rubrica NUMERI IN LIBERTÀ a cura di Carlotta Magnanini PATTUMIERE 500 chilogrammi: è la quantità pro capite di rifiuti urbani prodotta ogni anno dai cittadini europei. La media è stata fatta tra i 294 chilogrammi di un cittadino della Repubblica Ceca e gli 801 di uno della Danimarca. Il destino di questi rifiuti è stato: 43% lo smaltimento in discarica , 20% l’incenerimento, 22% il riciclaggio, 17% il compostaggio. Germania, Belgio e Svezia i maggiori “ricicloni”: rispettivamente con il 46, il 39 e il 37%; i peggiori sono Bulgaria (che porta il 100% in discarica), Romania, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia che oscillano tra l’1 e il 2%. L’Italia, dove si ricicla l’11% dei rifiuti urbani, eccelle in compostaggio: il nostro Paese (al 33%) è secondo solo all’Austria che si attesta sul 38%. Fonte Eurostat LA CLASS DI PARIS 34 milioni di dollari: a tanto ammonta il valore della class action intrapresa contro Paris Hilton. A guidare la crociata di massa per ottenere il risarcimento milionario è un gruppo di pr (tedeschi e italiani) cui l’erede della catena alberghiera ha dato buca in occasione di party ed eventi serali. Fonte Indian Times ELEGANTONI? È il modello-musicista-attore Robert Pattinson l’uomo più elegante al mondo secondo l’edizione inglese della rivista GQ,seguito dagli ex bimbi prodigio Take That, dal chitarrista degli Arctic Monkeys Alex Turner al 3° posto, Tom Ford e Daniel Craig (5° e 6° posto). David Cameron (8°) è più “chiccoso” anche di Beckham (9°). Più gustosa la top list dei peggio vestiti: Gordon Brown svetta in cima, seguito da Russell Brand e Nicolas Sarkozy. Pessimo anche il look del sindaco di Londra: Boris Johnson si merita la 5^ posizione in quanto a cadute di stile. Fonte GQ 40 4 30,8 NUOVE MIGRAZIONI Oggi milioni di cittadini stranieri vivono nell’Europa dei 27. Di questi, 11,3 milioni provengono da un altro Paese membro, mentre dei 19,5 milioni rimanenti, 6 milioni posseggono un passaporto europeo (ma fuori dall’Europa dei 27), 4,7 milioni africano, 3,7 asiatico e 3,2 americano. La Germania ha il più alto numero di cittadini stranieri: 7,3 milioni. Seguono Spagna (5,3), Regno Unito (4,0), Francia (3,7) e Italia (3,4) : in questi Paesi vive più del 75% di cittadini stranieri. La percentuale di cittadini stranieri varia dallo 0,1% della Romania (il dato più basso) al 43% del Lussemburgo (quello più alto). Fonte Eurostat, the Statistical Office of the European Communities 80 east . europe and asia strategies SPRECHI Non solo pane: il , % delle 95 milioni di tonnellate di pesce pescato in un anno viene gettato via (pari a38 milioni di tonnellate). Gli sprechi sono particolarmente alti nella pesca degli squali, il cui obiettivo è solo fornire la materia prima per la famosa zuppa di pinne: in questo settore le catture indesiderate e inutili arrivano al 92%. Fonte Wwf AMAZING AMAZON 100 a 48: è il rapporto tra libri cartacei ed e-book venduti sul megasito Amazon. Lo scorso Natale il lettore Kindle ha fatto il botto: secondo le ultime previsioni, nel 2010 i pezzi venduti saranno 1 miliardo. Fonte New York Times EXTRALUSSI Il valore delle griffe è invariato. La recessione infatti non sembra avere particolarmente afflitto i fatturati dei grandi del lusso. La nuova top ten di Forbes piazza ancora una volta la maison del monogramma in cima alla lista 2009: 1 Louis Vuitton $ 19.4 miliardi 2 Hermès $ 7.86 miliardi / 3 Gucci $ 7.47 miliardi / 4 Chanel $ 6.22 miliardi / 5 Rolex $ 5.53 miliardi / 6 Hennessy $ 5.40 miliardi / 7 Cartier $ 4.91 miliardi / 8 Moët & Chandon $ 4.85 miliardi / 9 Fendi $ 3.47 miliardi / 10 Fonte Forbes Prada $ 2.70 miliardi. 9111119 NUMERI : il numero di cellulare più costoso al mondo. Lo vende al prezzo di 19mila dollari Abdullah al-Hammadi, specializzato nella vendita di targhe e licenze telefoniche nel Bahrain. I motivi del prezzo della sequenza? Fonte The Times Puramente estetici. 11 7 ON STAGE , %: crescita mondiale del fatturato della musica dal vivo. 4,4 miliardi di dollari raccolti al botteghino nel 2009, per 73 milioni di spettatori (+ 12,6% sul 2008). Fonte Billboard Boxscore 333 CAMERE CON SUPERVISTA metri. Tanto misura l’albergo più alto del mondo. Ancora una volta si trova a Dubai: si chiama Rose Rayhann Hotel, conta 72 piani e 482 camere con vista sul Burj al Arab. Prezzi low cost: le suite costano da poco più di 75 euro. Per costruirlo ci sono voluti 5 anni e un investimento di 125 milioni di euro. Fonte AgCom UNA PIZZA IN COMPAGNIA 8.300 euro: il prezzo della pizza più costosa al mondo. A base di farina biologica e caviale, gamberoni e cicale di mare, si chiama Luigi XIII e la produce (per pochi) il maestro pizzaiolo Renato Viola. Fonte Renatoviola.it east . europe and asia strategies numero 28 . febbraio 2010 DOSSIER Cina e India sullo scacchiere geopolitico asiatico PAGINA 82 . Pechino si candida come perno del nuovo mondo di Luca Vinciguerra 88 . Perché ritorna il mito del Grande Timoniere di Claudia Astarita 94 . Green economy: conversione ecologica di Giampietro Garioni 102 . Tutto ciò che divide India e Cina di Marco Masciaga 106 . La questione afghana riguarda anche Delhi di Antonio Picasso 112 . I sikh indiani all’ombra del Khalistan testo e foto di Emanuele Confortin Cina e India sullo scacchiere geopolitico asiatico Potendo contare su un debito pubblico e privato assai contenuto rispetto ai Paesi industrializzati, Pechino ha avuto la forza e la lungimiranza di affrontare la grande crisi senza ripie● Dimostrando ancora una volta un elevato prag- matismo, i cinesi hanno sfruttato il vuoto politico lasciato in molte aree del globo dalle potenze tradizionali per inserirsi prepotentemente nel grande gioco del potere mondiale. ● Su questa base, il Dragone ha individuato due precise priorità strategiche: diventare un interlocutore privilegiato dei Paesi del continente ricchi di materie prime e di fonti energetiche, di cui la Cina è un consumatore Pechino si candida come perno del nuovo mondo di Luca Vinciguerra ostruire un G20, un G3, o un G2? Mentre il mondo intero s’interroga incerto su quale sarà il perno del futuro ordine mondiale, un fatto è ormai certo: a Oriente il partner forte del nuovo consesso internazionale sarà la Cina. Lo spostamento del potere economico e politico in Asia dal Giappone, per un secolo la nazione che nel bene e nel male ha esercitato maggiore influenza sui paesi del Far East, verso Pechino era in atto dalla fine degli anni Novanta. In tempi recenti, però, questo processo ha subito un’accelerazione improvvisa. Per diverse ragioni: l’incapacità di Tokyo di uscire dalla crisi economica che tiene sotto scacco il Paese da oltre un decennio; la crescente instabilità della congiuntura politica nipponica; la graduale riduzione delle risorse economiche disponibili per la cooperazione asiatica, di cui i giapponesi sono sempre stati i principali sostenitori. Ma ad accelerare il fenomeno è stata soprattutto la sorprendente reattività della Cina nel comprendere la portata del mutamento epocale innescato dalla crisi finanziaria globale del 2008. È vero, quest’ultima ha investito C 82 east . europe and asia strategies sempre più avido; e ampliare i mercati di sbocco delle proprie esportazioni. Fissati questi obiettivi, Pechino li ha perseguiti tenacemente, impiegando tutti gli strumenti di soft power disponibili nel suo arsenale politico-diplomatico. a caccia all’approvvigionamento di risorse naturali si è svolta in due fasi. Dalla fine degli anni Novanta, la Cina ha indirizzato la sua azione economica, politica e diplomatica verso i Paesi del Sudest asiatico. È così che, nel giro di pochi anni, le Tre Sorelle dell’energia (Petrochina, Sinopec e Cnooc) sono riuscite ad aggiudicarsi i diritti di sfruttamento su un gran nume- L in pieno anche il Dragone, ferendolo proprio nel suo punto più debole: le esportazioni, che restano il motore principale dell’economia cinese. Ciononostante, potendo contare su un debito pubblico e privato assai contenuto rispetto ai Paesi industrializzati, Pechino ha avuto la forza e la lungimiranza di non ripiegarsi solo sui propri problemi domestici. Al contrario, mostrando ancora una volta un elevato pragmatismo, il governo cinese ha sfruttato il vuoto politico lasciato in molte aree del globo dalle potenze tradizionali per inserirsi prepotentemente nel grande gioco per il controllo delle risorse naturali planetarie. La politica estera cinese ha concentrato ancor di più tutti i suoi sforzi verso i Paesi in via di sviluppo. Asia, ma anche Africa, Medio Oriente e Sud America, tutte regioni, cioè, già raggiunte negli anni scorsi dalla massiccia offensiva diplomatica con la quale Pechino era riuscita a ritagliarsi un ruolo da primo attore nel mondo emergente. Così, grazie a questa rinnovata determinazione in tempi di profonda crisi e instabilità, la Cina ha definitivamente consolidato la sua posizione di superpotenza regionale in Asia. Le armi classiche della geopolitica sono l’esercizio del Afp / Getty Images / J. Kimura gare sui propri problemi interni. potere economico e di quello militare. Per penetrare in Asia, ai cinesi è bastato usare la prima. Pechino è stata spinta ad aumentare la sua influenza sul Far East da due esigenze vitali strettamente interconnesse tra loro. Per far funzionare l’industria manifatturiera servono approvvigionamenti sicuri di combustibili naturali e di commodity. Per farla sopravvivere serve la domanda dei mercati esteri. DOSSIER Il vice presidente cinese Xi Jinping alla sua prima visita in Giappone ospite, lo scorso dicembre, del primo ministro Yukio Hatoyama nella sua residenza ufficiale a Tokyo. Xi è considerato il più probabile successore di Hu Jintao nel 2012. numero 28 . febbraio 2010 83 Cina e India sullo scacchiere geopolitico asiatico ro di giacimenti di gas e petrolio in ogni angolo dell’Oceano Indiano. Dopo di che, Pechino ha puntato la propria attenzione verso il cuore del continente. Non c’è nazione del Centro Asia nata dopo l’implosione dell’Unione Sovietica che in questi ultimi anni non sia stata corteggiata dal potente vicino d’Oriente. Anche su questo fronte, l’operazione ha avuto successo. L’ultimo colpo andato a segno, giusto un paio di mesi fa, è stato l’apertura del primo troncone del gasdotto che porterà il combustibile naturale dai pozzi del Turkmenistan ai terminali dello Xinjiang, la turbolenta provincia dell’estremo Ovest cinese. L’accordo con Ashgabat è rilevante sotto il profilo econoLa raffineria in costruzione della Petro China Company, nella regione autonoma desti. Bensì quelli messi sul tavolo con uno scopo preciso: incrementare gli scambi commerciali tra i Paesi in via di sviluppo e la Cina, secondo la sperimentata equazione “risorse naturali contro manufatti”. Gli accordi di scambio valutario per un controvalore di 100 miliardi di dollari siglati la scorsa primavera con Indonesia, Malaysia, Corea del Sud, Hong Kong, Bielorussia e Argentina sono forse la più originale ed efficace arma di soft power escogitata recentemente dalla Cina per rafforzare la propria posizione nel mondo emergente e, soprattutto, nel cuore dell’Asia Orientale. Per due ragioni. La prima è che questi swap valutari, benché siano a ricerca di nuovi mercati di sbocco per l’industria manifatturiera cinese è appena iniziata. Per offrirsi come sponda privilegiata ai Paesi asiatici Pechino ha usato un mezzo molto semplice ed efficace: i quattrini. Non i quattrini erogati a pioggia qua e là, secondo il vecchio modello assistenzialistico utilizzato per decenni in Asia dal Giappone con risultati molto mo- L Un venditore indonesiano nel suo negozio a Jakarta. La recente partenza dell’Asean-China Free Trade Agreement, dà vita a un mercato che, per dimensioni e popolazione, gareggerà e supererà quelli europei e nordamericani. inefficaci sotto il profilo tecnico (lo yuan è una moneta inconvertibile, e quindi inutilizzabile negli scambi commerciali su scala globale), rappresentano un’importante apertura di credito verso le nazioni beneficiarie. a seconda è che l’idea dello swap è il prodromo di un progetto ben più ambizioso: trasformare lo yuan nella moneta di scambio asiatica. Ancora una volta, dove ha fallito il Giappone (Tokyo ha sempre sognato di trasformare il Far East in una gigantesca area commerciale basata sullo yen), la Cina ha ottime probabilità di avere successo. Il recente decollo dell’AseanChina Free Trade Agreement, l’area di libero scambio tra i 10 Paesi del Sudest asiatico e Pechino, è lì a dimostrarlo: dal primo gennaio 2010, la Cina è parte integrante di un unico grande mercato composto da 1,9 miliardi di persone sul quale saranno scambiati già da quest’anno L 84 east . europe and asia strategies Afp / Getty Images / A. Berry XinHua / Xinhua Press / Corbis / Z. Hua del Guangxi Zhuang, nel Sudovest della Cina. mico, perché consente alla Cina di acquisire una fornitura trentennale di gas e di incrementare così la diversificazione dei propri approvvigionamenti di combustibili fossili. Ma, forse, è ancora più rilevante sotto l’aspetto geopolitico, giacché la realizzazione della nuova pipeline consente a Pechino di estendere ulteriormente il proprio potere in Asia Centrale, e di penetrare in profondità (il Turkmenistan è un Paese lontano che non confina con la Cina) nella storica sfera d’influenza russa. DOSSIER numero 28 . febbraio 2010 85 Afp / Getty Images / T. Yamanaka Getty Images / J. Angelillo-Pool circa 200 miliardi di beni e servizi. E lo yuan è già candidato a diventare la moneta di scambio della nuova zona franca. Il risultato della politica estera di Pechino negli ultimi anni è stato la nascita di un neoespansionismo cinese in Asia. Quali saranno le ripercussioni di questo nuovo fenomeno? Bisognerebbe chiederlo alle altre superpotenze regionali e globali che, dopo aver assistito passivamente, con un misto di incredulità e di scetticismo, all’avvento del Dragone sulla scena mondiale, ora cercano affannosamente di correre ai ripari. Ma riconquistare gli spazi perduti nell’ultimo lustro non sarà un’operazione facile né indolore. Indebolito da una crisi economica cronica, il Giappone sembra ormai completamente fuori dal gioco. A contrastare la Cina sul campo restano dunque Russia e Stati Uniti. I due Paesi guardano all’espansionismo cinese da prospettive molto diverse. A preoccupare Mosca, ovviamente, è la pacifica aggressione a suon di dollari sferrata negli ultimi tempi da Pechino nelle repubbliche centroasiatiche. Gli accordi energetici siglati negli ultimi anni con i Paesi dell’area rischiano di avere una doppia ricaduta negativa per i russi. Da un lato, benché avesse messo in preventivo l’allargamento verso Ovest degli interessi strategici cinesi, Mosca è sempre più insofferente alla crescente presenza ci- 86 east . europe and asia strategies Il presidente americano Barack Obama con quello cinese, Il primo ministro cinese Wen Jibao tra i suoi omologhi thailandese, Hu Jintao, a New York nel corso di un incontro bilaterale Abhisit Vejjajiva, e di Singapore, Lee Hsien Loong, nel settembre dello scorso anno. nel corso di un incontro dell’Asean lo scorso ottobre. nese nella sua storica “zona cuscinetto” con il Celeste Impero. Dall’altro teme che il frenetico attivismo cinese in Asia Centrale finisca per diminuire il controllo de facto che i russi continuano a esercitare sulle fonti di energia della regione. Sotto questo aspetto, la costruzione della pipeline turkmena che trasporterà il gas direttamente in Cina passando dal Kazakistan, e quindi bypassando la Siberia, è suonato come un campanello d’allarme alle orecchie del Cremlino. lutarie si consumerebbero rapidamente, l’inflazione schizzerebbe alle stelle. L’economia nazionale crollerebbe e il Paese sprofonderebbe nel caos. A ben guardare, insomma, la stabilità politica del Paese è subordinata a due fattori esogeni totalmente incontrollabili dal governo cinese: la volontà di qualche miliardo di consumatori di acquistare prodotti made in China, e la capacità dei cinesi di consegnare queste merci alla loro destinazione finale. preoccupare Washington, invece, è l’espansionismo economico-commerciale cinese. La Cina moderna incorpora nel suo Dna un problema geopolitico cruciale per la definizione dei futuri equilibri planetari: la sua totale dipendenza dalle esportazioni. In assenza di un mercato interno degno di questo nome (per costituirlo servirà almeno lo spazio di un’altra generazione), se per ipotesi un domani la Cina dovesse smettere all’improvviso di vendere merci sui mercati esteri, le sue fabbriche chiuderebbero, le sue riserve va- l primo fattore è di natura squisitamente economica: il fatto che i consumatori globali continuino a comprare manufatti cinesi dipende esclusivamente dal loro rapporto qualità-prezzo. Il secondo è di natura strategico-militare. Può sembrare paradossale, ma oggi gli Stati Uniti sono i principali, se non addirittura gli unici, angeli custodi dell’interscambio cinese con il resto del mondo. Le navi della Marina americana, infatti, garantiscono quotidianamente la sicurezza delle rotte su cui viaggiano sia i mercantili che trasportano i pro- A DOSSIER Studio GhirottiGobesso / P. Ghirotti Cina e India sullo scacchiere geopolitico asiatico I dotti cinesi sui mercati internazionali, sia le petroliere che convogliano l’oro nero in Cina. In questa situazione, se un giorno la Casa Bianca decidesse di varare un blocco navale nei porti e nei mari del Lontano Oriente, la Cina si ritroverebbe in ginocchio nel giro di qualche settimana. Allo stato attuale delle relazioni sino-americane il rischio sembra molto remoto. Tuttavia, per la nuova superpotenza asiatica la sola esistenza di una simile opzione rappresenta un inquietante elemento di debolezza e di vulnerabilità. Resta da vedere fino a quando Pechino sarà disposta a tollerarlo. Per concludere: oggi il centro del continente e i suoi mari sud-orientali rappresentano i due punti critici delle strategie geopolitiche cinesi in Asia. L’attuale equilibrio, che al momento appare stabile e consolidato, in linea teorica potrebbe essere minacciato o rotto da due scenari. Un confronto militare sino-russo nel cuore dell’Asia: in questo caso, il teatro più probabile di un eventuale conflitto potrebbe essere il Kazakistan. Oppure, una forte accelerazione dei programmi di potenziamento della Marina cinese, che porterebbe inevitabilmente a un’escalation delle tensioni militari tra Pechino e Washington: in questo caso, i mari intorno a Taiwan tornerebbero a essere burrascosi come ai tempi della Guerra fredda. . numero 28 . febbraio 2010 87 Cina e India sullo scacchiere geopolitico asiatico Perché ritorna il mito del Grande Timoniere di Claudia Astarita Dietro alla marcia trionfale cinese ci sono anche problemi seri. Frastornata da una crescita economica galoppante, rallentata solo negli ultimi mesi da una crisi finanziaria particolarmente pericolosa, disorientata da cambiamenti sociali che hanno creato una profonda scollatura tra i valori tradizionali cui i cinesi hanno n economia, in politica, nella vita quotidiana: sono tanti gli indizi che dimostrano come e quanto Mao Zedong, il Grande Timoniere, abbia ricominciato a essere il protagonista della vita della Cina e dei cinesi, il punto di riferimento politico e morale per una generazione troppo disorientata. Tradizionalmente la Repubblica popolare ha sempre puntato su modelli piuttosto che su regole predefinite per educare la popolazione. Già Confucio aveva posto il concetto di “emulazione del comportamento di uomini superiori” al centro del suo pensiero, proponendo modelli come il Duca di Zhou, personaggio vissuto più di tremila anni fa cui la leggenda imputa virtù straordinarie e ascrive la prima redazione del celebre Libro dei Mutamenti, e Su Wu, diplomatico che per rimanere fedele agli Han resistette persino alla tortura quando i nomadi Xiongnu, con cui avrebbe dovuto negoziare, lo lasciarono in una cella all’aperto per settimane durante le quali poté nutrirsi solo di fiocchi di neve e del cuoio della sua giacca. Seguendo l’esempio di Confucio, nei primi anni Sessanta venne mitizzata da Mao in persona la figura di Lei Feng, soldato dell’esercito popolare che, dopo aver donato alle vittime di una catastrofe naturale una somma piccola, ma significativa per la povera Cina del tempo, venne trasformato nel “soldato modello dell’apparato di propaganda del Partito”, nell’altruista “semplice, modesto, e soprattutto vicino al governo”. Furono le difficoltà della Cina degli anni Sessanta a convincere il Grande Timoniere della necessità di sfruttare l’immagine di Lei Feng per dare alla popolazione un modello da imitare. E fu sempre Mao a coniare lo slogan “imparate dal compagno Lei Feng”, da colui che, nel suo diario, annotava quotidianamente dichiarazioni d’amore per il sistema comunista, per il Partito e, soprattutto, per Mao Zedong. Alla fine degli anni Settanta, quando Deng Xiaoping aveva lanciato l’imperativo “arricchitevi innanzitutto!”, lasciando la società cinese nel disorientamento generale, senza una guida in grado di spiegare come reagire ai cambiamenti, il Partito ripropose il volto familiare di Lei I DOSSIER Feng come modello di riferimento. E il soldato ormai defunto ricominciò a essere il protagonista di cerimonie, rappresentazioni, e persino di un videogioco in cui l’obiettivo era compiere più buone azioni possibili, aiutando le vecchiette ad attraversare la strada e facendo rispettare le regole ai passanti, con lo scopo di ottenere i punti, simboleggiati da stelle rosse, necessari per incontrare Mao! ggi la Repubblica popolare è di nuovo in difficoltà, frastornata da una crescita economica galoppante, rallentata solo negli ultimi mesi da una crisi finanziaria particolarmente pericolosa, disorientata da cambiamenti sociali che hanno creato una profonda scollatura tra i valori tradizionali cui i cinesi hanno sempre fatto riferimento e le conseguenze di un’apertura (economica e politica) più o meno palese al resto del mondo. La Cina ha bisogno oggi di essere guidata da un modello forte, incontestabile e riconoscibile come tale da tutta la O sempre fatto riferimento e le conseguenze di un’apertura (economica e politica) più o meno palese al resto del mondo, la Cina ha bisogno di un modello di riferimento forte, incontestabile e riconoscibile come tale da tutta la popolazione. Ecco perché la classe dirigente…. Il filosofo Confucio (551-479 a.C.) in un’illustrazione cinese. Mao Zedong e la Repubblica popolare cinese Studio GhirottiGobesso / P. Ghirotti negli anni Sessanta del secolo scorso sostennero fortemente il confucianesimo, durante la Rivoluzione culturale. Con l’avvento della Repubblica popolare cinese è stato abolito l’insegnamento dei Quattro Libri e dei Cinque classici confuciani. 88 east . europe and asia strategies Bettmann / Corbis ma lo avversarono altrettanto fortemente nei Settanta, numero 28 . febbraio 2010 89 Cina e India sullo scacchiere geopolitico asiatico lo di riferimento per la “nuova Cina”. D’altronde chi meglio di lui, il fondatore della Repubblica popolare, può restituire al popolo l’orgoglio di essere cinesi e renderli consapevoli del nuovo ruolo della Cina nel mondo? Non solo: sfruttando il pensiero di Mao come riferimento inconfutabile per tutta la società, diventa possibile giustificare scelte e iniziative che altrimenti apparirebbero equivoche, se non sospette. Ad esempio, è possibile identificare una giustificazione maoista per le politiche approvate per far fronte alla crisi finanziaria. Come ai tempi del Grande Timoniere era lo Stato a guidare l’economia, oggi viene detto ai cinesi che per mantenerla stabile e prospera è necessario puntare sulle aziende statali più che su quelle private. E se “così deve essere perché questo è ciò che avrebbe consigliato di fare lui”, è difficile, se non impossibile, che ci si lamenti se prestiti e incentivi governativi vengono distribuiti prevalentemente alle aziende pubbliche. Il quartier generale dei comunisti cinesi negli anni Trenta nello Yenan. Del Libretto Rosso di Mao furono stampate in Cina 300 milioni di copie Da sinistra, Mao, il corrispondente Up Earl Leaf, e fu tradotto in tutte le lingue. Solo nei regimi comunisti il generale cinese Chu The – che con Mao e Chou En-lai dell’Est europeo ne fu impedita la circolazione. partecipò all’insurrezione di Nanchang e nel 1930 Dal 1966, durante la Rivoluzione culturale, fu comandante supremo dell’Armata Rossa – e la signora Zedong. in Cina divenne obbligatorio portarlo sempre con sé. nche nei discorsi dei quadri di partito il vocabolario maoista è tornato di moda. Se Mao ha inaugurato la nuova Cina “demolendo le tre montagne del feudalesimo, del capitalismo burocratico e dell’imperialismo”, i leader contemporanei affermano con- Bettmann / Corbis E nitori erano guardie rosse e d’altronde, chi poteva permettersi di non esserlo ai loro tempi?», commenta sarcastica Jean. «Alla fine dell’era maoista mio padre ebbe la fortuna di trovare un lavoro a Hong Kong e solo dopo aver trascorso qualche anno nell’ex colonia britannica riuscì a rendersi conto delle menzogne propagandate dal Partito e degli errori commessi da Mao. Quando io e mia madre lo raggiungemmo a Hong Kong raccontò anche a noi le verità di quegli anni, ma quando siamo in Cina è sempre meglio non parlarne.» Jean ha frequentato la facoltà di giornalismo della famosissima Beida, l’università di Pechino, quella da cui sono partiti tutti i movimenti studenteschi di protesta cinesi. Ebbene, persino a Beida, in cinque anni di studi, Jean ha incontrato un solo collega che, come lei, «conosceva la verità degli anni di Mao.» Decenni di propaganda, di menzogne, di censura e omissione di informazioni hanno permesso ai leader contemporanei di riproporre il Grande Timoniere come model- 90 east . europe and asia strategies A Corbis / L.L. Grandadam anche in megalopoli come Chongqing, che conta circa 32 milioni di abitanti, nelle università, nelle fabbriche e negli uffici governativi tornano numerosissimi i dipinti e le statue del Grande Timoniere, identiche a quelle che fece abbattere Deng Xiaoping alla fine degli anni Settanta. Se il semidio immortale d’Oriente moltiplica le sue presenze in ogni angolo del Paese, non sorprende sapere che nel suo villaggio natale, Juzhizhou, nella provincia dell’Hunan, l’attrazione turistica più visitata è un grattacielo alto trentadue metri… a forma di Mao! Persino lo slogan “lunga vita a Mao Zedong” è tornato di moda, da quando gli studenti cinesi lo hanno riproposto in piazza Tiananmen in occasione dei festeggiamenti per il sessantesimo anniversario della Repubblica popolare. Il responsabile delle carestie degli anni Sessanta e delle atrocità della Rivoluzione culturale degli anni Settanta può permettersi di ricominciare a essere un modello per il suo popolo solo grazie alla censura sui lati oscuri del regime che i suoi successori, da Deng Xiaoping a Hu Jintao, non hanno mai messo in discussione. «I giovani cinesi di oggi non possono ricordare fatti ed episodi che non hanno mai letto o studiato», racconta Jean Lam, giovane cinese del Fujian, figlia di guardie rosse. «La nostra non è una famiglia comune: i miei ge- Studio GhirottiGobesso / P. Ghirotti popolazione. Ecco perché la classe dirigente di quinta generazione, quella che punta a sostituire in tempi relativamente brevi la leadership attuale di Hu Jintao e Wen Jiabao, ripropone oggi il pensiero del Grande Timoniere. In politica, in economia e nella vita quotidiana. Nelle città e nei villaggi che difficilmente vengono inseriti negli itinerari di turisti, politici e imprenditori di passaggio, hanno (ri)cominciato a moltiplicarsi le reliquie della Rivoluzione culturale. Passeggiando in queste cittadine, dove i cinesi non hanno ancora perso l’abitudine di tenere la porta d’ingresso aperta come segno di ospitalità, è impossibile non trovare nei pressi di un altare, sopra la televisione, o in prossimità del tavolo da pranzo, un ritratto gigantesco di Mao Zedong, spesso affiancato anche da altri padri della Cina o del comunismo, e più raramente anche da una fotografia, questa volta in formato ridotto, del padrone di casa. DOSSIER numero 28 . febbraio 2010 91 Cina e India sullo scacchiere geopolitico asiatico tinuamente di aver iniziato la loro battaglia contro le “tre nuove montagne: sanità, istruzione e edilizia pubblica”. Non è raro leggere sulla stampa locale riferimenti al “più puro prodotto interno lordo rosso”, quello che “cresce per soddisfare le esigenze delle masse, non quelle dei milionari già fin troppo privilegiati”. Sempre a Chongqing, il segretario del Partito Bo Xilai ripete spesso che i comunisti resteranno al potere in Cina finché “manterranno saldo il loro legame con il popolo e le masse”. Mao, molto prima di lui, aveva affermato che il compito del bravo dirigente era quello di “servire il popolo con il cuore e con la mente”. Bo Xilai, come l’attuale vice presidente Xi Jinping, appartiene alla quinta generazione dei burocrati cinesi. Quella che accusa – solo implicitamente, è ovvio – Hu Jintao e Wen Jiabao, leader di quarta generazione, di aver tradito lo spirito socialista cinese esacerbando il divario tra ricchi e poveri. Bo Xilai, oggi capo del Comitato di partito di Chongqing, chiede spesso ai suoi assistenti di inviare agli internauti della metropoli messaggi contenenti le citazioni più famose del Grande Timoniere. Le sue preferite sono: “Il mondo è nostro; ognuno di noi deve partecipare alla gestione della cosa pubblica”; “Gli esseri umani hanno bisogno di avere uno spirito rivoluzionario”; “Il mondo appartiene ai giovani: sono (forti) come il sole del mattino”; e “Una volta decisa la linea politica, è la qualità della dirigenza a fare la differenza”. Anche a Xi Jinping piace utilizzare il vocabolario del Grande Timoniere. Se il secondo sosteneva la necessità di selezionare leader “rossi ed esperti”, il primo afferma di scegliere quelli “politicamente onesti e professionalmente competenti”. E fino ad oggi Xi Jinping è stato l’unico ad avere avuto il coraggio di recuperare il modello maoista per antonomasia: il soldato Lei Feng. differenza di Hu Jintao e Wen Jiabao, Bo Xilai e Xi Jinping non perdono occasione per ricordare “i martiri della rivoluzione che hanno pagato con il sangue la liberazione del Paese” e per onorare gli ideali dei padri fondatori della Repubblica popolare, anche se il vero punto di riferimento è sempre uno solo. I leader di quinta generazione si presentano al popolo come i diretti discendenti di chi ha guidato la Lunga marcia. Pronti, oggi, a scortare il Partito e il Paese lungo la strada del “socialismo cinese in nuove circostanze storiche”, per risolvere i problemi di ingiustizia sociale e di disuguaglianza creati da anni di forte crescita incontrollata e disomogenea perché non guidata dal pensiero e dagli ideali del Grande Timoniere. Il recente risveglio del maoismo nell’intera Cina porta a due considerazioni importanti. Da un lato bisogna capire perché, nonostante tutti gli errori commessi da Mao, le autorità abbiano deciso di recuperarne il mito e le ragioni per cui la popolazione, contemporaneamente, dia loro ascolto. Dall’altro è interessante cercare di ipotizzare gli esiti a cui potrebbe portare la strategia dei burocrati di quinta generazione. Alla prima domanda rispondono le valutazioni di chi, come Jean Lam, ha avuto l’op- DOSSIER portunità di conoscere i dettagli degli anni bui del maoismo. Le nuove generazioni non hanno avuto nessun contatto diretto con Mao, e nella maggior parte dei casi nonni e genitori hanno preferito non parlare male del padre fondatore. Per giovani e giovanissimi, quindi, l’immagine del Grande Timoniere non è offuscata da nessuna ombra, e proprio per questo può essere accolto come modello immortale da un Paese, oggi, disorientato. Immaginare le conseguenze della rinascita del maoismo è più difficile. Va segnalato che negli ultimi mesi anche i leader di quarta generazione sembrano essersi convinti che l’emulazione del Grande Timoniere, in termini di consensi, paghi, visto che lo stesso Hu Jintao si è travestito da Mao in occasione delle celebrazioni per il sessantesimo anniversario della Repubblica popolare. Ma analisti del calibro di Willy Lam temono che l’improvviso ritorno al maoismo, se continuerà a diffondersi con questi ritmi, potrebbe penalizzare la Cina, rendendola “meno qualificata per partecipare ai tavoli internazionali”. Attenzione però: il Grande Timoniere viene oggi ripreso come modello di riferimento per una popolazione disorientata e frastornata, non per la sua classe dirigente, che invece non ha dubbi sul destino da grande potenza della Repubblica popolare. Pechino, la Citta proibita. Sotto, un tifoso della squadra nazionale di calcio esulta I leader cinesi contemporanei hanno riproposto il Grande Timoniere mostrando una foto di Mao durante il recente incontro, terminato come modello di riferimento per la “nuova Cina”. in parità, con la nazionale tedesca nel maggio del 2009 a Pechino. . 92 east . europe and asia strategies Epa / Corbis / O. Weiken Mao Zedong e il generale Chu The nel 1938. Studio GhirottiGobesso / P. Ghirotti M. Ochs Archives / Corbis A numero 28 . febbraio 2010 93