Daniele Dazzan
Lucrezia De Vecchi
Tiziana Pauletto
MICROCOSMI
Storie, canti, poesie di terre, sogni e fantasie
semibrevi
2
Daniele Dazzan
Lucrezia De Vecchi
Tiziana Pauletto
MICROCOSMI
Storie, canti, poesie
di terre, sogni e fantasie
© Scuola Bertolini maggio2010
Introduzione
Per una educazione estetica
Quello che seguirà è il “libretto” di un piccolo progetto che ha coinvolto i ragazzi della scuola in una
performance di musica, parola e movimento.
Musica, lingua e gesto rappresentano tre degli
elementi fondamentali di quel “gioco con la forma
che produce una trasformazione-rappresentazione
esteticamente felice”1, e che nella nostra civiltà
prende il nome di arte.
Ma musica, parola e gesto sono anche i tre elementi inscindibili del classico concetto di chorèia:
l’arte “espressiva” che nella cultura greca classica si
opponeva all’altro tipo di arte, quella “costruttiva”,
la quale poggiava sull’architettura, e di cui scultura
e pittura costituivano il necessario complemento2 .
Solo in seguito, attraverso processi storici che hanno comportato per le società occidentali un alto
grado di specializzazione, è affiorata la coscienza
della distinzione tra quelle componenti prima in1
Alexander Alland, The Artistic Animal, Doubleday/
Anchor, New York 1977, pag. 37.
2
Wladiyslaw Tatarkiewicz, Storia dell’estetica. Volume
primo. L’estetica antica, Eimaudi, Torino 1970, pag. 28 e segg.
9
Introduzione
separabili: fino alla differenziazione tra aspetti interni a ciascuno di tali campi, come testimoniano,
nel caso ad esempio della musica - almeno a partire
dall’Ottocento romantico -, le figure specifiche del
compositore e dell’interprete.
È vero che il concetto sotteso alla nostra parola
arte, come pure alla parola musica, non trova equivalenti nella maggior parte delle lingue parlate nel
mondo: spesso essi sono inglobati nei domini allargati di rito, religione, lavoro... Tuttavia l’espressività umana sempre si manifesta attraverso questo
“gioco con la forma”, e per il tramite di tecniche di
trasformazione e rappresentazione.
Ora: quali possono essere gli “oggetti” della
rappresentazione e della trasformazione se non
quelli delle proprie esperienze esterne ed interne?
Dove può manifestarsi l’umanità dell’uomo se
non là dove egli prova sulla propria pelle cosa significa possedere un corpo che percepisce se stesso
e tocca l’altro, che sente il benessere e il dolore, il
peso e la leggerezza, l’abisso e l’estasi?
Microcosmi prende il via da qui: dalla convinzione che se anche vi sono forme diverse di espressione, esse si rivelano tuttavia come trasformazione
e rappresentazione di una comune esperienza del
mondo. L’urgenza fisica, sensibile, materiale detta la necessità dell’espressione, e nell’espressione,
in tutte le cose fatte ad arte, si saldano relazioni e
connessioni, si prospettano possibilità, si concre10
Per una educazione estetica
tano tensioni e nuovi desideri.
Il campo dell’espressività non coincide con il
campo della semplice comunicazione: lo ingloba
ma non ne è inglobato. Nella comunicazione devono circolare significati, l’espressione è invece la
provocazione del senso: essa dichiarandosi chiama,
e lo fa attraverso qualcosa che va oltre il significato
specifico degli oggetti simbolici messi in azione.
La comunicazione passa solo se si possiede il vocabolario, gli oggetti espressivi non sono, invece, circoscritti dalle definizioni: i lemmi dell’espressività
sono indefiniti, e non perché vaghi e imprecisi,
ma perché ricchi, senza limiti.
Forse perché della fatal quiete
tu sei l’immago, a me sì cara vieni
o Sera ! [...]
Dal punto di vista della comunicazione tradizionalmente intesa (mittente, messaggio, destinatario...) il testo della poesia coincide con quello
della sua parafrasi, cioè con la sua riduzione in
prosa “Forse perché della morte tu sei l’immagine,
mi giungi così gradita o Sera![...]” (ma anche: “O
sera, forse mi giungi così gradita perché tu sei l’immagine della morte!”, e innumerevoli altre...).
Ma allora, se scopo della poesia fosse semplicemente quello di creare un ponte tra chi parla e
chi ascolta, perché dovremmo incasellare un atto
comunicativo tra rime ed endecasillabi? È dispendioso, antieconomico, irrazionale. Inoltre: siamo
11
Introduzione
certi che Foscolo intendesse significare proprio
“morte” con “fatal quiete” ? Può essere che abbia
usato “fatal quiete” solo perchè il termine “morte”
comprometteva la struttura del verso? Oppure la
“fatal quiete” (assieme al “nulla eterno” che segue)
sopravanza, includendolo, il significato di “morte”, aprendo orizzonti di senso diversi?
E tuttavia, se anche il Poeta avesse dovuto utilizzare un sinonimo per semplici ragioni metriche,
risulterebbe ancora più evidente che la composizione del messaggio si andava organizzando su un
piano ben diverso da quello dell’efficacia trasmissiva di un concetto: non si trattava, appunto, di
costruire un messaggio, ma di dar corpo a un atto
espressivo, a qualcosa la cui emergenza fondalmentale consiste nella forma, nella materia attraverso
la quale il contenuto intende mostrarsi, nel “gioco
con la forma”, appunto.
La parafrasi, pur necessaria, è la negazione di
questo gioco, così come lo è la grammatica e qualsiasi analisi che pretenda di far scaturire la verità.
È necessario dunque recuperare la sensualità
delle cose, rimettere al centro lo charme dell’opera,
la sua provocazione, dare spazio ad una esperienza
di apprendimento in prospettiva estetica.
Che significato può avere per un ragazzo di
dodici-quattordici anni misurarsi con le Trois Histoires pour Enfants di Stravinsky? Si tratta, appunto, di storie da bambini: sia a livello di testo verbale
12
Per una educazione estetica
(quasi dei non-sense) sia a livello di testo musicale.
Eppure quando, dopo l’opportuno esercizio tecnico, l’intera classe si trova coinvolta nell’esecuzione delle strutture iterative di Tilimbom, quando
avverte la bellezza della conclusione improvvisa e
sente la necessità del silenzio dopo l’ubriacatura
quasi parossistica dei suoni che girano su se stessi,
allora dimostra di aver cominciato a giocare quel
gioco, di aver corrisposto al richiamo della proposta stravinskiana, di averne sentito la necessità
espressiva. E prova, persino fisicamente, una sensazione di compiutezza, di totalità.
In un documentario sulle prove del Sacre a
Flensburg, Bernstein suggeriva: “Trasformatevi tutti in un grande dinosauro... è [qualcosa] di profondo,
pesante... Qui ci sono i grandi ricordi preistorici della
Russia o del tempo dei grandi animali... Chiamatelo
come volete. Si tratta di una specie di rinoceronte, o
di un bufalo... o di quella sensazione che uno ha a
volte in primavera, quando sente di essere parte della
terra stessa.[...] Pensate alle volte, durante l’adolescenza, in primavera o in estate, quando state sdraiati
su un prato... con la faccia in giù, e vorreste baciare
la terra: guardate l’erba crescere, l’ascoltate crescere, e
vorreste che vi avvolgesse..., oppure state appoggiati a
un tronco d’albero, e vorreste abbracciarlo...”3: è proprio a questa “esperienza della totalità”, a questo
3
Cfr. Bernstein a Salzau: Prove d’orchestra. La Sagra della
Primavera di Stravinsky, prod. Unitel 1988.
13
Introduzione
stimolo dell’immaginazione, a queste diversioni
che dovrebbe tendere un’educazione estetica nella
scuola.
In un’epoca in cui i valori emergenti sembrano
essere quelli del controllo sulle emozioni, del tecnologicamente aggiornato, dell’efficientismo comunicativo, e in cui si dichiara la dimensione olistica
della persona ma la si valuta con test oggettivi su
competenze limitatissime e parziali, è necessario il
recupero della dimensione estetica, il recupero del
senso al di là della parcellizzazione dei significati.
Misurandosi con la situazione odierna della
pedagogia, per la quale prospetta un rinnovamento della sua consistenza epistemologica, Franco
Cambi tra l’altro afferma che
“[Oggi...] le tecnologie dell’educazione tengono il
campo e si offrono come le vere pedagogie del nostro
tempo. Sono efficaci, sono progressive, sono produttive e, così, stanno al passo con la cultura dell’Età Tecnologica. [...] Ma c’è dell’altro. Il nostro è il tempo della
Mondialità e dell’Intercultura, in cui la scienza vale e
vale sempre di più per tutti, ma deve fare i conti con
mentalità, culture, formae mentis anche diverse e interrogarsi rispetto ad esse. E può farlo per via storica, per
via antropologico-culturale, per via filosofica [...]”4.
Non so se nel pensiero di Cambi la via antropologico-culturale e quella filosofica includano la
4
Franco Cambi, L’epistemologia pedagogica oggi, in Studi sulla
formazione, 1-2008, Firenze University Press, pag. 160.
14
Per una educazione estetica
via estetica: in ogni caso sarebbe stato necessario
e opportuno esplicitarlo senza riserve e reticenze.
E tuttavia l’omissione di Cambi non è purtroppo una svista nè un caso. Allorquando la riflessione
pedagogica affronta la dimensione artistico-espressiva, abituata com’è all’analisi tradizionale di oggetti provvisti di solida e consueta consistenza logica,
sembra non accorgersi di difettare degli strumenti
adeguati all’indagine. Eccola dunque inoltrarsi nei
territori insidiosi di quella che si limita a definire
creatività perpetuando nel migliore dei casi ingenuità mitologiche o limitandone i confini entro
l’esercizio ludico adatto all’infanzia5.
5
È interessante notare come ad esempio, nei confronti
della musica, già Aristotele sapesse distinguere da un lato il
paidià, il gioco di bambini, e dall’altro il piacere degno di un
uomo libero: “[...] la prima ricerca è se non dobbiamo o dobbiamo includere la musica nell’educazione e qual è il suo valore tra
i tre sui quali si sono mossi dubbi, se cioè vale come educazione o
come divertimento o come ricreazione intellettuale. È ragionevole
riportarla a tutt’e tre, e in verità pare che ne partecipi davvero.
Infatti il divertimento è in vista del riposo e il riposo è di necessità
piacevole (perché è una medicina delle sofferenze procurate dalle
fatiche): la ricreazione intellettuale per ammissione concorde di
tutti deve avere non soltanto nobiltà ma anche piacere [...] e la
musica diciamo che è delle cose più piacevoli, sia sola, sia accompagnata dal canto [...]. Infatti tutti i piaceri innocenti non solo sono
convenienti al fine [la felicità], ma anche al riposo e si danno ai
divertimenti non tanto in vista di un ulteriore oggetto, ma solo per
il piacere, sarebbe utile trovare riposo nei diletti che dalla musica
derivano [...]” (Aristotele, Politica, VIII 1339b, - a cura di R.
Laurenzi, Laterza, Roma–Bari 1972, p. 404).
15
Introduzione
Ma leggiamo come lo stesso Franco Cambi concepisca per esempio la musica nella scuola:
Tra i bambini e la musica corre un rapporto simbiotico. La musica è – per il bambino – ritmo: ritmo a
livello fisico e percettivo che fa scandire i gesti e crea
un modo particolare di sentire il tempo. Gesto-gioco
e tempo-fruito. Su questi fondamenti dobbiamo collocare, anche a scuola, ogni insegnamento musicale
già a livello di scuola dell’infanzia. E va tenuto conto
anche di quello che già ci ricordava Rodari: dal ritmo
legato ai suoni e al corpo si passa al ritmo legato alla
parola, si passa poi alla filastrocca e si entra nel mondo della poesia: della cultura e dell’espressione ad un
tempo. Ed è un’entrata decisiva per il bambino, per
ogni bambino, e legata, appunto, alla percezione del
suono musicale: lì la cultura, diceva Rousseau, ha il
proprio atto generativo [...]. Allora la scuola deve
educare all’ascolto, da Pierino ed il lupo di Prokof ’ev
alla Eine Kleine Nachtmusik di Mozart, passando
per il folk, per la stessa musica di consumo, vagliata
proprio nella prospettiva del ludus. [...]. e far sì che
la musica, nel mondo scolastico e nella sua cultura,
riprenda un suo ruolo formativo e culturale centrale.
A cominciare dalla «prima scuola», passando poi dalle classi dell’obbligo in modo che in ciascun ragazzo (e futuro cittadino) resti questo imprinting della
cultura come spazio di fruizione, come momento di
gioco, ma alto e nobile, come esperienza di gioia. 6
6
Franco Cambi, I bambini, la musica e... la gioia, in: Studi sulla formazione, 1-2008, Firenze University Press pag. 177.
16
Per una educazione estetica
Chi gliel’ha detto, a Cambi, che per il bambino la musica è ritmo? “Con la filastrocca si entra nel
mondo della poesia: della cultura e dell’espressione
ad un tempo...”: chi gliel’ha insegnato, a Cambi,
che la poesia, solo lei, è il mondo della cultura? E
che la musica, naturalmente più “primitiva”, crea,
certo, le premesse per entrare nel tempio, ma è
fuori dal tempio? E quale concezione della cultura
e dell’educazione estetica sta sotto l’idea che “...
la scuola deve educare all’ascolto, da Pierino ed il
lupo di Prokof ’ev alla Eine Kleine Nachtmusik di
Mozart, passando per il folk, per la stessa musica di
consumo, vagliata proprio nella prospettiva del ludus. [...] ?
D’accordissimo sul fatto che la dimensione più
propria delle arti consista nel “gioco”: ma non si
tratta, appunto, del paidià o di un intervallo distensivo, si tratta invece di un giocare che comporta l’interazione tra numerose istanze di carattere
intellettuale, affettivo e morale, sia dal lato della
creazione sia da quello della fruizione.7
7
La confusione tra statuto ludico delle arti e funzione
meramente ricreativa della musica, piuttosto diffusa tra i pedagogisti, è ben presente nella preoccupazione di Serravezza:
“La scelta di non forzare i “limiti” e di rispettare una gradualità
non deve diventare un alibi per far prevalere una visione per così
dire “ludica” dell’educazione musicale. Non parlerei di questo
rischio se si trattasse di una semplice eventualità. Temo invece che
in Italia la tendenza a concedere alla musica, tra tutti gli altri
contenuti disciplinari, uno statuto poco più che ricreativo venga
17
Introduzione
La convinzione, da parte di certa pedagogia, di
rappresentare quanto di meglio e aggiornato vi sia
in circolazione, spesso impedisce anche di poter
concepire la distinzione tra quell’esteticità diffusa e quell’esteticità concentrata di cui parla in un
recente suo contributo Antonio Serravezza8: ed è
una distinzione che può davvero dare un indirizzo all’azione didattica (il ragionamento, condotto
in ambito propriamente musicale, e in particolare in relazione alla musica nella scuola, appare
ugualmente estensibile a qualsiasi manifestazione
artistico-espressiva).
Vi sono dunque - osserva Serravezza - un’esteticità “concentrata”, quella che appunto si concentra
“su una particolare classe di prodotti selezionati per
un impiego particolare tra i tanti possibili” 9, e cioè
su oggetti definiti artistici, e una esteticità “diffusa”, quella che pervade qualsiasi oggetto e che
dunque “tende a cancellare la linea di demarcazione tra arte e non arte” 10. Si tratta in ogni caso di
da molto lontano e rimanga pervasivamente presente [...]”. (cfr.:
Antonio Serravezza, Res severa gaudium. In risposta a Luca
Marconi, in Musica e educazione estetica. Il ruolo delle arti nei
contesti educativi, a cura di A. Anceschi, EDT, Torino 2009,
pag. 55.
8
Antonio Serravezza, L’educazione estetica alla musica, in: Educazione musicale e Formazione, a cura di G. La
Face Bianconi e F. Frabboni, Milano, FrancoAngeli, 2008,
pp. 121-139.
9
Ibid., pag. 122.
10
Ibid., pag. 125.
18
Per una educazione estetica
prodotti della creatività umana contrassegnati da
una eccedenza di significato: la dimensione estetica
degli oggetti di uso quotidiano è una dimensione
ulteriore rispetto a quella della loro funzione, che
tuttavia resta fondamentale nella determinazione
del loro valore. Normalmente la scelta di un certo
font anziché di un altro non influisce sulla natura del contenuto dello scritto, e se la leggibilità,
l’eleganza, l’impatto visivo hanno sicuramente la
loro importanza dal punto di vista di questa esteticità diffusa, il valore del testo rimane ancorato
a ciò che il testo dice. Ben diverso il discorso a
proposito di una poesia di Marinetti: qui il tipo di
carattere, la sua posizione, la sua dimensione, ecc.,
sono un tutt’uno con il testo. Nell’oggetto artistico l’eccedenza è quasi totale, nell’oggetto d’uso
essa è un contrassegno a margine: nell’opera d’arte, infatti, il gioco è totale (ed è l’avvitamento di
questo gioco su se stesso che determina la distanza, rispetto alla quotidianità, della forma che ne
scaturisce); nel prodotto d’uso questa eccedenza
può essere un marchio di distinzione che accentua
la partecipazione, l’affermazione identitaria, il coprotagonismo e che, in modo speculare rispetto
all’oggetto esteticamente “concentrato”, determina al contrario una maggiore vicinanza.
Qual è la differenza tra una qualsiasi filastrocca e il Tilimbom di Stravinsky? Seguendo le indicazioni di Cambi, che ritiene si debba educare
19
Introduzione
all’ascolto “da Pierino ed il lupo di Prokof ’ev alla
Eine Kleine Nachtmusik di Mozart, passando per
il folk, per la stessa musica di consumo... nella prospettiva del ludus”, non sembra che vi sia alcuna
differenza: tutto serve ugualmente bene allo scopo “che in ciascun ragazzo (e futuro cittadino) resti questo imprinting della cultura come spazio di
fruizione, come momento di gioco, ma alto e nobile,
come esperienza di gioia”. Che è come dire: la scuola rinforzi da una parte il concetto che vi siano una
cultura alta e una cultura bassa, e cioè la cultura
dell’impegno e quella del godimento, la quale tornerà utile come valvola di sfogo nel momento del
faticoso sforzo intellettuale sulle discipline serie;
dall’altra diffonda pure l’idea che alcune dimensioni della cultura - quella musicale per esempio
- sono omogenee, sono costituite di oggetti tutti
perfettamente equivalenti: “tanto l’uno vale l’altro:
purchè i ragazzi ‘vivavo la musica’ e ‘vi proiettino le
proprie emozioni’, qualsiasi musica andrà bene”11.
Invece la differenza c’è. A un primo livello si
potrebbe semplicemente dire che la filastrocca è,
appunto, una filastrocca, mentre quella di Stravinsky ne è invece la “rappresentazione”! Poi si
potrebbe aggiungere che quando la filastrocca fi11
Lorenzo Bianconi, La musica al plurale, in: Musica,
ricerca e didattica. Profili culturali e competenza musicale, a
cura di A. Nuzzaci e G. Pagannone, Lecce, Pensa Multimedia, 2008, pag. 29.
20
Per una educazione estetica
nisce, finisce e basta, mentre quando termina Tilimbom, con la sua brusca chiusura, resta nell’aria
la sensazione di un pieno che non c’è più, o di un
vuoto denso: come l’applauso che contrassegna lo
spazio della rappresentazione e lo isola da quello
della quotidianità. E poi...
Ma se non si è in grado di capire che c’è differenza è proprio perchè nessun insegnante, da
piccoli, ci ha fatto passare l’idea che esistono tanti
tipi di testi e tanti tipi di musiche, non necessariamente in conflitto tra loro, e che alcuni sono più
esposti sul versante delle forme espressive, dotate
di spessore storico e della capacità di mostrare infiniti contenuti, altri più legati a una funzionalità,
a un mercato, a un bisogno del momento.
Quando la scuola rinuncia a proporre delle distinzioni, quando ritiene che, in relazione a certi
fini, qualsiasi contenuto sia equivalente a qualsiasi
altro, in realtà distribuisce anestetici: i sensi perdono la loro... sensibilità e non sono più in grado di
mandare segnali differenziati al cervello. A meno
che non si confondano gli stessi fini con i mezzi:
star bene a scuola non è il fine della scuola, ma una
condizione per realizzarne gli scopi! Quando i bambini di sei, sette anni, al saggio finale della loro prima elementare, cantano (?) in coro accompagnati
e raddoppiati da una base rockeggiante, ottengono
con il minimo sforzo la massima soddisfazione e
provano, certo, un piacere immenso: la pulsazio21
Introduzione
ne isocrona delle percussioni amplificate rinforza
il loro supposto panismo ritmico, fanno una vera
esperienza di piacere e di gioia... e sono pronti a
entrare nel mercato del consumo.
L’educazione, certo, a un livello elementare non
può non far leva sugli elementi di esteticità diffusa
presenti nelle cose che ci circondano: è in tal modo
che inizia la disseminazione di un gusto e di un’attenzione nei confronti della forma e del gioco con la
forma. Ma la scuola non può esaurire il suo compito a questo livello diffusivo, contrabbanderebbe
valori relativi per valori assoluti: devo sapere cos’è
una filastrocca, averne esperienza, per poter capire
meglio il Tilimbom di Stravinsky o il Ritter vom Steckenpferd delle Kinderszenen di Schumann, o Tuileries di Mussorgsky... Tuttavia, quest’ultimi e quella
non sono la stessa cosa. (E proprio a proposito del
brano dei Quadri citato: come si concilia l’idea di
una musica intesa solo come momento fruitivo e rilassante, di gioco e di gioia, con il fatto che il grande affresco di Mussorgsky, come afferma Rattalino,
costituisce un’ “imponente riflessione sulla morte”?
In Tuileries, proprio per il suo carattere “giocoso”,
esso mostra quello stesso sfondo tragico che fa del
clown una delle figure-emblema dell’espressività
più angosciosa e conturbante).
La scuola deve dunque, da subito, compiere
delle scelte e fare delle distinzioni (e insegnare a
operare distinzioni) orientandosi progressivamen22
Per una educazione estetica
te verso gli oggetti in cui l’esteticità si concentra, in
cui entrano gli spessori della storia e delle conquiste della creatività umana; verso gli oggetti, cioè,
che si caricano delle esperienze della realtà, ma
per andarvi oltre: e che contrassegnano la nostra
cultura. Questi oggetti, che mostrano mondi alternativi di volta in volta escogitati per esorcizzare
i nostri limiti, ci chiamano dalla loro distanza offrendoci inedite prospettive sul mondo, e con ciò
stesso promuovono l’idea che prospettive ulteriori
siano possibili.
L’incontro con questi prodotti dell’espressività
umana non deve lasciare indifferenti. Sentirsene
conquistati o rifiutarli va bene: non va bene provare quell’indifferenza che si nutre della consuetudine e della incapacità di distinguere (confonde,
mescola tutto assieme, per cui non coglie - appunto - le differenze), che trae origine dall’abitudine a
collocare tutto sullo stesso piano in nome di quello strano relativismo che fa perdere di vista la specificità e la forza connotativa di una forma pronta
a rimettersi in gioco.
Allora un testo poetico riconsegnato a una voce
che lo declama - ma anche a un gesto che lo accompagna - può mostrare molto di più di una sua
parafrasi sciorinata con competente scioltezza, e
sicuramente mostra molto di più del suo catalogo
di occorrenze, di soggetti, di complementi. La voce
che lo fa parlare richiama colori e immagini, suoni
23
Introduzione
e gesti, e desideri..., inediti accostamenti e la voglia
di provarne variazioni, trasformazioni, nuove possibilità, nuovi legami. Poi, magari, ci accorgiamo che
alcuni di questi giochi “funzionano” e sono “belli”
da fare, da far vedere e far ascoltare. E danno quella
sensazione di pienezza, di totalità, che solo i giochi
fatti a regola d’arte sanno dare.
Daniele Dazzan
24
Per una educazione estetica
Le musiche
Scegliere le musiche per un concerto, un esame, uno spettacolo, è sempre molto interessante: ci
si tuffa dentro una letteratura sterminata per trarne
dei brani che in qualche modo siano in grado di
“legare” fra loro, di stabilire un rapporto, tracciare un percorso, suggerire un’idea o semplicemente
disporsi secondo un principio logico (dal semplice
al complesso, dall’antico al moderno oppure secondo il sempre efficace principio del contrasto...).
Quando poi la musica deve legarsi a dei testi
e a delle immagini, allora il lavoro diventa ancora
più stimolante: una musica azzeccata è in grado di
regalare alla parola un’amplificazione incredibile,
e non solo sul piano più scontato dell’emotività;
la scelta di una musica piuttosto che un’altra può
cambiare completamente la percezione del senso
di una stessa immagine.
Certamente il fatto di dover operare in un contesto scolastico, contando su esecutori con pochissimi anni di studio alle spalle, limita di molto le
possibilità di scelta, anche se è vero che il reper25
Introduzione
torio pianistico non difficile e la stessa letteratura
didattica sono talmente sconfinati che comunque
offrono infinite opzioni.
Inizialmente il progetto Microcosmi doveva
prevedere un semplice abbinamento di testi poetici e musiche, in una sorta di omaggio alle realtà
culturali di cui si va colorando l’ambiente scolastico e cittadino: poi, mano a mano, il progetto
si è trasformato in un discorso sui nostri comuni
tratti di umanità, su quello che ci unisce più che
su ciò che ci differenzia: i desideri, l’immaginazione, la fantasia, le speranze, le amicizie... Il testo si
è arricchito di storie, giochi, filastrocche, poesie.
La musica non avrebbe avuto più, quindi, solo il
compito di creare l’atmosfera, ma anche di raccontare, commentare, suggerire, impressionare...
Alda Merini/Immagini del mare e dell’aquilone Debussy Première Arabesque
La musica di Debussy accompagna l’immagine ricorrente del mare e dell’aquilone in vari momenti dello spettacolo, sottolineando in modo fin
troppo facile la vaghezza del desiderio, il delirio
dell’immaginazione (tesa appunto in un perenne,
cangiante e instabile “arabesco”), la dolcezza e il
languore di un anelito che si nutre di se stesso e
di se stesso gioisce ( Desidera, desidera, desidera...
che cosa? Non sa).
Perchè Debussy?
26
Per una educazione estetica
Innumerevoli sono le possibilità di scelta
quando si parla di sogni: cosa meglio della musica
può restituirne l’ineffabile sostanza? Per i compositori romantici scrivere brani ispirati al sogno è
praticamente un obbligo: sogni intimi e delicati, sogni appassionati, sogni spaventosi e terribili.
Ogni raccolta didattica ottocentesca porta il suo
contributo a questo ricco insieme, che comprende
peraltro alcuni dei brani più famosi e noti al grande pubblico (ad esempio il Sogno di Schumann o
la Reverie di Ciaikowski).
Molti di questi brani si sarebbero prestati a
commentare i testi poetici scelti: ma il sogno romantico è generalmente un sogno individuale,
con un’intensità e una tensione profonde; l’atto
del sognare è per l’uomo romantico quasi una
droga, un’ossessione, una fuga da una triste e banale realtà.
Non così per Debussy: la sua è una musica priva di dramma, è musica che si compiace di una
partecipazione panica al “sogno” della natura; è
musica che si nutre della sua ”fisica” bellezza. Il
disegno delicato degli arpeggi iniziali, il desiderio
di altezza della melodia o l’effetto di sfarfallio che
ogni tanto compare nella mano destra creano appunto un arabesco: lo stesso che la coda impalpabile dell’aquilone disegna nel vasto cielo azzurro
della prima immagine.
La fiaba di Ranocchio e Serpentino è introdot27
Introduzione
ta dalla Polka di Strawinski, l’ultimo dei Tre Pezzi
facili per pf. a 4 mani. La musica, scanzonata e
irriverente, ha la duplice funzione di “staccare” dal
quadro precedente e contemporaneamente immetterci in un’atmosfera giocosa, dove le acciaccature, i salti, le note staccate eseguite dalla mano
destra del “primo”, possono essere letti come la
traduzione musicale del movimento reale dei due
protagonisti.
Questo brano di Strawinski è volutamente
semplice, così come è molto semplice e ingenuo
il rapporto fra Ranocchio e Serpentino (“Io ti insegnerò a saltare” dice l’uno, “e io a strisciare sugli
alberi” risponde l’altro, e l’amicizia è cosa fatta, in
barba a tutte le consuetudini sociali che orienteranno poi lo svolgere della fiaba). Strawinski sicuramente non è ingenuo nel costruire il suo pezzo,
ma anch’egli sembra (provocatoriamente) non tener conto di tutti i manuali di armonia, di tutta la
complessità cui era giunta la musica, insomma di
tutte le “consuetudini” cui era avvezzo il pubblico
del tempo, e compone un brano fondato su un
solo accordo che, ripetuto ossessivamente fino alla
fine del brano, crea al basso una sorta di semplicità
liberatoria, sulla quale la “destra” si sbizzarrisce in
un repertorio di puro gioco.
A un certo punto, quando nella storia le madri
intervengono a bloccare un’amicizia sconveniente, tutto finisce, la musica tace; riprende solo più
28
Per una educazione estetica
tardi, a illustrare lo sconcerto dei due protagonisti
che, pur desiderandolo, sono condannati a non
poter più giocare insieme perchè “non sta bene”.
Il brano scelto, qui, è la prima Gnossienne di
Satie. Al di là della sua vocazione all’ “ameublement” (così lo stesso Satie definiva la funzione
delle sue musiche), è una musica che oscilla senza
spostarsi, che non ha direzione, che si muove in
modo quasi casuale, avvolgendosi e riavvolgendosi
su se stessa, senza riuscire, da questo movimento,
a ricavare un senso.
Così possiamo immaginare lo stato d’animo
dei due amici, lo sguardo vuoto, deluso e sconsolato davanti a un mondo che improvvisamente è
diventato ai loro occhi insensato e ostile.
Lo “Schizzo” di Stancinski è interamente basato su un inciso di poche note, dal ritmo stringente; tale frase rimane inizialmente sospesa e poi,
ripetendosi mano a mano più forte e allargata (le
due mani si distanziano sempre più, andando ad
occupare, nel momento di massima tensione, le
due zone estreme della tastiera) “mima” una sorta
di oscura minaccia, l’avvicinarsi, l’incombere di
qualche terribile accadimento.
E’ in qualche modo la stessa immagine suggerita dal testo poetico: dalla sfida orgogliosa dei
due ragazzi, dal loro camminare insieme, da quella visione che, come un lampo, scuote il radicato
perbenismo della gente, bianca e nera, può sca29
Introduzione
turire qualcosa di nuovo e sconosciuto e perciò
temibile e oscuro.
Superiori agli sguardi e alle parole,
passano e non sanno
che il lampo abbagliante come una spada
può far scoppiare il tuono.
Un cluster nella zona grave del pianoforte rinforza l’immagine degli ultimi versi.
Le due fiabe centrali dello spettacolo Microcosmi, Ricottina e Il Tamburo, sono state “sonorizzate” utilizzando due diverse serie di Variazioni di
Kabalewski, in la maggiore su un tema ucraino e
in re minore su tema slovacco. Al di là del diverso
carattere delle due composizioni (più spensierate
e allegre le variazioni per Ricottina, più pensose
e malinconiche quelle per il Tamburo), la scelta è
stata dettata dal riconoscimento di una sostanziale
affinità formale fra la struttura delle due fiabe e
la struttura delle variazioni: in entrambi i casi il
principio compositivo di base è quello dell’”aumentazione”. In Ricottina si passa dal possessso
di una Ricotta a quello di una gallina, e poi un
coniglio, e poi un maiale, e poi una mucca e così
via... Nella fiaba del Tamburo è invece un misero
pezzo di legno a diventare, con baratti successivi,
una pagnotta, un vaso, un mantello, un cavallo, e
infine un tamburo.
Analogamente, in queste serie di Variazio30
Per una educazione estetica
ni (pensate per il repertorio didattico, e quindi
strutturalmente e tecnicamente “facili”), è il tema
ad essere “aumentato”: il motivo iniziale, riportato nella sua veste originale di canzone popolare,
viene progressivamente arricchito, aumentando
il numero delle note (sempre più veloci), complicando il ritmo (sincopi, contrattempi, pause ecc.),
allargando la dimensione armonica: il tutto senza
che si perda, all’ascolto, la percezione della sostanziale identità al modello iniziale. Così la narrazione delle fiabe e l’esecuzione delle Variazioni
procedono di pari passo e la musica contribuisce
a sottolineare, ad ogni passaggio del testo, la conquista del successivo maggiore traguardo.
La soluzione felice della fiaba del Tamburo
viene commentata, senza significati nascosti, da
una travolgente e rumorosa African Melody che,
eseguita dal pf. a 4 mani e da due strumenti a
percussione, funge da sfondo per la festa che si
sviluppa sul palcoscenico e da transizione per la
scena successiva.
31
Introduzione
32
Per una educazione estetica
33
Introduzione
34
Per una educazione estetica
35
Introduzione
36
Fantasia
Fantasia
Immagine di un cielo e un mare azzurri sui quali appare un
aquilone sempre più grande, fin quasi a coprire tutto il mare.
Tre ragazzi si portano sulla scena e si dividono i versi di Alda
Merini.
All’apparizione dell’immagine attacca la Prima Arabesque di
Debussy, che poi accompagna la recitazione dell’intero testo
Se trovi l’aquilone della tua fantasia
legalo con l’intelligenza del cuore.
Vedrai sorgere giardini incantati
e dalla terra sorgerà una pianta
che ti coprirà con le sue foglie.
39
Microcosmi
Fa delle tue mani due bianche colombe
che portino la pace ovunque
e l’ordine delle cose.
Vola da me
con l’aeroplano di carta
della mia fantasia,
con l’ingegno del tuo sentimento.
Vedrai fiorire terre piene di magia
e io sarò la chioma d’albero più alta
per darti frescura e riparo.
(tutti)
Fa’ delle due braccia
due ali d’angelo
e porta anche a me un po’ di pace
e il giocattolo del sogno.
Alda Merini (adattatamento)
Voce adulta fuori campo
Volo di aquilone. Gioco
per vaste pianure senza alberi e acque.
Nel cielo aperto
sale la stella di carta, inarrestabile
risucchiata dalla luce, più in alto,
lontano dagli occhi
e prosegue, prosegue...
A noi appartiene il resto del filo.
Sara Kirsch, Il resto del filo
40
Realtà
Realtà
(Lo schermo si schiarisce, l’acquilone si dissolve: resta un lungo filo.
Appare un paesaggio africano. Su di esso un dipinto di Rousseau:
lo spazio tra realtà e fantasia rievocato dalla favola che segue)
La lettura della storia è annunciata dall’esecuzione della Polka di
Stravinsky. Un frammento rimico-melodico della medesima polka commenta in contrappunto i dialoghi di Rana e Serpentino.
Perché Rana e Serpente non giocano mai assieme
Africa
(Il narratore si fa strada sul palcoscenico e inizia a leggere la
storia, interrotto dagli interventi diretti dei vari personaggi. Gli
interventi degli adulti - le madri di Ranocchio e Serpentino fuori campo: la scena è dei ragazzi, e le “regole” li sovrastano).
43
Microcosmi
Una volta il figlio di una rana, saltellando tra
i cespugli, intravide davanti a sé qualcosa che serpeggiava sul sentiero.
Era lungo e sottile, e la sua pelle brillava.
- Ciao! Cosa stai facendo qui sul sentiero?
- Mi sto semplicemente riscaldando al sole... Mi
chiamo Serpentino. E tu?
- Io sono Ranocchio. Ti piacerebbe giocare con
me?
Così Ranocchio e Serpentino giocarono tra i
cespugli per tutta la mattina.
- Guarda cosa so fare. Se vuoi te lo insegno!
- Ora guarda cosa so fare io! ...Se vuoi te lo insegno...
Dopo un po’ ebbero fame: allora decisero di
andare a casa e di ritrovarsi l’indomani.
- Ti ringrazio per avermi insegnato a saltare.
- E io ti ringrazio di avermi insegnato a strisciare
su per gli alberi.
...
- Mamma, guarda cosa so fare!
- Dove hai imparato a fare questo?
- Me l’ha insegnato Serpentino. Abbiamo giocato
insieme tra i cespugli questa mattina. È il mio nuovo
44
Microcosmi
amico!
- Non lo sai che i Serpenti sono una famiglia cattiva? Nei denti hanno il veleno! Guai a te se giochi
ancora con uno di loro. E non farti nemmeno vedere
a strisciare sulla pancia. Non sta bene!
Anche Serpentino era tornato a casa, e aveva
incominciato a saltellare davanti alla madre.
- Chi ti ha insegnato a fare questo? -.
- Ranocchio!!... È il mio nuovo amico... - Che stupidaggine - disse sua madre, - Lo sai
che abbiamo da sempre cattivi rapporti con la famiglia Rana. La prossima volta che troverai Ranocchio,
afferralo e mangialo in un boccone... E smettila di
saltellare! non è nelle nostre abitudini!
La 2a Gnossienne di Satie accompagna la lettura della storia
da qui in avanti.
Il mattino seguente, quando Ranocchio incontrò Serpentino, se ne tenne lontano:
- Mi dispiace, ma oggi non posso strisciare con te
Serpentino rimase a guardarlo in silenzio ricordando ciò che gli aveva detto sua madre.
- Se si avvicina troppo, lo mangerò in un boccone.
Ma poi si ricordò di quanto si fossero divertiti assieme e di quanto fosse stato gentile Ranocchio
a insegnargli a saltare, così sospirò tristemente e
45
Microcosmi
strisciò via tra i cespugli.
Da quel giorno in poi, Ranocchio e Serpentino
non giocarono più assieme, ma rimasero seduti da
soli al tepore del sole, ricordando ciascuno quel
giorno di amicizia.
Compare l’immagine di una mano bianca e una mano nera che
si stringono. In sovraimpressione il testo poetico, che viene recitato da un ragazzo mentre si fa strada sulla scena
Bianco e Nero
Attraversano la strada sottobraccio,
il ragazzo nero e il bianco,
il dorato splendore del giorno,
l’orgoglio scuro della notte.
46
Microcosmi
Dalle imposte socchiuse la gente nera osserva
e qui la gente bianca discute
indignata per questi due che osano
camminare insieme.
Intervento musicale: Schizzo di Stancinsky. Sulla musica conclude la lettura del testo poetico
Superiori agli sguardi e alle parole,
passano.
E non sanno che il lampo
abbagliante come una spada
può far scoppiare il tuono.
Countee Cullen
Cluster in ff sulla regione grave della tastiera
L’immagine delle mani si dissolve. Sulla scia del cluster, da lontano numerosi ragazzi irrompono sul palcoscenico scandendo varie
volte la filastrocca che segue, fino a coinvolgere Rana e Serpentino
nel gioco e trascinandoli con loro, fuori scena
En den dinu
sava raka tinu
sava raka tika taka
elem belem buf
trif traf truf
a merìka buf.
La filastrocca croata è utilizzata anche in seguito per liberare la tensione creata dai racconti e ristabilire il tempo e lo spazio del gioco e
del coinvolgimento.
47
Desideri
Desideri
Ritorna l’immagine del mare e dell’aquilone. Una voce adulta,
fuori campo, legge il testo poetico.
Ritorna l’Arabesque I di Debussy
Un vecchio siede sotto un albero e dorme,
e una vecchia attraversa la strada,
di ritorno dal frutteto, con una secchia di more.
E un ragazzo giace nell’erba
accanto ai piedi del vecchio,
e guarda le nuvole veleggianti,
e desidera, desidera, desidera,
che cosa, non sa (...!)
Jonathan Houghton
51
Microcosmi
L’immagine di colline italiane sullo sfondo e, in primo piano, il
quadro di una contadinella immersa nei suoi pensieri introducono
la storia dei desideri di “Ricottina”.
Ricottina
Italia
C’era una volta una giovane contadinella che
lavorava tutto il giorno: mungeva le mucche, badava alle galline, teneva in ordine la casa del padrone e... sognava!
Sognava un bel paio di scarpe nuove, un bel
vestito a fiori, un cappello con i nastri colorati...
Ma, ahimé: erano tutte cose che non poteva permettersi.
Un giorno però un pastore le regalò una ricotta.
La ragazzina pensò dapprima ad un bel pranzetto...
Poi, invece..., mise la ricottina in un cestello, se
lo pose in testa, e si diresse al mercato.
Tema e Variazioni in la magg., Kabalevsky: Tema
Strada facendo pensava fra sé e sé:
- Ora vado al mercato e la scambio: la scambierò
con una bella gallina che mi farà tante uova!
52
Microcosmi
(tutti) Ehi se la scambi ci guadagni!!
Tema e Variazioni in la magg., Kabalevsky: Var. I
Ogni mattina sulla paglia dorata avrebbe trovato un bell’uovo caldo e, giorno dopo giorno...
- Scambierò le uova con una coniglia che mi farà tanti coniglietti!!
(tutti) Ehi se la scambi ci guadagni!!
Tema e Variazioni in la magg., Kabalevsky: Var II
Camminava, camminava e contava, contava...
- Due coniglietti bianchi, quattro grigi, tre neri...
Li metterò tutti in una gabbietta, andrò al mercato e
li scambierò con un bel maiale!!
(tutti) Ehi se li scambi ci guadagni!!
Tema e Variazioni in la magg., Kabalevsky: Var IV
- Quando lo avrò ingrassato per bene... lo venderò e comprerò una mucca che mi farà tanti vitellini!!
(tutti) Sì, se lo scambi ci guadagni!!
Tema e Variazioni in la magg., Kabalevsky: Var. V e VI (contemporaneamente alla lettura del testo
- Li venderò e guadagnerò un sacco di soldi!
53
Microcosmi
(tutti) Ehi se li scambi ci guadagni!!
- Allora mi potrò comprare tanti abiti eleganti
e una bella casetta con balconcino... E quando mi
affaccerò, tutti mi saluteranno con un inchino:
- “Buongiorno signorina!”
La musica si interrompe imrpovvisamente
La povera ragazza era convinta che un giorno
tutto ciò le sarebbe davvero successo e, senza accorgersene, immedesimata nel suo sogno ad occhi
aperti, fece davvero un bell’inchino!
Sul “Purtroppo” il pianoforte riprende la coda della VI variazione e termina in minore, assieme al testo
Purtroppo... la ricotta che aveva sul capo cadde
a terra... e non poté comprare un bel niente...!
54
Microcosmi
Irrompono i ragazzi scandendo la filastrocca: la contadinella e
gli altri attori partecipano al gioco e poi escono. Sul palcoscenico
rimangono gli attori per la nuova storia
En den dinu
sava raka tinu
sava raka tika taka
elem belem buf
trif traf truf
a merìka buf.
Il tamburo
India
Immagine: un territorio indiano sul quale si apre una finestra fantastica; in lontananza edifici, in prima piano un tamburo... (Le esclamazioni in neretto vengono pronunciate da un gruppo di ragazzi)
55
Microcosmi
Una povera donna aveva un solo figlio, Rajiv.
Ella faticava tutto il giorno: puliva le case e macinava il grano per i ricchi in città... In cambio riusciva appena a vivere: non poteva permettersi di
comprare vestiti o giocattoli al suo figliuolo.
Una volta gli chiese:
- Che cosa posso portarti dal mercato?
- Un tamburo! Mamma, portami un tamburo!
La donna sapeva che non avrebbe mai potuto
fargli un regalo così, e dentro di sé soffriva.
Tema e Variazioni in re min., Kabalevsky: Tema
Al mercato vendette il grano, ma riuscì a comprare solo la farina di ceci e il sale.
Era triste. E quando per la strada vide un pezzo
di legno, lo raccolse e lo portò al figlio. Non era
ciò che il ragazzo desiderava... ma egli fu ugualmente contento, e quando uscì a giocare lo portò
con sé.
Tema e Variazioni in re min., Kabalevsky: Var. I
Il ragazzo incontra una vecchia che cerca di accendere una stufa
- Perché stai piangendo?
- Non riesco ad accendere la stufa!
- Prendi, prova con questo pezzo di legno...
56
Microcosmi
- In fondo a me non serve, tienilo tu!
La vecchia finalmente riuscì ad accendere il
fuoco, cucinò il pane, e con una fragrante pagnotta ricompensò il fanciullo.
Tema e Variazioni in re min., Kabalevsky: Var. II
Rajiv, continuando la sua passeggiata, arrivò
alla casa del vasaio.
- Perché piange così forte?
- Ha fame, non c’è nulla da mangiare in casa!
- Dagli questo pezzo di pane!
- In fondo a me non serve, tienilo tu!
La moglie del vasaio volle a tutti i costi sdebitarsi con il ragazzo, e gli regalò una bellissima
pentola di coccio.
Tema e Variazioni in re min., Kabalevsky:Var, III
Ma, giunto sulla riva del fiume, Rajiv vide il
lavandaio litigare con sua moglie.
- Perché la tratti così?
- Questa stupida ha rotto l’unica pentola che avevamo... Come faccio adesso a far bollire i vestiti per
poterli lavare al fiume?
- Smettete di litigare! Ecco: prendete questa pentola!
- In fondo a me non serve, tenetela voi!
57
Microcosmi
Il lavandaio, raggiante, diede al ragazzo il suo
mantello!
Tema e Variazioni in re min., Kabalevsky: Var. IV
- E a te cosa è successo?
- Stavo tornando in città con questo cavallo quando una banda di briganti mi ha attaccato, e mi ha
portato via tutto, anche i vestiti! Mi hanno lasciato
solo il cavallo!
- Non temere, prendi questo mantello!
- In fondo a me non serve, tienilo tu!
L’uomo fu tanto riconoscente che gli volle regalare il suo cavallo.
Tema e Variazioni in re min., Kabalevsky: Tema
Il ragazzo dopo un po’ si imbatté in un corteo
nuziale.
- E voi, perché siete così tristi?
- Dobbiamo celebrare le nozze di mio figlio, ma
non abbiamo il cavallo per lo sposo. L’uomo che lo
doveva portare non è arrivato..., e non è bene che
uno sposo si presenti a piedi alle nozze! Ora si sta
facendo tardi e il tempo propizio per la cerimonia
sta per passare!
- Non dovete preoccuparvi: prendete il mio!
- In fondo a me non serve, tenetelo voi!
- Cosa ti posso dare per ripagare la tua generosità?
58
Microcosmi
- Mi piacerebbe tanto avere un tamburo come
quello che sta suonando quel musicista...!
Suono di tamburo in lontananza.
Lo sposo non se lo fece ripetere due volte: fu felice di poter accontentare il ragazzo.
E quando il fanciullo tornò dalla madre, suonando il tamburo a tutto spiano, le raccontò tutta
la storia: grazie a quel misero pezzo di legno, raccolto per strada, il suo sogno era diventato realtà.
Il pianoforte a quattro mani si unisce ai due percussionisti
riprendendone il ritmo e suonando insieme African Melody
di David Curington.
Irrompono i ragazzi: gli attori partecipano unendosi nella marcia festosa e poi escono. Sul palcoscenico rimangono i ragazzi per
la scena che segue e i flautisti, che si dispongono a semicerchio
sullo sfondo
59
Gioco
Gioco
Sullo sfondo dei “Giochi” di Bruegel, dapprima completo, compaiono in
successione particolari del quadro mentre si inscenano filastrocche, conte,
azioni mimiche di giochi vari
Sulle note finali del tamburo comincia la filastrocca.
Mi sì so
che lu va là.
Ma lu no ‘l sa
che mi so
che lu va là.
Mice sìce soce
chece luce vace làce.
Mace luce no‘lce sace
chece mice soce
chece luce vace làce.
63
Microcosmi
Kosenko, Danza
Vari gruppi di ragazzi inscenano sul palco situazioni di gioco
accompagnati dalla musica:
- campanon
- girotondo
- la conta
- moscacieca
- cavallina
- quattro cantoni...
Lacramioare (1849)
Multe flori lucesc in lume,
Multe flori mirositoare!
Dar ca voi, mici lacramioare,
N-are-n lume nici o floare
Miros dulce, dulce nume!
Voi santeti lacrimi de ingeri
Pe pamant din cer picate,
Cand, prin stele leganate,
A lor suflete curate
Zbor varsand duioase plangeri.
Santeti fragede si albe
Ca iubita vietii mele!
Cu voi, scumpe strugurele,
Albe margaritarele,
Primavara-si face salbe.
Dar deodata vantul rece
Fara vreme va coseste!
64
Microcosmi
Astfel soarta crunt rapeste
Tot ce-n lume ne zambeste ...
Floarea pere, viata trece!
Termina la Danza di Kosenko e inizia la lettura di alcuni versi
in russo di Tilimbom, cui segue la recita in italiano. Nel frattempo un gruppo di ragazzi si fa strada sul palcoscenico per animare con movimenti le Trois Histoires pour enfants di Stravinsky.
65
Microcosmi
Tilim-bom
Compare l’immagine di un villaggio russo, e su di essa un quadro
da fiaba: in sovraimpressione la prima strofa dell’ “Histoire” n.
1 in caratteri cirillici
Tilim-bom, Tilim-bom,
corri, al fuoco!, Tilim-bom!
dell’ovile brucia il tetto
e le capre son là sotto.
Forza, aprite quelle porte!
Le campane suonan forte
Pianoforte e flauti dolci iniziano a suonare Tilim-Bom, dalle
Trois histoires pour enfants di Stravinsky. Sulla musica continua il testo della filastrocca
66
Microcosmi
Tilim-bom, Tilim-bom,
presto, fuori!, Tilim-bom.
Corre al pozzo la gallina,
butta un secchio e lo trascina;
segue il gallo con la scala
ben tenuta sotto l’ala...
Ma la capra si lamenta:
“Tutto questo mi sgomenta!”
Tilim-bom, Tilim-bom,
per nessuno io ci son!
Dell’ovile brucia il tetto
e le capre son là sotto.
Tutti scappan dalle tane
suonan forte le campane!
Ma chi suona a tutto spiano?
Non è più quel gatto strano!
Sono accorsi in centomila:
per suonare fan la fila!
Tilim-bom, Tilim-bom,
spegni il fuoco!, Tilim-bom.
La gallina con il gallo,
capra e gatto fanno un ballo:
son disposti tutti in tondo
fanno un grande girotondo
Tilim-bom, Tilim-bom,
corri, al fuoco!, Tilim-bom!
67
Microcosmi
Anatre cigni e oche
Sullo sfondo delle isbe appare il disegno di uno stagno, con
anatre, oche, ecc.
Oche, cigni, anatrelle
giunti son da Fontanelle.
Dormon tutti alla locanda
sulla stessa vecchia branda,
preparata assai di cuore
dagli amici con amore.
Pur la cimice è presente,
(ha lasciato l’altra gente)
ma la pulce, con un salto,
s’è cacciata troppo in alto:
È caduta in un momento
ahi! che male sotto il mento!
E che botta, che spavento!
68
Microcosmi
Piange e geme a non finire:
“Oh, mio dio: sto per morire!”
L’orso
Appare l’immagine di un orso: i ragazzi seduti sul palco ascoltano attenti, poi si stendono come per dormire.
Una volta c’era un vecchio
con la moglie ancor più anziana:
senza prole, senza figli,
nella casa in mezzo ai tigli.
Disse lei al suo consorte
“Va’ nel bosco a far la legna”
Lui rispose di rimando
“Or mi muovo, al tuo comando!”
69
Microcosmi
Ma nel mezzo del boschetto
trova un orso, il buon vecchietto.
“Ti conosco”, l’orso sbotta.
“Vuoi tu far con me la lotta?”
Il vecchietto afferra l’ascia
e la zampa gli sfracella
L’orso scappa in tutta fretta
meditando la vendetta.
“È un buon pranzo per domani”
pensa il vecchio al suo ritorno.
La vecchietta carne ed osso
gratta e lava giù nel fosso.
Nel frattempo l’orso zoppo
al ruscello s’è lavato
e con legno di betulla
una zampa ha fabbricato.
S’è diretto giù in paese
per scovar i vecchi sciocchi.
Zoppicando si avvicina:
è di fronte alla cascina!
Canta e sbraita con furore
mentre scricchiola la zampa.
Tutto dorme, tutto tace:
ma qualcuno non ha pace!
Scappa il vecchio sotto il letto,
la sua vecchia giù in cantina.
L’orso canta ancor più forte.
Qual sarà la triste sorte?
70
Microcosmi
Batte i denti il vecchio sciocco
e tossisce la megera:
l’orso sente, e canta ancora:
“Giunt’è ormai la vostra ora!”
Ecco, l’orso è dentro casa:
raspa, graffia, rompe, afferra.
“Dove siete? V’ho trovati!!”
Un boccon: se l’è pappati!
Compare l’immagine di dune sabbiose all’imbrunire. In primo
piano il quadro di una città araba, notturna e fantastica, sul
quale aleggiano scritte in arabo
Tumba Ali, Ah
Due clarinetti ripetono in eco una ninna nanna araba. Sulle
loro note lumghe si sviluppa la recitazione del testo di una
filastrocca in lingua originale
71
Microcosmi
wāhed ğūğ tlāta
bā msha lisbātā
shra liyyā qamīğa
anā wa kthī khadīğa
khadīğa khadīğa
tal‘a Ibīrū
katshreb essīrū
enna‘na‘ wa shshība
essukar lilkhlīfa
wahed ğūğ tlāta
Marocco
72
Occhi per vedere
Microcosmi
Occhi per vedere
Buio in sala. Voce adulta fuori campo:
Che cosa vedete adesso?
Un occhio di bue percorre il palcoscenico illuminando i ragazzi
distesi nel sonno
L’orchestra attacca l’Andante dal concerto per due mandolini di Vivaldi. Esegue tutta la prima parte, poi continua facendo da sfondo
sonoro al testo.
Sullo sfondo si alternano in sincronia con il testo dipinti che ne
illustrano gli spunti immaginativi
Che cosa vedete adesso?
Globi di rosso, giallo, porpora.
Un momento! E adesso?
75
Microcosmi
Mio padre e mia madre e le mie sorelle.
Sí. E adesso?
Cavalieri in armi, belle donne, visi gentili.
Provate questa.
Un campo di grano — una città.
Benissimo! E adesso?
Una donna giovane e angeli chini su di lei.
Una lente più forte! E adesso?
Molte donne dagli occhi vivi e labbra schiuse.
Provate queste.
Soltanto un bicchiere su un tavolo.
Oh, capisco! Provate questa lente!
Soltanto uno spazio vuoto - non vedo nulla in particolare.
Bene, adesso!
Pini, un lago, un cielo d’estate.
Questa va meglio. E adesso?
Un libro.
Leggetemi una pagina.
Non posso. Gli occhi mi sfuggono di là dalla pagina.
Provate questa lente.
Abissi d’aria.
Ottima! E adesso?
Luce, soltanto luce che trasforma tutto il mondo
in giocattolo...
76
Microcosmi
Sull’ultima diapositiva i ragazzi si “svegliano” e si infilano ciascuno un paio di occhiali da sole.
Benissimo, faremo gli occhiali cosí.
Antologia di Spoon River: Dippold, l’ottico
Attacca la Danza di Kosenko
I ragazzi abbandonano festosamente il palcoscenico.
Ora sullo sfondo compare un prato albanese, sul quale insiste il
dipinto naïf di una scena di lavoro nei campi
77
Microcosmi
L’orcio
Albania
Bartok, Sera in Transilvania.
Il brano accompagna la storia contrappuntandola
Il racconto inizia in lingua albanese.
Si çdo ditë, tri gra po qëndronin rrotull një
burimi për të mbushur ujë. Aty pranë ishte ndaluar për të pushuar një burrë plak që vinte nga një
fshat i largët...
Sulla voce del ragazzo che parla in albanese si inserisce il narratore, in italiano.
Nel villaggio circondato dalle montagne viveva
un contadino con i suoi tre figli. Egli lavorava nei
78
Microcosmi
campi fino a sfinirsi, mentre i figli passavano le
loro giornate senza far niente.
Un giorno il padre si ammalò e così nessuno
lavorò più la terra, che diventò di giorno in giorno
più arida e selvaggia.
I figli cominciarono a preoccuparsi:
- Come faremo a vivere?
- Chi lavorerà la terra?
- Che cosa mangeremo?
Prima di morire, il padre li chiamò e disse loro:
- Non preoccupatevi: ho nascosto nella terra un orcio
pieno d’oro. Se scavate ben bene lo troverete!
Dopo la morte del padre, i tre figli cominciarono a zappare sempre più in profondità alla ricerca
dell’oro.
Scavavano, scavavano… ma non trovavano
niente.
- Lasciamo perdere.
- Ma no! Finiamo il lavoro.
Dell’orcio neanche l’ombra!
Deluso e sconsolato, il fratello maggiore si lasciò cadere sull’erba e... vide davanti a sé la terra,
smossa, umida e odorosa, pronta a ricevere semi.
Allora seminarono, zapparono, sudarono, lavorarono... Imprecarono, anche...
79
Microcosmi
Ed ecco che la terra cominciò a dare i suoi
frutti: mele dorate, ciliegie succose, uve dagli acini
gonfi di nettare, e ortaggi, grano, olive, miele...
Fu allora che capirono le parole del padre: il
tesoro era lì davanti a loro: era la terra sulla quale
camminavano e sudavano.
(a gruppi)
- Non contiene orci pieni d’oro, la terra
- Usa le tue mani per trasformarla,
- la tua fantasia per riempirla di sogni,
- l’immaginazione per pensare il domani.
- l’intelligenza per farne la tua casa ospitale:
(uno)
- “Gur gur bèhet kalàia”,
(tutti)
- “Pietra su pietra si fa il castello”.
80
Microcosmi
Danze Rumene
L’orchestra esegue le Danze Rumene di Bartok.
Alla fine dell’esecuzione dalle quinte vengono lanciati numerosi
aeroplanini colorati sul palcoscenico.
Entra il coro e si dispone sul palco.
Ritorna l’immagine iniziale del mare e dell’aquilone.
Il pianoforte a quattro mani esegue la Ninna nanna veneta
come sottofondo alle due poesie che seguono
Voce adulta fuori campo
Non dite: “ho trovato la verità”,
ma piuttosto: “ho trovato una verità”.
Non dite: “ho trovato il sentiero dell’anima”,
81
Microcosmi
dite piuttosto:
“sul mio sentiero ho incontrato anime in cammino”.
Poiché l’anima cammina su tutti i sentieri.
L’anima non va su di una linea,
e non cresce come una canna.
L’anima si volge in mille petali come un fiore di
loto.
Kahlil Gibran
Un ragazzo si porta sul proscenio e recita i versi conclusivi:
Sei giunto nel paese dei tuoi sogni…
accettando la sfida
fai tua l’estranea melodia
attraversi frontiere
conservi la canzone di tua madre
per cantarla ai tuoi figli.
Gladys Basagoitia Dazza, nata in Perù
Il coro e l’orchestra si uniscono al pianoforte ed eseguono per
intero la Ninna nanna veneta elaborata da Goitre-Russolo.
FINE
82
Appendice
Ninna nanna veneta
per due voci e pianoforte a quattro mani
elab. Goitre-Russolo
Piano 1
Piano 2
5
œ œ
3œœ œœ œ œ œ
&4
F
3
&4 œ œ œ œ œ œ œ œ œ
? 43 Œ
F
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4
Œ.
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Elenco delle opere d’arte utilizzate
- Per le storie di “Rana e Serpentino”, di “Ricottina” e de “L’Or-
cio”, rispettivamente:
Henri Rousseau, Il sogno, 1910;
Silvestro Lega, Contadinella appoggiata a una scala;
Ivan Generalic, Tagliaboschi.
- Per la sezione “Giochi”, integrale e particolari di:
Bruegel, Pieter il vecchio, Children’ s Games, 1559-60.
- Per le Trois Histoires pour enfants di Stravinsky:
Megi Pepeu, Liti di streghe (illustrazione per l’infanzia);
- Per Dipplod, l’ottico:
Wassily Kandinsky, Giallo rosso blu;
EdgarDegas, La famille Bellelli;
Claude Monet, Femmes au jardin;
Christian Berentz, Still-Life with Crystal Glasses;
Sandro Botticelli, La nascita di Venere;
Sandro Botticelli, Incoronazione della Vergine;
Joseph Mallord William Turner, Rain, Steam and
Speed The Great Western Railway;
Jean-Baptiste Camille Corot, Goat-herds, 1866;
Limburg (brothers), Mai (da: Les Très Riches Heures du
duc de Berry);
Bruegel, Pieter il vecchio, The Corn Harvest (August) 1565;
Wassily Kandinsky, Composition VII.
89
Indice
Indice
Microcosmi
Introduzione. Per una educazione estetica
Fantasia
Realtà
Perché Rana e Serpente non giocano mai assieme
Bianco e Nero
Desideri
Ricottina
Il tamburo
Gioco
Tilim-bom
Anatre cigni e oche
L’orso
Tumba Ali, Ah
Occhi per vedere
L’orcio
Danze Rumene
Appendice
Elenco delle opere d’arte utilizzate
3
5
25
27
29
32
35
38
41
47
52
54
55
57
59
64
67
69
75
...Microcosmi prende il via da qui: dalla convinzione che se anche vi sono forme diverse di espressione, esse si rivelano tuttavia come trasformazione
e rappresentazione di una comune esperienza del
mondo. L’urgenza fisica, sensibile e materiale detta la necessità dell’espressione, e nell’espressione,
cioè in tutte le cose fatte ad arte, si saldano relazioni e connessioni, si prospettano possibilità, si
concretano tensioni e nuovi desideri...
Scuola Bertolini
MICROCOSMI
Progetto d’Istituto
realizzato con il contributo della
Fondazione S. Stefano di Portogruaro
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Microcosmi - Istituto Comprensivo Portogruaro 2