Dott. Domenico Venere Medico Chirurgo Specialista in Ostetricia e Ginecologia Specialista in Igiene e Medicina Preventiva Specialista in Medicina Legale Dirigente Medico Responsabile Servizio Igiene e Sanità Pubblica – Medicina Legale Unità Operativa Ginosa – Castellaneta C.T.U. del Tribunale di Taranto Via San Martino, 3/b – 74011 Castellaneta (TA) Parere Medico Legale Su richiesta di parte, io sottoscritto, dott. Domenico Venere, specialista in medicina legale, dirigente medico responsabile del Servizio Igiene e Sanità Pubblica – Medicina Legale, Unità Operativa Ginosa – Castellaneta, ho sottoposto a visita medica il sig. XX Preliminarmente ho preso visione della documentazione medica. (…omissis…) Sulla scorta della documentazione offertaci in visione, di quanto riferito in anamnesi e delle risultanze del nostro esame clinico, può affermarsi che il sig. XX è attualmente affetto da cardiopatia ischemico-ipertensiva cronica, classe Ia-IIa NYHA, in buon compenso clinico ed emodinamico dal 2008, con assenza di segni clinico-strumentali di instabilità e con funzione sistolica conservata (FE 60%), in portatore di ICD bicamerale in prevenzione secondaria. B.P.C.O. in obeso. Per l’accertamento dell’idoneità psicofisica alla guida per le patologie cardiovascolari si fa riferimento al D.P.R. 495/92 che all’articolo 320, appendice II, recita: «La patente di guida non deve essere rilasciata né confermata ai candidati o conducenti colpiti da un'affezione cardiovascolare ritenuta incompatibile con la sicurezza della guida. Nei casi dubbi, ovvero quando trattasi di affezioni cardiovascolari corrette da apposite protesi, il giudizio di idoneità verrà espresso dalla commissione medica locale che può avvalersi della consulenza di uno specialista appartenente alle strutture pubbliche La commissione medica locale terrà nel debito conto i rischi o pericoli addizionali connessi con la guida di veicoli conducibili con le patenti delle categorie C, D, E». La legge lascia lo spazio a interpretazioni diverse in base alla sensibilità ed alla cultura personale di ciascun Presidente delle varie Commissioni e non esistono, come per il diabete e l’epilessia, delle indicazioni precise del legislatore, ma è riportato solamente un generico richiamo alla sicurezza nella guida: non ci sono linee guida, non ci sono indicazioni, su come valutare i pazienti con malattia cardiovascolare. Sono stati tentati alcuni percorsi di omogeneizzazione delle decisioni sul rilascio della patente di guida ai pazienti cardiopatici, ma sempre con estrema difficoltà. La Legge n 120 del 29 luglio 2010 ha previsto il seguente comma «Con decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, di concerto con il Ministero della Salute, da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente Legge, sono stabilite Linee Guida per assicurare criteri di valutazione uniformi sul territorio nazionale alle quali si devono attenere le commissioni»: tale normativa non è stata ancora recepita. Nell’anno di pubblicazione del Decreto 452/92 iniziava appena a diffondersi nella pratica clinica l’impianto di defibrillatori automatici (AICD). Negli ultimi anni si è assistito ad un notevole aumento del numero di impianti di defibrillatori automatici, soprattutto in prevenzione primaria. L’aumento del numero di impianti ha avuto conseguenze importanti sia sul piano pratico che medico legale poiché, accanto agli indubbi benefici clinici, sono sorte problematiche di gestione nel follow up e tra queste l’idoneità alla guida di autoveicoli. La problematica è complessa in quanto le indicazioni all’impianto di AICD si possono avere sia in pazienti che hanno un cuore meccanicamente normale e sia in pazienti che presentino insufficienza cardiaca. L’indicazione di gran lunga più frequente all’impianto di AICD è comunque costituita dalla presenza di una insufficienza cardiaca, secondaria a cardiopatia ischemica o cardiomiopatia dilatativa o cardiopatia valvolare, con disfunzione ventricolare sinistra. Il portatore di AICD, così come il paziente con sincope cardiogena o neurologica, ha un più elevato rischio di improvvisa “inabilità temporanea alla guida” che può causare incidenti stradali anche gravi. Allo stato attuale, per il portatore di AICD ottenere l’idoneità alla guida è molto difficile, quali che siano il suo stato clinico e le indicazioni all’impianto. Una lettura restrittiva della norma di fatto estromette qualsiasi evidenza scientifica e annulla il ruolo “tecnico” del cardiologo, peraltro previsto dalla norma: la definizione dell’idoneità alla guida deve invece tener conto della situazione funzionale del soggetto. Se oggi si pone il problema degli AICD un domani potrebbe porsi il problema dell’idoneità alla guida nei pazienti portatori di stimolatore biventricolare oppure di un qualsiasi paziente che abbia subito un ricovero per sincope. D’altro lato non è concepibile, né attuabile, che per ogni aspetto di ciascuna patologia e per ogni nuovo device, vi sia una normativa scritta e continuamente aggiornata. Nell’assenza di un chiaro riferimento di legge, le Commissioni Mediche Locali si sono date proprie direttive ed un problema ulteriore è costituito dal fatto che esiste una variabilità di condotta tra le diverse Commissioni Mediche, che produce una sorta di “migrazione” di molti pazienti di provincia in provincia o di regione in regione, all’inseguimento della possibilità di ottenere il rilascio della patente di guida. Tutta questa complessità costituisce per i pazienti, e per chi li segue, un vero, reale problema. Per la valutazione dell’idoneità alla guida la maggior parte delle Commissioni Mediche, in genere, richiede che il paziente produca la seguente documentazione: • visita cardiologica con valutazione dello stato di compenso • ecocardiogramma con misurazione della frazione di eiezione (FE) • attestazione del buon funzionamento dell’AICD e dell’assenza di interventi negli ultimi sei mesi L’ecocardiografia, infatti, per le sue caratteristiche, è in grado di fornire in maniera non invasiva, a basso costo e in maniera ripetibile, informazioni fondamentali e spesso dirimenti in merito al rimodellamento ventricolare ed alla funzione meccanica, che rappresenta uno dei tre determinanti della efficienza cardiaca. Indubbiamente una fondamentale e semplice informazione che l’ecocardiografia è in grado di dare è quella che riguarda la funzione sistolica del ventricolo sinistro espressa dalla frazione di eiezione, che viene a rappresentare uno dei principali parametri di funzione meccanica di pompa cardiaca, il cui valore progressivamente decrescente dovrebbe configurare una compromissione via via crescente della funzione cardiaca e pertanto rappresentare un parametro di gravità del danno cardiaco di tipo meccanico. Sull’immagine ecocardiografica, in approccio apicale, si misura il volume telediastolico (il volume massimo che il ventricolo raggiunge alla fine del riempimento) ed il volume telesistolico (ovvero il volume minimo che il ventricolo raggiunge alla fine della contrazione). La differenza tra il volume massimo ed il volume minimo dà la gittata sistolica, che è la quantità di sangue che il cuore espelle ad ogni contrazione. La frazione di eiezione, espressa come percentuale, viene calcolata dividendo la gittata sistolica per il volume massimo del ventricolo e rappresenta la quota percentuale del volume di sangue accolto dal ventricolo (destro o sinistro che sia) in diastole che viene espulsa in sistole. Il riferimento è in genere fatto al ventricolo sinistro, anche perché il volume diastolico e sistolico vengono assai più agevolmente misurati a sinistra che non a destra. La frazione di eiezione è il parametro più utile per la stima della funzione ventricolare sinistra, perché meglio correlato con lo stato clinico del paziente, sensibile alle variazioni della frequenza cardiaca, del pre e del post-carico e della contrattilità miocardica. Ha un sicuro significato prognostico per il rischio di morte improvvisa, tanto da rappresentare attualmente il criterio principale per raccomandare il posizionamento di un defibrillatore. Le indicazioni delle Linee Guida suggeriscono, come indicazione in Classe I A, l’impianto di AICD in prevenzione primaria in tutti i pazienti con cardiomiopatia di origine ischemica o non ischemica in classe NYHA II e III con FE <35% e aspettativa di vita maggiore di un anno (ESC 2008). E’ un parametro prognostico molto importante nei cardiopatici, per cui potrebbe sembrare logico utilizzarla per identificare i pazienti che sono a rischio di presentare un’aritmia pericolosa per la vita ed essere causa di incidente stradale anche perché costituisce criterio per decidere l’impianto di AICD in un paziente in prevenzione primaria, cioè nel paziente che non abbia mai avuto aritmie pericolose, ma che sulla base della frazione di eiezione viene valutato essere soggetto a rischio. Per questi pazienti molte Commissioni Mediche Locali subordinano il rinnovo della patente al grado di disfunzione ventricolare valutato all’ecocardiogramma, stimato dalla frazione di eiezione, che viene richiesto essere superiore al 30%, indipendentemente dal quadro clinico. Deve però essere sottolineato che non esiste alcuna norma di Legge che utilizza la FE come criterio di valutazione per l’idoneità alla guida: è una misura che non compare in nessuna linea guida scientifica sul rilascio della patente ai pazienti cardiopatici. Una FE pari al 30%, che è il valore preso come soglia per il rilascio, costituisce di fatto allo stato attuale della conoscenza il criterio per l’indicazione all’impianto di AICD. Non esiste inoltre una relazione tra la FE ed il rischio di interventi dell’AICD, per cui le Linee Guida del mondo scientifico non la considerano un parametro da utilizzare per definire il rischio di aritmie che portino ad intervento dell’AICD e, quindi, all’idoneità alla guida. E’ solo per la guida professionale che l’European Society of Cardiology e la Canadian Cardiovascular Society prevedono la valutazione della FE, insieme ai sintomi, come criterio per il rilascio della patente; non ne è prescritta la valutazione per la guida a fini privati. In assenza di un chiaro riferimento di Legge le società scientifiche si sono poste il problema di definire i criteri che consentano di autorizzare la guida a fini privati per un paziente portatore di AICD in condizioni di sicurezza, sia per il paziente stesso che per la collettività. Le linee guida sono dei documenti, emessi di solito da importanti società scientifiche, che analizzano tutti gli studi esistenti su un argomento e ne elaborano le conclusioni in raccomandazioni, proposte poi alla comunità medica. In tutte le linee guida e Consensus Conference che stimano in generale il rischio derivante dalla guida di autoveicoli si fa una distinzione tra la guida per uso personale e la guida per scopi lavorativi (private and professional drivers). Una Consensus Conference Canadese (Consensus Conference Society Assessment of the cardiac patient for fitnes to drive. Can J Cardiol 1992; 8:406-411) ha suggerito che il rischio è direttamente proporzionale al tempo di guida annuale (anche espresso in chilometri), al tipo di veicolo guidato, al rischio di morte improvvisa o di incapacità temporanea alla guida e alla probabilità che tale evento risulti in un evento fatale. Tale rischio è stato stimato nella seguente formula matematica RH = TD x V x SCI x Ac dove RH è il rischio annuale di incidente, TD è il tempo che il paziente spende al volante o i Km percorsi all’anno, V è una costante basata sul tipo di veicolo guidato (è chiaro che la perdita di controllo di un autotreno o di un autobus provoca danni più devastanti della perdita di controllo di un veicolo privato), SCI è il rischio annuale di morte improvvisa o “inabilità temporanea alla guida” e Ac è la probabilità che un incidente risulti fatale. La Società Europea di Cardiologia ha emanato un rapporto sulle implicazioni legali delle linee guida in medicina (Schwartz PJ, Breithardt G, Howard AJ, et al. The legal implications of medical guidelines – a Task Force of the European Society of Cardiology. Eur Heart J 1999; 20:1152-1157) che sebbene non possano (e non debbano) considerarsi totalmente vincolanti, sono un costante e importante riferimento, in tutta Europa, per ogni aspetto medico-legale della pratica medica. Negli anni 1996 – 1998 sono state pubblicate Linee Guida congiunte da American Heart Association e Naspe (Epstein AE, Miles WM, Benditt DG, et al. Personal and public safety issues related to arrhythmias that may affect consciousness: implications for regulation and physician recommendations. A medical/scientific statement from the American Heart Association and the North American Society of Pacing and Electrophysiology. Circulation 1996; 94(5):1147-1166) e successivamente dall’European Heart Association (Jung W, Anderson M, Camm AJ, et al. Recommendations for driving of patients with implantable cardioverter defibrillators. Study Group on ‘AICD and Driving’ of the Working Groups on Cardiac Pacing and Arrhythmias of the European Society of Cardiology. Eur Heart J 1997; 18(8):1210-1219; Petch MC. Driving and heart disease. Eur Heart J 1998; 19:1165-1177), più restrittive, rivolte sostanzialmente a pazienti in prevenzione secondaria. Queste Linee Guida prevedono la non idoneità alla guida per i veicoli commerciali (le nostre patenti C, D, E) e l’astensione dalla guida per sei mesi dopo l’impianto di un AICD per quanto riguarda la guida di auto private (patente B) in caso di non intervento del device; in caso di intervento dell’AICD il periodo di osservazione deve essere protratto per ulteriori sei mesi. Questo intervallo è ritenuto sufficiente per valutare la frequenza e le caratteristiche degli eventi. L’inidoneità alla guida diventava permanente in caso di frequenti interventi dell’AICD accompagnati da sintomi invalidanti. Tali indicazioni derivano da numerosi studi (Kou WH, Calkins H, Lewis RR, et al. Incidence of loss of consciousness during automatic implantable cardioverter-defibrillator shocks. Ann Intern Med 1991; 115(12):942-945; Jung W, Luderitz B. Driving and the implantable cardioverter defibrillator. Study Group on AICD and Driving. Lancet 1996; 348(9028):687688) che hanno evidenziato la scarsissima percentuale di incidenti automobilistici nei pazienti portatori di AICD, in molti casi inferiore a quella della popolazione normale. Questo dato ha avuto successive ulteriori conferme (Freedberg NA, Hill JN, Fogel RI,Prystowsky EN. Recurrence of symptomatic ventricular arrhythmias in patients with implantable cardioverter defibrillator after the first device therapy: implications for antiarrhythmic therapy and driving restrictions. CARE Group. J Am Coll Cardiol 2001; 37(7):1910-1915; Bansch D, Brunn J, Castrucci M, et al. Syncope in patients with an implantable cardioverterdefibrillator: incidence, prediction and implications for driving restrictions. J Am Coll Cardiol 1998; 31(3):608-615) ed è stato ribadito dai risultati di un’analisi sui pazienti dello studio AVID (Akiyama T, Powell JL, Mitchell LB, et al. Resumption of driving after life-threatening ventricular tachyarrhythmia. N Engl J Med 2001; 345(6):391-397). Il dato è ancora più rilevante, in quanto in questo studio i pazienti portavano l’AICD per prevenzione secondaria (ovvero dopo episodi sincopali aritmici documentati). Anche la Canadian Cardiovascular Society fornisce una Linea Guida simile: per l’impianto in prevenzione primaria è previsto un periodo di astensione dalla guida di quattro settimane, per l’impianto in prevenzione secondaria di sei mesi. In caso di intervento dell’AICD che si associ ad alterazione del livello di coscienza, è prevista la sospensione della guida per 6 mesi. Nel 2007 in USA (Addendum to “personal and public safety issues related to arrytmias that may affect counsciusness: a medical scientific statement from AHA and NASPE. HeartRytm 2007) e nel 2009 in Europa (Johan Vijgen, Gianluca Botto, John Camm, Carl-Johan Hoije, WernerJung, Jean-Yves Le Heuzey, AndrzejLubinski, Tone M. Norekva, Maurizio Santomauro, Martin Schalij Jean-Paul Schmid, PanosVardas. Consensus statement of the European Heart Rhythm Association: updated recommendations for driving by patients with implantable cardioverter defibrillators. Europace 2009; 11:1097-1107) sono stati pubblicati due documenti che rappresentano un aggiornamento delle precedenti Linee Guida e focalizzano l’attenzione anche sui pazienti con AICD in prevenzione primaria. Entrambi questi documenti concordano nel mantenere la restrizione permanente per i guidatori “professionali” portatori di AICD, e una limitazione prolungata (di sei mesi in USA e di 3 mesi in Europa) in caso di intervento dell’AICD per aritmie minacciose, specie se in presenza di sintomi, mentre concordemente riducono le restrizioni per portatori di AICD impiantati in prevenzione primaria, i quali devono astenersi dalla guida solo per una settimana dopo la procedura di impianto negli USA e per quattro settimane in Europa. Altro dato saliente, confermato da un recente studio giapponese (H Kawata, Takashi N, Takashi K et al.: Clinical effect of Implantable Cardioverter defibrillator replacements Circulation Journal 2010 Vol 74 2301), è la restrizione dalla guida molto breve (una settimana circa) in caso di sostituzione di AICD. Studi più recenti (JoepThijssen, C. Jan Willem Borleffs, Johannes B. van Rees, Mihály K. de Bie, Enno T. van der Velde, Lieselot van Erven, Jeroen J. Bax, Suzanne C. Cannegieter, Martin J. Schalij. Driving restrictions after implantable cardioverter defibrillator implantation: an evidence-based approach. Eur H J 2011) suggeriscono di ridurre ulteriormente queste restrizioni, soprattutto nei pazienti che non hanno mai subito interventi del device, evidenziando tra l’altro la scarsissima percentuale di incidenti automobilistici nei pazienti portatori di AICD, in molti casi inferiore a quella della popolazione generale e particolarmente a rischio, come giovani e anziani. Pochi giorni dopo la pubblicazione della Legge n.120 del 29 luglio 2010, il COMLAS (Coordinamento dei Medici Legali delle Aziende Sanitarie) ha pubblicato a stampa un libretto intitolato “La valutazione dell’idoneità alla guida. Linee Guida per gli accertamenti medici in ambito Commissione Medica Locale” per la casa editrice Edizioni Medico Scientifiche, a cura di due medici legali, Simona Del Vecchio e Raffaella Giannini. Per quanto riguarda le cardiopatie, i Medici Legali del COMLAS hanno pubblicato la seguente tabella: Sono profondamente convinto che solo un cardiologo può effettuare una corretta valutazione clinica dello stato di compenso di un paziente con insufficienza cardiaca portatore di AICD, competenza diversa da quella di una Commissione di Medici Legali. Una semplificazione eccessiva, infatti, che mira a sostituire la complessità di un giudizio clinico con la schematicità di un numero, senza interrogarsi sul suo significato e sulla sua riproducibilità penalizza ingiustamente il cittadino portatore di AICD, e non riesce neppure a garantire la tutela della sicurezza della collettività. Per ogni questione specifica rimane indispensabile e dirimente il ruolo del medico specialista (cardiologo-aritmologo in questo caso) supportato dalle società scientifiche. In quest’ottica ho consigliato al sig. XX di sottoporsi a diverse visite cardiologiche con esami strumentali presso diverse strutture pubbliche a distanza di sei mesi (…omissis…) E’ appena il caso di accennare che la classificazione NYHA è stata pubblicata per la prima volta nel 1964 per suddividere in categorie i pazienti con insufficienza cardiaca. L’intenzione degli ideatori della classificazione NYHA era quella di individuare un sistema di classificazione dei cardiopatici in fasce omogenee sul piano clinico, prognostico, terapeutico che rispondesse a criteri di semplicità, maneggevolezza e che non richiedesse ulteriori indagini funzionali e/o strumentali. Nella Ia classe NYHA rientrano i soggetti che non hanno alcuna limitazione dell’attività fisica e le attività fisiche ordinarie non causano sintomi quali dispnea, palpitazioni od eccessivo affaticamento. Trattasi essenzialmente di una fascia che raccoglie i pazienti in grado di effettuare sforzi parafisiologici e rientrano nel gruppo dei cardiopatici più per alterazioni morfo-strutturali e/o funzionali cardiache che per una reale limitazione all’esercizio fisico. Nella IIa classe sono inseriti i soggetti che accusano una lieve limitazione dell’attività fisica. Stanno bene a riposo, ma presentano sintomi durante le attività fisiche ordinarie. Questa classe nel 1979 è stata suddivisa ulteriormente in altre 2 sottoclassi da Sokolow e Ilroy per migliorarne la riproducibilità, a seconda che i sintomi insorgano durante le attività fisiche più impegnative (IIS) o che via sia una lieve limitazione per tutte le forme di attività fisica (IIM). Alla IIIa classe afferiscono i soggetti che presentano una marcata limitazione dell’attività fisica. Continuano a star bene a riposo ma le attività fisiche inferiori all’ordinario causano sintomi. Nella IVa classe sono infine raccolti tutti quei soggetti i quali si trovano nella incapacità di eseguire qualsiasi attività fisica, anche minima, senza sintomi o li presentano addirittura a riposo. Sulla scorta delle risultanze di diverse visite specialistiche cardiologiche complete di esami strumentali, effettuate presso diverse strutture pubbliche, stante la stabilità del quadro clinico, non si evidenziano fattori che controindichino la guida di autoveicoli e ritengo che il sig.XX sia attualmente idoneo al rinnovo della patente di tipo B per un periodo non inferiore a tre anni.