ASSOCIAZIONE NAUTICO LEON PANCALDO
LA VOCE
DELL’
ESTRATTO AUTONOMO DELLA RIVISTA VILLACAMBIASO
www.alpleonpancaldo.org
A.LP.
N° 7 - Novembre 2009 - Redazione: AL.P. - Via Torino, 10 - 17100 Savona - Tel: 349/6863819 - E-mail: [email protected]
IERI OGGI DOMANI
L
a storia della fondazione e degli
anni antichi è già ben raccontata in un documento del 1922,
rileviamo anzi un fatto interessante:
negli anni venti gli allievi venivano
imbarcati durante le vacanze estive
in addestramento su navi dello
Stato, gratuitamente e con una
piccola indennità giornaliera!
L’addestramento a bordo, oggi
ancor più che in passato, è fattore
fondamentale per il completamento
della formazione scolastica e per un
dignitoso ed efficiente inserimento
a bordo, e tal fatto è stato del resto
recepito nella sperimentazione
Nautilus (corsi post diploma, che
purtroppo però stentano a decollare
specie al Nord).
Dalla storia passata e dal presente
emerge un fatto incontestabile:
Savona marinara si identifica e si
riconosce nel suo vecchio Istituto
Nautico, museo e santuario del
mare, con le sue lapidi, con le sue
antiche strumentazioni nautiche, coi
suoi modelli navali, con la settantina
di quadri dei diplomandi (spesso
piccole opere d’arte in ferro, in
ceramica, dipinti).
Le unanimi proteste per i proposti
accorpamenti con altri istituti non
nautici lo hanno dimostrato ancora
una volta.
Il passato ammaestra e conforta, ma
è ora al futuro che bisogna oggi
guardare.
La crisi della marina mercantile è
purtroppo un fatto reale, come reale
è il calo demografico, mentre
sempre più avanzano a bordo le
moderne tecniche legate
all’automazione e all’informatica.
Il Pancaldo ha saputo in questi anni
difficili… tenere il mare in burrasca,
adeguando il suo insegnamento e i
suoi laboratori alle nuove tecnologie, continuando la tradizione
marinaresca con la sua bella e
superdotata nave scuola, inserendosi nelle sperimentazioni Orione e
poi Nautilus, ed è riuscito a
conservare il numero degli allievi al
livello del passato (a differenza di
molti altri istituti che hanno avuto
forti diminuzioni).
Ricordiamo che dal 1965 al 1975 è
stato succursale del Pancaldo il
Finbeta S.p.A.
Teconologia e tradizione sul mare
Via Nazionale Piemonte, 4 - 17100, Savona
Tel. 019 833111
www.finbeta.com
Nautico d’Imperia, ora precariamente accorpato al locale ITIS.
Con le annunciate razionalizzazioni
scolastiche dovranno scomparire
tali Istituti, almeno come identità a
se stante? Basterebbero nel Ponente
ligure i grandi porti mercantili di
Savona, Vado, Imperia, ed i
numerosissimi porti turistici a
sconsigliarlo; dovrà proprio la
Liguria, che ha insegnato a navigare
a tutto il mondo occidentale antico,
rinunciare o diminuire le sue
strutture di istruzione nautica?
Speriamo proprio di no.
Ed allora Leon Pancaldo «Avanti
tutta».
Ing. Giorgio Prefumo
Sabato 19 Dicembre ore 16.00 a Villa
Cambiaso tradizionale brindisi natalizio e
proiezione quadri diplomandi capitani e
altri ricordi.
Per evitare ritardi e disfunzioni si
raccomanda di inviare il materiale
direttamente alla redazione: Via Torino 10,
Savona - [email protected]
Si invita a visitare il sito dell’A.LP.
www.alpleonpancaldo.org
10
A.LP.
VillaCambiaso
Anno XI n°55 - Novembre 2009
PRIMO IMBARCO
Ci si inoltra sul Rio delle Amazzoni in mezzo alla giungla per portare l’acqua dolce a Curaçao
I
l primo imbarco lo feci come
Allievo nautico, sulla M/n
“Betty” di 489 GT, che faceva
viaggi fissi: Savona - Porto Torres Cagliari - Porto Scuso/Porto Vesme
- Vado, dove si scaricava minerale
per la Monteponi. A Savona si
caricava merce varia e via per un
nuovo viaggio. Durante il primo
imbarco, appena usciti dal porto di
Savona alle 18.00,
iniziammo cena; alle ore
18.30 la stessa veniva
distribuita ai pesci già tutta
tritata grazie al mal di mare
(era appena mosso, ma di
traverso). Questo lo feci
per avere in mano mia il
libretto di navigazione nel
Giugno del 1955. Dopo
aver conseguito il Diploma
di “Aspirante alla
direzione di macchine su
navi mercantili” il 22
Luglio 1957, rilasciato dal
“Istituto Tecnico Nautico
Leon Pancaldo” di
Savona, registrato sul
libretto il titolo di “Allievo
Capitano di macchina” il 5
Agosto 1957, mi ritrovai
i m b a r c a t o s u l l a t u rbo/cisterna T2 Elia
Bibolini, a Rotterdam il
giorno 8 Agosto 1957 (dati
rilevati dal mio libretto di
navigazione, rilasciato a
Savona). Dopo il diploma,
il meritato riposo. Così
iniziò la mia avventura sul mare,
sognata fin da ragazzo. Cominciai
con il viaggio per Rotterdam, via
canale di Suez - Kuwait (Mina al
hamadi); arrivarono anche primi
sintomi di mal di mare al passaggio
della Guascogna oltre all’impatto
con il caldo, specie nel locale
caldaie, nel Mar Rosso. Si arrivò a
Mina dopo aver inspiegabilmente
subito cannonate durante il
passaggio al largo del sultanato di
Oman. Nel Golfo Persico si rimase
qualche mese a fare viaggi tra Iraq
Iran e Kuwait. Non vi dico che
fresco, specie senza aria condizionata, anzi vi dirò che sotto la mia
cabina, a centro nave, passavano i
tubi per il vapore agli argani a
salpare ed ai verricelli in coperta!
Dopo qualche giorno la maggior
parte dell’equipaggio, specialmente
quello di macchina, io compreso,
dormiva in coperta.
Di notte si vedeva gente vagare per
la coperta con il materasso sotto il
braccio in cerca di un luogo dove ci
fosse un po’ di brezza, specie
quando si era fermi, sia per la
Recife, Baia de Todos, Los Santos)
per entrare, poi, sul Rio delle
Amazzoni a Capin e Belem. Ci si
inoltrava addirittura per 180 miglia
in mezzo alla giungla, accompagnati da tutte quelle belle bestiole che si
vedono nei documentari; per non
parlare delle zanzare che, nonostante avessimo le gambe coperte dai
jeans molto spessi, riuscivano a
caricazione sia per la discarica.
Come primo impatto con la vita di
mare non c’è male, vi sembra?
Finalmente si partì dal Golfo
Persico con destinazione Europa,
anzi Italia, La Spezia, dove
finalmente, dopo quattro mesi rividi
i miei cari. Dopo tre lunghi giorni di
sosta, si ripartì per il nord Europa e
poi via verso il centro America,
Antille olandesi, Curaçao. Da qui
viaggi fissi per il Venezuela, dove
trovammo la rivoluzione delle
divise Verdi: salivano a bordo,
entravano nelle cabine, prendevano
quello che volevano e noi zitti, guai
a lamentarsi.
Poi iniziammo a fare viaggi per il
sud America, Brasile (Rio, Santos,
pungerci! Meno male che non
avevano la malaria! Perché
facevamo tutto questo? Ebbene si,
per riempire le cisterne di acqua
dolce dopo averle lavate per bene e
scaricare questa alla raffineria di
Curaçao, dove questo prezioso
liquido scarseggiava.
Iniziammo poi a fare viaggi per
Buenos Aires, incontrando
tafferugli per una delle solite
rivoluzioni.
Qui conobbi uno zio della mia
futura moglie che viveva a
Mercedes; lavorava a bordo di
bettoline, costruite a Savona dal
cantiere Campanella, che rifornivano le boe luminose lungo il Rio della
Plata. Mi fece da Cicerone per la
VillaCambiaso
città, nelle quale assistetti ad una
sparatoria proprio vicino al Palazzo
delle poste. Lo zio mi disse che
erano fatti quasi normali, bisognava
solo stare lontani da quei posti (Casa
Rosada e Palacio del Gobierno).
Fortunatamente sia la nave che
l’equipaggio, non ebbe alcun danno.
Dopo sei mesi, da Curaçao,
partimmo per il nord Europa e
quindi per l’Italia, a Castellamare di
Stabia, dove sbarcai dopo dieci mesi
di permanenza a bordo, durante i
quali mi abituai a sopportare il mal
di mare. Allora i periodi di imbarco
erano di un anno o di diciotto mesi.
Ricordo ancora oggi le persone con
Anno XI n°55 - Novembre 2009
le quali passai quei mesi, persone
che rincontrai nei successivi
imbarchi e con le quali continuai a
navigare fino a quando, dopo dieci
anni, cambiai Compagnia. Furono
anni indimenticabili, durante i quali
imparai molte cose relative alla vita
ed alla professione, sia dai Direttori
di Macchina che dai Comandanti,
dagli altri ufficiali, fino ai motoristi,
caporali, fuochisti, ingrassatori e
carbonai, nostromi, tankisti e
marinai con cui ebbi occasione e la
fortuna di navigare.
Rimasi a casa un mese e poi
nuovamente in mare fino al 1972,
anno in cui entrai nel Registro
A.LP.
11
Italiano Navale, meta che mi ero
prefissato fin da ragazzo.
La prossima puntata, probabilmente
cercherò di raccontarvi la mia prima
volta da Direttore di Macchina e
l’abbandono del mare come
marittimo, pur rimanendo in
contatto con le navi ed i loro
equipaggi.
Con queste memorie spero di aver
invogliato qualche nostro associato
a comunicare le proprie esperienze
maturate solcando quel liquido
azzurro che circonda il mondo!
Il mare!
C.D.M. Luigi Gravano
GLI APPRODI DELLA S/S “NEVADA”
Imbarco da allievo ufficiale verso l’Africa Equatoriale quando non c’era ancora il GPS
A
ccingendomi a scrivere questo
episodio avvenuto durante il
mio imbarco da allievo ufficiale
sulla S/s “Nevada”, mi rendo conto
che oggi, nell’era della navigazione
e delle comunicazioni satellitari, la
situazione descritta assume la
connotazione di un reperto
preistorico. Eppure da allora sono
trascorsi “soltanto” quarantatrè
anni, un intervallo di tempo dodici
volte inferiore a quello che divide i
viaggi di Cristoforo Colombo dai
giorni nostri.
N
egli anni sessanta i porti
–intesi come strutture
opportunamente segnalate e dotate
di diga foranea, banchine, gru, bitte
d’ormeggio– dell’Africa equatoriale occidentale si contavano sulla
punta delle dita di una mano. Due
mani erano sufficienti per contare
gli altri accosti più o meno
affidabili, attrezzati alla meno
peggio con almeno un pontile in
ferro o in cemento armato e legno.
Infine, lungo le coste delle ex
colonie francesi, c’era un numero
imprecisato di approdi per il carico
di legname pregiato: mogano, tek,
palissandro.
Quelle sperdute riviere avevano in
comune quattro caratteristiche: un
fondale adatto all’ancoraggio
abbastanza vicino alla riva, la foce
di un fiume (sconosciuto), l’assenza
di centri abitati o di qualsiasi altro
punto di riferimento nel raggio di
decine di miglia e l’assoluta
mancanza di localizzazione sulle
carte nautiche. La loro posizione era
indicata sugli ordini di carico,
frequentemente ricevuti via radio in
corso di navigazione. Così poteva
capitare alla S/s “Nevada” di fare
rotta su un una località situata “a 29
miglia da Cap Tabou in direzione
Sassandra”, oppure su un punto di
cui venivano fornite la latitudine e la
longitudine, e pochissime altre
indicazioni. Effettivamente non
c’era molto da dire: per centinaia di
miglia soltanto pochi remoti
villaggi di pescatori (una mezza
dozzina di capanne con il tetto di
rami di palma, grandi piroghe
dipinte con colori sgargianti,
bambini saltabeccanti sulla
spiaggia, festoni di pesci appesi a
essiccare) e le foci di alcuni fiumi,
identiche tra loro come fotocopie,
interrompevano la monotona
muraglia della foresta tropicale che
si spingeva fino alla piatta costa
sabbiosa. Per l’ancoraggio si
dovevano seguire le indicazioni del
“pratico” locale, che quasi sempre
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A.LP.
era francese o belga, talvolta
olandese, responsabile anche
dell’insediamento (capannone
sormontato da un’altissima asta con
una bandiera a caso e dalle antenne
radio a onde corte e VHF, un
paio di costruzioni di legno, il
pontiletto d’attracco di una
grossa motobarca, un palo a
strisce orizzontali bianche e
rosse alla sua estremità e alcune
decine di enormi tronchi
galleggianti alla foce del fiume,
legati tra loro con un cavo
d’acciaio a gruppi di tre o
quattro). Oltre al responsabile,
presidiavano il sito alcuni
indigeni a torso nudo: il
conducente della lancia, dotato
dell’immancabile e bisunto
berretto da capitano con
ancoretta d’ordinanza, un paio
di suoi aiutanti a bordo e una
decina di addetti alla movimentazione in acqua del legname.
L’individuazione dell’approdo
non era mai agevole, le insidie
alla navigazione celate in quelle
acque poco conosciute rendevano le fasi d’avvicinamento
estremamente delicate. Infatti il
punto nave costiero era
impossibile per l’assoluta mancanza
di luoghi salienti e quello astronomico alquanto approssimato a causa
dell’inaffidabilità degli orizzonti
equatoriali.
Il radar da 10 cm di lunghezza
d’onda riusciva a malapena a
evidenziare gli evanescenti e
indifferenziati echi della fitta
vegetazione, le carte nautiche più
particolareggiate coprivano tratti di
costa paragonabili per estensione a
quello tra Portofino e Capo Mele.
Perciò, quando effettuavamo
l’atterraggio dopo qualche giorno di
navigazione stimata, non riuscivamo mai a centrare il bersaglio al
primo colpo. Era inevitabile mettere
DI
NAVEGANTI
MARIO TRAVERSI
T ’ indovinn-i sùbito chi son.
Camminn-an sciù e zù
sensa perde de vista o mà,
comme ochin sensa ae
che no pèuan ciu xoà.
Naveganti.
Erboi sbattùi in sà e in là
e stracoae sensa reixi
a-a fin de ’na stanca giornà.
Anno XI n°55 - Novembre 2009
la “Nevada” su una rotta parallela
alla costa alla distanza di un paio di
miglia, confidando nel fiuto del
comandante o in un’abborracciata
retta di sole per la scelta della
direzione verso sinistra o verso
dritta. Dal ponte di comando tutti i
binocoli puntavano la striscia di
sabbia orlata di vegetazione, attenti
a cogliere il minimo segnale di
discontinuità, lo sventolio di una
bandiera sbiadita, un’antenna, un
palo a strisce biancorosse.
Il primo ufficiale ripeteva incessantemente la chiamata con il VHF,
finché da terra non giungeva la
sospirata risposta: «O.K. Nevada, vi
vediamo a cinque miglia a sud ovest
da noi, vi usciamo incontro con la
motobarca».
In quelle circostanze ero destinato
all’ecoscandaglio, con l’incarico di
comunicare ad alta voce a intervalli
Compagni de donne
che in fondo no conoscian,
coscì comme i figgi,
frùti de abrassi aspresciae,
pòsae a-o levà de àncoe
e tiae sciù con fadiga da-e moae.
Naveganti.
Ti èi riconosci fra tanti.
Quende se ferman
pe accendise ’na sigaretta,
allargan e gambe
VillaCambiaso
regolari la profondità sotto la
chiglia.
Una volta, dopo quasi due ore di
infruttuosa ricerca a pendolo lungo
un tratto di litorale della Costa
d’Avorio, il comandante esternò
al primo ufficiale la propria
perplessità sulla nostra posizione. Mi sembrò spiritoso e
sdrammatizzante suggerire
l’invio a terra di una lancia per
acquistare una cartolina del
luogo. Il comandante, un
tedesco poco incline all’umorismo mediterraneo, non la
prese affatto bene: «Alliefo!
–grugnì severamente– A bordo
non afere moneta pe kartoline.
Prendi binokolo e va’ a fare
vedetta sulla normale!».
Trenta secondi dopo ero già in
controplancia, ad arrostire sotto
il sole equatoriale, incollato al
binocolo. La zona nella quale ci
trovavamo era quella giusta, e
infatti eravamo stati avvistati.
Ma un malfunzionamento in
trasmissione dell’apparato VHF
dell’insediamento aveva
vanificato ogni tentativo di
risposta alle nostre chiamate.
Così a terra accesero un fuoco
nel quale furono gettate foglie e
rami verdi in quantità. Nella calma
equatoriale le spesse volute di fumo,
ben visibili nel cielo al di sopra degli
alberi, ci guidarono con assoluta
precisione verso il punto d’ancoraggio, distante all’incirca sei
miglia. Tre quarti d’ora dopo la
“Nevada” diede fondo all’ancora, e
così terminò anche la mia “punizione”, in definitiva più che sopportabile. Ma da allora, e per la restante
durata del mio imbarco, mi astenni
scrupolosamente da ogni battuta di
spirito, soprattutto in presenza del
comandante.
C.L.C. Angelo Bergero
pe no perde l’equilibrio.
…Pe ’n attimo son ancun a bordo.
Quande se imbarcan pe l’ùrtimo porto,
pà squauxi de sentì
a sirena do vapore ch’èì ciamma.
Chi resta in scìa banchinn-a
o salùa sensa rendise conto
che sta votta o viàggio
o l’è sensa ritorno.
(Varazze 1998)
VillaCambiaso
A.LP.
Anno XI n°55 - Novembre 2009
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LEON PANCALDO
Nuove rivelazioni sulla vita del grande navigatore savonese
S
u invito del capitano di lungo
corso, G. Franco Recagno, ex
compagno alle Scuole Pie dei Padri
Scolopi di Savona e carissimo
amico da una vita, mi accingo a
parlare di uno dei miei eroi savonesi
preferiti: Leon Pancaldo, riscoperto
dall’editoria ligure. Cominciamo
dai libri freschi di stampa per poi
risalire a quelli più antichi.
Furio Ciciliot, della Società
savonese di storia patria ha
recentemente dedicato al grande
navigatore un libro dal titolo Leon
Pancaldo da Magellano a Buenos
Aires, pubblicato all’inizio di
quest’anno dai Fratelli Frilli Editori
di Genova, anche a cura del centro
studi Paolo Emilio Taviani. Un
volume pregevole ed ottimamente
documentato, di un ricercatore
attento e preciso. Lo storico editore
savonese Marco Sabatelli, dal canto
suo, ha pubblicato, sempre
quest’anno, La spedizione di
Magellano e Leon Pancaldo
savonese, dell’autore Nanni De
Marco. Questa è una accurata
rappresentazione di quella che fu la
vita del navigatore, pilota del
portoghese Ferdinando Magellano.
A me è parso opportuno questo
risveglio di interesse degli editori
liguri per il personaggio, in quanto
era dall’ottima opera di Guido
Mazzitelli: La spedizione di
Magellano e Leone Pancaldo
savonese (Sabatelli Editore - 2001)
che non se ne parlava più. Insomma,
sugli scaffali delle librerie italiane,
Leon Pancaldo, è il caso di dirlo,
risultava disperso in un mare di
volumi. Era latitante. Io stesso, ho
scritto un libro su di lui, ancora
inedito ma depositato presso
l’editore Marco Frilli, dal titolo
L’Odissea di Leon Pancaldo. Il
primo savonese a parlarci di lui, nel
XVI secolo, è il grande cronista
(meglio dire storico) savonese,
Giovanni Vincenzo Verzellino.
Dunque, Giovanni Vincenzo
Verzellino ci parla per la prima volta
di Leon e della sua impresa. Ci
rivela che abitava in una grande casa
di via Scarzeria, ubicata di fronte
alla chiesa di San Francesco a poca
distanza dell’antichissimo pozzo
del terreno (XII
secolo). Poco
dopo il suo dalla
circumnavigazione del globo
ed aver stipulato
un patto con il re
Portoghese, di
cui parlerò più
avanti, fece
dipingere sul
muro la sua
effige, con i
seguenti versi da
lui composti: “io
sono Leon
P a n c a l d o
Savonese, che il
mondo tutto
rivoltai a tondo”
( S u c c e s s i v amente, attorno al
1530 si trasferì
n e l l a To r r e
Pancalda, di Corso A. Ricci), ci
precisa i nomi dei suoi parenti, della
moglie (Teresa detta la “Selvaggia”)
della sua famiglia (i Romano), dei
nipoti. Ma Verzellino fa anche una
rivelazione straordinaria e poco
nota: Pancaldo aveva scritto una
relazione del suo viaggio con
Ferdinando Magellano! Non vi fu
dunque, unicamente, il notissimo
resoconto del nobile vicentino
Antonio Pigafetta, uno dei
sopravvissuti della spedizione di
Magellano. Ma si scopre che
esisteva un diario, mai ritrovato, di
Leon (probabilmente, almeno
quattro o cinque altri navigatori
superstiti fecero delle relazioni, i
roiteiros, andate perdute). Giovanni
Battista Spotorno, in un’opera del
1826, rileva che il Verzellino, per
primo, asserì che Pancaldo aveva
scritto un resoconto di quel viaggio
ma per la disattenzione di chi lo
possedeva, andò smarrito”. Chi
smarrì il racconto del nostromo
savonese? Sicuramente, uno degli
eredi. Un nipote. Forse, a quei
tempi, non davano –si trattava di
gente semplice– troppa importanza
al diario di bordo di un marinaio.
Anche se era un manoscritto del
pilota di Ferdinando Magellano in
persona!
Torre Pancalda
C.so Ricci, Savona
Leon Pancaldo nacque a Savona
intorno al 1482, da un a famiglia
discretamente agiata. Quando
Cristoforo Colombo scoprì il nuovo
Mondo, lui aveva soltanto una
decina d’anni; verosimilmente, la
sua prima gioventù venne caratterizzata da quel clima di grandi
avventure e spedizioni marittime
esplorative. Non va a tale proposito
dimenticato che Diego, figlio
maggiore di Colombo, nominò, con
atto notarile redatto nell’anno 1514
in Santo Domingo, Leon Pancaldo
suo procuratore, nel processo
promosso dalla famiglia dei Cuneo
al nonno paterno. La sua vita è,
logicamente, indissociabile da
quella dell’ammiraglio portoghese
Ferdinando Magellano (Fernao De
Magalhes). Dove si conobbero i
due? È probabile un’ipotesi: che si
fossero già incontrati prima della
grande spedizione delle cinque
navi, partita da San Lucar de
Barramela il 21 settembre 1519, per
volere di Carlo V. Altrimenti perché
Magellano avrebbe dovuto
sceglierlo come primo pilota della
caravella ammiraglia, la Trinidad?
Si erano conosciuti nelle Indie? È
possibile. Il portoghese c’era stato
come sobresaliente (marinaio e
combattente) e poi, per molti anni,
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A.LP.
Anno XI n°55 - Novembre 2009
VillaCambiaso
come Capitano. Pancaldo? Forse,
scogliere la Santjago (60 tsl)
navi, Santa Maria e Conception,
faceva parte dell’equipaggio di una
Un’altra nave la Sant’Antonio (120
partiranno nel settembre del1536 da
flotta portoghese. Fatto sta che lui
tsl) si era ammutinata ed era tornata
Cadice e percorerranno la rotta di
viene scelto come pilota della
in Spagna, scoprendo nel viaggio di
Magellano. Ma verso la fine
grande spedizione finanziata e
ritorno le Isole Maldive.
dell’anno successivo, nelle
voluta da Carlo V. Magellano, a cui
Leon Pancaldo aveva deciso di
vicinanze dello Stretto di
il re portoghese Manuel aveva
rimanere sulla Trinidad. Ma verrà
Magellano, la Conception andrà a
rifiutato i finanziamenti per
catturato dai portoghesi.
picco con modalità non chiare
l’impresa, era passato al servizio
Trasportato, assieme ad altri
(probabilmente Vivaldi era troppo
della Spagna, con carte nautiche e
membri dell’equipaggio, alle Isole
giovane ed inesperto per una
documenti trafugati dagli archivi
della Sonda, vi rimarrà per tre anni.
traversata così pericolosa).
lusitani dal suo amico cartografo ed
Poi, liberato (molti altri moriranno,
Torneranno indietro con la Santa
astronomo, Ruy Faleiro.
tra cui il coraggioso genovese
Maria ma sul Rio de la Plata, la
Quest’ultimo, tuttavia, non parBattitsta Ponzorone che dopo
piccola nave andrà ad incagliarsi. I
tecipò alla grande impresa della
l’uccisione di Magellano divenne di
conquistadores di Pedro de
circumnavigazione del globo. Carlo
fatto, per voler degli equipaggi, il
Mendoza, fondatori di Buenos
V aveva preferito circondare
capo della spedizione o comunque
Aires, che erano allo stremo delle
Magellano di capitani spagnoli.
l’uomo a cui fare riferimento),
forze e privi di viveri, s’imConcedendogli soltanto venti suoi
potrà, dopo oltre 8 anni tornare a
padronirono del carico della Santa
amici portoghesi come membri dei
Savona. Si vedrà offrire soldi dai
Maria, firmando delle cambiali che
cinque equipaggi. Magellano si
portoghesi per non disegnare mappe
non verranno onorate. Accuse e
fidava, particolarmente, di tre
e dare comunque informazioni atte a
contro accuse. Il governatore
persone: Antonio Pigafetta, di
consentire ad altre potenze di
spagnolo intenta una causa a
nobile famiglia Vicentina segretarealizzare lo stesso viaggio
Pancaldo (la presenza di due schiavi
rio, che venne imbarcato come,
(particolarmente interessato al
a bordo della Santa Maria).
criado (gentiluomo addetto alla
progetto era il re di Francia).
Pancaldo si rivolge ai tribunali di
persona del capitano generale, in
Sarà però, anche perché amareggiaBuenos Aires per ottenere i
pratica uomo di fiducia) del
to dai soprusi dei genovesi (alleati
pagamenti dovuti alla Casa de
genovese Battista Ponzorone che
degli spagnoli per i quali tanto
Contractaciòn di Valencia, che a sua
aveva la funzione di terzo ufficiale
aveva dato) nei confronti della
volta, citerà in tribunale il capitano
della Trinidad, e di Leon Pancaldo.
rivale Savona (alleata dei francesi),
Pietro Vivaldi per la perdita della
Va ricordato che l’equipaggio
Pancaldo, terminato il periodo di
Conception. Poi Pancaldo, rovinato,
straniero più numeroso era
accordo di segretezza con i
deluso, malato, muore in quella che
composto da ventisei Italiani, di cui
portoghesi, riprenderà il mare alla
oggi è appunto la città di Buenos
20 erano liguri e ben 5 savonesi. (3
volta del Perù, assieme al comanAires, sembra nell’agosto del 1540.
imbarcarono sull’ammiraglia
dante varazzino Pietro Vivaldi. Due
I c o n q u i s t a d o re s s p a g n o l i
Tr i n i d a d ) . Q u a n d o
attribuiranno la sua
Magellano venne ucciso
scomparsa ad un agguato
Il Capitano di Macchina Massimo Galloro, attualmente imbarcato su
una nave da crociera, ha inviato alla Redazione una poesia scritta da
dagli indigeni dell’Isola di
degli indigeni delle terre
una donna che ha perso il padre durante il naufragio del 1984 della nave
Mactan (Oceano Pacifico)
interne.
A tale proposito
“Tito Campanella” nelle acque del Golfo di Biscaglia.
dopo aver scoperto lo Stretto
resteranno molti dubbi.
Mi manchi, mi manchi da morire!
(il passaggio tra i due
Mi sia consentita, da ultimo,
Non c’è giorno che tu non sei nei miei pensieri!
Oceani) era il 27 aprile del
una annotazione personale.
Vivo di ricordi, quei pochi che posso avere
1522.
Da giovane, avrei voluto
rivedo i tuoi occhi dentro ai miei,
fare il capitano di mare e,
Antonio Pigafetta sbarcò
sorrido nello stesso modo in cui lo facevi tu,
cammino come camminavi tu.
invece, (incompatibilità con
dalla Trinidad (110 tsl) e
Stesso carattere, stessi modi di fare!!!
le scienze matematiche,
proseguì il viaggio sulla
Guardo e riguardo le nostre foto,
astronomiche, ecc.) ho fatto
Victoria (75 tsl), è questa la
quelle che ci ritraggono insieme.
Felici ed ignari che ci saremmo dovuti separare così presto…
il giornalista. Saluto gli ex
nave che compirà l’ intera
Sono passati 21 anni, la tua piccolina è diventata una donna ormai,
compagni di scuola
circumnavigazione del
una donna che vorrebbe averti vicino ogni giorno,
fortunati che, invece, dagli
globo, giungendo a Siviglia
che vorrebbe guardare i tuoi occhi,
Scolopi sono andati
nell’ agosto del 1522 con
che vorrebbe vederti entrare da quella porta,
che vorrebbe più di ogni altra cosa un tuo abbraccio,
direttamente al Nautico
diciotto superstiti (tra i quali
un tuo sorriso, un tuo rimprovero…
Leon Pancaldo: oltre a G.
il savonese Martino de
Io, una donna che vorrebbe solo te, il suo papà!
Franco Recagno, Antonio
Judicibus).
So che sei con me in ogni istante,
so che mi dai la forza di rialzarmi ogni volta che sto per cadere,
Un’altra caravella la
Ferrando, Angelo Cafueri e
so che da lassù mi proteggi come il migliore degli angeli
Conception (90 tsl) era stata
Stefano Rapetti. Se ho
e mi abbracci ogni volta che ne ho bisogno…
data alle fiamme per
dimenticato alcuni di loro, li
Lo so che ci sei papà e so che ci sarai sempre…
decisione di uno dei capitani
ricorderò in un prossimo
ma ci sono giorni in cui il vuoto mi assale!
Sento la tua mancanza troppo forte..
spagnoli, Juan Sebastian
articolo.
..mi manchi da morire papà…!!!!!!
Elcano. All’imbocco dello
La tua piccolina…
Stretto, era finita sulle
Franco Ivaldo
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Novembre 2009 - Villa Cambiaso