FARMACIA BALDUCCI
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Sull’uso delle piante in medicina
G
ran parte dei farmaci usati oggi in terapia
deriva dalle piante e ciò è possibile grazie a
precisi meccanismi di estrazione e successive
reazioni chimiche. Ma l’uso delle piante per
trattare i disturbi dell’uomo è antico quanto il
mondo. Proviamo ad immaginare cosa poteva
provare una mamma migliaia di anni fa quando un
bambino urlava per il mal di pancia oppure per la
stitichezza o la diarrea, o per il vomito
ininterrotto. Oppure in casi ancora più gravi
quando stava morendo per bronchiti o polmoniti,
febbre convulsiva o fratture causate da traumi.
Avrà spinto il marito a fare qualcosa, a cercare nel
mondo che li circondava il rimedio per guarire i
propri piccoli. E quello che l’uomo poteva trovare
senza problemi, certo più facilmente del cibo,
erano le piante. Senza avere nozioni di anatomia e
farmacologia, l’uomo ha quindi sempre cercato di
alleviare i sintomi di malattia utilizzando parti di
piante di cui forse inizialmente si nutriva,
basandosi sull’osservazione pratica di alcuni
effetti causati dalle piante stesse.
C
osì pian piano si è arricchito un complesso
Codice di piante medicinali ad uso
farmacologico, tramandato per secoli dapprima
oralmente, poi a cominciare dagli Assiri, dai
Babilonesi, dagli Egizi e dai Greci (Ippocrate)
tradotto e riscritto da ognuno con le variabili
tradizionali della propria cultura. Si è arrivati col
tempo ad una migliore conoscenza delle piante e
quindi ad un loro uso più razionale sia per quanto
riguarda le modalità di assunzione che le precise
quantità da assumere. L’uomo, infatti, si deve
essere accorto in fretta che la stessa pianta assunta
in quantità minore poteva migliorare decisamente
i disturbi, ma se assunta in quantità maggiore
poteva provocare un avvelenamento anche
mortale. È il caso di Digitalis Purpurea, di
Aconitum Napellus o di Atropa Belladonna, per
fare un esempio: il progresso scientifico ha poi
dimostrato anche a livello molecolare il
meccanismo di azione di queste piante e perché
sopra certi dosaggi diventino dannose.
I
l concetto per noi banale che ha sempre ispirato
il medico, sciamano o stregone che fosse, è
stato quello di trattare la malattia con una pianta
“medicinale”, quello che oggi è rappresentato dal
farmaco, in modo da alleviarne i sintomi, così
come quando il nostro stomaco è vuoto, la
sensazione di fame si placa con il cibo che lo
riempie. Anche la nostra medicina, di
conseguenza, agisce in questo modo: il “farmaco”,
una molecola chimica che ha una certa struttura
tridimensionale, si lega ad un “recettore”, un’altra
struttura chimica che accoglie il farmaco. È come
una chiave di una certa dimensione e struttura che
entra in una precisa toppa ed apre la porta. Nello
stesso modo il legame chimico tra farmaco e
recettore determina alcune modificazioni che
cambiano l’ambiente chimico in un determinato
distretto dell’organismo: così può passare il dolore
muscolare con l’uso di un antinfiammatorio,
l’ansia con un ansiolitico o la febbre con un
antipiretico. Esistono poi altri grandi sistemi
medici orientali, come ad esempio la Medicina
Ayurvedica (Indiana) e la Medicina Tradizionale
Cinese, che si comprendono a fondo solo se prima
si riescono a capire due sistemi filosofici
completamente diversi da quello a cui siamo
abituati. Mentre noi e la nostra medicina
consideriamo l’uomo come un insieme di organi
ed apparati separati tra loro che vanno curati
indipendentemente gli uni dagli altri, sia il medico
Indiano Ayurvedico che quello Cinese
Tradizionale prima di trattare un disturbo
inquadrano tutta la persona che hanno di fronte,
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ne studiano le caratteristiche psicologiche e
mentali,
le
caratteristiche
morali
e
comportamentali, le caratteristiche fisiche e le
attitudini personali.
A
l termine di questo processo il bravo medico
può prescrivere un insieme di trattamenti che
non comprende solo farmaci, ma anche una
determinata alimentazione, una certa attività
fisica, agopuntura, meditazione trascendentale,
ecc. Insomma la terapia secondo questi due grandi
sistemi orientali è completamente diversa dalla
nostra: fa pensare il fatto che nell’antica Cina il
medico di famiglia venisse pagato solamente
quando il paziente era in salute, e al momento
della morte un lume rimanesse acceso fuori
dall’abitazione del defunto a segnalare che il
medico non era stato in grado di guarire il suo
paziente. C’è però un altro grande sistema
farmacologico che considera sempre l’unità di
anima e corpo. È la cosiddetta “omeopatia”, che
differisce dalla “allopatia” rappresentata dalla
medicina occidentale, la “nostra” medicina.
assunto in fase di sperimentazione dalla persona
SANA ha provocato in essa il sintomo “Bruciore
di stomaco”. Il rimedio omeopatico non viene poi
somministrato in dose “ponderale”, cioè in
grammi o in milligrammi di principio attivo
(come i farmaci ed i fitoterapici), ma diluito
decine o centinaia di volte e in soluzione
“dinamizzata”, cioè in un recipiente agitato decine
o centinaia di volte, in modo da aumentarne
l’efficacia. La cosa strana, infatti, è questa. È
palese che l’aumento del dosaggio porti ad un
aumento degli effetti, ma secondo S.C.F.
Hanemann, medico e persona di grande cultura
che mise a punto il sistema omeopatico, l’estrema
diluizione
anche
di
sostanze
velenose
accompagnata da una parallela dinamizzazione
porta all’aumento degli effetti positivi, senza
effetti collaterali acuti. Il rimedio omeopatico non
viene somministrato solamente sul sintomo fisico,
ma secondo le caratteristiche mentali e
comportamentali generali della persona in
questione.
S
i può pensare come fa la medicina occidentale
che in un organismo estremamente complesso
com’è l’uomo le cellule dei vari tessuti non siano
in collegamento tra di loro? Si può trattare un
disturbo anche serio senza considerare che
l’organismo è insieme di anima e corpo? Se ho
disturbi digestivi devo trattare solo lo stomaco? O
devo considerare anche il mio stato d’animo? O
forse sono solo depresso ed è meglio assumere
antidepressivi ed ansiolitici a vita? Ma è forse
meglio un trattamento da uno psicologo? Quindi,
secondo il sistema omeopatico, il rimedio per il
mio bruciore di stomaco, che sono una persona
mite ma decisa, infaticabile, testarda, che ama il
caldo ed il sole, sarà diverso da quello di mio
fratello, che ha sempre bruciore di stomaco, ma si
sveglia tardi, odia il sole, beve molto caffé, e ha
paura del buio.
L’
omeopatia nasce per reazione del proprio
scopritore all’inutilità della medicina del
1700 e per definizione è la medicina dei simili.
Significa che invece di somministrare un rimedio
opposto per trattare un certo disturbo (per esempio
un antiacido per tamponare bruciori di stomaco),
si utilizza un rimedio che, sperimentato sulla
persona SANA, provoca gli stessi sintomi che
sono presenti nella persona malata. Ciò vuol dire
che se un paziente malato presenta bruciore di
stomaco, gli verrà somministrato un rimedio che
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L
a conoscenza dell’omeopatia mi ha molto
aiutato quando, uscito dall’università, avevo
delle nozioni dottrinali che rappresentavano delle
certezze. Sapevo ad esempio che, in caso di
temperatura superiore a 38° C, una compressa di
paracetamolo di dosaggio adeguato avrebbe
abbassato la febbre per almeno 6 – 8 ore. Ma la
prima volta che consigliai in farmacia questo
farmaco e la febbre non scese, anzi salì, mi
ricordai di un libretto sull’omeopatia che avevo
letto per caso tempo addietro: lo ripresi e capii che
tutte le persone sono diverse e reagiscono in modo
diverso, anche se anatomicamente siamo tutti
uguali. Cos’è dunque che differenzia due persone
se non l’energia, la forza vitale che scorre
nell’organismo e caratterizza il comportamento di
ognuno? Sapete che la morte ed il rinnovamento
cellulare di tutto il nostro corpo avviene nel giro
di otto mesi?
L
a nostra medicina occidentale, figlia del
positivismo e dell’illuminismo, ha circa
trecento anni di vita. Funziona apparentemente
bene nelle fasi acute delle malattie. Ma nelle
malattie croniche? In tanti casi si può soltanto
limitare i sintomi ed in particolare il dolore, la
vera paura dell’Uomo. Ma ci si accorge che lo
sviluppo di nuovi sintomi nel lungo periodo è
forse dovuto all’assunzione cronica di tali farmaci
ed allora per togliere un sintomo cronico se ne
creano altri, per cui insorge l’effetto “catena”. Per
i medici occidentali questo concetto sistematico di
valutazione unitaria dell’uomo come insieme di
anima e corpo è cosa troppo nuova e lontana dalla
cultura e dalla formazione universitaria.
La complessa situazione burocratica in cui si trova
ad operare, pone il medico di famiglia di fronte ad
un bivio : continuare la propria professione
seguendo magari qualche corso di Ayurveda,
Medicina Cinese e Omeopatia, non potendo
approfondire più di tanto l’argomento né mettere
in pratica le poche cose studiate, oppure dedicarsi
anima e corpo alla nuova disciplina medicofilosofica (si potrebbe definire così).
Dott. Ferruccio Balducci
O
ggi tutte le cellule del mio corpo sono
completamente nuove rispetto a quelle di otto
mesi fa. Già è molto difficile capire come una
cellula nuova prenda la precisa posizione spaziale
di una vecchia, cosicché il mio naso presenta
sempre la stessa gobba. Pensare poi che il mio
bruciore di stomaco, le bronchiti ripetute di mio
figlio o il tumore di mia nonna possano essere
trattati con protocolli terapeutici standard, uguali
per tutti, senza considerare la forza vitale che
avvolge e compenetra tutte le cellule di un
organismo che si rivolge al Mondo con il suo
comportamento e le sue caratteristiche, in modo
diverso da qualsiasi altro individuo, beh…..
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