MISSIONARI MONFORTANI ITALIANI
A servizio della Chiesa per la missione
in Italia e all’estero
(1916-1960)
I motivi di una memoria
Oggi è comune il desiderio di ricordare avvenimenti importanti e significativi
del passato, non importa se legati alla storia privata di singoli cittadini o a quella
pubblica di una intera nazione. Celebrare un anniversario è diventato oggi quasi
una necessità. Qualcuno parla addirittura di “dovere della memoria”. E’ stato
scritto: “senza memoria non c’è futuro!” Guardare al passato per capire meglio il
presente ed avere indicazioni utili per progettare il futuro: è questo in concreto il
motivo della celebrazione di un anniversario.
Gli studiosi affermano che non ci sono tagli netti nello sviluppo degli
avvenimenti che hanno fatto la storia. C’è continuità in questo sviluppo. I
cambiamenti avvengono seguendo logiche che sottendono allo sviluppo come
loro causa. Sono le idee che guidano la storia, e queste hanno una loro logica.
Questo vale anche per la storia dei quasi cent’anni anni della Provincia Italiana
della Compagnia di Maria. Ha avuto un suo sviluppo logico. Se poi crediamo
che questa storia si è sviluppata non per la combinazione di chissà quali
coincidenze astrali, ma per una concreta anche se misteriosa regia di Dio, è
doveroso scoprire i “segni” di questa presenza per legittimare e dare motivazioni
convincenti al canto gioioso del Magnificat.
Quali idee hanno fatto nascere la realtà di una presenza monfortana italiana a
partire del 1916, e ne hanno successivamente guidato lo sviluppo portandola ad
essere prima un semplice Vicariato (1937), poi una Vice Provincia (1949) e dal
1960 un vera e propria Provincia?
E’ vero che i Missionari Monfortani Italiani, come Provincia, hanno una storia
di appena 50 anni ma s’inserisce in altre storie che vengono da molto più
lontano: la storia del Fondatore, Luigi Maria Grignion da Montfort (+1716)1
quella della sua fondazione, la Compagnia di Maria (1706)2 e quella degli inizi
della presenza monfortana in Italia (1904)3. E’ bene ricordarlo perché qui
affondano le nostre radici, qui scopriamo le coordinate del misterioso disegno di
Dio che ha voluto la nostra presenza nella chiesa in questo particolare
frammento di storia. Perché il Montfort? Perché la Compagnia di Maria? Perché
i Monfortani in Italia? Scopriamolo riprendendo in mano la vita e gli scritti del
1
Breve sintesi in LUIGI MARIA DA MONTFORT, Opere, I, Scritti spirituali, Edizioni Monfortane, Roma 1990,
Introduzione generale di Benedetta Papasogli, XXIII-LXXI
2
M.BERTRAND, Histoire des Missioanries Montfortains, Librarie Mariale, Pontchateau 1997
Presenza Monfortana in Italia, Atti del 1° Convegno di Spiritualità Monfortana, Roma 1982, in “Quaderni
Monfortani” a cura del Centro Intermonfortano di Documentazione (CID)
3
1
Fondatore, soprattutto la sua “Preghiera infocata”. E’ qui la nostra carta di
identità, il nostro Statuto fondazionale4. E’ qui la specificità della nostra
missione. Scopriamolo anche rivisitando alcuni avvenimenti importanti e
significativi della storia della nostra Provincia. Li rievocheremo dando voce
soprattutto a coloro che ne sono stati testimoni. Riferiremo i loro ricordi e le loro
testimonianze nella versione integrale, così come sono stati affidati sulle pagine
ingiallite delle cronache presenti negli archivi delle nostre comunità o sulle
pagine delle nostre riviste monfortane italiane. In particolare, per la
ricostruzione della storia degli inizi della presenza monfortana in Italia, preziose
sono le notizie riportate nei primi numeri di “Le Règne de Jésus par Marie”,
Organe de la doctrine spirituelle e des oeuvres du B. Louis-Marie Grignion de
Montfort, a partire dal 1900, e di “Regina dei Cuori”, Rivista mensile della
devozione mariana insegnata dal Beato Luigi Maria di Montfort, Organo
dell’Arcic. di Maria Regina dei Cuori e dell’Associazione sacerdotale omonima,
a partire dal maggio 1914. Dal 1916 in poi una fonte privilegiata di notizie sarà
il manoscritto della Cronaca della Scuola Apostolica di Redona che, a partire dal
gennaio 1931, riceverà un ricco contributo dalla stessa cronaca de
“L’Apostolino di Maria”. Per questo motivo la ricostruzione degli avvenimenti è
stata fatta da una prima angolatura “romana”, ad una successiva piuttosto
“redonense”. Gli stessi documenti ufficiali, esistenti negli archivi di
Congregazione e di Provincia, vengono utilizzati nella versione che hanno in
queste note di cronaca.
1. In Italia il Montfort ha preceduto i Monfortani
E’ una annotazione doverosa: in Italia prima è arrivato il Montfort, poi sono
venuti i Monfortani. Di persona il Montfort è stato in Italia in occasione del suo
pellegrinaggio a Roma, nella primavera del 17065. Conosciamo l’itinerario da
lui percorso per arrivare nella città eterna dove ha potuto incontrare Papa
Clemente XI che gli ha conferito il titolo di “Missionario apostolico”.
L’itinerario percorso dai romei, pellegrini del tempo in viaggio verso Roma, ha
portato il Montfort ad una sosta a Loreto. Roma, Loreto: due nomi importanti
nella storia della nostra Provincia. Non a caso sono stati i luoghi di nascita della
presenza monfortana in Italia.
Ma in Italia il Montfort è tornato molto tempo dopo non più di persona ma
attraverso i suoi scritti, soprattutto a seguito della divulgazione della sua opera
più nota, il “Trattato della vera devozione alla santa Vergine”. Siamo nel 1857.
Qualche anno prima, nell’aprile 1842, è stato rinvenuto il manoscritto dell’opera
4
P.L.NAVA, Il Trittico monfortano natura ed ermeneutica. Riflessioni sulla “Regola”, in “Quaderni
Monfortani”, I, 97-131
5
B.PAPASOGLI, Montfort un uomo per l’ultima chiesa, Gribaudi, Torino 1979, 223-235
2
del Montfort. Esattamente a 127 anni dalla sua morte. Questa è anche la data
della sua prima edizione francese, curata dal Direttore del Seminario di Lucon6.
La prima edizione in italiano dell’opera porta la data del 1857. E’ conosciuta
come l’edizione “torinese”. Nella “Prefazione dell’Editore”, P. De Agostini di
Torino, troviamo interessanti indicazioni: “Prevalendoci del permesso
cortesemente favoritoci dai superiori delle Congregazioni, alle quali appartiene
questo scritto, ci affrettiamo a pubblicarlo, protestando però che non vogliamo
in nulla anticipare il giudizio della Santa Sede, alla quale sono sottomesse in
questo momento, giusta i decreti dei Sommi Pontefici per la beatificazione e
canonizzazione dei servi di Dio, le diverse opere che rimangono del venerabile
Luigi Maria Grignion di Montfort. Ma abbiamo creduto che in attesa di questo
giudizio la pietà dei fedeli sarebbe stata edificata dalla lettura di questo trattato,
nel quale, si può credere, la Chiesa riconoscerà l’ortodossia della sua dottrina”7.
E’ importante questo testo perché sarà ripreso nelle edizioni successive. In esso
appaiono chiaramente sia l’opportunità di pubblicare lo scritto al più presto,
senza attendere cioè la conclusione della revisione degli scritti del Montfort, atto
dovuto in vista della sua beatificazione, sia perché troviamo qui il motivo
pastorale della pubblicazione stessa dell’opera, ossia l’edificazione dei fedeli.
A questa prima edizione italiana del “Trattato” ne seguirono diverse altre, tutte a
breve distanza: la “novarese” (1862), la “milanese” (1872), la prima “salesiana”
(1886) e molte altre.
In Italia, il successo delle varie edizioni del “Trattato” ha favorito la nascita e lo
sviluppo di un vero e proprio movimento inizialmente senza una sua precisa
struttura. Esemplare la storia della vocazione dei due primi religiosi monfortani
italiani: P. Gianbattista Garbottini (+1946) e P. Callisto Bonicelli (+1951).
Come verrà ricordato in seguito, nella loro scelta di servire la chiesa nella
Compagnia di Maria è stata determinante l’incontro con il “Trattato”, che forse
gli era stato regalato da una suora delle Figlie della Sapienza. Anche in seguito
saranno ancora delle suore a segnalare ai loro confessori e direttori spirituali
l’opera del Montfort. Questo risulta da una serie di articoli che P. C. Bonicelli
pubblicherà sulla rivista “Regina dei Cuori”, nel 1921, col titolo: “La fortuna del
Beato di Montfort in Italia”. Le Suore Figlie della Sapienza avranno un ruolo
importante nella storia degli inizi della presenza monfortana in Italia. Per
l’apertura della prima scuola apostolica italiana prima Roma, poi a Redona,
p.Uberto Maria Gebhard potrà contare sulla loro concreta collaborazione nel
provvedere alle necessità dei primi seminaristi monfortani italiani.
Il 22 gennaio 1888, a Roma, Papa Leone XIII presiede la celebrazione solenne
della beatificazione del Montfort. L’evento ha dato un forte impulso
promozionale allo sviluppo del movimento monfortano in Italia ancora prima
dell’arrivo dei monfortani. Significativa a questo proposito la vicenda della
prima edizione italiana monfortana del Trattato. A sollecitarla e a contribuire
6
7
S.EPIS, Appunti per una storia della vera devozione in Italia, in “Quaderni Monfortani”, I, 32-85
S.EPIS, op.cit. 35
3
alle spese di stampa è stato Don A. Sandrino, già parroco a Pernate (NO).
Secondo la testimonianza di P. M. Manlio, teologo e apostolo della spiritualità
del Montfort, questo canonico si era offerto non solo a sostenere le spese della
nuova edizione, ma a curane anche la diffusione, felice che finalmente “… si
avrà un’edizione italiana veramente autentica di questo incomparabile libro,
fatta non da estranei ma dai figli stessi del Beato di Montfort!” 8.
Ufficialmente, la storia del movimento d’ispirazione monfortana nasce con
l’istituzione canonica della “Confraternita di Maria Regina dei Cuori”. A Roma,
nel 1904, inizia la sua attività il Collegio Montfort cui verrà aggiunto ben presto
il Santuario di Maria Regina dei Cuori. Come si è giunti a questa fondazione?
Come già ricordato, il 22 gennaio 1888, Leone XIII proclama Beato Luigi Maria
Grignion da Montfort. L'anno successivo la Compagnia di Maria e le Figlie della
Sapienza fanno i primi passi per una loro comune presenza a Roma. Il progetto
romano dei Monfortani andrà in porto solo alcuni anni più tardi, quando cioè, il
27 dicembre 1897, l'allora Procuratore Generale della Compagnia di Maria, p.
Henri Jouet, benedice la prima pietra della prima casa monfortana in Italia. Su
quella pietra è scolpito il monogramma di Maria. Notano le cronache del
Collegio Montfort che quel giorno ricorreva, beneaugurante, la festa di Giovanni
l'Evangelista, il figlio adottivo di Maria. In uno scrigno di metallo, soggiacente
alla pietra benedetta, erano racchiuse le medaglie del S. Cuore, della Madonna
del Rosario e del Buon Consiglio, senza dire, naturalmente, di quella del Beato
Luigi M. Grignion da Montfort9.
Verso la fine del mese di ottobre 1899, alle ore 11, di notte giungono a Roma,
dalla Francia, i primi Padri studenti monfortani. Dalle Cronache della comunità
si è facile intuire lo spirito che animava quei nostri confratelli d'oltralpe, sul
finire del sec. XIX. Quel 4 novembre era sabato. Il p. Jouet, ricoverato nella
Clinica di Corso d'Italia, non volle che gli studenti mancassero “la belle
occasion du samedi” per inaugurare il Collegio Montfort.
Vi era, dunque, al lato nord del giardino, una piccola nicchia con una statuetta
della Madonna di Lourdes: quella stessa che a suo tempo p. Jouet aveva posto
sull'erigenda casa, a protezione dei lavori in corso e, che l’ing. Passerelli, ad
opera compiuta, avrebbe voluto per sé, come caro ricordo. Leggiamo nelle
Cronache: «Appena entrati in casa, ci dirigiamo verso quel piccolo trono di
Maria. Sotto le stelle di un magnifico cielo e sotto lo sguardo degli angeli,
recitiamo l’Ave maris stella. La voce è presa da commozione. Il R.P. Pére,
tenendo in mano un cero, pronuncia a nome di tutti la consacrazione a Gesù per
mezzo di Maria. E’ a Roma che compiamo questo grande atto, che è il segreto
del Montfort. E’ qui, in una casa, dove la Compagnia di Maria invierà i suoi figli
per addestrarli alle sante battaglie, vicino ad una cappella che sarà più tardi il
8
S.EPIS, op. cit. 41
Le scolasticat de la Compagnie de Marie a Rome. E’ un quadrerno di piccolo formato, di un centinaio di
pagine, scritte in francese. Abbraccia la cronaca del Collegio Montfort dal 28 ottobre 1899 al 13 giungo 1901. Si
trova nell’Archivio del C.M.M.
9
4
centro di una Arciconfraternita universale”10. Il commosso cronista termina i
suoi appunti esprimendo la fiducia di tutti nell’aiuto di Maria e la comune
fierezza d’essere “les premiers enfants de sa Compagnie appelés à la mieux
connaitre pour la prècher avec plus de doctrine et la faire honorer avec plus
d’amour”.
Era desiderio del p. Jouet, “anima del movimento della Vera Devozione in
Italia”, che accanto alla prima casa monfortana, a Roma, sorgesse una cappella
in onore della Madonna, perché fosse “en Europe, le centre de la Confrérie de
Marie Reine des coeurs, canoniquement érigée au Canada”. Questo desiderio si
tradusse ben presto in una progetto concreto.
L’8 dicembre 1903 ebbe luogo la posa e la benedizione della prima pietra del
Santuario, che fu poi benedetto e aperto al pubblico l’8 dicembre del 1904, a
devoto ricordo del 50° anniversario della definizione dogmatica dell'Immacolato
Concepimento di Maria. P. Bonicelli commenta: “I figli del Beato di Montfort
ebbero la gioia di poter anch’essi offrire alla Madonna, in segno di filiale affetto,
un tempio in Roma stessa, un tempio dove sarebbe predicata, d’onde sarebbe
diffusa la devozione che più l’onora, la Vera Devozione, la Santa Schiavitù
d'amore”. Come già ricordato, in questo santuario nell’aprile 1913, verrà
stabilita la Sede ufficiale dell’Arciconfraternita di Maria Regina dei Cuori.
Sempre nell’anno 1904, a Roma, per ricordare in forma solenne il 50°
anniversario della proclamazione del domma dell’Immacolata Concezione,
viene celebrato un importante Congresso Mariano Internazionale11. Partecipano
anche due relatori monfortani: P.J.M.Texier e P.U.M.Ghebard, che hanno
logicamente trattato temi relativi alla dottrina mariana del Montfort. A
conclusione dei lavori congressuali viene formulata una nota sulla consacrazione
mariana: “Considerando la consacrazione a Maria, raccomandata dai Padri della
Chiesa e dai Teologi, insegnata in maniera egregia dal Beato di Montfort nel suo
Trattato della vera devozione e nel Segreto di Maria, efficace mezzo per
rinnovare lo spirito cristiano nelle anime; il Congresso Mariano di Roma
formula la seguente proposizione: coloro che scrivono per il popolo, espongano
e divulghino la vera devozione sopra indicata, contribuendo così efficacemente a
restaurare e ristabilire il Regno di Gesù Cristo nel mondo”12.
Nel 1907 p. Ghebard arriva a Roma come nuovo titolare della Procura Generale
della Compagnia di Maria. Diventerà subito il principale artefice del movimento
monfortano organizzato. Alla sua proverbiale e frenica attività di Procuratore si
deve l’idea del progetto di una prima Scuola apostolica monfortana italiana che
muoverà i suoi primi passi proprio a Roma, nella struttura del Collegio
Montfort.
10
A.RUM, Come i monfortani hanno vissuto ed irradiato il loro carisma in Italia, in “Quaderni Monfortani, I, 631
11
Atti del Congresso Mariano Mondiale, a cura di G.M.Radini Tedeschi, Roma 1905
12
Atti, 282
5
2. P.Uberto Maria Gebhrad: padre fondatore dei Monfortani Italiani
P. Uberto Maria Gebhard nasce in Olanda, a Maastricht, il 13 settembre 1876.
“Voglio diventare gesuita!”, rispose a chi, sul finire dell’ultimo anno di scuola,
l’interrogava sul suo avvenire. Entrò, invece, tra gli alunni di Sainte-Marie, la
Scuola Apostolica dei Monfortani olandesi, a Schimmert. Nell’agosto 1895 è
novizio a Pontchâteau, in Francia. Fa professione nel 1896, e il 14 settembre di
quell’anno giunge a Cyrville (Canada) per lo studio della filosofia. Pochi giorni
dopo l’ordinazione sacerdotale, il 27 settembre 1900, rientra in Europa, a Roma,
per continuarvi gli studi a Propaganda Fide, dove consegue la laurea in teologia.
Insegna poi allo Scolasticato di Oirschot, dal luglio 1904 al maggio 1907,
quando, alla morte del p. Henri Jouet, vien nominato, non ancora trentatreenne,
Procuratore Generale della Compagnia di Maria. Mantenne questo incarico dal
1907 al 1931.
Dal 1907 al 1914 si dà, con azione multiforme e ininterrotta, all’annuncio del
mistero di Maria. Così, quando il 2 maggio 1914, scrive su “Regina dei cuori”
che “la devozione a Maria, secondo la dottrina del Beato Luigi Maria Grignion
de Montfort ha raggiunto proporzioni tali in Italia che sta bene vi abbia
finalmente un organo proprio”, p. Gebhard tradisce inavvertitamente i frutti
copiosi della sua stessa predicazione mariana. P. A. Rum ci ha lasciato un
prezioso esempio dei benefici effetti prodotti dalla frenetica attività pastorale di
P. Gebhard. “Nell'ottobre 1916, Mons. Rinaldo Rousset, arcivescovo di Reggio
Calabria, che tanto stimava lo spirito dei PP. Monfortani ed apprezzava molto il
bene da loro compiuto per mezzo dell’Apostolato Mariano, invita il P. Gebhard
a predicare gli Esercizi spirituali al Clero della Città. A chiusura di quegli
Esercizi, L’Alba, periodico settimanale politico amministrativo traccia un elogio
significativo del predicatore: “Con argomenti densi di dottrina teologica,
rischiarati dalla luce soave e serena della S. Scrittura, le cui parole
accompagnava con commento magistrale, pio, altamente ascetico, il p. Gebhard
ha dischiuso ai convenuti nuovi e belli orizzonti nei limiti della più rigorosa
ortodossia, e conducendoli per ascensioni mistiche ha fatto loro vedere l’ideale
sacerdotale in tutta la sua bellezza. Il Clero ha dinanzi agli occhi tutto il
programma tracciatogli dall’anima vostra, o Padre, anima forte, luminosa,
ardente, mariana, nella quale vibrano poderose, persistenti, due note: il cantico
di amore tenessimo a Gesù ed alla sua Madre celeste, e l’ideale del
Sacerdozio”13.
Sempre sulla permanenza del p. Gebhard a Reggio Calabria, sappiamo che uno
di quei giorni l’arcivescovo di quella città andò, con lui, a trovare il Monastero
della Visitazione. Il p. Gebhard accettò l’invito a predicare un triduo a quella
Comunità. Commentando poi con grande entusiasmo le prediche di quel triduo,
tutte le Suore ripetevano: “Non abbiamo mai sentito parlare così bene della
13
A.RUM, op. cit. 13-14
6
Madonna! Questo Padre è davvero un suo amatissimo figlio e servo fedele!”14.
La proposta futura di una comunità monfortana in questa città troverà un terreno
molto favorevole.
Nel dicembre 1922, il p. Gebhard viene nominato titolare della cattedra di
Mariologia presso la Pontificia Università di Propaganda Fide: un corso che
durerà quattro anni. E’ facile pensare ai benefici effetti che questo suo
insegnamento ha prodotto nell’animo dei suoi alunni, sacerdoti o prossimi ad
esserlo, prima di tornare ai loro paesi d’origine.
Quanto alla Rivista “Regina dei cuori”, da lui fondata nel 1914, il p. Gebhard
volle che fosse “nettamente ispirata al Trattato della vera devozione a Maria, a
questa miniera davvero inesauribile di qualunque sorta d’insegnamenti”. E
mantenne fedelmente la promessa negli anni 1914-1925, 1932-1934, sino a
quando cioè glielo consentì la crescente cecità.
P. Gebhard amava predicare gli esercizi spirituali nei seminari perché convinto
che, conquistati alla vera devozione a Maria i seminaristi, questi, una volta
diventati sacerdoti e pastori di anime sarebbero diventati a loro volta testimoni e
apostoli di questa stessa spiritualità mariana. Una scelta pastorale strategica che
ha prodotti frutti copiosi, come testimonia la storia del movimento monfortano
in Italia. Due nomi di figure eminenti di sacerdoti che hanno trovato della
spiritualità mariana del Montfort un concreto “segreto di santità: Don Silvio
Gallotti (+1927) e il can. Annibale di Francia +1927). Il primo avviò al
cammino spirituale tracciato dal Montfort un gran numero di seminaristi che lo
avevano come confessore e direttore spirituale. Per questo suo
accompagnamento spirituale ispirato alla dottrina della “santa schiavitù
d’amore” ha dovuto superare notevoli difficoltà 15 , come è accaduto in seguito
anche per molti altri convinti apostoli dalla proposta monfortana 16.
Padre Gebhard è stato soprattutto l’ideatore e il fondatore della prima Scuola
Apostolica Monfortana. P. Callisto Bonicelli, suo fedele ed infaticabile
collaboratore, tracciando un suo ricordo a 10 anni della sua morte, ricostruisce i
tempi di questo ambizioso progetto. “L’idea di costruire un semenzaio di
vocazioni monfortane gli dovette balenare fin dal 1900, quando, giovane
sacerdote scese in Italia per la prima volta per seguire i corsi di teologia presso
l’Ateneo di Propaganda Fide. Si fece sempre più insistente quando, Rettore del
Santuario della Regina dei Cuori in Roma e organizzatore dell’Arciconfraternita,
in un contatto più diretto con gli italiani, poté rendersi conto dell’entusiasmo col
quale si accoglieva da tante anime il verbo monfortano da un capo all’altro della
Penisola e come occorresse provvedere una bella schiera di operai specializzati.
L’occasione per concretare l’idea si offerse opportuna nel 1916, celebrando le
solennità due volte centenarie della morte di S. Luigi di Montfort.
14
A.RUM, op. cit. 14
S.EPIS, op. cit. 51-56
16
Ivi
15
7
Dal primo tentativo fatto in Roma quell’anno nei locali del Collegio Montfort al
trapianto a Redona nel 1916 in quella che fu la vecchia, povera e angusta casa
che conoscemmo nella nostra adolescenza, all’ampliamento e alla
trasformazione che hanno portato Villa S. Maria allo stato nel quale oggi si
ammira, è tutto il poema di una grande mente e di un cuore di apostolo alla
Montfort per dare a Madonna una schiera senza numero di banditori della Vera
Devozione.
Tutto nella Scuola Apostolica doveva parlare del grande ideale, dalla statua del
Santo Fondatore, sulla balconata centrale, in atto di implorare Missionari
mariani, al chiostro raccolto rappresentante la Vergine in preghiera per ottenere
ai dodici apostoli la pienezza dello Spirito Santo, alla chiesa, gioiello di arte e di
mariologia, nella quale il “trattato” del Montfort è colto nelle sue linee essenziali
e vestito di colori atti a parlare in modo comprensibile alla mente e al cuore
anche del più piccolo degli aspiranti missionari, per dirgli chi è Maria e che cosa
bisogna fare per lei come semplici cristiani e come sacerdoti”.
Dal 1916 al 1934 p. Gebhrad fu l’unico sostenitore della Scuola Apostolica. Nel
volume della Cronaca di Villa S. Maria troviamo scritto: “Ha del prodigioso, del
miracoloso, che un uomo solo abbia potuto trovare mezzi a quell’epoca, al
chiudersi di una guerra, per acquistare la proprietà della Scuola Apostolica, farvi
i necessari adattamenti, per costruire quel gioiello di Cappella da lui ideata sin
nei minimi particolari, la palazzina delle Suore, e sfamare tutta la turba di
Apostolini per tutti questi anni! Da Redona partivano con metodica inesorabilità
le bollette e da Roma arrivavano con precisione matematica i soldi. Come
facesse, non è facile saperlo. Quando partì da Roma per Saint-Laurent-surSèvre, nominato Assistente Generale, diede ordine al buon P. Callisto Bonicelli
di distruggere carte, lettere, appunti che avrebbero potuto far rintracciare le
luminose orme del suo operato17.
3. Villa Santa Maria: memoria storica del bicentenario
Come è già stato ricordato dalla testimonianza di P. Bonicelli, l’occasione che
ha reso possibile la realizzazione del progetto di una Scuola Apostolica Italiana
si presentò a P. Gebhard nel 1916, a conclusione delle feste organizzate per
ricordare il secondo centenario della morte del Montfort (1716-1916). Due anni
prima aveva iniziato le sue pubblicazioni “Regina dei Cuori”, rivista mensile
della devozione mariana insegnata dal Montfort, organo ufficiale
dell’Arciconfraternita di Maria Regina dei Cuori e dell’omonima Associazione
per sacerdoti. La rivista trova subito autorevoli consensi che ne favoriscono la
diffusione.
17
Cronaca della Scuola Apostolica dei Padri Monfortani di Redona di Bergamo (1919-1944), manoscitto
8
Dalle pagine di “Regina dei Cuori”, sul finire del 1916, parte l’annuncio del
progetto di una Scuola Apostolica Monfortana Italiana. I festeggiamenti per
ricordare i 200 anni dalla morte del Montfort avevano suscitato in Italia un’eco
vastissima. In questo contesto s’inserisce l’annuncio di “Regina dei Cuori”:
“Cominciamo da un’eco che probabilmente nessuno si aspetta. Tante feste si
sono celebrate e si celebreranno ancora in onore del Beato di Montfort; ma per
quanto solenni e consolanti, queste feste passeranno e anche la loro eco s’andrà
sperdendo. Il nostro Direttore ha voluto che delle feste bicentenarie restasse un
ricordo vivente ed ha deciso di aprire, proprio quest’anno 1916, il nostro
Collegio Montfort di Roma, riservato fino ad oggi ai religiosi della Compagnia
di Maria, ai piccoli studenti italiani che volessero compiervi i loro studi
ginnasiali. Requisito essenziale però è la vocazione di Missionari della
Compagnia di Maria, per quanto la tenera età permetta di giudicarne. Delle altre
condizioni d’ammissione ricordiamo solo questa: l’aspirante dovrà almeno aver
superato l’esame di maturità. Per maggiori informazioni rivolgersi ai Superiori.
Pochi sono per adesso i posti disponibili, ma in seguito si penserà ad ampliare
l’Opera. Intanto il solco sarà aperto e il buon seme gettato frutterà con la
benedizione di Maria SS. e del beato di Montfort. Non è questa una bella eco
delle feste centenarie? Ci aiutino ora gli amici a farla vibrare!”18.
Da notare che la disponibilità del Collegio Montfort era stata resa possibile dal
forzato rientro nelle rispettive nazioni degli studenti monfortani stranieri,
presenti a Roma per frequentare i corsi di filosofia e di teologia nelle università
ecclesiastiche romane. Furono costretti a lasciare Roma a causa della guerra.
Il loro posto fu occupato ben presto da un piccolo gruppo di ragazzi.
Conosciamo i loro nomi: Favero Cipriano, Gramola Giovanni, Barbierati
Giovanni, Galizzi Pietro, Arcangeli Vittorio, Pasquarella Rocco. Sono di fatto i
primi apostolini monfortani italiani. La Cronaca della comunità parla della loro
vita con dovizia di particolari circa il regolamento, molto rigido, i programmi
scolastici e il metodo d’insegnamento. Questa severità provocherà quasi subito
una dura selezione.
La sera del 23 ottobre 1916, nella sala principale del Collegio, ebbe luogo una
sorta di cerimonia d’inaugurazione. Questo il ricordo di p. Bonicelli: “All’ora
convenuta il Superiore, indossata cotta e stola, benedì il bel simulacro del S.
Cuore, spiccante su di un fondo di verde e di fiori; poi, postosi in ginocchio
procedette autorevolmente alla solenne consacrazione della famiglia.
Assistettero alla pia funzione anche due buoni figli giunti al Collegio una
mezz’ora prima, accompagnati da rev. loro Parroco. E per la buona riuscita di
queste future speranze della Compagnia di Maria e degli altri che in questi
giorni arriveranno per formarsi all’ombra del Cupolone di S. Pietro e del
Santuario della Regina dei Cuori, figli autentici del Beato di Montfort, la nostra
consacrazione al Divino Cuore fu, ci sia lecito dirlo, ancora più fervorosa”19.
18
19
RdC III (1916) 5,141
RdC III (1916)
9
Superiore del primo nucleo di apostolini giunti verso fine ottobre dal lontano
Veneto e dall’alta Ciociaria (Gorga, Sgurgola, Acuto) era naturalmente lo stesso
P. Gebhard. A proposito del clima che si respira nel Collegio p. Bonicelli
annota: “Il Superiore ci tiene a vedere regnare in casa la più schietta allegria,
mentre le cure amorevoli delle Figlie della Sapienza di Via Toscana e del Corso
Italia, insieme alle gentilezze della signora Handerson fanno loro dimenticare la
famiglia lontana. Ai piccoli, figli di famiglie povere e di condizioni modeste,
sembra di sognare in mezzo a tanta abbondanza di comodità, di cure, di svaghi,
di cibo”.
Nei primissimi tempi non succedono cose che fanno storia: si studia, si prega, si
gioca. Nei primi tre anni di vita del piccolo seminario ci furono tuttavia due date
che hanno influito sulla vita dei ragazzi e che hanno riempito il loro cuore di
forti e belle emozioni. Furono ricevuti ben due volte in udienza dal Papa,
Benedetto XV: il 5 aprile 1918 e il 30 luglio 1919, prima del commiato da Roma
e della partenza per la nuova sede di Redona.
Della prima riferisce P. Raymond, uno dei professori della scuola. “Al 5 aprile
l’intero Collegio Montfort, Padri, Fratelli, Apostolini, ebbe l’onore d’una
particolare udienza di S.S. Benedetto XV. Quale gioia, quale entusiasmo sui
nostri bambini entrando in Vaticano! Ma che dire della loro sorpresa nel salire la
scala regia, nell’attraversare la spaziosa corte di S. Damaso, nel mettere piede
negli appartamenti del Papa, nell’infilare quella fuga di scale, vedendo tutti i
marmi, quegli splendidi affreschi, quei magnifici arazzi! Eppure i loro sguardi
non si arrestavano che distrattamente su questo e quell’oggetto: altrove
correvano i loro pensieri. In Vaticano, questa volta, c’erano venuti per vedere
bel altro. Era il S. Padre ch’essi bramavano vedere, ascoltare, contemplare e al
quale, baciandogli la mano, volevano dire di amarlo tanto tanto.
Come sembrò loro eterna quella mezz’ora in cui il Superiore si intrattenne da
solo con Sua Santità! Ma la bianca visione ecco s’affaccia, ecco viene a loro!
Caddero in ginocchio e con gli occhi fissi nel volto del Vicario di Gesù Cristo,
gli baciarono devotamente la mano ch’esso porgeva a ciascuno non senza
chiedergli insieme, con affabilità commovente, e di dove fossero, e che studi
facessero. Dopo di che disse loro: “Su, su, bambini!”. E prese a complimentarli
del loro desiderio di essere un giorno della Compagnia di Maria”20.
Il merito di queste udienze va senz’altro attribuito a P. Gebhard che nel suo
lungo soggiorno romano ha goduto della stima e dell’amicizia non solo di
Benedetto XV ma anche di Pio X. Di quest’ultimo basta ricordare la storica
udienza concessa a p. Gebhrad il 27 dicembre 1907, nel corso della quale il Papa
concesse la raccomandazione autografa al “Trattato della vera devozione a
Maria”. Di questa storica udienza abbiamo una relazione dettagliata curata da p.
Six, testimone dell’avvenimento. P. Bonicelli la pubblicherà sui primi numeri di
“Regina dei Cuori”. Stralciamo alcuni passaggi di questo interessante racconto.
20
Per gli inizi della prima scuola apostolica monfortana italiana cfr G. FRISSEN, La Provincia Monfortana
Italiana, Tra la storia e la cronaca (1916-1966), 12 ss
10
«… Entriamo. Il Papa è in piedi a destra della scrivania. Sulla soglia della porta,
rivolti verso di lui, una prima genuflessione; la seconda ai suoi piedi, dopo aver
baciata la mano ch’esso ci porge. C’invita a sedere. Pieno di confidenza, il R.P.
Procuratore presenta l’esemplare italiano del Trattato, rilegato in seta bianca.
— Si degni gradire, Santo Padre, l’umile omaggio di questa nuova traduzione
dell’opera del nostro Beato Fondatore sulla devozione alla Madonna. Essa ha il
pregio di essere più fedele delle precedenti, perché fatta recentemente da un
Padre della Compagnia di Maria sull’ultima edizione francese, strettamente
conforme all’originale; e pure per questa, eccole un esemplare.
Così dicendo presentò il manualetto rilegato in seta rossa. Il Papa prese allora a
voltare e scorrere con l’occhio le pagine dell’edizione italiana, quasi vi cercasse
antichi ricordi.
— Il Rev. P. Lepidi ne fece già parola a V.S. che, così mi ha egli detto, conosce
da lunga data il Trattato del Beato di Montfort.
— E’ vero — dice il Papa — e se le ha detto tutto, anche questo le avrà riferito
che tenni a rileggerlo prima di comporre la mia enciclica sulla Madonna.
— V.S. deve dunque desiderare come noi che la vera devozione a Maria SS.,
insegnata dal Beato di Montfort, sia conosciuta sempre di più, e mi perdonerà se
ardisco chiederle una benedizione ed un incoraggiamento per quanti si
consacrano a quest’opera: è l’oggetto di questa supplica, Santo Padre!
Il Papa la prese e si mise a leggerla attentamente a voce bassa, parola per parola.
Ancora prima che il Padre avesse aperto bocca, Pio X terminando di leggerla,
depose la supplica sullo scrittoio e, presa la penna, lentamente, con la mano
ferma, scrisse: “Accogliendo l’istanza, raccomandiamo di gran cuore il Trattato
della vera devozione a Maria Vergine, mirabilmente composto dal Beato di
Montfort, e a quanti lo leggeranno impartiamo con vivo affetto l’apostolica
benedizione”.
Il Padre, vieppiù incoraggiato, presenta allora a S.S. il Manuale dei Sacerdoti di
Maria Regina dei Cuori, un minuscolo libretto, graziosamente bello nella sua
veste di seta bianca. Il Papa ne legge il titolo.
— Santo Padre, si tratta dello Statuto di una Associazione di Sacerdoti dei quali
è protettore il card. Vincenzo Vannutelli. Quale ricordo delle sue nozze d’oro
sacerdotali, vorrebbe degnarsi di dare anch’ella il suo nome alla nostra
Associazione?
— Ma sì, ma ben volentieri: m’iscriva pure nel numero dei Sacerdoti di Maria
— rispose il Papa con un cortese sorriso, il sorriso di un Padre felice di
accontentare i figli accordando loro un favore che sa doverli riempire di gioia.
La gioia più grande, terminata l’udienza, fu quella di recare con noi il prezioso
manoscritto autografo in favore del Trattato della vera devozione, e il nome di
Pio X da iscrivere nell’Album dell’Associazione dei Sacerdoti di Maria Regina
dei Cuori”21.
21
RdC I (1914) 4, 124-125
11
Con questa benedizione di Pio X e con la sua iscrizione nell’Associazione dei
Sacerdoti di Maria Regina dei Cuori, l’associazionismo monfortano acquistò
nuovo dinamismo sia in Italia che in altri Paesi favorendo la nascita di nuovi
gruppi. La «vera devozione» entrò con la sua forza d’ispirazione e di formazione
in ambienti tra i più disparati, sopratutto nei seminari e nelle comunità religiose,
attraverso l’opera zelante di confessori e direttori spirituali che già avevano
operato la scelta della consacrazione mariana come forma di vita spirituale. La
«vera devozione» conquistò spazi sempre più ampi anche tra i laici più
impegnati, trascinati dalla testimonianza di sacerdoti che hanno trovato nella
dottrina spirituale del Montfort il «segreto» di una vita santa e pastoralmente
efficace.
Nel 1917, agli apostolini della prima ora se ne aggiunsero altri: Mirabella
Michele, Marinangeli Claudio, Moriconi Ennio, Ricci Arturo, Santucci Remo,
Japino Giovanni. P. Gebhard li chiamava i “Piccoli canonici del Santuario
Maria Regina dei Cuori” per le bianchissime cotte sgargianti, ricamate, che
indossavano sopra le vestine nere durante le celebrazioni liturgiche.
4. Da Roma a Bergamo con la benedizione del Papa
Terminata la guerra tornarono al Collegio Montfort gli studenti stranieri
destinati dalle rispettive Provincie a varie specializzazioni nelle università
romane. Fu così che nacque la necessità di cercare altrove una sede per la
neonata Scuola Apostolica Monfortana Italiana.
La fortunata coincidenza di varie circostanze favorevoli orientò P. Gebhard a
scegliere Redona di Bergamo. La Cronaca manoscritta così descrive la nuova
dimora: «Un edificio di media grandezza, dalla facciata rivolta a meriggio,
circondata da buona proprietà di fertile campagna, affiancata da una casa
colonica. Tempo addietro la casa apparteneva al Conte Mapelli, che possedeva
una magnifica villa poco distante; in seguito essa fu acquistata dal
Grand’Ufficiale Ludovico Goisis, il quale in un primo tempo l’aveva affittata a
famiglie private, tra cui quella di un agricoltore che coltivava con amore una
vigna, posta a settentrione della casa. Per la vendita del vino aveva anche creato
una specie di osteria. Per questo motivo la popolazione chiamava questo luogo
con il nome di “canva”. Per distinguerli dai Padri Gesuiti di Villa S. Francesco
Saverio, gli abitanti di Redona chiamavano i Padri Monfortani i “Preti della
canva”.
Nel 1905 la casa fu occupata da una comunità di Suore Orsoline, costrette a
lasciare la Francia da una legge con cui il Governo francese decretò l’espulsione
di tutti i religiosi e le religiose. Le Suore ne ricavarono un pensionato per
studentesse. Il nome della casa era “Villa Maria”. Più tardi, con l’arrivo dei
Padri Monfortani, la casa divenne “Villa Santa Maria”. Una nota interessante. In
questa casa soggiornò P. Anselmo Treves, degli Oblati di Maria Immacolata
12
(+1924). Così lo ricorda P. C. Bonicelli, in un articolo commemorativo su «Regina dei Cuori»: «Lo conoscemmo nel 1910, all’occasione di una delle sue
prime visite al Santuario di Maria Regina dei Cuori. Venuto da poco a Roma,
non aveva voluto tardare a venire nel nostro Santuario, amatissimo quale era
della spiritualità monfortana, per iscriversi presso di noi fra i Sacerdoti di Maria
Regina dei Cuori. Quante volte dovevamo rivederlo in seguito o in fondo al
Santuario, all’ultimo banco, a rileggersi o, piuttosto, a meditare la sua
consacrazione di Santa Schiavitù sul suo Trattato della vera devozione —
inseparabile suo compagno — o all'altare della Regina dei Cuori a celebrarvi il
più delle volte alle intenzioni auguste di Maria SS. Prove del suo apostolato
della vera devozione sono le centinaia di copie del Trattato e del Segreto di
Maria distribuite all’occasione di Missioni o di Ritiri da lui predicati, le tante
liste di nomi passate al Registro dell’Arciconfraternita e la confraternita di Oné
di Fonte (Treviso) di cui procurò la fondazione”22.
Le Suore francesi, come venivano chiamate dalla popolazione, occuparono Villa
Maria fino al loro rientro in Francia, il 4 settembre 1919. È questo il periodo in
cui la casa venne acquistata dai Monfortani per ospitare i primi apostolini
monfortani italiani costretti a lasciare Roma23.
Prima di definire il trasferimento P. Gebhard incontrò più volte mons. Luigi
Maria Marelli, vescovo di Bergamo. Fu lui il pastore che accettò in Diocesi la
comunità monfortana. Confiderà un giorno di aver avuto delle perplessità di
fronte alla domanda d’ingresso in Diocesi dei Monfortani; temeva un’invasione
di altre Congregazioni e Ordini religiosi. Ma subito dopo aggiungeva: “Siano
benvenuti i religiosi nella mia Diocesi. Lungi dall’oppormi all’apertura della
vostra Scuola Apostolica devo confessarvi che sono molto favorevole. Non vi
nascondo che la vostra Congregazione gode molta più simpatia di tante altre, da
diverso tempo. Di tutto cuore benedico la vostra opera. Possa essa formare
moltissimi missionari. Auspico, soprattutto, che essa possa installarsi nella mia
diocesi non solo per nove anni, ma per sempre”24. Chi ha suggerito a p. Gebhard
l’idea di un possibile trasferimento del seminario monfortano italiano a
Bergamo? L’interrogativo meriterebbe una risposta circostanziata.
Sulle pagine di Regina dei Cuori dedicate alla cronaca, P. Bonicelli riferisce le
ultime giornate romane degli Apostolini italiani del Collegio Montfort. “I nostri
apostolini non sono più a Roma. Quando uscirà questo fascicolo staranno già a
Villa Maria, la nuova casa trovata per loro, a Redona. Vi confido le parecchie
cosette che precedettero la loro partenza, alla condizione che vorrete averli
presenti nelle vostre preghiere.
Innanzi tutto bisogna che vi ricordiate come la Scuola Apostolica Italiana della
Compagnia di Maria fu aperta a Roma, nel Collegio Montfort, tre anni orsono,
22
S. EPIS, Appunti per una storia della Vera Devozione in Italia, in “Quaderni Monfortani” I, Roma 1982, 71
Appunti di cronaca di questi primi anni della Scuola Apostolica Italiana di Redona in Villa Santa Maria, I
(1916-1926), a cura di Santino Epis.
23
13
ottobre 1916, a ricordo del 2° centenario del Beato di Montfort, quando cioè il
Collegio era vuoto, poiché la triste guerra ne aveva strappato gli studenti di
filosofia e teologia. Ebbene, adesso, questi tornano; ecco perché fu cercato un
altro nido per gli Apostolini: semplice questione di spazio, affinché l’opera che
malgrado tutto deve sussistere, fiorisca, prosperi come vuole la Madonna.
Ciò premesso, risaliamo al 29 giugno u.s., festa dei SS. Apostoli Pietro e Paolo e
un po’ anche della Regina degli Apostoli. Entriamo nel Santuario. È quasi
mezzodì. L’ora in cui le vetrate a colori, colpite in pieno dal sole, sogliono
vestire di un vago ammanto la Regina dei Cuori. Nel silenzio dell’ora
canicolare, rotto soltanto dall’eco dello scampanio di Roma papale, che qualche
gentile folata di vento permette di quando in quando di afferrare, gli Apostolini
assistono ad una Messa di ringraziamento. Come? A quest’ora? C’è qualche
cosa di nuovo certamente, poiché pochi istanti prima, stavano ancora nel cortile
dove li si udivano chiedersi l’un l’altro: il Superiore sarà qui domani? L’avrà
potuta trovare la casa? O dovrà forse fare un terzo viaggio? D’un tratto la
conversazione era cessata, improvvisi ripetuti tocchetti della campana del
Collegio, insoliti a quell’ora, li avevano fatti rientrare in casa e, oh gioia, s’erano
trovati innanzi al Superiore, proprio lui, con la desiderata, attesa, lieta notizia:
casa trovata!... Alla preghiera supplicante ora succedeva quella riconoscente...
[...] Lettori, vi vedo commossi: arrivederci domani, 30 luglio, al portone di
bronzo, per l’udienza del S. Padre. Ci siete tutti?... E allora entriamo in
Vaticano, al seguito dei nostri Apostolini che ci precedono festanti. Vedete
come non cessano di far confidenze al Superiore, man mano traversano la corte
di S. Damaso, salgono gli ampi scaloni, infilano le vaste sale, rivedono insomma
persone è cose già viste l’anno scorso il 3 aprile! Ma, eccoci nella sala d’aspetto
e, indi a una ventina di minuti, tutti quanti in ginocchio, che una porta s’è aperta
e dalla soglia del suo privato appartamento il Papa sta ricercandoci tutti col suo
sguardo penetrante. Ma è l’affare di un momento solo. Con aria sorridente, con
maniere affabilissime, il Papa ci si avvicina subito e ne porge a tutti quanti la
mano, mentre il Superiore, che nell’udienza privata avuta immediatamente
prima lo aveva informato del trasferimento della Scuola Apostolica, gli va
presentando l’un dopo l’altro i buoni figlioli, chiedendo per tutti quanti una
benedizione. Però il S. Padre volle rivolgere loro anche qualche parola: “Ho
saputo, figlioli cari, che vi disponete ad andare in una nuova casa: ebbene,
poiché di tutto quanto viene da Roma si suole, e con ragione, pretendere che sia
cosa non ordinaria, fate di non deludere questa giusta aspettativa: distinguetevi
nella pietà e nello studio; non vi basti pregare, pregate e bene; non vi basti
studiare, studiate bene; e, poiché nella Compagnia di Maria, cui aspirate, si fa
professione di una particolare devozione alla Madonna, siate esemplari nell’imitazione delle di Lei virtù e anche distinguetevi in quella fiducia cieca,
incrollabile che dovrete avere in Lei, dopo che le avrete manifestato le vostre
difficoltà, i vostri dubbi”.
14
Li vedete, lettori, i nostri Apostolini, stretti intorno al S. Padre, berne
avidamente la parola che non avrebbero più occasione di udire chi sa per quanto
tempo, e colpiti dalla trasparente allusione del Santo Padre sia della vera
devozione a Maria del nostro Beato, che alla caratteristica della devozione
mariana personale del Montfort, il quale quando aveva confidato una cosa alla
Madonna, non se ne preoccupava più affatto? Né essi dimenticheranno, come
vedrete, altra cosa: il buon viaggio che si udirono augurare dal S. Padre, dopo
esserne stati benedetti.
Ma di partire ancora non è tempo: prima una festa intima, se così volete
chiamarla, degli addii anticipati. Fu il 5 del corrente, giorno della Madonna della
Neve. Già, la mattina, i buoni figliuoli ci avevano edificati, andando ognuno dal
Superiore a mostrargli il proprio regolamento per le brevi vacanze in famiglia;
poi, a una certa ora, il Superiore, riunitili appié della Regina dei cuori, li aveva
rivestiti dell’abitino ceruleo, nuovo pegno di materna particolare protezione; ed
ecco che a pranzo, l’uno dopo l’altro, ciascuno si presentò innanzi al Superiore a
dirgli un’altra volta i propri sentimenti. Come tutti si furono cosi manifestati, si
levò a parlare il Rev. P. Giacomo Schiavi, Superiore designato della nuova casa
di Redona, la cui nomina erasi conosciuta giusto la mattina, non senza comune
soddisfazione anche da parte dei ragazzi che in questi 4 mesi, dacché egli era
stato nuovamente ospite del Collegio Montfort, ne avevano sperimentato la
grande bontà unita a una non minore fortezza. Si rivolse egli al Superiore e, fra
l’altre cose, dopo averlo ringraziato a nome suo e dei confratelli italiani, della
fondazione desideratissima della Scuola Apostolica Italiana, si disse meno
timoroso di sobbarcarsi al grave e delicato ufficio affidatogli, scorgendo la bontà
non comune dei sentimenti nuovamente espressi poco prima dai cari figliuoli,
bontà davvero non comune, ripeté egli, in cui ravvisava una nuova garanzia di
buona riuscita, e finì promettendo che, con l’aiuto della celeste Madre, nulla
lascerebbe intentato da parte sua perché niuno degli apostolini confidati alle sue
cure, fallisse alla desiderata mèta. L’ultima parola la disse il Superiore, al quale
si unirono poi tutti quanti brindando al P. Schiavi, ai Professori, alla Scuola
Apostolica. - Nel pomeriggio i cari figliuoli fecero una bella passeggiata nei
dintorni di Roma, l’ultima passeggiata, e, di ritorno, all’ora della funzione
eucaristica, solita nei Santuario in ogni giorno sacro alla Vergine, cantarono bei
mottetti, tra cui venne particolarmente notata un’Ave Maria a tre voci miste, su
una melodia per organo di Lemmens”25.
P. Bonicelli fornisce anche alcune notizie sul trasferimento da Roma a Bergamo.
“Nel mese di settembre 1919 la Scuola Apostolica si trasferì a Villa Maria di
Redona, nei dintorni di Bergamo. Il nuovo Superiore della Scuola, il rev. P.
Schiavi, lasciò Roma il 2 settembre, con il rev. P. Raymond, professore, sotto la
guida del rev. P. Procuratore. Con sua grande gioia e soddisfazione li
accompagnava Fratel Alfonso, cuoco del Collegio Montfort di Roma. Sarà solo
25
RdC VI (1919) 5, 116-118
15
per breve tempo, fino a che avranno trovato un nuovo cuoco. Ci si avviò sulla
rotta Roma-Firenze-Bologna-Milano. Partiti alle otto pomeridiane i quattro
viaggiatori giunsero a Firenze il mattino dopo. Il tempo di celebrare la Messa,
poi di nuovo in viaggio verso Milano. Qui, ciò che attirò l'attenzione dei
viaggiatori fu il Duomo. Lo visitarono, salendo sul punto più alto. Alle 5
pomeridiane affrontarono i chilometri che ancora lì separavano da Bergamo. In
serata erano a Villa Maria. Un colpo d’occhio per farsi un’idea della nuova
proprietà: una casa grande e spaziosa con un cortile interno e circondata da
campi estesi circa 4 ettari. Le precedenti proprietarie, le Suore Orsoline, non
avevano ancora lasciata la casa. La Superiora, l’Economa e alcune altre avevano
dovuto aspettare il P. Procuratore per le consegne: la casa era stata data in affitto
per nove anni. Le religiose presero il treno per la Francia il giorno dopo,
convinte che il partito anticlericale non avrebbe più osato scacciarle. Speriamo
che non si siano sbagliate!
Molto animati i primi giorni di Redona. Il 4 settembre, c’è la visita del Parroco
di Redona che si è intrattenuto per due ore circa. Il giorno dopo, 5 settembre,
tutti si recano a Bergamo Alta, ospiti delle Suore Figlie della Sapienza che
hanno qui una loro residenza. Il giorno 9 successivo il Procuratore e il Superiore
sono stati ricevuti in udienza dal Vescovo di Bergamo. Un lungo colloquio
durante il quale Monsignore diede il benvenuto alla nuova Scuola Apostolica
aperta nella sua diocesi e facendole dono di una benedizione. Anticipò la notizia
di una sua prossima visita26.
Il 13 delle stesso mese di settembre, alle 8 del mattino il Superiore prende il
treno per Milano. Sono in arrivo da Roma 4 apostolini. A Treviglio dovrebbero
esserci altri 3 apostolini provenienti da Padova, ma questi sono già a Villa
Maria, avendo seguito un tragitto più corto. Due giorni dopo arrivano anche due
ritardatari: Giovanni Gramola e Claudio Marinangeli. Manca solo uno dei 10
apostolini di Roma, Michele Mirabella, impedito da una febbre maligna. Prima
di ripartire per Roma il 16 settembre, p. Gebhard benedice personalmente una
immagine della Regina dei Cuori che viene collocata sopra l'altare della
cappella.
Il 27 settembre P. Le Guevello, giunto dalla Francia, viene nominato consigliere
del Superiore. Arriva anche una cuoca, la mamma del Superiore. Fratel Alfonso,
cuoco del Collegio Montfort può tornare a Roma. Il 27 ottobre arrivano a Villa
Maria P. Bourget, primo Assistente generale, e P. Gebhard. Vengono da Roma
per l’inaugurazione della Scuola. Il 17 dicembre anche P. A. Lhoumeau,
Superiore generale, e la Madre Generale fanno visita a Villa Maria»27.
26
27
Cronaca della Scuola Apostolica di Redona, 28
Cronaca della Scuola Apostolica di Redona, 28
16
5. Gli inizi della presenza monfortana a Bergamo
La nuova casa era stata affittata inizialmente per 9 anni, tuttavia avendola
trovata idonea P. Gebhard pensò bene di acquistarla dal Goisis. Ben presto ai
primi sei apostolini se ne aggiunsero altri fino a raggiungere il ragguardevole
numero di 70 nel settembre 1923.
Conosciamo la cronaca della inaugurazione ufficiale della Scuola Apostolica
Italiana. Ecco il testo che nella versione originale è stato scritto in francese. “29
ottobre. Inaugurazione solenne della Scuola Apostolica Italiana. A mezzogiorno
tutti gli invitati sono all’appuntamento. Mons. Luigi Maria Marelli, vescovo di
Bergamo, presiede la festa. A tavola, al suo fianco prendono posto il Segretario,
l’Arciprete della Cattedrale, il Parroco di Redona con i suoi due curati, il
Parroco di Onore, il Vice rettore del Seminario di Bergamo, cugino del Padre
Superiore. Servono a tavola i tre giovani fratelli postulanti.
Il primo a prendere la parola fu il Padre Procuratore. Parlò a nome del rev. P.
Bourget. Ricordò l'ottima accoglienza ricevuta dal Vescovo in occasione della
sua prima visita a Bergamo per ottenere il permesso di aprire la Scuola
Apostolica in Diocesi. Certo di questa protezione anche in futuro, manifestò il
desiderio che questa presenza a Redona non fosse a tempo determinato, ma
definitiva, pur sapendo che il Parroco di Redona non era proprio di questo
parere. Si spera in una intesa. In conclusione venne chiesta una particolare
benedizione del Vescovo per l’opera nascente.
Il Vescovo volle rispondere subito alle parole del Padre Procuratore. “Quando P.
Gebhard, in veste di Procuratore generale, venne a farmi visita, esordì il
Vescovo, non gli nascosi una certa inquietudine. Già molte Congregazioni e
Ordini religiosi si trovavano in Diocesi. Temevo un’altra invasione.
Dimenticavo tuttavia che i disegni di Dio non temono ostacoli; si realizzano
comunque. Dio vuole i Religiosi nella mia diocesi, lasciamoli venire. Per questo
motivo, lungi dall’oppormi all’apertura della vostra Scuola Apostolica, dichiaro
invece di essere molto favorevole. Non vi nascondo anche che la vostra
Congregazione gode tutte le mie simpatie, più di altre Congregazioni, e questo
da molto tempo a motivo della vostra grande devozione alla SS. Vergine e del
vostro grande attaccamento al Santo Padre. Di tutto cuore benedico la vostra
opera. Possa essa formare moltissimi missionari. Possa soprattutto installarsi
nella nostra diocesi non solo per 9 anni, ma per sempre. È questo l’augurio che
già avete formulato e che è anche mio personale. Spero che si realizzi”.
Con un segno di croce il Vescovo benedice tutti. Poi si alza il parroco di
Redona. Manifesta la sua gioia nel vedere i Padri della Compagnia di Maria
prendere possesso della casa abbandonata dalle Suore Orsoline. La sua grande
preoccupazione dopo la partenza delle Religiose, era di vedere Villa Maria
tornata ad essere quella che era prima, vale a dire, una locanda, in altre parole un
covo di briganti. Tale era la sua contentezza da desiderare tanta fortuna alla
casa.
17
Al pranzo seguirono una rappresentazione drammatica e una musicale. Vi
assistono tutti gli invitati, compreso il Padre Provinciale francese che, essendo il
treno in forte ritardo, nessuno aveva atteso alla stazione”28.
6. Ulteriore sviluppo: I progetti della Madonna
Con il trascorrere degli anni, essendo aumentato il numero degli apostolini, la
casa di Redona si rivelò subito troppo angusta. Bisognava ampliarla. Ecco come
P. Gebhard, sempre dalle pagine di “Regina dei Cuori”, lancia l’ambizioso
progetto di ristrutturazione di Villa S. Maria.
“Mi perdonino i cortesi lettori, se, per una volta, su queste pagine ardisco parlare
di cose mie. Vorrei, con tutta semplicità, far conoscere alcuni dubbi, sorti
spontaneamente, a proposito di un’opera che tocca la gloria di Maria SS.
Per ben comprendere la situazione, bisogna ricordare innanzi tutto alcuni dati
storici. Su la fine del 1916, a perenne ricordo delle splendide feste per il
bicentenario del Beato di Montfort, venne fondata a Roma una Scuola
Apostolica, con lo scopo di appagare un po’ meglio la brama ardente
dell’Apostolo di Maria:
«Da Matri tuae liberos, alioquin moriar». «Dà figli
alla Madre tua, o lasciami morire!...». Anche l'Italia le avrebbe dato uno stuolo
di questi figli, tutti apostoli della vera devozione a Maria Vergine!
Gli inizi furono modesti. Il primo anno sei frugolini incominciarono gli studi
ginnasiali all’ombra del Santuario di Maria Regina dei cuori e l’anno seguente
ne vennero cinque altri. Il Collegio Montfort ne poteva accogliere undici
appena, per mancanza di posto, ma questi undici li accolse con giubilo. Furono
anni belli, nei quali regnò in casa l’allegria più santa. Dico in casa... Dovrei
aggiungere: anche in cortile!... Tanto vero che il povero Superiore si ebbe un
certo giorno una proposta inaspettata: il proprietario della casa vicina voleva
imbottire, a proprie spese, tutte le palanche del giuoco delle bocce, perché non si
udissero più risuonare certi colpi tremendi ed aprire un conto corrente gratuito
presso qualsiasi pasticciere di città, dicendosi pronto a pagare tutte le caramelle
del mondo, purché gli Apostolini avessero parlato piano durante le loro
ricreazioni. Il Superiore lo ringraziò di tanta generosità, ma per fargli toccare
con mano quanto fosse difficile una soluzione... pacifica, gli propose, alla
propria volta, un patto:
«Si provi prima lei ad insegnare agli uccellini a non
cantare più ed io proibirò ai miei piccoli di cinguettare come fanno, due o tre
volte al giorno, nei loro brevi momenti dì sollievo!...».
Di sollievo, sì... perché lavoravano, poveri piccini! Talvolta la scuola sembrava
un po’ lunga... Merita di passare alla storia la protesta dignitosa d’uno degli
“anziani” che un bel giorno s’alzò a metà della lezione per dire imperterrito al
professore: «Padre, son stufo!...».
28
Cronaca della Scuola Apostolica (1919-1944) pp18-21
18
Ripensando a quel caro figliolo, mi sembra di vedere ancora la sua faccia
impacciata, quando, dopo d’aver spiegato bene all’esame semestrale l’uso del tu,
del voi e del lei, si sentì domandare dal Presidente: «Ma se il lei indica la forma
di cortesia, come mai l’altro giorno alla Camera certo deputato poté dire ad un
collega: Onorevole, lei è un porco?...».
Non insistiamo; se non chiudo presto il rubinetto dei ricordi, le 24 pagine dei
fascicolo saranno inondate!
Dunque... i nostri undici Apostolini vissero tre anni a Roma e poi, conforme un
desiderio approvato dal Capitolo generale dell’Istituto nel 1919, vennero
traslocati a Redona, presso la bella Bergamo. Il sottoscritto si ebbe il gradito
incarico di provvedere a tutte le spese di casa, manutenzione, vitto, ecc., e il
Soldo della Madonna gli fu di provvidenziale aiuto.
Senonché l’appetito viene mangiando, dice un proverbio. A Roma, gli
Apostolini erano undici, a Villa S. Maria salirono a più di ottanta! E non
accennano per nulla a diminuire, per quanto i tre primi stiano già al Noviziato! I
tre posti vuoti furono subito occupati e pare sia da temersi sul serio, a breve
scadenza, una crisi d’alloggio a Villa S. Maria!...
Per questo ora mi son messo all’opera — e qui comincia, la vera storia, che
volevo raccontare — ; ho esaminato, riesaminato tutto... E poiché non costa
nulla il far dei piani, ho fatto progetti d’ampliamento.
Come di dovere ho pensato prima al Signore: bisogna metterlo al largo in una
bella chiesa dove potranno svolgersi con decoro le funzioni liturgiche, mezzo
più facile e più opportuno per la buona formazione sacerdotale !
Poi, le ottime Suore, che tanto fanno per tenere in ordine il vestiario e la
biancheria, senza parlare dello stomaco, meritano bene di avere anch’esse una
casa adatta a tutte le esigenze delle varie loro mansioni.
E finalmente alla Scuola stessa, bisogna dare migliore assetto nella parte già
esistente, mentre deve essere elevata tutt’intera d’un piano per far posto a quanti
vorranno venire a porsi sotto la bandiera della Madonna.
Ho spiegato tutto questo ad un bravo ingegnere di Bergamo, ed il sig. Luigi
Angelini, da vero artista, ha tutto capito e tutto espresso in altrettanti disegni
magnifici.
Ecco però che mentre guardavo con santa compiacenza questi disegni, una voce
interiore — era l’Angelo di luce ?... o l’altro ?... non saprei... —mi disse: «Ti
ricordi certo passo del Vangelo di San Luca?...». E subito la memoria riandò al
divin monito di Gesù: «Qual di voi volendo fabbricare una torre, non calcola
prima pesatamente la spesa, e se abbia con che finirla? Affinché, dopo gettate le
fondamenta, non potendo terminarla, non comincino tutti i riguardanti a burlarsi
di lui, dicendo: Costui ha cominciato a fabbricare, e non ha potuto finire». E la
voce continuò: «Hai calcolato tutto?... Hai di che condurre in porto i tuoi bei
progetti?...».
A dire il vero, non mi turbai gran che. Osservai bene tutti i preventivi e li trovai
giusti. Poi esaminai il mio portafoglio, mio, per modo di dire, e lo trovai mezzo
19
vuoto... E allora?... Mi sovvenne semplicemente della Vera devozione alla
Madonna: bisogna fare tutto con Maria!... Dunque, pure i progetti bisogna farli
con Maria!.. Ed allora ecco la conclusione logica del primo dubbio prospettato:
«Io certo non ho finora di che attuare tutti i miei piani, ma la Madonna possiede
tutto! Mi abbandonerò a Lei; farò con Lei una Società Anonima con capitale
illimitato, e poiché in fondo non si tratta di altro che della gloria di Maria, la
Presidente celeste penserà a tutto!».
Avanti, signor ingegnere! Chiami le sue squadre di operai e scavi pure le
fondamenta. Vedrà che nessuno si burlerà di noi.
E uno !...
Ma la Madonna, al pari del Signore, si serve, per le sue opere, di cause seconde,
di strumenti... Non mi aspetto nessuna apparizione miracolosa con pioggia di
biglietti dà mille. La Madonna, questi, li farà saltare fuori come al solito dal
borsellino sempre aperto delle anime generose, tutte dedite a Lei e solo
preoccupate delle sue sollecitudini di Madre. Tuttavia, come farò saper loro che
la Madonna aspetta aiuto?
Confesso francamente che in un primo tempo, pensai di dirlo solo a quella
cerchia fortunata, a quel pusillus grex, che avrebbe il diritto d’innalzare sopra il
frontone della propria casa lo stemma della Regina dei cuori, con questo motto:
Fornitori abituali della Madonna! Sono persone buone, che da tempo conoscono
l’ampiezza delle mie tasche vuote e mai non si lagnano dei numerosi buchi pei
quali fugge quanto vi mettono. Leggendo questo articolo, esse non se l’avranno
a male se ho creduto essere voce d’Angelo buono quella che mi ha detto dentro:
«Chiama a raccolta tutte le anime volenterose!... Aiutare la Madonna è una
grazia di primo ordine. Offrila a tutti... Accetteranno l’offerta solo gli eletti di
Dio, ma almeno non sarà colpa tua se alcuno si rifiuterà all’invito. C’è tanto da
fare, che ce n’è per tutti!...».
Infatti, c’è la chiesa con le sue tre navate ed i suoi tre altari. L’altare maggiore,
dedicato alla Regina dei cuori, sarà adorno di una riproduzione fedele del
gruppo di Roma: in gesso, è vero, però di uguali proporzioni. Gli altari laterali
saranno dedicati l’uno a S. Giuseppe, l’altro al Beato di Montfort. Poi,
occorreranno invetriate, stalli nel coro, banchi nelle navate, una cantoria con
l’organo (a quante tastiere?...), arredi sacri, ecc., ecc. Ecco già di che scegliere
non poco, per ogni varietà di portafogli.
Gli amici dell’Arte poi debbono sapere che sotto la chiesa vi sarà il teatro, la cui
ampia sala darà rifugio agli alunni, in tempo di pioggia, per le ricreazioni
indispensabili alla salute e, nei giorni di premiazione ed in altre ricorrenze
solenni, accoglierà i benefattori, i parenti, gli amici tutti,che potranno godere dei
progressi letterari e musicali dei loro protetti. Chi avrà l’onore di star dietro alle
quinte per il finanziamento di quest’opera artistica?...
Non dico nulla della casa per le Suore; del secondo piano di sopraelevazione
dell’edificio attuale; delle necessarie modificazioni per dare a tutto un aspetto
20
monastico... Un particolare solo: nel bel mezzo del cortile interno sorgerà una
graziosa edicola con una statua della Madonna. Chi sarà il primo a pagarla?...
Ho detto abbastanza?... Mi pare; nessuno potrà lagnarsi di non essere stato
ammesso al concorso! Le industrie private, quando vogliono attirare il capitale,
offrono un forte interesse, o qualche premio vistoso. Non temo la concorrenza!
A nome di Gesù e di Maria, prometto il cento per uno, cioè, in gergo finanziario,
il 10.000% e di più un premio non mai visto: la vita eterna! Centuplum accipiet
et vitam aeternam possidebit...
E due”!...
Viste le condizioni straordinariamente favorevoli della sottoscrizione proprogetti della Madonna; conoscendo d’altra parte, per esperienza, i miracoli
della bontà di Maria, mi assale un terzo dubbio: «E se ti mandano più danaro che
non occorra per le costruzioni in vista, cosa farai del resto?...».
Niente paura!... Dopo ingrandita la casa, gli Apostolini saranno più di prima, e,
come nella casa piccola, avranno sempre appetito grande... In qual modo potrò
dare il pane quotidiano a tutti questi cari figliuoli, in attesa che essi medesimi
diano un giorno il Pane, del cielo ai loro benefattori?...
Vi sto pensando ed all’uopo ho cominciato la fondazione di Borse di studio,
grazie alle quali gli alunni poveri potranno venire accolti ugualmente. Per essere
fondatore e godere del merito perpetuo d’aver aperto ad un giovane le porte
della vita religiosa, sacerdotale e missionaria, basta versare, una volta sola, un
capitale di L. 10.000.
Vi dirò in confidenza che cinque di queste Borse sono già state fondate
rispettivamente in onore della Regina dei cuori; di S. Giuseppe; del Beato di
Montfort; del Sacro Cuore di Maria; dello Spirito d’Amore e d’Intelligenza e
della Sua Purissima Sposa... La sesta è quasi a buon porto, ma ancora non ha
ricevuto alcun nome.
Orbene, se mi si manderà troppo danaro per le costruzioni di Villa S. Maria,
verserò senz’altro il resto alla settima Borsa, che intitolerò ai SS. Apostoli. Sono
“dodici gli Apostoli”... Avrò dunque un margine di 120.000 lire!... Esaurito
questo,
se mai, penserò ad altre Borse !
E tre!...
Ho finito la mia confessione. Ora aspetto con fiducia che i miei lettori facciano,
alla loro volta, un buon esame di coscienza e... di borsa, per mandarmene poi, al
più presto, il risultato interessante. Una rubrica speciale del nostro Periodico
verrà pubblicando le offerte e la Madonna le trascriverà tutte, piccole e grandi,
sul Libro della vita!”29.
L’appello di P. Gebhard caloroso e circostanziato, fu subito accolto e già sul
numero di maggio “Regina dei Cuori” pubblica una prima lista di offerte. Apre
l’elenco l’offerta degli Apostolini per la realizzazione dell’edicola del cortile
29
RdC XI (1924) 5
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interno. L’Abbadessa del Monastero Benedettino di Urbania, letto l’articolo «ha
voluto essere con le sue 18 consorelle e la sorella carnale fra le anime
volenterose, sottoscrivendo per una lira a testa pro "Progetti della Madonna" 20
lire». Un lettore di Ivrea così scrive: «Nell'impossibilità di corrispondere come
ben vorrei, gradisca questa tenue offerta, accompagnata da molte preghiere,
certo che la buona Mamma saprà ben toccare il cuore di tante anime che
possono dare generosamente ed abbondantemente»30.
Un sacerdote invia la sua offerta con una lettera di accompagnamento:
«Lietissimo mi si offra favorevole occasione di dimostrare almeno una volta
tutta la mia riconoscenza per i tanti e diversi benefìzi ricevuti
dall’indimenticabile e sempre carissimo P. G.M. Schiavi, nonché da V.P.R., e
per la mia aggregazione ai fedeli Schiavi di Maria Regina dei Cuori, accludo e
invio mia piccola offerta per aiutare l’esecuzione dei progetti e dei piani che
V.P. ha fatto per i cari Apostolini di Villa S. Maria. Prego V.P. ricordarmi alla
divina Presidente della sua Società Anonima pregandola voler guardare con
occhio misericorde al suo ultimo Schiavo».
P. Gebhard così commenta questa lettera: «La busta che recava questa lettera era
chiusa con un bel francobollo rappresentante S. Tommaso d’Aquino; mi misi
quindi subito a fare un ragionamento: dopo quella di casa, la prima offerta mi
viene da un santo sacerdote; ora il sacerdote rappresenta Dio; dunque Dio ha
gradito l’appello e lo benedirà». Infatti altre offerte vennero presto, pingui le
une, più modeste le altre, tutte cordiali. Da vari monasteri, poveri secondo il
mondo, ricchissimi agli occhi di Dio, ci furono promesse preghiere perché i
“Progetti della Madonna” presto siano un fatto compiuto. «Né solo pregheremo aggiunge una religiosa di Milano -, ma rinnoveremo la nostra completa
dedizione alla Vergine, troppo felici se ciò potrà contribuire al trionfo di Maria
SS. per mezzo dei suoi Apostolini...».
Anche in agosto “Regina dei Cuorì” pubblica una seconda lista di offerte per i
“Progetti della Madonna”. P. Gebhard commenta: «La generosità dei nostri
amici è davvero commovente. Ciò che più di ogni altra cosa ci rallegra è lo
spirito prettamente soprannaturale che anima i donatori e la simpatia cordiale
con cui tengono ad onore aiutare l’opera di Redona. Stralciamo alcuni brani
dalla nostra corrispondenza. Da Lovere ci scrivono: «Andiamo diligentemente
accantonando il 2% delle nostre piccole fatture: potrà servire per una minima
parte della sabbia occorrente pel pavimento dell’erigenda Chiesa di Villa Maria.
Alla domenica poi lavoriamo al tombolo un pizzo di Cantù, già destinato per
l’altare della stessa Chiesa di Villa Maria, quantunque certamente meno fine e
prezioso di quelli che l’anno scorso ammirammo a Roma all’altare della Regina
dei Cuori».
Una brava signora, lieta di sapere che la Chiesa di Villa S. Maria avrà un altare
dedicato a S. Giuseppe, chiede come una grazia di poterne pagare le spese.
30
RdC XI (1924)5,111
22
Un’altra, alla quale avevamo descritto il bozzetto ideato per la statua del Beato,
da collocarsi in una bella nicchia nel frontespizio della Casa rialzata, vuole ad
ogni costo far tanti risparmi da poter pagare l’intero importo. Né si è spaventata
quando le abbiamo fatto notare che si tratta d’una statua di grandezza naturale,
scolpita in pietra e per la quale ci vorranno parecchie migliaia. La Madonna
l’aiuti!.. Un’altra ancora, non avendo danaro liquido, ha voluto vendere i suoi
gioielli”.
Ed ecco come gli stessi Apostolini ci aprivano il cuore in un nobile indirizzo,
letto da Claudio Marinangeli, a Villa S. Maria il giungo scorso: “Io vorrei
esternarle, Padre, tutta la nostra affezione, ma con quali parole? Non né conosco
alcuna che possa venirmi in aiuto. Ed è per questo che, mentre coi nostri propri
occhi vediamo tutto quanto lei fa per noi, vogliamo almeno per soddisfare in
parte il nostro debito di riconoscenza che sempre più aumenta, vogliamo oggi
presentarle la Prima raccolta per l’Edicola della Madonna, che lei ha destinato
ad abbellire il nostro chiostro e che gli Apostolini vogliono essi stessi pagare,
perché resti fra loro come Monumento della Riconoscenza. Ad essa converranno
essi a pregare per colui che venerano col dolce nome di Padre. È ben poco ciò
che le offriamo, non tutti avendo ancora risposto all’appello, però le posso
assicurare che a questa prima lista ne seguiranno altre. Le vacanze poi non sono
lontane ed i nostri piccoli risparmi saranno tutti consacrati a questo scopo.
Poiché, amatissimo Padre, siamo purtroppo convinti che tutto ciò che potessimo
mai fare, sarà sempre al disotto di quanto lei intraprese e fa per i suoi cari
Apostolini, e ci tarda il giorno in cui a tutti quelli che verranno in seguito, noi
diremo, additando l’Edicola in cui troneggerà l'immagine di Maria: il
Procuratore la ideò, gli Apostolini hanno voluto effettuarla in omaggio
riconoscente al loro caro Padre”. P. Gebhard conclude: »Accettiamo volentieri il
filiale omaggio perché ci è dolce caparra d’un altro favore, ben più ambito:
l’immagine di Maria, che già troneggia nel cuore dei nostri beniamini!».
Don Beniamo Secche di S. Pietro in Gu, invia la sua offerta «per portare io pure
il mio piccolo sassolino alla costruzione dei “Progetti della Madonna”...». Anche
due signore di Genova inviano «in segno della loro schiavitù questa piccola
gocciolina che si confonderà ad altre innumerevoli versate a favore della Società
Anonima pro “Progetti della Madonna”». Un seminarista di Torino aggiunge in
una lettera: «Il di più della somma per i libri spediti, vada per i “Progetti della
Madonna”; l’offerta è piccola, ma rappresenterà il soldo della vecchierella
povera e misera. La cara Mamma, supplirà essa alla mia insufficienza».
Il Comune di Redona, in data 15 aprile 1925, concede il permesso. «Questa
Commissione Comunale, esaminata la domanda presentata dall’Egreg. Ingegner
Luigi Angelini, in una delle annesse tre tavole di disegno interessanti le opere di
ampliamento dell’Istituto dei M.R. Padri Monfortani e la progettata nuova
chiesa aderente al suddetto ampiamente, nulla ha trovato da eccepire, riservati
gli eventuali diritti di terzi, come di solito si esprime, e l’osservanza delle
prescrizioni igieniche in rapporto con gli scarichi in genere...».
23
7. La nuova casa rinnovata
Va detto che P. Gebhard aveva delle idee molto chiare sui lavori da fare,
soprattutto quelli relativi alla nuova chiesa. A lavori ultimati qualcuno rileverà la
perfetta sintonia tra lui e l’architetto Angelini sia nella stesura che nella
realizzazione del progetto.
Sulle pagine di “Regina dei Cuori” P. Bonicelli riferisce alcune notizie relative
all’inizio dei lavori di ristrutturazione di Villa S. Maria e della costruzione del
nuovo santuario. “Ricordate l’articolo del Direttore? Ebbene quei progetti che
ormai è conveniente chiamarli “della Madonna”, sono in buona via di
attuazione. I lavori procedono di buon passo ed ogni giorno è una gradita
sorpresa vedere disegnarsi sempre meglio, nell’insieme e nei particolari, ciò che
il Direttore ebbe ideato e il bravo Architetto viene attivamente traducendo in
magnifica realtà. Finita la grande sala sotto la chiesa, ecco già sorgere per
parecchi metri d’altezza la chiesa stessa, sebbene ne sia stata posta la prima
pietra solo dal 12 settembre. Ben volentieri, a proposito della suggestiva
cerimonia svoltasi per la circostanza, diamo le impressioni di uno spettatore.
Il 12 settembre, festa del SS. Nome di Maria, ancor grande allegrezza a Villa
Maria. È la posa della prima pietra della futura chiesa, vero gioiello d’avvenire,
che onorerà splendidamente l’insieme delle costruzioni. Il giorno della Nascita
della Vergine, doveva pur essere il suo; era stato fissato; ma per circostanze
sopraggiunte si fu felici di trovare cosi vicina un’altra festa della Madonna.
Festa esteriore per certo, ma quanto più intima! È l’effettuazione di un’opera da
molto sognata, perseguita con ardore e compiuta a costo di non poche difficoltà.
Questa prima pietra poggia sopra una dedizione da schiavo, sopra la carità e
l’amore di molti cuori: la chiesa ha dunque solide fondamenta... Gioia quindi
grande per tutti, ma quanto maggiore per colui che all’Opera è votato qual vero
schiavo, anima e corpo: rammentate la malattia al principio dell’anno? e chi
potrà mai dire le sofferenze morali!... Il rev. Procuratore poteva davvero cantare
di cuore un bel Magnificat: senza dubbio egli ha esaltato la Regina dei cuori con
l’Opera di cui la nuova chiesa sarà degno coronamento, l’opera si bella della
Scuola Apostolica, speranza dei Monfortani in questa Italia, che finora, con
l’Arciconfraternita e le sue quattordici filiali, detiene il primato fra i paesi di
vera devozione a Maria.
La cerimonia ebbe luogo nel pomeriggio: sorrise anche il tempo, imbronciato
dal mattino. E dappertutto ondeggiavano al vento le bandiere, quand’ecco
arrivare Mons. Floridi, Vicario generale di Bergamo, delegato da Sua Eccellenza
il Vescovo alquanto indisposto. La funzione liturgica della posa della prima
pietra, riuscì ancora più interessante a causa che per molti era affatto nuova:
aspersione dell’intero locale, del perimetro della chiesa, del posto dove doveva
sorgere l’altare; litanie dei Santi, orazioni numerose, mentre gli Apostolini, per
la prima volta nella futura chiesa dalla cupola d’azzurro, innalzavano le belle
melodie gregoriane...
24
Poi, dopo introdotta in un foro del masso la pergamena commemorativa d’uso,
insieme alle monete del tempo, si procedette alla posa stessa della pietra che
Monsignore benedisse, mentre l’eco giuliva delle montagne, risvegliate da salve
di mortaretti, annunciava a tutti i dintorni la gioia dei figli della Vergine”.
Fin qui la sobria relazione, ma possiamo completarla col testo dell’iscrizione
della pergamena: iscrizione dettata da Mons. Verghetti, innografo della Sacra
Congregazione dei Riti; e, meglio ancora, con una graditissima lettera del
Rev.mo Padre Generale al Superiore della Scuola Apostolica. Diamo qui la
versione italiana del testo della pergamena:
In nome del Signore. Cosi sia.
Nel 1924, regnando felicemente Pio XI,
Pontefice massimo.
Perché i giovinetti della Scuola Apostolica Monfortana,
amanti del decoro della casa di Dio,
possano con più agevolezza ed efficacia
addestrarsi assiduamente nella pietà, e quindi, informati
da spirito apostolico, siano in grado, a loro tempo,
di guadagnare a Cristo anime innumerevoli; per iniziativa
e cura del rev.mo Padre Uberto Maria Gebhard,
Procuratore Generale della Compagnia di Maria del Beato Montfort,
viene eretto dalle fondamenta, al posto dell’esistente Cappella,
un pubblico tempio, dedicato a Dio in onore della
BEATISSIMA VERGINE MARIA ANNUNZIATA
REGINA DEI CUORI
Luigi Maria Marelli, Vescovo di Bergamo,
ne benedice solennemente la prima pietra il 12 settembre,
giorno sacro al SS. Nome della Vergine Maria,
essendo presenti gli alunni del Collegio Montfort di Roma
e tutti quelli della predetta Scuola Apostolica,
nonché altre persone del clero e del popolo.
Assistono alla sacra funzione il sopra menzionato
Padre Uberto Maria Gebhard, Giacomo Maria Schiavi,
Superiore della Scuola Apostolica Italiana,
e i RR. Padri Professori della stessa casa,
i quali tutti, a perenne memoria del fatto,
unitamente al Vescovo, si firmano come segue...
Per la circostanza il Padre Generale, H. Richard, fece pervenire un suo
messaggio. Eccolo nella sua versione italiana. “Unito di tutto cuore alla duplice
famiglia che a Villa Maria, a causa della benedizione della prima pietra della
chiesa, è oggi in tanta festa, imploro per l’Opera di cui sarà centro questo nuovo
25
tabernacolo, le più copiose e costanti benedizioni del buon Maestro e della sua
santa Madre.
In questa occasione, voglia esprimere la mia rispettosa gratitudine all’illustre
Vescovo di Bergamo, che, dopo averci si bene accolti nella sua diocesi, la
“Vandea d’Italia”, ora si compiace di aggiungere a tant’altre prove della sua alta
benevolenza, quella della sua presenza e dei suoi incoraggiamenti a questa festa
di famiglia.
Il mio non meno specialissimo grazie a coloro la cui generosità valse alla
Compagnia di Maria questo nuovo semenzaio di apostoli, che è Villa Maria; e
soprattutto al venerato fondatore, il rev. Padre Gebhard, di cui meglio delle
pietre dell’edificio materiale, queste pietre viventi, che costituiranno un giorno
la Provincia d’Italia, ridiranno con le loro opere, come lo narreranno i nostri
Annali.
Mi sia altresì buon interprete presso le eccellenti religiose che adempiono con
tanto amore, a bene dei numerosi rappresentanti di Gesù Bambino, che conta
Villa Maria, le parti di Maria a Nazaret.
Oh, voglia la Vergine Madre ottenere dal suo divin Figlio ai protettori di Villa
Maria i favori che più desiderano qui in terra e lassù in cielo! Possano i loro
protetti, corrispondendo alle viste loro, diventare quanto prima quei
conquistatori d’anime, quei zelatori del “Regno di Gesù per mezzo di Maria”
che essi vollero dare all’Immacolata! Sarà questa la migliore loro ricompensa.
H. Richard»31. Alla ripresa dell’anno scolastico le cronache segnalano la
presenza di 86 apostolini a Villa Maria.
Ci si avvia verso il 1925. P. Gebhard, nonostante un precario stato di salute,
quando può viene a Redona per seguire l’andamento dei lavori di
ristrutturazione della casa e della costruzione della chiesa. La cronaca segnala in
data 4 luglio un incidente sul lavoro: un operaio dei Pagnutti cade
dall'impalcatura della cappella, da oltre 4 metri. Privo di sensi e con gravi
fratture interne viene trasportato all’Ospedale. Se la caverà con un mese di
degenza.
8. Il nuovo Santuario “Maria Regina dei Cuori”
Il nuovo santuario venne consacrato il 30 ottobre 1926. Ecco la cronaca
dell’evento nel ricordo di P. Bonicelli.
«La data della consacrazione della Chiesa fu il sabato 30 ottobre. Al momento in
cui scriviamo essa è alquanto lontana, ma il suo ricordo è di quelli incancellabili
e io sono contento potervi dire qualche cosa della solennità di quel giorno,
avendovi assistito insieme al P. Direttore. Ben questi, atteso lo stato della sua
vista, avrebbe preferito di assistervi solo in ispirito, però il rev.mo Superiore
31
RdC XI (1924) 10,
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Generale gli espresse il desiderio che si trovasse a Redona per la circostanza e,
breve, nel pomeriggio del 28, egli vi arrivava col sottoscritto. Il rev. Padre
generale giunse il di dopo, poco prima del Prelato consacratore, Mons. Roncalli,
Arcivescovo titolare di Aeropoli e Visitatore Apostolico di Bulgaria. Sua Ecc.
Mons. Marelli, Vescovo di Bergamo, per motivi di salute aveva con
rincrescimento dovuto declinare l’invito di consacrare la nuova chiesa.
In altra parte il Direttore stesso vi parla della chiesa diciamo così, del suo cuore,
e ve la descrive quale ebbe la consolazione, finché la Croce non si fu abbattuta
su di lui, impedendogli fra l’altro di recarsi spesso sopra luogo come prima, di
vederla sorgere nell’intera struttura generale e quale poi in quest’anno e mezzo
di prova, attraverso la corrispondenza divenuta necessariamente più attiva che
mai con l’Ingegnere, venne attentamente sorvegliandone la decorazione perché
tutto, insieme e dettagli, anche nell’interno della chiesa rispondesse al suo
ideale. Di questa decorazione non tocca a me indicare il concetto ispiratore, di
una cosa posso assicurarvi ed è che a detta di tutti è proprio un incanto.
Senz’altro vengo alla funzione.
Avverso il tempo! e meno male che ci si era preparati: dalla vigilia teneva tanto
il broncio... Non di malumore però i nostri cento Apostolini! Sul loro volto si
leggeva la gioia pregustata al pensiero della cerimonia imminente. Già in
precedenza istruiti sul significato della medesima, essi erano lieti quali di
assistere, quali di prendervi parte attiva come chierichetti o come cantori.
Allegramente squillavano anche le due campane, “Maria Immacolata” e “Luigi
Maria”, benedette per prima cosa la sera precedente da Sua Eccellenza Mons.
Roncalli, innanzi di discendere con l’intera Scuola Apostolica: Superiori,
Professori, Alunni, nella cripta della chiesa a salmodiare insieme
alternativamente Mattutino e Lodi davanti alla sante Reliquie esposte per la
venerazione prescritta.
Sono le sette e mezzo: l’ora fissata per il principio della funzione. Un segno vien
dato ed ecco i nostri Apostolini in cotta, preceduti dalla Croce, lasciare la cripta
dove sua Eccellenza ha indossate le sacri vesti, sfilare processionalmente sul
vasto piazzale, dirigersi e distribuirsi in bell’ordine dinanzi la porta della chiesa.
La cerimonia incomincia con il canto delle Litanie dei Santi, segue la
benedizione dell’acqua santa, quindi il Vescovo, in mitra e assistito da Diacono
e Suddiacono, procede alla triplice aspersione dei muri esterni del nuovo tempio.
Terminata questa, vi entra a compiervi una serie di significative cerimonie, di
cui per brevità possiamo solo accennare alle principali: la scrittura con la punta
del pastorale dei due alfabeti greco e latino sopra la croce di cenere tracciata in
precedenza per tutta la lunghezza della chiesa; la benedizione dell’acqua, del
sale, della cenere e del vino, che insieme mescolati serviranno per le aspersioni e
purificazioni dell’altare e dell’interno della chiesa; i sette giri intorno all’altare
con altrettante aspersioni, tutte al canto continuato del “Miserere”; la triplice
aspersione delle pareti interne della chiesa nonché del pavimento; la processione
per il trasferimento delle sante Reliquie dalla cripta alla chiesa; le unzioni col
27
Sacro Crisma della porta della chiesa all’entrare della processione, nonché del
sepolcreto dell’altare, prima all’interno, poi, dopo ripostevi le sacre Reliquie,
pure all’esterno; la solennissima incensazione in seguito dell’altare,
incensazione che proseguirà ininterrottamente fino al termine della funzione
culminante nella consacrazione dell’altare. Finalmente, l’unzione delle dodici
croci sulle colonne e la benedizione delle tovaglie, dei vasi, degli ornamenti
della chiesa e dell’altare consacrato.
Avreste visto con quale profonda pietà Monsignore venne compiendo questi riti
d’un meraviglioso crescendo di bellezza! Era trasparente la sua gioia intima di
dedicare al Signore un Tempio così bello; e qual profonda emozione sempre
nuova per noi ogni qualvolta lo sentivamo con la sua voce forte scandire le
parole rituali, ritornanti si spesso nel corso della cerimonia: “Sia santificato e
consacrato questo Tempio nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo,
in onore di Dio e della gloriosa Vergine Annunziata Regina dei Cuori e di tutti i
Santi...”. Certo, la pietà visibile di Sua Eccellenza contribuì a rendere più bella
la funzione già tanto attraente e più caro altresì il ricordo imperituro che ne
conserviamo.
La cerimonia della consacrazione terminò verso le undici e mezzo e Sua Ecc.za
si vestì subito per il Pontificale. Il Direttore gli domandò di voler offrire questa
prima Messa secondo le intenzioni della Madonna: “Ben volentieri, rispose
Monsignore, poiché non c’è migliore oblatrice!”. E la Messa cominciò. Nuove
bellezze, nuove emozioni! La nostra Schola cantorum venne interpretando a
meraviglia così le melodie gregoriane che la Messa “Aeterna Christi munera” a
4 voci di Palestina: un vero festino per gli orecchi, mentre non mancò agli occhi
il loro, e quanto gradito!, che il sole, senza riconciliarsi, si affacciò lo stesso di
quando in quando per brevi istanti dalle vetrate delle trifore e, penetrando
attraverso le nubi d’incenso fino all’altare della Regina dei Cuori, ci permise di
ammirare le armoniose linee della chiesa, le figure spiccanti sugli ori dell’abside
e del presbiterio, gli affreschi, la decorazione. Oh, come si pregava! Ed ecco
quasi ad aumentare, se ve ne fosse stato di bisogno il comune fervore, entrare in
chiesa verso l’offertorio Sua Ecc.za Mons. Vescovo di Bergamo, prendere posto
fra l’assistenza e rimanere fra noi assorto in preghiera fino alla fine del S.
Sacrificio. Il venerando Prelato, impedito, già lo abbiamo detto, dalle sue
condizioni di salute di consacrare egli stesso la nostra chiesa, aveva però
accettato con paterna degnazione di trovarsi lo stesso fra i suoi diletti figli nella
tanto cara circostanza: anche questo fu argomento di gioia in quel dì e noi lo
ricorderemo sempre riconoscenti. Di nuovo, come si pregava bene! (...)
Eccoci all’agape fraterna nel bel refettorio nuovo dall’aspetto monastico, con le
sue arcate e il grande finestrone a pieno sesto, che illumina tutto il fondo.
Presiede Monsignor Vescovo di Bergamo. Di fronte a lui è Sua Ecc.za Mons.
Roncalli; ai lati il nostro Superiore Generale e il Direttore. A destra e a sinistra
della tavola principale, nella parte alta del refettorio che sembra un cenacolo,
una vera corona di amici così del clero che del laicato. Gli Apostolini sono
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distribuiti comodamente nel resto della sala. Durante il pranzo regnò la più
schietta cordialità. Alla frutta il nostro Direttore si alzò per fare un brindisi
anche a nome del Rev.mo Padre Generale. Egli ringraziò dapprima Mons.
Vescovo di Bergamo d’essersi compiaciuto di intervenire alla festa, rilevando in
ciò una nuova prova della paterna bontà con cui Sua Eccellenza trattò sempre i
Monfortani fin dal primo incontro nel 1919. Invitò Monsignore a guardare
Intorno per constatare i frutti della sua benedizione nella prosperità evidente di
Villa S. Maria. Disse che il segreto della rapidità con cui furono compiuti i
lavori degli ultimi anni, doveva ricercarsi nella preghiera del Beato di Montfort.
Qui ricordò che, all’infuori della Francia, il Beato non percorse mai in vita sua
altro paese che l’Italia. Non è da meravigliarsi, disse, se oggi vediamo levare
una bella messe di cui il seme fecondo fu gettato dal Fondatore durante i mesi
che pellegrinò in Italia con la Compagnia di Maria nel cuore. Assicurò poi
Mons. Vescovo che i Monfortani non avrebbero mai cercato altro nella sua
diocesi che il Regno di Dio, conforme il loro ideale espresso nella Preghiera
infuocata.
Rivolgendosi allora a Mons. Roncalli, il Padre ringraziò sua Eccellenza di aver
assicurato per sempre l’opera di Villa S. Maria consacrando il Tempio di Maria
Regina dei cuori. Infatti, condizione previa di ogni consacrazione di chiesa è la
promessa di assicurarne il servizio decoroso. Maria Santissima avendo oggi
accettato tale promessa da parte della Compagnia di Maria, s’è impegnata con
ciò stesso a mantenere i Monfortani per il servizio del suo Tempio... Sottolineò
la pietà visibile con cui il Consacratore aveva compiuto il rito solenne e
commentando una parola detta da Monsignore la sera innanzi, che cioè l’invito
nostro gli aveva arrecato piacere grandissimo, disse che tale piacere era ben
spiegabile in un Prelato che sempre si adoperò al bene della gioventù e lavorò
con tanto impegno per l’incremento delle Missioni nell’Opera della
Propagazione della Fede, mentre adesso come Visitatore Apostolico in Bulgaria
sta cercando con ogni mezzo di propagare il regno di Gesù Cristo nelle alte
mansioni affidatagli dalla fiducia del Santo Padre. Si è sentita davvero la gioia
del Prelato di trovarsi in mezzo a tanta gioventù missionaria e di consacrare un
Tempio alla Regina dei cuori alla vigilia stessa della prima festa di Cristo Re,
auspicando così al Regno dolcissimo di Gesù nelle anime per mezzo della
Mediatrice Universale delle Grazie. In contraccambio promise a Monsignore un
perenne e grato ricordo nelle nostre preghiere perché la sua bella carriera potesse
svolgersi sempre a gloria di Dio e ad onore della illustre diocesi di Bergamo.
Passando poi a tutti gli invitati in generale, li ringraziò del gentile intervento.
Ebbe parole delicate di rallegramento per l’ingegnere Luigi Angelini di cui lodò
l’opera instancabile, il gusto finissimo e la preziosa amicizia; per i costruttori
della chiesa, i signori Pagnuti e Canevali, meritatamente fieri di essere stati
scelti quali redonesi ad innalzare nel loro paese un così bel Tempio alla
Madonna; per il giovane artista Pasquale Arzuffi, che seppe mettere una nota
così genuina di arte religiosa nei suoi incantevoli affreschi e per i decoratori
29
Taragni e Zanetti che eseguirono con squisito senso artistico la parte decorativa
del Tempio. Terminò con un fervido grazie a Maria e un vibrante augurio alla
sua Compagnia.
Finiti gli applausi, si alzò Monsignor Roncalli a ringraziare l’oratore anche a
nome di Monsignor Vescovo di Bergamo. Sua Eccellenza disse la sua profonda
soddisfazione di aver potuto compiere una così bella cerimonia lui vescovo
missionario così poco abituato nella sua Bulgaria a funzioni solenni. Confidò
che questa gioia era raddoppiata dalla felice scelta del giorno. Fra poche ore egli
doveva altrove inneggiare alla gloria di Cristo Re e pocanzi aveva avuto la
consolazione di consacrare un Tempio bellissimo alla Regina dei cuori. Era
certo che dal modo con cui aveva tenuto ad accentuare sempre la formula
rituale: “Ad onore... di Maria SS. Annunziata Regina dei Cuori” ognuno aveva
rilevato l’intima sua contentezza di preparare la via a Cristo Re con la
glorificazione della Madre sua Mediatrice nostra. Aggiunse che era stato per lui
molto gradito il primo incontro con la Compagnia di Maria. Raccontò che la sera
innanzi era rimasto così impressionato dalla sublime Preghiera infuocata che
aveva tenuto a leggere, che perfino nel sonno più volte aveva sentito gridare:
“Al fuoco, al fuoco, al fuoco...aiuto, aiuto, aiuto!”. Applicando eloquentemente
questo grido del Beato alle circostanze attuali della Chiesa, in modo speciale a
quella parte affidata al proprio suo zelo dal S. Padre, Monsignore esortò i
Monfortani a crescere numerosi e degni del loro Padre per spegnere tanto fuoco
devastatore delle cose sante e portare aiuto alle innumerevoli anime che lo
invocano. Si disse poi lieto di trovarsi in mezzo a tanti amici bergamaschi,
ringraziò di nuovo dell’invito carissimo e terminò assicurando che mai non
avrebbe dimenticato la prima chiesa da lui consacrata.
Le parole di Sua Eccellenza furono accolte con riconoscenti applausi e
resteranno uno dei più cari ricordi di questa giornata, storica per Villa S. Maria”.
Nel restante del pomeriggio si ebbe tutto l’agio di gustare nell’intimità l’affabile
tratto di Mons. Roncalli. Sua Eccellenza si intrattenne familiarmente con tutti:
ora lo si vedeva coi Padri, ora con gli Apostolini, ora con gli Artisti che
facevano cerchio intorno ad esso, ora coi nostri Apostolini... In tutti lasciò il
soave ricordo della bontà e semplicità di un vero Pastore. Non volle partire
senza prima aver fatto un’ultima e fervorosa preghiera nella chiesa consacrata e
noi speriamo di tutto cuore che Sua Eccellenza avrà riportato da quest’ultima
visita un cumolo di grazie per il suo non facile ministero. Quando all’uscita vide
sul piazzale i nostri figlioli, il cuore del Padre non poté resistere e fu un’altra
lunga conversazione finché l’incalzare dell’ora non lo costrinse - era atteso per
una funzione serale - a salire sull’automobile e a partire dopo un’ultima
benedizione, lasciando ognuno sotto l’incanto del suo breve soggiorno in mezzo
a noi32.
32
RdC XIII (1926) 11-12, 275 ss
30
Eletto Papa nel 1958, a ricordo della consacrazione del Santuario, Giovanni
XXIII regalerà alla comunità dei Monfortani dì Redona il prezioso reliquiario
che i Superiori della Famiglia Monfortana avevano donato a Pio XII in
occasione della canonizzazione del Fondatore. L’opera è dello scultore romano
A. Parisini. Papa Pacelli lo trovava di fattura celliniana e lo conservava sul lato
sinistro della sua cappella privata. Papa Giovanni XXIII volle in quello stesso
posto un reliquiario di San Pio X. Per questo motivo pensò bene di farne dono ai
Monfortani di Bergamo. Alla base del reliquiario troviamo una dedica che così
recita:
Monfortianis Missionalibus Redonensis Coenobii
JOANNES P.P. XXIII
in memoria consecratìonis quam ipse peregit
sanctuarii Mariae Cordium Reginae dicati peramanter
Solemni ritu consecravit
9. I nuovi locali di Villa Santa Maria
Abbiamo anche la cronaca della inaugurazione dei nuovi locali di Villa Santa
Maria. La prendiamo dalle pagine di “Regina dei Cuori”: “…P. Gebhard,
ricordata l’origine, lo sviluppo e il trasferimento della nostra Scuola Apostolica
da Roma a Redona, esponeva i suoi progetti di ampliamento di Villa S. Maria
dove gli Apostolini incominciavano già per l’aumentato numero a trovarsi a
disagio. E precisamente, giova ricordarli; erano questi i suoi piani: 1. Mettere al
largo il Signore in una chiesa dove anche potessero svolgersi con decoro le
funzioni liturgiche, in vista di una più facile formazione sacerdotale degli
Apostolini stessi: 2. Procurare all’ottime Suore che attendono alle varie
incombenze della cucina e del guardaroba una casa adatta rispondente alle
esigenze delle loro mansioni; 3. Migliorare la Scuola stessa restaurandola e
modificandola nella parte esistente ed elevandola d’altri piani. Ebbene quei
progetti sono oggi una felice realtà e chi abbia presente ciò che era sette anni or
sono Villa S. Maria e dia adesso anche un semplice sguardo alle fotografie
converrà facilmente che non esageriamo.
Ora è su questo magnifico insieme che l’indomani della Consacrazione il nostro
Superiore generale invocò le benedizioni celesti a conferma di quanto proclama
forte la grande scritta sull’alto della facciata di Villa S. Maria: Artifex et
conditor Deus!
Ricordiamo qualche cosa. All’ora convenuta ci trovammo tutti intorno al rev.
Padre Generale nel cortile interno di casa, innanzi alla graziosa edicola della
Madonna. Tanto bello quel simulacro marmoreo della Regina Apostolorum! Il
Direttore la volle scolpita nell’attesa supplichevole del Cenacolo, e le parole
sulla faccia anteriore del basamento dell’edicola dicono abbastanza chiaro il
significato della preghiera sua materna: Veni, Sante Spiritus, reple tuorum corda
31
fidelium et tui amoris in eis ignem accende! Così la Madonna si palesa vera
Regina dei cuori implorando sugli Apostolini di Villa Maria, come un dì nel
Cenacolo sopra gli Apostoli - di cui fra le arcate esterne della galleria al primo
piano vedonsi scolpiti i dodici medaglioni - la discesa dello Spirito Santo,
affinché riempia tutti i cuori e li accenda del divino amore!
Terminata questa prima benedizione, lasciamo il cortile, traversiamo l’atrio ed
eccoci sul piazzale davanti la casa. È la volta del Beato di Montfort. La sua
statua, collocata sopra il portone d’ingresso, lo mostra in un atteggiamento
proprio caratteristico per una Scuola Apostolica. È in atto di rivolgere a Dio la
sua preghiera, la preghiera ricordata dall’iscrizione scolpita sul balcone
sottostante: “Da Matri tuae liberos alioquin moriar”. “Dà figli, o Signore, alla
Madre tua, o lasciami morire!”. Gli occhi ha rivolti al cielo e, mentre le sue
braccia alzate indicano la sua supplica, sembrano in pari tempo protendersi
accoglienti verso i figliuoli che, docili al divino appello, vengono a Villa S.
Maria a porsi sotto la bandiera della Madonna. S’indovina il fervore con cui tutti
i buoni Apostolini seguono le preghiere liturgiche e sembrano dire al Fondatore:
Non temere, Padre, noi saremo tutti fedeli alla nostra vocazione.
Segue la benedizione della casa. Prima al pianterreno, dove sono distribuiti, a
mezzogiorno vari locali fra cui i parlatori e l’Oratorio dei Fratelli laici, a sud-est
l’ampia sala da studio, a sud-ovest il nuovo refettorio, a nord una grande sala da
bagno, in cui oltre a tre camerini per bagno completo, sono alloggiati lungo la
parete di fronte una quindicina di vaschette di marmo per pediluvi. È facile
rendersi conto della trasformazione di Villa Santa Maria di sette anni orsono.
Dietro una discreta apparenza l’antico stabile celava un bizzarro insieme di
corridoi e corridorietti, di stanze e bugigattoli, di porte e finestre finte o posticce;
ora non più: è un complesso non solo armonico, rispondente ad una unità di
concetto nonché alle varie esigenze dell’Opera, ma anche esteticamente bello:
risultato di sapienti demolizioni, rifacimenti, sostituzioni, restauri concertati fra
il nostro Direttore e l’Ingegnere.
Saliamo al primo piano. Una galleria vetrata riproduce in modo armonioso il
chiostro sottostante: vi si respira proprio la calma, la quiete, la tranquillità di un
ambiente monastico. Tale impressione che se ne ha percorrendo le quattro ampie
ale per assistere man mano alla benedizione dei vari locali distribuiti all’intorno:
l’Oratorio privato, le camere del Superiore generale, del Superiore di casa, degli
Ospiti, dei Professori, le tre infermerie, le aule scolastiche, la sala della
biblioteca, il gabinetto di fisica e chimica.
Siamo al secondo piano. Qui colpiscono i due vasti dormitori uno a: nord, l’altro
a sud, lunghi, tanto quanto la casa, collegati insieme da un doppio largo
corridoio mentre i bracci, di raccordo comprendono il guardaroba ed un terzo
dormitorio pure abbastanza vasto. Il tutto è inondato di aria e di luce, e corredato
di appositi locali per lavabo, rispondenti alle più moderne esigenze dell’igiene.
32
Al terzo piano, oltre a diverse camere e ad una terrazza vi è un capace
dormitorio per i Fratelli laici e a nord due vasti locali per le loro arti e mestieri,
mentre i bracci di raccordo servono di opportuno deposito per bauli, ecc.
La benedizione della Scuola Apostolica è terminata. Ora il P. Generale s’avvia a
benedire le Casa delle Suore, le buone Figlie della Sapienza davvero votate
all’Opera di Villa S. Maria. La gradita impressione prodotta pocanzi dai locali
della Scuola, rimane piena ed intera: anche nell’abitazione delle Suore dal pian
terreno al tetto tutto è armonia e semplicità; non c’è né più né meno di quanto
volevano necessità e decoro.
A pian terreno, a destra dell’Oratorio grazioso e raccolto in cui fra l’altre cose si
ammira un altare esposto già all’ultima mostra di Monza; a sinistra la cucina con
le dispense, il refettorio delle Suore, la saletta di comunità, il parlatorio. Al
primo piano, oltre la farmacia e diverse camere, un vasto laboratorio che va dal
sud al nord della casa, ed è davvero inondato di luce con le sue sei finestre. Al
secondo piano due dormitori per le Suore e una bella terrazza a mezzogiorno, da
cui si gode un magnifico panorama prospettante Bergamo e le circostanti
montagne.
Terminata la benedizione della casa delle Suore il P. Generale rientra sotto il
chiostro e c’invita tutti a recitare un Magnificat per ringraziare il Signore di aver
procurato alla Scuola Apostolica Italiana un casa così bella. E appena finito il
Magnificat, soggiunse: “Se è giusto di ringraziare il Signore, che è veramente
artifex et conditor di questa bella casa, non è meno giusto di esprimere a nome
della Compagnia di Maria la nostra più viva riconoscenza verso chi è stato lo
strumento fedele della divina Provvidenza”. Prese ambedue le mani al nostro
Direttore che eragli accanto, gliele stringe fortemente in segno di affettuoso
grazie. A questo punto più d’uno ha gli occhi umidi di pianto rinnovandosegli in
cuore il cocente dolore del dì prima al vedere il venerato Padre Procuratore à cui
Villa Maria deve tutto, ancora carico di croce che tutti sanno. Ma insieme a noi
persino le pietre invocavano il miracolo, e non dubitiamo che questo verrà.
Teniamo ad aggiungere che con gentile pensiero il rev.mo Padre Generale,
giorni dopo, nell'occasione della sua gradita visita a Roma, tenne a riaffermare la
grande riconoscenza della Compagnia di Maria al suo Padre Procuratore. E lo
fece non soltanto a voce raccomandandoci la perseveranza nel chiedere l’atteso
miracolo, in favore di lui, ma altresì rilasciando nel verbale scritto della sua
visita canonica un’esplicita testimonianza della generale gratitudine»33.
10.Il nuovo santuario: Il più bel gioiello d’armonia
Due anni dopo la consacrazione la nuova chiesa è stata fatta oggetto di uno
studio pubblicato su “Arte Cristiana”, a firma del critico d'arte Angelo Pinetti.
33
RdC XIII (1926) 11-12, 278 ss
33
L’articolo testimonia l’apprezzamento e l’eco che l’opera dell’architetto L.
Angelini ha avuto tra le esperti di architettura sacra.
«Due anni or sono, a Redona in comune di Bergamo, fu solennemente
consacrato il nuovo tempio eretto dai Padri Monfortani alla “Regina dei cuori”
nella sede della loro Scuola Apostolica Italiana di S. Maria. All’ing. Luigi
Angelini, certo non ultimo fra i più apprezzati cultori dell’arte cristiana, del
quale ebbe più volte ad occuparsi questa Rivista, devesi interamente quell’opera
che merita di essere fatta conoscere come esempio nobilissimo dell’unità
organica con cui l’arte mediante tutte le manifestazioni (architettura, scultura,
pittura) può rendersi interprete fedele ed efficace della liturgia.
L’Angelini - che, a proposito di altre sue opere, mi ha manifestato con grande
rammarico il suo dolore d’aver dovuto talvolta sacrificare in alcuna parte i suoi
più bei progetti per impreviste necessità finanziarie o per altre cause dipendenti
dalla volontà dei committenti - ha potuto qui avere l’ambita fortuna di
concepire, eseguire e dirigere in tutti i particolari una costruzione di stretta arte
cristiana, riuscita così una bella ed evidente affermazione della possibilità che ha
l’arte nostra di dire con linguaggio moderno una parola sinceramente religiosa e
sacra, viva e fresca come gli eterni principi cristiani. Ciò è stato tanto più
possibile al nostro architetto perché egli al continuo tirocinio artistico ha sempre
unito un altro tirocinio non meno importante per l’arte nostra sacra, cominciando
fin dai suoi più teneri anni nella casa patema e successivamente, praticato e
cercato come vitale quotidiano suo alimento: vale a dire quel sentimento di fede
e quella preparazione che sole possono darci il vero artista cristiano. Senza
questa preparazione avrebbe potuto egli forse corrispondere ad desiderio del
committente, il rev.mo padre Gebhard, di voler il nuovo tempio informato
all’idea ispiratrice, che tutto cioè anima alla gloria di Maria Regina dei Cuori,
sottolineando con tutti i particolari scultorici, pittorici il significato teoricopratico di questo titolo stesso dell’Arciconfraternita eretta per propagare la
devozione mariana da lui predicata?
La linea architettonica del tempio, felicemente armonica nella sua semplicità, è
il risultata d’uno studiò coscienzioso delle opere del passato e d’una diligente
ricerca ed esumazione di motivi arcaici, ma interpretati in modo nuovo, sagace e
signorile che è in fondo il segreto di quella piacevolezza avvincente la quale
riscontrasi in ogni creazione del nostro artista. Nel trionfo del modernismo che
rifugge, quasi scomunicandole, dalle passate nobili tradizioni, è questa una dòte,
quasi scomparsa, che spicca invece nell’Angelini per l’accuratezza e la scelta dei
particolari e della esecuzione, improntando tutta l’opra d’una distinta
personalità, anche quando come nel caso nostro l’artista ha voluto per
programma o per altre ragioni rinunciare ad affermare la propria fantasia.
L’edificio sacro, su pianta a triplice nave, è preceduto da un avancorpo che serve
al doppio scopo di separare interamente dalla congregazione dei religiosi il
pubblico ammesso alle funzioni, e superiormente di offrire un comodo palco alla
numerosa Schola cantorum dei Padri Monfortani e allo strumento, certo non di
34
piccole dimensioni, che la deve accompagnare. Delle tre soluzioni che
l’architetto poteva dare al problema del collocamento dell’organo, sopra la porta
principale d’ingresso, dietro l’altare o in alto, sulle pareti laterali del presbiterio,
l’Angelini scelse la prima per i vantaggi sopra accennati che offrivagli, mentre
salvava insieme anche la simmetria del tempio, facendo l’organo da
contrapposto all’altare maggiore, senza inconvenienti acustici di sorta data la
limitata lunghezza del tempio. Le due navate laterali hanno in testa due piccoli
altari; la centrale il presbiterio con l’abside circondata da un anello o postcoro,
opportuna e diretta comunicazione colle sagrestie latistanti.
Passando dalla pianta a considerare la decorazione a fresco del tempio eseguita
su direttive dell’Angelini dai pittori Arzuffi, Taragni e Zanetti, il titolo stesso
della sua dedicazione ne spiega da solo tutto l’ordinamento. Essa traduce in
modo perspicuo tutto il simbolismo a cui s’informa, sviluppantesi ordinatamente
mano a mano che si procede dalla porta d’ingresso, al vestibolo, sotto la
cantoria, nelle volte e sulle pareti delle navi, sul presbiterio, sul catino
dell’abside, in organica successione e con riferimenti di vita cristiana, tutta una
spiegazione teorico-pratica del concetto che Maria è stata proclamata Regina dei
cuori, perché vera Madre di Dio, associata dal Verbo umanato all’opera della
Redenzione, tanto nell’acquista della grazia, quanto nella distribuzione della
medesima. E così dall’affresco dell’Annunciazione, su sfondo oro, che scintilla
nella lunetta sovrastante alla porta d’ingresso, si passa a ricordare nel vestibolo
la visita dei Re Magi; la volta del presbiterio ci ripete le più celebri profezie
intorno alla maternità divina della Vergine; la navata centrale continua la stessa
spiegazione con una serie di pannelli decorativi che sono fra loro idealmente
collegati da angeli, che si protendono nell’atto grazioso di recare i testi sacri che
servono di illustrazione alle otto scene dei pannelli sovrastanti alle colonne fra
un arco e l’altro. Nel catino dell’abside poi una corona vivente di Santi si stringe
attorno alla loro Regina dei cuori che è anche la Regina di tutta la Corte celeste
raffigurata sia nelle due teorie d’angeli che ai lati del presbiterio sono volti verso
il loro Re e la loro Regina, sia nell’altra schiera angelica, a mezze figure, che
nella parte superiore del catino absidale stanno in adorazione della SS. Trinità. E
sui capitelli intagliati delle colonne, sugli intrecci in ferro battuto delle lampade
e dei braccialini, sui paliotti dei tre altari, sulle portelle dei tabernacoli, sugli
stalli del coro, sulle volte, sulla cantoria ricorrono motti e monogrammi, simboli
e figurazioni che completano la dottrina della vera devozione e la lezione di
santità di cui il nuovo tempio in tutti i particolari è una lucida e continua
spiegazione. Questa è stata raggiunta a pieno dalla collaborazione dei diversi
artisti sotto la guida dell’Angelini. Il pensiero fondamentale della decorazione
concentrato nell’abside viene sviluppato a mo’ di commento ornamentale nelle
altre parti del tempio con equilibrio grande nell’intonazione generale e con
armonia d’insieme, cui cospirano tutti i particolari decorativi. Alla piena riuscita
dell’opera sono stati di valido sussidio all’artista da un lato la profonda cultura
stilistica, dall’altro la sua speciale sensibilità artistica, che gli hanno suggerito
35
spunti e modificazioni per cui l’opera, pur legata evidentemente al passato, si
rivela genuino prodotto dell’epoca nostra e del nostro sentimento, ed è quindi
opera d’arte viva e vera»34
11.Il gruppo “Maria Regina dei Cuori”
Il gruppo della Regina dei Cuori posto sopra l’altare è una riproduzione esatta di
quello che si trova nell’omonimo santuario di Roma. Ecco come questa copia
originale viene descritta in una “Nota d'arte” di C. Thioly pubblicata da “Regina
dei Cuori”. “Questo bel gruppo troneggia sullaltare della graziosa chiesa di Via
Dogali (oggi Via Romagna), sede dell’Arciconfraternita. Esso col suo candore
marmoreo e colle sue nobili proporzioni attira subito tutta l’attenzione di chi
entra nella misteriosa penombra del modesto e raccolto Santuario. Questa
Madonna, dal portamento maestoso, col Bambino in grembo, quel santo e
quell’angelo che le stanno davanti con tanta naturalezza, fanno onore allo
scultore Bartolini, il quale seppe concretare col suo scalpello il Trattato della
vera devozione a Maria del Beato di Montfort. Anche se non avesse il diadema
in capo e lo scettro in pugno, la SS.ma Vergine, coi suoi lineamenti sereni, belli,
nobili, senza essere leggiadri e morbidi, col suo contegno dignitoso e tuttavia
semplice, si dimostrerebbe “la Sovrana di tutto quanto soggiace a Dio”.
E nonostante tanta gravità si fa palese la Regina dei Cuori e la Madre piena di
bontà nel sorriso amabile e nel movimento del labbro che si apre un po’ come
per far animo al Beato di Montfort ed accettare la di lui offerta. A conferma di
questa intenzione la mano che tiene lo scettro sembra distaccarsi dal corpo e
protendersi verso il pio sacerdote.
A lui sorride pure affabilmente e dà la sua benedizione il Bambino Gesù, come
per dimostrarsi grato dell’omaggio fatto alla Madre sua. Montfort, inginocchiato
sullo scalino del trono, guarda con affetto la sua Regina e tiene le braccia
incrociate e un po’ sollevate, a fine di esprimere che si abbandona a Lei con
tutto il cuore; egli è rappresentato col suo profilo accentuato, quantunque più
bello di quello che gli danno di solito le sue immagini. Dirimpetto a lui sta
l’angelo genuflesso, colla scritta “Totus tuus ego sum”: parole che riassumono la
consacrazione totale alla Madonna, raccomandata dal Montfort nel suo libro
posto nel bel mezzo, e indicata dal suo atteggiamento. L’angelo ha il volto
estatico dalla gioia di vedere la bontà di Gesù e di Maria verso il loro servo; egli
ha anche le ali dischiuse, pronte a spiccare il volo ove fosse comandato dalla
Vergine per esaudire qualche preghiera del beato missionario.
Quest’opera, così bene ordinata, non ha nulla di freddo e di accademico, si sente
invece viva sotto la lucentezza del marmo, dalla quale riceve finezza e dolcezza;
34
A.PINETTI, Il nuovo tempio dei Padri Monfortani a Redona, in “Arte Cristiana” XVII (1929) 2, 46.55
36
essa è il più nell’ornamento d’una chiesa in cui tutto, dai banchi alle invetriate,
ricorda e celebra la nostra divina Madre»35.
12.Un nuovo Vicario provinciale
Gli anni 1930 1931 sono stati anni difficili. Scrive P. Frissen: «Penso che
nessuno sarebbe in grado di fare la storia esatta degli avvenimenti. Ricordo
soltanto i fatti di pubblico dominio.
Alla fine delle vacanze del 1930 un numero rilevante di studenti furono
licenziati, altri si ritirarono spontaneamente. Alcuni professori furono cambiari,
e il superiore, P. Schiavi, poco dopo abbandonò la Congregazione. La posizione
del P. Schiavi, in tutti quegli anni, era stata difficile. Economicamente
dipendeva dal fondatore della scuola, il quale si era impegnato al mantenimento
di essa e adempiva fedelmente la parola data. Giuridicamente dipendeva dal
superiore della provincia francese, il quale regolarmente faceva le sue visite, ma
sapendo di trovarsi in zona più o meno “extraterritoriale” ( la procura generale,
madre e nutrice della scuola, non cadeva sotto la sua giurisdizione) si mostrava
titubante. Le direttive dello stesso Superiore generale non erano sempre
uniformi. Nella comunità il superiore non riusciva sempre a conciliare le
opposte tendenze.
Un altro fatto, estraneo alla situazione in loco, ma che probabilmente influì sugli
animi, una certa tensione, cioè, esistente tra il governo della Congregazione e la
provincia olandese, venne a rendere ancora più delicata la posizione del
superiore di Redona. In conclusione, sembra si possa dire che toccò a P. Schiavi
di sopportare il peso di un concorso di circostanze infelici, ed egli soccombette.
Chi si sentirebbe di scagliargli contro la prima pietra?» 36.
Il 25 aprile 1931 il Capitolo Generale vota l’erezione del Vicariato in Italia. P.
Garbottini viene richiamato dagli Stati Uniti per assumere la carica di Vicario
Provinciale, coadiuvato dai due consiglieri: P. Pietro Oger e P. Basilio
Ferragamo, quest’ultimo con l’incarico di economo provinciale. Vengono
stabilite le nuove cariche: P. P. Oger sarà il Superiore dello Scolasticato, P. B.
Ferragamo viene eletto superiore della Scuola Apostolica e P. Le Guevello sarà
il superiore del noviziato. Redona viene scelta come Sede provincializia.
Nella sua visita dal 13 al 20 settembre 1931, P. H. Huré, il nuovo Superiore
Generale presiede all’insediamento del nuovo Vicario Provinciale e ricorda i
motivi della sua scelta. “Dato lo sviluppo delle Opere Monfortane in Italia, da
tempo i Superiori progettavano di farne una provincia a sé, giusta le prescrizioni
del Diritto Canonico. È un fatto compiuto! Uno dei primissimi Padri italiani,
anzi il primo, il Rev. P. G. Battista Garbottini, che da più di 26 anni trovansì fra
i nostri connazionali negli Stati Uniti, facendo loro un bene prezioso con
35
36
RdC I (1914) 1,18
FRISSEN, op. cit. 21
37
l’insegnamento e col ministero. La scelta cadde felicemente su di lui, ed il buon
Padre con lo schianto nel cuore, ma con l’animo in gioia dovette dire addio ai
suoi figli di laggiù che l’amavano più di un padre, e venire tra noi per dirigere il
piccolo timone della nostra barca fluttuante tra le tempeste e gli scogli. Siamo
sicuri che il nostro amatissimo P. Provinciale con la sua provata esperienza e
con la sua leggendaria patriarcale bontà guiderà in porto la nostra fragile
imbarcazione, carezzata dal mite raggio della Stella del mare. È per la Madonna
che il Padre ha fatto con slancio il grave sacrificio...; sarà la Madonna che lo
reggerà e conforterà nel non lieve compito.
Che il primo Provinciale italiano della Compagnia di Maria possa vedere intorno
a sé una falange compatta e di fuoco di Apostolini, di Novizi, di Scolastici, di
Padri, di Missionari, perché Maria regni sempre più e sempre meglio in questa
terra onde Ella è la leggiadra ed amata Castellana. Benvenuto tra noi,
dilettissimo padre! Stia pur sicuro che i suoi figlioli, sapendo i gravi sacrifici
affrontati per essi, sapranno non essere ingrati a tanta bontà veramente paterna.
Stretti intorno a lei che inaugura ed apre un’epoca nuova nella storia della
S.M.M. in Italia, essi con riflesso entusiasmo le si schierano intorno pronti ai
suoi cenni, ambendo i suoi ordini, felici di poter obbedire al Capitano che
assume il comando del battaglione di Maria e che sventola dall’Alpi al Mare la
biancoazzurra bandiera della Vergine... Quella bandiera che sa le tempeste,
quella bandiera che sa le vittorie»37.
Nel 1931 muove i suoi primi passi “L’Apostolino di Maria”. Diventerà
“L’Apostolo di Maria” nel 1952. La rivista sarà d’ora in poi una fonte preziosa
dove attingere notizie difficilmente reperibili nelle cronache e negli stessi atti
ufficiali del nuovo Vicariato provinciale. La Redazione della nuovo mensile
ricorda che «l’iniziativa dell’Apostolino di Maria fu caldeggiata da anni, ma
diverse circostanze ne ritardarono la pubblicazione e soltanto oggi possiamo
presentarlo ai lettori nella sua bella fiammante veste di battesimo. Non
esageriamo! È necessario il nostro giornalino? Non lo pretendiamo, ma lo
speriamo utile. Utile a voi, cari lettori (e siete legione), amanti della Madonna,
delle Missioni, amici delle opere del Beato di Montfort, benefattori, parenti dei
nostri apostolini. Utile a noi perché ci procurerà la vostra simpatia, le vostre
preghiere, il vostro benevolo aiuto sempre incoraggiante nel nostro santo ma
arduo compito di formare apostoli alla Madonna e alle Missioni per l’estensione
del regno di Gesù nel mondo intero.
Guardate la bella intestazione che illustra il titolo di Apostolino di Maria: la
Madonna, le Missioni, il nostro Seminario coi suoi Apostolini. È il nostro
programma... non esclusivo però che si toccheranno anche i grandi avvenimenti
religiosi atti ad interessare ogni anima cattolica.
Ebbene, siete convinti anche voi, come la nonna, che abbiamo fatto benone, che
un’unità di più, sia pure modestissima, nel campo della buona stampa merita di
37
FRISSEN, op. cit. 22
38
essere accolta nel fronte unico contro lo sterminato esercito, sempre in aumento,
dei fogli perversi? Apportatore d’un po’ di cielo coi santi ideali vorrebbe essere
L’Apostolino di Maria a tutte le anime di buona volontà cui non basta il solo
pane materiale.
Ed ora, caro Apostolino, spicca il volo: a te l’augurio fatidico ad multos annos!
con l’invito a tutti, redattori e lettori... per le tue nozze d’oro nel 1981!» Viene
presentato anche il “minuscolo programma”. “Nato ai piedi dell’Immacolata, in
sull’alba della celebrazione del 15° centenario del Concilio di Efeso... vuole
essere l’eco, debole eco e fedele, del regno di Maria nel mondo, regno onde le
frontiere indietreggiano ogni dì più dinanzi ai suoi missionari. Eco d’un
avvenimento, d’un centenario, d’un Congresso mariano, o di folle litanianti
verso i suoi Santuari... Illustrare con qualche pensiero di Santi le sue feste... Far
comprendere, soprattutto ai giovani, come Maria è la gioia delle anime pure...
Ecco che vorrà dire, o pii che leggete, L’Apostolino di Maria, informandosi tutto
però alla Vera Devozione a Maria del Beato Padre di Montfort, che ormai da
lustri proietta a fasci la luce sull’ufficio di Maria nel mondo e sul suo regno
nelle anime»38.
Segue anche una spiegazione del titolo: perché Apostolino di Maria? Missionari
di Maria, i Padri della Compagnia di Maria; Apostolini di Maria coloro che
aspirano a diventare Apostoli di Maria; Apostolino di Maria il nome stesso del
giornalino!
Il Direttore responsabile della «Pubblicazione mensile della Scuola Apostolica
dei PP. Monfortani» è P. Basilio Ferragamo. Conserverà questo incarico fino al
1934. Lo sostituirà P. Giovanni Gramola che dirigerà la rivista fino al 1946,
prima di passare le consegne a P. Francesco Pagnoncelli. P. Basilio Ferragamo
riprenderà la direzione della rivista all’inizio del 1950 fino al 1954. Lo sostituirà
P. Mario Arciello che dirigerà la rivista fino all’ottobre del 1955, data in cui
passerà le consegne a P. Alberto Scotton a cui seguiranno come direttori
responsabili: P. Attilio Corna (1959-1964); P. Marcello Favaro (1965-1995); P.
Luciano Nervi (1995-2004 ). Dal 2004 dirige la rivista P. Paolo Andreoletti.
Rilevante l’importanza del nuovo mensile nello sviluppo della presenza
monfortana in Italia, con particolare riferimento al territorio di Bergamo.
Diventerà quasi subito un importante strumento di propaganda e di ordinamento
circa i vari interessi presenti nei progetti del Vicariato: animazione mariana dei
gruppi monfortani, impegno nelle missioni, case di formazione. Da semplice
“voce” della Scuola Apostolica di Redona, diventerà sempre di più una finestra
aperta sul panorama della Chiesa in generale, su quello delle missioni estere in
particolare. A partire dagli anni ’30, “L’Apostolino di Maria” diventerà sempre
di più specchio delle tre direzioni in cui si sta muovendo il Vicariato: pastorale
mariana, pastorale vocazionale, servizio alla causa missionaria.
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L’Apostolino di Maria, I (1931) 1-2, 2
39
L’erezione del Vicariato italiano della Compagnia di Maria è stato un
importante punto di arrivo ma nello stesso tempo ha dato una forte accelerazione
allo sviluppo della presenza monfortana in Italia. Il 12 ottobre 1933 il Vicariato
riceve il riconoscimento giuridico. Il decreto viene pubblicato sulla Gazzetta
Ufficiale il 13 dicembre successivo.
Terminato il ciclo degli atti inaugurali, il Provinciale può cominciare a dedicarsi
agli affari che l’attendono. Preme sempre il bisogno di una nuova sede per il
noviziato. Le lettere del tempo conservano le segnalazioni fatte a tale scopo al
Consiglio generale: una proprietà da acquistare, sembra a Roma, capace
abbastanza per accogliere i due noviziati, dei chierici e dei coadiutori, e persino,
se fosse il caso, lo studentato; un’altra a Lovere, il primo amore del P.
Garbottini, che ogni tanto affiora nelle sue lettere; una villa a Vaprio d’Adda,
nel milanese; infine un antico edificio a Loreto. Pare che i due primi progetti
siano stati scartati a priori. Dopo un accurato esame la villa di Vaprio risulta
troppo angusta. Si punta, dunque, sul progetto lauretano per il quale i Superiori
maggiori chiedono informazioni supplementari. Queste giungono e sono ritenute
soddisfacenti, si che il 30 maggio 1932 il buon P. Oger, a cena, può sorprendere
gli studenti con la notizia che Saint-Laurent approva la compera di una nuova
sede per il noviziato in prossimità della Santa Casa.
Si adempiva l’augurio formulato dal P. Gebhard prima di lasciare l’Italia:
Loreto, luogo di preghiera per eccellenza e meta di pellegrinaggio del santo
fondatore, poteva e doveva essere luogo ideale per prepararsi alla vita religiosa.
Era stato Mons. Gaetano Malchiodi, amministratore apostolico della Santa Casa,
a suggerire al P. provinciale, da lui conosciuto in America, l’acquisto di quel
fatiscente edificio che rimesso in sesto poteva ospitare un intero collegio.
Il vecchio convento, fondato da santa Sofia Barat, incamerato dal governo
italiano nel secolo scorso, adibito a prigione mandamentale e successivamente
trasformato in filanda, era stato poi abbandonato alla mercè dei topi. Dureranno
un anno e mezzo i lavori di restauro, prima che i novizi vi si possano stabilire.
Aumenta il numero degli apostolici a Villa S. Maria e di conseguenza
aumentano anche le spese. Sulle pagine della Cronaca di Villa S. Maria compare
la parola “crisi” ed accenna alla necessità di sollecitare gli aiuti dei benefattori.
“Abbiamo bisogno delle vostre preghiere, delle vostre offerte, della vostra
simpatia. L’opera per la quale noi vi preghiamo, merita i vostri sacrifici. Se i
tempi sono duri e tristi, sono tali anche per noi. Ah! La sera, dopo la faticosa
giornata, io vorrei che voi vedeste il nostro P. Economo curvo sul gran libro dei
conti. Dio mio! Quante grinze sull’ampia fronte piena di cifre, e che fremito
quando, tirate le somme, l’uscita copre l’entrata… La Provvidenza non ci può
abbandonare”.
In questo stesso anno viene affrontata la questione della sede dello Scolasticato .
Lo si vorrebbe mantenere a Roma in una nuova casa. P. Gb. Garbottini ha
pronto un progetto. Non è dello stesso parere il Consiglio generale, Le ragioni
sembrano essere di natura economica. Questo almeno sostiene P. Frissen nella
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sua ricostruzione dei fatti. “Esaurite le risorse finanziarie del P. Gebhard, il
mantenimento delle case della provincia italiana ricadeva in misura
preponderante sulle spalle dell’economo generale, i cui mezzi erano limitati,
anzi piuttosto modesti, a tal punto che diventava consigliabile un provvedimento
certamente penoso per chi lo prenderebbe e per chi lo subirebbe”.
L’orientamento del Superiore generale è che il Vicariato deve arrivare a
mantenere se stesso.
In un clima dove non mancano segni di una certa tensione il 4 febbraio 1935 il
Consiglio generale decide il trasferimento dello scolasticato da Roma a Loreto e
di conseguenza lo spostamento del noviziato da Loreto a Redona.
Il 4 giugno 1937 viene nominato il nuovo Vicario provinciale nella persona di P.
Ercole Germini. Si avverte la necessità di aprire nuove case tenendo conto della
necessità di collocare i 15 scolastici ormai prossimi all’ordinazione, ma anche
per garantire aiuti economici. Molte sono le richieste che giungono da varie parti
d’Italia, ma i Superiori decidono per l’apertura di due sole comunità: Tresivio e
Siracusa.
In marzo, a Loreto, c’è l’ordinazione sacerdotale di ben 15 scolastici. E’ un
evento che resterà unico nella storia della Provincia. Per qualcuno di questi
nuovi sacerdoti si apre quasi subito una prospettiva concreta di partire per le
missioni, come è già avvenuto per altri due loro compagni di studi: P. G.
Giavarini e P. R. Villa. Questo il commento de “L’Apostolino di Maria”: Sono
questi i due primi missionari italiani della Compagnia di Maria che scendono
nell’arena africana. Mentre ci felicitiamo con i cari confratelli di poter
finalmente realizzare il sogno della loro ardente giovinezza, li raccomandiamo
alle fervide preghiere dei fedeli lettori, affinché il loro apostolato sia
fecondissimo di bene”.
Importante questa apertura del Vicariato all’impegno per le missioni all’estero,
perché connoterà d’ora in poi la storia degli anni futuri. In passato era la
connotazione mariana del carisma monfortano a prevalere nelle scelte pastorali
del Vicariato, sotto la spinta trainante di P. Gebhard. D’ora in poi la anche la
connotazione missionaria avrà il suo peso nei vari progetti che i responsabili del
Vicariato dovranno prendere.
Gli anni trenta si chiudono con una grave perdita. Il 1939 è l’anno della morte di
P. Gebhard. Così lo ricorda P. Delfino Giusti, che per alcuni anni gli è stato
accanto come segretario. “La sera del 30 marzo un grave lutto ha colpito la
Scuola Apostolica. La perdita che essa ha subito è di quelle che il cuore sente in
un immenso dolore, ma che le povere parole non sanno esprimere a sufficienza.
Siamo rimasti orfani! La Madonna ha chiamato alla ricompensa del Paradiso
l’anima del Padre, del Fondatore, del Benefattore, del Sostenitore dell’Opera: il
Padre Uberto Maria Gebhard. E questo Padre, questo Fondatore, questo
Sostenitore dell’Opera monfortana italiana non l’abbiamo più. Egli ha chiuso la
sua laboriosa e feconda vita con la morte dei giusti, in un’aureola di santità, la
sera del 30 marzo, nella Casa Madre delle nostra Congregazione religiosa, a
41
pochi passi dalla cappella che ricorda il transito del beato di Montfort. In questa
prima ora di accasciamento e di smarrimento non ci sentiamo capaci di offrire
altro all’amato e venerato Padre, che il filiale tributo delle nostre lacrime e del
nostro suffragio. Soprattutto ci sentiamo spinti a raccomandarci a lui, che non ci
abbia a lasciar del tutto orfani, ma che dal cielo continui la sua paterna
protezione e la sua assistenza, ora sicuramente divenuta più possente presso il
trono della celeste Madre.
L’Opera della nostra Scuola Apostolica è nata dal suo cuore infiammato di
Apostolo della Madonna. E’ stata una realizzazione del suo vivissimo desiderio
di veder propagarsi anche nella nostra cara Italia la Vera Devozione alla SS.
Vergine, insegnata dal Beato Luigi-Maria Grignion di Montfort.
Tanto egli aveva già lavorato dal 1907 al 1916. La Confraternita di Maria
Regina dei Cuori era stata, per sue cure, elevata al titolo di Arciconfraternita.
Altre Confraternite, affiliate all’Arciconfraternita di Roma, cominciavano a
costellare qua e là la nostra Patria, frutto del suo lavoro e della sua predicazione.
La Rivista mensile “Regina dei cuori”, destinata a divulgare in mezzo alla nostra
gente la dottrina monfortana, pure già era da lui fondata e diretta. Ma lo zelo del
Padre non era pago. Mirava al futuro. Sognava di darsi dei collaboratori, dei
continuatori delle sue fatiche: che altri entrassero nel solco da lui aperto.
Così ai piedi di quel simulacro della Regina dei Cuori, di cui aveva arricchito il
Santuario di Roma, da lui abbellito di artistiche vetrate, innanzi, al Tabernacolo,
che egli chiamava la sorgente ispiratrice d’ogni opera che viene veramente da
Dio, concepì l’idea di trapiantare in Italia un ramo della Compagnia di Maria. E
nel 1916, a ricordo vivente del secondo centenario della Morte del Beato, aprì in
Roma, all’ombra del Santuario stesso, la Scuola Apostolica italiana della
Compagnia di Maria.
Da quel giorno la vita del Padre è stata tutta spesa per quest’Opera. La Scuola
Apostolica è diventata la vita della sua vita. Per quest’Opera, ogni palpito del
suo cuore, ogni cura dell’animo suo.
Sappiamo che il Padre conobbe preoccupazioni e inquietudini. Da vero uomo di
Dio, come tutti i Santi, aveva fondato, contando sulla Provvidènza di Dio. Ma la
Provvidenza di Dio domanda che ci aiutiamo, per venirci in aiuto. Il Padre non
indietreggiò neppure dinnanzi alla pena, che a tutti costa, quella di stendere la
mano per chiedere l’elemosina. Non era per se. Era per i suoi figli, per gli
Apostolini della Madonna, per i futuri Missionari monfortani, per i propagatori
della Vera Devozione, che chiedeva. Questo pensiero lo sosteneva. E gli fece
compiere miracoli.
Ed è miracolo davvero quello che il Padre ha realizzato a favore della Scuola
Apostolica. Finché la Madonna l’ha conservato in forza e in salute, l’opera è
vissuta, s’è sviluppata, s’è moltiplicata, ha dato i suoi frutti, poggiata sulle
braccia del suo Fondatore, vivificata dai suoi sudori.
Nei tre primi anni di vita romana della Scuola Apostolica, il Padre ne fu
Superiore. Lo chiamavamo col nome di Padre. Ci rispondeva col nome di figli.
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Non abbiamo mai conosciuto Padre altrettanto buono. Quei nomi erano una
realtà sentita. Ci aveva come figli. Lo tenevamo come padre. Al disopra del
rispetto, della venerazione, per la personalità, del Padre, che pur senza capire,
indovinavamo lo stesso, come in un alone di ieratico, quasi di divino, al disopra
d’ogni attiro sentimento, regnava l’amore filiale. Nella casa del Padre, stavamo a
casa nostra, in famiglia, alla stessa tavola, a ricreazione comune, il Padre in
mezzo ai nostri giuochi, animatore dei nostri sollazzi, felice di contemplarci
felici.
Nel 1919 la Scuola Apostolica si trasferì da Roma in questa Redona di Bergamo.
Il Padre era venuto a cercarci la casa. L’aveva preparata con amore, come una
mamma dispone ogni cosa per ricevere i figliuoli. Vi ci si trovava per
accoglierci quando vi giungemmo quel 13 settembre, dopo le vacanze trascorse
nelle nostre famiglie.
Il numero degli Apostolini aumentava rapidamente. Dovevano, aumentare pure
le preoccupazioni del Padre. Ci raccomandava una cosa sola, di essere buoni,
ubbidienti, studiosi, soprattutto voler gran bene alla Madonna, imparare fin da
quei teneri anni a conoscerla, per predicarla, più tardi, agli altri. Se riempivamo
la nostra parte, la Madonna avrebbe compito la sua: non ci sarebbe mancato
niente! Non ci mancò mai niente. Avemmo sempre l’abbondanza. La
sovrabbondanza. Non che fossimo poi tanto buoni. Ma la Madonna guardava
alle fatiche e ai meriti del Fondatore dell’Opera.
Che gioia, che festa, che battimano interminabili! quando il Padre di tanto in
tanto da Roma capitava in mezzo a noi. Fu merito di chi ci educò, coltivarci nel
cuore questa venerazione, quest’affetto filiale per il Padre.
L’Opera si avvicinò ai primi frutti. Vestizioni. Partenze per il Noviziato.
Professione dei primi religiosi oriundi dalla Scuola Apostolica italiana. I
primissimi toccavano i gradini dell’Altare. Il Signore volle consacrare l’Opera
col segno della perennità e della fecondità: la Croce! La croce la invocò por sé,
l’abbracciò, la portò in trionfo il Padre, affinché l’Opera da lui fondata vivesse.
Questa la massima riconoscenza che dobbiamo al Padre!
Durante 14 anni non ha visto più la luce. I suoi occhi li aveva «regalati» alla
Madonna. Il primo si spense nella festa della Natività, l’8 Settembre. Il secondo,
il 25 Marzo, festa dell’Annunciazione. «La Madonna non può avere scelto due
sue feste per fare una cattiva azione», soleva dire il Padre. Riteneva la sua cecità
come un favore della Mamma celeste. La offriva a pro dei suoi figli.
Ad un uomo, stavamo per dire a un Santo di questa tempra, la Madonna poteva
chiedere di più ancora. L’Opera raggiungeva il suo felice coronamento. La
Scuola Apostolica italiana aveva il suo Noviziato italiano, il suo Studentato
italiano. Il ramo italiano della Compagnia di Maria, il suo organismo completo,
senza essere divelto dal tronco, veniva eretto in Vicariato Provinciale.
Bisognava consolidare. Soprannaturalmente. Approfondire le fondamenta.
Poggiare su pietra angolare. II Padre, soltanto il Padre il nostro appoggiò, nel
soprannaturale come nel temporale!
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La prova si abbatté terribile su lui: terribile al nostro corto intendimento umano,
chissà di quale pregio all’occhio di Dio!... Il Padre tanto attivo, il Padre pieno di
zelo, il Padre immensamente benefico ad una larga schiera di anime, l’apostolo
della parola e della penna, colpito di immobilità assoluta, impedito della parola
da non poter neppure più dettare, privo del braccio da non poter tracciare
neppure un rigo solo. Era nato in una data fatidica: il 14 Settembre, festa
dell’Esaltazione della S. Croce!
Il Padre ha esaltato la croce ad altezze divine negli ultimi cinque anni di
malattia. La croce ha esaltato il Padre ad altezze inconcepibili per noi. Dinnanzi
allo spettacolo della sua dura prova, l’occhio profano avrebbe visto un
«umiliato», l’occhio della fede scopriva un sublimato». Il monte più alto di
questo mondo è il Calvario!
Il Padre celebrò l’ultimo S. Sacrificio il 19 Febbraio 1934. Da quel giorno
divenne egli medesimo un «olocausto vivente». Possiamo scriverlo: offerto
precipuamente a vantaggio delle Opere da lui fondate, e in primissimo luogo di
quest’Opera della Scuola Apostolica.
Continuò ad interessarsi con amore paterno, anche questo raffinato, elevato, reso
più sensibile dalla malattia. Ogni notizia proveniente da questa Villa S. Maria lo
commuoveva fino alle lacrime. I suoi figli, i più piccoli, li portava
continuamente nel cuore. Li teneva costantemente presenti nella preghiera.
Questa l’assicurazione che mandava ad ogni risposta alle loro lettere. E in
qualunque istante, a qualunque momento si entrava in camera del Padre, lo si
trovava immancabilmente con la corona e la statuetta della Madonna in mano:
preghiera e meditazione, contemplazione, estasi.
Il Padre non s’è mai lamentato di soffrire, ed ha sofferto tanto! Non ricusava la
sofferenza. Ma aspirava al Cielo. Ci hanno scritto che aveva fatto una novena a
S. Giuseppe, affinché gli aprisse la porta del Paradiso. Il 19 Marzo, nel tornare
dalle funzioni della Cappella, prese freddo, rientrò in casto disfatto, non s’è più
rimesso. Deperiva di giorno in giorno. La Domenica 26 Marzo gli fu
amministrato l’Olio Santo. II Giovedì a sera, 30 Marzo, alle ore 28,30, rese
l’anima eletta a Dio, impreziosita da tante preghiere, da tanti meriti di
sofferenza, da tanto bene operato nelle anime, da tanti frutti di apostolato. Era la
vigilia del Venerdì di Passione, dedicato alla Madonna Addolorata. La festa
liturgica era iniziata con la recita del Vespro. Nella solennità sacra ai suoi
Dolori, la Madonna chiamò il servo fedele dai dolori del suo calvario ai gaudi
eterni del Cielo!
In mezzo al dolore per tanta nostra perdita, un pensiero ci conforta. Mentre il
Padre era agli ultimi «istanti della sua carriera, mortale, una persona devotissima
al Padre, che in quel momento sacro ebbe l’invidiata. fortuna di rappresentarci
presso l’agonizzante, inginocchiata ai suoi piedi, chiese al Padre di benedire le
Opere e le persone care. Il Padre portò la mano al suo rosario, recitò delle Ave
Maria. Dopo di avere attinto a questa fonte di benedizione, secondo
l’espressione del Beato: «Qui de benedictionibus seminat, de benedictìonibus et
44
metet: Chi semina benedizioni, raccoglie benedizioni», lui, l’apostolo alla
Montfort del S. Rosario, che tante Ave Maria aveva santamente recitate su
quella corona, abbinando la sua benedizione a quella della Madonna, a nome
della Madonna ha benedetto «la sua cara Redona», Villa S. Maria, la Scuola
Apostolica, la beniamina delle sue Opere”39
Questa testimonianza di P. Delfino Giusti è importante perché traduce molto
bene i sentimenti presenti nel rapporto tra i primi monfortani italiani e P.
Gebhard: venerazione, ammirazione e molta riconoscenza.
13.Il momento difficile degli anni ‘40
Questi anni si aprono con una serie di fondazioni importanti: Treviglio, Reggio
Calabria, Belgirate, nuova sede del noviziato. Attorno alle prime due comunità
sono sorte ben presto gruppi di consacrati dalla vita associativa particolarmente
vivace e impegnata. La scuola apostolica che inizia i suoi primi passi negli anni
’60 a Reggio Calabria è quasi certamente l’approdo quasi scontato di questo
intenso clima monfortano alimentato dalla presenza dei Padri nella Chiesa del
Rosario.
Gli anni ’40 si aprono con la celebrazione del XXV della Scuola Apostolica
Italiana (1916-1941). L’anno seguente, 1942, ricorre il centenario del
rinvenimento del “Trattato” (1842-1942): “Sono trascorsi cent’anni da quando
fu provvidenzialmente ritrovato il Trattato della vera devozione. Da quel giorno,
quanta fioritura di bene ha suscitato e quanta nuova luce ha diffuso sulla
conoscenza della Madonna!”.
Il periodo degli anni ’40 sono ricordati soprattutto per le note vicende legate alla
guerra. E’ un periodo cruciale per tutte le comunità. Redona, in particolare è
toccata da questi eventi drammatici. La comunità è costretta a lasciare la propria
sede al Comando tedesco, e per un intero anno ha vissuto in esilio, prima a
Clusone, poi ad Ossanesga. Questi i fatti riportati dalla Cronaca di Villa S.
Maria.
E’ il 1944. “Domenica 30 aprile. Mentre siamo in chiesa per la Messa cantata, il
rombo d’un motore d’auto ci fa sospettare che i Tedeschi vengano a farci visita.
E il sospetto è purtroppo certezza. E’ un gruppo di ufficiali, accompagnati dalla
solita antipatica interprete... Trovano i locali ampi e belli...e ciò ci mette in
pensiero”. I timori non sono privi di fondamento.
I Tedeschi tornano il 1° maggio. “... Stamane eravamo tutti intenti alle lezioni
quand’ecco quattro o cinque macchine tedesche s’arrestano sotto gli alberi del
viale”. Sono una quindicina tra ufficiali e semplici soldati dell’esercito tedesco.
Vogliono ancora una volta visitare la casa, accompagnati dal Provinciale e dal
Superiore.
39
L’Apostolino di Maria, IX (1939) 4, 1-5
45
Prima di andarsene “due di quei ceffi” si fermano all’ingresso per inchiodare un
cartello sul portone con un scritta in tedesco che sa di sequestro. Entro cinque
giorni bisogna sgomberare la casa! Inutili i ricorsi dei Superiori alle Autorità
repubblichine, senza tuttavia ottenere nulla. Frenetiche ricerche per un casa ed
altrettante frenetiche operazioni per mettere in salvo il salvabile. Verso sera un
ufficiale porta l’ordine di sgombero.
Martedì 2 maggio. Il Superiore va prima dal Vescovo poi da Mons. Biava,
rettore del Collegio “Angelo Maj” di Clusone. E’ don Guerinoni, parroco di
Redona, che suggerisce quest’ultimo tentativo. Contemporaneamente P.
Pagnoncelli e P. Scotton si recano a Desenzano, Gazzaniga e Fiorano sempre
alla ricerca di una casa. Si pensa anche a Gorno. In casa si lavora per lo
sgombero.
Mercoledì 3 maggio. “....Arrivano i predoni”. Altro che dodici giorni! “... Non
sono trascorse neppure 40 ore dall’ordine di sgombero, ed ecco che alle
quattordici, mentre noi si correva su e giù per le scale a mettere in salvo le
nostre povere robe, eccoti arrivare due autocarri di soldati che, senza dire né
come né quando, cominciano a scaricare brande, coperte, materassi, arnesi
radiotelefonici, armi e bagagli, e ad installarsi nelle aule scolastiche, sostando
ogni tanto nel chiostro per tracannare quel po’ di vino che era rimasto nella
botte”.
I primi di settembre a Clusone rientrano i collegiali. Per la comunità di Villa S.
Maria in esilio si ripropone il problema di un nuovo alloggio. Don Lecchi
Evaristo, Presidente dell’Ufficio Missionario Diocesano, suggerisce di bussare
alla porta di “Villa S. Teresa”, residenza estiva del Seminario di Crema. Mons.
Angelo Galli, Rettore del Seminario, accoglie la domanda “con una affabilità
commovente”. Verso la fine di agosto il Superiore si reca ad Ossanesga per
visionare la casa. C’è un’unica difficoltà da superare:”... La villa è occupata
ancora dalle Suore Canossiane, sfollate da Milano. Se queste si convincessero a
fare ritorno a casa loro a Milano, il Rettore del Seminario di Crema non avrebbe
difficoltà a che noi occupassimo il sito”. E di fatto le Suore decidono di lasciar
libera la villa.
Domenica 10 settembre. “... E’ l’ultima c al Collegio Angelo Maj e quindi il
Rettore Don Zoppetti canta la Messa nella quale ci rivolge la parola,
ringraziando del buon esempio che abbiamo dato a lui e a tutta la sua comunità.
Anima semplice e profondamente sacerdotale egli ha trovato modo di edificarsi
al nostro contatto! Quale riconoscenza non dobbiamo a lui non solo per
l’ospitalità gratuita offertaci per oltre quattro mesi, ma anche per la squisita
carità con cui ci accolse e per il simpatico interessamento dimostrato verso la
nostra opera.
Lunedì 11 settembre. Salutati i nostri i ospiti Don Francesco Zoppetti e le RR.
Suore Sacramentine, ai quali ormai ci lega un nodo fortissimo di gratitudine, si
cominciò a scendere verso il piano, a piccole squadre per facilitare
l'insediamento”.
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“... La nuova dimora era una di quelle ville a ferro di cavallo che i nobili del
‘600 si costruivano in campagna per i mesi caldi; alquanto deteriorata
dall’abbandono, ma con i segni ancor visibili dell’antico splendore: pareti
sontuosamente decorate, mobili, lampadari e specchi stile rococò. Un bel viale
davanti, a lato, un gran prato ombreggiato da alberi giganteschi. Due torri
quadrate, una in cima e una in fondo all’edificio, montavano la guardia
all’accampamento"40.
Qui la comunità di Villa S. Maria trascorrerà la seconda parte del suo esilio da
Redona. Villa di campagna dei Conti Lupi, serviva attualmente come casa estiva
dei seminaristi di Crema
L’anno 1945 è l’anno del ritorno a Villa S. Maria. Ecco il decreto: “Il Prefetto
della Provincia di Bergamo, vista la richiesta della Scuola Apostolica dei
Missionari Monfortani di ottenere la revoca del Decreto di requisizione n. 814
del 3 maggio 1944 dello stabile di proprietà della Scuola Apostolica dei
Missionari Monfortani, situato in comune di Bergamo (Redona) già requisito per
il Comando Militare Germanico; considerato che per l’eventuale liberazione
della Provincia lo stabile è stato lasciato libero dal Comando Militare
Germanico; considerato che detto stabile non è occupato dalle Truppe alleate e
Italiane, visto l’articolo 19 del T.U.Legge Comunale e Provinciale, decreta che il
Decreto n. 814 del 3 maggio 1944 con il quale si requisiva lo stabile di proprietà
della Scuola Apostolica dei Missionari Monfortani situato in comune di
Bregamo (Redona), è revocato. Il Sindaco del Comune di Bergamo è incaricato
della esecuzione immediata del presente Decreto. Bergamo, 5 maggio 1945. Il
Prefetto E. Zambianchi”41.
Nel settembre del 1946 muore P. G.B. Garbottini. Era arrivato a Redona il 31
luglio gravemente ammalato. Ebbe il difficile compito di essere stato scelto
come guida della giovane provincia italiana nei anni difficili degli inizi.
Così lo ricorda P. Bonicelli, confratello della prima ora della comunità
monfortana italiana. Prezioso questo testo perché contiene notizie importanti
circa l’origine della vocazione monfortana del primo provinciale monfortano
italiano.
“La mattina del 7 Settembre u. s., nella chiesa della nostra Scuola Apostolica, a
Redona di Bergamo, veniva cantata una Messa da Requiem: era per il riposo
dell’anima del Rev. Padre Giovanni Battista Garbottini. Un nuovo improvviso
attacco cardiaco ne aveva, nelle primissime ore del giorno precedente, troncata
l’esistenza. Nativo di Cignano (Brescia), da pochi giorni (31 Agosto) era entrato
nel suo 74.o anno.
Nel celebrare a nostra volta per esso il santo Sacrificio all’altare di Maria Regina
dei Cuori, a mala pena ci potemmo difendere da una folla di ricordi. Il
compianto Confratello l’avevamo conosciuto nei lontani anni di Seminario a
Brescia. Com’era stimato dai Superiori e dai compagni! Per la soda pietà,
40
41
Cronaca della Scuola Apostolica
Cronaca della Scuoal Apostolica
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l’applicazione seria allo studio, l’affabilità del tratto e le idee sane, s’era al
tempo in cui agitavasi tuttora, e quanto! - poiché il 25.o anniversario della presa
di Roma l’aveva rinfocolata, - la questione del potere temporale dei Papi, e
s’andava inoltre maturando l’eresia del modernismo.
Ordinato sacerdote il 18 Dicembre 1S97 da S. E. Mons. O. M. Corna
Pellegrinini. e subito destinato come curato a Lovere - nostro paese natale - noi
l’avevamo raggiunto circa quattr’anni dopo nel medesimo campo di attività.
Doppiamente contenti di poterlo qualche po’ coadiuvare, fra l’altro,
nell’importante compito dell’educazione dei fanciulli, ond’era grande il bisogno:
compito ch’egli aveva preso particolarmente a cuore e che disimpegnava a
meraviglia, fornito com’era all’uopo di attitudini speciali. Prova: l’istituzione
sua, ancor oggi ben ricordata a Lovere, dell’Educatorio: un bellissimo locale con
cappella, sale di studio, teatrino, regolamento di disciplina, prefetti per la
sorveglianza, ecc. - ch’egli era riuscito a fondare, non senza lottare contro
difficoltà di ogni sorta. Né meno si ricorda l’assiduità di quel curalo al
confessionale, la forza avvincente della sua predicazione piana e popolare, le
sante sue industrie per riconciliare con Dio persone traviate, la prontezza sua
nell’accorrere al capezzale dei morenti.
Sopratutto è vivo il ricordo della sua devozione alla Madonna. “Oh, quando ne
parlava si capiva subito che n’era innamorato”. Così ci si disse, anche
quattr’anni or sono, quanti avemmo il piacere di rivedere il natio loco.
La devozione alla Madonna era cresciuta in lui a dismisura da quando aveva
avuto conoscenza della spiritualità del Beato di Montfort. Certa persona,
salutarmente impressionata da ripetute, attente letture del Trattato della Vera
Devozione a Maria Vergine, di Grignion de Montfort (Edizione Salesiana di S.
Benigno Canavese 1886) gli aveva passato il prezioso libro, fiduciosa ch’egli
avrebbe apprezzato a dovere il tesoro in esso nascosto, e a sua volta egli
l’avrebbe fatto conoscere ad altri. Fiducia non delusa: dopo mature riflessioni su
l’indole speciale della devozione insegnata in quelle ispirate pagine, il Padre,
nella festa dell’Assunzione (1900) si consacrò alla Madonna in qualità di
schiavo d’amore.
La fiamma ha da ardere! e davvero che, a partire da tale completa dedizione di
sé e d’ogni cosa sua alla celeste Madre e Padrona, la bella fiamma d’amor alla
Vergine Santa arse più che mai intensa nel cuore del Padre, spandendo luce e
calore pure in quello di numerose persone, alcune anche di paesi vicini, da esso
conquistate man mano alla Vera Devozione .
In seguito alla lettura del Trattato - il Padre ne aveva fatto venire una buona
quantità di copie - si era infatti formata a poco a poco una eletta di anime, di
nulla più desiderose che di essere aiutate ad amare la celeste Madre e Padrona
alla “bella maniera del Montfort”. E il Padre aveva assecondato ben volentieri
tal santo desiderio; giovandosi nonché delle indicazioni del Manuale della
Confraternita di Maria Regina dei cuori (di Ottawa, nel Canada: l’unica allora
esistente) - manuale di cui anche curò una versione italiana poi approvata per la
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stampa dalla Curia Vescovile di Brescia - dei preziosi suggerimenti nientemeno
che del primo Assistente della nostra Casa Madre in Francia, col quale egli era
riuscito a corrispondere, il Rev.mo P. Antonino Lhoumeau.
Ma, una volta di più doveva verificarsi quanto è detto al N. 114 del Trattato: “si
scatenò una bufera.... la quale non valse tuttavia a sradicare completamente il
buon seme: per lo zelo illuminato e prudente del Padre, aveva gettato troppo
profonde radici perché Lovere e dintorni non contassero più oltre fedeli Schiavi
d’amore della Madonna. E nemmeno quella bufera impedì che cinque fra le
frequentatrici modello di quel... cenacolo entrassero successivamente una dopo
l’altra - seguite più tardi da altre - fra le Suore Figlie della Sapienza: una prova,
questa, non dubbia del gradimento da parte della Madonna, dell'apostolato della
Vera Devozione compiuto dal Padre.
Altra prova, pure significativa, di tale gradimento, fu certo, per il caro
Confratello, l’aver Ella accolto lui stesso nell’altra delle due famiglie religiose
del Beato Montfort: la Compagnia di Maria.
Cominciava così ad effettuarsi anche in Italia l’infiammata “Preghiera” del
Beato «per ottenere Missionari per la sua Compagnia di Maria».
Se il Padre non precedette noi in Noviziato (a Meersen, in Olanda) e ci
raggiunse solo quattro mesi dopo (Ottobre 1903), fu a causa dell’impossibilità
per lui di lasciar più presto la parrocchia.
Ora anche durante quell’anno di prova, noi fummo testimoni, e in più occasioni,
di come intendesse egli e vivesse la consacrazione di Santa Schiavitù: ottimo
allenamento, questo, ed essere degno religioso della Compagnia di Maria, quale
ne fu a partire dal 7 Ottobre 1904.
La prima sua destinazione fu, per un anno, a Roma, all’ombra del Santuario di
Maria Regina dei cuori; seguì quella per l’America, ad Ozone Park (New York)
dove fu parroco esemplare, vero sacerdote di Maria fino al 193142. Di questo
lungo periodo dì ministero sappiamo ben poco, perché il caro Confratello era
schivo a parlare delle sue attività. Tuttavia, Ciò che è rimasto dopo la sua
partenza testimonia quanto profondo e vasto sia stato il suo lavoro apostolico:
numerose scuole complete ed asili di assistenza per i figli di emigrati italiani (in
maggioranza siciliani, in quell'immenso sobborgo della grande metropoli
americana). Una splendida chiesa ed una bella casa parrocchiale, la quale, al suo
tempo, si chiamava la casa di tutti. Nessuno dei nostri poveri emigrati - tanto
maltrattati, allora, e vittime dell’ingordigia di impresari senza umanità - trovò
mai la porta chiusa: pane, vestiario, alloggio e, quando occorreva, una buona
raccomandazione per un posto di lavoro. Il Padre, con la sua carità, s’era
conquistato il cuore di tutti. L’aveva preceduto e l’accompagnava costantemente
l’invisibile protezione della sua dolce Madre e Padrona.
42
In occasione del 25° anniversario della sua ordinazione, la parrocchia gli dedica una pubblicazione: Souvenir
of the Silver Priestly Jubilee of the Reverend Father J.B. Garbottini S.M.M. (1897-1922), Ozone The Press,
Azone Park, N.Y.
Copia nell’Archivio di Redona
49
Qualcuno ricorda ancora con commozione le avventure apostoliche dei suoi
primi mesi di missione. Aveva un alloggio di fortuna e viveva all’eroica. Un
giorno, mentre gira per il quartiere in cerca degli italiani, legge sui muri un
manifesto in lingua patria che invita gli emigrati ad un convegno dove sarà loro
annunziata una grande novità. Più che per curiosità, decide di andarvi per aver la
buona occasione di far conoscenza con i compatrioti. All’ora convenuta entra
nel locale: un buon numero di operai italiani stanno ad ascoltare un signore che
parla loro di una religione più pura e più libera, senza tante pastoie di
Comandamenti e di preti.... Il Padre, dal fondo della sala, guarda il concionatore.
Lo riconosce: un povero Spretato fuggito dalla Patria in cerca di miglior fortuna.
Senza farsi annunziare, si toglie il colletto romano (unico distintivo sul vestito
borghese) fende il gruppo degli ascoltatori e si accosta all’oratore. Succede un
momento di silenziosa aspettativa.
Amici! - dice il Padre, con la sua voce pastosa e convincente - volete bene, voi,
alla Madonna? - Si, che le vogliamo bene. - Questo signore, invece, disprezza la
Madonna, e la vuol strappare dal vostro cuore e dal cuore dei vostri figli. Egli
non è col Papa e vi vuol tirar fuori dalla strada sicura che vi hanno insegnato la
vostra mamma e i vostri vecchi.
E continuò su questo tono, mentre l’altro, sbalordito, non osò più aprir bocca. Miei Cari fratelli - conchiuse egli - io sono un Missionario della Compagnia di
Maria, venuto apposta dall’Italia per stare in mezzo a voi, ed aiutarvi nei vostri
bisogni materiali e spirituali. Vedete che io sono solo, non vengo a far soldi per
mantenere la moglie come questo signore. Metto a vostra disposizione tutta la
mia vita, e faremo una bella parrocchia come quelle che avevamo in Italia, sotto
la protezione della Madonna. Chi vuol bene alla Madonna venga Con me! —
Ed uscì, seguito da tutti gli operai, che da quel momento lo amarono e lo
obbedirono come il loro buon padre.
Nel 1931, essendo stata eretta la Provincia Italiana della Compagnia di Maria,
venne designato lui a governarla per primo; carica ch’egli copri per sei anni,
stimolando tutti, Padri, Studenti, Novizi e Fratelli, nelle varie case di formazione
della Provincia, più volle visitate e sempre edificate ad essere veri figli del
Monfort. A lui si deve la fondazione della casa di Loreto (sede attuale dello
Studentato Italiano della Congregazione) e di quella di Tresivio (Sondrio).
Nel 1937, altra «ubbidienza», l'ultima: quella di reggere la parrocchia d’Isola
(Siracusa). In questa parrocchia, nella chiesa della «Mediatrice di tutte le grazie»
da lui abbellita resta a testimonio del suo autore per la Madonna anche la
Confraternita di Maria Regina dei cuori, fatta da lui erigere nel ‘38.
Chiudiamo queste nostre righe con le parole che terminavano una sua lettera:
Riposiamo nel bell’interno di Maria, dove non è mai notte; dove la via della
Croce è illuminata dal sicuro pallore lunare....; anche legati mani e piedi si è
felici... Non perdiamo di vista la Consacrazione se vogliamo non essere tagliati
50
dall’albero di vita, se vogliamo essere un dì presentati da Lei al suo caro Figlio,
come suoi eterni schiavi”43.
L’anno seguente, 1947, è l’anno della canonizzazione del Montfort. Il clima
precedente questo importante evento per la storia della Congregazione e in
particolare per il Vicariato monfortano italiano è bene descritto da
“L’Apostolino di Maria” che riprende le pubblicazioni dopo che erano state
sospese a motivo della guerra.
“20 luglio 1947 è il gran giorno fissato in modo definitivo per la solenne
canonizzazione del Beato Luigi M. Grignion di Montfort. Tutte le anime che
vivono della spiritualità monfortana esultano della prossima glorificazione del
loro caro Padre e Maestro. Quel giorno benedetto segnerà un nuovo
incomparabile trionfo per la nostra amabile Regina, Mediatrice universale di
grazia. Olanda e Belgio stanno organizzando grandiose celebrazioni nelle loro
città ove il Montfort e la sua dottrina sono conosciutissimi. La Francia,
naturalmente, non resterà indietro. E noi italiani ?”.
Anche la Cronaca manoscritta della Scuola Apostolica di Redona apre con
questa importante notizia: “... Il rev.mo Procuratore, G.M. Le Bail, ci comunica
che lo stesso Santo Padre ha annotato sul suo taccuino personale: ... 20 luglio,
canonizzazione del Beato Luigi Maria Grignion di Montfort”. C’è anche un
primo commento alla notizia: “... E’ il giorno unico nella storia della Compagnia
di Maria, il giorno che segnerà l’inizio di una nuova era mariana. S’avvicina
ognor più il Regno di Maria, e per esso anche quello di Gesù re. La vera
devozione penetra più facilmente nei seminari e nelle congregazioni religiose”.
Ed ecco finalmente alcune note di cronaca dell’avvenimento. Sabato19 luglio:
“Roma, Roma, ecco Roma !”. Allestiti gli ultimi preparativi spirituali, musici e...
mastici, con treno Speciale...si prese la tanto attesa fuga verso Roma. Il viaggio
lungo già di per se stesso, sembrava più lungo a causa del cuore che batteva
forte, bramoso di giungere presto alla Città Eterna. Pochissimi tra gli Apostolini
avevano visto Roma in precedenza; perciò quando apparvero i primi edifici
romani il cuore si dilatò per 4, la commozione e per la venerazione, e fu solo un
grido, confuso, irrefrenabile: Romaa, Romaa, Ecco Roma! Alcuni sarebbero
volentieri discesi dal treno, subito, per inginocchiarsi ad imitazione di S. Luigi
di Montfort quando andò a Roma, ma il treno filava ronfando. Mezz’ora dopo i
RR. Fratelli delle Scuole Cristiane ci accolsero con squisita carità nel loro
Collegio in Corso Italia”.
Domenica 20 luglio: “Domenica, ore 8, tutti gli Apostolini, cantori o no,
condotti dal Rev.mo Padre Superiore, arrivano in Piazza S. Pietro. Un senso di
lieto sgomento ne invade l’animo. Si sentono piccoli piccoli di fronte alla
grandezza e ricchezza di Pazza S.Pietro.
Elevando lo sguardo alla facciata ci si presenta il quadro del prof. Galimberti.
L’espressione e la positura ritrae bene il vero ed abituale atteggiamento di S.
43
L’Apostolino di Maria, XVI (1946) 10-11, 5 ss
51
Luigi Maria. Cosi noi amiamo vederlo: innamorato di Maria cui, anche quando
ella non gli appare visibilmente, tiene rivolto lo sguardo suo estatico, l’anima
sua soprattutto, per bearsi, per attendere ai suoi cenni di Regina, di Madre che
reca sempre il Figlio di Dio. Sono questi i nostri pensieri. Ma non possiamo
fermarci all’esterno, bisogna entrare. Ci rechiamo nella Sala Regia donde ha
inizio la processione.
Giunge il Papa; sale in gestatoria e intona l’Ave maris stella, finito il quale i
nostri Apostolini cantano il Magnificat, e, ad ogni versetto, quasi ritornello, con
voci più sicure, più argentine, più ferventi del consueto, ripetono Regina coeli,
laetare, alleluia. E l’anima si eleva.
Giunti all’altare della Confessione, la Schola, coadiuvata dagli Studenti di
Loreto, si sposta verso sinistra, e là, sotto l’alta direzione del Rev.mo Giovan
Battista Le Guevello, insigne gregorianista, esegue tutte le parti liturgiche in
canto gregoriano. Il momento più solenne è quello in cui il S. Padre, dopo aver
invocato lo Spirito di Dio, la Vergine e i santi, dà lettura al decreto della
Canonizzazione, impegnando la sua autorità di Maestro infallibile.
Lunedì 21: “...Alle 16,30 siamo di nuovo dinnanzi alla facciata di S. Pietro. Le
Figlie della Sapienza ci hanno preceduti ed hanno posato di fronte all’obiettivo;
lo facemmo noi pure insieme ai nostri Padri Monfortani d’Italia, di Francia,
d’Olanda, d’Inghilterra, d’America, d’Africa, d’Islanda e Danimarca.
Alle are 17.30 partecipiamo all’udienza pontificia. Ma che folla ! Quante
gomitate e spinte date e spintoni ricevuti e grida di protesta per poter entare
nell’Aula delle benedizioni! Tuttavia entriamo, e ci avviciniamo il più possibile
allo stecconato oltre il quale si eleva il trono del Papa. Giunge egli tra osanna ed
evviva in diverse lingue. Si tace quando il S. Padre si avvicina al microfono per
parlare. Delinea con tratti precisi e vivi, nella lingua di Bossuet, la figura
missionaria del Santo, mostra in Maria il segreto del di lui apostolato, ce lo
addita quale guida...”.
Alle 21 viene a prelevarci una corriera dello Stato del Vaticano per condurci alla
Stazione Radio Vaticana. Qui è trasmesso il nostro concerto musicale
annunciato nelle sue varie parti in italiano, francese, tedesco, spagnolo e inglese,
ed impresso nei dischi. Il 22, 23 e 24 luglio ha luogo un triduo solenne in onore
del nuovo Santo. E’ celebrato nella Chiesa di S. Teresa al Corso Italia, retta dai
Padri Carmelitani”.
L’ultimo avvenimento del soggiorno romano fu il pellegrinaggio al Santuario
della Madonna del Divin Amore”... Venne a prenderci un autocarro con
rimorchio, inviatoci dalla bontà del Rev.mo Don Umberto Terenzi, Rettore del
Santuario, amico personale del Rev.mo P. Superiore, e tutto entusiasta della S.
Schiavitù del Montfort... Sarebbe stato brutto per noi schiavi di Maria essere
andati a Roma senza visitare quello che i romani chiamano la nostra
Madonna”44.
44
L’Apostolino di Maria, XVII (1947) 8, 10 ss
52
Celebrazioni solenni si svolgono anche a Bergamo. Così la Cronaca: “...Nella
domenica 21 settembre si sono svolte le celebrazioni in onore di S. Luigi Maria.
Dovevano aver luogo nel nostro Santuario di Maria Regina dei Cuori, ma
essendo troppo angusto, si scelse la capace Parrocchia di Redona. Furono
precedute da un Triduo di preparazione...
Alle 10 si ebbe il solenne pontificale di S. E. Rev.ma Mons. Angelo Roncalli,
Nunzio Apostolico in Francia. I nostri Apostolini eseguirono scelta musica sotto
la direzione del R. P. Omizzolo.
Nel pomeriggio, verso le 4 e mezzo, il carro trionfale tutto ornato di fiori,
trainato da due bellissimi cavalli bardati a festa, gentilmente prestati dalla Ditta
Gritti Luigi di Bergamo, muoveva lentamente dal nostro viale verso la
Parrocchiale Redonense, dove già la processione cominciava a muoversi, mentre
la Schola terminava gli ultimi canti dei Vespri solenni.
Portata a spalla dagli uomini la statua del Santo appare maestosa sulla gradinata
della Chiesa da dove lentamente, come una visione, scende per posarsi sul carro
trionfale che la deve portare in trionfo per le vie di Redona.
Il popolo redonese è accorso numeroso per partecipare alla processione. Le
Associazioni sono al completo con le migliori divise e gli stendardi delle grandi
solennità; i giovani e le giovani di A.C. soprattutto sono numerosi; l’Asilo ed i
ragazzi dei due Orfanotrofi di Torre Boldone. La banda di Nese sostiene gli
onori musicali mentre gli amatori di mortaretti, nascosti tra le piante, fanno un
poco di fracasso...
Al ritorno la processione passa accanto alla Parrocchiale e si dirige verso Villa
S. Maria, dove un ampio baldacchino di tra il verdeggiante viale spicca col suo
candido nitore di seta, sotto gli ultimi raggi del sole morente; sotto si ferma il
carro. Il Santo, col suo sguardo rivolto al cielo, sembra veramente innalzare
ancora una volta la sua infuocata preghiera alla Madre e Regina per implorare a
tutti la sua benedizione. Sua Ecc. Rev.ma il Nunzio Apostolico disse ancora
parole appropriate per eccitarci alla imitazione del Santo Araldo di Maria
Regina dei Cuori.
Mentre scendono le tenebre si accendono, nella notte, sulle finestre della casa i
lumini palpitanti, quasi a dire che se pur scendesse sul mondo più fitta la notte
dell’errore e del dolore, fulgidi palpiteranno ancora luci di verità e fiaccole
d’amore, i santi della Chiesa fra i quali novella luce s’è accesa con S. Luigi
Maria di Montfort”45
Nell’agosto 1948 la Cronaca di Redona segnala una nuova ed interessante
inziativa: il raduno degli ex alunni.“… Risposero al primo appello in numero di
quattordici, tutti entusiasti di ritrovarsi nell’antico ambiente, che non trovarono
per nulla mutato. Riconobbero i loro vecchi posti in chiesa, allo studio, al
dormitorio; pareva loro di essere ritornati piccoli, come un giorno, e rivissero
una giornata di ricordi. All’agape fraterna ci ritrovammo tutti uniti, alla stessa
45
L’Apostolino di Maria, XVII (1947) 9-10, 13 ss
53
tavolata, il P. Provinciale, P. Ercole Germini, il Superiore, P. Pasquale
Buondonno, i Professori presenti in casa, i Fratelli coadiutori e tutti facemmo
onore alle buone Suore cuoche che avevano preparato per la circostanza un
gustoso pranzetto”.
Nell’assemblea pomeridiana si stende un programma per la nuova associazione,
cui, all’unanimità, venne dato il nome di AMI. (Associazione Monfortana
Italiana). Il suo scopo fu ben illustrato da P. Pasquale Buondonno, ispiratore del
nuovo organismo associativo. Ecco il testo della lettera-convocazione del primo
raduno.
“Miei cari ex Alunni, eccola dunque finalmente la nostra Associazione: ha un
nome ed ha un programma. Ma la realtà di questo nome e di questo programma
non è di oggi, esiste e vive nello spirito di ciascuno di voi da anni. Lo avete
rivelato a voce e per iscritto indistintamente, con la stessa precisione e con lo
stesso calore. Il vostro allontanamento da Villa Santa Maria per nessuno di voi
significò la fine di una vita e di un ideale. Dentro di voi continuò un ruminio di
cose pure, allegre e care che il volgere degli anni rese sempre più vivo e
nostalgico. Villa Santa Maria: un rifugio di serena pace nelle ore buie della vita!
Il mondo monfortano: Superiori, condiscepoli, ambiente, non fu mai cosa morta
per voi.
Ed ora che vi si è fornita l’occasione di ritornare in questo ambiente e di
ritrovare, sia pure fugacemente, Superiori e compagni, abbiamo constatato che
eravate, benché sotto altre spoglie e col volto marcato dagli anni e dalla dura
esperienza della vita, sempre gli stessi: figli del Montfort, segnati da una
incancellabile consacrazione alla Regina dei Cuori.
L’AMI non è dunque una novità: è solo una formulazione esteriore di una realtà
interiore già esistente. E mi ritengo quindi sicuro che nessuno degli ex Alunni ai
quali capiterà in mano questo fascicolo si sottrarrà al cerchio vitale monfortano
che dal 14 agosto 1948 ha acquistato nell’AMI una sua voce concreta e un suo
programma scritto.
E la mia preghiera a ciascuno di voi, cari amici, è questa: fate giungere al più
gran numero possibile di ex Alunni la conoscenza dell’AMI, comunicando i loro
indirizzi perché l’Associazione viva in pienezza di numero oltre che in pienezza
di idealità”.
L’invito è stato accolto da 14 ex Alunni; alcuni hanno espresso per iscritto la
loro adesione e il loro plauso alla nuova iniziativa. A partire dal numero di
luglio 1948, L’Apostolino di Maria ospiterà la “Pagina degli Ex Alunni”, con
notizie e testimonianze. Primo segretario dell’AMI è stato eletto il signor
Piccioli Enrico46
La nascita di questa associazione è importante perché da una struttura
associativa ai molti alunni che hanno trascorso a Redona anni significativi della
loro adolescenza e desiderano continuare un rapporto di amicizia con la
46
Notizie in “Amici Monfortani”, Appunti per una cronaca dell’associazione (1948-1960), a cura di Santino Epis
54
comunità monfortana di cui hanno condiviso la spiritualità. Per motivi difficili
da rilevare va detto che questa struttura non mai avuto un grande sviluppo,
anche quando agli alunni di Redona si sono uniti anche quelli delle altre case di
formazione.
Nell’anno seguente, 1949, da segnalare il coinvolgimento di alcuni missionari
monfortani italiani nella preparazione e nello svolgimento della “Peregrinatio
Mariae”, il “Pellegrinaggio delle meraviglie”, voluto dalla neonata Conferenza
Episcopale Italiana (CEI) per preparare gli italiani alla Consacrazione al Cuore
Immacolato di Maria, prevista a Catania il 13 settembre 1959, a conclusione del
XVI Congresso Eucaristico Nazionale47.
Da 3 al 5 aprile la Madonna Pellegrina visita la parrocchia di Redona, un vero
trionfo! “...Nell’avvicendamento dei missionari accompagnatori era toccato
proprio a due dei nostri confratelli il transito per Redona. Gli Apostolini
parteciparono alla fiaccolata d’arrivo e di partenza, così pure i loro canti
decorarono le due messe solenni del 4 e 5 aprile.
Avemmo la fortuna di godere a nostro agio la visita della Mamma in casa nostra,
che è poi la casa sua, la Casa della Madonna. Nella giornata del lunedì, 4 aprile,
la nostra comunità si era trasformata in un vero cantiere, per l’allestimento di
archi di trionfo, di decorazioni floreali, d'illuminazione elettrica e a lumini...
La notte di quel lunedì ci alzammo all’una, per essere pronti a prelevare la statua
dalla chiesa parrocchiale verso le due, al termine della funzione riservata agli
uomini... E la Madonna entrò nel suo bel Tempio. Ai piedi della balaustra era
stato eretto un elevato trono sul quale si collocò la statua e dinnanzi era stato
posto un altare per la celebrazione della S. Messa" 48.
In una circolare del 7 luglio la Casa Madre annuncia la nomina di P. Pasquale
Buondonno a nuovo Vicario provinciale. Il Padre Generale scrive: “La
informiamo che per decisione in data odierna, lei è stato nominato viceprovinciale della Compagnia di Maria in Italia”.
La comunità di Redona pur manifestando grande soddisfazione per la nomina
del suo Superiore si sente in dovere di un saluto riconoscente al Vicario uscente.
“E’ doveroso dare un commosso saluto al Rev.mo Padre Ercole Germini,
Vicario Provinciale uscente, il quale per il lungo periodo di 12 anni ha retto la
Provincia con prudenza e con bontà. Lungo sarebbe enumerare le sue
benemerenze, soprattutto nel difficile periodo bellico, durante il quale si
sobbarcò più volte a viaggi lunghissimi e disastrosi in bicicletta fino a Loreto e a
Sanremo per confortare le comunità delle Suore della Sapienza della Liguria. Lo
vedemmo piangere allorché, requisita dalle Autorità d’occupazione la nostra
Scuola Apostolica, vide partire per l’esilio forzato la truppa degli Apostolini.
Egli rimase a Villa S. Maria, in mezzo ai Tedeschi, relegato col P. Giusti,
nell’unico ambiente lasciato a disposizione dagli occupanti, cioè in sagrestia.
47
48
S.EPIS, La consacrazione dell’Italia a Maria, in “Spiritualità Monfortana 9 ; CIM ; Roma ; 2009 ; 132
L’Apostolino di Maria XIX(1949) 5,9
pp.
55
Tra mobili ammonticchiati in disordine egli aveva un povero giaciglio e un
disordinato tavolo di lavoro da cui continuava a dirigere la Provincia Religiosa
Italiana, tanto provata e scissa dalla divisione della linea del fronte.
Innumerevoli sono quindi le ragioni per cui ci sentiamo in dovere di
ringraziarlo, e di pregare sempre per lui affinché il Signore e la Madonna
l’accompagnino nel compito non facile di Economo Provinciale”.
14.
Gli anni ’50: verso una struttura definitiva
Gli anni ’50 hanno visto eventi particolarmente significativi per la storia della
giovane vice provincia italiana. C’è il trasferimento della Curia generale da
Saint-Laurent- sur- Sèvre a Roma. In passato i contatti con il governo centrale
proprio a motivo delle distanze non erano stati esenti da difficoltà. Ora per i
monfortani italiani si apriva la possibilità di una contatto immediato, in qualsiasi
momento, per qualsiasi problema relativo alla vita delle singole comunità e della
stessa Direzione generale.
Nel mese di giugno del 1955, per motivo di salute, P. Le Bail si dimetteva dalla
carica di Procuratore generale. A sostituirlo viene chiamato P. Elio Gambari. I
monfortani italiani per la prima volta, con un loro religioso, entravano così nel
governo centrale della Congregazione.
A Roma viene trasferita anche la sede provinciale italiana. Da Redona a Roma.
La nuova residenza altro non era che un appartamento destinato ai capellani
dell’orfanatrofio femminile diretto dalle Suore del Divino Zelo, fondato dal
canonico Annibale di Francia, un grande apostolo della vera devozione mariana
monfortana. In questo sede ai Circonvallazione Appia, il Provinciale e suoi
collaboratori immediati vi risiedevano in qualità di cappellani della grandiosa e
frequentata chiesa di Sant’Antonio, annessa all’Istituto.
Agli inizi di questo decennio si consolida l’impegno della provincia per le
missioni estere. C’è un notevole susseguirsi di arrivi e partenze. Nasce la
Procura delle missioni estere. Avrà il compito di aiutare le nostre missioni e di
assistere i missionari nelle loro varie necessità.
Questo costante giro di partenze e di arrivi dei missionari contribuisce al
consolidamento della componente missionaria del carisma istituzionale della
nostra Congregazione, soprattutto nelle case di formazione.
C’è anche un forte sviluppo delle missioni al popolo e di conseguenza nasce
l’esigenza di nuove comunità destinate a questo ministero. L’impegno più
significativo sarà la partecipazione di missionari monfortani italiani allo
svolgimento della “Peregrinatio Mariae”, una iniziativa pastorale di grande
successo e che ha prodotto rilevanti benefici spirituali. Il programma si svolge
dal maggio 1947 al giugno del 1949, nel territorio dell’archidiocesi milanese. A
questa importante proposta pastorale si ispirerà la “Peregrinatio Mariae” voluta
56
dalla CEI per preparare gli italiani all’Atto di consacrazione al Cuore
Immacolato di Maria49.
Questo momento favorevole alla pastorale mariana obbligherà la Direzione della
Provincia a progettare nuove comunità. Negli anni ’50 muovono i primi passi le
comunità di Castellaneta (1952), Santeramo (1955), Ginosa (1956), Caravina
(!956, Napoli San Severino (1957), Via Cori (1956). Come già in passato per
Siracusa e Noto anche alcune di queste nuove comunità sono destinate ad uno
specifico ministero parrocchiale. Il servizio pastorale nelle parrocchie pur
avendo avuto un’attenzione costante da parte dei responsabili della Provincia
italiana, tuttavia non ha mai goduto un alto gradimento nelle sue scelte pastorali.
E’ stato quasi sempre al centro di discussioni. E’ stata vista con diffidenza la
“stabilità” che un tale servizio comportava in contrapposizione alla “mobilità”
da preferire nella vita dei missionari monfortani voluta dal Fondatore
sull’esempio degli Apostoli.
In questo stesso periodo si avverte il bisogno di consolidare anche le strutture
destinate alla formazione. C’è la posa della prima pietra a Reggio Calabria.
L’inaugurazione l’8 settembre 1959.
Si procede a nuovi lavori per rinnovare lo Studentato di Loreto. A fine
novembre 1952 le cronache della casa davano per terminata, almeno nelle parti
essenziali, una nuova ala. Ne attribuivano il merito all’indefesso lavoro di
Fratelli Lorenzo, Gabriele, Michele e Pasquale e alla buona prestazione di tutti
gli scolastici.
Verso la fine degli anni ’50 si pensa anche ad una nuova scuola apostolica nel
Veneto e al trasferimento dello Scolasticato da Loreto a Roma. E’ un momento
particolarmente favorevole per la formazione. Nei programmi di formazione
hanno lo stesso spazio e lo stesso peso sia la componente mariana che quella
missionaria del carisma monfortano. A Redona e a Loreto sono molto attivi sia il
gruppo missionario che quello mariano. Ne fanno parte evidentemente coloro
che nella proposta vocazionale monfortana sono attratti dall’una o dall’altra
delle due componenti fondamentali.
In questo decennio di storia monfortana italiana rilevante è stato anche
l’impegno per la diffusione del patrimonio spirituale del Fondatore.
Determinante l’esempio di P. U. Gebhard e di P. C. Bonicelli. Quest’ultimo
muore il 28 settembre 1951. E’ deceduto a Roma, nella clinica della Sapienza.
Annota il cronista: “... Il carissimo P. Bonicelli lascia un grande vuoto in mezzo
alla Provincia Italiana. Resta ai suoi confratelli il ricordo e l’esempio delle sue
edificanti virtù, della sua inalterabile obbedienza, della sua fedelissima
devozione, della sua continua preghiera, delle sue penitenze e resta la certezza
che in Cielo ora pregherà per noi”. P. P. Buondonno, Superiore Provinciale, gli
dedica un articolo commemorativo di grande spessore: “Come parlare
49
S.EPIS, La consacrazione dell’Italia a Maria, in “Spiritualità Monfortana” 9 , CIM, Roma
2009, 132
57
degnamente di Lui e come ordinare la folla di ricordi che ci assedia nel
momento che per Lui si canta il Requiem e il desiderio del buon Padre ci stringe
l’anima dolorosamente ?
Rammentiamo, come ce lo narrava il Padre Gebhard, che in P. Bonicelli ebbe il
collaboratore fedelissimo per più di trent’anni per la diffusione in Italia
dell’ideale, monfortano, il primo incontro di Lui con la Compagnia di Maria.
Siamo nel 1902. Il giovane sacerdote di Lovere, fresco ancora della Sacra
Ordinazione ricevuta nel 1901, ha tra le mani il Trattato della Vera Devozione a
Maria in una edizione salesiana. La lettura del volumetto gli fa nascere vivo il
desiderio di arruolarsi trai figli del Montfort. Dove trovarli questi Religiosi? In
Italia non risultano. Ed ecco allora P. Bonicelli girare e rigirare il libretto e
costruire a gran fatica un indirizzo in latino, indirizzo mutilo ed oscuro nel quale
a stento si capisce che la lettera dev’essere recapitata in Francia, ai Monfortani,
e portar loro la richiesta del mittente di entrare nella famiglia religiosa del
grande Apostolo della Vergine. La Madonna si interessò certamente di quella
lettera per farla giungere a destinazione, malgrado l’enigma dell’indirizzo. E,
dopo una risposta scritta, arrivava a Lovere nientemeno che il Superiore
Generale della Compagnia di Maria, il Rev.mo P. Lhoumeau, a dire in latino, ma
un latino chiaro e cordiale, che il sac. Bonicelli veniva accettato, e con lui l’altro
indimenticabile pioniere della S.M.M. Italiana, il P. G. B. Garbottini. E a
infoltire il nucleo monfortano, ecco le prime vocazioni di Suore della Sapienza a
Lovere Suor Faustina, Madre Lucia del S. Cuore, Madre Cecilia.
P. Callisto fu il primo a partire. Molti ricordano tuttora il viaggio avventuroso di
Lui, col suo raro e incerto francese, attraverso la Francia, il Belgio, e l’Olanda, il
suo sforzo per abituarsi al clima umido e nebbioso del nord contrappuntato a
Meerssen (casa di noviziato) dal lugubre e frequente gracchiare di corvi e
cornacchie che hanno i loro nidi sugli altissimi scheletrici olmi fiancheggianti le
strade.
La professione lo legò alla Compagnia l’8 giugno del 1904. La prima ubbidienza
lo mandò a Casale Monferrato ore le Figlie della. Sapienza avevano allora il
Postulandato. Poi, dopo un anno, Roma e Roma per sempre. Nessun Monfortano
è stato romano come Lui: anni di permanenza; amore al Papa; amore ai
monumenti, alle pietre dell’Eterna Città; entusiasmo per ogni avvenimento
religioso o patriottico. Eccetto la guerra del ‘15-‘18 che gli impose una corvée
dura e umiliante, in aperto contrasto con la dignità sacerdotale, all’ospedale del
Celio: vi si assoggettò tuttavia con spirito di perfetta disciplina.
Ma il filo d’oro della vita di Lui e delle vicende che la costellarono va ricercato
nella consacrazione alla Madonna. Consacrazione che lo rese forte e lo spinse a
un ascetismo degno del Santo Fondatore : lunghe veglie davanti al Santissimo ;
riposo notturno brevissimo e preso per anni ed anni su una semplice sedia, senza
neppure toccare il letto; indifferenza assoluta al variare delle stagioni, coperto
sempre alla stessa maniera estate e inverno; assalti diurni del sonno vinti con
58
espedienti drastici consigliabili solo ad una fibra eccezionalmente robusta come
la sua.
E con un ascetismo tanto rude, una bonomia, una giovialità ricca di facezie e
inesauribilmente servizievole. Le tante generazioni di Studenti Monfortani
passate in mezzo secolo nel Collegio di Via Romagna 44 lo possono attestare.
Qualunque commissione gli venisse affidata la eseguiva senza tirarsi mai
indietro. Servizi di carità fraterna che rappresentarono solo un lavoro marginale
a quello che per quarant’anni rimase al centro della sua istancabile attività: la
versione italiana delle opere del Santo di Montfort e la redazione e
amministrazione della Rivista “Regina dei Cuori”.
Su questa attività di Padre Bonicelli le testimonianze di lode sono unanimi. Un
giorno, incontrando Monsignor Diego Venini, una delle persone più vicine al
Sommo Pontefice, cogliemmo dalle sue labbra un elogio singolare e
competente: Padre Bonicelli .scrive- molto bene e voi dovreste obbligarlo a
scrivere di più e anche a predicare.
Scrivere, sì; ma predicare non volle mai. Oltre all’impressione che gli faceva un
qualsiasi uditorio, impressione capace di paralizzargli la memoria, vi era anche
il tormento dello stile. La lima di oraziana memoria non era per Lui solo un
ricordo letterario. Rammento le ore da Lui spese a correggere e ricorreggere le
bozze; le esitazioni angosciose tra sommissione e sottomissione, tra sacrificio e
sacrifizio ecc. e nel girar, e rigirare le parole di una frase. E perché? Per una
semplice ricerca di armonia musicale. Tormenti sconosciuti alla nostra
generazione che cresce a suon di jazz e di pezzi sincopati, senza una linea
melodica.
E il suo purismo? Frasi e parole da stampare dovevano essere senza intrugli
forestieri, di pura zecca italiana e letteraria. Una domanda si cambiava in
quesito; la ricompensa si paludava di guiderdone; base, termine geometrico,
veniva ripudiato per fondamento e il verbo realizzare, avendo troppo sapore di
commercio, doveva cedere il posto ad attuare. Di qui una pulitezza e un profumo
di Ottocento in ogni prosa che rechi la firma di Padre Bonicelli. Non per fare il
letterato, ma per rispetto ai lettori e per amore alla Regina che va servita “alla
bella maniera”.
Amore, passione dominante, che permetteva al P. Gebhard l’8 giugno 1929, in
occasione delle nozze d’argento di vita religiosa del Padre, di concludere gli
auguri con le parole “L’albero cadrà un giorno dalla parte dove pende”. La
Madonna avendo così provvidenzialmente chiamato P. Bonicelli alla
Compagnia sua; avendolo da ventiquattro anni tenuto amorosamente accanto a
Sé, presso il suo Santuario in Roma, l’indicazione della Divina Provvidenza è
abbastanza chiara per giustificare l’auspicio di altri lunghissimi anni nel
medesimo apostolato santo, finché un giorno, ricolmo di meriti, abbia da cadere
sul Cuore della Regina, tanto fedelmente servita”.
Profezia facile, avveratasi puntualmente. Quando nel pomeriggio di giovedì, 20
settembre, il Padre è stato ricoverato nella Clinica della Sapienza al Corso
59
d’Italia e ha sentito dai Dottori e dalle buone Suore che il caso era disperato,
dopo aver chiesto i Sacramenti, si è fatta leggere la fòrmula della consacrazione,
accompagnandola con evidente fervore. Nei sette giorni di tormentosa agonia, a
calmarlo, più che i ritrovati della scienza valeva l’avviare il discorso sulle Opere
Monfortane d’Italia, specialmente su questa Scuola Apostolica i cui progressi lo
entusiasmavano; sulle anime senza numero avvicinate dal suo apostolato
mariano e per le quali offriva gli spasimi che lo torturavano; sui cari parenti ai
quali, pur nel riserbo e nel distacco della disciplina religiosa, voleva un bene
dell’anima la sorella Giuseppina e la sorella Suora di Maria Bambina; i cugini
Zoia; il cugino Comm. Avv. Pietro Bonicelli, Primo Presidente di Corte di
Cassazione a Roma; il nipote, Direttore Generale della Banca d’Italia, Comm.
Paride Formentini che lo visitava quotidianamente in Clinica, e il nipote Arturo
Bonicelli. Nei momenti più acuti del male trovava perfino la forza di scherzare.
- La Madonna mi sta prendendo a sberle
- Padre, ricordi la sua totale consacrazione alla Madonna!
- D’accordo; ma intanto... E stringeva la statuetta della Vergine tra le mani e
cercava con lo sguardo il Crocifisso mormorando atti di rassegnazione e di
amore. Così lo ha trovato sorella morte alle ore 20 di venerdì 28 settembre nei
primi vespri di San Michele Arcangelo, incaricato dal Signore “super omnes
animas suscìpiendas”, “il più zelante nel rendere e far rendere alla Madonna
ogni sorta di omaggi, sempre in attesa per aver l’onore di volare, ad un suo
cenno, in soccorso di qualcuno dei suoi servi”. (Tratt. n. 8) E stavolta si trattava
di un servo distinto da condurre alla celeste Signora.
Caro Padre Bonicelli, è in questa luce che amiamo contemplare il di Lei trapasso
da questa terra: portato accanto alla Regina per godere dei frutti di tanti anni di
servizio amoroso e per continuare a quanti beneficiarono dell’irradiazione
luminosa e ardente della sua dedizione a Maria un’assistenza di aiuto e di
conforto”50.
Grande impulso alla diffusione della spiritualità del Fondatore viene dal Centro
Mariano Monfortano che ha sede in Roma dal 1 gennaio 1950. Aveva mosso i
suoi primi passi il alcuni vani dell’ultimo piano di Villa S.Maria verso la fine del
1946. Il progetto di un Centro Mariano nasce nel gennaio dello stesso anno. Nel
1943, la rivista “Regina dei Cuori” aveva pubblicato il suo ultimo numero. I
Padri C. Bonicelli e Alberto Rum, gli addetti alla pubblicazione, si erano trovati
al centro del ciclone bellico e avevano dovuto sospendere il lavoro. La rivista,
organo della confraternita omonima, non era stata eccessivamente diffusa, ma
aveva avuto molti lettori che si interessavano seriamente alla pratica della Vera
Devozione. Le varie sedi della confraternita, sparse un po’ dovunque: Genova,
Torino, Piacenza, Reggio Calabria, Sicilia, ecc., erano tuttora fiorenti e il
provinciale si propose di risuscitare la pubblicazione della rivista e il movimento
mariano.
50
L’Apostolino di Maria XXI (1951) 9, 12-14
60
In data 24 gennaio 1946, scrive al P. Ronsin esponendo un suo piano.
Suggerisce l’apertura di una piccola casa a Via Romagna, sede della procura
generale e del Collegio Montfort, nel cortiletto del collegio di fronte alla casa
Passerelli. Vi si stabilirebbero tre Padri, i quali, oltre a prendere in mano la
direzione della rivista “Regina dei Cuori”, sarebbero anche cappellani del
santuario. La piccola comunità sarebbe indipendente dalla procura, pur
partecipando al vitto comune, dietro adeguata retribuzione.
In marzo giunge la risposta del P. Generale. Approva la pubblicazione di una
rivista, la quale tuttavia “…non dovrà presentarsi come la continuazione di
«Regina dei Cuori», né prendere questo titolo che noi ci riserviamo. Di più:
questa rivista non dovrà presentarsi come organo dell’Arciconfraternita di Maria
Regina dei Cuori. Approva anche la centralizzazione della propaganda mariana,
per esempio a Redona. Più tardi si potrà cercare una sede più centrale, quale
Genova o Bologna. Quanto a Roma, la casa di Via Romagna è e deve restare
internazionale. Il progettato segretariato pubblicherà la rivista, potrà aprire una
libreria, curare la predicazione nei vari centri della confraternita, provvedere alla
fondazione di nuovi gruppi, ecc. Potrà mettere in piedi, cioè, una organizzazione
simile a quelle che esistono nelle altre province51.
L’opera comincia con poco o nulla. Il P. Alberto Scotton, con i primi
collaboratori, a Redona, getta il seme d’una libreria e nel dicembre 1946 nasce
la nuova rivista “Madre e Regina”, che senza ricalcare pedissequamente la
struttura e gli orientamenti della sorella defunta, continua il dialogo con quanti
hanno conosciuto e vogliono vivere la devozione alla Madonna nello spirito del
Montfort.
Il 17 novembre 1949 il Provinciale scrive alla Casa Madre: “Qui a Redona
siamo troppo pieni. Il Centro cerca una nuova casa, e trovatala vi sarebbero
subito cinque o sei Padri pronti per occuparla”. Il 1 gennaio 1950 il Centro è
nella nuova casa di Roma, sul limitare della borgata Gordiani, in quel tempo “un
ammasso di casupole malsane”. Direttore viene confermato P. A. Scotton.
Il periodo che va dal 1947 al 1960 sembra sia stato, per la provincia italiana, il
più monfortano della sua giovane storia. Già i suoi primi religiosi, sul finire
degli anni trenta e durante la guerra, si erano sentiti pienamente missionari e
portatori della buona novella mariana del Montfort. Tale caratteristica si
accentuerà ancora a partire dall’anno della canonizzazione. Ricordiamo alcuni
particolari. Dieci Monfortani sono impegnati nella «Peregrìnatio Mariae» che,
dal maggio 1947 al giugno 1949, percorre tutto il vasto territorio della
archidiocesi milanese. Dal 1946 in poi, il Centro mariano provvede ad
organizzare e a dirigere riunioni delle confraternite di Maria Regina dei Cuori
sparse un po’ dovunque, a presiedere esercizi spirituali o incontri ispirati alla
devozione mariana, a diffondere la rivista “Madre e Regina” oltre a libri e
51
G. FRISSEN, op. cit. 44
61
opuscoli di spiritualità monfortana, a suscitare o appoggiare convegni di
notevole portata per il clero.
Nei giorni 10-12 settembre 1952 ha luogo a Verona un congresso mariano per
sacerdoti. L’idea fu del P. Buondonno, l’organizzazione del P. G. Gheno
coadiuvato dal P. G. Sandri dei Poveri Servi della Divina Provvidenza. Vi
presero la parola per meditazioni o conferenze: i vescovi di Verona, Padova,
Reggio Emilia, Vicenza, Vittorio Veneto, un vicario generale di Verona, l’abate
di Sant’Ambrogio di Milano, i Padri F. Franzi e Buondonno. Il cardinale di
Venezia, l’arcivescovo di Bologna e D. Calabria, non potendo intervenire,
inviarono la loro adesione. Il Santo Padre, con telegramma di Mons. G. Montini,
benedisse: «opportuna iniziativa del Centro Mariano Monfortano di celebrare un
Congresso mariano per sacerdoti». Si era prevista la partecipazione di un
centinaio di sacerdoti; furono invece circa 250. Il tema centrale del congresso
era: la Vergine SS. nella vita del sacerdote, alla luce anche della dottrina di
S.L.M. di Montfort.
Un altro convegno per sacerdoti, forse più importante dal punto di vista
dottrinale, ebbe luogo dal 14 al 18 settembre 1953 a Milano, su iniziativa del
Didascaleion (Istituto di studi superiori per il clero) e in collaborazione con il
nostro Centro Mariano Internazionale, il Centro italiano e l’Accademia Mariana
Internazionale. Una lettera di Pio XII ne aveva tracciato il programma. Oggetto
di studio: Maria SS. e la pastorale. Non furono trattate questioni specificamente
monfortane, ma il Trattato della Vera Devozione fu spesso citato sia in modo
esplicito che sottinteso. In un suo breve resoconto il P. G. Ghidotti osservò che
quanto ebbe modo di udire durante il convegno lo convinse che molte riserve e
prevenzioni contro la dottrina del Montfort erano caduti negli ultimi anni. Si
ricordi che, nel 1947, il card. Schuster aveva fatto un passo per ottenere da
Roma un «monito », o peggio, contro la santa schiavitù.
1954, l’Anno Mariano voluto da Papa Pio XII per tutto il mondo cattolico. Il
comitato diocesano di Modena incluse nelle celebrazioni una tre giorni mariana
per il clero dell’archidiocesi e della rispettiva provincia ecclesiastica. Al
Montfort fu riservato un posto d’onore, grazie a Mons. Paolo Carta, cappellano
dell’Accademia Militare. «Ho 46 anni - dichiarò il primo giorno in piena aula di cui 20 di sacerdozio. Ebbene, mi sembra di aver perduto metà della mia vita e
del mio sacerdozio per non aver conosciuto a tempo il Trattato della Vera
Devozione. L’ho scoperto soltanto pochi mesi fa...».
Le riunioni erano frequentate da oltre 200 sacerdoti e dai seminaristi diocesani.
La mattina del secondo giorno intervenne con due conferenze il P. Riccardo
Lombardi, del Mondo Migliore. A conclusione del convegno fu adottata
all’unanimità la proposta di un approfondimento maggiore della consacrazione
monfortana. Ebbero anche la loro parte di istruzioni nel medesimo spirito le
comunità di Religiose della città con una riunione finale di oltre 300 convenute,
come pure i dirigenti dell’Azione Cattolica.
62
Va rilevata l’importanza di queste iniziative ai fini della promozione della
spiritualità del Fondatore. Non va dimenticato il fatto che in Italia il Montfort e
il suo consistente patrimonio dottrinale e spirituale hanno avuto una forte spinta
promozionale senz’altro dalla pubblicazione delle prime edizioni italiane del
Trattato ma soprattutto dalle autorevoli dichiarazioni dei primi Convegni
Mariani Internazionali. Friburgo (1902), Roma (1904), Einsiedeln (1906).
Da ricordare quanto scriveva P. Gebhard nel primo numero della nuova rivista
“Regina dei Cuori”: «La devozione a Maria SS., secondo la dottrina del Beato
Luigi Maria di Montfort, ha raggiunto proporzioni tali in Italia che sta bene vi
abbia finalmente un organo proprio. Coloro che praticano da noi questa
devozione — e si contano a migliaia — furono obbligati fino ad oggi di ricorrere
a pubblicazioni estere per tenersi al corrente del movimento ed alimentare la
vivissima loro pietà verso Maria SS. Ciò che in Francia, in Spagna, in Germania,
in Olanda fu intrapreso con esito felice, ciò che in Inghilterra si tenterà domani,
noi ci siamo decisi di voler fare per l’Italia, fondando senza ulteriori dilazioni la
presente rivista. Tant’è dal momento che la devozione alla Madonna del Beato
di Montfort s’impernia nella Confraternita di Maria Regina dei Cuori e che
questa Confraternita ha il suo centro in Roma, dove Pio X volle erigerla in
Arciconfraternita nel grazioso santuario elevato alla Regina dei Cuori,
solennemente consacrato l’anno scorso, è giusto che pur l’Italia abbia ormai una
rivista sua propria, una rivista che all’occorrenza possa dare tono alle altre”52.
L’importanza della nuova rivista per il futuro dell’associazionismo monfortano
fu subito evidente. Dal 1914 al 1943 svolse un ruolo determinante sia come
organo di collegamento dei vari centri, sia come strumento di formazione e
informazione. Molto apprezzato il commento al «Trattato» del P. Gebhard; una
vera fonte di notizie la «cronaca» curata da P. Callisto Bonicelli. Gli elogi per la
nuova rivista non tardarono ad arrivare. Uno per tutti, quello del card.
Vannutelli, in una lettera a P. Gebhard:
“Mi rallegro sinceramente con lei per il primo numero del periodico mensile
“Regina dei Cuori”. L'ho letto con molto piacere e vi ho trovato molto
felicemente attuata l’idea ch’ella mi sottopose alcuni mesi fa. E’ davvero grande
la gioia che provo nel vedere i bravi figli del Beato Luigi M. di Montfort, in
Italia come dappertutto, adoperarsi con tanto zelo per il pieno successo della
nuova rivista la quale si propone tanto opportunamente d’illustrare l’aureo
“Trattato della vera devozione a Maria SS.”. Il primo numero promette molto e
ci lascia sperare che essa sarà un organo veramente ideale della Santa Schiavitù
di Gesù in Maria, secondo il metodo del Montfort”.
La nuova rivista “Regina dei Cuori”, nelle intenzioni dei fondatori, doveva avere
gli stessi obiettivi che P. Gebhard aveva dato a “Regina dei Cuori”: dialogare
con tutti coloro che hanno conosciuto e vogliono continuare a vivere la vera
devozione nello spirito del Montfort. P. L. Saccheri, verso la fine degli anni ’50,
52
RdC I (1914) 1,1 ss
63
volendo tracciare un quadro aggiornato del movimento monfortano in Italia, non
potrà fare a meno di costatare la sua rilevante consistenza quantitativa e
qualificativa.
L’importanza della componente mariana del carisma monfortano viene ribadita
dallo stesso Pio XII ai capitolari del 1958: “Occupate un posto speciale nella
Chiesa, in virtù del carisma che la grazia ha donato al vostro Padre in Dio. I
missionari della Compagnia di Maria sono chiamati da oltre due secoli a
condurre le anime a Nostro Signore per mezzo della SS. Vergine, nello spirito
della particolare devozione che il vostro Fondatore possedeva in forma egregia e
che ha espresso nei suoi scritti e nei suoi metodi pastorali”53.
All’inizio del 1959, prima della pubblicazione del decreto di erezione della
Provincia, questo lo stato della presenza monfortana in Italia Le residenze:
Redona (1959), Loreto (1933), Treviglio (1940), Reggio Calabria (1940),
Castiglione Torinese (1947), Arona (1950), Roma (1952), Santeramo (1955),
Ginosa (1956), Napoli (1957). Personale: 87 padri, 24 fratelli, 40 studenti
professi, ossia un totale di 151 religiosi, così distribuiti: 5 padri sono missionari
in Malawi, 6 padri e un fratello nel Madagascar, 2 padri e 1 fratello lavorano
negli Stati Uniti.
15.
Decreto di erezione della Provincia
Inizialmente i monfortani italiani erano parte della Provincia monfortana di
Francia. Il Capitolo generale del 1931 creò poi il Vicariato d’Italia. Nel 1949 si
giunse alla Vice Provincia. Il Decreto con il quale il Superiore generale P.
Cornelio M. Heiligers eresse la comunità monfortana italiana in Provincia porta
la data del 16 settembre 1960. Il documento ufficiale era accompagnato da una
lettera dello stesso Generale a P. P. Buondonno. In essa si diceva: “La nuova
condizione di provincia comporta anche una nuova direzione provinciale. Per
tale ragione, il Consiglio generale ha dovuto procedere alla nomina del superiore
provinciale e del suo consiglio, prima che sia scaduto il secondo sessennio
dell’ufficio ricoperto finora da Lei”. Il 24 settembre successivo, il Vicario
generale comunicava alla provincia i nominativi dei componenti il nuovo
Consiglio provinciale. Erano stati nominati: Superiore generale P. Patrizio
Zuliani; consiglieri, i Padri Umberto Corna, Salvatore Gargiulo, Giuseppe
Ghidotti, Agostino Cargnin.
La nuova Provincia ha una struttura solida. Sul fronte della case di formazione
oltre alla realtà in continua evoluzione di Redona, c’è la novità di Reggio
Calabria e i progetti di una nuova scuola apostolica ad Arbizzano di Valpolicella
e del nuovo Scolasticato di Roma. Purtroppo il prezzo da pagare per la
costruzione dello Studentato di Via Prenestina è molto alto. Servono urgenti
53
G. FRISSEN, op. cit. 58
64
risorse economiche. Si decide la vendita delle case di Loreto e di Castiglione
Torinese. La partenza sofferta da Loreto non è del tutto compensata dalla gioia
di un ritorno a Roma, dove lo Scolasticato italiano aveva mosso i suoi primi
passi nella residenza sul Gianicolo.
Sul fronte delle missioni estere si susseguono con regolare scadenza le partenze
per l’Africa54. C’è anche la novità di un nuovo impegno missionario in America
Latina. Si sceglie il Perù (1962). Motivazioni e prime impressioni le riferisce P.
Pasquale Buondonno che l’obbedienza ha chiamato a fondare a Lima una nuova
missione monfortana italiana.
“I Monfortani hanno accolto con lo spirito del loro Fondatore san Luigi Maria di
Montfort, l’appello del Papa. Dovremo parlare più in là della tragica situazione
dell’America Latina, specie sotto l’angolo della vita cattolica. Basti dire che ora,
mentre in Italia si dispone di un sacerdote ogni 800 anime, nel Sud America si
può contare solo su di un sacerdote ogni 6.000 anime. E mentre in generale in
Italia la gente è raccolta in paesi bene uniti, lì, spesso la gente è dispersa su
territori vastissimi e senza vie di comunicazione...
Più e meglio del grande navigatore ci sentiamo Cristofori, portatori di Cristo,
mettendoci sulla rotta che egli percorse per primo. Qualche differenza tra noi e
Colombo c’è. Il grande genovese si spingeva verso l’ignoto; noi invece
sappiamo di preciso dove andiamo...
Terra! Terra! Dopo otto giorno di completa solitudine, senza incontrare una
nave, senza vedere un aereo, intravediamo sul pelo d’acqua l’isola di Santa
Lucia, la prima terra del nostro Nuovo Mondo. Sarà di buon augurio il fatto che
porta il nome della grande Santa siciliana..
Dopo 25 giorni di mare si arriva a Callao, il più grande porto del Pacifico. E’ la
stazione marittima di Lima. Sullo sfondo la Cordigliera delle Ande, arida e
brulla nei suoi primi contrafforti. Ci affrettiamo a lasciare l’Oceano: i due
confratelli che ci sono venuti incontro, dopo averci preceduti per via aerea, sono
impazienti di condurci alla casetta che porta il titolo augurale e programmatico
della Visitazione.
Il nostro compito missionario è tutto nel secondo mistero gaudioso: visitare la
gente di questo paese andino per portare loro la grazia che Maria portò a Santa
Elisabetta sulle montagne di Giuda”.
Partono anche le trattative per una missione tutta italiana. Madagascar o
Malawi? La scelta cadrà sul Malawi. P. Alessandro Assolari è nominato Prefetto
Apostolico. Il suo stato d’animo e i suoi orientamenti in una lettera che scrive
quasi subito agli amici: “Carissimi, deve essere stata una sorpresa per tutti voi,
come lo è stata per me, quanto è avvenuto nei giorni scorsi: in modo del tutto
inatteso mi è giunta la nomina a Prefetto Apostolico di Fort-Johnston. Benché
qualcosa girasse per l’aria, personalmente non avevo pensato in modo serio. E
sono stato colto di sorpresa quando mi è stato dato questo annuncio.
54
Notizie in MOnfortani Italiani in missione, a cura di Santino Epis. I (1936-1961); II (1062-1972), III (19721980)
65
Tanti sentimenti mi hanno invaso in quel momento, anche se ho cercato di
conservare semplicità, calma e sangue freddo. So e mi sono convinto che fosse
questa la volontà di Dio. E cosi ho accettato il compito che mi è stato affidato. Il
Signore s’è voluto divertire sorvolando sulla mia indegnità e sulla mia pochezza:
per me questo è motivo di grande fiducia, perché sono sicuro che se così ha
disposto e permesso, vuol dire che è anche pronto ad assistermi con la sua grazia
e i suoi aiuti.
Ho pensato a voi che mi siete sempre stati vicini con la simpatia, con l’affetto e
una carità sincera. Oso sperare che voi vogliate continuare ad essermi vicini con
gli stessi sentimenti, perché per me non si tratta di iniziare una nuova vita, ma
continuare lo stesso lavoro missionario per il quale vi ho lasciati e per il quale
voi mi siete sempre stati vicini. Non crediate che, per il fatto capitatomi io ora
diventi una persona lontana e difficile: chiedo al Signore che io possa conservare
gli stessi sentimenti di semplicità, di amicizia profonda e tenace di cui mi sapete
capace. Continuerò a rimanere per ognuno di voi lo stesso Padre Alessandro,
così come mi avete conosciuto di persona o attraverso le pagine della rivista
“L'Apostolo di Maria”. Questo bollettino continuerà a portarvi le notizie mie e
della mia missione che ora diventa molto più estesa perché comprende le otto
missioni che assieme formano la nuova Prefettura di Fort-Johnston.
Personalmente sarò molto felice se potrò mantenere con voi quella
corrispondenza che ho avuto per il passato. Ultimamente forse vi ho un po’
trascurato, perché il lavoro era tanto e non sapevo più da che parte voltarmi.
Ricordatevi che quando tardo a scrivervi, di solito, vi sono molto vicino con il
pensiero e con la preghiera.
In questo momento mi sento ancora mezzo stordito e molto probabilmente sono
proprio poco solenne per essere un neo monsignore: buon per me che sono in
Africa! Mi sembra tutto così strano. E a chi mi chiama monsignore mi verrebbe
la voglia di tirargli una pacca... Spero che non ne approfittiate a prendermi in
giro! Passato questo primo momento di confusione penso di poter riprendere il
mio lavoro epistolare e rispondere a tutte le lettere che ora sono sul mio tavolo
senza una risposta.
Ho già celebrato più Sante Messe per voi: vi assicuro che continuerò a farlo
anche in seguito. Ad ognuno chiedo un ricordo particolare nelle vostre
preghiere. A chi ha bambini chiedo la grazia della loro innocente preghiera, a
chi è nel dolore chiedo l’offerta di un sacrificio, a chi lavora chiedo l’offerta
d’un momento della loro fatica perché io possa restare fedele, semplice e buono,
perché possa salvarmi l’anima e fare quel tanto per aiutare tanti altri a salvare la
loro.
Ringraziandovi per la vostra bontà, per la vostra amicizia e per tutto il bene che
mi volete e mi avete fatto, vi assicuro che continuerò a contare su ognuno di
voi”.
Mons. Alessandro Assolari è il primo vescovo monfortano italiano. A servizio
della sua diocesi arriveranno molto presto dall’Italia nuovi giovani missionari.
66
Gli anni ’60 registrano un ottimo lavoro dei missionari monfortani italiani
impegnati nelle missioni del Madagascar. E’ soprattutto P. Carlo Berton ad
aggiornare i confratelli in Italia sull’attività missionaria dei padri impegnati nella
grande isola rossa. A differenza dei suoi confratelli impegnati nei villaggi, lui
lavora in città. Tornando in missione dopo una breve sosta in Italia scrive:
“Invece di una nave passeggeri ho preso un mercantile: costa meno e vi è il
pregio di avere la compagnia degli uomini e ...degli animali. L’ultima volta,
ritornando dal Madagascar c’erano sulla coperta della nave 400 zebù diretti in
Egitto: pareva d’essere sull’Arca di Noè. Nel momento di ripartire per la mia
isola di adozione mi sento molto contento: solo atteso laggiù! Negli ultimi due
mesi ho ricevuto parecchie lettere di cristiani malgasci... A fine ottobre mi sono
incontrato con il Vescovo di Tamatave: Mons. Puset. Mi disse: “Ho bisogno di
te per la Parrocchia del Sacro Cuore, la parrocchia della periferia del porto di
Tamatave. C’è tanto lavoro che ti aspetta. Vi è tanta povera gente ed i quartieri
si riempiono di gente proveniente dai quattro angoli dell’isola. Gente in cerca di
lavoro, di una posizione. Ti occuperai specialmente dei giovani e delle giovani
operaie, anche di quelli disoccupati: sono i più...”.
Mentre il Vescovo mi parlava, progetti ed iniziative varie mi si accavallavano in
testa: corso di cucito e taglio, scuola serale per adulti, corso di stenodattilografia,
formazione di militanti dell’Azione Cattolica che siano testimoni del Cristo
Operaio tra i poveri del quartiere. Lavoro di penetrazione per dare a tutti la
speranza della vita e la dignità di figli di Dio. Ecco quello che mi attende.
Lavoro grande e delicato, poiché il nemico della verità è già al lavoro”.
Nel 1961 viene deciso anche un coinvolgimento della Provincia nel progetto di
fondazione di Panaya Kapuli: custodia e servizio del santuario, presunta dimora
e luogo della morte della Madonna. In occasione di una visita del P. Buondonno
alle signore Topuz, benefattrici della scuola di Redona, l’arcivescovo di Smirne,
Monsignor G. Descuffi, si adoperò per convincere i Monfortani ad accettare la
custodia e il servizio del santuario di Panaya Kapuli, la presunta dimora e luogo
della morte della Madonna, nei pressi di Efeso. Il tentativo sul momento (1955)
non approdò. L’idea comunque non fu accantonata del tutto e ripresa verso la
fine del 1961. Quattro provincie offrirono i loro servizi. A rappresentare la
Provincia italiana fu chiamato P. G. Rum. Quando l’avvenire si annunciava
promettente, nacquero infelicemente delle difficoltà con l’amministrazione non
turca ma cattolica del complesso di Panaya. Coloro che avevano caldeggiato
l’arrivo dei Padri, i «procuratori» dell’Opera presso il governo turco, furono i
responsabili della loro partenza, nel 1966. Il P. G. Rum fu l’ultimo, in
compagnia di un Fratello, a lasciare il posto55.
55
G. FRISSEN, op. cit. 64
67
16.
Rivisitando la nostra storia prima del 1960
Volendo tracciare delle coordinate dell’opera svolta dai Monfortani in Italia,
dagli inizi fino agli anni ’60, P. A. Rum parla di uno sviluppo a ritmo binario:
mariano e missionario. Fa tuttavia delle precisazioni: “1) tale ritmo è
convergente, nel senso che l’aspetto missionario e quello mariano del nostro
carisma non si escludono a vicenda, ma si richiamano e si integrano l’un l’altro
come due vasi comunicanti; 2) tal ritmo ebbe i suoi momenti felici di
accelerazione e di armonia, ma conobbe anche tempi di decelerazione, di
aritmia, di incertezze; 3) tale ritmo va oggi riconquistando, nel cuore della
Provincia, la sua cadenza regolare e vitale56.
Volendo precisare ulteriormente la sua valutazione circa il nucleo
prevalentemente mariano del carisma monfortano, P. A. Rum scrive: “Esso
raccoglie intorno a sé un’altra buona fetta della storia monfortana d’Italia.
Vorrei anzitutto notare come l’ispirazione mariana dell’Istituto si trovi non di
rado all’origine stessa delle opere missionarie affidate ai Padri monfortani.
Faccio l’esempio di Treviglio e di Reggio Calabria.
Nel 1936, una delle consacrate di Treviglio, la sig.ra Asti Guida, viene a sapere
dalla rivista “Regina dei cuori” che a Bergamo vi sono dei Padri monfortani. Va,
con altre persone, a trovarli. Incontrano il p. Superiore di Redona. Rimangono
talmente entusiaste della Vera Devozione a Maria che di ritorno ne parlano con
Don Carlo Paracchini, canonico della Collegiata. Anche questi va a Bergamo,
vede il p. Provinciale e il Superiore della Scuola Apostolica, e rimane
conquistato dalla spiritualità monfortana. Seguono ritiri annuali per le
consacrate, dettati successivamente dai PP. Garbottini, Germini, Mengoli,
Saccheri, Ghidotti. Infine, quaresima 1939. P. E. Germini, Vicario Provinciale,
predica nella parrocchia di Treviglio. Mons. Egidio Bignamini, prevosto, gli
offre una casa monfortana. L’offerta viene accettata.
Lo stessa accade poco dopo a Reggio Calabria. “L’allora P. Provinciale della
Provincia italiana era sceso in quella città per predicare il mese mariano nella
cattedrale, invitato da s. Ecc. Mons. Enrico Montalbetti, arcivescovo, amico di
Mons. Egidio Bignamini di Treviglio. Per un intero mese la parola del padre
monfortano - prima a farsi sentire in questa città dopo il Rev.mo P. Uberto M.
Gebhard - era stata ascoltata con crescente entusiasmo e simpatia dal popolo e
dal Clero. Mons. Montalbetti aveva manifestato il desiderio d’avere nella sua
Archidiocesi una comunità monfortana. Il P. Provinciale prima di congedarsi da
Sua Ecc. aveva promesso che un giorno avrebbe inviato i suoi Padri, qualora ce
ne fosse data l’opportunità. E l’occasione ben presto venne.
E’ noto come sul tronco della spiritualità mariana coltivato dai Padri monfortani
del SS. Rosario, a Reggio Calabria, siano fioriti e cresciuti due rami ancora
56
A. RUM, op. cit. 22-23
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promettenti di vita: voglio dire le Missionarie di Maria Regina dei cuori e la
«Casa della Madonna»57.
Quanto all’opera delle Missionarie di Maria rimando al volumetto «Un pizzico
di lievito» pubblicato nel 1974, a ricordo del ventesimo anno della loro prima
approvazione canonica. Vi si dice precisamente che nel sorgere delle
Missionarie di Maria non poco merito va attribuito al lavoro apostolico svolto
dai Padri monfortani a Reggio Calabria, nella Chiesa del SS. Rosario. Quanto
alla “Casa della Madonna”, chi ne vide personalmente nascere racconta che, a
Reggio C, lo spirito monfortano era così profondamente penetrato negli animi
che ben presto si avvertì la necessità di una scuola apostolica per la formazione
di futuri monfortani calabresi. Di qui la costituzione di un comitato laico, che
molto si adoperò perché il progetto giungesse in porto.
Altri brevi accenni mariani. Dopo il santuario di Tresivio, nel 1955 ci venne
offerto quello della Caravina, antico luogo di pellegrinaggi nella Archidiocesi di
Milano. «Sono contento di offrirlo ai monfortani», ebbe a dirmi il Card.
Montini, durante una delle sue visite pastorali nel Varesotto. Dopo la Caravina,
vi fu l'esperimento, ad tempus, del Santuario di S. Maria di Leuca e il tentato
approccio per un lavoro missionario presso il santuario di S. Maria Navarrese, in
quel di Lotzorai.
La componente missionaria del carisma monfortano è stata altrettanto
determinante nello sviluppo della storia della Provincia italiana. Un po’ meno
agli inizi, ma poi via via sempre più in maniera decisiva. Contagioso il
passaggio di alcuni missionari nelle comunità di Redona e Loreto. A partire
dagli anni ’50 contagiosa è stata anche la fitta corrispondenza dei missionari
impegnati in missione.
In conclusione si può affermare che la componete mariana del carisma
monfortano espressa nelle varie forme di ministero delle comunità in Italia,
comprese le missioni al popolo, e la componente missionaria espressa
dall’attività nei territori di missione di molti padri, hanno di fatto connotato la
storia dei monfortani italiani nel periodo da noi preso in esame. L’hanno
arricchita di eventi straordinari per quantità e qualità, tutti ugualmente degni di
essere ricordati. Le cronache e i ricordi che di proposito abbiamo lasciato nella
loro stesura originale, parlano di personaggi dotati di una grande carisma,
universalmente riconosciuto: p. Gebhard in particolare, ma anche p. Garbottini,
p. Bonicelli, e molti altri. Questi testi, affidati quasi sempre alla preziosa cronaca
delle singole comunità, dicono soprattutto la grande passione per il tesoro di
famiglia, per qual patrimonio di dottrina e di spiritualità che il Fondatore ha
lasciato come eredità alla Congregazione. Giustamente Papa Pio XII ha
ricordato ai Monfortani che questo patrimonio appartiene alla Chiesa e che i
Monfortani hanno l’obbligo di farne una regola di vita e di proporlo ai fedeli
come autentico cammino di vita cristiana ed efficace metodo di
57
A.RUM, op, cit. 23
69
evangelizzazione. Montfort maestro e testimone di spiritualità e di azione
pastorale. Sarà Giovanni Paolo II a dichiararlo pubblicamente avvalorando la
sua dichiarazione con l’autorità del suo magistero petrino. I monfortani, e non
solo loro, ne erano già convinti avendo sperimentato concretamente l’efficacia
straordinaria degli insegnamenti del Montfort nella direzione delle anime ma
anche e soprattutto nelle varie forme di azione pastorale messe in campo nei
progetti delle singole province, compresa quella italiana.
In un tempo come il nostro, che guarda al futuro con qualche apprensione, forse
vale la pena di fare una riflessione, guardando a quanto è accaduto nel passato. Il
Montfort, che è arrivato in Italia prima dei monfortani, in virtù della sua
prerogativa di “testimone e maestro” resterà in Italia anche dopo i monfortani.
La sua storia è ormai inserita nella storia stessa della Chiesa. La nostra storia, a
breve o a lungo termine, è destinata a finire. Quella del Fondatore no. Tuttavia
anche attraverso il frammento della nostra storia di Provincia Dio avrà compiuto
“grandi cose” da valutare nel quadro generale della sua misteriosa regia sul
tempo che scorre verso una “pienezza”, e cioè verso la realizzazione del suo
Regno. La nostra missione attuale nella Chiesa va in questa direzione, riceve
cioè la sua qualifica da questa prospettiva. A noi, attuali ministri di questa
missione monfortana, si chiede fedeltà e coraggio.
Note di Santino Epis
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MISSIONARI MONFORTANI ITALIANI A servizio della Chiesa per la