CONTRIBUTO INTERNAZIONALE PER TRE FINESTRE Il delegato spagnolo al Consiglio Internazionale ha proposto una campagna di solidarietà nei confronti della fraternità italiana delle Tre Finestre per partecipare alla costruzione (o l'acquisto) di una o due cisterne di acqua. A questa proposta hanno aderito tutti i paesi presenti e la Svizzera ha già inviato il suo contributo. Nel caso che anche voi voleste contribuire con un versamento: Conto corrente intestato a Sanfilippo Vincenzo e Manfredi, iban: IT07A0760104600000057921538. ARCA notizie N.3/2009 ARCA NOTIZIE è un foglio di collegamento e di riflessione tra i compagni e gli amici della Comunità dell'Arca in Italia. Articoli, lettere, disegni vanno inviati a: Francesco Pavanello via Marconi 28 Trieste (e-mail: [email protected].) Il sito internet dell'ARCA in Italia è: http://arca-di-lanzadelvasto.it Per continuare a ricevere Arca Notizie, il contributo per il 2010 è di 20 euro (10 per l'abbonamento on-line) da versare sul conto corrente postale n. 97660898 intestato a Dino Dazzani. Questo numero è stato consegnato per la stampa il 27 novembre 2009 Vi amerete a vicenda, senza di che nessun lavoro può piacere a Dio né dare buoni frutti. Lavorerete per rendevi padroni di voi stessi. ........... Vi guarderete dalla collera, dall’orgoglio, dalla pigrizia dal disordine, dalla distrazione. Controllerete la vostra lingua Non direte male e né vi burlerete di nessuno in sua assenza.Non rimprovererete a nessuno un difetto che non si può correggere. Sarete meno attenti ai difetti del fratelli che al correggere la vostra impazienza nel sopportarli. Lanza del Vasto anno XXIV NUMERO 3 setembre/dicembre 2009 Quadrimestrale della Comunità dell'Arca in Italia Indice Presentazione del numero pag. 3 SOMMARIO INSEGNAMENTO 2 La Trinità Spirituale appendice n 3 Lanza del Vasto pag. 4 RIFLESSIONI SULLA CONOSCENZA POSSESSO E DONO DI SÈ Chi sono io? Libere associazioni Ambra Cusin pag. 10 SPIRITO DI COMUNITÀ Alla ricerca dell'anima comunitaria Jean Baptiste Libouan pag. 16 Un filo di luce pag. 19 APPROFONDIMENTI intuizioni e limiti del discorso sulla corresponsabilità di Lanza del Vasto Enzo Santifilippo pag. 20 Appunti per la pratica dello yoga; Guido Farella pag. 34 ARCA IN ITALIA San Giovanni Batista 2009 Dino Dazzani pag. 38 Fraternità di Casciago Patrizia Branbilla pag. 39 Fraternità delle tre finestre pag. 41 Entrate nel cerchio e dateci la mano Renata Longo pag. 46 Incontro Nazionale 2009 Renata Longo pag. 47 Il Cammino di Riconciliazione pag. 47 ARCA NEL MONDO breve resoconto del consiglio internazionale friedenshof , germania a cura di Pierre-Ami Beguin pag. 49 La Feve Notizie dalla comunità di S. Antoine pag. 53 SEMPLIFICAZIONE DI VITA qualche appunto e riflessione su : povertà e semplificazione di vita; a partire dalla mia esperienza personale Laura lanza pag.56 C arissimi In questo numero riprendiamo la traduzione in italiano della Trinità Spirituale, grazie all'impegno e al lavoro di Frédéric. Continuiamo la riflessione, sulla conoscenza e il dono di sé, con un contributo di Ambra Cusin psicoterapeuta che a partire dalla propria esperienza professionale si interroga su chi siamo e sul conoscere i nostri limiti accettandoli. Continuiamo a trarre dalla carta italiana dell'Arca il tema di approfondimento: per il 2010 è stato scelto lo “spirito di comunità” e per iniziare la riflessione riproponiamo un articolo di Jean Baptiste Libouban sulla ricerca dell'anima comunitaria apparso nel 1991 sulla Nouvelles dell'Arche. Il tema sarà al centro dell’incontro annuale che si terrà a dicembre alle Tre Finestre. La sezione degli approfondimenti contiene due contributi, uno di Enzo Santifilippo che affronta la “intuizioni e i limiti del discorso sulla corresponsabilità di Lanza del Vasto”. Continua la pubblicazione delle riflessioni sullo yoga a cura di Guido Farella. Abbiamo un ampio spazio dedicato alla attività dell'Arca Italiana, un resoconto della recente San Giovanni, del campo estivo ed un’ ampia presentazione delle attività svolte dalla fraternità di Tre Finestre. Pubblichiamo il resoconto del consiglio internazionale e la proposta della comunità di S. Antoine “la Fava” progetto di formazione alla nonviolenza e di sperimentazione del vivere esperienze comunitarie . Completa il numero la riflessione sulla semplificazione di vita il contributo al campo estivo di Laura Lanza. Siamo alla fine di un anno di Arca Notizie, vi chiediamo di continuare a sostenerci, anche aiutandoci a coprire i costi di stampa e spedizione rinnovando gli abbonamenti che per il 2010. Sappiano di chiedere uno sforzo notevole a fronte di pochi numeri annuali ma senza il vostro contributo concreto non riusciamo a sostenere le spese di stampa e spedizione. Il contributo per il 2009 è di 20 euro (10 per l'abbonamento on-line) da versare sul conto corrente postale numero 97660898 intestato a Dino Dazzani. La redazione 3 La Trinità spirituale di Lanza del Vasto APPENDICE III PENSO DUNQUE SONO COGLIAMO L'OCCASIONE PER PENSARE A QUALCOSA OD A QUALCUNO INSEGNAMENTO traduzione a cura di Frèdèric Vermorel Posso dubitare di tutto tranne che del fatto che dubito, ma dubitare è pensare. Ora, non è possibile pensare senza essere, dunque sono. Certo, ma non potremmo pure dire che non è possibile correre senza essere? Ora, corro, dunque sono! No, poiché potrei sognare che corro, mentre sono a letto, immobile ed immerso nel sonno. Ma sognare è pensare. Ecco, sembra, un buon punto di partenza. Eppure manca qualcosa. Manca un complemento al verbo, giacché pensare è pensare qualcosa. Perché non dirlo? Perché non si hanno certezze riguardo all'oggetto. Verificare l'oggetto è precisamente il fine del Metodo “per un retto uso della 1 propria ragione e per la ricerca della verità nelle scienze” . Sono troppi i dubbi, signor Cartesio che dite “Io sono” con tal 2 sufficienza . Non rischio alcunché nel dire “Penso qualcosa”, giacché se pensassi nulla, non penserei affatto e il discorso si concluderebbe prima ancora d'iniziare. Diciamo semplicemente: [Io] penso qualcosa, dunque [io] sono qualcuno. Simile formula, non meno certa della prima, offre il prezioso 3 vantaggio di porre in risalto la parola “Io”, sottintesa in latino , ripetuta in francese, ma sulla quale ci si sofferma di rado, considerandola probabilmente troppo evidente. Ora, è proprio peccato non riflettervi, giacché la prima proposizione del Metodo conclude al suo essere: “dunque io sono”. Ma cosa sono? Sono forse “un'idea chiara e distinta”? Ebbene no, ma oscura e confusa, al punto che cerco in vano una mia definizione. Sono forse una cosa? No, di certo, ma il contrario di una cosa e il contrappeso di tutte. Orbene, come so che sono? In realtà non lo so, lo sento. Il sentire è un sapere anteriore al sapere. Il sentire è l'alimento e il terreno del sapere. È possibile sentire senza sapere, ma l'inverso non lo è. Non meno evidente e più fondamentale che il “Penso, dunque sono” è il “Sento, dunque vivo”. Io mi sento, dunque sono proprio io che vivo. Ma qual’è il senso attraverso il quale io mi sento? È tanto diverso dai sensi rivolti verso l'esterno che non si può chiamare col medesimo nome. In effetti, si chiama Affetto o Sentimento. È una corrente vitale tra due poli: dolore in basso, gioia in alto. La sua oscillazione è perpetua, e quando accelera si chiama giustamente emozione. È il senso dei miei sensi, il mio cuore. L'affetto è l'anima del mio corpo, il legame tra il corpo e lo spirito. È altresì il legame tra la mia intelligenza e la mia volontà. Riceve l'urto delle impressioni e conferisce la forza e la spinta ad agire. Qui le sensazioni venute dal mondo intero confluiscono con i desideri, i pensieri, i ricordi. Nei suoi rami alti o bassi brulicano le diverse passioni. Così come mi collega a me stesso, può legarmi ad altre persone. Senza di lui il mio pensiero non ha centro, la mia volontà non ha senso, la mia ragione non ha ragion d'essere. Le acque agitate dell'emozione sono dunque io? No, ma io sono il suo fondo impassibile. Concludendo, prima, dal pensiero all'essere, avevamo saltato questo gradino, saltato il senso, saltato la vita, saltato l'Io. I difetti del sistema che segue procedono necessariamente da queste mancanze. L'aver saltato l'Io (intendo l'io che si percepisce tale) farà di me “una sostanza pensante”, una specie di dio che non sta né in cielo né in terra. L'aver saltato la Vita farà del mondo di Cartesio e dei suoi eredi un grande macchina, e di Dio, il motore di questa macchina. Ridurrà gli animali a macchine insensibili, offrirà delle spiegazioni meccaniche del corpo 4 umano e delle stesse passioni . L'aver saltato il Senso (intendo l'aver misconosciuto il sensibile e il relativo) farà dell'intendimento (res cogitans) e dell'estensione (res extensa) “degli attributi della sostanza”. Ora, il proprio della sostanza è di non potersi 5 comunicare . Tanto è che non si potrà considerare la loro concordanza se non come un miracolo e spiegarla se non ricorrendo all'infinito. Questo infinito giro di parole è la dimostrazione dell'esistenza di Dio che 1 Sottotitolo, come ognuno sa, del Discorso sul Metodo di Cartesio. Secondo la Cabala, soltanto Dio può dire: “Io Sono”. 3 Così come in italiano! (N.d.T.) 2 4 4 5 Si veda a tal proposito: Cartesio, Trattato delle Passioni; B. Spinoza, Etica. “In un determinato soggetto non è altra da se stessa” dice Aristotele. INSEGNAMENTO 5 tutti conoscono, perno di tutto il sistema. Eccola: Trovo in me l'idea d'Infinito. Questa non può venire dalle cose, le quali sono tutte limitate, né da me stesso mortale ristretto nei suoi orizzonti. Essa non può venire che da un essere infinito, il quale è necessariamente Dio. Dio non ci può ingannare. Dunque, ben condotto, l'intendimento necessariamente intende le cose così come sono. Cosicché potremo, come i geometri, dedurre tutta la scienza dell'universo muovendo da pochi assiomi. Tale è la tesi. Di certo non intendiamo negare che Dio sia il garante d'ogni verità. Neppure negheremo che il procedimento che conduce dalla conoscenza di sé alla conoscenza di Dio e, da lì, alla conoscenza del mondo creato avrebbe conferito alla filosofia e alla scienza occidentale la saggezza e la profondità che difettano loro. Purtroppo “il Padre della Filosofia moderna”, come si suole chiamarlo, ancorché abbia seguito questa parabola, di poco superò i suoi discendenti. Per lui il sé e Dio, lungi dall'essere quelli che sono, profondi misteri, si presentano come delle nozioni comuni dalle quali muove per non farci ritorno. Andiamo avanti. Metodo significa procedimento metodico, passo dopo passo. Com'è che il secondo passo consiste qui in un salto smisurato? Una volta posto che 6 sono, non potrei forse confrontarmi di pari passo con quanto è o sembra essere davanti a me? Certo, posto che sia io, colui che sente e vive. Poiché costui non è una nozione comune: è un essere in sé che non può essere conosciuto se non da se stesso. Chiediamo al primo che capita come si percepisce. Come una sostanza pensante? No, ma tutto al più come un animale razionale dotato di un corpo vivente. Ô filosofici angeli di luce che siamo, non è forse straordinario aver potuto cogitare fin qui senza accorgerci di questo dettaglio! Triviale e puerile accorgimento, certo, ma capace di scaraventarci fuori dall'orbita delle astrazioni sostanziate e metterci alle prese con il reale. In effetti, il nostro vivente corpo è una sonda calata in mezzo alle cose, atta a misurarne lo spessore sostanziale. Mediante incessanti scambi con lui, le cose provano che sono della stessa natura sua. Resistendogli dimostrano la loro esistenza. Io che penso, io so che sono, poiché mi sento da dentro e mi conosco da fuori. Da dentro mi sperimento com'essendo me stesso. Da fuori, mi vedo come un corpo tra i corpi. Degli altri corpi conosco soltanto l'esterno, ma attribuisco loro un interno, un essere, il quale valuto muovendo dal mio peso d'essere da questo lato della bilancia. Pensare significa pronunciare il verbo 6 essere. Perciò pensare significa pesare . È detto esistente l'oggetto percepito soltanto dall'esterno. Dall'esterno? All'esterno di che cosa? - All'esterno di tutto. Senso etimologico. 6 INSEGNAMENTO Dall'interno? All'interno di che cosa? - All'interno di tutto. Ogni cosa avendo un interno e un esterno, conoscere consiste nel percepire entrambi gli aspetti e il loro legame. Questo è chiaro. Basta enunciarlo perché ognuno scopra che è proprio quel che pensa. Come mai nessuno l'ha detto? Chissà? Forse Cartesio lo dice a modo suo: Quel che egli chiama res cogitans e res extensa sembrano altri nomi per Interno e Esterno. Eppure no. Giacché la res cogitans non è l'Interno; l'Interno è “Io sono”. L'Io e l'Essere sono l'Interno e la profondità. L'intendimento (la res cogitans) è la Relazione dell'Interno con l'Esterno, o meglio, dall'Interno all'interno dell'Esterno, meglio ancora, dall'Interno all'Interno tramite l'Esterno. L'Interno e l'Esterno non sono come la res extensa e la res cogitans di Cartesio, degli attributi della sostanza, bensì 7 delle dimensioni del Reale . Cartesio, geometra, è l'inventore delle Coordinate dello Spazio, l'asse sul quale i tre Piani dello Spazio s'incontrano ad angolo retto, determinando così le figure da ogni parte. Peccato che non abbia applicato la sua trovata alla Metafisica! (Non ha fatto di ogni dimensione un attributo della sostanza, e ne ha trovato tre e non due). L'Interno, l'Esterno e il loro Legame, vale a dire l'intelligenza della loro conformità: ecco le tre dimensioni del Reale, di cui la prima si chiama essere, la seconda si chiama esistenza, la terza verità. I tre termini si uniscono, ma non si confondono. Quando vengono confusi, si discute per secoli su falsi problemi come quello della “esistenza di Dio”. Penso, dunque sono. Ma esisto? M'incontro nel mondo esterno, il quale, per definizione, è esterno a me? Certo, in quanto corpo. E il mio pensiero, esiste? 8 Certo, nella misura in cui si esprime . Si esprime tutta? No. Io so il suo fondo altamente inesprimibile, dolorosamente inespresso. Questo fondo esiste? No. É. È “io”. Ecco che un altro anello del discorso perviene sotto le nostre dita, anello che non è altro che lo stesso discorso, cioè il fatto stesso di discorrere. Con sorpresa scopriamo che abbiamo riflettuto ed abbondantemente discusso a proposito del pensiero senza esserci 7 La res cogitans e la res extensa non sono come l'Interno e l'Esterno, degli opposti dai quali rimane da scoprire la relazione. Sono la relazione-con-uno-dei-suoi-termini, mentre l'altro termine, il primo, l'Io, è stato dimenticato appena che posto. Se si oppone la relazione col termine, non si trova più nulla per collegarli. Donde, presso i cartesiani, l'insolubile problema della comunicazione tra le cose e l'intelligenza. Falso problema in quanto l'intelligenza è la comunicazione stessa. 8 Ex-sistere. Ex-primere. Ex = fuori. INSEGNAMENTO 7 mai resi conto che parlavamo; che la parola è il corpo del nostro pensiero, indispensabile alla sua vita, così come il nostro corpo di carne lo è per la nostra vita terrena. Penso e parlo, dunque qualcun altro esiste. Come il mio corpo non può sussistere senza essere sostenuto, nutrito, penetrato dal mondo esterno, giacché vive di scambi, similmente, il mio pensiero, che è relazione, vive di scambi e comunicazioni con l'altrui pensiero. 9 Un pensatore dell'Antichità ha detto: “I dormienti vivono ognuno nel proprio mondo, gli svegli hanno un mondo comune”. La parola non è solamente parte integrante del pensiero, è pure un elemento costitutivo della percezione, della rappresentazione dell'oggetto, e, per giunta, sintetizza in modo più o meno sommario i legami di tal oggetto col tutto. La parola m'insegna che la mia visione è coperta da quella degli altri, confermata, corretta, allargata dalla necessità di farsi udire. Ogni parola è un patto d'intesa. Paradossalmente, l'accordo tra i soggetti conferisce all'oggetto il suo carattere oggettivo. La parola non è solamente un riflesso dell'intelletto, è pure strumento della volontà. Chiama, raduna gli uomini, conduce le equipe di costruttori, e, mentre la lingua guida, la mano tasta e constata. Il termine francese per parola, “mot”, 10 significa moto ; e “verbo” significa 11 colpo . Il linguaggio contribuisce a modellare l'immagine di un mondo massiccio, dai contorni precisi, dalle articolazioni regolate, dal comportamento prevedibile. La parola mi educa, mi conduce fuori 12 da me . Il mio mondo particolare, quello delle mie relazioni corporee con gli oggetti familiari, chiuso come quello degli addormentati, si frantuma sugli spigoli del mondo comune. Eccomi cacciato dal mio centro. Il punto di convergenza delle prospettive mi sfugge, s'innalza, si allontana in direzione dell'infinito. È lassù che il mio pensiero deve abitare. Non può farsi udire che di lassù, donde deve imparare a considerare cose e persone, tra le quali io. Pericolosa altezza! Perché chi sono io? Di dove sono? Di quaggiù o di lassù? E l'essere? Sta in me oppure in questo centro virtuale situato all'infinito? Visto da sì così lontano il mio corpo sembra un argomento precario a favore dell'esistenza, essendo lui stesso precario e domani morto. Mi accompagna nei miei sogni e gioisce e soffre di tutto quanto vi si svolge fino al risveglio in lacrime. Il mio pensiero? Quale consistenza possiede, lui che si spegnerà stasera, quando spegnerò la candela? (Ô filosofi, come potete parlare dello spirito come se non dormiste mai?) Le altre persone, così pronte a mentire e inclini all'errore, 9 Parmenide. (N.d.T.). Dal latino motus. 11 Dal latino verberare, colpire. 12 Senso etimologico: educere, ducere ex, educare: condurre fuori. 10 8 INSEGNAMENTO sono forse testimoni più certi? Anche loro incontro nei miei sogni,ove mi dicono cose stupefacenti che non potrei mai inventare. Vi è poi il mondo dei grandi sogni in comune, quello delle fiabe. Penso che io sono, piuttosto lo sento, lo credo, lo so di un sapere oscuro. In verità, non so nulla di me stesso né dell'essere. In verità, non mi sono mai visto. In effetti, posso vedere soltanto quanto sta davanti ai miei occhi. Ora, io sto dietro a loro. Non mi penso, non sto nel mio pensiero: sono da prima. In effetti, è assurdo pensare che si possa pensare senza essere, ma il contrario non è affatto dimostrato. Quando proiettiamo l'essere nel cuore delle cose, non si va da una evidenza all'altra, ma da un'ombra all'ombra di un'ombra. Si attraversa con tal facilità lo specchio delle apparenze sensibili che uno se n'accorge a mala pena, e crede di vedere e toccare le sostanze. “Ecco del solido, pensiamo, ecco dei principi e dei fondamenti immutabili, ecco le pietre dell'edificio metafisico”. Ma non vi è nulla meno concreto di siffatte pietre, le quali non hanno altra consistenza all'infuori del termine che le indica. “La sostanza, dice Aristotele, non soffre né il più né il meno”. Quando si è detto di una cosa che è, non vi è nulla da aggiungere riguardo alla sua sostanza. Per definizione, la sostanza è impenetrabile. Costituisce il termine contro il quale l'intelligenza cozza con stupore. Se ne può parlare solamente come termine di una relazione, il quale, se viene separato dalla relazione di cui è costitutivo e considerato in sé, non è più nulla. D'altronde, essa non si è mai collocata da se stessa al di fuori dell'universale trama delle relazioni e delle apparenze. Il suo concetto procede dall'illusione di averla vista al di fuori della vista, conosciuta al di là della conoscenza, spogliata delle forme che riveste e colta nella sua nudità. Certo, sarebbe bello poter collocare il fondo a fianco della forma e constatare la loro conformità! Sta scritto: Nessuno ha mai visto Dio. Allo stesso modo si può dire (non senza meraviglia per gli ingenui): Nessuno ha mai visto la materia. Nessuno ha mai visto l'oggetto. Conseguenza del fatto che nessuno vede se stesso. La sostanza non è un assioma e neppure un concetto. È un mistero, così come me. Un mistero è qualcosa d'irrefutabile e, al contempo, d'incomprensibile. Una cosa della quale si sa che non si sa e perché non si sa.. Una cosa che si ignora non per mancanza di istruzione o difetto di ragionamento bensì in virtù di una necessità inerente all'intelligenza. Così, ad esempio, IO SONO è irrefutabile, eppure davanti all'Io e all'Essere la mia intelligenza si ferma di colpo. Attribuisco l'essere a tutto quanto si presenta con il medesimo carattere d'irrefutabile irrazionalità. Bisogna forse attenersi alla sola Apparenza sensibile, dato che gli sforzi della ragione per superarla sono altrettanti vicoli ciechi? Impossibile attenenervisi in modo così INSEGNAMENTO 9 anche agli animali. Ecco: il cane, che ha sonnecchiato tutta la serata il naso sul tappeto, drizza le orecchie, si agita e gira e rigira nella stanza. Ha riconosciuto, quasi perso nella lontananza, il ritmo del motore della macchina del suo padrone, ed ora si prepara all'evento osservando la porta, quella stessa porta che si aprirà tra un quarto d'ora, lasciando entrare colui che agli occhi suoi solo esiste. Facciamo come lui, attenti al benché minimo mormorio dell'Apparenza. È da lei che bisogna partire, giacché soltanto lei appare. Essa sola costituisce il dato primordiale. Ora, quanto è giusto dire il “Dato”: ammirevole, insondabile, inesauribile Dono! Esso supera tutte le astrazioni e costruzioni mentali, le supera quanto la foresta supera i pali e le tavole che ne abbiamo tratti per imbastire la nostra capanna. Gli scienziati, che sono i più realisti di tutti gli esseri umani, non giudicano della realtà del mondo esterno: la chiamano 13 Fenomeno, cioè Apparenza , e fanno passare attraverso il controllo dei sensi corporali le meglio combinate e calcolate 14 delle loro invenzioni . In modo quasi unanime i Filosofi affermano che le cose non stanno come appaiono. Alcuni, e non di quelli secondari, affermano che non sono affatto, 13 14 se non immagini e ombre proiettate. Altri affermano che sono quelle che sono, ma che non abbiamo alcuna possibilità di saperlo (e loro, com'è che lo sanno?). Le loro discussioni sull'esistenza del mondo esterno assomigliano ad una storia di matti. Con la differenza che sono falsi matti che non credono alla loro storia, tranne che durante le loro cogitazioni e discussioni, ma appena passano a tavola, eccoli che divorano con appetito senza pensare un attimo che mangiano ombre. I filosofi non sono gli unici a ricusare il mondo visibile. Le grandi religioni credono solo nell'Eterno. Ai loro occhi tutto quanto si disperde nello spazio e scivola nel tempo nega se stesso e si annulla da sé. Gli Indù parlano di Maya, l'Illusione Universale, del Gioco del bambino Krishna, oppure dell'espirazione di Vishnu addormentato che sogna sul suo letto di serpenti arrotolati, alla quale segue l'inspirazione e il ritorno e l'inizio di altri cicli senza fine. La Bibbia parla di una creazione tratta dal nulla, impastata di niente e di vanità e destinata al “Giudizio di fuoco”. La sapienza cristiana c'invita a distoglierci “dalle figure di questo mondo che passa”. Non bisogna vedere in queste cosmologie simboliche delle spiegazioni della natura, ma delle esortazioni al distacco, alla conversione, al risveglio sull'altra sponda della morte. Il mondo vi è presentato come un sogno, ma un sogno di Dio, e non una “proiezione Medesimo significato etimologico. È quel che si chiama esperimento scientifico. 10 INSEGNAMENTO del nostro spirito”. Esse riservano alla manifestazione la sua parte di pienezza, la sua parte di vacuità, la sua parte di mistero e la sua parte di gloria. Permangono, anche come spiegazioni, di gran lunga più accettabili al buon senso popolare rispetto ai sistemi dei metafisici. Dobbiamo sapere che i sensi non sbagliano mai. Sono incapaci di sbagliare. Quello che è sentito è sentito e dunque, in qualche modo, è. Siamo noi che possediamo una sconvolgente capacità a falsificare i loro messaggi. Perché le nostre scienze e le nostre filosofie sono a tal punto grigie e morte? Perché siamo degli ingrati, perché abbiamo misconosciuto il Dato, la larghezza, la profondità, l'altezza della Rivelazione Sensibile, giacché il sensibile non è confinato dentro quello che cade sotto i cinque sensi, né all'inimmaginabile profusione degli esseri animati e inanimati che popolano il cielo e la terra. Esso comprende pure l'immagine rovesciata e mescolata del cielo e della terra nel mobile specchio dell'anima. E pure il limbo dei ricordi e il germoglio dei secoli venturi. E la flora e la fauna dei desideri, dei timori, degli amori e delle collere i cui amplessi e i cui furori a volte traboccano a tal punto da far crollare l'edificio delle nazioni ed esplodere la crosta terrestre. E ancora il gusto della bellezza, la percezione delle risonanze e delle corrispondenze, i vibranti legami che uniscono i cuori e le stelle. E ancora il senso del dovere, la fame e la sete della giustizia ed il fervore sacrificale. E ancora la speranza, la felicità e la salvezza. E ancora le voci e i richiami dall'Alto, le visioni e le profezie, i languori santi, la pace delle profondità e l'estasi. Quando si osserva il mondo esterno e lo si scruta e studia ma dimenticando sistematicamente quanto succede dietro lo sguardo e nel cuore di colui che guarda, questo mondo inaridisce, si scolora, si svuota, diventa un non senso, e ci si chiede, non senza ragione, se è. Va bene! La bellezza e la ricchezza della cortina non sono messe in discussione. Altra è la domanda che si pone: c’è qualcosa al di là della cortina? La cortina dei fenomeni, la si può penetrare? Tra i fenomeni ve n'è uno del quale non posso dubitare, uno del quale non ho il diritto di dubitare: il volto del mio simile. Devo credere che egli è, così come credo di esserlo io, e per le medesime ragioni. Stupiamoci, ancora una volta, di avere tanto discusso senza avere mai incontrato questo punto, la considerazione del volto. È proprio in questo punto che il cosiddetto mondo materiale assume la sua evidente consistenza e perde la sua opacità. È da qui che iniziò la conoscenza per ognuno di noi ben prima d'ogni discorso e cogitazione. INSEGNAMENTO 11 12 significato. Il mondo esiste, certo, e tuttavia di un'esistenza relativa, transitoria e attraversata. È qualcosa attraverso la quale qualcos'altro passa. Guardiamolo come un volto che ci guarda. Chiediamoci cosa ci vuole dire e cosa abbiamo da rispondergli. Arrischiamo un ulteriore passo sul sentiero delle certezze misteriose: Amo, dunque Tu sei. CHI SONO IO? LIBERE ASSOCIAZIONI Di Ambra Cusin psicologo e psicoanalista della Società Psicoanalitica Italiana RIFLESSIONI SU CONOSCENZA, POSSESSO E DONO DI SÉ Il mondo intero si rivelò a noi sotto le specie del volto di nostra madre china sulla culla. E mai più si è ripetuta nella nostra esperienza terrestre una simile penetrazione da essere a essere attraverso il velo dell'apparenza. D'altronde non vi sono “cose” propriamente dette che per noi snaturati civilizzati: per il selvaggio, per il poeta, per il bambino ogni oggetto è volto, gesto, segno. Se ne cerca la natura non nella materia e nelle concatenazioni causali, bensì in un La persona che mi ha consultato ha parlato ininterrottamente per una ventina di minuti, cercando di spiegarmi alla meglio, in un tempo sempre risicato per chi soffre, i motivi per cui si è rivolta a me. Spesso è difficile capire le ragioni dell'altro, ma per professione sono allenata a cogliere la sofferenza che soggiace ad una richiesta per certi versi difficile e complessa: quella di un trattamento psicoanalitico. Ma è a questo punto che spesso mi viene da domandare al mio interlocutore: “Ma lei chi è?” a cui segue una sorta di smarrimento e disorientamento direttamente proporzionale alla quota di dolore psichico presente. Disorientamento che sarà la base su cui costruiremo il lungo lavoro psicoanalitico. Quando ci viene chiesto “lei chi è?” proviamo un senso di confusione. Siamo molte cose: un uomo, una donna, un qualcuno che svolge una certa attività, un marito, una moglie, un single, un padre, una madre, un figlio, un peccatore, un santo, ecc. tutti ruoli, compiti o al massimo giudizi morali che facilmente riusciamo a descrivere, ma difficilmente riusciamo ad andare alle radici del nostro essere, della nostra essenza, della nostra esistenza. Lei chi “è”. Questa “è” è una parola in italiano brevissima una sola vocale dotata di accento sulla quale molti si sono interrogati. Quest'anno “Arca Notizie” vuole dibattere sul tema della conoscenza di sé stessi e ho trovato in alcuni numeri interessanti commenti di personaggi prestigiosi che stimo. Non so se sarò all'altezza degli stessi - chi mi conosce sa che ho “un'altezza” molto modesta - ma trovo che il mio vertice osservativo di psicoanalista possa offrire spunti alla discussione. Il mito, ovvero il racconto che la mente fa di sé stessa (R.Romano), con cui si descrive e descrive il proprio funzionamento, significa racconto ed ogni paziente quando inizia la sua seduta porta un racconto, il suo mito di quel giorno, di quella settimana, della sua vita. Ed è per questo che il mito di Edipo non è come spesso erroneamente viene detto, il mito sull'incesto, ma è il mito psicoanalitico per eccellenza perché riguarda il bisogno di sapere, l'arroganza, la hybris, quella volontà di conoscere se stessi, la propria storia e origine che è insita, e a volte celata, in ogni essere umano capace e 13 libero di pensare. Quella volontà che nel cercare il significato di noi stessi ci fa incontrare le domande sull'esistenza di Dio. Una volontà che però può portarci ad un disastro. Edipo vuole conoscere a tutti i costi la verità su se stesso. Ma la verità è sempre troppa, la nostra mente non è in grado di contenerla, ne viene devastata, accecata. Infatti non per caso Edipo si toglie gli occhi una volta conosciuta la verità. A volte ci vorrebbe un “raggio di buio” così da essere in grado di "sopportare" e di condividere la vertigine persecutoria del senso di "non appartenenza" (al mondo dei viventi) che gli aspetti inconsci (parte inevitabile della mente e della relazione con gli esseri umani) evocano. Un, "raggio di oscurità" generato dal volontario oscuramento di memoria, desiderio e conoscenza. Grazie a questo oscuramento possiamo permetterci, momentaneamente di eliminare le seduzioni infingarde della realtà esterna, concreta e cosciente (fatta di percezioni e sensazioni) così da “vedere” in modo diverso e nuovo in noi stessi. (W.R. Bion). La stessa arroganza di voler “conoscere” viene punita da Dio a Babele quando gli uomini sono così presuntuosi da voler raggiungere il cielo, Dio, nella concretezza. Ma Babele non vuole dire solo confusione, ma anche bab-El ovvero Porta di Dio, luogo da cui si accede alla conoscenza divina, al tutto, a quel infinitudine al cui solo pensarci la nostra mente si frammenta, tentenna e balbetta. Come uomini siamo limitati: dentro di noi abita un'immensità, un universo di potenzialità che mai riusciremo a sondare del tutto e che, a mio parere, è una timida immagine dell'immensità divina ed è per questo che la conoscenza di noi stessi, come dice E.Bianchi, proprio su Arca (1/09) può avvenire solo se va di pari passo con la conoscenza di Dio. Molto modestamente nel mio lavoro quotidiano, cerco assieme al paziente una verità, che è sempre molto parcellare e minima, ma è la verità che il paziente può quel giorno tollerare e comprendere. Una verità che aiuta a dare senso e significato e che, come sottolineava Francesco Pavanello parlando di Ricoeur, è strettamente intrecciata alla responsabilità. In analisi c'è un momento speciale, e doloroso, in cui il paziente diviene consapevole che le cose che sta dicendo sono proprio frutto dei suoi pensieri di cui deve divenire responsabile, che non può più attribuire agli altri. I sogni li facciamo noi, ne siamo i produttori e i registi, oltre che attori. Come nella famosa barzelletta che un giorno mi raccontò un paziente: In un sogno una donna corre nel deserto inseguita da un africano nudo ed eccitato sessualmente. Lei ne è terrorizzata, scappa ma lui le è sempre dietro. Ad un certo punto, stanca morta si ferma, si gira e gli chiede: ma perché mi insegui? Non lo so, dice l'africano, lo sai tu che stai facendo il sogno!” Molte riflessioni sottolineano l'importanza di tentare una conoscenza di sé facendo riferimento alla coscienza di sé stessi (“fin dove questa coscienza può essere estesa indietro ad una qualsiasi azione o 14 CONOSCENZA, POSSESSO E DONO DI SÉ pensiero del passato, fin lì giunge l'identità di quella persona”(Locke). Io vorrei invece scomodare la parte di noi stessi che soggiace alla coscienza, ovvero l'inconscio, a cui prima ho accennato, di cui necessariamente per scelta mi occupo quotidianamente, e che è l'inconoscibile per antonomasia, che non è direttamente “conoscibile” ma che possiamo avvicinare solo attraverso i suoi derivati: i sogni, i lapsus, gli atti mancati (S. Freud). Eppure l'inconscio è una fucina immensa piena di potenzialità. Ma anche fatta di contraddizioni. Conoscere sé stessi necessariamente incontra i permessi e i divieti posti dal proprio inconscio personale (su cui qui non ho la possibilità di descrivere le caratteristiche per esteso) la cui logica non è quella asimmetrica a cui siamo abituati a livello di coscienza (logica per la quale per esempio se A > B allora B < A), ma è una logica “simmetrica” (I. Matte Blanco) dove sono valide affermazioni del tipo “io sono la madre di mio padre”, assurda a livello cosciente, ma perfettamente logica per esempio in un sogno. Ebbene conoscere se stessi implica anche misurarsi con tale logica, accettare aspetti di noi spiacevoli e non edificanti, incongruenze e incoerenze che preferiremmo non vedere ed evitare. Divenire responsabili dunque anche delle contraddizioni che ci caratterizzano (tra cui visto il contesto dell'Arca accennerei all'area violenta che abita l'uomo e che solo se viene conosciuta e assunta con responsabilità può condurre a scelte veramente non violente) , assumendocene l'onere sapendo voler bene e apprezzare la nostra grande, unica e meravigliosa “nientità”. CONOSCENZA, POSSESSO E DONO DI SÉ 15 ALLA RICERCA DELL'ANIMA COMUNITARIA SPIRITO DI COMUNITÀ di Jean Baptiste Libouban (Nouvelles de l'Arche, anno XXXX, 1991, numero 1) Nella prima bozza della Regola data a Tournier per le comunità, (L'Arca aveva una Vigna per Vela), Shantidas comincia con queste parole : “Vi amerete gli uni gli altri, se ciò non avviene nessun lavoro può piacere a Dio ne dare buoni frutti”.E dovrei poi riportare tutta la pagina che segue, poiché pone i punti fondamentali sui quali concentrarsi per lavorare su di sè e con gli altri al fine di continuamente ristabilire la pace e l'armonia fra di noi. Se c'è un miracolo nelle comunità è che durino; se durano è proprio dovuto alla grazia di Dio e per l' intenso lavoro che spinge ognuno a sormontare le difficoltà della vita comune. Ridicendoci “vi amerete gli uni gli altri….” Shantidas ha pronunciato la parola centrale : amare. Questo amore che viene da Dio e lo manifesta non è l'amore affettivo, ma lo contiene. E' quello che ha spinto giustamente i primi Cristiani a riunirsi in comunità e a condividere i loro beni. Amare, si, ma in quale maniera continuamente ri-fare, riparare questo tessuto che per sbadataggine e per ignoranza, per errore noi strappiamo ? La verità vorrebbe che il sole non tramontasse su di un litigio, un malinteso, una collera pubblica, infine su qualsiasi atto che possa aver intorpidito l'acqua di quel lago nel quale confluiscono tutti i ruscelli delle nostre vite. Il bacio di pace che ci diamo alla sera alla preghiera del fuoco dovrebbe essere il segno, il sigillo della fiducia, della comunione tra di noi. E' per preparare questo bacio di pace, ove ognuno possa guardare l'altro senza tremare interiormente, che si diede luogo ad un momento chiamato della culpa ( del 'pentimento' ) prima della preghiera della sera. Ognuno vi riconosceva le proprie infrazioni alla Regola e proponeva una appropriata penitenza. E i presenti provavano piacere nel ridurla quando sembrava loro senza proporzione con l'errore commesso: il ritardo alla preghiera o al pasto comune, la trasandatezza nel vestire, il gesto o la parola che avevano recato offesa, così come l'ingiuria o la collera in pubblico, erano spesso l'oggetto di culpa. Tutto ciò che feriva l'occhio, l'orecchio o il clima fraterno veniva così gettato la sera nel fuoco purificatore. Agli inizi dell'Arca, il patriarca responsabile della casa ha anche 16 avuto il privilegio di un rito di pentimento speciale prima di rinnovare il suo mandato. Normalmente, alla sera, attorno al fuoco, ognuno si faceva avanti e riconosceva le proprie mancanze; quel giorno invece ogni compagno poteva presentare una rimostranza rispettosa al proprio capo. L'intenzione era quella di togliergli ogni possibile attitudine tirannica o arrogante. Il risultato però fu davvero deplorevole, e quest'esercizio somigliò piuttosto ad una messa a morte (vedi Nouvelles IX, pg 152). Non eravamo maturi per questa “correzione fraterna” che diveniva invece un regolamento di conti; era un' altro esempio della relazioni fra il sacro e la violenza; quella in cui è sempre l'altro a essere offerto in sacrificio per ristabilire l'unità. Il rito 'della culpa', dopo qualche anno, divenne del tutto insignificante, caratterizzato da pesanti silenzi. Ci si accusava di piccole cose come il furto di marmellata o la rottura di un vaso, ma i veri problemi, quelli che dipendevano dalle tensioni fra noi, non apparivano più. Il rito si spense da solo. Cosa c'era all'origine di quelle tensioni? C'erano le nostre difficoltà di relazione fra noi. Il clima fraterno di comprensione e di mutua conoscenza è la base che permette di prendere decisioni all'unanimità. E' ciò che fa la differenza fra il modello comunitario e gli altri modelli associativi. Come creare questo clima costruttivo di ascolto che permette di comprendere e perdonare le parole, le azioni, le reazioni, le attitudini dei nostri compagni, quelle che noi percepiamo negativamente? Il rischio, in comunità, è quello di costruire progetti materiali, lottare per i diritti dell'uomo, ma che ognuno viva la propria vita, con una assoluta incapacità di condividere ciò che vive l'altro. La comunità funziona… ma non vive. Molte riunioni, molte attività, ma carenza totale di comunione. E' l'agire che ha preso il sopravvento su l'essere. Tutti in comunità facciamo l'esperienza di quanto la preghiera, il silenzio, il lavoro in comune, e la festa siano potenti mezzi per unirci. Succede anche che percepiamo, come in filigrana, il legame vivo che ci tiene uniti. Questa vita è come un soffio, un respiro condiviso: è la nostra anima comune, la nostra anima comunitaria. Quando questo piccolo miracolo discreto appare, allora le forze, le sensibilità, le intelligenze si uniscono invece di opporsi. Ognuno viene ad essere rivelato a se-stesso, all'altro, a Dio, non in una relazione di opposizione ma secondo il suo essere proprio; come ogni nota musicale in uno spartito, ognuno accrescendo al contrario il carattere e il valore dell'altro. La ricerca attuale all'interno delle comunità, sia che riguardino la condivisione, realizzabile soprattutto in piccole comunità, che le pratiche che si rifanno alla psicologia di gruppo, mirano a scoprire, mantenere, rinnovare e ricostruire incessantemente questa anima comune. E' la sostanza della vita SPIRITO DI COMUNITÀ 17 comunitaria. Sarà difficile se non impossibile prendere una decisione all'unanimità se non vi è un anima comune. La ricerca, la purificazione di questa anima, spiega l'importanza data a questi sforzi. Questa corresponsabilità positiva, creativa, è la condizione necessaria alla possibilità di riconciliazione, di mutuo perdono, per dar voce alla corresponsabilità attiva e nonviolenta che è la terza direzione del nostro voto e che Shantidas ha chiamato il Gioiello della Regola. Questa corresponsabilità di condivisione è l'introduzione al mistero di ciascuno in ciò che ha di migliore, ma anche di più doloroso. La rosa canina è una piccola rosa selvatica che ci regala la sua bellezza e il suo profumo. Conserva non di meno le sue spine. Ognuno di noi, con i suoi difetti che non potrà cambiare, è un poco questa rosa canina per gli altri. Dobbiamo mettere in conto e accettare queste difficoltà per non idealizzare l'esercizio e neanche rifiutarlo. Ogni comunità, sia attraverso la condivisione che con ogni altro mezzo, ha bisogno di realizzare questa tappa della corresponsabilità positiva. E molto ci rimane ancora da imparare a questo riguardo. Prima di entrare di fatto nella vita comunitaria passiamo normalmente attraverso tre tappe. Arriviamo belli belli , nuovi nuovi e ci presentiamo sotto il nostro angolo migliore, essendo anche noi sotto il fascino della vita comune. Poi passiamo alla tappa del giudizio negativo. In fondo, i compagni non sono migliori degli altri; cosa del tutto vera. Si cerca quindi di trovare il proprio posto, ci si difende contro questo, ci si afferma contro quello. Si apre nuovamente il catalogo dei buoni e dei meno buoni, degli intelligenti e di quelli che non lo sono poi molto, per non dire di più. A questo stadio ognuno si situa moralmente bene in questa gerarchia vecchia come Caino e Abele. E' solo la terza tappa però, che consiste nel rovesciamento del giudizio, che marca l'entrata nella vita comunitaria profonda. E' l'abbandono del precedente atteggiamento, è il lasciar-presa. 18 SPIRITO DI COMUNITÀ DA UN FILO DI LUCE Riproduciamo alcuni brani dal Filo di Luce di Dino Dazzani, presentato sull'ultimo numero di Arca Notizie, con l'intento di arricchire, con ulteriori stimoli, la riflessione sullo spirito di comunità. Sono tratti da un dialogo con Lanza del Vasto (pag. 256, 257 260, 264-265) - Shantidas, l'Arca sta crescendo molto ed in fretta. - L'importante non è il numero delle comunità o dei suoi compagni. L'importante è l'unità, reale e concreta, che regna tra coloro che aderiscono all'Arca pronunciando i voti, tra i postulanti e i novizi che si preparano a farlo e gli amici e i fedeli che vivono nel mondo testimoniando e seminando la nonviolenza. Se il numero crescerà ancora faremo nuove comunità, sciameremo come le api, ma l'unità quella dovrà rimanere. Io parlo di unità spirituale non di uniformità al volere comune o ad un consenso generalizzato. - Unità spirituale che si realizza attraverso relazioni spirituali. - Vedo che hai colto nel segno. Le relazioni umane, i doveri del cittadino, i personaggi che recita durante la giornata del perfetto uomo sociale sono piene di falsità, hanno un tarlo che corrode la Verità. Solo la relazione spirituale conosce la Verità. È un pezzo di eternità, perché con la fine della vita terrena finiscono le relazioni umane, mentre le relazioni spirituali rimangono, appunto, per l'eternità. ……………………. - Torniamo alla spiritualità della relazione - Le relazioni non solo sono i fili e i nodi che fanno la stoffa dell'intelligenza, ma costituiscono anche la sostanza dell'universo. Non bisogna, come si è sempre fatto, opporre relazioni e realtà, ma opporre relazioni false e relazioni vere, cioè reali. Ogni essere ha un dentro e un fuori e una relazione tra il dentro e il fuori e questi tre termini non sono tre cose, bensì una sola cosa. Che ogni cosa si legata a qualche altra e al tutto con relazioni, questo non lo discute nessuno. Se tutto è relativo, l'Assoluto per se stesso si pone: è la Relazione. L'attitudine dominante in questo mondo è l'ignoranza di sé, cioè delle cose dell'anima, l'oblio, la distrazione, l'indifferenza costante nei riguardi delle cose dell'anima, conseguenza di un inversione dell'intelletto verso il profitto, verso l'appropriazione e la dominazione del mondo esterno, cose e persone. La conversione, ossia il rovesciamento di ciò che il peccato aveva rovesciato, cioè il raddrizzamento, consiste nell'uscire dal mondo, nell'uscire dall'esteriore, nel rientrare in sé. SPIRITO DI COMUNITÀ 19 INTUIZIONI E LIMITI DEL DISCORSO SULLA CORRESPONSABILITÀ DI LANZA DEL VASTO APPROFONDIMENTI Enzo Santifilippo Il difficile lavoro di rinnovamento che ha portato alle nuove costituzioni e alla formula comune dell'impegno che ci riunisce nella Comunità dell'Arca non si è concluso con il capitolo del 2005. È forse opportuno, in questi tempi che sempre più ci appaiono incerti e complessi, immaginare un rinnovamento permanente che coniughi la fedeltà alle nostre radici con la fedeltà al presente che ci è dato da vivere. Un presente contraddittorio e inquietante, ma forse proprio per questo fertile, pronto ad accogliere il seme della nonviolenza. La nonviolenza parla alle coscienze inquiete e accoglie i conflitti (interni ed esterni a noi stessi) come occasioni di cambiamento e di evoluzione. Per gettare questo seme è necessario dialogare con il presente (interno ed esterno all'Arca). Per dialogare, il nostro messaggio deve farsi intellegibile all'oggi, alle sue culture alle sue sensibilità; ma ancor più deve dialogare con se stesso, affrontare i nodi della sua coerenza interna. Solo questo coraggio di continua revisione che faccia salva l'essenziale e lo purifichi da appesantimenti più o meno “originali” (voluti cioè dal fondatore e non dalla cultura del tempo in cui comunque era immerso o da prassi errate che al suo insegnamento volevano rifarsi) potrà far sì che il messaggio dell'Arca possa parlare agli uomini e alle donne del nostro secolo. Certo affrontare i nodi della coerenza interna è difficile per chi come noi da diversi anni cerca di seguire l'insegnamento di Shandidas nutrendo per la sua figura e le sue parole rispetto e ammirazione, a volte stupore, qualcosa di simile a quel sentimento che ogni discepolo nutre per il proprio maestro che ti chiama e ti “sveglia”. Nel nostro caso in particolare si tratta di un maestro che non abbiamo conosciuto in vita, ma che ha in qualche modo condizionato la nostra vita, le nostre scelte passate e quelle che vogliamo ancora compiere giorno per giorno. Mettere mano a qualcosa che lui stesso ha scritto è quindi sempre difficile. Ma ci conforta lo stesso pensiero di Lanza Del Vasto che ebbe a scrivere: “…le riforme sono necessarie di quando in quando. Quando il Fondatore non le ha previste, quando i suoi successori non le 20 ammettono, queste avvengono nella ribellione e nella lacerazione…La riforma necessaria non è una novità, è un rinnovamento, un ritorno alla forma primaria e fondamentale che ha potuto scadere nel corso degli anni, essersi rammollita o troppo indurita o diventare inapplicabile o applicarsi a controsenso in un mondo cambiato. L'analisi che ci apprestiamo a fare non dovrà mancare di rigore, ma speriamo che non manchi mai di amore, per Shantidas e per coloro attraverso cui abbiamo conosciuto il suo insegnamento, i compagni italiani delle prime comunità i compagni delle comunità francesi che più di noi hanno dovuto mettere mano ai testi di fondazione dell'Arca per ripensarla nel nostro tempo Anche noi abbiamo partecipato al Capitolo del 2005 sentendo la sofferenza e la gioia di un passaggio di crescita per la comunità internazionale. In un certo senso, come “fraternità” delle Tre Finestre siamo figli di questa stagione e non della prima, ammessi nella famiglia dell'Arca in una forma quella della “fraternità” - che prima dell'ultimo capitolo non aveva un riconoscimento particolare. Nello stesso tempo, pur riconoscendoci pienamente nelle nuove costituzioni e nella formula di impegno che riunisce i compagni dell'Arca in tutto il mondo, sentiamo oggi il bisogno di rileggere i testi del nostro fondatore come una ritorno alle nostre sorgenti, per meglio impegnarci nella nostra vita individuale e di fraternità. I testi di Shantidas, d'altra parte restano il fondamento della nostra Comunità dell'Arca . Nelle nuove costituzioni essi sono definiti “tesoro di riferimento e radice”. In questo spirito abbiamo deciso, come Fraternità delle Tre Finestre di ripartire dal commento ai voti. Tutta la riflessione sui voti è ricchissima di spunti essenziali che rimandano ad altri scritti di Lanza del Vasto. Certamente qui la riflessione riporta a scelte concrete che Shantidas aveva pensato per la sua vita di ogni giorno e per quella dei suoi compagni. E così dunque che, per quanto solo alcuni degli impegnati, rinnovano il loro impegno sotto questa forma antica, e solo alcuni danno al nuovo impegno, rinnovato ogni anno, la forma del voto (e noi non siamo al momento tra questi), i sette voti restano per noi tesoro e radice, al pari di tutti gli altri scritti di Shantidas, o forse in un modo singolare e che riporta all'essenza di tutto l'insegnamento. Restando alla metafora vegetale possiamo dire che dalle radici passa una linfa che arriva a noi che siamo i rami e le foglie attuali di questo albero spirituale. Ma, così come la linfa che passa dalle radici va agli organi della fotosintesi per trasformarsi in “linfa elaborata”, che ugualmente va in circolo e garantisce la vita alla pianta stessa, così oggi noi siamo chiamati a rielaborare continuamente il messaggio dell'Arca per dare il nostro piccolo contributo alla Vita. Un' analisi, un'ermeneutica, un ritorno alle fonti o un rinnovamento non hanno senso se non ci conducono a vivere meglio, a far evolvere la nostra esistenza nel quotidiano interiore ed esteriore. E la nostra urgenza è proprio quella di trovare insieme nuovi modi per APPROFONDIMENTI 21 rinnovare la nostra vita individuale, di fraternità, di gruppo nazionale. La responsabilità nell'insegnamento di Lanza del Vasto Cominciamo il nostro lavoro con il voto di responsabilità. Uno dei sette voti che Shantidas aveva previsto per i compagni dell'Arca era il voto di “responsabilità” 1 che così recita : Nârendranâgar». Particolare di non poco conto che pone una sorta di sigillo a questo testo a quanto pare, quindi, direttamente ispirato nella stessa notte in cui Shantidas matura per la prima volta l'idea dell'Arca. Tutto ciò rende il lavoro di revisione critica e di attualizzazione di questo particolare punto dell'insegnamento ancor più delicato e difficile. La più grande intuizione [facciamo voto] Di assumere la responsabilità delle nostre azioni , di riconoscere i nostri torti, di riparare i nostri misfatti, di corregercene da noi, sotto il controllo dei nostri compagni se il misfatto è conosciuto, in segreto se siamo soli a conoscerlo. Di assumerci la corresponsabilità della giustizia nell'Ordine, di riparare l'errore del nostro compagno se rifiuta di riconoscerlo e di correggersene Il voto di responsabilità era considerato centrale da Shantidas. Esso riporta al nocciolo dell'insegnamento, se il nostro fondatore, nel successivo capitolo dello stesso libro, commentando il voto afferma: «È il punto più originale della nostra Regola, ne è il seme. Questo mi fu dettato in quella notte di San Giovanni del 1937 in cui ebbi la prima visione dell'Arca, a A noi pare che la più grande intuizione che fonda la corresponsabilità, e che è comune al pensiero di Gandhi, è il convincimento profondo dell' interconnessione dei peccati del mondo: rispetto a ciò, Shantidas ha una profonda certezza: “Quello che importa richiamare è che la distinzione tra il tuo e il mio in materia di peccato è meno netta di quanto non sembri al giudizio del mondo, che era più grande di quel che sembrava la mia partecipazione alla colpa di mio fratello che è semplice incidente e dettaglio della grande colpa di noi tutti”. (L’Arca aveva per vela una vigna p. 136) Ci troviamo di fronte a una di quelle grandi verità che ci sono disegnate con grande evidenza nella mente di Shantidas nel suo cammino di conversione, verità di fede comune a diverse tradizioni, sulla quale 1 Il capitolo sui sette voti nella edizione italiana de L'arca aveva una vigna per vela inizia con queste parole: “Ecco i sette voti dei Compagni, come li pronunziamo oggi [sottolineatura mia] : Eterno, Dio Forte, giusto e buono, non lasciare che mai dimentichiamo il nostro voto di mantenerci e di avanzare nella direzione dei sette adempimenti (che sono): …” 22 APPROFONDIMENTI tuttavia siamo soliti sorvolare, legati come siamo, specie noi occidentali, a visioni individualistiche della vita. Ecco che allora lo stesso “senso di responsabilità”, al quale facciamo spesso riferimento come richiamo etico positivo, al quale diversi modelli pedagogici si rifanno (pensiamo p.es. al metodo scout), meriterebbe una rivisitazione critica, nella direzione di una responsabilità comunitaria che potrebbe smorzare anche certi miti occidentali del self-made-man. Sì, con una certa dose di ironia potremmo cominciare a smontare il mito di tanti personaggi positivi (Shantidas compreso) che sono solo espressione di particolari relazioni, in primis quelle con i propri genitori, poi quelle di coppia, le relazioni con i propri insegnanti, con padri spirituali, e più in generale le relazioni di prossimità, in cui si è cresciuti: quante volte abbiamo sentito dire di una persona che “ha respirato il clima” di quella data scuola, di quegli anni ecc. In parallelo anche le colpe, i peccati, gli errori, i “misfatti” di cui si dice nel testo del voto [oggi alcuni di questi termini ci appaiono molto pesanti e desueti ] che noi scorgiamo nelle vita e nelle storie di ciascuno di noi sono solo l'epifenomeno di interrelazioni malate. Certo le relazioni non devono portarci al relativismo: ciascuno ha una sua responsabilità in ciò che fa di bene e di male. Ma quest'ultima verità non deve nascondere un dato ontologico che riporta alla coresponsabilità Noi non siamo individui in relazione, siamo parti di uno stesso corpo. Siamo soggetti e al contempo cellule (in relazione) di soggetti di secondo livello (famiglie, comunità, villaggi, stati, ecc.) che a loro volta possono formare aggregati più grandi e così via fino all'umanità intera, anzi, direi fino alla Vita intera, comprendendo cioè gli animali, le piante, l'ambiente in generale. Non c'è “gioiello” senza questo dato di fede nella comunità umana e nella comunità dei viventi che sono i primi soggetti trascendenti. L'uomo è legato ad altri uomini non solo da relazioni sociali, ma da più profonde relazioni spirituali che lo trascendono dal basso (relazioni con le altre forme di vita e con la madre terra) e verso l'alto con le comunità di secondo livello e con il divino. .È per questo che una malattia di un organo può contagiare un'altra parte di un organismo, il dolore o l'errore di un figlio può straziare un genitore, un nostro amico o un nostro collega che si comporta ingiustamente o stupidamente ci imbarazza o ci fa soffrire, ci fa vergognare come se noi stessi fossimo al suo posto… e così si può provare sofferenza se un connazionale commette un delitto, se il nostro Stato partecipa ad un'ingiusta aggressione. Se veramente acquisissimo interiormente questo dato potremmo comprendere la frase di Shantidas: “la distinzione tra il tuo e il mio in materia di peccato è meno netta di quanto non sembri al giudizio del mondo” Ma questa consapevolezza “chiama in causa” ciascuno uomo che percepisce una disarmonia, un errore, un male, un peccato. È esperienza comune a molti APPROFONDIMENTI 23 percepirsi limitati, inadeguati, pieni di difetti, forse “peccatori”. Ma, non neghiamolo, è esperienza altrettanto frequente vedere gli altri inadeguati, limitati, stupidi, a volte “cattivi”. Il discorso sulla corresponsabilità di Shantidas, da un certo punto di vista ci rassicura sul fatto che percepire l'errore dell'altro, non solo è umano, ma è quasi un dovere etico. Il nostro corpo è mirabile in questo: tutte le cellule raccolgono informazioni sulle disarmonie, le infiammazioni, le ferite ecc. e le portano in giro, in uno straordinario gioco di squadra, fino al cervello e agli organi che devono provvedere alla riparazione. Le scienze mediche più sapienti sanno tutto ciò, la medicina che parcellizza il corpo ha come obiettivo la soppressione dei sintomi che sempre più esploderanno uno dietro l'altro e per ognuno ci si inventerà una nuova disciplina specialistica. Noi cristiani siamo a volte fuorviati dall'imperativo evangelico “non giudicate” che in realtà è molto categorico. Ho l'impressione che esso ha potuto e potrebbe ancora rafforzare erroneamente atteggiamenti di indifferenza (nelle situazioni di criminalità esso può assumere la forma di omertà). Ed è questo sforzo di vigilanza anche alle disarmonie (percepite) fuori da me stesso l'altro elemento originale del voto di corresponsabilità. Ecco allora che il modello della corresponsabilità ci introduce ad un nuovo paradigma di giustizia che pone una terza soluzione all'alternativa tra il giudizio tranciante che porta alla 24 condanna e l'indifferenza che lascia crescere il male senza intervenire. Estremizzando potremmo dire che si tratta di una “giustizia senza giudizio” dove nessuno si erge a giudice di qualcun altro, ma, solamente per amore suo, per carità, cerca di svegliarlo, se si convince che questi sta compiendo il male. Uno schema di come è possibile intervenire quando si percepisce una disarmonia (apparentemente) al di fuori di noi stessi potrebbe forse essere il seguente: In esso, secondo uno schema trinitario che abbiamo appreso da Shantidas, sono innanzi tutto evidenziate le tre componenti che noi agiamo nella nostra vita di relazione: intelletto, cuore (emozioni), volontà; seguono le reazioni che ciascuno, utilizzando ciascuna di esse può avere dopo aver percepito l'errore di una persona a noi prossima. Esse si possono collocare in continuum violenza- APPROFONDIMENTI nonviolenza nel quale emergono quelle che possiamo indicare come le tre “C” della corresponsabilità nonviolenta: comprensione, compassione, carità. Seguono ancora atteggiamenti concreti che ne derivano e l'esito di relazione e di comunità. Dove la corresponsabilità appare come un “lavoro” costante per l'unità, un lavoro che mai ci fa togliere lo sguardo da noi stessi, dalla nostra interiorità, qualunque sia la componente psichica che noi utilizziamo. Tale lavoro fonda una relazionalità alternativa a quella imperante nel nostro presente tesa alla separazione e alla violenza. Certo tutto queste parole non danno a noi il senso dell'efficacia immediata, mentre i nostri tempi, soprattutto nella sfera politica, ci inducono sempre più in una direzione opposta. A cosa serve infatti, per risolvere il problema della sicurezza, comprendere perché gli immigrati vogliono a tutti i costi vivere nel nostro paese?(comprensione), come ci siamo sentiti noi quando eravamo immigrati (compassione) cosa fare affinché un'accoglienza parolaia non lasci alcuni di loro nella solitudine che porta all'illegalità e alla violenza? (carità) Ciascun uomo che ha maturato la fede nell'unità del genere umano e della Vita tutta, sente la responsabilità del male commesso da altri, poiché l'incontro del male con il soggetto che lo compie è il sintomo di una malattia che coinvolge tutto l'organismo. Lo stesso vale per la giustizia. Ciò che normalmente chiamiamo “reato” è solitamente l'ultimo anello di una catena di ignoranza, miseria, solitudine, disgregazione sociale o al contrario di sete di possesso, ricchezza, stress, moltiplicazione dei bisogni, dipendenza da idoli e false chimere. A cosa serve dare accoglienza, ascolto a una persona che ha sbagliato? Se il nostro fine è quello di risolvere immediatamente un problema di ordine pubblico, forse a poco, anche se l'efficacia delle politiche sociali improntate alla solidarietà è dimostrabile scientificamente, se solo si avesse l'intelligenza e la pazienza di studiare. E in ogni caso, guai a chiedere ad una pratica spirituale i risultati nei tempi che questo mondo richiede. Il difficile passaggio dalla dimensione sociale alla dimensione di prossimità Il voto di corresponsabilità, per quanto detto finora, ha addentellati e analogie con i voti di purificazione, di obbedienza, di nonviolenza. Riguardo a quest'ultimo, spesso abbiamo sottolineato che l'originalità della nonviolenza di Gandhi sta proprio nel fatto che egli affrontava i conflitti sociali tra due parti senza mai addossare la responsabilità dell'ingiustizia sull'avversario. Ogni volta così il conflitto veniva ridefinito e le sue cause distribuite per lo meno al 50% . Se l'India è dominata da una potenza straniera è anche colpa degli indiani che sono abbagliati dai miti occidentali e non sanno recuperare le loro forze migliori per l'autogoverno. Gli hindu non danno prova di umanità e di vera fede se perseguono politiche di APPROFONDIMENTI 25 esclusione nei confronti dei senza casta, ecc. Pertanto egli iniziava le sue battaglie con pratiche di autopurificazione: preghiera e digiuno, anche se pubblici, in questa dimensione, mai in Gandhi assumevano la condizione del “ricatto”. Ma se, durante questi periodi l'avversario cambiava atteggiamento, ciò forse voleva dire che anche la sua coscienza era stata toccata. Si evidenziava così anche l'aspetto pedagogico di richiamo della coscienza dell'avversario e delle terze parti indifferenti. Un aspetto che, ad una attenta lettura della filosofia del Mahatma, potremmo forse definire accidentale. Ma la nonviolenza storica si è misurata e si misura su ingiustizie e mali che sono percepiti come tali da una gran parte della popolazione. L'apartheid è considerato male e peccato dall'intera popolazione nera e da una buona parte di quella bianca. La limitazione delle libertà sindacali e politiche in Polonia ai tempi di Solidarnosch sono avvertite come ingiustizia dalla stragrande maggioranza dei lavoratori e dei cittadini (oltre che dalla stragrande maggioranza della popolazione occidentale). Le preghiere collettive, gli scioperi, le marce e i digiuni messi in campo in queste situazioni storiche denunciavano dei sistemi in cui non una sola persona era additata come responsabile, anche se le coscienze dei singoli, al vertice come alla base erano fortemente scosse. Le azioni nonviolente collettive e il ruolo dei leader pertanto divenivano un segnale a volte conclusivo a volte di testimonianza permanente, a volte di accelerazione, di una azione spirituale collettiva. La storia ci ha lasciato ormai tracce 2 significative di queste possibilità . C'è da dire che questa dimensione allargata e diffusa del conflitto favorisce quello che, anche nel linguaggio comune, viene definita una “presa di coscienza” Un nodo da sciogliere prima di passare alle prescrizioni previste dal voto e al commento che ne fa lo stesso Shantidas è il seguente: questo assumere su di sé (almeno in parte) la purificazione3 per il male commesso da un altro (che si è sperimentato avere un risvolto pedagogico verso l'avversario), è applicabile anche nelle relazioni micro-sociali? Quando ad esempio siamo di fronte ad un comportamento di un membro di un gruppo che è percepito come errore o peccato soltanto da una persona dello stesso gruppo e gli altri componenti non lo ritengono tale? Cosa avviene quando tutto il gruppo è indifferente a certi comportamenti ritenuti sbagliati solo da pochi? Ed è ben vero che una minoranza o una sola persona possono nei grandi come nei piccoli gruppi avere uno sguardo più limpido di cento, mille messe assieme. 2 Cosi come di alcuni apparenti fallimenti come potrebbero essere considerate le giornate di Piazza Tienanmen in Cina 3 Abbandoniamo tranquillamente il termine “castigo”, senza fare alcun torto 26 APPROFONDIMENTI Devo dire tuttavia che la mia esperienza nei piccoli gruppi rende l'azione nonviolenta più complessa. Io stesso ho spesso sostenuto che il metodo nonviolento è applicabile allo stesso modo nei rapporti interpersonali così come in quelli tra grandi gruppi, popoli ecc. Da un po' di tempo non ne sono così sicuro, non nel senso della comune applicabilità, ma del comune modo. Forse i rapporti di prossimità richiedono una traduzione particolare di quest'assunto nonviolento a cui il discorso sulla corresponsabilità è connesso. E proprio per la rilevante originalità del discorso sulla corresponsabilità che abbiamo il dovere di non passare in secondo piano alcune incongruenze logiche di alcune prassi di vita comunitaria che pure potrebbero ispirarsi al nostro insegnamento comune, incongruenze che hanno forse contribuito ad alcuni fallimenti delle esperienze dell'Arca, incongruenze che costituiscono un passaggio doloroso dal quale dobbiamo uscire con un salto evolutivo. Prendere su di sé il castigo del fratello che sbaglia: una formulazione infelice e superata. E veniamo pertanto al collegamento con il voto di purificazione Recita la conclusione del voto di responsabilità: Di assumerci la corresponsabilità della giustizia nell'Ordine, di riparare l'errore del nostro compagno se rifiuta di riconoscerlo e di correggersene. Tutto il voto è un atto di consapevolezza che richiama i compagni dell'Arca al dovere di curare l'ordine… dell'Ordine. Se siamo infatti membra consapevoli di un corpo è nostro dovere renderlo pulito, ordinato, santo. Ma portiamo il discorso a noi oggi: cosa vuol dire per noi assumere la responsabilità della giustizia nei contesti in cui viviamo? Far sì che nella nostra famiglia, nel nostro luogo di lavoro, nella nostra fraternità, nella nostra società, ci sia armonia, ci sia bellezza? Potremmo certo sostenere che per curare questa armonia non c'è da fare tanti discorsi e tante ideologie, basta cominciare a lavorare su noi stessi. L'espressione “riparare l'errore del compagno” è allora fuorviante poiché, come abbiamo detto, la riparazione di quell'errore, se c'è, è indiretta, tant'è che la direzione non sarà il castigo o la fustigazione del compagno, e non sarà nemmeno l'auto-castigo, ma l'inizio della purificazione comune, alla quale io do il via, per quello che mi corrisponde, al fine di ricostruire l'armonia e la giustizia. Dal nostro punto di vista cristiano l'auto-purificazione è il solo contributo che possiamo dare per riparare l'errore (il peccato) degli altri, poiché solo Gesù ha il potere di assumere su di sé, una volta per tutti i peccati del mondo. La purificazione è una pratica che può essere faticosa, difficile, dolorosa, ma che è sempre liberante e porta alla gioia, direi anzi che dovrebbe portarci alla Festa, così centrale nella nostra tradizione. APPROFONDIMENTI 27 Ma dobbiamo ancora ripulire il discorso di Shantidas. C'è infatti un altro passaggio infelice nel commento al voto, quando egli scrive: Se sorprendo in colpa il mio compagno, che devo fare? Riferire la cosa al mio capo con lo zelo di un fedele spione? Denunciare il colpevole in pubblico con nobile indignazione? No, è da lui che devo andare per chiedergli che pena intenda applicarsi. Se fa la sua penitenza, e questa è ragionevole e sufficiente, l'incidente è chiuso. Se vi si rifiuta, s'irrita e si giustifica, non devo precipitarmi nella disputa, so quello che mi resta da fare: prendere su di me il castigo che a mio giudizio egli meritava. Può accadere che vedendomi digiunare, vegliare o faticare al suo posto, egli si penta…. Alcune grandi intuizioni che avevamo commentato all'inizio vengono contraddette in queste poche righe. Infatti, se la pena che mi autoinfliggo deve corrispondere al “castigo che [il fratello che ha sbagliato] a mio giudizio meritava” ciò comporta che: 1) Io abbia comunque giudicato la colpa di mio fratello (cosa che il vangelo ci vieta di fare); 2) Abbia addirittura misurato la pena corrispondente (anche se la trasferirò su me stesso) Ora c'è da dire che qualunque calcolo sul male commesso e sui rimedi necessari potrebbe essere d'aiuto se ciò mi aiutasse a purificare non l'errore del fratello ma la mia (sempre presente) responsabilità nel male da lui (eventualmente) 28 commesso. Affinché ciò avvenga, il mio sacrificio (=sacro fare) dovrebbe avvenire nel totale segreto (quando digiuni, profumati ecc.). L'esposizione certamente esemplificativa e non prescrittiva che Shantidas fa del voto di corresponsabilità tradisce tuttavia una sottesa intenzionalità pedagogica quando afferma: “Può accadere che, vedendomi digiunare, vegliare o faticare al suo posto, egli si penta” . Shantidas infatti prevede (e quasi auspica) che avvenga ciò che forse si dovrebbe in ogni modo evitare: che il fratello percepisca il mio digiuno quale castigo esattamente calcolato per il suo peccato. Le conseguenze paradossali di questa prassi sono abbastanza intuibili. Non tanto perché non possa avvenire che il mio comportamento di purificazione svegli la coscienza altrui, quanto perché questa eventualità dovrebbe restar fuori dal mio orizzonte di significato teso a riparare il mio errore, la mia parte di responsabilità nel male che ho percepito, sia pur essa minima o sconosciuta a me stesso. Possiamo bene immaginare il caso in cui la persona (che si ritiene a torto o a ragione innocente per l'errore che gli fa notare un fratello) si accorga che qualcuno digiuna al suo posto e ne parli con altri del gruppo o della comunità di cui fa parte: ecco crearsi una ancor più patetica e sinistra commedia della “Giustizia-checonosciamo”, tanto avversata da Shantidas: Accusatori virtuosi, colpevoli che diventano vittime innocenti difesi da improvvisati avvocati chiamati dagli uni o dagli altri ad un argomentare inutile e piccino. APPROFONDIMENTI Sottomettersi al controllo dei compagni per la riparazione dei propri misfatti C'è un'altra frase del voto che suona a noi oggi pesante e inattuale che è quella che impegnava i membri delle comunità ad auto-correggere l'errore commesso e riconosciuto pubblicamente sotto il controllo degli altri compagni. Ciò che ci riesce difficile è immaginare situazioni reali di comunità in cui una tale pratica possa essere messa in atto, senza creare nuove sofferenze, dispute, rancori. Il rigore della prescrizione ci appare sproporzionato agli errori ai “misfatti” che si possono rendere evidenti in una comunità. Si tratta infatti di una prescrizione che non è neanche prevista dalla Chiesa Cattolica in cui la “penitenza” resta affidata al penitente, salvo l'aiuto (e non il controllo) del confessore-padre spirituale. La problematica generale, tuttavia non è peregrina: ci sono situazioni sociali in cui si è riproposto qualcosa di simile a proposito per esempio di ex terroristi, mafiosi torturatori. Le comunità (nel senso ampio di collettività), a garanzia della autenticità dei percorsi di conversione (o comunque di fuoriuscita dal contesto in cui sono state compiute gravi violazioni della legge e dei diritti umani) sono chiamate a vigilare sugli atti di riparazione assegnati ai colpevoli di reati. Perché mai Shantidas ha previsto qualcosa del genere per i compagni dell'Arca? Tanti anni fa mi capitò tra le mani un libretto della Comunità di Nomadelfia di Don Zeno dove venivano descritte procedure ancora più rigorose per le violazioni delle regole di quella comunità. Un'ipotesi (da verificare) è che Lanza del Vasto (e ancor più Don Zeno) prefigurassero comunità di vita molto alternative e indipendenti dalle istituzioni sociali, villaggi in cui si potesse sperimentare concretamente una “giustizia” diversa dalla giustizia degli uomini, quasi una provocazione alla “legalità” (ipocrita) del sistema sociale in cui quelle comunità nascevano È probabile che nel voto di corresponsabilità sia passato qualcosa di quest'idea sociale e abbia fatto cortocircuito con l'aspetto spirituale del voto. Applicare o ridurre la pena? Shantidas, cattolico che per molti aspetti ha anticipato il Concilio, scrive i testi dei voti nel 1960 Nella formulazione del testo egli è figlio del suo tempo, le prescrizioni previste da Shantidas non si allontanano da uno schema in cui ad ogni errore debba in ogni caso applicarsi necessariamente una pena. Tutto richiama ad una tradizione cattolica oggi superata all'interno della stessa Chiesa che rimanda alla “confessione” e alla “penitenza”, concetti e termini già da tempo rimodulati nel quadro di un'attenzione prevalente al tema della riconciliazione, che per i cattolici è sacramento. Colpa, peccato errore sono considerati, nel testo del voto, in riferimento ad azioni circoscritte nel tempo e nello spazio (il testo italiano del voto parla ad esempio di “misfatto”) Oggi le scienze APPROFONDIMENTI 29 psicologiche ci hanno abituato a considerare i comportamenti nel quadro della personalità complessiva dell'individuo che può comprendere orientamenti negativi perduranti (se non permanenti) che connotano la persona al pari delle sue virtù, rendendola unica e irripetibile. La presenza di personalità spigolose e poco flessibili ha sempre costituito un problema in tutte le esperienze comunitarie. Il voto di corresponsabilità, così come formulato, e il suo commento hanno potuto e potrebbero portare in seguito (nel caso in cui fosse adottato da singole comunità, così come le attuali costituzioni prevedono) ad una applicazione rigida e banalizzante, che può bloccare la crescita e il sereno svolgimento della vita di gruppo anche per molti anni. Alcuni limiti delle persone vanno accettati con misericordia e pazienza senza accanirsi sui singoli comportamenti, interrogandosi costantemente sulle responsabilità nostre e degli altri componenti del gruppo, assumendosi eventualmente il carico di un accompagnamento fraterno che può durare nel tempo. Anche studi e prassi di tipo spirituale e pastorale pongono maggiormente l'attenzione al rispetto dei tempi di maturazione interiore in cui ogni uomo può prendere coscienza dei propri limiti, dei propri errori, dei propri peccati. In tali percorsi gli altri non sono esclusi per la richiamata interrelazione spirituale di tutti gli uomini. Il male che si manifesta in un comportamento di un singolo è solo l'epifenomeno di una realtà più grande e complessa in cui tutti siamo 30 coinvolti. La Bibbia ci richiama a questa corresponsabilità fin dai primi racconti. Frédéric Vermorel ce lo ha ricordato alla San Giovanni. È “sì” la risposta implicita di Dio alla domanda di Caino: “sono forse io il custode di mio fratello?” Sì, siamo tutti custodi, gli uni degli altri. È forse per noi cristiani necessario ritornare alla logica evangelica. E se a quella logica dobbiamo, noi cristiani, far riferimento, possiamo chiederci se la pena va sempre “applicata” o viene da sé dopo un vero pentimento. Chi ha vera coscienza del male fatto è sempre pronto a superare il dovuto in fatto di pena: ricordiamo il figliol prodigo pronto ai più umili servizi nel podere del padre. E invece di fronte a questo convinto ritorno, paradossalmente, il padre si trova a dover convincere il figlio a non farsi più male, a non aggiungere male a male, sofferenza a sofferenza. Basta soffrire dice il padre, andiamo a far festa! Un ruolo di “controllo” alla rovescia fare in modo che non ci si punisca troppo! Guardiamo a Gesù; nella sua vita terrena, di fronte a chi gli porta innanzi un peccatore (l'adultera), la sua prima preoccupazione è per i peccati degli accompagnatori. Le ultime parole di Gesù in croce sono parole di perdono (per il male compiuto senza coscienza da chi aveva gridato crucifiggi!) e di accoglienza e di amore per chi si riconobbe peccatore (il ladrone in croce). Ancora una volta, più che le prescrizioni, le pene, torna alla nostra evidenza il primato della coscienza, quel sacrario, come è definita dalla 4 Gaudium et Spes , dove ciascuno di noi entra da solo, ma alla cui porta può APPROFONDIMENTI forse essere accompagnato, con discrezione e amorevolezza, dai fratelli. Priorità che impariamo dallo stesso Shantidas che afferma: è nonviolento 5 chi mira alla coscienza . Chi si riconosce peccatore fa uso della coscienza. E, d'altra parte solo questa esperienza ci può fare accorgere del fatto che la coscienza dell'uomo si può assopire, ci può far comprendere l'altro che sbaglia, può attivare situazioni creative per far aumentare la consapevolezza reciproca. Ecco molto semplicemente la linea che da Gesù porta a Gandhi e che Shantidas ha ripreso in alcuni passaggi fondamentali dei sui discorsi sulla responsabilità. Qui comincia il cammino Abbiamo fin qui cercato di rileggere il tema della corresponsabilità evidenziando quello che a nostro avviso resta il gioiello della regola di Lanza del Vasto, ossia la sua visione del peccato come di una realtà profondamente interconnessa nelle nostre vite. Una realtà comune che non può suddividersi in parti individuali di cui ciascuno è singolarmente responsabile, ma che chiama comunque tutti ad iniziare a fare qualcosa, qualunque sia il posto occupato nella rappresentazione che ciascuno si è fatto della situazione in cui il male si è concretizzato. Abbiamo successivamente evidenziato alcuni passaggi dell'antica formulazione del voto e del commento fatto da Shantidas che contraddicono in parte le sue stesse più feconde intuizioni, raccolte peraltro nella continuità del pensiero e della spiritualità di Gandhi. Questi passaggi possono essere riassunti nella convinzione che si possano riparare direttamente gli errori degli altri - nella convinzione, un po' semplificante, che per ogni colpa esista una pena corrispondente e che questa pena possa essere misurata - nella sottolineatura della prospettiva pedagogico-sociale a danno di quella spirituale. Abbiamo inoltre ipotizzato che l'applicazione dei principi di nonviolenza e corresponsabilità (molto simili e interconessi) possano e debbano condurre a schemi e prassi differenti a seconda che si realizzino in contesti macro o micro. Che cioè la presa di coscienza di errori, conflitti, 4 «Nell'intimo della coscienza l'uomo scopre una legge che non è lui a darsi, ma alla quale invece deve obbedire. Questa voce, che lo chiama sempre ad amare, a fare il bene e a fuggire il male, al momento opportuno risuona nell'intimità del cuore: fa questo, evita quest'altro. L'uomo ha in realtà una legge scritta da Dio dentro al cuore; obbedire è la dignità stessa dell'uomo, e secondo questa egli sarà giudicato. La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell'uomo, dove egli è solo con Dio, la cui voce risuona nell'intimità […]» GS,16 5 Lanza del Vasto, Che cos'è la nonviolenza, Jaca Book, Milano, 1978, p. 20 APPROFONDIMENTI 31 disarmonie, peccati all'interno di piccoli gruppi e di relazioni di prossimità possano avvenire e possano essere ipotizzate creativamente secondo tempi e modalità diverse da quelle della presa di coscienza di un'ingiustizia sociale che coinvolge grandi gruppi umani. E abbiamo per ultimo contestualizzato il contesto pre-conciliare in cui il cattolico Lanza del Vasto ha scritto il testo dei Sette Voti. Nelle nuove costituzioni approvate dal Capitolo del 2005 il tema della responsabilità non è ripreso nei termini in cui lo ha proposto Shantidas, ma in riferimento ai propri atti: “La coerenza è legata alla responsabilità: saper accettare il peso della parola data, dell'atto impegnato, è essenziale. In una società in cui le persone riescono sempre meno a accettare le proprie responsabilità, l'Arca ci invita a riconoscere la responsabilità dei nostri atti, ad assumere le nostre scelte con tutti i buoni risultati e tutti gli errori che ne derivano.” Inoltre: “Riferendosi alle ricerche e sperimentazioni passate e presenti nel campo della psicologia e sociologia, i membri della Comunità dell'Arca sono invitati ad acquisire una formazione per quanto riguarda la comunicazione, la mediazione, la gestione dei conflitti, e ad esercitarsi a mettere in pratica questi metodi nella propria vita quotidiana. È previsto che alcuni membri possano diventare dei formatori.” È certamente importante aver posto l'accento su questo aspetto della responsabilità che riporta l'attenzione al dovere che ciascuno di noi ha nel calcolare le conseguenze di ogni atto. Chi ad esempio provoca dolore anche nei rapporti di prossimità (come potrebbe essere una sofferenza psicologica provocata a un collega o al proprio partner) immette una dose di male nel mondo intero. Ecco che la parola data pubblicamente, che nella nostra comunità è impegno, promessa o voto, ci aiuta ad esercitare la volontà e l'intelligenza che non devono mai trincerarsi dietro frasi del tipo «io non avrei mai voluto, non lo potevo 6 prevedere ». Così come essenziale è l'invito ad acquisire competenze psicologiche e comunicative. Tuttavia il testo delle costituzioni del 2005 mi pare abbia trascurato ( e forse non è un caso) il tema della coresponsabilità, termine che non mi pare appaia neanche una volta in tutto il documento approvato al Capitolo del 2005. [Spirito di Comunità] Consapevoli di quanto la conversione personale sia favorita e potenziata da relazioni comunitarie, dalla condivisione delle proprie esperienze e dall'ascolto di quelle altrui, cerchiamo di vivere l'insegnamento non come un'ideologia, ma come un lavoro spirituale in cui la dimensione interiore si completa con quella relazionale, nella ricerca dell'unità nella verità, nel pieno rispetto delle diversità. [Azione nonviolenta] Per aderire alla nonviolenza ci impegniamo inoltre, come questa richiede, ad entrare in un cammino spirituale che leghi la conversione personale a quella delle strutture pubbliche, sociali e politiche. Il che oggi per noi significa anche: [….] cercare di risolvere i conflitti sforzandoci sempre di capire le ragioni di tutti, lavorando per favorire l'accordo delle parti e praticando il perdono e la riconciliazione, al fine di ristabilire relazioni pacifiche e sane con noi stessi e con gli altri. Questi punti della Carta Italiana appaiono più in linea con la riflessione complessiva svolta fino ad ora, tuttavia sarebbe auspicabile aprire un confronto su come applichiamo oggi nel concreto queste importanti intuizioni sulla corresponsabilità in un contesto oltre che di comunità, di “fraternità”, e di gruppo nazionale. Allo stesso tempo si potrebbe ricercare in altri contesti di vita comunitaria e associativa esterni all'Arca modalità, riflessioni e prassi in cui gli stessi temi e principi hanno trovato una concreta applicazione. Nella nostra carta italiana queste tematiche sono richiamate nei seguenti punti: 6 Sulla “intelligenza della responsabilità” rimando ad un interessante articolo di Rosella De Leonibus apparso sulla rivista «Rocca» n. 11 del 1 giugno 2009 dal titolo Per una ecologia della relazione di coppia 32 APPROFONDIMENTI APPROFONDIMENTI 33 APPUNTI PER LA PRATICA DELLO YOGA Guido Farella proseguiamo la pubblicazione del contributo di Guido sullo yoga NIYAMA Mentre le regole Yama sono di applicazione universale, Niyama prescrive le regole di condotta che si rife-riscono alla disciplina individuale. Le cinque niyama elencate da Patanjali sono: saucha (purezza); santosa (il contentarsi); tapas (fervore o austerità); svadhyaya (studio dell'Io); isvara pranidhana (consacrazione al Signore). Saucha La purezza del corpo è essenziale per il benessere. Mentre buone abitudini, come il bagnarsi, purificano il corpo esteriormente, asana e pranayama lo puliscono interiormente. La pratica delle asana tonifica il corpo e toglie le tossine e le impurità causate dall'eccessivo rilassamento. Pranayama pulisce i polmoni, ossigena il sangue e purifica i nervi. Invero, più importante della purificazione fisica del corpo è la purificazione della mente dai suoi turbamenti, come l'odio, la passione, l'ira, la bramosia, la cupidigia, l'illusione e l'orgoglio. Ancora più importante è purificare l'intelletto dai pensieri impuri. Le impurità della mente vengono lavate dalle acque dell'adorazione, quelle dell'intelletto - o della ragione - sono bruciate dal fuoco di svadhyaya (studio dell'Io). Questa pulizia interiore dona splendore e gioia, porta benevolenza e bandisce il dolore mentale, lo scoraggiamento, la tristezza e la disperazione. Quando si è caritatevoli, si vedono negli altri le virtù oltre agli errori. Il rispetto che si mostra per le virtù di un altro, rende questi rispettoso di se stesso e lo aiuta a combattere i propri dolori e le proprie difficoltà. Una mente lucida è facilmente riconoscibile. La concentrazione porta alla padronanza dei sensi e ci rende pronti ad entrare nel tempio del nostro corpo per vedere il proprio vero Io nello specchio della propria anima. Oltre alla purezza del corpo, del pensiero e della parola, è anche necessario un nutrimento semplice. A prescindere dalla pulizia nel preparare il cibo, è anche necessario osservare la purezza dei mezzi con i quali esso viene procurato. Il cibo dovrebbe essere mangiato con la sensazione che con ogni boccone si possa guadagnare energia per servire il Signore; così il cibo si purifica. Essere o meno vegetariani è una questione puramente personale, poichè ogni individuo è influenzato dalla tradizione e dai costumi del paese in cui è nato e cresciuto. Ma, nel corso del tempo, per ottenere acutezza mentale ed evoluzione spirituale, colui che pratica lo Yoga deve adottare una dieta vegetariana. Il cibo dovrebbe essere consumato per mantenere la salute, la forza, l'energia e la vita. Dovrebbe essere semplice, nutriente, appetibile e sufficiente. Sono da evitare cibi insipidi, acidi, amari, salati, acri, bruciati, raffermi, pesanti e 34 APPROFONDIMENTI sporchi. Il nostro carattere viene formato dal genere di cibo consumato e da come lo mangiamo. Gli uomini sono le sole creature che mangiano quando non hanno fame e che generalmente vivono per mangiare anzichè mangiare per vivere. Se mangiamo per dare gusto alla lingua, facciamo indigestione e soffriamo di disturbi digestivi che mettono in cattive condizioni il nostro organismo. Lo yogi crede nell'armonia, perciò mangia soltanto per il suo sostentamento; non mangia troppo nè troppo poco, considera il corpo come il rifugio della sua anima e lo protegge contro gli eccessi. Oltre al cibo, anche il luogo è importante per le pratiche spirituali. È difficile praticare lo Yoga lontano da casa, in una foresta, in una città affollata o dove c'è rumore. Si dovrebbe scegliere un posto dove sia facile procurarsi il cibo, un luogo libero da insetti, protetto dagli elementi e con piacevoli dintorni. Le rive di un lago o di un fiume o di una spiaggia sono l'ideale. Questi luoghi calmi sono difficili da trovare ai giorni nostri; ma per gli esercizi può bastare un angolo adatto di una stanza da tenere pulita, ariosa e asciutta. Santosa Nello yoga è necessario sviluppare la virtù dell'esser pago o santosa. Esistono differenze tra gli uomini dovute alle razze, al credo, alla ricchezza e al sapere; tali differenze creano disaccordo, dal quale sorgono conflitti consapevoli o inconsapevoli che ci turbano e ci imbarazzano. Di conseguenza, la mente non può essere lucida, ed è privata dalla sua pace. Se una mente non è felice non può concentrarsi. La felicità e la tranquillità sono uno stato d'animo. Vi sono felicità e tranquillità quando la fiamma dello spirito non vacilla nel vento del desiderio. Un uomo completo è felice poichè ha conosciuto l'amore del Signore ed ha fatto il suo dovere; è felice perchè ha conosciuto la verità e la gioia. Lo yogi non sente la mancanza delle cose, ed è quindi naturalmente felice; la felicità gli dona una beatitudine insuperata. Il praticante non cerca la pace vuota della morte, ma la pace di colui la cui ragione è fermamente convinta di dimorare in Dio. Tapas Tapas deriva dalla radice tap che significa divampare, bruciare, splendere, soffrire per un dolore o consumare col fuoco. In tutti questi casi, indica lo sforzo ardente per raggiungere nella vita uno scopo definito. Implica la purificazione, l'autodisciplina e l'austerità. Tutta la scienza della formazione del carattere può essere considerata come una pratica di tapas. Tapas è lo sforzo consapevole che si compie per ottenere l'unione finale col Divino e per bruciare tutti i desideri profani che si incontrano lungo il cammino verso questa meta. Uno scopo degno rende la vita illuminata, pura e divina. Senza tale proposito, l'azione e la preghiera non hanno valore. La vita senza tapas è come un cuore senza amore; senza tapas, l'anima non può raggiungere il Signore. Tapas può essere di tre tipi: può riferirsi al corpo, al discorso o alla mente. La moderazione (brahmacharya) e la non-violenza (ahimsà) sono tapas del corpo. Il non usare parole offensive, recitare la APPROFONDIMENTI 35 gloria di Dio, far conoscere la verità senza pensare alle conseguenze e il non dire male degli altri sono tapas del parlare. Sviluppare un modo di pensare che renda l'individuo tranquillo ed equilibrato tanto nella gioia che nel dolore e che gli mantenga il controllo di se stesso è tapas del pensiero. È tapas anche il lavorare senza motivi egoistici o attese di ricompensa, con l'inamovibile credo che nemmeno uno stelo d'erba si possa muovere senza il volere di Dio. Con tapas lo yogi sviluppa la forza del corpo, della mente e del carattere; acquista coraggio e saggezza, integrità, onestà e semplicità. Svadhyaya Sva significa il proprio essere, adhyaya studio o educazione. L'educazione è tutto quel che c'è di meglio in un essere umano; svadhyaya, quindi, è l'educazione dell'io. Secondo Vinoba Bhave, svadhyaya è lo studio di un soggetto che costituisce la base o la radice sulla quale si basano tutti gli altri soggetti o azioni, non essendoci altro sul quale esso, a sua volta, si basi. Svadhyaya non è come l'istruzione, che si acquista seguendo una lezione in cui l'insegnante fa mostra del proprio sapere all'ignoranza del pubblico. Quando ci si riunisce per meditare svadhyaya, chi parla e chi ascolta sono della stessa opinione ed hanno amore e rispetto reciproco; non fanno sermoni, ma piuttosto un cuore parla all'altro. I pensieri nobili che nascono da svadhyaya entrano, per così dire, nel sangue e diventano in tal modo parte dell'anima e dell'essere. Colui che pratica svadhyaya legge il proprio libro della vita nello stesso 36 tempo in cui lo scrive, e lo corregge. C'è un cambiamento nel suo modo di vedere la vita: comincia a capire che tutta la creazione è destinata all'adorazione piuttosto che al godimento, che tutta la creazione è divina, che la divinità è in lui e che l'energia che lo muove è la stessa che muove l'universo. L'ignoranza non ha un principio, ma ha una fine; il sapere ha un inizio ma non ha una fine. Con svadhyaya il praticante capisce la natura della propria anima e ottiene la comunione col divino. Per rendere la vita sana, felice e tranquilla è essenziale meditare sulla letteratura sacra in un posto puro. Tale studio dei libri sacri permetterà all'aspirante di concentrarsi e di risolvere, quando sorgono, i difficili problemi della vita; porrà fine all'ignoranza e donerà sapere. I libri sacri devono essere letti da tutti, poichè non sono destinati soltanto ai credenti di una particolare fede. Come le api assaporano il nettare di fiori diversi, così il praticante coglie in altre fedi insegnamenti che gli permettono di apprezzare meglio la propria. La filologia non è una lingua ma la scienza delle lingue, il cui studio permette allo studioso di conoscere meglio la propria. Similmente, lo Yoga non è in sè una religione, ma è la scienza delle religioni, il cui studio permette al praticante di apprezzare meglio la propria fede. Isvara Pranidhana Isvara Pranidhana è la consacrazione al Signore delle proprie azioni e della propria volontà. Le azioni riflettono la personalità dell'uomo meglio delle sue parole. Colui che ha fede in Dio non dispera, ma confida nell'ispirazione APPROFONDIMENTI divina. Lo yogi ha imparato l'arte di dedicare tutte le proprie azioni a Dio, cosicchè esse riflettano la divinità presente in Lui. Una forza del carattere solo di natura fisica è come una droga; t'insuperbisce di orgoglio e ti ubriaca di potere. Mentre colui che sa che tutta la creazione appartiene al Signore, non si abbasserà per seguire fini egoistici, la sua fronte si chinerà soltanto in adorazione. E quando le acque dell'adorazione scorrono attraverso le turbine della mente, nascono potenza mentale e illuminazione spirituale. L'abitudine ai piaceri distrugge sia il potere che la gloria. Dalla soddisfazione dei sensi, quale quella che segue al piacere, nascono l'attaccamento e la bramosia di ripeterlo. E se i sensi non vengono più soddisfatti nasce il dolore. Essi vanno dominati col sapere e con l'astinenza. Più difficile è controllare la mente. Una mente piena di desideri non si infiamma nè splende, e non genera né calore nè luce quando è raggiunta dal fuoco del sapere. In una mente tesa soltanto al soddisfacimento personale esiste il pericolo di essere trascinata al di là degli oggetti del suo desiderio. Tentare di praticare la devozione senza liberare la mente dai desideri è come accendere un fuoco con legna bagnata: fa soltanto moltissimo fumo e fa lacrimare gli occhi della persona che lo accende e di coloro che sono intorno ad esso. Dopo che si sono esaurite le proprie risorse e non si è ancora riusciti nei propri intenti, si chiede aiuto al Signore, poichè Lui è la fonte di tutti i poteri. È questo il momento in cui in essa nasce la devozione; la mente, l'intelletto e la volontà vengono offerti al Signore e il praticante prega in questo modo: io non so cosa sia bene per me, sia fatta perciò la tua volontà. Una volta liberata dal desiderio del piacere personale, la mente, dovrebbe essere del tutto assorta nel pensiero del Signore. Il nome del Signore è come il sole che disperde l'oscurità. La luna è piena quando è di fronte al sole, e lo spirito individuale intuisce la perfezione quando si trova di fronte a Dio. Ma se l'ombra della terra viene a trovarsi tra la luna piena e il sole si ha un'eclisse; se la sensazione dell'Io e del Mio proietta la sua ombra sull'intuizione della perfezione divina, tutti gli sforzi per conquistare la pace sono vani. Alcuni pregano per veder soddisfatti o compiuti i propri desideri, ma nella devozione - o vero amore - non vi è posto per Io e Mio; quando la sensazione dell'Io e del Mio scompare, l'anima individuale ha raggiunto il pieno sviluppo. APPROFONDIMENTI 37 ARCA IN ITALIA SAN GIOVANNI BATTISTA 2009 38 La parola che si abbina in maniera più adeguata alla parola Festa è senza dubbio Memoria. Vale per le feste religiose, per quelle civili e politiche, il ricordo di eventi particolari, nascita, morte, sacramenti. La Memoria è il ricordo, ma anche la relazione la presenza di Dio - con questi eventi straordinari, cioè fuori dall'ordinario quotidiano. Nell'Arca la Festa più importante è quella di san Giovanni Battista perché questo santo è il protettore della Comunità. È un santo strano: non è cristiano come lo intendiamo noi, ma un precursore, “colui che prepara la strada”. Il 24 giugno si celebra la sua nascita e non la morte come per gli altri santi. È il giorno più lungo dell'anno e di conseguenza la notte più corta: ha ispirato miti, leggende, favole, culti pagani. Il rito dell'Arca per questa occasione è certamente più mistico , fatto di condivisione e rinnovo degli impegni per l'anno a venire. Semplice, ma profondo. Anche l'Arca vuole essere un apripista di nuove strade per la Giustizia e la Pace, per la risoluzione dei conflitti, per la conversione e per fare unità di vita. Progetto ambizioso che si scontra con una realtà fatta, a volte, di dolorosi compromessi, limiti umani, ma anche con le circostanze della vita, spesso faticose e difficili. Quest'anno la comunità di Casciago ha preparato una cena letteraria su Lanza del Vasto. In cosa consiste? Una cena semplice, ma gustosa e piacevole con la lettura di testi del nostro fondatore tra una pietanza e la successiva. In seguito la tradizionale veglia. Alla cena hanno partecipato una trentina di persone, molte delle quali sentivano per la prima volta parlare di Lanza del Vasto. A tavola, durante il pasto, il dialogo era indirizzato inevitabilmente sulla nonviolenza, sull'Arca e su Lanza stesso. È sempre positivo e bello scoprire quanto potenziale si nasconde in ognuno di noi, quanta storia dolorosa , ma anche di gioia e lotta siamo portatori. Anche le suore del vicino convento erano particolarmente colpite da questa figura semisconosciuta e nei loro interventi finali si è notato il desiderio di conoscere la sua opera che si inserisce in un filone ascetico e filosofico di un certo spessore e si coniuga con una proposta nonviolenta reale e concreta. Naturalmente Lanza del Vasto non ha l'esclusiva di questo pensiero, ma ne è come un risultato, figlio di numerose forme e strutture di pensiero. La nonviolenza “è antica come le montagne” e, aggiungo io, un futuro come il mare. Conciliazione degli opposti e immensità vitale. La veglia successiva, anche se eravamo in pochi, è stata un dono dello Spirito, oserei dire come sempre. Si è instaurata fin da subito un clima fraterno dove poter condividere le nostre gioie, le nostre pene, i nostri sogni. Cominciata con il richiamo, inframmezzata da canti e dalla condivisione fraterna è terminata con la preghiera e il rinnovo dei nostri impegni. Certamente deve far meditare il fatto di essere pochi, ma, personalmente, non sarei preoccupato più di tanto. Certo, è bello ritrovarsi numerosi come quando una famiglia è al completo. Quando manca qualcuno si sente sempre una certa tristezza, ma è questo mondo con la sua fatica e le circostanze famigliari ad impedire un incontro numeroso e l'abbassamento dell'entusiasmo, della vivacità e creatività del nostro stare insieme. I legami spirituali vanno ben oltre questi limiti, dovremmo invece preoccuparci se non c'è questa relazione ad unirci. Per questo dico di non essere particolarmente preoccupato. È stata la prima san Giovanni senza la presenza viva di Alberta, a cui tutti siamo sempre legati da un vincolo di amore fraterno. L'abbiamo sentita viva tra di noi, una presenza leggera, quasi un soffio e con lei anche Shantidas e tutti coloro che ci hanno preceduto in questa storia ed esperienza. È comune anche il desiderio di ricomporre i numerosi conflitti in cui siamo immersi perché questi frenano il cammino verso l'unità di vita, verso quella conoscenza, possesso e dono di sé a cui tutti aspiriamo. Voglia lo Spirito Santo invocato all'inizio continuare a vegliare su di noi e guidare i nostri passi verso la nonviolenza. Con questo sentimento di fraternità e di gioia derivata dalla bellezza dello stare insieme siamo ritornati nel nostro quotidiano per continuare la resistenza spirituale a cui siamo chiamati. Dino Dazzani FRATERNITA' DI CASCIAGO Ad un anno di distanza dall'ultima S. Giovanni per prima cosa devo dire che sento molto forte il vuoto che Alberta ha lasciato tra noi. Prima, malgrado la malattia, anche negli ultimi lunghi mesi non era mai mancato con lei uno scambio sull'Arca, la sua realtà, le nostre difficoltà e il suo divenire. Forse per questo colgo ancor più intensamente le nostre fragilità e le nostre difficoltà nell'incontrarci e nel condividere, molto dovuto alla distanza geografica, ma molto dovuto anche credo alla fatica del mettere insieme le energie rimaste e farle fruttificare. Abbiamo quindi continuato a cercare di far vivere l'Arca nella realtà in cui viviamo cercando di condividere il fatto che molti dei valori di cui oggi in particolare si sente la mancanza di esperienza vissuta sono propri dello stile di vita dell'Arca. ARCA IN ITALIA 39 Nel corso dell'anno ci sono stati momenti di incontro con diversi gruppi al centro dei quali è stata posta la condivisione come stile di vita nel modo di relazionarci. Due momenti importanti sono stati quelli legati a due incontri su temi che ci sono molto cari come l'ambiente e le risorse della nostra terra: uno sul tema dell'acqua e le prospettive di privatizzazione, l'altro sul nucleare e sulle risorse energetiche.. I relatori, due figure apparentemente contrapposte, uno il nostro nuovo parroco don Norberto che ha trattato i due temi “acqua “ e “luce” nella storia della Bibbia, l'altro un caro amico Mario Agostinelli che è stato segretario regionale della CGIL e poi consigliere indipendente per Rifondazione Comunista in regione Lombardia. Tutti, circa 20/30 persone siamo rimasti affascinati dalla sintonia tra loro (non concordata) nel trattare u due argomenti con aspetti un po' poetici, molto radicati sulla importanza vitale che acqua e luce hanno nella nostra vita con molta precisione rispetto ai dati e all'analisi fatte che ci hanno aiutato ad approfondire la consapevolezza di quanto si stia correndo verso un processo irreversibile di distruzione delle condizioni di vita umana sulla terra. Ma il momento più forte per noi come “Arca “ è stato vissuto alla S. Giovanni. Quest'anno abbiamo deciso di iniziare la serata di veglia con una “Cena Letteraria” su Lanza del Vasto alla quale abbiamo invitato un grande giro di amici e conoscenti che non conoscevano per niente Lanza del Vasto. Le “Cene Letterarie” sono 40 un'esperienza che da qualche anno facciamo come Associazione “Mondo di Comunità e Famiglia”, si sceglie una figura o un tema: i Promessi Sposi, don Lorenzo Milani, S. Francesco, Edith Stein….. e durante un pranzo o una cena preparata con cura con diverse portate, tra una portata e l'altra si leggono brani o testi del personaggio scelto o per es. per S. Francesco e S. Angela Merici (patrona della congregazione che ci ha dato la Casa in comodato) si proietta una parte iconografica. Per Lanza del Vasto abbiamo proposto uno stile semplice, cucina vegetariana e stile semplice per le varie portate, centri tavola stile piccoli mandala costruiti con la sabbia dove al centro una piccola candela faceva da punto d'incontro per i quattro semiarchi della croce dell'Arca. Ma la cosa che ha toccato molto tutti sono stati i testi, testi a noi ben noti ma che hanno toccato molto coloro che li hanno ascoltati. Preparati da Dino Dazzani e tagliati per necessità di stare nei tempi, hanno suscitato in molti il desiderio di conoscere meglio Shantidas. Abbiamo terminato facendo ascoltare un Alleluia cantato da Shantidas e Chanterelle. In pochi, in 7 abbiamo vegliato una parte della notte e rinnovato il nostro impegno. Alcuni assenti per serie ragioni di salute, altri per la fatica dei vari impegni, altri…. Le previsioni per il futuro non mi sembrano molto rosee, il campo previsto per il mese di Agosto molto probabilmente non si terrà dato che ARCA IN ITALIA al momento abbiamo solo 1 iscritto e arriviamo alla fine di luglio. Certo tutto questo ci interroga, a partire dal come dopo la fine del Capitolo Generale non siamo riusciti a sfruttare questa occasione per dare nuovo slancio per fare navigare questa Arca. Forse troppo ripiegati su noi stessi e i nostri diversi modi di sentire, forse non abbiamo sufficientemente valorizzato il senso delle conclusioni del Capitolo stesso. Credo, se vogliamo sopravvivere diventi sempre più urgente trovare nuove modalità per rispondere alle esigenze del momento. Per il prossimo anno continueremo sicuramente gli incontri con don Norberto e con Mario sui temi legati all'ambiente, il tema dell'immigrazione e dei diritti sociali sicuramente saranno argomenti che potranno aggiungersi e poi vedremo, malgrado le nostre fragilità cosa riusciremo a fare per mantenere un filo con la cena letteraria. FRATERNITÀ DELLE TRE FINESTRE Attività svolte nel 2008-2009 Il prezioso lavoro di collegamento internazionale svolto da Laura Lanza ci stimola e un po' ci costringe ogni anno a fare il punto sulla nostra vita di fraternità siciliana. Ben venga questo sprone che ci dà l'opportunità di rivedere a ritroso un anno di vita di impegni, di attività svolte e che si erano quasi dimenticate, di altre che dovevano svolgersi e che altri impegni personali e di gruppo ci portano a rimettere in calendario per il prossimo anno. Lavori nella Casa e nel campo Partiamo allora dalla scorsa estate caratterizzata dalla conclusione dei lavori di pavimentazione, imbiancatura pareti e impianto elettrico della sala comune. Questi lavori sono stati eseguiti in buona misura da Tito e si sono conclusi alla vigilia del campo estivo di agosto 2008. Durante quest'anno non abbiamo svolto particolari lavori al complesso della casa, dove restano da ristrutturare il vecchio palmento che potrebbe essere riutilizzato come cucina e refettorio comune per l'inverno, la vecchia piccola stalla che dovrebbe fungere da magazzino e la piccola chiesetta dove con varie attività di auto-finanziamento si è per il momento rifatto solamente il tetto. Questi lavori consentirebbero un completamento indispensabile per dare al complesso migliore possibilità di accoglienza delle varie attività, anche nel periodo invernale e maggiori spazi a supporto delle attività agricole. Per queste ultime sarebbe anche necessaria la realizzazione di una grande ARCA IN ITALIA 41 cisterna di raccolta dell'acqua piovana sia per gli usi della casa sia per usi irrigui (orto, frutteto ecc.).La casa, infatti, non è raggiunta dalla rete dell'acquedotto cittadino. Nella campagna, sempre con l'apporto instancabile di Tito (che di mattina lavora a Catania nell'ambito della formazione professionale), l'uliveto di nuovo impianto (circa 130 alberi) procede bene e ha già dato i suoi primi frutti. Per la prima volta si è realizzato un orto d'inverno, curato da Nella, compatibilmente ai suoi impegni con la piccola Maddalena. Quest'ultima inizierà quest'anno la scuola materna e quest'evento forse consentirà a Nella di rifare una seconda esperienza nel prossimo anno. Per il resto la normale manutenzione prende il resto del tempo: eliminazione di sterpaglie per prevenire gli incendi, ripristino dei muretti in pietra lavica, produzione di legna per la caldaia della casa, eliminazione delle ginestre che negli trent'anni di abbandono precedenti il nostro arrivo avevano preso il dominio assoluto dei campi. Campo sullo Yoga Questo campo, che si e' svolto dal 22 al 28 agosto 2008, con la partecipazione di più di 30 persone, aveva per tema principale l'introduzione allo Yoga ed è stato organizzato assieme al centro di Cultura Rishi di Palermo fondato dal Maestro Aruna Nath Giri . I partecipanti provenivano dal circuito dell'Arca, del MIR, del gruppo “Famiglie in Cammino” di Palermo (di cui fanno parte Enzo e Maria) e in parte dai Centri Yoga di Palermo e di 42 Milano Il Campo è stato condotto dal Maestro Aruna Nath Giri, e si proponeva di presentare e sperimentare, la disciplina Yoga, pratica spirituale attraverso cui sperimentare il “lavoro su di sé”, fondamento dell'insegnamento di Lanza del Vasto. Il Maestro Aruna, argentino, iniziato allo Yoga in India, da più di trent'anni dedica la sua vita all'insegnamento dello Yoga fondando e animando diversi centri in Italia (tre a Palermo e uno a Milano) e in Argentina. Questa prima introduzione ha dato ai partecipanti gli elementi per un lavoro personale o di gruppo. Ad essa potranno seguire altri momenti seminariali più avanzati. Durante la settimana, molto intensa, si sono svolte numerose sessioni di pratica Yoga; canto; attività per la preparazione di una festa comune; lavoro per conduzione della casa e la preparazione dei pasti; approfondimento di temi dell'insegnamento dell'Arca. Il campo è stato una bella occasione di crescita e uno stimolo per andare avanti nel nostro progetto e nel nostro cammino spirituale. In questo campo la partecipazione di giovani è stata più cospicua che in passato. L'idea di far incontrare persone che vanno in una direzione comune con storie e sensibilità diverse è stata apprezzata da tutti i partecipanti. La casa delle fraternità delle Tre Finestre nasce con questo preciso intento e resta aperta per altre analoghe esperienze. Collaborazione con il “Punto Pace” di Pax Christi di Catania ARCA IN ITALIA La Fraternità ha preso parte al convegno nazionale e alla marcia per la pace svoltasi il 31 dicembre 2008 a Palermo, dando anche qualche aiuto logistico in loco, dal momento che in questa città non esiste un “Punto Pace” di Pax Christi che invece esiste a Catania. Con questo gruppo di Catania permangono dei rapporti di fraterna collaborazione in alcuni momenti dell'anno. Nel 2008 si è organizzato insieme un convegno sulla base NATO di Sigonella, mentre quest'anno la nostra Fraternità, con il contributo di Enzo e Laura ha curato il 21 marzo una veglia di riflessione e di preghiera sul tema “Povertà e Violenza” nell'ambito degli incontri che il Punto Pace organizza mensilmente a Catania presso la Parrocchia Santi Pietro e Paolo Rete Orti di Pace Il 14 Marzo 2008 Enzo e Maria hanno partecipato al convegno svoltosi a Cesena e organizzato dall'Istituto Nazionale di Economia Agraria (INEA) e dall'Ecoistituto di Cesena dal titolo “Verso una rete di Orti di Pace” [sottotitolo “Orti nelle Scuole, nei conventi, nelle Carceri, nelle città…]. Si è trattato di un evento nazionale che ha fatto incontrare svariate realtà che utilizzano l'orto in chiave pedagogica, terapeutica, sociale. In questa occasione alla quale Enzo partecipava come operatore dei servizi di salute mentale, si è instaurato un proficuo rapporto con Marinella Tomarchio, docente di pedagogia all'Università di Catania. Molto motivata a costituire una rete che lavori su questi temi in Sicilia. Dopo l'incontro di Cesena ci si è visti varie volte anche a Belpasso. Si tratta di una relazione molto importante poiché questa professoressa segue i giovani dottorandi della sua Facoltà e per questo tramite potremo far conoscere la nostra esperienza ad una fascia di età più giovane di quella che frequenta i nostri incontri. Inoltre la stessa iniziativa ci ha messo in contatto con il Centro di Ricerche per le Tecnologie Appropriate di Cesena dei fratelli Zavelloni che da tanti anni sono impegnati nel settore dell'agricoltura, della pedagogia , dell'uso di mezzi semplici e naturali nel lavoro agricolo. Da tempo Tito voleva mettersi in contatto con loro e questa opportunità ci si è offerta quasi per caso. Il 23 e 24 luglio si svolgerà alle Tre Finestre il primo incontro di formazione e di costituzione della rete siciliana, con Daniele Zavelloni e Marinella Tomarchio. L'iniziativa ha avuto un buon riscontro di interesse visto che gli iscritti sono più di 30. San Giovanni 2009 Il 21 di giugno abbiamo festeggiato la San Giovanni. Come di consueto l'incontro si è svolto con un incontro di riflessione e di condivisione nel pomeriggio del sabato, seguito dalla preghiera attorno al fuoco, dalla cena conviviale e dalle danze. In occasione di questa San Giovanni, sulla scia di un lavoro iniziato all'incontro nazionale, abbiamo deciso di riprendere i temi principali dell'insegnamento di Shantidas ripercorrendo la storia della loro attualizzazione, comprese le ARCA IN ITALIA 43 criticità, per arrivare a ciò che è stato ripreso nelle nuove costituzioni e nel capitolo del 2005 e soprattutto a ciò che interroga oggi le nostre coscienze, la nostra vita di gruppo, a come nel nostro quotidiano personale e nella nostra vita di fraternità intendiamo mettere in pratica l'insegnamento dell'Arca. La riflessione della San Giovanni è stata dedicata al tema della corresponsabilità con una introduzione di Enzo cui ha fatto seguito una breve riflessione biblica curata da Frédéric Vermorel. Frédéric La Fraternità prosegue il rapporto di amicizia con il monaco Frédéric Vermorel, di origini francesi, che vive in un eremo della Diocesi di LocriGerace in Calabria . Anche quest'amicizia che dura ormai da più di quattro anni è stato un dono inatteso. Frédéric lo abbiamo conosciuto quando nel 2005 abbiamo fatto visita al Vescovo Giancarlo Bregantini allora alla guida di un territorio martoriato dalla violenza mafiosa ('ndrangheta). La croce dell'Arca che avevamo al collo ci ha fati riconoscere subito fratelli, figli di uno stesso padre spirituale. Subito abbiamo capito che la sua conoscenza teologica e filosofica e, nello specifico, dei testi di Lanza del Vasto era di molto superiore alla nostra; in passato aveva tradotto il Commento ai Vangeli e letto più volte tutte le sue opere. Da allora ci siamo scambiati varie visite. Ha partecipato a tutte le San Giovanni alle Tre in questi quattro anni. Ha quasi ultimato la traduzione in Italiano de La Trinitè Spiritulle 44 pubblicata a puntate su “Arca Notizie”. L'ultima volta ci siamo lasciati con l'idea di una San Giovanni 2010 presso il suo Eremo di Sant'Ilarione sa Caulonia in Calabria. Gruppo di Meditazione Zen Domenica 3 maggio ci siamo incontrati alle Tre Finestre con il Sangha (gruppo di meditazione zen) di Catania . La giornata è stata scandita da tre pratiche di meditazione : quella seduta guidata, quella camminata e quella seduta silenziosa guidate da Maurizio D'Agostino. I partecipanti più di una ventina e provenienti da tutta la Sicilia hanno condiviso in "Nobile Silenzio"(pratica di consapevolezza) il pranzo vegetariano e hanno assistito ad un filmato in cui Thich Nhat Hanh ( il monaco vietnamita che vive al Plum Village in Francia e che è l'ispiratore di questa pratica della meditazione consapevole) illustrava alcuni aspetti della meditazione. La giornata molto stimolante e arricchente, si è conclusa con una condivisione dell'incontro. Attività in programmazione per la seconda metà del 2009 relazionali. In particolare questo laboratorio può fornire utili stumenti di lavoro a quanti operano nel settore educativo: insegnanti, educatori, psicologi, operatori sociali ecc. Ri-esecuzione dal vivo e registrazione danze dell'Arca Tito e Liliana hanno in programma, in collaborazione con alcuni musicisti, di rieseguire alcune delle musiche per le danze dell'arca, al fine di ricostruire un CD con il repertorio delle principali danze della tradizione dell'Arca. Campo 2009 Il campo in programma nel periodo 28 agosto 2009 avrà per tema “Entrate nel cerchio e dateci la mano. L'insegnamento dell'Arca nel nostro tempo. Il Campo, si propone di presentare l'insegnamento nell'Arca, la sua fondazione, la sua evoluzione, il suo essere proposta per il nostro tempo . Lavoro su di sé, semplificazione di vita, lavoro manuale, nonviolenza, canto, danza, yoga, punti cardine della proposta dell'Arca saranno sperimentati in una settimana di, convivialità, lavoro, riflessione comune. Associazione Non abbiamo ancora provveduto alla costituzione dell'Associazione. Durante l'ultimo incontro nazionale si era proposto al gruppo siciliano di costituire una associazione avente come valori di fondo quelli della “Carta dell'Arca Italiana”. Questa associazione potrebbe essere registrata presso il registro regionale del volontariato della Sicilia anche se ad essa potrebbero iscriversi i compagni e gli amici delle altre regioni. Tale strumento potrebbe rispondere, nelle more della costituzione di una associazione nazionale, sia alle esigenze di formalizzazione delle attività del gruppo siciliano (assicurazioni, possibilità di ottenere finanziamenti per attività, ecc.), sia a quelle di avere una prima entità giuridica di riferimento nazionale per attività a livello internazionale (p.es. adesione a cartelli tipo decennio ONU per la nonviolenza). Speriamo di potere procedere a questo adempimento prima del prossimo incontro nazionale che secondo la turnazione Nord-Sud, dovrebbe svolgersi quest'anno alle Tre Finestre. Teatro dell'Oppresso Il recente incontro con Preziosa, giovane calabrese trapiantata a Palermo, attrice e operatrice di Teatro dell'Oppresso ci ha portato ad ospitare nei giorni 24-26 luglio uno stage di introduzione a questa specifica tecnica teatrale. Il TdO si rivolge a chiunque voglia approfondire la consapevolezza di sé e delle proprie capacità ARCA IN ITALIA ARCA IN ITALIA 45 ENTRATE NEL CERCHIO E DATECI LA MANO L'invito al campo dell'Arca di agosto sull'Etna “… entra nel cerchio!” richiama la preghiera della sera ma anche il cerchio della danza e del gioco. L'intento e' arduo declinare il patrimonio di esperienza e riflessioni dell'Arca con le parole e le esperienze delle persone presenti, nella vita quotidiana della grande casa di “Tre finestre”. Quest'anno non c'e' il richiamo del maestro di yoga e anche la diffusione della proposta non e' andata come ci si era aspettati: siamo in pochi, ma che godono del piacere di incontrarsi. Il secondo giorno arriva un clan scout piemontese di passaggio; stanno cosi' bene con noi che cambiano i loro programmi e restano fino alla festa di fine campo. Il campo si snoda tra riflessioni ed esperienze su purificazione, meditazione, semplificazione di vita, preghiera, conflitto e ricerca dell'unita' e dell'unanimita'. Il lavoro, sempre festoso, ci ha portato alla potatura degli ulivi, alla preparazione del sapone alla lavanda, in cucina e nella battaglia (cruenta!) contro i rovi infestanti. Le giornate sono state aperte dallo yoga e dalla preghiera al sole e chiuse, dopo la preghiera intorno al fuoco, da momenti di festa e danza nel salone: ricordo con particolare emozione la lettura scenica di profili di donne siciliane fatta da Loredana, accompagnata dalla chitarra. L'incontro con un maestro di meditazione zen ci fa scoprire che il “rappel” e' parte della vita dei monasteri buddisti. Nuovi amici del Belpasso hanno arricchito con la loro presenza e le loro storie la vita del campo: senza Pino chi ci avrebbe accompagnato al Grande Salice con la sua aura di mistero e di sacro, occasione di epiche scalate per i piu' temerari ! Renata Longo INCONTRO ANNUALE DELL’ARCA IATLIANA 2009 A Tre Finestre Belpasso (CT) Dal 5 all’8 dicembre Dalla riflessione su conoscenza, possesso e dono di se' allo spirito di comunita' L'incontro annuale come occasione per ripercorrere insieme i punti della carta italiana dell'Arca: lo scorso anno Federic Vermorel ci ha accompagnato in una riflessione su conoscenza, possesso e dono di se', quest'anno avremo con noi Jean Baptiste Libouban a cui abbiamo chiesto di accompagnarci nell'approfondimento della parte della carta dedicato allo spirito di comunita'. Non e' facile per un gruppo fortemente disperso nel paese e formato da persone tra loro profondamente diverse coltivare lo spirito di comunita': il tema ci accompagnera' nell'anno, dopo questo incontro le fraternita' ed i singoli impegnati troveranno modi e tempi per continuare il lavoro personale e comunitario. La fraternita' di Tre finestre ci aspetta anche per condividere la raccolta delle olive, lavoro gioioso ma anche importante e impegnativo per la quantita' di ulivi presenti nella tenuta, che durante il campo estivo sono stati amorevolmente accuditi dai partecipanti. Per tutti quindi sara' un'occasione di partecipazione concreta alla vita e al lavoro delle famiglia Cacciola e Santifilippo, ricordando che cio' che non saremo capaci di fare insieme rimarra' da completare alle famiglie sicule: le olive non posso aspettare per diventare il buon olio delle “3 finestre”! I ritmi dello yoga, della preghiera, del rappel, ed i momenti della condivisione e della festa completeranno la vita comune che si volgera' nella splendida cornice delle pendici dell'Etna e della casa di “Tre finestre” che diventa ad ogni incontro piu' bella e accogliente. Per maggiori dettagli e per segnalare la propria partecipazione: Enzo Sanfilippo 3386808484, Tito Cacciola 0957911202. CAMMINO DI RICONCILIAZIONE Guarigione interiore nelle relazioni con se stessi, con gli altri e con Dio da domenica 27 dicembre (sera) a giovedì 31 dicembre (a mezzogiorno) 2009 Presso “CONDOMINIO SOLIDALE GIUSEPPE RIGANTI” via Angela Dell'Acqua 24 Casciago (VA) 46 ARCA IN ITALIA ARCA IN ITALIA 47 Per informazioni: Anna Agostini tel. 0332 461555 349 1250125 Giampiero Zendali tel 347 9814021 e-mail: [email protected] 48 BREVE RESOCONTO DEL CONSIGLIO INTERNAZIONALE FRIEDENSHOF , GERMANIA 30 luglio/1 agosto 2009 Pierre-Ami Beguin (delegato per la francofonia) ARCA NEL MONDO Patrizia e Giampiero Zendali con Anna Agostini, partendo dalla loro esperienza personale che li ha portati ad un incontro profondo con Joseph Pyronnet, compagno dell'Arca di Lanza Del Vasto per 16 anni, sposato, padre, nonno, bisnonno e oggi dopo essere rimasto vedovo, prete della diocesi di Voiron in Francia, col quale hanno iniziato il lavoro su di sé, seguendo un cammino evangelico formativo con la sua supervisione propongono una lettura dei testi biblici che tocca profondamente la nostra esperienza di vita, in tutte le dimensioni del nostro essere e ci invita a rileggere il nostro passato come una storia santa, scoprendo il legame tra le violenze collettive e le nostre violenze personali nella relazione con l'altro e intraprendere così un cammino di una possibile guarigione interiore. L'esperienza consiste in primo luogo in un cammino spirituale radicato nella parola di Dio, ma anche in un percorso di evoluzione personale partendo dai dati elementari delle scienze umane, che non prevede l'esercizio di un carisma di guarigione particolare. Si propone un cammino di riconciliazione e di una possibile guarigione come nuova consapevolezza della mia relazione con me stesso, con gli altri e con Dio. Per questo è necessario partecipare alla sessione in tutto il suo svolgersi, con la disponibilità a coinvolgersi personalmente con gli altri nel lavoro di condivisione in gruppo. Si tratta di entrare progressivamente attraverso le mie povertà e le mie stesse fragilità nella consapevolezza della mia vocazione personale fondamentale, e per chi crede, nella mia identità profonda di figlio/figlia di Dio chiamato alla libertà in una vita di pienezza. Non essendo un percorso di tipo terapeutico, è sconsigliata la partecipazione a persone con problematiche di carattere patologico, per le quali è necessario un accompagnamento specialistico. Il numero dei partecipanti è limitato a 12 per facilitare l'espressione di ciascuno e permettere a coloro che lo desiderano, un accompagnamento individuale.Il corso inizierà alle ore 19 di Domenica 27 dicembre. Il contributo spese per il periodo di permanenza comprensivo di pranzi e pernottamento è di Euro160, di cui Euro 30 andranno versati quale quota d'iscrizione, sul conto corrente postale n. 14079214, intestato a Patrizia Brambilla, Via Angela Dell'Acqua, 24 21020 Casciago (Va) Per questo Consiglio siamo stati calorosamente accolti alla casa comunitaria Friedenshof, vicino Hannover in Germania. Nella stessa settimana, dal 28/7 al 2/8, si svolgeva a un centinaio di metri un campo di amici e membri impegnati dell'Arca tedesca - circa 35 partecipanti. Con loro abbiamo pregato al mattino e alla sera e abbiamo condiviso i pasti e gli incontri o attività serali. Il nostro Consiglio era formato da: Michèle Leboeuf (Responsabile generale), Maria Rebuelta e Michel Ferré (nuova delegata per la Spagna insieme a Michel Ferré), Gertrudis Krieger (delegata per la Germania), Laura Lanza (delegata per l'Italia), Bernard Dangeard (delegato per la Francia e da poco incaricato Responsabile per l'Arca francofona da parte di Michèle), Pierre-Ami Béguin (secondo delegato per la francofonia, incaricato anche di aiutare per le traduzioni con i nostri ospiti tedeschi). Brevi notizie dei paesi e dei gruppi Svizzera: la comunità di Chambrelien è divenuta comunità dell'Arca, riconosciuta dal Consiglio, nel marzo 2009. E' costituita da 12 persone impegnate di cui 6 abitano vicino a Neuchatel. Tre coppie con bambini adulti, più una coppia in formazione. Si occupano di biologico e di accoglienza di casi sociali oltre che di un asilo. Sono una trentina tra amici e impegnati Spagna: Al momento 10 sono le persone impegnate tra la Longuera, Madrid e Valenza, ma molti sono gli amici che anche senza aver fatto l'impegno partecipano agli incontri e hanno molto peso nelle decisioni. Hanno diritto di voto come gli altri. Sono stati fatti due incontri di formazione molto partecipati: 1) meditazione, vita interiore, yoga, silenzio, lavoro su testi di Lanza. - 2) la bellezza nell'Arca e la comunicazione nonviolenta (3 gg con Brigitte Mesdag). 49 E' stata creata un'associazione (6, 7 membri), piccola, senza potere ma utile come riferimento. Da qualche anno è stato istituito un fondo solidale, nel quale ognuno dà quello che può. Ogni anno il denaro viene poi raccolto dopo aver anche lanciato un progetto specifico. Quest'anno è stato devoluto a Gandhi 2008. Alla fine di luglio Campo alla Longuera (100 persone di cui 60 ragazzi e giovani adulti, e 40 adulti) sempre molto partecipato e interessante. Molti ateliers: psicologia, espressioni artistiche, teatro, spiritualità, filosofia e ateismo…. Terza settimana di agosto: Università d'estate aperta a tutti: 1 settimana di lavoro intensivo su un tema (quest'anno riguardava il riciclaggio di abiti, la costruzione con metodi nuovi e ecocompatibili) Progetto del gruppo di Asturias: organizzare case di amici dell'Arca disposte ad accogliere per alcuni giorni persone dell'Arca di passaggio; questo per ampliare e migliorare le relazioni sia in Spagna che in Europa. Si richiede che ogni paese comunichi agli altri gli indirizzi dei propri membri impegnati e amici. Inizio luglio: incontro itinerante dell'Arca sul cammino di Santiago. Viene pubblicato un bollettino, “Noticias del'Arca”, che esce 4 volte all'anno. Germania : 12 sono gli impegnati e 40 circa gli amici dell'Arca in Germania in questo momento. Vicino ad Hannover c'è una casa comunitaria, la Friedenshof (fattoria di pace), dove abitano al momento 9 50 persone. Questa casa è il punto di riferimento per gli incontri durante l'anno, sia quelli di formazione che l'incontro annuale di tre giorni nel quale viene presentata l'Arca a chi vuole conoscerla, si fanno laboratori attorno ad un tema centrale, musica, danza e l'ultima sera si rinnova l'impegno. Molti lavorano fuori casa, nell'insegnamento, nell'ambito medico o nel biologico, ma la casa ha un ritmo quotidiano e annuale secondo la tradizione dell'Arca. Inoltre vi vengono proposti seminari o incontri sulla conoscenza delle erbe, danze di pace, meditazione e comunicazione non violenta, arte terapia. Nelle regioni di Stuttgart e Kassell gruppi di amici si ritrovano regolarmente da molti anni. A partire dal Rinnovamento vi è stato un nuovo slancio per cercare di comprendere come vivere l'Arca nel quotidiano cittadino e per relazionarsi con l'Arca in generale. Molti sono da sempre impegnati in azioni o in gruppi non-violenti a difesa della pace , la giustizia e di tutto il creato e partecipano ad azioni sul territorio. Viene pubblicata tre volte all'anno la rivista Arche Forum. L'Arca francofona : comprende sei regioni: Belgio, Svizzera e 4 in Francia (Est, Sud-ovest, Sudmediterranée, Rhone-Alpes). Vi sono 4 case comunitarie (La Borie Noble,la Fleyssière,Saint Antoine e Chambrelien in Svizzera) e due fraternità nel sud-est. Nella riunione del Consiglio francese del marzo 2009 Michèle, Responsabile Generale dell'Arca, ha ARCA NEL MONDO conferito a Bernard Dangeard la delega di responsabile dell'Arca francofona. Il suo compito di Segretario del Consiglio Fr. è passato ad Anna Massina. La commissione formazione ha terminato il suo mandato e per ora è stato deciso che vi sia un'unico referente, Chantal Loichemol, che sarà ora membro del Consiglio francofono. L'incontro annuale si è svolto alla fine maggio 2009 a Saint. Antoine con la presenza di circa 150 persone, impegnati ed amici. Il tema : “La gioia: un dovere della nonviolenza” Sono stati accolti cinque nuovi membri impegnati e tredici postulanti . Progetto La Fève: lanciato da Saint Antoine . Formazione di giovani al tema della vita comunitaria e alla interculturalità; valido come esperienza di studio. La Canva (Coordinazione dell'Azione Nonviolenta dell'Arca) , ha organizzato un incontro alla Fleyssière all'inizio di luglio su “Resistere e innovare in tempo di Crisi”. Continuano inoltre le manifestazioni e gli impegni contro il nucleare e gli OGM. I processi sono ancora in corso ma l'accusa alla Canva di essere “un'associazione di delinquenti” si è conclusa con un non luogo a procedere. L'associazione Jeunesse et Non Violence, dal 2005 ha iniziato a creare partenariati internazionali per lo sviluppo di una rete di organizzazioni giovanili che lavorino per l'educazione alla risoluzione dei conflitti mediante la nonviolenza. Oggi questa rete si continua a sviluppare e abbiamo partners in Europa, nei paesi del mediterraneo, in America latina e in Africa. Lo scopo: la formazione dei giovani alla nonviolenza mediante l'organizzazione di varie attività: campi di giovani, cantieri, scambi internazionali, stages di formazione, seminari, accoglienza e invio di giovani nel servizio volontario europeo, festivals, interventi nelle scuole ecc… L'associazione è stata riconosciuta membro della coordinazione della Décennie per una cultura di Pace e Nonviolenza. L'Arca partecipa sempre all'organizzazione Church and Peace con una delegata :Brigitte Mesdag. Una piccola équipe, della quale fanno parte due membri impegnati (Robert e Cristiane Raymond) sta sperimentando un progetto comunitario in Bretagna: il progetto Guerveur che si ricollega alla 'fraternité de l'Epiphanie', non fa parte attualmente della Comunità dell'Arca ma ne viene seguita con amicizia e interesse l'evoluzione e Bernard Dangeard mantiene rapporti vivi con essa. Gandhi International : Dopo il successo dell'incontro “Gandhi 2008” in India l'anno scorso, l'associazione, divenuta ora “Gandhi International”, propone l'organizzazione di una “manifestazione quindicennale mondiale per una cultura della nonviolenza, contro la misera e l'esclusione”, dal 2 al 17 ottobre 2012. collegata a “la giornata internazionale della nonviolenza”, il 2 ottobre, e “la giornata internazionale del rifiuto della miseria” ,instaurata dall' O.N.U, il ARCA NEL MONDO 51 17 ottobre. Louis Campana , che ha lanciato il progetto Gandhi 2008, ha ricevuto il premio Bajaj, conferito in India ai movimenti nonviolenti esterni all'India che fanno conoscere l'opera e gli insegnamenti di Gandhi. Lo stesso premio venne conferito a Pierre Parodi nel 1987. L'Arca Francese pubblica quattro volte l'anno il bollettino “Les Nouvelles de l'Arche”. L'Italia: L'Arca italiana è formata da due Regioni (R. Sud e R. Nord) e caratterizzata dalla presenza, in ognuna di queste, di una fraternità. 22 sono i membri impegnati e conta un certo numero di amici. I collegamenti e gli incontri si svolgono normalmente a livello di Regione a causa delle distanze e della dispersione del gruppo su tutto il territorio. Una struttura giuridica (associazione)stenta ad essere formalizzata anche se se ne percepisce l'utilità a livello di riconoscimento esterno e di copertura delle attività (per es. campi). Un riconoscimento a livello regionale prenderà corpo a breve in Sicilia, a cui potranno poi aderire i membri anche del resto d'Italia. Sia a sud che al nord si sono organizzati incontri sui temi che interessano l'Arca (acqua, ambiente, nucleare, energia alternativa) cercando di collaborare con gruppi locali che si muovono nella stessa direzione (es. pax christi) La famiglia Zendali continua a proporre un paio di volte all'anno, presso la fraternità di Casciago, ma anche in Sicilia, sessioni di guarigione interiore, secondo 52 l'insegnamento di Jo Pyronnet. La fraternità 'Le Tre Finestre' ha stabilito un collegamento con la “Rete di Orti di Pace”che si occupa di impiantare orti a fini educativi e terapeutici in scuole, conventi, prigioni, all'interno delle città….ed è stato da loro organizzato a Belpasso un incontro di formazione nel luglio scorso. Sempre a Belpasso si sono svolte giornate di meditazione Zen, secondo l'insegnamento del monaco vietnamita Thich Nhat Hanh (gruppo Sangha), e anche un seminario per conoscere la tecnica di approfondimento della presa di coscienza di sè del Teatro dell'oppresso. Nel mese di agosto 2008 si è svolto un campo nazionale a Belpasso su “Introduzione alla conoscenza e la pratica dello Yoga”, molto partecipato, e nel mese di agosto 2009 è stato proposto sia a nord che a sud, un campo sull'insegnamento dell'Arca e la sua attualità nei nostri giorni. Il bollettino Arca Notizie esce tre volte l'anno. Argentina: Comunità urbana “Casa del'Arca” a Buenos Aires. 4 membri impegnati che lavorano all'esterno, fanno accoglienza e molto lavoro nel sociale (teatro, burattini ecc). Qui vive Monica, la delegata per l'America Latina al Consiglio Salva tablas : progetto di teatro nelle prigioni a Buenos Aires, collegato alle Madri di Plaza de Mayo. Quest'anno in provincia di Santa Fè, FUNDAPAZ, una ONG che si occupa di fare azioni per mantenere le tradizioni agricole e artigianali in ARCA NEL MONDO campagna, propone un partenariato. Qualcuno da Buenos Aires andrebbe a vivere sul posto (1 coppia e 2 ragazzi). A Tilcara : Roger, Susanna e i loro figli fanno da anni un lavoro molto ricco di educazione musicale, musico-terapia, pittura, teatro, canto, introduzione alla nonviolenza. Molte azioni nonviolente contro le miniere a cielo aperto di metalli e uranio nelle Ande. A Jujuy : rete di amici dell'Arca collegati alla presenza di Dionnel e Teresa. Brasile: Esther e Maurillo, che vivono a Sao Paulo ma hanno anche una fattoria a 80 km dalla città, animano un piccolo gruppo dell'Arca. Maurillo è animatore sociale e lavora il cuoio, Esther insegna lingue. Fra il 12 e il 17 febbraio 2010 organizzeranno un campo . Richiesta al Consiglio Int. di aiuto finanziario per permettere alla figlia di Monica (Casa del'Arca, Argentina) di parteciparvi come animatrice e facente veci di delegata Am. Latina.. Equatore : Martha Bonillia, a Rio Bamba. Lavora e partecipa a programmi educativi. Fa accoglienza e invita ad andare da lei in cambio di piccolo apporto finanziario. Capitolo Generale 2012 : Iniziamo a parlare del Capitolo General 2012. Vorremmo proporlo come momento di grazia, di incontro e di relazioni. Mentre nel 2005, per il Rinnovamento, fu necessario concentrarsi sui testi delle nuove costituzioni, nel 2012 abbiamo più tempo per studiare i temi da scegliere e proporre. Si propone di lanciare nei gruppi e nelle regioni un appello per proposte e idee dopo un bilancio . Nel 2012 il mandato del Responsabile Generale sarà terminato, Michèle non intende ripresentarsi; andrà pensata una elezione aperta che interpelli la base, e limitata alla fine a due o tre candidati. Si chiede all'Italia la disponibilità ad accogliere l'incontro del Consiglio nel 2010 (Belpasso). LA FEVE NOTIZIE DALLA COMUNITÀ DI SAINT ANTOINE FRANCIA (maggio 2009) Cari amici, negli ultimi anni abbiamo dovuto mettere quasi tutte le nostre energie nei lavori per la messa a norma della nostra Casa dedita all'Accoglienza, per la nostra sopravvivenza. Ora, siamo felici di presentarvi il nostro nuovo progetto, la FEVE, FORMAZIONE E SPERIMENTAZIONE DEL VIVERE INSIEME. Progetto nato dal desiderio di partecipare maggiormente alla creazione di un nuovo modello di società, più giusta e più fraterna. Speriamo vi piaccia come piace a noi ! Non esitate ad inviarci commenti; noi vi terremo informati di come procede. La Comunità dell'Arca di Saint Antoine lancia il progetto La Feve (la Fava) ARCA NEL MONDO 53 Formazione e Sperimentazione del Vivere Insieme Perché questo progetto ? Il tempo di crisi nel quale vive attualmente la nostra società rivela un bisogno reale di cambiamento. Il modello sociale degli ultimi decenni, fondato sull'individualismo, la competizione e la ricerca del successo economico, non è ormai più perseguibile. A livello umano, ha portato alla rottura dei legami sociali tradizionali, senza sostituirli con altri. La maggior parte degli uomini e delle donne della nostra società vivono in grande solitudine. A livello economico, ha normalizzato un sistema nel quale il profitto economico giustifica tutto, anche le ingiustizie. Inoltre, è troppo caro : sempre meno persone possono farci fronte. A livello ecologico, ci sta conducendo alla distruzione del pianeta. lavoro , un nuovo modo di guadagnarci da vivere, un nuovo modo di vivere, un nuovo modo di essere. Dobbiamo imparare nuovamente ad essere attori della nostra società assieme ad altri, e a non aspettare più che qualcuno decida per noi soluzioni per il nostro avvenire : questo avvenire dobbiamo crearlo con i nostri cuori e le nostre mani. E può essere molto bello. Ogni giorno nascono nuovi progetti che vanno in questa direzione. Se alcuni di questi vanno avanti, altri falliscono a causa spesso di conflitti mal gestiti. Ma vivere insieme, è una cosa che s'impara! E' necessario allora di tornare ad apprendere l'arte del “Vivere Insieme” : la relazione, la condivisione, l'agire insieme per il bene di tutti. Imparare nuovamente a scoprire la ricchezza di una vita semplice fondata sulla solidarietà umana e il rispetto della creazione. E imparare anche a porci in maniera nonviolenta di fronte all'ingiustizia. La nostra comunità dell'Arca di Saint Antoine sperimenta il “Vivere Insieme” con mezzi nonviolenti dal 1987. Fa parte della “Comunità dell'Arca, Nonviolenza e Spiritualità”, fondata da Lanza del Vasto, che fa esperienza di vita comunitaria da oltre 60 anni. Il che non significa certo che “sappiamo tutto” del “Vivere Insieme”, ma abbiamo esplorato ed esploriamo ancora, costantemente, il campo della relazione. Cerchiamo di costruire il “noi “a partire dall' “io” . Ci confrontiamo giorno dopo giorno alla ricerca di una vita coerente tra i nostri pensieri e le nostre azioni, tra i nostri valori, i nostri desideri più profondi e i nostri sogni e la vita quotidiana che conduciamo. La nostra epoca ci invita a costruire l'avvenire ponendo progetti alternativi diversi dalle proposte tradizionali. Bisogna reinventare il L'essere umano è un insieme, corpoanima-spirito, ed è partendo da questa unità che si costruisce la vita di relazione. 54 ARCA NEL MONDO Siamo convinti che è partendo dal “Vivere Insieme” che sono possibili altre alternative sociali. avanti insieme, ognuno nel suo ambito, e sostenersi in caso di difficoltà. Oggi ci pare necessario di mettere le nostre esperienze in comune con altri per metterle al servizio della nostra epoca. Viviamo la fine di un tempo e l'inizio di un tempo nuovo. E questo nuovo tempo è portatore di speranza : è il momento di agire per un cambiamento. In cosa consiste questo progetto Si tratta di un ciclo di formazione e di sperimentazione della Nonviolenza e del Vivere Insieme, con un percorso di uno, due o tre anni, secondo la scelta e l'obiettivo dei partecipanti. Consisterà in mezza giornata di formazione e mezza giornata di partecipazione al lavoro e alla vita comunitaria della comunità di Saint Antoine. Scopo del progetto : Questo progetto mira a dare un bagaglio solido di formazione alla Nonviolenza e di sperimentazione del Vivere Insieme a coloro che sono in ricerca, oppure coloro che si pongono dei problemi sul proprio avvenire, e/o che desiderano iniziare a partecipare a situazioni o dare vita a progetti che comportano una vita di gruppo. Vorrebbe anche creare, in collegamento con la comunità di Saint Antoine, una rete di sostegno e di condivisione di iniziative. Questo progetto sarà indipendente ma potrà collegarsi ad altri progetti, andare A chi si rivolge ? A giovani (celibi, coppie o giovani famiglie) che desiderano vivere in modo diverso, che sono alla ricerca di progetti alternativi, che hanno bisogna di mettersi al lavoro per costruire un avvenire coerente con i loro valori. Quando ? Il progetto avrà inizio nell'ottobre del 2010. ARCA NEL MONDO 55 QUALCHE APPUNTO E RIFLESSIONE SU : POVERTA' E SEMPLIFICAZIONE DI VITA SEMPLIFICAZIONE DI VITA a partire dalla mia esperienza personale Laura lanza 56 Non ho l'abitudine di parlare ed esporre concetti, mi scuserete quindi sia per il linguaggio poco sapiente che userò, sia per la pochezza di ciò che mi sforzerò di dire, e se in parte leggerò. Il tema della povertà penso sia abbastanza per tutti uno dei punti sui quali ci siamo soffermati fin da bambini. Anch'io da bambina e poi da adolescente mi chiedevo spesso cosa significassero le parole del Vangelo sulla povertà; non vedevo intorno a me poveri che fossero felici , né mi pareva fosse una condizione in alcun modo da ricercare. Di fatto confondevo, come spesso succede, la “povertà” con la “miseria”, la 'povertà ricercata per scelta' con quella subita per la violenza e l'ingiustizia della nostra società. Ebbi la fortuna di essere presente, nella mia adolescenza, ad incontri di Lanza sul Vangelo, e le parole presero allora concretezza e divennero pane da mangiare. Vi leggo solo due suoi brevi brani riguardanti appunto la povertà e la ricchezza presi dal suo libro “l'Arca aveva una vigna per Vela” : ….” E' chiaro però che la ricchezza sia un'ampollosità, un'anomalia, uno scomodo ingombro. E' di per se stessa una condizione immorale poiché non potremmo accumulare per noi tanti beni superflui senza privare il nostro prossimo del necessario. Ci pone nei confronti con il nostro prossimo in una posizione falsa e imbarazzante; ci impedisce di conoscere i loro bisogni e di comprendere le loro fatiche e i loro sforzi. Ci permette di evitare ogni sforzo e ogni lavoro, privandoci di tante occasioni per sviluppare i nostri talenti e mostrare il nostro valore. Ci circonda di adulatori interessati che c'inducono a farci di noi stessi un'immagine fallace, impedendoci di trovarci, riprenderci e correggerci. Ci induce a tutte le tentazioni. Ci toglie la nostra libertà perché rammollisce il nostro carattere, sostituisce le costrizioni della necessità con delle vanità e delle convenzioni assurde e tiranniche. A forza di proteggerci, la ricchezza ci addormenta e ci chiude. I paradisi artificiali di cui ci circonda ci tengono lontano dalle realtà di questo mondo e dell'altro. Ma vi è anche altro: accettare la ricchezza, significa tacitamente preferirla alla vita stessa degli altri, poiché se altri muoiono di privazioni, il ricco si deve barricare circondandosi di cancelli e muri che gli permettano di ignorarli volontariamente. Accettare la ricchezza, è anche accettare la violenza, poiché ogni ricchezza esige che, con la spada o con la legge, la si difenda.” …… e ancora, …”Ma la prima delle Beatitudini è : Beati i Poveri per lo Spirito (attenti alle traduzioni!) , il che ci insegna che nessuno può dirsi nonviolento o caritatevole con verità, se non si è prima volontariamente fatto povero. Chi è infatti “il povero per lo Spirito”? - E' il contrario del povero per disgrazia e contro il suo volere, colui che brama le ricchezze con acredine, che crede che queste lo appagherebbero (mentre il ricco che le possiede sa almeno che non è così). Il povero per lo spirito è colui al quale lo Spirito ha fatto comprendere che bisogna “prediligere la povertà al fine d'incamminarsi verso il distacco e la carità perfetta”; e che è anche necessario farlo per non falsare tutti i nostri rapporti con il nostro prossimo. …. Come chiamare carità, infatti, quella che ci vede gettare un soldo nel cappello del nostro prossimo, piegato sul lato della strada, mentre noi ci accingiamo a colmare ogni nostro possibile desiderio ? “ Cominciai ad approfondire i testi del Vangelo con l'aiuto dei libri di Shantidas ma anche con altre persone ed altri testi, cercando di capire come questo parlava alla Mia vita, cosa fare io, e come cercare piano piano di meglio comprendere, e corrispondervi almeno in parte. La vera Povertà che San Francesco chiama la sua Sposa, certo presuppone una vocazione e una Grazia che non mi pareva di avere. La mia famiglia, una volta abbastanza ricca, dopo la guerra non lo era più e io sono cresciuta in piene ristrettezze. Sapevo quindi cosa era una certa povertà, che in casa mia era vissuta certo con difficoltà ma anche con fantasia e humor, in apertura agli altri, in un contesto di artisti e di incontri ricchi di pensiero e poesia. A 19 anni lavoravo già, mio padre stava morendo. Erano gli anni del boom economico,della corsa ad “avere”, ad accumulare cose. Erano anche gli anni del ritorno alla terra, di gruppi comunitari, delle comuni rosse. L'esperienza di Lanza e della sua Comunità di famiglie, cominciata già anni prima, era unica nel suo genere, non era solo un 'ritorno alla terra'. Era ecumenismo, povertà in una ricerca di un'autonomia e autosufficienza economica, spiritualità, nonviolenza; una proposta affascinante. Mi chiesi se fosse la mia strada. Quando, negli incontri con gli 'Amici dell'Arca', qualcuno chiedeva a Shantidas “ma io abito in città, ho una famiglia, un lavoro, cosa posso cominciare a fare là dove sono e nella mia situazione?” Lanza gli diceva di cominciare a semplificare la propria vita, eliminando tutto quello che percepiva essere un sovrappiù , aiuti in casa, passatempi inutili, acquisti non indispensabili…dare del tempo al silenzio, la meditazione, l'esercizio, l'attenzione agli altri. Mi resi conto che il nostro cuore , la nostra SEMPLIFICAZIONE DI VITA 57 mente sono come la pasta del pane, necessitano un'attenzione costante, paziente perché il miracolo della lievitazione avvenga correttamente. Cercai di rendermi conto di me, di sperimentare nel mio quotidiano cosa muoveva le mie azioni e le mie scelte, constatare la mia reticenza a “dare”, il mio automatico e poco percepito “desiderio di possesso”, sia di cose che di persone, la presunzione di essere migliore di altri, e anche il rischio di un miraggio risolutivo di una vita cosiddetta “perfetta” all'interno di una delle comunità dell'Arca in Francia. Cercai in quegli anni di capire cosa voleva dire per ME “povertà, semplicità di vita”, in quale maniera Io volevo e potevo sperimentarmi su questo punto. A 27 anni partii con un gruppo di persone, con l'ultimo stipendio, alla ricerca di una vita possibile in semplicità e comunione, in una ricerca di conversione dei pensieri e dei sentimenti in una via di verità e nonviolenza. Scoprii allora che ci si illude molto sulle proprie ed altrui possibilità e desideri, ma malgrado i propri e gli altrui miraggi che ci spingono a buttarci nel vuoto, ci si trova poi in mare aperto, e lì nasce il vero lavoro su di sé, la vera esperienza della vita. Il nostro gruppo si è presto diviso per diversità di opinioni e principi. Ogni famiglia ha continuato un percorso proprio; mio marito (un artista pittore) ed io abitiamo da allora in un piccolo paese non lontano da Bologna, abbiamo 58 avuto 4 figli, una vita complicata e difficile, in cui la ristrettezza finanziaria e la semplicità di vita, non hanno cessato di accompagnarci, così come, devo dire, una silenziosa e benevola Provvidenza. Facendo il bilancio della mia vita ora, non so dare giudizi. Non so se fosse questa la mia strada, ma certo è stato il mio cammino per confrontarmi ogni giorno con la Vita, mantenere l'attenzione, scontrarmi con tanti limiti umani, crescere nella capacità di distacco e di abbandono. I miei figli ora sono grandi e hanno famiglia e in generale non si fanno mancare nulla di tutto ciò che secondo l'onda commerciale sembra loro indispensabile. Alcuni fra i nipoti sorridono della mia fermezza nel non comprare questa o quella cosa, della mia attenzione al riciclo, della scelta del biologico e di tante altre mie scelte. Ovviamente, ognuno dovrà fare la Sua strada e la Sua esperienza nella vita. Qualche anno fa, ho rivisto alcuni vecchi compagni italiani dell'Arca e ne ho conosciuti di nuovi. Ho realizzato che, sconosciuti o lontani, condividevamo da sempre lo stesso cammino, parlavamo la stessa lingua, eravamo fratelli nel cuore; così ho deciso di unirmi al loro gruppo sparso per l'Italia. Mi piace leggervi ciò che è stato scritto nelle nuove Costituzioni dell'Arca, approvate nel 2005, a proposito della semplicità di vita : scelta volontaria di limitare l'avere per permettere il libero sviluppo dell'essere. E' un' azione non-violenta di lotta contro lo spreco e l'accaparramento. Così come i membri dell'Arca non sono non-violenti ma tendono a diventarlo, così essi tendono a semplificare la propria vita. Questa semplificazione volontaria, cioè assunta e accettata, non è un obiettivo in sé, ma un mezzo, un mezzo essenziale per meglio vivere e meglio essere, per divenire più umani e più liberi, per meglio assumersi gli impegni presi. Per i membri dell'Arca la condivisione, la ricerca di solidarietà e di giustizia con i più poveri, dà senso alla loro scelta di semplificazione della vita. Essi vogliono rendere coerenti i loro comportamenti personali con i loro orientamenti sociali. Il rispetto della vita e dell'ambiente ha anch'esso un posto importante nel loro sforzo di semplificazione. Frutto della condivisione è la liberazione riguardo alla corsa ai beni materiali e superflui : ne consegue una maggior disponibilità che permette di dedicare più presenza, tempo e forze a relazioni e impegni più profondi. La ricerca di semplicità nei modi di vita va di pari passo con la ricerca della bellezza. La bellezza ha una dimensione di profondità. La bellezza placa, dà gioia, nutre e dinamizza la sensibilità. Non si riduce affatto all'estetica. “Che cos'è la verità delle forme (1)? Lo splendore del vero ? E' la bellezza … la verità è l'essere e essere è essere uno, unito e in accordo, e che il fuori esprima il dentro “ In questo la bellezza è una parola forte di un modo di essere e vivere nell'Arca.” La vita del mondo è molto cambiata dagli anni cinquanta, anche se gli uomini sono sempre gli stessi. Non si parlava allora di decrescita o di salvaguardia del creato ma di non lasciarsi ubriacare dall'orgoglio della conoscenza, dal possesso delle cose, dallo sfruttamento di tutto senza attenzione ne limiti, del pericolo del nucleare, di una nuova guerra. Gli argomenti sono altri ora ma sono anche sempre gli stessi e si rifanno ai principi e i rischi di sempre. Molti auguri a tutti voi Semplicità di vita. “ Bisogna vivere semplicemente perché altri possano semplicemente vivere .“ Gandhi La semplicità di vita nell'Arca è la SEMPLIFICAZIONE DI VITA SEMPLIFICAZIONE DI VITA 59