ASSOCIAZIONE NAUTICO LEON PANCALDO LA VOCE DELL’ ESTRATTO AUTONOMO DELLA RIVISTA VILLACAMBIASO www.alpleonpancaldo.org A.LP. N° 7 - Novembre 2009 - Redazione: AL.P. - Via Torino, 10 - 17100 Savona - Tel: 349/6863819 - E-mail: [email protected] IERI OGGI DOMANI L a storia della fondazione e degli anni antichi è già ben raccontata in un documento del 1922, rileviamo anzi un fatto interessante: negli anni venti gli allievi venivano imbarcati durante le vacanze estive in addestramento su navi dello Stato, gratuitamente e con una piccola indennità giornaliera! L’addestramento a bordo, oggi ancor più che in passato, è fattore fondamentale per il completamento della formazione scolastica e per un dignitoso ed efficiente inserimento a bordo, e tal fatto è stato del resto recepito nella sperimentazione Nautilus (corsi post diploma, che purtroppo però stentano a decollare specie al Nord). Dalla storia passata e dal presente emerge un fatto incontestabile: Savona marinara si identifica e si riconosce nel suo vecchio Istituto Nautico, museo e santuario del mare, con le sue lapidi, con le sue antiche strumentazioni nautiche, coi suoi modelli navali, con la settantina di quadri dei diplomandi (spesso piccole opere d’arte in ferro, in ceramica, dipinti). Le unanimi proteste per i proposti accorpamenti con altri istituti non nautici lo hanno dimostrato ancora una volta. Il passato ammaestra e conforta, ma è ora al futuro che bisogna oggi guardare. La crisi della marina mercantile è purtroppo un fatto reale, come reale è il calo demografico, mentre sempre più avanzano a bordo le moderne tecniche legate all’automazione e all’informatica. Il Pancaldo ha saputo in questi anni difficili… tenere il mare in burrasca, adeguando il suo insegnamento e i suoi laboratori alle nuove tecnologie, continuando la tradizione marinaresca con la sua bella e superdotata nave scuola, inserendosi nelle sperimentazioni Orione e poi Nautilus, ed è riuscito a conservare il numero degli allievi al livello del passato (a differenza di molti altri istituti che hanno avuto forti diminuzioni). Ricordiamo che dal 1965 al 1975 è stato succursale del Pancaldo il Finbeta S.p.A. Teconologia e tradizione sul mare Via Nazionale Piemonte, 4 - 17100, Savona Tel. 019 833111 www.finbeta.com Nautico d’Imperia, ora precariamente accorpato al locale ITIS. Con le annunciate razionalizzazioni scolastiche dovranno scomparire tali Istituti, almeno come identità a se stante? Basterebbero nel Ponente ligure i grandi porti mercantili di Savona, Vado, Imperia, ed i numerosissimi porti turistici a sconsigliarlo; dovrà proprio la Liguria, che ha insegnato a navigare a tutto il mondo occidentale antico, rinunciare o diminuire le sue strutture di istruzione nautica? Speriamo proprio di no. Ed allora Leon Pancaldo «Avanti tutta». Ing. Giorgio Prefumo Sabato 19 Dicembre ore 16.00 a Villa Cambiaso tradizionale brindisi natalizio e proiezione quadri diplomandi capitani e altri ricordi. Per evitare ritardi e disfunzioni si raccomanda di inviare il materiale direttamente alla redazione: Via Torino 10, Savona - [email protected] Si invita a visitare il sito dell’A.LP. www.alpleonpancaldo.org 10 A.LP. VillaCambiaso Anno XI n°55 - Novembre 2009 PRIMO IMBARCO Ci si inoltra sul Rio delle Amazzoni in mezzo alla giungla per portare l’acqua dolce a Curaçao I l primo imbarco lo feci come Allievo nautico, sulla M/n “Betty” di 489 GT, che faceva viaggi fissi: Savona - Porto Torres Cagliari - Porto Scuso/Porto Vesme - Vado, dove si scaricava minerale per la Monteponi. A Savona si caricava merce varia e via per un nuovo viaggio. Durante il primo imbarco, appena usciti dal porto di Savona alle 18.00, iniziammo cena; alle ore 18.30 la stessa veniva distribuita ai pesci già tutta tritata grazie al mal di mare (era appena mosso, ma di traverso). Questo lo feci per avere in mano mia il libretto di navigazione nel Giugno del 1955. Dopo aver conseguito il Diploma di “Aspirante alla direzione di macchine su navi mercantili” il 22 Luglio 1957, rilasciato dal “Istituto Tecnico Nautico Leon Pancaldo” di Savona, registrato sul libretto il titolo di “Allievo Capitano di macchina” il 5 Agosto 1957, mi ritrovai i m b a r c a t o s u l l a t u rbo/cisterna T2 Elia Bibolini, a Rotterdam il giorno 8 Agosto 1957 (dati rilevati dal mio libretto di navigazione, rilasciato a Savona). Dopo il diploma, il meritato riposo. Così iniziò la mia avventura sul mare, sognata fin da ragazzo. Cominciai con il viaggio per Rotterdam, via canale di Suez - Kuwait (Mina al hamadi); arrivarono anche primi sintomi di mal di mare al passaggio della Guascogna oltre all’impatto con il caldo, specie nel locale caldaie, nel Mar Rosso. Si arrivò a Mina dopo aver inspiegabilmente subito cannonate durante il passaggio al largo del sultanato di Oman. Nel Golfo Persico si rimase qualche mese a fare viaggi tra Iraq Iran e Kuwait. Non vi dico che fresco, specie senza aria condizionata, anzi vi dirò che sotto la mia cabina, a centro nave, passavano i tubi per il vapore agli argani a salpare ed ai verricelli in coperta! Dopo qualche giorno la maggior parte dell’equipaggio, specialmente quello di macchina, io compreso, dormiva in coperta. Di notte si vedeva gente vagare per la coperta con il materasso sotto il braccio in cerca di un luogo dove ci fosse un po’ di brezza, specie quando si era fermi, sia per la Recife, Baia de Todos, Los Santos) per entrare, poi, sul Rio delle Amazzoni a Capin e Belem. Ci si inoltrava addirittura per 180 miglia in mezzo alla giungla, accompagnati da tutte quelle belle bestiole che si vedono nei documentari; per non parlare delle zanzare che, nonostante avessimo le gambe coperte dai jeans molto spessi, riuscivano a caricazione sia per la discarica. Come primo impatto con la vita di mare non c’è male, vi sembra? Finalmente si partì dal Golfo Persico con destinazione Europa, anzi Italia, La Spezia, dove finalmente, dopo quattro mesi rividi i miei cari. Dopo tre lunghi giorni di sosta, si ripartì per il nord Europa e poi via verso il centro America, Antille olandesi, Curaçao. Da qui viaggi fissi per il Venezuela, dove trovammo la rivoluzione delle divise Verdi: salivano a bordo, entravano nelle cabine, prendevano quello che volevano e noi zitti, guai a lamentarsi. Poi iniziammo a fare viaggi per il sud America, Brasile (Rio, Santos, pungerci! Meno male che non avevano la malaria! Perché facevamo tutto questo? Ebbene si, per riempire le cisterne di acqua dolce dopo averle lavate per bene e scaricare questa alla raffineria di Curaçao, dove questo prezioso liquido scarseggiava. Iniziammo poi a fare viaggi per Buenos Aires, incontrando tafferugli per una delle solite rivoluzioni. Qui conobbi uno zio della mia futura moglie che viveva a Mercedes; lavorava a bordo di bettoline, costruite a Savona dal cantiere Campanella, che rifornivano le boe luminose lungo il Rio della Plata. Mi fece da Cicerone per la VillaCambiaso città, nelle quale assistetti ad una sparatoria proprio vicino al Palazzo delle poste. Lo zio mi disse che erano fatti quasi normali, bisognava solo stare lontani da quei posti (Casa Rosada e Palacio del Gobierno). Fortunatamente sia la nave che l’equipaggio, non ebbe alcun danno. Dopo sei mesi, da Curaçao, partimmo per il nord Europa e quindi per l’Italia, a Castellamare di Stabia, dove sbarcai dopo dieci mesi di permanenza a bordo, durante i quali mi abituai a sopportare il mal di mare. Allora i periodi di imbarco erano di un anno o di diciotto mesi. Ricordo ancora oggi le persone con Anno XI n°55 - Novembre 2009 le quali passai quei mesi, persone che rincontrai nei successivi imbarchi e con le quali continuai a navigare fino a quando, dopo dieci anni, cambiai Compagnia. Furono anni indimenticabili, durante i quali imparai molte cose relative alla vita ed alla professione, sia dai Direttori di Macchina che dai Comandanti, dagli altri ufficiali, fino ai motoristi, caporali, fuochisti, ingrassatori e carbonai, nostromi, tankisti e marinai con cui ebbi occasione e la fortuna di navigare. Rimasi a casa un mese e poi nuovamente in mare fino al 1972, anno in cui entrai nel Registro A.LP. 11 Italiano Navale, meta che mi ero prefissato fin da ragazzo. La prossima puntata, probabilmente cercherò di raccontarvi la mia prima volta da Direttore di Macchina e l’abbandono del mare come marittimo, pur rimanendo in contatto con le navi ed i loro equipaggi. Con queste memorie spero di aver invogliato qualche nostro associato a comunicare le proprie esperienze maturate solcando quel liquido azzurro che circonda il mondo! Il mare! C.D.M. Luigi Gravano GLI APPRODI DELLA S/S “NEVADA” Imbarco da allievo ufficiale verso l’Africa Equatoriale quando non c’era ancora il GPS A ccingendomi a scrivere questo episodio avvenuto durante il mio imbarco da allievo ufficiale sulla S/s “Nevada”, mi rendo conto che oggi, nell’era della navigazione e delle comunicazioni satellitari, la situazione descritta assume la connotazione di un reperto preistorico. Eppure da allora sono trascorsi “soltanto” quarantatrè anni, un intervallo di tempo dodici volte inferiore a quello che divide i viaggi di Cristoforo Colombo dai giorni nostri. N egli anni sessanta i porti –intesi come strutture opportunamente segnalate e dotate di diga foranea, banchine, gru, bitte d’ormeggio– dell’Africa equatoriale occidentale si contavano sulla punta delle dita di una mano. Due mani erano sufficienti per contare gli altri accosti più o meno affidabili, attrezzati alla meno peggio con almeno un pontile in ferro o in cemento armato e legno. Infine, lungo le coste delle ex colonie francesi, c’era un numero imprecisato di approdi per il carico di legname pregiato: mogano, tek, palissandro. Quelle sperdute riviere avevano in comune quattro caratteristiche: un fondale adatto all’ancoraggio abbastanza vicino alla riva, la foce di un fiume (sconosciuto), l’assenza di centri abitati o di qualsiasi altro punto di riferimento nel raggio di decine di miglia e l’assoluta mancanza di localizzazione sulle carte nautiche. La loro posizione era indicata sugli ordini di carico, frequentemente ricevuti via radio in corso di navigazione. Così poteva capitare alla S/s “Nevada” di fare rotta su un una località situata “a 29 miglia da Cap Tabou in direzione Sassandra”, oppure su un punto di cui venivano fornite la latitudine e la longitudine, e pochissime altre indicazioni. Effettivamente non c’era molto da dire: per centinaia di miglia soltanto pochi remoti villaggi di pescatori (una mezza dozzina di capanne con il tetto di rami di palma, grandi piroghe dipinte con colori sgargianti, bambini saltabeccanti sulla spiaggia, festoni di pesci appesi a essiccare) e le foci di alcuni fiumi, identiche tra loro come fotocopie, interrompevano la monotona muraglia della foresta tropicale che si spingeva fino alla piatta costa sabbiosa. Per l’ancoraggio si dovevano seguire le indicazioni del “pratico” locale, che quasi sempre 12 A.LP. era francese o belga, talvolta olandese, responsabile anche dell’insediamento (capannone sormontato da un’altissima asta con una bandiera a caso e dalle antenne radio a onde corte e VHF, un paio di costruzioni di legno, il pontiletto d’attracco di una grossa motobarca, un palo a strisce orizzontali bianche e rosse alla sua estremità e alcune decine di enormi tronchi galleggianti alla foce del fiume, legati tra loro con un cavo d’acciaio a gruppi di tre o quattro). Oltre al responsabile, presidiavano il sito alcuni indigeni a torso nudo: il conducente della lancia, dotato dell’immancabile e bisunto berretto da capitano con ancoretta d’ordinanza, un paio di suoi aiutanti a bordo e una decina di addetti alla movimentazione in acqua del legname. L’individuazione dell’approdo non era mai agevole, le insidie alla navigazione celate in quelle acque poco conosciute rendevano le fasi d’avvicinamento estremamente delicate. Infatti il punto nave costiero era impossibile per l’assoluta mancanza di luoghi salienti e quello astronomico alquanto approssimato a causa dell’inaffidabilità degli orizzonti equatoriali. Il radar da 10 cm di lunghezza d’onda riusciva a malapena a evidenziare gli evanescenti e indifferenziati echi della fitta vegetazione, le carte nautiche più particolareggiate coprivano tratti di costa paragonabili per estensione a quello tra Portofino e Capo Mele. Perciò, quando effettuavamo l’atterraggio dopo qualche giorno di navigazione stimata, non riuscivamo mai a centrare il bersaglio al primo colpo. Era inevitabile mettere DI NAVEGANTI MARIO TRAVERSI T ’ indovinn-i sùbito chi son. Camminn-an sciù e zù sensa perde de vista o mà, comme ochin sensa ae che no pèuan ciu xoà. Naveganti. Erboi sbattùi in sà e in là e stracoae sensa reixi a-a fin de ’na stanca giornà. Anno XI n°55 - Novembre 2009 la “Nevada” su una rotta parallela alla costa alla distanza di un paio di miglia, confidando nel fiuto del comandante o in un’abborracciata retta di sole per la scelta della direzione verso sinistra o verso dritta. Dal ponte di comando tutti i binocoli puntavano la striscia di sabbia orlata di vegetazione, attenti a cogliere il minimo segnale di discontinuità, lo sventolio di una bandiera sbiadita, un’antenna, un palo a strisce biancorosse. Il primo ufficiale ripeteva incessantemente la chiamata con il VHF, finché da terra non giungeva la sospirata risposta: «O.K. Nevada, vi vediamo a cinque miglia a sud ovest da noi, vi usciamo incontro con la motobarca». In quelle circostanze ero destinato all’ecoscandaglio, con l’incarico di comunicare ad alta voce a intervalli Compagni de donne che in fondo no conoscian, coscì comme i figgi, frùti de abrassi aspresciae, pòsae a-o levà de àncoe e tiae sciù con fadiga da-e moae. Naveganti. Ti èi riconosci fra tanti. Quende se ferman pe accendise ’na sigaretta, allargan e gambe VillaCambiaso regolari la profondità sotto la chiglia. Una volta, dopo quasi due ore di infruttuosa ricerca a pendolo lungo un tratto di litorale della Costa d’Avorio, il comandante esternò al primo ufficiale la propria perplessità sulla nostra posizione. Mi sembrò spiritoso e sdrammatizzante suggerire l’invio a terra di una lancia per acquistare una cartolina del luogo. Il comandante, un tedesco poco incline all’umorismo mediterraneo, non la prese affatto bene: «Alliefo! –grugnì severamente– A bordo non afere moneta pe kartoline. Prendi binokolo e va’ a fare vedetta sulla normale!». Trenta secondi dopo ero già in controplancia, ad arrostire sotto il sole equatoriale, incollato al binocolo. La zona nella quale ci trovavamo era quella giusta, e infatti eravamo stati avvistati. Ma un malfunzionamento in trasmissione dell’apparato VHF dell’insediamento aveva vanificato ogni tentativo di risposta alle nostre chiamate. Così a terra accesero un fuoco nel quale furono gettate foglie e rami verdi in quantità. Nella calma equatoriale le spesse volute di fumo, ben visibili nel cielo al di sopra degli alberi, ci guidarono con assoluta precisione verso il punto d’ancoraggio, distante all’incirca sei miglia. Tre quarti d’ora dopo la “Nevada” diede fondo all’ancora, e così terminò anche la mia “punizione”, in definitiva più che sopportabile. Ma da allora, e per la restante durata del mio imbarco, mi astenni scrupolosamente da ogni battuta di spirito, soprattutto in presenza del comandante. C.L.C. Angelo Bergero pe no perde l’equilibrio. …Pe ’n attimo son ancun a bordo. Quande se imbarcan pe l’ùrtimo porto, pà squauxi de sentì a sirena do vapore ch’èì ciamma. Chi resta in scìa banchinn-a o salùa sensa rendise conto che sta votta o viàggio o l’è sensa ritorno. (Varazze 1998) VillaCambiaso A.LP. Anno XI n°55 - Novembre 2009 13 LEON PANCALDO Nuove rivelazioni sulla vita del grande navigatore savonese S u invito del capitano di lungo corso, G. Franco Recagno, ex compagno alle Scuole Pie dei Padri Scolopi di Savona e carissimo amico da una vita, mi accingo a parlare di uno dei miei eroi savonesi preferiti: Leon Pancaldo, riscoperto dall’editoria ligure. Cominciamo dai libri freschi di stampa per poi risalire a quelli più antichi. Furio Ciciliot, della Società savonese di storia patria ha recentemente dedicato al grande navigatore un libro dal titolo Leon Pancaldo da Magellano a Buenos Aires, pubblicato all’inizio di quest’anno dai Fratelli Frilli Editori di Genova, anche a cura del centro studi Paolo Emilio Taviani. Un volume pregevole ed ottimamente documentato, di un ricercatore attento e preciso. Lo storico editore savonese Marco Sabatelli, dal canto suo, ha pubblicato, sempre quest’anno, La spedizione di Magellano e Leon Pancaldo savonese, dell’autore Nanni De Marco. Questa è una accurata rappresentazione di quella che fu la vita del navigatore, pilota del portoghese Ferdinando Magellano. A me è parso opportuno questo risveglio di interesse degli editori liguri per il personaggio, in quanto era dall’ottima opera di Guido Mazzitelli: La spedizione di Magellano e Leone Pancaldo savonese (Sabatelli Editore - 2001) che non se ne parlava più. Insomma, sugli scaffali delle librerie italiane, Leon Pancaldo, è il caso di dirlo, risultava disperso in un mare di volumi. Era latitante. Io stesso, ho scritto un libro su di lui, ancora inedito ma depositato presso l’editore Marco Frilli, dal titolo L’Odissea di Leon Pancaldo. Il primo savonese a parlarci di lui, nel XVI secolo, è il grande cronista (meglio dire storico) savonese, Giovanni Vincenzo Verzellino. Dunque, Giovanni Vincenzo Verzellino ci parla per la prima volta di Leon e della sua impresa. Ci rivela che abitava in una grande casa di via Scarzeria, ubicata di fronte alla chiesa di San Francesco a poca distanza dell’antichissimo pozzo del terreno (XII secolo). Poco dopo il suo dalla circumnavigazione del globo ed aver stipulato un patto con il re Portoghese, di cui parlerò più avanti, fece dipingere sul muro la sua effige, con i seguenti versi da lui composti: “io sono Leon P a n c a l d o Savonese, che il mondo tutto rivoltai a tondo” ( S u c c e s s i v amente, attorno al 1530 si trasferì n e l l a To r r e Pancalda, di Corso A. Ricci), ci precisa i nomi dei suoi parenti, della moglie (Teresa detta la “Selvaggia”) della sua famiglia (i Romano), dei nipoti. Ma Verzellino fa anche una rivelazione straordinaria e poco nota: Pancaldo aveva scritto una relazione del suo viaggio con Ferdinando Magellano! Non vi fu dunque, unicamente, il notissimo resoconto del nobile vicentino Antonio Pigafetta, uno dei sopravvissuti della spedizione di Magellano. Ma si scopre che esisteva un diario, mai ritrovato, di Leon (probabilmente, almeno quattro o cinque altri navigatori superstiti fecero delle relazioni, i roiteiros, andate perdute). Giovanni Battista Spotorno, in un’opera del 1826, rileva che il Verzellino, per primo, asserì che Pancaldo aveva scritto un resoconto di quel viaggio ma per la disattenzione di chi lo possedeva, andò smarrito”. Chi smarrì il racconto del nostromo savonese? Sicuramente, uno degli eredi. Un nipote. Forse, a quei tempi, non davano –si trattava di gente semplice– troppa importanza al diario di bordo di un marinaio. Anche se era un manoscritto del pilota di Ferdinando Magellano in persona! Torre Pancalda C.so Ricci, Savona Leon Pancaldo nacque a Savona intorno al 1482, da un a famiglia discretamente agiata. Quando Cristoforo Colombo scoprì il nuovo Mondo, lui aveva soltanto una decina d’anni; verosimilmente, la sua prima gioventù venne caratterizzata da quel clima di grandi avventure e spedizioni marittime esplorative. Non va a tale proposito dimenticato che Diego, figlio maggiore di Colombo, nominò, con atto notarile redatto nell’anno 1514 in Santo Domingo, Leon Pancaldo suo procuratore, nel processo promosso dalla famiglia dei Cuneo al nonno paterno. La sua vita è, logicamente, indissociabile da quella dell’ammiraglio portoghese Ferdinando Magellano (Fernao De Magalhes). Dove si conobbero i due? È probabile un’ipotesi: che si fossero già incontrati prima della grande spedizione delle cinque navi, partita da San Lucar de Barramela il 21 settembre 1519, per volere di Carlo V. Altrimenti perché Magellano avrebbe dovuto sceglierlo come primo pilota della caravella ammiraglia, la Trinidad? Si erano conosciuti nelle Indie? È possibile. Il portoghese c’era stato come sobresaliente (marinaio e combattente) e poi, per molti anni, 14 A.LP. Anno XI n°55 - Novembre 2009 VillaCambiaso come Capitano. Pancaldo? Forse, scogliere la Santjago (60 tsl) navi, Santa Maria e Conception, faceva parte dell’equipaggio di una Un’altra nave la Sant’Antonio (120 partiranno nel settembre del1536 da flotta portoghese. Fatto sta che lui tsl) si era ammutinata ed era tornata Cadice e percorerranno la rotta di viene scelto come pilota della in Spagna, scoprendo nel viaggio di Magellano. Ma verso la fine grande spedizione finanziata e ritorno le Isole Maldive. dell’anno successivo, nelle voluta da Carlo V. Magellano, a cui Leon Pancaldo aveva deciso di vicinanze dello Stretto di il re portoghese Manuel aveva rimanere sulla Trinidad. Ma verrà Magellano, la Conception andrà a rifiutato i finanziamenti per catturato dai portoghesi. picco con modalità non chiare l’impresa, era passato al servizio Trasportato, assieme ad altri (probabilmente Vivaldi era troppo della Spagna, con carte nautiche e membri dell’equipaggio, alle Isole giovane ed inesperto per una documenti trafugati dagli archivi della Sonda, vi rimarrà per tre anni. traversata così pericolosa). lusitani dal suo amico cartografo ed Poi, liberato (molti altri moriranno, Torneranno indietro con la Santa astronomo, Ruy Faleiro. tra cui il coraggioso genovese Maria ma sul Rio de la Plata, la Quest’ultimo, tuttavia, non parBattitsta Ponzorone che dopo piccola nave andrà ad incagliarsi. I tecipò alla grande impresa della l’uccisione di Magellano divenne di conquistadores di Pedro de circumnavigazione del globo. Carlo fatto, per voler degli equipaggi, il Mendoza, fondatori di Buenos V aveva preferito circondare capo della spedizione o comunque Aires, che erano allo stremo delle Magellano di capitani spagnoli. l’uomo a cui fare riferimento), forze e privi di viveri, s’imConcedendogli soltanto venti suoi potrà, dopo oltre 8 anni tornare a padronirono del carico della Santa amici portoghesi come membri dei Savona. Si vedrà offrire soldi dai Maria, firmando delle cambiali che cinque equipaggi. Magellano si portoghesi per non disegnare mappe non verranno onorate. Accuse e fidava, particolarmente, di tre e dare comunque informazioni atte a contro accuse. Il governatore persone: Antonio Pigafetta, di consentire ad altre potenze di spagnolo intenta una causa a nobile famiglia Vicentina segretarealizzare lo stesso viaggio Pancaldo (la presenza di due schiavi rio, che venne imbarcato come, (particolarmente interessato al a bordo della Santa Maria). criado (gentiluomo addetto alla progetto era il re di Francia). Pancaldo si rivolge ai tribunali di persona del capitano generale, in Sarà però, anche perché amareggiaBuenos Aires per ottenere i pratica uomo di fiducia) del to dai soprusi dei genovesi (alleati pagamenti dovuti alla Casa de genovese Battista Ponzorone che degli spagnoli per i quali tanto Contractaciòn di Valencia, che a sua aveva la funzione di terzo ufficiale aveva dato) nei confronti della volta, citerà in tribunale il capitano della Trinidad, e di Leon Pancaldo. rivale Savona (alleata dei francesi), Pietro Vivaldi per la perdita della Va ricordato che l’equipaggio Pancaldo, terminato il periodo di Conception. Poi Pancaldo, rovinato, straniero più numeroso era accordo di segretezza con i deluso, malato, muore in quella che composto da ventisei Italiani, di cui portoghesi, riprenderà il mare alla oggi è appunto la città di Buenos 20 erano liguri e ben 5 savonesi. (3 volta del Perù, assieme al comanAires, sembra nell’agosto del 1540. imbarcarono sull’ammiraglia dante varazzino Pietro Vivaldi. Due I c o n q u i s t a d o re s s p a g n o l i Tr i n i d a d ) . Q u a n d o attribuiranno la sua Magellano venne ucciso scomparsa ad un agguato Il Capitano di Macchina Massimo Galloro, attualmente imbarcato su una nave da crociera, ha inviato alla Redazione una poesia scritta da dagli indigeni dell’Isola di degli indigeni delle terre una donna che ha perso il padre durante il naufragio del 1984 della nave Mactan (Oceano Pacifico) interne. A tale proposito “Tito Campanella” nelle acque del Golfo di Biscaglia. dopo aver scoperto lo Stretto resteranno molti dubbi. Mi manchi, mi manchi da morire! (il passaggio tra i due Mi sia consentita, da ultimo, Non c’è giorno che tu non sei nei miei pensieri! Oceani) era il 27 aprile del una annotazione personale. Vivo di ricordi, quei pochi che posso avere 1522. Da giovane, avrei voluto rivedo i tuoi occhi dentro ai miei, fare il capitano di mare e, Antonio Pigafetta sbarcò sorrido nello stesso modo in cui lo facevi tu, cammino come camminavi tu. invece, (incompatibilità con dalla Trinidad (110 tsl) e Stesso carattere, stessi modi di fare!!! le scienze matematiche, proseguì il viaggio sulla Guardo e riguardo le nostre foto, astronomiche, ecc.) ho fatto Victoria (75 tsl), è questa la quelle che ci ritraggono insieme. Felici ed ignari che ci saremmo dovuti separare così presto… il giornalista. Saluto gli ex nave che compirà l’ intera Sono passati 21 anni, la tua piccolina è diventata una donna ormai, compagni di scuola circumnavigazione del una donna che vorrebbe averti vicino ogni giorno, fortunati che, invece, dagli globo, giungendo a Siviglia che vorrebbe guardare i tuoi occhi, Scolopi sono andati nell’ agosto del 1522 con che vorrebbe vederti entrare da quella porta, che vorrebbe più di ogni altra cosa un tuo abbraccio, direttamente al Nautico diciotto superstiti (tra i quali un tuo sorriso, un tuo rimprovero… Leon Pancaldo: oltre a G. il savonese Martino de Io, una donna che vorrebbe solo te, il suo papà! Franco Recagno, Antonio Judicibus). So che sei con me in ogni istante, so che mi dai la forza di rialzarmi ogni volta che sto per cadere, Un’altra caravella la Ferrando, Angelo Cafueri e so che da lassù mi proteggi come il migliore degli angeli Conception (90 tsl) era stata Stefano Rapetti. Se ho e mi abbracci ogni volta che ne ho bisogno… data alle fiamme per dimenticato alcuni di loro, li Lo so che ci sei papà e so che ci sarai sempre… decisione di uno dei capitani ricorderò in un prossimo ma ci sono giorni in cui il vuoto mi assale! Sento la tua mancanza troppo forte.. spagnoli, Juan Sebastian articolo. ..mi manchi da morire papà…!!!!!! Elcano. All’imbocco dello La tua piccolina… Stretto, era finita sulle Franco Ivaldo