Daniele Dazzan Lucrezia De Vecchi Tiziana Pauletto MICROCOSMI Storie, canti, poesie di terre, sogni e fantasie semibrevi 2 Daniele Dazzan Lucrezia De Vecchi Tiziana Pauletto MICROCOSMI Storie, canti, poesie di terre, sogni e fantasie © Scuola Bertolini maggio2010 Introduzione Per una educazione estetica Quello che seguirà è il “libretto” di un piccolo progetto che ha coinvolto i ragazzi della scuola in una performance di musica, parola e movimento. Musica, lingua e gesto rappresentano tre degli elementi fondamentali di quel “gioco con la forma che produce una trasformazione-rappresentazione esteticamente felice”1, e che nella nostra civiltà prende il nome di arte. Ma musica, parola e gesto sono anche i tre elementi inscindibili del classico concetto di chorèia: l’arte “espressiva” che nella cultura greca classica si opponeva all’altro tipo di arte, quella “costruttiva”, la quale poggiava sull’architettura, e di cui scultura e pittura costituivano il necessario complemento2 . Solo in seguito, attraverso processi storici che hanno comportato per le società occidentali un alto grado di specializzazione, è affiorata la coscienza della distinzione tra quelle componenti prima in1 Alexander Alland, The Artistic Animal, Doubleday/ Anchor, New York 1977, pag. 37. 2 Wladiyslaw Tatarkiewicz, Storia dell’estetica. Volume primo. L’estetica antica, Eimaudi, Torino 1970, pag. 28 e segg. 9 Introduzione separabili: fino alla differenziazione tra aspetti interni a ciascuno di tali campi, come testimoniano, nel caso ad esempio della musica - almeno a partire dall’Ottocento romantico -, le figure specifiche del compositore e dell’interprete. È vero che il concetto sotteso alla nostra parola arte, come pure alla parola musica, non trova equivalenti nella maggior parte delle lingue parlate nel mondo: spesso essi sono inglobati nei domini allargati di rito, religione, lavoro... Tuttavia l’espressività umana sempre si manifesta attraverso questo “gioco con la forma”, e per il tramite di tecniche di trasformazione e rappresentazione. Ora: quali possono essere gli “oggetti” della rappresentazione e della trasformazione se non quelli delle proprie esperienze esterne ed interne? Dove può manifestarsi l’umanità dell’uomo se non là dove egli prova sulla propria pelle cosa significa possedere un corpo che percepisce se stesso e tocca l’altro, che sente il benessere e il dolore, il peso e la leggerezza, l’abisso e l’estasi? Microcosmi prende il via da qui: dalla convinzione che se anche vi sono forme diverse di espressione, esse si rivelano tuttavia come trasformazione e rappresentazione di una comune esperienza del mondo. L’urgenza fisica, sensibile, materiale detta la necessità dell’espressione, e nell’espressione, in tutte le cose fatte ad arte, si saldano relazioni e connessioni, si prospettano possibilità, si concre10 Per una educazione estetica tano tensioni e nuovi desideri. Il campo dell’espressività non coincide con il campo della semplice comunicazione: lo ingloba ma non ne è inglobato. Nella comunicazione devono circolare significati, l’espressione è invece la provocazione del senso: essa dichiarandosi chiama, e lo fa attraverso qualcosa che va oltre il significato specifico degli oggetti simbolici messi in azione. La comunicazione passa solo se si possiede il vocabolario, gli oggetti espressivi non sono, invece, circoscritti dalle definizioni: i lemmi dell’espressività sono indefiniti, e non perché vaghi e imprecisi, ma perché ricchi, senza limiti. Forse perché della fatal quiete tu sei l’immago, a me sì cara vieni o Sera ! [...] Dal punto di vista della comunicazione tradizionalmente intesa (mittente, messaggio, destinatario...) il testo della poesia coincide con quello della sua parafrasi, cioè con la sua riduzione in prosa “Forse perché della morte tu sei l’immagine, mi giungi così gradita o Sera![...]” (ma anche: “O sera, forse mi giungi così gradita perché tu sei l’immagine della morte!”, e innumerevoli altre...). Ma allora, se scopo della poesia fosse semplicemente quello di creare un ponte tra chi parla e chi ascolta, perché dovremmo incasellare un atto comunicativo tra rime ed endecasillabi? È dispendioso, antieconomico, irrazionale. Inoltre: siamo 11 Introduzione certi che Foscolo intendesse significare proprio “morte” con “fatal quiete” ? Può essere che abbia usato “fatal quiete” solo perchè il termine “morte” comprometteva la struttura del verso? Oppure la “fatal quiete” (assieme al “nulla eterno” che segue) sopravanza, includendolo, il significato di “morte”, aprendo orizzonti di senso diversi? E tuttavia, se anche il Poeta avesse dovuto utilizzare un sinonimo per semplici ragioni metriche, risulterebbe ancora più evidente che la composizione del messaggio si andava organizzando su un piano ben diverso da quello dell’efficacia trasmissiva di un concetto: non si trattava, appunto, di costruire un messaggio, ma di dar corpo a un atto espressivo, a qualcosa la cui emergenza fondalmentale consiste nella forma, nella materia attraverso la quale il contenuto intende mostrarsi, nel “gioco con la forma”, appunto. La parafrasi, pur necessaria, è la negazione di questo gioco, così come lo è la grammatica e qualsiasi analisi che pretenda di far scaturire la verità. È necessario dunque recuperare la sensualità delle cose, rimettere al centro lo charme dell’opera, la sua provocazione, dare spazio ad una esperienza di apprendimento in prospettiva estetica. Che significato può avere per un ragazzo di dodici-quattordici anni misurarsi con le Trois Histoires pour Enfants di Stravinsky? Si tratta, appunto, di storie da bambini: sia a livello di testo verbale 12 Per una educazione estetica (quasi dei non-sense) sia a livello di testo musicale. Eppure quando, dopo l’opportuno esercizio tecnico, l’intera classe si trova coinvolta nell’esecuzione delle strutture iterative di Tilimbom, quando avverte la bellezza della conclusione improvvisa e sente la necessità del silenzio dopo l’ubriacatura quasi parossistica dei suoni che girano su se stessi, allora dimostra di aver cominciato a giocare quel gioco, di aver corrisposto al richiamo della proposta stravinskiana, di averne sentito la necessità espressiva. E prova, persino fisicamente, una sensazione di compiutezza, di totalità. In un documentario sulle prove del Sacre a Flensburg, Bernstein suggeriva: “Trasformatevi tutti in un grande dinosauro... è [qualcosa] di profondo, pesante... Qui ci sono i grandi ricordi preistorici della Russia o del tempo dei grandi animali... Chiamatelo come volete. Si tratta di una specie di rinoceronte, o di un bufalo... o di quella sensazione che uno ha a volte in primavera, quando sente di essere parte della terra stessa.[...] Pensate alle volte, durante l’adolescenza, in primavera o in estate, quando state sdraiati su un prato... con la faccia in giù, e vorreste baciare la terra: guardate l’erba crescere, l’ascoltate crescere, e vorreste che vi avvolgesse..., oppure state appoggiati a un tronco d’albero, e vorreste abbracciarlo...”3: è proprio a questa “esperienza della totalità”, a questo 3 Cfr. Bernstein a Salzau: Prove d’orchestra. La Sagra della Primavera di Stravinsky, prod. Unitel 1988. 13 Introduzione stimolo dell’immaginazione, a queste diversioni che dovrebbe tendere un’educazione estetica nella scuola. In un’epoca in cui i valori emergenti sembrano essere quelli del controllo sulle emozioni, del tecnologicamente aggiornato, dell’efficientismo comunicativo, e in cui si dichiara la dimensione olistica della persona ma la si valuta con test oggettivi su competenze limitatissime e parziali, è necessario il recupero della dimensione estetica, il recupero del senso al di là della parcellizzazione dei significati. Misurandosi con la situazione odierna della pedagogia, per la quale prospetta un rinnovamento della sua consistenza epistemologica, Franco Cambi tra l’altro afferma che “[Oggi...] le tecnologie dell’educazione tengono il campo e si offrono come le vere pedagogie del nostro tempo. Sono efficaci, sono progressive, sono produttive e, così, stanno al passo con la cultura dell’Età Tecnologica. [...] Ma c’è dell’altro. Il nostro è il tempo della Mondialità e dell’Intercultura, in cui la scienza vale e vale sempre di più per tutti, ma deve fare i conti con mentalità, culture, formae mentis anche diverse e interrogarsi rispetto ad esse. E può farlo per via storica, per via antropologico-culturale, per via filosofica [...]”4. Non so se nel pensiero di Cambi la via antropologico-culturale e quella filosofica includano la 4 Franco Cambi, L’epistemologia pedagogica oggi, in Studi sulla formazione, 1-2008, Firenze University Press, pag. 160. 14 Per una educazione estetica via estetica: in ogni caso sarebbe stato necessario e opportuno esplicitarlo senza riserve e reticenze. E tuttavia l’omissione di Cambi non è purtroppo una svista nè un caso. Allorquando la riflessione pedagogica affronta la dimensione artistico-espressiva, abituata com’è all’analisi tradizionale di oggetti provvisti di solida e consueta consistenza logica, sembra non accorgersi di difettare degli strumenti adeguati all’indagine. Eccola dunque inoltrarsi nei territori insidiosi di quella che si limita a definire creatività perpetuando nel migliore dei casi ingenuità mitologiche o limitandone i confini entro l’esercizio ludico adatto all’infanzia5. 5 È interessante notare come ad esempio, nei confronti della musica, già Aristotele sapesse distinguere da un lato il paidià, il gioco di bambini, e dall’altro il piacere degno di un uomo libero: “[...] la prima ricerca è se non dobbiamo o dobbiamo includere la musica nell’educazione e qual è il suo valore tra i tre sui quali si sono mossi dubbi, se cioè vale come educazione o come divertimento o come ricreazione intellettuale. È ragionevole riportarla a tutt’e tre, e in verità pare che ne partecipi davvero. Infatti il divertimento è in vista del riposo e il riposo è di necessità piacevole (perché è una medicina delle sofferenze procurate dalle fatiche): la ricreazione intellettuale per ammissione concorde di tutti deve avere non soltanto nobiltà ma anche piacere [...] e la musica diciamo che è delle cose più piacevoli, sia sola, sia accompagnata dal canto [...]. Infatti tutti i piaceri innocenti non solo sono convenienti al fine [la felicità], ma anche al riposo e si danno ai divertimenti non tanto in vista di un ulteriore oggetto, ma solo per il piacere, sarebbe utile trovare riposo nei diletti che dalla musica derivano [...]” (Aristotele, Politica, VIII 1339b, - a cura di R. Laurenzi, Laterza, Roma–Bari 1972, p. 404). 15 Introduzione Ma leggiamo come lo stesso Franco Cambi concepisca per esempio la musica nella scuola: Tra i bambini e la musica corre un rapporto simbiotico. La musica è – per il bambino – ritmo: ritmo a livello fisico e percettivo che fa scandire i gesti e crea un modo particolare di sentire il tempo. Gesto-gioco e tempo-fruito. Su questi fondamenti dobbiamo collocare, anche a scuola, ogni insegnamento musicale già a livello di scuola dell’infanzia. E va tenuto conto anche di quello che già ci ricordava Rodari: dal ritmo legato ai suoni e al corpo si passa al ritmo legato alla parola, si passa poi alla filastrocca e si entra nel mondo della poesia: della cultura e dell’espressione ad un tempo. Ed è un’entrata decisiva per il bambino, per ogni bambino, e legata, appunto, alla percezione del suono musicale: lì la cultura, diceva Rousseau, ha il proprio atto generativo [...]. Allora la scuola deve educare all’ascolto, da Pierino ed il lupo di Prokof ’ev alla Eine Kleine Nachtmusik di Mozart, passando per il folk, per la stessa musica di consumo, vagliata proprio nella prospettiva del ludus. [...]. e far sì che la musica, nel mondo scolastico e nella sua cultura, riprenda un suo ruolo formativo e culturale centrale. A cominciare dalla «prima scuola», passando poi dalle classi dell’obbligo in modo che in ciascun ragazzo (e futuro cittadino) resti questo imprinting della cultura come spazio di fruizione, come momento di gioco, ma alto e nobile, come esperienza di gioia. 6 6 Franco Cambi, I bambini, la musica e... la gioia, in: Studi sulla formazione, 1-2008, Firenze University Press pag. 177. 16 Per una educazione estetica Chi gliel’ha detto, a Cambi, che per il bambino la musica è ritmo? “Con la filastrocca si entra nel mondo della poesia: della cultura e dell’espressione ad un tempo...”: chi gliel’ha insegnato, a Cambi, che la poesia, solo lei, è il mondo della cultura? E che la musica, naturalmente più “primitiva”, crea, certo, le premesse per entrare nel tempio, ma è fuori dal tempio? E quale concezione della cultura e dell’educazione estetica sta sotto l’idea che “... la scuola deve educare all’ascolto, da Pierino ed il lupo di Prokof ’ev alla Eine Kleine Nachtmusik di Mozart, passando per il folk, per la stessa musica di consumo, vagliata proprio nella prospettiva del ludus. [...] ? D’accordissimo sul fatto che la dimensione più propria delle arti consista nel “gioco”: ma non si tratta, appunto, del paidià o di un intervallo distensivo, si tratta invece di un giocare che comporta l’interazione tra numerose istanze di carattere intellettuale, affettivo e morale, sia dal lato della creazione sia da quello della fruizione.7 7 La confusione tra statuto ludico delle arti e funzione meramente ricreativa della musica, piuttosto diffusa tra i pedagogisti, è ben presente nella preoccupazione di Serravezza: “La scelta di non forzare i “limiti” e di rispettare una gradualità non deve diventare un alibi per far prevalere una visione per così dire “ludica” dell’educazione musicale. Non parlerei di questo rischio se si trattasse di una semplice eventualità. Temo invece che in Italia la tendenza a concedere alla musica, tra tutti gli altri contenuti disciplinari, uno statuto poco più che ricreativo venga 17 Introduzione La convinzione, da parte di certa pedagogia, di rappresentare quanto di meglio e aggiornato vi sia in circolazione, spesso impedisce anche di poter concepire la distinzione tra quell’esteticità diffusa e quell’esteticità concentrata di cui parla in un recente suo contributo Antonio Serravezza8: ed è una distinzione che può davvero dare un indirizzo all’azione didattica (il ragionamento, condotto in ambito propriamente musicale, e in particolare in relazione alla musica nella scuola, appare ugualmente estensibile a qualsiasi manifestazione artistico-espressiva). Vi sono dunque - osserva Serravezza - un’esteticità “concentrata”, quella che appunto si concentra “su una particolare classe di prodotti selezionati per un impiego particolare tra i tanti possibili” 9, e cioè su oggetti definiti artistici, e una esteticità “diffusa”, quella che pervade qualsiasi oggetto e che dunque “tende a cancellare la linea di demarcazione tra arte e non arte” 10. Si tratta in ogni caso di da molto lontano e rimanga pervasivamente presente [...]”. (cfr.: Antonio Serravezza, Res severa gaudium. In risposta a Luca Marconi, in Musica e educazione estetica. Il ruolo delle arti nei contesti educativi, a cura di A. Anceschi, EDT, Torino 2009, pag. 55. 8 Antonio Serravezza, L’educazione estetica alla musica, in: Educazione musicale e Formazione, a cura di G. La Face Bianconi e F. Frabboni, Milano, FrancoAngeli, 2008, pp. 121-139. 9 Ibid., pag. 122. 10 Ibid., pag. 125. 18 Per una educazione estetica prodotti della creatività umana contrassegnati da una eccedenza di significato: la dimensione estetica degli oggetti di uso quotidiano è una dimensione ulteriore rispetto a quella della loro funzione, che tuttavia resta fondamentale nella determinazione del loro valore. Normalmente la scelta di un certo font anziché di un altro non influisce sulla natura del contenuto dello scritto, e se la leggibilità, l’eleganza, l’impatto visivo hanno sicuramente la loro importanza dal punto di vista di questa esteticità diffusa, il valore del testo rimane ancorato a ciò che il testo dice. Ben diverso il discorso a proposito di una poesia di Marinetti: qui il tipo di carattere, la sua posizione, la sua dimensione, ecc., sono un tutt’uno con il testo. Nell’oggetto artistico l’eccedenza è quasi totale, nell’oggetto d’uso essa è un contrassegno a margine: nell’opera d’arte, infatti, il gioco è totale (ed è l’avvitamento di questo gioco su se stesso che determina la distanza, rispetto alla quotidianità, della forma che ne scaturisce); nel prodotto d’uso questa eccedenza può essere un marchio di distinzione che accentua la partecipazione, l’affermazione identitaria, il coprotagonismo e che, in modo speculare rispetto all’oggetto esteticamente “concentrato”, determina al contrario una maggiore vicinanza. Qual è la differenza tra una qualsiasi filastrocca e il Tilimbom di Stravinsky? Seguendo le indicazioni di Cambi, che ritiene si debba educare 19 Introduzione all’ascolto “da Pierino ed il lupo di Prokof ’ev alla Eine Kleine Nachtmusik di Mozart, passando per il folk, per la stessa musica di consumo... nella prospettiva del ludus”, non sembra che vi sia alcuna differenza: tutto serve ugualmente bene allo scopo “che in ciascun ragazzo (e futuro cittadino) resti questo imprinting della cultura come spazio di fruizione, come momento di gioco, ma alto e nobile, come esperienza di gioia”. Che è come dire: la scuola rinforzi da una parte il concetto che vi siano una cultura alta e una cultura bassa, e cioè la cultura dell’impegno e quella del godimento, la quale tornerà utile come valvola di sfogo nel momento del faticoso sforzo intellettuale sulle discipline serie; dall’altra diffonda pure l’idea che alcune dimensioni della cultura - quella musicale per esempio - sono omogenee, sono costituite di oggetti tutti perfettamente equivalenti: “tanto l’uno vale l’altro: purchè i ragazzi ‘vivavo la musica’ e ‘vi proiettino le proprie emozioni’, qualsiasi musica andrà bene”11. Invece la differenza c’è. A un primo livello si potrebbe semplicemente dire che la filastrocca è, appunto, una filastrocca, mentre quella di Stravinsky ne è invece la “rappresentazione”! Poi si potrebbe aggiungere che quando la filastrocca fi11 Lorenzo Bianconi, La musica al plurale, in: Musica, ricerca e didattica. Profili culturali e competenza musicale, a cura di A. Nuzzaci e G. Pagannone, Lecce, Pensa Multimedia, 2008, pag. 29. 20 Per una educazione estetica nisce, finisce e basta, mentre quando termina Tilimbom, con la sua brusca chiusura, resta nell’aria la sensazione di un pieno che non c’è più, o di un vuoto denso: come l’applauso che contrassegna lo spazio della rappresentazione e lo isola da quello della quotidianità. E poi... Ma se non si è in grado di capire che c’è differenza è proprio perchè nessun insegnante, da piccoli, ci ha fatto passare l’idea che esistono tanti tipi di testi e tanti tipi di musiche, non necessariamente in conflitto tra loro, e che alcuni sono più esposti sul versante delle forme espressive, dotate di spessore storico e della capacità di mostrare infiniti contenuti, altri più legati a una funzionalità, a un mercato, a un bisogno del momento. Quando la scuola rinuncia a proporre delle distinzioni, quando ritiene che, in relazione a certi fini, qualsiasi contenuto sia equivalente a qualsiasi altro, in realtà distribuisce anestetici: i sensi perdono la loro... sensibilità e non sono più in grado di mandare segnali differenziati al cervello. A meno che non si confondano gli stessi fini con i mezzi: star bene a scuola non è il fine della scuola, ma una condizione per realizzarne gli scopi! Quando i bambini di sei, sette anni, al saggio finale della loro prima elementare, cantano (?) in coro accompagnati e raddoppiati da una base rockeggiante, ottengono con il minimo sforzo la massima soddisfazione e provano, certo, un piacere immenso: la pulsazio21 Introduzione ne isocrona delle percussioni amplificate rinforza il loro supposto panismo ritmico, fanno una vera esperienza di piacere e di gioia... e sono pronti a entrare nel mercato del consumo. L’educazione, certo, a un livello elementare non può non far leva sugli elementi di esteticità diffusa presenti nelle cose che ci circondano: è in tal modo che inizia la disseminazione di un gusto e di un’attenzione nei confronti della forma e del gioco con la forma. Ma la scuola non può esaurire il suo compito a questo livello diffusivo, contrabbanderebbe valori relativi per valori assoluti: devo sapere cos’è una filastrocca, averne esperienza, per poter capire meglio il Tilimbom di Stravinsky o il Ritter vom Steckenpferd delle Kinderszenen di Schumann, o Tuileries di Mussorgsky... Tuttavia, quest’ultimi e quella non sono la stessa cosa. (E proprio a proposito del brano dei Quadri citato: come si concilia l’idea di una musica intesa solo come momento fruitivo e rilassante, di gioco e di gioia, con il fatto che il grande affresco di Mussorgsky, come afferma Rattalino, costituisce un’ “imponente riflessione sulla morte”? In Tuileries, proprio per il suo carattere “giocoso”, esso mostra quello stesso sfondo tragico che fa del clown una delle figure-emblema dell’espressività più angosciosa e conturbante). La scuola deve dunque, da subito, compiere delle scelte e fare delle distinzioni (e insegnare a operare distinzioni) orientandosi progressivamen22 Per una educazione estetica te verso gli oggetti in cui l’esteticità si concentra, in cui entrano gli spessori della storia e delle conquiste della creatività umana; verso gli oggetti, cioè, che si caricano delle esperienze della realtà, ma per andarvi oltre: e che contrassegnano la nostra cultura. Questi oggetti, che mostrano mondi alternativi di volta in volta escogitati per esorcizzare i nostri limiti, ci chiamano dalla loro distanza offrendoci inedite prospettive sul mondo, e con ciò stesso promuovono l’idea che prospettive ulteriori siano possibili. L’incontro con questi prodotti dell’espressività umana non deve lasciare indifferenti. Sentirsene conquistati o rifiutarli va bene: non va bene provare quell’indifferenza che si nutre della consuetudine e della incapacità di distinguere (confonde, mescola tutto assieme, per cui non coglie - appunto - le differenze), che trae origine dall’abitudine a collocare tutto sullo stesso piano in nome di quello strano relativismo che fa perdere di vista la specificità e la forza connotativa di una forma pronta a rimettersi in gioco. Allora un testo poetico riconsegnato a una voce che lo declama - ma anche a un gesto che lo accompagna - può mostrare molto di più di una sua parafrasi sciorinata con competente scioltezza, e sicuramente mostra molto di più del suo catalogo di occorrenze, di soggetti, di complementi. La voce che lo fa parlare richiama colori e immagini, suoni 23 Introduzione e gesti, e desideri..., inediti accostamenti e la voglia di provarne variazioni, trasformazioni, nuove possibilità, nuovi legami. Poi, magari, ci accorgiamo che alcuni di questi giochi “funzionano” e sono “belli” da fare, da far vedere e far ascoltare. E danno quella sensazione di pienezza, di totalità, che solo i giochi fatti a regola d’arte sanno dare. Daniele Dazzan 24 Per una educazione estetica Le musiche Scegliere le musiche per un concerto, un esame, uno spettacolo, è sempre molto interessante: ci si tuffa dentro una letteratura sterminata per trarne dei brani che in qualche modo siano in grado di “legare” fra loro, di stabilire un rapporto, tracciare un percorso, suggerire un’idea o semplicemente disporsi secondo un principio logico (dal semplice al complesso, dall’antico al moderno oppure secondo il sempre efficace principio del contrasto...). Quando poi la musica deve legarsi a dei testi e a delle immagini, allora il lavoro diventa ancora più stimolante: una musica azzeccata è in grado di regalare alla parola un’amplificazione incredibile, e non solo sul piano più scontato dell’emotività; la scelta di una musica piuttosto che un’altra può cambiare completamente la percezione del senso di una stessa immagine. Certamente il fatto di dover operare in un contesto scolastico, contando su esecutori con pochissimi anni di studio alle spalle, limita di molto le possibilità di scelta, anche se è vero che il reper25 Introduzione torio pianistico non difficile e la stessa letteratura didattica sono talmente sconfinati che comunque offrono infinite opzioni. Inizialmente il progetto Microcosmi doveva prevedere un semplice abbinamento di testi poetici e musiche, in una sorta di omaggio alle realtà culturali di cui si va colorando l’ambiente scolastico e cittadino: poi, mano a mano, il progetto si è trasformato in un discorso sui nostri comuni tratti di umanità, su quello che ci unisce più che su ciò che ci differenzia: i desideri, l’immaginazione, la fantasia, le speranze, le amicizie... Il testo si è arricchito di storie, giochi, filastrocche, poesie. La musica non avrebbe avuto più, quindi, solo il compito di creare l’atmosfera, ma anche di raccontare, commentare, suggerire, impressionare... Alda Merini/Immagini del mare e dell’aquilone Debussy Première Arabesque La musica di Debussy accompagna l’immagine ricorrente del mare e dell’aquilone in vari momenti dello spettacolo, sottolineando in modo fin troppo facile la vaghezza del desiderio, il delirio dell’immaginazione (tesa appunto in un perenne, cangiante e instabile “arabesco”), la dolcezza e il languore di un anelito che si nutre di se stesso e di se stesso gioisce ( Desidera, desidera, desidera... che cosa? Non sa). Perchè Debussy? 26 Per una educazione estetica Innumerevoli sono le possibilità di scelta quando si parla di sogni: cosa meglio della musica può restituirne l’ineffabile sostanza? Per i compositori romantici scrivere brani ispirati al sogno è praticamente un obbligo: sogni intimi e delicati, sogni appassionati, sogni spaventosi e terribili. Ogni raccolta didattica ottocentesca porta il suo contributo a questo ricco insieme, che comprende peraltro alcuni dei brani più famosi e noti al grande pubblico (ad esempio il Sogno di Schumann o la Reverie di Ciaikowski). Molti di questi brani si sarebbero prestati a commentare i testi poetici scelti: ma il sogno romantico è generalmente un sogno individuale, con un’intensità e una tensione profonde; l’atto del sognare è per l’uomo romantico quasi una droga, un’ossessione, una fuga da una triste e banale realtà. Non così per Debussy: la sua è una musica priva di dramma, è musica che si compiace di una partecipazione panica al “sogno” della natura; è musica che si nutre della sua ”fisica” bellezza. Il disegno delicato degli arpeggi iniziali, il desiderio di altezza della melodia o l’effetto di sfarfallio che ogni tanto compare nella mano destra creano appunto un arabesco: lo stesso che la coda impalpabile dell’aquilone disegna nel vasto cielo azzurro della prima immagine. La fiaba di Ranocchio e Serpentino è introdot27 Introduzione ta dalla Polka di Strawinski, l’ultimo dei Tre Pezzi facili per pf. a 4 mani. La musica, scanzonata e irriverente, ha la duplice funzione di “staccare” dal quadro precedente e contemporaneamente immetterci in un’atmosfera giocosa, dove le acciaccature, i salti, le note staccate eseguite dalla mano destra del “primo”, possono essere letti come la traduzione musicale del movimento reale dei due protagonisti. Questo brano di Strawinski è volutamente semplice, così come è molto semplice e ingenuo il rapporto fra Ranocchio e Serpentino (“Io ti insegnerò a saltare” dice l’uno, “e io a strisciare sugli alberi” risponde l’altro, e l’amicizia è cosa fatta, in barba a tutte le consuetudini sociali che orienteranno poi lo svolgere della fiaba). Strawinski sicuramente non è ingenuo nel costruire il suo pezzo, ma anch’egli sembra (provocatoriamente) non tener conto di tutti i manuali di armonia, di tutta la complessità cui era giunta la musica, insomma di tutte le “consuetudini” cui era avvezzo il pubblico del tempo, e compone un brano fondato su un solo accordo che, ripetuto ossessivamente fino alla fine del brano, crea al basso una sorta di semplicità liberatoria, sulla quale la “destra” si sbizzarrisce in un repertorio di puro gioco. A un certo punto, quando nella storia le madri intervengono a bloccare un’amicizia sconveniente, tutto finisce, la musica tace; riprende solo più 28 Per una educazione estetica tardi, a illustrare lo sconcerto dei due protagonisti che, pur desiderandolo, sono condannati a non poter più giocare insieme perchè “non sta bene”. Il brano scelto, qui, è la prima Gnossienne di Satie. Al di là della sua vocazione all’ “ameublement” (così lo stesso Satie definiva la funzione delle sue musiche), è una musica che oscilla senza spostarsi, che non ha direzione, che si muove in modo quasi casuale, avvolgendosi e riavvolgendosi su se stessa, senza riuscire, da questo movimento, a ricavare un senso. Così possiamo immaginare lo stato d’animo dei due amici, lo sguardo vuoto, deluso e sconsolato davanti a un mondo che improvvisamente è diventato ai loro occhi insensato e ostile. Lo “Schizzo” di Stancinski è interamente basato su un inciso di poche note, dal ritmo stringente; tale frase rimane inizialmente sospesa e poi, ripetendosi mano a mano più forte e allargata (le due mani si distanziano sempre più, andando ad occupare, nel momento di massima tensione, le due zone estreme della tastiera) “mima” una sorta di oscura minaccia, l’avvicinarsi, l’incombere di qualche terribile accadimento. E’ in qualche modo la stessa immagine suggerita dal testo poetico: dalla sfida orgogliosa dei due ragazzi, dal loro camminare insieme, da quella visione che, come un lampo, scuote il radicato perbenismo della gente, bianca e nera, può sca29 Introduzione turire qualcosa di nuovo e sconosciuto e perciò temibile e oscuro. Superiori agli sguardi e alle parole, passano e non sanno che il lampo abbagliante come una spada può far scoppiare il tuono. Un cluster nella zona grave del pianoforte rinforza l’immagine degli ultimi versi. Le due fiabe centrali dello spettacolo Microcosmi, Ricottina e Il Tamburo, sono state “sonorizzate” utilizzando due diverse serie di Variazioni di Kabalewski, in la maggiore su un tema ucraino e in re minore su tema slovacco. Al di là del diverso carattere delle due composizioni (più spensierate e allegre le variazioni per Ricottina, più pensose e malinconiche quelle per il Tamburo), la scelta è stata dettata dal riconoscimento di una sostanziale affinità formale fra la struttura delle due fiabe e la struttura delle variazioni: in entrambi i casi il principio compositivo di base è quello dell’”aumentazione”. In Ricottina si passa dal possessso di una Ricotta a quello di una gallina, e poi un coniglio, e poi un maiale, e poi una mucca e così via... Nella fiaba del Tamburo è invece un misero pezzo di legno a diventare, con baratti successivi, una pagnotta, un vaso, un mantello, un cavallo, e infine un tamburo. Analogamente, in queste serie di Variazio30 Per una educazione estetica ni (pensate per il repertorio didattico, e quindi strutturalmente e tecnicamente “facili”), è il tema ad essere “aumentato”: il motivo iniziale, riportato nella sua veste originale di canzone popolare, viene progressivamente arricchito, aumentando il numero delle note (sempre più veloci), complicando il ritmo (sincopi, contrattempi, pause ecc.), allargando la dimensione armonica: il tutto senza che si perda, all’ascolto, la percezione della sostanziale identità al modello iniziale. Così la narrazione delle fiabe e l’esecuzione delle Variazioni procedono di pari passo e la musica contribuisce a sottolineare, ad ogni passaggio del testo, la conquista del successivo maggiore traguardo. La soluzione felice della fiaba del Tamburo viene commentata, senza significati nascosti, da una travolgente e rumorosa African Melody che, eseguita dal pf. a 4 mani e da due strumenti a percussione, funge da sfondo per la festa che si sviluppa sul palcoscenico e da transizione per la scena successiva. 31 Introduzione 32 Per una educazione estetica 33 Introduzione 34 Per una educazione estetica 35 Introduzione 36 Fantasia Fantasia Immagine di un cielo e un mare azzurri sui quali appare un aquilone sempre più grande, fin quasi a coprire tutto il mare. Tre ragazzi si portano sulla scena e si dividono i versi di Alda Merini. All’apparizione dell’immagine attacca la Prima Arabesque di Debussy, che poi accompagna la recitazione dell’intero testo Se trovi l’aquilone della tua fantasia legalo con l’intelligenza del cuore. Vedrai sorgere giardini incantati e dalla terra sorgerà una pianta che ti coprirà con le sue foglie. 39 Microcosmi Fa delle tue mani due bianche colombe che portino la pace ovunque e l’ordine delle cose. Vola da me con l’aeroplano di carta della mia fantasia, con l’ingegno del tuo sentimento. Vedrai fiorire terre piene di magia e io sarò la chioma d’albero più alta per darti frescura e riparo. (tutti) Fa’ delle due braccia due ali d’angelo e porta anche a me un po’ di pace e il giocattolo del sogno. Alda Merini (adattatamento) Voce adulta fuori campo Volo di aquilone. Gioco per vaste pianure senza alberi e acque. Nel cielo aperto sale la stella di carta, inarrestabile risucchiata dalla luce, più in alto, lontano dagli occhi e prosegue, prosegue... A noi appartiene il resto del filo. Sara Kirsch, Il resto del filo 40 Realtà Realtà (Lo schermo si schiarisce, l’acquilone si dissolve: resta un lungo filo. Appare un paesaggio africano. Su di esso un dipinto di Rousseau: lo spazio tra realtà e fantasia rievocato dalla favola che segue) La lettura della storia è annunciata dall’esecuzione della Polka di Stravinsky. Un frammento rimico-melodico della medesima polka commenta in contrappunto i dialoghi di Rana e Serpentino. Perché Rana e Serpente non giocano mai assieme Africa (Il narratore si fa strada sul palcoscenico e inizia a leggere la storia, interrotto dagli interventi diretti dei vari personaggi. Gli interventi degli adulti - le madri di Ranocchio e Serpentino fuori campo: la scena è dei ragazzi, e le “regole” li sovrastano). 43 Microcosmi Una volta il figlio di una rana, saltellando tra i cespugli, intravide davanti a sé qualcosa che serpeggiava sul sentiero. Era lungo e sottile, e la sua pelle brillava. - Ciao! Cosa stai facendo qui sul sentiero? - Mi sto semplicemente riscaldando al sole... Mi chiamo Serpentino. E tu? - Io sono Ranocchio. Ti piacerebbe giocare con me? Così Ranocchio e Serpentino giocarono tra i cespugli per tutta la mattina. - Guarda cosa so fare. Se vuoi te lo insegno! - Ora guarda cosa so fare io! ...Se vuoi te lo insegno... Dopo un po’ ebbero fame: allora decisero di andare a casa e di ritrovarsi l’indomani. - Ti ringrazio per avermi insegnato a saltare. - E io ti ringrazio di avermi insegnato a strisciare su per gli alberi. ... - Mamma, guarda cosa so fare! - Dove hai imparato a fare questo? - Me l’ha insegnato Serpentino. Abbiamo giocato insieme tra i cespugli questa mattina. È il mio nuovo 44 Microcosmi amico! - Non lo sai che i Serpenti sono una famiglia cattiva? Nei denti hanno il veleno! Guai a te se giochi ancora con uno di loro. E non farti nemmeno vedere a strisciare sulla pancia. Non sta bene! Anche Serpentino era tornato a casa, e aveva incominciato a saltellare davanti alla madre. - Chi ti ha insegnato a fare questo? -. - Ranocchio!!... È il mio nuovo amico... - Che stupidaggine - disse sua madre, - Lo sai che abbiamo da sempre cattivi rapporti con la famiglia Rana. La prossima volta che troverai Ranocchio, afferralo e mangialo in un boccone... E smettila di saltellare! non è nelle nostre abitudini! La 2a Gnossienne di Satie accompagna la lettura della storia da qui in avanti. Il mattino seguente, quando Ranocchio incontrò Serpentino, se ne tenne lontano: - Mi dispiace, ma oggi non posso strisciare con te Serpentino rimase a guardarlo in silenzio ricordando ciò che gli aveva detto sua madre. - Se si avvicina troppo, lo mangerò in un boccone. Ma poi si ricordò di quanto si fossero divertiti assieme e di quanto fosse stato gentile Ranocchio a insegnargli a saltare, così sospirò tristemente e 45 Microcosmi strisciò via tra i cespugli. Da quel giorno in poi, Ranocchio e Serpentino non giocarono più assieme, ma rimasero seduti da soli al tepore del sole, ricordando ciascuno quel giorno di amicizia. Compare l’immagine di una mano bianca e una mano nera che si stringono. In sovraimpressione il testo poetico, che viene recitato da un ragazzo mentre si fa strada sulla scena Bianco e Nero Attraversano la strada sottobraccio, il ragazzo nero e il bianco, il dorato splendore del giorno, l’orgoglio scuro della notte. 46 Microcosmi Dalle imposte socchiuse la gente nera osserva e qui la gente bianca discute indignata per questi due che osano camminare insieme. Intervento musicale: Schizzo di Stancinsky. Sulla musica conclude la lettura del testo poetico Superiori agli sguardi e alle parole, passano. E non sanno che il lampo abbagliante come una spada può far scoppiare il tuono. Countee Cullen Cluster in ff sulla regione grave della tastiera L’immagine delle mani si dissolve. Sulla scia del cluster, da lontano numerosi ragazzi irrompono sul palcoscenico scandendo varie volte la filastrocca che segue, fino a coinvolgere Rana e Serpentino nel gioco e trascinandoli con loro, fuori scena En den dinu sava raka tinu sava raka tika taka elem belem buf trif traf truf a merìka buf. La filastrocca croata è utilizzata anche in seguito per liberare la tensione creata dai racconti e ristabilire il tempo e lo spazio del gioco e del coinvolgimento. 47 Desideri Desideri Ritorna l’immagine del mare e dell’aquilone. Una voce adulta, fuori campo, legge il testo poetico. Ritorna l’Arabesque I di Debussy Un vecchio siede sotto un albero e dorme, e una vecchia attraversa la strada, di ritorno dal frutteto, con una secchia di more. E un ragazzo giace nell’erba accanto ai piedi del vecchio, e guarda le nuvole veleggianti, e desidera, desidera, desidera, che cosa, non sa (...!) Jonathan Houghton 51 Microcosmi L’immagine di colline italiane sullo sfondo e, in primo piano, il quadro di una contadinella immersa nei suoi pensieri introducono la storia dei desideri di “Ricottina”. Ricottina Italia C’era una volta una giovane contadinella che lavorava tutto il giorno: mungeva le mucche, badava alle galline, teneva in ordine la casa del padrone e... sognava! Sognava un bel paio di scarpe nuove, un bel vestito a fiori, un cappello con i nastri colorati... Ma, ahimé: erano tutte cose che non poteva permettersi. Un giorno però un pastore le regalò una ricotta. La ragazzina pensò dapprima ad un bel pranzetto... Poi, invece..., mise la ricottina in un cestello, se lo pose in testa, e si diresse al mercato. Tema e Variazioni in la magg., Kabalevsky: Tema Strada facendo pensava fra sé e sé: - Ora vado al mercato e la scambio: la scambierò con una bella gallina che mi farà tante uova! 52 Microcosmi (tutti) Ehi se la scambi ci guadagni!! Tema e Variazioni in la magg., Kabalevsky: Var. I Ogni mattina sulla paglia dorata avrebbe trovato un bell’uovo caldo e, giorno dopo giorno... - Scambierò le uova con una coniglia che mi farà tanti coniglietti!! (tutti) Ehi se la scambi ci guadagni!! Tema e Variazioni in la magg., Kabalevsky: Var II Camminava, camminava e contava, contava... - Due coniglietti bianchi, quattro grigi, tre neri... Li metterò tutti in una gabbietta, andrò al mercato e li scambierò con un bel maiale!! (tutti) Ehi se li scambi ci guadagni!! Tema e Variazioni in la magg., Kabalevsky: Var IV - Quando lo avrò ingrassato per bene... lo venderò e comprerò una mucca che mi farà tanti vitellini!! (tutti) Sì, se lo scambi ci guadagni!! Tema e Variazioni in la magg., Kabalevsky: Var. V e VI (contemporaneamente alla lettura del testo - Li venderò e guadagnerò un sacco di soldi! 53 Microcosmi (tutti) Ehi se li scambi ci guadagni!! - Allora mi potrò comprare tanti abiti eleganti e una bella casetta con balconcino... E quando mi affaccerò, tutti mi saluteranno con un inchino: - “Buongiorno signorina!” La musica si interrompe imrpovvisamente La povera ragazza era convinta che un giorno tutto ciò le sarebbe davvero successo e, senza accorgersene, immedesimata nel suo sogno ad occhi aperti, fece davvero un bell’inchino! Sul “Purtroppo” il pianoforte riprende la coda della VI variazione e termina in minore, assieme al testo Purtroppo... la ricotta che aveva sul capo cadde a terra... e non poté comprare un bel niente...! 54 Microcosmi Irrompono i ragazzi scandendo la filastrocca: la contadinella e gli altri attori partecipano al gioco e poi escono. Sul palcoscenico rimangono gli attori per la nuova storia En den dinu sava raka tinu sava raka tika taka elem belem buf trif traf truf a merìka buf. Il tamburo India Immagine: un territorio indiano sul quale si apre una finestra fantastica; in lontananza edifici, in prima piano un tamburo... (Le esclamazioni in neretto vengono pronunciate da un gruppo di ragazzi) 55 Microcosmi Una povera donna aveva un solo figlio, Rajiv. Ella faticava tutto il giorno: puliva le case e macinava il grano per i ricchi in città... In cambio riusciva appena a vivere: non poteva permettersi di comprare vestiti o giocattoli al suo figliuolo. Una volta gli chiese: - Che cosa posso portarti dal mercato? - Un tamburo! Mamma, portami un tamburo! La donna sapeva che non avrebbe mai potuto fargli un regalo così, e dentro di sé soffriva. Tema e Variazioni in re min., Kabalevsky: Tema Al mercato vendette il grano, ma riuscì a comprare solo la farina di ceci e il sale. Era triste. E quando per la strada vide un pezzo di legno, lo raccolse e lo portò al figlio. Non era ciò che il ragazzo desiderava... ma egli fu ugualmente contento, e quando uscì a giocare lo portò con sé. Tema e Variazioni in re min., Kabalevsky: Var. I Il ragazzo incontra una vecchia che cerca di accendere una stufa - Perché stai piangendo? - Non riesco ad accendere la stufa! - Prendi, prova con questo pezzo di legno... 56 Microcosmi - In fondo a me non serve, tienilo tu! La vecchia finalmente riuscì ad accendere il fuoco, cucinò il pane, e con una fragrante pagnotta ricompensò il fanciullo. Tema e Variazioni in re min., Kabalevsky: Var. II Rajiv, continuando la sua passeggiata, arrivò alla casa del vasaio. - Perché piange così forte? - Ha fame, non c’è nulla da mangiare in casa! - Dagli questo pezzo di pane! - In fondo a me non serve, tienilo tu! La moglie del vasaio volle a tutti i costi sdebitarsi con il ragazzo, e gli regalò una bellissima pentola di coccio. Tema e Variazioni in re min., Kabalevsky:Var, III Ma, giunto sulla riva del fiume, Rajiv vide il lavandaio litigare con sua moglie. - Perché la tratti così? - Questa stupida ha rotto l’unica pentola che avevamo... Come faccio adesso a far bollire i vestiti per poterli lavare al fiume? - Smettete di litigare! Ecco: prendete questa pentola! - In fondo a me non serve, tenetela voi! 57 Microcosmi Il lavandaio, raggiante, diede al ragazzo il suo mantello! Tema e Variazioni in re min., Kabalevsky: Var. IV - E a te cosa è successo? - Stavo tornando in città con questo cavallo quando una banda di briganti mi ha attaccato, e mi ha portato via tutto, anche i vestiti! Mi hanno lasciato solo il cavallo! - Non temere, prendi questo mantello! - In fondo a me non serve, tienilo tu! L’uomo fu tanto riconoscente che gli volle regalare il suo cavallo. Tema e Variazioni in re min., Kabalevsky: Tema Il ragazzo dopo un po’ si imbatté in un corteo nuziale. - E voi, perché siete così tristi? - Dobbiamo celebrare le nozze di mio figlio, ma non abbiamo il cavallo per lo sposo. L’uomo che lo doveva portare non è arrivato..., e non è bene che uno sposo si presenti a piedi alle nozze! Ora si sta facendo tardi e il tempo propizio per la cerimonia sta per passare! - Non dovete preoccuparvi: prendete il mio! - In fondo a me non serve, tenetelo voi! - Cosa ti posso dare per ripagare la tua generosità? 58 Microcosmi - Mi piacerebbe tanto avere un tamburo come quello che sta suonando quel musicista...! Suono di tamburo in lontananza. Lo sposo non se lo fece ripetere due volte: fu felice di poter accontentare il ragazzo. E quando il fanciullo tornò dalla madre, suonando il tamburo a tutto spiano, le raccontò tutta la storia: grazie a quel misero pezzo di legno, raccolto per strada, il suo sogno era diventato realtà. Il pianoforte a quattro mani si unisce ai due percussionisti riprendendone il ritmo e suonando insieme African Melody di David Curington. Irrompono i ragazzi: gli attori partecipano unendosi nella marcia festosa e poi escono. Sul palcoscenico rimangono i ragazzi per la scena che segue e i flautisti, che si dispongono a semicerchio sullo sfondo 59 Gioco Gioco Sullo sfondo dei “Giochi” di Bruegel, dapprima completo, compaiono in successione particolari del quadro mentre si inscenano filastrocche, conte, azioni mimiche di giochi vari Sulle note finali del tamburo comincia la filastrocca. Mi sì so che lu va là. Ma lu no ‘l sa che mi so che lu va là. Mice sìce soce chece luce vace làce. Mace luce no‘lce sace chece mice soce chece luce vace làce. 63 Microcosmi Kosenko, Danza Vari gruppi di ragazzi inscenano sul palco situazioni di gioco accompagnati dalla musica: - campanon - girotondo - la conta - moscacieca - cavallina - quattro cantoni... Lacramioare (1849) Multe flori lucesc in lume, Multe flori mirositoare! Dar ca voi, mici lacramioare, N-are-n lume nici o floare Miros dulce, dulce nume! Voi santeti lacrimi de ingeri Pe pamant din cer picate, Cand, prin stele leganate, A lor suflete curate Zbor varsand duioase plangeri. Santeti fragede si albe Ca iubita vietii mele! Cu voi, scumpe strugurele, Albe margaritarele, Primavara-si face salbe. Dar deodata vantul rece Fara vreme va coseste! 64 Microcosmi Astfel soarta crunt rapeste Tot ce-n lume ne zambeste ... Floarea pere, viata trece! Termina la Danza di Kosenko e inizia la lettura di alcuni versi in russo di Tilimbom, cui segue la recita in italiano. Nel frattempo un gruppo di ragazzi si fa strada sul palcoscenico per animare con movimenti le Trois Histoires pour enfants di Stravinsky. 65 Microcosmi Tilim-bom Compare l’immagine di un villaggio russo, e su di essa un quadro da fiaba: in sovraimpressione la prima strofa dell’ “Histoire” n. 1 in caratteri cirillici Tilim-bom, Tilim-bom, corri, al fuoco!, Tilim-bom! dell’ovile brucia il tetto e le capre son là sotto. Forza, aprite quelle porte! Le campane suonan forte Pianoforte e flauti dolci iniziano a suonare Tilim-Bom, dalle Trois histoires pour enfants di Stravinsky. Sulla musica continua il testo della filastrocca 66 Microcosmi Tilim-bom, Tilim-bom, presto, fuori!, Tilim-bom. Corre al pozzo la gallina, butta un secchio e lo trascina; segue il gallo con la scala ben tenuta sotto l’ala... Ma la capra si lamenta: “Tutto questo mi sgomenta!” Tilim-bom, Tilim-bom, per nessuno io ci son! Dell’ovile brucia il tetto e le capre son là sotto. Tutti scappan dalle tane suonan forte le campane! Ma chi suona a tutto spiano? Non è più quel gatto strano! Sono accorsi in centomila: per suonare fan la fila! Tilim-bom, Tilim-bom, spegni il fuoco!, Tilim-bom. La gallina con il gallo, capra e gatto fanno un ballo: son disposti tutti in tondo fanno un grande girotondo Tilim-bom, Tilim-bom, corri, al fuoco!, Tilim-bom! 67 Microcosmi Anatre cigni e oche Sullo sfondo delle isbe appare il disegno di uno stagno, con anatre, oche, ecc. Oche, cigni, anatrelle giunti son da Fontanelle. Dormon tutti alla locanda sulla stessa vecchia branda, preparata assai di cuore dagli amici con amore. Pur la cimice è presente, (ha lasciato l’altra gente) ma la pulce, con un salto, s’è cacciata troppo in alto: È caduta in un momento ahi! che male sotto il mento! E che botta, che spavento! 68 Microcosmi Piange e geme a non finire: “Oh, mio dio: sto per morire!” L’orso Appare l’immagine di un orso: i ragazzi seduti sul palco ascoltano attenti, poi si stendono come per dormire. Una volta c’era un vecchio con la moglie ancor più anziana: senza prole, senza figli, nella casa in mezzo ai tigli. Disse lei al suo consorte “Va’ nel bosco a far la legna” Lui rispose di rimando “Or mi muovo, al tuo comando!” 69 Microcosmi Ma nel mezzo del boschetto trova un orso, il buon vecchietto. “Ti conosco”, l’orso sbotta. “Vuoi tu far con me la lotta?” Il vecchietto afferra l’ascia e la zampa gli sfracella L’orso scappa in tutta fretta meditando la vendetta. “È un buon pranzo per domani” pensa il vecchio al suo ritorno. La vecchietta carne ed osso gratta e lava giù nel fosso. Nel frattempo l’orso zoppo al ruscello s’è lavato e con legno di betulla una zampa ha fabbricato. S’è diretto giù in paese per scovar i vecchi sciocchi. Zoppicando si avvicina: è di fronte alla cascina! Canta e sbraita con furore mentre scricchiola la zampa. Tutto dorme, tutto tace: ma qualcuno non ha pace! Scappa il vecchio sotto il letto, la sua vecchia giù in cantina. L’orso canta ancor più forte. Qual sarà la triste sorte? 70 Microcosmi Batte i denti il vecchio sciocco e tossisce la megera: l’orso sente, e canta ancora: “Giunt’è ormai la vostra ora!” Ecco, l’orso è dentro casa: raspa, graffia, rompe, afferra. “Dove siete? V’ho trovati!!” Un boccon: se l’è pappati! Compare l’immagine di dune sabbiose all’imbrunire. In primo piano il quadro di una città araba, notturna e fantastica, sul quale aleggiano scritte in arabo Tumba Ali, Ah Due clarinetti ripetono in eco una ninna nanna araba. Sulle loro note lumghe si sviluppa la recitazione del testo di una filastrocca in lingua originale 71 Microcosmi wāhed ğūğ tlāta bā msha lisbātā shra liyyā qamīğa anā wa kthī khadīğa khadīğa khadīğa tal‘a Ibīrū katshreb essīrū enna‘na‘ wa shshība essukar lilkhlīfa wahed ğūğ tlāta Marocco 72 Occhi per vedere Microcosmi Occhi per vedere Buio in sala. Voce adulta fuori campo: Che cosa vedete adesso? Un occhio di bue percorre il palcoscenico illuminando i ragazzi distesi nel sonno L’orchestra attacca l’Andante dal concerto per due mandolini di Vivaldi. Esegue tutta la prima parte, poi continua facendo da sfondo sonoro al testo. Sullo sfondo si alternano in sincronia con il testo dipinti che ne illustrano gli spunti immaginativi Che cosa vedete adesso? Globi di rosso, giallo, porpora. Un momento! E adesso? 75 Microcosmi Mio padre e mia madre e le mie sorelle. Sí. E adesso? Cavalieri in armi, belle donne, visi gentili. Provate questa. Un campo di grano — una città. Benissimo! E adesso? Una donna giovane e angeli chini su di lei. Una lente più forte! E adesso? Molte donne dagli occhi vivi e labbra schiuse. Provate queste. Soltanto un bicchiere su un tavolo. Oh, capisco! Provate questa lente! Soltanto uno spazio vuoto - non vedo nulla in particolare. Bene, adesso! Pini, un lago, un cielo d’estate. Questa va meglio. E adesso? Un libro. Leggetemi una pagina. Non posso. Gli occhi mi sfuggono di là dalla pagina. Provate questa lente. Abissi d’aria. Ottima! E adesso? Luce, soltanto luce che trasforma tutto il mondo in giocattolo... 76 Microcosmi Sull’ultima diapositiva i ragazzi si “svegliano” e si infilano ciascuno un paio di occhiali da sole. Benissimo, faremo gli occhiali cosí. Antologia di Spoon River: Dippold, l’ottico Attacca la Danza di Kosenko I ragazzi abbandonano festosamente il palcoscenico. Ora sullo sfondo compare un prato albanese, sul quale insiste il dipinto naïf di una scena di lavoro nei campi 77 Microcosmi L’orcio Albania Bartok, Sera in Transilvania. Il brano accompagna la storia contrappuntandola Il racconto inizia in lingua albanese. Si çdo ditë, tri gra po qëndronin rrotull një burimi për të mbushur ujë. Aty pranë ishte ndaluar për të pushuar një burrë plak që vinte nga një fshat i largët... Sulla voce del ragazzo che parla in albanese si inserisce il narratore, in italiano. Nel villaggio circondato dalle montagne viveva un contadino con i suoi tre figli. Egli lavorava nei 78 Microcosmi campi fino a sfinirsi, mentre i figli passavano le loro giornate senza far niente. Un giorno il padre si ammalò e così nessuno lavorò più la terra, che diventò di giorno in giorno più arida e selvaggia. I figli cominciarono a preoccuparsi: - Come faremo a vivere? - Chi lavorerà la terra? - Che cosa mangeremo? Prima di morire, il padre li chiamò e disse loro: - Non preoccupatevi: ho nascosto nella terra un orcio pieno d’oro. Se scavate ben bene lo troverete! Dopo la morte del padre, i tre figli cominciarono a zappare sempre più in profondità alla ricerca dell’oro. Scavavano, scavavano… ma non trovavano niente. - Lasciamo perdere. - Ma no! Finiamo il lavoro. Dell’orcio neanche l’ombra! Deluso e sconsolato, il fratello maggiore si lasciò cadere sull’erba e... vide davanti a sé la terra, smossa, umida e odorosa, pronta a ricevere semi. Allora seminarono, zapparono, sudarono, lavorarono... Imprecarono, anche... 79 Microcosmi Ed ecco che la terra cominciò a dare i suoi frutti: mele dorate, ciliegie succose, uve dagli acini gonfi di nettare, e ortaggi, grano, olive, miele... Fu allora che capirono le parole del padre: il tesoro era lì davanti a loro: era la terra sulla quale camminavano e sudavano. (a gruppi) - Non contiene orci pieni d’oro, la terra - Usa le tue mani per trasformarla, - la tua fantasia per riempirla di sogni, - l’immaginazione per pensare il domani. - l’intelligenza per farne la tua casa ospitale: (uno) - “Gur gur bèhet kalàia”, (tutti) - “Pietra su pietra si fa il castello”. 80 Microcosmi Danze Rumene L’orchestra esegue le Danze Rumene di Bartok. Alla fine dell’esecuzione dalle quinte vengono lanciati numerosi aeroplanini colorati sul palcoscenico. Entra il coro e si dispone sul palco. Ritorna l’immagine iniziale del mare e dell’aquilone. Il pianoforte a quattro mani esegue la Ninna nanna veneta come sottofondo alle due poesie che seguono Voce adulta fuori campo Non dite: “ho trovato la verità”, ma piuttosto: “ho trovato una verità”. Non dite: “ho trovato il sentiero dell’anima”, 81 Microcosmi dite piuttosto: “sul mio sentiero ho incontrato anime in cammino”. Poiché l’anima cammina su tutti i sentieri. L’anima non va su di una linea, e non cresce come una canna. L’anima si volge in mille petali come un fiore di loto. Kahlil Gibran Un ragazzo si porta sul proscenio e recita i versi conclusivi: Sei giunto nel paese dei tuoi sogni… accettando la sfida fai tua l’estranea melodia attraversi frontiere conservi la canzone di tua madre per cantarla ai tuoi figli. Gladys Basagoitia Dazza, nata in Perù Il coro e l’orchestra si uniscono al pianoforte ed eseguono per intero la Ninna nanna veneta elaborata da Goitre-Russolo. FINE 82 Appendice Ninna nanna veneta per due voci e pianoforte a quattro mani elab. Goitre-Russolo Piano 1 Piano 2 5 œ œ 3œœ œœ œ œ œ &4 F 3 &4 œ œ œ œ œ œ œ œ œ ? 43 Œ F ?3 œ 4 Œ. œœœ & .. œ œ œ œ œ U œ œ œ œ œ œ œœœ œ œ œ œ œ U œ œœ œœ œ œ œœ œ œ œ œ œœ œœ œœ œ œœ œœ ‰J œ ‰J œ J œ Ç Fa la na - na bam - bin Che la ma-ma xe qua, & .. Œ Œ II œ œœ œœœ œ œœ œ œ œ Ç fa la na - na bel bam - bin el pa - pà ri - tor - na - rà Ç na - na bam - bin, ma- ma xe qua U œœ Ç œ Ç œ œ œ œ œ œ fra^i bra - ze - ti de la fa la ni - na fa la œ œ œœ œ œ Ç fa la na -na bel bam - bin e'l pa - pà ri - tor - na - rà œ œ fra^i brafa la œ gg œœ œ œ œœ œ œ œ œ j œ œ œ œ . œ ‰ œ ggg & . Œ Œ Œ œ Œ ggg p gg œ gggœ . . œ & œœ œ œ œ Ç œ Ç œ œ œœ œ œ Ç 5 œ œ œ ? .. Œ ‰ œ œ œ œ ‰ œ œ œ œ œ ‰ œjœ œ œ œ Œ œ œ œ œ œ œ œ J J ? .. Œ Ç Œ Ç œ œ Ç œ Ç œ Ç œ p Ç 5 I œ œ œ œ œ œ pœ Fa la che la œ œ œ œœ Uœ œ œ œ œ œ œ œ œœ 11 & œ œ ma - ma na - na œ œ œ œ fa la na - na fra^i bra - ze - ti œ œ œ œ fa de Fa la Fa la œ bœ œ nœ œ œ œ œ œ œ œ œ œ. & ze - ti ni - na œ & ‰Jœ 11 I & Ç de fa b œ g œœ ggg gg ggg gg œœ ma - ma na - na la la œ œ gg œ j œ ‰œ ggg gg ggg g œœœ Ç ? Ç Ç a tempo &Œ 16 œ & J œ #œ œ na na œ J# œ & œœ œ œ œ Ç Ç ? œœœœ œ œ œ ? Ç œ - na #œ œ œ œ œ Ç 16 II na - na na - na ni - na fa la ma - ma fa la na - na na - na .. j œ œ œ œ œ œ œœ œ œ j œœ œœ .. ‰œ œ œ rit. Ç œ œ œ Ç p Ç la sua ma 16 fa la fa la Ç ni - œ #œ œ na na œœ ÇÇ œ œ œ Ç .. ÇÇ œ œ rit. E se poi non tor-na - rà œ ni - na ni - na .. œœ œ œ œ œ ÇÇ & œœ œ œ œ œ Ç - fa la de la œœ œ j ‰ œ œ ggg œ gg ggg ggg » g œœ F œœ œ ni a tempo I na - na œ œ ÇÇ Ç œ la na - na. ma - ma jfra^i bra - ze - ti œ ? œ b œœ œ œ n œ ÇÇ 11 II fa la la œ œ œ œ Ç Ç - .. .. Ç na œ œ œ œ œ œ œŸ. œ œ œ œ œ œ Ç œ œ œœ œ œ œœœ œ Ç Ç Ç - ma œ panse - rà œœ Ç Ç ÇÇ œ Ç. Ç. œ œ ma^l bam- œ œ œ œ &œ Ç 21 ni - na œ Ç na - na & œ œ œœ Ç œ œ per-chè 21 II ‰ ? œjÇ Ç. &œ œ œ 27 ‰ jÇ œ Ç. Ç na - na bam - bin & . œj# œ œÇ . (a bocca chiusa) 27 I II & œ œ œ & œ œœ # œ œ Ç Ç. Ç œ œ œœ Ç ni - na Ÿ œ œ . œ œ œŸ œ . œ œ & œ œ œœ Ç œ œ & 21 œ œ œœ Ç œ œ ? - - rà bin non veda I œ Ç na - na nana na œ œ œ œ œ Ç. - œœœ œ Ÿ œ œ. na - na ancor fa - rà ni - na na - na Ÿ œœ œ œ œ œ œ œœœ œ œœœ œ œ œ œ Ç. œ Ç œ œ œ œ Ç. œœ Ç ‰ jÇ ‰ jÇ œ œ œ Ç Ç. Ç. œ œ œ Ç. œœ œ œ fa la na - na belbam - bin j œÇ .. œ # œ œ œ œ œ œ œœ # œ m 27 œ œ œ ? œ œ œ# œ œ œ œ œ œ œ œ œ rit. > ‰ >j ‰ ? ‰œj Ç j œ Ç Ç Ç. Ç. Çœ. œ œ œ bœ ni - na na - na. œ œœ œœ œ œ œœ » œœ Çœ. œ b œ ‰ j Ç Ç. œ U Ç. U Çœ Ç œ œ Çœ Çœ # œ œÇ œ# œœ œ ÇÇ .. ni - na œ œ ÇŸ œœ œ œ rit. fa la Ç. Ç. rit. œœ œœ Ç na na - na na - na œ Ÿ œ Ç œ ni - na na - na œ ÇŸ œ œ UÇŸ. œ œ Ç œ # œ Ç # œ œ UÇ . Ç U ÇÇ œ Ç Çœ œÇ # œ Çœ œ # œœ Œ ‰ ‰ ‰ U jÇ jÇ jÇ œ Ç .œ Çœ. Ç. Ç. Ç. ÇÇÇÇ .... Per finire 34 I & Ç. & ÇÇ .. Ç. ? 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Elenco delle opere d’arte utilizzate - Per le storie di “Rana e Serpentino”, di “Ricottina” e de “L’Or- cio”, rispettivamente: Henri Rousseau, Il sogno, 1910; Silvestro Lega, Contadinella appoggiata a una scala; Ivan Generalic, Tagliaboschi. - Per la sezione “Giochi”, integrale e particolari di: Bruegel, Pieter il vecchio, Children’ s Games, 1559-60. - Per le Trois Histoires pour enfants di Stravinsky: Megi Pepeu, Liti di streghe (illustrazione per l’infanzia); - Per Dipplod, l’ottico: Wassily Kandinsky, Giallo rosso blu; EdgarDegas, La famille Bellelli; Claude Monet, Femmes au jardin; Christian Berentz, Still-Life with Crystal Glasses; Sandro Botticelli, La nascita di Venere; Sandro Botticelli, Incoronazione della Vergine; Joseph Mallord William Turner, Rain, Steam and Speed The Great Western Railway; Jean-Baptiste Camille Corot, Goat-herds, 1866; Limburg (brothers), Mai (da: Les Très Riches Heures du duc de Berry); Bruegel, Pieter il vecchio, The Corn Harvest (August) 1565; Wassily Kandinsky, Composition VII. 89 Indice Indice Microcosmi Introduzione. Per una educazione estetica Fantasia Realtà Perché Rana e Serpente non giocano mai assieme Bianco e Nero Desideri Ricottina Il tamburo Gioco Tilim-bom Anatre cigni e oche L’orso Tumba Ali, Ah Occhi per vedere L’orcio Danze Rumene Appendice Elenco delle opere d’arte utilizzate 3 5 25 27 29 32 35 38 41 47 52 54 55 57 59 64 67 69 75 ...Microcosmi prende il via da qui: dalla convinzione che se anche vi sono forme diverse di espressione, esse si rivelano tuttavia come trasformazione e rappresentazione di una comune esperienza del mondo. L’urgenza fisica, sensibile e materiale detta la necessità dell’espressione, e nell’espressione, cioè in tutte le cose fatte ad arte, si saldano relazioni e connessioni, si prospettano possibilità, si concretano tensioni e nuovi desideri... Scuola Bertolini MICROCOSMI Progetto d’Istituto realizzato con il contributo della Fondazione S. Stefano di Portogruaro