Confederazione Generale Italiana del Lavoro
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Osservazioni sul ruolo della formazione e della certificazione nel decreto
legislativo n. 276 del 2003
A cura di Marica Guiducci, Dipartimento politiche attive del lavoro e Wilma Casavecchia e Patrizia
Mattioli, Federazione Formazione Ricerca
Il Decreto legislativo 276/2003 varato dal Consiglio dei Ministri in applicazione della legge delega
30/2003 affronta con grande marginalità il tema della formazione.
E’ chiaro che il legislatore nello scrivere gli 87 articoli del testo di legge ha considerato il diritto
all’apprendimento del lavoratore come un costo per l’impresa da limitare e dal quale ricavare il
massimo profitto, in termini di agevolazioni contributive/retributive, nonché di mero addestramento
del dipendente.
In considerazione del fatto che il decreto introduce nel nostro ordinamento diverse e nuove
tipologie di lavoro, oltre a modificare le funzioni finora esercitate ed esercitabili dai Servizi pubblici
per l’impiego, è fondamentale oggi più che mai in passato la ripresa dell'iniziativa negoziale del
sindacato in favore del diritto alla formazione della persona. Ovvero di un aspetto che dovrebbe
essere considerato costituente di ogni normativa del lavoro.
La formazione individuale (congedi formativi, diritto allo studio, monte ore per la formazione ecc.),
anche sulla base delle proposte contenute nelle ipotesi di legge della CGIL deve diventare uno dei
diritti da consolidare ed estendere, sia all'interno delle piattaforme per il rinnovo dei contratti
nazionali, sia nell'ambito della programmazione regionale. E comunque in tutti i contesti di
progettazione della formazione attraverso l’utilizzo del FSE e dei Fondi interprofessionali per la
formazione continua.
Le definizioni
All’articolo 2, comma 1 del decreto legislativo emergono i compiti formativi di soggetti il cui ruolo
fondamentale dovrebbe essere quello di rafforzare le sinergie tra la domanda e l'offerta di lavoro:
0. l’attività di intermediazione, come pure l'attività di ricerca e relazione del personale dovrà
consistere anche nella progettazione ed erogazione di attività formative finalizzate
all’inserimento lavorativo;
1. l’attività di supporto alla ricollocazione professionale dovrà esplicarsi anche attraverso la
preparazione, la formazione, l’accompagnamento della persona e l’affiancamento della
stessa nell’inserimento nella nuova attività;
2. gli enti bilaterali dovranno occuparsi anche della programmazione di attività formative e
della determinazione di modalità di attuazione della formazione professionale in azienda,
della gestione mutualistica di fondi per la formazione ;
3. il libretto formativo registrerà le competenze acquisite durante la formazione in
apprendistato, la formazione in contratto di inserimento, la formazione specialistica e la
formazione continua svolta durante l’arco della vita lavorativa ed effettuata da soggetti
accreditati dalle Regioni, nonché le competenze acquisite in modo non formale e informale
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secondo gli indirizzi della Unione Europea in materia di apprendimento permanente, purché
riconosciute e certificate.
Tuttavia nonostante l'enfasi con cui il decreto descrive l'aspetto formativo delle attività che le nuove
Agenzie per il lavoro potranno svolgere, ben poco è lo spazio reale concesso alle persone nel
mercato del lavoro per esigere il diritto alla formazione. In realtà la formazione non è assunta come
un diritto fondamentale della persona, ma come uno degli strumenti che le agenzie possono
utilizzare per espletare i loro compiti ed estendere i propri affari.
Regimi particolari di autorizzazione
Lascia sconcertati il fatto che l’articolo 6 conceda la possibilità di svolgere l’attività di
intermediazione anche alle università pubbliche e private, comprese le fondazioni universitarie, e
gli istituti di scuola secondaria di secondo grado, pubblici e privati.
Perché e come queste strutture possano svolgere attività di mediazione tra domanda e offerta di
lavoro e la compatibilità tra questa funzione e i loro compiti istituzionali è un mistero da sciogliere
al più presto contrastandone duramente l’applicazione.
Fondi per la formazione
Il decreto prevede all'articolo 12, che i soggetti autorizzati alla somministrazione di lavoro versino il
4% della retribuzione dei lavoratori assunti a tempo determinato a un Fondo bilaterale
appositamente costituito, anche nell’ente bilaterale, dalle parti stipulanti il contratto collettivo
nazionale delle imprese di somministrazione di lavoro, al fine di promuovere percorsi di
qualificazione e riqualificazione e a prevedere specifiche misure di carattere previdenziale.
Agli stessi fondi, è questa la novità introdotta dal decreto, va versato il 4% della retribuzione dei
lavoratori assunti a tempo indeterminato, per garantire l’integrazione al reddito in caso di
conclusione del lavoro, per promuovere l’emersione del lavoro nero, per reinserire soggetti
svantaggiati, ma anche per la promozione di percorsi di qualificazione e riqualificazione
professionale.
La costituzione di questi fondi, comporta un insieme di problematiche che dovremo denunciare con
fermezza:
4. le missioni eterogenee dei fondi (dalla formazione all’integrazione al reddito) non
chiariscono affatto il peso reale degli interventi di formazione, che dovrebbero essere
obbligatori e quantificati in termini percentuali per tutte le persone assunte;
5. non è chiara la distinzione tra i Fondi descritti dal decreto, il Fondo per i lavoratori interinali
(FORMA.TEMP) e i Fondi interprofessionali per la formazione continua istituiti dalla legge
Finanziaria 388/200. In particolare va ricordato che questi ultimi, stanno diventando
operativi, e statutariamente - in base agli accordi tra le parti sociali e al quadro normativo
vigente - sono disponibili per tutti i lavoratori occupati nelle imprese aderenti.
Il nuovo apprendistato
Nel riscrivere il rapporto di lavoro di apprendistato il Decreto legislativo 276/2003 non abroga la
normativa precedente che ad oggi ha costruito il rapporto di lavoro nel nostro paese.. Anzi in
attesa che le regioni definiscano i programmi di formazione e che le parti sociali decidano le
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procedure della sua erogazione, stabilisce che continua ad applicarsi la normativa previgente
(comma 1, articolo 47 ).
Il modello del nuovo apprendistato è più flessibile e più povero di contenuto formativo del
precedente.
Si fa strada nel labirinto di passerelle descritto dalla Legge 53/2003 un terzo canale di istruzione,
nel quale il soggetto che eroga la formazione è fondamentalmente l'impresa. Il servizio formativo
da essa svolto viene parificato a quello ottenuto nel sistema di istruzione o/e di formazione
professionale.
Infatti la formazione indifferentemente se svolta nell'impresa o al di fuori di essa ha lo stesso valore
ai fini della registrazione nel Libretto formativo.
Un'altra evidenza della scarsa attenzione per la completezza del percorso scolastico degli
adolescenti in apprendistato deriva dal vuoto formativo in cui i giovani tra i 14 e i 15 anni si
verranno a trovare a causa dell'effetto della riduzione dell'obbligo scolastico a 14 anni.
Giacché correttamente la legge sul lavoro minorile impedisce l’accesso al lavoro (e quindi
all'apprendistato) prima dei quindici anni
Con il decreto legislativo si istituiscono tre tipologie di apprendistato, riferite a tre diversi livelli di
qualificazione.
1. Apprendistato per l'espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione;
2. Apprendistato professionalizzante;
Apprendistato per l'acquisizione del diploma o per percorsi di alta formazione.
Articolo 48.
Apprendistato per l'espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione
Questa tipologia contrattuale è finalizzata al conseguimento di una qualifica professionale. Dura al
massimo tre anni ed è rivolta ai giovani che abbiano compiuto 15 anni.
La prima grave omissione riguarda il monte ore di formazione. Si introduce un generico concetto di
formazione congrua al conseguimento della qualifica professionale. Ma chi definirà la congruità
della formazione? Non le parti sociali, le quali sono chiamate, anche attraverso gli Enti Bilaterali a
decidere le modalità di erogazione della contrattazione (comma 3, lettera g).
Chi allora? L'azienda forse? Per citare ancora la legge 53/2003 ricordiamo che l'alternanza scuolalavoro dovrebbe essere realizzata - secondo il testo di legge -attraverso progetti in collaborazione
tra la scuola e le imprese.
Troviamo poi due innovazioni positive.
Il comma 1 stabilisce che la formazione effettuata vada registrata sul libretto formativo. Si
riconosce quindi la necessità di ricomporre attraverso la certificazione le diverse competenze
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acquisite in discontinue esperienze di formazione che le persone accumulano nel corso della vita
lavorativa.
La seconda innovazione riguarda il riconoscimento della qualifica professionale - conseguita
attraverso la formazione interna ed esterna all'impresa - ai fini contrattuali.
Articolo 49. Apprendistato professionalizzante
Questa tipologia di apprendistato è finalizzata all'acquisizione di una generica qualificazione
composta dall'acquisizione di competenze di base, trasversali e tecnico-professionali .
La prima modifica introdotta rispetto alla Legge Treu è l'elevazione del limite d'età: possono
accedere a questo contratto soggetti di un'età compresa tra i 15 e i 29 anni. In contro tendenza
rispetto alla durata media europea del contratto di apprendistato - mai superiore ai tre anni - si
stabilisce qui una durata del contratto da un minimo di due a un massimo di sei anni.
Si conferma la tendenza a ridurre l'importanza ai fini della qualifica della formazione esterna
all'impresa: l'articolo stabilisce che le 120 di formazione possono essere effettuate anche in
azienda o con modalità a distanza.
Articolo 50. L'Apprendistato per l'acquisizione di un diploma e per percorsi di alta
formazione
Rende possibile ottenere un titolo di studio di livello secondario, universitario o di alta formazione,
nonché per la specializzazione tecnica superiore (articolo 69, Legge n. 144/1999).
La regolamentazione della disciplina e la durata dell'apprendistato è delegata interamente alle
Regioni - senza fornire l'indicazione di criteri minimi di validità nazionale -.
Il sindacato è escluso dalla definizione dei percorsi e dei contenuti formativi di questa terza
tipologia di apprendistato.
Articolo 53. Incentivi economici e normativi
E' previsto che gli attuali incentivi economici per l'apprendistato, cioè la fiscalizzazione dei
contributi sociali, vengano erogati solo a condizione di una effettiva verifica della formazione
svolta, secondo le modalità definite con decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali,
d'intesa con la Conferenza Stato/Regioni. In caso di un inadempimento nella erogazione della
formazione - di cui sia esclusivamente responsabile il datore di lavoro - tale da impedire la
realizzazione delle finalità formative dell'apprendistato, il datore di lavoro è tenuto a versare la
quota di contributi agevolati maggiorati del 100%.
Per quanto riguarda gli incentivi alle imprese va segnalato che il legislatore alla agevolazione
contributiva aggiunge l'incentivo del sottoinquadramento dell'apprendista. Il quale potrà ora esser
inquadrato fino a due livelli al di sotto della categoria spettante. Si annuncia anche un decreto del
Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali per indicare quali saranno le modalità per la verifica
dello svolgimento della formazione
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Finora, la materia è stata regolata dalla Legge 196 del 1997 - comma 2, articolo 15 - per la quale
le agevolazioni contributive trovavano applicazione soltanto a condizione che gli apprendisti
partecipassero alla formazione esterna prevista dai CCNL.
6.
• Ruolo della contrattazione
• I contratti collettivi (stipulati dalle parti sociali comparativamente più rappresentative sul
piano nazionale e regionale) stabiliscono la durata dell'apprendistato professionalizzante,
mai comunque inferiore a due anni.
• Le parti sociali comparativamente più rappresentative sul piano regionale, d'intesa con le
Regioni, stabiliscono i profili formativi dell'apprendistato professionalizzante.
• Le parti sociali territoriali sono coinvolte dalle Regioni per decidere la regolamentazione e la
durata dell'apprendistato per l'acquisizione di un diploma superiore.
• I contratti collettivi possono prevedere diverse disposizioni rispetto all'esclusione
dell'apprendista dal computo dei limiti numerici di leggi e contratti.
Cosa può fare la contrattazione e il confronto negoziale
La contrattazione e il confronto negoziale dovranno tendere al recupero di elementi essenziali alla
qualificazione del rapporto di apprendistato.
1. E’ necessario stabilire standard minimi formativi di quadro nazionale per le tre tipologie di
apprendistato.
2. I programmi formativi devono essere ricondotti alla potestà delle Regioni, che d'intesa con il
Ministero del Lavoro e il MIUR dovranno definire i profili formativi, le ore di formazione
interna ed esterna all'impresa, nonché le qualifiche professionali conseguibili in
apprendistato in un quadro di riferimento nazionale per tutte le tipologie di apprendistato
introdotte dal decreto legge 276/2003.
3. Per CONGRUO deve intendersi un monte ore di formazione esterna non inferiore alle
attuali 240 ore, aggiuntive e raccordabili con le ore previste per i corsi di formazione e
istruzione professionale, con riferimento agli standard europei.
4. Per formazione FORMALE deve intendersi che oltre alla definizione delle caratteristiche
della formazione esterna - non meno di 120 ore annuali -, dovrà essere proceduralizzata
anche la formazione interna all'impresa, indicando livelli di qualità delle sedi, delle docenze
e delle modalità didattiche.
5. Prevedere che la valutazione per il conseguimento della qualifica, diplomi ecc. si svolga
presso le istituzioni scolastiche e formative e verta su obiettivi e criteri definiti dalle Regioni
e dai Ministeri.
6. Prevedere l'accreditamento delle agenzie formative, nonché dell'azienda o di un consorzio
di aziende.
7. Favorire l'integrazione tra impresa, centri formativi, scuole, università.
8. Prevedere la presenza di un tutor aziendale con formazione e competenze adeguate.
Riprogrammazione delle risorse da parte dei Ministeri.
In particolare i Contratti collettivi nazionali territoriali e aziendali di lavoro dovranno stabilire che:
1. L'inquadramento "non inferiore" a due livelli non deve essere assunto come obbligo
all'inquadramento inferiore di due livelli contrattuali. La normativa riprende la definizione
assunta già per i contratti di formazione e lavoro che prevedevano nello specifico 1 livello
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inferiore a salario pieno. Dovremmo tentare il recupero "a salario pieno" per un solo
inquadramento inferiore, con progressivo slittamento al livello superiore regolato in base
alle fasi del programma formativo.
2. Diritti generali riconosciuti a tutti i lavoratori in azienda, compresi i diritti sindacali.
3. Definizione delle modalità di erogazione della formazione interna, qualitativa e quantitativa.
Riconoscimento della qualifica e dell’inquadramento.
Articolo 54. Contratto di inserimento
E' facile prevedere che il contratto di inserimento sia destinato a sostituire quello di formazione e
lavoro. Per varie ragioni.
La prima. Nell'attesa della riforma del sistema degli incentivi all'occupazione, il decreto legge
276/2003 stabilisce che al contratto di inserimento si applichino i benefici contributivi attualmente
previsti per i contratti di formazione e lavoro. I quali per altro non sono abrogati - sopravvivono
nella Pubblica Amministrazione - ma sono avviati verso l'esaurimento.
La seconda. Il contratto di inserimento somma a favore delle imprese incentivi economici a
incentivi normativi. Il lavoratore assunto con questo contratto può esser infatti inquadrato fino a
due livelli al di sotto dei suoi colleghi di pari mansioni. Laddove per il vecchio contratto di
formazione e lavoro prevedeva un solo livello inferiore.
La funzione del nuovo contratto è quella di inserire o reinserire la persona nel mercato del lavoro
mediante un progetto individuale di adattamento delle competenze professionali a un determinato
contesto lavorativo. Attraverso un progetto individuale di inserimento. Il contesto del rapporto di
lavoro ha dunque come orizzonte esclusivo l'impresa, e le competenze utili al ciclo produttivo nel
quale il lavoratore si dovrà inserire.
La normativa di riferimento.
Non si tratta di una totale novità. Il contratto di inserimento e i relativi incentivi sono stati introdotti
nel nostro ordinamento dalla Legge 223/19911. E infatti il decreto legge sottolinea la possibilità per
il datore di lavoro di scegliere gli incentivi che ritiene più favorevoli - comma 5, articolo 54 -: quelli
derivati dalla normativa dei Contratti di formazione e lavoro, oppure quelli previsti dall'articolo 20
della Legge 223/ 1991. Il quale tra l'altro indica l'entità della riduzione previdenziale e assistenziale
dovuta al datore di lavoro, tuttavia non lo obbliga all'organizzazione di un programma di
formazione.
Incentivi al contratto di inserimento.
Gli incentivi vigenti per i Cfl non si applicano a tutte le classi di lavoratori ammessi al contratto,
sono esclusi i giovani con un'età compresa tra i 18 e i 29 anni. Per essi il contratto si caratterizza in
termini di agevolazioni solo per quel che riguarda il sottoinquadramento e l'eventuale formazione
attraverso i Fondi interprofessionali. L'agevolazione contributiva è collegata alla effettiva
realizzazione del progetto individuale. In caso di gravi inadempienze nel progetto il datore di lavoro
sarà tenuto a versare la quota dei contributi di cui si è agevolato e una maggiorazione degli stessi
pari al 100 per cento. Tuttavia il decreto evita di fissare i criteri generali per valutare i contenuti e la
qualità del programma di inserimento.
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Chi può essere assunto con il nuovo contratto? I soggetti identificati dall'articolo 54, comma 1,
sono:
•
•
•
•
•
giovani tra i diciotto e i ventinove anni;
disoccupati di lunga durata tra i ventinove e i 32 anni;
disoccupati di oltre 50 anni;
persone che intendano rientrare nel mondo del lavoro dopo due anni di inoccupazione;
donne di qualsiasi età che rientrino in aree il cui tasso di occupazione femminile - inferiore a
quello maschile - sia nei parametri indicati da un apposito decreto del Ministero del Lavoro,
da emanarsi entro sessanta giorni dalla entrata in vigore decreto delegato 30/2003;
persone affette da handicap fisici, mentali, psichici.
Chi può assumere con il nuovo contratto? L'articolo 54, comma 1 del decreto identifica i soggetti
che possono stipulare la nuova tipologia contrattuale:
•
•
•
•
enti pubblici economici, imprese e loro consorzi;
gruppi di imprese;
associazioni professionali, socio-culturali, sportive;
enti di ricerca, pubblici e privati;
organizzazioni e associazioni di categoria.
Forma del contratto.
Per avviare il rapporto di lavoro è necessaria la forma scritta, perché altrimenti il lavoratore si
intende assunto a tempo indeterminato. La durata deve essere compresa tra i nove e i diciotto
mesi. Per le persone affette da grave handicap fisico, mentale o psichico il contratto può essere
protratto fino a trentasei mesi.
I periodi di servizio militare o civile e la maternità determinano lo slittamento del termine di
scadenza. Il contratto non è rinnovabile fra le stesse parti. E le eventuali proroghe sono ammesse
entro il limite massimo di durata dei 18. I lavoratori con contratto di inserimento sono esclusi "salvo
specifiche previsioni del contratto collettivo" dal computo dei limiti numerici previsti sia da leggi, sia
da norme contrattuali.
Ruolo della contrattazione.
Alla contrattazione collettiva è rimandata la regolazione degli aspetti legati alla formazione. Il
consumato trucco di moltiplicare i livelli negoziali di regolazione dell'istituto (nazionale, territoriale)
e porre sullo stesso piano un qualsivoglia sindacato di comodo e i sindacati confederali firmatari
dei contratti nazionali è qui riproposto.
Le materie sulle quali dovranno intervenire le parti sociali entro i tempi stabiliti dal decreto - nove
mesi, scaduti i quali il Ministero del Lavoro emanerà un proprio decreto, sono:
• Le modalità di definizione dei piani individuali di inserimento con particolare riferimento alla
realizzazione del progetto, anche attraverso il ricorso ai fondi interprofessionali per la
formazione continua, in funzione dell'adeguamento delle capacità professionali del
lavoratore;
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• Le modalità di definizione e sperimentazione di orientamenti, linee guida, codici di
comportamento diretti ad agevolare il conseguimento dell'obiettivo progettuale.
A ciò si aggiunge che i contratti collettivi potranno stabilire il numero massimo di lavoratori occupati
con contratto di inserimento, potranno stabilire la computabilità dei lavoratori in deroga al principio
generale per cui essi ne sono esclusi e potranno prevedere che al contratto di inserimento non si
applicano le disposizioni del decreto legislativo 368/2001.
• Cosa può fare la contrattazione.
• Chiedere l'applicazione di causali oggettive che dimostrino la necessità dell'impresa di
assumere un lavoratore con contratto di inserimento.
• Prevedere la certificazione del progetto di inserimento, il cui contenuto formativo dovrà
essere annotato nel relativo Libretto formativo.
• I Contratti dovrebbero prevedere una norma che stabilisca che un lavoratore non possa
essere assunto con un progetto di inserimento identico a uno già annotato nel libretto
formativo.
• E' importante definire alcuni criteri nazionali dei contenuti della formazione sui quali basare
la contrattazione del progetto di inserimento al livello aziendale.
STANDARD, CERTIFICAZIONE DELLE COMPETENZE E CREDITI FORMATIVI NEL
DECRETO 276/2003 - COMMENTO E PRIMI ORIENTAMENTI
Il tema degli standard e della certificazione delle competenze è trattato in diverse norme del
decreto 276/2003. La forte frammentazione del mercato del lavoro spezza e disperde la
professionalità dei lavoratori. La certificazione, in questo contesto, diviene una priorità per la life
long leargning, in grado di ricostruire e valorizzare l’identità professionale, consentendone un
migliore governo da parte del lavoratore sia a fini di occupabilità, sia per completare le proprie
competenze attraverso il rientro in formazione o ulteriori esperienze di lavoro, contrastando i rischi
di espulsione e di esclusione sociale.
L’Unione Europea si sta attivando con decisione su questi temi per consentire il reciproco
riconoscimento di qualifiche e professionalità tra i paesi della Comunità, indispensabile anche per
la mobilità nel mercato europeo. Le direttive e gli orientamenti già definiti e in via di formulazione
(da Lisbona a Copenhagen fino alle proposte al Parlamento europeo del 1° agosto 2003) sono
punti di riferimento importanti e utili anche per l’interpretazione e la gestione delle norme.
.
(N.B. – L’ordine degli articoli del decreto nel documento che segue è funzionale all’interpretazione
del testo)
Art. 51 – Crediti formativi
L’articolo prevede che la qualifica professionale conseguita attraverso il contratto di apprendistato
costituisca credito formativo per il proseguimento nei percorsi di istruzione e formazione
professionale. Entro 12 mesi, il MinLav, di concerto con il MIUR, previa intesa con Regioni e
province autonome, definisce le modalità del riconoscimento dei crediti, nel rispetto delle
competenze delle Regioni e “..di quanto stabilito nell’ “Accordo in Conferenza Unificata StatoRegioni-autonomie locali del 18/2/2000 e nel decreto del MiniLav del 31 maggio 2001”
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Commento – L’acquisizione di crediti formativi attraverso l’apprendistato è riconosciuta dalla
norma in via generale, a prescindere dalla tipologia contrattuale: questo obiettivo deve essere
tenuto fermo, a tutti i livelli, per superare gli ostacoli che si possono frapporre al suo
conseguimento. Infatti, il richiamo dell’art. 51 - per quanto attiene alle modalità del riconoscimento ai contenuti dell’Accordo del 18/2/2000 e al successivo D.M. del 31/5/2001 è di grande rilievo e
potenzialità, ma può aprire problemi interpretativi e attuativi.
In sintesi, tali provvedimenti - approvati in attuazione dell’art. 17 della L.196/97 (cd. Legge Treu)
al termine della scorsa legislatura dopo un lungo e difficile confronto tra istituzioni nazionali e
regionali e parti sociali – definiscono le regole e i principi fondamentali per la costruzione di un
sistema nazionale di standard, certificazione e crediti formativi, che possano consentire il
riconoscimento delle competenze “comunque acquisite” a livello nazionale e in prospettiva
europeo, secondo gli orientamenti assunti dall’UE. In particolare:
1. l’Accordo in Conferenza Stato Regioni definisce, attraverso tre specifici allegati, i criteri per
l’accreditamento delle strutture formative, la procedura per la costituzione del sistema
nazionale della certificazione delle competenze e, infine, la ristrutturazione degli enti
formativi.
2. Il Decreto del MinLav., attuativo dell’allegato B, definisce il sistema nazionale integrato
della certificazione e dei crediti formativi, individuandone in particolare:
3. le finalità (trasparenza dei percorsi e riconoscimento delle competenze comunque
acquisite)
4. l’oggetto (le competenze certificabili, che possono dar luogo a crediti formativi)
5. il rapporto con gli standard di competenze (intesi quale base minima di riferimento per il
sistema della certificazione, omogenea sul territorio nazionale, integrabili a livello regionale
per rispondere alla domanda locale del mondo del lavoro. Sono definiti dal MinLav, d’intesa
con MIUR e Regioni, previo confronto con le parti sociali)
6. i soggetti della certificazione (le Regioni, attraverso l’adozione di procedure comuni e di
specifici strumenti)
7. la tipologia (finale, intermedia e, su domanda del lavoratore, per blocchi di competenze
comunque acquisite). Le certificazioni sono riportate sinteticamente nel libretto formativo
del cittadino
8. il riconoscimento dei crediti formativi (definiti come “valore attribuibile a competenze
comunque acquisite dalla persona” ai fini della personalizzazione o riduzione della durata
del percorso formativo), spendibili sul territorio nazionale qualora certificate in base a criteri
di coerenza con gli standard di competenze;
9. la sperimentazione attraverso una Commissione ad hoc (da tempo costituita e mai
attivata). In attesa dela definizione degli standard, le Regioni possono provvedere
autonomamente in via provvisoria alla definizione degli stessi e al rilascio della relativa
certificazione).
L’attuazione di tale normativa fu bloccata dall’avvento del governo Berlusconi. Il richiamo all’intero
documento che ne fa l’art 51 ne conferma oggi la validità e può essere utilizzato sia per migliorare
le scarse garanzie di qualità della formazione in apprendistato, sia – in prospettiva - per estenderle
all’insieme dei contratti a causa mista o forme di alternanza formazione-lavoro.
Tuttavia, va rilevato come la norma apra contraddizioni sia con gli artt. 49 e 50, sia con la legge
53/2003 di riordino dei cicli scolastici.
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Per quanto riguarda il primo aspetto, l’art 49 (apprendistato professionalizzante) e 50
(apprendistato per alta formazione) non prevedono - a differenza dell’art 48 (apprendistato per il
diritto-dovere di istruzione e formazione) - né standard né certificazione nazionale, elementi questi
considerati invece condizione necessaria per il riconoscimento dei crediti formativi nel decreto del
maggio 2001.
Per quanto riguarda la L. 53/2003 di riordino dei cicli scolastici, l’art. 7 – sebbene esplicitamente e
ripetutamente richiamato negli artt. 48, 49 e 50 – non è coordinato con la precedente normativa del
2000 – 2001.
In sintesi, l’art 7, comma 1, afferma che uno o più Regolamenti ex lege 400/1988 (adottati con
Decreto del Presidente della Repubblica) provvederanno: A) alla individuazione del nucleo
essenziale dei piani di studio scolastici, per la quota nazionale; B) alla determinazione delle
modalità di valutazione dei crediti scolastici; C) alla definizione degli standard minimi formativi,
richiesti per la spendibilità nazionale dei titoli professionali conseguiti all’esito dei percorsi
formativi, nonché per i passaggi dai percorsi formativi ai percorsi scolastici. Tale provvedimento è
adottato previa intesa con la Conferenza permanente Stato Regioni.
Il contrasto più evidente emerge in relazione alla titolarità delle funzioni attribuite ai due Ministeri in
tema di definizione degli standard, punto cruciale che rischia di portare a veti incrociati e alla
sostanziale paralisi dei processi attuativi, come peraltro in passato già avvenuto. In realtà, soltanto
una forte e stabile integrazione delle attività dei due Ministeri – d’intesa con le Regioni - può
consentire soluzioni equilibrate e funzionali ad un’offerta formativa in grado di rispondere alle
esigenze della life long learning e alla domanda del mondo del lavoro.
L’Accordo tra Conferenza dei Presidenti delle Regioni e Cgil-Cisl e Uil relativo alla “Definizione di
un sistema nazionale di standard e di certificazione”, concluso il 1° agosto 2002 (e
successivamente esteso in sede tecnica alle associazioni delle imprese), cui si rinvia, si muove in
tal senso. Infatti individua una sede, da collocare presso la Conferenza unificata Stato-Regioni,
quale luogo di concertazione isituzionale tra MIUR, MinLav, Regioni, AA.LL. e di confronto con le
parti sociali, definendo al tempo stesso criteri attuativi e in parte integrativi delle nuove norme, in
grado di superarne lacune e contraddizioni.
La strada da perseguire per la gestione dell’apprendistato, su questo tema, è quella di farne
un’utile sperimentazione quale avvio per la costruzione di un più generale sistema nazionale di
standard, di certificazione delle competenze e di crediti formativi, riaprendo il confronto, a livello
nazionale, con il governo e con le regioni, sulla base dei contenuti dell’Accordo del 2 agosto 2002
e successive modifiche. A tal fine, può costituire un valido supporto la conclusione di analoghi
accordi a livello regionale, coerenti con i criteri definiti nell’Accordo quadro nazionale.
Art. 2 – Definizioni: il libretto formativo
L’art. 2, nell’elenco delle definizioni, si sofferma sul libretto formativo, inteso come libretto
personale del lavoratore, definito - ai sensi dell’Accordo Stato Regioni del 18/2/2000 – di concerto
tra MIUR e MinLav, previa intesa con le Regioni in Conferenza Unificata e sentite le parti sociali. In
esso sono registrate le competenze acquisite durante la formazione in apprendistato, la
formazione in contratto di inserimento, la formazione specialistica e la formazione continua svolta
durante l’arco della vita ed effettuata da soggetti accreditati, nonché le competenze acquisite in
modo non formale e informale, secondo gli indirizzi della UE, purchè riconosciute e certificate.
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Commento - L’Accordo Stato Regioni del 2000 e poi il decreto del maggio 2001, rimasti anche per
questo aspetto inattuali, correlano strettamente il libretto formativo alla certificazione delle
competenze (a sua volta connessa agli standard minimi di competenze) ed è inteso quale
documento di sintesi su cui registrare anche i crediti formativi riconoscibili. Pertanto, il libretto si
distingue dal Curriculum Vitae, in quanto deve consentire di “leggere” - sia da parte del mondo del
lavoro, sia da parte del sistema formativo – le competenze acquisite, oltrechè i processi/luoghi
dell’apprendimento.
Alcune Regioni hanno avviato da qualche anno interessanti sperimentazioni in tal senso, che è
importante ampliare, sulla base anche di quanto previsto nell’Accordo del 1° agosto 2002 tra
Regioni e Cgil, Cisl e Uil, che, in coerenza con tale impostazione, ribadisce il ruolo e le
caratteristiche del libretto formativo, e le sue connessioni con il sistema nazionale di standard e di
certificazione.
Da tali accordi regionali e territoriali è necessario ripartire, per pervenire ad intese – quadro
nazionali tra Ministeri, Regioni, AA.LL. e parti sociali per la costruzione di un sistema con valore
nazionale e, in prospettiva, europeo e internazionale.
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Art. 48 – Apprendistato per l’espletamento del diritto–dovere di istruzione e formazione
Art. 49 – Apprendistato professionalizzante
Art 50 – Apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione
Anche per quanto attiene al tema degli standard e della certificazione delle competenze, le tre
tipologie di apprendistato sono diversificate per contenuti e regole, Tuttavia, hanno in comune sia il
diritto al riconoscimento dei crediti formativi, sia il diritto alla registrazione nel libretto formativo
individuale.
A partire da tali elementi, ed utilizzando il ripetuto richiamo all’Accordo Stato Regioni del 2000 e al
decreto del maggio 2001, come sopra precisato, è possibile coniugare il miglioramento della
qualità della formazione – esterna ed esterna – con la sua valenza nazionale, attraverso
l’estensione del sistema nazionale di standard minimi e di certificazione delle competenze a tutte le
tipologie contrattuali dell’apprendistato.
Questa impostazione può comportare lo sviluppo di ulteriori interventi, in particolare per quanto
attiene:
1. alla riconoscibilità delle competenze acquisite attraverso i contratti di apprendistato
nell’ambito di figure/profili di valore nazionale;
2. 2) al bilancio di competenze, a fini orientativi;
3. alla riduzione della durata e alla individualizzazione dei contenuti del percorso
formativo.
Tali aspetti di sistema, che debbono dar luogo a diritti esigibili, sono richiamati dal decreto 276
soltanto nell’art. 48 - in quanto direttamente connessi con la definizione di standard di competenze
e il riconoscimento di crediti formativi – ed è nostro obiettivo rivendicarne l’estensione anche alle
altre tipologie contrattuali.
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Confederazione Generale Italiana del Lavoro
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In particolare, l’art 48 prevede che la durata del contratto è condizionata, oltre che dal titolo di
studio, dai crediti professionali e formativi acquisiti e dal bilancio di competenze, da effettuare nei
servizi per l’impiego o presso soggetti privati accreditati mediante l’accertamento dei crediti
formativi definiti ai sensi della L.53/2003. Inoltre, per quanto riguarda I profili professionali questi
sono definiti dalle regioni e province autonome, d’intesa con MIUR e MinLav, sentite le parti sociali,
nel rispetto di principi e criteri direttivi, tra i quali la definizione della qualifica professionale ai sensi
della L.53/03 e la definizione di un monte ore di formazione da correlare agli standard minimi
formativi definiti ai sensi della L.53/03
I Contratti collettivi di lavoro, stipulati a livello nazionale, territoriale e aziendale decidono le
modalità di erogazione della formazione aziendale. Al fine del riconoscimento dei crediti formativi,
sarà decisiva la previsione che la formazione – interna e esterna – sia erogata da strutture
accreditate, le uniche che possano rilasciare una certificazione utile per il riconoscimento dei
crediti formativi e per la loro registrazione nel libretto formativo.
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Osservazioni sul ruolo della formazione e della certificazione