci rende pronti ad entrare nel tempio del nostro corpo
per vedere il proprio vero Io nello specchio della propria anima.
Oltre alla purezza del corpo, del pensiero e della parola, è anche necessario un
nutrimento semplice. A prescindere dalla pulizia nel preparare il cibo, è anche
necessario osservare la purezza dei mezzi con i quali esso viene procurato. Il
cibo dovrebbe essere mangiato con la sensazione che con ogni boccone si possa
guadagnare energia per servire il Signore; così il cibo si purifica. Essere o meno
vegetariani è una questione puramente personale, poichè ogni individuo è
influenzato dalla tradizione e dai costumi del paese in cui è nato e cresciuto.
Ma, nel corso del tempo, per ottenere acutezza mentale ed evoluzione
spirituale, colui che pratica lo Yoga deve adottare una dieta vegetariana.
Il cibo dovrebbe essere consumato per mantenere la salute, la forza, l'energia e
la vita. Dovrebbe essere semplice, nutriente, appetibile e sufficiente. Sono da
evitare cibi insipidi, acidi, amari, salati, acri, bruciati, raffermi, pesanti e
34
APPROFONDIMENTI
sporchi. Il nostro carattere viene
formato dal genere di cibo consumato
e da come lo mangiamo. Gli uomini
sono le sole creature che mangiano
quando non hanno fame e che
generalmente vivono per mangiare
anzichè mangiare per vivere. Se
mangiamo per dare gusto alla lingua,
facciamo indigestione e soffriamo di
disturbi digestivi che mettono in
cattive condizioni il nostro organismo.
Lo yogi crede nell'armonia, perciò
mangia soltanto per il suo
sostentamento; non mangia troppo nè
troppo poco, considera il corpo come il
rifugio della sua anima e lo protegge
contro gli eccessi.
Oltre al cibo, anche il luogo è
importante per le pratiche spirituali. È
difficile praticare lo Yoga lontano da
casa, in una foresta, in una città
affollata o dove c'è rumore. Si
dovrebbe scegliere un posto dove sia
facile procurarsi il cibo, un luogo
libero da insetti, protetto dagli
elementi e con piacevoli dintorni. Le
rive di un lago o di un fiume o di una
spiaggia sono l'ideale. Questi luoghi
calmi sono difficili da trovare ai giorni
nostri; ma per gli esercizi può bastare
un angolo adatto di una stanza da
tenere pulita, ariosa e asciutta.
Santosa
Nello yoga è necessario sviluppare la
virtù dell'esser pago o santosa.
Esistono differenze tra gli uomini
dovute alle razze, al credo, alla
ricchezza e al sapere; tali differenze
creano disaccordo, dal quale sorgono
conflitti consapevoli o inconsapevoli
che ci turbano e ci imbarazzano. Di
conseguenza, la mente non può essere
lucida, ed è privata dalla sua pace. Se
una mente non è felice non può
concentrarsi.
La felicità e la tranquillità sono uno
stato d'animo. Vi sono felicità e
tranquillità quando la fiamma dello
spirito non vacilla nel vento del
desiderio. Un uomo completo è felice
poichè ha conosciuto l'amore del
Signore ed ha fatto il suo dovere; è
felice perchè ha conosciuto la verità e
la gioia.
Lo yogi non sente la mancanza delle
cose, ed è quindi naturalmente felice;
la felicità gli dona una beatitudine
insuperata. Il praticante non cerca la
pace vuota della morte, ma la pace di
colui la cui ragione è fermamente
convinta di dimorare in Dio.
Tapas
Tapas deriva dalla radice tap che
significa divampare, bruciare,
splendere, soffrire per un dolore o
consumare col fuoco. In tutti questi
casi, indica lo sforzo ardente per
raggiungere nella vita uno scopo
definito. Implica la purificazione,
l'autodisciplina e l'austerità. Tutta la
scienza della formazione del carattere
può essere considerata come una
pratica di tapas.
Tapas è lo sforzo consapevole che si
compie per ottenere l'unione finale col
Divino e per bruciare tutti i desideri
profani che si incontrano lungo il
cammino verso questa meta. Uno
scopo degno rende la vita illuminata,
pura e divina. Senza tale proposito,
l'azione e la preghiera non hanno
valore. La vita senza tapas è come un
cuore senza amore; senza tapas,
l'anima non può raggiungere il Signore.
Tapas può essere di tre tipi: può
riferirsi al corpo, al discorso o alla
mente. La moderazione
(brahmacharya) e la non-violenza
(ahimsà) sono tapas del corpo. Il non
usare parole offensive, recitare la
APPROFONDIMENTI
35
gloria di Dio, far conoscere la verità
senza pensare alle conseguenze e il
non dire male degli altri sono tapas del
parlare. Sviluppare un modo di
pensare che renda l'individuo
tranquillo ed equilibrato tanto nella
gioia che nel dolore e che gli mantenga
il controllo di se stesso è tapas del
pensiero.
È tapas anche il lavorare senza motivi
egoistici o attese di ricompensa, con
l'inamovibile credo che nemmeno uno
stelo d'erba si possa muovere senza il
volere di Dio. Con tapas lo yogi
sviluppa la forza del corpo, della
mente e del carattere; acquista
coraggio e saggezza, integrità, onestà
e semplicità.
Svadhyaya
Sva significa il proprio essere, adhyaya
studio o educazione. L'educazione è
tutto quel che c'è di meglio in un
essere umano; svadhyaya, quindi, è
l'educazione dell'io.
Secondo Vinoba Bhave, svadhyaya è lo
studio di un soggetto che costituisce la
base o la radice sulla quale si basano
tutti gli altri soggetti o azioni, non
essendoci altro sul quale esso, a sua
volta, si basi.
Svadhyaya non è come l'istruzione,
che si acquista seguendo una lezione
in cui l'insegnante fa mostra del
proprio sapere all'ignoranza del
pubblico. Quando ci si riunisce per
meditare svadhyaya, chi parla e chi
ascolta sono della stessa opinione ed
hanno amore e rispetto reciproco; non
fanno sermoni, ma piuttosto un cuore
parla all'altro. I pensieri nobili che
nascono da svadhyaya entrano, per
così dire, nel sangue e diventano in tal
modo parte dell'anima e dell'essere.
Colui che pratica svadhyaya legge il
proprio libro della vita nello stesso
36
tempo in cui lo scrive, e lo corregge.
C'è un cambiamento nel suo modo di
vedere la vita: comincia a capire che
tutta la creazione è destinata
all'adorazione piuttosto che al
godimento, che tutta la creazione è
divina, che la divinità è in lui e che
l'energia che lo muove è la stessa che
muove l'universo. L'ignoranza non ha
un principio, ma ha una fine; il sapere
ha un inizio ma non ha una fine. Con
svadhyaya il praticante capisce la
natura della propria anima e ottiene la
comunione col divino.
Per rendere la vita sana, felice e
tranquilla è essenziale meditare sulla
letteratura sacra in un posto puro.
Tale studio dei libri sacri permetterà
all'aspirante di concentrarsi e di
risolvere, quando sorgono, i difficili
problemi della vita; porrà fine
all'ignoranza e donerà sapere.
I libri sacri devono essere letti da tutti,
poichè non sono destinati soltanto ai
credenti di una particolare fede.
Come le api assaporano il nettare di
fiori diversi, così il praticante coglie in
altre fedi insegnamenti che gli
permettono di apprezzare meglio la
propria.
La filologia non è una lingua ma la
scienza delle lingue, il cui studio
permette allo studioso di conoscere
meglio la propria. Similmente, lo Yoga
non è in sè una religione, ma è la
scienza delle religioni, il cui studio
permette al praticante di apprezzare
meglio la propria fede.
Isvara Pranidhana
Isvara Pranidhana è la consacrazione
al Signore delle proprie azioni e della
propria volontà. Le azioni riflettono la
personalità dell'uomo meglio delle sue
parole. Colui che ha fede in Dio non
dispera, ma confida nell'ispirazione
APPROFONDIMENTI
divina. Lo yogi ha imparato l'arte di
dedicare tutte le proprie azioni a Dio,
cosicchè esse riflettano la divinità
presente in Lui.
Una forza del carattere solo di natura
fisica è come una droga; t'insuperbisce
di orgoglio e ti ubriaca di potere.
Mentre colui che sa che tutta la
creazione appartiene al Signore, non si
abbasserà per seguire fini egoistici, la
sua fronte si chinerà soltanto in
adorazione. E quando le acque
dell'adorazione scorrono attraverso le
turbine della mente, nascono potenza
mentale e illuminazione spirituale.
L'abitudine ai piaceri distrugge sia il
potere che la gloria. Dalla
soddisfazione dei sensi, quale quella
che segue al piacere, nascono
l'attaccamento e la bramosia di
ripeterlo. E se i sensi non vengono più
soddisfatti nasce il dolore. Essi vanno
dominati col sapere e con l'astinenza.
Più difficile è controllare la mente.
Una mente piena di desideri non si
infiamma nè splende, e non genera né
calore nè luce quando è raggiunta dal
fuoco del sapere. In una mente tesa
soltanto al soddisfacimento personale
esiste il pericolo di essere trascinata al
di là degli oggetti del suo desiderio.
Tentare di praticare la devozione
senza liberare la mente dai desideri è
come accendere un fuoco con legna
bagnata: fa soltanto moltissimo fumo
e fa lacrimare gli occhi della persona
che lo accende e di coloro che sono
intorno ad esso.
Dopo che si sono esaurite le proprie
risorse e non si è ancora riusciti nei
propri intenti, si chiede aiuto al
Signore, poichè Lui è la fonte di tutti i
poteri. È questo il momento in cui in
essa nasce la devozione; la mente,
l'intelletto e la volontà vengono offerti
al Signore e il praticante prega in
questo modo: io non so cosa sia bene
per me, sia fatta perciò la tua volontà.
Una volta liberata dal desiderio del
piacere personale, la mente,
dovrebbe essere del tutto assorta nel
pensiero del Signore.
Il nome del Signore è come il sole che
disperde l'oscurità. La luna è piena
quando è di fronte al sole, e lo spirito
individuale intuisce la perfezione
quando si trova di fronte a Dio. Ma se
l'ombra della terra viene a trovarsi tra
la luna piena e il sole si ha un'eclisse;
se la sensazione dell'Io e del Mio
proietta la sua ombra sull'intuizione
della perfezione divina, tutti gli sforzi
per conquistare la pace sono vani.
Alcuni pregano per veder soddisfatti o
compiuti i propri desideri, ma nella
devozione - o vero amore - non vi è
posto per Io e Mio; quando la
sensazione dell'Io e del Mio scompare,
l'anima individuale ha raggiunto il
pieno sviluppo.
APPROFONDIMENTI
37
ARCA IN ITALIA
SAN GIOVANNI BATTISTA 2009
38
La parola che si abbina in maniera più adeguata alla parola
Festa è senza dubbio Memoria. Vale per le feste religiose, per
quelle civili e politiche, il ricordo di eventi particolari, nascita,
morte, sacramenti. La Memoria è il ricordo, ma anche la
relazione la presenza di Dio - con questi eventi straordinari,
cioè fuori dall'ordinario quotidiano. Nell'Arca la Festa più
importante è quella di san Giovanni Battista perché questo
santo è il protettore della Comunità. È un santo strano: non è
cristiano come lo intendiamo noi, ma un precursore, “colui che
prepara la strada”. Il 24 giugno si celebra la sua nascita e non la
morte come per gli altri santi. È il giorno più lungo dell'anno e
di conseguenza la notte più corta: ha ispirato miti, leggende,
favole, culti pagani. Il rito dell'Arca per questa occasione è
certamente più mistico , fatto di condivisione e rinnovo degli
impegni per l'anno a venire. Semplice, ma profondo.
Anche l'Arca vuole essere un apripista di nuove strade per la
Giustizia e la Pace, per la risoluzione dei conflitti, per la
conversione e per fare unità di vita. Progetto ambizioso che si
scontra con una realtà fatta, a volte, di dolorosi compromessi,
limiti umani, ma anche con le circostanze della vita, spesso
faticose e difficili.
Quest'anno la comunità di Casciago ha preparato una cena
letteraria su Lanza del Vasto. In cosa consiste? Una cena
semplice, ma gustosa e piacevole con la lettura di testi del
nostro fondatore tra una pietanza e la successiva. In seguito la
tradizionale veglia.
Alla cena hanno partecipato una trentina di persone, molte
delle quali sentivano per la prima volta parlare di Lanza del
Vasto. A tavola, durante il pasto, il dialogo era indirizzato
inevitabilmente sulla nonviolenza, sull'Arca e su Lanza stesso. È
sempre positivo e bello scoprire quanto potenziale si nasconde
in ognuno di noi, quanta storia dolorosa , ma anche di gioia e
lotta siamo portatori. Anche le suore del vicino convento erano
particolarmente colpite da questa figura semisconosciuta e nei
loro interventi finali si è notato il desiderio di conoscere la sua
opera che si inserisce in un filone ascetico e filosofico di un
certo spessore e si coniuga con una proposta nonviolenta reale
e concreta. Naturalmente Lanza del Vasto non ha l'esclusiva di
questo pensiero, ma ne è come un risultato, figlio di numerose
forme e strutture di pensiero. La nonviolenza “è antica come le
montagne” e, aggiungo io, un futuro come il mare.
Conciliazione degli opposti e immensità vitale.
La veglia successiva, anche se
eravamo in pochi, è stata un dono
dello Spirito, oserei dire come
sempre. Si è instaurata fin da subito
un clima fraterno dove poter
condividere le nostre gioie, le nostre
pene, i nostri sogni. Cominciata con
il richiamo, inframmezzata da canti
e dalla condivisione fraterna è
terminata con la preghiera e il
rinnovo dei nostri impegni.
Certamente deve far meditare il
fatto di essere pochi, ma,
personalmente, non sarei
preoccupato più di tanto. Certo, è
bello ritrovarsi numerosi come
quando una famiglia è al completo.
Quando manca qualcuno si sente
sempre una certa tristezza, ma è
questo mondo con la sua fatica e le
circostanze famigliari ad impedire un
incontro numeroso e l'abbassamento
dell'entusiasmo, della vivacità e
creatività del nostro stare insieme. I
legami spirituali vanno ben oltre
questi limiti, dovremmo invece
preoccuparci se non c'è questa
relazione ad unirci. Per questo dico
di non essere particolarmente
preoccupato.
È stata la prima san Giovanni senza
la presenza viva di Alberta, a cui
tutti siamo sempre legati da un
vincolo di amore fraterno. L'abbiamo
sentita viva tra di noi, una presenza
leggera, quasi un soffio e con lei
anche Shantidas e tutti coloro che ci
hanno preceduto in questa storia ed
esperienza. È comune anche il
desiderio di ricomporre i numerosi
conflitti in cui siamo immersi perché
questi frenano il cammino verso
l'unità di vita, verso quella
conoscenza, possesso e dono di sé a
cui tutti aspiriamo.
Voglia lo Spirito Santo invocato
all'inizio continuare a vegliare su di
noi e guidare i nostri passi verso la
nonviolenza. Con questo sentimento
di fraternità e di gioia derivata dalla
bellezza dello stare insieme siamo
ritornati nel nostro quotidiano per
continuare la resistenza spirituale a
cui siamo chiamati.
Dino Dazzani
FRATERNITA' DI CASCIAGO
Ad un anno di distanza dall'ultima S. Giovanni per prima cosa devo dire che
sento molto forte il vuoto che Alberta ha lasciato tra noi. Prima, malgrado la
malattia, anche negli ultimi lunghi mesi non era mai mancato con lei uno
scambio sull'Arca, la sua realtà, le nostre difficoltà e il suo divenire.
Forse per questo colgo ancor più intensamente le nostre fragilità e le nostre
difficoltà nell'incontrarci e nel condividere, molto dovuto alla distanza
geografica, ma molto dovuto anche credo alla fatica del mettere insieme le
energie rimaste e farle fruttificare.
Abbiamo quindi continuato a cercare di far vivere l'Arca nella realtà in cui
viviamo cercando di condividere il fatto che molti dei valori di cui oggi in
particolare si sente la mancanza di esperienza vissuta sono propri dello stile
di vita dell'Arca.
ARCA IN ITALIA
39
Nel corso dell'anno ci sono stati
momenti di incontro con diversi
gruppi al centro dei quali è stata
posta la condivisione come stile di
vita nel modo di relazionarci. Due
momenti importanti sono stati quelli
legati a due incontri su temi che ci
sono molto cari come l'ambiente e le
risorse della nostra terra: uno sul
tema dell'acqua e le prospettive di
privatizzazione, l'altro sul nucleare e
sulle risorse energetiche.. I relatori,
due figure apparentemente
contrapposte, uno il nostro nuovo
parroco don Norberto che ha trattato
i due temi “acqua “ e “luce” nella
storia della Bibbia, l'altro un caro
amico Mario Agostinelli che è stato
segretario regionale della CGIL e poi
consigliere indipendente per
Rifondazione Comunista in regione
Lombardia. Tutti, circa 20/30
persone siamo rimasti affascinati
dalla sintonia tra loro (non
concordata) nel trattare u due
argomenti con aspetti un po' poetici,
molto radicati sulla importanza
vitale che acqua e luce hanno nella
nostra vita con molta precisione
rispetto ai dati e all'analisi fatte che
ci hanno aiutato ad approfondire la
consapevolezza di quanto si stia
correndo verso un processo
irreversibile di distruzione delle
condizioni di vita umana sulla terra.
Ma il momento più forte per noi
come “Arca “ è stato vissuto alla S.
Giovanni. Quest'anno abbiamo deciso
di iniziare la serata di veglia con una
“Cena Letteraria” su Lanza del Vasto
alla quale abbiamo invitato un
grande giro di amici e conoscenti che
non conoscevano per niente Lanza
del Vasto. Le “Cene Letterarie” sono
40
un'esperienza che da qualche anno
facciamo come Associazione “Mondo
di Comunità e Famiglia”, si sceglie
una figura o un tema: i Promessi
Sposi, don Lorenzo Milani, S.
Francesco, Edith Stein….. e durante
un pranzo o una cena preparata con
cura con diverse portate, tra una
portata e l'altra si leggono brani o
testi del personaggio scelto o per es.
per S. Francesco e S. Angela Merici
(patrona della congregazione che ci
ha dato la Casa in comodato) si
proietta una parte iconografica.
Per Lanza del Vasto abbiamo
proposto uno stile semplice, cucina
vegetariana e stile semplice per le
varie portate, centri tavola stile
piccoli mandala costruiti con la
sabbia dove al centro una piccola
candela faceva da punto d'incontro
per i quattro semiarchi della croce
dell'Arca.
Ma la cosa che ha toccato molto tutti
sono stati i testi, testi a noi ben noti
ma che hanno toccato molto coloro
che li hanno ascoltati. Preparati da
Dino Dazzani e tagliati per necessità
di stare nei tempi, hanno suscitato
in molti il desiderio di conoscere
meglio Shantidas. Abbiamo terminato
facendo ascoltare un Alleluia cantato
da Shantidas e Chanterelle. In pochi,
in 7 abbiamo vegliato una parte della
notte e rinnovato il nostro impegno.
Alcuni assenti per serie ragioni di
salute, altri per la fatica dei vari
impegni, altri….
Le previsioni per il futuro non mi
sembrano molto rosee, il campo
previsto per il mese di Agosto molto
probabilmente non si terrà dato che
ARCA IN ITALIA
al momento abbiamo solo 1 iscritto e
arriviamo alla fine di luglio. Certo
tutto questo ci interroga, a partire
dal come dopo la fine del Capitolo
Generale non siamo riusciti a
sfruttare questa occasione per dare
nuovo slancio per fare navigare
questa Arca. Forse troppo ripiegati su
noi stessi e i nostri diversi modi di
sentire, forse non abbiamo
sufficientemente valorizzato il senso
delle conclusioni del Capitolo stesso.
Credo, se vogliamo sopravvivere
diventi sempre più urgente trovare
nuove modalità per rispondere alle
esigenze del momento.
Per il prossimo anno continueremo
sicuramente gli incontri con don
Norberto e con Mario sui temi legati
all'ambiente, il tema
dell'immigrazione e dei diritti sociali
sicuramente saranno argomenti che
potranno aggiungersi e poi vedremo,
malgrado le nostre fragilità cosa
riusciremo a fare per mantenere un
filo con la cena letteraria.
FRATERNITÀ DELLE TRE FINESTRE
Attività svolte nel 2008-2009
Il prezioso lavoro di collegamento internazionale svolto da Laura Lanza ci
stimola e un po' ci costringe ogni anno a fare il punto sulla nostra vita di
fraternità siciliana. Ben venga questo sprone che ci dà l'opportunità di
rivedere a ritroso un anno di vita di impegni, di attività svolte e che si erano
quasi dimenticate, di altre che dovevano svolgersi e che altri impegni
personali e di gruppo ci portano a rimettere in calendario per il prossimo
anno.
Lavori nella Casa e nel campo
Partiamo allora dalla scorsa estate caratterizzata dalla conclusione dei lavori
di pavimentazione, imbiancatura pareti e impianto elettrico della sala
comune. Questi lavori sono stati eseguiti in buona misura da Tito e si sono
conclusi alla vigilia del campo estivo di agosto 2008. Durante quest'anno non
abbiamo svolto particolari lavori al complesso della casa, dove restano da
ristrutturare il vecchio palmento che potrebbe essere riutilizzato come
cucina e refettorio comune per l'inverno, la vecchia piccola stalla che
dovrebbe fungere da magazzino e la piccola chiesetta dove con varie attività
di auto-finanziamento si è per il momento rifatto solamente il tetto. Questi
lavori consentirebbero un completamento indispensabile per dare al
complesso migliore possibilità di accoglienza delle varie attività, anche nel
periodo invernale e maggiori spazi a supporto delle attività agricole. Per
queste ultime sarebbe anche necessaria la realizzazione di una grande
ARCA IN ITALIA
41
cisterna di raccolta dell'acqua
piovana sia per gli usi della casa sia
per usi irrigui (orto, frutteto ecc.).La
casa, infatti, non è raggiunta dalla
rete dell'acquedotto cittadino.
Nella campagna, sempre con
l'apporto instancabile di Tito (che di
mattina lavora a Catania nell'ambito
della formazione professionale),
l'uliveto di nuovo impianto (circa 130
alberi) procede bene e ha già dato i
suoi primi frutti. Per la prima volta si
è realizzato un orto d'inverno, curato
da Nella, compatibilmente ai suoi
impegni con la piccola Maddalena.
Quest'ultima inizierà quest'anno la
scuola materna e quest'evento forse
consentirà a Nella di rifare una
seconda esperienza nel prossimo
anno. Per il resto la normale
manutenzione prende il resto del
tempo: eliminazione di sterpaglie per
prevenire gli incendi, ripristino dei
muretti in pietra lavica, produzione
di legna per la caldaia della casa,
eliminazione delle ginestre che negli
trent'anni di abbandono precedenti il
nostro arrivo avevano preso il
dominio assoluto dei campi.
Campo sullo Yoga
Questo campo, che si e' svolto dal 22
al 28 agosto 2008, con la
partecipazione di più di 30 persone,
aveva per tema principale
l'introduzione allo Yoga ed è stato
organizzato assieme al centro di
Cultura Rishi di Palermo fondato dal
Maestro Aruna Nath Giri . I
partecipanti provenivano dal circuito
dell'Arca, del MIR, del gruppo
“Famiglie in Cammino” di Palermo
(di cui fanno parte Enzo e Maria) e in
parte dai Centri Yoga di Palermo e di
42
Milano
Il Campo è stato condotto dal
Maestro Aruna Nath Giri, e si
proponeva di presentare e
sperimentare, la disciplina Yoga,
pratica spirituale attraverso cui
sperimentare il “lavoro su di sé”,
fondamento dell'insegnamento di
Lanza del Vasto.
Il Maestro Aruna, argentino, iniziato
allo Yoga in India, da più di trent'anni
dedica la sua vita all'insegnamento
dello Yoga fondando e animando
diversi centri in Italia (tre a Palermo
e uno a Milano) e in Argentina.
Questa prima introduzione ha dato ai
partecipanti gli elementi per un
lavoro personale o di gruppo. Ad essa
potranno seguire altri momenti
seminariali più avanzati.
Durante la settimana, molto intensa,
si sono svolte numerose sessioni di
pratica Yoga; canto; attività per la
preparazione di una festa comune;
lavoro per conduzione della casa e la
preparazione dei pasti;
approfondimento di temi
dell'insegnamento dell'Arca.
Il campo è stato una bella occasione
di crescita e uno stimolo per andare
avanti nel nostro progetto e nel
nostro cammino spirituale. In questo
campo la partecipazione di giovani è
stata più cospicua che in passato.
L'idea di far incontrare persone che
vanno in una direzione comune con
storie e sensibilità diverse è stata
apprezzata da tutti i partecipanti. La
casa delle fraternità delle Tre
Finestre nasce con questo preciso
intento e resta aperta per altre
analoghe esperienze.
Collaborazione con il “Punto Pace” di
Pax Christi di Catania
ARCA IN ITALIA
La Fraternità ha preso parte al
convegno nazionale e alla marcia per
la pace svoltasi il 31 dicembre 2008 a
Palermo, dando anche qualche aiuto
logistico in loco, dal momento che in
questa città non esiste un “Punto
Pace” di Pax Christi che invece esiste
a Catania. Con questo gruppo di
Catania permangono dei rapporti di
fraterna collaborazione in alcuni
momenti dell'anno. Nel 2008 si è
organizzato insieme un convegno
sulla base NATO di Sigonella, mentre
quest'anno la nostra Fraternità, con
il contributo di Enzo e Laura ha
curato il 21 marzo una veglia di
riflessione e di preghiera sul tema
“Povertà e Violenza” nell'ambito
degli incontri che il Punto Pace
organizza mensilmente a Catania
presso la Parrocchia Santi Pietro e
Paolo
Rete Orti di Pace
Il 14 Marzo 2008 Enzo e Maria hanno
partecipato al convegno svoltosi a
Cesena e organizzato dall'Istituto
Nazionale di Economia Agraria (INEA)
e dall'Ecoistituto di Cesena dal titolo
“Verso una rete di Orti di Pace”
[sottotitolo “Orti nelle Scuole, nei
conventi, nelle Carceri, nelle
città…]. Si è trattato di un evento
nazionale che ha fatto incontrare
svariate realtà che utilizzano l'orto in
chiave pedagogica, terapeutica,
sociale. In questa occasione alla
quale Enzo partecipava come
operatore dei servizi di salute
mentale, si è instaurato un proficuo
rapporto con Marinella Tomarchio,
docente di pedagogia all'Università di
Catania. Molto motivata a costituire
una rete che lavori su questi temi in
Sicilia. Dopo l'incontro di Cesena ci si
è visti varie volte anche a Belpasso.
Si tratta di una relazione molto
importante poiché questa
professoressa segue i giovani
dottorandi della sua Facoltà e per
questo tramite potremo far
conoscere la nostra esperienza ad
una fascia di età più giovane di
quella che frequenta i nostri
incontri. Inoltre la stessa iniziativa ci
ha messo in contatto con il Centro di
Ricerche per le Tecnologie
Appropriate di Cesena dei fratelli
Zavelloni che da tanti anni sono
impegnati nel settore
dell'agricoltura, della pedagogia ,
dell'uso di mezzi semplici e naturali
nel lavoro agricolo. Da tempo Tito
voleva mettersi in contatto con loro
e questa opportunità ci si è offerta
quasi per caso. Il 23 e 24 luglio si
svolgerà alle Tre Finestre il primo
incontro di formazione e di
costituzione della rete siciliana, con
Daniele Zavelloni e Marinella
Tomarchio. L'iniziativa ha avuto un
buon riscontro di interesse visto che
gli iscritti sono più di 30.
San Giovanni 2009
Il 21 di giugno abbiamo festeggiato la
San Giovanni. Come di consueto
l'incontro si è svolto con un incontro
di riflessione e di condivisione nel
pomeriggio del sabato, seguito dalla
preghiera attorno al fuoco, dalla
cena conviviale e dalle danze. In
occasione di questa San Giovanni,
sulla scia di un lavoro iniziato
all'incontro nazionale, abbiamo
deciso di riprendere i temi principali
dell'insegnamento di Shantidas
ripercorrendo la storia della loro
attualizzazione, comprese le
ARCA IN ITALIA
43
criticità, per arrivare a ciò che è
stato ripreso nelle nuove costituzioni
e nel capitolo del 2005 e soprattutto
a ciò che interroga oggi le nostre
coscienze, la nostra vita di gruppo, a
come nel nostro quotidiano personale
e nella nostra vita di fraternità
intendiamo mettere in pratica
l'insegnamento dell'Arca.
La riflessione della San Giovanni è
stata dedicata al tema della
corresponsabilità con una
introduzione di Enzo cui ha fatto
seguito una breve riflessione biblica
curata da Frédéric Vermorel.
Frédéric
La Fraternità prosegue il rapporto di
amicizia con il monaco Frédéric
Vermorel, di origini francesi, che vive
in un eremo della Diocesi di LocriGerace in Calabria . Anche
quest'amicizia che dura ormai da più
di quattro anni è stato un dono
inatteso. Frédéric lo abbiamo
conosciuto quando nel 2005 abbiamo
fatto visita al Vescovo Giancarlo
Bregantini allora alla guida di un
territorio martoriato dalla violenza
mafiosa ('ndrangheta). La croce
dell'Arca che avevamo al collo ci ha
fati riconoscere subito fratelli, figli
di uno stesso padre spirituale. Subito
abbiamo capito che la sua
conoscenza teologica e filosofica e,
nello specifico, dei testi di Lanza del
Vasto era di molto superiore alla
nostra; in passato aveva tradotto il
Commento ai Vangeli e letto più
volte tutte le sue opere. Da allora ci
siamo scambiati varie visite. Ha
partecipato a tutte le San Giovanni
alle Tre in questi quattro anni. Ha
quasi ultimato la traduzione in
Italiano de La Trinitè Spiritulle
44
pubblicata a puntate su “Arca
Notizie”. L'ultima volta ci siamo
lasciati con l'idea di una San Giovanni
2010 presso il suo Eremo di
Sant'Ilarione sa Caulonia in Calabria.
Gruppo di Meditazione Zen
Domenica 3 maggio ci siamo
incontrati alle Tre Finestre con il
Sangha (gruppo di meditazione zen)
di Catania . La giornata è stata
scandita da tre pratiche di
meditazione : quella seduta guidata,
quella camminata e quella seduta
silenziosa guidate da Maurizio
D'Agostino. I partecipanti più di una
ventina e provenienti da tutta la
Sicilia hanno condiviso in "Nobile
Silenzio"(pratica di consapevolezza)
il pranzo vegetariano e hanno
assistito ad un filmato in cui Thich
Nhat Hanh ( il monaco vietnamita
che vive al Plum Village in Francia e
che è l'ispiratore di questa pratica
della meditazione consapevole)
illustrava alcuni aspetti della
meditazione. La giornata molto
stimolante e arricchente, si è
conclusa con una condivisione
dell'incontro.
Attività in programmazione per la
seconda metà del 2009
relazionali. In particolare questo
laboratorio può fornire utili stumenti
di lavoro a quanti operano nel
settore educativo: insegnanti,
educatori, psicologi, operatori sociali
ecc.
Ri-esecuzione dal vivo e
registrazione danze dell'Arca
Tito e Liliana hanno in programma, in
collaborazione con alcuni musicisti,
di rieseguire alcune delle musiche
per le danze dell'arca, al fine di
ricostruire un CD con il repertorio
delle principali danze della
tradizione dell'Arca.
Campo 2009
Il campo in programma nel periodo 28 agosto 2009 avrà per tema “Entrate
nel cerchio e dateci la mano.
L'insegnamento dell'Arca nel nostro
tempo.
Il Campo, si propone di presentare
l'insegnamento nell'Arca, la sua
fondazione, la sua evoluzione, il suo
essere proposta per il nostro tempo .
Lavoro su di sé, semplificazione di
vita, lavoro manuale, nonviolenza,
canto, danza, yoga, punti cardine
della proposta dell'Arca saranno
sperimentati in una settimana di,
convivialità, lavoro, riflessione
comune.
Associazione
Non abbiamo ancora provveduto alla
costituzione dell'Associazione.
Durante l'ultimo incontro nazionale si
era proposto al gruppo siciliano di
costituire una associazione avente
come valori di fondo quelli della
“Carta dell'Arca Italiana”. Questa
associazione potrebbe essere
registrata presso il registro regionale
del volontariato della Sicilia anche se
ad essa potrebbero iscriversi i
compagni e gli amici delle altre
regioni. Tale strumento potrebbe
rispondere, nelle more della
costituzione di una associazione
nazionale, sia alle esigenze di
formalizzazione delle attività del
gruppo siciliano (assicurazioni,
possibilità di ottenere finanziamenti
per attività, ecc.), sia a quelle di
avere una prima entità giuridica di
riferimento nazionale per attività a
livello internazionale (p.es. adesione
a cartelli tipo decennio ONU per la
nonviolenza).
Speriamo di potere procedere a
questo adempimento prima del
prossimo incontro nazionale che
secondo la turnazione Nord-Sud,
dovrebbe svolgersi quest'anno alle
Tre Finestre.
Teatro dell'Oppresso
Il recente incontro con Preziosa,
giovane calabrese trapiantata a
Palermo, attrice e operatrice di
Teatro dell'Oppresso ci ha portato ad
ospitare nei giorni 24-26 luglio uno
stage di introduzione a questa
specifica tecnica teatrale. Il TdO si
rivolge a chiunque voglia
approfondire la consapevolezza di
sé e delle proprie capacità
ARCA IN ITALIA
ARCA IN ITALIA
45
ENTRATE NEL CERCHIO E DATECI LA MANO
L'invito al campo dell'Arca di agosto sull'Etna “… entra nel cerchio!” richiama
la preghiera della sera ma anche il cerchio della danza e del gioco. L'intento
e' arduo declinare il patrimonio di esperienza e riflessioni dell'Arca con le
parole e le esperienze delle persone presenti, nella vita quotidiana della
grande casa di “Tre finestre”. Quest'anno non c'e' il richiamo del maestro di
yoga e anche la diffusione della proposta non e' andata come ci si era
aspettati: siamo in pochi, ma che godono del piacere di incontrarsi.
Il secondo giorno arriva un clan scout piemontese di passaggio; stanno cosi'
bene con noi che cambiano i loro programmi e restano fino alla festa di fine
campo.
Il campo si snoda tra riflessioni ed esperienze su purificazione, meditazione,
semplificazione di vita, preghiera, conflitto e ricerca dell'unita' e
dell'unanimita'. Il lavoro, sempre festoso, ci ha portato alla potatura degli
ulivi, alla preparazione del sapone alla lavanda, in cucina e nella battaglia
(cruenta!) contro i rovi infestanti. Le giornate sono state aperte dallo yoga e
dalla preghiera al sole e chiuse, dopo la preghiera intorno al fuoco, da
momenti di festa e danza nel salone: ricordo con particolare emozione la
lettura scenica di profili di donne siciliane fatta da Loredana, accompagnata
dalla chitarra.
L'incontro con un maestro di meditazione zen ci fa scoprire che il “rappel” e'
parte della vita dei monasteri buddisti. Nuovi amici del Belpasso hanno
arricchito con la loro presenza e le loro storie la vita del campo: senza Pino
chi ci avrebbe accompagnato al Grande Salice con la sua aura di mistero e di
sacro, occasione di epiche scalate per i piu' temerari !
Renata Longo
INCONTRO ANNUALE DELL’ARCA IATLIANA 2009
A Tre Finestre Belpasso (CT)
Dal 5 all’8 dicembre
Dalla riflessione su conoscenza, possesso e dono di se' allo spirito di
comunita'
L'incontro annuale come occasione per ripercorrere insieme i punti della
carta italiana dell'Arca: lo scorso anno Federic Vermorel ci ha accompagnato
in una riflessione su conoscenza, possesso e dono di se', quest'anno avremo
con noi Jean Baptiste Libouban a cui abbiamo chiesto di accompagnarci
nell'approfondimento della parte della carta dedicato allo spirito di
comunita'. Non e' facile per un gruppo fortemente disperso nel paese e
formato da persone tra loro profondamente diverse coltivare lo spirito di
comunita': il tema ci accompagnera' nell'anno, dopo questo incontro le
fraternita' ed i singoli impegnati troveranno modi e tempi per continuare il
lavoro personale e comunitario.
La fraternita' di Tre finestre ci aspetta anche per condividere la raccolta
delle olive, lavoro gioioso ma anche importante e impegnativo per la
quantita' di ulivi presenti nella tenuta, che durante il campo estivo sono stati
amorevolmente accuditi dai partecipanti. Per tutti quindi sara' un'occasione
di partecipazione concreta alla vita e al lavoro delle famiglia Cacciola e
Santifilippo, ricordando che cio' che non saremo capaci di fare insieme
rimarra' da completare alle famiglie sicule: le olive non posso aspettare per
diventare il buon olio delle “3 finestre”!
I ritmi dello yoga, della preghiera, del rappel, ed i momenti della
condivisione e della festa completeranno la vita comune che si volgera' nella
splendida cornice delle pendici dell'Etna e della casa di “Tre finestre” che
diventa ad ogni incontro piu' bella e accogliente.
Per maggiori dettagli e per segnalare la propria partecipazione:
Enzo Sanfilippo 3386808484, Tito Cacciola 0957911202.
CAMMINO DI RICONCILIAZIONE
Guarigione interiore
nelle relazioni
con se stessi, con gli altri e con Dio
da domenica 27 dicembre (sera) a giovedì 31 dicembre (a mezzogiorno) 2009
Presso “CONDOMINIO SOLIDALE GIUSEPPE RIGANTI”
via Angela Dell'Acqua 24 Casciago (VA)
46
ARCA IN ITALIA
ARCA IN ITALIA
47
Per informazioni: Anna Agostini tel. 0332 461555 349 1250125
Giampiero Zendali tel 347 9814021
e-mail: [email protected]
48
BREVE RESOCONTO DEL CONSIGLIO
INTERNAZIONALE FRIEDENSHOF ,
GERMANIA
30 luglio/1 agosto 2009
Pierre-Ami Beguin
(delegato per la francofonia)
ARCA NEL MONDO
Patrizia e Giampiero Zendali con Anna Agostini, partendo dalla loro
esperienza personale che li ha portati ad un incontro profondo con Joseph
Pyronnet, compagno dell'Arca di Lanza Del Vasto per 16 anni, sposato, padre,
nonno, bisnonno e oggi dopo essere rimasto vedovo, prete della diocesi di
Voiron in Francia, col quale hanno iniziato il lavoro su di sé, seguendo un
cammino evangelico formativo con la sua supervisione
propongono
una lettura dei testi biblici che tocca profondamente la nostra esperienza di
vita, in tutte le dimensioni del nostro essere e ci invita a rileggere il nostro
passato come una storia santa, scoprendo il legame tra le violenze collettive
e le nostre violenze personali nella relazione con l'altro e intraprendere così
un cammino di una possibile guarigione interiore.
L'esperienza consiste in primo luogo in un cammino spirituale radicato nella
parola di Dio, ma anche in un percorso di evoluzione personale partendo dai
dati elementari delle scienze umane, che non prevede l'esercizio di un
carisma di guarigione particolare. Si propone un cammino di riconciliazione e
di una possibile guarigione come nuova consapevolezza della mia relazione
con me stesso, con gli altri e con Dio. Per questo è necessario partecipare
alla sessione in tutto il suo svolgersi, con la disponibilità a coinvolgersi
personalmente con gli altri nel lavoro di condivisione in gruppo.
Si tratta di entrare progressivamente attraverso le mie povertà e le mie
stesse fragilità nella consapevolezza della mia vocazione personale
fondamentale, e per chi crede, nella mia identità profonda di figlio/figlia di
Dio chiamato alla libertà in una vita di pienezza.
Non essendo un percorso di tipo terapeutico, è sconsigliata la partecipazione
a persone con problematiche di carattere patologico, per le quali è
necessario un accompagnamento specialistico.
Il numero dei partecipanti è limitato a 12 per facilitare l'espressione di
ciascuno e permettere a coloro che lo desiderano, un accompagnamento
individuale.Il corso inizierà alle ore 19 di Domenica 27 dicembre.
Il contributo spese per il periodo di permanenza comprensivo di pranzi e
pernottamento è di Euro160, di cui Euro 30 andranno versati quale quota
d'iscrizione, sul conto corrente postale n. 14079214, intestato a
Patrizia Brambilla, Via Angela Dell'Acqua, 24 21020 Casciago (Va)
Per questo Consiglio siamo stati calorosamente accolti alla casa
comunitaria Friedenshof, vicino Hannover in Germania.
Nella stessa settimana, dal 28/7 al 2/8, si svolgeva a un
centinaio di metri un campo di amici e membri impegnati
dell'Arca tedesca - circa 35 partecipanti. Con loro abbiamo
pregato al mattino e alla sera e abbiamo condiviso i pasti e gli
incontri o attività serali.
Il nostro Consiglio era formato da: Michèle Leboeuf
(Responsabile generale), Maria Rebuelta e Michel Ferré (nuova
delegata per la Spagna insieme a Michel Ferré), Gertrudis
Krieger (delegata per la Germania), Laura Lanza (delegata per
l'Italia), Bernard Dangeard (delegato per la Francia e da poco
incaricato Responsabile per l'Arca francofona da parte di
Michèle), Pierre-Ami Béguin (secondo delegato per la
francofonia, incaricato anche di aiutare per le traduzioni con i
nostri ospiti tedeschi).
Brevi notizie dei paesi e dei gruppi
Svizzera: la comunità di Chambrelien è divenuta comunità
dell'Arca, riconosciuta dal Consiglio, nel marzo 2009. E'
costituita da 12 persone impegnate di cui 6 abitano vicino a
Neuchatel. Tre coppie con bambini adulti, più una coppia in
formazione. Si occupano di biologico e di accoglienza di casi
sociali oltre che di un asilo. Sono una trentina tra amici e
impegnati
Spagna: Al momento 10 sono le persone impegnate tra la
Longuera, Madrid e Valenza, ma molti sono gli amici che anche
senza aver fatto l'impegno partecipano agli incontri e hanno
molto peso nelle decisioni. Hanno diritto di voto come gli altri.
Sono stati fatti due incontri di formazione molto partecipati: 1)
meditazione, vita interiore, yoga, silenzio, lavoro su testi di
Lanza. - 2) la bellezza nell'Arca e la comunicazione
nonviolenta (3 gg con Brigitte Mesdag).
49
E' stata creata un'associazione (6, 7
membri), piccola, senza potere ma
utile come riferimento.
Da qualche anno è stato istituito un
fondo solidale, nel quale ognuno dà
quello che può. Ogni anno il denaro
viene poi raccolto dopo aver anche
lanciato un progetto specifico.
Quest'anno è stato devoluto a Gandhi
2008.
Alla fine di luglio Campo alla
Longuera (100 persone di cui 60
ragazzi e giovani adulti, e 40 adulti)
sempre molto partecipato e
interessante. Molti ateliers:
psicologia, espressioni artistiche,
teatro, spiritualità, filosofia e
ateismo….
Terza settimana di agosto: Università
d'estate aperta a tutti: 1 settimana
di lavoro intensivo su un tema
(quest'anno riguardava il riciclaggio
di abiti, la costruzione con metodi
nuovi e ecocompatibili)
Progetto del gruppo di Asturias:
organizzare case di amici dell'Arca
disposte ad accogliere per alcuni
giorni persone dell'Arca di passaggio;
questo per ampliare e migliorare le
relazioni sia in Spagna che in Europa.
Si richiede che ogni paese comunichi
agli altri gli indirizzi dei propri
membri impegnati e amici.
Inizio luglio: incontro itinerante
dell'Arca sul cammino di Santiago.
Viene pubblicato un bollettino,
“Noticias del'Arca”, che esce 4 volte
all'anno.
Germania : 12 sono gli impegnati e
40 circa gli amici dell'Arca in
Germania in questo momento. Vicino
ad Hannover c'è una casa
comunitaria, la Friedenshof (fattoria
di pace), dove abitano al momento 9
50
persone. Questa casa è il punto di
riferimento per gli incontri durante
l'anno, sia quelli di formazione che
l'incontro annuale di tre giorni nel
quale viene presentata l'Arca a chi
vuole conoscerla, si fanno laboratori
attorno ad un tema centrale, musica,
danza e l'ultima sera si rinnova
l'impegno. Molti lavorano fuori
casa, nell'insegnamento, nell'ambito
medico o nel biologico, ma la casa ha
un ritmo quotidiano e annuale
secondo la tradizione dell'Arca.
Inoltre vi vengono proposti seminari
o incontri sulla conoscenza delle
erbe, danze di pace, meditazione e
comunicazione non violenta, arte
terapia.
Nelle regioni di Stuttgart e Kassell
gruppi di amici si ritrovano
regolarmente da molti anni. A
partire dal Rinnovamento vi è stato
un nuovo slancio per cercare di
comprendere come vivere l'Arca nel
quotidiano cittadino e per
relazionarsi con l'Arca in generale.
Molti sono da sempre impegnati in
azioni o in gruppi non-violenti a
difesa della pace , la giustizia e di
tutto il creato e partecipano ad
azioni sul territorio.
Viene pubblicata tre volte all'anno la
rivista Arche Forum.
L'Arca francofona : comprende sei
regioni: Belgio, Svizzera e 4 in
Francia (Est, Sud-ovest, Sudmediterranée, Rhone-Alpes). Vi sono
4 case comunitarie (La Borie Noble,la
Fleyssière,Saint Antoine e
Chambrelien in Svizzera) e due
fraternità nel sud-est.
Nella riunione del Consiglio francese
del marzo 2009 Michèle,
Responsabile Generale dell'Arca, ha
ARCA NEL MONDO
conferito a Bernard Dangeard la
delega di responsabile dell'Arca
francofona. Il suo compito di
Segretario del Consiglio Fr. è passato
ad Anna Massina.
La commissione formazione ha
terminato il suo mandato e per ora è
stato deciso che vi sia un'unico
referente, Chantal Loichemol, che
sarà ora membro del Consiglio
francofono.
L'incontro annuale si è svolto alla
fine maggio 2009 a Saint. Antoine
con la presenza di circa 150 persone,
impegnati ed amici. Il tema : “La
gioia: un dovere della nonviolenza”
Sono stati accolti cinque nuovi
membri impegnati e tredici
postulanti .
Progetto La Fève: lanciato da Saint
Antoine . Formazione di giovani al
tema della vita comunitaria e alla
interculturalità; valido come
esperienza di studio.
La Canva (Coordinazione dell'Azione
Nonviolenta dell'Arca) , ha
organizzato un incontro alla
Fleyssière all'inizio di luglio su
“Resistere e innovare in tempo di
Crisi”. Continuano inoltre le
manifestazioni e gli impegni contro il
nucleare e gli OGM. I processi sono
ancora in corso ma l'accusa alla
Canva di essere “un'associazione di
delinquenti” si è conclusa con un non
luogo a procedere.
L'associazione Jeunesse et Non
Violence, dal 2005 ha iniziato a
creare partenariati internazionali per
lo sviluppo di una rete di
organizzazioni giovanili che lavorino
per l'educazione alla risoluzione dei
conflitti mediante la nonviolenza.
Oggi questa rete si continua a
sviluppare e abbiamo partners in
Europa, nei paesi del mediterraneo,
in America latina e in Africa. Lo
scopo: la formazione dei giovani alla
nonviolenza mediante
l'organizzazione di varie attività:
campi di giovani, cantieri, scambi
internazionali, stages di formazione,
seminari, accoglienza e invio di
giovani nel servizio volontario
europeo, festivals, interventi nelle
scuole ecc… L'associazione è stata
riconosciuta membro della
coordinazione della Décennie per una
cultura di Pace e Nonviolenza.
L'Arca partecipa sempre
all'organizzazione Church and Peace
con una delegata :Brigitte Mesdag.
Una piccola équipe, della quale
fanno parte due membri impegnati
(Robert e Cristiane Raymond) sta
sperimentando un progetto
comunitario in Bretagna: il progetto
Guerveur che si ricollega alla
'fraternité de l'Epiphanie', non fa
parte attualmente della Comunità
dell'Arca ma ne viene seguita con
amicizia e interesse l'evoluzione e
Bernard Dangeard mantiene rapporti
vivi con essa.
Gandhi International : Dopo il
successo dell'incontro “Gandhi 2008”
in India l'anno scorso, l'associazione,
divenuta ora “Gandhi International”,
propone l'organizzazione di una
“manifestazione quindicennale
mondiale per una cultura della
nonviolenza, contro la misera e
l'esclusione”, dal 2 al 17 ottobre
2012. collegata a “la giornata
internazionale della nonviolenza”, il
2 ottobre, e “la giornata
internazionale del rifiuto della
miseria” ,instaurata dall' O.N.U, il
ARCA NEL MONDO
51
17 ottobre. Louis Campana , che ha
lanciato il progetto Gandhi 2008, ha
ricevuto il premio Bajaj, conferito in
India ai movimenti nonviolenti
esterni all'India che fanno conoscere
l'opera e gli insegnamenti di Gandhi.
Lo stesso premio venne conferito a
Pierre Parodi nel 1987.
L'Arca Francese pubblica quattro
volte l'anno il bollettino “Les
Nouvelles de l'Arche”.
L'Italia: L'Arca italiana è formata da
due Regioni (R. Sud e R. Nord) e
caratterizzata dalla presenza, in
ognuna di queste, di una fraternità.
22 sono i membri impegnati e conta
un certo numero di amici. I
collegamenti e gli incontri si
svolgono normalmente a livello di
Regione a causa delle distanze e
della dispersione del gruppo su tutto
il territorio.
Una struttura giuridica
(associazione)stenta ad essere
formalizzata anche se se ne
percepisce l'utilità a livello di
riconoscimento esterno e di
copertura delle attività (per es.
campi). Un riconoscimento a livello
regionale prenderà corpo a breve in
Sicilia, a cui potranno poi aderire i
membri anche del resto d'Italia.
Sia a sud che al nord si sono
organizzati incontri sui temi che
interessano l'Arca (acqua, ambiente,
nucleare, energia alternativa)
cercando di collaborare con gruppi
locali che si muovono nella stessa
direzione (es. pax christi)
La famiglia Zendali continua a
proporre un paio di volte all'anno,
presso la fraternità di Casciago, ma
anche in Sicilia, sessioni di
guarigione interiore, secondo
52
l'insegnamento di Jo Pyronnet.
La fraternità 'Le Tre Finestre' ha
stabilito un collegamento con la
“Rete di Orti di Pace”che si occupa
di impiantare orti a fini educativi e
terapeutici in scuole, conventi,
prigioni, all'interno delle città….ed è
stato da loro organizzato a Belpasso
un incontro di formazione nel luglio
scorso.
Sempre a Belpasso si sono svolte
giornate di meditazione Zen,
secondo l'insegnamento del monaco
vietnamita Thich Nhat Hanh (gruppo
Sangha), e anche un seminario per
conoscere la tecnica di
approfondimento della presa di
coscienza di sè del Teatro
dell'oppresso.
Nel mese di agosto 2008 si è svolto
un campo nazionale a Belpasso su
“Introduzione alla conoscenza e la
pratica dello Yoga”, molto
partecipato, e nel mese di agosto
2009 è stato proposto sia a nord che
a sud, un campo sull'insegnamento
dell'Arca e la sua attualità nei nostri
giorni.
Il bollettino Arca Notizie esce tre
volte l'anno.
Argentina: Comunità urbana “Casa
del'Arca” a Buenos Aires. 4 membri
impegnati che lavorano all'esterno,
fanno accoglienza e molto lavoro nel
sociale (teatro, burattini ecc). Qui
vive Monica, la delegata per
l'America Latina al Consiglio
Salva tablas : progetto di teatro nelle
prigioni a Buenos Aires, collegato alle
Madri di Plaza de Mayo.
Quest'anno in provincia di Santa Fè,
FUNDAPAZ, una ONG che si occupa di
fare azioni per mantenere le
tradizioni agricole e artigianali in
ARCA NEL MONDO
campagna, propone un partenariato.
Qualcuno da Buenos Aires andrebbe a
vivere sul posto (1 coppia e 2
ragazzi).
A Tilcara : Roger, Susanna e i loro
figli fanno da anni un lavoro molto
ricco di educazione musicale,
musico-terapia, pittura, teatro,
canto, introduzione alla nonviolenza.
Molte azioni nonviolente contro le
miniere a cielo aperto di metalli e
uranio nelle Ande.
A Jujuy : rete di amici dell'Arca
collegati alla presenza di Dionnel e
Teresa.
Brasile: Esther e Maurillo, che vivono
a Sao Paulo ma hanno anche una
fattoria a 80 km dalla città, animano
un piccolo gruppo dell'Arca. Maurillo
è animatore sociale e lavora il cuoio,
Esther insegna lingue. Fra il 12 e il
17 febbraio 2010 organizzeranno un
campo . Richiesta al Consiglio Int. di
aiuto finanziario per permettere alla
figlia di Monica (Casa del'Arca,
Argentina) di parteciparvi come
animatrice e facente veci di delegata
Am. Latina..
Equatore : Martha Bonillia, a Rio
Bamba. Lavora e partecipa a
programmi educativi. Fa accoglienza
e invita ad andare da lei in cambio di
piccolo apporto finanziario.
Capitolo Generale 2012 :
Iniziamo a parlare del Capitolo
General 2012. Vorremmo proporlo
come momento di grazia, di incontro
e di relazioni. Mentre nel 2005, per
il Rinnovamento, fu necessario
concentrarsi sui testi delle nuove
costituzioni, nel 2012 abbiamo più
tempo per studiare i temi da
scegliere e proporre. Si propone di
lanciare nei gruppi e nelle regioni un
appello per proposte e idee dopo un
bilancio .
Nel 2012 il mandato del Responsabile
Generale sarà terminato, Michèle
non intende ripresentarsi; andrà
pensata una elezione aperta che
interpelli la base, e limitata alla fine
a due o tre candidati.
Si chiede all'Italia la disponibilità ad
accogliere l'incontro del Consiglio nel
2010 (Belpasso).
LA FEVE
NOTIZIE DALLA COMUNITÀ DI SAINT ANTOINE FRANCIA (maggio 2009)
Cari amici, negli ultimi anni abbiamo dovuto mettere quasi tutte le nostre
energie nei lavori per la messa a norma della nostra Casa dedita
all'Accoglienza, per la nostra sopravvivenza.
Ora, siamo felici di presentarvi il nostro nuovo progetto, la FEVE,
FORMAZIONE E SPERIMENTAZIONE DEL VIVERE INSIEME. Progetto nato dal
desiderio di partecipare maggiormente alla creazione di un nuovo modello di
società, più giusta e più fraterna. Speriamo vi piaccia come piace a noi ! Non
esitate ad inviarci commenti; noi vi terremo informati di come procede.
La Comunità dell'Arca di Saint Antoine lancia il progetto La Feve (la Fava)
ARCA NEL MONDO
53
Formazione e Sperimentazione del
Vivere Insieme
Perché questo progetto ?
Il tempo di crisi nel quale vive
attualmente la nostra società rivela
un bisogno reale di cambiamento.
Il modello sociale degli ultimi
decenni, fondato sull'individualismo,
la competizione e la ricerca del
successo economico, non è ormai più
perseguibile.
A livello umano, ha portato
alla rottura dei legami sociali
tradizionali, senza
sostituirli con altri. La maggior
parte degli uomini e delle donne
della nostra
società vivono in grande
solitudine.
A livello economico, ha
normalizzato un sistema nel quale il
profitto economico
giustifica tutto, anche le ingiustizie.
Inoltre, è troppo caro : sempre meno
persone possono farci fronte.
A livello ecologico, ci sta
conducendo alla distruzione del
pianeta.
lavoro , un nuovo modo di
guadagnarci da vivere, un nuovo
modo di vivere, un nuovo modo di
essere. Dobbiamo imparare
nuovamente ad essere attori della
nostra società assieme ad altri, e a
non aspettare più che qualcuno
decida per noi soluzioni per il nostro
avvenire : questo avvenire dobbiamo
crearlo con i nostri cuori e le nostre
mani. E può essere molto bello.
Ogni giorno nascono nuovi progetti
che vanno in questa direzione. Se
alcuni di questi vanno avanti, altri
falliscono a causa spesso di conflitti
mal gestiti. Ma vivere insieme, è una
cosa che s'impara!
E' necessario allora di tornare ad
apprendere l'arte del “Vivere
Insieme” : la relazione, la
condivisione, l'agire insieme per il
bene di tutti. Imparare nuovamente
a scoprire la ricchezza di una vita
semplice fondata sulla solidarietà
umana e il rispetto della creazione.
E imparare anche a porci in maniera
nonviolenta di fronte all'ingiustizia.
La nostra comunità dell'Arca di Saint
Antoine sperimenta il “Vivere
Insieme” con mezzi nonviolenti dal
1987. Fa parte della “Comunità
dell'Arca, Nonviolenza e
Spiritualità”, fondata da Lanza del
Vasto, che fa esperienza di vita
comunitaria da oltre 60 anni. Il che
non significa certo che “sappiamo
tutto” del “Vivere Insieme”, ma
abbiamo esplorato ed esploriamo
ancora, costantemente, il campo
della relazione. Cerchiamo di
costruire il “noi “a partire dall' “io”
. Ci confrontiamo giorno dopo
giorno alla ricerca di una vita
coerente tra i nostri pensieri e le
nostre azioni, tra i nostri valori, i
nostri desideri più profondi e i nostri
sogni e la vita quotidiana che
conduciamo.
La nostra epoca ci invita a costruire
l'avvenire ponendo progetti
alternativi diversi dalle proposte
tradizionali. Bisogna reinventare il
L'essere umano è un insieme, corpoanima-spirito, ed è partendo da
questa unità che si costruisce la vita
di relazione.
54
ARCA NEL MONDO
Siamo convinti che è partendo dal
“Vivere Insieme” che sono possibili
altre alternative sociali.
avanti insieme, ognuno nel suo
ambito, e sostenersi in caso di
difficoltà.
Oggi ci pare necessario di mettere le
nostre esperienze in comune con
altri per metterle al servizio della
nostra epoca. Viviamo la fine di un
tempo e l'inizio di un tempo nuovo.
E questo nuovo tempo è portatore di
speranza : è il momento di agire per
un cambiamento.
In cosa consiste questo progetto
Si tratta di un ciclo di formazione e
di sperimentazione della Nonviolenza
e del Vivere Insieme, con un percorso
di uno, due o tre anni, secondo la
scelta e l'obiettivo dei partecipanti.
Consisterà in mezza giornata di
formazione e mezza giornata di
partecipazione al lavoro e alla vita
comunitaria della comunità di Saint
Antoine.
Scopo del progetto :
Questo progetto mira a dare un
bagaglio solido di formazione alla
Nonviolenza e di sperimentazione del
Vivere Insieme a coloro che sono in
ricerca, oppure coloro che si
pongono dei problemi sul proprio
avvenire, e/o che desiderano iniziare
a partecipare a situazioni o dare vita
a progetti che comportano una vita
di gruppo. Vorrebbe anche creare, in
collegamento con la comunità di
Saint Antoine, una rete di sostegno e
di condivisione di iniziative. Questo
progetto sarà indipendente ma potrà
collegarsi ad altri progetti, andare
A chi si rivolge ?
A giovani (celibi, coppie o giovani
famiglie)
che desiderano vivere in modo
diverso, che sono alla ricerca di
progetti alternativi, che hanno
bisogna di mettersi al lavoro per
costruire un avvenire coerente con i
loro valori.
Quando ?
Il progetto avrà inizio nell'ottobre del
2010.
ARCA NEL MONDO
55
QUALCHE APPUNTO E RIFLESSIONE SU :
POVERTA' E SEMPLIFICAZIONE DI VITA
SEMPLIFICAZIONE DI VITA
a partire dalla mia esperienza personale
Laura lanza
56
Non ho l'abitudine di parlare ed esporre concetti, mi scuserete
quindi sia per il linguaggio poco sapiente che userò, sia per la
pochezza di ciò che mi sforzerò di dire, e se in parte leggerò.
Il tema della povertà penso sia abbastanza per tutti uno dei
punti sui quali ci siamo soffermati fin da bambini. Anch'io da
bambina e poi da adolescente mi chiedevo spesso cosa
significassero le parole del Vangelo sulla povertà; non vedevo
intorno a me poveri che fossero felici , né mi pareva fosse una
condizione in alcun modo da ricercare. Di fatto confondevo,
come spesso succede, la “povertà” con la “miseria”, la 'povertà
ricercata per scelta' con quella subita per la violenza e
l'ingiustizia della nostra società.
Ebbi la fortuna di essere presente, nella mia adolescenza, ad
incontri di Lanza sul Vangelo, e le parole presero allora
concretezza e divennero pane da mangiare. Vi leggo solo due
suoi brevi brani riguardanti appunto la povertà e la ricchezza
presi dal suo libro “l'Arca aveva una vigna per Vela” :
….” E' chiaro però che la ricchezza sia un'ampollosità,
un'anomalia, uno scomodo ingombro. E' di per se stessa una
condizione immorale poiché non potremmo accumulare per noi
tanti beni superflui senza privare il nostro prossimo del
necessario. Ci pone nei confronti con il nostro prossimo in una
posizione falsa e imbarazzante; ci impedisce di conoscere i loro
bisogni e di comprendere le loro fatiche e i loro sforzi. Ci
permette di evitare ogni sforzo e ogni lavoro, privandoci di
tante occasioni per sviluppare i nostri talenti e mostrare il
nostro valore. Ci circonda di adulatori interessati che
c'inducono a farci di noi stessi un'immagine fallace,
impedendoci di trovarci, riprenderci e correggerci. Ci induce a
tutte le tentazioni. Ci toglie la nostra libertà perché
rammollisce il nostro carattere, sostituisce le costrizioni della
necessità con delle vanità e delle convenzioni assurde e
tiranniche. A forza di proteggerci, la ricchezza ci addormenta
e ci chiude. I paradisi artificiali di cui ci circonda ci tengono
lontano dalle realtà di questo mondo e dell'altro. Ma vi è anche
altro: accettare la ricchezza, significa tacitamente preferirla
alla vita stessa degli altri, poiché
se altri muoiono di privazioni, il
ricco si deve barricare
circondandosi di cancelli e muri
che gli permettano di ignorarli
volontariamente. Accettare la
ricchezza, è anche accettare la
violenza, poiché ogni ricchezza
esige che, con la spada o con la
legge, la si difenda.”
…… e ancora,
…”Ma la prima delle Beatitudini è
: Beati i Poveri per lo Spirito
(attenti alle traduzioni!) , il che ci
insegna che nessuno può dirsi
nonviolento o caritatevole con
verità, se non si è prima
volontariamente fatto povero.
Chi è infatti “il povero per lo
Spirito”? - E' il contrario del
povero per disgrazia e contro il
suo volere, colui che brama le
ricchezze con acredine, che crede
che queste lo appagherebbero
(mentre il ricco che le possiede sa
almeno che non è così). Il povero
per lo spirito è colui al quale lo
Spirito ha fatto comprendere che
bisogna “prediligere la povertà al
fine d'incamminarsi verso il
distacco e la carità perfetta”; e
che è anche necessario farlo per
non falsare tutti i nostri rapporti
con il nostro prossimo. …. Come
chiamare carità, infatti, quella
che ci vede gettare un soldo nel
cappello del nostro prossimo,
piegato sul lato della strada,
mentre noi ci accingiamo a
colmare ogni nostro possibile
desiderio ? “
Cominciai ad approfondire i testi
del Vangelo con l'aiuto dei libri di
Shantidas ma anche con altre
persone ed altri testi, cercando di
capire come questo parlava alla Mia
vita, cosa fare io, e come cercare piano
piano di meglio comprendere, e
corrispondervi almeno in parte. La vera
Povertà che San Francesco chiama la
sua Sposa, certo presuppone una
vocazione e una Grazia che non mi
pareva di avere. La mia famiglia, una
volta abbastanza ricca, dopo la guerra
non lo era più e io sono cresciuta in
piene ristrettezze. Sapevo quindi cosa
era una certa povertà, che in casa mia
era vissuta certo con difficoltà ma
anche con fantasia e humor, in apertura
agli altri, in un contesto di artisti e di
incontri ricchi di pensiero e poesia. A
19 anni lavoravo già, mio padre stava
morendo. Erano gli anni del boom
economico,della corsa ad “avere”, ad
accumulare cose. Erano anche gli anni
del ritorno alla terra, di gruppi
comunitari, delle comuni rosse.
L'esperienza di Lanza e della sua
Comunità di famiglie, cominciata già
anni prima, era unica nel suo genere,
non era solo un 'ritorno alla terra'. Era
ecumenismo, povertà in una ricerca di
un'autonomia e autosufficienza
economica, spiritualità, nonviolenza;
una proposta affascinante. Mi chiesi
se fosse la mia strada. Quando, negli
incontri con gli 'Amici dell'Arca',
qualcuno chiedeva a Shantidas “ma io
abito in città, ho una famiglia, un
lavoro, cosa posso cominciare a fare là
dove sono e nella mia situazione?”
Lanza gli diceva di cominciare a
semplificare la propria vita, eliminando
tutto quello che percepiva essere un
sovrappiù , aiuti in casa, passatempi
inutili, acquisti non indispensabili…dare
del tempo al silenzio, la meditazione,
l'esercizio, l'attenzione agli altri. Mi
resi conto che il nostro cuore , la nostra
SEMPLIFICAZIONE DI VITA
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mente sono come la pasta del
pane, necessitano un'attenzione
costante, paziente perché il
miracolo della lievitazione
avvenga correttamente. Cercai di
rendermi conto di me, di
sperimentare nel mio quotidiano
cosa muoveva le mie azioni e le
mie scelte, constatare la mia
reticenza a “dare”, il mio
automatico e poco percepito
“desiderio di possesso”, sia di
cose che di persone, la
presunzione di essere migliore di
altri, e anche il rischio di un
miraggio risolutivo di una vita
cosiddetta “perfetta” all'interno
di una delle comunità dell'Arca in
Francia. Cercai in quegli anni di
capire cosa voleva dire per ME
“povertà, semplicità di vita”, in
quale maniera Io volevo e potevo
sperimentarmi su questo punto.
A 27 anni partii con un gruppo di
persone, con l'ultimo stipendio,
alla ricerca di una vita possibile in
semplicità e comunione, in una
ricerca di conversione dei pensieri
e dei sentimenti in una via di
verità e nonviolenza.
Scoprii allora che ci si illude molto
sulle proprie ed altrui possibilità e
desideri, ma malgrado i propri e
gli altrui miraggi che ci spingono a
buttarci nel vuoto, ci si trova poi
in mare aperto, e lì nasce il vero
lavoro su di sé, la vera esperienza
della vita.
Il nostro gruppo si è presto diviso
per diversità di opinioni e principi.
Ogni famiglia ha continuato un
percorso proprio; mio marito (un
artista pittore) ed io abitiamo da
allora in un piccolo paese non
lontano da Bologna, abbiamo
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avuto 4 figli, una vita complicata e
difficile, in cui la ristrettezza
finanziaria e la semplicità di vita, non
hanno cessato di accompagnarci, così
come, devo dire, una silenziosa e
benevola Provvidenza. Facendo il
bilancio della mia vita ora, non so dare
giudizi. Non so se fosse questa la mia
strada, ma certo è stato il mio cammino
per confrontarmi ogni giorno con la
Vita, mantenere l'attenzione,
scontrarmi con tanti limiti umani,
crescere nella capacità di distacco e di
abbandono. I miei figli ora sono
grandi e hanno famiglia e in generale
non si fanno mancare nulla di tutto ciò
che secondo l'onda commerciale sembra
loro indispensabile. Alcuni fra i nipoti
sorridono della mia fermezza nel non
comprare questa o quella cosa, della
mia attenzione al riciclo, della scelta
del biologico e di tante altre mie
scelte. Ovviamente, ognuno dovrà fare
la Sua strada e la Sua esperienza nella
vita.
Qualche anno fa, ho rivisto alcuni
vecchi compagni italiani dell'Arca e ne
ho conosciuti di nuovi. Ho realizzato
che, sconosciuti o lontani,
condividevamo da sempre lo stesso
cammino, parlavamo la stessa lingua,
eravamo fratelli nel cuore; così ho
deciso di unirmi al loro gruppo sparso
per l'Italia.
Mi piace leggervi ciò che è stato scritto
nelle nuove Costituzioni dell'Arca,
approvate nel 2005, a proposito della
semplicità di vita :
scelta volontaria di limitare
l'avere per permettere il libero
sviluppo dell'essere. E' un' azione
non-violenta di lotta contro lo
spreco e l'accaparramento.
Così come i membri dell'Arca non
sono non-violenti ma tendono a
diventarlo, così essi tendono a
semplificare la propria vita.
Questa semplificazione volontaria,
cioè assunta e accettata, non è un
obiettivo in sé, ma un mezzo, un
mezzo essenziale per meglio
vivere e meglio essere, per
divenire più umani e più liberi,
per meglio assumersi gli impegni
presi.
Per i membri dell'Arca la
condivisione, la ricerca di
solidarietà e di giustizia con i più
poveri, dà senso alla loro scelta di
semplificazione della vita. Essi
vogliono rendere coerenti i loro
comportamenti personali con i
loro orientamenti sociali. Il
rispetto della vita e dell'ambiente
ha anch'esso un posto importante
nel loro sforzo di semplificazione.
Frutto della condivisione è la
liberazione riguardo alla corsa ai
beni materiali e superflui : ne
consegue una maggior
disponibilità che permette di
dedicare più presenza, tempo e
forze a relazioni e impegni più
profondi.
La ricerca di semplicità nei modi di vita
va di pari passo con la ricerca della
bellezza. La bellezza ha una
dimensione di profondità. La bellezza
placa, dà gioia, nutre e dinamizza la
sensibilità. Non si riduce affatto
all'estetica.
“Che cos'è la verità delle forme (1)? Lo
splendore del vero ? E' la bellezza … la
verità è l'essere e essere è essere uno,
unito e in accordo, e che il fuori
esprima il dentro “
In questo la bellezza è una parola forte
di un modo di essere e vivere
nell'Arca.”
La vita del mondo è molto cambiata
dagli anni cinquanta, anche se gli
uomini sono sempre gli stessi. Non si
parlava allora di decrescita o di
salvaguardia del creato ma di non
lasciarsi ubriacare dall'orgoglio della
conoscenza, dal possesso delle cose,
dallo sfruttamento di tutto senza
attenzione ne limiti, del pericolo del
nucleare, di una nuova guerra. Gli
argomenti sono altri ora ma sono anche
sempre gli stessi e si rifanno ai principi
e i rischi di sempre. Molti auguri a
tutti voi
Semplicità di vita.
“ Bisogna vivere semplicemente
perché altri possano semplicemente
vivere .“ Gandhi
La semplicità di vita nell'Arca è la
SEMPLIFICAZIONE DI VITA
SEMPLIFICAZIONE DI VITA
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notizie - Comunità italiana dell`Arca di Lanza del Vasto