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N°2 18 aprile 2010
Il Velaccino
EDITORIALE “IL VELACCINO”
“Comunità” è una parola abusata, strumentalizzata, politicizzata.
Eppure è quella che meglio descrive l’equipaggio dei Velacci, un
gruppo di amici, uniti da una passione, che ha saputo
trasformare quella che poteva essere una carretta del mare in
uno splendido veliero. Tutti insieme, rimboccandosi le maniche
per togliere i segni del tempo e grattare via il “vecchio”, per
riportare alla luce l’essenza più pura del legno, rinnovarlo e
mettere l’imbarcazione in condizione non solo di navigare, ma di
essere ammirata ogni qual volta il vento ne riempia le vele.
Il frutto di questo lavoro, il nostro veliero, non è questa rivista,
che certo ne rappresenta la ruota di prua, ma il Forum da cui essa
nasce, nel quale si raccoglie una comunità straordinaria: un
insieme di persone con competenze, formazione e professionalità
diverse, che la Vela ha unito e che ora possono davvero chiamarsi
“amici”. E grazie a questa amicizia è nato il secondo numero de “Il
Velaccino”, dove trova spazio la vela più pura, con i viaggi e la
tecnica, ma anche l’arte e i racconti di un luogo tutt’altro che
virtuale.
Permettetemi un ringraziamento particolare a tutti coloro che hanno contribuito con i loro articoli a renderlo
davvero speciale e a chi, lavorando dietro le quinte, rende possibile questa splendida navigazione.
Buona lettura e soprattutto, buon vento!
Tucano
Marco Nicolò Perinelli
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Il Velaccino
Giornale di Bordo
Rio della Plata, tra “undidos” bassi fondali e “pamperi”
Il navigante che imboccando l'ampia foce del Rio
Il rio della Plata, non deve, il suo evocativo nome
della Plata, si aspettasse acque pure e cristalline
al colore delle sue acque, ma al fatto che da qui
come il nome “Rio dell'Argento”, farebbe supporre,
tramite il Parana, transitavano le chiatte che
rimarrebbe fortemente deluso, doppiato il Capo di
trasportavano l'argento del Perù fino a Buenos
Punta del L'Este, sulla costa Uruguayana. Le acque
Aires, dove era caricato sui galeoni per essere
blu dell'Atlantico del Sud si faranno progres_
trasportato in Spagna, Rio dell'Argento significa
sivamente di colore più verde e torbido, i fondali si
quindi fiume della ricchezza e del denaro, tutt'oggi
abbasseranno progressivamente, e continuando a
gli Argentini chiamano “plata” il denaro.
navigare verso Ovest, giunti all'altezza di
Montevideo, il colore dell'acqua diverrà di un deciso
Apparentemente non è un luogo molto invitante per
marrone melmoso con fondali sempre più
la navigazione a vela, in particolare se al suo triste
pericolosamente vicini alla chiglia della barca.
colore, si sommano i fondali bassissimi, gli
innumerevoli relitti semi sommersi( gli “undidos”),
Il Rio della Plata è l'estuario formato dal Rio
le capricciose correnti di marea ed i violenti
Parana, dal Rio Negro, il Rio Uruguay ed altri
fenomeni meteorologici, di cui il più temuto è il
numerosi fiumi minori, e costituisce il più vasto
famigerato “pampero”.
estuario dell'America del sud, dopo quello delle
Nonostante questo a Buenos Aires vi sono circa
settantamila barche da diporto di cui la gran parte
Amazzoni.
è a vela, e durante i fine
settimana tutto il Rio è un
fiorire di vele, un pullulare
di regate per ogni classe,
una vera festa della vela.
Gli Argentini sono certa_
mente i velisti più appas_
sionati di tutta l'America
Latina, anche se non sono
molti quelli che lasciano le
acque di casa, ma i pochi
che lo fanno sono estrema_
mente preparati ed avven_
turosi.
Una volta chiesi ad alcuni
amici
velisti
Argentini
perché navigassero tanto in
un luogo non particolar_
mente propizio alla vela, la
risposta fu tranciante ed
esemplificativa:
“Porque non tenemos otro lugar donde navegar!”
(Perché non abbiamo altro posto dove navigare)
un amico Uruguayano mi disse una volta in modo
sarcastico “Porque los Argentinos non saben
La carta nautica del Rio della Plata, è letteralmente
costellate dai simboli di relitti che giacciono in
fondali spesso poco superiori ai due metri. La
traversata del Rio, da Buenos Aires a Colonia del
Sacramento, in Uruguay è un vero e proprio slalom
tra le boe che segnalano i relitti, e
l'attraversamento del canale navigabile Bartolomeo
Mitre, durante la navigazione viene spontaneo
domandarsi perché vi siano tanti “undidos”,
navegar...” (Perché gli Argentini non sanno
navigare.) Ma la realtà è ben diversa, basta infatti
assaggiare un “pampero” per capire come sia facile
affondare in queste acque anche oggi in cui la
posizione è data per certa dal GPS, immaginiamoci
come fosse ancora più probabile non molto tempo
fa!
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Il Velaccino
Il “pampero” è un violento ed improvviso vento
che proviene dalla cordigliera delle Ande, quindi
da Ovest. Si sviluppa prevalentemente nei mesi
estivi quando le acque del Rio si surriscaldano
dopo un lungo periodo di forte vento caldo da
Nord (“Norte duro Pampero seguro”- Vento da
Nord forte, Pampero sicuro-), è difficilmente
prevedibile, ma è annunciato da un “sigaro”
nero che rotola nel cielo divenuto di colpo
grigio.
Dall'avvistamento del “sigaro”, che è inizial_
mente accompagnato da una improvvisa calma
di vento, allo scatenarsi del fenomeno, intercor_
rono generalmente poco più di veniti minuti, poi
come un colpo di cannone arriva la raffica che
facilmente raggiunge i sessanta nodi, cade una
pioggia torrenziale, la visibilità diviene nulla, le
onde melmose si alzano ripide, corte e violente.
La parte più forte non
dura molto, ma non vi è
altra
soluzione
che
mettersi a secco di vele,
e con il motore cercare
in qualche modo di
contrastare lo scarroccio
che porta inevitabil_
mente verso la costa
sottovento, o verso un
basso fondale o un
relitto. Ai tempi della
navigazio ne a vela, le
navi perdevano facil_
mente l'alberatura poi_
ché non avevano mate_
rialmente il tempo di
ammainare tutto, Slocum quando navigava in
queste acque col suo brigantino “Aquandek”, soleva
dire di riconoscere i bastimenti “pamperinati”
perché privi di alberetti se non di uno o più alberi.
In queste condizioni arenarsi su un basso fondale,
o urtare un relitto era estremamente facile, poi le
onde aggressive pensavano in poco tempo a
inondare il povero scafo sbandato e ad adagiarlo
per sempre in pochi, ma fatali metri d'acqua. Anche
oggi le barche a vela che affondano in questo modo
non sono poche, ed alcune ne ho viste durante il
mio soggiorno sul Rio della Plata, ed ho ascoltato al
VHF i disperati appelli di skipper persi nel labirinto
di secche ed “undidos”, ed incapaci, nonostante il
GPS di trovare una via d'uscita. Ma nonostante
queste difficoltà, spesso la navigazione sul Rio della
Plata è anche piacevole, in particolare per il fascino
delle città Coloniali della costa Uruguayana, o per la
possibilità di rimontare il Rio Parana ed addentrarsi
nel dedalo di canali del Delta, sempre tenendo ben
presenti i bassi fondali, le forti e capricciose correnti
di marea e i “pamperi”, beninteso!
Luigi Ottogalli
(luigiotto)
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METEO
La Pressione
Nel primo articolo si e' parlato di atmosfera
concetto
che,per
ovvie
ragioni,andrebbe
approfondito in maniera più dettagliata,ma noi
siamo qui non per fare un corso di meteorologia
vero ma solo a dare le conoscenze basilari a
chiunque voglia avvicinarsi a questa affascinante
materia.
Fatta questa premessa affronteremo un nuovo
argomento sul quale e'possibile fare in futuro delle
previsioni su un mezzo che prende il nome di carta
isobarica,dove su di essa e possibile rappresentare i
campi di pressione in superficie,ed e'per questo
motivo che la pressione atmosferica giocherà un
ruolo importantissimo a rappresentare su di essa, in
maniera sintetica, i fenomeni atmosferici quali il
vento e i vari centri di azione da dove e possibile
capire anche la temperatura e la copertura nuvolosa
in un determinato luogo.
La pressione atmosferica rappresenta il peso della
colonna d'aria in un determinato posto;essa
dipende dalla densità dell'aria principalmente in
funzione della sua temperatura. E’ opportuno
sapere che la colonna d'aria è densa negli strati
bassi dell'atmosfera ,mentre risulta essere più
rarefatta negli strati superiori. E’ buona norma
sapere che il valore della pressione è di 1013
hPa;sappiamo anche che i valori estremi vanno da
870 hPa (anticiclone della Siberia) a 870 hPa
(grandi
cicloni
tropicali).Nelle
nostre
zone
rimaniamo confinati su livelli che si aggirano intorno
ai 950/1040 hPa.
L'unita di misura della pressione e detta pascal
“PA”che equivale a 100 (PA).
Nel prossimo articolo tratteremo la famosa carta
isobarica e cerchiamo di capirne il suo contenuto.
Gennaro Perrone
(Tenex)
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Barche e Cantieri
Alpa A42 by Sparkman & Stephens (1974-78)
Nel 1969 il leggendario studio Sparkman & Stephens di New
York disegnò, per il cantiere Alpa, una meravigliosa creatura:
l'Alpa 12,70.
L'Alpa 12,70, disegnata soprattutto per le regate, e' stata
realizzata e ha iniziato a regatare nel 1971 ma si ritrovò con
un rating troppo alto visto che, nel frattempo, era nato un
nuovo regolamento
di stazza che la penalizzava; il
regolamento IOR .
A quel punto, visto anche gli alti costi di produzione, l'Alpa
non ha portato avanti quel progetto che nella testa di
Cattadori era piuttosto ambizioso: produrre almeno 135
esemplari in pochi anni.
Nasce così, nel 1973, dallo stampo dell'Alpa 12 70, su
richiesta del cantiere allo Studio S&S, l'Alpa A42 con poppa
tagliata e rialzo sopra al bottazzo.
L’Alpa A 42 è un progetto di S&S del 73 entra in
costruzione nel
1974
e rappresentando
l’ammiraglia del cantiere.
Nel progetto iniziale di S&S la barca nasceva per le
regate d’altura, infatti nel 74 la prima Alpa A 42
(Zizanie, battente bandiera maltese) vinse la Middle
Sea Race, nella sua categoria.
Oggi è un 12 metri per la crociera pura , in diverse
hanno fatto la traversata dell’ Atlantico (fra queste
Eros e Vieux Malin) e almeno una anche il giro del
Erica
mondo( Mary Jane).
Armata a ketch , opzionalmente a sloop, gli alberi
passanti posano su un solido supporto imbullonato ai
madieri sigillati in chiglia.
Questi supporti godono della possibilità di scorrere per
chiglia e per madiere in modo da poter permettere un
perfetto centraggio dell’albero e l’equilibratura della
barca.
Le attrezzature degli alberi sono sovradimensionate in
maniera di dare la massima sicurezza in ogni condizione.
La stratificazione della coperta viene interamente
rinforzata con un sistema a sandwich la cui anima è
costituita da legno di balsa particolarmente trattato
Erica
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Questo sitema elimina le flessioni della coperta, la
irrigidisce e le conferisce particolari proprietà
fonoassorbenti e termoisolanti. All’esterno si
presenta libera con boccaporti rialzati e
antisdrucciolo controstampato.
Il pozzetto centrale , profondo e comodo, è protetto
da un alto paraonde che ripara al meglio il suo
equipaggio.
Lo scafo, le cui forme armoniose e senza tempo si
sposano con ottime qualità nautiche, è di
vetroresina stratificato a mano in un unico blocco,
caratterizzato da spessori importanti e differenziati
a seconda degli sforzi che ogni singola zona deve
sopportare. All’interno sono stati sigillati per tutta la
lunghezza 6 correnti che ne rendono la struttura
robusta e rigida.
La zavorra è costituita da un unico blocco di Kg.
4500 ca. in fusione di ghisa inserita all’interno della
struttura dello scafo e sigillata con vari strati di
vetroresina.
Nel blocco di zavorra è stato ricavato un pozzetto di
sentina. Il timone è su skeg e l’asse elica è
incorporata nello scafo.
L’importante piano di deriva, lo skeg del timone e la
profilata
carenatura
della
linea
d’asse,
contribuiscono a mantenere facilmente una
notevole stabilità di rotta a qualsiasi angolo di
sbandamento, limitando il rollio e il beccheggio,
anche con mare formato e vento teso, rendendo
confortevoli anche le navigazioni impegnative.
Le motorizzazioni previste erano affidate a potenti
Ford/Perkins 80-90-100hp per ottenere una buona
velocità di crociera a basso regime, con autonomia
di circa 400 miglia.
Gli interni nel progetto iniziale di S&S prevedevano
10 posti letto, vennero ridisegnati dall’architetto
Alberto Mercati in collaborazione col cantiere e
portati a 6/8, diverse le soluzioni proposte, tutte in
grado di fornire privacy,grande capacità di stivaggio
ed innegabile eleganza
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Ne furono costruite 67 unità e l’ultima fu chiamata dal cantiere (col permesso dell’armatore) The Last Lady.
1974...una Alpa A 42 di nome Zizanie vince la Midle Sea Race - Skipper John
Ripard, ideatore dalla competizione, taglia da vincitore il traguardo di Malta
con la prima A42 costruita..
"L'equipaggio vincitore"
"Zizanie traguardo della Midle Sea Race"
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Nel 1976 lo studio S&S disegnò anche il progetto per un’eventuale delfiniera (progetto tutt’ora acquistabile
presso lo studio S&S).
Dopo il fallimento del cantiere Alpa, Zuanelli acquistò uno stampo e, apportando alcune modifiche relative a
timone, zavorra e interni, mise in produzione lo Z42.
Franco Bigonzi
(bifrak)
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In crociera sull’ Harmony
con una spesa ragionevole
Progettata da Aldo Renai
per la CBS, è una tipica
imbarcazione da crociera.
Buona la velocità e la
stabilità di rotta. In tutte le
andature la manovrabilità è
buona e la regolazione delle
vele è facilitata dal pozzetto
centrele.
La disposizione degli interni
in tre cabine a nostro parere
è discutibile anche se piace
molto ai compratori.
L’Harmony, con più di 130 esemplari
naviganti, zitto zitto si è posto fra le
barche a vela della sua categoria più
vendute in Italia. Di questa barca
lungo le coste italiane se ne incontrano
parecchie, e la “base nautica” della
C.B.S., nella Fiumara di Fiumicino, ne
accoglie una vera flotta.
Non si è abituati a vedere insieme
tanti esemplari dello stesso modello.
Quali i motivi di successo ottenuti
dall’Harmony? Secondo me perché
corrisponde ai desideri mediani di un
alto numero di diportisti.
Una barca tranquilla
Ci troviamo davanti a una vela
venduta a buon prezzo, consigliabile
per l’abitabilità, la buona costruzione e
le valide prestazioni veliche. Niente di
eccezionale, per intenderci,
ma
neanche bidonate nascoste. È una
barca alla mano e onesta come tutte le
altre creazioni del suo progettista, Aldo
Renai.
L’Harmony
è
una
tipica
imbarcazione da crociera:
i corridori si rivolgano altrove.
Lo scafo presenta sezioni piene che
assicurano una buona abitabilità e
tranquille
navigazioni,
senza
concessioni alla moda o alla stazza, e
l’alberatura e l’attrezzatura sono
ispirate alla stessa filosofia di
navigazione.
Anche con mare formato l’Harmony mantiene molto
bene la rotta di lasco. Da notare lo smusso dello
scafo che serve ad alleggerire le linee e migliorare il
flusso del vento sulle vele
Siamo usciti con l’Harmony in una giornata
bella e fredda con vento teso di tramontana e
mare molto corto. La barca aveva un anno di
vita e ci ha cosi permesso di valutare la buona
resistenza dei materiali che non accusano
segni di sura o cedimento.
Appena usciti in mare, con fiocco e randa
terzarolata, ci siamo messi di bolina stretta:
l’Harmony se la cava anche con mare formato
e corto tipico della zona, naturalmente bisogna
tener conto della sua vocazione crocieristica e
consigliamo in questi casi di allargare di
qualche grado e di far camminare la barca.
Si naviga senza picchiare l’onda e ciò è
dovuto alle sezioni di carena e agli slanci
generosi. Unico aspetto fastidioso, se si va di
bolina, con mare corto e barca sbandata, sono
gli spruzzi che arrivano in coperta, favoriti
dallo smusso dell’opera morta.
Man mano che si allargano le andature si
scoprono gli aspetti migliori dell’Harmony;
buona velocità e stabilità di rotta:
Nessun problema in poppa, grazie al
generoso timone munito di una lunghissima
barra che lo rende sempre molto leggero da
manovrare.
La presenza della cabina di poppa impone
una barra del timone molto lunga i cui
vantaggi
Ben terzarolato, l’Harmony
prende una
nasata all’uscita di Fiumicino con mare corto
di prua. Pur rallentando, la barca non perde
troppo abbrivio e non scarroccia se si ha
l’avvertenza di non stringere troppo.
sono limitati dall’ampia escursione che
impaccia un po’ i movimenti in
pozzetto – ma ciò accade in tutte le
barche a pozzetto centrale – e
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Di bolina stretta, anche con mare formato, la
barca passa pulita nell’onda. Lo specchio di
poppa è ben alto sull’acqua ed è aiutato dal
pozzetto centrale che porta verso prua il peso
dell’equipaggio. Il pulpito interrotto permette
una perfetta messa a segno delle vele di prua
dalla impossibilità di usare il cielo della cabina
per sdraiarsi o per issare a bordo il canotto.
Esiste la possibilità di montare una timoneria a
ruota che peraltro sconsigliamo per il costo e
l’ingombro non giustificati dalle dimensioni
dell’imbarcazione.
6 persone in pozzetto
Piano Velico e degli Interni
strumentazione e lo scorrevole del
tambucio con un vasto riquadro in perpex
fumè; sufficiente il pozzetto centrale il cui
pagliolato amovibile mette a nudo
batterie e motore.
L’accessibilità è ottima e si può
comodamente lavorare al motore –
ispezionabile anche da un portello in
cabina – per provvedere a tutte le
operazioni
di
manutenzione.
L’installazione è ben fatta, ma la
coibentazione lascia molto a desiderare e
il rumore in pozzetto e in cabina è
fastidioso.
L’attrezzatura di coperta è ben
installata e le sue dimensioni sono
logiche e pratiche; le uniche critiche
riguardano il
vang, un po “derivi stico”, e la robusta
demoltiplicata scotta della randa che però
durante le manovre infastidisce.
All’interno l’abitabilità è buona anche
se non condividiamo la in tre cabine dei
volumi interni, dettata dalle richieste del
mercato.
A prua una tenda separa dal quadrato
una doppia cuccetta a V, sotto la quale si
possono riporre vele ed altri effetti.
In tutte le andature a vela la manovrabilità
è buona; le manovre e la regolazione delle
vele sono facilitate dal pozzetto centrale,
sufficiente per sei persone, che offre una
buona visibilità.
La coperta ha un disegno pulito, i
passavanti sono comodi, ma si restringono per
via dello smusso sulle fiancate e bisogna farci
l’abitudine al momento dell’imbarco e sbarco.
Il pulpito è interrotto ai due lati per
consentire di mettere bene a segno il genoa.
Sulla tuga troviamo un contenitore molto
invogliante per incassare l’eventuale
Il
gavone dell’ancora è piuttosto ampio e
profondo; date le dimensioni della barca un
verricello non è indispensabile.
Il bozzello a ponte è per il caricabasso del
tangone che vediamo fissato in coperta con
supporti in acciaio inox. Si notano anche le due
bitte di ormeggio ed il pulpito interrotto
Ben terzarolata, con il giusto angolo di
sbandamento, cammina bene di bolina larga
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L’angolo della
cucina è raccolto
e pratico. Nella
barca da noi
provata era
installata una
macchina
frigorifera
coolatron che
raffredda il vano
ghiacciaia. Tutti
gli sportelli
hanno uno
scorrevole
trasparente. La
pompa
dell’acqua,
contrariamente a
quella elettrica
del bagnoè qui
giustamente a
pedale
Sul lato destro sopra la cuccetta, c’è il tavolo pieghevole per il carteggio e sopra il quadro
elettrico. Il porta carte nautiche ha l’apertura un po piccola. La chiave della messa in moto del
motore è sul quadro elettrico, ma avremmo preferito trovarla in un aposizione più vicina al
timoniere.
Nella cabina di poppa ci sono
due comode cuccette, il
“tavolino” da notte e due ampi
armadi con chiusura a tela.
Nell’armadio di sinistra, in vano
isolato e areato è posta la
bombola del gas acessibile
dalla coperta.
La coperta vista dall’estrema. Il tambuccio della cabina
di poppa è apribile a compasso. Il pozzetto centrale ha
il rivestimento di legno; anche il tambuccio scorrevole
della cabina princilape ha un inserto trasparente. La
consolle per gli strumenti può accogliere tutto il
necessario per la navigazione.
Il locale WC è rivestito in
tessuto plastico. Il lavandino è
stampata in un unico blocco
con i mobiletti. Una piccola
pompa elettrica espelle l’acqua
della doccia che dovesse
raccogliersi in sentina (la vera
pompa in sentina è manuale e
pesca dal vano motore stagno)
L’apertura nella parete da
accesso all’armadio per le
cerate
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Asportanto il pagliolato del pozzetto, che ha
una cimetta di sicurezza in cabina, si accede
comodamente al motore, in questo caso un
Farymann da 20Hp. Un secondo paiolato
amovibile piu a poppa permette di ispezionare
le batterie. La parte fissa del pagliolato serve
ad accogliere il basamento dell’eventuale
timoneria a ruota.
A prua di cucina e WC, ci sono le due cuccette
con comodi stipetti e il tavolo con un’antina
pieghevole.
A prua le cuccette a V molto alte sovrastano
una calavele; in cabina vi è anche un armadio
con chiusura di tela
Nel quadrato da prua a poppa ci sono
due cuccette, sulle quali ecco stipeti
chiusi e vani porta oggetti. A destra
abbiamo l’angolo cucina con il fornello e
la ghiacciaia, a sinistra il locale WC, con
la doccia e l’armadio per le cerate. Sopra
la cuccetta di destra troviamo il tavolo di
carteggio pieghevole a leggio.
Ridotti i volumi destinati alle
vele
Nella cabina di poppa, alla quale si
accede separatamente, vi sono due
buone cuccette corredato da un armadio
e da piccoli ripostigli. Sotto le cuccette
da una parte c’è il
serbatoio
del
gasolio.
Anche
se
naturalmente manca l’altezza in cabina sulle
cuccette si può stare tranquillamente seduti.
La divisione del volume abitabile in tre cabine
separate per di piu dotate di stipetti e spazi
sufficienti a riporre oggetti personali ha
portato as una riduzione dei voumi destinati
alle vele, ai parabordi ed agli altri accessori
utili alla navigazione; nel pozzetto vi sono due
piccoli gavoni sotto le panche e questo,
insieme allo spazio nella cabina di prua, è
tutto. Ma, come dicevamo in apertura, la
peculiarità di questa imbarcazione è quella di
essere equilibrata, sicura e molto ben messa
a punto il tutto a un prezzo civile e questo è il
motivo del suo successo
Gianni Sacerdotti
WALTER
(Walter Paesani)
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La Banchina
Mollare tutto…. è possibile???
Alzi la mano, chi, almeno una volta, non ha pensato di mollare tutto e scappare lontano, dall’altra parte del
mondo…
Le motivazioni possono essere diverse,
voglia di conoscere il mondo, voglia di
avventura, di libertà, voglia di scappare dalle
pressioni quotidiane, voglia di vivere una
vita diversa, se a tutto questo ci
aggiungiamo una grande passione per il
mare e per la vela, ecco il sogno di ogni
velista: mollare gli ormeggi e prendere il
largo.
Si, ma dove? E soprattutto: quanto costa
una scelta di questo tipo?
Sulla banchina de ivelacci si è discusso
molto dell’argomento, grazie anche alle
preziose testimonianze di Sara e Luigiotto,
due velacci che hanno avuto il coraggio di
prendere il largo, Sara, con suo marito
Francesco, a bordo di “Damiana”, un
trimarano di 42 piedi, naviga sulla costa
Pacifica del Messico, mentre Luigiotto solca
i mari del Brasile con “Jonathan”, un cutter
di 12 metri.
Vivono a bordo delle loro imbarcazioni
da qualche anno, e ci hanno potuto
fornire molte indicazioni sui costi che
si devono sostenere per intraprendere
un’avventura di questo tipo.
Le scelte che determinano i costi in
maniera sostanziale sono due: la barca
e il luogo dove navigare.
La barca: quanto deve essere grande?
Si dice che la sicurezza inizi a 33 piedi,
mentre il comfort a 40’, tutto dipende
dalle esigenze individuali, a cosa siamo
disposti a rinunciare o semplicemente
cosa è più o meno importante per noi.
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Il Velaccino
Altra scelta importante è il luogo dove vivere,
navigare, dalle esperienze dei velacci abbiamo
potuto fare un confronto fra il centro-sud America
e il Mediterraneo.
Nel Mediterraneo molti “vagabondi” del mare
scelgono la Grecia per svernare perché più
economica, ma meno attrezzata, o la Tunisia come
base per muoversi poi verso la Grecia o la Spagna,
la Croazia è ben attrezzata ma più costosa, ma nel
Mediterraneo le assicurazioni hanno premi più
contenuti e i viaggi di rientro in Italia sono
ovviamente più economici.
In Sud-America il costo della vita è molto più basso
(un terzo rispetto all’Italia), sia a bordo che a terra
(svago, ristoranti, escursioni, ecc) , ma se si vuole
rientrare in Italia (per esempio una volta l’anno) i
costi vanno ad incidere sul budget annuale in
maniera sostanziale.
Per provare a fare un calcolo approssimativo dei costi Luigiotto (Sud-America) ci ha fornito un elenco delle
spese che ha dovuto sostenere per l’anno 2008 con le percentuali:
•
•
•
•
•
•
•
•
•
marina 7%
cambusa 11%
svago e viaggi 20%
gasolio, benzina e gas 1%
manutenzione (ordinaria e straordinaria) barca 29%
internet 2%
viaggio di rientro in Italia 12%
assicurazioni (barca e infortuni-malattia) 18%
totale 21.000,00 euro.
Bisogna anche tener conto di diverse variabili,
come l’età della barca e il tipo di navigazione che si
effettua (quanto lunga, quanto impegantiva,
quante ore di motore...), una barca che naviga
richiede molta manutenzione e non solo nei lunghi
viaggi atlantici.
Un dato è certo, la manutenzione della barca ha la
priorità su tutto.
In Mediterraneo l’inverno è più lungo, quindi è
necessario passare parecchio tempo in un marina,
nei mesi estivi i costi lievitano un po’ ovunque.
Sulla base dello schema di Luigiotto, per vivere (in
due) navigando nel Mediterraneo, in maniera
dignitosa, senza troppe rinunce, una rendita
mensile di 2.000-2.200 euro dovrebbe essere
sufficiente.
Nel frattempo, tra una riunione di condominio e
una lite per il parcheggio, i velacci “ancorati” a
terra continuano a sognare.
Buon Vento
Amaranta
Il Velaccino
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N°2 18 aprile 2010
Il Velaccino
Caravaggio
I quadri esposti erano oltre venti, va da sé che non
tutte le opere ti “acchiappano” allo stesso modo,
alcuni ti coinvolgono in maniera particolare, altre ti
comunicano meno emozione.
Io non capisco molto di arte, ma se un dipinto mi
coglie in profondità, comunicandomi sensazioni
sconosciute e particolari, per il mio modesto punto
di vista, sto guardando qualcosa di sicuramente
grande.
Fra i quadri che mi hanno comunicato sensazioni
particolari ricordo:” la canestra di frutta”.
Oggi alle ore 10.00 antimeridiane mi sono messo in
fila per poter godere di una delle visioni più
coinvolgenti che al giorno d’oggi si possano
verificare.
Dopo un’ora e venti di fila siamo riusciti ad entrare
nella scuderie del Quirinale, uno dei palazzi di
Roma fra i più belli e affascinanti.
L’atmosfera all’interno della mostra è a metà fra il
night e la posta. Nel senso che era pieno di gente e
stavamo essenzialmente al buio.
In questa opera tutta la frutta dipinta sembra
fotografata.
Si riconoscono le foglie che stanno appassendo, la
mela bacata, la patina sull’uva, che ancora non ho
capito bene come possa essere possibile realizzare;
quello che coglie in questo quadro, come del resto
in tutti gli altri, è la luce dorata, questa incredibile
luminosità che pervade le opere, e proviene non si
sa bene da dove, e che viene gestita dal pittore
(siamo, ricordo, nel tardo ‘500) in maniera
genialsublime.
“Giuditta che taglia la testa a Oloferne”.
La modella di questo quadro, sembra, fosse
l’amante del mecenate di Caravaggio, marchese
Vincenzo Giustiniani, banchiere, la ragazza di nome
Fillide Melandroni, cortigiana, fu scelta da
“Michele”, non si sa proprio bene in virtù di che
cosa....
La scena è molto cruda, riprende l’istante (ecco il
segreto di Michelangelo Merisi secondo me, riesce a
dipingere l’attimo in cui si sta compiendo l’azione,
esprime nella fissità di un’opera il momento in cui
c’é il massimo del pathos ) in cui Oloferne viene
decapitato dalla ragazza.
L’espressione assorta di Giuditta sembra dire: ”che
dici, po’ annà bene così, o je dò ‘n’antra
bottarella?”
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N°2 18 aprile 2010
Il Velaccino
“Cattura di Cristo nell’orto
Anche qui il pittore indovina l’attimo della cattura di
Cristo nell’ orto, mentre Giuda lo bacia, San
Giovanni che fugge dalla scena urlando e le guardie
che catturano il Cristo.
Nella scena, in alto a destra si riconosce un
autoritratto di Caravaggio, che nella fattispecie
regge una lampada, come per facilitare il
riconoscimento del Cristo, illuminando la scena.
La cosa da notare è l’armatura della guardia in
primo piano, è chiaramente seicentesca, mentre
sarebbe dovuta essere quantomeno romana.
“David con la testa di Golia”
In questo quadro la testa mozza di Golia è
rappresentata da un autoritratto di Caravaggio, il
quale con questo gesto intende far sapere al
mondo dell’epoca il fatto che lui era continuamente
perseguitato, forse a torto, forse a ragione, dai
governanti dell’epoca.
Il suo modo di dipingere era chiaramente “oltre”,
probabilmente per questo era
fortemente
osteggiato dal clero.
Spesso e volentieri i quadri che gli venivano
commissionati dalla chiesa erano sovente rifiutati; il
motivo principale era che dovendo, per esempio,
dipingere la Vergine Maria, lui prendeva come
modella una prostituta, anche perché erano le
persone che lui conosceva sicuramente meglio...
Altri quadri che destavano l’attenzione del pubblico,
come le due “cene in Emmaus”, diversissime fra
loro, la prima con un Cristo giovane, senza barba,
un Cristo che secondo me stava un po’ troppo bene
per essere risorto da poco; mentre nella seconda
opera, la diversa luce che coglie gli attori è la
ragione per cui la gente rimaneva ferma in
adorazione davanti a quell’opera.
Carissimi rischio di diventare noioso, oggi è stata
una giornata emozionante, il tempo trascorso in fila
davanti alle scuderie, è stato ampiamente ripagato
da “certe visioni”. Trovarsi di fronte ad opere
realizzate nel tardo ‘500, e rendersi conto, oggi, di
guardare delle “fotografie”, ti fa sentire veramente
piccolo, piccolo, piccolo......
n abbraccio a tutti
GIOVE
Giorgio Veroli
Il Velaccino
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N°2 18 aprile 2010
Il Velaccino
PESCA
Spigola/Branzino
La spigola (Dicentrarchus labrax), e uno
dei pesci più insidiati dai pescasportivi, infatti
può essere insidiata con diverse tecniche di
pesca sia dalla barca che da terra.
La spigola è un predatore costiero tra i più
voraci, si fa apprezzare per le sue gustose
carni e per sue generose dimensioni.
L’inverno è la stagione che ci regala le più
belle catture, ora analizzeremo alcune
tecniche di cattura tra le più diffuse.
ok, andiamo a insidiare la regina:
La spigola o branzino o anche ragno vive
generalmente in acque basse in prossimità di
foci/estuari, dove l'acqua dolce s'incontra con
quella salata.
La spigola raggiunge dimensioni ragguarde_
voli oltre i metro per oltre 13 kg di peso, si
nutre prevalentemente di pesci e cefalopodi,
ma quando é in frenesia alimentare attacca
qualsiasi cosa le passi a tiro (sorci compresi).
La riproduzione avviene tra dicembre e
febbraio periodo nel quale appesantita dalle
uova si nutre di esche più statiche come
granchi e gamberi.
Le tecniche per catturarla sono svariate, ora
prenderò in considerazione solo quella della
traina costiera con artificiali
Attrezzature
traina costiera
con artificiali
Le attrezzature per insidiare la regina con gli
artificiali devono essere molto leggere, le
canne da 6/8 8/12 libre, monofilo in bobina
massimo 0.35mm, terminali rigorosamente
in fluorocarbon da 25/30mm.
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N°2 18 aprile 2010
Il Velaccino
Le esche artificiali
Le esche artificiali piu' usate nella traina alla
spigola sono gli intramontabili Rapala
versione original da 7 a 13 cm in colorazioni
diverse a seconda delle condizioni di luce,
molto efficienti anche minows di altre
marche (you zuri/yamascita ecc) non
possono mancare i vari cucchiaini (gran
pescatore/ Bliz ecc) e le classiche piume
bianche o bianche rosse.
Dove cercarla
La spigola é un pesce abbastanza statico, si
aggira notoriamente in prossimità di foci ma
é facile trovarla all'imboccatura di porti o
lungo le dighe foranee, o in fondali medio
bassi ricchi di posidonia, dove si apposta in
attesa di sferrare l'attacco al malcapitato
pesce di passaggio, molto più rara in mare
aperto.
Periodi
I periodi migliori per pescare la spigola sono
quelli che vanno dall'autunno alla tarda
primavera.
Velocità di traina
La velocità di traina sarà compresa tra i 2.5 a
4 nodi, variando a secondo delle esche che
della limpidezza delle acque, più sarà grande
l'esca maggiore sarà la velocità, più l'acqua
sarà torbida più bassa sarà la velocità di
traina.
Tecnica
Consideriamo sempre che siamo su una
barca a vela, quindi non caleremo più di due
canne, alle quali abbineremo due esche
possibilmente di diverso colore, fileremo le
esche tra i 35 e i 60 metri da poppa e
regoleremo le frizioni dei mulinelli in maniera
abbastanza dolce.
Una volta allamata la spigola oppone una
discreta resistenza che cala man mano che si
recupera, assecondatela nella sua prima
fuga, non abbiate fretta, munitevi di grosso
coppo o guadino/salaio per issarla a bordo.
Questi brevi e genuini consigli sono dati da
esperienze personali, che magari non
andranno bene per tutti, ma accontentatevi
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N°2 18 aprile 2010
Il Velaccino
La pesca alla spigola con il vivo da terra.
Le esche
In questo caso utilizzeremo 1 o 2 due canne
medio
pesanti
in
grado
di
lanciare
agevolmente 150/300 gr, il nylon in bobina
sarà
del
35/40mm,
il
terminale
in
fluorocarbon dello 0.40mm, amo 4/0 piombo
a oliva da 50/70 gr.
Le esche più gradite della regina sono in
ordine; mugginetto, anguillina,sparlotto, e
tutti gli altri pesci, si da preferenza al
mugginetto
per
la
facilità
d'innesco,
resistenza,
reperibilità
e
conservazione
(vivo).
Le zone di pesca
Le foci dei fiumi e i canali d'ingresso di
stagni/lagune sono i posti ideali, ma anche
nelle spiagge a ridosso dei porti, o dai moli
dei porti dove sia consentito pescare.
Ho pescato spigole un po' in tutta Italia, con
le esche piu' diverse (gigione, triglia, sarda,
sogliola, gronghetto, mennola, sugarello,
salpa, mormora, seppia, granchio ed altri,
quindi non abbiate timore di escare il primo
pesciolino che catturate.
I periodi
Gli orari
I periodi migliori sono sempre
dell'autunno alla tarda primavera
La statistica vuole che gli orari migliori sono
quelli dell'alba e del tramonto, ma, occhio,
la spigola mangia in concomitanza dell'alzarsi
della marea fino al sua massima escursione.
Il terminale
quelli
Il terminale che poi postero', deve essere
semplicissimo, il classico long arm, cioè un
solo bracciolo terminale lungo 80 / 120 cm,
con piombo scorrevole e girella.
L'innesco
Un buon innesco è fondamentale per una
buona pescata, durante l'innesco il pesce non
deve subire delle lesioni che possano
limitarlo nei movimenti, ma allo stesso modo
l'innesco deve resistere al lancio.
Tecnica
Per evitare il distacco dell'esca il lancio va
accompagnato senza strappi, anche perchè
non é necessario raggiungere lunghe
distanze.
Una volta in pesca la lenza va tenuta
moderatamente in bando, l'archetto va
tenuto aperto bloccando la lenza sul manico
con un elastichino (postero foto), per meglio
controllare l'abboccata consiglio di inserire
un piccolo pezzetto di polistirolo a circa 50
cm dall'apicale.
Quando vedrete il polistirolo in acqua, lei ha
abboccato, contate fino a 20 e ferrate
vigorosamente, non siate precipitosi nel
recupero e se siete sulla spiaggia non cercate
d'incopparla, ma spiaggiatela dolcemente.
Lory
(Lorenzo Pusceddu)
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N°2 18 aprile 2010
Il Velaccino
RADUNI
Roma - Big Blue, visita alla Comar
Mi è stato affidato il delicato compito di descrivere
nel miglior modo possibile i raduni velaccioidi,
svoltisi negli ultimi mesi.
Non accade frequentemente di conoscere delle
persone che leggono ciò che scrivi, ma talvolta può
succedere o perche sei un giornalista, uno scrittore
o, come nel mio caso perché sei un componente di
un forum davvero simpatico.
Nel momento in cui apro il messaggio del buon
Walter, dove mi si chiede di buttare giù un
articoletto, mille pensieri affollano la mia mente,
roteando fra loro, sovrapponendosi, dilatandosi, per
convergere poi in un ricordo dai contorni precisi,
netti. Pian piano i fotogrammi prendono corpo in
maniera tangibile, trasformandosi in attimi felici,
indelebili, uniti da un fattore comune: l’amicizia.
Dopo l’incontro di inizio anno con i velacci romani ,
più il bravo Murri , è un susseguirsi di eventi a
catena ai quali non so rinunciare.
Alla fine di febbraio si organizza un bel raduno
allegro a Roma, dove stavolta sono presenti, oltre ai
laziali, altri personaggi giunti da lontano. Iniziando
da me, arrivato da Palermo in treno (ahimè)
passando per Lorenzo proveniente da Giulanova,
per finire con Vito venuto da Oristano . Il feeling
che si instaura tra i velacci la dice lunga su questi
tre giorni all’insegna del buon vivere e del
divertimento.
Iniziamo con ordine. Ci si vede la sera in un locale ,
il Ranch , dove manca solo John Wayne a
completare il quadretto simpatico di questa cena, e
iniziamo a conoscerci accompagnati da ottimo cibo
e buon bere. Certo mai avrei immaginato, un giorno
, di conoscere personalmente quasi tutti i velacci,
ed ecco che pian piano li studio nella mia mente,
cercando delle risposte tra i volti delle persone ai
tavoli . Marina, bellissima donna accompagnata da
un marito dalla bellezza holliwoodiana; Contender
,che a momenti mi spezza la mano in due, un
omone dal viso buono e dolce; Federico un
bravissimo ragazzo che svolazza da una sedia
all’altra come se stesse provando le scene del suo
martimonio futuro; Marco Luca , splendido risultato
di in un esperimento in vitro dall unione di un seme
cinese e uno europeo, già conosciuto a gennaio, è
un gran signore che sicuramente diverrà mio vicino
di casa a Corfu;
Giove grande cicerone e chissà se non mi ha preso per i fondelli con la
storia del gladiatore, a detta sua parente lontanissimo; Walter super
piedipiatti in congedo, ma sempre con la licenza di sparare....minchiate;
Logan, la stracciona che si presenta come la nuova spice girl piena di
vitalità e bellezza a gogo; ed Amaranta donna affascinante, grande
velista emergente alta quanto lo strallo di prua. Peccato: se avessi
avuto 30 cm in più.......
Ah, dimenticavo altri 2 superpersonaggi: Lorenzo, mio figlioccio ad
honorem grande velista con una superba barca e con un gran cuore,
consapevole della somiglianza sputata con Marlon Brando; e infine Vito,
individuo solare e simpatico, sempre col sorriso in bocca che
aspirerebbe alla carriera di mago per trasformare l’acqua della Fontana
di Trevi in Merlot.
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N°2 18 aprile 2010
Il Velaccino
Cantiere Comar
Conclusasi la prima giornata ci si vede l’indomani al
cantiere Comar. Bella esperienza, soprattutto da
parte mia che di barche in cantiere porto quelle
degli altri, causa i miei continui tamponamenti
nell’ormeggiare. E solo ora mi rendo conto quanto
fatica costi la produzione di una barca!
Dopo un risveglio travagliato, io, Lorenzo e Vito
raggiungiamo gli altri velacci davanti cancelli del
cantiere. Ad accoglierci la gentilissima Flavia che,
armata di pazienza, ci spiega i vari passaggi per la
costruzione degli scafi.
Ammiriamo un 52 rs, un paio di 38s, in varie fasi di
allestimento, poi i 41 s, i 45 s, e un 62 rs. Ma la
ciliegina sulla torta è un comet 100, un’enormita
nababbosa e facendo quattro calcoli, ci vorrebbero
quattro generazioni degli Scalici per poterla
comperare
e
mantenerla.
Tra una spiegazione e l’altra, noto un uomo stile
anni ‘70, viso da contrabbandiere e abiti da boss
camorristico, e domando al nostro amministratore
delle delucidazioni. Certo un uomo elegante che
adopera un metro da muratore storpia la sua
immagine.
Rimango
di
stucco:
è
l’altro
amministratore del forum ,Tenex un uomo ombra,
che fesso fesso, in silenzio, manovra i fili del nostro
bel giocattolo .
E il metro? Scopro che sta misurando in larghezza e
in lunghezza le paratie di un comet 52 feet, stessa
meraviglia posseduta del bel Lorenzo, per
posizionarci
all’interno
il
suo
Bisso
two
nell’eventuale burrasca in vacanza col nostro
Marlon Brando.
Certo con le burrasche non si scherza!
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N°2 18 aprile 2010
Il Velaccino
Chiaraluce & Big Blue
Usciti soddisfatti dal cantiere, ci indirizzamo verso
Chiaraluce, noto ristorante della Fiumara. Grande
pranzo dove oramai i freni inibitori, grazie al buon
vino, fanno parte del passato. Ci raggiunge il nostro
Paolo Villaggio, pardon Montecelio, e notiamo in lui
un accento stranissimo: è aramaico? No. Africano?
No . Memorandum veloce e trovo la spiegazione : a
forza di romper i cabbasisi con la bandiera belga è
divenuto console ad honorem dei paesi fiamminghi.
La presenza di Leonard non passa certamente
inosservata, gli sguardi femminili sono tutti per lui,
dalla graziosissima Logan alla lussuriosa ragazza
dei tavoli.
Che dire di Klaus? L’ho immortalato in un foto e se
è vero che un personaggio famoso lo diventa ancor
di più alla sua scomparsa, penso di avere il futuro
pensionistico assicurato.
Scherzo naturalmente, anche se comunque la tengo
gelosamente depositata nella mia cassetta di
sicurezza, non si sa mai.. Alla conclusione di questo
idilliaco pranzo e ci incamminiamo verso il Big Blue.
Maestosa fiera nautica, dove in tutta onestà fanno
da sovrane le barche a motore, le bellissime
hostess e pochissime imbarcazioni a vela. Chi
compra qualche ricordino (Amaranta), chi beve una
birra (Vituzzo), chi guarda le accompagnatrici (il
sottosctitto), chi parla con gli Sbirri facendo
propaganda per la sua prossima candidatura a
Sindaco di Roma (Walter), e chi infine smonta
alberi, carteggia carene, sistema i premistoppa (la
simpaticissima Marina?.
Ho anche il tempo di racimolare una magra figura,
nello scambiare un campione mondiale di vela,
Andrea Murra ,per un addetto alle sicurezza, con
successiva tiratina di orecchie parte di Vito, il quale
non fa che vantare tutti i sardi sparsi per il mondo.
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N°2 18 aprile 2010
Il Velaccino
La stanchezza si fa sentire ed ognuno si prepara al
rientro ai propri nidi, ed anch’io non vedo l’ora, in
previsione del mio lunghissimo viaggio in treno del
mattino successivo. Saluti e abbracci, qualche
lacrimuccia e ci salutiamo col cuore gonfio di
emozione. Sarò un romantico, e magari uno stupido
credulone, ma in ricordo dei bellissimi momenti a
Roma, c’è una frase che mi porterò per sempre
dentro: “E viaggiando in treno il tempo scandisce i
continui meravigliosi cambiamenti che avvengono
nella mia mente, interpellando ed aiutandosi da un
forbito e colmo memorandum degli ultimi episodi di
questi giorni.....
sto per addormentarmi cercando di inseguire tali ricordi.......GRAZIE, AMICI VELACCI ......
Fuitina Partenopea
Giunto a Palermo, passano i giorni e sale l’astinenza
velaccia. Non vedo l’ora di un nuovo incontro. Mi si
presenta l occasione con il grande Nausica e la
nostra moderatrice Sabina. Stavolta ho la
compagnia del mio amico, Lello, compagno di tante
battaglie, e dopo un viaggio epatico, scusate un
viaggio in nave, sbarchiamo a Napoli
Grandissime persone....ne è valsa la pena accollarsi
20 ore di nave! Sono quelli che ti fanno stare bene
perché a te ci tengono davvero. Mi piace
frequentarli, scopro due personaggi straordinari,
ma il tempo, troppo breve, non è dalla nostra
parte. Sicuramente queste 12 ore passate insieme
le porterò sempre dentro, affermando con assoluta
certezza che non può esistere un amicizia senza le
regole del rispetto e della lealtà.
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N°2 18 aprile 2010
Il Velaccino
Nausica lo immaginavo come un essere curvo,
biondo ossigenato, non tanto più alto del
sottoscritto. Invece mi ritrovo un tizio molto
affascinante che ti imbambola con le parole,
altissimo e dotato dell’arma piu antica dell uomo: la
sapienza. Sabina, dato il suo ruolo, la vedevo come
una rompiscatole pronta a riprenderti su ogni frase
o su ogni parola fuori luogo. Mi stupisce con la sua
dolcezza e i suoi modi garbati. Più la guardo e più
mi ricorda qualcuno. Ma chi ? Dopo una manciata di
minuti metto a fuoco i ricordi della mia infanzia ed
ecco presentarsi nei miei pensieri la figura di Wilma
Goich , la moglie del duo musicale, i Vianello.
Somiglianza davvero straordinaria! Non vorrei
andare fuori tema, ma permettetemi di spendere
due parole a favore del mio grande amico Lello. La
sua partenza è quella di un pazzo: due
figli di 16 e 13 anni, una moglie alla quale dice
,mentre sta cucinando, di assentarsi per due
giorni...... Grande bordello, del quale ancora sta
pagando lo scotto ...ma Lelluzzo non è tipo da farsi
intimidire... Proseguendo il racconto, un grande
compare! Ci mettiamo in macchina dopo esserci
stritolati di abbracci, indirizzati verso un caseificio
dove si lavora la mozzarella di bufala.
Chiacchierata veloce con il titolare che ci omaggia
di due confezioni da asporto e telefoniamo al quel
simpaticone di Vito il quale ancora dorme, ma al
suono delle nostre voci rinasce, scaraventandoci un
carretto di parole non tanto comprensibili in dialetto
sardo.
Ci trasferiamo ad Agropoli per una uscita in barca
assieme ad alcuni sub per iniziare la prima lezione
di immersione ma le acque un po’ incavolate non
permettono, ringraziando Dio , di calarci giù. E’
ancora un po’ prestino per il pranzo e Nausica
decide per il volo, perché di volo si tratta….210 di
velocità di crociera in autostrada….per farci
conoscere la sua barca. Una meraviglia: rimaniamo
incantati dalle ordinate e dal fasciame a vista. Una
superba visione degna del proprietario.
Ritorno altrettanto veloce ad Agropoli, dove ci
accomodiamo
al
ristorante,
rigorosamente
all’aperto.
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N°2 18 aprile 2010
Il Velaccino
Pesce fresco, innaffiato da buon vino bianco,
chiacchierata spensierata con risate di Sabina al
limite dello svenimento e ci accorgiamo che si è
fatto tardi.
La nave parte alle 20 ed abbiamo 200 chilomentri
da percorrere. I ricordi diventano vaghi, ma la voce
di Vasco Rossi a tutto volume, con assoluta
certezza ci accompagnha sino all’ingresso del porto.
Parte il traghetto e pian piano le fidure dei due
supervelacci napoletani svaniscono fra le tenebre.
Andiamo in cabina e, mentre mi appresto a leggere
Gli Intoccabili, ascolto il buon Lello dialogare con se
stesso. E’ impazzito o il vino gli ha dato alla testa?
No, penso, nulla di tutto questo! Sta ripassando le
tattiche terroristiche da condurre l’indomani per la
battaglia più difficile: affrontare Donatella. Faccio
finta di nulla ed alla sua ennesima bestemmia, cado
nell’oblio, sprofondando in un sonno così profondo
da non sentire bussare, all’alba, alla nostra porta
per avvertirci che la nave era già attraccata al porto
da venti minuti
Aspettando il prossimo raduno romano…
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N°2 18 aprile 2010
Il Velaccino
Il Sestante: parte prima
La determinazione della latitudine e della
longitudine si deve considerare un’operazione
indispensabile per coloro che attraversano regioni
poco conosciute o inesplorate e che solcano
continuamente gli oceani. In mare aperto la
navigazione astronomica è la tecnica più comune
per determinare la posizione senza gli strumenti
elettronici (per scelta o semplicemente perché
manca la corrente per alimentarli oppure avviene
un guasto).
Per la latitudine si usa il sestante, per la longitudine
si misura una differenza oraria con l’orologio.
Le Effemeridi Nautiche impiegano coordinate che
sono:
• apparenti, ossia tengono conto delle variazioni
periodiche (aberrazione, polodia, nutazione);
• geocentriche, e cioè riferite al centro della terra;
• riferite al centro degli astri;
• espresse in funzione dell'ora (e data) di
Greenwich.
La posizione apparente di tutti i corpi celesti in ogni
momento visti dalla terra è riportata nelle
Effemeridi nautiche.
Dunque per il calcolo della latitudine e longitudine
basta utilizzare il sestante, un orologio ed una
semplice calcolatrice.
Gli astri impiegabili ai fini nautici sono: Sole, Luna,
Venere, Marte, Giove e Saturno e le 66 stelle più
luminose.
Le coordinate fornite dalle Effemeridi sono essenzialmente la declinazione, che corrisponde alla latitudine,
misurata da nord a sud dell’equatore celeste e dell’angolo orario di Greenwich, che si misura da 0° a 360°
verso ovest dal meridiano di Greenwich.
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N°2 18 aprile 2010
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In altri termini, assumiamo la terra ferma al centro e tutte queste belle stelline che ci girano intorno
proiettate su una sfera, con polo celeste, equatore celeste, mentre l'ascensione retta al posto della
longitudine e la declinazione al posto della latitudine.
Nota: il percorso del sole da est ad ovest si chiama eclittica solare ed è divisa in settori di 30°, ognuno dei
quali corrisponde ad una costellazione zodiacale.
Teniamo presente che il tempo deve essere calcolato tenendo conto dei secondi poiché, considerando la
velocità di rotazione terrestre, un errore di un secondo può determinare un errore di posizione di un quarto di
miglio (dunque il nostro orologio/cronometro deve essere molto preciso e sincronizzato eventualmente con
un orologio atomico – vedi forum). La longitudine di un punto si trova calcolando la differenza oraria tra il
meridiano del punto stesso e quello di Greenwich.
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Il Velaccino
Ma veniamo all’oggetto dei desideri:
il sestante
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N°2 18 aprile 2010
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Il sestante è composto da:
Specchio grande: è lo specchio mobile;
Specchio piccolo: è lo specchio fisso; esso è diviso in due parti, una trasparente e l'altra riflettente;
Alidada: è il braccio mobile su cui è fissato lo specchio grande;
Indice: è la linea di fede posta sull'alidada;
Lembo: è un arco di cerchio il cui centro coincide, per costruzione, con l'asse intorno a cui ruota l'alidada; su
di esso è posizionata una cremagliera;
Graduazione: scala graduata posta sul lembo che con l'indice consente di leggere il doppio dell'angolo di cui
è ruotato lo specchio grande;
Levette o bottone: consentono di scollegate l'alidada dal lembo per una regolazione grossolana;
Vite micrometrica: vite tronco-conica che collega l'alidada al lembo e che, scorrendo sulla cremagliera,
consente con il rullo la lettura fine dell'angolo;
Rullo: tamburo micrometrico, graduato da 0 a 60 primi, con passo di mezzo primo;
Cannocchiale: può essere astronomico (a forte ingrandimento e ad immagini rovesciate) oppure terrestre (a
largo o piccolo campo ad immagini diritte); è allineato con lo specchio piccolo.
Collarino: supporto del cannocchiale; può essere regolato per avvicinare o allontanare il cannocchiale dal
piano del lembo, in modo da raccogliere una maggiore quantità di raggi luminosi dall'immagine diretta o da
quella riflessa.
Il sestante va sempre impugnato dalla struttura fissa e mai dal lembo; inoltre gli specchi sono delicati e
devono essere toccati solo per la pulizia.
Il termine sestante deriva dal lembo che è graduato di 60°, un sesto di circonferenza, ma poiché gli specchi
sdoppiano la riflessione, è possibile misurare angoli fino a 120°.
Questo perché il sestante si basa sul seguente principio di ottica fisica: << se un raggio luminoso subisce una
doppia riflessione in uno stesso piano, l'angolo di cui esso viene deviato è il doppio dell'angolo formato dalle
superfici riflettenti >>.
Dimostrazione
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N°2 18 aprile 2010
Il Velaccino
2 a = 90°
2 c + b + 90° = 180° da cui b = 90° - 2 c
z + a + 90° + c = 180° da cui c = 90° - a – z, da cui:
b = 90° - 180° + 2 a + 2 z
quindi: b = 2 z
Quando l’alidada è a zero, lo specchio fisso
dovrebbe trovarsi perfettamente parallelo allo
specchio mobile.
(altrimenti ricordatevi che in Italia siamo in GMT +
1). Una volta fatte combaciare le immagini dello
specchio fisso e di quello mobile, si legge il valore
dell’angolo (altezza osservata) sul lembo graduato.
Si va a leggere il mezzo minuto più vicino. Ora
prima di trattare delle correzioni da fare e
delle formulette da adoperare per il calcolo
dell’altezza di un corpo celeste,
determiniamo subito la latitudine di un punto
riferendoci all’altezza della stella polare.
Ma vediamo come si usa il sestante. Impugnate il
sestante dalla struttura fissa, fissate l’immagine
dell’astro nello specchio mobile, dunque spostate
l’alidada finché l’astro non è visibile. Ora ruotate il
telaio del sestante finché il lembo inferiore non
tocca l’orizzonte. In seguito basculate con
delicatezza il sestante finché l’astro non è collimato
su un punto dell’orizzonte esattamente sotto la sua
verticale. Ora è il momento di registrare l’ora esatta
al secondo, di solito in GMT
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N°2 18 aprile 2010
Il Velaccino
Per altezza si intende = angolo (angolo di
elevazione) tra la direzione della Stella polare e
l'orizzonte dell'osservatore.
X = punto di osservazione
HH' = orizzonte che è perpendicolare al raggio CX
QX = direzione stella polare
EX = arco di latitudine di X
dimostrazione:
angolo m = 90°
angolo b = angolo e (angoli opposti al vertice)
angolo e = angolo n (complementari dello stesso
angolo c)
quindi risulta che:
angolo n = angolo b
Quindi misurando l'angolo b (angolo di elevazione) della Stella Polare con il sestante, io sto misurando
l'angolo n e quindi l'arco EX e quindi la latitudine di X.
Veniamo ora al calcolo della longitudine di un
punto, che abbiamo scritto che si calcola come
differenza oraria tra il meridiano del punto stesso e
quello di Greenwich.
La terra ruota e nelle 24 ore tutti e 360 meridiani
passano davanti al sole.
360 meridiani/24 ore = 15 meridiani ogni ora (60
minuti)
60 minuti /15 meridiani = 4 = cioè ogni 4 minuti
passa 1 meridiano
Quindi:
trascorrono 15° ogni ora e 1 ° ogni 4 minuti.
Quindi se nel luogo di osservazione è
mezzogiorno
solare
vero
e
l'orologio
(regolato sull'ora di Greenwich) segna le
15,20, mi trovo a 50° di longitudine W (15x3
+5); se segna le 9,20, mi trovo a 40° di
longitudine E (15x2 +10) e così via .........
Ma un piccolo passetto indietro occorre farlo e cioè
come si riconosce in cielo la stella polare
La stella polare è la stella terminale del timone del
piccolo carro (piccolo carro = orsa minore).
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N°2 18 aprile 2010
Il Velaccino
Alzate al cielo la vostra testa
Individuate l'orsa maggiore (molto più facile da vedere = cerchio verde) al''interno trovate il grande carro
(cerchio rosa) del grande carro individuate le due stelle indicate con le frecce gialle prolungate una retta
immaginaria (blu) che è circa 5 volte la distanza tra le due stelle e trovate finalmente il NORD quindi vedete
anche il piccolo carro ossia l'orsa minore.
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Il Velaccino
Ora calcoliamo la latitudine la latitudine di un punto riferendoci all’altezza del sole.
Vediamo cosa succede per un osservatore di nome Vitube posto nell’emisfero Nord.
quindi
c è la latitudine
d è la declinazione (data dalle effemeridi per
il sole)
n è invece l’altezza calcolata con il sestante
Dalla figura ho:
c = 90° - d - n
Vediamo cosa succede per un osservatore di nome Vitube posto nell’emisfero Sud.
c= (n-90)+d
Ora ruotiamo gli assi e rifacciamo i calcoli per la
latitudine:
N.B. con il termine bacinella stiamo ad indicare
l’orizzonte.
Emisfero nord
c= 90-n+d
Emisfero sud
c= n-90-d
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Il Velaccino
Quindi abbiamo:
emisfero nord: c = 90° - n - d (in un caso),
c = 90° -n + d (nell'altro caso)
Notiamo che agli equinozi d = 0.
Quindi dalle formule abbiamo che:
d è la declinazione e si ricava dalle effemeridi con
l'individuazione del mezzogiorno locale (come si
calcola il mezzogiorno locale vi rimando al forum,
dove trovate vari esercizi svolti);
n è la misura che ci da il sestante, con le opportune
correzioni da fare.
emisfero sud: c = n - 90° + d (in un caso),
c = n - 90° - d (nell'altro caso)
Quali sono le correzioni da fare ?
Ma l’altezza di un corpo celeste (in questo caso il
sole) rilevata con il sestante deve prima essere
corretta per poter ottenere la misurazione vera.
n è l'altezza (angolo) misurata dal nostro sestante e
si chiama altezza misurata, ma contiene un errore
che viene detto errore d’indice o gamma del
sestante. Il libretto in dotazione al sestante vi
segnala il valore di questo errore. Quindi dobbiamo
addizionare o sottrarre l'errore d'indice o gamma
del sestante.
n + o - gamma = si chiama altezza
strumentale
Infatti quando osserviamo un astro, i raggi
attraversano l'atmosfera subendo una rifrazione
(dovuta alla densità d'aria crescente) e quindi si
incurvano.
Ma anche l'immagine del nostro orizzonte marino
subisce un effetto rifrazione, per cui si dice che i
raggi dell'immagine subiscono una depressione.
Dunque, come potete ben notare (vedi figura) a noi
serve conoscere l'altezza vera e cioè h per fare i
nostri calcoli e arrivare al calcolo della latitudine e
longitudine.
Domanda:
ma r e d come si ottengono ???
Risposta:
r e d si ottengono dalle effemeridi e più
precisamente.
L'angolo di rifrazione r dipende dall'altezza
misurata, mentre l'angolo di depressione d dipende
dalla
elevazione
dell'occhio
in
metri.
Quindi si individua la riga e la colonna giusta in
riferimento all'astro osservato.
Dalla figura si dimostra che:
n = r+h+d
Quindi:
(n +/- gamma) = r + h + d
allora:
h = (n +/- gamma) - r - d
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N°2 18 aprile 2010
Il Velaccino
Perchè non basta ancora?
oltre alla rifrazione e alla depressione cosa
dobbiamo ancora sapere ?
C'è anche il semidiametro.
Nel senso che all'altezza vera del lembo inferiore
del sole dobbiamo aggiungere il semidiametro
apparente che varia nel corso dell'anno. Infatti, il
diametro apparente del sole varia durante l'anno
perche l'orbita della terra e` ellittica e quindi il sole
appare piu` grande o piu` piccolo perche varia la
distanza terra sole...
Quindi le correzioni da fare sono:
h = (n +/- gamma) - r - d - sd
cioè:
altezza vera = (altezza misurata +/- gamma) angolo rifrazione - angolo depressione semidiametro apparente
r,d, sd vengono fornite dalle effemeridi.
P.S. il semidiametro apparente solo per sole e luna.
Ma non basta, ci vuole ancora un'altra
correzione, quale ???
Attenzione che molti fanno così (dipende dalle
tavole: effemeridi, ciò vale per le effemeridi
dell'istituto
idrografico
della
marina):
h = (n +/- gamma) + ((r + d + sd +p) - 1°)
in modo che con le addizioni è più veloce il calcolo e
perchè r,d,sd,p sono tutti primi.
Dunque
,nelle
effemeridi
dell'istituto
idrografico della marina preferiscono aggiungere
dei termini additivi (la cui somma fa 1°) in modo da
avere tutti i termini con il segno + (poi alla fine
sottraggono quello che avevano aggiunto, cioè 1 °).
L'occhio dell’osservatore (Vitube) non è al
centro della terra, per cui bisogna tener
conto anche dell'angolo di parallasse.
Quindi
le
correzioni
da
fare
sono:
h = (n +/- gamma) - r - d - sd –p cioè:
altezza vera = (altezza misurata +/- gamma) angolo rifrazione - angolo depressione semidiametro
apparente
parallasse
r,d, sd, p vengono fornite dalle effemeridi
In questo modo geniale, evitiamo di fare sottrazioni
e le correzioni hanno sempre il segno +.
h = altezza vera = (altezza misurata +/gamma) + ((angolo rifrazione + angolo
depressione + semidiametro apparente +
parallasse) - 1°) formula valida se usiamo le
effemeridi dell'Istituto Idrografico della Marina
Italiana.
Finisco qui la prima parte che purtroppo non
comprende tutte le quattro sezioni sviluppate
all’interno del forum.
Mi rendo conto che ci sarebbe tanto altro da
scrivere, ma accontentatevi per ora di questa prima
parte, augurandovi che con il prossimo Velaccino ci
sia la seconda.
Buon Vento dalla vostra adorabile canaglia,
Giuseppe Romano (in arte Nausica)
Un ringraziamento particolare e sentito all’amico
Lello Vellati (in arte Vele) che ha collaborato alla
stesura di questa prima parte.
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N°2 18 aprile 2010
Il Velaccino
Alberto Di Stefano “Il giro del mondo in barcastop” Ed. Feltrinelli
RECENSIONE
La vacanza in barca esercita su molte persone un
fascino particolare:
il mare, il senso di libertà, i panorami sempre nuovi
e uno stile di vita diverso e in un certo senso
esclusivo attirano parecchio. Dietro però alla
facciata patinata si nascondono parecchie difficoltà
che quasi tutti ignorano.
Alberto Di Stefano, varcata da poco la soglia dei
trent'anni, con un solido lavoro nella finanza
milanese, compie “Il giro del mondo in barca stop”
dopo aver mollato la sua ordinaria ma solida vita
per un futuro all’insegna dell’improvvisazione e della
precarietà, ma proprio per questo più stimolante.
E così nel 2005, leggendo un annuncio sul giornale
di vela Bolina che propone di presentarsi a
Fiumicino per far parte dell'equipaggio di Okianos,
una goletta di 21 metri che sta per salpare per i
Caraibi, decide di avventurarsi alla scoperta di tante
albe per i mari del mondo che lo porteranno da
Fiumicino a La Spezia, passando per Algeri,
Gibilterra, Canarie, Antille olandesi, Colombia,
Galapagos, Polinesia, Fiji, Australia, Singapore, Sri
Lanka, Corno d'Africa, Jeddah, Suez e Malta.
In realtà quando decide di partire la sua idea è
quella di viaggiare da un continente all'altro in
aereo e intanto visitare il Sud America, l'Australia,
l'Africa, l'Asia spostandosi con pullman, treni o voli
interni.
Nessun programma dettagliato, nessun albergo
prenotato, la completa libertà di cambiare itinerario
in qualunque momento ed invece, a Panama,
scopre che esistono ancora gli avventurieri di una
volta con cui imbarcarsi in cambio delle normali
mansioni di bordo.
Il libro da una parte è una sorta di diario di viaggio
con la narrazione di avventure ed incontri, dall'altra
un manuale su come affrontare un'esperienza di
barcastop minimizzando i rischi e sfruttando
appieno i benefici.
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N°2 18 aprile 2010
Il Velaccino
I vari capitoli riguardano l’esperienza necessaria, la
scelta dell’equipaggio e del capitano, le
caratteristiche della barca, la durata del viaggio, le
diverse modalità di viaggio negli oceani Atlantico,
Pacifico e Indiano, le formalità doganali, le spese
da affrontare, i compiti dell’equipaggio, i pericoli e
le emergenze, ma soprattutto gli aspetti psicologici
della vita a bordo.
E proprio quest’ultimo aspetto è il filo conduttore di
tutta la sua esperienza poiché egli ritiene che si
sottovaluti quasi sempre che la convivenza forzata
in spazi ristretti generi molto spesso la nascita di
dissapori che a lungo andare possono portare
persino a compromettere la sicurezza della
navigazione.
Risulta significativo il fatto che partito dall’Italia con 10 persone,
assiste al primo sbarco dopo una settimana fino a rimanere,
dopo 4 mesi, solo in 2.
L’alternanza tra la guida e il diario rendono questo libro
particolarmente fruibile sia da chi cerca la narrazione delle
avventure e delle disavventure affrontate in questo originale
modo di viaggiare, sia da chi vuole informazioni, suggerimenti,
trucchi e consigli per un viaggio di questo tipo.
Anche per decidere di non partire.
LOGAN
(Valentina Pagnozzi)
Il Velaccino
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N°2 18 aprile 2010
Il Velaccino
Bernard Moitessier
Molti dei Navigatori solitari divenuti grandi miti della
storia della Vela li abbiamo conosciuti e imparti ad
amare attraverso i loro diari di bordo spesso
calandoci in pagine di vita vissuta per mare.
Storie che spesso hanno contribuito a far nascere in
noi quel “tarlo” che sempre bisbiglia che non ci
vuole poi tanto a decidere di navigare per il mondo,
ciascuno secondo le proprie capacità/necessità e i
propri sogni.
A Moitesseier va il merito di aver radicato in
un’intera nazione la tradizione della Vela. In
seguito non solo la Francia ha abbracciato la sua
filosofia di una vita vissuta per il mare, di una
concetto di Vela non solo fatta di grandi regate e di
competizioni, approccio non meno valido che
andava affermandosi in quegli stessi anni grazie al
talento di Taberly o di Chicistrer
Bernard Moitesseir nacque ad Hanoi in Indocina
nel 1925, la ebbe giovanissimo il suo primo
approccio con il mare e con la vela. Nel 1947 a 22
anni, abbandonò l’idea di dedicarsi all’azienda del
padre e iniziò a darsi al cabotaggio commerciale
nel Golfo del Siam. In seguito Moitessier si da alla
vera navigazione d’altura assieme al suo amico
Pierre Deshumeurs con un vecchio ketch di 12
metri, lo Snark, partirono verso l'Oceano Indiano.
Incuranti delle pessime condizioni dello scafo i due
amici arrivarono a Singapore, ma il vecchio Snark,
che faceva acqua da tutte le parti, non fu in grado
di proseguire oltre e gli intrepidi navigatori
tonarono in Indocina, dove Moiteserier acquistò
una giunca di legno a cui diede il nome a cui diede
il nome di “ Marie Therese” , che era la donna di
cui era innamorato . Con il Marie Therese Bernard
Moitessier traverserà in solitario l'Oceano Indiano,
ebbe varie avarie ma per la vedrà nella sua barca
molto di più che un semplice mezzo sul quale
navigare e inizierà quella “vita da Vagabondo dei
mari” che lo accompagnerà per sempre
Purtoppo Bernard e il Marie Therese, dopo aver
attraversato l'Oceano Indiano da Nord a Sud ed
essere passati indenni per il monsone, Bernard si
schiantarono sugli scogli delle isole Chagos, a causa
di un errore di carteggio.
Dopo il naufragio si trasferì alle Mauritius, povero e
senza barca si dedicò a vari lavori che riusciva a
trovare, dalla pesca subacquea o il segretario per il
console francese. Dopo tre anni alle Mauritius,
Moitessier riesce a costruirsi un'altra barca, il
Marie Therese II, con la quale salperà di nuovo e
vivrà le straordinarie avventure descritte nel suo
primo libro: "Un vagabondo dei mari del sud".
Una volta risalito l’Atlantico la cattiva sorte si
abbatterà di nuovo sul Navigatore francese. Nel
1958, mentre naviga nel mar delle Antille
probabilmente a causa della stanchezza dovuta a
tre notti al timone, perso dal sonno non si
sveglierà in tempo per evitare che il Marie Therese
II si schiantasse sugli scogli dell'Isola di San
Vincenzo.
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Il Velaccino
Bernard di nuovo solo e poverissimo, si imbarcò su
una petroliera raggiunse la Francia, dove riuscì a
trovare lavoro (un impiego di rappresentante di
farmaceutici).
Iniziò quindi a scrivere il suo primo libro:"Un
vagabondo dei mari del sud”.
Il 1961 per Bernard è un anno speciale: si sposa
con Francoise e inizia la costruzione della sua più
celebre barca: Joshua.
L'architetto navale Jean Knocker
eseguirà
gratuitamente i disegni del Joshua, seguendo le
richieste dello stesso Moitessier che pensava ad una
barca concepita per affrontare i più gli Oceani del
Grande Sud.
Il Joshua verrà armato a Katch con due pali
telegrafici a fare da alberi e tutto rapportato ad
essere semplice d economico.
Il Joshua viene varato con lo stretto indispensabile
per navigare e Moitessier così si lancia in due anni
di scuola vela in Mediterraneo.
Nel '63 partirà con la moglie per arrivare fino in
Polinesia, navigando dall’Atlantico alle Galapagos,
scoprendo il resto dell’ Oceano Pacifico,Polinesia,
Marchesi e da Thaiti la grande avventura Bernard e
Francoise Moitessier compiranno la traversata Tahiti
- Alicante via Capo Horn: quattordicimila miglia
senza scalo.
Tornati in Francia il diario di bordo diventerà un
libro tra i più famosi libri di mare: "Capo Horn alla
Vela". Le necessità editoriali, la vita “del pesce a
fuor d’acqua”di terra, fanno si che questo libro
risulti molto diverso da “Tamata ” e forse anche
nell’uomo Bernard questa vita a terra pesava molto.
L'occasione ideale per Moitessier si presentò
quando il Sunday Times lo invitò a prendere parte
alla prima regata intorno al mondo per solitari,
senza scalo, con partenza da un qualunque porto
dell'Inghilterra e ritorno dopo aver passato i tre
Capi. Il premio messo in palio dal Sunday Times era
di 5000 sterline.
Tutti sappiamo del gesto “folle e affascinate” di
Moitessier che al comando della regata, iniziata la
risalita verso dell’atlantico decise di tornare in
Pacifico e ritirarsi dalla competizione per
“Navigare”.
Lanciato ad una nave di passaggio, con la sua
fionda, un messaggio dove spiegava la sua
necessità di restare in mare, Bernad mise la prua
verso la libertà. Dopo un giro del mondo e mezzo,
si arresterà a Tahiti, dove inizierà la scrittura di "La
Lunga Rotta". In Polinesia si dedicò alle più
disparate esperienze anche come agricoltore aiutato
dal suo ingegno maturato in una vita per mare.
Nonostante fosse povero in canna, Bernard decise
di destinare i proventi dei suoi diritti d'autore per un
nobile scopo: la "ricostruzione della Terra" su basi
che non fossero quelle dell'egoismo, del
consumismo e delle guerre. Progetto questo assai
più difficile che attraversare i tre oceani.
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Il Velaccino
Così Bernard di ritirò in un atollo sperduto della
Polinesia insieme alla sua nuova compagna Ileana,
e al suo figlio Stephan , mentre in Francia tutti si
chiedevano che fine avesse fatto, diede vita ad una
nuova crociata ecologica: con una lettera aperta ai
sindaci dei comuni francesi, li invitò a piantare
alberi da frutto lungo le strade, simbolo della vita e
della creazione: il primo che avesse risposto
sarebbe stato premiato con un assegno di 15000
franchi! In tanti risposero a quell'appello e capita
girando la Francia e la Corsica di vedere degli alberi
con vicino una targa che ricorda che quella pianta è
stata messa a dimora in occasione della campagna
promossa dal Navigatore francese.
Frattanto Bernard si lancia in una nuova avventura:
trasferitosi in California insieme alla sua famiglia,
avvia una serie di conferenze e dibattiti, discutendo
delle tematiche a lui care, dall'ecologia alla pace nel
mondo, e commentando le straordinarie immagini
del giro del mondo che filmò con una cinepresa 16
mm durante la Lunga Rotta, filmati che possiamo
ora trovare facilmente disponibili anche su internet.
E' il 1982 quando insieme all'attore Klaus Kinsky,
mentre si trovava all'ancora davanti a una spiaggia
messicana, venne travolto da un terribile quanto
insolito ciclone. Così il destino volle che la sua
magica barca sopravvissuta alle terribili burrasche
dei Quaranta Ruggenti, finiva spiaggiata e
disalberata in uno dei mari più tranquilli del mondo.
Grazie a una campagna di solidarietà lanciata da
alcune riviste nautiche, e al contributo dei suoi
amici, a Bernard verrà costruita una nuova barca:
un cutter in ferro di dieci metri, dal nome Tamata,
che significa tentare (così i polinesiani avevano
soprannominato Bernard ).
Grazie a Tamata, Bernard ritorna a Tahiti, ed
intraprende la scrittura di quell'opera che lo
avrebbe coinvolto per i suoi ultimi anni, la sua
biografia. Frattanto conosce Veronique, che lo
convincerà a trasferirsi a Parigi per continuare là,
lontano dalle distrazioni del sole e degli amici,
l'impegnativo lavoro che aveva intrapreso.
Moitessier era già malato da un terribile male, un
cancro alla prostata che non esiterà a chiamare "la
Bestia", e che gli verrà diagnosticato nel 1989.
Lo scafo robustissimo del Joshua riportò solo
qualche ammaccatura, ma l'attrezzatura venne
completamente distrutta. Troppo povero per poter
restaurare Joshua, e troppo vecchio per poterlo
gestire, Bernard decise che era meglio liberarsene,
e lo fece nel modo che gli era più congeniale: lo
regalò a due ragazzi che lo avevano aiutato a
disinsabbiarlo!
Bernard affronterà quest'ultima sfida con il coraggio
e la dignità che lo avevano sempre contraddistinto,
riuscendo a completare quel libro cui aveva
dedicato tutta una vita, "Tamata e l'Alleanza", nel
quale ha racchiuso i suoi più intimi ricordi, le
sofferenze, le gioie, gli insegnamenti della sua vita
straordinaria.
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Nel 1990, Bernard sempre più vicino alla sua
dipartita ebbe una bella notizia che rinnoverà il suo
entusiasmo e gli darà una gran gioia: il Joshua, la
Sua Barca della Lunga Rotta, era ancora "vivo" e lo
aspettava al museo marittimo di La Rochelle per
una gran festa.
Patrick Schnepp, il direttore del museo, aveva
acquistato il vecchio ketch dai ragazzi ai quali
Moitessier lo aveva regalato per restauralo
completamente, ed ora non aspettava che far
rincontrare ì due vecchi amici.
Bernard riuscirà a combattere contro “la bestia” e
sopravvivere fino al 16 giugno 1994.
Riuscirà a concludere il suo libro e rivedere la sua
amata Indocina. Le pagine conclusive di Tamata e
l'Alleanza ci trasmettono l'immagine di un uomo
sereno ed in pace con se stesso, che affronta la
morte con la stessa semplicità con cui ha vissuto la
sua vita.
Quando morì Moitessier, stroncato dal suo male
aveva lasciato la volontà di venir seppellito nel
piccolo cimitero di Bono in Bretagna del sud e il
direttore del Museo Marittimo di La Rochelle
condusse il Joshua nel Golfo sottostonate al
cimitero affinchè alla sepoltura fosse presente
anche la sua Barca.
Quando si entra nel cimitero di Bono e si osserva
tutto il Golfo intorno si capisce il perché Bernard
Moitessier lasciò questo desiderio per la sua
sepoltura.
Marina (Marina Ferrieri)
Le citazioni di testo e le immagini qui contenute sono state inseriti ai sensi della legge 633/41 art. 70 comma 1: "Il riassunto, la
citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera, per scopi di critica, di discussione ed anche di insegnamento, sono liberi nei limiti
giustificati da tali finalità e purchè non costituiscano concorrenza alla utilizzazione economica dell'opera."
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