La soledad sonora
di Juan Ramón Jiménez, composta tra il 1907 e il 1908,
pubblicata per la prima volta nel 1911.
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Il sintagma “soledad sonora” è presente
anche in opere precedenti:
Elegías puras, VI:
«¡Oh soledad sonora! ¡Mi corazón
sereno / se abre, como un tesoro, al
soplo de tu brisa!», vv. 3-4
«Ruinas», I, da Poemas mágicos
y dolientes :
Nadie..., ni voz, ni voto... La
soledad sonora, / plena de ritmos
de oro y de muda elocuencia»,
vv. 5-6.
Bibliografia consultata:
J. R. Jiménez, Obra poética, Madrid, Esapsa
Calpe, 2005.
R. Soto Rivera, La presencia de algunos
motivos del “Cántico Espiritual” de S. Juan de
la Cruz en “La soledad sonora” de J. R.
Jiménez., Puerto Rico, Univ. de Puerto Rico,
1998.
Evidenze formali utili per ricostruire il
dialogo intertestuale tra i testi di Jiménez e
le Canciones di San Juan de la Cruz:
Associazione della “soledad sonora” al “soplo
de tu brisa”, ovverosia al “silbo de los aires
amorosos” del testo giovanneo.
Associazione della “soledad sonora” alla “muda
elocuencia”, ovverosia alla “música callada”
del testo giovanneo.
Poema introduttivo a La soledad sonora (all’opera nella sua globalità)
Poema pórtico
Soledad coronada de rosas, ¡quién pudiera
aprisionar tu cuerpo de sol y de armonía;
estar dentro de ti toda esta primavera
de sangre, de hojas secas y de melancolía!
¡Que latiera, en un sueño, tu corazón sonoro
sobre mi corazón sediento de ideales;
que mi palabra fuese la palabra de oro
de tus inagotables y puros manantiales!
Ay! quién, iluminando la sombra alucinada
que corona de espinas mi pálida tristeza,
pudiera ser tu amor, oh, diosa coronada
de rosas, soledad, madre de belleza!
Il libro di poesie, intitolato La soledad sonora,
è suddiviso in tre sezioni (La soledad sonora,
La flauta y el arroyo, Rosas de cada día). È’
dedicato, nella sua globalità, a una donna
(Luise Grimm) di cui il poeta si era invaghito
senza essere, a quanto pare, corrisposto.
Nell’epigrafe di apertura alla prima sezione
(che così recita: La soledad sonora...S. Juan
de la Cruz) , l’autore rende esplicito il proprio
debito, o la presenza di un particolare legame
intertestuale, con le Canciones del mistico
carmelitano.
Evidenze formali utili per ricostruire il
dialogo intertestuale tra i testi di Jiménez e
le Canciones di San Juan de la Cruz:
Come l’amata delle Canciones giovannee
dinanzi all’insostenibile sguardo dell’Amato e
alle emozioni che questi scatena nel suo
animo, il poeta Jiménez individua nella
soledad sonora la fonte della propria
ispirazione ed espressività.
Da: “La soledad sonora” (I sezione, lirica IX).
1–9
Mi frente tiene luz de luna; por mis manos
hay rosas y jazmines de algún jardín
doliente;
mi corazón da música lejana de pianos
y mi llorar es de agua nostálgica de fuente
Vive una mujer dentro de mi carne de
hombre;
siete ríos de plata prestan ritmo a mi lira;
la boca se me inunda de un encanto sin
nombre
cuando sonríe a la ilusión, cuando
suspira.....
Evidenze formali:
Allo sdoppiamento della voce poetica in voce
femminile (amada) e maschile (Amado),
corrisponde, qui , l’introiezione dell’elemento
femminile nel corpo maschile.
Acqua cristallina, fonte, tratti argentini (“tus
semblantes plateados” in Canciones, qui “mi
frente tiene luz de luna”, essendo la luna per lo
più raffigurata come “de plata”) sono immagini
ricorrenti in tutto il libro.
"¡Oh cristalina fuente, si en esos tus semblantes plateados
formases de repente
los ojos deseados
que tengo en mis entrañas dibujados!“
[...] Vuélvete, paloma,
que el ciervo vulnerado por el otero asoma....(S. Juan de la Cruz, Canciones)
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La soledad sonora (sez. 1- lirica n. XXXV)
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¡Fuente seca y ruinosa, ya no eres
más que piedra!
-oh, antigua voz de plata! oh dulce y
clara fuente!
¡un ruiseñor, se asoma a tu fosa y la
hiedra
cuelga de ti, lo mismo que una
hermosa indolente!
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¡Palacio abandonado de un agua, te
callaste,
como mi vida, harta de tanta triste
historia,
y hoy el sol de la tarde sueña en lo
que dejaste
como un agua de oro que canta en tu
memoria!
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Evidenze formali:
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Si evoca, in originale metamorfosi, l’immagine
della fonte cristallina giovannea, tra le cui
acque affiora il volto dell’Amato. Qui, però,
sulle acque della fonte, si affaccia un
usignolo (simbolo tradizionale del poeta) e
non il “ciervo vulnerado” (possibile simbolo
cristologico) delle Canciones. La fonte, un
tempo dalla voce argentina (“de plata”) e
dall’acqua “dulce y clara”, si è ora
prosciugata; è addirittura in rovina, come la
vita interiore del nostro poeta, sulla quale si è
rovesciata tanta tristezza. Il canto aureo della
fonte - ovverosia la voce interiore del poeta
(data l’equivalenza fonte=vita deducibile dallo
stesso testo)- potrà, perciò, ormai risuonare
solo nella memoria (antica musa ispiratrice di
ogni creazione artistica).
“De flores y esmeraldas
en las frescas mañanas escogidas,
haremos las guirnaldas,
en tu amor florecidas
y en un cabello mío entretejidas”.
[...] el aspirar del aire,
el canto de la dulce filomena...
Rosas de cada día (sezione 3, lirica n. 27)
Canta otro ruiseñor
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Evidenze formali:
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L’usignolo dell’epigrafe permette di identicare il poeta
con un usignolo (il “canto de la dulce filomena).
La “ghirlanda” di “fiori e smeraldi” è, in San Juan,
metafora dell’intreccio di amore (“en tu amor
florecidas”) e “bellezza” (“el cabello” dell’amata) che
sugella l’unione dell’amata con l’Amato. Nel poema di
Jiménez è metafora (o similitudine) di secondo grado
(metafora di un usignolo che è, a sua volta, metafora
del poeta), la quale ricalca e rafforza l’immagine del
poeta come impasto di illusioni e poesia.
La domanda, riportata nel corpo del poema di Jiménez,
individua nella gola il centro di irradiazione della poesia.
La gola, in quanto metafora gustativa, ma anche
peculiare variante del corporeo, figura nel prologo alle
Canciones, e all’interno delle stesse, come canale di
comunicazione privilegiato per l’interiorizzazione della
scienza mistica (“ciencia muy sabrosa”, secondo il
mistico carmelitano, che “no se entiende”, ma “se
sabe”, anzi “se gusta”). Qui è luogo in cui le emozioni
(la melancolía) si traducono in pura, semplice,
essenziale, corporea, poesia.
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¿Qué tienes ruiseñor, dentro de la
garganta,
que haces rosas de plata de tu
melancolía?
Pareces una errante guirnalda azul,
que canta
todo lo que en la sombra es ensueño
y poesía...
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¡Oh, prado de verduras,
de flores esmaltados!...
[...] al toque de centella,
al adobado vino,
emisiones del balsamo divino.
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Evidenze formali:
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Nelle Canciones di S. Juan de la Cruz i fiori del campo
si immaginano “smaltati” in quanto frutto del passaggio
miracoloso dell’Amato e della sua sfolgorante bellezza.
Anche nel poema di Jiménez si percepiscono
“smaltati”. Sono, però, germinazioni dovute
all’irrigazione straordinaria prodotta dagli occhi, dolci e
umanissimi, di una fanciulla ( o bambina) smarrita. Si
registra un’interessante inversione dei ruoli. L’amata è,
nel testo giovanneo, colei che, per inseguire l’Amato, al
cui passaggio i prati fioriscono assumendo colorazioni
straordinariamente brillanti (esmaltados), si fa
“perdidiza” pur di esser “ganada”. In Jiménez è la
bimba smarrita e dallo sguardo dolce a farsi parte attiva
e a provocare il fenomeno di quella eccezionale
fioritura.
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Nel testo di Jiménez, l’effluvio che si sprigiona dai fiori
diventa dolce e potente balsamo (dolce) che si riversa
sull’anima afflitta da ansie/passioni (cuidados) e la
sospinge là dove, “diamante soleado”, può
abbandonarsi e diventare tutt’uno con le proprie
“soledades”. Si riproduce, così, tra soleado/soledades
un gioco di parole molto simile a quello della Noche
giovannea (“oh noche que juntaste/Amado con amada,
amada en el Amato trasformada” ), dove ogni distanza
tra “amada” e “Amado” si dice annullata e l’esperienza
unitiva si dà come compiuta.
Soledad sonora ( I sez. , lirica n. XL)
Malvas, rosadas, celestes,
La florecillas del campo
esmaltan la orilla verde
del arroyo solitario
Parece como si una
niña perdida en el prado,
con sus ojos dulces las hubiese ido regando......
La brisa juega con ellas.
Oh qué olor! Un dulce bálsamo
se derrama sobre el alma
taladrada de cuidados;
y, un instante, se la lleva,
plácidamente, a un remanso
donde sueña soledades
el diamante soleado...
El aire azul tiene el alma
de las estrellas del campo;
malvas, rosadas, celestes,
las sombras pasan, soñando....
"la músca callada / la soledad sonora".
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La soledad sonora (Sez. 1, lirica n. VIII)
¿Sin música? Con música. No hay nadie
en el piano,
pero el ocaso sueña lo mismo que una
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lira...
Los versos que despiertan debajo de mi
mano
Le ponen letra de oro al cielo que delira....
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El flauto y el arroyo (sez. 2 – lirica n. 1)
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AL ARROYO Y A LA FLAUTA] [...]
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¿ Os oyen todos? Acaso
sólo os escucha mi alma?
¿sois silencio hecho de voces,
o sois voces apagadas?"
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Evidenze formali:
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In entrambe le strofe si evocano situazioni e atmosfere
simili a quelle irradiate dagli ossimori giovannei
“musica callada” e/o “soledad sonora”.
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CONCLUSIONI:
Il dettato poetico, in Jiménez, è chiaramente orientato
verso l’espressione di un’esperienza poetico-amorosa
terrena che si vorrebbe “divinizzare” tramite la forza
trasfiguratrice della poesia. Alcune note figurazioni
poetiche del mistico carmelitano vengono pertanto
assimilate, rovesciate e sfruttate per glorificare una
passione, tanto amorosa quanto poetica, totalmente
gravitante sull’umano-carnale.
A Jiménez non sfugge la forza espressiva della poesia
giovannea. In questa prima tappa creativa, cui
appartiene il testo in esame, egli cerca di
appropiarsene, non con finalità mistiche in senso
tradizionale ma piuttosto a glorificazione di un dio
personale, immanente, identificato con la natura infinita.
La poesia di Juan de la Cruz testimonia e sperimenta,
inoltre, un cammino di progressivo distacco dalle ansie
e dalle passioni del mondo, così come un
annichilimento della coscienza e dell’io personale. In
La soledad sonora di J. R. Jiménez si assiste, invece,
ad un sorta di glorificazione dell’io del poeta che si
autoproietta nella natura infinita, quasi a identificarsi
con la divinità.
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