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46A STAGIONE LIRICA
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TEATRO ALFONSO RENDANO
Teatro “Alfonso Rendano”
Teatro di Tradizione
Cosenza
a
46 Stagione Lirica
OTTOBRE - DICEMBRE 2004
La Stagione Lirica 2004
è organizzata dal Comune di Cosenza
con il contributo della Presidenza del Consiglio dei Ministri
Dipartimento Generale dello Spettacolo
e con il sostegno di
Sindaco
Eva Catizone
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Dirigente Settore Cultura
Maria Rosaria Mossuto
Direttore Artistico
Italo Nunziata
Direttore Amministrativo
Annarita Callari
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TEATRO ALFONSO RENDANO
La Stagione Lirica dello scorso anno, pur valida ed apprezzabile, venne in
qualche modo condizionata dalla necessità di riaprire il nostro teatro di
tradizione dopo dodici mesi di fermo per i lavori di riqualificazione. Oggi la
struttura è finalmente in grado di funzionare a pieno regime e di accogliere
una stagione in linea con gli standards abituali.
Una stagione lirica non è solo l’opera che va in scena o un sipario che si apre,
ma è anche ciò che si muove dietro le quinte, il lavoro delle maestranze,
di tutte quelle persone preziose e quasi sempre invisibili grazie alle quali il
teatro sopravvive.
Anche quest’anno il Rendano ha avviato una serie di proficue
collaborazioni.
Si rinnova quella con il Conservatorio “Stanislao Giacomantonio”, si gettano
le basi per una interessante sinergia con il teatro “Cilea” di Reggio Calabria
al cui coro si attinge per le opere che si rappresenteranno a Cosenza e questo
senza rinunciare a quelle collaborazioni prestigiose con istituzioni culturali
nazionali – è il caso quest’anno del “Maggio Musicale Fiorentino” - che in
passato hanno scandito i percorsi di crescita del nostro teatro.
Se il Rendano ha guadagnato una sua credibilità anche fuori dei confini
regionali ed in qualche occasione pure all’estero, ciò lo si deve all’intelligenza
con la quale ha saputo programmare i suoi cartelloni, coniugando abilmente
opere di repertorio con pagine musicali poco conosciute eppure portatrici di
molteplici motivi di interesse.
Stagioni come quella che oggi teniamo a battesimo hanno pesato non poco
sulle casse comunali, già gravate dall’indifferenza e dal disinteresse della
Regione Calabria che preferisce far convergere le proprie risorse finanziarie
verso approdi diversi da Cosenza.
Ciò nonostante il Rendano, unico teatro di tradizione in Calabria, resta un
punto fermo e di eccellenza della nostra cultura musicale. E per una regione
che è purtroppo tristemente nota più per fatti di altro genere, non ci sembra
cosa di poco conto.
Eva Catizone
Sindaco di Cosenza
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TEATRO ALFONSO RENDANO
a
46 Stagione Lirica
25 - 27 - 29 - 31 ottobre 2004
La Traviata
di Giuseppe Verdi
17 - 19 - 21 novembre 2004
Albert Herring
di Benjamin Britten
9 - 10 - 12 dicembre 2004
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L’Arlesiana
di Francesco Cilea
17 - 18 - 19 dicembre 2004
Maggio Fiorentino Danza
23 dicembre 2004
Concerto
Orchestra Philharmonia Mediterranea Calabrese
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TEATRO ALFONSO RENDANO
a
46 Stagione Lirica
Elenco artistico
Cantanti
Tiziano Barbafiera, Giorgia Bertagni, Giovanna Carin, Raffaella D’Ascoli, Luigi De Donato
Teodolinda De Gennaro, Enrico De Luca, Patrizia Gentile, Alessia Grimaldi
Maria Letizia Grasselli, Cho Sung Hyun, Cosimo Diano, Francesco Ferraro
Elisabetta Fiorillo, Rosario La Spina, Daria Masiero, Lorenzo Muzzi, Gianna Ricamato
Lucia Rizzo, Antonio Sandia, Stefano Secco, Roberto Servile, Danilo Serraiocco
Nicola Sette, Eugeny Stavinskiy, Leandros Taliaotis, Piero Terranova, Svetla Vassileva
Angelo Veccia, Alessandra Visentin
Maestri Concertatori e Direttori d’Orchestra
Damian Iorio, Reynald Giovanninetti, Balazs Kocsar, Carlo Palleschi
Registi
Mietta Corli, Giuseppe Crisolini Malatesta, Italo Nunziata
Maestro del Coro
Bruno Tirotta
Scenografi
Mietta Corli, G. Crisolini Malatesta, Pasquale Grossi
Assistenti Scenografi
Andrea Graf, Marta Crisolini Malatesta, Hella Mombrini
Costumisti
Stefano Almerighi, G. Crisolini Malatesta, Ruggero Vitrani
Assistenti Costumisti
Chiara Crisolini Malatesta
Coreografi
Michel Fokine, Vaslv Nijinskij, Giorgio Mancini, Pierluigi Vanelli
Lighting Designers
Marco Filibeck, Patrick Latronica
Progetto Video
Marco Bonilauri
Regista Assistente
Elena Barbalich, Andrea Graf, Pierluigi Vanelli
Orchestra Philharmonia Mediterranea
Coro “F. Cilea”
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a
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Staff Tecnico-organizzativo
Direttore musicale di palcoscenico
Giuseppe Finzi
Direttore di produzione e di palcoscenico
Emanuele Morfini
Maestri collaboratori
Luigi Stillo
Stagisti
Paola Greco,Romeo Lombardi, Marina Luca, Maria Rosaria Lucchetta,
Rosario Randazzo,Fedora Sorrentino, Anna Maria Spaccarotella
Maestri alle luci
Innocenzo De Gaudio
Coordinatore tecnico e Datore luci
Pietro Carbone
Responsabile reparto trucco e parrucche
Marinella Giorni, Mariette Vivacqua
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Capo Macchinisti
Antonio Asti, Fabio Guerrieri
Responsabile di sartoria
Andrea Priori
Macchinisti
Stefano Buonatesta, Roberto Falbo, Antonio Ferreri
Sergio Guerrieri, Walter Morelli
Elettricisti
Palmo Fuoco, Francesco Magliocco, Gianfranco Mastroianni
Pantaleo Riggio, Elio Traversa
Capo attrezzista
Alessandra Molletti
Assistente alla Direzione artistica
Antonella Stramazzo
Ufficio comunicazione
Achille Greco
TEATRO ALFONSO RENDANO
Segreteria Generale
Francesca De Aloe
Uffici Tecnico
Franco Mancuso
Economo
Maria Bruno
Uffici amministrativi
Giuseppe De Luca, Giacinto Iuele
Servizio Biglietteria
Mario Falcone, Giuseppina Mazzei
Responsabile di sala
Francesco Falcone
Servizio Portineria
Mario Blasi, Filippo Caruso, Giuseppe Crescibene, Franco Infelise
Ditte fornitrici
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Scene
Teatro San Carlo, Napoli
Up-Stage Scenografia, Napoli
Fondazione Teatro Regio, Parma
Parrucche
Anna Sorrentino, Napoli
Audello, Torino
Costumi
Teatro San Carlo, Napoli
Farani SartorieTeatrali, Roma
Diva, Milano
Fondazione Teatro Regio, Parma
Attrezzeria
Rancati, Milano
Up-Stage Scenografia, Napoli
Fondazione Teatro Regio, Parma
Calzature
Pompei, Roma
Sacchi, Firenze
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TEATRO ALFONSO RENDANO
La Traviata
Melodramma in tre atti di Francesco Maria Piave
Musica di Giuseppe Verdi
(Edizioni G. Ricordi & C. S.p.a. Milano)
Prima rappresentazione: Venezia, Teatro La Fenice, 6 marzo 1853
Personaggi e interpreti
Violetta Valéry
Alfredo Germont
Giorgio Germont
Flora
Annina
Gastone
Marchese d’Obigny
Barone Douphol
Dottore Grenvil
Giuseppe
Domestico di Flora
Commissionario
Svetla Vassileva
Antonio Gandia
Angelo Veccia
Teodolinda De Giovanni
Patrizia Gentile
Nicola Sette
Danilo Serraiocco
Paolo Orecchia
Luigi De Donato
Francesco Denaro
Enrico de Luca
Enrico de Luca
Direttore
Regia
Maestro del Coro
Scene e costumi
Coreografie
Disegno Luci
Assistente alle scene
Assistente ai costumi
Carlo Palleschi – Giuseppe Finzi (31 ott.)
Sandro Sequi ripresa da Giuseppe Crisolini Malatesta
Bruno Tirotta
Giuseppe Crisolini Malatesta
Pierluigi Vanelli
Patrick Latronica
Marta Crisolini Malatesta
Chiara Crisolini Malatesta
Orchestra Philharmonia Mediterranea
Coro “Francesco Cilea”
25 ottobre 2004 ore 16.30 anteprima scuole
27 ottobre 2004 ore 20.30 turno “A”
29 ottobre 2004 ore 20.30 fuori abbonamento
31 ottobre 2004 ore 17.00 turno “B”
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La dannazione terrena dell’eterna Violetta
di Orazio Mula
Di belles dames sans merci, seduttrici incallite e senza scrupoli nelle cui tele
s’invischiano maschi devoti all’amour fou, pullula la letteratura rosa e nera
dell’Ottocento. Versione moderna delle sirene, dalle quali solo Ulisse seppe
cautelarsi, esse s’aggirano in salotti nobili e borghesi alla ricerca delle loro prede;
e non falliscono mai. Il romanzo d’appendice ne ha descritto le gesta senza
soffermarsi, com’è proprio del genere, sui risvolti psicologici dei caratteri individuali
e contribuendo piuttosto a identificare un tipo universale: votata all’avventura, la
maliarda ha come nemici naturali le famiglie dei suoi innamorati. Sia che si tratti
di giovani scapoli sia, a maggior ragione, d’ammogliati s’ergono loro intorno,
quali autorevoli difensori della pace domestica, genitori, fratelli, mogli. La
contrapposizione drammatica è così costruita con esiti moralisticamente scontati:
pessime emule di mantidi religiose, le donne fatali devono infine ritirarsi o perire
per il trionfo dell’ordine costituito.
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Pur senza appartenere nell’intimo a questa schiera, Violetta ne condivide di fatto il
destino, immolandosi sull’altare dell’onesto coniugio fra una fanciulla “pura siccome
un angelo” che Iddio diè fìglia a Giorgio Germont e un giovane più preoccupato per
l’onorabilità dei parenti d’acquisto che ansioso d’impalmare la promessa sposa. Con
l’intento di consentire simili nozze, il padre di Alfredo domanda alla donna - poco
dopo averla accusata di essere un’adescatrice “dell’incauto che a ruina corre” (Atto
II) - un sacrificio atto a redimerla, cancellandone il passato vergognoso. Nell’attesa
di tale redenzione, che le allusioni di Germont rinviamo all’aldilà (“Mercé di queste
lagrime / dal cielo un giorno avrete; Premiato il sacrificio / sarà del vostro amore”),
Violetta è intanto spinta a indossare di nuovo i panni della meretrice, bersaglio di
una morale poco incline a riconoscere possibilità di riscatto hic et nunc. La vicenda
celebra infatti il trionfo di un’etica che, ostentando superficiale comprensione nei
confronti di chi sbaglia e cade, di fatto risponde alla volontà di mantenere invariate
le distanze sociali: per la cortigiana nobile di cuore e dal savoir faire d’una contessa
(‘Quai modi!’, trasecola il filisteo Germont) è troppo desiderare un’esistenza
normale, ossia un’unione monogamica fondata sull’amore. Il compito di porla
innanzi a tale verità è assunto proprio da Giorgio Germont, il cui incontro con
Violetta musicalmente si svolge dapprima in forma di Recitativo: l’uomo si presenta,
accusa l’amante del figlio, ne provoca il risentimento, ascolta le proteste d’amore
disinteressato mentre i tremoli degli archi rafforzano il pathos delle di lei parole. Il
passato è lettera morta: “Dio lo cancellò col pentimento”. Colpito favorevolmente
da un fare sì distinto, il padre del giovane comprende che, il momento è opportuno
per chiedere “un sacrifizio”. Come in un gioco di specchi, che lascia basita la
poveretta, egli “domanda l’avvenir” non già di uno solo, ma di due figli, cosicché la
responsabilità morale del caso sembra doppiamente pesarle sulla coscienza.
Le circostanze si chiariscono poco oltre: sta a Violetta non mutare “in triboli” le
“rose” di un amore ch’ella fino ad ora ignorava. “Pura siccome un angelo” costituisce
TEATRO ALFONSO RENDANO
uno fra i tanti esempi verdiani di motivo costruito con mezzi armonici ridotti
all’essenziale. La prima metà di ciascuna frase si basa sull’immutabile accordo di La
bemolle maggiore, da cui lo stesso profilo melodico è ricavato; quel che rimane è
poco più di una formula cadenzale.
Mentre l’ex etèra ha solo una pallida idea di quanto le venga chiesto, (“Ah!
comprendo: dovrò per alcun tempo/ da Alfredo allontanarmi”) la musica si anima
poco a poco; a una progressione dei violini primi seguono la richiesta di rinuncia
all’amore e l’istintiva reazione della donna tra risoluti accordi dell’orchestra: “No
mai!”. Nel seguente Vivacissimo, Verdi traduce l’ansia della protagonista con
un’efficace figura accentata che si ripete al principio di ogni battuta. “Non sapete
quale affetto / vivo, immenso m’arda in petto?”. Le due note rapide “in battere”
imprimono al discorso di Violetta un sussulto di passione travolgente, accresciuto
a ogni interrogativo mediante un improvviso sbalzo vocale. Con la stessa formula
l’interlocutore è informato circa le condizioni di salute disperate della giovane
(“Non sapete che colpita / d’atro morbo è la mia vita?”). Nella chiusa di tempo ancor
più mosso l’idea di una morte liberatoria, a fronte del “supplizio [ ... ] sì spietato”,
giustifica il passaggio al modo maggiore.
Alla replica emotiva di Violetta,Germont oppone la sottigliezza degli espedienti
retorici: dapprima accenna alla fiorente età della donna e alle prossime occasioni
amorose ma questo argomento, che sembra dare inizio a un’Aria, viene tosto
accantonato allorché ella protesta l’ esclusività del proprio sentimento. Il vecchio
non ha voluto dare finora molta importanza all’<atro morbo> che la condanna
a prossima fine, altrimenti eviterebbe allusioni a future prospettive sentimentali
(“Bella voi siete e giovine, / col tempo...”). Vistosi opporre la dedizione di lei ad
Alfredo, egli insinua abilmente nella vittima il sospetto che tale fedeltà possa non
venire corrisposta: “ma volubile / sovente è l’uom”. L’espediente questa volta fa
breccia nell’infelice e ciò consente all’astuto padre di svilupparlo a proprio agio: la
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fugacità dell’amore illecito, sul quale il “cielo” non ha dispensato le sue benedizioni,
o piuttosto cui è mancato l’avallo della società, ispira i capricciosi ornamenti vocali
in “Un dì, quando le veneri”,ov’è dipinto con pochi tratti l’avvenire senza speranza
della concubina. Sopraffatta dal richiamo a un codice sociale che la condanna la
misera non può che assentire: “è vero!” esclama più volte mentre il carnefice,
incalzando, già la immagina immolata quale “angiol consolator” della propria
famiglia, e per rendere il discorso più persuasivo finisce coll’attribuire alle sue parole
l’imprimatur della religione ( “è Dìo che ispira […] / tai detti a un genitor”).
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La dolorosa rassegnazione di Violetta è abbinata alla tragica tonalità di Re bemolle
minore mentre il pizzicato dei bassi acquista, con l’ostinato disegno ascendente
complementare al ritmo del canto,un senso di ineluttabilità. Nel momento in cui la
donna si sente presa in una trappola ch’essa stessa senza volerlo si tende, soggiacendo
alla mentalità che la condanna, il suo persecutore ribadisce il proprio appello con
penetranti sincopi.
Alla suprema rinuncia la sventurata si avvia prospettandosi, oltre ai beni dell’aldilà,
un solo premio in terra: la “giovine sì bella e pura” dovrà sapere ch’ella ha sacrificato
il suo unico “raggio di bene”, espressione che la musica sottolinea con un languido
accordo di nona maggiore. Nella sezione centrale del brano Germont, ormai
conscio dì aver raggiunto il suo scopo, si prodiga nel confortarla con le patetiche
appoggiature in contrattempo di “Piangi, piangi, o misera”. Dopo questo suggestivo
passaggio una nota di dolore dei violoncelli percorre come brivido e presagio funesto
le parole “supremo il veggio, / è il sacrificio ch’ora ti chieggio”.
Fattasi strumento nelle mani del torturatore, Violetta si rimette al di lui arbitrio:
“ Imponete ! “; ma i suggerimenti si rivelano inferiori al supplizio ch’ella stessa si
infligge accettando di apparire agli occhi dell’amato ciò che non è, ciò che la società
la condanna a essere. Chiede e ottiene l’abbraccio paterno di Germont e predispone
ogni cosa per poter adempiere il suo gesto di abnegazione tra i cromatismi
dell’orchestra, si accinge a lasciare una lettera ad Alfredo e si premura che il padre
allevî l’afflizione del figlio.
“Morrò ! La mia memoria / non fia ch’ei maledica” è di contenuto affine a “Dite
alla giovine”: in entrambi emerge la preoccupazione che il disinteresse del proprio
operato non sia misconosciuto. Qui tuttavia il tono è reso tragico dal presentimento
della morte, che si avverte nel pizzicato implacabile degli archi: se Alfredo
sarà poi messo al corrente di tutto, almeno la memoria della donna non verrà
calpestata (“Conosca il sacrifizio / ch’io consumai d’amore”). Germont dal canto
suo contrappunta il desiderio di lei con la dottrina della virtù premio a se stessa:
“d’un’opra così nobile / sarete fiera”, trascurando che a Violetta mancherà il tempo
per questa ricompensa.
Simile all’eroina dei Misteri di Parigi di Sue non solo per il nome floreale e simbolico
(Fleur-de-Marie fu battezzata dal famoso autore di feuilletons), Violetta rappresenta,
la sintesi del binomio antitetico purezza-corruzione, che Dumas volle
incarnato dalla sua dame aux camélias. Il tipo romantico, della fanciulla perseguitata si
trasforma nella figura della sgualdrina vergine nel cuore, le cui fattezze rispecchiano
uno spirito angelicato che mal si adatta all’esistenza terrena: «Non riusciamo a
capire come mai la vita ardente e appassionata di Marguerite non avesse alterato
TEATRO ALFONSO RENDANO
l’espressione verginale di quel viso dai tratti giovanili, quasi da adolescente“,
considera l’autore del famoso romanzo, dalla cui versione drammatica Francesco
Maria Piave trasse il libretto per Verdi (1853).
Margherita/Violetta è inoltre “alta, esile fino all’inverosimile” ha un incarnato roseo
che la malattia trasforma nel colorito proprio delle bellezze romantiche: “pallida
come il marmo” la vede Armand (Alfredo nella trasposizione verdiana) durante
l’ultimo incontro, prima che la tubercolosi ne causi la morte.
Il mal sottile elimina colei che perturba una rigida struttura sociale: è lecito che un
giovane di buona famiglia si svaghi e conduca una vita dedita ai piaceri ma non che
unisca,fedelmente il proprio destino a una donna perduta. La sorte di Margherita/
Violetta rammenta quella di Jean Váljean, il galeotto santificato da Victor Hugo
nella monumentale epopea parigina (1862): la loro è una fine gloriosa dopo sublimi
atti di generosità. “E’ utile che me ne vada. La morte è un buon accomodamento:
Dio sa meglio di noi quello che ci occorre. Che voi siate felici, che il signor
Pontmercy abbia Cosette, che la giovinezza sposi il mattino, che intorno a voi miei
figli, ci siano lillà e usignoli”. Reduce dalla galera e votato a essere un campione
di altruismo, Jean nega a se stesso il pur minimo compiacimento: anche per lui
l’unica gioia consiste nella visione, in limine mortis dell’essere più amato. Scomparsi
di scena questi individui moralmente eccentrici, il buon ordine torna a regnare:
esso è fatto di matrimoni stabili (Cosette e Maríus) e di ritorni in seno alla famiglia
(Armand). Inoltrandosi in tempi successivi alla morte di Margherita, il romanzo
di Dumas documenta ciò che il melodramma omette: “rimasi qualche tempo in
quella fortunata famiglia, tutto occupato di colui che vi portava la convalescenza
del suo cuore”, chiosa lo scrittore con immediato distacco dagli eventi drammatici
appena svoltisi. A Margherita contrappone quindi la sorella di Armand, dal nome
significativo di Blanche, una “casta giovinetta”, “un’anima che, concepisce soltanto
santi pensieri”: confrontata con costei, la bella cortigiana è, a maggior ragione una
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sventurata ma soprattutto un’eccezione che conferma la regola. Se tutte le prostitute
le somigliassero, annota l’ io narrante, non varrebbe la pena raccontarne la storia.
Come risulta fin dall’inizio del Il Atto, denaro e reputazione, sono in stretto
collegamento: appreso da Annina che la sua signora ha liquidato cavalli, cocchi ed
altri beni per mantenere il dispendioso tenore di vita nella casa di campagna, Alfredo
ha un moto d’orgoglio. “Oh mio rimorso! oh infamia” egli esclama al principio
della vibrante Aria in Do maggiore dopo la più celebre “De’ miei bollenti spiriti”.
Per comprendere lo scatto d’ira che infiamma gli accenti di Alfredo sotto forma di
balenante appoggiatura doppia, occorre considerare il peso una volta di più esercitato
dalle convenzioni sociali sui moventi dei personaggi: il disonore dell’inferiorità
economica rispetto alla propria donna costituisce una macchia intollerabile.Un
breve episodio sinfonico di modo minore precede il ‘da capo” esprimendo anch’esso
il turbamento del giovane.
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Pur rappresentando un’eccezione fra le mondane quanto a sensibilità e rettitudine
l’eroina di Dumas e di Verdi non sfugge alla contaminazione del “soldo” : invisibile
fino a un certo punto, ma onnipresente, esso acquista una laida concretezza nel
corso della scenata in cui Alfredo pubblicamente paga ciò che Violetta dedicò
per amore. Nel romanzo l’offesa non meno cocente, è priva solo del carattere
pubblico. “Siete uscita così in fretta stamane, che ho dimenticato di pagarvi”, scrive
Armand a Marguerite in un accesso di furente gelosia. La platealità dell’evento
nel melodramma è responsabile di una più rapida evoluzione dei fatti rispetto
alla versione romanzesca. E’ Giorgio Germont a svolgere una funzione chiave,
trasformandosi in corifeo del senso comune e principiando il “Largo del Finale II”
con una pubblica reprimenda del figlio: in quest’abito di moralizzatore ipocrita egli
raggiunge un tono, come recita la didascalia in partitura, “grandioso”. Con quale
autorevolezza questo catone punta il dito accusatore contro l’ira che egli stesso ha
provocato nel figlio!
Tramite la consueta, improvvisa ombreggiatura minore, lo smarrimento di Alfredo
si riveste di formula ritmica insistente, cui gli archi imprimono slancio con accordi
ribattuti a distanza regolare: “Ah si,che, feci! Ne sento orrore !”. Il rimorso del
giovane, indotto dalla riprovazione collettiva e dal ripudio paterno, conferma in lui
un altro ignaro succube della mentalità dominante. Profittando di questa debolezza e
dell’intreccio di voci nel seguente concertato, il barone si prende una piccola
rivincita sussurrandogli il suo meschino proposito di vendetta: “provar vi voglio
/ che, il vostro orgoglio fiaccar saprò”. Esanime, Violetta interviene e riconferma
all’amato la pienezza del suo amore, di cui egli potrà avvedersi solo tardivamente,
“Dio dai rimorsi ti salvi allora”. Intanto il coro e gli amici le manifestano solidarietà
e Germont, a parte, sì propone di tenere segreta la motivazione della rinuncia di lei
(“crudele tacer dovrò”).
La scena dell’umiliazione della donna attraverso l’offerta di denaro si trova anche
nelle Memorie dal sottosuolo (1864) di Dostoevskij, ove l’autore del manoscritto
“un uomo malato... un uomo cattivo”, sempre sospinto da opposte pulsioni e
dedito a tortuosi ragionamenti, offende una giovanissima prostituta nella maniera
TEATRO ALFONSO RENDANO
già prescelta da Armand o Alfredo. Per questi ultimi, tuttavia il gesto è causa di
intollerabile angoscia: “Gelosa smania, deluso amore / mi strazìan l’alma - più
non ragiono./ Da lei perdono più non avrò” si dispera Alfredo, mentre Armand
definisce “infamia” il proprio gesto. Per l’eccentrico offensore di Dostoevskij,
invece l’ingiuria è purificazione,” è la coscienza più cocente e più dolorosa!”. Fedeli
alla superficialità propria del genere,i romanzieri d’appendice non si curano di tali
sottigliezze psicologiche, né si può dire che la coscienza, rientri nella loro sfera
d’approfondimento narrativo. Perciò l’oltraggio inferto coram populo corrisponde
soltanto all’esecrazione del personaggio sotto il profilo sociale e lo cala, sia pure
immeritatamente, nei panni che si addicono al suo status.
V’è un inconscio sarcasmo in Violetta morente che, abbracciando con sincera
gratitudine Germont giunto a farle visita, dice al medico; “Grenvil, vedete? Fra le
braccia io spiro / di quanti cari ho al mondo.” E il “Che mai dite! “ del visitatore
tradisce, oltre alla persistente incredulità di fronte alle condizioni disperate di lei,
l’imbarazzo per una definizione paradossale: a meno che si possa definire “caro”
chi ha contribuito alla nostra rovina. Mentre un ombra cupa passa tre volte nel
registro mediano degli archi, l’uomo osserva il pallore terreo della sciagurata, che il
figlio stesso gli addita: “La vedi, padre mio?”. D’un tratto, la maschera di rettitudine
gli cade e il tardivo ravvedimento lo dimostra parte, inconsapevole quanto le sue
vittime, di un perverso meccanismo sociale. “Il mal ch’io feci ora sol vedo!” declama
con desolazione il “malcauto vegliardo”, incapace di contenere un rimorso che lo
“atterra quasi fulmin”: immagine che si rispecchia nella duplice, saettante figura
dell’orchestra. Il “tutti” in dinamica pianissimo ripresenta con lugubre andatura
la tonalità presaga di morte (Re bemolle minore): è l’atto di congedo dal mondo
il dono all’amante di un medaglione col ritratto “de’ [ ... ] passati giorni”. Perché
tuttavia il sacrificio della giovane sia coronato da un gesto di grandezza, occorre
ch’ella impartisca la sua benedizione alle future oneste nozze di Alfredo con una
“pudica vergine”: alla casta melodia s’intreccia ancora il ritmo di marcia funebre.
per gentile concessione Edizioni Teatro Di San Carlo
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La Traviata
Melodramma in tre atti di Francesco Maria Piave
Musica di Giuseppe Verdi
(Edizioni G. Ricordi & C. S.p.a. Milano)
Prima rappresentazione: Venezia, Teatro La Fenice, 6 marzo 1853
Il Soggetto
Atto primo
Nella casa parigina di Violetta Valery, famosa mondana protetta del Barone Douphol,
è in corso un ricevimento, giungono fra i ritardatari Flora e il Marchese Gastone
d’Obigny che presenta alla padrona di casa l’amico Alfredo Germont. Questi è
perdutamente innamorato di Violetta, Gastone racconta come durante una recente
malattia della donna il giovane amico aveva chiesto ogni giorno sue notizie. Dopo
brindisi che inneggiano all’amore, alla giovinezza e al piacere, Violetta ha un malore,
mentre gli ospiti raggiungono un’altra sala, Alfredo rimasto presso di lei le rivela il suo
amore. La donna è turbata da tanta passione ma confessa che nel suo cuore di cortigiana
non c’è posto per l’amore, quando Alfredo deluso è sul punto di allontanarsi Violetta
gli porge un fiore e lo invita a ritornare quando sarà appassito, dunque l’indomani.
Concluso il ricevimento, Violetta rimasta sola ripensa alla dichiarazione di Alfredo
e avverte il fascino e la gioia di un amore autentico, ma sa anche che è pura follia
rinunciare alla sua vita di piaceri per abbandonarsi alle sofferenze che procura
l’amore.
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TEATRO ALFONSO RENDANO
Atto secondo
Alfredo e Violetta vivono da tre mesi in una villa fuori Parigi. Il giovane Germont
viene a sapere dalla cameriera Annina che Violetta ha venduto tutti i propri beni per
pagare le spese di quel soggiorno e decide di partire per Parigi alla ricerca di danaro.
Il padre di Alfredo incontra Violetta e la accusa della rovina del figlio alludendo alla
volontà di questi di far dono alla donna di tutti i suoi averi. Quando Violetta mostra,
risentita, l’atto di donazione dei propri beni in favore di Alfredo, il vecchio genitore
comprende di aver giudicato male la donna. Ma il pensiero che il fidanzamento della
figlia è alla rottura a causa della relazione di Alfredo con una prostituta induce il
vecchio Germont a chiedere a Violetta, in nome dell’onore e del bene della famiglia
tutta, di lasciare il figlio. La richiesta è terribile considerata la malattia che consuma la
donna, Violetta infine accetta a condizione che dopo la sua morte si riveli ad Alfredo il
suo sacrificio. Mentre Germont attende il figlio in giardino, Violetta scrive una lettera
per annunciare ad Alfredo la decisione di lasciarlo definitivamente ma viene interrotta
dal suo arrivo. In preda all’agitazione la donna chiede ad Alfredo una appassionata
e tragica testimonianza d’amore, poi esce senza rivelare la sua partenza per Parigi.
Quando Alfredo legge la lettera, disperato, si getta nelle braccia del padre appena
sopraggiunto, scorge sul tavolo l’invito per una festa a casa di Flora, sconvolto dalla
gelosia, decide di raggiungere Violetta per vendicarsi. Nella casa parigina di Flora è in
corso un ricevimento in maschera, Violetta è accompagnata dal suo vecchio protettore
il Barone Douphol. Alfredo sfida il Barone al tavolo da gioco e vince, Violetta fa
chiamare il giovane Germont per parlargli in privato e lo scongiura di lasciare la festa
per evitare di essere sfidato a duello dal Barone. Alfredo chiede ragione a Violetta della
loro improvvisa separazione e la donna, disperata, risponde di essere innamorata del
Barone, l’uomo infuriato richiama gli invitati e davanti a loro dichiara di essere stato
vergognosamente mantenuto ma intende ripagare: getta la vincita della serata ai piedi
della donna che sviene.
Atto terzo
La malattia di Violetta è peggiorata, il Dottor Grenvil rivela alla cameriera Annina che
alla donna rimangono poche ore di vita. Violetta spera di poter rivede ancora una volta
Alfredo prima di morire, ha saputo da una lettera di Germont che il figlio è fuggito
all’estero dopo aver ferito in duello il Barone Douphol. Il padre ha rivelato ad Alfredo
la verità su Violetta e questi sta facendo ritorno a Parigi per rivederla. Mentre fuori
impazza il carnevale parigino Annina annuncia l’arrivo di Alfredo, i due si abbracciano
e sognano di lasciare la città, Violetta, felice, tenta di alzarsi ma ricade esausta; Alfredo
fa cercare il Dottore, questi giunge accompagnato da Annina e trova la donna allo
stremo. Violetta porge un medaglione con il proprio ritratto all’amato affinché si
ritenga libero, dopo la sua morte, da ogni vincolo. La morte giunge fra le braccia di
Alfredo.
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TEATRO ALFONSO RENDANO
Albert Herring libretto di Eric Crozier
dal racconto “Le rosier de Madame Husson” di Guy de Maupassant
Musica di Benjamin Britten
Edizioni Boosey&Hawkes, rappresentante Casa Ricordi - Milano
Comic opera in tre atti, in lingua inglese (sopratitoli in italiano della PrescottStudio - Fi)
Prima rappresentazione: Glyndebourne, 20 giugno 1947
Personaggi e interpreti
Albert Herring
Mrs. Herring
Sid
Nancy
Lady Billows
Florence Pike
Miss Wordsworth
Gedge
Signor Upfold
Budd
Emmie
Cis
Harry
figlio di una fruttivendola
sua madre
commesso di macelleria
panettiera e sua fidanzata
vecchia dispotica
sua governante
direttrice della scuola parrocchiale
parroco
sovraintendente di polizia
bambina del villaggio
bambina del villaggio
bambino del villaggio
Rosario La Spina
Milijana Nikolic
Leandros Taliotis
Gianna Racamato
Maria Letizia Grasselli
Alessandra Visentin
Giovanna Carini
Kim Sungil
Tiziano Barbafiera
Eugeny Stavinskiy
Raffaella D’Ascoli
Alessia Grimaldi
Francesco Ferraro
Stage di interpretazione vocale a cura di Regina Resnik
Direttore
Regia
Scene
Costumi
Disegno Luci
Damian Iorio
Italo Nunziata
Pasquale Grossi
Ruggero Vitrani
Patrick Latronica
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Orchestra Philharmonia Mediterranea
Pianoforte Fedora Sorrentino
In collaborazione con
Formazione Maggio Musicale Fiorentino
Accademia di Alto Perfezionamento dell’Arena di Verona
Accademia di Arti e Mestieri dello Spettacolo Teatro alla Scala di Milano
Eurobottega
Nuovo allestimento del Teatro “Alfonso Rendano”
17 novembre 2004 ore 16.30 anteprima scuole
19 novembre 2004 ore 20.30 turno “A”
21 novembre 2004 ore 17.30 turno “B”
46A STAGIONE LIRICA
Albert Herring
(la comic opera secondo Britten)
Genesi e analisi
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Dopo l’ottimo esito arriso nel 1945 a Peter Grimes, in Britten, allora trentaduenne, si
manifestò prepotente il desiderio di comporre nuove opere, in un genere musicale in
cui sentiva d’essere in grado di poter esprimere il meglio di sé; d’altra parte però aveva
la consapevolezza, per il suo innato senso di concretezza e praticità, delle difficoltà,
non solo finanziarie, relative all’allestimento di novità e di complessi lavori teatrali
in Inghilterra negli anni dell’immediato secondo dopoguerra. Dal 1939 non solo il
Covent Garden ma anche il Festival di Glyndebourne avevano escluso spettacoli lirici
dai loro cartelloni, e perfino al Sadier’s Wells, pur dopo il successo occorso a Peter
Grimes, si erano avvertite diffuse perplessità sulla opportunità di consimili iniziative.
Riflettendo su tale situazione, Britten si convinse della convenienza di impostare il
problema su basi diverse, e inizialmente di cominciare a promuovere la costituzione
di un complesso artistico di nuovo genere (la “Glyndebourne English Opera
Company” in attività da giugno a ottobre), formato da un limitato organico di cantanti
e di strumentisti, omogeneo, da affiatarsi in un’esperienza teatrale in comune, che
fosse in grado di dedicarsi esclusivamente allo studio e alla interpretazione di lavori
programmati con intendimenti originali. Nel frattempo, conversando in proposito
con Joan Cross, Peter Pears ed Eric Crozier, Britten aderì al suggerimento di scrivere
lavori per un organico orchestrale ridotto: è in tale ordine di idee che si colloca la
composizione del Ratto di Lucrezia, opera seria “da camera”, basata sul libretto che
Ronald Duncan aveva tratto da Le viol de Lucrèce di Andrei Obey, e che, andata in
scena a Glyndebourne il 12 luglio 1946, raggiunse entro l’ottobre dello stesso anno
la cifra record di una ottantina di rappresentazioni. Britten però era dell’idea di non
limitare a questo Festival l’esecuzione dei suoi lavori, ma di portarli in tournée in altri
teatri d’Inghliterra e all’estero. John Christie, produttore del Ratto di Lucrezia, che
a Glyndebourne aveva conosciuto un successo anche d’ordine finanziario, ma che
a Liverpool, Manchester e altre città ebbe ad incontrare sale scarsamente affollate,
si dimostrò di contrario avviso e alla fine di quella stagione il divorzio tra Britten e
Glyndebourne divenne inevitabile. Nacque da questa situazione di fatto l’esigenza
di affrettare i tempi per la costituzione di un nuovo complesso artistico autonomo,
che assunse il nome di “The English Opera Group”: all’atto della sua formazione i
promotori precisarono <<esser giunto il tempo che l’Inghilterra, dopo aver sempre
importato lavori e allestimenti dall’estero, possa avere ora i mezzi per creare e
produrre in proprio […] Questa formazione ha, come elemento costitutivo della sua
esistenza, l’impegno di presentare opere originali di musica contemporanea in lingua
inglese e del repertorio classico (a cominciare da Purcell) oltre a commissionare a
giovani compositori lavori per la scena, incoraggiando inoltre poeti e commediografi
ad elaborare i libretti in stretta intesa con gli autori della musica>>.
È interessante notare come, oltre a venire incontro ad un desiderio personale di Britten
e ad esigenze di carattere pratico, l’adozione di un ridotto organico strumentale per
The English Opera Group abbia corrisposto in modo singolare a quanto era stato
realizzato da Stravinskij all’incirca un quarto di secolo prima, per la Histoire du soldat:
TEATRO ALFONSO RENDANO
con la differenza però che mentre il compositore russo, impiegando le prime parti
dell’orchestra come solisti, aveva ridotto l’organico a sette soli strumenti (violino,
contrabbasso, clarinetto, fagotto, cornetta, trombone e percussioni), la soluzione
prescelta da Britten prevede invece un quintetto d’archi, un quartetto di fiati (con il
flauto che raddoppia l’ottavino e il flauto basso, l’oboe il corno inglese, il clarinetto, il
clarinetto basso), oltre a corno, arpa e percussioni, in totale quindi dodici strumenti,
oltre al direttore ad accompagnare i recitativi secchi al pianoforte. Anche Giancarlo
Menotti ha optato per un organico similare, pressoché nello stesso tempo di Britten,
nelle sue opere da camera Il telefono e La medium.
Dopo la prima rappresentazione assoluta a Glyndebourne del Ratto di Lucrezia, sotto
la direzione di Ansermet, Britten andò negli Stati Uniti nell’agosto del 1946 per la
prima americana di Peter Grimes a Tanglewood e al ritorno in patria nel settembre
scrisse le musiche di scena per The Duchess of Malfi di Webster e in seguito la
Young Person’s Guide to the Orchestra, originariamente destinata a colonna sonora
per un film di educazione musicale, ma eseguibile anche in concerto; nell’inverno
successivo, Britten fu impegnato in una tournée con Peter Pears sul continente ed è
al ritorno da tale serie di concerti che ha inizio la composizione di una nuova opera,
Albert Herring, questa volta comica, concepita appunto, sin dal soggetto, come
contrapposizione all’argomento drammatico del Ratto di Lucrezia, ma egualmente
“da camera” e destinata a The English Opera Group.
Tra i vari argomenti suggeriti, Eric Crozier caldeggiò con maggiore insistenza a
Britten l’idea di scrivere un lavoro comico ispirato alla novella Le rosier de Madame
Husson di Guy de Maupassant: questo soggetto piacque subito a Britten che si rese
conto come la vicenda potesse essere trasferita dall’originario ambiente francese ad
un similare paese della campagna inglese, magari anche del suo prediletto Suffolk.
Dopo averne steso inizialmente una breve sceneggiatura ed avutene l’immediata
approvazione di Britten, Crozier provvide a scrivere il testo della nuova opera.
Crozier del resto aveva già collaborato attivamente con Britten, aveva curato la
regia di Peter Grimes e del Ratto di Lucrezia ed era davvero consapevole di quanto
il musicista si attendesse da un librettista; nell’accingersi alla stesura del testo di
Albert Herring, Crozier si propose di osservare scrupolosamente tre intendimenti:
un semplice svolgimento dei fatti, sensibilità e naturalezza d’espressione, una
appropriata cantabilità dei versi. Nella prefazione ad Albert Herring, Crozier ebbe
a chiarire ulteriormente i termini di quella che a lui risultava essere la forma ideale
di collaborazione tra un compositore e un librettista: <<Un librettista altri non è
che un artigiano al servizio di un unico artista, cioè il musicista. Anche se è un artista
egli stesso, nell’elaborare un testo per un’opera, il librettista non si deve limitare
soltanto a scrivere dei versi, ad essere un poeta, a racchiudere cioè i concetti e stati
emotivi nel calco ineluttabile e immodificabile delle parole, quanto deve fornire al
musicista quelle espressioni idiomatiche, i suggerimenti, le idee, le emozioni che
siano stimoli autentici all’azione teatrale, nel senso della caratterizzazione e dello stile,
ma che contemporaneamente abbiano una illimitata attitudine ad essere modificati
e ristrutturabili in esclusivo ossequio alla specifica destinazione musicale. Sia il
compositore, sia il librettista lavorano infatti con i medesimi intenti, concretare cioè
l’espressione del dramma, il carattere e i vari stati emotivi dei personaggi, nella più
assoluta fusione possibile di parole e musica, tenendo infine presente che le parole
46A STAGIONE LIRICA
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sono soltanto una parte della costruzione, la cui struttura architettonica è determinata
solamente dalla musica. Il librettista inoltre non deve mai scordarsi del fatto che il suo
testo è destinato ad essere cantato e non letto semplicemente>>. Come è noto, una
difficoltà primaria nel predisporre il libretto di un’opera comica in inglese è costituita
dalla rima:anche questo problema è stato risolto da Crozier con stupefacente abilità. E
Britten fu pienamente soddisfatto del testo.
La composizione della musica di Albert Herring fu ultimata nel maggio del 1947 e il 20
giugno si ebbe la prima rappresentazione assoluta a Glyndebourne, sotto la direzione
dell’autore. La partitura fu pubblicata da Boosey & Hawkes nello stesso anno.
Nell’adattamento del soggetto del racconto di Maupassant Le rosier de Madame
Husson ad argomento di Albert Herring Eric Crozier ha trasferito lo svolgimento
dell’azione dalla Normandia alla provincia inglese dell’East Suffolk, collocandolo in
piena età vittoriana, nel 1900 dal punto di vista temporale, quindi, Crozier s’è concesso
ben poca libertà perché la novella di Maupassant è del 1888 e l’ambientazione relativa
pressoché coeva. Assai vistose invece le differenze tra i due testi nell’impianto
narrativo, nella definizione dei caratteri, nel giudizio assunto rispettivamente da
Maupassant e da Crozier nei confronti dei personaggi e della vicenda, sia nel versante
psicologico, sia in quello morale. Il romanziere francese in Le rosier de Madame
Husson non si era discostato dal suo schema letterario ed espositivo consueto: la
storia presenta la finzione di essere raccontata da un terzo all’autore in circostanze
apparentemente fortuite (il deragliamento di un treno, con conseguente sosta
imprevista in una cittadina normanna), entro la cornice di una premessa a sé stante
e di una conclusione storica ultronea, salvo l’inserimento allusivo di una frase, in
un contesto ormai differente, con un giudizio generico di biasimo dell’ipocrisia.
Quella sorta di simbiosi di naturalismo e realismo, che è sempre stata una costante
della narrativa di Maupassant e che derivava dalla ascendenza stilistica flaubertiana, è
presente in questo racconto: intimamente pessimista, pur se animato da uno spiccato
vitalismo, Maupassant si compiace di scoprire la irriducibile ed ingenua malvagità
della gente di campagna e della società piccolo borghese, nell’ambiente provinciale
sentito come paradigma emblematico della società tutta. Nella vicenda propriamente
detta, l’azione è stata esposta da Maupassant secondo una tecnica narrativa che oggi
diremmo di flashback, cioè all’inizio è già visualizzata la fine: <<improvvisamente
compare all’altro estremo della via un ubriaco che procede barcollando>> fu
scritto da Maupassant con dovizia di particolari di carattere naturalistico <<ecco
il rosaincoronato di Madame Husson, come dalle nostre parti, idiomaticamente,
sono chiamati gli ubriachi cronici, per una antica storia>>. Crozier al contrario
dà un significato solo marginale e strumentale alla sbornia di Herring, intesa come
incoraggiamento a diventare uomo. Alla conclusione, la discordanza tra i due testi è
ancor più marcata: in Maupassant il protagonista Isidoro, dopo aver dilapidato nella
fuga dopo la cerimonia tutto l’ammontare del premio e inoltre tutti i suoi beni, ed
essere precipitato di sua spontanea volontà nel baratro senza scampo dei vizi più abietti
(su cui l’autore si sofferma con un linguaggio da verismo zoliano), messo al bando da
tutta la cittadina e diventando su un piano universale il simbolo stesso dell’etilismo,
finisce per morire di una crisi di delirium tremens, <<naturalmente>>, precisa
l’autore. Invece Crozier trasferisce anche questo aspetto della storia dal drammatico
al risvolto comico: nessuna fine tragica, neanche sperpero di soldi se non soltanto
TEATRO ALFONSO RENDANO
tre sterline su venticinque, tutto si riduce alla momentanea ribellione per una sola
notte di un giovane che rivendica giustamente i suoi diritti alla libertà troppo a lungo
frustrati dalla madre, un giovane che, sull’esempio di altri suoi coetanei che avevano
solidarizzato con lui, è prevedibile abbia a vivere poi in modo del tutto normale,
non essendo più condizionato dagli atteggiamenti della società tradizionale. Altre
notevoli discrepanze si notano tra i due testi nella caratterizzazione dei personaggi.
Non tanto in Madame Husson, zitella tipicamente francese nel tratto fisico <<che
aveva sin dalla nascita un orrore radicale per il vizio in genere, specie per quel vizio
che la chiesa chiama lussuria>> (dall’idea di questa crociata nasce il premio di virtù),
e divenuta per Crozier l’anziana Lady Billows, dama dispotica e austera custode della
moralità cittadina; né in Francoise (in Crozier, Florence) che anzi risulta meno umana
in Maupassant, pur se è lei a suggerire il nome di Isidoro, rispetto al testo inglese,
quanto nel protagonista appunto. In Maupassant egli è <<un zuzzurellone di una
castità proverbiale pur se ha passato da un pezzo i vent’anni […] soprannominato
il “termometro del pudore”>> che all’annuncio della scelta arrossisce ma sembra
soddisfatto specie quando nota che le ragazze non lo scherniscono più come innanzi;
al banchetto è egli stesso, abboffandosi su ogni pietanza e facendo sommo onore
al vino, a porre le premesse di quella “tentazione di Satana” che lo avvierà al vizio
senza freni; Albert Herring (da un gioco di parole intraducibile, su redherring che
significa aringa affumicata) è sì timido e rispettoso, però ha degli amici, di cui invidia
la spontaneità di vita, e proprio il loro esempio è di sostegno alla sua affermazione di
libertà. Questo degli amici, assente in Maupassant, è l’autentico elemento di novità del
testo inglese: Sid è una sorta di deus ex machina della vicenda (inteso come tale anche
da Britten nella musica), mentre la stessa Nancy svolge una parte altrettanto maieutica
nella”liberazione del protagonista”. Figura del tutto di secondo piano in Maupassant
è la madre di Isidoro, che neanche aveva partecipato alla cerimonia ma che si accorge
subito, tornando a casa da una visita, della scomparsa del figlio: mentre in Crozier
la “Mum” (cioè la mamma nel diminutivo popolare infantile) nel suo simbolismo
ha una parte decisiva, è lei a sentirsi premiata per la virtù del figlio, è lei ad accettare
esultante la candidatura relegando Albert in castigo, è lei a subire il maggiore choc
alla fine quando il giovane, nello spiegare la sua condotta, le muove tutta una serie di
rimproveri, infine le altre figure e i fatti minori, nel trasferimento dalla Normandia al
Suffolk, mutano soltanto certi connotati improntati ad un nazionalismo pittoresco (in
Francia non è il primo maggio bensì il 15 agosto, festa di Napoleone) ma nello spirito
sono sostanzialmente invariati.
Quello che muta è la vitalità della vicenda nel passaggio da una narrazione, ricca
di aggettivi e di colori ma statica, ad una dimensione teatrale, caratterizzata dalla
simultaneità degli interventi (come nella seconda scena del primo atto) anziché nella
mera successione di fatti e parole. Anche la ricomparsa sulla scena del protagonista
ha un taglio drammatico del tutto diverso: in Maupassant Isidoro sempre passivo, i
particolari della sua fuga e dei suoi trascorsi sono riferiti da terzi, egli stesso è ritrovato
un giorno per terra ebbro e distrutto da otto giorni di stravizi, disgustoso persino a
vedersi. In Crozier è invece il giovane che torna da solo, dice subito e soltanto “mi
dispiace” quando si rende conto dell’ansia per la sua scomparsa ma è egli stesso a dire
la verità, anche contro sua madre; subisce inconsapevolmente quel goccio di rum
nella limonata ma, come s’è detto, questo fatto ha soltanto un significato strumentale
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nello stimolo determinante alla sua ribellione alla condizione umiliata di bambino
viziato e frustrato.
L’Albert Herring è un lavoro comico, non una farsa, impostato com’è con un’abilissima
maestria teatrale, rigorosamente attenta a non superare quel diaframma tra i due
generi del teatro leggero, a tratti estremamente esile; è un lavoro altresì efficacissimo
nell’illustrare un determinato ambiente sociale, messo a fuoco sia dal librettista, sia
dal compositore.
Esprimendo nel 1938 un giudizio sui primi lavori di Britten, Henry Boys ebbe ad
asserire che, a suo parere, questi, se lo avesse voluto, sarebbe potuto diventare il
più originale ed anche il più produttivo musicista inglese nel genere leggero sin dai
tempi di Sullivan: nell’Albert Herring, secondo Eric Walter White, tale profezia si è
pienamente avverata. La musica infatti è briosa, scorrevole, divertente e, per tutto
l’arco dell’opera, ricca di vitalità. Interessante appare il recupero di certi spunti tratti
da precedenti lavori di Britten, come l’intermezzo dei legni tra le scene del primo
atto, che ricorda il primo movimento di Our Hunting Fathers di undici anni prima,
oppure il motivo drammatico in fortissimo del Ratto di Lucrezia allorché nel terzo
atto il commissario di polizia ventila l’ipotesi di un rapimento di Albert. Un’altra
citazione, sottilmente allusiva, è quella wagneriana del tema del filtro d’amore dal
Tristano, che traspare dai cromatismi della viola al momento in cui Sid versa del rum
nella limonata di Albert, citazione che in forma ancor più ironica ritorna sia quando il
giovane trangugia la bevanda sia quando poi egli canta “Oh, quant’è buona!”.
Pure interessante in questa partitura è la presenza di recitativi, sia secchi sia strumentati,
entrambi trattati con grande libertà, non solo ritmica, come nel recitativo quasi
ballata della scena prima, atto primo, nonché la scrittura del concertato del secondo
atto, scena prima, in cui ogni persona segue la distinta linea di canto, indipendente
dall’accompagnamento, o l’ultima scena, con sei recitativi in a-solo, due duetti ed
un canone per Emmie, Cis e Herry. In uno studio pubblicato sulla rivista inglese
”Times” nell’autunno del 1947, Erwin Steln ebbe a notare in un’opera comica come
l’Herring sono molto più rare le occasioni per oasi liriche e stati emotivi rispetto
a lavori drammatici: Britten a questo proposito ha adottato magistrali soluzioni
contrappuntistiche, come nei due cori fugati “Abbiamo svolto le nostre indagini” e
“Un re, un re di maggio!” (scena prima, atto primo), nel duetto sui piaceri dell’amore,
cantato da Nancy e Sid con accompagnamento dei legni in un canone all’ottava,
nell’intermezzo fugato tra la prima e la seconda scena del secondo atto, e in particolare
nella parodistica trenodia del terzo atto, che dal suo coralismo a nove parti prelude
ai distinti interventi vocali di ciascuno dei presenti, per i quali Britten ha segnato in
partitura rispettivamente espressivo per il vicario, piangendo per Nancy, marcato
ed eroico per il sindaco, brillante per Lady Billows, con forza per Florence, pesante
per il commissario, lamentoso per l’insegnante, con gravità per Sid e appassionato
per la madre di Albert, e che al termine, dopo essere passati dal minore al maggiore
vengono ripresi, in tutti, sull’accompagnamento dei timpani, fondendosi in una
pagina polifonica di brillante struttura.
Una costante fondamentale del teatro di Britten e di altri suoi lavori è quella della
<<frustrazione dell’innocenza>> (assunta spesso in termini emblematici) dei
protagonisti: come acutamente osservò Angiola M. Bonisconti, <<proiezioni di
tale concetto sono sia Peter Grimes sia Billy Budd, pur con diverso addensarsi di
TEATRO ALFONSO RENDANO
ombre misteriose sull’uno e sull’altro, e Peter Grimes vittima in positivo rispetto ad
Albert Herring vittima in negativo, grottesco; ed il ragazzone maternizzato Albert
a sua volta con il piccolo Spazzacamino; e l’avulso Billy Budd sia con Peter Grimes
sia con i pertinentissimi Miles e Flora del Giro di vite; e a loro volta questi ultimi,
vittime grondanti e consapevoli dei mali dell’infanzia, sono parenti con l’innocente
Spazzacamino, così come con la sprovvedutezza di Albert Herring, trasposta in età
adulta, disponibile invece alle funzioni comiche>>.
Nella scrittura musicale e in certe soluzioni teatrali, Britten è quasi riuscito a
rinnovare, secondo Ernest Newman (in un articolo sul “Sunday Times” dopo la prima
rappresentazione di Glyndebourne) lo spirito e la forma del Falstaff, a conferma del suo
brillante eclettismo e degli smaglianti esiti espressi da uno strumentale di straordinaria
efficacia coloristica, pur nel semplice organico, specie nella caratterizzazione,
finemente azzeccata, dei personaggi. Si consideri per esempio Lady Billows, l’evidente
sottolineatura ironica con cui in lei viene raffigurato in modo sintomatico un certo
moralismo dell’età vittoriana, pur rispondente in modo allusivo ad ipocrisie puritane
dei nostri tempi; e come Britten evidenzi nella musica la consapevole grandeur del
personaggio nell’esibire il suo vanitoso snobismo, dal suo primo ingresso su tempo di
marcia all’accompagnamento ironico del discorso pasticciato alla cerimonia. Anche alle
altre figure di primo piano la musica aderisce come un guanto, nella caratterizzazione
dell’opera: quando il vicario nella prima scena intona “E’ Alberto virtuoso” si
ascolta la deformazione di una ballata popolare dell’età vittoriana, il cui motivo
prelude poi ad un concertato <<non indegno della più tradizionale opera italiana
dell’Ottocento>>, come ancora ha osservato Newman. Sottili e scaltre notazioni
comiche si riscontrano pure in parecchie altre parti dell’Albert Herring, dal motivo
fieristico in sottofondo che accompagna il lamento della madre del protagonista sulla
fotografia del figlio (terzo atto), a certe gemme timbriche, come i monotoni accordi
dell’arpa quando Lady Billows interpella la madre di Albert, o gli accenti marziali del
corno durante la premiazione, o quell’indovinatissima combinazione melodica di
flauto in sol e clarinetto basso nell’intermezzo alla fine del secondo atto, a commentare
la tranquillità della notte mentre Albert, barcollante e brillo, raggiunge il negozio della
madre. Ancor più smagliante appare la caratterizzazione del protagonista, di cui la
musica tratteggia la parabola psicologica con sottolineature melodiche e ritmiche assai
azzeccate, sin dal suo ingresso in scena, all’atteggiamento imbarazzato di fronte al
flirt di Sid con Nancy e al successivo monologo sulla validità della rigida educazione
materna, con il ricorrente dubbioso “perché poi?”, agli accenni veristici a proposito
dei singulti provocati da quell’insolita limonata, all’altro monologo della fine del
secondo atto, il clou dell’opera, quando egli decide di fuggire nella notte, e infine alla
spiegazione conclusiva. Non va dimenticata neanche la caratterizzazione musicale
del personaggio di Sid, nel suo insinuante recitativo, nello stacco marcato degli
ariosi, nella partecipazione diretta alla vicenda di Herring, nonché l’evidenza data da
Britten al sibilo dell’appuntamento, riecheggiato da Albert. L’abilità di scrittura del
compositore si esalta ancora nella varietà espressiva conferita al mondo dei fanciulli,
con l’arguzia coloristica die quelle due voci di soprano e quel treble, la vivacità delle
loro canzoncine infantili e in particolare del motivo che, dopo il loro ingresso, ritorna
alla fine dell’opera. Già alla giovane età in cui scrisse l’Albert Herring, Britten ha
dunque affermato le sue qualità di musicista d’istinto, la sua spiccata vocazione
46A STAGIONE LIRICA
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teatrale, l’esattissimo senso dell’equilibrio tra le varie parti di un’opera, la intelligenza
nell’individuazione ritmica, armonica, timbrica e melodica dei personaggi, principali
o minori; già da Albert Herring si avverte in Britten la presenza di un protagonista
di prima grandezza nel panorama della musica contemporanea: ne è conferma
altresì la vitalità e la validità dell’eclettismo del suo linguaggio, che, dalla varietà delle
assimilazioni e delle sue personalissime elaborazioni, riverbera una immediatezza
dotata di quella spiccata forza comunicativa che conquista il pubblico.
La fortuna
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A Glyndebourne il 20 giugno 1947, con l’English Opera Group, sotto la direzione
dell’autore, le parti principali furono sostenute da Peter Pears (Albert), Joan Cross
(Lady Billows), Gladys Parr (Florence), Margaret Ritchie (miss Wordsworth),
William Parsone (vicario), Norman Lumsden (commissario), Frederick Sharp (Sid),
Nancy Evans (Nancy), Betsy de la Porte (madre di Albert).
Lo spettacolo riscosse un chiarissimo successo, agevolato anche dalla gustose scene di
John Piper e dalla calibratissima regia di Frederick Ashton, già coreografo del Sadler’s
Wells Ballett. I giudizi della critica sottolinearono in modo incondizionato l’alto livello
dell’interpretazione, la brillantissima realizzazione nonché la prestazione di Pears;
alcuni recensori non si mostrarono all’inizio molto convinti dell’effettivo amalgama
tra testo e musica, opinione attenuatasi in seguito. Se sul “Times” si commentò
che <<Britten ha scritto soltanto un mero accompagnamento musicale, ma, salvo
due concertati, la parte della musica è insufficiente nell’equilibrio del lavoro>>,
d’altra parte Lord Harewood osservò che <<nella storia delle rappresentazioni
teatrali in Inghilterra sono numerose le opere drammatiche, mentre assai rare quelle
genuinamente comiche, tra cui, dopo Mozart, il Barbiere rossiniano, la Sposa venduta,
Falstaff, Gianni Schicchi, ciascuna un capolavoro per sé, specie nel paese d’origine: ma
al giorno d’oggi? Questo interrogativo non si pone più ormai dopo Albert Herring,
ultimo arrivato ma degno di figurare alla pari con quei precedenti esempi>>.
Sul “New Statesman”, Taylor riconobbe invece l’importanza determinante del libretto
di Crozier nell’affermazione dell’Albert Herring, oltre a riscontrare altresì i momenti
più brillanti dal punto di vista comico nella lezione di canto e nell’effetto teatrale
della trenodia all’ultimo atto, rapportato all’improvviso ritorno del protagonista. Ad
una disamina più meditata si riconducono i giudizi di Newman, Lockspelser e Klein,
nonché quello di White, già citato (Britten, His Life and Operas, London 1970).
Sul “Sunday Times” Newman obiettivamente riconosce di aver valutato troppo
severamente, subito dopo la prima rappresentazione, il valore del testo di Crozier;
pur preferendo la espressività manifestata dal Ratto di Lucrezia, elogia apertamente la
maestria di scrittura britteniana anche in Herring; Lockspeiser a sua volta si sofferma
sulle ascendenze musicali del protagonista di quest’opera comica, istituendo un
interessante collegamento con Peter Grimes dell’opera omonima e con Tarquinio del
Ratto, per concludere <<se ogni compositore si riconosce nei suoi eroi, speriamo
che Britten faccia tesoro della lezione di Herring, rafforzando la sua autonomia e
indipendenza artistica>>; per Klein infine sul “Musical Opinion”, Albert Herring
esalta il senso del teatro, presente in Britten come in nessun altro musicista inglese, e
sviluppa ulteriormente, e in senso positivo, gli esiti artistici di alto livello già raggiunti
nel Grimes e nel Ratto, nello specifico settore del teatro d’opera; sempre per Klein,
TEATRO ALFONSO RENDANO
il libretto di Crozier appare un testo ideale per essere trasferito sul pentagramma,
i due interludi strumentali sono tra le migliori creazioni di Britten. White nel suo
libro convalida tutti i giudizi positivi acquisiti dall’Albert Herring, in particolare il
virtuosismo della scrittura musicale, lo spirito di raffinato divertissement dell’opera,
assecondata da un efficacissimo libretto. Su questa opinione concorda al giorno d’oggi
ormai tutta la critica.
Nello stesso 1947, Albert Herring fu rappresentato col medesimo cast di Glyndebourne
in una tournée sul continente, riscuotendo grande successo al Festival d’Olanda e a
Lucerna in particolare; è stato poi ripreso sin dall’anno successivo al nuovo Festival
organizzato da Britten ad Aldeburgh. Anche all’estero, e non solo in lingua inglese
(in Germania per esempio il testo era tradotto in tedesco), ovunque rappresentato,
l’Herring è stato sempre vivamente applaudito.
La prima ed unica occasione per conoscere quest’opera in Italia è stata quella del XXXI
Maggio musicale fiorentino, al Teatro della Pergola il 19 e 20 giugno 1968, a cura dello
“Scottish Opera” di Glasgow, diretta da Roderick Brydon, con regia di Anthony Besch
e scene di Adam Pollock: nelle parti principali, Gregory Dempsey (Albert), Judith
Pierce (Lady Billows), Michael Maurel (Sid) e Anna Reynolds (madre di Albert).
Ammirando la <<finezza di gusto, l’intelligenza interpretaiva, la preparazione
perfetta della rappresentazione>>, Leonardo Pinzauti su “La Nazione” ha aggiunto
che <<perfino in un’edizione in lingua originale gli spettatori escono dal teatro con
l’aria soddisfatta di chi si è divertito davvero e non con il muso lungo di chi ha avuto
l’impressione d’esser stato invitato ad un esperimento […] Quanto a Britten […] ci
si è accorti a quale livello di bravura egli fosse già giunto nel 1947, con quale chiarezza
avesse già fatto le proprie scelte stilistiche soprattutto nell’equilibrio del commento
orchestrale […]. Comunque la terribile noia non giunge mai>>.
Luigi Bellingardi
46A STAGIONE LIRICA
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Albert Herring libretto di Eric Crozier
dal racconto “Le rosier de Madame Husson” di Guy de Maupassant
Musica di Benjamin Britten
Edizioni Boosey&Hawres, rappresentante Casa Ricordi - Milano
Comic opera in tre atti in lingua inglese
Prima rappresentazione: Glyndebourne, 20 giugno 1947
Il Soggetto
Atto primo
Nella piccola cittadina di Loxford sono riuniti in casa di Lady Billows i membri del
comitato per l’annuale elezione della Regina di maggio. Il concorso è promosso
dalla padrona di casa con la finalità di arginare la decadenza morale del villaggio.
Nessuna delle candidate soddisfa i requisiti morali richiesti; il sovrintendente di
polizia propone di eleggere, come soluzione drastica, un Re di maggio nella persona
di Albert Herring in quanto esempio di una educazione improntata a severi principi.
La soluzione proposta non convince Lady Billow che cede di fronte all’alternativa di
annullare concorso e festa. Nel negozio della signora Herring, Sid canzona Albert per
la sua totale sottomissione alla madre decantando le gioie dell’amore e della caccia.
Arriva Nancy e prende ad amoreggiare con Sid mettendo in imbarazzo il povero
Albert, quando sopraggiunge il comitato al completo con l’annuncio dell’elezione di
Albert a Re di maggio anno 1900. A nulla valgono le proteste del giovane, la madre
convinta dal premio di venticinque sterline costringe Albert ad accettare.
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Atto secondo
La festa di premiazione si tiene nel giardino della parrocchia, Sid per burla versa del
rum nella limonata di Albert che al momento del discorso di ringraziamento è travolto
da un attacco di timidezza e balbetta solo qualche parola. Mentre fa ritorno al negozio
della madre Albert ascolta non visto un dialogo tra Nancy e Sid e subisce una doppia
delusione: Nancy, contrariamente alle sue speranze non nutre per lui alcun interesse,
e con Sid ha parole di commiserazione per la soggezione di Albert alla madre. Albert,
amareggiato e indispettito, decide di sperimentare tutte quelle esperienze che gli sono
state negate.
Atto terzo
Il pomeriggio del giorno seguente sono tutti riuniti nel negozio della signora Herring
commentando la scomparsa di Albert e piangendone ormai la morte. D’improvviso
egli si presenta sporco e scarmigliato: si è ubriacato e ha fatto a pugni. Albert non è
più disposto ad accettare i rimproveri della madre, rifiutandone ormai l’educazione
opprimente. I membri del comitato che lo aveva eletto Re di maggio si allontanano
scandalizzati mentre gli amici si congratulano con Albert e gli fanno festa.
TEATRO ALFONSO RENDANO
Albert Herring
L’azione dell’opera si svolge a Loxford. una cittadina mercantile del Suffolk orientale
fra l’aprile ed il maggio dell’anno 1900.
Personaggi
Lady Billows
una tiranna imponente e attempata, con i capelli grigi e gli occhi sfavillanti. La sua
passione per le opere pie spesso travolge i destinatari,per il troppo entusiasmo.
Florence Pike
sua domestica e indispensabile compagna. E’ una donna di rigidi costumi, di qualche
anno più giovane della padrona; un tipo che ricorda molto un sergente maggiore.
Mr. Gedge
parroco della chiesa di Santa Maria: amabile, tranquillo, sui quarantacinque anni.
Sovrintendente Budd
prefetto di polizia, tardo, lento nel parlare; una brava persona.
Mr. Uppold
attuale sindaco di Loxford; un uomo magro, permaloso, che possiede diverse tenute
nel distretto e la macelleria locale.
Miss Wordsworth
direttrice della scuola parrocchiale: età 38 anni; una persona semplice, ricca
d’entusiasmo, amata da tutti.
Sid
giovane impertinente e simpatico,commesso della macelleria.
Nancy
una bella ragazza di 26 anni, che si preoccupa di arrivare ai trenta senza marito.
Ciò rende il suo comportamento avventato benché sia di natura fondamentalmente
onesta. Aiuta suo padre nel panificio.
Signora Herring
una vedova possessiva e di idee ristrette. Possiede un negozio d’erbivendolo a Little
Street.
Albert Herring
un ragazzone alto e robusto di 22 anni che aiuta la madre a gestire il negozio
d’erbivendolo. Non è stupido, ma quell’insieme di tirannia e di adorazione che la
madre nutre per lui lo ha reso oltremodo timido e goffo, specialmente quando si
trova ad affrontare situazioni e persone diverse dal solito.
Emmie - Cis - Harry
fastidiosi ragazzi del paese di 13, 13 e 12 anni.
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Atto primo
Scena prima
Il tinello in casa di Lady Billows a Loxford. Florence, la domestica, sta riponendo su
di un vassoio le stoviglie della prima colazione di Lady Billows. Viene interrotta da
un grido imperioso che proviene di tra le quinte e va nell’atrio per ascoltare.
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Lady Billows Florence! (i suoi ordini sono del tutto incomprensibili, eccetto alcune
parole) ... la levatrice...
Florence Dite pur Milady.
Lady Billows ...non deve...
(Florence torna nella stanza, prende il vassoio ed esce con aria risoluta)
Florence! (nessuna risposta)
Florence!
(Florence rientra in fretta nell’atrio per ascoltare)
Florence Si. Milady...
Lady Billows (altro ordine incomprensibile e infine ... )
...che lo faccia a pezzi e lo butti via! ...
...Sconcio!...
Florence Si. Milady... Prima delle tre
(torna nella stanza, prende un piccolo diario di casa, una matita e si china sul tavolo
per annotare le ultime istruzioni)
Quella levatrice ... lasci star gli illegittimi.
Slogan del farmacista...osceno ... buttar via!
Poi dal “Primrose cottage” ... per i rutti sconci
che...William fa, senno... ! ...comperare il
tè...(controllando le annotazioni precedenti)
Comperar la legna al 6 di Mount! ... Guanti,
per Mister Pìlgrín... ! Quante copie diamo ai
vecchi dell’ospizio della predica pasquale?
Certi fiori, non sull’altare! ....... DA
PAPISTI! ... I coristi devono...attaccare
a tempo .... (chiudendo il diario
sconfortata) La vita, il cuor, la mia energia
non reggono a Lady B. Le pensa tutte lei le
cose folli per imporre carità! ... Ma io... spesso
vorrei...
(mentre sta per sfogarsi liberamente Florence
viene interrotta perchè sente bussare alla
porta. Si aggiusta crestina e grembiule e va ad
aprire. Entrano Miss Wordsworth, il Vicario, il
Sindaco ed il Prefetto di polizia Budd)
Miss Wordsworth Siam giunti troppo presto.
Florence?
Florence Oh no, Miss. Milady sta
aspettandovi.
TEATRO ALFONSO RENDANO
Il Vicario Ehi sembra quasi una delegazione.... eh?
Florence Prego vado ad avvertir Sua Signoria.
(prende bastoni e cappelli ed esce)
Il Sindaco (consultando l’orologio) Le dieci e mezza esatte!
... Noi siamo puntualissimi.
Il Vicario Si segga qui Miss Wordsworth.
Miss W. Veramente mi trovo bene qua.
Il Vicario Come vuole ... (l’orologio batte la mezz’ora)
Il Prefetto di Polizia (consultando il proprio orologio) ...Dieci secondi avanti!
Il Sindaco No, no. no! E’ giusto con il mio!
Miss W. (avvicinandosi alla finestra) Trovo sia eccitante e dolce scansar la scuola per
godere il sole!Completamente libera ... è splendido!
Il Vicario (sorpreso) Marinare?!
Il Prefetto (scuotendo il suo orologio) Pure ... non mi pare che ritardi.
Il Sindaco E’ un bel tempo per aprile Mister Gedge.
Il Prefetto Ma, forse, lo farò,lubrificare.
Miss W. Veh! Lo sciame d’api sul rosmarino è tutto un ronzio.
Il Vicario (rispondendo al Sindaco)Perfetto,creda a me! Maggio e Giugno tutti da
godere.
Il Sindaco E’ così!
Il Prefetto “Dentro un leone. fuori un agnello”: questo marzo fu crudele.
Il Sindaco Eh, già! ...
Miss W. - Il Vicario Voilà:”L’inverno è fuggito, la pioggia alfine è cessata.... La terra
splende di fiori... Il
Il Vicario (sentenziando) Canto di Salomone!
Il Sindaco (impaziente) Visto che qui...
Il Prefetto (interrompendolo) Milady è rimasta turbata a saper della figlia dei
Curtis!... Non vuole dire di chi è gravida!
Il Vicario E con questo sono tre!
Miss W. Orrore! ... e ... Lily Jarvis è un altro problema!
Il Prefetto Simile, no?
Il Vicario Padre sbronzo e madre perduta! Nel vizio guazza tutta la gioventù.
Miss W. - Il Sindaco - Il Vicario Poveri figli!
Diamoci da fare. Necessita severità, certo! Forti misure... Severità. Per evitare guai!
Miss W. Così la pensa Lady B. E’ essenziale!
Il Prefetto Però Sua Signoria...talvolta esagera!
Il Vicario cambiando discorso) L’idea del festival è ottima; ed io spero che...
Miss W. - Il Prefetto - Il Sindaco Oh si! Io ci spero! Si, si! Bravo...
Florence (entrando tutta agitata) Sst! è qui.
Il Sindaco - Miss W. - Il Prefetto - Il Vicario
Vigili! Oh Sua Signoria ... Viene qui ...... ah! Lady Billows! ...
(tutti si voltano verso l’entrata. Solenne ingresso musicale di Lady Billows che
avanza lentamente, con sussiego, nella stanza; gli occhi le scintillano febbrilmente;
poi improvvisamente si dirige verso la finestra e la spalanca)
Lady Billows Aria! C’è puzza qui! Di tabacco e di maschio! (i suoi occhi vanno da
un visitatore all’altro, con sguardo accusatore)
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TUTTI Buon giorno. Milady.
Lady B. Buon giorno.
INSIEME
Miss W. - Florence - Il Sindaco - Il Vicario - Il Prefetto
Oggi è il Dieci Aprile, il giorno stabilito per il nostro secondo incontro... Siamo qui
per studiar con Lei ... chi dovremmo eleggere Regina di Maggio!
Lady B. Siete puntuali! mattinieri! Molto bene!
(Lady Billows va verso il tavolo con grande ostentazione e si siede)
INSIEME
Miss W. - Florence - Il Sindaco - Il Vicario - Il Prefetto
Svolgemmo indagini sui nomi e i risultati sono qua! … Noi siamo pronti purchè
piaccia a Lei.
(quindi tutti siedono attorno al tavolo)
Lady B. Florence, taccuino!
(dopo una lunga pausa)
Statemi a sentire: come è noto ci ritroviamo qui per la reginetta di maggio! Quanta
semplice saggezza vive in queste usanze la semina ... Cristo Re ....la fiaccolata di San
Silvestro ed altro.
L’elezione di maggio, che splendida gara! Nella mia gioventù che accanimento c’era
in noi!
C’incontravamo il primo maggio giusto a mezzodì... sfilavamo lungo il Green ... e
la Regina sedeva a pranzo in fronte a tutti! (seccamente) Voi non potete capire; siete
giovani! (dopo una pausa) Quest’anno elargirò in premio... venticinque pounds!
Sarà una mia incombenza! Bisogna rendere la virtù attraente ambita ed eccitante! ....
Sconcezze eccetera ... troppe, ahimè, uff!
Il tasso di natalità cresce di giorno in giorno ... e il dottor Jessop sforna bimbi a
madri di cui ben poche credo che siano passate da Lei Padre!
Indecente! No! Così mai!
Siamo in balia del caos morale!
Bene...penso che siate unanimi... stessa forma...
(tutti alzano la mano; l’orologio batte i tre quarti)
Unanimi! Bene ... son pronta a sentire ..... Attendo! ... su ?!
(Tutti sono rimasti un po’ intontiti dall’arringa di Lady Billows. Il Vicario si riprende
per primo mentre gli altri prendono a consultare le loro piccole liste di nomi.
Florence verifica sul suo taccuino e poi, acida, fa le sue osservazioni, Lady Billows
è seduta e ascolta con viso arcigno;di quando in quando scuote la testa con sbuffi
significativi o esclamazioni)
BALLATA
Il Vicario Il primo nome della lista è quello d’una ragazza bella e molto pia che mai
ha perso la messa: ... Jennifer Searl.
Florence L’altro Natale flírtava con Tom Dair.
Lady B. NO, non va!
(il Vicario siede e si alza Miss Wordsworth)
...il suo forte è la botanica!
TEATRO ALFONSO RENDANO
Florence L’han vista nel bosco l’altro ieri con Tom Hood ... al buio!
Lady B. Quel nome via..non va bene!
(si alza il Sindaco)
Il Sindaco C’è Winifred Brown che, come commessa, lavora da Missus Bell, ho
chiesto di lei: la gente è d’accordo nel dire che è un fior di virtù.
Florence Però è andata col suo cuginetto del Kent in calesse, ... domenica a Lent!
(tutti tacciono. Il Prefetto di polizia si schiarisce la gola)
Lady B. Parlate!
Il Prefetto Ho poco da dire Miladyq e non mi dilungherò: la giovíne che vi pongo è
un tesoro... si chiama Amelia Keate.
Florence Con certe magliette fa mostra di sè, e porta le gonne un po’ troppo all’insù,
Per me non ce n’è una degna di essere eletta Regina del Festival.
Lady B. (rabbiosamente) Tutte cancellatele!
Quei nomi via!
Non perdiam tempo in ciarle!
Pulzelle! Non vacche!...
E poi?
(Tutti sono piuttosto confusi dal fallimento dei loro primi suggerimenti. Si
affrettano a proporre altri nomi)
Il Vicario Ho ancora un nome o due che annotai nel caso che il primo mi venisse
scartato: ... che dite di Edith Chase?
Florence E’ vanesia!
Il Vicario Ma frequenta l’oratorio...
Florence So che un giorno, al postino, aperse in camicia da notte!
Miss W. Io proporrei le gemelle Me Line: Joyce Mary e sua sorella. Sono abili ed
impagabili…
Florence (interrompendola) il Signor Budd ha colto indiscrezioni su entrambe!
Lady B. Verità?
Il Prefetto Lo giuro sul mio onore..... e ... (resta imbarazzato)
Florence Non può ripetere quello che .......... Scusatelo Milady
Il Vicario La ragazza della fattoria?
Florence Scoperta all’alba in fondo ad un fienile!
Il Sindaco La bella lattaia?
Florence Accetterà, benchè non sia l’ideale per noi!
Lady B. Allora zìtto!
Miss W. Ma una da eleggere ci sarà pure...
Il Prefetto Ci sarebbe Nancy Waters...non saprei ...
Florence La panettiera? No!no! no, no, no... non si può fare regina di maggio.
Il Sindaco E’ cotta di Sid, il mio commesso; che coppia quei due...sono proprio
testoni.
Il Vicario Ho perlustrato invano tutta la parrocchia.
Miss W. Cosa si fa? Non ce n’è una di cui fidarsi, neppure una, nella nostra città?
Il Prefetto - Il Sindaco - Il Vicario Purtroppo è così! ... Delusi, sconfitti!
Lasciare svanire così il nostro progetto!
Florence Nessuno c’è riuscito!
(Tutti siedono silenziosi e scuri in volto)
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Quartetto (lamentoso)
Il Vicario Amaro, amaro è il frutto del peccato ... ahimè!
Si nutre con veleno si corrompe e dopo muor!
Miss W. Fra tutte le mie scolare, io provo partícolar gioia nel segnalare Elizabeth.
Miss W. Insegno ai miei scolari la vera moralità, ma non ascolta i miei consigli
questa gioventù!
Il Sindaco Come è doloroso per me, vedere la mia città lentamente, nel baratro,
sprofondare.
Il Prefetto - La polizia cosa può fare per soffocare gli abusi?
L’umanità è fragile ed il peccato ha il suo fascino!
(un tetro silenzio. Florence sta in piedi rigida e muta. Lady Bìllows comincia a
ribollire come un vulcano e, improvvisamente esplode)
ARIA (furioso)
Lady B. Tutto qui? Solo impurità degne dì biasimo? Non c’è niente altro da
propormi? Soltanto fetore di libidine carnale?
Florence (facendole eco) … Libidine carnale!
Lady B. A Loxford son tutte troie?
Ci sono soltanto scarti di femmine?
Oneste non ce ne sono?
Saprò punire la loro lascivia!
Mostrerò la legge e la moralità!
Florence ...e la moralità!
Lady B. In questa città io vissi e lavorai?
E’ Sodoma e Gomorra....corrotta e condannata!
Oh! ripugnante terra! .... oh, spaventoso orrore!...
Questo è Loxford: un porcile sessuale!
Florence ...Un porcile sessuale!
(L’orologio stride e batte le 11. Lady Billows si accascia su una sedia; tutti gli altri
sono sfiniti. Dopo un po’, il Prefetto di Polizia ha un’idea .....
Il Prefetto (esitando) Chiedo perdono ... io vorrei dire ...
(risoluto) è mai accaduto d’eleggere un re?
Florence Eleggere un re!?
“Qua le vergin, se ce n’è più pensan poco e cascan giù ! “
(Lady Billows sembra sul punto di esplodere nuovamente. Ma, superato il momento
cruciale, dice mestamente)
Lady B. Sono veramente costernata! 0 noi rinunciamo al progetto...o .....
Il Prefetto (ostinatamente) Albert Herring!
Lady B. (con rabbioso disgusto) AIBERT HERRING!
... (quindi, volgendosi verso il Vicario in cerca d’aiuto) Padre? ...
Il Vicario VIRTUS ci dice Iddio, EST VIRTUS …
GRATIA PLENA UBICUMQUE QUOQUOVERSUM
QUOTIESCUMQUE essa sia.
Rara più di perle .... zaffíri Ricca più di ogni ... scibile ... In Albert c’è la virtù?... Sì? o
no? Questo noi dobbiamo sapere! Albert è un angelo? Albert è virtuoso? Sí? ...o no?
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Egli è un modello di virtù!
INSIEME
Miss W. Albert è un angelo di virtù; è un esempio di bontà!
Florence E’ ineguagliabile per virtù; d’assoluta castità!
Il Sindaco E’ irreprensibile per virtù; d’assoluta probità!
Il Prefetto E’ insospettabile la virtù; è un esempio d’onestà!
(Dopo questa tirata tutti si volgono verso Lady Billows che sembra essersi
addormentata sulla sedia)
Lady B. (come da sottoterra) Albert ... e poi ?
TUTTI (rispettando il suo stato d’animo rispondono dolcemente)Herring!
Lady B. (appena udibile) Herring ... (quindi con energia improvvisa ed esplosiva) Si!
Sta bene! UN RE! (Alzandosi energicamente imitata dagli altri) Che lezione, mie
ragazze!
FINALE
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Lady B. Re di maggio! In questa posizione farà enorme sensazione nel
calendimaggio.
Florence Presto, andiamo a dargli la notizia. Perché si tenga pronto pel
calendimaggio.
Il Vicario Sono d’accordo anch’io. Che saggia soluzione quest’incoronazione d’un
giovane virtuoso nel calendimaggio!
Miss W. Incoraggerà i nostri giovanotti ad essere virtuosi il calendimaggio.
Il Sindaco Le più alte autorità di tutto l’Eastern Suffolk invidieranno Loxford per la
festa del calendimaggio.
Il Prefetto I poliziotti: i poliziotti saranno lì schierati per mantenere l’ordine pel
calendimaggio.
Lady B. Amici miei, che gran felicità! Un casto fior
sbocciato qui conquista il premio per la sua virtù! ...
E meglio ancor ch’è maschio!
ODE
(cantata da tutti senza accompagnamento)
TUTTI Si. la virtù si è designata il suo campione!
D’aspetto semplice, è un giovane di umili natal,
che sa fuggire la tentazione.
Sotto il suo grembiule batte un puro cuore.
Con tanti e tali pregi
più non importa il sesso ...
... La sua corona rifulgente
e schietta la Dea virtù gli dona!
Oh, GAUDIO !!!
Sipario e interludio
TEATRO ALFONSO RENDANO
Scena seconda
Negozio di erbivendolo della signora Herring a Little Street. C’è una larga vetrina
a ghigliottina, piena di frutta, verdura, cartelli vari: attraverso di essa si vede la
strada del Paese. La porta del negozio è aperta; la metà inferiore è collegata ad un
campanello, che suona quando entra un cliente. Un bancone basso con una bilancia
e un fascio di sacchetti di carta. Dietro questo, una porta che immette nel resto della
casa. Cassette di frutta, cestini, cartellini dei prezzi, eccetera, sono sparsi in gran
quantità per tutto il negozio. Quando si alza il sipario il negozio è vuoto. Tre ragazzi
- Emmie, Harry e Cis - giocano all’esterno facendo rimbalzare un pallone contro la
parte inferiore della mezza porta, cantando una rozza filastrocca e ritmandola con il
gioco.
Hemmie, Cis, Harry Palla su, palla giù, palla fino a Gerico;
Palla qua, palla là, palla non la far cascar. Uno! ... due! ... tre! ..
(La palla non colpisce il segno e vola al dì là della parte superiore della porta.
La canzone si interrompe. Le tre teste dei ragazzi spiano cautamente l’interno,
guardandosi attorno)
Hemmie, Cis Forza Harry, la vecchia è via! Presto va su!
(aiutando Harry a scavalcare la mezza porta ed indicandogli il campanello)
così! ... non lo scuotere! ...
Harry I calzoni! ... Hop!
Hemmie, Cis Ci sei? ... Guarda là ... dietro il cestino!
(Harry raccoglie la palla e la getta alle ragazze; poi prende alcune mele da un barile e
comincia a riempirsi le tasche. Tutto questo accade in silenzio se si eccettuano pochi
commenti sussurrati)
Cis Butta anche a me Harry, dai!
Hemmie Oh, Dio! Se viene Albert..
Harry Bestia che sei ... scapperei!
Hemmie, Cis Oooh... che belle mele.
(le ragazze sono tanto occupate a guardare Harry che non si accorgono che Sid arriva
alle loro spalle. Ha un grembiule da macellaio ed è in maniche di camicia.)
Sid Mocciosi.. via di qui!
Hemmie, Cis Guarda, c’è Sid!
(Questi afferra Harry, che era rimasto bloccato in negozio e gli svuota le tasche)
Sid T’ho preso, brutto scemo!
Hemmie, Cis Scemo sei tu! Marameo ... Mollalo!
Sid Mendicanti! (ed a Harry che cerca di divincolarsi) Mò ti piglio a scoppole;
svuota le tasche! ... E’ tutto qui? Va beh! Vai via!
(spinge Harry verso la porta e gliela fa attraversare a pedate. I tre ragazzi scappano via)
Hemmie, Cis Dico al papà che Harry è stato pestato da te, Sid!
(Sid rientra in negozio, raccoglie le mele sparse qua e là e se le mette in tasca, poi va
verso la porta che dà sul retro e grida)
Sid Ehi! Ehi Albert!
(Infine si sceglie una bella mela rossa, se la pulisce sui calzoni e le dà un morso. Si
ode intanto un tonfo sordo contro la porta che dà sul retro. Sid la apre e fa strada ad
Albert, che cammina a ritroso trascinando un gran sacco di verdura)
Sid Ecco qua! (buttando il torsolo della mela sul bancone) Harry ti lascia i torsoli.
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(quindi aiuta Albert a posare il sacco)
Come lo puoi portare solo tu? Urca! ... Ci sta un cadavere!!...
Albert Sono solo quattro rape.
Sid Però! ... che forza! Mi daresti due gambi di sedano?
Albert Si.
Sid Salvia ce n’hai?
(Albert va dietro il bancone per servire Sid)
Albert Ogni mazzetto 3 pence; eccola qua.
Sid Me ne dai tre. Nove pence e me la cavo.
Albert O.K.
Sid Uno scellino. (facendo saltare la moneta nella mano)
Butta! ... giochi o no?
Albert Oh, no Sid. Io non voglio perché ... mamma non vuole.
Sid Ora non c’è. Testa o croce? Forza, butta!
Albert Non voglio giocare, non mi va!
Sid Perchè? E’ per mammà?... non ti lascia fare da te? ... non hai mai preso neppure
una sbronza?
Albert Mamma è astemia ...
Sid Mai andato per conigli con un cane?
Albert ... rigida e sobria
Sid Te la sei già filata una bambola, o no?
Albert ... Basta così !
Sid Fai mai quattro salti alla Jubilee Hall?
Albert Non mi piace per niente; non è roba per me.
Sid Di meglio non c’è che far quattro salti alla Jubilee Hall!
Se vuoi, lo puoi ... sempre che sputi il biberon !
Trote pescar,
lepri stanar,
quaglie levar:
è questo lo sport che farebbe per te!
Viver così,
senz’altro piacer
che il proprio dover:
è roba da pazzi per un come te!
Ma il re degli sports
è trovare una bionda
e giocare all’amor ...
Te la baci pian piano,
la man nella mano,
stringendola al cuor.
Donna! sei tu del mio cuor
la primavera;
tu sei per me
il profumo dei fior ! ...
Donna,
con te sovra il cuor
TEATRO ALFONSO RENDANO
la vita intera ...
è un’eterna
stagione d’amor!
Donna,
da te, con amor,
il tuo richiamo
voglio udir ...
“Io t’amo!”
(Nel frattempo Albert si sforza di fingere di non notare le osservazioni di Sid,
riempiendo carponi una cassetta dal sacco di rape)
Albert Sid, mi spiace, devo lavorare un po’.
Sid Oh! se hai da fare ... ti pare! Anch’io devo andare.
(Nancy fa capolino dalla porta. 26 anni, graziosa, un grande sorriso)
Nancy Buon giorno a voi due.
Sid Guarda chi c’è. Buon giorno. Buon giorno.Buon giorno.
(Sid spalanca la porta del negozio ed invita Nancy ad entrare) Arrivi in buon punto,
parliamo di te.
Nancy Parli di me? ...pensa un po’ a te!
Sid E’ il buon Albert che ha dato l’avvio, lo sai?
... sta attenta ad Albert: è più dritto di me.
Nancy Invece di dire tante sciocchezze, muoviti un po’. Puoi venire con me?
Sid Non ho smesso un minuto di sgobbare. Sono qua da stamattina alle otto.
Lo conosci il proverbio del fesso al lavoro?
Nancy Beh, vuoi servirmi? vado di fretta; vorrei mezzo chilo di buon roast-beef.
Sid (prendendo una cassetta di pesche) Ho anche di meglio, ho anche di meglio ...
una pesca?
Nancy Oh... veramente?
Albert Costano sei pence!
Sid (a Nancy) Fai pur, che pago io.
Albert Due pesche a sei pence ... metto in conto a te.
Sid Speriamo poterli fregare alla piccola cassa un po’ prima di uscire.
Nancy (riponendole nel cestino) Le porto con me; non mi voglio sporcare.
Sid Le porti con te questa notte, perchè possano dare più sapore ai miei baci d’amore!
Nancy Che baci ... col sugo!
DUETTO
Sid Alle otto e 1/4 io passo di te; non tardar o ti fischio presso la porta.
Nancy Si, ma prometti d’attendermi là senza fare alcun fischio alla mia porta.
La mamma pettegola il babbo collerico, non vuol fischi: non li sopporta!
TRIO
Sid Sarai là con me. non appena potrai, nella notte dolcissima.
Nancy Sarò là con te, non appena potrò, nella notte dolcissima.
Albert (a parte) Io vorrei che quei due se ne andassero via.
In che guaio mi trovo ohimè se la mamma ritorna e li scopre così proprio qui!
(Albert si ritira dietro al bancone lasciando Sid e Nancy soli)
Sid - Nancy Andrem fino al bosco,
su, lungo il ruscello,
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cuor a cuor,
le mani intrecciate,
tra noi sussurrando
parole d’amor.
La luna e le stelle,
con noi sospirando
cuor a cuor,
le mani intrecciate,
a noi parleranno
di gioie d’amor.
Se piove starem
stretti sotto l’ombrello
cuor a cuor
le mani intrecciate,
godendo felici
i piaceri d’amor!
Albert Ed io dormirò
tutto solo in soffitta,
mentre lor,
le mani intrecciate,
godranno felici
i piaceri d’amor!
(Nancy e Sìd restano assorti a guardarsi; Albert cerca di richiamare la loro
attenzione. senza riuscirvi)
Albert ... scusate ...
Sid (teneramente a Nancy) Voglio baciarti ...
Nancy No, Sìd, Cosa fai? ... mille, poi, ne avrai!
Sid (con impazienza) Andiamo! Addio Albert!
Nancy Ciao. Ciao, Albert!
(escono. Albert li rincorre alla porta)
Albert Ehi. Sid! ... devi ancor pagarmi la salvia!
(nessuna risposta. Albert ritorna al banco)
E’ troppo preso per ascoltare e per pagare... con Nancy qui... Mi chiedo ... se la
mamma ha ragione a chiudermi qua... che senso ha. Si! Mamma ha il morbo della
castità e allor mi vieta ogni libertà! ... Perché?
Col gallo mi alzo alle sei e corro svelto qui. Con entusiasmo fisso i prezzi
che crescono ogni dì. Perché? E’ poco eccitante campar fra mucchi di casse di fiori,
verdure, di frutta e di tè! Io sono un esperto nel conservare le fragole... e so se il
papiro germoglia anche qui! ... Perchè? ... Perché? ...
E’ chiaro che le idee di Sid son crude assai e so che mamma non le approverebbe
mai. Se un giorno come Sid potessi fare anch’io confronterei il suo col gramo viver
mio.
(Emmie si precipita in negozio coi fiato corto e con una grande fretta)
Emmie Mamma ha bisogno di un mazzo d’odori; dammelo presto. Albert!
Albert Hai la borsa?
Emmie Quanto sono stupida, l’ho dimenticata.
TEATRO ALFONSO RENDANO
Albert Allora li incarto.
Emmie Beh! Meglio un pacchetto che sciolti così.
Albert Non sei a scuola?
Emmie Vacanza extra.
Albert E come mai?
Emmie L’altro giorno Miss Weaver,
la nostra insegnante,
s’è presa in campeggio
la scarlattina.
Divideva la tenda con noi
e un mattino si svegliò
tutta piena di macchie.
Così ci rimandarono a casa
temendo che già fossimo infette.
Per strano che sembri,
a noi non dispiace.
Albert Due pence! ... (passandole il pacchetto) Ecco qua.
Emmie Pago in spiccioli, vuoi? Grazie. Al Ciao!
(scappa via di nuovo)
Albert Oh, vieni presto sospirata libertà!
Oh, Dio, quest’è l’ora, è l’ora....
(è di nuovo interrotto dall’arrivo di Florence
che entra in negozio dopo aver sbirciato dalla vetrina)
Florence Buon giorno, mio caro.
Albert Buon giorno. Miss Pike.
Florence Vorrei, se si può parlar con la mamma.
Albert E’ subito qua; sta facendo il bucato.
Florence (seccata) La cosa da dirle è più urgente dei panni!
(Albert chiama attraverso la porta che dà sul retro)
Albert Mà ... ti prego.
La Mamma (da fuori) Che? Cosa c’è?
Albert Miss Florenee Pike ti vuole un momento. (cercando d’intrattenere l’ospite) Si
asciuga le mani; ... vi volete sedere?
Florence Sto in piedi, grazie. E’ solo un istante.
(Arriva la madre di Albert, asciugandosi le braccia con uno strofinaccio)
La Mamma Scusate l’attesa, ma ero di là ... Bella giornata per questa stagione.
Florence (con tono formale e con aria d’importanza)
Sua Signoria è sulla via, con Miss Wordsworth ed il Sindaco, il Vicario ed il Prefetto.
e vengono qui!
La Mamma Ma come mai vengono qui? In bottega da noi? Non è un posto degno
per dei gentlemans! E non posso condurli in salotto perché ho steso il bucato ad
asciugar! ...
Florence Per sbrigarci più in fretta state un poco zitta e datemi retta!
(con aria d’importanza)
Han deciso qualcosa su Albert e vengono per informarvi...
Albert Su di me? Ma perchè?
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La Mamma Sul mio Albert? Oh, forse mio figlio s’è messo nei guai?
Florence Silenzio! Siete pronta? Sono qua!
(Lady Billows, accompagnata dal Vicario, dal Sindaco, dal Prefetto di polizia e da
Miss Wordsworth passa davanti alla vetrina ed entra)
Lady B. (con entusiasmo ed incedendo su un tema di marcia nuziale)
Portiamo grandi nuove
in questo lieto dì:
Patronato e fama
applaudono te!
TUTTI (tranne Albert e sua Madre) Creandoti in Loxford di Maggio il RE!
La Mamma Ehi, dicono a te. Albert ...
Albert (timidamente) Io non capisco bene ...
Florence Ti abbiamo scelto come Re! si, te!
Albert Scelto perché proprio me?
La Mamma Oh. Albert, oh, Albert…
(Florence la zittisce seccamente)
Lady B. Sarai da tutti noi incoronato RE, nel Calendimaggio alle tre !!
TUTTI (tranne Albert e la Mamma)
Il giorno s’avvicina: Aprile è quasi finito.
La Mamma Potrei sapere cosa vi ha ispirati?
Albert Vorrei saperlo anch’io!
Il Vicario L’omaggio alla tua fama di virtù
Miss W. …degna d’un angelo ...
Il Sindaco …e un premio alla modestia ed alla tua bontà!
Albert Oh, mamma mia! ...
Il Prefetto Che veste indosserà?
Florence Da bianco cigno ...
Il Vicario ... con un serto d’oro!
Albert Io tutto in bianco? No!
La Mamma Che ridicola idea. (sospettosa) E chi lo
compera?
Lady B. Pensiamo a tutto noi.
Florence (alla mamma di Albert) Portatemi stasera le
misure per il sarto.
Albert Che assurdità!
Lady B. Ora Albert, resta calmo, resta calmo!
Il Vicario Prima di andare via non accenniamo ...
TUTTI (tranne Albert e sua Madre) al premio, eh
già, come no!
Ma certo! Al premio, si!
Lady B. (sempre sul tema e con l’atteggiamento
iniziale)
Ed in quel fausto dì Albert, come Re, riceverà
........... un premio in conio d’or:
Venticinque Pounds, si! venticinque pounds!
La Mamma Venticinque pounds, tutte per lui?
TEATRO ALFONSO RENDANO
Albert ringrazia per tanta generosità ...
Lady B. Offrendo il premio a te che il più virtuoso sei la virtù riceva il suo
compenso da noi!
TUTTI (tranne Albert e sua Madre)
Addio, addio Albert ... No! ... AU REVOIR !
(Il Comitato lascia il negozio seguito fino in strada dalla Madre di Albert)
La Mamma Buon giorno a tutti voi ! Buon giorno!
(rientrando in negozio) Pensaci figliolo mio: ti hanno scelto per fare il Re ... e avrai
l’invidia di tutti: Re di Maggio, Re di Maggio, con in più venticinque sterline!
Albert Quest’idea non mi piace per niente e già penso che rifiuterò.
La Mamma Vuoi rinunciare? Ma via. perché?
(brusca) Non puoi ... lo sai!
Albert Ma lo voglio!
La Mamma Non finché vivi con me, ragazzo! Tua madre sono io!! Basta così.
Albert Ascoltami: quelli mi vogliono conciare da cigno! Un Re fantoccio senza un
briciolo di dignità.
La Mamma E smetti di urlare! Prendi il centimetro dalla credenza, marsch! Bisogna
vedere la taglia che hai.
Albert Non lo farai.
La Mamma (Urlando) Stammi a sentire!!
Albert Ti sento, ma non ti obbedisco; non voglio!
La Mamma (inseguendolo per tutto il negozio) Ora ti piglio a cinghiate! Canaglia!
Albert Coraggio, dai! Sono abbastanza adulto ormai per ...
La Mamma Devi fare a modo mio.
Albert Ma faccio la muffa in negozio così!
La Mamma Oh! ... guarda che ingratitudine! La pagherai Albert!
Albert Sono proprio stanco di doverti obbedire!
La Mamma Tu, piccola peste! Tu, brutto bugiardo!
Non resto qui a farmi rimbrottare da un bimbo che va in cerca di sculaccioni!
Subito su! Fila a dormire! Chiudi la porta! E non osare scender giù, se non sei
pronto a chieder perdono!
(urlando)
Va su! Canaglia! Te l’ordino va su !!!
(Durante la lite i tre ragazzi si sono radunati dietro la vetrina e guardano affascinati.
Quando la madre spinge Albert attraverso la porta, i ragazzi iniziano a cantare una
comica variante della loro filastrocca).
Emmie - Cis - Harry Mamma con un baston picchia sodo sul groppon, Albertin,
poverin, salta come un porcellin! Ah,ah..ahahahahahah!
(La Signora Herring si volge indietro, vede i ragazzi e fa un gesto minaccioso, che li
mette precipitosamente in fuga)
La Mamma Tutti quei soldi! Matto d’un figliolo! (salendo al piano superiore)
Maledetto stupido!!
Sipario
Fine del Primo Atto
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TEATRO ALFONSO RENDANO
Atto secondo
Scena prima
Interno di una grande tenda innalzata nel campo adiacente alla canonica.
Vi è un tavolo sorretto da cavalletti, coperto da una tovaglia e apparecchiato per
due. Su un tavolinetto di servizio vi sono un Samovar per il tè, piatti di frutta, vasi
di gelatina, torte ed altro cibo.
Dall’apertura centrale della tenda si scorgono siepi ed alberi con la canonica sullo
sfondo. Un’altra apertura laterale immette in un annesso adibito a magazzino e
rigovernatura.
Quando si alza il sipario Nancy sta portando alcune pietanze supplementari sul
tavolino di servizio.
Florence arriva dall’esterno, indossando l’abito della domenica. E’ notevolmente
agitata)
Florence Sid è venuto?
Nancy Verrà!
Florence Che stupido!
Nancy Arriverà per le tre!
Florence Mi stupisco di Sid, ogni giorno di più.
Nancy Mi dispiace, ma ...
Florence Ora devo andare! ...
Nancy C’è solo da mettere la carne ed i contorni nei piatti; fidatevi, faccio da sola.
Florence (seguendo il suo pensiero) ... ma proprio il Vicario m’ha chiesto di
trovarmi con gli altri per fare la foto di gruppo per l’ “Ipswich and District Gazette”
(Sid arriva colla bicicletta carica di pacchi)
Nancy Ecco Sid, Miss Pike. Siamo qua, Sid!
Florence Oh! grazie a Dio!
Sid Cosa c’è?
Florence Guarda che puntualità!…
Sid Scusi Miss Pike, oggi ho forato.
Florence Oggi hai forato; domani cosa farai? Per tre settimane abbiamo tribolato,
corso, discusso, confermato tutto. Con un solo intento ... e proprio alla fine, tu,tu,
tu ci fai morire con la tua foratura! La tua pigrizia è assai riprovevole; sai che la
carne ci è indispensabile. Quello che hai fatto quest’oggi è ignobile! ...
Nancy (interrompendo Florence) Si fa tardi.
Florence Il tempo vola, devo affrettarmi.
(Florance va via di corsa. Quando è abbastanza lontana Sid le grida dietro ... )
Sid Vattene al diavolo, bigotta isterica!
( ... quindi si gira a guardare il tavolo apparecchiato)
Sid Caspita che leccornie!
Nancy Non ti sembra una splendida festa?
Sid Si, se Albert trovasse un po’ di coraggio per farli crepare!
Nancy Si fanno chiacchiere giù in città?
Sid Tutta la chiesa è gremita dal sagrato all’altare maggiore. Hanno scritturata la
banda di Hope ed il coro indossa tuniche bianche. Il prete esorta a viver candidi ed
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astinenti! Certi hanno facce serie e solenni, altri crepano dal ridere.
E Albert… ritto innanzi al leggio, tra matroneo e cantoria, ha una gran voglia
d’andarsene via.
(quindi a parte) Ad aiutarlo ci penso io!
Nancy Dimmi perché hai tardato così …e non dir bugie!
Sid Come,così? e quali bugie?
Nancy Le leggo negli occhi sornioni e nel ghigno che fai ... suvvia!
Sid Manterrai il segreto?
Nancy Sono una tomba!
Sid Se ci tieni a saper tutto. vieni fuori con me.
(Prende un cartone di bottiglie dal portapacchi della bicicletta e trascina Nancy
fuori. Miss Wordsworth entra frettolosamente con Emmie, Cis ed Harry a provare
l’inno composto per Albert)
Miss W Presto! Muoversi! Riproviamo il vostro coretto prima che tutti arrivino qui.
I Tre Ragazzi Gelatina! Tutta per me! ... Datteri! Marrons Glacés!
Miss W Su, bambini ... presto qui!
Mani giù! Testa in su!
Un bel fiato e poi attacchiam!
I Tre Ragazzi Un gateau! Crema caffè! ... guarda:quanti bignè!
Miss W Questo dopo! Prima il canto:
“Gloria al nostro nuovo Re”
e gridatelo fino al cielo!
Attenti a me ... guardate qui!
(soffia nel suo diapason)
Questo è il do (soffia ancora)
Uno, due e ... (nessuno attacca)
No! già dal mio due dovete essere pronti
per attaccare al TRE!!
I Tre Ragazzi Pollo freddo! Fragole! c’è anche l’ananas!
Miss W (soffia ancora nel diapason) UNO,DUE E....
I Tre Ragazzi “Gloria al nostro nuovo Re ...
Miss W Oooh... non c’è male! Un po’ attenti; Harry... vuoi stare fermo, si o no?
(soffia nel diapason) Uno, due e …
I Tre Ragazzi “Gloria al nostro nuovo Re! Albert Hop, Hop
Miss W Non “Hop”, bambini miei; non “hop”, Si dice “HIP”; a piena gola,
fortissimo:”HIP” Mettete le “I” al posto giusto: ALBERT,HIP, HIP HIP, URRA’!
I Tre Ragazzi ...Albert, HIP, HIP, HIP!”
Miss W OOH! Non c’è male! Un po’ più di fervore, slancio intensità e calore.
Si inizia col FA. Tu Emmie, attenta ... la nota è LA.
Do, re, mi, fa, sol, la!
(Miss Wordsworth batte il tempo mentre i ragazzi cantano)
I Tre Ragazzi “I nostri cuori esultano per la felicità...”
Miss W Oh, Harry! sbagli sempre e solo tu! Scusami Cis, aiutalo un po’.
(Harry alza la mano per un bisogno urgente; Miss Wordsworth vede il cenno di
Harry e lo esorta a far presto; quindi conduce le ragazze fuori di scena)
Harry Io devo
TEATRO ALFONSO RENDANO
Miss W Svelto, perché dobbiamo attaccare non appena sono qua!
(Sid e Nancy sbirciano dall’annesso, quindi entrano portando grandi caraffe di
limonata)
Nancy (apprensiva) Ripensaci, Sid ...
Sid Lo voglio salvare! Ma dove si siede?
Nancy A destra, laggiù.
Sid Comincia a versare le bibite; io penso al calice di Sua Maestà.
(Sid prende un bicchiere dal posto destinato ad Albert ed estrae dalla tasca una
borraccia piena di rum ...)
Nancy Adagio col rum … è troppo per lui!
Sid Quel tanto perché si tiri un po’ su!
(versa una buona quantità di liquore nel bicchiere di Albert)
Va bene così ... pasticcialo tu!
Nancy (Nancy vi aggiunge un po’ di limonata) Lo stesso colore.
Sid Così che nessuno se ne accorgerà.
Nancy Eccetto il buon Albert …
Sid - Nancy …che non fiaterà!
(Campane fuori di scena. Nancy, indicando a Sid il
corteo degli invitati che si avvicina)
Nancy Sid, guarda là viene il corteo!
Sid E’ meglio se noi ... stiamo di là.
(Rimettono prontamente il bicchiere di Albert al
suo posto e riempiono gli altri di limonata. Miss
Wordsworth riconduce i ragazzi, ciascuno dei quali
porta un mazzo di fiori di campo)
Miss W Cari bimbi, pronti...eccoli! Ricordate... un
inchino. Pronti!
(Il Prefetto di polizia Budd e la Mamma di Albert
giungono all’entrata della tenda seguiti dal Sindaco
e da Florence)
Il Prefetto Che trionfo per suo figlio, Mamma
Herring!
La Mamma Si, ... il piccolo mio in veste bianca!
Sono commossa e felice per lui.
Il Sindaco Un caldo plauso anche a lei Miss Pike!
Florence Ben tre settimane ci son volute per
organizzare tutto questo!
(Avanzano il Vicario e Lady Billows)
Il Vicario - Trionfa, in Albert la virtù.
Lady B. Così io t’amo, adorata mia città!
(Da ultimo arriva Albert vestito di bianco con una
corona di fiori d’arancio sulla
tesa di un cappello di paglia.
Viene incoraggiato ad entrare
nella tenda e lo fa timidamente
e con riluttanza; gli altri 10
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seguono e si raggruppano intorno a lui fino alla fine dell’ode)
Miss W (soffia nel diapason) Uno, due e …
I Tre Ragazzi Gloria al nostro nuovo Re!
Albert, hip, hip, hip, urrà!
Oggi i cuori esultano
per la felicità!
Hip. Albert gridiamo a te:
Benvenuta Sua Maestà!
Hip. Albert, Hip urrà,
Benvenuta Sua Maestà!
Hip! ……
(tutti applaudono con entusiasmo, commentando benevolmente)
TUTTI Bellissimo; ma un po’ moderno … vi pare?
Bene, splendido; ve l’ha insegnato la
vostra maestra? Bravi, bene,
un magnifico saggio! ! !
Miss W SSSt! Harold Wood!
(Harry viene sospinto in avanti per offrire i suoi fiori a Lady Billows)
Harry Son pochi i miei fiori
e pur gli anni miei,
ma li offro a colei
che ispira l’amor!
(Grande applauso, Harry porge i fiori a Lady Billows)
Miss W Emmie Spashett!
(Emmie s’inchina davanti ad Albert, che resta confuso)
Emmie Picciol fior
reca a lui,
con l’amor,
felicità!
(Grande applauso quando Emmie dà i fiori ad Albert che, impacciatissimo, non sa
cosa farne)
Miss W E Cissie Woodger!
(Cis, agitatissima, viene trascinata davanti alla madre di Albert per offrirle i suoi
fiori)
Cis Urrà per la …
Miss W (suggerendo sottovoce) mamma ...
Cis la mamma ... di ...
Miss W Albert …
Cis di Albert .. il
Miss W ... re ...
Cis il re ...
Miss W Vai avanti!
Cis Urrà per il…
Miss W (correggendola) Dovete voi…
Cis (in preda al panico) URRA’ URRA’,URRA’…
(Si continua così, tra gli urrà di Cis ed i suggerimenti di Miss Wordsworth, finchè
TEATRO ALFONSO RENDANO
la bambina scoppia in lacrime e la Signora Herring, ponendo termine al pasticcio,
prende i fiori con fermezza)
La Mamma Bene, cara. Sei bravissima!
Lady B. Grazie bimbi; anche a Lei, Miss Words worth!
Ora sediamo
(Tutti si dirigono verso il tavolo, con commenti vari)
Miss W Molto bene, bambini; state buoni .....
Lady B. Albert, porgimi la destra.
I Ragazzi Oooh! Voglio il dolce!
Nancy Che razza di festa! che allegria!
Sid Caspita! Sono pazzi tutti quanti!
Il Prefetto Venga qui, Mamma Herring, segga qui...
La Mamma Sto vicino a Lei? ... sono la mamma del re!
Il Sindaco Io qui? Non è meglio che stia lì?
Albert (cercando di consegnare il mazzetto di fiori a qualcuno)
Volete pigliarvelo voi? ... Io non so cosa farmene ...
Florence Un momento solo; ... Padre, a Voi!
Il Vicario Poche frasi d’introduzione. Sarò rapidissimo.
(quindi batte qualche colpetto sul tavolo per attirare l’attenzione dell’assemblea)
Sua Signoria! Figli carissimi!
Ecco qui: non ruberò il vostro tempo.
Mi alzo ex officio ... per chiedere a
Sua Signoria di dire due parole prima
che si mangi a quattro parlamenti!...
Lady B. (dopo un grande applauso si alza in piedi)
Lady B. Grazie, grazie Mister Gedge!
Io son felice di trovarmi tra voi in questo dì di gioia, da patronessa ed ospite
d’onore della festa del Calendimaggio!
(applausi entusiastici)
Siede alla mia destra Albert Herring; un uomo puro, casto
e semplice; esempio e tempio della dea virtù.
Esaminate il costume che indossa: veste virginal con serto d’oro.
Miei figli voi, voi pilastri del futuro, non obliate questo giorno MAI!
Albert vi sia d’esempio; v’ispirate a lui!
Se il demonio vuol tentarvi per trarvi seco su una falsa via ... fornicazione fumo.
gioco a carte, ateismo (perdendo gli appunti) ... e non basta il patriottismo! Il bere,
che calamità! ... il demone dell’alcool vuole soggiogarvi tutti!
Re e patria! Questa è la purezza! Dio per l’Inghilterra. Forza dunque poi ... ci pensi
la natura! Britanni, dominate i mar
(entusiastiche grida di URRA’)
Albert, a te! Eccoti una borsa in vera martora.
Mio padre, nel lontan cinquantasei... cacciò la bestia.
Dentro troverai il tuo premio!
Prendi, ragazzo. Prendi con letizia ed orgoglio. Questo danaro è tuo!
(grande applauso quando Albert prende la borsa.Lady Billows ed Albert, si siedono
e si alza di nuovo il Vicario)
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Il Vicario Magnifico Sua Signoria! Mille grazie a Lei. Che splendido discorso e che
lauto incentivo! ...
(Quindi, rivolgendosi a Mr. Upfold)
Illustre Signor Sindaco, vuole dire una parola?
(Il Sindaco si alza con la minuta del discorso,che leggerà meccanicamente)
Il Sindaco Dichiaro a nome del Municipio e mio di esser d’accordo interamente
con Lei ... Milady Billows ... Coi ringraziamenti del Consiglio per l’esempio che
Ella offre alla Sua città.
La risonanza del nostro festival,in lungo e in largo, creda a me, sarà maggior di
quando il Consiglio Comunale sancì la costruzione del nuovo acquedotto a 20
pollici in Balaclava Avenue così da garantire costante erogazione d’acqua senza
germi !
(profondo respiro)
Ma Loxford si distingue anche per il primo Re di Maggio!
Ben fatto! Vi sento dire .... Ben fatto!
(sollecitate dal Vicario, benché in ritardo, grida di “Ben fatto”)
Il mio Consiglio vuol partecipare offrendo questo premio ad Albert, stornato dalla
cassa “Luci e Luna Park”. Ecco un libretto con ben 5 pounds.
(Altro applauso quando Albert si alza a ricevere il premio)
Il Vicario Sindaco illustrissimo che nobile e prezioso dono!
Bell’esempio,di generosità! ... Ed ora Miss Wordsworth dica Lei due parole? Oh! c’è
una sorpresa, eh già!
Miss W. Il mio cuore balza di gioia perché la virtù e la semplicità compensate,
applaudite, esaltate voi con amori calore e sincerità. Albert, Albert!
Il corpo insegnante con Miss Padri, Miss Tuttle, con Miss Butler e Mise Toole è
fiero di te e commosso perché la tua fama è pari alla tua bontà!
Albert, Albert, Albert! Ed eccoti in regalo, per i giorni tristi e bui ... i “Martiri del
Sussex“ in due volumi illustrati, con dedica di tutti, assai appropriata!
(applausi. I libri vengono passati ad Albert attraverso il tavolo e Miss WordsWorth si
siede)
Il Vicario La Bibbia, Shakespeare, i “Martiri del Sussex” pietre miliari dello scibile
nazionale! Grazie, Miss Wordsworth. grazie assai.
(volgendosi verso il Prefetto di Polizia)
Al coro delle lodi manca la sua voce Mister Budd... Noi Le diamo il LA!
(si alza il Prefetto di Polizia)
Il Prefetto Ahemm, ahemm....
Io come oratore non sono un granchè .....
Ho abbastanza cuore, se così si può dire.
Sono gli Albert che tengono la
Britannia in vetta al mondo inter! ....
Dove fu sempre.
Caro Albert! Vecchio mio, a mio parere ...
buona fortuna a te vecchio mio!
(si siede tra gli applausi e si rialza di nuovo)
Ahemm, ahemm ... Avrei finito. Ma prima voglio ringraziare
Miss Mary Williams, per le tazze e le sedie
TEATRO ALFONSO RENDANO
che ci ha prestate.
(si siede bruscamente. Questa volta l’applauso arriva troppo in ritardo ed il Prefetto
resta visibilmente indispettito)
Il Vicario Grazie! Grazie! Ma ... mi pare che Albert voglia dire qualche cosa;
Forse ringraziare tutti per la generosità?
(Albert si alza esitante, con aria abbattuta. Gli altri lo incoraggiano a parlare)
TUTTI Forza Albert! Di grazie! Forza su! una frase o due ...
Or tocca a te; di qualcosa! Vecchio mio, a te!
Albert (sembra riprendere coraggio... ma i nervi gli cedono improvvisamente.
Ritenta...)
Io ... grazie ... grazie a Voi!
TUTTI Oh, Albert. ma è tutto qui? Non fare economia! Prova ancora!
E’ troppo conciso.
Il Vicario (interrompendo le esortazioni ed i commenti)
Bravo Albert! Benissimo! ... E’ l’indice d’un umile ma nobile virtù!
Alzate i vostri calici e brìndate insìeme a me!
Regna su noi
Re di bontà.
Venga tu rieletto
per cento volte ancor!
TUTTI (alzandosi e ripetendo)
Regna su noi
Re di bontà.
Venga tu rieletto
per cento volte ancor!
(Tutti bevono, esclusa Florence che è occupata a mormorare qualcosa ad Albert
che è rimasto seduto. Quando alla fine del brindisi, tutti si siedono, Albert si alza e
solleva il suo bicchiere)
Albert E tre urrà per Sua Signoria!
Hip, Hìp
TUTTI URRA’!
(Albert alza il bicchiere con goffa galanteria,beve un lungo sorso in onore di Lady
Billows; un bel sorso lungo ed avido che lo lascia sorridente e un po’ vacillante.
Quindi allunga il braccio per farsi riempire ancora il bicchiere)
Albert Ottimo! Versa! Grazie! HIC!
(è scosso improvvisamente da un violento singhiozzo che si ripete ad intervalli
regolari; vengono suggeriti vari rimedi per por fine alla crisi)
La Mamma Che c’è?
Harry Ha il singhiozzo!
Emmie - Cis Come?
I Tre Ragazzi - Ah. ah. ah!!....
Lady B. Batto sulla schiena?
Miss W. Bevi un poco ...
Florence Lo spaventiamo ?
Il Prefetto Conta fino a venti ...
Il Sindaco (correggendolo) ... trentatre!
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Albert Ci provo. HIC ... !
La Mamma Respira profondamente!
Il Vicario Un po’ d’acqua ...
Florence zuccherata ...
Il Sindaco ...e antiisterica.
Albert E’ passato…HIC!HIC!HIC!
Nancy (a Sid, piano) Pensi che sia il rum?
Sid Che cannonata quel rum!
Albert Prego non HIC! acq... HIC!
Nancy Che guaio, mio Dio!
Sid E’ la fine d’un Re!
(Tutti, tranne Florence, suggeriscono insieme di fargli bere una limonata…)
TUTTI Limonata!
Florence E’ uno sbaglio!
(Viene portato un enorme bicchiere di limonata)
TUTTI Bevi piano piano; goccia a goggia!... Come va? Non l’hai più?
(Albert sembra aver ricuperato la sua sicurezza)
Miss W. Perfetto!
Lady B. Adesso a noi!
(Ad un cenno di Lady Billows, Nancy e Sid cominciano a servire il cibo, mentre
tutti iniziano, nel servirsi a conversare)
Miss W. Tu siedi li, Harry. Come son felice! Sta fermo un momento.
E’ un banchetto coi fiocchi!!
Lady B. Metti via questi libri e dà a me la borsa; te la piego così. Preferisci il sartù?...
I Tre Ragazzi (a canone) Uffa! Ho una fame da lupo mi brontola la pancia!
Mamma mia che fame ...
La Mamma Non m’ero aspettata una festa così!
...Scusatemi tanto se mi allargo un pochino...
Florence Vuole darmi quei piatti?
Li passo al Vicario così saremo serviti tutti più in fretta.
Albert Son più vispo d’un grillo; salterei qua e là!
Se il cappello sta qua ... la mia testa dov’è?
Il Vicario Uno splendido beef! Un tacchino direi ... un banchetto da Re!
Chi mi passa il purè?
Il Prefetto Lei vuole del Beef?
Il Sindaco Si, ma dopo di Lei!
Il Prefetto Oh, no, non potrei!
Il Sindaco Grazie tantissime ...
Il Prefetto Un pranzo coi fiocchi ...
Sid - Nancy
Sid
Nancy
Passo a te?
Dai a me!
Prendi tu?
Metti giù!
Cosa fai?
Non fo guai!
Come i miei?
Non i tuoi!
Passo a...
(Su un generale vocìo e chiacchierio che proviene dall’intera tavolata cala il sipario)
TEATRO ALFONSO RENDANO
Scena seconda
Interno del negozio.
La stessa sera, più tardi. S’è fatto buio e la luce filtra dal lampione stradale attraverso
la vetrina del negozio. Dopo qualche momento un’ombra bianca appare in strada
e c’è un annaspare per trovare il chiavistello della porta. Essa si apre con un
improvviso “din!” ed Albert vi barcolla attraverso, canticchiando una variazione
del brindisi. Non è proprio ubriaco ma, in un allegro miscuglio di eccitazione e
di allegria stimolate dal rum, ritma la sua canzoncina sbattendo con forza la porta
avanti e indietro e facendo suonare il campanello.
Albert Regna su noi,
Re di bontà.
Venga tu rieletto
per cento volte
e rispettato
e risuscitato,
ancor, ancor, ANCOR!!!
(gridando) Mà, Yoo-hoo!
Sono il piccolo Albert,
il dolce zucchero,
gioia di mamma.
Da bravo bambino
torno da mamma
per fare la nanna.
(grida nuovamente)
Mà! ... Che sciocca!
E’ andata dalla zia Eth,
per cianciare e…
per bersi un buon tè!…
Ed io dovrei andarmene a letto?
Ch’io mi danni se mai lo farò!
Oh, mamma,ho paura del buio!
Dove sei, fiammifero? Su vieni qui che
accendo il gas ... (fruga per tutto il negozio in cerca di una scatola di fiammiferi)
Piano, prudenza; ché spaccare la coppa o fare un falò sarebbe scandaloso!
... Vieni, zolfanello? ... (urlando)Fiammifero, vieni qui!
(finalmente trova la scatoletta, si avvicina al fornello a gas e comincia ad armeggiare
con quello)
Ora a noi: ... la chiavetta su .... oibò!
(lascia cadere sul pavimento la scatola di fiammiferi e si inginocchia per cercarla,
lasciando aperto il becco a gas)
...Che mani di pastafrolla!... Che
perla d’uomo! ...
(si alza e con grande decisione e lentezza si appresta ad accendere un fiammifero)
Vieni vicin, bel zolfin,
fai lumin con tuo fuochettin!
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(fiammata e fragoroso scoppio del gas; Albert indietreggia atterrito)
Acc! gas maledetto; puzzi, bruci, scoppi!
Diavoleria! Voglio andar via!
(si allontana dal lume a gas, dopo averlo spento e si dirige verso il centro del
negozio)
Uffa! ... Però, fa un bel caldo, qui!
Ora mi allento un po’. (si allenta la cintura, rilassandosi) Respira, vecchio addome.
Urca, che mangiata! Quello si che è un pranzo: piatti uno dopo l’altro, brioches,
zuppe inglesi, cialde, torte, babà, gelati, creme. E che spanciata di bigné ripieni...
fragole con la panna e.... Ma. oooh ... ! ... che bomba di limonata!
Come l’avranno fatta? Penso che forse lei, Nancy, lo sappia.
Che bel nome, NANCY! Splendido! ...
... Oggi perché lo sguardo cercava il mio?...
e poi da me fuggivano gli occhi pensosi?
Nancy, perché arrossivi quando mi stavi vicina...
e balbettavi, parlando stasera con me?
Nancy? ... Nancy!
No, essa è di Sid non mia!!
Io non ho mai sognato
di passeggiar nel bosco
o lungo il ruscello con lei.
Io son troppo timido ...
e non so corteggiare
le ragazze come fan gli altri.
Anzi ... me ne scappo via.
(Si ode un tramestìo ed un fischio d’invito giù in strada)
Questo è Sid che la chiama, innamorato smanioso ed impaziente d’aver Nancy con
lui a caccia d’amore e d’avventura.
(il fischio si ripete con maggiore insistenza)
Sid è tutt’altro che un giovane timido.
Si piglia subito ciò che desidera,
dritto al bersaglio saltando gli ostacoli;
forte e spietato, bandendo gli scrupoli.
(dalla vetrina si vedono Nancy e Sid sotto il lampione. Albert lì osserva e si ritira
nell’ombra)
Nancy Sid non devi fischiare o passo dei guai!
Sid (offeso) Fa un freddo bestiale a star giù nella via! Quasi mezz’ora! Son tutto
blu.
Nancy Mi svincolo sempre non appena si può.
Sid Passiamo dal bar, ci scaldiamo col rum.
Nancy Sid, non posso! Sparlano già.
Sid Stanno a spettegolare sul caso di Albert,noi siamo salvi ...
Nancy (teneramente) Albert ... mi sembra ingiusto esibirlo come un santo di gesso
a tutta la città, o come se fosse un bischeraccio ...
Sid E’ in gamba, sai? Deve solo sciogliersi… e poi vedrai.
Nancy E’ mamma che lo tiene in schiavitù.
TEATRO ALFONSO RENDANO
Sid Io l’ho aiutato dandogli il rum ... ma, se vuoi, tu puoi dargli un aiuto più
grande: il primo incontro col piacere ...
Nancy Tu corri! (con slancio) ma l’aiuterei....
Sid (correndo ai ripari) Ohi fa da se, fa per tre!
Nancy (intenerendosi)
Stasera la nebbia è fitta.
Farà un freddo tremendo presso il ruscello.
Sid Non sentirai freddo con me!…
DUETTO
Sid Presto, andiam cara.
Vieni, senza indugiar.
L’orologio col suo tic-tac
la nostra sera ci vuole rubar.
Noi l’abbiam sospirata
lungo tutta la giornata
AMBEDUE Corri al lavoro
corri al piacer:
fugge in fretta
la gìoventù.
Voglio godere la felicità,
nel suo lieto, timoroso,
trepido abbraccio....
Nancy (riprendendo il réfrain)
Corri al lavoro
corri al piacere
passa in fretta…
Sid (stringendola a sè)
Nancy, Nancy,
baciami, Nancy
Nancy Non qui alla luce!
Sid Un bacio, t’amo!
(un lungo bacio appassionato. Albert
emerge dall’ombra inorridito e
imbarazzato. Dopo il bacio essi se ne
vanno velocemente ed allegramente. Le
loro voci svaniscono nella strada)
AMBEDUE Tempo che voli!
Col nostro amore carpiremo
alla tua rapacità
ogni minuto di felicità;
tra le otto e le dieci
di ogni sera!...
(Nancy e Sid sono andati via. Albert viene fuori
in piena luce; indignazione,
eccitazione e imbarazzo si
combinano in lui in una specie
46A STAGIONE LIRICA
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60
di rabbia nervosa)
Albert Chi fa da se fa per tre!
Oh, via! Via tutti e due.
Lasciatemi alle mie paure e ai dubbi che
nessuno può capire!
Godetevi il vostro buio, se vi piace!
Baciatevi a sazietà e abbracciatevi fino a
incendiar le stelle, chine su voi in
sfavillante turbinio. Poi, all’alba,affrettatevi
verso casa sazi d’amore, ridendo di me che
ho dormito solo! ...
Nancy è tenera ... Sid ride ... c’è chi beffa
la mia timidezza. Mi offrono i dolci come
allo zoo; mi portano in giro parato così!
...
Albert il buon
regna su noi ...
Albert che non fa
che vorrebbe, ma non può
Albert bestion!
Albert il vile!
Porcellino di mammà,
sgobboncino di mammà,
pecorella ... NO!
Riuscirò a scappare anch’io?
Avrò il coraggio d’andar via da qui?
Lo devo fare ... oppure no? ..........
Il sole tramonta e l’alba viene
mentr’io sto qui ad esitar ....
Il pendolo annuncia col ronzio
che un’altra ora scoccherà
…e impone la scelta decisiva
cui risponder si o no.
(un tintinnio nella sua tasca gli ricorda
la borsa ed egli la cava fuori)
Ma guarda qua ... il mio valore. (prende
una sterlina dalla borsa) Lo gioco a testa
o croce;
forse si, forse no;
testa si, croce no;
croce no, testa si.
(butta la moneta in aria e quando ricade la copre col piede)
...ecco qui!
(toglie il piede dalla moneta molto lentamente... la guarda pensoso)
Testa! Ora i giochi son fatti!
Non c’è nessuna via di scampo.
Non faccio dietrofront!
TEATRO ALFONSO RENDANO
(con improvviso timore)
oh, Dio! Ma io come…
(Lontano, giù in strada, c’è un’eco del caratteristico fischio di Sid. Albert ascolta,
riflette, sogghigna, e sommessamente tenta di fischiare a sua volta. E’ complicato
superare il fischio di Sid in trilli e svolazzi. Ci prova diverse volte poi, con
improvvisa determinazione, s’infila la borsa in tasca, afferra il cappello, indossa
un vecchio impermeabile va alla porta, imbavaglia con cura il campanello mentre
la apre e scivola all’esterno. Dalla finestra lo vediamo osservare la strada da una
parte all’altra prima di correr via. Lontano in strada, risuona il suo fischio chiaro e
trionfante. Poco dopo si apre la porta, entra la Signora Herring con passo stanco;
chiude a chiave, abbassa la serranda, si dirige verso la porta interna e chiama
sommessamente)
La Mamma Albert, Albert! Dorme già, tesoro;
sfinito come me.
Fa la nanna tesor,
stringendo il tuo gruzzolo d’or.
Ooo ... aaah! ... ooo ... aah! ...
Anch’io sto per crollare ...
(si trascina verso il letto, mentre il sipario cala lentamente)
Sipario
Fine del Secondo Atto
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TEATRO ALFONSO RENDANO
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46A STAGIONE LIRICA
Atto terzo
Scena prima
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Il pomeriggio successivo nel negozio. Nancy è sola. sconsolatamente occupata
a lucidare la bilancia. Improvvisamente si spalanca la porta ed Emmie entra
rumorosamente. Il severo sguardo di Nancy le ricorda quanto era accaduto e allora,
rallentando il passo, termina il suo ingresso quasi in punta di piedi.
Emmie (sussurrando) Dorme?
Nancy E come può? Si è solo distesa un istante sul letto.
Emmie L’hanno cercato persino ad Ufford ed Orford, ad Iken ed a Snape ...
Nancy Ma dov’è mai ? ...
Emmie Temono che abbia fatto una pazzia!
Nancy Una pazzia ? ...
Emmie Si è suicidato o l’hanno ammazzato!
Nancy Oh no! no!
(Cis fa capolino dalla porta … )
Cis Vieni Emmie! Hai la bussola?
(...quindi, tutta eccitata, va via di corsa)
Emmie (con aria d’importanza)
Frughiamo anche noi la periferia di Hasketon Hall, con un gruppo di scouts!
Ciao, ciao!
Nancy (rimasta sola sfoga la sua tristezza)
Che abbiam fatto Sid ed io? che direbbero di noi se sapessero del rum? E sua
mamma... che dirà? Era solo uno scherzo, ma farlo... perchè?
(Fischio lacerante in strada, quindi si ode la voce del Sindaco che grida)
Il Sindaco - (fuori)
Ehi! ... Porta la barella!
Nancy E’ scomparso con il buio...
né sappiamo dove sia!
Solo tu, potente Iddio.
solo tu lo puoi salvar!
Ci siam comportati con poca lealtà!
Harry (gridando dalla finestra)
Ehi! Stanno dragando lo stagno con grossi arpioni!
Nancy Riportatelo fra noi,
o sua madre ne morrà,
Abbiamo distrutto la nostra
e la sua gioventù.
(arriva Sid nervoso ed infangato fino alle caviglie, gridando di rimando a qualcuno
mentre entra)
Sid Cosa pensi che io sia? …Un uomo o un cane?
Nancy Sid, almeno sei qui!
Sid E’ tutto il giorno che sto a guazzo nel fango come un cane, senza riposo, per
trovare alla fine...
Nancy Che?
TEATRO ALFONSO RENDANO
Sid ...la sfatta carogna d’un grosso bull-dog!
Nancy Mio Dio!
(Il Prefetto ed il Sindaco, gridando fuori scena)
Il Prefetto Qualche notizia di Albert?
Il Sindaco No!
Sid Ho fame, sono stanco e stufo di udire “Albert!Albert!Albert!” ovunque!
DUETTO
Nancy Sei freddo, spietato,
Sei un mostro crudele, feroce!
Tu sei senza cuore! Va via.
Tu solo hai colpa
di questa disgrazia.
Puoi esserne fiero!
Non basta scusarsi.
Adesso sta zitto!
Mi pento di quello che ho fatto.
Da questo momento
non ti spalleggerò più!
Sid Non è certo il primo
che fa il suo fagotto
e buona notte al secchio!
Nè il primo né l’ultimo,
dai retta a me,
che fa il suo fagotto
e poi se la squaglia!
Ma dimmi perché
ti angosci così?
Come s’Albert si sia comperato
il solo biglietto d’andata,
senza ritorno, per l’aldilà!
M’accusi d’avere distrutto così
l’intera famiglia degli Herring;
ma io intendevo soltanto aiutare
quel fessacchiotto col dargli una mano…
Dare ad Albert solo una mano!
(Entra il Prefetto con aria abbattuta)
Il Prefetto Mamma Herring è su?
Nancy Riposa.
Il Prefetto Venga giù. Ragioni d’ufficio; solo un momento.
(Nancy va su, lieta di evadere per qualche istante)
Sid Niente ancora?
Il Prefetto (sfogando la sua irritazione repressa) Datemi un bel delitto
con il morto, oppure ... un incendio doloso, una rapina a
mano armata e vi faccio vedere io!! Ma Dio ci scampi da
quei casi di scomparsa dove ognuno, dal Parroco al fornaio,
si traveste da Sherlock Holmes e fruga in giro trovando
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indizi nei posti più assurdi!
Harry (attraverso la porta)
Capo! Lady Billows vuole che andiate da lei ... e SUBITO!
Il Prefetto Sua Signorìa s’è autonominata Commissario in capo!
(Nancy ritorna sorreggendo la Signora Herring, che viene fatta sedere dolcemente.
La scomparsa di Albert l’ha ridotta uno straccio)
La Mamma L’han trovato?
Il Prefetto Macchè!
La Mamma Addio. Albert, tu sei morto...
Tu non sei più, non sei più con la tua gioventù.
Nancy Non cosi!
Il Prefetto M’occorre una foto nitida del vostro figliolo per identificarlo.
La Mamma Ce n’è una nella mia camera... sopra la Bibbia, nella sua cornicetta.
(Nancy va a prenderla)
Fu scattata sul molo a Felixstowe, quando ancora era vivo suo padre. Pagammo sei
cents per farla ingrandire e per la cornice un quarto di pound.
(Nancy ritorna portando una grande foto di Albert da piccolo in calzoncini da bagno
e cappello di paglia, accigliato mentre stringe paletta e secchiello. La madre se la
stringe avidamente al petto)
Ecco quanto mi resta del povero figlio mio. Questo soltanto rimane di lui. Altro non
c’è del piccino che io partorii. E’ tutto qui.
(Il Sindaco appare dietro la vetrina e gesticola per attirare l’attenzione. Il Prefetto
e Sid lo vedono e scivolano fuori senza essere notati dalla mamma di Albert, che è
tutta presa dal suo dolore)
QUARTETTO
La Mamma Tutto ciò che feci,
tutti i nostri sogni
eran sulla sabbia.
Albert, figliuolo,
dove sei andato?
Ora che mi sei tolto
scorgo in questo mondo
solo amaro dolor!
Lugubre è la vita ...
spoglia è divenuta
senza il mio figliuolo,
il solo conforto mio!
Nancy Albert tornerà, lo so!
Albert tornerà da voi.
Io son certa che tornerà
prima di stanotte
dal suo incauto volo.
Attendete senza timore,
respingete la paura,
Miss Wordsworth ed Il Vicario
(entrando a far parte del gruppo, sommessamente e con sentimento)
TEATRO ALFONSO RENDANO
Penosa angoscia d’un cuor di mamma,
amaro duolo da sopportar ...
Veniamo insieme a recarvi conforto,
cristianamente, nel nome santo del Signore.
(Harry si affaccia dalla parte superiore della porta e grida all’interno)
Harry Ehi, ehi, ... C’è una grossa cosa bianca nel pozzo della William!
La Mamma Oh Dio... E’ “lui” ...
(Nancy corre a sostenere la madre di Albert che si accascia fra le sue braccia)
Nancy No. no! Son certa che non è lui!
Miss W. ed Il Vicario In simile ora non so dare alcun sollievo al suo stremato cuore.
(Piomba in scena Lady Billows, energica, spietata, rumorosa, seguita da Florenee)
Lady B. Bifolchi! Bestie che siete!
...e Budd è il peggiore!Io chiamo Scotland Yard, Signori!
Ci vuole gente in gamba!
Un detective di grido, di qualità!
...Non questo Budd! ...
...Inviatoci direttamente dai Lords!
Nancy Ma il Prefetto sostiene che...
Lady B. Bestia!
Il Vicario La milizia è tutta impegnata a ......
Lady B. Cani!
Miss W. Se solo si trovasse ...
Lady B. Come, dove, quando?
Io lo troverò più presto!
Ci vogliono nuovi metodi:
Impronte ... cani ... elettromagneti un
rabdomante ... anche Conan Doyle!
Telefonate a tutti i giornali; devo
trovarlo, vivo o morto!
Florence L’intero distretto da
Loxford ad Ipswich, lo cerca
ovunque invano.
Si corre di qua e di là sprecando
energia, tempo e danaro.
L’uno ficca il naso nella casa
dell’altro... si attacca ad indizi, ...
confonde le idee, diffonde i sospetti
al primo rumore... e al primo rumore
la caccia riparte.
Lady B. - Florence Il caso è tutt’altro
che un giallo locale ... Qui ci vuole un bravo
ispettore!!!
(In questo momento il Sindaco, il Prefetto e
Sid passano davanti alla vetrina. Entrano con
espressione seria. Il Sindaco porta un vassoio
coperto da un panno bianco. Ognuno comprende
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la gravità del momento. Sid prende una cassetta per poggiarvi sopra il vassoio e
Nancy chiude la porta e tira giù la serranda. La Signora Herring si alza terrorizzata,
sorretta dal Vicario e da Miss Wordsworth. Tutti tacciono timorosi di aprir bocca.
Il Sindaco guarda la madre di Albert con infinita pietà e poi scopre il vassoio. Il
Prefetto si leva l’elmetto. Sul vassoio è poggiata, tutta insudiciata, la coroncina di
fiori d’arancio del cappello di Albert)
La Madre (gridando) Il serto dì Albert!
Il Sindaco sulla strada per Campsey Ash ......
Il Prefetto .... sotto un carro .....
TRENODIA
(Si pongono tutti attorno alla corona, in pietoso omaggio)
TUTTI Se la morte è su di noi,
non c’è scampo per il poi:
con la falce il nero Dio,
miete il tristo e miete il pio!
E se alfine l’ora è giunta
il potente non la spunta;
verso lei non valgon prieghi
ed è d’uopo che si pieghi!
(versi individuali)
Il Vicario Piango perchè la gioventù si slancia nell’eternità con innocente semplicità.
Nancy Nascere per morire nel fiore della sua stupenda gioventù, sbocciata appena,
perchè?
Il Sindaco Non vedremo il suo sorriso, che la morte lo falciava prima ancor che la
sua gemma generasse un bianco fior.
Lady B. Piango per te che rifulgevi casto e onesto e puro come splendida fiamma al
vento!
Il Prefetto Ci chiediamo perchè “lui” fu strappato a tutti noi! ...
Ma la morte non risponde mai.
Florence Quei fiori incoronavan Albert con alone di purezza!... passò la morte e lo
ghermì!
Miss W. Ieri questi fiori eran freschi e colmi d’odorosa grazia;
quest’oggi malinconici appassiscono.
Sid L’Avello è dolce e riservato, ma, per me, troppo freddo e casto...
e non m’attrae affatto!
La Mamma Albert, mio solo bene, or che sei morto, voglio seguirti carne della mia
carne; tesoro!
REFRAIN
TUTTI Muto è il duolo,
sordo è il pianto;
Grida la disperazione
per un figlio che,
tolto a noi tutti,
muore così giovane!
(Albert, che era rimasto ad osservare stupito attraverso la vetrina, entra, facendo
scattare il campanellino della porta. Si girano tutti di scatto...)
TEATRO ALFONSO RENDANO
TUTTI A - l - b - e- r - t !!!
Albert Eh? Cosa c’è?
TUTTI (furiosamente e giustamente indignati)
Da dove vieni? Dove sei stato? Hai rovinato la nostra giornata!!
Siam preoccupati per quello che hai fatto!
T’abbiamo cercato per tutto il paese!
Siamo impazziti in un viavai, a caccia di tracce, smaniosi di nuove, credendoti
ucciso, rapito o peggio ... Solo per le sterline che hai nella borsa!
Albert Mi spiace ... tutto ciò.
(il suo commento è come una scintilla in una polveriera)
Lady B. Ti spiace, ti spiace? Ora gli spiace!
Come se ciò possa ripagarci dell’ansia e dell’agonia che ci ha causate oggi!
Miss W.- Nancy - Florence Dicci che cosa hai fatto!
Il Sindaco - Sid - Il Vicario Presto, su!
Il Prefetto Dove sei stato?
La Mamma (minacciosa) Quando restiamo soli
(Albert tace. Ad un cenno di Lady Billows, il Parroco fa un passo avanti)
Il Vicario Sei uscito di casa alle otto?
(Albert fa cenno di si)
Lady B. (gelidamente) Vuoi dire cosa hai fatto?
(Albert non risponde)
Florence Sei dileguato nella nebbia?
(Albert fa cenno di si)
Il Sindaco Eri solo?...
Miss W. Solo, o no?
Albert Si...
Lady B. E sei rimasto a lungo solo?
Il Vicario Hai visto amici?
Miss W. Conoscenti?
Florence Maschi?
Il Sindaco Femmine?
(Albert annuisce ancora)
Nancy Adesso basta!
Il Prefetto Ci sei andato insieme?
Albert Beh ... si!
Lady B. Ti sei portato le 25 sterline ...
Florence ... d‘oro?
(Albert annuisce ancora)
La Mamma Quante ne hai?
Albert Io ... ventidue.
Il Sindaco Sono sparite le altre?
Albert Si...
Il Prefetto Le hai perdute?
Miss W. Te l’hanno rubate?
(Albert scuote la testa negando)
La Mamma Hai speso i soldi per te?
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(Albert annuisce)
Il Vicario In un negozio?
(Albert fa cenno di no)
Lady B. In un’osteria?
Albert Si...
Florence Tutti per bere?
(nuovo cenno negativo di Albert)
Il Sindaco E dieci come!
Sid - Nancy Smettetela, mio Dio!
Non state a scrutarlo e ad inquisirlo così con le vostre ipocrite facce pie!
TUTTI GLI ALTRI Ci deve dire la verità, per quanto brutta sia!
Lady B. Che fine hanno fatto i soldi? La verità!
TUTTI La verità! Fa presto! La Pura verità!!
(Albert inizia sommessamente e col proseguire del racconto prende coraggio)
Albert Non mi ricordo troppo bene ... ma ciò che posso, dico francamente.
All’improvviso sentii ch’era giunto il momento di provare le cose che la Bibbia
cita sovente tra i peccati. La curiosità vince i forti dicono! Bene, se vi va, così fu
per curiosità che con la bicicletta me la filai giù in città! Prima di tutto volli bere
all’osteria. Presi dapprima una birra poco alcoolica ma non mi piacque! Ordinai.
cosi, del rum! Un bel bicchiere da marinaio ... e wisky e gin per innaffiarlo! Appena
più tardi ero tanto ciucco da barcollare versando il mio rum addosso ad ognuno;
allor s’arrabbiarono e ..... fui buttato fuori dal ‘’Dog and Duck’’ e finii in un fosso a
smaltire la sbornia!
TUTTI (tranne Sid e Nancy) Ignobile! Colpa gravissima per un Re di Maggio!
Albert ...barcollai fino al banco d’un altro bar; era l’”Horse ad Groom” ed iniziai a
litigare con alcuni avventori e col barista. Caddi per terra e fui buttato di nuovo nel
fosso!
TUTTI (tranne Sid e Nancy) Smettila! Basta! E’ rivoltante!
Albert E’ la verità! Ne volete ancor? O vi basta questo piccolo saggio d’una notte che
fu un incubo nero di vergogna e di squallore?
La Mamma E chi ti ci ha spinto? E come? ....
Albert Tu, m’hai costretto! Tu, tu sai il perché!
Soffocavi tutta la mia personalità; con spille di sicurezza mi avvolgevi nel cotone e
misuravi la mia vita con tanta devozione da provocare, per contro, un’esplosione!
Ma ora io so! E non è divertente! Ma è naturale che dovesse finire così!
(grida d’indignazione. Sid e Nancy lo incoraggiano a proseguire)
Sid - Nancy Bravo, Albert!
Albert (con un inchino) Vi ringrazio tanto d’avermi offerto i mezzi per farlo.
TUTTI (tranne Sid e Nancy)
Mostro! Ignobile! Perverso. Non merita niente! Contro la stessa madre! Che pazzia!
Albert Ho fatto il mio meglio per dirvi quello che mi è accaduto.
Lady B. Pagherai per la tua libidine! Pagherai per le tue voluttà!
Striscerai nell’ombra d’una gelida pietra tombale di morte!
Hai offeso il tuo nome ed il tuo sesso!
Albert Buon giorno a Lei, Milady; sono stanchissimo e vado a dormire!
(Lady Billows lancia un urlo di disgusto e scappa via seguita da Miss Wordsworth,
TEATRO ALFONSO RENDANO
Florence, il Prefetto, il Sindaco ed il Vicario. Albert gentilmente, tiene loro aperta la
porta. La mamma di Albert freme di rabbia e quando tutti sono usciti assale Albert
con furia)
La Mamma Dovessi morire, Albert, non ti perdonerò!
Albert (con calma) Vai pure. mamma!
(Quest’ultima resta senza fiato, scoppia in singhiozzi e si trascina rumorosamente
all’interno)
Albert (a Sid e Nancy) Che dite, ho esagerato?…Dunque?
(Nancy d’impulso gli getta le braccia al collo e gli dà un sonoro bacio che lo lascia
sorpreso e stupito)
Sid Ehi! Nancy è mia!
(Albert prende con ripugnanza la corona di fiori d’arancio e fa per gettarla in strada.
I tre ragazzi sono li. Quando vedono Albert, iniziano un’esitante versione della loro
filastrocca. Albert appoggia la corona sul bancone)
Emmie - Cis - Harry Mamma con un baston picchia sodo sul groppon!
(Per un attimo non si capisce se Albert salterà loro addosso. Ma improvvisamente
egli sorride e li invita ad entrare)
Albert Forza! Tutti qua!
(I ragazzi obbediscono e scivolano all’interno timidamente e con cautela, incerti su
quello che sta per accadere. Albert prende il cestino delle pesche e lo porge loro)
Albert Una pesca?
(Tutti accettano con gioia e riprendono a cantare la filastrocca, stavolta non più
dileggiante, a cui si uniscono Nancy e Sid mentre Albert distribuisce la frutta
tutt’intorno)
Emmie - Cis - Harry Albert trova così...
Nancy - Sid ...una nuova dignità; gli diciam hip,hip, urrà! Viva la sua libertà!
Albert Prendete ... ce n’è per tutti!
E riempite le tasche!
Che bello tornare qui!
(Sid prende la ghirlanda di fiori d’arancio e la getta ad Albert, che la prende al volo e
la lancia al pubblco)
Sid Ehi , la tua corona!
Albert Butta pure !
TUTTI (agitando la mano in direzione della corona che vola verso il pubblico,
ridendo)
Buona fortuna!!!
Sipario
Fine dell’Opera
46A STAGIONE LIRICA
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Eurobottega
Eurobottega nasce nel 1996 dalla collaborazione di tre Associazioni, una italiana con
sede a Treviso, una tedesca con sede a Ludwigshafen e una francese con sede a Créteil,
presso Parigi; essa sviluppa in campo europeo un progetto nato dalla intuizione e dalla
dedizione del grande Direttore d’Orchestra Peter Maag e concretizzatosi in campo
italiano con la Bottega del Teatro Comunale di Treviso, fino all’estinzione di tale
Ente.
Eurobottega promuove la formazione in tutta Europa dei giovani cantanti ed
in generale dei musicisti ed operatori teatrali, che per sviluppare il loro talento
necessitano di essere inseriti in un contesto produttivo complesso.
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Eurobottega si basa sul principio che la piena formazione artistica non può che
avvenire attraverso l’esperienza di una concreta produzione, un approfondimento
culturale complessivo e una lunga preparazione. Le istituzioni musicali odierne non
possono offrire l’occasione per una simile preparazione, né quelle didattiche che si
limitano alle nozioni teoriche, né quelle teatrali, prese come sono dalle necessità
di produzione di ogni giorno: Eurobottega si pone pertanto come trait d’union
tra istituzioni musicali e teatri europei, promuovendo la realizzazione di progetti
comuni, selezionando in tutta Europa giovani talenti e organizzando un programma
di formazione e perfezionamento, sotto la guida di illustri maestri; in particolare, i
cantanti selezionati per l’attuazione dei progetti approfondiscono la loro preparazione
con celebri esperti della vocalità e dello stile, nonché con registi e coreografi che ne
curano l’aspetto visivo.
Eurobottega offre ai giovani selezionati la possibilità di accedere gratuitamente alla
formazione, provvedendo all’ospitalità; e dà inoltre loro la possibilità di porsi in luce
e di guadagnare un adeguato cachet, poiché gli spettacoli prodotti in collaborazione
con Eurobottega non sono spettacoli “per giovani artisti”, ma sono inseriti all’intemo
delle normali stagioni dei Teatri, Festival e Istituzioni concertistiche (ed in ciò sta una
particolare originalità dei progetto dell’associazione).
Dal 1997 sono state realizzate produzioni in Italia, Francia, Germania e Svezzera. Il
dittico “Der Vierhiarige Posten” e “Die Zwillingsbruder” di Fran Schubert - allestito
in coproduzione con i Teatri di Cosenza, Rennes, “Massimo” di Palermo, con la
collaborazione di Asolo Musica, dei Teatri Svizzeri di Biel e Solothum e del francese
Centre de la Voix di Royaumont - ha meritato al Teatro “Rendano” di Cosenza il
Premio Speciale “Abbiati” della critica musicale italiana.
Tra le altre produzioni il “Così fan tutte” - realizzato in collaborazione tra i Teatri di
Cosenza e Treviso ed il Festival di Asolo -, “Pasqua Fiorentina” di Isidoro Capitanio,
in prima rappresentazione assoluta al Teatro Grande di Brescia (in collaborazione con
il Laboratorio di formazione orchestrale e corale di Chieti), la prima rappresentazione
TEATRO ALFONSO RENDANO
moderna de “L’Olimpiade di Vivaldi” - a Cosenza, in coproduzione coi Teatri di
Modena e Reggio Emilia -, la prima di “Lontano dagli occhi”, opera da camera di
Lorenzo Ferrero, per le celebrazioni chopiniane ad Asolo, i concerti “Notturno
Viennese” per le celebrazioni di Lorenzo Da Ponte a Vittorio Veneto, Il “Signor
Bruschino” di Rossini in collaborazione con l’Orchestra della Toscana, l’Accadernia
Musicale Chigiana di Siena e il Teatro di Chieti, una versione scenica della
“Kaffeekantate” di Bach al Festival di Asolo, riproposta all’Opera di Roma insieme
con la prima assoluta di “Bach Haus” di Michele dall’Ongaro.
Nel corso del 2000 Eurobottega ha realizzato la Cenerentola di Rossini (coproduzione
tra l’Accademia Chigiana di Siena e il Laboratorio Orchestrale e Corale del Teatro
Marrucino di Chieti).
Nella scorsa stagione la collaborazione di Eurobottega con il Teatro “Rendano” si è
concretizzata nella prima moderna di “Gina” di Francesco Cilea (in coproduzione con
l’Opera di Roma, dove lo spettacolo verrà allestito nel novembre 2001), e nella “Soirèe
Poulenc” - che ha presentato in prima italiana “Le gendarme incompris” e la versione
scenica di “Le bal masqué”, accanto a “Les mamelles de Tirésias” - il cui cast era
formato dai vincitori del Concorso “S. e G. Giacomantonio”. Nel 2001 Eurobottega
ha realizzato “Julie e Milton” di Spontini al Pergolesi Spontini Festival.
Nella 44a stagione del “Rendano” Eurobottega ha collaborato alla prima moderna di
“Consuelo”, i cui interpreti hanno preso parte ad uno stage d’interpretazione vocale a
cura di Regina Resnik presso la Fondazione Levi di Venezia.
Per la 46a Stagione Lirica del Teatro “Rendano” la collaborazione con “Eurobottega”
prosegue con lo stage di interpretazione vocale tenuto da Regina Resnik presso
l’Accademia Villa Ca’zenobio di Treviso destinato ai giovani interpreti dell’opera
“Albert Herring”, in massima parte selezionati nell’ambito del Maggio Fiorentino
Formazione mentre alcuni provengono dalla scuola del Teatro alla Scala di Milano.
46A STAGIONE LIRICA
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TEATRO ALFONSO RENDANO
L’Arlesiana
Dramma lirico in tre atti di Leopoldo Marenco dal dramma omonimo di
Alphonse Daudet
Musiche di Francesco Cilea
(Edizioni Casa Musicale Sonzogno di Piero Ostali, Milano)
Prima rappresentazione: Milano, Teatro Lirico, 27 novembre 1897
Personaggi e interpreti
Rosa Mamai
Federico, suo figlio
Vivetta, figlioccia di Rosa
Baldassarre, vecchio pastore
Metifio, guardiano di cavalli
Marco, fratello di Rosa
L’innocente
Elisabetta Fiorillo
Stefano Secco
Daria Masiero
Roberto Servile
Piero Terranova
Lorenzo Muzzi
Lucia Rizzo
Direttore
Regia e scene
Costumi
Coreografie
Disegno Luci
Direttore del coro
Reynald Giovaninetti
Mietta Corli
Stefano Almerighi
Pierluigi Vanelli
Marco Filibeck ripreso da Valerio Tiberi
Bruno Tirotta
Orchestra Philharmonia Mediterranea
Coro “Francesco Cilea”
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9 dicembre 2004 ore 16.30 anteprima scuole
10 dicembre 2004 ore 20.30 turno “A”
12 dicembre 2004 ore 17.30 turno “B”
46A STAGIONE LIRICA
Mietta Corli
L’Arlesiana
i colori e le ombre, l’amore e la morte
Dell’Arlesiana colpisce subito un certo dualismo che la attraversa: un’atmosfera solare
e amena, tipica della campagna mediterranea del sud della Francia, oscurata a tratti
da un’ombra, da un senso tragico derivante dal tema dell’amore/morte, fulcro del
dramma attorno a cui si sviluppa l’opera. Sia la scrittura musicale che la drammaturgia
oscillano frequentemente tra questi due aspetti e il passaggio da una situazione all’altra
è spesso improvviso e irruente come una folata forte di vento.
La descrizione idilliaca del paesaggio è di continuo offuscata dall’inquietudine dei
personaggi, la felicità ottenebrata dai presagi, le buone notizie annientate da violente
scoperte.
Alla forte luminosità provenzale si contrappone la cupezza di una vicenda che,
avanzando, porta con sé un effettivo allontanamento dalla luce: solo il primo atto
si svolge in pieno giorno, il secondo è al tramonto ed il terzo dalla sera fino all’alba,
momento simbolico del ritorno della luce, ma solo per “mostrare” la morte del
protagonista.
Ne risulta un’atmosfera cangiante e fortemente contrastata, un antagonismo che
investe ogni elemento.
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La fattoria dei Castelet, ispirata a una reale masseria-castello a pochi chilometri da
Arles, è un’architettura piuttosto chiusa, dove i muri tagliano quasi ogni orizzonte
verso la campagna e incombono all’interno, verso il pubblico, come un edificio
osservato molto da sotto.
Questo senso di chiusura/ansia ha origine dalla solitudine e isolamento di Federico
e la casa ne rimane permeata, non solo perché il luogo dove avverrà la sua morte, ma
soprattutto perchè quello della sua impossibilità di vivere. Da lì infatti si può solo
intravedere e percepire sensorialmente (vento, profumi, luci/ombre) la bellezza del
“fuori” fino alle case di Arles, senza poterla consumare. E questa “anomalia” della
casa, rispetto alle tipiche e ridenti masserie provenzalí, è la prima nota che ci dà
Alphonse Daudet all’inizio del racconto da cui è tratta l’opera («Perchè quella casa
mi aveva colpito? Non avrei saputo dirlo,eppure quella casa mi faceva rabbrividire.»)
quando guarda attraverso il portone, per una volta rimasto aperto dopo la disgrazia.
La sua sensazione tocca intensamente e subito influenza la nostra immaginazione di
quel luogo.
Nello stesso tempo però, Cilea ci riporta spesso nelle terre della Provenza, sotto un
altro aspetto: chi è stato là non può dimenticare l’energia vitale di quei paesaggi, le
distese giallo-viola dei campi di girasole e di lavanda, i suoi irresistibili profumi, il
forte vento caldo.
TEATRO ALFONSO RENDANO
E’ proprio allora, quando la musica evoca quelle immagini, che l’alone di enigmaticità
che avvolge la fattoria, viene quasi cancellato e la nuova luce e i colori emergono
trasformando ogni cosa.
Per manifestare questa solarità, il primo pensiero è stato Van Gogh, che proprio in quei
paesaggi ha raggiunto l’apice del suo discorso sul colore. Per Van Gogh, come per i
suoi maestri Impressionisti, ogni oggetto muta cromaticamente in base alla luce, ma
nei quadri arlesiani il suo discorso si spinge molto più in là: ogni elemento subisce
una mutazione fino al punto di non avere più nessuna rispondenza col reale. Nasce
così un’immagine che, pur avendo la propria origine nella percezione della realtà,
si manifesta come immagine mentale del pittore, gettando il primo ponte verso
l’Espressionismo.
Dispensati quindi dal compito di “rappresentare” un soggetto, i colori possono
inseguire liberamente i giochi creati dalla luce: gli elementi in ombra divengono bluviola, quelli in luce giallo-arancio a seconda della loro posizione.
Gli alberi saranno liberati dal verde, le pietre potranno assumere ogni colore, ogni
oggetto potrà essere cromaticamente diverso dal suo modello originale. In questa
direzione pittorica, la fattoria e i suoi particolari, la pietra che la costituisce ed ogni
materiale dovrebbero “riflettere”, in determinati momenti musicali, quelle atmosfere
così vive dei quadri vangoghiani, quasi come se fossero sbalzati fuori da un paesaggio
dipinto.
Tale antinaturalismo potrebbe sembrare lontano da un’opera che appartiene al
verismo, eppure la discontinuità, la doppia personalità dell’Arlesianana fanno, a mio
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avviso, un’opera solo a tratti verista. Il tipico descrittivismo paesaggistico è quasi
sempre interrotto da una forza negativa portatrice di segnali/presagi: ad esempio la
demenza dell’Innocente che ricorda ripetitivamente la storia truce della capretta,
attraversa come un leitmotiv tutto il dramma fino alla fine,dove si manifesta la
metafora di cui è portatrice. Oppure l’attenzione posta sulla Torre sin dall’inizio (il
presagio materno nel primo atto: “dovesse alcun cader da quell’altezza”) fa pensare
alla tecnica psicologica di un thriller, dove un personaggio secondario entra subito
troppo in gioco, per restare sullo sfondo fino alla fine.
Anche agli interventi del coro più convenzionali si contrappongono momenti più
lirici, sospesi: al sapore festoso e semplicistico ad esempio del coro del I atto (“Evviva!
Evviva! nel vino sta la vita e nell’amor”) o a quello più folcloristico nel terzo atto delle
fanciulle che intrecciano gigli candidi per la festa del Santo Patrono, si contrappone
invece nel secondo atto una certa “l’astrazione” del coro che, senza un ruolo preciso
nella vicenda, si manifesta attraverso voci lontane.
Ciò avviene in un luogo vuoto e carico di simbolismo come lo stagno, dove una
sorta di coro tragico invisibile preannuncia il lamento di Federico, commentandone
lo stato d’animo con la doppia similitudine della scomparsa della luce (l’imminente
tramonto) come morte del giorno e fine di un amore.
In sintesi, il gioco altalenante tra un’atmosfera semplice, bozzettistica da una parte
e complessa,ricca di segnali, metafore, simbolismi, conturbante dall’altra, immerge
dopo un po’ l’ascoltatore in una sorta di squilibrio emotivo che gli permette di entrare
quasi naturalmente nel mondo visionario di Federico.
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E’ questa, a mio parere la forza più profonda di questa opera. Dal finale violento
del primo atto (sul grido ‘Infame” di Federico), la situazione infatti cambia: i luoghi
diventano più irreali perché la “malattia” di Federico, la sua idea fissa, incominciano
ad interporsi come un filtro davanti all’obiettivo e a poco a poco ci si ritrova quasi a
guardare attraverso i suoi occhi. Lo stagno è uno spazio simbolico, è il luogo della
maturazione e della consapevolezza di Federico: qui nasce in lui l’idea della morte di
fronte ad una distesa di acqua stagnante, ferma, che ha cessato di fluire come il sangue
quando il corpo muore.
Qui, Federico, così chiuso con gli altri esseri umani nel suo famoso Lamento mostra
se stesso e il suo dolore così intenso e pregno della donna amata, allo stagno, fino a
evocare, nelle sue acque specchianti, la di lei visione. Personaggio assente dall’opera,
l’Arlesiana è talmente presente e viva nella mente di Federico, da rendersi necessaria,
in quest’ottica di immedesimazione visionaria, la sua apparizione. Il suo volto,
mostrandosi deformato dal movimento leggero del vento sulla superficie dell’acqua,
sottolinea la sua inconsistenza, ma nello stesso tempo porta il segno indelebile della
sua vera esistenza.
Come impronte lasciate su un vetro, le sembianze del volto noto solo a Federico, si
imprimono nella memoria visiva dello spettatore, e la loro bellezza riempie di senso e
di spessore ogni gesto del suo infelice amante.
TEATRO ALFONSO RENDANO
Soprattutto sarà più naturale comprendere la disperazione ancora più forte dei
protagonista alla fine del secondo atto (nella prima parte dell’Intermezzo musicale
“La notte di Sant’Eligio”), dopo aver promesso agli altri di voler guarire.
E nella seconda parte dello stesso Intermezzo, quando affiorano improvvisamente
echi di melodie popolari intonate sulle danze tipiche di quei luoghi (le farandole), sarà
ancora più raggelante assistere alla falsa immagine di Federico felice e divertito, che
balla con le ragazze e persino con la madre, a tratti quasi inebriato dal vino, barcollante
(come gli accordi violenti dell’orchestra sottolineano), in realtà già febbricitante, quasi
delirante. Senza soluzione di continuità, la festa finisce, ma Federico deve continuare
a fingere, persino nel duetto d’amore con Vivetta.
Anche la casa, nel III atto, subisce delle trasformazioni.
Quasi metafisica, apre i propri muri a mostrare il suo interno ed anche la vista della
campagna fino ad Arles. C’è un senso di lacerazione, di spaccatura che però apre
sempre più la visuale e mostra sempre meglio, come attraverso uno zoom, la Torre, il
pensiero più recondito di Federico.
Nel delirio finale, la rievocazione mentale (suggerita dall’orchestra) del galoppo del
cavallo che rapisce la bella Arlesiana e che porta Federico alla stia ultima “orribile
visione”, ha qualcosa di feroce, quasi di infernale come il personaggio di Metifio,
artefice del rapimento. Qui l’Arlesiana perde di colpo l’alone magico che la circondava
e l’evidenza brutale della sua scelta e della sua persona, così lontane dall’animo sottile
di Federico, sembrano volute da Cilea per rendere ancora più assurda la morte del suo
innamorato.
Nell’atto estremo, il punto di vista ribaltato della Torre coinciderà con lo sguardo
attonito dal basso della madre che potrà solo assistere inerme alla “visione” purtroppo
reale della silohuette tremenda del figlio nel gesto di buttarsi.
Per gentile concessione della Fondazione Teatro Regio di Parma
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TEATRO ALFONSO RENDANO
Alla “Scala”
La prima dell’Arlesiana
L’Arlesiana di Francesco Cilèa, che si rappresenta questa sera per la prima volta al
Teatro alla Scala, non è nuovissima per Milano, il suo varo essendo felicemente
avvenuto - protagonista l’allora debuttante tenore Caruso - al Teatro Lirico, nella
stagione d’autunno del 1897. Un alto motivo d’interesse offre tuttavia il suo ritorno,
non tanto per l’inesplicabile silenzio che avvolse, pochi anni dopo l’apparizione,
quest’opera che nell’ordine della produzione dell’autore vien subito dopo i due primi
esperimenti melodrammatici di Gina e di Tilda, precedendo di un lustro la comparsa
dell’Adriana, quanto per il fatto che l’edizione attuale può essere considerata una
novità, date le sensibili mutazioni apportatevi da Cilèa soprattutto in merito alla
disposizione e alla durata di talune importanti scene.
Tratta da quella rustica favola di Alfonso Daudet che pure aveva acceso l’estro musicale
di Bizet, essa risente dell’agitato periodo artistico in cui nacque; e pur senza contenere
accenti rinnovatori e polemici tali da farne come un vigoroso atto affermativo contro
l’invadenza delle forme esotiche minaccianti la tradizionale egemonia italiana nel
campo operistico, costituisce però un esempio sereno ed equilibrato del fecondo spirito
latino, per nulla influenzato e tanto meno intimorito dalla grandiosità di espressioni
che tentavano, e non invano, di prevalere anche sul nostro suolo. Sotto questo punto
di vista, e indipendentemente dal valore dell’opera d’arte su cui il pubblico milanese è
chiamato questa sera ad esprimersi, L’Arlesiana vuol essere indubbiamente anche un
documento assai significativo e tale da porsi, per le ripercussioni immediate e lontane,
accanto alle quasi contemporanee vittorie della Bohème pucciniana e della Cavalleria
rusticana.
L’autore, che è stato recentemente festeggiato a Napoli con un concerto sinfonico di
affettuoso saluto per il maestro che abbandonava la direzione di quel Conservatorio
musicale, sarà presente alla rappresentazione.
Franco Abbiati
“Corriere della Sera”, 11 aprile 1936
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TEATRO ALFONSO RENDANO
Le prime alla “Scala”
Il successo dell'Arlesiana
Dopo la significativa riconsacrazione dell'Adriana Lecouvreur, che ha sovente
riportato agli onori della cronaca teatrale, nelle recenti stagioni, il troppo dimenticato
nome di Francesco Cilèa, ecco riapparire alla Scala un'altra abbandonatissima, quasi
quarantenne opera del medesimo autore: quell'Arlesiana che, tratta dall'omonimo
dramma di Alfonso Daudet, al maestro calabrese offriva una prima volta, nel 1897,
l'occasione di manifestare con chiara concretezza la propria artistica personalità.
Opera di proporzioni discrete, tuttavia non esente da alcuni difetti specialmente
nocivi alla sua rappresentatività e intessuta sopra un mediocre libretto di Leopoldo
Marenco, dopo il suo battesimo milanese, al Lirico, e lo schietto successo che ne
coronò le successive esecuzioni al San Carlo di Napoli, essa s'era come sprofondata
nell'oblio; e ci fu - quanto per la sorte analoga toccata più tardi all'Adriana - chi ne
fece ricadere la colpa direttamente sul musicista che non s'era avveduto di qualche
negligenza scenica e organica imputabile all'edificio melodrammatico; e ci fu ancora
chi invece addebitò l'improvviso oscurarsi della sua fortuna ad alcuni più clamorosi
trionfi della sorgente giovane scuola verista, soprattutto fissata sui nomi di Mascagni
e di Puccini, di Leoncavallo e di Giordano.
Al solito, una parte di vero era in entrambe le giustificazioni dell'infruttuoso successo
dei primi anni. E lo dimostrarono, in tempi a noi vicini, così le opportune sostanziali
modificazioni apportate dall'autore alla partitura di Arlesiana, seguendo i suggerimenti
d'una maturata esperienza teatrale, come le meglio definite caratteristiche peculiari
dell'arte di Francesco Cilèa, il quale, pure appartenendo di diritto e di fatto - per
elezione e per educazione - alla stessa tendenza dei più celebrati coetanei, non potè
vantare di quelli l'uguale potenza produttiva e quell'acceso fuoco passionale che
costituiscono la maggiore e più popolare attrattiva d'uno spettacolo melodrammatico,
quindi il più sicuro elemento di pronta e duratura accessibilità per il pubblico.
Oggi possiamo facilmente capire quanto, in confronto dei colleghi più di lui fecondi
e fortunati, Cilèa potesse apparire quale un poeta minore - ch'è sempre un guaio
serio nei rapporti con le folle liriche dì tutto il mondo -; e cioè quale un cantore
istintivamente cauto e culturalmente sorvegliato e piuttosto schivo della qualche volta
necessaria retorica, operista nato che, pure conservando l'impronta tradizionale di casa
nostra, non rifiuta i moderatori contatti ideali con le correnti di alcuni delicati e un
poco fragili compositori stranieri dell'Ottocento, da Massenet a Grieg. E possiamo
spiegarci, a quella stregua, come l'ammirazione per l'Arlesiana stentasse, per parecchi
lustri, a raggiungere i vertici dell'entusiasmo, ad onta della sua dolce agreste pateticità
e della famosa romanza tenorile che ne ingemma l'atto secondo. Ma quasi a rimettere
in luce la signorile compostezza e insieme il vivo slancio melodico del semplice
idillio drammatico, e a fargli perdonare i procedimenti leggermente oleografici della
teatralità "vecchio stile" sono ben valsi in questi ultimi trent'anni gli aridi esperimenti
melodrammatici di troppi musicisti, anche nostrani, i quali hanno sensibilmente
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pesato sulla bilancia passiva dell'attuale produzione. Quegli esperimenti della storia
odierna - innegabili frutti, a volte, di intuizioni artistiche nobilissime, interessanti e
profonde, ma per lo più gelidamente astratte, musicalmente mancate e spesso inadatte
alla loro pratica realizzazione teatrale - hanno purtroppo creato un senso di distacco
e di insufficienza nelle disorientate platee. Ed ecco perché il pubblico, un poco per
pigrizia e molto per reazione spontanea, pungendogli vaghezza d'ascoltare qualcosa
che non fosse il solito passato remoto, credette doveroso e trovò dilettevole rivolgersi,
piuttosto che al presente, a quel passato prossimo che aveva lungamente trascurato
e che pertanto poteva sapere di gradita novità: ecco perché, in mancanza d'altro
e credendo d'aver abbastanza applaudito i poeti maggiori, il pubblico accettò con
simpatia anche i poeti minori; purché sinceramente, umanamente poeti.
Data così, sommariamente e forse arbitrariamente, una ragione del curioso fenomeno
dell'avvio artistico inizialmente brillante, d'un tratto interrotto e poi di nuovo
inaspettatamente ripreso che caratterizzò il cammino dell'Arlesiana, crediamo sia fuor
di luogo, ora, come tardivo e superato, un ritorno critico sulla rinsaldata posizione
di Cilèa e in particolare sul valore dei tre atti calorosamente festeggiati ieri sera alla
Scala.
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Il linguaggio musicale e l'impostazione scenica della breve opera sono d'una chiarezza
che non ha bisogno di commenti. L'ambiente di serena quiete pastorale che incornicia
alquanto arcadicamente l'azione è sagacemente utilizzato dall'autore per dare più
vigoroso rilievo al contrasto che vi genera il tumultuoso avvicendarsi della passione
nell'animo del protagonista, di cui è evidente una certa parentela col nostro Jacopo
Ortis e col goethiano Werther. Non tutte le pagine di questa rifatta partitura sono
peregrine per la fresca ispirazione o per l'originalità della concezione; ma ogni sua
battuta risponde certamente a una trepida commozione dell'autore che traduce gli
alterni sentimenti dei personaggi con melodica sincerità di trasporto, immediatezza
comunicativa, finezza gradevole di colori e di fattura.
TEATRO ALFONSO RENDANO
L'esecuzione, affidata per la direzione e la concertazione alle solerti cure del maestro
Giuseppe Antonicelli, è stata sostenuta con buona scorrevolezza e con giusta varietà
dinamica, seppure con una vaga inclinazione a illanguidire i movimenti. Gli impasti
orchestrali, felicemente meditati dall'autore che se ne serve per la nota pittoresca ed
anche per l'espressione della sua accorata sensibilità lirica, hanno ricevuto il loro esatto
tono con l'opportuna intensificazione fonica delle trasparenti armonie strumentali,
spesso acutamente psicologiche ed evocative.
Gli interpreti vocali, dai quali Cilea non richiede mai eccessivi sforzi, si sono pure
egregiamente comportati sia dal lato scenico sia da quello musicale. Un Federico
d'eccezione è naturalmente apparso Tito Schipa, che ha vissuto e scolpito il personaggio
con sapiente vivacità lirica e drammatica rendendone con alto stile le palpitanti frasi
d'amore e di dolore e le irrequiete funeste smanie. L'uragano di acclamazioni che ha
accolto la sua stupenda cesellatura della romanza "Anch'io vorrei dormir così..." ha del
resto confermato, se v'era bisogno, l'immutabile adorazione del pubblico per questo
magnifico cantante che, in determinate circostanze propizie ai suoi mezzi canori, può
veramente bastare da solo a rialzare le sorti di uno spettacolo.
Accanto a lui una eccellente Mamma Rosa è stata la mezzosoprano Gianna Pederzini,
il cui infallibile senso drammatico, sempre vigile e accorto nel cogliere i momenti
caratteristici dell'importante ruolo, s'è potenziato con l'uso d'una plastica e pregevole
voce e con l'intelligente mobilità degli atteggiamenti. Anche la Pederzini è stata
vivamente applaudita dopo la struggente perorazione dell'atto terzo.
Vivetta gentile nella sua attentamente studiata semplicità è apparsa Maria Laurenti,
che ha sostituito con buoni risultati l'indisposta Carosio, mentre il baritono Basiola ha
efficacemente adattato le proprie attitudini alla parte del vecchio pastore Baldassarre.
A posto il Paci, la Villani e il Giampieri nelle rispettive vesti di Metifio, zio Marco e
l'Innocente: corretti e disciplinati i cori delle fanciulle e dei campagnoli, gustosamente
animata la messa in scena.
Quanto alle scene, dipinte dallo Scaioli su bozzetti di Mario Zampini, esse sono
sembrate appropriate allo speciale carattere del melodramma, del quale hanno anzi
accentuato il lato minuziosamente verista; dei tre quadri, il terzo c'è parso il più
sobrio e praticamente riuscito. Lietissima la cronaca della serata, che registra, oltre
agli applausi a scena aperta, un numero di chiamate che supera la ventina, distribuite
dopo i tre atti: nelle proporzioni di quattro, nove e otto, e rivolte agli artisti, al maestro
Antonicelli e all'autore, che alla ribalta è stato ripetutamente e unanimemente
festeggiato frammezzo ai suoi fedeli interpreti.
Ha chiuso lo spettacolo una divertente replica del ballo “L'amore delle tre melarance”,
di Simoni e Sonzogno.
Franco Abbiati
"Corriere della Sera", 12 aprile 1936
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L’Arlesiana
Dramma lirico in tre atti di Leopoldo Marenco dal dramma omonimo di
Alphonse Daudet
Musiche di Francesco Cilea
(Edizioni Casa Musicale Sonzogno di Piero Ostali, Milano)
Prima rappresentazione: Milano, Teatro Lirico, 27 novembre 1897
Il Soggetto
Atto primo
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Baldassarre, vecchio pastore, sta raccontando, nel cortile della fattoria, una storia
al figlio minore della fattoressa Rosa Mamai. Il ragazzo è un poco tardivo e grazie
all’affetto e alla pazienza del vecchio recupera alcune capacità. Altri pensieri procura
a Rosa il figlio maggiore Federico, pazzamente innamorato di una ragazza di Arles
conosciuta alla fiera. Federico si è recato in città presso lo zio Marco per assumere
informazioni sulla ragazza che ha deciso di sposare. Vivetta, figlioccia di Rosa che
da sempre nutre un particolare affetto per Federico, è delusa e turbata dalla notizia
dell’imminente matrimonio. Federico ritorna con informazioni ottime sulla ragazza
e sollecita la decisione della data delle nozze. Mentre è in corso un brindisi per
festeggiare l’avvenimento si presenta a Rosa il guardiano di cavalli Metifio per
confessarle che il figlio sta per sposare una ragazza poco per bene. È stato l’amante
dell’Arlesiana, licenziato immediatamente appena si è presentato un buon partito.
Lascia a Rosa due lettere, per un giorno, a dimostrazione di quanto ha affermato. Rosa
fa leggere le lettere a Federico che è stravolto dal dolore per la rivelazione.
TEATRO ALFONSO RENDANO
Atto secondo
Vivetta e Rosa cercano nella campagna Federico che si è allontanato da casa senza dar
notizia.
Rosa invita Vivetta ad essere più ardita con Federico per suscitare la sua attenzione,
la ragazza è scandalizzata dalla proposta. Federico si è nascosto nell’ovile per sottrarsi
alle premure della madre ma è scoperto dal fratello e da Baldassarre che lo incoraggia
a superare la brutta esperienza, ma il giovane non riesce a farsene una ragione. Rilegge
le lettere e l’idea del tradimento lo tormenta. Sopraggiunge Vivetta che gli dichiara il
suo amore e gli promette fedeltà; Federico la respinge. Rosa pur di evitare strazianti
sofferenze al figlio è disposta a sacrificare l’onore della famiglia e acconsente al
matrimonio. Federico commosso dall’amorevole gesto della madre decide di liberarsi
dalla terribile infatuazione con l’aiuto di Vivetta. Rosa abbraccia i due giovani fra
lacrime di gioia.
Atto terzo
Nella sala della fattoria addobbata per le nozze Vivetta chiede a Federico se è felice.
Federico assicura di essere guarito dall’infatuazione e di aver rimandato indietro le
lettere per Baldassarre. Sopraggiunge Metifio che pretende le lettere da Baldassare,
non le ha ricevute in quanto era ad Arles, non rinuncia all’Arlesiana e pur di averla
ha deciso di rapirla. Federico che ha udito queste parole, ripreso dalla passione e
infuriato per la gelosia, tenta di aggredire Metifio con un martello. Baldassare e
Rosa sedano la lite, Vivetta accompagna Federico in camera sua e Rosa lo sorveglia,
il figlio piccolo si offre di badare al fratello, la donna lo abbraccia e lo manda a
dormire, quando crede i figli addormentati si ritira. Federico ossessionato dall’idea
del rapimento dell’Arlesiana si alza con l’intenzione di uscire, le donne non riescono
a trattenerlo, chiusa la porta dietro di sé decide di gettarsi dal granaio. Un tonfo
sordo zittisce le invocazioni delle donne, la madre sviene e Vivetta cede al pianto.
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TEATRO ALFONSO RENDANO
Maggio Danza
Teatro del Maggio Musicale FiorentinoAlphonse Daudet
Les Sylphides
Coreografia
Ripresa da
Adattamento e costumi
Musica
Luci
Pianoforte
Michel Fokine
Lola De Avila
Giorgio Mancini
Fryderyk Chopin
Giuliano Laghitelli
Francesco Novelli
L’après-midi d’un faune
Coreografia
Ripresa da
Musica
Scene e Costumi
Luci
Vaslav Niijinskji
Eric Vu An
Claude Debussy
Léon Bakst
Giuliano Laghitelli
Eppur si move…
Coreografia
Musica
Scene e costumi
Assistente scenografa
e costumista
Luci
Atmosfere sonore
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Giorgio Mancini
Antonio Vivaldi
Jean-Philippe Rameau
Arcangelo Corelli
Giuseppe Valentini
Georg Friedrich Händel
Johann Sebastian Bach
Luisa Spinelli
Monia Felicia Torchia
Vinicio Cheli
Silvio Brambilla
17 dicembre 2004 ore 16.30 anteprima scuole
18 dicembre 2004 ore 20.30 turno “A”
19 dicembre 2004 ore 17.30 turno “B”
46A STAGIONE LIRICA
Sogni e Miti tra Ballets Russes
e Ballets Suédois
di Marinella Guatterini
Da un punto di vista cronologico l’ordine di presentazione dei tre balletti in
programma stasera è corretto. Les Sylphídes risale infatti al 1909, L’Après-midi d’un
faune è invece del 1912, per ultimo giunge il fantasioso La Création du monde, del
1923. Ma c’è un altro ordine, più stimolante, quello impartito dal titolo conferito
alla serata, Sogni e Miti, grazie al quale il sogno della Silfide simbolo della danza
romantica, riaffiorante nei delicati disegni liberty di Fokine s’affianca alla leggendaria
Grecia arcaica del Faune di Nijinskij e al míto di una nuova creazione “africana” del
mondo, che si affacciò alla mente dei poeta e scrittore Blaise Cendrars, del musicista
Darius Milhaud e soprattutto del pittore Fernand Léger. Quasi un invito a leggere
anche le origini della vita e non solo della danza con gli occhi sempre avidi di scoperte
e sorprese dell’arte.
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Sottili intrecci e sotterranee, inattese, convergenze artistiche annodano, tra l’altro, le
tre diverse novità del programma fiorentino. Anzitutto il luogo di nascita: la fremente,
elettrizzata Parigi degli anni Dieci e Venti, una vera fucina, ricca come nessun altra
capitale in Europa, di avanguardie artistiche e utopie teatrali. Indi la residenza: i tre
balletti furono programmati e progettati all’interno di compagnie rivoluzionarie e
rivali proprio perché per certi aspetti assai simili: i Ballets Russes (1909-1929) di
Sergej Djagilev, al cui repertorio appartengono sia Les Sylphides che L’Après-midì
d’un faune, e i meno noti Ballets Suéclois (1920-1925) di Rolf de Maré cui si ascrive
La Création du monde e che per un quinquennio promossero con vorticosa euforia,
un bel numero di opere tutte improntate allo stesso progetto sinergetico, di incontro
tra danza, musica, pittura, poesia e letteratura che già aveva fatto la fortuna dei Ballets
Russes.
Come è noto, la troupe dei russi capitanata da Sergej Djagilev (1872-1929),
l’impresario soprannominato Cincillà per via della ciocca bianca che decorava la
sua capigliatura nera, era giunta al Théátre du Châtelet di Parigi il 18 maggio 1909
proponendo un doppio programma (in quello del 2 giugno spiccava Les Sylphides)
che mandò letteralmente in visibilio il “Tout Paris” ; in meno di venti giorni i nomi
prima dei tutto sconosciuti di Vaslav Nijinskij, Anna Pavlova Michel Fokine e Ida
Rubinstein divennero famosi non meno di quelli di Aieksandr Benois e Léon Bakst,
gli scenografi-pittori e costumisti. Quanto a Djagilev godeva già di una sua fama a
Parigi: nel 1906, al Salon d’Automne, aveva organizzato una mostra di pittura russa
e l’anno dopo aveva presentato all’Opéra una serie di concerti; infine nel 1908 aveva
promosso e rivelato nell’opera Boris Godunovil talento dei grande basso Fedor
Saljapin. Ma la vera rivelazione delle sue esportazioni fu il balletto.
Creatura complessa ab origine non meno che nelle sue molteplici trasformazioni, i
Ballets Russes furono il frutto dì una lunga gestazione russa e divennero il punto di
TEATRO ALFONSO RENDANO
convergenza di due movimenti artistici tesi al rinnovamento dell’arte: uno creato alla
fine dell’Ottocento da un gruppo di pittori d’avanguardia, riuniti attorno a Djagilev
e alla rivista “ Mondo dell’Arte” e l’altro rappresentato principalmente da Michel
Fokine (1880-1942), grande riformatore dei balletto accademico, affascinato dall’arte
nuova di Isadora Duncan ma osteggiato nel Teatro Imperiale, il Marijinskij, in cui
si era formato. Entrambi i movimenti esprimevano la ferma intenzione di ribaltare
le abitudini e le convenzioni ereditate dalla tradizione russa tardo-romantica. Ma
fu Djaligev organizzatore geniale e intraprendente, molto introdotto nei circoli
mondani ed artistici di Parigi, a creare un ponte tra le due realtà, chiamando i
principali collaboratori del “Mondo dell’Arte” (Benois, Bakst e Walter Nouvel) ad
un incontro con un’equipe di danzatori di straordinaria levatura provenienti dalle file
dei Marijinskij e naturalmente il coreografo che più di ogni altro anelava a modificare
l’estetica dei balletto, appunto Fokine.
Con questo iniziale bagaglio di talenti l’avventura dei Ballets Russes si dipanò
annettendo musicisti spesso ancora alla prime armi - basti pensare a Stravinskij che
già nel 1909 compare tra gli arrangiatori della musica di Chopin per Les Sylphídes
- a Ravel, Prokof ’ev, Satie, Poulenc, Auric, Milhaud. Con Picasso, Braque, Matisse,
Derain, Rouault, Larionov e Goncharova e tanti altri musicisti e pittori essi
arricchirono un repertorio che tuttavia non avrebbe avuto la persistenza storica di cui
siamo ancora oggi testimoni senza l’apporto e il genio di coreografi di vaglia. Grazie
a loro è possibile enucleare il patrimonio dei Ballets Russes in almeno tre periodi
assai distinti: il primo, che corre dal 1909 al 1914, legato a Fokine e a Nijinskij in cui
la troupe diaghileviana propose dapprima la ricchezza esotica ancora sconosciuta in
Occidente dell’arte russa, - con le tracce del grande passato tardo-romantico rifratte,
46A STAGIONE LIRICA
91
come nelle Sylphides, in una luce soffusa di calda e struggente nostalgia -, eppoi la
volontà di scardinarne le regole e il modello estetico. Con Vaslav Nijinskij (18891950), il divo danzante che aveva catturato l’attenzione dei mondo, considerato agli
inizi “coreografo per interposta persona”, istigato dal suo partner Djagilev, i Ballets
Russes accorciarono i tempi della modernità. Proposero una danza antiaccademica
ma a partire dall’accademia stessa (cioè l’opposto sgraziato, rude, pesante della danse
d’école), e una coreografia semplice e diretta in cui la forza psicofisica dell’interprete, la
sua presenza non più aerea ma terrigna e istintuale - basti pensare alla figura stessa dei
Fauno nell’Après-mídi d’un faune - segnava una linea di non ritorno al passato.
Dopo Nijinskij, la cui tragica malattia congenita esplose con l’affrancamento da
Djagilev e dai Ballets Russes, fu Léonide Massine ad assestare commedie danzate,
canovacci dell’arte in un balletto letterario nei temi, e quasi cubista nello stile
coreografico, segnando con la sua arte il periodo che corre dal 1915 al 1921. Indi
Bronislava Nijinska, sorella di Vaslav e George Balanchine inaugurarono le stagioni
neoclassiche dell’ultimo scorcio di vita della celebre troupe che si concluse nel 1929
alla morte di Diagilev.
Con questi due artisti, ancora russi, svaporarono lentamente le sinergie inventate e
sollecitate dal grande impresario Cincillà: era ormai alle porte l’epoca della centralità
del coreografo e di un formalismo inneggiante a una nuova e privilegiata liaison, quella
tra danza e musica.
92
E i Ballets Suédois? Anch’essi ebbero un impresario tuttofare nell’aristocratico e colto
Rolf de Maré (1888-1964) e come i Ballets Russes furono una troupe che proveniva
da un teatro di tradizione, l’Opera Reale di Stoccolma. Inoltre, se Vaslav Nijinskij fu
più di ogni altro interprete diaghileviano il “divo” idolatrato da un pubblico non più
TEATRO ALFONSO RENDANO
solo parigino ma planetario, anche i Ballets Suédois ebbero un loro “Nijinskij” in Jean
Börlin (1893-1930), danzatore nato vicino al polo artico, destinato come il polacco
Vaslav a una fine terribile e precoce, questa volta segnata non dalla malattia mentale
ma dall’alcol e dalla droga, che però fu l’unico referente coreografico, oltre che
animatore ed étoile, della compagnia. I Ballets Suédois trassero vantaggi dall’incontro
con un pubblico che una dozzina d’anni prima, proprio grazie ai Ballets Russes, aveva
ceduto ogni riserva nei confronti di una danza nuova e a colloquio con le altre arti,
ma su di loro incombette a lungo il sospetto di esserne una filiazione imitativa ed
epigonale. Opere come La Créatíon du monde, L’Homme et son désir, Reláche e
Skatíng Ring (ricostruito nel 1999 da Millicent Hodson e Kenneth Archer, la stessa
coppia di “archeologi dei balletto” che nel 2000 mise mano alla rutilante Création
du monde) dimostrano il contrario. Tuttavia nei cromosomi dei Ballets Suédois vi
era effettivamente più di un gene in comune coi Ballets Russes; soprattutto vi fu un
ispiratore che idealmente tiene le fila anche del programma di questa sera. Si tratta
proprio dell’autore delle Sylphides , Michel Fokine, che avendo rotto il suo rapporto
con Djagilev a causa delle nuove produzioni coreografiche affidate a Nijinskij ,
accettò, nel 1913, l’incarico di direttore del Ballo all’Opéra Reale e a Stoccolma
involontariamente, gettò le basi per la nascita dei Ballets Suédois.
In una sorta di eremo nordico, qual era allora la Svezia, lontano dai tumulti artistici
parigini, il grande coreografo trovò una troupe di danzatori molto professionale,
tecnicamente preparata da insegnanti di scuola francese, ma del tutto sottoutilizzata,
tanto da prestare la propria attività per lo più nelle opere liriche. Fokine si ripromise
di rilanciare la compagnia affidatagli: allestì Cléopatre, Les Sylphides, Shéhérazade
nel tripudio dei pubblico di Stoccolma e fece pressione sulla direzione del teatro
affinché si intraprendessero tournées all’estero. Intendeva rivaleggiare con i Ballets
Russes ma era sinceramente convinto che la qualità tecnica dei suoi nuovi danzatori,
tra i quali già spiccava quel Jean Bórlin di cui fu didatta e consigliere, fosse addirittura
superiore a quella dei russi negli anni dei debutto parigino. Non fu però l’Opera
Reale di Stoccolma a cogliere le indicazioni di Fokine, di difficile attuazione anche a
causa dello scoppio della Prima guerra mondiale, bensì l’amico e collezionista d’arte,
di origini svizzere e nobili, Rolf de Maré. Questi conobbe Börlin e i danzatori più
in vista dell’Opera Reale, come Carina Ari e Jenny Hasselquist, e poco alla volta,
pur non essendo mai stato un appassionato di musica e balletto, si convinse del
loro talento; soprattutto della possibilità di sfruttare le molte conoscenze artistiche
e mondane parigine per aprire nella Ville Lumière un nuovo teatro della danza che
facesse conoscere i “suoi svedesi”.
Il debutto dei Ballets Suédois avvenne il 25 ottobre 1920 nel restaurato Théátre des
Champs Elysée(1) ma il nome di Fokine non vi compariva affatto. Già nel 1918 Maré
aveva aiutato l’amico russo (che si era congedato dall’Opera Reale di Stoccolma nel
1915) ad aprire una sua scuola a Copenhagen ma come ci suggerisce lo storico e critico
Bengt Hager(2) non volle conferirgli alcun incarico nella nuova impresa che stava per
patrocinare, intuendo che le sue idee avevano ormai prodotto capolavori irripetibili
e che le sue innovazioni estetiche erano già entrate a far parte dei bagaglio storico dei
balletto. Così puntò le sue carte su Bórlin, proprio come Djagilev (sempre a spese di
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93
Fokine) aveva fatto con Nijinskij - imbattendosi però in un materiale umano assai
più estroverso, solare e comunicativo dei tormentato polacco. Venticinquenne, Börlin
intraprese, nel 1918, un lungo viaggio di apprendistato in Europa e persino nell’Africa
del Nord per conoscere le ultime tendenze della danza europea e non, prima di
presentarsi come coreografo di riferimento dei Ballets Suédois. Purtroppo gli storici
non hanno ancora appurato la consistenza dei suoi studi e della sua formazione extrafokiniana ed extraclassica. Per qualche tempo dovette senz’altro sostare ad Hellerau,
la scuola fondata da Emile Jaques-Dalcroze divenendo allievo di questo maestro
dell’euritmia(3) anche a Ginevra; poi comparve a Desda nella scuola di Mary Wigman e
a Zurigo dove entrò in contatto con i Dadaisti. Presumibilmente non conobbe Rudolf
Laban, il vero iniziatore del movimento della danza libera europea, ma seguendo il
suo esempio si lasciò influenzare dalle danze sacre (per esempio dai dervisci, visti in
Africa) e dal folklore soprattutto spagnolo che studiò con la famosa Otero e che ispirò
i suoi balletti Iberia e, in parte, El Greco.
94
Tralasciando la lunga e tormentata vicenda che contrappose Rolf de Maré al Teatro
dell’Opera di Stoccolma, refrattario ad ogni collaborazione e provincialmente
asserragliato su posizioni di isolamento artistico, ma comunque davvero defraudato
dei suoi danzatori migliori, tutti confluiti nei Ballets Suédois, - occorre sottolineare
che le produzioni del gruppo e la stessa figura danzante di Börlin, incontrarono favori
e critiche, suscitarono passioni e disappunto in un clima di controversia che non
ebbe in realtà mai tregua. Non tanto per la qualità dei balletti allestiti (quantunque,
secondo alcuni osservatori, i danzatori svedesi fossero anche “mediocri”) ma per lo
speciale marchio che vi impresse il coreografo, deciso a trovare una sorta di teatralità
nel realismo, a sperimentare una concretezza danzante di tenore astratto che si
rinnovasse ad ogni spettacolo, suggestionata dagli ingredienti della scena, in specie
dalla pittura tanto cara a Rolf de Maré.
Ricerche e studi storici sui Ballets Suédois hanno preso le ali non prima della seconda
metà degli anni Ottanta del secolo scorso, organizzando una dovuta riabilitazione dei
fenomeno svedese, tuttora in corso. L’asprezza dei giudizi di alcuni contemporanei era
senz’altro dovuta a partigianeria: sottolineare come l’origine scandinava della troupe
non potesse garantire quella salda tradizione coreografica di cui avevano beneficiato i
Ballets Russes appare oggi come un’illogica dislessia. In cinque anni di attività Bórlin
creò balletti dallo spiccato carattere scandinavo come Dansgille, La Nuit de la SaintJean o Les Vierges folles, opere vicine al folklore di vari paesi come Iberia, Derviches,
Le Roseau, Offerlunden e La Giara (musica di Alfredo Casella, scene e costumi di
Giorgio De Chirico) e persino affini allo stile classico-fokiniano come Le Tombeau de
Couperin, Pas de Deux, Jeux, Chopiniana, Divertissements, Marchand d’Oiseaux, La
Boite à Joujóux, Le Porcher (sfruttando, come si nota in taluni titoli, il calco musicale
dei Ballets Russes). Infine diede vita ad eventi di pura avanguardia come Maison de
fous, El Greco, L’Homme et son Désir, Les Mariès de la Tour Effel, Skating Ring,
La Création du Monde, Within the Quota, Le Tournoi Singulier e Reláche. Il vero
problema resta la qualità inconsueta e antiaccademica della sua danza e le peculiarità
di un linguaggio coreografico purtroppo in gran parte perduto. Tuttavìa la riscoperta
delle tracce e dei documenti dei repertorio dei Ballets Suédois ha almeno contraddetto
TEATRO ALFONSO RENDANO
il pregiudizio di una certa casualità progettuale, di un obiettivo limitato allo scopo di
scandalizzare, creando eventi eclatanti -tante volte il corpo di Börlin appariva nudo
negli spettacoli della troupe - a beneficio di un pubblico assetato di curiosità. Inoltre,
proprio la ricostruzione delle coreografie di schietta e pura avanguardia come Les
Mariés de la Tour Eiffel o Skating Ring, e l’interesse per Börlin manifestato da
colti coreografi dei nostro tempo, rivelarono come lo sperimentalismo ad oltranza
dell’étoile dei Ballets Suédois fosse tutt’altro che superficiale, al contrario proiettato
verso il futuro e proprio nella compenetrazione tra danza e arti della scena. “ Ballets
Suédois sono intelligenti in pittura... più che in danza. Né la danza, né la musica,
né la scena vengono davvero sacrificate, ma restano in definitiva subordinate a un
insieme pittorico”. Questo suadente giudizio attribuito allo stesso Rolf de Maré,
suona come il più invidiabile degli appezzamenti per una troupe e per un coreografo
che non solo ebbero la fortuna di collaborare con pittori e musicisti, poeti, letterati e
intellettuali tra i più innovativi dei loro tempo - e di farlo mentre i rivali Ballets Russes
confluivano di nuovo, per esigenze anche economiche, verso lidi più cauti e popolari
(le commedie danzanti di Massine, la ricostruzione della Bella addormentata) -ma di
rendersi partecipi attivi della loro progettualità. Come accadde con Fernand Léger, il
fautore dell’Arte in movimento e della Pittura cinetica che impresse in Skating Ring
prima e nella Création du monde, poi, il segno indelebile delle sue teorie sul teatro e
la scena.
Infine va ricordato che grazie alle intuizioni del mai dimenticato Aurel Milloss, il
coreografo ungherese che lasciò un segno indelebile nella cultura della danza italiana
tra gli anni Trenta e i Settanta, proprio il Maggio Musicale Fiorentino ha in Italia
il merito quasi esclusivo di aver rilanciato i Ballets Suédois ancor prima della loro
rivalutazione storica. Nel 1959 Milloss si incaricò della ripresa della Giara (già allestita
all’Opera di Roma nel 1939 ) e fece debuttare al Teatro della Pergola un memorabile
e dadaista Reláche (1970) oltre a La Créatíon du monde proposta, nel 1971, con scene
e costumi di Emanuele Luzzati. In seguito nel repertorio di MaggioDanza comparve
una nuova Giara (1991), diretta da Gianandrea Gavazzeni e con la coreografia di Enzo
Cosimi. Ora il colloquio coi Ballets Suédois riprende e con esso il confronto coi rivali
Ballets Russes sull’onda di ricorrenti e desueti “sogni e miti”.
Per gentile concessione della Fondazione Maggio Musicale Fiorentino
Note
l. Rolf de Maré affittò per sette anni, cioè dal 1920 al 1927, non solo il Theatre des Champs Eiysées, ma
l’intera struttura che comprendeva anche la Comédie des Champs-Elysées e che dal 1924 si arricchì di
uno Studio-Théâtre,
2. Cfr. Bengt Háger, Ballets Suédois, Damase/Denoél, Parigi, 1989,
pagg. 8,9.
3. Nel suo Istituto di ritmo applicato, fondato nel 1911 a Hellerau, vicino a Dresda, l’insegnante di
musica e teorico dei movimento svizzero Emile JaquesDaicroze sviluppò le teorie sul movimento
individuate da Francois Delsarte in un sistema di esercitazione della sensibilità musicale, atto a stimolare
la traduzione dei ritmo in movimenti fisici e denominato ginnastica ritmica, ovvero euritmia.
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Eppur si move...
(da Barocco che passione)
di Elisa Guzzo Vaccarino
[…]
Dice Giorgio Mancini della sua creazione, destinata a convivere con il segno incisivo
dei due titoli di Limón: “Il mio nuovo balletto è come un percorso tra realtà e sogno,
ispirato all’estetica barocca. Parto dalla fine del Rinascimento, che aspira all’armonia
classica, alla costruzione precisa e alla razionalità, per entrare in un nuovo mondo,
di rottura energetica, di follia, di liberazione dalle regole arrivando infine a una sorta
di maturità, di semplicità. E’ come nella fisica: l’energia sale e sale, e solo dopo può
calmarsi e riscendere. L’idea è quella di una contrapposizione tra pura razionalità
ed emozione, come movimento dell’anima. Si tratta di un lavoro niente affatto
narrativo, un lavoro che si potrebbe definire di ‘astrazione emozionale”.
Certo i presupposti di questa creazione di grande formato, di circa mezz’ora per
una trentina di danzatori, richiamano subito alla mente le concezioni di José Limón
riportate più sopra, come anche le scelte musicali per questa novità: “Ho pensato a
musiche quasi tutte del periodo barocco, da Corelli a Bach a Valentini un musicista
fiorentino barocco da riscoprire”.
96
TEATRO ALFONSO RENDANO
E in che cosa si vedrà sul palcoscenico l’universo visuale barocco? “ Luisa Spinatelli
ha inventato un décor specchiante, fatto di elementi scenografici in alluminio,
con forme spigolose e non, che modificano l’habitat scenico con riflessi mobili. I
costumi, neutri, color carne, unisex, si arricchiscono man mano di aggiunte, una
manica, un collo, una gonna, per diventare a poco a poco barocchi anch’essi”.
C’è qualche riferimento a Limón e al suo segno in questo titolo al debutto, accanto
ai due brani del maestro americano?
“No, lo stile di questo mio pezzo è quello che ho cercato in me, senza rinnegare
l’influenza dei grandi coreografi di cui ho ballato le opere, da Béjart ai nomi top che
ho incontrato nel mio periodo ginevrino come danzatore e direttore della compagnia
cittadina, e viene piuttosto dalle immagini che ho accumulato nella mente. Penso
caso mai plasticamente ai panneggi delle statue di Bernini, dove anche i capelli si
muovono, come se un vento di passioni scompigliasse il linguaggio base, che è
quello classico puro, nel mio caso, mai rinnegato, sempre amato”.
(per gentile concessione della Fondazione Maggio Musicale Fiorentino)
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TEATRO ALFONSO RENDANO
Maggio Danza
Teatro del Maggio Musicale Fiorentino
I Soggetti
L’après-midi d’un faune
In un caldo pomeriggio d’estate, un fauno, adagiato su un masso, suona il suo
flauto e si abbandona al riposo. Giungono alcune ninfe che si recano ad un vicino
laghetto: il fauno si scuote dal torpore, le osserva stupito, non avendo mai visto
creature simili. Anche le ninfe sono sorprese e, quando il fauno balza fra loro,
fuggono spaventate. Ma presto tornano e il fauno inizia a corteggiarle: di nuovo tutte
scompaiono, salvo una, che accetta le sue attenzioni. Quando però tenta di afferrarla,
fugge anch’essa, lasciando cadere un velo di seta. Il fauno lo raccoglie, l’accarezza,
immagina che sia la ninfa fuggita e si abbandona sul velo come in un atto d’amore.
Les Sylphides
Nel regno sfuggente ed impalpabile delle Silfidi, il Poeta ricerca, come in un
sogno, l’ideale dell’amore romantico e quello della giovinezza femminile, l’eterno
femminino.
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Eppur si move…
di Giusi Panara
È la storia lunga, bella e faticosa della passione rasserenata. L’ultima creazione di
Giorgio Mancini segue un percorso che l’uomo contemporaneo conosce. Una
partenza “perfetta”, governata dalle regole, vola all’impazzata verso un’evoluzione
di libertà, di follia, di energia caricata fino alle estreme conseguenze. Il mondo
dell’eccesso, del barocco dipinto d’oro, del rovesciamento dei ruoli, dell’evasione
dai canoni e dai legami, esplode come nella formazione di un nuovo universo, in
cui l’essere diventa finalmente padrone di se stesso, individuo completo di tutte
le esperienze. L’armonia e la semplicità neoclassiche, finalmente raggiunte con la
maturità, si sono nutrite della voglia di scoprire, di sperimentare, di provare fuori
dalle regole. Nessun approdo, senza questo vortice pazzo e barocco, sarebbe stato
possibile.
46A STAGIONE LIRICA
100
TEATRO ALFONSO RENDANO
Orchestra Philharmonia Mediterranea
Direttore d’Orchestra: Balazs Kocsar
J. Strass
Sinfonia dal “Pipistrello”
P. Tchaikovsky
Nutcracker Suite Op. 71
G. Gerschwin
Rhapsody in Blue
D. Shostakovich
Jazz Suite n° 2
23 dicembre 2004 ore 20.30 fuori abbonamento
101
46A STAGIONE LIRICA
Orchestra Philharmonia Mediterranea
Violini Primi
Luigi De Filippi*, Pasquale Faucitano*, Giovanni Aiello, Francesco Cogliandro
Francesca Gabriella Iusi, Paolo Montefusco, Pino Murano, Vita Pirrotta
Paola Russo, Simona Sciammarella
Violini Secondi
Pina Conti*, Fausto Cozzolino, Giuseppe Devincentis, Ilia Falanga
Patrizia Ferruccio, Agostino Piero Gallina, Maria Gallo, Paolo Noschese
Mariella Veltri, Maria Carmela Zupi
Viole
Fabrizio De Mellis*, Annastella Cirigliano, Marianna Curia
Rosaria Mastrosimone, Rosanna Pianotti, Roberto Presti
Celli
Sandro Meo*, Angela Canino, Fausto Castiglione, Francesco Meo
Barbara Muto, Angelo Zupi
Bassi
Tina Muto*, Carlo Cimino, Giovanni Reale
Arpa
Sara Simari
102
Flauti
Fabio Pepe*, Giuseppe D’aprile
Oboi
Panzieri*, Giuseppe Madrigrano
TEATRO ALFONSO RENDANO
Corno Inglese
Umberto D’angelo
Clarinetti
Vincenzo Buonomano*, Gaspare Buonomano
Fagotti
Antonello Capone*, Rosaria Leone
Corni
Massimo Celiberto*, Pino Barletta, Luigi Gallo, Domenico Guglielmelli
Trombe
Paolo Marchese*, Paolo Bennardo
Tromboni
Gianluca Bennardo*, Francesco Gagliardi, Antonio Pepe
Basso Tuba
Mario Gallo
103
Timpani
Massimo Belmonte
Percussioni
Walter Giorno*, Franco Amendola, Tarcisio Molinaro
* Prime Parti
46A STAGIONE LIRICA
Rubbettino
104
TEATRO ALFONSO RENDANO
Coro “F. Cilea”
Maestro del Coro
Bruno Tirotta
Soprani
Rita Andaloro, Rosaria Arena, Francesca Canale, Anna Maria Casile,
Marzia Catania, Silvana Gaeta, Federika Gallo, Concetta La Macchia, Delia Morale
Angela Naccarato, Margherita Scoglio, Domenica Scoglio, Barbara Tucci
Mezzosoprani
Gabriella Grassi, Annunziata Giuffrida, Claudia Pirrera, Imma Scalercio
Monica Scutellà, Caterina Giuffrida
Contralti
Floriana Longo, Eleonora Campo, Giuseppina Marino, Francesca Mazza
Patrizia Scanu, Santina Tirotta
Tenori
Nicola Coronati, Francesco Denaro, Alfio Marletta, Nicola Marrabello
Antonino Mauceri, Saverio Pugliese, Francesco Sauzullo, Giuseppe Taverriti
Angelo Villari, Antonino Bellantoni, Alessandro Cosentino
Giuseppe Manfredi, Antonio Tavilla
105
Baritoni
Alessandro Cannavò, Francesco Di Prima, Paolo Neri, Marcello Siclari
Bassi
Michele Bruno, William Burzese, Giovanni De Benedetto, Francesco Ferraro
Giuseppe Freni, Domenico Mento, Antonino Mercurio, Liborio Siclari
46A STAGIONE LIRICA
Abbonamenti
Diritto di prelazione
Gli abbonati della Stagione Lirica 2003 che vogliono rinnovare l’abbonamento per
la Stagione Lirica 2004 (stesso turno, settore fila e numero) potranno usufruire del
diritto di prelazione.
La prelazione potrà essere esercitata alla Biglietteria del Teatro da lunedì 4 ottobre a
sabato 9 ottobre 2004 dalle ore 9.30 alle ore 13.00 e dalle ore 16.00 alle ore 19.30 da
lunedì a sabato.
Il diritto di prelazione è strettamente personale e non cedibile.
L’abbonamento dovrà essere rinnovato dall’intestatario. Nel caso non possa farlo
personalmente, saranno accettate deleghe per il rinnovo, regolarmente firmate e con
fotocopia del documento d’identità dell’intestatario.
Vendita abbonamenti
Gli abbonamenti alla Stagione Lirica 2004, compresi quelli non riconfermati, saranno
posti in vendita da lunedì 11 ottobre a sabato 16 ottobre 2004 dalle ore 9.30 alle ore
13.00 e dalle ore 16.00 alle ore 19.30 da lunedì a sabato presso la Biglietteria del
Teatro.
106
Riduzioni
Possono usufruire dell’abbonamento ridotto le seguenti categorie: giovani fino al
compimento del 25° anno di età, militari di leva, pensionati oltre i 65 anni, circoli
ricreativi aziendali e associazioni (per un minimo di 16 persone);fondazioni,
enti, società, testate giornalistiche che hanno stipulato apposita convenzione
con l’amministrazione comunale. Per poter accedere alla riduzione sul costo
dell’abbonamento è necessario produrre un documento che attesti l’appartenenza
ad una delle categorie sopra indicate. Tale documento potrà essere richiesto anche
all’ingresso di ogni spettacolo.
Smarrimento dell’abbonamento
Lo smarrimento dell’abbonamento va segnalato per iscritto, con allegata copia della
denuncia alla autorità competente, agli uffici amministrativi del Teatro. Al titolare sarà
rilasciato un ingresso sostitutivo per ogni spettacolo, previo pagamento degli oneri
gravanti sullo stesso.
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Biglietti singoli spettacoli
I posti rimasti liberi dagli abbonamenti della Stagione (ad eccezione delle Anteprime
Scuola) saranno posti in vendita presso la biglietteria del Teatro da venerdì 22 ottobre
2004 (compreso domenica 24 ottobre).
La biglietteria osserverà il seguente orario:
dalle ore 9.30 alle ore 13.00 e dalle ore 16.00 alle ore 19.30 da lunedì a sabato, nei
giorni di spettacolo fino ad orario spettacolo.
Ogni spettatore potrà acquistare un massimo di tre biglietti.
Riduzioni
Possono usufruire del biglietto ridotto le seguenti categorie:
giovani fino al 25° anno di età, militari di leva, pensionati oltre i 65 anni, circoli
ricreativi aziendali e associazioni (per un minimo di 16 persone);fondazioni,
enti, società, testate giornalistiche che hanno stipulato apposita convenzione con
l’amministrazione comunale. Per poter accedere alle riduzioni sul costo del biglietto
è necessario produrre un documento che attesti l’appartenenza ad una delle categorie
sopra indicate. Tale documento potrà essere richiesto anche all’ingresso di ogni
spettacolo.
Prenotazione postale e via fax
Le richieste di prenotazione a mezzo posta o fax per le singole rappresentazioni
devono pervenire a partire dal 4 ottobre 2004 al 20 ottobre 2004.
Tanto nella richiesta a mezzo posta (indirizzo:Teatro “A.Rendano”, P.zza XV Marzo,
Cosenza) quanto in quella a mezzo fax (0984813220) dovranno essere specificati: nome
e cognome, indirizzo, recapito telefonico, titolo e data della rappresentazione prescelta,
numero dei posti, settore desiderato, eventuale diritto alla riduzione debitamente
documentato (v. paragrafo “riduzioni”). Alle prenotazioni che perverranno entro le
date sopra indicate sarà riservato il 20% dei posti disponibili per ogni recita, suddivisi
nei vari settori. L’assegnazione sarà effettuata dalla Biglietteria fino ad esaurimento
della quota riservata. In caso di mancata disponibilità dei posti richiesti, la Biglietteria
provvederà allo spostamento della prenotazione, previa comunicazione telefonica al
richiedente, ad altro settore o recita dello spettacolo prescelto.
Le richieste che perverranno a vendita dei biglietti già iniziata (22 ottobre 2004)
saranno soddisfatte, previa verifica della disponibilità dei posti, soltanto al momento
di chiusura del botteghino, nel giorno di arrivo della richiesta stessa. Il Teatro non
risponde di eventuali disguidi o ritardi del servizio postale. A conferma avvenuta dei
posti prenotati, i richiedenti dovranno versare l’importo a mezzo C.C. Postale n.301895
intestato a Comune di Cosenza – Teatro “A. Rendano” – oppure bonifico bancario
(Banca Carime Ag. 1 Cosenza CC n.0000 6000000 1 Abi 03067 Cab 16202 Cin S) e
inviare a mezzo fax relativa ricevuta. I biglietti dovranno essere ritirati alla Biglietteria,
se nel giorno dello spettacolo almeno mezz’ora prima della rappresentazione dietro
presentazione della ricevuta dell’avvenuto pagamento. Il mancato ritiro non dà luogo
ad alcun rimborso.
Non si accettano prenotazioni telefoniche
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Variazioni di programma
Il Teatro si riserva la facoltà di apportare alla programmazione annunciata quelle
variazioni di date, orari e/o spettacoli che si rendessero necessarie per ragioni tecniche
o causa forza maggiore. La comunicazione ufficiale, alla quale si dovrà fare riferimento,
avverrà in ogni caso a mezzo stampa.
Informazioni
Teatro “A.Rendano” 0984 813227 - 0984813343
Internet
Informazioni generali sul Teatro “A. Rendano” e in particolare sulla Stagione in corso
sono presenti nella rete Internet al seguente indirizzo:
www.comune.cosenza.it/rendano
E-mail: [email protected]
Spettatori portatori di handicap
L’accompagnatore assistente per spettatori portatori di handicap, su preventiva
segnalazione al servizio biglietteria, può usufruire dell’ingresso gratuito agli
spettacoli.
Varie
Gli spettacoli iniziano regolarmente all’ora stabilita.
A spettacolo iniziato è vietato l’ingresso in sala fino al primo intervallo. Per assicurarsi
l’arrivo puntuale al posto, si consiglia di accedere in sala almeno dieci minuti prima
dell’orario di inizio.
Ai sensi della vigente legislazione, in tutti i locali del Teatro è vietato fumare. E’
tassativamente proibito scattare foto ed effettuare registrazioni in audio e in video
durante lo spettacolo. E’ vietato introdurre in sala telefoni portatili in uso. E’
altresì vietato appoggiare soprabiti sullo schienale delle poltrone, sulle poltrone
eventualmente libere, sulle ringhiere dei palchi. L’acquisto dell’abbonamento o
del biglietto presuppone la conoscenza e l’accettazione integrale delle condizioni
sopraesposte.
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© Copyright 2004
by Teatro Comunale “Alfonso Rendano” Cosenza
Redazione a cura di
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