La lettera del parroco
Imbarazzo! Spavento! Come si
può rimanere calmi di fronte a
tanta gente così contenta nel
giorno dell’entrata da parroco?
Si guarda in profondità dove gli
altri non vedono e ci si sente
inadeguati, ben lontani dalle
aspettative e, soprattutto, dal
modo di essere pastore di Gesù .
Così ciò che è stato detto e fatto
diventa l’occasione per un grande esame di coscienza, un
richiamo alla conversione e alla
responsabilità. Ma, soprattutto,
provo spavento perché mi
accorgo che il vero ostacolo alla
grazia del Signore sono proprio
io che, con la mia libertà, gli chiudo le porte per
paura; sì, vorrei cambiare, ma in fondo una voce
impiastricciata di finto buon senso ed equilibrio
suggerisce che, come si è vissuti fino adesso, si ha
un buon rapporto “qualità-prezzo”. Vedete, c’è
sempre il dubbio che facendo la volontà di Dio
peggiorino le cose dal punto di vista del rendiconto personale, vedo bene la fatica ma incerto è il
risultato a cui essa porta e così viene voglia di
lasciar perdere. E d’altra parte la riflessione
mossa dalla bella preghiera organizzata dai giovani il venerdì prima della festa patronale non va
nella stessa direzione? Siamo una bella comunità
piena di energia... perché uscire, collaborare con
altri, avvicinare persone nuove, sentirsi anche operativamente parte della Chiesa di Biella, aprirsi al
mondo intero ? Sembra faticoso solo il pensiero!
Rinunce, cambiamenti, incomprensioni, sacrifici,... e
per che cosa? Stiamo andando bene così! E di fronte
a questo mondo in crisi del quale tanto ci lamentiamo, cosa in realtà stiamo facendo? La regola è
sopravvivere, difenderci con le unghie per mantenere diritti acquisiti, abbiamo paura ad andare in fuga
verso il bene perché pensiamo di non trascinare nessuno, di rimanere soli e di perdere tutto. Le porte
dei nostri cuori sono sbarrate con la
paura, come il luogo dove si trovavano gli apostoli per timore dei Giudei e
se, in questo tempo, vogliamo veramente pregare dobbiamo dire:
“Signore con la tua grazia entra in me
malgrado me, rafforza la mia fede
nella tua Resurrezione, convincimi
con la tua presenza che perdendo la
vita la ritrovo” . Gesù nella sua vita
ha scommesso sulla bontà del Padre e
del cuore dell’uomo, perché noi no?
E’ questo il problema che impedisce
oggi al mondo di partire, non c’è nessuno disposto a morire per lui, come
diceva San Paolo: "Si trova a stento
un uomo disposto a morire per un
giusto”. L’orizzonte! Le nostre scelte sono dettate
da un orizzonte che, malgrado l’annuncio della
Pasqua, si chiude sulle nostre tombe invece di squarciarsi e lasciare contemplare il paradiso. Chi vede
più in là, chi crede in Cristo risorto le scelte coraggiose le fa. In mezzo a tanti pensieri non la sentite la
voce che vi spinge ad andare oltre, che vi “manda “
a porre in questa terra segni della presenza di Dio?
E’lo Spirito Santo che grida e geme nelle vostre
profondità per convincervi sull’infinito ed eterno
amore di Dio per l’uomo! Diamogli spazio, prendiamoci qualche momento di quiete per sedimentare le
voci della fretta e dell’urgenza e riscoprire questa
presenza amica, sulla quale possiamo tranquillamente progettare solidamente e a lungo termine.
Mentre ancora vi ringrazio per quella bella settimana di preghiera, festa e riflessione, e ho viva
l’immagine dei vostri sorrisi, prego il Signore che
forzi le nostre paure, entri là dove tutto è chiuso,
porti la pace della sua presenza e ci aiuti a comprendere che la vita è così abbondante che non è il
caso di preoccuparsi di perderla.
Il Signore è risorto, a tutti un caloroso “benvenuti
alla vita!”
Don Filippo
La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove
si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: “Pace a
voi! ”. Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”. Dopo
aver detto questo, alitò su di loro e disse: “Ricevete lo Spirito Santo” (Gv 20,19-22).
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“Cristo è risuscitato...
camminiamo in una vita nuova”
FUNZIONI RELIGIOSE
Rom 6
Memling, Trittico della Resurrezione (particolare)
28 marzo DOMENICA DELLE PALME - Ore 9,45 Gesù entra in Gerusalemme
Processione con i rami di ulivo e celebrazione dell’Eucarestia
Ore 16 Celebrazione del Sacramento della Riconciliazione con la confessione individuale
1 aprile GIOVEDÌ SANTO - Ore 18 Messa della Cena del Signore
Conclusione della “Quaresima di Fraternità” - dopo la Messa prosegue
l’adorazione fino a tarda sera
Ore 21 Celebrazione del Sacramento della Riconciliazione con la confessione individuale
2 aprile VENERDÌ SANTO - Ore 16 Celebrazione della Passione e Morte del Signore
Ore 20,45 Via Crucis in città con il Vescovo inizia davanti all’ospedale
3 aprile SABATO SANTO
Ore 21 Liturgia della “Veglia Pasquale” e celebrazione dell’Eucarestia
nella Resurrezione del Signore
4 aprile PASQUA DI RESSUREZIONE
Ore 8,30 - 9 (in via Lazio), 10 - 11,30 - 18: Sante Messe comunitarie, 17,30 Vespri
5 aprile LUNEDÌ DI PASQUA - Ore 7,30 - 8,30 e 18,30 Celebrazione dell’Eucarestia
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La comunità di San Paolo
ha accolto il suo Pastore
Domenica 24 gennaio nel corso della festa patronale
nella Conversione di San Paolo
Una giornata memorabile, domenica 24, per la
nostra comunità, che nel corso della festa patronale nel ricordo della Conversione di San Paolo ha
gioiosamente salutato l’ingresso ufficiale del
nuovo pastore don Filippo Nelva. Un ingresso
atteso e preparato da una serie di precedenti iniziative di incontro, di riflessione e di preghiera,
culminate la vigilia, sabato 23, nell’affollato concerto di clarinetto e pianoforte, degno preludio
alla grande festa.
Malgrado il gelo polare, una folla commossa e
festosa è affluita alle 15 sul sagrato, nell’attesa
impaziente del nuovo pastore, giunto con semplicità a piedi accompagnato da alcuni dei “suoi”
ragazzi e accolto da una grande ovazione. Tra gli
astanti spiccavano la mamma Paola, emozionata e
felice, e le sorelle Anna e Maria, con i famigliari.
Il primo saluto a don Filippo è venuto dal nuovo
priore Ivo Dato, che a nome di tutti gli ha assicurato affetto, vicinanza e collaborazione, indi ha
preso la parola il sindaco di Biella Dino Gentile che era affiancato dal presidente provinciale
Roberto Simonetti - tributando al festeggiato un
sincero omaggio di amicizia e di stima, con l’augurio di “Buona strada” nel ricordo della trascorsa comune militanza fra gli Scout, e consegnandogli in simbolico dono un quadro raffigurante la
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basilica di Oropa, “affinché la Madonna nera, la
nostra mamma, ti possa proteggere in questa tua
nuova e importante opera!”. Indi don Filippo è
stato vestito con la cotta e la stola dal vicario episcopale mons. Gianni Sacchi - che nel formulargli
affettuosamente i propri personali auguri ha rievocato i dieci anni da viceparroco trascorsi proprio a
San Paolo -, per poi recarsi sotto la guida dello
stesso mons. Sacchi a prendere possesso dei luoghi del suo nuovo ministero: il battistero, ovvero
il luogo dove i cristiani, ricevendo il sacramento
del Battesimo, rinascono dall’acqua e dallo
Spirito Santo, entrando a far parte della Chiesa di
Dio, il confessionale, dove i fedeli ricevono il
sacramento della riconciliazione, e infine il tabernacolo, destinato alla custodia dell’Eucaristia.
Nella chiesa gremita all’inverosimile si sono levati i canti dei fedeli. Folta la rappresentanza dei
sacerdoti sull’altare, attorniati da uno stuolo di
chierichetti. “Il rito di ingresso del nuovo parroco
- ha detto mons. Sacchi - prevede da parte mia la
sua presentazione alla comunità. Ometto questa
parte, perchè non c’è alcun bisogno di presentarvi don Filippo”. Infatti tutti lo conosciamo e lo
apprezziamo: il nostro nuovo parroco fu già a San
Paolo da seminarista; dopo l’ordinazione sacerdotale avvenuta il 13 maggio 2001, vi è stato nominato vice-parroco, a fianco di don Tullio Vitale e,
dopo la dimissioni di questi, nel gennaio 2009 gli
è stato conferito dal vescovo l’incarico di amministratore parrocchiale. In tale veste don Filippo ha
vissuto un anno fa, il 18 marzo, con tutta la comunità, la tragedia dell’improvvisa scomparsa, per
fatale incidente in montagna, del suo parroco e
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maestro. Don Tullio Vitale è stato sovente ricordato con affetto e commozione, domenica, nel
corso della celebrazione, a cominciare dallo stesso mons. Sacchi, che a San Paolo fu viceparroco
per molti anni al suo fianco.
IL GIORNO DI DON FILIPPO
Indi don Filippo ha celebrato la sua prima messa
come parroco. Nell’omelia, ricacciando coraggiosamente l’emozione, ha prima di tutto ricordato
affettuosamente don Vitale e le feconde discussioni, a volte animate, che ebbe spesso con lui; indi
si è riferito all’esempio di San Paolo, “una pista
da seguire, un modello per vivere il Vangelo. San
Paolo - ha proseguito - anche prima della conversione cercava il Signore con cuore sincero, sbagliando in buona fede. E a chi lo cerca il Signore
non resiste. Così va incontro a Saulo, e Saulo
rimane accecato da quella presenza abbagliante,
troppe cose gli sono rivelate in un solo istante.
Capisce che quel Gesù che era stato crocifisso
era Dio, e stava parlando proprio a lui, suo acerrimo nemico... Così sperimenta immediatamente
la grande misericordia di Dio, che viene a cercarci malgrado ci allontaniamo continuamente da
Lui con i nostri peccati. Questo sconvolge la vita
di Saulo: il comprendere che Dio è Amore infinito. Ma deve fare ancora un passo, come ci dice la
Scrittura, deve andare da Anania e così Saulo
capisce un’altra cosa: che Dio era presente in
quelle persone che lui riteneva essere nell’errore
e che stava perseguitando. Come dobbiamo camminare noi come comunità, per seguire San
Paolo?” - si è chiesto poi don Filippo. “Siamo
chiusi, forse anche perchè siamo una comunità
numerosa al cui interno ogni gruppo pensa troppo a se stesso, una comunità numerosa con tante
energie, che non sente il bisogno di aprire le finestre verso l’esterno, verso tutte le persone che
vivono la fede come noi, ma anche verso tutte
quelle in tutto il mondo che cercano il Signore, la
verità, con cuore sincero. Dobbiamo imparare a
dialogare, insieme, per costruire un mondo
nuovo, tessere rapporti, diventare una comunità
missionaria, se vogliamo seguire l’esempio di San
Paolo... Il mondo cambia, i nostri ragazzi vanno
in tutto il mondo - ha proseguito - eppure si
rafforzano i muri di separazione. Ma vanno
abbattuti: dobbiamo essere tutti uniti, dobbiamo
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essere fratelli e annunciare la Parola, in gioco c’è
il mondo nuovo, c’è la pace. Dio è presente a chi
lo cerca con cuore sincero”.
Promesse e ringraziamenti
Nel corso della celebrazione della Messa, il vicario mons. Gianni Sacchi ha invitato don Filippo a
rinnovare le promesse fatte al momento della sua
ordinazione a sacerdote.
A ognuna delle domande (“Vuoi esercitare con
perseveranza il tuo ufficio...?”, “Vuoi adempiere
degnamente e sapientemente il ministero della
parola e della predicazione...?”, “Vuoi celebrare
con devozione e fedeltà i misteri di Cristo...?”,
ecc:), don Filippo ha risposto “Sì lo voglio!”.
“Prometti al nostro Vescovo e ai suoi successori ha proseguito mons. Sacchi - filiale rispetto e
obbedienza!” - “Prometto!”. “Dio che ha iniziato
in te la sua opera, la porti a compimento”, ha
concluso ritualmente il vicario.
Al termine della solenne celebrazione il parroco
del Duomo canonico Carlo Gariazzo così si è rivolto a don Filippo: “Carissimo, già da subito a
livello personale ti ho espresso la mia soddisfazione e la mia gioia di saperti parroco di questa
parrocchia che già conosci e che ami da sempre e
che, adesso, il Signore ti chiede di guidare come
pastore. Anche a nome di tutti i preti della città, ti
voglio dare il benvenuto nella nostra comunità
sacerdotale, nella quale ti accogliamo con tanto
affetto impegnandoci con fraternità e amicizia.
Da te ci aspettiamo molto: primo, perchè sei il
più giovane tra noi; secondo, perchè sei parroco
della parrocchia più numerosa e importante non
solo della città, ma della diocesi e quindi, proprio
per l’ampiezza di esperienza che ti è data da vivere in questa comunità, avrai molto da donarci!...
Collaboreremo insieme. Ancora benvenuto”.
Il priore uscente Franco Pellanda ha quindi salutato don Filippo, rievocando la gioia spontanea che
aveva pervaso tutti i fedeli all’annuncio della sua
nomina da parte del vescovo, avvenuta il 29 ottobre 2009; ha ricordato che la comunità parrocchiale ha voluto offrire simbolicamente in regalo
al nuovo parroco l’avvenuto restauro delle porte
della chiesa e della casa parrocchiale e gli ha consegnato un piccolo ricordo: una medaglietta raffigurante il santo curato d’Ars, patrono dei parroci
e di tutti i preti: “Vogliamo così esprimere il desiderio di camminare con te lungo le strade che Dio
ci indicherà...”. Un altro regalo è venuto a don
Filippo dai catechisti: una straordinaria serie di
disegni fatti da loro stessi. Un riconoscimento consegnato dalla “priora” Raffaella - è andato
anche a don Gabriele Leone, dal giugno 2009 vice
parroco stimato e apprezzato, che ha ricevuto il
Raccolti 13.000 euro per il restauro delle porte
Come è noto, don Filippo, per celebrare il suo ingresso come parroco fra di noi, ha voluto un solo
regalo: il restauro delle porte della chiesa (già in gran parte effettuato). E la comunità ha risposto di
slancio: le offerte espressamente destinate a coprire la spesa sono rapidamente giunte a quota
13.000 euro. Sufficienti a compensare il costo dei lavori sinora compiuti, pari a 11.600 euro, cui però
si aggiungerà il costo dei restanti restauri e della definitiva sistemazione delle bussole e delle porte
interne della chiesa.
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dono senza poter dissimulare la propria sorpresa
emozione.
Al termine della celebrazione don Filippo ha
voluto porgere a tutti i suoi personali ringraziamenti. Ancora a don Tullio, indimenticabile, di
cui ha ricordato con rimpianto il comportamento
amico e, insieme, “quel suo sorriso paterno,
furbo, simpatico e allo stesso tempo misterioso”.
Ha poi ringraziato don Giorgio Roncan e don
Oreste Ramella, “che con la loro preghiera, la
loro fede, esperienza e saggezza sono qui d’esempio per tutti noi”. Ha ringraziato il vicario generale “che per noi rimane don Gianni e che tanto ha
fatto per la nostra comunità”, i viceparroci “passati i questa parrocchia, che sono venuti a incontrare e a preparare i ragazzi, e tutti i confratelli
sacerdoti e diaconi”. “E poi - ha proseguito - non
posso dimenticare Jole, la sorella di don Tullio,
che in questi anni è stata per me una seconda
mamma. E don Gabriele, con cui vivo da qualche
mese, un vero amico, che ha portato una sferzata
di fede e una energia nuova... oltre a un notevole
aumento del rumore, in casa parrocchiale!”. I
ringraziamenti sono continuati a lungo, comprendendo il priore uscente Franco Pellanda e la
moglie Mariangiola... “che gli eventi hanno portato a vivere un anno difficile...”, il nuovo priore
Ivo Dato “con la moglie Raffaella e la sua bella
famiglia...”, il Consiglio pastorale e la Confraternita, composti da “persone preziose...”, il Sindaco
e le autorità “con cui nel rispetto dei rispettivi
ruoli vorremmo collaborare per il bene della
nostra città e in particolare nell’educazione dei
giovani”. Ha poi unito tutti, vecchi e giovani, in
un abbraccio ideale: “Mi avete fatto crescere con
voi, siete la comunità dove ho sempre vissuto e
che mi ha educato... vi chiedo di pregare ancora
tanto per me, perchè il Signore mi aiuti a non
combinare troppi guai e a essere fedele agli impegni che oggi ho rinnovato”.
Tutti insieme in amicizia
A cerimonia conclusa, i parrocchiani e gli invitati
si sono recati nel grande salone sotto la chiesa,
dove era stata allestita dai solerti cuochi sanpaolini una sontuosa “merenda sinoira”, con gustosi
innumerevoli spuntini. Ma non sono mancati - a
sorpresa - un fumante risotto e alla fine una
straordinaria torta decorata con l’immagine dalla
chiesa. Allegria e brindisi in amicizia, nella più
schietta tradizione della comunità cristiana di San
Paolo.
Una cerimonia di ringraziamento in chiesa, nel
tardo pomeriggio, conclusa con il solenne canto
del Te Deum, ha siglato la fine della festosa giornata.
cp
(Fotoservizio Sergio Fighera)
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La preparazione all’ingresso del parroco:
otto giorni di incontri, preghiere ed eventi
L’ingresso del nostro nuovo parroco don Filippo Nelva è stato preceduto da una serie di eventi preparatori cui ha collaborato con fervore l’intera comunità di San Paolo. Di seguito le significative tappe che hanno segnato il “cammino” verso la fatidica giornata del 24 gennaio.
SABATO 16 GENNAIO
I giovani stretti accanto al “loro” parroco
Un falò per don Filippo
dopo un festoso spettacolo
C’è stata una sera, non molto tempo fa, in cui è accaduto qualcosa di speciale in parrocchia: una persona
estranea che avesse visto ciò che stava accadendo sicuramente ne sarebbe stata affascinata e attirata, e avrebbe voluto prendervi parte. Perché avrebbe visto un
grande cerchio luminoso, con al centro quattro grandi
fuochi. Poi, guardando meglio, si sarebbe accorto che
il cerchio luminoso non era formato da una sola luce,
ma da tanti piccoli lumi, uno per persona. Quanto gli
sarebbe piaciuto poter tenere anche lui un lume e mettersi nel cerchio!
In quella sera speciale, che tutti voi ben ricordate, la
nostra comunità si è raccolta attorno a don Filippo, e
ha pregato specialmente per lui, ma non solo. Infatti da
quel grande cerchio luminoso si è levata anche una
forte preghiera per tutta la comunità, che deve essere
ben visibile a tutti, che deve affascinare e attirare le
persone con la sua grande luce.
Ma perché è nato tutto questo? Per quale motivo? La
risposta è facile: per festeggiare il nuovo parroco! E
allora, quale modo migliore se non organizzare una
bella serata, tutti assieme, tutti i gruppi della parrocchia, e fare uno spettacolo che raccontasse un po’ chi è
questo don Filippo (che nessuno conosce!), e magari
pregare anche un po’ per
lui e per noi. Così ci si è
messi al lavoro, e il
risultato finale (“Don
Filippo tra passato e
futuro”) è stato, credo,
qualcosa di indimenticabile: perché, oltre alle
risate e al divertimento,
si è riusciti anche a
lasciare in tutti una gran
gioia, un senso di appartenenza alla comunità
più forte di prima; tutti
avevamo il nostro lume
tra le mani, e tutti facevamo parte del cerchio,
l’uno accanto all’altro.
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Questa è stata la festa di tutti, dove ognuno si è potuto
sentire partecipe. Ma noi ragazzi, abbiamo voluto
andare oltre, fare qualcosa di più per mettere in pratica
lo spirito di unione della serata. Anche in questo caso,
ne è nato qualcosa di indimenticabile: quaranta di noi,
quella notte, si sono fermati a dormire in parrocchia,
assieme a don Filippo.
Che senso ha, ci si potrebbe chiedere, dormire scomodi
e al freddo quando a pochi minuti ognuno di noi ha un
comodo letto caldo? Beh, il senso di tutto è proprio da
cercare nello spirito d’unione per il quale avevamo pregato poco prima: perché, per essere uniti, non basta
trovarsi qualche ora la settimana, non basta salutarsi
per strada, non basta pregare assieme: per essere uniti
bisogna innanzi tutto vivere assieme, in comunità, condividendo tutto ciò che si ha e che si fa. Così il dormire
assieme, seppur al freddo e scomodi, il mangiare assieme, seppur poco e sempre scomodi, il lavorare assieme, ci ha unito più di tutto, e ci ha fatto conoscere
profondamente. Certo, qualche sacrificio l’abbiamo
fatto, ma n’è valsa la pena!
Dicevo che abbiamo lavorato assieme: infatti, dopo la
nottata, per tutta la domenica ci siamo messi all’opera
per ripulire la parrocchia, in tutti i suoi antri più bui e
lerci, dove voi umani non potete nemmeno immaginare
quale tipo di improbabili nefandezze si nascondessero(anche per colpa dell’ultimo viceparroco, che in
nove anni non ci ha mai pensato a ripulire un po’, anzi,
ha alimentato il caos e la nefandezza degli angoli più
remoti!). E’ stato un lavoro faticoso, ma che ci ha
comunque fatto conoscere e divertire.
E poi è arrivata la sera, e l’ora di lasciarci: quello spirito di unione che ci aveva mosso, che ci aveva fatto
stare bene tutti assieme, quando poi tornammo a casa,
ci diede ancora un dono: il ricordo bellissimo del
week-end trascorso, e la gioia di aver fatto qualcosa di
buono, non solo per noi!
Andrea Conz
MARTEDI' 19 GENNAIO
Incontro con don Carlo Bonasio, prete novarese
Dalla gente di chiesa
alla chiesa della gente
Con chi fare una riflessione sul rapporto fra il parroco
e la sua parrocchia, nell’imminenza dell’entrata in
carica di don Filippo? C’erano alcune ragioni per scartare un altro parroco di Biella, ha spiegato don
Gabriele Leone martedì 19 gennaio: fra queste, la
ricerca di orizzonti diversi, che offrissero la possibilità
di un migliore confronto. La Diocesi di Biella ha legami con quella di Novara visto, fra l’altro, che tre nostri
seminaristi vanno a studiare a Novara, e che vi sono
già stati incontri e relazioni reciproche. Così la sera del
19 gennaio abbiamo potuto ascoltare il parroco di
Sant’Agabio in Novara, don Carlo Bonasio, accompagnato da una sua parrocchiana, la psicopedagogista
Maria Mattioli, che hanno illustrato il tema della serata: “La relazione parroco-parrocchia” sulla scorta
della loro esperienza.
Un’esperienza lunga e articolata, quella di don
Bonasio, approdato nel 2000 a Sant’Agabio provenendo dalla parrocchia di San Francesco, da lui stesso fondata venticinque anni prima con due ex compagni di
seminario, in un quartiere nuovo che si è gradatamente
popolato. E’ ferma convinzione di don Bonasio che
non bisogna “costruire gente di chiesa”, ma “la chiesa
della gente”. E si è mosso in questa direzione. Difficile
riassumere in poche righe la lunga appassionata esposizione dell’oratore, che ha cercato di comunicare con
la massima efficacia il suo modus operandi fra i propri
parrocchiani, improntato alla praticità e al pragmatismo, attraverso un Consiglio pastorale radicalmente
rinnovato e gruppi di lavoro fortemente motivati a
occuparsi dei numerosi problemi di una parrocchia di
circa tredicimila abitanti, posta in un quartiere popolare (oggi con le numerose fabbriche quasi tutte chiuse)
e con un’alta percentuale di immigrati. Rispondendo
ad una domanda del pubblico, don Bonasio ha illustrato la sua maniera alternativa di fare missione e avvicinare chi dalla Chiesa è lontano: attendendolo “al
varco”, nelle centinaia di occasioni annue in cui si
ricorre alla cerimonia religiosa: battesimi, matrimoni,
funerali. Per esempio ai battesimi: “Ottanta battesimi
(all’anno, ndr) sono centosessanta genitori, più i
padrini, i parenti e i conoscenti... abbiamo dovuto fare
due turni al mese, perchè altrimenti la chiesa straripava e non si riusciva a combinare niente. Così più di
cinque non ne facciamo, perchè la chiesa si riempie
con duecento persone. Come lo faccio quel battesimo?
Cerco di farlo in modo tale che le persone che sono lì
in quei trentacinque minuti, quaranta minuti al massimo, lo vivano fino in fondo. Poi non rivedrò più la
gran parte di quelle persone, ma intanto le ho incontrate senza aver dovuto andare a cercarle da un’altra
parte...”. E così via.
L’ampia e diffusa esposizione della “parrocchiana”
Maria Mattioli, che ha fatto seguito alla interessante
relazione di don Bonasio, ha messo ancor più in risalto
l’incisiva azione del parroco: “... ci siamo resi conto
da subito, quando è arrivato, che lo sguardo che don
Carlo aveva sulla nostra comunità era completamente
diverso, da tutti i punti di vista, nel bene e nel male:
sono occorsi tempo e pazienza reciproca, nel cammino
che abbiamo fatto insieme in questi dieci anni... ci si
doveva rimettere in gioco, annullare le perplessità... il
parroco nuovo porta delle verità e occorre fondare la
relazione su una conoscenza profonda e motivata...
come sempre è un discorso di equilibrio tra le parti, di
sintesi fra quello che lui aveva in mente, nel cuore,
dove voleva portare la nostra comunità, e quelli che
erano invece le idee, i contributi che ognuno di noi
poteva offrire. Don Carlo ha sempre avuto le idee
chiare innanzitutto in una cosa, nel riconoscerci come
laici corresponsabili nella conduzione della comunità...”.
E’ stata una serata interessante e coinvolgente, come
hanno dimostrato i numerosi interventi che sono seguiti, postillati dalle risposte dei due relatori. E’ disponibile la lunga trascrizione integrale della serata stessa,
che riteniamo potrà essere messa a disposizione di chi
la richiederà.
cp
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VENERDI’ 22 GENNAIO
Uniti in preghiera
per le confessioni
Una comunità matura è una comunità che è capace di
guardare non solo ai propri punti di forza, ma anche
alle proprie debolezze. Che sa crescere e rinnovarsi, e
non si adagia sui traguardi già raggiunti.
Questo il senso della celebrazione penitenziale sul
tema “Misericordia e vita di comunità”, che ha riscosso lo scorso venerdì 22 gennaio una partecipazione
insperata.
Qual è l’immagine della nostra parrocchia? Quella di
una comunità piena di energie e di iniziative, che tuttavia risulta talvolta poco accogliente e non sempre
unita: la scenetta iniziale, che vedeva protagonisti un
inedito San Paolo e il suo “scriba” Terzo, ha cercato di
riassumere in poche battute i risultati della riflessione
che noi del gruppo giovani Mumble avevamo fatto in
precedenza, e che probabilmente ha espresso il pensiero di molti anche tra gli adulti.
A dispetto di qualche disguido organizzativo, siamo
piuttosto orgogliosi: per la prima volta è approdato a
San Paolo il “Rito per la riconciliazione di più penitenti con la confessione e l’assoluzione individuale”.
Un rito comunitario fortemente auspicato dal Concilio
Vaticano II, molto impegnativo ma coinvolgente, a
giudicare dalle impressioni “a caldo” che abbiamo
raccolto nei giorni successivi da parrocchiani di tutte
le età.
A guidarci in questo momento di preparazione il
nostro Vescovo, mons. Gabriele Mana; mentre numerosi sacerdoti della diocesi hanno dato man forte a don
Filippo e don Gabriele per le confessioni individuali,
che non sarebbero state possibili altrimenti.
Dato il successo di questa prima celebrazione penitenziale, speriamo che ne possano seguire presto
altre. E, soprattutto, ci auguriamo che la nostra
comunità possa lavorare sui propri punti deboli, concedendosi ogni tanto momenti di riflessione come
questo.
I giovani del gruppo Mumble
IVO DATO, IL NUOVO PRIORE
La storica confraternita dei Santi Paolo ed Elisabetta ha eletto ai primi di gennaio nuovo Priore per
l'anno 2010 il dottor Ivo Dato, cinquantenne, medico urologo presso l'Asl di Biella; è sposato con
Raffaella Cravero, medico nefrologo. Ha tre figli: Luciano, studente di ingegneria navale a Genova,
Letizia liceale e la piccola Irene Maria. Il dottor Dato è presidente dei Medici Cattolici. Seguendo
l'esempio della sua famiglia, è da sempre assai vicino alla parrocchia, frequentando la chiesa e
prendendo parte alle varie attività: è stato animatore e catechista. Qui il nuovo Priore durante l'accoglienza a don Filippo nuovo parroco; alla sua sinistra il Priore uscente Franco Pellanda e il
Sindaco di Biella prof. Dino Gentile.
(Foto Sergio Fighera)
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SABATO 23 GENNAIO
Un festoso concerto
di clarinetto e pianoforte
L'ultima manifestazione prima del solenne ingresso di
don Filippo parroco in San Paolo si è svolta la sera
precedente, sabato 23 gennaio: un applaudito concerto
in chiesa del duo Marco Andreoletti al clarinetto e
Mariagrazia Gazzola al pianoforte. Chiesa gremita,
grande attesa. I due musicisti hanno dimostrato grande
maestria e attenta preparazione.
Il giovane biellese Andreoletti, classe 1980, diplomato
al Conservatorio di Novara con importanti riconoscimenti, ha conseguito premi importanti in concorsi
nazionali, ricoprendo più volte il posto di primo clarinetto in prestigiose formazioni orchestrali italiane e
straniere. Ha inciso colonne sonore e affianca all'attività artistica quella di docente del suo strumento presso istituti musicali della provincia di Vercelli.
Mariagrazia Gazzola, bergamasca, ha terminato a soli
17 anni gli studi musicali nella sua città, diplomandosi
con il massimo dei voti e approfondendo la preparazione al Conservatorio di Milano, sino all'incontro con
il maestro Alexander Jenner alla Hochschule di
Vienna, che segna una svolta nel suo percorso artistico. Dopo una proficua esperienza con il Trio di
Trieste, ha proseguito gli studi con il Wiener Schubert
Trio. Ha vinto diversi concorsi nazionali e internazionali.
Il programma presentato a San Paolo è stato vario e
interessante. Nella prima parte la Première Rapsodie
di Claude Debussy è stata seguita dalla "Habanera"
dalla Carmen di Georges Bizet e dall'aria "O mio babbino caro" tratta dall'opera Gianni Schicchi di Giaco-
Il clarinettista Marco Andreoletti
durante la sua esibizione in San Paolo
mo Puccini, terminando con la Five Bagatelles di
Gerald Finzi, fra i convinti applausi. Nell'intervallo, il
presidente dell'Associazione Famiglie di San Paolo,
Gianpiero Vallivero, ha rivolto a don Filippo un cordiale discorso di benvenuto.
La seconda parte del concerto è iniziata con il
Concertino di Carl M. Weber, ancora Debussy con "La
Fille aux cheveux de lin", indi una Sonata di Francis
Poulenc. Il celebre "Ave Verum" di Wolfgang
Amadeus Mozart, dai passaggi mistici e coinvolgenti,
ha concluso la bella serata, non senza alcune repliche... a furor di popolo.
LA SACRA SINDONE
VISIBILE DAL
10 APRILE AL 23 MAGGIO
Una grande opportunità di visitare la Sindone nella cattedrale di Torino: l'ostensione dell'immagine - misteriosa
per la scienza, sfida per l'intelligenza, come l'ha definita
Giovanni Paolo II - avrà luogo dal 10 aprile al 23 maggio
prossimi. Secondo il cardinale Severino Poletto, arcivescovo di Torino, "per i credenti la Sindone è un grande
segno della Passione di Cristo. Per noi oggi è richiamo
forte a contemplare, nell'immagine, il dolore di ogni
uomo...". Il pellegrinaggio a Torino della diocesi di Biella
è previsto per sabato 17 aprile. Il Papa sarà a Torino il 2
maggio, per cui la tradizionale processione a Oropa della
Città di Biella quest’anno avverrà domenica 9 maggio.
Venerdì 9 aprile alle ore 21 in parrocchia si terrà un
incontro di approfondimento sulla Sindone.
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Gli ex vice chiamati a San Paolo
Che cosa significa diventare parroco?
Ore 9,30 di uno dei tanti sabato mattina in cui avviene la temuta (… visto l’orario) riunione dei giovani catechisti delle medie ed il sottoscritto esordisce dicendo: "Per accogliere il futuro parroco, si
è deciso di organizzare una mostra di disegni fatti da quelli del catechismo, ma cosa potremmo
fare per sensibilizzarli a questo evento?" Dopo un primo momento di smarrimento (non so se per
l’appannamento dei sensi, la difficoltà della domanda o entrambe le cose) ecco che si fa largo l’idea di chiamare qualcuno a spiegare cosa voglia dire diventare parroco, ma chi? Vengono fatte le
proposte più strane, ma ad un certo punto prende piede l’ipotesi di chiamare gli ex-vice parroci di
san Paolo, ora parroci in ogni dove del Biellese, a testimoniare su cosa voglia dire che un vice di
san Paolo diventa parroco.
Passato il Natale, con un rapido giro di telefonate il tour degli ex-vice a san Paolo è presto organizzato e ad aprirlo, giovedì 7 gennaio con i bambini di quarta elementare, c’è don Andrea
Crevola, parroco a Ponderano e Borriana. Sabato 9 gennaio invece ne arrivano due: con i ragazzi
di prima media don Renato Bertolla, parroco a Sagliano Micca e Miagliano, e con i ragazzi di
seconda media don Gian Rocco Bombelli, parroco di Cerrione, Vergnasco e Magnonevolo. Lunedì
11 gennaio con i ragazzi del recupero delle medie, ecco invece don Mario Marchiori, parroco di
Quaregna e di Ronco di Cossato. Martedì 12 gennaio a parlare ai bambini di quinta elementare
ecco invece don Ugo Franzoi, parroco di Portula e Castagnea. E visto che il passaggio di questi
vice è stato così bello, si è pensato di invitarne uno a parlare anche a quelli della terza età e chi
chiamare se non colui che era vice ai loro tempi? Ecco allora che mercoledì 20 gennaio si è presentato don Albino Pizzato, parroco emerito del Piazzo, che ha intrattenuto i convenuti all’incontro.
Che dire di queste testimonianze? Mi è sembrato di capire che abbiano lasciato un segno un po’ in
tutti. In chi li ascoltava, un po’ perché era uno nuovo e un po’ perché
percepivano che era uno che aveva
vissuto san Paolo. In loro che parlavano, perché si poteva toccare la
loro emozione nel tornare qui, tanto
che nei loro racconti emergeva sempre qualche ricordo della loro esperienza sanpaolina. Infine in me che
me li sono sentiti tutti, perché ascoltando tutti gli ex-vice è come se
fossi entrato in una grande corrente,
una grande famiglia ed ognuno di
loro, senza accorgersene, mi ha insegnato qualcosa su come essere vice
a san Paolo. Dunque bilancio più che
in attivo alla fine di quest’esperienza,
che conferma ciò che dice un cantautore a me molto caro, in una sua
recente canzone: "Tutto passa e
tutto lascia traccia", tracce da seguire per camminare sempre più dietro
al Signore, sulla strada percorsa da
chi è passato prima di noi e con questo nuovo parroco a condurci.
Don Gabriele con la “priora” Raffaella Cravero
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don Gabriele
La Cappellina di S. Pio X in via Lazio
Non sono molti a conoscerla: un invito a frequentarla
"Perché la Cappellina di via Lazio, parroco?" chiesi durante un pranzo a don Tullio "E’ un segno! - mi rispose -. Con la nascita
del nuovo quartiere era importante la presenza del Signore". Così ecco questa chiesetta che pochi conoscono se non per averla
sentita nominare negli avvisi al termine
della Messa. Vi invito ad andare almeno a
vedere dov’è e, se potete, a partecipare alla
santa Messa festiva delle 9: troverete una
comunità familiare che prega molto bene.
Ma ora vogliamo chiederci: ha ancora senso
tenerla aperta? Non è un luogo di divisione?
Se la comunità è una non si dovrebbe andare tutti in parrocchia la domenica? In futuro
con il calo dei sacerdoti, come si farà a
mantenerla? Tutto vero, sono domande lecite, ma permettetemi di esporre alcune riflessioni. Una chiesetta dov'è custodita l’EuIl nuovo "gruppo di gestione" della cappella di via Lazio
carestia è sempre un grande dono! E’ la preaiutare il sacerdote e animare la liturgia. Il ricordo di
senza del Signore tra le nostre case, è importante,
bello. Ora il Signore abita là dove lo si lascia entrare e
Maria è ancora vivo in tutti noi per la cura e la dolcezsi sente accolto, quindi questo regalo, proprio perché
za con cui svolgeva questo compito. Ci è voluto un po’
così prezioso, non va tralasciato o si perderà. Siete voi,
di tempo per trovare qualcuno disposto a sostituirla. A
cari abitanti del quartiere che dovete prendere una
tutti sembrava pesante. Finalmente una persona,
decisione, se volete avere vicino il Signore e dedicargli
vedendo la voglia di pregare di chi frequenta la Capil tempo con l’impegno alla preghiera in cappellina,
pellina e sentendo alcune lamentele, mossa dalla
tenendola bene, abituando figli e nipoti a frequentarla e
carità, ha dato la sua disponibilità ed ecco, tutto è
chiedendo in parrocchia di aprirla a nuove iniziative.
stato semplice: letteralmente in pochi minuti altre sei
Vedete, se c’è il vostro interesse non c’è mancanza di
persone si sono dichiarate pronte a collaborare forpreti che tenga, ci si organizza e il tempo lo si trova
mando così il piccolo gruppo affiatato di gestione che
volentieri. E’ facile, basta incominciare! Forse tanti di
potete ora vedere nella foto. E’ così! Serve sempre
voi avvertono il problema, vorrebbero far di più ma
qualcuno che abbia il coraggio di rischiare e fare il
rimane la paura di essere soli, la quantità di tempo, il
primo passo, poi tutto si muove. Sono sei persone,
sentire il peso di
speriamo non rimangano le sole e che altri si aggretutta la responsaghino; si possono inventare tante cose, momenti di
bilità sulle spalpreghiera belli come il Rosario, recitato il mese di
le... Vorrei allora
maggio insieme a ragazzi e bambini, catechesi e tutto
raccontarvi un
ciò che il cuore vi suggerisce.
fatto di questi
Ma consentitemi ancora una osservazione sull’utilità di
giorni. Il Signore
questa cappellina: la parrocchia è molto estesa, arriva a
un paio di mesi fa
sud fino al Cottolengo compreso, a est fino alla casa
ha chiamato a sé
dopo il cartello di Candelo. Avere oltre alla chiesa di S.
la sig.ra Maria ToPaolo due luoghi dove si celebra la Santa Messa è
masini che in queun’opportunità per tutti gli anziani che, rimanendo soli
sti ultimi anni ha
e costretti ad andare a piedi, non potrebbero santificare
svolto il servizio,
la festa a causa della distanza. Cari residenti del
insieme ai suoi faVillaggio sportivo, non perdete questo dono e apprezmiliari, di tenere
zatelo: il Signore ha voluto porre la tenda in mezzo a
pulita e decorosa
voi, è un regalo unico da accogliere e non sprecare, per
la cappellina, acil bene della comunità!
Maria Tomasini Bocca.
cogliere la gente,
d. F.
Si occupava della cappella
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Giovani e anziani insieme per Natale
AUGURI MAI COSÌ GRADITI
Già dall’accoglienza abbiamo capito che era una cosa
seria!
Due giovanotti, vestiti da cerimonia, subito si sono
avvicinati e ci hanno chiesto se avessimo bisogno di
aiuto per fare gli scalini della chiesa.
Con baldanza abbiamo risposto loro: “Abbiamo la
canna che ci sorregge!”
In chiesa, la santa Messa è stata seguita con attenzione
e grande partecipazione nelle preghiere e nei canti
delle due corali, sempre molto brave. Il parroco ha parlato ai nonni con simpatia e incoraggiamento; ci ha
A tavola con i "cari vecchietti"
ERA TUTTO MOLTO BUONO...
Da quando sono entrato nel salone con qualche vecchietta sottobraccio, ho subito notato la ressa che
premeva per mettere via le giacche e mi sono
improvvisato per qualche minuto come ragazzoappendiabiti. Ma incominciavo a sentire anch'io i
sintomi della fame e sono andato in cerca di un posto
giù nel salone.
Appena ne ho visto uno, ho chiesto ai miei vicini se
era libero e tutti mi hanno detto "siiiiii" con un gran
sorrisone. Bene, mi sono presentato un po' ed erano
tutti interessati e mi ascoltavano, io chiedevo anche un
po' qua e là chi erano i miei vicini, se avessero nipoti a
San Paolo, se fossero legati alla parrocchia e perché...
l'idea generale è che la parrocchia fa delle cosi belle
iniziative... e poi c'è un rapporto di amicizia tra le mura
della chiesa, anche se non si conosce quello che hai
vicino nel banco quando sei a messa, tu l'hai gia visto
in chiesa 1000 volte e lui ha visto te 1000 volte e, sem-
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detto che dobbiamo trasmettere ai giovani quello che
sappiamo fare e ci ha proposto di raccontare loro la
nostra vita giovanile.
Dopo la Messa, accolte da simpatiche signorine, abbiamo lasciato i cappotti e ci siamo avviate verso il salone, già tutto pieno di gente allegra e contenta di ritrovarsi in un ambiente conosciuto.
Abbiamo ammirato i lavori fatti con abilità per abbellire il salone con colori vivaci; in particolare ci sono piaciuti molto gli angeli bianchi che erano appesi alla
volta. Sui tavoli apparecchiati con cura, abbiamo trovato come segna posto un grazioso Babbo Natale: grazie
per queste delicatezze!
I pranzo, servito da giovani pronti alle nostre richieste,
è stato favoloso.
A noi è piaciuto tutto; le verze ripiene, i “capunet”, ci
hanno fatto venire in mente il sapore e il profumo di
quando li faceva la nostra mamma.
Il vino poi... Dolcetto di Dogliani d.o.c. annata 2007!...
è stato apprezzato da uomini e donne.
Non è mancato il brio dei giovani di San Paolo che ci
hanno rallegrato con giochi e musiche, antiche e
modernissime: sono stati veramente scatenati! Il gioco
a quiz ha poi permesso di premiare parecchie persone.
Grazie per quanto avete fatto per noi; rimaniamo sempre gioiosamente stupite e ammirate per quanto sanno
donarsi le persone che rendono possibile tutto questo!
Luigina
pre secondo i miei compagni di pranzo, c'è un rapporto
speciale tra i parrocchiani. Ed erano tutti interessati
sulle figure del vice e del parroco, dicevano di essere
contenti perché sono giovani e coinvolgenti.
C'era molto spirito di competizione anche nella lotteria e nel gioco a quiz dove si indovinano le canzoni ed
è piaciuto il Carosello. I piatti sono stati un successo!
Si sono complimentati perchè era tutto molto buono e
al bis ho preso i piatti di quelli che lo desideravano e
gli ho messo ancora un po' di torta. Mi sono divertito
ad ascoltare le storie della gente e mi ha fatto piacere
che anche la gente mi ascoltasse cosi. Sono dei cari
vecchietti. Alla fine si sono divertiti! E si sono complimentati con tanta gente per il successo del pranzo.
Credo che la gente sia molto legata a noi ragazzi ed è
proprio per noi che la nostra parrocchia è cosi speciale, nel senso che è per le nostre attività che i parrocchiani sentono quel legame particolare... in ogni
caso...
Bella esperienza, per loro, per me.
Giovanni
S. Giovanni Maria Vianney parroco di Ars
Un santo profondo, semplice e che parlava chiaro
d.F.) - Essendoci riunioni clandestine in tutte le sale
della parrocchia e comprendendo che ingombravo ovunque, prima della festa patronale decisi di scappare per
riposare e prepararmi ma - dove andare? - mi chiesi. E’
l’anno sacerdotale, così decisi di andare ad Ars in pellegrinaggio dal patrono dei parroci. Sono rimasto colpito
da quest’uomo semplice, innamorato di Dio e preoccupatissimo per la grande responsabilità che aveva: la
conversione dei 250 abitanti di Ars. In un negozietto ho
acquistato un libretto con i suoi scritti e, essendo da solo
e avendo tempo, l’ho letteralmente divorato, colpito
dalla sua chiarezza e profondità. Sono testi che tutti sono
in grado di comprendere perché pensati da un semplice
per i semplici e, così, è nata l’idea di lasciar a san
Giovanni Maria lo spazio per una meditazione ai parrocchiani di S. Paolo. Allora lo ringraziamo per la sua
disponibilità e attentamente lo ascoltiamo:
“Dio è così buono che nonostante gli oltraggi che gli
facciamo, ci porta in Paradiso quasi nostro malgrado.
E’ come una mamma che porta in braccio il suo bambino al passaggio di un precipizio. E’ interamente impegnata ad evitare il pericolo, mentre il suo bambino non
smette di graffiarla e maltrattarla”.
“Ci sono due modi di soffrire: soffrire amando e soffrire senza amare. I santi soffrivano tutti con pazienza,
gioia e perseveranza perché amavano. Noi soffriamo
con rabbia, dispetto e noia, perché non amiamo. Se
amassimo Dio, saremmo felici di poter soffrire per
amore di Colui che ha accettato di soffrire per noi…voi
dite che è duro? No, è dolce, è consolante, è soave: è la
felicità…soltanto, bisogna amare quando si soffre, e
soffrire amando”.
“Colui che va incontro alla croce, cammina in senso
inverso alle croci: egli le incontra forse, ma è contento
di incontrarle: le ama, le porta con coraggio. Lo uniscono a nostro Signore. Lo purificano. Tolgono gli
ostacoli dal suo cuore e lo aiutano ad attraversare la
vita come un ponte aiuta a passare l’acqua. …così
quando si amano le croci, non se ne ha mai, ma, quando si respingono, vi si rimane schiacciati”.
Le tentazioni
“Come il buon soldato non ha paura del combattimento, così il buon cristiano non deve aver paura della tentazione. Tutti i soldati sono bravi in caserma: è sul
campo di battaglia che si fa la differenza tra coraggiosi
e codardi”.
“Ecco come il demonio si comporta di solito con i peccatori che ritornano a Dio. Li lascia gustare le dolcezze
dei primi momenti della loro conversione, perché sa
bene che non ci guadagnerebbe niente: sono troppo
fervorosi. Aspetta qualche mese finchè l’ardore sia
passato; poi comincia con il far trascurare loro la pre-
UNA VITA SEMPLICE E STRAORDINARIA
Il francese Giovanni Maria Battista Vianney, "il santo curato d'Ars", nacque a Dardilly nel 1786. Fu
un prete straordinario, amato per la sua bontà e la sua evangelica semplicità. I suoi Discorsi (postumi) sono un esempio di spontaneità e di efficacia. Nel 1818 fu nominato parroco di un paesino, Ars
appunto, vicino a Lione: gli inizi non furono affatto facili, ma a poco a poco quell'umile e piccolo
prete conquistò tutti i cuori. Morì fra le braccia dei suoi parrocchiani il 4 agosto 1859. Fu elevato
alla gloria degli altari il 31 maggio 1925.
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ghiera, i sacramenti, li attacca con diverse tentazioni. Poi vengono le grandi lotte: è allora
soprattutto che bisogna chiedere la grazia di
non lasciarsi abbattere. E se cadete? Non ascoltate il demonio che cerca sempre, dopo che ci
ha fatto fare il male, di gettarci nella disperazione”.
L’amore di Dio
e del prossimo
“…Mi chiederete, cosa vuol dire amare il buon
Dio sopra ogni cosa, e più di noi stessi?
Significa preferirlo a tutto ciò che è creato,
essere nella disposizione di perdere il proprio
bene, la propria reputazione, i genitori e gli
amici, i figli, il marito, la moglie e la vita stessa, piuttosto che commettere il minimo peccato
mortale… Se lo amiamo veramente, né le sofferenze, né le persecuzioni, né il disprezzo, né la
vita, né la morte potranno portarci via questo
amore che dobbiamo a Dio”.
“Noi stessi avvertiamo che se non amiamo il
buon Dio, possiamo solo essere infelici, molto
infelici. Se l’uomo è creato per amare il buon
Dio non può trovare la felicità che in Dio solo...
Se volete convincervi meglio, ecco, interrogate
le persone che vivono senza amare il buon
Dio…Un avaro non è più felice quando ha
molto di quando ha poco. E’ un ubriacone più
felice dopo aver bevuto il suo vino dove pensava di trovare tutto il suo piacere? Ne rimane più
infelice. Un orgoglioso non ha mai riposo, teme
sempre di essere disprezzato. Un vendicativo,
cercando di vendicarsi, non riesce a dormire ne
giorno ne notte. E perché non possiamo essere
felici in tutto quello che sembra poterci soddisfare? E’ che, essendo creati per Dio, Lui solo
potrà soddisfarci…”
“Ma, mi direte, come si può sapere se abbiamo
la Carità, senza la quale la nostra religione non
è che un fantasma? Anzitutto una persona che
ha la carità non è orgogliosa: non ama dominare sugli altri; non la sentite mai biasimare la
loro condotta; non ama parlare di ciò che fanno.
Una persona che ha la carità non esamina l’intenzione degli altri nelle loro azioni; non crede
mai di far meglio degli altri e non si mette mai
al di sopra del proprio vicino; al contrario, essa
crede che gli altri fanno sempre meglio di lei.
Vedete, per amare Dio non è necessario essere
molto eruditi, né molto ricchi; basta cercare di
piacere a Dio in tutto quello che facciamo; di
fare del bene a tutti, ai cattivi come ai buoni, a
quelli che lacerano la nostra reputazione, come
a quelli che ci amano…”.
San Giovanni Maria Vianney
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La benedizione
delle case
Inizierà martedì 6 aprile la benedizione
pasquale delle case. Provvederanno don
Filippo, don Gabriele e il diacono Gastone.
Nell'imminenza del passaggio, verrà esposto
un avviso nell'androne delle singole abitazioni.
"Giovani, tocca a voi ridare virtù alla politica"
L'invito del cardinal Bertone: farsi carico del bene comune
della persona dipende la
L'appello di Benedetto
virtù della società". In
XVI per una nuova genemaniera ancora più esplirazione di politici cattolici
cita: "Non esiste separaè rivolto soprattutto ai giozione tra etica individuale
vani. La Chiesa li invita a
ed etica sociale". Una retfarsi carico di un "esercititudine che "vale per tutti
zio di responsabile carità
i politici", ma i cattolici
verso il prossimo" e di una
devono essere consapevoli
missione "storica": quella
di avere "una missione
di restituire la virtù alla
nella storia, che è quella
politica, partendo dai comdi orientare la società a
portamenti responsabili.
valori superiori", senza i
Così a fine febbraio ha
quali, come scriveva don
parlato il cardinal Bertone
Sturzo, "tutto si deturpa e
al seminario di Riccione
la politica diviene mezzo
sul bene comune. Parole in
Il Cardinale Tarcisio Bertone
di arricchimento, l'econoassonanza con quelle promia arriva al furto e alla truffa". Serve, al contranunciate in precedenza dal cardinal Bagnasco,
rio, "una nuova generazione di politici cattolici",
presidente CEI, che auspicava "una generazione
contraddistinta dall'impegno a "iniettare buona e
nuova di italiani e di cattolici, che sentano la
nuova linfa nella società, orientandola alla virtù,
cosa pubblica come importante e alta e siano
con rettitudine e discernimento alla luce del
disposti per essa a dare il meglio di sé, del loro
Vangelo e della dottrina sociale della Chiesa".
pensiero, dei loro progetti e dei loro giorni".
Gente capace di superare il bivio tra utopia e
Sviluppando l'appello del Santo Padre, Bertone
disaffezione, come lo inquadrava Giovanni Paolo
ha continuato affermando che "la politica non è
II, ribaltando la prospettiva diffusa nella società
cosa sporca", bensì "l'amore degli amori", come
globalizzata, "dove il cambiamento si attende
diceva la Lubich. La chiamata della Chiesa ai
dall'alto", mentre "la sfida per la nuova generagiovani richiama all'insegnamento politico di
zione di politici cristiani è quella del cambiaTommaso Moro piuttosto che a quello, oggi parmento dal basso, dal territorio, dalle comunità
ticolarmente in voga, di Nicolò Machiavelli.
locali chiamate a contribuire al bene comune".
L'illustre porporato ha lanciato un vero e proprio
appello ai politici ad "orientare la propria vita e
(da P. Viana, "Avvenire")
le proprie relazioni alla virtù, poiché dalla virtù
Commento - Quante volte abbiamo sentito affermare: la politica è cosa sporca, stiamone alla
larga. E ancora: i cattolici non devono decidere per tutti gli italiani. Così abbiamo lanciato la spugna... così abbiamo preso le distanze, lasciando ad "altri" la gestione del bene comune, con i risultati che tutti abbiamo sotto gli occhi.
L'invito del cardinal Bertone si contrappone nettamente e clamorosamente (nell'odierno sbigottito
silenzio di molti, di troppi) a quella disaffezione per la politica che ha toccato livelli impressionanti. Sprona le comunità cristiane locali a lavorare per un cambiamento, a ripensare, formare e
proporre una nuova generazione di politici, consapevoli che è compito dei cattolici "orientare" la
società a valori superiori e al bene di tutti, non a quello di chi si mostri indifferente alla sorte dei
fratelli più sfortunati e insofferente nei confronti delle regole morali e civili. Sicuramente non è
facile. Ma non è mai tempo di gettare la spugna.
La redazione
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Voci dalla Valsavarenche
Dal turno animatori
La casa alpina, dal 26 al 28 dicembre, è stata
“infestata” da una cinquantina di animatori che
per tre giorni hanno vissuto in condivisione la
gioia di passare un po’ di tempo insieme e di farsi
una sciata in allegria.
L’intensità delle attività e dei valori vissuti in questo così poco tempo è difficile da riassumere in
poche righe… siamo passati dal discutere di temi
importanti, quali la giustizia, al gioco di travestirci in personaggi di film e cartoni animati in una
sorta di carnevale anticipato; da un tentativo di
olimpiade invernale improvvisata, trasformatasi in
una lotta a palle di neve, ad una veglia in cui
abbiamo condiviso i nostri sogni più profondi; da
preghiere e momenti liturgici al trasformarci in
sciatori e “sbobbatori” provetti. Insomma, in questi tre giorni ci siamo in continuazione trasformati
alternativamente in bambini e in adulti, riscoprendo il divertimento e la magia di un po’ di neve ma
anche il nostro crescere e le responsabilità che ne
derivano, per prendere sempre più consapevolezza
del nostro compito all’interno della parrocchia e
dell’importanza di trasmettere i giusti valori ai
ragazzi, che durante l’anno e nei campeggi ci
sono affidati.
Caterina
UN COMUNICATO AI NOSTRI FEDELI SPONSOR
Nello scorso numero di questo bollettino abbiamo inteso ringraziare i fedeli sponsor che da sempre contribuiscono ai costi di stampa con il loro prezioso contributo. Ma la malaugurata fretta ha fatto sì che l'elenco fosse
largamente incompleto, oltre che approssimativo nelle denominazioni. Nel fare ammenda, chiedendo scusa a
tutti (omessi e "mutilati"), elenchiamo intanto di seguito le aziende e gli enti che mancavano nell'elenco stesso: ACCONCIATURE MAESTRI MIRELLA, ANGELICO FACTORY STORE, BRIGLIA CARTA, COLOR GP COLORIFICIO, JEANTET PASTICCERIA, JOLLY CLUB, LABORATORIO ODONTOTECNICO CABRIO E GARIZIO,
MOVIMENTO CRISTIANO LAVORATORI, QUAREGNA GIARDINAGGIO, RAMELLA CERAMICHE, RISTORO
BIELLESE, ROMANA DOLCETTO DI DOGLIANI, ROMANO GALLERIA D'ARTE.
Elenchiamo inoltre nuovamente le aziende citate nel numero scorso, alcune delle quali, ripetiamo, erano riportate in maniera imprecisa: ACQUADRO DOLCIUMI, ACUSTICA BIELLESE, AIMONETTI TERMOIDRAULICA,
ANGELONE RICAMBI ELETTRODOMESTICI, ATHENA PALESTRA, BANDINI UTENSILMECCANICA, BELLISSIMA ABBIGLIAMENTO DONNA, BERTINETTI CICLI, BIELLA-LEGNO, BIVERBANCA, BORRIONE ONORANZE
FUNEBRI, BREGLIA TRASLOCHI, BRICIOLE D'ORO GOIELLERIA, CALLAN SCHOOL, CAMPAGNOLO CARROZZERIA, CLERICI PORTE BLINDATE, FARMACIA SAN PAOLO, FOSCALE LEGNAMI, FOTOTTICA SERGIO
FIGHERA, GARELLA AUTOSCUOLA, GHOST'S, HOTEL BUGELLA, IFAB POMPE FUNEBRI, IL GIROTONDO
ASILO NIDO, IL TRIFOGLIO PROFUMERIA, LA LUCCIOLA PIZZERIA, LANZA PIERINO EDILIZIA, LAZZARO
MOBILI, MARAZZATO SPURGO SERVICE, MAZZOLENI OTTICA, MEGA MARMI E GRANITI, MERAVIGLIA
ABBIGLIAMENTO DONNA, MIELE CUCINE, MONDO MAGLIA, MOSCA GASTRONOMIA, MOSCHETTO
PNEUMATICI, NOVARETTI FLORICOLTURA, NOVARETTI MATERIE TESSILI, PATTI PANETTERIA, PIZZERIA
SAN PAOLO, POCO LOCO VIAGGI, POSITANO PIZZERIA, RENALDO ASSICURAZIONI SAI, ROSSETTI PAVIMENTI, SERENISSIMA VIAGGI, SERGIO FIGHERA FOTOGRAFIA, SETTENOTTI MATERASSI, TINTORIA DI
SANDIGLIANO, TOTO ASSICURAZIONI, VIOTTI CONCESSIONARIA CITROEN, ZOO MARK.
Ancora un grande grazie a tutti!
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Dal turno SBAM (28-30 dicembre)
Neve, neve e ancora neve… sembrava che il
tempo non stesse volgendo al bello: in appena una
mezz’oretta, erano già scesi circa 50 cm; il tempo
non migliorava. Mentre noi ragazzi restavamo
incollati alle finestre per guardare la neve che dal
cielo cadeva lentamente e si posava sul terreno,
“qualcuno” era preoccupato di non riuscire a portarci a casa. “Qualcuno” continuava a spingere la
macchina in salita per evitare che scivolasse.
“Qualcuno” contattava continuamente l’autista
per sapere se sarebbe riuscito a venirci a prendere.
”Qualcuno” si chiedeva se il cibo che ci rimaneva
in casa fosse sufficiente nel caso fossimo stati
costretti a restare ancora per un giorno in Valsa;
noi ragazzi speravamo di rimanere bloccati nella
casa, per poter trascorrere ancora dei fantastici
giorni tutti insieme:c’era chi voleva prendere gli
sci per tornare a Biella, chi desiderava rimanere
con tutti i suoi amici, chi usciva fuori per stare
sotto la nevicata e poi rientrava coperto di neve;
chi era felice e bagnato anche solo dopo una rapidissima “sortita”. Però… ecco che, infine, si vede
un grande pullman arrivare in paese… la
magia,purtroppo, è finita!
Sara
Dal turno RUM
Come descrivere la mia esperienza al mio primo
campeggio invernale? Beh, sono stati tre giorni
davvero fantastici , non riesco a trovare altri aggettivi per descrivere quello che ho passato con i miei
amici del gruppo dopocresima RUM e don
Gabriele . In questo campeggio abbiamo fatto
molti progressi a livello di gruppo, infatti abbiamo
pianificato tutto quello che avremmo dovuto fare
nel corso dell’anno . Una cosa che non mi scorderò mai , a livello personale , è stato quando per
10 minuti siamo andati di notte appena fuori dalla
casa per stare un po’ da soli e cercare di ascoltare
quello che Dio aveva da dirci... quella volta successe davvero , per cui appena posso, anche se non
potrò mai avere a Biella quel silenzio che trovai
quella notte in Valsavarenche, cerco di pregare un
po’ per ascoltare i consigli che Dio ha da dirmi ; io
credo che la stessa cosa che è accaduta a me
potrebbe accadere a qualsiasi persona che crede.
Dio c’è: bisogna solo saper ascoltarlo.
Ovviamente il campeggio non è solo riflessione e
preghiera, è anche divertimento! Giocare sulla
neve lo puoi fare anche a Biella, ma in Valsa la
neve è più bella e più bianca che qui! In quei giorni ci siamo divertiti tantissimo a giocare a palle di
neve, fare le gare di pupazzi di neve per poi anda-
re a sabotare quelli degli altri e infine le “sbobbate” notturne sono state un divertimento pazzesco... e tutto senza televisione! ( non ce ne bisogno con tutti gli amici che hai e con la Valsavarenche a tua disposizione).
Per finire vorrei ringraziare il gruppo RUM e don
Gacio per i bei momenti passati insieme , e
Nostro Signore che ha reso possibile tutto questo.
Giacomo
Campeggi estivi 2010
Cari genitori, vi comunico le date dei campeggi
nella nostra Casa Alpina in Valsavarenche nella
speranza che i vostri figli partecipino a questa
bella esperienza. Nelle prossime riunioni del catechismo vi presenteremo in modo più dettagliato
l’iniziativa. Attenzione, le quote non hanno subito variazioni rispetto a quelle definitive dell’anno scorso grazie alla generosa eredità lasciata
alla parrocchia da don Tullio Vitale e, come è
stato negli ultimi anni, in caso di sovvenzioni da
parte del Comune o della Regione potranno ancora scendere. Nell’eventuale partecipazione di due
fratelli, il minore paga la metà.
don Filippo
1° turno 4ª elementare
14 - 19 GIUGNO - QUOTA € 115
2° turno 5ª elementare
20 - 26 GIUGNO - QUOTA € 134
3° turno 1ª media
27 GIUGNO - 3 LUGLIO - QUOTA € 134
4° turno 2ª media
4 - 11 LUGLIO - QUOTA € 153
5° turno 3ª media (gruppo RUM)
12 - 21 LUGLIO - QUOTA € 192
6° turno 1ª e 2ª sup. (gruppo SBAM)
21 - 30 LUGLIO - QUOTA € 192
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Il diritto al matrimonio e alla famiglia
Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo - Articolo 16
1. Uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza
alcuna limitazione di razza, cittadinanza e religione. Essi hanno uguali diritti riguardo al
matrimonio, durante il matrimonio e all'atto del suo scioglimento.
2. Il matrimonio potrà essere concluso soltanto con il libero e pieno consenso dei futuri coniugi.
3. La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta
dalla società e dallo Stato.
Intervista a don Sergio Nicolli, direttore dell’Ufficio Nazionale Famiglia, CEI, Roma
Nell’articolo 16 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, di cui
si sono celebrati i 60 anni, si fa riferimento al “diritto di sposarsi” e di
“fondare una famiglia”. Quali le radici di tali affermazioni, soprattutto in
riferimento al contesto storico in cui la Dichiarazione è stata pronunciata?
- Non so esattamente le radici storiche... Ritengo però che a quel tempo in
molte nazioni il diritto di sposarsi e di fare una famiglia incontrasse tanti divieti e condizionamenti: da parte delle famiglie di origine e da parte dei regimi
politici. Del resto questi condizionamenti non sono ancora del tutto scomparsi
in alcune culture e nazioni. Basta pensare che anche in Italia meno di un secolo fa erano i genitori a decidere quando un figlio - e soprattutto una figlia dovesse sposarsi e con chi sposarsi!
Si afferma un diritto in relazione allo “sposarsi”, al “matrimonio”, senza
darne alcuna definizione... A che cosa ti sembra faccia riferimento implicito? Il problema non è irrilevante se
si pensa che oggi più che mai siamo alla ricerca di valori civili, laici e condivisi.
- Sessant’anni fa esisteva più o meno una concezione univoca dello sposarsi e del contrarre matrimonio. Il matrimonio era concepito soltanto tra un uomo e una donna, lo si riteneva un patto definitivo e irreversibile, comportava dei
doveri nei confronti del coniuge e nei confronti dei figli che nascevano dal matrimonio.
Proprio perchè non si fa riferimento ai suoi contenuti ritenuti probabilmente impliciti nel “sentire” comune,
quanto ritieni che questo diritto sia veramente universale?
- Quando oggi si afferma che esistono ormai molti modi di fare famiglia e di intendere il matrimonio, io resto perplesso. Esiste certamente una pluralità e una diversificazione di progetti di vita all’interno del matrimonio, con notevoli diversificazioni circa le priorità da assegnare ai vari valori ed esperienze che lo caratterizzano, ma sono convinto che nelle aspirazioni profonde di ogni persona esiste in fondo un modello di unione coniugale: un amore eterno
che unisce due persone in modo esclusivo, con un bisogno istintivo (che spesso emerge dopo un certo tempo) di
allargare la famiglia ad altre creature umane. Mi rendo conto che questa è un’affermazione oggi contestata. Parto
però da due constatazioni che fanno parte della nostra esperienza quotidiana: il sogno degli innamorati e le attese
degli adolescenti.
Anche oggi i giovani, quando si innamorano, vivono un’esperienza forte che li proietta verso il futuro ed essi sognano - come avveniva cinquant’anni fa o mille anni fa - un amore eterno, che nulla e nessuno potrà mai mettere a
rischio. Mi ha fatto pensare, qualche tempo fa, l’episodio dei lucchetti del Ponte Milvio a Roma. E’ tradizione che
gli innamorati romani si rechino sul Ponte Milvio dopo aver acquistato un piccolo lucchetto con due chiavi; agganciano e chiudono il lucchetto a una catena avvolta intorno a un lampione, poi si baciano con effusione e, girando le
spalle al fiume, buttano insieme la piccola chiave nel Tevere. Non vi sembra questo un gesto altamente simbolico,
che esprime la convinzione che quell’amore sarà eterno, che nulla e nessuno potrà comprometterlo o spezzarlo?
Allora vuol dire che anche oggi, quando nasce, l’amore è fresco e coraggioso, carico di novità, ed è percepito come
indissolubile non in forza di una legge esterna, ma per una energia intrinseca all’amore.
In secondo luogo, è possibile affermare che anche oggi gli adolescenti sognano una famiglia unita, stabile, ricca di
relazioni positive. Anche le più recenti inchieste fra gli adolescenti e i giovani rivelano che, al primo posto tra i
valori importanti per la loro vita, oltre il 90% di essi pone la famiglia. Sono ragazzi che sperimentano continua-
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mente, anche sulla loro pelle, la fragilità delle famiglie; molti di essi vengono da famiglie divise e ricostituite e
portano dentro di sé i segni di grandi sofferenze: eppure, nonostante questo, essi sognano nel loro futuro “una bella
famiglia”.
L’Articolo prevede lo scioglimento della famiglia in riferimento all’esplicitazione di uguali diritti. Anche in
Italia, con la Legge n. 898 del 1970 si è reso possibile, a determinate condizioni, sciogliere il matrimonio
(divorzio). Allora come oggi tale avvenimento è stato letto come una grande conquista di libertà (in un certo
senso in modo coerente con quanto affermato dalla Dichiarazione Universale dei diritti individuali) e dalla
Chiesa cattolica come un elemento che avrebbe in modo irreversibile minato la convivenza civile. Come pensi
si possa coniugare l’aspirazione legittima del diritto individuale alle scelte (in questo caso il matrimonio) con
il riconoscimento del suo valore sociale?
- E’ giusto che un adulto abbia il diritto di decidere liberamente della sua vita, facendo i conti, se è credente, con la
sua responsabilità di fronte a Dio. Esiste però un limite alla libertà individuale: e questo limite è dato dal valore
delle altre persone e della loro libertà. Se uno si impegna per la vita con un’altra persona, per cambiare la sua decisione è indispensabile per lo meno che si confronti con questa persona. Se due coniugi hanno messo il mondo dei
figli, non possono decidere della propria vita senza riconoscere che è primaria la loro responsabilità rispetto al bene
dei figli che hanno generato.
E’ chiaro che non si può costringere a stare insieme due persone sposate che ormai non hanno più nulla da spartire e
che anzi si fanno continuamente del male. Perfino la Chiesa in certi casi “ammette la separazione fisica degli sposi e
la fine della loro coabitazione” (Direttorio di pastorale familiare per la Chiesa in Italia, n. 207). La responsabilità
vicendevole e soprattutto la responsabilità verso i figli richiede che gli sposi, prima di decidere la separazione, facciano tutto il possibile per ritrovare l’armonia e comunque tengano conto dei diritti di altre persone coinvolte (il
coniuge e i figli).
Il valore sociale dell’accordo-matrimonio è oggi venuto meno, essendo in crescita la convivenza al di fuori di
esso. Perchè tante coppie ritengono che non abbia valore esplicitare tale accordo anche solo nei confronti
della comunità civile? Se penso alle coppie di amici o parenti che hanno scelto di convivere e di non sposarsi,
ritrovo spesso il rifiuto verso tutto quello che di convenzionale tale accordo richiede, specie se, almeno nel
nostro paese, viene vissuto come matrimonio religioso.
- La cultura di oggi assegna ai sentimenti un valore assoluto che fa parte esclusivamente della sfera individuale; l’amore è ritenuto un sentimento e pertanto la mentalità odierna induce a sottrarre la sfera dell’amore al controllo
sociale. Per questo esistono molte coppie che convivono semplicemente per una decisione personale e non trovano
necessario né giusto ratificare questa decisione pubblicamente davanti alla comunità civile o, per chi è credente,
ecclesiale.
Tuttavia sono convinto che non sono moltissime le coppie di conviventi che escludono in maniera categorica e
“ideologica” il matrimonio; la maggior parte delle coppie conviventi infatti intendono la loro vita insieme come
un’esperienza temporanea, cui segue, nella gran maggioranza dei casi, il matrimonio religioso.
Rispetto alla tendenza di “privatizzare” l’amore credo comunque che vada fatta una urgente e intensa opera di educazione, sia nel campo civile che in quello ecclesiale: l’amore fra due persone ha delle implicazioni determinanti per
la società come per la Chiesa, e non solo per la responsabilità nei confronti degli eventuali figli, ma anche perchè la
relazione di coppia e la vita familiare contengono un potenziale enorme che incide sulla vita sociale ed ecclesiale.
Nel campo religioso il nuovo rito mette in luce la valenza comunitaria del matrimonio: un sacramento donato non
solo agli sposi per se stessi ma donato, attraverso gli sposi, a tutta la comunità. E la pastorale familiare deve insistere molto di più nell’aiutare i fidanzati e gli sposi a percepire che fa parte della spiritualità coniugale e familiare
anche la consapevolezza di essere protagonisti della vita sociale: che l’amore non è un bene privato ma un “bene
comune”, che va messo a servizio della comunità e che la comunità deve difendere e promuovere.
Se abbiamo perso il senso del valore sociale della famiglia
anche solo nella sua dimensione laica, su quali elementi
pensi possiamo rifondare una lettura moderna dei diritti
contenuti nell’art. 16?
- C’è una grande “conversione” da operare anche nella vita
sociale e politica. Attualmente il matrimonio e la famiglia vengono ritenuti un bene privato; i figli sono considerati una realtà
privata della famiglia che li mette al mondo. E’ a questa concezione privatistica del matrimonio e della famiglia che si deve
l’attuale povertà (per non dire miseria) delle politiche familiari.
Se ci confrontiamo con buona parte dei Paesi europei più evoluti, troviamo che l’Italia investe del proprio prodotto interno
lordo circa un terzo rispetto al resto d’Europa. Oggi in Italia
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mettere al mondo dei figli significa impoverire la famiglia, metterla a
rischio di povertà; si comincia appena ora a rendersi conto che i figli
sono il futuro di una nazione, anche dal punto di vista economico.
Occorre allora rivendicare (e devono essere per prime le stesse famiglie a farlo) una maggiore attenzione dello Stato (e dei livelli sociali
intermedi) alla famiglia come un bene sociale da difendere e da promuovere; la famiglia va messa in condizione di liberare tutto il suo
potenziale in ordine alla formazione delle persone e a una qualità
diversa di vita sociale.
In Italia il matrimonio religioso ha un valore anche civile sulla
base degli accordi concordatari tra Stato italiano e Chiesa cattolica e le sue successive revisioni. Oggi c’è certamente più attenzione
da parte del celebrante nel tenere ben separati il “sacro” e il
“profano”, ad esempio nel dare lettura degli articoli sui diritti e
doveri dei coniugi previsti dal nostro Codice Civile. E’ proprio
necessario che i due momenti (civile e religioso) coincidano? Ai tempi del mio matrimonio (nel 1980) ricordo
che era fortemente scoraggiato sposarsi prima civilmente e poi in chiesa. Oggi è possibile?
- Io non parlerei di “sacro” e di “profano”: il matrimonio è unico, anche se ha riflessi di natura sociale e, per i credenti, di natura religiosa. In Italia abbiamo il matrimonio concordatario, nel quale il rito religioso, con la lettura
degli articoli del Codice, viene riconosciuto anche come rito civile; in altre nazioni non è così. Questo dipende dagli
accordi contingenti. Del resto è possibile anche in Italia, per chi lo desidera, scindere il rito religioso da quello civile. Io ritengo però che il momento della lettura del Codice Civile relativo ai diritti e ai doveri dei coniugi vada fatto,
all’interno del matrimonio concordatario, con serietà ed assegnandovi grande rilevanza. Coloro che si sposano in
chiesa devono sapere che essere famiglia cristiana non vuole dire solo frequentare la chiesa, pregare e darsi da fare
in parrocchia; devono sapere che, in forza del loro sacramento, sono tenuti anche a farsi carico della propria comunità civile, devono occuparsi della vita sociale e politica. E’ significativa, a questo riguardo, una espressione forte di
Giovanni Paolo II nella Familiaris consortio (al n. 44): “Il compito sociale delle famiglie è chiamato ad esprimersi
anche in forma di intervento politico... le famiglie devono crescere nella coscienza di essere “protagoniste” della
cosiddetta “politica familiare” ed assumersi la responsabilità di trasformare la società: diversamente le famiglie
saranno la prime vittime di quei mali che si sono limitate ad osservare con indifferenza”.
Un ultimo aspetto molto di frontiera e davvero controverso... Nell’articolo si fa riferimento al diritto di uomini e donne di sposarsi, ma non si esplicita il carattere eterosessuale della relazione... Personalmente ritengo
che ciò sia assolutamente implicito. Come pensi ci si possa muovere da un punto di vista prima di tutto civile
su un problema così delicato?
- Non ho dubbi sul fatto che in questo caso si debba essere decisi nell’affermare che il matrimonio è possibile solo
tra un uomo e una donna. Questa non è una discriminazione. Non si deve certo colpevolizzare chi ha una tendenza
omosessuale, come non si può impedire che due persone dello stesso sesso vivano un rapporto privilegiato e vivano
insieme: fa parte dei loro diritti individuali. Ma non si può confondere questo con il matrimonio tra un uomo e una
donna e con la famiglia, che resta un valore da proporre, da difendere e da promuovere per il significato e il contenuto intrinseco che essa contiene in ordine al bene delle persone e al vivere sociale ed ecclesiale.
L’attuale dibattito intorno al “gender” (parola oggi di moda, con varie traduzioni: genere, generare, sesso, ndr) vorrebbe attribuire la distinzione tra uomo e donna ad una libera scelta di tendenza; il sesso non è semplicemente una
caratteristica morfologica della persona ma connota la sua identità nel profondo. La differenza sessuale è essenziale
alle dinamiche della relazione di coppia e alla costruzione di una famiglia.
a cura di Andrea Biondi
FESTA DELLE FAMIGLIE
Anche quest'anno intendiamo celebrare la festa delle Famiglie . L'appuntamento è per
sabato 15 maggio, dalle ore 14,30 in poi. Tema della giornata: "Dall'Io.. al Noi". Ci incontreremo in un sereno momento conviviale. A sera, ore 21, si terrà lo spettacolo "Gli
Aristogatti" preparato dal gruppo Dopocresima SBAM.
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Quaresima di fraternità
La Quaresima è quel tempo di grazia che, attraverso la preghiera e il digiuno, invita il cristiano
ad aprire il cuore e la mano a chi è nel bisogno. Scrive il Papa: "non c'è Quaresima senza
carità". Anche quest'anno la Parrocchia, tramite il Consiglio pastorale, ci richiama ad essere
sensibili nei confronti di tanti fratelli e sorelle duramente provati dalla povertà, dalla malattia e
dal disagio sociale, per offrire loro un aiuto concreto, frutto della nostra condivisione.
I progetti d’intervento proposti
ASSOCIAZIONE “COSTRUIAMO INSIEME” MADAGASCAR: BARCA A MOTORE
L’Associazione, già aiutata negli scorsi anni e seguita
anche dal nostro Gruppo di animazione missionaria,
necessita di una BARCA (in sostituzione di quella
distrutta dal tifone del 2009) da affidare a un gruppo di
volontari che si occupa della Sanità, del trasporto degli
ammalati all’ospedale, ma anche di materiali. La barca
serve anche ai Missionari che devono raggiungere i
diversi villaggi sparsi su un ampio territorio.
La barca a motore (40 HP), lunga 6 metri e dotata di
barella, coprirebbe una distanza di circa 60 chilometri dalla sede della diocesi di Mananjary fino al villaggio
di Amohitsara, sede del dispensario/ospedale - in appena due ore, per poi, all’occorrenza, percorrere altri 40
chilometri di canale fino al villaggio del nord
Pangalana. Attualmente il servizio è svolto con una
vecchia barca di 12 metri, di proprietà dei Missionari,
mal ridotta e molto lenta, inadatta soprattutto al trasporto urgente di ammalati, che impiega oltre 6 ore per
fare 60 chilometri.
Il costo (barca + motore) è di 6.000 euro.
PADRI DEL COTTOLENGO IN TANZANIA:
COSTRUZIONE CHIESA PARROCCHIALE
Nel giugno 2002, per interessamento di padre Aldo
Sarotto, stimato sacerdote ed ex rettore del Cottolengo di
Biella, e di madre Alasia, le suore cottolenghine hanno
iniziato la loro attività in Kisarawe, nella scuola materna
appena fatta costruire sul terreno della parrocchia.
Il Kisarawe, situato nella provincia costiera, sebbene
sia uno dei più antichi distretti della Tanzania, è rimasto sottosviluppato e perciò è uno dei più poveri sotto
tutti gli aspetti: economico, educativo, sanitario. Dal
2004 la gestione della parrocchia di Kisarawe è affidata ai sacerdoti cottolenghini, i quali, con i parrocchiani,
desiderano un nuovo e più ampio edificio (il progetto,
approvato dal Governo nel 2009, ha un preventivo di
spesa di 210.000 euro) per le celebrazioni liturgiche, la
preghiera, l’assistenza alle famiglie più povere, per riunioni e altri incontri, allo scopo di incentivare i rapporti sociali e lo sviluppo globale.
MISSIONE DIOCESANA IN BRASILE
Aderendo all’iniziativa della Diocesi di Biella, proponiamo anche un pensiero per i nostri Missionari che
operano nella lontana terra di missione.
- Padre Albertini - Prelazia di Borba - aiuti alle comunità parrocchiali;
- Padre Saviolo - Diocesi di Caxias - varie opere caritative fra cui un pasto bisettimanale per i bambini e per
le famiglie più povere dei quartieri.
Durante la celebrazione liturgica del prossimo
Giovedì Santo “nella Cena del Signore” saremo
invitati a depositare ai piedi dell’altare il frutto di
uno stile di vita più sobrio e austero che la
Chiesa ci ha suggerito all’inizio del cammino quaresimale, quale autentico segno d’Amore e di
condivisione verso i poveri, che ci rende più credibili discepoli di Gesù: “... da questo sapranno
che siete miei discepoli, se avrete amore gli un
per gli altri” (Giov 13,35).
Luigi Tondella
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Volontari al Cottolengo
Da questo settembre, la parrocchia e Don Filippo ,in particolare, ha dato la possibilità a cinque persone della nostra comunità animatori di poter fare servizio come volontari nel complesso “S.Giuseppe Cottolengo“ di Biella. Attualmente prestiamo servizio due domeniche al
mese e grazie a questa pagina ,in cui abbiamo raccolto le nostre impressioni, speriamo di portare a tutto il quartiere un pezzettino della nostra esperienza.
(Tomaso Sartori, Elena Zaninetta, Marco Secchia, Margherita Simionati, Marco Capozzi)
Il Cottolengo è un piccolo mondo a sé. Uno spazio in cui c’è tutto ciò che ci deve essere.
Ci sono tutte quelle necessità di cui ognuno di noi ha bisogno e tante piccole cose che ogni
giorno o quasi condiscono un po’ l’atmosfera della Piccola Casa. Queste piccole cose possono essere la presenza di una persona nuova, un canto, la visita di un parente o di un amico,
una carezza inaspettata, o anche solo uno sguardo. Si può dire che all’interno del Cottolengo
le persone si nutrano l’una con l’altra, non aiutandosi tra loro a portare il cibo alla bocca, ma
restando uniti ogni giorno. Al Cottolengo non sono fondamentali per gli ospiti solo suore,
operatori e volontari ma anche loro stessi, gli uni per gli altri. Mi è successo spesso infatti di
vedere che alcuni ospiti di un reparto aiutino quelli di un altro: la domenica, ad esempio, non
siamo sempre noi volontari a spingere le carrozzelle di coloro che vogliono andare a Messa,
ma sovente gli ospiti più in forma aiutano quelli che non hanno la possibilità di camminare.
Tuttavia l’aspetto più bello della Piccola Casa è come chi ci vive, nonostante le sofferenze
che prova, riesca sempre a sorridere: questa è stata la prima cosa che mi ha colpita. Non tutti
loro possono sorridere, per via di paralisi o altri problemi, ma anche chi non può riesce con
gli occhi a trasmettere un senso di tranquillità e felicità interiore. Forse questo non riguarda
ogni singola persona che abita al Cottolengo, ma la maggior parte di loro è così. E la cosa più incredibile è come questi sguardi
riescano a portare serenità a noi che andiamo lì per aiutare loro, sguardi che sembrano quasi dire “Ti sto vicino”. E allora ci si
rende conto di come la situazione si ribalti e di come all’improvviso, quando si entra nell’atmosfera della Piccola Casa, nasca la
necessità di tornarci. (Margherita)
A me piace definire il complesso del Cottolengo come una semplice e grande casa. L’atmosfera, lì, è ben diversa da quella che
si respira tutti i giorni: si potrebbe dire un’atmosfera “più attenta”, attenta alle persone, attenta a dare valore alle cose, attenta a
ricevere, quanto a dare. L’atmosfera che solo in una famiglia ci può essere, l’atmosfera di un’unica grande casa! Inizialmente ciò
che colpisce è la semplicità di regalare un sorriso (e tutto sembra quasi dare più che altro a te stesso), ma è quando le persone
cominciano a contare su di te che inizi a sentirti parte attiva della loro vita; sai che loro contano su di te, sanno che ci sei e tu
senti che non c’è cosa più bella che confermare la tua presenza nelle loro vite così semplici e pure. Frequentando la” casa” del
Cottolengo ci si può trovare a ridere e scherzare con persone contente di essere ascoltate, ci si può trovare ad aiutare gli ospiti a
mangiare, ma ci si può anche trovare a consolare un occhio lucido in un momento difficile, che chiede di non essere abbandonato. Ogni tipo di azione non passa inosservata e se quest’esperienza a noi dà tanto, a loro dà di più, e questo è l’importante!
(Marco C.)
Sono un egoista. Ho iniziato a fare volontariato al Cottolengo per fare del bene agli altri, continuo perchè sono loro a fare del
bene a me. Ho scelto di iniziare questa esperienza soprattutto perchè incuriosito: spesso mi sono sentito dare del “cottolengo”
eppure non sapevo a cosa davvero si riferisse il termine. Ho scoperto in questi mesi che esso non ha un’ accezione negativa. Tutt’
altro. Vivo quotidianamente una realtà fatta di giovani belli, sportivi, facoltosi, pieni di speranze e qualità. Hanno, abbiamo, tutto
dalla vita e spesso nemmeno ci basta: siamo annoiati perchè non sappiamo che cosa fare il sabato sera o abbiamo il computer
rotto e non possiamo consultare il nostro account su Facebook. Là invece, a due passi da casa nostra, vivono anziani, sordi, muti,
cechi, autistici, down. Persone verso le quali la vita è stata meno generosa. Persone che commiseriamo ma che poi troppo spesso
ignoriamo. Eppure proprio loro che soffrono tanto non negano un sorriso a nessuno, proprio loro che conducono una vita sempre
uguale dentro le solite quattro mura mai accennano alla noia. Ammetto che in principio non è stato semplice. Mi ci è voluto del
tempo, ma ora credo che il Cottolengo non sia una prigione dorata, piuttosto un’ isola felice. Spero questo messaggio possa essere, oltre che una testimonianza, anche un invito ad aprirci un po’ ad una realtà più vicina di quanto pensiamo: siate egoisti!
(Marco S.)
La carica. É questa la sensazione che provo quando sono con le signore del Santa Rosa. Mi danno la carica perché sono la prova
vivente che tutto si può affrontare con il sorriso. Dopo ogni capriccio, come può essere la pigrizia di camminare nei corridoi
senza la mano di qualcun altro, oppure per la fatica di scrivere una filastrocca sotto dettatura , oppure ancora, dopo piccole disavventure, come perdersi nei labirinti delle cantine, beh, con una genuina risata si risolve il problema. Mi rendo conto di come
cambiano le mie giornate affrontando in questo modo i “problemi” che prima pensavo troppo pesanti da sopportare, o che ingigantivo inutilmente. Io spero che sempre più giovani possano entrare a contatto con questa realtà perché ci aiuta a svestirci della
superficialità e delle frivolezze con cui siamo spesso costretti a convivere. (Elena)
Come definire l’esperienza di volontariato al Cottolengo… magari non ti cambia la vita, ma sicuramente ti mostra qualcosa
che prima non capivi, ti avvicina ad un mondo che prima conoscevi come popolato da “diversi”… ed è bello scoprire di come a
volte si è simili nella diversità. (Tomaso)
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Passato, presente e futuro
della nostra "Piccola Casa"
La Piccola Casa della Divina Provvidenza, più nota
come il Cottolengo, è presente qui a Biella dal 1920,
da quando l’allora Padre Ribero, superiore generale
della Piccola Casa, accolse l’invito a farsi carico
dell’Ospedaletto in via Orfanotrofio che si occupava
dei “vecchi poveri”. Da allora le suore del Cottolengo
vennero inviate a servizio di questa struttura che fu
affidata da Padre Ribero a Padre Carlo Mino, sacerdote
della Congregazione dell’Oratorio di san Filippo.
L’ampliarsi dell’attività e delle richieste portarono alla
decisione di aprire una nuova struttura in un terreno
libero vicino alla città, dove si trova attualmente. I
lavori cominciarono nel 1928 e proseguirono fino al
1960, ma non si fermarono mai anche perché iniziarono le ristrutturazioni e gli adattamenti degli ambienti
dovuti alle nuove norme legislative che regolavano i
servizi alle persone. In seguito cessò il servizio ai
minori e si ridusse anche la richiesta di accoglienza per
persone disabili mentali.
Oggi l’opera si occupa di anziani non autosufficienti di
bassa e media intensità e di disabili profondi non autosufficienti. Le persone ospitate sono circa 180 e alcune
godono della quota assistenziale dell’ASL. In questi
ultimi anni la Piccola Casa di Biella ha affrontato la
sfida e la fatica di passare da una gestione composta
completamente di religiosi/e a una gestione composta,
sempre più e per la maggior parte, da personale assunto. Questo passaggio è certamente il più impegnativo
per il Cottolengo, sia per l’impegno economico che
comporta, in quanto il costo del personale pesa per
circa il 75 o 80% sul costo complessivo della gestione,
sia perché la presenza del personale laico pone la questione della continuità carismatica della storia cottolenghina e della sua mission. La prima sfida la si affronta
solamente con l’aumento delle entrate. Questo si può
ottenere con l’accreditamento e le quote sanitarie
dell’ASL e le quote assistenziali o alberghiere delle
persone accolte in struttura. Non dimentichiamo, certo,
le ancora significative donazioni che tuttavia non
coprono più il cresciuto fabbisogno economico. La
seconda sfida abbiamo cercato di affrontarla con la formazione del personale. Questa formazione ha impegnato la nostra casa in modo decisivo negli ultimi due
anni, con un notevole sforzo sia economico che di
impegno da parte del personale stesso.
Oltre a questo sforzo economico e formativo l’attenzione della struttura si è orientata ad ampliare i suoi
rapporti con il territorio biellese. È vero che il
Cottolengo è di fatto già molto conosciuto nel contesto
sociale che ci circonda, tuttavia è ancora portatore di
una sorta di alone di mistero circa chi vive e ciò che
accade dentro le sue mura. Questo impegno di apertura
al territorio è passato sia attraverso le istituzioni civili,
sia attraverso la realtà ecclesiale. Da una parte il
Cottolengo è entrato a far parte dei tavoli tematici relativi agli anziani, ai disabili e alla salute mentale. Oltre
a ciò si è realizzata una collaborazione con l’ASL-BI
che ha portato all’accreditamento prima di 40 posti e
poi di ulteriori posti della struttura, anche alla luce
delle nuove leggi regionali. Il rapporto col territorio
passa anche attraverso la collaborazione con altre associazioni e strutture che si occupano di servizi assistenziali o di finanziamenti a scopo sociale. Si sono favorite così esperienze di stagisti e collaborazioni con scuole del territorio. Per quanto riguarda invece il mondo
ecclesiale, abbiamo cercato di incentivare il rapporto
con le parrocchie della Diocesi e il volontariato giovanile proveniente da gruppi parrocchiali. Anche la parrocchia di san Paolo, che è la nostra parrocchia, ha
incentivato la sua collaborazione col Cottolengo con la
presenza di giovani che svolgono la loro attività di
volontariato. L’ingresso di don Filippo come nuovo
parroco di san Paolo ha dato inizio a iniziative di condivisione e di collaborazione tra il Cottolengo e la parrocchia il cui futuro, crediamo, porterà ad una reciproca positiva crescita. Sento intanto il dovere di ringraziare per l’immancabile sostegno alle missioni cottolenghine che ogni anno la parrocchia di san Paolo offre
con generosità. Credo che ci siano le premesse per una
feconda e reciproca crescita di collaborazione e questo
è l’augurio che ci facciamo per il bene sociale ed
ecclesiale del nostro territorio.
Don Elio MO
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Tra giovani e genitori rapporto difficile
ma non impossibile (con l'aiuto di Dio)
Nei primi mesi di vice qui a San Paolo le persone con
cui mi trovo a passare più tempo sono gli adolescenti:
splendide piantine che iniziano a mettere fuori il fusto
e le prime foglioline; personaggi in cerca di identità, di
compagnia e di autore; esseri umani di età compresa
tra gli 11-13 e i 18-22 anni (anche se oggi quest’età di
fine sembra non esserci più …), non più bambini, ma
non ancora giovani né tantomeno adulti; capitani di
ventura, che vogliono provare di tutto e di più, ma
senza assumersi troppe responsabilità. Stando con loro
incontro anche i genitori o personalmente, o nel modo
con cui questi adolescenti vivono (perché i figli sono
anche lo stampo dei loro genitori … ma non ditelo
loro, perché negheranno fermamente!) e così il rapporto adolescenti-adulti è all’ordine del giorno, anche se
viene affrontato esplicitamente, o dai genitori o dai
ragazzi, solo nei momenti di crisi, e siccome il prete è
sempre qui ecco che viene tirato in ballo per dire la sua
(Attenzione: la lettura di ciò che segue è sconsigliata a
coloro che non sono interessati a mettersi in gioco in
un rapporto educativo). Il mio modo di pormi è in continua revisione; spunti interessanti li ho trovati di
recente nella lettura di un articolo che mi è capitato
sottomano, apparso su “Il Bollettino Salesiano” di gennaio e scritto da Bruno Ferrero (famoso scrittore di storielline), intitolato “Il rischio dell’educazione last
minute” (i pezzi di seguito tra virgolette sono frasi tratte da questo articolo).
La cosa che mette maggiormente in crisi tanto i genitori quanto i ragazzi è il continuo cambiamento di questi
ultimi, caratteristica principale dell’adolescenza, tanto
che i genitori dicono spesso “non lo/a riconosco più” e
i ragazzi stessi "sono completamente impegnati a scoprire chi sono veramente". Il tutto è poi amplificato dal
contesto sociale odierno fortemente caratterizzato dal
cambiamento: niente è stabile, tutto in movimento, non
ci sono appigli e così l’effetto della trasformazione dell’adolescente è ancor più potente e dirompente, sulla
sua personalità e su quella di chi lo circonda, genitori
in primis. Questa considerazione porta ad una prima
conclusione: "l’educazione non è un modulo fisso, ma
qualcosa che cresce ed evolve, maturando.
Nell’adolescenza cambiano i figli. Devono cambiare
anche i genitori". Genitori che prendano coscienza di
ciò, che sono disposti a cambiare strategia educativa,
fanno il primo passo che li può aiutare a vivere lo
shock della perdita di vicinanza dei figli (sono sempre
fuori di casa o in camera con computer/musica), del
potere/controllo su di loro (fisico ed emotivo) e di confidenza (parlano con altri). Adolescenti che siano aiu-
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tati a tener conto di queste dinamiche, a non ingigantirle, sapranno vivere la trasformazione in atto come
chance e non come tradimento o chissà cos’altro.
Entrambi i soggetti in gioco sono dunque chiamati a
passare da un’ottica di subalternanza ad una di accompagnamento, ma ai genitori tocca l’ingrato compito di
gestire questo passaggio: se "è durante i primi anni di
vita che i figli ricevono dai genitori gli strumenti fondamentali", ora si deve cambiare anzitutto il modo di
comunicare, perché ciò che genera conflitti "non è
tanto quello che diciamo, ma come lo diciamo" e bisogna "essere disponibili nei confronti degli adolescenti,
senza per questo sforzarsi di essere accondiscendenti".
Questo sapendo che "l’adolescente è alla ricerca di
esperienze e di limiti per crescere, per entrare nella
vita adulta", molti suoi comportamenti strani "rientrano in questa logica. Non è pura trasgressione, ma
voglia di misurarsi, di vedere “l’effetto che fa” …
poter esplorare il mondo sapendo di poter rincasare e
trovare, a richiesta, adulti disposti ad ascoltarli e rinfrancarli" e se questi avranno questo atteggiamento di
vicinanza, ma allo stesso tempo terranno il timone ben
fermo, allora queste navi riusciranno ad uscire dal
porto, ad affrontare il mare aperto e a intraprendere il
loro viaggio nella vita.
Genitori cristiani devono poi sapere che uno dei primi
campi di battaglia sarà probabilmente quello della fede
e del vivere nella Chiesa e ciò che aiuta maggiormente
l’adolescente è vedere non tanto dei maestri, ma persone che insegnano ciò che cercano di vivere: questo
obbliga dunque gli adulti a prendere la loro fede in
mano (spesso ripresa da poco, grazie al catechismo dei
figli) e a cercare di tradurla nella loro vita quotidiana,
partendo dalla preghiera, gesto elementare che aiuta a
ricordarsi come i figli siano doni di Dio e che per essere ben educati vanno vissuti in comunione con Lui.
Non penso che questa sia la ricetta che garantisce successo, ma penso che sia un aiuto a vivere in verità e
con carità questo momento di passaggio per i figli e
dunque anche per i genitori, perché possa diventare un
momento di crescita per tutti. E il prete? Il sottoscritto
non è Mago Merlino che ha le soluzioni in tasca per
ogni evenienza, ma un cristiano come voi che cammina
a più stretto contatto con gli adolescenti e che cerca
come può di indicare e di donare, a loro e a tutti, il
miglior compagno di viaggio: Gesù Cristo.
Don Gabriele
Una sorridente vocazione
Testimonianza di suor Maria Maura (Silvia Caramori)
“Cosa scrivere nel bollettino? C’è ancora spazio!... Si! bell’idea!” La quarta Domenica di Pasqua è dedicata alla
preghiera per le vocazioni: “pubblichiamo la testimonianza di Silvia Caramori, una bimba che abitava in via
Bolzano, ora chiamata suor Maria Maura dell’Abbazia Mater Ecclesiæ all’Isola san Giulio.” Così, dopo 23 anni
che non la sentivo, l’ho rintracciata chiedendo di scrivere una lettera per tutti noi. In questa testimonianza troverete nomi e luoghi della nostra comunità parrocchiale e ciò è stata una inaspettata piacevole sorpresa. E’ un racconto lungo ma anche molto bello e, se inizierete a leggerlo, vedrete, non farete fatica a finirlo. A chi è rivolto? Ai
ragazzi che cercano con cuore sincero la loro “strada”, ai genitori che con fatica e amore educano i loro figli , alle
persone che, in questi anni, hanno svolto con amore il loro lavoro o missione lasciando una traccia indelebile e
una testimonianza inconsapevole nel cuore dei ragazzi. Buona lettura…
Carissimo don Filippo,
accolgo con gioia l’invito a condividere con i parrocchiani di S. Paolo la storia della mia vocazione, saldando così un debito di riconoscenza per
quanto ho ricevuto dal Signore attraverso la vita
della Parrocchia. Mi dispiace, il racconto risulterà
un po’ lungo…
La mia vocazione ha radici remote. Ci ho ripensato nell’anno paolino, riflettendo come per ciascun
chiamato c’è un evento, una Parola, da cui tutto
ha inizio e che spiega ogni successivo sviluppo:
Paolo sarebbe incomprensibile senza la via di
Damasco… Ho riconosciuto che nella mia storia
l’evento fondamentale è accaduto quando avevo
cinque anni, e frequentavo l’asilo parrocchiale
allora gestito dalle consacrate laiche dell’Istituto
Crivelli. Conservo un ricordo meraviglioso di
queste maestre, sempre liete, che ci raccontavano
la storia di Santa Bernadette e ci insegnavano a
pregare il Rosario. Un pomeriggio ho rubato a
una compagna un giocattolino da nulla, un piccolo rossetto di plastica per le bambole, mentendo
alla bambina che me lo richiedeva. A casa, la
mamma ha capito subito, ma io ho insistito a
mentire anche a lei. Allora è stata terribilmente
severa: “ Non è vero che te l’hanno regalato, l’hai
rubato! Sei una bugiarda e una ladra, tu non sei
più mia figlia, tu andrai all’inferno!”. Per me lo
choc è stato tale che mi è venuta la febbre, avevo
paura… Mancavano pochi giorni a Natale, per cui
non sono tornata all’asilo e mi chiedevo cos’avrebbe fatto con me Gesù Bambino… I doni sono
arrivati, ma i miei amichetti già dicevano che non
era Gesù Bambino a portarli… Rimanevo nell’angoscia per le affermazioni della mamma, per la
mia colpa così grave.
Silvia Caramori
Un’apparizione
Poi, nella notte dell’Epifania, svegliandomi mi
sono rigirata nel letto e… ho spalancato gli occhi,
sbalordita: tra l’armadio e il muro, di fronte a me
c’era la Madonna, come se fosse una statua di 70
cm circa, sospesa nel vuoto. Era diversa dalla
grande statua dell’asilo, e poi era vera… L’ho fissata per alcuni istanti, poi mi sono rigirata e
nascosta sotto le coperte, spaventatissima.
Quando ho ripreso coraggio, non c’era più.
Appena la mamma ha acceso la luce nella sua
stanza sono corsa a dirle tutto. Lei insisteva che
avevo sognato, ma io ero ben sicura di ciò che
avevo visto. Il giorno seguente sono tornata all’asilo, restituendo il giocattolo con molta vergogna.
Questo fatto è diventato per me fonte di alcune
grandi certezze. C’è il bene e c’è il male, e non
sono io a deciderli, ma Dio. Il Signore conosce
tutto e vede nel cuore: la verità, la menzogna, le
angosce, il pentimento… Il Signore ascolta la preghiera. Il Signore perdona. Da allora sono diven-
43
tata una bambina che prega, e vive consapevole
dello sguardo di Dio, del suo giudizio e della sua
misericordia. Non potevo più assolutamente rubare o mentire. Ci tenevo molto a dire le preghiere,
ad andare in Chiesa… Perché è evidente che Dio
è una persona, che non è un’idea. Mi sono preparata con fervore alla Prima Comunione, e nel
mese di maggio, come avevo imparato all’asilo,
costruivo ogni anno un altarino alla Madonna,
davanti al quale recitavo il Rosario. Amavo moltissimo partecipare alle celebrazioni della
Settimana Santa in parrocchia, mi sembrava che
la verità di tutte le cose, di tutto il tempo, fosse
racchiusa lì, e dopo la Messa in cena Domini del
Giovedì Santo mi facevo mandare dalla nonna per
poter pregare di più al Venerdì Santo e partecipare
agevolmente alla via Crucis al Villaggio Sportivo.
Un anno abbiamo trovato, nel solaio della nonna
paterna, una riproduzione della Madonna “del
dito”, che è stata collocata nella mia camera.
Frequentavo allora la quarta elementare, e a maggio, come sempre, avevo preparato l’altarino, stavolta sotto il quadro; io e un altro bambino a una
certa ora smettevamo di giocare con gli amici e
salivamo in camera a dire insieme il Rosario in
ginocchio, “Ave Maria” io e “Santa Maria” lui. A
un certo punto, la Madonna del quadro ha sorriso,
ha proprio sorriso… ma io ho pensato che fosse
un’illusione ottica, perché la stavo fissando da un
po’… Così ho continuato con voce tremante:
“Ave Maria…”, ma l’altro bambino, dopo aver
detto con voce ancor più tremula “Santa Maria…”
si è interrotto: “Silvia, hai visto anche tu?”. E io:
“Che cosa, che ha sorriso?”. E lui “Sìì!”. Siamo
scoppiati a piangere, abbracciandoci per rincuorarci, poi siamo corsi a dirlo alla mia mamma, che
stava stirando. Secondo lei era stata un’impressione, ma non è mai riuscita a convincermi. Anche
questo fatto ha confermato l’esperienza dell’infanzia: il Signore è vivente, vede, sa, ascolta la
preghiera e se ne rallegra… Maria gioisce della
confidenza dei piccoli... Così ho continuato a coltivare con ardore la vita di grazia, per quello che
potevo, tra l’altro amando la Confessione, la lettura personale del Vangelo e della Bibbia, la preghiera, i racconti dell’esperienza missionaria
(Emma Gremmo era il mito della mia fanciullezza). Fino a quando, verso i quindici anni, mi sono
resa conto che la mia partecipazione alla Messa
domenicale non era sentita, dunque io non ero
autentica, dunque sarei andata a Messa quando
fossi stata autentica… E così non ci sono più
andata per un bel po’ di tempo, cominciando a
44
frequentare amici che di Dio non si ponevano il
problema. In quegli anni il ragazzino che aveva
pregato con me da bambino ogni tanto mi diceva:
“Ti ricordi…?”. Io rispondevo che sì, mi ricordavo e non rinnegavo ciò che ci era accaduto, ma…
per il momento vivevo come se non fosse stato.
Il desiderio di Dio
Restava in me, inconfessato, l’anelito profondo a
Dio, alla preghiera, ma era sepolto sotto tanto
chiasso di risate sgangherate, di ribellioni più gridate che reali. Al termine del primo anno di liceo
sono approdata per la prima volta al monastero
dell’Isola San Giulio, con un gruppo della scuola:
un’occasione per passare la notte fuori casa e
stare allegri in compagnia. Sono stata la peggiore… ma l’atmosfera del luogo mi ha colpito, e ci
sono ritornata l’anno seguente con un’amica. Poi
l’abbandono della Chiesa è stato totale, mentre
teorizzavo con presunzione tante… stupidaggini.
Ridevo e scherzavo con i miei amici più o meno
politicizzati, più o meno “tossici”, più o meno
ribelli… ma cresceva in me il senso di vuoto, di
inutilità, di farsa. Mentre irridevo con sottile cinismo tutti i valori della gente perbene e smontavo
le facciate dietro cui gli altri si nascondevano, non
potevo non percepire che anch’io stavo recitando
una parte in quella farsa, la parte dell’anarcoide
ribelle e spregiudicata… Ma la Verità, dov’era?
C’era una Verità? C’era un senso a tutto? Mi piaceva molto quello che studiavo al Liceo Classico,
tra i miei insegnanti migliori c’erano don Roncan
e la signora Bessi, si era stimolati a pensare, a
guardare le cose fino in fondo… Ma c’era un
fondo, o tutto era per caso e cadeva nel nulla?
Non riuscivo più a coprire l’angoscia che mi divorava con le risate irridenti e gli slogan urlati, non
sopportavo più di recitare una parte, e la prospettiva di recitarla per tutta la vita mi agghiacciava:
piuttosto, la morte. Ormai rifiutavo di uscire con
gli amici il sabato sera. Avevo bisogno di sapere
se c’era un senso, altrimenti mi sarei tolta la vita o
lasciata morire. Allora ho intuito: se Dio c’è, tutto
ha un significato, poco importa se per ora non lo
comprendo, posso aspettare e vivere. Ma se Dio
non c’è, allora niente ha senso e tant’è andare
diritti alla fine. E dunque, come fare a sapere se
Dio esiste…? Mi è balenata un’idea. Se fossi
andata al monastero dell’Isola San Giulio, dove
c’era gente che diceva di vivere per Dio solo, mi
sarei accorta se questa gente era sincera, autentica,
o se anche loro recitavano la loro commedia… Se
erano autentiche, ciò significava che Dio esisteva,
altrimenti il problema era chiuso. Ricordo che si
era agli inizi di novembre, frequentavo l’ultimo
anno di liceo. Ho chiamato il monastero chiedendo ospitalità per qualche giorno, ma mi hanno suggerito di aspettare, faceva molto freddo e non avevano il riscaldamento. Va bene, aspettiamo ma
intanto… Dio, se esisti, dammi un segno della tua
presenza, fa’ che io creda in te! Così gli ho gridato
un sabato sera, mentre, sola in casa con il mio tormento nel cuore, ascoltavo musica. Mi è caduto
l’occhio sul Salterio acquistato qui all’Isola, anni
prima. L’ho aperto e c’era scritto: “Amo il Signore
perché ascolta il grido della mia preghiera”, l’inizio del Salmo 114 (115). In quel momento ho
avuto la certezza che ancora una volta ero sotto lo
sguardo del Signore, che egli aveva sempre seguito
il mio vagare per strade perdute…
La pace ritrovata
Ho cominciato a trovare un po’ di pace, anche se
il cinismo che mi rodeva lo spirito giocava ancora
il suo ruolo. Quando a febbraio ho potuto venire
ospitata nella foresteria del monastero per qualche
giorno, ogni barriera è caduta. L’impatto con la
comunità orante è stato fortissimo: quelle genuflessioni, quegli inchini alla presenza del Signore,
quella lunga preghiera notturna in cui il canto dei
Salmi si alterna all’ascolto della Parola di Dio…
che senso avevano, se Dio non c’era? Come si
poteva spendere tutta l’esistenza così, senza altre
evasioni? La semplicità, la trasparenza dei gesti e
degli atteggiamenti intravisti oltre la grata mi
mostrava che, sì, questa gente che diceva di vivere
per Dio non recitava una farsa. La presenza del
Signore era così evidente che pareva palpabile. Mi
sono sentita trascinata dalla testimonianza di vita
delle monache, come in cordata, quando uno non
ce la fa più e gli altri lo portano avanti. Ho capito
che se ero ancora viva era perché qualcuno da
qualche parte aveva pregato per me, senza conoscermi, ho intuito che la preghiera è carità.
Tornata a casa, ho incominciato ad andare a
Messa qualche volta nei giorni feriali, perché…
l’impatto con le persone perbene che vanno in
chiesa alla domenica mi urtava (mi vergogno, ma
è così). Una volta - probabilmente era il giorno
dell’Annunciazione, in base alle date segnate nel
diario dell’epoca - tornata a casa dalla Messa
vespertina, stavo apparecchiando la tavola, e
intanto il mio cuore cantava. Ad un certo punto
mi sono fermata, stupita: ero una persona cupa,
problematica, non sapevo cosa fosse avere il
cuore che canta. Cosa stava succedendo? Mi sono
Suor Maria Maura Caramori
resa conto che un Altro era in me, che ero abitata.
Un po’ allarmata, ho alzato gli occhi, e dalla finestra entrava la luce del tramonto… Mi sono inginocchiata lì, sul pavimento della cucina e ho
detto: “Signore, fa’ di me quello che vuoi!”.
Intanto la parte cinica di me mi beffeggiava… Ma
qualcosa mi rassicurava: non è un’illusione, quello che stai vivendo è vero, vieni, ti darò un segno!
E come condotta per mano da qualcuno, sono
uscita dalla cucina in giardino (sempre divisa tra
l’autoinsulto e la rassicurazione), ho fatto il giro
della casa… e davanti alla porta d’ingresso c’era
una piuma: “Questo è per te il segno”, mi diceva
qualcosa, e io pensavo: “Una piuma? Ma che
segno è?” E il Qualcosa dentro: “Ti coprirà con le
sue penne, sotto le sue ali troverai rifugio”. È un
versetto del Salmo 90, ma all’epoca non avevo
molta dimestichezza con i salmi. In ogni caso, ho
preso su la mia piuma. E - strano ma vero - da
allora fino ad oggi, nei momenti decisivi, quando
ho bisogno di una conferma o di conforto dall’alto, il Signore mi fa trovare una piuma nei posti o
nei modi più imprevedibili. È come un tacito linguaggio di tenerezza, di cui gli sono riconoscente.
Dopo aver dato la mia disponibilità al disegno del
Signore su di me ho cominciato a fare passi più
decisi di conversione, ad andare a Messa alla
domenica, a riaccostare la parrocchia. Soprattutto,
avevo bisogno, un bisogno vitale, di pregare: ero
molto fragile dal punto di vista psicologico e spi-
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rituale, avevo bisogno di rimanere nella certezza
della presenza di Dio, e il silenzio, la lettura della
Bibbia, la preghiera dei salmi mi aiutavano.
Continuavo anche a frequentare il monastero nei
fine settimana, quando potevo. Anche questo era
una necessità, per me. Ad un certo punto mi sono
chiesta se questa attrattiva non fosse un segno:
forse ero chiamata a dare la vita nello stesso
modo in cui l’avevo ricevuta, cioè attraverso la
preghiera. In un primo momento, con la baldanza
dei diciannove anni, mi è parso di sì, e ne ho parlato con la Madre Abbadessa. Così dopo gli esami
di maturità ho trascorso due settimane come ospite presso il monastero: sarei scappata a nuoto! Ho
capito che forse era il posto, ma di sicuro non era
il momento di concretizzare la vocazione.
La decisione finale
Così mi sono iscritta all’Università, studiando
sodo e rimanendo aperta a tutte le possibilità, sempre ancorata alla preghiera. Ho avuto due morosi,
e il secondo era proprio la persona giusta: era evidente che se il Signore mi chiamava al matrimonio
quello era l’unico uomo con cui avrei potuto condividere la vita, la fede, le scelte grandi e quelle
quotidiane. Ma più si avvicinava il tempo della
conclusione degli studi e quindi di prepararci al
matrimonio, più cresceva la mia inquietudine: mi
sembrava che il Signore mi avesse dato tutto, dandomi la fede, mentre io non stavo ricambiando con
la stessa totalità. Avevo ricevuto nuovamente la
vita, ma la stavo tenendo nelle mie mani, se pure
intendevo spenderla in parte per lui… Ero amata
immensamente da un uomo, ma quanto più da
Dio… In queste angosce il mio padre spirituale,
che conosceva la mia storia, ha riconosciuto il
segno che davvero il Signore mi chiamava a una
speciale consacrazione, e mi ha incoraggiata a fare
discernimento. Non ho affatto dato per scontato
che la mia storia, segnata dall’incontro con questo
monastero, dovesse approdarvi definitivamente.
Anche perché la clausura mi spaventava tanto
quanto le montagne e i boschi del Biellese mi attiravano. Ho pensato a possibilità differenti di vita
religiosa, ad altre forme di vita monastica, ma
erano evidentemente pensieri solo miei, quasi l’estremo tentativo di “salvare la propria vita” proprio mentre si fa il gesto di offrirla. Il Signore mi
ha ricondotta ancora una volta a questo luogo, a
questa vocazione, esigente ma quanto mai necessaria per la Chiesa e per l’umanità. E abbracciando
il cammino proposto da San Benedetto ho riconosciuto la sua perfetta conformità ai desideri più
46
profondi del mio cuore, oltre che la sua fecondità
per la vita del mondo. Ormai sono in monastero
da più di 23 anni (la stessa età in cui vi sono
entrata), e davvero, come cantiamo nel canto di
offerta della Professione solenne, il Signore non
ha lasciato delusa la mia speranza. Colgo l’occasione di queste righe per ringraziare di cuore tutti
coloro che ho conosciuto, che mi sono stati testimoni di vita cristiana e compagni nel pellegrinaggio di ricerca del volto del Signore: impossibile
enumerarli tutti, perciò mi limito a ricordare il
caro don Tullio, che dal cielo si incaricherà di
recapitare a ciascuno il mio GRAZIE, come dal
pulpito lo ha fatto con commozione in occasione
della mia Professione solenne!
Sr. M. Maura Caramori
Abbazia Mater Ecclesiæ, 17 febbraio 2010
La bella foto del nostro indimenticabile don
Tullio Vitale, scattata dall'amico Sergio
Fighera, è diventata quadro! Infatti il signor
Gaetano Gentile ha fatto realizzare e ha
donato alla parrocchia il dipinto che rappresenta don Tullio in paramenti sacri. Il quadro
fa ora bella mostra nella sala consiliare della
casa parrocchiale, affiancando le immagini
degli altri parroci di San Paolo. Al generoso
e... Gentile donatore il ringraziamento unanime e sincero di tutta la comunità.
Nella Chiesa Parrocchiale
Ben arrivati bambini
FACCHINETTI GIULIA
di Federico e Foca Manuela il 17 gennaio.
URBINA LLONTOP HENRY BRANDO
di Alcantara Henry Roman e Llontop Paz Patricia il 14 febbraio.
MASI GRETA
di Francesco e Minnicino Oriana il 14 febbraio.
CERCHIER ALESSANDRO
di Paolo e Tumelero Cristina il 14 marzo.
Ogni bambino che nasce reca al mondo il messaggio che Dio
non è stanco dell’uomo (Tagore)
I nostri morti
SCHIAPPARELLI GIANNI il 23 novembre 2009.
BERTONE NOFRINA ved. Bicocco il 28 novembre 2009.
RENALDO GIUSEPPE il 28 novembre 2009.
MOCCAFICO ELSA ved. Corso il 1 dicembre 2009.
BOTTO CATTERINA ved. Foscale il 6 dicembre 2009.
RIZZI FRANCO il 7 dicembre 2009.
TUMELERO ALDO il 9 dicembre 2009.
BOZINO AURELIO il 10 dicembre 2009.
PIZZO’ ELISABETTA in Lionello l’11 dicembre 2009.
GOLISANO FRANCESCO il 15 dicembre 2009.
RIZZO GIANCARLO il 20 dicembre 2009.
TOMASINI MARIA ved. Bocca il 22 dicembre 2009.
D’ORIA NUNZIO il 22 dicembre 2009.
MASSARENTI EVELINA ved. Massarente il 24 dicembre 2009.
GUASCO GRAZIA il 25 dicembre 2009.
VERCELLI EZIO il 28 dicembre 2009.
GAUNA FEDERICA ved. Stillio il 4 gennaio 2010.
ALBORGHETTI MARIA LUIGIA ved. Sannino il 6 gennaio 2010.
CERIA LUCIANA ved. Terzago il 14 gennaio 2010.
MARAZZIO GUIDO il 17 gennaio 2010.
PAJORO GIUSEPPINA in Nervo il 25 gennaio 2010.
ZONA MARIO il 31 gennaio 2010.
ZUBLENA SILVIO il 12 febbraio 2010.
BAZZONI GIUSEPPINA ved. Berta il 15 febbraio 2010.
Non sono finiti nel nulla, ma nella festa del Signore.
Ricordiamoli sempre con riconoscenza, soprattutto con la preghiera e la carità
47
Per la Chiesa
e le opere
parrocchiali
IN MEM. DI BRUNO LAZZAROTTO LA FAMIGLIA 50 - IN MEM. DI CAMILLO FANGI LA
FAMIGLIA 100 - IN MEM. DI GUERRINO PELLANDA 20 - CORO BURCINA 150 - IN MEM.
DEFUNTI BRUNIERA 30 - IN MEM. GIORGIO
RAMELLA 20 - IN MEM. DI VINCENZO GIOVANNETTI - SILVIA E ANITA AIAZZI 50 - IN
MEM. DI MARISA CAUCINO, DON ANDREA,
DON MARCO CARLINO 60 - IN MEM. DI REMO
BIELLI 50 - N.N. 15 - IN MEM. DI SILVIA
CEREIA VARALE ROLLA 100 - IN MEM. DI
ELSA MINERO E GIANLUIGI E ANITA SORMANI 20 - IN MEM. DI CARMELO SMECCA 10 - IN
MEM. DI SUOR PAOLINA 50 - S.CATERINA PER
LA PARROCCHIA 50 - PER IL BATTESIMO DI
LEONARDO GRILENZONI 50 - PER IL BATTESIMO DI CLARISSA PRAINO 50 - IN MEM. DI
ANTONIETTA VOLPE 20 - IN MEM. DI MATILDE GIUSEPPE 25 - IN MEM. DI GAETANO
RENNA E FAMIGLIA 25 - IN MEM. DI ATTILIO
PARISI E FAMIGLIA 25 - IN MEM. DI LUCIANO
ZANONE 170 - IN MEM DI ANTONIO LEDER 20
- IN MEM. DI BRIGIDA POLLONE 15 - IN MEM.
DI PIERINO FORZANI 15 - IN MEM. DI CELSO E
OSVALDA VIGNAZIA 20 - N.N. 50 - IN MEM. DI
GIOVANNI BELLON 30 - IN MEM. DI PIETRO
PERUCELLI 20 - IN MEM. DI ITALO FERRERO
20 - IN MEM. DI PAOLA DELLA NEGRA 30 - IN
MEM. DI ANTONIO STILLAVATO 20 - PER LA
CRESIMA DI CECILIA AZZARELLO 20 - IN
MEM. DI ROSINA E NICODEMO AGOSTINO 60 FAMIGLIA AGOSTINO 100 - IN MEM. DI
MARIANNA, GIOVANNI E ANTONINO 20 - IN
MEM. DI LUIGI MASSIMO 20 - IN MEM. DI
GIANFRANCO GARINO E PIO MASONE 25 PER LA CRESIMA DI FEDERICA FAGGIO 15 IN MEM. DI EMMA SEIRA 50 - IN MEM. DI
GIANNI SCHIAPPARELLI LA FAMIGLIA 100 IN MEM. DI UMBERTO E CORNELIA BILATO 20
- GUARDIA DI FINANZA 60 - IN MEM. DI
ELIDA PORTA 100 - IN MEM. GIGI E PAOLA
CANTONO 30 - IN MEM. DEFUNTI TONA 50 - IN
MEM. DI BIAGIO 25 - IN MEM. DI ALFONSO
ATRIPALDI 20 - IN MEM. DI MARIA E NICOLA
CARLOMAGNO 30 - IN MEM. DI GIOVANNI,
AUGUSTO E CATERINA 20 - IN MEM. DI LUCIA
E RENATO CREMA 20 - IN MEM. DI MASSIMO
MIGLIORATO 15 - IN MEM. DI NOFRINA BERTONE LA FAMIGLIA 100 - IN MEM. DI CESARE
E NOFRINA BICOCCO 50 - GRUPPO BRICOLAGE 800 - N.N. 180 - BARAZZOTTO ANNAMARIA
200 - IN MEM. DEFUNTI CALVELLI E TRIPODI
80 - INFANTI SILVANA 6 - N.N. 50 - FAMIGLIA
SCATAMACCHIA 10 - SILVIA MESSIN 20 - FAM.
CODA 20 - FAM. SANDRI 50 - IN MEM. DEFUNTI BARAGGIOTTA 60 - IN MEM. DI LIVIA
ORMEZZANO 20 - IN MEM. DI GIACOMO DAVI
20 - CUGINI CHIOMONTE 100 - CLINICA
ODONTOIATRICA DOTT. VILLA 150 - IN MEM.
DI BEPPE RENALDO 515 - IN MEM. DI ILCA
BARBERA 100 - IN MEM. DI MARIA, COSIMO E
FERDINANDO RAMELLA 20 - IN MEM. DI
MATTEO FISSORE 50 - IN MEM. DI GIUSEPPINA, CARLO E FRANCO 10 - IN MEM. DI
SAMUELE QUAREGNA 150 - IN MEM. DI ANTIMO FERRARO 25 - IN MEM. DI OSSIDE, CELSO
E MARJE 50 - IN MEM. DI LEANDRO ADRIANO
REINA, FRANCO BALDIN, ENRICO METTA E
ARTURO GUIDETTI 50 - IN MEM. DI LEO GIANOLIO 100 - IN MEM. DI MARIA BIESUZ 30 - IN
MEM. DI VITTORIO E ROSA 25 - IN MEM. DI
SILVIO E GINA BERTACCO 20 - IN MEM. DI SILVIA CEREIA VARALE ROLLA 50 - IN MEM. DI
MARIA DATO 200 - IN MEM. SI SERGIO ROMAGNOLI 15 - IN MEM. DI CELESTE RECCO 50 IN MEM. DEFUNTI FAMIGLIA ORMEZZANO 20
- IN MEM. DI IDA RIVARDO 150 - IN MEM. DI
GABRIELE FANGI 50 - IN MEM. DI FRANCO
RIZZI LA FAMIGLIA 200 - IN MEM. DI OLGA
GIORIA 50 - IN MEM. DEFUNTI FAMIGLIA
MANERA 150 - IN MEM. DI ANTONIETTA 20 IN MEM. DI PIERO E SESIL MERAVIGLIA 20 -
48
IN MEM. DEFUNTI FAMIGLIA MOLINARI 100 IN MEM. DI CARMELO SMECCA 10 - N.N. 1000
- FAMIGLIA ROVIGLIONE 60 - FAMIGLIA MAGGIA 50 - IN MEM. DI GIOVANNI 15 - IN MEM. DI
SALVATORE CAMPENNI 20 - IN MEM. DI
ORSOLA E EUGENIO MAGLIOLA 120 - CONSULTORIO FAMIGLIARE 300 - C.C.A. 2500 CLUB AMICI DELLA 500 20 - N.N. 50 - FAMIGLIA MONTAGNINI 250 - IN MEM. DI GIUSEPPINA, VINCENZO, AMERIS E ANDREA 10 - IN
MEM. DI FILIPPO FUSCO 25 - RENATA PICHETTO 20 - IN MEM. DI GIOVANNI E ROSA 15 - IN
MEM. DI ANDREA RANDO 20 - IN MEM. DI
FABRIZIO BRICARELLO 250 - FAMIGLIA SIMONETTI 300 - FAMIGLIA LIUNI 100 - N.N. PER
RISCALDAMENTO 20 - N.N. PER RISCALDAMENTO 20 - FAMIGLIA MARUTTI 50 - FAMIGLIA CAUCINO 200 - SORELLE OLIARO 100 FAMIGLIA FRIGNANI 50 - FAMIGLIA RICOLFI
100 - RONDOLOTTO LUCILLA 50 - FAMIGLIA
FIZZOTTI 50 - IN MEM. DI SANTE E CELESTE
HANNO
OFFERTO
(da novembre 2009
a marzo 2010)
10 - IN MEM. DI LUIGI MASSIMO 25 - FAMIGLIA MAGLIOLA 160 - FAMIGLIA CONTI
PILLO 140 - LETIZIA CRESTANI 50 - IN MEM.
DI GENTILINA BONINO E CARLO GREMMO 50
- IN MEM. DI EZIO VERCELLI LA FAMIGLIA
100 - IN MEM. DI ANTONIA STOPPA 20 - IN
MEM. DI GIANCARLO E GERARDO NAVE 25 IN MEM. DI EVELINA MASSARENTI 100 - IN
MEM. DI ELISABETTA E EGIDIO PIRO’ 100 - IN
MEM. DEFUNTI FAMIGLIA SOTTILE 50 - IN
MEM. DI GIANCARLO RIZZO E MAFALDA
SMERALDO 100 - N.N. 100 - ANTONINO 50 - IN
MEM. DI RENZO PERONA 30 - N.N. 20 - FAMIGLIA BONA 50 - IN MEM. DI GIOVANNI E
MARIA MAFFEO, PERICLE E INES CHIORINO
500 - GRUPPO MAZZIA PER RISCALDAMENTO
100 - FAMIGLIA MILITELLO 260 - FAMIGLIA
TICOZZI 50 - IN MEM. DI ALDO E BRUNA
STERPO 100 - IN MEM. DI IDA ZIPPETTI E
DEFUNTI FARETRA E ZOPPETTI 40 - LUISA E
FRANCESCO IN MEMORIA DEL NONNO
AURELIO BOZINO 550 - IN MEM. DI MARIA
TOMASINI VED. BOCCA 500 - IN MEM. DI
FRANCESCO E CORNELIO TORELLO VIERA 20
- IN MEM. DI GIOVANNI PAGLINO 10 - IN MEM.
DI EMMA BROVARONE 70 - IN MEM. DI GRAZIELLA MASCHIO 50 - IN MEM. DI GILIANA
POZZO E MARIO GIBERTONI 50 - N.N. 300 - IN
MEM. DI MASSIMO MIGLIORATO 15 - IN RICODO DI MARIA TOMASINI BOCCA E FRATELLI
ANGIOLINO E ALFONSINA 200 - IN MEM. DI
IRMA PRINA MELLO 20 - N.N. 100 - IN MEM. DI
AMELIA ORMEZZANO 20 - IN MEM. DI RENATO RONCO 100 - IN MEM. DI UMBERTO E CORNELIA BILATO E DI BELLUCCO AMPELIO E
TOFANO MARIA 60 - IN MEM. DI GIUSEPPINA
BERNARDO 20 - IN MEM. DI SILVIO MONTI 50
- IN MEM. DI MARGHERITA 20 - IN MEM. DI
PASQUALE BENIN, BRUNO NEGRO, WILMA
SIVIERO 20 - IN MEM. DI LINO MANCIN 20 - IN
MEM. DI FORTUNATO PANZANELLI 50 - IN
MEM. DI MARGHERITA E MARIO MARINONE
200 - IN MEM. DEFUNTI FAMIGLIE PAVETTO,
GREMMO, PELLEGRINO E BARBERA 250 - IN
MEM. DI ANTONIA DE MARCO E CESARE DE
TONI 100 - IN MEM. DI ANGELO SCAPARRA 50
- IN MEM. DI SOGNO MODA ZAMPIERI 60 - IN
MEM, DI GIOVANBATTISTA TAVELLA 40 GRUPPO TERA ETA’ 200 - IN MEM. DI ALBERTO E LAURA FOSCALE 250 - IN MEM. DI DUILIO GREPPI 50 - IN MEM. DI ARMANDO E
ROSA FORNERO 50 - FAMIGLIA PIAZZA 1000 IN MEM. DI ELDA TONIOLO E ELISA E MARIA
ROSSO 35 - IN MEM. DI PRIMO UMBERTO 10 IN MEM. DI NINA E ARTURO ANGELICO 50 PER IL BATTESIMO DI GIULIA FACCHINETTI
100 - IN MEM. DI BIAGIO, MARIO E LUCIANO
25 - N.N. 500 - IN MEM. DI MARIO IANNONE 15
- IN MEM. DI PIO MASONE, NELLO E PALMA
SILVESTRI 20 - IN MEM. DI GUIDO MARAZZIO
100 - IN MEM. DEFUNTI FAMIGLIA FERRARI E
PEZZUOLO 20 - IN MEM. DI GIOVANBATTISTA
E MAGGIORINA ROVIGLIONE 160 - IN MEM. DI
GIOVANNINO CUCCURU E LUIGI SCIUTTO 20 IN MEM. DEFUNTI FAMIGLIA LANDINI SILVIA, AMELIA E NICOLO’ 20 - IN MEM. DI
LUIGI MASSIMO 25 - IN MEM. DI LEO GIANOLIO E FEDELE BIESUZ 30 - IN MEM. DI CAMILLO FANGI 20 - IN MEM. DI LEONARDINA E
PIETRO PILLO 30 - IN MEM. DI GIANNI VALZ
100 - IN MEM. DI ANTONIETTA E UMBERTO 25
- IN MEM. DI GIUSEPPINA PAJORO LA FAMIGLIA 100 - IN MEM. DI SUOR ANGELINA E
SUOR INNOCENZA 15 - IN MEM. DI LUCIANA
CERIA PER I POVERI 50 - IN MEM. DEFUNTI
FAMIGLIE CELADIN E BOCCADELLI 50 - IN
MEM. DI MARIA E ORESTE BOCCA 50 - IN
MEM. DI FIORENTINA, AMILCARE, LETIZIA E
CARLO 100 - IN MEM. DI BIAGIO DIMICCO 20 IN MEM. DI GIANCARLO RIZZO 30 - IN MEM.
DI CLAUDIO NANI 100 - IN MEM. DI SAVINO
FRANZESE 10 - IN MEM. DI PIERO BRUNA 30 IN MEM. DI MARIUCCIA E RENATO MAGGIA
40 - IN MEM. DI LORENZO E ROSA BRUNO 40 IN MEM. DEFUNTI FAMIGLIA RENALDO 1200 FAMIGLIA CARTA ZINA 50 - IN MEM. DI LUCIA
E RENATO 30 - N.N. 15 N.N. 15 IN MEM. DI
GEREMIA MONOPOLI 50 - N.N. 200 - IN MEM.
DI MARIA MARANGONI E CONGIUNTI 35 - IN
MEM. DI FEDERICA GAUNA 100 - IN MEM. DI
MARIO ZONA 200 - IN MEM. DI CORINNA E
UMBERTO 50 - IN MEM. DI ROBERTO BOCCADELLI 50 - IN MEM. DI DOMENICO ROMANO
20 - IN MEM. DI RODRIGO SECCHIERO E AMALIA ZERBINATI 60 - IN MEM. DI DANIELA 40 IN MEM. DI GABRIELE, GIUSEPPINA E PIETRO
NASTASI 60 - IN MEM. DI BRUNO OLLEARO 20
- GIORGIO RAMELLA POLLONE 150 - SERAFINA TOSETTI 100 - IN MEM. DI MARIA LUIGIA
ALBORGHETTI 200 - IN MEM. DI CARMELO
SMECCA 30 - IN MEM. DI ANTONIO STOPPA 25
- N.N. 50 - UFFICIO POSTALE 30 - IN MEM. DI
ALDO E FIORELLA RAMELLA BENNA E GIOVANNI E IDELMA ZONA 100 - PAOLO FEMMINIS 100 - PER IL BATTESIMO DI GRETA MASI
30 - IN MEM. DI MICHELA E CARMELA 30 - IN
MEM. DEFUNTI FAMIGLIE DIONISOTTI E
ROVIGLIONE 10 - IN MEM. DI GIUSEPPINA
BAZZONI LA FAMIGLIA 100 - IN MEM. DI
CAMILLO 20 - IN MEM. DI SESIL E PIETRO
MERAVIGLIA 20 - IN MEM. DI DANTE FUMO 20
- IN MEM. DI RENATO E ROSINA 50 - IN MEM.
DI CARMELO SMECCA 10 - FAMIGLIA AIMONETTI 300 - SANTA CATERINA 100 - IN MEM.
DEFUNTI FAMIGLIE ZANAROTTO E TAMIAZZO 10 - IN MEM. DEFUNTI FAMIGLIA VIGLIENO 120 - IN MEM. DI TERESA E PIETRO 15.
Per iniziative diverse
PER LE MISSIONI: 3.420 - PER I TERREMOTATI
DI HAITI: 4.000 - PER IL SEMINARIO: 1.100.
Per i poveri
DURANTE L'AVVENTO 3.000 - N.N. PER LA
CARITA’ 100 - PER I POVERI DELLA PARROCCHIA 750 - C.C.A. PER LA CARITA’ 250 - PER I
POVERI DELLA PARROCCHIA 100 - FAMIGLIA
FRIGNANI PER I POVERI 50.
Per il bollettino
“Vita Nostra”
RENATA PICCHETTO 20.
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Bollettino Aprile 2010