IL REPORT DELL’INDAGINE SUI FRUITORI
Uno sguardo alla relazione del fruitore con il percorso di visita attraverso l’occhio del
personale di sala
ISTITUTO PIEMONTESE
PER LA STORIA DELLA RESISTENZA
E DELLA SOCIETA’ CONTEMPORANEA
“Giorgio Agosti”
Introduzione: finalità e metodo
Questo report è il risultato di un lavoro che si propone, forse ambiziosamente, di gettare, un
ponte comunicativo tra il personale di guardiania e quello delle due istituzioni, Museo Diffuso e
Istoreto. Quest’ultimo si è occupato di allestire, con competenze molto disparate e assieme alla
fondamentale collaborazione dello studio N0!3, il percorso multimediale “Torino 1938/1945. La
metropolitana della memoria”.
Esortare al dialogo queste due componenti, le istituzioni e il personale che quotidianamente tiene
il contatto con il pubblico, non può essere ritenuto un obiettivo di secondaria importanza se si
considerano le finalità eminentemente didattiche costitutive del progetto, ancora in fase di
realizzazione. Una disposizione e una maggiore consuetudine allo scambio reciproco delle
informazioni potrà solo accrescere la qualità della visita, e, di conseguenza, in ultima istanza,
migliorare l’esperienza del fruitore al fine di poterlo considerare non un passivo ricettore di
contenuti, ma il protagonista dell’esperienza d’apprendimento che la visita offre. Inoltre, all’atto
pratico, le conclusioni raccolte qui potranno forse dare qualche indicazione per il completamento
dell’allestimento, la cui progettazione è proprio ora in corso d’opera.
L’indagine, che segue un’analisi sui fruitori realizzata attraverso la lettura critica del libro
presenze, ha come oggetto la relazione dei visitatori con l’allestimento del museo, per come si
presenta oggi. L’ipotesi metodologica che sottende questo lavoro, come già ricordato sopra, è, in
definitiva, quella per cui ogni via intrapresa sul terreno della comunicazione possa favorire la
fruizione. La cornice metodologica è quella della ricerca sociale che, per quanto riguarda gli studi
sui visitatori, utilizza spesso, accanto ad altri strumenti, come il focus group e l’indagine
osservante, l’intervista al personale di sala, considerato come un occhio che, attraverso
l’esperienza quotidiana, riesce a fotografare, forse nel modo più attendibile, il comportamento
del pubblico.
Sulla base di queste premesse teoriche, una traccia di intervista semi-strutturata, approvata da
entrambe le direzioni dell’Istoreto e del Museo Diffuso, è stata sottoposta ai 5 componenti del
personale che, dal momento dell’inaugurazione ad oggi, hanno lavorato continuativamente e in
maniera alternata in reception e nelle sale che ospitano l’installazione multimediale. Sono state
così registrate le interviste da cui, sulla base di alcuni temi da me considerati critici, ho
estrapolato i brani più significativi, poi riportati in tabelle. Successivamente, alla luce
dell’oggetto, delle ipotesi iniziali e dei dati emersi, ho elaborato un report che tenti di descrivere
analiticamente l’esperienza di visita, filtrata dallo sguardo del personale di sala, con la volontà di
sottolineare le criticità esistenti, astenendomi dal produrre qui una proposta risolutiva. Tuttavia,
senza dubbio, gli assunti ricavati da questa analisi potranno indirizzare, in linea generale e
spesso per quanto attiene inconvenienti pratici, le scelte che si stanno compiendo ora, in questa
delicatissima fase di completamento dell’allestimento. Le conclusioni a cui sono prevenuta,
soprattutto relativamente alla comunicazione nel museo, fanno emergere la necessità di
integrarla con materiale cartaceo che espliciti le possibilità di apprendimento offerte
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dall’allestimento, attraverso una modalità, questa volta, lineare, in modo da districare la
presentazione reticolare, guidando il visitatore nella visita. Infine, mi sembra essenziale
riconoscere l’urgenza di un’attività formativa indirizzata dall’Istoreto agli operatori che, pur
mostrando, a detta degli stessi visitatori, dedizione e accuratezza nel loro lavoro, mancano del
background necessario per interagire in modo proficuo ai fini della qualità della visita. La
relazione è svolta attraverso i nodi tematici emersi dall’analisi precedente: la comunicazione, la
comprensibilità/leggibilità
dell’allestimento,
il
tavolo
multimediale,
emotività/partecipazione/interesse.
Lisa Gagno
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La comunicazione
In questa sezione intendo descrivere il sistema di comunicazione presente nel museo per come
mi è stato raccontato dai guardiani di sala. Si vuole mettere in evidenza qui sia ciò che viene fatto
a vantaggio del visitatore e che dimostra, quindi, la sua efficacia nella corretta fruizione
dell’allestimento, sia ciò che, viceversa, a parere dei guardiani, manca o viene comunicato
attraverso un canale non appropriato, generando incomprensioni dell’allestimento e difficoltà del
fruitore di interagire in modo proficuo con la proposta museale. Ne consegue che non è forse
sbagliato mettere in correlazione la mancata o scorretta comunicazione con le difficoltà di
comprensibilità/leggibilità dell’allestimento, a cui dedicherò una sezione successiva, da parte del
fruitore.
Per “sistema di comunicazione” intendo, in primis, gli scambi verbali che si originano dal
personale e che vedono i fruitori come destinatari, ovvero, da un lato, le spiegazioni tecniche e
contenutistiche, e dall’altro, vere e proprie risposte a domande o chiarimenti di dubbi posti dai
visitatori. In direzione opposta, da fruitore a personale di sala, la comunicazione orale oltre a
presentarsi in forma di domanda o chiarimento, come abbiamo appena detto, si concretizza, in
questo museo, nella spontanea e spesso incontrollata necessità di raccontare i fatti personali e di
condividere le esperienze: il personale di sala diventa l’interlocutore privilegiato per la
manifestazione di questa esigenza che, direi, è il risultato della sollecitazione empatica dei
fruitori a immergersi in un duplice percorso informativo-emotivo che li riporta ai fatti storici
rievocati.
E’ presente, poi, una comunicazione scritta costituita, per come si presenta oggi l’allestimento,
da una parte, dal materiale cartaceo -il pieghevole e il libretto “Torino 1938-1945. La
metropolitana della memoria”-, dall’altra, dalle due didascalie che nei rispettivi capolinea
tentano di spiegare le caratteristiche degli oggetti esposti, la sedia del Martinetto e la pedalina, e,
infine, dal pannello esplicativo dedicato al rifugio.
Per semplicità e facilità di lettura espongo tutte le indicazioni raccolte sulla comunicazione orale
suddivise schematicamente per le varie tappe della visita.
L’accoglienza
Le informazioni che vengono date all’accoglienza riguardano:
•
L’offerta del museo, distinzione tra le due mostre temporanea e permanente.
•
(Una volta che il visitatore sceglie la permanente, dopo aver strappato il biglietto e dato
pieghevole e libretto) La “complessità della cosa”, ovvero si racconta quello che c’è, il
contenuto. L’unica informazione che tutti i guardiani ripetono ai visitatori è la quella
relativa alla presenza del rifugio. Quasi tutti gli intervistati poi sottolineano che vi sono
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delle persone che, ancora prima che gli venga detto, chiedono esplicitamente di vedere il
rifugio. Questa informazione prova, da un lato, il fatto che l’installazione multimediale e
il rifugio vengano percepite come due cose disgiunte, mentre testimonia, dall’altro, la
probabile maggiore conoscenza tra il pubblico di potenziali fruitori della possibilità di
visitare, al Palazzo dei Quartieri, un rifugio antiaereo piuttosto che un’installazione
multimediale su Torino in guerra.
•
L’uso delle cuffie che vengono consegnate nelle mani dei fruitori. La spiegazione sul loro
uso viene data, invece, come vedremo, proprio prima di scendere. Sui quesiti posti, in
questa fase, interessante una prima annotazione in proposito di una delle maschere, colei
che lavora maggiormente in portineria: ”Spesso, una domanda che ricorre spessissimo al
momento in cui viene fatta la spiegazione è se sia una visita guidata. Noi gli spieghiamo
che c’è l’audio-guida..allora bisogna sempre spiegare bene che cosa vuol dire audioguida. In realtà, forse loro intendono, proprio una guida vera e propria, poi alcuni
rimangono un po’ perplessi, altri sembrano piuttosto soddisfatti e diciamo che quando
uno gli spiega che cosa vuol dire audio-guida spesso accade che prima facciano il
percorso permanente, poi la temporanea.” Un’altra dichiarazione a riguardo è eloquente:
“Cioè perché loro si aspettano..io visto le altre persone si aspettano proprio di partire e di
avere un percorso audio guidato, cioè tipo…inizia qua, fermati qua e poi senti..riparti, vai
avanti, rifermati, intendono questo, come..”.
Vi è poi una seconda osservazione che riguarda l’uso delle cuffie e che trovo significativa
perché svela un comportamento che, volendo, può essere corretto: “Alcuni chiedono di
vederla brevemente anche senza audioguida per poi tornare una seconda volta, allora, in
questo caso, li portiamo così senza cuffia. A me è successo molto di rado.”
•
La durata della visita, come dato che possa orientare il visitatore e che spesso in realtà li
scoraggia dalla scelta di visitare la permanente perché, avendo a disposizione anche una
mostra temporanea (La lunga Liberazione) con una conclusione imminente, privilegiano
quest’ ultima, pensando poi di tornare alla mostra permanente. Questo dato è confermato
dal fatto che molti dei visitatori della permanente erano già stati precedentemente al
museo per vedere la mostra temporanea.
Prima di scendere
Arrivati all’entrata del percorso, fermi davanti alla catenella, prima di affrontare la discesa, il
personale dà informazioni su:
•
L’uso delle cuffie: accensione, regolazione volume, attivazione sonoro una volta giunti al
di sotto dei trasmettitori. La finalità è quella di far in modo che, tra i visitatori, la
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•
sensazione di spaesamento iniziale sia ridotta al minimo: “Una delle cose che faccio prima
di scendere la scala dico: <Vedete quelle lucine rosse, quello è il trasmettitore, se non
vedete le lucine rosse e non sentite niente non preoccupatevi siete in un posto che non è
coperto da un trasmettitore, in modo che non sia una cosa così magica che ti cala
dall’alto, ma minimamente quelli che possono interagire con questo, capiscano quello
che stan facendo perché se no vanno in giro così portati dalla corrente>”.
In relazione alla spiegazione dell’uso delle cuffie, si presenta sinteticamente il percorso
di visita: “…gli do un quadro complessivo della mostra, quella che appunto io chiamo
l’offerta della mostra e gli dico ci sono sei postazioni che trasmettono dai due ai tre
minuti di testimonianze, ci sono 49 documenti su un grande tavolo che funzionano come
un computer quando arriviamo poi ti spiego come funzionano e c’è il rifugio antiaereo chi
vuole fermarsi ci sono ancora dieci minuti di testimonianze in modo che ci sia
un’immagine complessiva, non i dettagli perché se no ti perdi, ma che abbiano un’idea di
dove stanno andando e quanto tempo di conseguenza possono utilizzare o meno.”
Scendendo le scale…
E’ significativo notare che gli scambi verbali, in questa prima fase, sono praticamente assenti
o se ci sono, come vedremo, riguardano proprio la difficoltà di comprensibilità
dell’allestimento.
I motivi di questa assenza di comunicazione sono ovviamente riconducibili al fatto che i
guardiani hanno appena finito la loro introduzione prima della discesa e giustamente
lasciano i visitatori a tu per tu con l’allestimento, in una fase che è preparatoria: “E’ più un
luogo di passaggio, ma proprio una sorta di interfaccia, cioè va bene che ci sia qualcosa
proprio per questo senso…ti aiuta ad entrare nel clima della situazione, ad entrare e dire
che cosa sto facendo, come funziona, non è ancora una via di accesso, è una sorta di
segnale…”. Interromperli nella fruizione per correggere i fruitori e dare suggerimenti su
come si devono comportare non sarebbe forse l’atteggiamento più corretto da intraprendere.
Questa interpretazione è confermata dal fatto che gli stessi fruitori non fanno richieste, non
cercano l’interazione per capire cosa non va, anche quando sembrano sentirsi un po’ a
disagio. Il motivo di questo atteggiamento “introspettivo” è probabilmente legato al fatto che
le aspettative dei fruitori si concentrano su quello che dovranno vedere più avanti,
considerando questa parte come, appunto, un’introduzione. Rimando alla rispettiva sezione
di comprensibilità/leggibilità per approfondire questo aspetto.
I capolinea
Per quanto riguarda i capolinea, dobbiamo dire che, in base ai pareri raccolti, la maggior
parte dei fruitori non si rende conto che deve fermarsi per ascoltare le testimonianze in
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presenza del cerchio e del titolo a terra. Quindi, in questa fase, quasi tutti i guardiani
spiegano loro che cosa devono fare, correggendo in qualche modo il loro comportamento: “…
allora gli si spiega: <Vedete questi due cerchi: sono le varie capolinea iniziali, prima di
arrivare al tavolo multimediale ne incontrate tre o quattro mentre vi state avviando. Ogni
cerchio è una postazione in cui viene spiegata una parte del percorso.> Allora quando gli si
dice quello prestano attenzione, si posizionano e poi lì vabbè interesse di persona e persona:
c’è chi si ferma di più, chi decide che non gli interessa e vuole andare direttamente al tavolo
multimediale…”. Questa dichiarazione spiega bene la reazione del fruitore a questo
chiarimento: non sempre, invitati a farlo, si fermano per ascoltare, spesso, attratti da ciò che li
aspetta dopo (tavolo o rifugio), proseguono nella visita.
Il tavolo
Rispetto all’atteggiamento comunicativo iniziale dei fruitori, una volta entrati in relazione al
tavolo, vi sono pareri discordanti: c’è il fruitore che, spaesato dall’installazione, anticipa le
spiegazioni e si affida al personale chiedendo lui per primo una spiegazione
(“….generalmente sono loro stessi che ti anticipano, una volta che si trovano lì sono molto
spaesati. Dicono:”Oh, caspita, adesso che cosa facciamo?”Quindi si rivolgono sempre a noi
per chiedere esattamente com’è il funzionamento del tavolo.”), c’è invece il fruitore che non
si appella ai guardiani e tenta la strada dell’autonomia, sarà poi eventualmente il guardiano
ad intervenire per spiegare cosa deve fare se lo vede in difficoltà.
Nella maggior parte dei casi comunque, una volta giunti davanti al tavolo, i guardiani,
dicono di spiegarne il funzionamento (la presenza del tavolo era stata già evidenziata in
reception e successivamente prima di scendere, in modo da preparare il fruitore su ciò che
avrebbe trovato) in modo generico. Le informazioni date sono quasi sempre le seguenti:
- Contenuti:
1. Per ogni luogo di Torino vi sono delle cartoline che contengono delle
testimonianze riguardanti i fatti;
2. Per ogni luogo di Torino vi sono poi dei documenti.
- Modalità di fruizione:
1. per attivare cartoline e documenti bisogna toccare gli “schermi”;
2. per attivare un nuovo documento bisogna attendere che finisca il precedente.
Difficoltà comunicative
-
Riguardo a questa ultima informazione, tutti i guardiani sono concordi nell’osservare un’
enorme difficoltà sperimentata nel far capire questa modalità di fruizione. Spesso sono
costretti a ripetere che bisogna attendere la conclusione di un documento prima di
attivarne un altro, e spesso senza ottenere alcun risultato: “Lì, ci va proprio una
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spiegazione sul momento. Anche perché puoi dirgli <Devi toccare il tavolo. Ogni foglio
parte uno per uno.> Però, se, sul momento, a volte, non ripeti che bisogna fare in un
determinato modo non collegano le informazioni”.
Molti arrivano a sostenere la necessità di trovare un altro canale di comunicazione per
dare questa informazione: “Eh, se ci fosse un sistema, io non so come, un cartello, un
pannello, non lo so, un computer che parla (ride), qualunque cosa che gli chiarisse una
volta e per tutte che ogni quadrato è un documento diverso, ma anche dalla stessa
postazione, sarebbe comodo perché poverini io ci ho pensato…molti vanno via, ma hanno
visto metà.”
-
L’altra informazione su cui i guardiani, dopo una prima spiegazione, si sentono di
tornare, visto il diffuso disinteresse dei fruitori a interagire spontaneamente, è quella
relativa alla presenza delle interviste: “Perché dirlo noi una, due, tre volte alla fine pensi
che…abbian paura anche che si perché…<Scusi, guardi che c’è anche questo quadrato, sa
forse non ci siamo spiegati bene..> Uno dice: <Mi stai dando del tonto. Non ho capito.>
Possono anche avere la reazione contraria. Non so trovare una forma o scritto..non lo so…
con un esempio a fianco, un disegno…non lo so..”.
Questa testimonianza rende bene la difficoltà segnalata nel chiarire questo aspetto ai
fruitori tanto che, anche in questo caso, si arriva a sostenere la necessità di trovare un altro
canale informativo per rendere questo concetto.
Il rifugio
Segnalazione presenza rifugio:
L’atteggiamento generale dei guardiani è quello di, una volta che la fruizione del tavolo si sta
concludendo, ricordare ai fruitori (la presenza del rifugio è stata già ricordata in portineria) la
possibilità di visitare il rifugio. Riguardo alla localizzazione e alla riconoscibilità del rifugio i
guardiani sono tutti concordi nel dire che bisognerebbe segnalare il rifugio con una
comunicazione scritta nella sala del tavolo multimediale in modo da evitare fraintendimenti:
“Ecco, questo, secondo me, è un discorso che sarebbe opportuno cioè specialmente i pannelli,
secondo me, introduttivi non andrebbero male..[..] Ehm, specialmente al rifugio. Cioè al rifugio…
abbiamo il piantone con la spiegazione, però è il problema che il rifugio bisognerebbe segnalarlo,
secondo me, anche perché tanti pensano che là dove siamo è il rifugio antiaereo..questo succede
sempre. Sono lì e pensano che.”
Scendendo le scale:
I guardiani devono sempre ricordare la necessità si usare le cuffie una volta scesi.
Una volta giunti al rifugio:
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I visitatori, dopo aver ascoltato con attenzione e, spesso, partecipazione emotiva (come vedremo
nella sezione relativa) le testimonianze, cercano l’interazione con i guardiani. Il rifugio, a detta di
tutti, è la parte della visita che genera più urgenze comunicative e necessità di relazionarsi con
il personale.
Due modalità interattive:
•
Vengono fatte molte domande richiedendo informazioni molto concrete, “Le domande
che fanno di più è…quando è stato fatto..come mai…a cosa serviva..a chi serviva..chi lo
usava? Quanto stavano dentro..se tanti rimanevano chiusi fuori per le scale…io ipotizzo
di sì, perché quando tanti sono dentro…non possono più stare…potrebbe essere
successo.”
A questo proposito, molti, affermano la necessità di aggiungere informazioni nel pannello
che precede la discesa nel rifugio. Lo sottolineano anche coloro che non si sentono affatto
in difficoltà a rispondere ai quesiti posti: “Sì, io su certe cose sì. Cioè è logico che se cosa
ho un dubbio non sto lì assolutamente, però sulle cose che so gliele dico..per esempio..poi
la didascalia sopra gliela riporto tutta io a voce sotto. Siamo a 12 metri, ce ne sono 45 in
Torino, erano pubblici..tutte ste cose.. [..]Qualche informazione in più, secondo me,
sarebbe carina eh..comunque..”. Sulla modalità con cui dare queste maggiori informazioni
vi sono pareri discordanti: c’è chi pensa a creare un opuscoletto ad hoc per i fruitori che
favorirebbe l’approfondimento anche una volta conclusa la visita, chi, invece, pensa che,
in questa fase, sia necessario dare più informazioni in loco (“Non so quanto poi gli
serva…ecco l’osservazione mia è non so quanto gli serva poi qualcosa che si portano a
casa. E’ più legato al momento di rapporto col rifugio, questa cosa mi muove questa
curiosità, ho voglia di mettermi in contatto con, dimmi qualcos’altro di.”).
•
Vengono fatti molti racconti, vengono narrate molte storie (questa parte verrà
approfondita nella sezione che tratterà l’interesse e la partecipazione emotiva perché la
necessità di raccontare è originata dal risveglio emotivo che l’allestimento provoca in chi è
stato testimone diretto o indiretto di quei fatti).
Verso l’uscita
Durante la risalita non si segnalano particolari interazioni comunicative. I guardiani si limitano a
constatare che, alcune volte, abbastanza di rado, i fruitori risalendo, si soffermano di nuovo sul
tavolo, nel caso siano stati interrotti nella sua fruizione per scendere nel rifugio, oppure, ancora
meno frequentemente, si fermano in qualche capolinea.
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Di nuovo in accoglienza
Risaliti per riconsegnare le cuffie i visitatori sentono la necessità di:
• Fare complimenti, soprattutto per il tavolo multimediale;
• Narrare ancora le loro esperienze;
• Chiedere materiale informativo. Non molti libri (questi vengono chiesti soprattutto da chi
viene da fuori Torino e sa che molto probabilmente non potrà tornare), più che altro
depliant, a volte il catalogo (che ovviamente ancora non c’è);
• Chiedere l’indirizzo e il contatto dell’Istoreto.
Considerazioni generali
In conclusione di questa parte, presento qualche annotazione complessiva sulla comunicazione
che è emersa dalle interviste:
1. Un atteggiamento abbastanza interattivo dei guardiani e dei fruitori, nonostante la visita
comporti l’uso delle cuffie e quindi tenda in qualche modo ad isolare i fruitori rispetto
all’esterno. A volte, questo rappresenta un problema (“Il problema di comunicazione che
loro hanno le cuffiette, che non si può sempre”), però, quando la necessità lo richiede, il
problema viene aggirato (“Noi dobbiamo proprio mettere una mano sulla spalla quando
dobbiamo fermare”). In generale, questo può essere indicativo, da una parte, di una certa
carenza informativa percepita dal fruitore tale da rompere, a volte, l’autonomia della
visita e a indurlo ad appellarsi ai guardiani; dall’altra, può essere testimonianza
dell’interesse dei fruitori e anche di una certa necessità di contatto umano, come
sottolinea un guardiano:
“Allora è una cosa genericamente presente in questo museo. Ogni tanto arrivano persone
che hanno voglia di parlare..e non dico parlare per disprezzo nei loro confronti, proprio
per un’ampia categoria del parlare che poi facilmente si focalizza sul raccontare eventi,
prendere spunto da quell’immagine piuttosto che altro, ma la sensazione generale è che
poi ha proprio voglia di parlare, voglia di contatto umano”.
2. La parte che suscita più interazione è il rifugio, forse perché costituisce un’immersione
nella vita durante il conflitto.
3. Il pieghevole. I pareri dei guardiani sull’uso del pieghevole da parte dei fruitori
concordano più o meno tutti sul fatto che:
• viene usato poco;
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che quando lo usano avviene soprattutto al tavolo multimediale, ma è illeggibile
per la luce scarsa presente nella sala e, in generale, non aiuta a rendere più chiara
la modalità di fruizione.
4. Quella che, per i guardiani è una carenza informativa, dovrebbe essere supplita, secondo
la loro opinione, da pannelli.
Si ipotizza così: l’aumento delle dimensioni del piantone sul rifugio, l’installazione di un
pannello nella sala del tavolo che espliciti le modalità di fruizione incomprese (di cui
abbiamo parlato al punto rispettivo), un pannello in biglietteria che descriva la location
del museo e il contenuto del museo (installazione multimediale e rifugio, chiarendone i
rapporti), la mission, i contatti con Istoreto, Museo Diffuso e Archivio Cinematografico.
La comprensibilità/leggibilità dell’allestimento
Questa sezione intende render conto degli aspetti critici e di conseguenza migliorabili per
quanto attiene l’interazione dei fruitori con l’allestimento e la sua comprensibilità, secondo
quanto è emerso dall’osservazione del comportamento dei fruitori durante la visita da parte del
personale di sala.
In via generale, le parte indicata come luogo in cui i fruitori si fermano maggiormente è il tavolo
multimediale, quella in cui invece sembrano scorrere più velocemente la scala iniziale. La
grande aspettativa che i guardiani sanno induce il tavolo multimediale nei fruitori, li spinge a
non dilungarsi all’inizio nell’anticipazione di questa parte (tavolo e rifugio) o addirittura, a volte,
a non toccare nemmeno l’argomento, sperando che le persone, in questo modo, si fermino un po’
più a lungo all’inizio: “Io generalmente, ma, per esperienza, non gli dico che cosa c’è alla fine,
cioè li porto per il percorso come è stato impostato, per arrivare poi al traguardo finale e quindi
cerco sempre…però quando arriviamo dietro l’angolo del Martinetto, vedono il tavolo e..non
capiscono più niente”. Purtroppo i risultati spesso non sono soddisfacenti.
Questa diversa quantità di tempo (che corrisponde, almeno in parte, ad un diverso interesse)
dedicata alle varie “zone” da una persona viene messa in relazione alle diverse fasce di
pubblico: “Principalmente quelli che si fermano di più nella parte iniziale sono, vabbè, gli
anziani, i partigiani e le persone più interessate, comunque che sanno già abbastanza quello che
andranno a vedere e beh, certo le visite guidate per forza di cose e le scuole perché i professori
vengono spesso prima per preparare la visita, quindi sanno bene che quella parte è una parte
importante. Invece, se hanno poco tempo, se non sono molto interessati, se non sanno bene come,
cosa vogliono fare loro, a seconda del tempo, ehm, vanno direttamente al tavolo”.
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L’uso delle cuffie
Dopo la consegna delle cuffie, prima di scendere, abbiamo visto come i guardiani tentino, da
parte loro, di spiegarne il funzionamento, chiarendo come l’attivazione dell’audio sia in relazione
alla vicinanza della persona ai trasmettitori sparsi lungo il percorso.
Tuttavia le persone per audio-guida intendono spesso, anche dopo la spiegazione, una guida più
prescrittiva, non uno strumento che consenta di accedere alla multimedialità: “G: Cioè perché
loro si aspettano..io visto le altre persone si aspettano proprio di partire e di avere un percorso
audio guidato, cioè tipo…inizia qua, fermati qua e poi senti..riparti, vai avanti, rifermati,
intendono questo, come..L: Gli deriva forse dall’idea…cioè da come le cuffie vengono usate nella
maggior parte dei musei, quindi loro associano questa cosa a.. G:Penso di sì”.
Oltre a questo fraintendimento iniziale che successivamente viene superato, qualche
segnalazione si concentra sulla scomodità dell’audio-guida: “L’unica cosa, in particolare, che ho
notato è l’audio-guida che è scomoda. E’ scomoda perché fanno fatica a tenerla in testa. La
mettono sui capelli e scivola, è scomodo vedere la regolazione del volume. Non la vedo
molto…”.
Scendendo le scale
•
Il problema maggiormente segnalato, in questa fase, è la scomodità di scendere la scala
soprattutto per gli anziani per i quali questa scala viene ritenuta addirittura “pericolosa” dai
guardiani:“Allora il problema, c’è una cosa che ti dico e che, secondo me, ho riscontrato, il
problema è l’audio per le scale. Partiamo proprio dall’inizio. Cioè l’audio per le scale,
secondo me, si rivela anche un tantino pericoloso quando abbiamo gli anziani perché si
incantano di colpo sullo scalino e gli altri dietro con l’ausilio delle cuffie non sentono se uno
all’inizio si ferma. Quindi, secondo me, è una cosa un pochino pericolosa, a dir la verità”. I
guardiani riconducono questa difficoltà o alla presenza dell’audio, nel caso degli anziani che,
nonostante gli sia stato preannunciato, hanno poca confidenza con la multimedialità, oppure
alla scarsa illuminazione: “Difficoltà perché è buia…cioè il problema è che sono gli scalini
bui poi in realtà..forse illuminando lo scalino forse non ci sarebbero problemi”, o, infine,
all’ingorgo che si viene a creare con i gruppi: “Poi la scala..comunque.. generalmente
scendiamo e succede sempre il pasticcio quando scendiamo quando ho i gruppi perché i
primi si fermano ad ascoltare, gli altri si ammucchiano perché non vanno avanti e tutte ste
cose qua..”.
•
Questa difficoltà e insieme il fatto che i visitatori hanno alte aspettative su ciò che dovranno
vedere successivamente, fa sì che pochissimi ascoltino tutte le testimonianze audio: “Sì,
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secondo me, gli anziani la discesa non la sentono proprio perché se sono in due li vedi che
parlano l’uno con l’altro: <Adesso cado, mi tengo qua, fa attenzione, là c’è un gradino…>”.
Questo mancato ascolto, per la maggior parte di loro, è un aspetto negativo, mentre solo un
guardiano lo riconduce alla funzione introduttiva propria di questa parte dell’allestimento:
“E’ più un luogo di passaggio, ma proprio una sorta di interfaccia, cioè va bene che ci sia
qualcosa proprio per questo senso…ti aiuta ad entrare nel clima della situazione, ad entrare e
dire che cosa sto facendo, come funziona, non è ancora una via di accesso, è una sorta di
segnale… [..] sì, e poi, è vero che anche scendendo è più difficile fermarsi ad ascoltare, però in
questo senso così va bene, aiuta”.
I capolinea
Per quanto riguarda il tempo dedicato alla fruizione dei capolinea (così come si presentano
oggi) sembra emergere la seguente situazione:
1. Al primo capolinea si fermano in pochi, o se si fermano, non ascoltano tutte le
testimonianze;
2. Al secondo –Martinetto- dedicano invece la sosta più lunga probabilmente attratti anche
dall’apparato visivo (oggetto insieme ai nomi dei fucilati) che crea emozione;
3. La pedalina attira una certa attenzione, anche se in misura minore al Martinetto e, a volte,
con dei problemi di audio: “Però ho notato anche un’altra cosa che sarebbe opportuno…
cioè io te la dico perché è giusto…se davanti alla pedalina ho i punti come, per esempio,
sotto quando scendono dieci persone sotto nel tunnel..io ho dieci persone e queste dieci
persone, magari tre o quattro più alte degli altri e sono davanti alla diffusione mi coprono
il segnale agli altri. Che gli altri mi dicono:<Guardi che c’è una cuffietta che non
funziona>. Io impazzivo i primi tempi. Poi ho capito perché. Cioè si crea proprio
un’ombra”;
4. Relativamente all’ultimo capolinea vi è chi sostiene che prolunghino la sosta, anche grazie
alla presenza delle sedie, altri invece ritengono che, scorgendo il tavolo multimediale
nella sala successiva siano incuriositi e se ne vanno velocemente.
In generale, i guardiani di sala rilevano una scarsa volontà a fermarsi in queste postazioni
motivata soprattutto dalla curiosità nei confronti del tavolo multimediale: la sensazione è che
fermarsi qui sottragga tempo e freschezza per la fruizione della parte successiva.
Forza dell’associazione cerchio a terra (mappa iconica) e audio: sulla capacità intuitiva e
immediata mostrata dai fruitori nel capire che, se lo desiderano, hanno la possibilità di fermarsi
ad ascoltare in presenza dei cerchi sul terreno vi sono pareri contrastanti.
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•
•
C’è chi sostiene che la cosa è abbastanza intuitiva soprattutto perché gli arriva l’audio:
“Capiscono che si devono fermare lì… è immediato perché arrivi e senti per cui già
questo ti dice che c’è qualcosa. Ehm, il fatto che ci sia il bollo per terra..ok, ma la cosa
fondamentale, è che arrivano e sentono per cui se vogliono fermarsi si fermano”.
C’è chi invece sostiene, e sono i pareri prevalenti, che vi sia una certa difficoltà a capirlo e
si trovano costretti a ricordarlo a voce oppure a segnalarlo con l’uso delle mani, ma, in
questo modo, inevitabilmente interrompono la fruizione audio in cuffia, spesso
conseguendo scarsi risultati: “Cioè questa è una cosa che..io ti riscontro un settanta per
cento no, cioè perché scende senza sapere, nonostante che gli si spiega, gli si dà il
pieghevole..però non..poi, logicamente li blocchiamo e gli spieghiamo di seguire il
percorso.”
Da segnalare che un guardiano definisce pericolose le rotaie perché ha notato che molte persone,
camminandoci sopra, inciampano, rischiando di cadere.
Il tavolo multimediale
Accorpiamo questa parte alla sezione dedicata specificatamente all’interazione dei fruitori con il
tavolo multimediale.
Il rifugio
Per quanto riguarda il rifugio, vi sono due fraintendimenti che molto frequentemente si
originano tra i visitatori, ovviabili facilmente con una migliore comunicazione, come abbiamo già
sottolineato:
1. Che il rifugio sia la sala del tavolo multimediale: “….solo domenica ci sono dei
docenti..quindi non sono ragazzini o persone che non hanno mai visto niente siam rimasti
lì perché tornavano indietro, poi li abbian bloccati e gli abbian detto: ”Guardate che c’è
anche il rifugio.”…”Ah, ma non è questo?”.
2. Che il rifugio sia in parte o completamente ricostruito: “Sì, anche quello mi chiedono, si,
spesso, se è una ricostruzione o se è vero. Anzi, alcuni partono già convinti che sia una
ricostruzione”.
Per quanto riguarda l’ascolto delle testimonianze sonore un volta sotto il rifugio, tutti i guardiani
sono concordi nel dire che i fruitori ascoltano con grande interesse e spesso partecipazione le
testimonianze in cuffia.
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Il tavolo multimediale
A causa della rilevanza di questa parte all’interno dell’allestimento ho deciso di dedicarvi una
sezione specifica in cui raccolgo anche le considerazioni sulla comprensibilità/leggibilità
dell’allestimento relative a questa parte.
Per quanto attiene il tavolo multimediale, una volta constatato che esso viene presentato e
percepito come il protagonista dell’allestimento, tentiamo innanzitutto di descrivere come il
pubblico vi si relaziona, quali azioni compie materialmente, che cosa lo attrae di più, sempre
sulla base delle osservazioni dei guardiani. Un secondo motivo di interesse, in questa fase, anche
per le finalità didattiche, è mettere in rilievo, sempre che ve ne siano, le differenze di
comportamento, a seconda della fascia di pubblico.
Per quanto riguarda la modalità di fruizione tutti i guardiani sono concordi nell’affermare che i
visitatori, senza distinzione, sono molto più attratti dai riquadri bianchi che dai volti dei
testimoni e che, una volta iniziata la fruizione in questo modo, tendono a ripetere questo ordine
di azioni anche nei “blocchi” successivi:“Di quel tavolo ho notato che pochissimi, ma proprio
pochi, pochi, pochi sono interessati alle interviste delle persone nei quadri che portano le
testimonianze con la faccia della persona che parla, ecco. Pochissimi. Noi glielo diciamo eh?”. Da
questo punto di vista, c’è chi abbozza una spiegazione facendo delle distinzioni per fasce di
pubblico: “O capita che la loro mano va sopra l’intervista del soggetto in questione e lì vedi
subito se hanno interesse o meno. Mi è capitato un paio di volte che come…metti avranno
iniziato da cinque secondi, li hai visti che si son scocciati han cambiato subito e sono andati sulle
parti bianche, alcuni, invece, più appassionati, a parer mio, più interessati dal punto di vista
storico-politico di quella cosa lì, allora l’hanno ascoltato bene, però se non c’è un interesse
proprio mirato difficilmente stanno lì ad ascoltarsi tutta la testimonianza”.
A proposito di questa modalità ripetuta, i guardiani manifestano preoccupazione perché essa,
dal loro punto di vista, può compromettere la buona qualità della fruizione, nel senso che, pur
ripetendo loro che per ogni blocco vi sono più documenti e una testimonianza, alcuni non
riescono ad afferrare questo concetto. Il risultato è che una parte di visitatori percepiscono una
possibilità di interagire con un materiale molto più ridotto di quanto ve ne sia in realtà a
disposizione: “Come tanti, ad esempio…vanno..secondo me… gli manca proprio un attimino di
presentazione esposta su un altro sistema, ove loro toccando un quadro, cioè un foglio, pensano
che ci sia solo quella testimonianza e allora saltano all’altra postazione, non capiscono che sono
quattro documenti, cinque, a seconda delle postazioni e poi è logico che glielo diciamo, cioè
glielo si dice e poi ritornano..quella dell’intervista, invece, è una cosa che proprio quella
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non..calcolano..cioè proprio non la toccano..è una cosa, non riesco a capire..perchè sei là, metti
una mano da qualche parte, prova uhm..”.
Non solo fanno fatica a capire che vi sono più documenti per ogni blocco, ma faticano anche a
capire, nonostante anche questo gli venga detto verbalmente, che per attivare un documento si
deve concludere quello precedente. Anche su questo aspetto i guardiani sono concordi. Questa
testimonianza esprime bene queste due difficoltà: “E noi glielo spieghiamo che devono
posizionare la mano sopra il quadrato della postazione, parte il video e la spiegazione in cuffia e
sottolineiamo tantissimo che ogni quadrato è un video diverso, è una storia diversa, che non è
che si ripropone sempre la stessa. Questo perché abbiamo deciso di insistere a dirlo? Perché molti
non l’hanno capito e ho notato che anche se uno lo dice non è così chiaro. Pensano che ci son tre
quadrati, che ne so della Consolata ce ne son tre, mettono su uno a caso e c’è solo quello e invece
no, finito quello mi metti una mano su quell’altro, finito quell’altro la metterò sul terzo hanno la
storia completa di quel pezzo. Non riescono a capirlo”.
Rispetto a queste due aspetti percepiti evidentemente come critici dai guardiani, essi considerano
la comunicazione orale inefficace, come abbiamo avuto già modo di osservare, e molti appunto
esortano a trovare un altro canale comunicativo che riesca realmente a raggiungere i fruitori.
Questa difficoltà di comprensione del meccanismo di interazione con il tavolo è certamente
riconducibile, a volte, anche ad un atteggiamento “frenetico”: “Quello che ho notato è che tanta
gente ha proprio fretta di toccare tutto, di sentire tutto, quindi non hanno tempo di guardare
come funziona. Secondo me, basterebbe solo che si fermassero due secondi per ragionare un
attimo, non è così difficile. E’ proprio la frenesia di ascoltare”.
Viene poi riscontrata una difficoltà di comprensione a livello più generale dell’idea stessa di
metropolitana costituita da una rete di linee tematiche che attraversano dei luoghi: “No, non è
immediato, ma non è immediato neanche per me. Forse è per quello che anche poi passa anche la
perplessità alle altre persone…normalmente chi fa da mediatore, come l’insegnate rispetto ai
bambini, in qualche modo trasmette delle cose. Per me c’è immediatezza fino ad un certo punto
perché vedo i titoli lì e dico: <Ok, questo è quel percorso>. Ma non nel momento in cui io prendo
in mano la cartina…penso che sia una cosa, poi, di cui si parla anche dopo, faccio fatica a
raccordare insieme tutti i percorsi. Cioè mi risulta un fascio di cose che un po’ si districa e un po’
no.” Un’incomprensione nei guardiani stessi, per loro stessa ammissione, che come giustamente
riconoscono non può che passare, pur mascherata, anche ai fruitori: “E’ un intrico più che uno
sviluppo. Si fa fatica a vedere bene il movimento dei colori nel senso che è talmente sottile così
che dà una sensazione di labirinto, come accentua la sensazione di labirinto il fatto che il titolo
del percorso compaia soltanto nel momento in cui tu hai attivato il documento. Non hai
un’immediatezza, probabilmente non è possibile neanche farlo direttamente. Risalta e poi dici:
“Ecco, è quel percorso lì”, ma è quel percorso lì se hai realizzato completamente che sei
all’interno di un tot di percorsi, altrimenti dici ok, vivere la liberazione, vivere l’occupazione
bon”.
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Insomma, ciò che si ravvisa è la mancanza e, dunque, la necessità di una spiegazione più
compiuta ed esplicita dell’idea stessa attorno alla quale è stata creata l’installazione. Nel
dettaglio, poi, la questione dei titoli dei vari temi-linee della metropolitana che si accendono sul
tavolo quando si fa partire il documento corrispondente mi sembra rilevante: è un segno che non
viene decodificato di fruitori.
Vi sono, infine, alcune considerazioni che sottolineano delle diversità di interazione in relazione
all’età del pubblico e quindi, in ultima istanza, alla maggiore o minore confidenza del fruitore
con il linguaggio multimediale. Così viene notato che gli anziani faticano un po’ di più: “Diciamo
che le persone anziane poverine fanno anche tenerezza perché son quelli che hanno un pochino
più di difficoltà…con quello che è tecnologico, quindi alla fine…piuttosto glielo si dice in un
modo un pochino più gentile…si fa la prova noi direttamente…poi se lo capisce bene, altrimenti
si lascia lì, non è che…”. I giovani, invece, sembrano più facilitati: “Sono generalmente, guarda,
sono sia intimoriti che attratti, secondo me, comunque una cosa particolare, soprattutto quando
hanno capito come funziona, vabbè i bambini poi ci giocano, però soprattutto i giovani e quelli
di mezza età sono attratti. Gli anziani un po’ sono intimoriti, però, una volta capito il
meccanismo vanno, soprattutto se ritrovano… <Ah, in questo luogo io mi ricordo che..>..se
ritrovano i loro ricordi interagiscono molto meglio”. Altri confermano l’annotazione che i
bambini troppo piccoli rischiano di considerare il tavolo come uno strumento esclusivamente
ludico. Questo pericolo, che esiste, in realtà, anche per le classi un po’ più avanzate, si riduce
quando le classi arrivano preparate, quando è stata fatta un’attività didattica in classe che
indirizzi le loro interazioni: “Le classi dipende se sono gestite dagli insegnanti…sì. Perché ci
sono gli insegnanti sono proprio capaci di arrivare con un programma alle spalle. Abbiamo già
notato un paio che li preparano già prima in classe sui percorsi che vanno a vedere, altrimenti
hanno già prima dei compiti da svolgere mentre sono sotto, allora così l’attenzione è più viva
fanno anche meno chiasso, riescono ad usufruirne in modo corretto. Se, invece, gli insegnanti li
portano così come se venissero a vedere la vetrina, li rimane già un po’ più caotico ecco”.
Come ultima annotazione riportiamo il fatto che, secondo le testimonianze, i giovani sono più
attratti dalle immagini fisse o in movimento, gli anziani dalla parte sonora.
Emotività/partecipazione/interesse
In questa sezione vorrei far emergere, da un lato, tutte le considerazioni -in parte già
documentate nel libro presenze dai commenti dei fruitori stessi- che riguardano un rapporto
“caldo” e non puramente informativo dei fruitori con l’allestimento, dall’altro, mettere in
evidenza i motivi dell’’interesse per la mostra e, nel dettaglio, per le parti dell’allestimento che la
compongono.
Per quanto attiene il primo aspetto è riconosciuto da tutti i guardiani che il luogo che genera più
reazioni emotive è il rifugio per la sua impressione realistica. Questa reazione emotiva, spesso
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determinata anche dal fatto che i visitatori in questione hanno vissuto l’esperienza del rifugio o
ne hanno sentito raccontare da parenti e amici, non può che generare contemporaneamente una
necessità a raccontare e condividere, come abbiamo già sottolineato precedentemente. Qui, però,
non si racconta più tanto la propria generale esperienza della guerra, bensì l’esperienza del
bombardamento.
Ecco alcune testimonianze:
“E lì, tanti…ah, siamo scesi nel rifugio, si è messo a piangere e mi fa:<Mi porti via, perché mi
vedo tutti i miei amici intorno quando eravamo seduti nel rifugio.>Son cose che colpiscono
no..perchè poi vedere persone così di quell’età piangere.”
“Il rifugio è anche uno dei luoghi dove in certi momenti più facilmente si son scatenate delle
memorie personali. Perché io ero piccolo così, ma mi ricordo tutto, cioè è un incipit abbastanza
diffuso oppure quelli soprattutto intorno ai giorni della Liberazione, ai giorni dei festeggiamenti,
arrivavano più facilmente persone che avevano da raccontare. E’ proprio…è capitato di rimaner
giù anche cinque minuti in più con gente che stava raccontando cose sue.”
“E’ già successo che raccontano che ne so…una signora ieri ha detto:<Ah, perché i miei nonni
sono morti in un rifugio antiaereo.>Ci sono persone che piangono. Quello è già successo.”
Per quanto riguarda, invece, l’interesse e quindi la partecipazione di pubblico la cosa su cui tutti
sono d’accordo è che il tavolo attrae maggiormente l’attenzione rispetto a tutte le altre parti
dell’allestimento.
Ecco alcune testimonianze:
“Dopo il tavolo multimediale…lì…invece è una cosa diversa. Cioè, secondo me, è la cosa più
importante della mostra poi alla fine, dove si soffermano, ritornano, ripassano cioè…è una
cosa..in continuazione, fanno domande, eccetera, chiedono come funziona..cioè sono
abbastanza…”
“Desta molto interesse come dire, la superstar, la parte principale, il tavolo multimediale, e desta
tantissimo interresse il rifugio antiaereo.”
“Innanzitutto, vabbè gli anziani sono sempre interessati perché comunque vengono già
abbastanza preparati a quello che già si trovano davanti, per quanto riguarda l’argomentazione.
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Poi per come è fatto, è un’altra storia e i giovani, invece, sono interessati dal tavolo, a volte anche
al funzionamento, nel senso che guardano sù, sensori, proiettori e tutto. E vabbè. E comunque,
una volta capito il meccanismo, se la cavano benissimo.”
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