Giornale Liceo scientifico 2012:Giornale liceo scientifico 2012 29/05/12 19:10 Pagina 1 eppur si muove rivista monografica del liceo scientifico Galilei - Santa Marinella anno scolastico 2011 - 2012 Disegno di Federico Fabrizi - III G C on soddisfazione saluto questo ormai tradizionale appuntamento con “Eppur si muove”, il nostro giornale monografico annuale frutto del lavoro dei ragazzi della sede associata di Santa Marinella coordinati dalla Professoressa Clelia Di Liello. Il nostro giornale presenta, ogni anno, temi di scottante attualità, negli ultimi anni legati all’ambiente, tema urgente per eccellenza. Quest’anno, l’attenzione dei nostri alunni si è soffermata sull’argomento ACQUA, tema approfondito nel corso dell’intero anno scolastico e focus scelto per la partecipazione della nostra sede di santa Marinella alla Settimana dello Sviluppo Sostenibile promossa dall’UNESCO, del cui logo da alcuni mesi la nostra Scuola ha l’onore di potersi fregiare. L’acqua ha in sé una simbologia magica, religiosa, culturale in genere che il genere umano ha da sempre esaltato. Promotrice di vita, ha dato sviluppo alle più grandi civiltà della Terra, di volta in volta nate sui grandi fiumi, in prossimità del mare, dovunque la presenza di acqua consentisse la vita. Eppure, questo bene prezioso non è, ancora oggi, alla portata di tutti. L’oro azzurro rischia di essere, nei prossimi decenni, la scaturigine di pericolosi conflitti, alla pari del petrolio, dell’oro, della terra. La Scuola, agenzia educativa per eccellenza, non può non promuovere sensibilità ed educazione ad un uso corretto dell’acqua e questa sensibilità i nostri docenti stanno educando negli alunni , protagonisti- si spera più accorti delle passate e presenti generazioni- dello sviluppo di domani, uno sviluppo che sicuramente dovrà trovare altre linee guida, altri percorsi più attenti all’ambiente ed alle leggi della natura. Nel momento in cui scrivo, ringraziando Docenti ed Alunni per il loro impegno, non posso non rivolgere il mio pensiero ad un’alunna che non c’è più, la cui bellezza è stata spazzata via insieme con la giovane esistenza portata via da una insensata violenza; Melissa è oggi alunna di tutte le scuole italiane, a lei anche noi del Liceo Scientifico Galilei di Civitavecchia e Santa Marinella vogliamo rivolgere un saluto ripetendo la frase che i ragazzi di tutta Italia in questi giorni hanno scandito:”Noi non abbiamo paura!”. Civitavecchia, maggio 2012 Il Dirigente Scolastico Prof. ssa Maria Zeno A solo una settimana dalla strage della scuola di Brindisi che ha ucciso Melissa Bassi e colpito altre ragazze, è con trepidazione che presento questo giornale, saggio della creatività e della riflessione dei nostri studenti. Il luogo “sacro” della scuola è stato violato come mai prima nella storia d’Italia e ciò procura a chi nella scuola lavora, sgomento ed indignazione. Nello sfogliare i testi per le ultime rifiniture, ho pensato che in questi lavori sono raccolti la spensieratezza, la curiosità, la fatica e la gioia di mostrare ciò che si è saputo fare. Quale mano, sia essa di un folle isolato o di un attentatore intenzionale, vuole fermare il sereno apprendimento degli studenti? La scuola della paura non esiste, sarebbe soggezione e servitù. La scuola è invece nel libero pensiero, è sempre lotta alla mafia e all’illegalità anche quando parla di mare o di acqua come nel nostro giornale. La scuola è nel sorriso degli studenti, negli sguardi che ascoltano e s’ illuminano agli interrogativi della ricerca, talvolta nelle lacrime di chi assaggia il dolore della vita, nei litigi incontrollati di chi impara la difficile convivenza. Se posso, vorrei dedicare questo lavoro a Melissa che è stata violentemente privata di tutto questo. Dedico a lei e alle sue compagne un lavoro corale in cui abbiamo cercato di mettere insieme trame e significati, voci vicine e lontane di chi, giovanissimo, condivide storie ed esperienze sui banchi di scuola con compagne e compagni i cui genitori parlano italiano ed insieme la lingua del paese che hanno lasciato. Abbiamo tradotto alcuni brani nelle lingue che i nostri giovani sanno parlare, le mettiamo insieme convinti che l’incontro e la conoscenza li renda forti, consapevoli e reattivi; convinti che la civiltà di un popolo sia nella sua capacità di aprirsi al mondo e di guardarlo in faccia con coraggio e generosità. E’ la nostra risposta alla violenza di chi vorrebbe i propri giovani votati alla viltà e all’ignoranza. S. Marinella, 26 giugno 2012-05-27 Insegnante referente del Progetto Clelia Di Li el l o P.s.: avremmo voluto aggiungere altre traduzioni in russo, ucraino e cinese, ma i nostri computer non sono predisposti a ricevere i loro caratteri. Per lo stesso motivo, ci scusiamo per gli accenti che non abbiamo potuto segnare. Giornale Liceo scientifico 2012:Giornale liceo scientifico 2012 29/05/12 19:10 Pagina 2 mare 2 Una volta ho chiesto ad una ragazza: “Cos’è per te il mare?” e lei mi ha risposto :“Per me il mare é vita: lo vivo totalmente. Non solo mi piace andarci, ma vorrei vivere in riva al mare: lo guardo, lo annuso, lo tocco, mi ci immergo, leggo. Al mare penso agli aspetti più amari della mia vita, ma anche a quelli più felici. Parlo con gli amici, cammino e gioco a palla sulla spiaggia, mi tuffo dalle rocce, faccio l’amore, mi lascio andare alle sensazioni, alla fantasia, alla storia che tanto deve al mare. Il mare è il mio ambiente preferito. Mi dà tutta la serenità di cui ho bisogno, gli rivelo i miei segreti più nascosti, i miei sogni. È un luogo dove tutti siamo uguali. È la libertà e la fuga.” Andreea Sescu IV G Vivere il mare a Santa Marinella Le opportunità del nostro mare: dalla salute allo sport D a sempre considerata “La Perla del Tirreno”, Santa Marinella offre per i villeggianti e per coloro che abitano in questa cittadina molteplici attività e benefici strettamente in relazione con il mare. La nostra cittadina ci regala l’opportunità di godere di un mare ancora molto pulito rispetto ad altre località; questo è riscontrabile nella presenza della Poseidonia, dei ricci di mare e di molte specie che ancora popolano il nostro mare. Dal punto di vista medico, Santa Marinella, è una località che per la sua aria ricca di iodio si presta bene a persone che presentano patologie dell’apparato respiratorio, per i soggetti asmatici e per coloro che sono affetti da alcune patologie tiroidee come l’ipotiroidismo. Principalmente appare molto evidente l’aspetto sportivo della nostra cittadina, che offre la possibilità di praticare moltissime attività sportive come la pesca, il canottaggio, il nuoto e la vela. A tale proposito sono presenti nel porto turistico di Santa Marinella numerose associazioni che propongono corsi estivi ed invernali per ragazzi e adulti con lezioni teorico-pratiche che preparano l’allievo ad intraprendere il bellissimo sport della vela. Questo è uno sport che ti avvicina molto al mare, che appassiona, che offre molto a chi lo vive. Io stesso pratico la vela da dieci anni e con il passare del tempo ho cominciato ad amarlo sempre di più, è uno sport ecologico e salutare che forma la persona principalmente sotto l’aspetto psicologico; crea il carattere dell’individuo e ti fa vedere con i tuoi occhi come il mare possa rappresentare la metafora della vita: ci sono momenti belli e felici in cui la barca procede quasi da sola e momenti difficili dove la barca è difficile da controllare. Il mare, lo sport e la passione formano la persona e la mettono in condizione di affrontare qualsiasi situazione. Alessio Manuelli II G Foto di Eleonora De Luca - V G I primi documenti della modernità - la Dichiarazione d’indipendenza americana e la Dichiarazione francese dei diritti dell’uomo e del cittadino - proclamano i diritti alla vita, alla libertà, alla felicità e li rivendicano per tutti. Da allora i diritti sono aumentati di numero e si sono estesi a soggetti diversi, da ciascun uomo ai popoli e all’ambiente. Talvolta confliggono tra loro come per esempio il diritto alla privacy e quello alla sicurezza, altre volte finiscono per essere solo dichiarazioni di principio, spesso disattesi o violati. Tuttavia non è possibile farne a meno perché sono strumenti giuridici e politici insostituibili per illuminare il cammino dell’umanità. Diritti di prima generazione. Sono i diritti civili e politici: alla vita, all’integrità fisica, libertà di pensiero, di religione, di associazione, di stampa, alla partecipazione politica, all’elettorato attivo e passivo. Giornale Liceo scientifico 2012:Giornale liceo scientifico 2012 29/05/12 19:10 Pagina 3 3 Navigando fra le norme Cosa occorre sapere per godere del nostro mare in tutta sicurezza D opo una paurosa esperienza in mare (caduti dalla barca nel mare in tempesta), i sempre più frequenti accadimenti riguardanti tragici incidenti marittimi e la bella stagione alle porte, abbiamo deciso di parlare di sicurezza in mare. Secondo le norme della Comunità Europea (C.E.), ci sono diverse unità marittime da diporto, ossia prive di scopo di lucro alcuno; noi, per motivi di praticità, parleremo unicamente di quelle più comuni e cioè delle unità piccole e medie, cioè natanti e imbarcazioni. Secondo le norme vigenti, questo tipo di barche non possono avvicinarsi entro i 300 m dalla costa e non possono allontanarsi oltre le 6 miglia, inoltre devono rispettare le condizioni meteorologiche dettate da due parametri fondamentali: la forza del vento e l'altezza delle onde. Le imbarcazioni non possono uscire dal porto con venti superiori a forza 6 e onde superiori ai 2m; i natanti, invece, non possono navigare con venti superiori a forza 4 e onde più alte di 50 cm. Se non fosse indicato nel "manuale del proprietario", come consueto nelle imbarcazioni marcate C.E., il numero di passeggeri trasportabili dalla suddetta unità è proporzionato alle sue dimensioni secondo il regolamento di sicurezza: 3 passeggeri per unità lunghe 3,50 m; 4 per unità lunghe 4,50m; 5 per 6 m; 6 per 7,50m e infine 7 per unità superiori ai 7,51m. Entro le 6 miglia tutte le imbarcazioni devono essere provviste di alcuni articoli necessari per la sicurezza dei passeggeri. Questo corredo è obbligatorio e consiste in cinture di salvataggio e salvagente anulare con cima a persona; 2 boette fumogene e una luminosa; 2 fuochi a mano e 2 razzi a paracadute a luce rossa; fondi regolamentari e apparecchi per la segnalazione acustica. I non possessori incorrono in salate sanzioni da parte della Polizia della navigazione. Ogni comandante di una qualsiasi imbarcazione deve inoltre essere munito di una serie di documenti che riguardano sia il natante (libretto e polizza assicurativa) che quelli relativi al conducente che variano a seconda della potenza del motore: per un mezzo con motore di potenza inferiore ai 40.8cv (30kw) è sufficiente un documento di riconoscimento, per quelli superiori a tale potenza è necessaria la patente nautica rilasciata dopo esame e il raggiungimento della maggiore età. Può essere richiesta ad un ufficio della motorizzazione civile oppure ad un ufficio circondariale m arittimo o ancora alla capitaneria di porto. Le patenti nautiche sono 5 e sono suddivise a seconda della distanza praticabile dalla costa e dalla potenza del mezzo. Hanno validità limitata e necessitano di rinnovo ogni 10 anni, 5 anni a partire dai 60 anni di età. Per ottenere una licenza nautica occorre sostenere un esame teorico che riguarda: elementi di teoria della nave ed elenco dei fari; funzionamento, avarie e autonomie dei motori di bordo; regolamento e dotazioni di sicurezza; incolumità dei passeggeri; atteggiamenti da mantenere in caso di maltempo, avarie e sinistri; norme di circolazione, bollettini e strumenti meteorologici; coordinate geografiche, carte nautiche, rosa dei venti, bussole, scandagli, prora e rotta; codice della navigazione, obblighi, poteri e doveri del comandante, documenti a bordo e ordinanze Autorità Marittime locali. La prova pratica è effettuata in acqua e determina la capacità del candidato nel condurre il mezzo a diverse andature, nell'attuare manovre, nelle pratiche di ormeggio, disormeggio e recupero uomo in mare, nell'abilità di saper fronteggiare il maltempo e nel corretto utilizzo delle dotazioni di sicurezza. A questo punto, non ci resta che salpare sulla nostra imbarcazione e augurare a tutti "buon viaggio"! Giulio Arisci e Simone Romitelli - III G …l’Atlantico o il Pacifico sono i mari delle distanze, il Mediterraneo è il mare della vicinanza, l’Adriatico è il mare dell’intimità” Nei giorni in cui il mare è particolarmente trasparente e la sua profondità è più visibile, si scorgono qua e là i contorni di insoliti oggetti, relitti, costruzioni: è facile prendere subito per buona l’impressione di aver scoperto sul fondo una galea affondata con un ricco carico, un palazzo d’altri tempi… I contorni ondeggianti possono evocare la memoria umana, i relitti e le carcasse la storia, le rovine affondate il destino. Il Mediterraneo è un collezionista appassionato.” Predrag Matvejevic, Mediterraneo, un nuovo breviario. Giornale Liceo scientifico 2012:Giornale liceo scientifico 2012 29/05/12 19:10 Pagina 4 4 LA VITA DI UN UOMO DI MARE S pesso, quando si pensa ad un lavoro difficile, viene in mente il manovale, il fabbro, il contadino, ma uno dei lavori più difficili al mondo, a mio parere, è quello dell’uomo di mare. Una testimonianza di questo, lo è mio padre, uomo di mare dall’età di 18 anni. Ogni volta che gli pongo la domanda “Papà qual è la parte pi difficile del tuo lavoro?”, Lui mi prende il viso e guardandomi negli occhi risponde: ”Stare lontano per mesi e mesi dalle cose che ami di più”. Mio papà, all’età di diciotto anni, pur di guadagnare qualcosa in più di soldi per poter comprare un regalo a mia mamma, come dice sempre lui, si imbarcò come ufficiale, dopo aver conseguito gli studi ad un istituto nautico. Mesi e mesi lontano da casa, per un futuro migliore e agiato, per rendere felice sua moglie, e per poter costruirsi una famiglia. Ecco che così mio padre si imbarcò. A quell’epoca non c’era ancora la possibilità di chiamare ogni giorno con il telefono satellitare, così pur di sentire la donna che amava, e pur di essere sempre presente, mio padre iniziò una lunghissima corrispondenza con mia madre. Pile e Pile di lettere, scritte nei momenti più scuri, nei momenti di malinconia, o anche nei momenti di gioia di soddisfazione. Dopo questi primi anni di navigazione, mio padre riesce a sposarsi con mia madre, ma pochi mesi dopo è costretto a ripartire per un periodo non definito. Mia madre scopre di essere incinta, e mio padre riesce a prendersi una licenza per starle vicino. Poco prima del parto però, è costretto a ripartire. All’età di 24 anni, età in cui adesso i giovani pensano ancora a divertirsi, ad uscire la sera, mio padre era imbarcato da più di cinque anni, aveva una moglie, una casa, e un figlio in arrivo. I mesi trascorrono e mia madre è sempre “più incinta” fino al giorno in cui viene alla luce mio fratello….ma mio padre non c’è. È in Brasile, con la sua nave, lontano da sua moglie e dal suo primogenito… Cerca di fare di tutto per tornare a casa ma è tutto inutile.. Ritornerà dopo ben quattro mesi... Eccola la difficoltà di questo lavoro: stare lontani dalla propria famiglia, perdersi eventi importati come questi, solo per poter permettersi di vivere dignitosamente. Ma questo tipo di vita non è difficile solo per gli uomini che navigano, ma anche per le loro famiglie. Mia madre spesso e volentieri si è trovata sola a casa per molti mesi, solo con l’aiuto della sua famiglia di origine. Pur di stare più vicino a lui, si è trasferita in un altro paese, viaggiava continuamente anche solo per vederlo per un giorno, ha lasciato il suo lavoro per cambiare città, ha rinunciato a molte cose solo per amore. Io e mio fratello siamo cresciuti con Molti Natali e compleanni senza il nostro papà, con domeniche pomeriggio dove tutti i nostri amici uscivano con tutti e due i genitori mentre noi solo con la nostra mamma. Mi ricordo una volta, alle elementari, quando la maestra ci fece fare un lavoretto per il 19 Marzo, la festa del papà. Quando questo fu pronto disse ad ognuno di noi di far venire il proprio papà a scuola per ritirarlo, e mentre tutti gli altri erano lì con il loro, io ero li con mamma, mentre papà era imbarcato per chissà dove. Ricordo anche le settimane passate senza nemmeno sentirlo per telefono, ricordo i pianti miei e di mio fratello che volevamo il nostro papà, e ricordo anche la gioia nei nostri occhi e in quelli di mio padre quando tornava a casa. Tutto questo però non vuol dire che egli sia stato un padre assente, anzi tutto il contrario! Ogni volta che poteva ci chiamava, quando tornava stava sempre con noi, ci riempiva di abbracci, di baci, di affetto. Ora mio padre è comandante superiore di lungo corso, il grado più alto della marina mercantile. Ora è un direttore, e nonostante lavori ancora all’estero, riesce a stare molto più spesso a casa, facendo un mese lì e un mese con la sua famiglia. È molto più presente, e non sentiamo più la sua mancanza come prima, dato che riusciamo a sentirlo almeno per telefono ogni giorno. Se mi chiedessero di sintetizzare la Diritti di seconda generazione. Sono i diritti economici, sociali e culturali: al lavoro, al riposo, alla casa e diritto di svago, di tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere, l’istruzione e la partecipazione alla vita culturale. Giornale Liceo scientifico 2012:Giornale liceo scientifico 2012 29/05/12 19:10 Pagina 5 5 vita dell’uomo di mare in tre parole sarebbero: amore, coraggio, forza. Per poter fare un lavoro del genere bisogna sapere a cosa si va incontro, bisogna amare il mare, propria casa per molti mesi, e non bisogna mai crollare, mai. Mio padre mi ripete sempre “Se non vi avessi amati cosi tanto, non avrei passato metà della mia vita sul mare. Eh si, è proprio vero quello che dicono molti poeti, -Un marinaio ama il mare come la sua famiglia-, perché devo ringraziare il mare se non vi ho mai fatto mancare niente e se ogni giorno vedo sul vostro volto, e sento nella vostra voce la felicità di vivere “. Rossella Maresca – II H Povero Mediterraneo! A i primi del ‘900 le coste del Mediterraneo erano, con le poche eccezioni dei porti, del tutto disabitate. Nel corso del XX secolo sono state assalite da una speculazione edilizia sregolata ed aggressiva che ha fatto sì che oggi sono 140 milioni le persone che vi abitano e che in estate quasi raddoppiano; studi urbanistici prevedono allarmati che nel 2025, saranno 500 milioni gli abitanti residenti sulle coste. Questa tendenza ha provocato conseguenze irreversibili sullo stato delle acque marine. Le 120 maggiori città costiere della regione mediterranea sono infatti quasi tutte prive di impianti di depurazione e le loro fogne, in cui confluiscono anche buona parte degli scarichi industriali, sfociano nel mare. A tutto ciò si aggiungono i rifiuti solidi e il fatto che anche i grandi fiumi che sfociano nel Mediterraneo contribuiscono ad inquinare con pesticidi e diserbanti che si inseriscono nelle catene alimentari. Inoltre ogni anno il Mediterraneo è attraversato da navi mercantili cariche di sostanze tossiche e da petroliere che spesso diffondono più o meno involontariamente oltre 300.000 tonnellate di idrocarburi .Tutte queste minacce sono ancora più gravi se si considera il fatto, spesso sottovalutato, che il nostro Mediterraneo è un mare praticamente chiuso con un tempo di scambio delle acque di circa 80 anni. FLORA e FAUNA A RISCHIO, anche a S. marinella. Non solo studi scientifici, ma anche la testimonianza di pescatori e amanti del mare delle nostre coste di S. Marinella, raccontano di come il mare non sia più quello di una volta e di come alcune specie siano addirittura a rischio di estinzione. Tra quelle maggiormente considerate in pericolo e bisognose di una protezione sono il tonno rosso, la corvina (Sciaena umbra), le aragoste ed il simpaticissimo pesce balestra. Il tonno rosso È uno dei pesci ossei più veloci del mediterraneo, arriva ad una velocità di circa 70 Km/h. Ha un corpo fusiforme e può arrivare a un peso di 910 Kg, strutturato appositamente per favorire la velocità nel nuoto e favorire le migrazioni naturali della specie. La corvina (sciaena umbra) Fa parte della famiglia dei fondali rocciosi o praterie di Posidonia, oggi in grave pericolo di estinzione. Ha un corpo alto, che può raggiungere i 70 cm di lunghezza ; presenta dei colori sul grigio, con riflessi tra il metallico e il dorato. Si nutre principalmente di piccoli pesci e di Posidonia; è proprio questo stretto contatto con quest’alga, che minaccia la specie. L’Aragosta Questo crostaceo, appartenente alla famiglia dei Palinuridi, si trova nei fondali rocciosi, tra i 20m e i 70 m. È una delle specie meno inconfondibili, grazie alle sue lunghe antenne e alla sua colorazione rosso-brunacea tendente al viola. Il suo corpo può raggiungere i 50 cm di lunghezza e si nutre generalmente di piccoli organismi come pesci e alghe. Pesce balestra (Balistes carolinensis ) Appartenente alla famiglia dei balistidi è tipico di fondali rocciosi a profondità tra i 10 e i 100m; ha un corpo particolarmente ovale , con delle bellissime pinne che si aprono quando il pesce si sente più tranquillo. È un pesce quasi piatto, che può raggiungere i 45 cm di lunghezza, con una tonalità di colori tra il grigio-azzurro e viola. Veronica Floris – III G Am întrebat odată o fată: "Ce este marea pentru tine?" Şi ea mi-a răspuns: "Pentru mine,marea este viaţă: o traiesc pe deplin. Nu numai că îmi place să merg, as vrea să trăiesc pe malul mării. O privesc, o miros, o ating, mă scufund in ea, citesc pe ţărmul ei . Mă gandesc la momentele cele mai grele din viaţa mea, vorbesc cu prietenii, mă plimb şi joc fotbal pe plajă, mă arunc de pe stanci, fac dragoste, ma relaxez intru totul, mă las condusa de senzaţii, de imaginaţie si de istorie, care datorează atât de mult mării. Marea este mediul meu preferat. Ea imi dă toată seninătatea de care am nevoie. E un loc unde toţi suntem egali. Reprezinta libertatea si refugiul fiecaruia dintre noi." Traduzione in rumeno di Andreea Sescu IV G Via G. Brasca snc - Santa Severa (RM) Tel. 0766.571392 - Fax 0766.571700 E-mail: [email protected] Giornale Liceo scientifico 2012:Giornale liceo scientifico 2012 29/05/12 19:10 Pagina 6 6 Art. 9: “La Repubblica promuov e lo sv iluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione” Cultura, ricerca, paesaggio, patrimonio storico e artistico. L’articolo 9 della Costituzione italiana si ripromette di tutelarli a dovere. Insieme. Il nesso tra questi termini è legato al loro destinatario: il cittadino. Che il cittadino sia istruito ed educato, che goda del paesaggio dell’Italia intera. “Paesaggio”, parola non più alla moda, convertita in “ambiente” - tutela e difesa dell’ambiente - inteso come luogo salubre, con un diretto riferimento alla salute, principale fuoco del benessere civile. Ma la terra del cittadino non è solo suolo naturale, è anche l’arte e la storia che quei luoghi hanno trasformato nelle nostre belle città d’arte. Jednom sam pitao jednu djevojku: “Sta je po tebi more?” I ona mi je odgovorila: “Za mene more je zivot: totalno zivim. Ne samo sto volim ici, zeljela bih zivjeti na moru: gledajuci, mirisuci, dodirivajuci, roneci, citajuci. Kad sam na moru, mislim na gorke dogadaje mog zivota, pricam sa prijatelima, setam, igram fudbaz na plazi, bacam se sa stijena, vodimljubav, emotivno se opustim, fantaziram. More je moj najdrazi ambijent. Opusti me na svaki nacin. To je mjesto gdje smo svi isti. U isto vrijeme je sloboda i bjekstvo.” Traduzione in serbo di Nebojsa Kolar, papà di Stefan II G Istruire, cercare, educare; adagiare cioè l’individuo nel proprio universo, metterlo nelle condizioni di vivere un’esistenza legata alla libertà perché aprire le porte del sapere vuol dire porre in condizione ogni cittadino di creare e di diffondere il proprio pensiero. Serrarle significherebbe lacerare le fondamenta della nostra Costituzione e direttamente dello Stato inteso come dimora dei civili. I temi ricordati nell’articolo 9 sono quindi in relazione tra loro. L’articolo 9 può essere inteso come “Il capitolo delle BELLEZZE”: quelle della cultura, della ricerca, del paesaggio, della storia e dell’arte. Il cittadino, che le racchiude tutte, è la loro ragion d’essere, fine ultimo e promotore delle stesse. Art. 9: speriamo di esserne all’altezza! Jacopo Tenan – III G PESCA ABUSIVA. Una pratica illegale sempre più presente a Civitavecchia e dintorni. S i parla spesso di comportamenti illegali che coinvolgono il Lazio in generale e Civitavecchia e dintorni in particolare. E quasi sempre vengono subito in mente truffe, traffici illeciti, abusivismo ma anche attività malavitose e tante altre forme di attività criminali. Raramente invece si parla di un fenomeno che si sta sviluppando sempre di più sul nostro territorio: la pesca abusiva. Tanti, troppi sono gli episodi che negli ultimi anni hanno fatto crescere questa attività illecita e sottovalutata. E soprattutto nel 2011 e in questi primi mesi del 2012 si sono verificati tanti episodi di questo tipo legati in modo particolare all’attività di pesca dei ricci di mare. Ad esempio il 25 novembre 2011 il Reparto Operativo Aeronavale della Guardia di Finanza ha sorpreso alcuni subacquei, in immersione nelle acque di Santa Marinella, intenti a pescare proprio gli echinodermi con l’ausilio di autorespiratori, apparati vietati per svolgere la cattura dei ricci di mare, ed in quantità notevolmente superiore al massimo consentito. I subacquei, tra l’altro sprovvisti dell’autorizzazione necessaria, al momento dell’intervento dei militari avevano già pescato più di 5000 esemplari con il limite della vigente normativa fissato a massimo 50 esemplari per ciascun pescatore. La rivendita abusiva dei molluschi avrebbe fruttato illeciti ma cospicui guadagni ai pescatori. Episodi simili si sono poi verificati il 18 gennaio 2012, quando sono stati sequestrati circa 7000 ricci di mare e il 27 febbraio 2012, sempre a Santa Marinella, con il sequestro di 6000 echinodermi. Nei confronti dei responsabili sono state contestate le violazioni alla disciplina della pesca marittima, che prevede la sanzione pecuniaria fino a 12 mila euro, nonché la sospensione della licenza per gli esercizi commerciali che vendono tali prodotti ai propri clienti. Ovviamente quest’ attività illecita non si ferma ai ricci di mare: il 24 marzo 2011, ad esempio, è stata fermata a Montalto una coppia di coniugi intenta a togliere le reti messe in mare la sera prima, con un “raccolto” di circa 15 chili di pescato. Il 23 marzo del 2012 invece altro episodio di pesca abusiva perchè a Pescia Romana, Diritti di terza generazione. Sono i diritti di solidarietà ed hanno come destinatario i popoli: diritto all’autodeterminazione, alla pace, sviluppo, equilibrio ecologico, controllo alle risorse naturali, difesa dell’ambiente. Giornale Liceo scientifico 2012:Giornale liceo scientifico 2012 29/05/12 19:10 Pagina 7 7 nelle acque al confine con la Toscana, un peschereccio è stato sorpreso, in zone vietate alla pesca, con la rete a strascico calata in mare in presenza di un fondale inferiore a 30 metri. Questo tipo di pesca, in violazione alle vigenti normative, rischia di arrecare, significativi danni alla flora ed alla fauna marittima costiera che caratterizzano l’ambiente marino in prossimità della terraferma. Va ricordato inoltre che la pesca illegale danneggia l’intera produttività del settore e può portarlo al collasso, anche perché scoraggia chi la pratica invece in modo responsabile. E questo è un problema molto serio per tutti coloro che dipendono da queste risorse come fonte di cibo e di reddito. La pesca illegale è praticata ovviamente senza autorizzazione perché si tratta di pescare specie protette, usare tipi di attrezzature fuorilegge e non osservare le quote di cattura. Esistono modi per combattere la pesca illegale in mare aperto, ma sono spesso costo- si e difficili da mettere in pratica, data l’estensione delle distese da monitorare ed i costi per la tecnologia necessaria. Tuttavia soprattutto negli ultimi mesi l’attività costante della Guardia Costiera e dei vari reparti che si occupano della pesca di frodo ha portato a termine diverse operazioni tese a diminuire il fenomeno, con successo. Andrea Curcio, Leonardo Novello, Luca Colasanti, Lorenzo Trebiani IV G «“Mio Dio! Mr Chase, che sta succedendo?” Ed io risposi: “Una balena c’ha cozzato”.» Q ueste sono le parole del capitano Pollard rivolto al primo ufficiale Owen Chase durante lo scontro tra un capodoglio e la loro baleniera Essex. Il fatto accadde nel 1820 circa; un simpatico episodio,se così si può definire, successo poco meno di due secoli fa. Oggi la situazione non è molto diversa riguardo alla caccia di balene, anzi, è peggiorata e non è un argomento divertente: si tratta di un serio problema, una guerra che si combatte ormai da tempo. Ma come nasce questa caccia? E a che scopo? Le sue origini sono antiche ma il maggior sviluppo si ha nel XVI secolo nell’oceano Indiano e nel XIX secolo in quello Pacifico. All’inizio si cacciavano le balene per il grasso trasformato in olio che serviva ad alimentare le lampade e si cacciavano i capodogli per i profumi. Oggi sono cacciati per la loro carne da paesi come il Giappone, l’Islanda, gli Stati Uniti, e il Canada. Le tecniche usate sono brutali come brutale è questa usanza; nei secoli scorsi le balene venivano spinte alla deriva spaventandole, oppure i Baschi, grandi cacciatori di balene, usavano il metodo “grind”, che era quello di attaccare balene gravide spostatesi nelle acque basse per partorire, un vero e proprio metodo di tortura, tanto che le balene arpionate venivano lasciate agonizzare per anche un’ora. Oggi si usano metodi non meno brutali: arpioni ed esplosivi, il pentrite o PENT un potente esplosivo che viene sparato all’interno dell’animale per poi esplodere. Intorno al XVI secolo iniziarono a diffondersi le stazioni baleniere, cioè porti per queste navi da caccia; la più importante fu a Smeerenburg. In seguito alla diminuzione delle balene queste stazioni cominciarono ad essere abbandonate. L’IWC, la Commissione Internazionale per la caccia alle Balene, si oppone a questa pratica e ai turisti che vengono attratti dalla caccia più che dalle balene stesse. Dal 1982, nonostante i trattati stipulati per non catturare le balene, sono state uccise più di 50.000 balene. Nel 1986 è vietata la caccia alle balene da alcune nazioni ma si è comunque continuato ad ucciderle; per salvare il mammifero più grande della terra è stata “recintata” un’area protetta di 50.000.000 di chilometri, ma i balenieri non si lasciano facilmente spaventare e la violano sistematicamente. BALENIERE La fabbricazione di vascelli di grandi dimensioni per la caccia alle balene cominciò con i Baschi, perchè vollero spingersi a largo, contrariamente a quanto avveniva in precedenza. Perciò costruirono imbarcazioni grandi chiamate “karaka”, lunghe all’incirca 20 metri; in seguito si munirono delle caravelle, più facili da manovrare. Solo nel XIX secolo sono state costruite le vere e proprie baleniere, inizialmente formate da un solo albero, diventati poi tre. La caratteristica è la notevole capacità di stivaggio. Risale al 1868 la prima baleniera a vapore, chiamata Spes et Fides, caratterizzata da un cannone che lanciava gli arpioni fino a 50 metri di distanza per ferire ed uccidere la balena. Le attuali baleniere sono lunghe circa 30-40 metri SEA SHEPHERD Nel 1975 il capitano Paul Watson lavorava con Greenpeace per la protezione dei cetacei e rischiò quasi la vita per salvarne uno: si imbattè in un capodoglio in fin di vita e si commosse. Questa fu la motivazione per la quale Watson decise di abbandonare Greenpeace e fondare nel 1977 Sea Shepherd, che è attualmente l’associazione che si adopera di più per la salvaguardia delle balene. Oggi l’associazione Sea Shepherd è ancora attiva e continua a lottare contro la caccia a queste creature. Paola Alligri, Eleonara Ceccarelli, Martina Prizzi - III G Giornale Liceo scientifico 2012:Giornale liceo scientifico 2012 29/05/12 19:10 Pagina 8 8 DELFINI, MERAVIGLIOSI ANIMALI A RISCHIO Jednom sam pitao jednu djevojku: “ Sta je za tebe more?” i ona mi je odgovorila: “Za mene more je zivot: dozivljavam ga u potpunosti. Ne samo da mi se svida ici na more, voljela bih zivjeti na obali mora: gledam ga, mirisem, dodirujem, zaronim, citam. Na moru razmisljam o gorkim stranama moga zivota, razgovaram sa prijateljima, setam i igram nogomet na plazi, skacem sa stijena, vodim ljubav, prepustam se osjecajima, mastanju, istoriji koja duguje moru. More je moja omiljena okolina. Daje mi totalni mir. To je mjesto gdje smo svi jednaki. I sloboda i bjeg.” Traduzione in croato di Nihad Kulovic , Valentina Mikulic, papà e mamma di Adi II H Q uesti splendidi animali, tra i più intelligenti del pianeta, sono preda di una terribile caccia. Da più di cento anni, vengono catturati, strappati dal loro gruppo sociale e imprigionati in vasche di cemento per divertimento, per “ricerca” e più recentemente per contatti terapeutici. Il 53% degli esemplari catturati muore in cattività entro i primi tre mesi mentre la vita media in libertà sarebbe di quarat’anni. Anche i comportamenti illegali come la pratica di scaricare il contenuto dei serbatoi delle petroliere in mare mettono a rischio la vita di questi mammiferi e i frequenti incidenti come quello che è successo nelle acque del Golfo del Messico, quando il 20 aprile 2010 il Pozzo Macondo, posto a oltre 1500 m. di profondità, ha tracimato provocando la morte di oltre 5000 esemplari. Si aggiunge la terribile caccia ai delfini aperta, anche quest’ anno, il primo settembre 2011 in Giappone: una cosa che sarebbe già vergognosa in sé, se non fosse che a renderla più disgustosa è la mattanza a cui si riduce tutto ogni volta: di delfini ne vengono uccisi a migliaia e in modo atroce! Inutili i tentativi di molte associazioni e voci isolate per fermare questa inutile strage. Beatrice Lotto, Elena Marotta, Camilla Mollenbeck III G Di ri tti di quarta g enerazi o ne. Sono i diritti relativi al campo delle manipolazione genetiche, bioetica, nuove tecnologie, contro il fenomeno dello spamming che lede il diritto alla riservatezza dei dati personali, diritti del mondo animale. Giornale Liceo scientifico 2012:Giornale liceo scientifico 2012 29/05/12 19:10 Pagina 9 9 Nel Delta del Niger N el Delta del Niger, se sei un pescatore devi remare quattro ore per arrivare in acque dove il pesce non odora di petrolio grezzo. Se vivi ad Akala Olu rischi di non vedere mai il buio perché le torce di gas sprigionate dagli impianti dell’Agip creano una luce perenne. Se la tua casa è vicino a un pozzo di petrolio, è molto probabile che per una fuoriuscita l’aria puzzi per giorni di petrolio e gas, che tu non riesca a respirare o che sul tuo corpo compaiano lesioni cutanee. Se vivi a Oloibiri, Ikarama, Oruma o in tanti altri villaggi del Delta del Niger, sei costretto a bere, cucinare e lavarti con acqua inquinata. Se avessi abitato a Bodo il 28 agosto 2008, avresti visto una conduttura dell’oleodotto del Trans Niger incendiarsi e una fuoriuscita di petrolio riversarsi nella baia per ben due mesi; avresti anche potuto vedere come la Shell, responsabile dell’incendio, non solo non ha interrotto immediatamente il riversamento ma, addirittura, è arrivata dopo otto mesi nel tuo villaggio per portarti scorte di cibo clamorosamente insufficienti! Se fossi uno dei 31 milioni di abitanti del Delta del Niger questa sarebbe la tua quotidianità! Amnesty International Nel Delta del Niger B y the Niger delta, if you are a fisherman, you have to row four hours long to get to waters where the fish don't smell of crude oil. If you live in Akala Olu, you might never seen the dark because of the gas torches of the AGIP factories which make a perennial light. If your house is located near an oilwell, because of emissions, the air may smell of oil and gas for several days, you couldn’t breath or some skin lesions may appear on your body. If you live in Oloibiri, Ikarama, Oruma or in many other villages by the Niger Delta, you have to drink, cook and wash yourself with polluted water. If you had lived in Bodo on 28th august 2008, you would have seen the TransNiger bursting into flames and an oil emission pouring into the bay for two months. You could also have seen how the Shell, responsible for the fire, not only didn’t stop the emission immediately, but it went to the village after eight months to bring not nearly enough food supplies! If you were one of the 31 million of Niger inhabitants, that would be your daily life. Traduzione a cura di Filippo Curti - V G I DISASTRI MARINI Tre casi esemplari (tra memoria e riflessioni) Una delle piaghe più dolenti del nostro pianeta e in particolare dell’ambiente marino, causate dall’uomo, sono i disastri marini - incidenti navali o rilasci di sostanze chimiche molto nocive - che provocano danni all’intero ecosistema marino e i cui effetti purtroppo sono duraturi nel tempo. Minamata (Giappone) T ra i disastri marini più importanti della storia è quello di Minamata, in Giappone, dove dal 1932 al 1968 vi fu un rilascio di metilmercurio nelle acque reflue dell’industria chimica ChissoCorporation. Questo composto chimico altamente tossico si accumulò nei molluschi, nei crostacei e nei pesci della baia di Minamata e del mare di Shiranui, entrando nella catena alimentare e causando così l’avvelenamento da mercurio degli abitanti del luogo, dal quale poi si sviluppò la cosiddetta “Malattia di Minamata”, chiamata anche “sindrome di Minamata” o “Malattia di Chisso - Minamata”, scoperta per la prima volta nel 1956, una sindrome neurologica i cui sintomi erano atassia, parestesie alle mani ed ai piedi, generale debolezza dei muscoli, indebolimento del campo visivo, danni all’udito e difficoltà nell’articolare le parole e che, in casi estremi, portava a disordine mentale, paralisi, coma e morte. I Giapponesi considerano questo disastro marino uno dei più gravi che il loro Paese abbia mai avuto, poiché da inquinamento marino è diventato un vero e proprio disastro ambientale senza precedenti, la cui rimembranza, specialmente per i sopravvissuti, desta tuttora orrore e terrore. Disastro ambientale che causò, dalla scoperta della malattia, decessi lungo più di 30 anni (inclusi quelli di gatti, cani e maiali), decimando la popolazione di quelle zone. Nel marzo 2001, si contavano 1.784 persone morte. Stefano Squillace – III G Giornale Liceo scientifico 2012:Giornale liceo scientifico 2012 29/05/12 19:10 Pagina 10 10 One day I asked a girl: “What does the sea mean to you?”, and she answered: “ it’s life to me. I really love it. Not only I enjoy the sea, but I’d also like to live by it: I observe it, smell it, touch it, I plunge in it, I explore it: By the sea I think about all the difficult moments in my life, talk to my friends, go for a walk, play on the beach, I dive from the rocks, I make love and let myself go after my feelings, my fantasy, that history that owes so much to it. The seaside is my favourite place. It gives me all the peace I need. It is a place where we are all the same. It is freedom and an escape” Traduzione di Mariya Banas IV G L’AFFONDAMENTO DEL TITANIC: L’INCIDENTE MARITTIMO PIÙ GRAVE DELLA STORIA L a notte tra il 13 e il 14 aprile del 1912, proprio un secolo fa, affondò nel suo primo viaggio inaugurale il transatlantico Titanic. Nell’affondamento morirono 1503 persone delle oltre 2200 imbarcate. Uno shock per tutta la popolazione mondiale che si era affacciata al nuovo XX secolo con una grande fiducia riposta nel progresso. Del disastro ambientale che l’affondamento del Titanic provocò, non ci sono studi o ricerche specifiche probabilmente perché l’affondamento avvenne in pieno Oceano Atlantico, il relitto infatti, spezzatosi in due tronconi, è stato trovato a circa 3800 metri di profondità, a 22 km dal punto dove si riteneva fosse affondato e a circa 486 miglia (860 km) dall’Isola di Terranova, quindi molto distante dalla costa. La parte di prua è stata trovata a 600 metri di distanza da quella di poppa. Il Titanic dislocava oltre 46000 tonnellate ed aveva a bordo il necessario per far vivere per circa 20 giorni (un viaggio di andata e ritorno) oltre 2200 persone compresi i circa 800 uomini di equipaggio (quindi ad esempio cibi, bevande, ma anche saponi, biancheria, ecc.). Inoltre c’era una quantità enorme di arredamenti, che riempivano le suite di prima classe, le cabine di seconda e terza classe. Il Titanic funzionava a carbone e doveva avere a bordo diverse migliaia di tonnellate di carbone, che sono andate disperse sul fondale considerato che ne consumava oltre 800 tonnellate al giorno per far funzionare le macchine e che la nave navigava da quattro giorni soltanto. È verosimile che l’affondamento del Titanic abbia provocato un significativo inquinamento dell’area dove si è adagiato, con danni all’ambiente che non sono stati rilevati anche perché in quel periodo la sensibilità verso i problemi dell’inquinamento ambientale era veramente minima. Bisogna anche tener conto del fatto che all’inizio si era cercato di coprire il disastro, tanto che il giorno dopo dell’affondamento il Vice Presidente della società armatrice disse ai giornali che la nave non correva alcun pericolo. Solo il 17 aprile, quando cioè arrivò in porto a New York, la nave Carpathia, che aveva raggiunto il luogo del disastro la mattina del 14 aprile e soccorso i naufraghi superstiti, si comprese tutta la gravità del disastro ed il Senato americano aprì una inchiesta formale. Si pensi che dopo il ritrovamento del relitto, sono stati recuperati dal fondale oltre 5000 oggetti. Federica Caravelli – III G Costa Concordia I l mare è un bene prezioso che va difeso e salvaguardato con tutte le nostre forze. Purtroppo alcune volte non è così in quanto succedono disastri marini che ne danneggiano l’ambiente circostante, da renderlo pericoloso per la salute di flora e fauna. Uno degli ultimi casi è l’incidente della Costa Concordia che rischia di trasformarsi in un ennesimo disastro ambientale. La nave ancora arenata nelle immediate vicinanze dell’Isola del Giglio rischia di mettere in pericolo una delle coste più belle della nostra penisola. In casi come questi, il danno maggiore è provocato dallo sversamento dei serbatoi di gasolio; per fortuna i serbatoi della Concordia, anche se con più di due mesi dall’incidente, sono stati svuotati prima di causare altri danni. Si teme che la nave abbia provocato lacerazioni nel fondale e compromesso l’ecosistema di quella parte di mare. Io ritengo che tutta questa situazione abbia influito e stia influendo negativamente sull’aspetto del Giglio e dell’Italia, potrebbero arrivare meno turisti all’isola del Giglio preoccupati dell’inquinamento. Ma stando alle parole del Sindaco Sergio Ortelli “La nave Costa Concordia impatta solo sul 5% della nostra isola, rovina solo una piccolissima parte del nostro territorio. Laddove è accaduto il naufragio è una cala bellissima, ma c’è il rimanente 95% che forse è ancora più bello.” Quindi secondo il sindaco non c’è la paura di perdere ammiratori e turisti. Speriamo che a visitare l’isola nella prossima estate non siano i turisti del “macabro” attratti dalla gravità dell’incidente, piuttosto gli amanti del mare! Francesco Crocioli – III G Giornale Liceo scientifico 2012:Giornale liceo scientifico 2012 29/05/12 19:10 Pagina 11 11 Un’etica per la civiltà tecnologica “ Agisci in modo che le conseguenze della tua azione non distruggano la possibilità futura della vita umana sulla terra”. Hans Jonas. Alla fine degli anni ’70 (1979) Hans Jonas esponeva la sua riflessione in merito al tema della responsabilità nella sua opera ‘Il principio di responsabilità’. Sarebbe oggi quantomeno opportuno tornare sulla riflessione del filosofo per prendere atto di quanto essa sia urgente e tuttavia da noi ignorata, assorbita da una cultura, purtroppo, generalmente diffusa di un individualismo eccessivo che pone le necessità dell’ “io” ben al di sopra di quelle della collettività. Come è stato osservato da Galimberti, filosofo contemporaneo, ci troviamo oggi in quella che potremmo a tutti gli effetti definire la ‘società della tecnica’, immersi cioè in un progressivo ed allarmante processo di deresponsabilizzazione che ci ha decisamente ristretto la visuale, limitandola al nostro presente ed al futuro a noi più prossimo. Ma quale generazione può arrogarsi la facoltà di precludere a quelle future l’inalienabile diritto alla vita, ora che essa è più che mai a rischio? È qui che subentra il principio di responsabilità che, come troppo spesso possiamo notare, sta venendo meno proprio ora che ci troviamo in un’epoca in cui l’uomo ha compromesso l’ambiente a tal punto da metterlo a rischio. Osservando la realtà a noi più prossima, ovvero quella di cittadina sulla costa che al mare deve tutto, non dovremmo sorprenderci nel riscontrare una sensibilità maggiore da parte degli abitanti (se non anche dei turisti) nei confronti della condizione ambientale di questa porzione di mare che, potremmo dire, ci è stata affidata o, meglio, lasciata in prestito; ma spesso si verifica il contrario, per cui il rispetto per quella che è la nostra casa da logica norma diventa inusuale ambientalismo. L’“ambientalismo” è un termine che non dovrebbe neanche comparire, non in un luogo come il nostro almeno, in quanto la cura e l’amore per la cittadina così bella che abitiamo dovrebbe venire quasi naturale fino a maturare una responsabilità personale e radicata che impegni direttamente ciascuno di noi. Ma se questa responsabilità, come sta accadendo, non riuscisse ad emergere forse perché (ma è solo un’ipotesi) respinta da un’epoca inospitale, in cui si osserva la natura solo come oggetto da dominare, sarebbe auspicabile e sufficiente anche un po’ più di senno, necessario a comprendere come il danneggiamento del nostro piccolo spicchio di terra e di mare concorra alla distruzione del ben più grande ecosistema che siamo soliti chiamare Terra e del quale non siamo al di sopra (come spesso con supponenza pensiamo), ma di cui facciamo pienamente parte, senz’altro non la migliore delle parti. Tutto ciò si riverserà come un’ondata sulle generazioni future. Sta a noi sentire le prime gocce dell’acquazzone e correre ai ripari. Annalisa Diddoro V G Un dìa le pregunté a una chica: <<Qué es el mar para ti?>> Y ella me respondiò: <<Para mì el mar es la vida. Lo vivo totalmente. No solo me gusta ir sino que querrìa vivir en la orilla del mar: lo miro, lo huelo, lo toco me baño en él, leo. Cuando estoy en la playa pienso en los lados mas amargos de mi vida, hablo con los amigos, paseo y juego con la pelota en la playa, me lanzo de las rocas, hago el amor, me dejo llevar por las sensaciones, por la fantàsia, por la historia que tanto debe al mar. El mar es mi ambiente favorito. Me da toda la serenidad que quiero. Es un lugar donde todos somos iguales. Es la libertad y el escaparse. Traduzione di Giorgia Torcellini IV G “Che cos’è il Mediterraneo? Mille cose insieme. Non un paesaggio, ma innumerevoli paesaggi. Non un mare, ma un suseguirsi di mari. Non una civiltà ma una serie di civiltà accatastate le une sulle altre. Viaggiare nel Mediterraneo significa incontrare il mondo romano in Libano, la preistoria in Sardegna, le città greche in Sicilia, la presenza araba in Spagna, l’Islam turco in Iugoslavia. Significa sprofondare nell’abisso dei secoli, fino alle costruzioni megalitiche di Malta o alle piramidi d’Egitto. Significa incontrare realtà antichissime, ancora vive, a fianco dell’ultramoderno: accanto a Venezia, nella sua falsa immobilità, l’imponente agglomerato industriale di Mestre; accanto alla barca del pescatore che è ancora quella di Ulisse, il peschereccio devastatore dei fondi marini o le enormi petroliere.” Fernand Braudel, Il Mediterraneo. TITANIC IN PILLOLE Passeggeri Perdite S alvati Totale 1^ classe 119 uomini, 11 donne e bambini 142 uomini, 24 donne e bambini 417 uomini, 119 donne e bambini 682 uomini, 3 donne 1517 54 uomini, 145 donne e bambini 15 uomini, 104 donne e bambini 69 uomini, 105 donne e bambini 194 uomini, 20 donne 706 338 269 metri LUNGHEZZA 28 m. LARGHEZZA : 2^ classe 3^ classe Equipaggio Totale 285 710 ALTEZZA DEL PONTE S U LINEA DI GALLEGGIAMENTO: 18 m. (53 m. l'altezza totale ) DIS LOCAMENTO: PROPULS IONE: a vapore, mediante 29 caldaie con una potenza di 51.000 CV VELOCITÀ MAS S IMA : 899 2222 46.328 t.; 23 nodi (43 km/h) CAPACITÀ MAS S IMA PAS S EGGERI: 547 (di cui 899 uomini equipaggio); Giornale Liceo scientifico 2012:Giornale liceo scientifico 2012 29/05/12 19:10 Pagina 12 12 Acqua: gestione privata o gestione pubblica? acqua A proposito del Referendum 12 Giugno 2011. Mirko Di Luzio e Jacopo Tenan - III G T utto è cominciato il 17 novembre 2009, quando il governo pone la fiducia sul cosiddetto “Decreto Ronchi”, che all’articolo 23 bis sancisce definitivamente il passaggio al settore privato della gestione dei servizi al cittadino, tra cui anche la gestione dell’acqua, in linea con la maggior parte dei paesi europei. In Italia si scatena un ampio dibattito che conduce al referendum celebrato nella primavera del 2011. Si schierano contro la privatizzazione coloro che rivendicano il diritto all’acqua come bene pubblico a tutti gli effetti, un bene di primaria importanza che purtroppo in molte zone povere del Mondo è ancora soltanto un miraggio. Essere contro la privatizzazione dell’acqua, secondo alcuni, significa essere impegnati moralmente per una giusta causa, da difendere a spada tratta. Significa non permettere ai soggetti privati di speculare economicamente su questo bene che, mentre da noi rischia di diventare monopolio esclusivo di pochi, in molte parti del Mondo non è ancora bene pubblico di cui i popoli possono usufruire. Oltre all’aspetto morale, tra le principali paure c’è poi quella che i privati possano gestire la “risorsa acqua” secondo il loro esclusivo interesse economico. Di parere diverso, invece, è il fronte del sì, che in merito all’ansiosa situazione dei servizi pubblici che non funzionano come dovrebbero e che sono mal gestiti rendendoli una principale fonte di spreco di denaro pubblico (oltre il 65%), crede c≤he sia giusto affidare la gestione dell’acqua ad imprenditori privati, sicuramente meno propensi agli sprechi in quanto non ne trarrebbero alcun vantaggio economico. Ma il fronte del NO incalza: e se qualche utente non paga, o meglio non è in grado di pagare, che cosa accadrà? Ci sarà la possibilità di creare “eccezioni” a casi difficili di persone in difficoltà? È ovvio che nessuno vuole lo spreco del “bene acqua”, ma la gestione privata dell’acqua che risponde alla logica “costi-ricavi” presenta seri dubbi sul futuro dell’erogazione del bene-servizio. Contro la gestione privata dell’acqua lavora anche la diffidenza dei cittadini italiani nella capacità delle istituzioni di bandire gare di appalto trasparenti, di scegliere seri amministratori e di attuare rigorosi controlli. Più certi appaiono invece gli aumenti dei costi per i consumatori e la prepotenza delle società erogatrici non contrastata da una classe politica spesso indebolita ed infiacchita. Il referendum del 12 giugno 2011 si è espresso a favore dei sostenitori dell’acqua come bene pubblico. Stefano Mareschi III G LA PRIVATIZZAZIONE DELL’ACQUA SECONDO PROTAGORA L o scorso anno è stato indetto un referendum per far scegliere al popolo italiano tra l’ acqua pubblica o privata. Analizziamo la questione prendendo come punto di riferimento il filosofo Protagora, nato ad Abdera e vissuto tra il 480 a.C. e il 400 a.C. circa, uno tra i maggiori esponenti della dottrina relativista. Innanzitutto bisogna distinguere due livelli: il “campo della conoscenza” dal “campo dell’ azione” che dal filosofo vengono distinti per indicare rispettivamente le opinioni che teoricamente vengono formulate e che sono poste tutte sullo stesso piano, e le ipotesi tra le quali viene scelta ed applicata una soltanto nella pratica secondo il criterio dell’ utile. Si muove sul campo dell’azione chi è favorevole alla privatizzazione; questi, ragionando sull’ utilità, portano avanti l’ ipotesi secondo la quale la gestione privata dell’acqua sarebbe un bene in quanto eviterebbe molti sprechi. I contrari invece, ragionando sul principio, si schierano dalla parte opposta dei precedenti perché pensano che l’acqua sia un bene comune e di vitale importanza, quindi inalienabile. A questo punto, dopo aver illustrato i “ragionamenti doppi ma ugualmente validi”, bisogna seguire un percorso logico che porti a far prevalere una delle due ipotesi e a condannare l’altra. In ambito politico Protagora si pone il problema di come decidere cosa sia buono e utile per la città, e risponde che, in accordo con i principi democratici, è giusto ciò che è ritenuto tale dalla città, ovvero dalla maggioranza dei cittadini. Adattando questa premessa al referendum dello scorso anno, nel quale gli italiani hanno votato contro la privatizzazione della gestione dell’acqua, si può facilmente dedurre che questa non può essere giusta per il Paese. Alla luce di questo ragionamento, personalmente mi schiero contro la privatizzazione dell’ acqua perché, concettualmente parlando, trovo che l’ acqua essendo l’elemento di vitale importanza di tutti gli esseri viventi è impensabile che possa essere gestita da un ente privato. Gli argomenti principali usati da chi è favorevole alla privatizzazione sono lo spreco e l’inefficienza della gestione pubblica, che nessuno può negare. Penso però che sia vergognoso pensare di poter speculare sull’ acqua, che – in quanto indispensabile - pone un problema politico in senso “forte” , esteso cioè alla dimensione più propriamente etica. Gli italiani hanno votato a favore dell’acqua come bene pubblico: spero che questa decisione sarà rispettata. Flaminia Valchera III G Giornale Liceo scientifico 2012:Giornale liceo scientifico 2012 29/05/12 19:10 Pagina 13 13 CHE ACQUA BEVIAMO? Intervista al funzionario del Comune di S. Marinella “ Le acque destinate al consumo umano devono essere salubri e pulite. Non devono contenere microrganismi e parassiti, né altre sostanze, in quantità o concentrazioni tali da rappresentare un potenziale pericolo per la salute umana”. Questo è quanto sancisce il decreto legislativo numero 31 del 2 febbraio 2011. La legge regolamenta dal punto di vista sanitario tutti gli aspetti organolettici, microbiologici ed i processi di gestione legati all’erogazione dell’acqua fissando così dei limiti di concentrazione massima ammissibile. I parametri vengono stabiliti tenendo conto dell’assunzione massima giornaliere su lunghi periodi, della natura del contaminante e della sua eventuale tossicità. Purtroppo è facoltà delle amministrazioni locali, in caso di necessità, innalzare i limiti con delle ordinanze temporanee, che rendono le nostre acque meno sicure. Tutto questo diminuisce sensibilmente la fiducia dei cittadini nei confronti dell’acqua erogata dal rubinetto domestico, portandoli ad un consumo sempre maggiore delle acque in bottiglia; ciò oltre a creare un evidente aggravio economico, provoca anche un incremento dei fattori inquinanti. Una maggiore trasparenza d’informazione su quello che in realtà esce dai nostri rubinetti di casa potrebbe concorrere ad accrescere la fiducia dell’acqua potabile pubblica, dato che è compito delle amministrazioni garantire la qualità dell’acqua. Abbiamo intervistato un funzionario del comune di Santa Marinella, Domenico Guidoni, per conoscere la nostra realtà locale; gli abbiamo perciò posto alcune domande, secondo noi significative, per tranquillizzare e informare i cittadini riguardo all’acqua che beviamo. “ Con quali criteri l’acqua viene definita potabile? Vi è una legge che stabilisce i criteri di potabilità dell’acqua e poi viene demandato all’Asl il compito di effettuare dei prelievi periodici per verificare il rispetto dei parametri previsti dalla normativa vigente. Oltre alla Asl noi abbiamo in gestione il servizio idrico all’ ACEA dal 1 gennaio del 2006, che provvede a sua volta a effettuare analisi di routine oltre a quelle che effettua normalmente l’ente pubblico. Come viene depurata l’acqua potabile del nostro territorio? L’acqua che viene immessa nel territorio comunale viene da acquedotti principalmente gestiti dall’ ACEA, ovvero dall’acquedotto principale del Peschiera, perciò è acqua di sorgente e quindi potabile e rientra tranquillamente nei parametri di legge. Inoltre l’ ACEA provvede a effettuare anche lungo il percorso dalla sorgente alla distribuzione, che avviene attraverso decine di km, alcune filtrazioni per eliminare le impurità e verfica giornalmente il rispetto dei parametri. Per quanto riguarda, invece, gli acquedotti periferici cioè quelli collegati all’acquedotto del nuovo Mignone parliamo questa volta di un’acqua proveniente da una sorgente che poi attraversa un fosso, perciò viene trattata con un impianto di potabilizzazione, situato nel territorio di Civitavecchia. Possiamo perciò affermare che l’acqua del rubinetto a Santa marinella si può bere? Si, si può bere tranquillamente. Per molto tempo si è detto che l’acqua nel nostro territorio aveva un’ alta percentuale di arsenico. Questo problema è stato risolto o sussiste tutt’ora? Il problema dell’arsenico non riguarda il 98% degli acquedotti, soltanto le utenze che sono collegate all’acquedotto delle ferrovie presentano questa problematica. L’ ACEA sta provvedendo a dismettere queste ultime e prenderle direttamente in consegna, così che vengano alimentate direttamente dalla sorgente, o meglio dall’acquedotto principale dell’ ACEA. Che l’acqua di Santa Marinella non abbia problemi ce lo conferma, indirettamente, l’ACEA ATO2, che ha invitato i Sindaci e le ASL di tutti i Comuni interessati per discutere della potabilità delle acque, escludendo proprio questo comune. Come si può sensibilizzare la gente ad utilizzare l’acqua del rubinetto? Vi anticipo una cosa, l’amministrazione culturale sta provvedendo ad installare nel territorio comunale tre centraline di distribuzione dell’acqua potabile, cioè centraline che depurano ulteriormente l’acqua attraverso dei filtri, per dare modo agli utenti di bere acqua potabile a un costo notevolente inferiore rispetto a quello con cui si compra nei supermercati. Questa è un’ operazione che va incontro a quelle che sono le esigenze dei consumatori. Certamente la popolazione va sensibilizzata attraverso convegni e informazioni-stampa”. Speriamo di aver soddisfatto le curiosità di tutti i cittadini di Santa Marinella, così che il consumo dell’acqua del rubinetto sia da adesso in poi più frequente. Camilla Profili, Ilaria Pucci, Valerio Tofi, Marco Pasqualini, Emanuele Sgamma, Federico Di Loreto IV G Giornale Liceo scientifico 2012:Giornale liceo scientifico 2012 29/05/12 19:10 Pagina 14 14 Chiudi il rubinetto A cqua, oro blu, una risorsa preziosa che molto spesso non viene apprezzata nella giusta misura. La superficie terrestre è composta per il 71% di acqua, ma l’acqua dolce disponibile rappresenta solo lo 0,008% dell’acqua totale. Ad aggravare la situazione si sono aggiunti dal 1950 in poi inquinamento, incremento demografico e soprattutto lo sfruttamento idrico incontrollato dei paesi in via di sviluppo. Risultato? Una riduzione del 40% delle risorse idriche e 1,4 milioni di persone che non hanno accesso all’acqua potabile, senza dimenticare i 2 miliardi che pure avendone accesso non possono usufruirne per le cattive condizioni sanitarie. La prospettiva futura e tutt’altro che rosea. Alcune previsioni affermano che la domanda d’acqua entro il 2050 raddoppierà portando la maggior parte della popolazione mondiale a dover affrontare una seria carenza d’acqua potabile. Quello che sorprende (e dovrebbe far riflettere) è l’andamento molto sbilanciato dei consumi: un individuo in un paese industrializzato consuma circa il triplo d’acqua di uno che abita in un paese in via di sviluppo. Così ci ritroviamo col problema che la fetta più grande della risorsa idrica è consumata dalla minima parte della popolazione. Il primo passo verso una soluzione a portata di tutti è quello di evitare gli sprechi: un rubinetto che goccia, uno sciacquone che perde, lasciare scorrere l’acqua mentre si lavano i piatti o mentre ci si insapona o quando si lavano i denti, fare il bagno invece della doccia, usare una lavatrice o una lavastoviglie non a pieno carico; tutte cose che possono fare la differenza. Con un po’ di attenzione, questi sprechi si possono evitare; basta acquisire l’abitudine dei piccoli gesti del quotidiano che costano poco e che, per i meno fortunati, valgono molto. Cerchiamo di sensibilizzarci di più su questo argomento, perché l’acqua non è infinita ed è troppo importante per essere sprecata; fallo per te, fallo per la tua famiglia, fallo per il mondo, chiudi il rubinetto. di Andrea Perugini Pochi gesti quotidiani per evitare lo spreco dell’acqua. No al rubinetto che goccia, allo sciacquone che perde, non lasciare scorrere l’acqua mentre lavi i piatti o ti insaponi o quando ti lavi i denti, fai la doccia e non il bagno, usa la lavatrice o la lavastoviglie a pieno carico. L’acqua non è infinita ed è troppo importante per essere sprecata; fallo per te, fallo per la tua famiglia, fallo per il mondo, chiudi il rubinetto. Andrea Perugini – IV G Neki od nacina, u stalnom zivotu, minimalne potrosnje vode. Ne, slavina iz koje kaplje voda, vodokotlic kji trosi vodu, ne ostavzjaj vodu odurnutu, dok peres sudove ili dok pere zube, tusiraj se i nepuni kadu vodom, upotrebljavaj ves masinu ili masinu ja sudove, kada je puna sudova ili vesa za pranje. Voda nije bezkrajna i mnogo je dragocjena da bi se trosila bez potrebe; cini za tebe, za tuoju familiju, za cijeli svijet, zatvori slavinu. Traduzione in serbo di Nebojsa Kolar, papà di Stefan II G Malo svakodnevnih poteza za izbjegavanje bezpotrebne potrosnje vode. Kazi ne slavini koja kaplje, vodokotlicu koji propusta vodu, ne ostavljaj da voda uzaludno tece dok peres posude ili se nasapunjavas ili peres zube, bolje tusirati se nego kupati, koristi perilicu ili stroj za pranje posuda uvjek punu. Voda nije beskonacna i previse je bitna da bi se neodgovorno trosila, uradi to za sebe, uradi to za tvoju obitelj, uradi to za svijet, zavrni slavinu. Traduzione in croato di Nihod Kulovic e Valentina Mikulic, mamma e papà di Adi II H Giornale Liceo scientifico 2012:Giornale liceo scientifico 2012 29/05/12 19:10 Pagina 15 15 Acqua. Israele/Palestina: 5 a 1 P ochi sanno che la guerra tra Israele e la Palestina, considerata soprattutto guerra di religione sia alimentata, in realtà, anche dal problema dell’acqua. In queste terre dove da sempre regna una difficile situazione politico-sociale, il susseguirsi di devastanti siccità e la poca acqua presente hanno generato contrasti insanabili ed interminabili. Inoltre la strategia militare adottata da Israele negli ultimi decenni, ha determinato che lo stato ebraico ricevesse due terzi della sua acqua dai territori conquistati nel 1967 con la guerra dei 6 giorni. Anche in questo caso, sebbene la guerra sia scoppiata per motivi legati alle risorse petrolifere, vi furono ripercussioni sulla gestione dell’acqua e da allora Israele, uscito vincitore, controlla ancora le risorse idriche nei territori occupati, con il risultato che oggi il consumo dell’acqua pro capite annuo degli israeliani è circa di cinque volte superiore a quello dei palestinesi. Considerate queste premesse appare molto difficile porre fine a questi contrasti. Di recente anche Amnesty International ha tentato di intervenire sulla questione, ma ancora l’85% dell’acqua palestinese viene gestita dagli israeliani che hanno anche espropriato i pozzi e vietato colture che necessitano di molta quantità di acqua. Inoltre si verificano gravi disagi in quei villaggi palestinesi che hanno come unica risorsa d’acqua le autocisterne. Infatti questo tipo di trasporto ha un costo elevato ed in più i blocchi stradali della Forza di difesa israeliana costituiti da check point rendono difficile per gli autotrasportatori raggiungere i luoghi ove l’acqua scarseggia, poiché le cisterne vengono spesso danneggiate dai colpi d’arma da fuoco. In un mondo in cui aumenta la popolazione mentre diminuisce la ricchezza idrica, il potere è nelle mani di chi si accaparra sorgenti e fonti del nuovo oro blu. Matteo Corona III G Few daily actions to avoid the waste of water No!: to dripping tap, to the leaking flushing tank, don't leave the water running during the washing up or when you’re soaping yourself or brushing your teeth, having a shower and not a bath, using the washing machine or the dishwasher at full load. The water isn't endless and it is too important to be wasted; do it for you, do it for your family, do it for the world, turn off the tap. Traduzione di Margherita Settimi I G Pocos gestos cotidianos para evitar el derroche de agua. Di no al grifo que gotea, al váter que pierde, no dejes que el agua corra mientras estás fregando los platos o estás usando el jabón para lavarte las manos, cuando te estás cepillando los dientes, dúchate y no te bañes, usa la lavadora o el lavavajillas sólo cuando estén llenos. El agua no es interminabile y es tan importante que no se puede derrochar; hazlo por ti, por tu familia, hazlo por el mundo entero, cierra el grifo. Traduzione di Stefano Moretti I G Giornale Liceo scientifico 2012:Giornale liceo scientifico 2012 29/05/12 19:10 Pagina 16 16 L’ A F R I C A S E N Z A ACQ UA Q uando noi abbiamo bisogno di acqua, apriamo il rubinetto ed ecco che questa scorre fra le nostre dita. Non è così nei paesi più poveri, dove l’acqua rappresenta uno dei beni più preziosi. Nel nostro pianeta, infatti, l’acqua non è distribuita omogeneamente, vi sono paesi ricchi di sorgenti d’acqua illimitate (o quasi), e altri che, al contrario, a causa del clima e del territorio, ne sono privi. Uno dei continenti, ove la scarsità d’acqua si fa sentire con maggiore impatto, è l’Africa. Qui, la disponibilità d’acqua è diminuita di tre quarti negli ultimi cinquant’anni. Il clima africano è caratterizzato da lunghi periodi di siccità. Un clima caldo, arido, desertico, che non permette lo sviluppo agricolo necessario alla sussistenza della popolazione. In paesi come la Tanzania, il Kenya, l’Uganda e il Sudan risulta difficile trovare acqua a sufficienza, anche solo per dissetarsi. Questo comporta lunghi viaggi, sotto il battito caldo e incessante del sole, alla ricerca di pozzi ove rifornirsi di acqua potabile. Il più delle volte questo compito spetta alle donne e ai bambini perché gli uomini sono occupati nel lavoro, e questo li espone ai pericoli della strada e alle malattie. Queste lunghe ore di cammino, in cerca di acqua, e il ritorno, carichi di pesanti taniche, provocano danni fisici in particolare nei più piccoli. E in più “rubano” loro il tempo da dedicare allo studio e al lavoro. La quasi mancanza di acqua potabile e pulita, comporta anche la diffusione di malattie quali il tifo, il colera, infezioni ed epatiti. In Africa, si contano circa 30 mila decessi alla settimana, causati proprio dalla mancanza di questa risorsa basilare per il corpo umano. Per lo più si tratta di bambini, i più soggetti e deboli di fronte a questa carenza, che vivono in luoghi privi delle più elementari norme igieniche, abituati a bere acqua insalubre. Eppure spesso basta poco per migliorare la qualità della vita di queste persone, come la costruzione di un pozzo nelle vicinanze dei villaggi. I pozzi permettono alla popolazione di utilizzare acqua potabile, di migliorare nettamente le condizioni igieniche e di coltivare la terra anche nelle stagioni di secca, potendo contare su una preziosa fonte di acqua potabile in qualsiasi momento. Molti enti e organizzazioni come l’Unicef e le Onlus si occupano di tutto ciò, cercando fondi per la loro costruzione. L’associazione AMREF, un’organizzazione sanitaria privata, ha in attivo molti progetti per la costruzione di impianti idrici, soprattutto in Tanzania e in Kenya. Raccolgono i soldi necessari grazie alle donazioni, chi vuole aiutarli può dare il proprio contributo anche comprando da loro le bomboniere per le feste, donando così il ricavato ai villaggi dove l’associazione ha deciso di intervenire. L’AMREF si basa su un metodo partecipativo che coinvolge attivamente le popolazioni a cui sono devoluti gli aiuti, sensibilizzandoli all’utilizzo dell’acqua e promuovendo l’educazione sanitaria e igienica per insegnare ad utilizzare e a mantenere pulito e agibile il pozzo. Per costruire un pozzo, bastano all’incirca 3000 euro. Un piccolo contributo, una piccola donazione, può permettere a queste persone di migliorare la loro qualità di vita e di vivere dignitosamente. Nocerino Rossella. III G. “La pioggia è un autentico avvenimento in tempo di siccità (…) .L’acqua piovana nelle cisterne e nei pozzi aveva per molti mediterranei, il sapore di un’infanzia di privazioni e di precoci arsure inappagate.” Predrag Matvejevic, Mediterraneo, un nuovo breviario. “Non c’è cosa più bella della notte estiva sul mare, del silenzio screziato dallo sfrigolio della prua contro le acque che si fendono” Raffaele Nigro, Diario mediterraneo Si ringraziano tutti gli insegnanti per la disponibilità e la collaborazione, in particolare Cinzia Amorosi e Paola Rocchi Stampa: Cooperate Tel. 0766 571392 - 0766 396158 • Fax: 0766 571700 • e-mail:[email protected]