www.ildirittoamministrativo.it OSSERVATORIO SULLA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI DIRITTO DELLA NAVIGAZIONE AGGIORNATO AL II SEMESTRE 2010 A cura di Luca SALAMONE Cons. Stato, Sez. VI, 29 dicembre 2010, n. 9574 (In materia di assegnazione temporanee di beni demaniali e tutela dell’affidamento). Ai sensi dell’art. 38 c.n. (“Anticipata occupazione di zone demaniali”), “Qualora ne riconosca l'urgenza, l'autorità marittima può, su richiesta dell'interessato, consentire, previa cauzione, l' immediata occupazione e l'uso di beni del demanio marittimo, nonché l'esecuzione dei lavori all'uopo necessari, a rischio del richiedente, purché questo si obblighi ad osservare le condizioni che saranno stabilite nell' atto di concessione. Se la concessione è negata, il richiedente deve demolire le opere eseguite e rimettere i beni nel pristino stato”. Ad avviso del supremo consesso amministrativo da ciò consegue che l'art. 38 c.n. ammette che possa farsi luogo ad assegnazioni temporanee di beni demaniali, le quali, proprio perché intrinsecamente transitorie, non solo non sono capaci di radicare affidamenti meritevoli di protezione in capo ai titolari, ma, in occasione dell’eventuale rilascio di concessione sull’area demaniale preludono necessariamente all'avvio di procedure comparative in vista dell'assegnazione definitiva. Corte giustizia Unione Europea, Sez. III, 22 dicembre 2010, n. 116 (In tema di imposta sul valore aggiunto e attività commerciali da diporto). Con la sentenza in rassegna la Corte giustizia Unione Europea ha rilevato che l'articolo 15, punto 5, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, Direttiva n. 77/388/CEE, come modificata dalla direttiva del Consiglio 16 dicembre 1991, Direttiva n. 91/680/CEE, deve essere interpretato nel senso che l'esenzione dall'imposta sul valore aggiunto (IVA) prevista da tale disposizione suddetta non si applica alle prestazioni di servizi consistenti nel mettere a disposizione di persone fisiche a fini di diporto in alto mare, dietro pagamento, una nave con equipaggio. Cons. Stato, Sez. VI, 15 dicembre 2010, n. 8934 (In materia di aree sottoposte a tutela paesaggistica e realizzazione di stabilimenti per finalità turisticoricreative su aree demaniali marittime del territorio comunale). Con la sentenza in rassegna il supremo consesso amministrativo ha rilevato che, in tema di tutela paesaggistica, le autorizzazioni comunali che si limitano a rilevare una generica e apodittica integrazione dell’intervento nel contesto paesistico ambientale, non sono idonea ad assolvere neppure in minima parte l’obbligo motivazionale necessario alla legittimità dell’assenso. Nella fattispecie il giudice amministrativo ha rilevato che l’obbligo era particolarmente incombente, in specie, dato che: il progetto riguarda strutture commerciali permanenti ubicate su area demaniale utilizzata per l’uso comune di balneazione; tutto il territorio comunale è vincolato ai fini paesaggistici; tutta la costiera ricadente nel territorio del Comune è patrimonio dell’umanità. Infine, evidenzia il Consiglio di Stato nel rilevare la carenza di istruttoria e di motivazione dei provvedimenti esaminati, la sovrintendenza non ha sostituito un suo apprezzamento di merito alle determinazioni comunali, ma ha evidenziato le carenze estrinseche delle autorizzazioni, carenze che, per essere apprezzate, non possono non procedere dall’effettiva considerazione delle caratteristiche delle opere e del progetto complessivo in relazione al concreto contesto ambientale, in tutti gli aspetti di fatto e di diritto suoi propri. Corte Cost. 26 novembre 2010, n. 340 (In tema di concessioni demaniali marittime, diritto di preferenza in capo al precedente concessionario e contrasto con i principi di libera concorrenza). La sentenza in rassegna, che si colloca nel filone giurisprudenziale consolidatosi nel 2010 (v. infra Corte Cost. n. 233/2010 e 180/2010), il giudice delle leggi riafferma il principio in base al quale, in tema di concessioni demaniali marittime per attività turistico-ricreative va osservato che l’art. 37 codice della navigazione, come modificato dall’art. 1, comma 18, del d.l. 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 25/2010, non prevede più, in sede di rilascio di nuove concessioni, il diritto di preferenza in capo al precedente concessionario. A fronte di tale disciplina, l’art. 16, comma 2, della legge della Regione Toscana 23 dicembre 2009, n. 77 (Legge finanziaria per l’anno 2010), ha esteso, ai soggetti già concessionari, la possibilità di usufruire della proroga delle concessioni demaniali marittime in atto «fino ad un massimo di venti anni, sia pure in ragione dell’entità degli investimenti realizzati e dei relativi ammortamenti, sulla base di criteri e modalità stabiliti dalla Giunta regionale con regolamento». Ad avviso della Corte Costituzionale, con la suddetta norma si è quindi introdotta una disciplina che risulta in contrasto con i principi comunitari in materia di libera concorrenza e con l’art. 117, primo comma, della Costituzione. In particolare, la norma regionale, nel consentire la proroga della concessione, determina una violazione del principio di concorrenza, in quanto a coloro che in precedenza non gestivano il demanio marittimo è preclusa la possibilità, alla scadenza della suddetta concessione, di prendere il posto del precedente gestore (Sentenza analoga alle precedenti sentenze della Corte Costituzionale n.ri n. 180 e 233 del 2010, v. infra). Cass. Civ., Sez. III, 10 novembre 2010, n. 22822 (In tema di navigazione aerea e responsabilità civile). Con la sentenza in rassegna il giudice di legittimità ha rilevato che la navigazione aerea non è considerata dal legislatore come un'attività pericolosa, né può ritenersi che essa possa oggettivamente definirsi tale per la sua natura, per le caratteristiche dei mezzi adoperati o per la sua potenzialità offensiva, tenuto conto che con essa si esercita un trasporto ampiamente diffuso, considerato, rispetto agli altri, a basso indice di rischio, in astratto e in generale. Tuttavia la pericolosità dell'attività in esame può sussistere in concreto tutte le volte in cui essa non rientri nella normalità delle condizioni previste, in osservanza dei piani di volo, di condizioni di sicurezza, di ordinarie condizioni atmosferiche, con conseguente applicabilità in tal caso della disposizione di cui all'art. 2050 cod. civ. In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza di merito con cui, senza accertare se il trasporto aereo in questione fosse stato svolto in condizioni ordinarie o anomale era stata esclusa l'applicabilità dell'art. 2050 cod. civ. al vettore in un caso in cui un elicottero, cui era sospesa una rete contenente merci, nel decollare aveva agganciato e sollevato in aria una persona intervenuta ad aiutare il personale di bordo nell'operazione di carico. Cass. civ., Sez. III, 2 novembre 2010, n. 22264 (In tema di Raccomandatario e rappresentanza, sostanziale e processuale, dell'armatore per le sole obbligazioni contrattuali). Con la sentenza in rassegna il giudice di legittimità ha rilevato che l'agente raccomandatario è, ai sensi degli artt. 287 e ss. c.n., rappresentante dell'armatore, sia dal punto di vista sostanziale, che da quello processuale, per tutte le obbligazioni contrattuali inerenti la gestione della nave e del trasporto, ma non per le obbligazioni extracontrattuali derivanti da atti illeciti compiuti dagli ausiliari dell'armatore stesso. Ne consegue che detto agente è processualmente legittimato nell'azione contro di lui promossa dal proprietario delle merce trasportata e dalla sua compagnia di assicurazione con riferimento all'inadempimento dell'armatore e, segnatamente, per il rimborso di somme di denaro dagli attori corrisposte a chi ha prestato salvataggio alla nave in occasione di un sinistro, restando irrilevante la circostanza che il soccorso sia stato richiesto dal comandante della nave e non già dallo stesso raccomandatario. Corte Cost. 22 ottobre 2010, n. 302 (In materia di variazione dei criteri di calcolo dei canoni demaniali). Con la sentenza in rassegna il giudice delle leggi ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale – sollevata in riferimento agli artt. 3, 53 e 97 Cost. – dell'art. 1, comma 251, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (“Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2007”), il quale ha previsto che alle concessioni comprensive di pertinenze demaniali marittime si applicano, a decorrere dal 18 gennaio 2007, nuovi criteri per la determinazione dei canoni. Cons. Stato, Sez. VI, 14 ottobre 2010, n. 7505 (In tema di scadenza della concessioni demaniali e acquisizione delle opera da parte dello Stato). A norma dell'art. 49 c.n. “...quando venga a cessare la concessione, le opere non amovibili, costruite sulla zona demaniale, restano acquisite allo Stato, senza alcun compenso o rimborso, salva la facoltà dell'autorità concedente di ordinarne la demolizione, con restituzione del bene demaniale al pristino stato”. Ad avviso del Supremo consesso amministrativo, la disposizione in esame – che richiama in pratica l'istituto dell'accessione, di cui all'art. 934 cod. civ (con deroga al principio dell'indennizzo, di cui al successivo art. 936) – deve essere interpretata nel senso che l'accessione si verifica “ipso iure”, al termine del periodo di concessione e va applicata anche in caso di rinnovo della concessione stessa, implicando il rinnovo – a differenza della proroga – una nuova concessione in senso proprio, dopo l'estinzione della concessione precedente alla relativa scadenza, con automatica produzione degli effetti acquisitivi in questione Tuttavia, a norma dell'art. 49 c.n. sono soggette ad accessione, al termine del rapporto concessorio demaniale, solo le opere “non amovibili”, nel presupposto che per tali opere, destinate a restare sul territorio o ad essere distrutte, debba assicurarsi la piena disponibilità per l'ente proprietario del suolo, a fini di corretta gestione delle medesime nell'interesse pubblico. T.A.R. Marche, Sez. I - 4 ottobre 2010, n. 3323 (In tema di strade comunali e di riparto della giurisdizione a seguito dell’illegittimo esercizio della potestà di autotutela). Ad avviso della pronuncia in rassegna, appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo la controversia relativa a un bene demaniale, nella quale non sia contestata la demanialità del bene o la sua estensione, bensì l’illegittimo esercizio della potestà di autotutela demaniale dell’Amministrazione. Inoltre, atteso il parallelismo con la tutela possessoria di competenza del giudice ordinario in ordine allo spoglio subito da privati (art. 1168 c.c.; art. 703 c.p.c.), il potere di autotutela relativa ai beni demaniali non può considerarsi legittimamente esercitato quando sia trascorso oltre un anno dal sofferto spoglio, o dalla scoperta di esso (se clandestino) o, comunque, quando sia trascorso un notevole lasso di tempo, che abbia comportato il consolidamento dello stato di fatto, per rimuovere il quale diviene necessaria l’instaurazione di un giudizio petitorio. Dunque, la tutela di cui all’art. 378 della legge n. 2248, allegato f del 1865 è esperibile purché ricorrano presupposti analoghi a quelli che abilitano il privato ad invocare la tutela possessoria ex art.1168 C.C. e 703 c.p.c. citati; e, così come non necessita per l’adozione del provvedimento che ordina il ripristino che l’Amministrazione accerti l’esistenza o meno di diritti reali sulla strada, così, trascorso oltre un anno dallo spoglio o, comunque, un periodo di tempo troppo lungo, essa non può esperire la reintegrazione del possesso in sede di autotutela. Cons. Stato, Sez. VI, 30 settembre 2010, n. 7239 (In tema di rilascio di concessioni e procedure di evidenza pubblica). Ai sensi dell’art. 18 r.c.n. “Quando si tratti di concessioni di particolare importanza per l'entità o per lo scopo, il capo del compartimento ordina la pubblicazione della domanda mediante affissione nell'albo del comune ove è situato il bene richiesto e la inserzione della domanda per estratto nel Foglio degli annunzi legali della provincia”. Tale norma quindi stabilisce l'obbligo di pubblicazione delle domande di concessione di particolare importanza per l'entità e lo scopo, senza fare alcuna distinzione tra domande di concessione originarie e domande di rinnovo di concessione già scadute o in scadenza, pertanto determinando l'applicazione della medesima uniforme disciplina in entrambe le circostanze. Avuto riguardo al caso specifico, contrariamente a quanto ritenuto dal Giudice di prime cure circa la non particolare importanza della concessione richiesta, la rilevanza dell'estensione delle aree interessate dalle concessioni in scadenza consente di ravvisare l'integrazione anche del profilo quanti-qualitativo della particolare importanza della concessione sul piano dell'entità e dello scopo, al quale la richiamata disposizione di legge, che in ogni caso impone l'inversione del rapporto regola-eccezione, subordina l'integrazione delle forme di pubblicità della domanda quali l'affissione nell'albo comunale e la inserzione per estratto nel foglio degli annunzi legali. Ad avviso del Supremo consesso amministrativo, è noto, infatti, che l'indifferenza comunitaria al nomen della fattispecie fa sì che la sua sottoposizione ai principi di evidenza trovi il suo presupposto sufficiente nella circostanza che, con la concessione di un'area demaniale marittima, si fornisce un'occasione di guadagno a soggetti operanti sul mercato, così da imporre una procedura competitiva, ispirata ai principi di trasparenza e non discriminazione. L'innegabile carenza di qualsivoglia forma di pubblicità del rinnovo di concessioni aventi ad oggetto pontili destinatari dell'ormeggio di numerose imbarcazioni in un prestigioso porto turistico italiano (in quanto pacificamente omessa qualsivoglia forma di pubblicità derivante dall'omessa pubblicazione nel foglio degli annunzi legali, su quotidiani o su siti internet della stazione appaltante), determina nella fattispecie l'accoglimento del gravame proposto avverso la decisione del Giudice Amministrativo di primo grado nella parte in cui respingeva l'impugnazione di provvedimenti con i quali il Comune interessato disponeva il rinnovo delle concessioni di ormeggio pur in assenza della prevista procedura di legge. T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. III - 27 settembre 2010, n. 3840 (In tema “silenzio” nonché di natura demaniale di un bene e riparto di giurisdizione). Ad avviso della pronuncia in rassegna, l'art. 2 della legge n. 205/2000, che ha introdotto l'art. 21 bis della l. n. 1034/1971 in tema di silenzio serbato dall'Amministrazione, non ha inteso creare un rimedio di carattere generale, esperibile in tutte le ipotesi di comportamento inerte della P.A. e pertanto sempre ammissibile indipendentemente dalla giurisdizione del giudice amministrativo, il quale si configurerebbe quindi come giudice del silenzio della P.A., ma soltanto un istituto giuridico di elaborazione giurisprudenziale relativo alla esplicazione di potestà pubblicistiche correlate alle sole ipotesi di mancato esercizio dell'attività amministrativa discrezionale. Ne consegue che ove il procedimento attivato dal ricorrente afferisca alla tutela di un diritto soggettivo, la giurisdizione in tema di silenzio appartiene al giudice ordinario. Pertanto, l'azione di annullamento del silenzio-rifiuto della pubblica amministrazione non è applicabile qualora essa sia finalizzata all'accertamento di un comportamento dell'Amministrazione inadempiente rispetto ad un obbligo di natura civilistica, perché la pretesa del ricorrente ha natura di diritto soggettivo mentre il giudizio disciplinato dall'art. 21 bis l. 6 dicembre 1971 n. 1034 presuppone l'esercizio di una potestà amministrativa, rispetto alla quale la posizione del privato si configura come interesse legittimo. Inoltre, ad avviso del giudice amministrativo rientra nella giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria, e non già in quella del giudice amministrativo, la cognizione della controversia avente ad oggetto l'accertamento della natura demaniale, o non, di un determinato bene (fin da Consiglio Stato , sez. VI, 05 agosto 1985 , n. 450), in quanto le questioni relative alla natura demaniale o privata di un bene e, quindi, alla titolarità del diritto dominicale, attengono a situazioni giuridiche di diritto soggettivo ed esulano pertanto dalla giurisdizione del G.A. (tra le tante, Cons. giust. amm. Sicilia , sez. giurisd., 19 febbraio 1998 , n. 57, T.A.R. Basilicata Potenza, 06 maggio 2002 , n. 333). Allo stesso modo, appartiene alla giurisdizione ordinaria la controversia in cui la demanialità di un bene sia fatta valere quale ragione di nullità del contratto con il quale un Comune, agendo iure privatorum, abbia ceduto a terzi quel suolo. Cons. Stato, Sez. VI, 21 settembre 2010, n. 7012 (In tema di concessione dei beni del demanio marittimo portuale e competenza regionale). Con la sentenza in rassegna il supremo consesso amministrativo afferma che la materia afferente alla concessione di beni del demanio marittimo portuale, alla luce del sistema di riparto delineato dal titolo V della Costituzione nel testo novellato con legge costituzionale 18.10.2001, n. 3, appartiene alla Regione e, per essa, al Comune territorialmente competente (cfr. Corte Costituzionale n. 89 del 10.03.2006; n. 344 del 19.10.2007). ad avviso del Collegio, da ciò consegue che l’attività istruttoria della Capitaneria di Porto ai fini della stipula dell’atto suppletivo preordinato alla proroga trentennale della concessione demaniale marittima, in scadenza nel 2020, è avvenuta in palese difetto di attribuzione, intervenendo in materia afferente alla concessione di beni del demanio marittimo portuale. Trib. Genova, Sez. II, 20 settembre 2010 (In tema di annotazione sul libretto di navigazione dei periodi di imbarco effettuati in regime di comandata). Relativamente alla domanda giudiziale volta ad ottenere la condanna del Ministero dei Trasporti in ordine alla mancata annotazione sul libretto di navigazione dei periodi di imbarco effettuati in regime di comandata, giova osservare come esso è equiparato integralmente all'imbarco effettuato dal marittimo. Ad avviso del Tribunale, infatti, la comandata rappresenta un particolare rapporto di lavoro nautico che si instaura tra l'armatore e i marittimi che sia temporaneamente adibiti allo svolgimento dei servizi speciali durante il disarmo e la sosta della nave in porto. Ne consegue che il contratto di comandata deve farsi rientrare nel genus arruolamento avente per oggetto la prestazione di servizio su una nave determinata accentuando così, a differenza del rapporto di diritto comune, il legame tra il lavoratore e la particolare realtà organizzativa costituita, appunto, dalla nave. Tanto premesso ne discende che l'imbarco di comandata è sottoposto all'annotazione obbligatoria sulle matricole e sul libretto di navigazione. T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I - 20 settembre 2010, n. 3785 (In tema di fascia di 150 metri dalla battigia e vincolo di in edificabilità). Con la pronuncia in rassegna il giudice amministrativo ha rilevato che l’inderogabilità del vincolo a tutela delle coste di cui all’art. 15 della L.r. Siciliana n. 78/76 prevale sulle eventuali differenti previsioni degli strumenti urbanistici comunque successivamente adottati rispetto all'entrata in vigore della normativa di che trattasi: ciò comporta l'imposizione di un penetrante limite alla potestà pianificatoria degli Enti Locali, impedendo che le eccezioni al divieto d’inedificabilità (già determinato a livello di normazione primaria all'interno dei 150 metri dalla fascia della battigia) possano risentire della "frontiera mobile" rappresentata dall’eventuale "sopravvenuta classificazione" delle aree quali zone A) o B). La norma infatti mira a tutelare l'interesse pubblico primario alla conservazione dei valori ambientali insiti nel perimetro costiero dell'intera regione siciliana, in grado di resistere, sotto il profilo della gerarchia delle fonti, ad eventuali quanto ricorrenti tentativi d’incisione realizzati dagli enti locali attraverso varianti della zonizzazione in essere, introdotte nei propri strumenti pianificatori. Corte giustizia Unione Europea, Sez. II, 02/09/2010, Sentenza C-453/08 (In tema di pesca nel Mediterraneo e misure tecniche per la conservazione delle risorse). Ad avviso del giudice comunitario, l’art. 1, nn. 2 e 3, del regolamento (CE) del Consiglio 27 giugno 1994, n. 1626, che istituisce misure tecniche per la conservazione delle risorse della pesca nel Mediterraneo, come modificato dal regolamento (CE) del Consiglio 17 novembre 2000, n. 2550, deve essere interpretato nel senso che, da un lato, l’entrata in vigore di tale regolamento non influisce sulla validità di una misura nazionale supplementare di divieto adottata anteriormente a tale entrata in vigore e, dall’altro lato, che esso non osta a siffatta misura purché detto divieto sia conforme alla politica comune della pesca, tale misura non vada oltre quanto necessario alla realizzazione dello scopo perseguito e non violi il principio di parità di trattamento, cosa che deve essere valutata dal giudice del rinvio. Difatti, adottando tali misure detti Stati membri provvedono alla conservazione delle specie e degli habitat fragili e minacciati. Ne consegue che, per stabilire se le misure di divieto delle piccole reti da circuizione di cui trattasi nella causa principale siano conformi ai requisiti dell’art. 1, n. 2, del regolamento n. 1626/94, occorre anzitutto accertare se tale tipo di rete sia o meno compreso tra quelle vietate dal regolamento in parola. In caso di risultato negativo occorrerà poi accertare se tale misura di divieto costituisca una misura che va al di là delle esigenze stabilite da detto regolamento. Se questo è il caso, sarà necessario, in conformità di quanto previsto dall’art. 1, n. 2, esaminare se la misura sia compatibile con il diritto dell’Unione, se sia conforme alla politica comune della pesca e se, nell’adottarla, la Repubblica ellenica abbia provveduto alla conservazione delle specie e degli habitat fragili e minacciati. In particolare, per quanto riguarda la questione se le piccole reti da circuizione siano o meno comprese tra gli attrezzi da pesca il cui impiego è vietato dal regolamento n. 1626/94, dal testo degli artt. 3, 5 e 6 di detto regolamento, leggendo questi ultimi due articoli in combinato disposto con gli allegati II e III del medesimo regolamento, si ricava che le reti da circuizione non sono oggetto di un divieto assoluto, ma di mere restrizioni alla loro utilizzazione. Ne consegue che le piccole reti da circuizione non rientrano tra gli attrezzi da pesca il cui impiego è vietato dal regolamento n. 1626/94. Cons. Stato, Sez. VI, 30 luglio 2010, n. 5044 (In tema riparto di giurisdizione in materia di demanio marittimo e accertamento dei confini tra un terreno privato ed aree demaniali). Con la pronuncia in rassegna avente ad oggetto la corretta delimitazione tra l’area demaniale (considerevolmente arretrata, per erosione marina, rispetto a quella che era l’originaria situazione dei luoghi, con arretramento, quindi, della linea di battigia) e la retrostante area di proprietà privata, il Supremo consesso amministrativo rileva che in tema delle delimitazioni di cui all'art. 32 c.n., la giurisprudenza, sia pure con qualche oscillazione, adotta la tesi c.d. della doppia tutela, nel senso che, con riguardo ad atto ritenuto di tipo accertativo, con qualche spunto volto ad evidenziare una certazione, ritiene che, quando si contesti che l'esistenza di proprietà demaniale e, quindi, il potere in sé, la cognizione appartiene al giudice ordinario, peraltro abilitato alla disapplicazione; quando invece ci si dolga di aspetti procedimentali (mancata convocazione, mancata partecipazione) la cognizione è del giudice amministrativo, censurandosi la normativa di azione delimitante il potere (C.d.S. Sez. VI, 04/12/2001 , n. 6054, e, nei vari sensi e per le varie posizioni, fra le molte, Cons. G. amm. R. si. 25/05/1998, n. 322; Cass., ss.uu., 9/06/1997, n. 5140; idem, 11/03/1992, n. 2956; Cons. Stato, sez. VI, 22/05/1985, n. 206; idem, 16/02/1979, n. 80; Cons. Giust. Amm., 25/05/1998, n. 322). Per quanto sopra, ad avviso del Supremo consesso amministrativo spetta al giudice ordinario la giurisdizione su domande di accertamento dei confini tra un terreno privato ed aree demaniali, o comunque di proprietà pubblica, proposte nei confronti della pubblica amministrazione, avendo tali domande per oggetto la verifica dell'esistenza ed estensione di un diritto soggettivo – il diritto di proprietà – dell'attore in contrapposizione al diritto di proprietà dello Stato o di altro ente pubblico demaniale. (Cass., SS.UU., 14/06/2006, n. 13691; 18/04/2003, n. 6347; 22/11/2001, n. 14848; n. 4362/1996). Corte Cost. 1 luglio 2010, n. 233 (In tema di concessioni demaniali marittime, diritto di preferenza in capo al precedente concessionario e contrasto con i principi di libera concorrenza). La sentenza in rassegna si colloca il quel filone di giurisprudenza oramai consolidata in forza del quale, in tema di concessioni demaniali marittime per attività turisticoricreative va osservato che l’art. 37 codice della navigazione, come modificato dall’art. 1, comma 18, del d.l. 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 25/2010, non prevede più, in sede di rilascio di nuove concessioni, il diritto di preferenza in capo al precedente concessionario. A fronte di tale disciplina, l’art. 36, comma 2, della legge della Regione Friuli Venezia Giulia n. 13/2009, ha esteso, anche ai soggetti «non in possesso dei requisiti di legge», la possibilità di usufruire della proroga delle concessioni demaniali marittime in atto; si è quindi introdotta una disciplina che risulta in contrasto con i principi comunitari in materia di libera concorrenza e con l’art. 117, primo comma, della Costituzione. In particolare, ad avviso del Giudice delle leggi la norma regionale, nel consentire il rinnovo automatico della concessione, determina una violazione del principio di concorrenza, in quanto a coloro che in precedenza non gestivano il demanio marittimo è preclusa la possibilità, alla scadenza della suddetta concessione, di prendere il posto del precedente gestore (sentenza analoga alla precedente sentenza n. 180 del 2010, v. supra).