L’evoluzione che ogni pescatore in apnea subisce durante la sua carriera (da principiante a pseudo esperto) è chiaramente identificabile dalla sua attrezzatura, oltre che dal suo carniere. Infatti il nostro inizio è stato contraddistinto da un’attrezzatura nuova, utilizzata esattamente come indicatoci dal rivenditore o come abbiamo letto sul libretto delle istruzioni. Pescata dopo pescata, ci renderemo conto che determinate attrezzature richiedono una doverosa personalizzazione. Le attrezzature in commercio sono realizzate con lo scopo di essere adatte alla totalità dei subacquei, sono quindi studiate appositamente con caratteristiche idonee a mediare tute le possibili esigenze. Quando però le nostre esigenze si sono chiaramente palesate può essere opportuno assecondarle adattandovi l’attrezzatura. Prenderò di seguito in rassegna i vari componenti della nostra attrezzatura, cercando di identificare tutti quei piccoli accessori che possono contribuire a farla diventare a tutti gli effetti la “nostra” attrezzatura. La boa segnasub Tutti (o quasi) abbiamo cominciato con un modello sferico di dimensioni generose provvisto della bandierina regolamentare sulla sommità. La boa è inizialmente collegata al fucile con la sagola in dotazione: una treccia di nylon di colore giallo o arancio acceso. L’esigenza di trasportare un secondo fucile porterà poi alcuni praticanti alla sostituzione del modello sferico con una boa a siluro o con una plancetta; accanto all’indubbio vantaggio di poter trasportare agevolmente un secondo fucile questo tipo di boe risulteranno essere meno visibili (soprattutto con mare formato) e quindi richiederanno al pescatore una particolare attenzione al traffico nautico nella zona circostante. Per ovviare a questo inconveniente, alcune case dotano i propri modelli, di ridotta visibilità, di bandierine sovradimensionate, con stecche di sostegno particolarmente lunghe; almeno la bandierina, in questo modo, sarà visibile dai mezzi in navigazione. In ogni caso è possibile sostituire la stecca in dotazione alla propria boa con una di dimensioni maggiori (magari fissandola proprio a quella in dotazione) su cui apporre una bandierina anch’essa più generosa di quella di serie. Per questo tipo di modifica si prestano particolarmente le canaline per impianti elettrici esterni: si tratta di tubi in materiale polimerico (generalmente PVC di colore grigio) piuttosto resistenti e di differenti diametri. Qualora si preferisca fissare la “prolunga” alla stecca in dotazione è meglio scegliere stecche sottili per evitare che la stecca in dotazione si pieghi in quanto insufficiente a sostenere il carico complessivo di “prolunga e bandierina”. La bandierina maggiorata potrà essere comprata in un negozio di nautica scegliendola tra quelle idonee ad essere fissate su barche e gommoni (queste hanno infatti dimensioni di tutto rispetto) oppure realizzata in casa cucendo gli spezzoni di tessuto. Una soluzione che ho adottato recentemente sulla mia boa nella recente trasferta Greca è sicuramente interessante: prima di partire non ero riuscito a passare in un negozio specializzato in subacquea e non avevo quindi con me la bandierina internazionale (bandierina di segnalazione sub utilizzata in Grecia). Tale bandierina è metà bianca e metà azzurra e termina (nella porzione al bando) con un incavo a coda di rondine. Prima di partire il mio “collega” (per la verità sua moglie) si è recato in mesticheria ed ha comprato due fogli adesivi plastificati: uno bianco ed uno azzurro. All’arrivo in terra Greca è bastato sfilare la bandierina rossa a banda bianca ed incollare a libro sulla stecca della boa (in sequenza) uno spezzone del foglio bianco e, sopra a parte di questo, uno spezzone dell’azzurro. Un paio di sforbiciate per realizzare la coda di rondine e la bandiera internazionale era pronta. Tra l’altro la rigidità del materiale e la totale insensibilità all’acqua facevano che la bandiera stesse tesa ed aperta in qualsiasi condizione di vento e di mare. In ogni caso (plancetta, boa a siluro o sferica che sia) un atro elemento importante è la sagola di collegamento alla boa. Se la treccia fluorescente può essere utile quando sia legata al fucile nella pesca in tana, e ci tocchi lasciare il fucile sul fondo (pesce arroccato o asta incastrata) in quanto consente di individuare immediatamente l’antro entro il quale abbiamo lasciato gli attrezzi del mestiere, è assolutamente controindicata nel caso di pesca all’agguato e/o all’aspetto. Sappiamo infatti che i pesci percepiscono la nostra presenza grazie alla linea laterale che capta le vibrazioni e le onde di pressione che si trasmettono in acqua ed attraverso la vista. E’ chiaro che una treccia di 3-5 mm di diametro, di un bell’arancione acceso costituisce un biglietto da visita rapidamente recepito da tutti gi abitanti del tratto di mare in cui ci troviamo. In primo luogo quindi è opportuno sostituire gli ultimi 10 – 15 m della sagola con del monofilo di buon diametro (diciamo dal 140 in su). Per quanto riguarda la vista delle nostre prede saremo quindi tutelati, ma anche dal punto di vista delle vibrazioni emesse, una superficie di diametro esiguo e perfettamente liscia sarà indubbiamente più efficace della treccia di serie. Il monofilo presenta lo svantaggio di essere negativo (affonda) e quindi tenderà ad incastrarsi tra i sassi del fondale durante i nostri tragitti subacquei. Per ovviare a questo inconveniente c’è chi dispone dei piccoli galleggianti per reti (quelli arancioni o rossi a forma di ciambella) lungo il monofilo, distribuiti ad una distanza dettata dall’esperienza. Il monofilo è così mantenuto ad una certa distanza dal fondale e non incontra ostacoli durante il suo avanzamento. L’alternativa più diffusa (e probabilmente l’unica scelta adottabile nel caso si decida di pescare all’aspetto) è quella di pedagnare la boa in prossimità della zona di pesca. Bisogna innanzitutto ricordare che per mantenere ben ancorata una boa, anche con mare formato, basta una zavorra di peso contenuto (salvo plancette in vetroresina di grandi dimensioni). Quindi adottare un piombo da cintura come pedagno, oltre che essere controproducente perché sarà un carico ulteriore da portarsi appresso nei trasferimenti, sarà assolutamente eccessivo: senza dimenticare che ad ogni spostamento il piombo dovrà essere salpato… Per realizzare pedagni per le boe ho visto utilizzare di tutto: tubi di vario materiale più o meno riempiti di piombo (ad esempio con pallini di piombo e chiusi all’estremità con resine o silicone) saponette di piombo opportunamente sagomate, sassi forati e, dulcis in fundo, un vecchio blocca freno per motociclette. La caratteristica che accomuna tutti i pedagni citati è lo scarso spessore: il pedagno dovrà infatti essere trasportato tra la cintura dei piombi e la muta (sfruttando l’elasticità della prima per garantirne il bloccaggio). In questo modo, anche nella malaugurata ipotesi che una barca ci passi talmente vicino da impigliare la nostra sagola nel timone o nelle eliche, quando la sagola andrà in tensione (perché la barca allontanandosi porterà con se boa e sagola) il pedagno si sfilerà da sotto la cintura senza crearci problemi. Per realizzare una saponetta di piombo con estrema semplicità è necessario procurarsi un piccolo spezzone di un vecchio tubo da idraulica in piombo. Poiché tali materiali non sono più ammessi dalle recenti normative sull’edilizia, questi tubi costituiscono uno degli scarti più abbondanti durante la ristrutturazione di un appartamento. Rivolgendosi ad un idraulico o ad una impresa edile, questi soggetti saranno ben lieti di fornirci tubi a sufficienza per realizzare centinaia di pedagni. Il tubo, una volta pulito dai residui murari, dovrà essere appiattito (in morsa o con un mazzetta) fino a trasformarlo in un una lastrina allungata; questa, a seconda dello spessore desiderato, potrà essere ripiegata o meno (una o più volte) su se stessa fino ad ottenere una saponetta di circa 4–5 cm per 810 cm. Per fissarla alla sagola occorrerà praticarvi un foro oppure inglobare (durante i vari ripiegamenti su se stesso del tubo schiacciato) un occhiello (in inox, in plastica o in corda) in una delle estremità della saponetta. Poiché le superfici esterne della saponetta potrebbero non essere particolarmente lisce, si presenta il problema della possibile usura della muta in corrispondenza della zona in cui si inserisce la saponetta sotto la cintura. Io ho ovviato a questo inconveniente disponendo sopra alla saponetta una camera d’aria da bicicletta e fermandocela avvolgendovi sopra alcune spire di nastro adesivo. La camera d’aria da bicicletta presenta anche l’indubbio vantaggio di fare un notevole attrito con la superficie della muta garantendo il bloccaggio ottimale della saponetta tra cintura della zavorra muta. Ad inizio e fine pescata sarà necessario liberare e riavvolgere la sagola, per cui è consigliabile l’uso di un avvolgi sagola collegato alla boa per facilitare tali operazioni. Allo scopo, oltre a semplici rocchetti ed avvolgitori standard (quelli conformati sostanzialmente ad “H”), ho visto utilizzare diversi dispositivi: si trattava per lo più di mulinelli adattati allo scopo, collegati alla boa con interposizione di uno spezzone di fune elastica (con funzione ammortizzante). La soluzione più curiosa che ho avuto occasione di vedere riguardava una sorta di avvolgitore a molla: in pratica si trattava di un rocchetto chiuso dentro un carter, il rocchetto stesso era girevole entro il carter, asservito ad una molla torsionale che agevolava il riavvolgimento della sagola. L’oggetto di per se era fantastico: esisteva un mezzo di bloccaggio della sagola in ogni possibile configurazione del rocchetto (da pochi metri si sagola al bando fino a rocchetto completamente vuoto) ed era possibile riavvolgere la sagola in maniera sostanzialmente “automatica”. Di contro l’acciaio per molle non è sicuramente un materiale particolarmente marino e quindi dopo una stagione sarà sicuramente compromesso e corroso al punto da non essere più completamente funzionale. La boa potrà invece essere equipaggiata con fascette di velcro o moschettoni per facilitare l’aggancio del secondo fucile. Nonostante non facciano parte della boa segnasub, esistono altri possibili accessori che trovo utili e che in certi casi possono aiutarci molto per segnalare la nostra presenza. Il primo è un semplicissimo fischietto di quelli che si trovano collegati ai giubbetti salvagente delle imbarcazioni: questi fischietti presentano spesso una linguetta per essere portati incastrati sotto ad un lembo di tessuto. Io ne porto uno in cintura che non uso praticamente mai: capitano situazioni in cui però l’oggettino mostri tutte le sue qualità. Pescando su una secca con gommone al seguito, in presenza di forti correnti può capitare di riemergere a grande distanza dal mezzo di appoggio ed il barcaiolo (specie con mare formato o in controluce) faticherà non poco rintracciarci. In questo caso un segnale con il fischietto gelerà decisamente le operazioni di recupero. Il secondo accessorio lo usa alcune volte un mio abituale compagno di pesca e serve nelle stesse condizioni citate in precedenza. Si tratta di uno spezzone di gomma per arbalete (in pratica un copri punta) cui è fissato un nastro sgargiante (metallizzato è l’ideale) arrotolato a sua volta sullo spezzone di gomma stesso. Lo spezzone con il nastro avvolto si porta dentro ad una taschina richiudibile vincolata in cintura. In caso il barcaiolo stenti a rintracciarci basta inserire lo spezzone sulla punta del fucile come se fosse un copri punta e srotolare il nastro. Sventolando il fucile fuori dall’acqua il nastro rifletterà la luce attirando l’attenzione del barcaiolo. La muta Sulla muta ci sono poche cose da dire, vuoi perché è un accessorio completo che richiede notevole manualità per apportare eventuali modifiche, vuoi perché si tende sempre più di frequente ad utilizzare capi su misura che non hanno praticamente alcuna necessità di personalizzazione. L'unica modifica interessante può essere la realizzazione di un forellino in zona inguinale per permettere il defluire dell'urina. Il solo forellino (se ci si aiuta facendo aderire la muta alla pelle con le mani) può bastare per far fuoriuscire completamente l'urina ma ha lo svantaggio che può lasciare entrare piccole quantità di acqua di mare (che, in certi casi, è ghiacciata e quindi terribilmente fastidiosa): in particolare durante la capovolta il movimento può far aspirare acqua dal forellino con conseguente brivido che si distribuirà lungo il corpo. La soluzione migliore e maggiormente adottata dai pescatori in apnea vede in Piero “l'Orribile” Carrera (validissimo pescatore ligure ed assiduo frequentatore di internet, noto per le sue buffissime disavventure) il più grande divulgatore: si tratta del dispositivo universalmente noto come pisciarino. In pratica il subacqueo dovrà indossare un preservativo per incontinenti (uridon, si trovano nei sanitari e nelle farmacie) al cui beccuccio sarà collegato uno spezzone di tubo che dovrà essere fatto fuoriuscire dal forellino praticato nei pantaloni. In questo modo nemmeno una goccia di urina rimarrà entro la muta con il vantaggio di evitare una rapida dispersione di calore (l'urina aumenta lo spessore del velo liquido compreso tra muta e pelle e quindi riduce la coibenza termica) e di eliminare completamente i cattivi odori (dalla muta e dalla pelle). Alcune case produttrici di mute (si parla in questo caso unicamente di articoli su misura) forniscono, a richiesta, mute con il becco d'anatra (i francesi lo chiamano “pissette”) che in pratica svolge la medesima funzione del “pisciarino” senza dover ricorrere ad orpelli aggiunti (uridon, tubi ecc): chi utilizza questo metodo dice che, oltre all'indubbia comodità, comunque trafili un minimo di acqua ed a volte non si riesca a drenare completamente l'urina. Il fucile Anche in questo caso gli accessori che si possono adottare sono praticamente tutti disponibili in commercio: aste di diversa misura, foggia o caratteristiche strutturali; gomme più o meno performanti; sagole e/o monofili; mulinelli. Quindi la personalizzazione arriva in genere adottando attrezzature di serie e combinandole tra di loro: non sempre il fucile nella configurazione standard con cui esce dal negozio è in grado di soddisfarci a pieno. Il problema è che il fucile esce dalla fabbrica in condizioni di perfetto bilanciamento (con asta e gomme di serie), modificarne i componenti significa perdere questa caratteristica. Per ripristinare le condizioni iniziali si può ricorrere a placchette di piombo e strisce di sughero (o altro materiali galleggianti poco sensibili alla pressione idrostatica). Nel caso il fucile sia diventato troppo pesante in punta (scelta di un'asta di diametro più generoso o di lunghezza maggiore) sarà necessario disporre una striscia di sughero e fissarla sotto la testata con un adesivo; analogamente nel caso in cui il fucile sia positivo in punta occorrerà appesantirlo con una o più placchette di piombo. La condizione da ricercare è quella per cui il fucile, portato in acqua carico e tenuto dall'impugnatura in posizione di utilizzo, avrà la punta che discende lentamente verso il basso (questo in generale, poi le preferenze di ognuno possono portare all'adozione di assetti diversi). La scelta del fucile leggerissimamente negativo in punta aiuta a contrastare l'alzo tipico degli arbalete al momento dello sparo: il rinculo infatti si trasmette lungo una retta allineata all'asta e quindi posta al di sopra della mano di uno o due centimetri, rispetto al punto fermo (la mano) questa forza quindi genera un momento che tende a far sollevare la punta. Aumentare la massa della porzione di testa favorisce la riduzione di questo fastidioso fenomeno, specie nei fucili sottili e filanti che presentano una minima resistenza idrodinamica. Per i fucili pneumatici le modifiche necessarie per migliorare le prestazioni sono già state ampiamente trattate in esaustivi articoli di Emanuele Zara. Può forse essere utile segnalare l'adozione da parte di molti utilizzatori di guaine in gomma per rivestire il serbatoio che hanno il vantaggio di insonorizzare eventuali urti sulle rocce e di proteggere il serbatoio stesso. Tra l'altro adottando guaine galleggianti è anche possibile correggere l'assetto tipicamente negativo dei fucili pneumatici rendendoli meno pesanti. La cintura di zavorra La mia cintura è una semplicissima cintura tradizionale in cordura elastica e fibbia a leva. I piombi sono tutti del tipo idoneo ad autobloccarsi una volta tesa la cintura. Adotto sempre almeno un paio di kg del tipo a sgancio rapido al fine di poter correggere l'assetto durante la pescata a seconda della profondità delle zone via via visitate. Una scelta che apprezzo molto è stata quella di realizzare sul piombo più prossimo alla fibbia (quello che non smonto mai) un foro dall'alto verso il basso del diametro del porta pesci: in questo modo il piombo costituisce il fermo nel quale infilare la punta del porta pesci evitando di lasciare la punta dello stesso al bando. Molti colleghi portano in cintura (in via esclusiva o in abbinamento ad un cavetto tradizionale) anche uno spezzone di filo metallico plastificato (o filo di ferro o filo di rame). Questo, in caso di necessità può trasformarsi in un cavetto porta pesci eccezionale. L'unico problema da non trascurare è che i cavi metallici (in questo caso solo mono cavi e non trecce) tendono a snervarsi dopo pochi piegamenti successivi di una stessa parte con conseguente improvvisa rottura e possibile perdita del pesce. Altri accessori Esistono poi altri piccoli accessori (apparentemente superflui) dei quali però io non mi priverò mai più vista la grande comodità. In primo luogo il rinforzo sternale da portare sotto la muta per caricare l'arbalete quando gli elastici sono particolarmente cattivi. Innanzitutto bisogna ricordare che il neoprene spaccato (ma anche quello spalmato) scivola su qualsiasi superficie liscia: quindi è consigliabile evitare di mettere sotto la muta delle lastre di plastica che, pur assolvendo perfettamente allo scopo preposto di distribuire la pressione dovuta al calciolo di caricamento, possono contribuire a strappare la muta. Infatti il calciolo potrà spostarsi, anche di poco, trascinando con se la piccola porzione di muta con cui è in contatto: a questo punto la porzione interna spaccata comincerà a scivolare sulla lastra liscia e la muta, inevitabilmente, verrà lacerata. La scelta più diffusa è quella di un tappetino per il mouse da indossare sotto la muta tenendo la superficie più irregolare a contatto con la muta al fine di aumentarne il grip reciproco. In alternativa può andare altrettanto bene un vecchio calzare ripiegato su se stesso. Io ho realizzato una tasca cucendo assieme due spugne da cucina di quelle sottili e piatte ed ho messo nella tasca una lastra di plastica (disponendo un po' di colla sulle superfici della lastra). Ad incollaggio avvenuto ho chiuso (cucendo) la tasca nella porzione inferiore bloccandovi definitivamente dentro la lastra. Il risultato è un rinforzo su cui il neoprene aderisce senza scivolare e che consente di caricare anche il più tosto dei fucili. Un altro oggetto irrinunciabile per quando parto da terra è la doccetta da campeggio. Riempiendola di acqua bollente prima di uscire di casa e lasciandola in auto protetta e coibentata usando qualche cartone ed asciugamano, consente di uscire dall'acqua infreddoliti e potersi sciacquare con acqua dolce tiepida. Usando a dovere la saponata rimasta dalla vestizione, si può anche fare una doccia vera e propria ed arrivare a casa belli profumati. Tra l'altro se siamo in vacanza potremo approfittarne per dare una rapida sciacqua ai fucili in modo da non doverli nemmeno scaricare dall'auto, lasciandoli pronti per il giorno seguente. Sempre per quando si parte in auto è opportuno utilizzare una cassetta di plastica di buone dimensioni in modo da preservare il baule dall'acqua: nella cassetta dovrà essere riposta tutta l'attrezzatura. E' chiaro che l'acqua che ristagna sul fondo della cassetta per qualche giorno emana cattivo odore ed è quindi consigliabile di sciacquare spesso la cassetta, oltre che il suo contenuto. In ultimo la mitica pedana per cambiarsi senza raccogliere kg di sabbia: è spesso sufficiente un cartone (quello utilizzato per coibentare la doccetta solare) oppure un telone di plastica di buon spessore ed avremo a disposizione un'area bonificata su cui poggiare i piedi mentre ci asciughiamo e ci apprestiamo a tornare in abiti civili.