La lettera del parroco Imbarazzo! Spavento! Come si può rimanere calmi di fronte a tanta gente così contenta nel giorno dell’entrata da parroco? Si guarda in profondità dove gli altri non vedono e ci si sente inadeguati, ben lontani dalle aspettative e, soprattutto, dal modo di essere pastore di Gesù . Così ciò che è stato detto e fatto diventa l’occasione per un grande esame di coscienza, un richiamo alla conversione e alla responsabilità. Ma, soprattutto, provo spavento perché mi accorgo che il vero ostacolo alla grazia del Signore sono proprio io che, con la mia libertà, gli chiudo le porte per paura; sì, vorrei cambiare, ma in fondo una voce impiastricciata di finto buon senso ed equilibrio suggerisce che, come si è vissuti fino adesso, si ha un buon rapporto “qualità-prezzo”. Vedete, c’è sempre il dubbio che facendo la volontà di Dio peggiorino le cose dal punto di vista del rendiconto personale, vedo bene la fatica ma incerto è il risultato a cui essa porta e così viene voglia di lasciar perdere. E d’altra parte la riflessione mossa dalla bella preghiera organizzata dai giovani il venerdì prima della festa patronale non va nella stessa direzione? Siamo una bella comunità piena di energia... perché uscire, collaborare con altri, avvicinare persone nuove, sentirsi anche operativamente parte della Chiesa di Biella, aprirsi al mondo intero ? Sembra faticoso solo il pensiero! Rinunce, cambiamenti, incomprensioni, sacrifici,... e per che cosa? Stiamo andando bene così! E di fronte a questo mondo in crisi del quale tanto ci lamentiamo, cosa in realtà stiamo facendo? La regola è sopravvivere, difenderci con le unghie per mantenere diritti acquisiti, abbiamo paura ad andare in fuga verso il bene perché pensiamo di non trascinare nessuno, di rimanere soli e di perdere tutto. Le porte dei nostri cuori sono sbarrate con la paura, come il luogo dove si trovavano gli apostoli per timore dei Giudei e se, in questo tempo, vogliamo veramente pregare dobbiamo dire: “Signore con la tua grazia entra in me malgrado me, rafforza la mia fede nella tua Resurrezione, convincimi con la tua presenza che perdendo la vita la ritrovo” . Gesù nella sua vita ha scommesso sulla bontà del Padre e del cuore dell’uomo, perché noi no? E’ questo il problema che impedisce oggi al mondo di partire, non c’è nessuno disposto a morire per lui, come diceva San Paolo: "Si trova a stento un uomo disposto a morire per un giusto”. L’orizzonte! Le nostre scelte sono dettate da un orizzonte che, malgrado l’annuncio della Pasqua, si chiude sulle nostre tombe invece di squarciarsi e lasciare contemplare il paradiso. Chi vede più in là, chi crede in Cristo risorto le scelte coraggiose le fa. In mezzo a tanti pensieri non la sentite la voce che vi spinge ad andare oltre, che vi “manda “ a porre in questa terra segni della presenza di Dio? E’lo Spirito Santo che grida e geme nelle vostre profondità per convincervi sull’infinito ed eterno amore di Dio per l’uomo! Diamogli spazio, prendiamoci qualche momento di quiete per sedimentare le voci della fretta e dell’urgenza e riscoprire questa presenza amica, sulla quale possiamo tranquillamente progettare solidamente e a lungo termine. Mentre ancora vi ringrazio per quella bella settimana di preghiera, festa e riflessione, e ho viva l’immagine dei vostri sorrisi, prego il Signore che forzi le nostre paure, entri là dove tutto è chiuso, porti la pace della sua presenza e ci aiuti a comprendere che la vita è così abbondante che non è il caso di preoccuparsi di perderla. Il Signore è risorto, a tutti un caloroso “benvenuti alla vita!” Don Filippo La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: “Pace a voi! ”. Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”. Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: “Ricevete lo Spirito Santo” (Gv 20,19-22). 1 “Cristo è risuscitato... camminiamo in una vita nuova” FUNZIONI RELIGIOSE Rom 6 Memling, Trittico della Resurrezione (particolare) 28 marzo DOMENICA DELLE PALME - Ore 9,45 Gesù entra in Gerusalemme Processione con i rami di ulivo e celebrazione dell’Eucarestia Ore 16 Celebrazione del Sacramento della Riconciliazione con la confessione individuale 1 aprile GIOVEDÌ SANTO - Ore 18 Messa della Cena del Signore Conclusione della “Quaresima di Fraternità” - dopo la Messa prosegue l’adorazione fino a tarda sera Ore 21 Celebrazione del Sacramento della Riconciliazione con la confessione individuale 2 aprile VENERDÌ SANTO - Ore 16 Celebrazione della Passione e Morte del Signore Ore 20,45 Via Crucis in città con il Vescovo inizia davanti all’ospedale 3 aprile SABATO SANTO Ore 21 Liturgia della “Veglia Pasquale” e celebrazione dell’Eucarestia nella Resurrezione del Signore 4 aprile PASQUA DI RESSUREZIONE Ore 8,30 - 9 (in via Lazio), 10 - 11,30 - 18: Sante Messe comunitarie, 17,30 Vespri 5 aprile LUNEDÌ DI PASQUA - Ore 7,30 - 8,30 e 18,30 Celebrazione dell’Eucarestia 2 La comunità di San Paolo ha accolto il suo Pastore Domenica 24 gennaio nel corso della festa patronale nella Conversione di San Paolo Una giornata memorabile, domenica 24, per la nostra comunità, che nel corso della festa patronale nel ricordo della Conversione di San Paolo ha gioiosamente salutato l’ingresso ufficiale del nuovo pastore don Filippo Nelva. Un ingresso atteso e preparato da una serie di precedenti iniziative di incontro, di riflessione e di preghiera, culminate la vigilia, sabato 23, nell’affollato concerto di clarinetto e pianoforte, degno preludio alla grande festa. Malgrado il gelo polare, una folla commossa e festosa è affluita alle 15 sul sagrato, nell’attesa impaziente del nuovo pastore, giunto con semplicità a piedi accompagnato da alcuni dei “suoi” ragazzi e accolto da una grande ovazione. Tra gli astanti spiccavano la mamma Paola, emozionata e felice, e le sorelle Anna e Maria, con i famigliari. Il primo saluto a don Filippo è venuto dal nuovo priore Ivo Dato, che a nome di tutti gli ha assicurato affetto, vicinanza e collaborazione, indi ha preso la parola il sindaco di Biella Dino Gentile che era affiancato dal presidente provinciale Roberto Simonetti - tributando al festeggiato un sincero omaggio di amicizia e di stima, con l’augurio di “Buona strada” nel ricordo della trascorsa comune militanza fra gli Scout, e consegnandogli in simbolico dono un quadro raffigurante la 3 basilica di Oropa, “affinché la Madonna nera, la nostra mamma, ti possa proteggere in questa tua nuova e importante opera!”. Indi don Filippo è stato vestito con la cotta e la stola dal vicario episcopale mons. Gianni Sacchi - che nel formulargli affettuosamente i propri personali auguri ha rievocato i dieci anni da viceparroco trascorsi proprio a San Paolo -, per poi recarsi sotto la guida dello stesso mons. Sacchi a prendere possesso dei luoghi del suo nuovo ministero: il battistero, ovvero il luogo dove i cristiani, ricevendo il sacramento del Battesimo, rinascono dall’acqua e dallo Spirito Santo, entrando a far parte della Chiesa di Dio, il confessionale, dove i fedeli ricevono il sacramento della riconciliazione, e infine il tabernacolo, destinato alla custodia dell’Eucaristia. Nella chiesa gremita all’inverosimile si sono levati i canti dei fedeli. Folta la rappresentanza dei sacerdoti sull’altare, attorniati da uno stuolo di chierichetti. “Il rito di ingresso del nuovo parroco - ha detto mons. Sacchi - prevede da parte mia la sua presentazione alla comunità. Ometto questa parte, perchè non c’è alcun bisogno di presentarvi don Filippo”. Infatti tutti lo conosciamo e lo apprezziamo: il nostro nuovo parroco fu già a San Paolo da seminarista; dopo l’ordinazione sacerdotale avvenuta il 13 maggio 2001, vi è stato nominato vice-parroco, a fianco di don Tullio Vitale e, dopo la dimissioni di questi, nel gennaio 2009 gli è stato conferito dal vescovo l’incarico di amministratore parrocchiale. In tale veste don Filippo ha vissuto un anno fa, il 18 marzo, con tutta la comunità, la tragedia dell’improvvisa scomparsa, per fatale incidente in montagna, del suo parroco e 4 maestro. Don Tullio Vitale è stato sovente ricordato con affetto e commozione, domenica, nel corso della celebrazione, a cominciare dallo stesso mons. Sacchi, che a San Paolo fu viceparroco per molti anni al suo fianco. IL GIORNO DI DON FILIPPO Indi don Filippo ha celebrato la sua prima messa come parroco. Nell’omelia, ricacciando coraggiosamente l’emozione, ha prima di tutto ricordato affettuosamente don Vitale e le feconde discussioni, a volte animate, che ebbe spesso con lui; indi si è riferito all’esempio di San Paolo, “una pista da seguire, un modello per vivere il Vangelo. San Paolo - ha proseguito - anche prima della conversione cercava il Signore con cuore sincero, sbagliando in buona fede. E a chi lo cerca il Signore non resiste. Così va incontro a Saulo, e Saulo rimane accecato da quella presenza abbagliante, troppe cose gli sono rivelate in un solo istante. Capisce che quel Gesù che era stato crocifisso era Dio, e stava parlando proprio a lui, suo acerrimo nemico... Così sperimenta immediatamente la grande misericordia di Dio, che viene a cercarci malgrado ci allontaniamo continuamente da Lui con i nostri peccati. Questo sconvolge la vita di Saulo: il comprendere che Dio è Amore infinito. Ma deve fare ancora un passo, come ci dice la Scrittura, deve andare da Anania e così Saulo capisce un’altra cosa: che Dio era presente in quelle persone che lui riteneva essere nell’errore e che stava perseguitando. Come dobbiamo camminare noi come comunità, per seguire San Paolo?” - si è chiesto poi don Filippo. “Siamo chiusi, forse anche perchè siamo una comunità numerosa al cui interno ogni gruppo pensa troppo a se stesso, una comunità numerosa con tante energie, che non sente il bisogno di aprire le finestre verso l’esterno, verso tutte le persone che vivono la fede come noi, ma anche verso tutte quelle in tutto il mondo che cercano il Signore, la verità, con cuore sincero. Dobbiamo imparare a dialogare, insieme, per costruire un mondo nuovo, tessere rapporti, diventare una comunità missionaria, se vogliamo seguire l’esempio di San Paolo... Il mondo cambia, i nostri ragazzi vanno in tutto il mondo - ha proseguito - eppure si rafforzano i muri di separazione. Ma vanno abbattuti: dobbiamo essere tutti uniti, dobbiamo 5 essere fratelli e annunciare la Parola, in gioco c’è il mondo nuovo, c’è la pace. Dio è presente a chi lo cerca con cuore sincero”. Promesse e ringraziamenti Nel corso della celebrazione della Messa, il vicario mons. Gianni Sacchi ha invitato don Filippo a rinnovare le promesse fatte al momento della sua ordinazione a sacerdote. A ognuna delle domande (“Vuoi esercitare con perseveranza il tuo ufficio...?”, “Vuoi adempiere degnamente e sapientemente il ministero della parola e della predicazione...?”, “Vuoi celebrare con devozione e fedeltà i misteri di Cristo...?”, ecc:), don Filippo ha risposto “Sì lo voglio!”. “Prometti al nostro Vescovo e ai suoi successori ha proseguito mons. Sacchi - filiale rispetto e obbedienza!” - “Prometto!”. “Dio che ha iniziato in te la sua opera, la porti a compimento”, ha concluso ritualmente il vicario. Al termine della solenne celebrazione il parroco del Duomo canonico Carlo Gariazzo così si è rivolto a don Filippo: “Carissimo, già da subito a livello personale ti ho espresso la mia soddisfazione e la mia gioia di saperti parroco di questa parrocchia che già conosci e che ami da sempre e che, adesso, il Signore ti chiede di guidare come pastore. Anche a nome di tutti i preti della città, ti voglio dare il benvenuto nella nostra comunità sacerdotale, nella quale ti accogliamo con tanto affetto impegnandoci con fraternità e amicizia. Da te ci aspettiamo molto: primo, perchè sei il più giovane tra noi; secondo, perchè sei parroco della parrocchia più numerosa e importante non solo della città, ma della diocesi e quindi, proprio per l’ampiezza di esperienza che ti è data da vivere in questa comunità, avrai molto da donarci!... Collaboreremo insieme. Ancora benvenuto”. Il priore uscente Franco Pellanda ha quindi salutato don Filippo, rievocando la gioia spontanea che aveva pervaso tutti i fedeli all’annuncio della sua nomina da parte del vescovo, avvenuta il 29 ottobre 2009; ha ricordato che la comunità parrocchiale ha voluto offrire simbolicamente in regalo al nuovo parroco l’avvenuto restauro delle porte della chiesa e della casa parrocchiale e gli ha consegnato un piccolo ricordo: una medaglietta raffigurante il santo curato d’Ars, patrono dei parroci e di tutti i preti: “Vogliamo così esprimere il desiderio di camminare con te lungo le strade che Dio ci indicherà...”. Un altro regalo è venuto a don Filippo dai catechisti: una straordinaria serie di disegni fatti da loro stessi. Un riconoscimento consegnato dalla “priora” Raffaella - è andato anche a don Gabriele Leone, dal giugno 2009 vice parroco stimato e apprezzato, che ha ricevuto il Raccolti 13.000 euro per il restauro delle porte Come è noto, don Filippo, per celebrare il suo ingresso come parroco fra di noi, ha voluto un solo regalo: il restauro delle porte della chiesa (già in gran parte effettuato). E la comunità ha risposto di slancio: le offerte espressamente destinate a coprire la spesa sono rapidamente giunte a quota 13.000 euro. Sufficienti a compensare il costo dei lavori sinora compiuti, pari a 11.600 euro, cui però si aggiungerà il costo dei restanti restauri e della definitiva sistemazione delle bussole e delle porte interne della chiesa. 6 dono senza poter dissimulare la propria sorpresa emozione. Al termine della celebrazione don Filippo ha voluto porgere a tutti i suoi personali ringraziamenti. Ancora a don Tullio, indimenticabile, di cui ha ricordato con rimpianto il comportamento amico e, insieme, “quel suo sorriso paterno, furbo, simpatico e allo stesso tempo misterioso”. Ha poi ringraziato don Giorgio Roncan e don Oreste Ramella, “che con la loro preghiera, la loro fede, esperienza e saggezza sono qui d’esempio per tutti noi”. Ha ringraziato il vicario generale “che per noi rimane don Gianni e che tanto ha fatto per la nostra comunità”, i viceparroci “passati i questa parrocchia, che sono venuti a incontrare e a preparare i ragazzi, e tutti i confratelli sacerdoti e diaconi”. “E poi - ha proseguito - non posso dimenticare Jole, la sorella di don Tullio, che in questi anni è stata per me una seconda mamma. E don Gabriele, con cui vivo da qualche mese, un vero amico, che ha portato una sferzata di fede e una energia nuova... oltre a un notevole aumento del rumore, in casa parrocchiale!”. I ringraziamenti sono continuati a lungo, comprendendo il priore uscente Franco Pellanda e la moglie Mariangiola... “che gli eventi hanno portato a vivere un anno difficile...”, il nuovo priore Ivo Dato “con la moglie Raffaella e la sua bella famiglia...”, il Consiglio pastorale e la Confraternita, composti da “persone preziose...”, il Sindaco e le autorità “con cui nel rispetto dei rispettivi ruoli vorremmo collaborare per il bene della nostra città e in particolare nell’educazione dei giovani”. Ha poi unito tutti, vecchi e giovani, in un abbraccio ideale: “Mi avete fatto crescere con voi, siete la comunità dove ho sempre vissuto e che mi ha educato... vi chiedo di pregare ancora tanto per me, perchè il Signore mi aiuti a non combinare troppi guai e a essere fedele agli impegni che oggi ho rinnovato”. Tutti insieme in amicizia A cerimonia conclusa, i parrocchiani e gli invitati si sono recati nel grande salone sotto la chiesa, dove era stata allestita dai solerti cuochi sanpaolini una sontuosa “merenda sinoira”, con gustosi innumerevoli spuntini. Ma non sono mancati - a sorpresa - un fumante risotto e alla fine una straordinaria torta decorata con l’immagine dalla chiesa. Allegria e brindisi in amicizia, nella più schietta tradizione della comunità cristiana di San Paolo. Una cerimonia di ringraziamento in chiesa, nel tardo pomeriggio, conclusa con il solenne canto del Te Deum, ha siglato la fine della festosa giornata. cp (Fotoservizio Sergio Fighera) 7 La preparazione all’ingresso del parroco: otto giorni di incontri, preghiere ed eventi L’ingresso del nostro nuovo parroco don Filippo Nelva è stato preceduto da una serie di eventi preparatori cui ha collaborato con fervore l’intera comunità di San Paolo. Di seguito le significative tappe che hanno segnato il “cammino” verso la fatidica giornata del 24 gennaio. SABATO 16 GENNAIO I giovani stretti accanto al “loro” parroco Un falò per don Filippo dopo un festoso spettacolo C’è stata una sera, non molto tempo fa, in cui è accaduto qualcosa di speciale in parrocchia: una persona estranea che avesse visto ciò che stava accadendo sicuramente ne sarebbe stata affascinata e attirata, e avrebbe voluto prendervi parte. Perché avrebbe visto un grande cerchio luminoso, con al centro quattro grandi fuochi. Poi, guardando meglio, si sarebbe accorto che il cerchio luminoso non era formato da una sola luce, ma da tanti piccoli lumi, uno per persona. Quanto gli sarebbe piaciuto poter tenere anche lui un lume e mettersi nel cerchio! In quella sera speciale, che tutti voi ben ricordate, la nostra comunità si è raccolta attorno a don Filippo, e ha pregato specialmente per lui, ma non solo. Infatti da quel grande cerchio luminoso si è levata anche una forte preghiera per tutta la comunità, che deve essere ben visibile a tutti, che deve affascinare e attirare le persone con la sua grande luce. Ma perché è nato tutto questo? Per quale motivo? La risposta è facile: per festeggiare il nuovo parroco! E allora, quale modo migliore se non organizzare una bella serata, tutti assieme, tutti i gruppi della parrocchia, e fare uno spettacolo che raccontasse un po’ chi è questo don Filippo (che nessuno conosce!), e magari pregare anche un po’ per lui e per noi. Così ci si è messi al lavoro, e il risultato finale (“Don Filippo tra passato e futuro”) è stato, credo, qualcosa di indimenticabile: perché, oltre alle risate e al divertimento, si è riusciti anche a lasciare in tutti una gran gioia, un senso di appartenenza alla comunità più forte di prima; tutti avevamo il nostro lume tra le mani, e tutti facevamo parte del cerchio, l’uno accanto all’altro. 12 Questa è stata la festa di tutti, dove ognuno si è potuto sentire partecipe. Ma noi ragazzi, abbiamo voluto andare oltre, fare qualcosa di più per mettere in pratica lo spirito di unione della serata. Anche in questo caso, ne è nato qualcosa di indimenticabile: quaranta di noi, quella notte, si sono fermati a dormire in parrocchia, assieme a don Filippo. Che senso ha, ci si potrebbe chiedere, dormire scomodi e al freddo quando a pochi minuti ognuno di noi ha un comodo letto caldo? Beh, il senso di tutto è proprio da cercare nello spirito d’unione per il quale avevamo pregato poco prima: perché, per essere uniti, non basta trovarsi qualche ora la settimana, non basta salutarsi per strada, non basta pregare assieme: per essere uniti bisogna innanzi tutto vivere assieme, in comunità, condividendo tutto ciò che si ha e che si fa. Così il dormire assieme, seppur al freddo e scomodi, il mangiare assieme, seppur poco e sempre scomodi, il lavorare assieme, ci ha unito più di tutto, e ci ha fatto conoscere profondamente. Certo, qualche sacrificio l’abbiamo fatto, ma n’è valsa la pena! Dicevo che abbiamo lavorato assieme: infatti, dopo la nottata, per tutta la domenica ci siamo messi all’opera per ripulire la parrocchia, in tutti i suoi antri più bui e lerci, dove voi umani non potete nemmeno immaginare quale tipo di improbabili nefandezze si nascondessero(anche per colpa dell’ultimo viceparroco, che in nove anni non ci ha mai pensato a ripulire un po’, anzi, ha alimentato il caos e la nefandezza degli angoli più remoti!). E’ stato un lavoro faticoso, ma che ci ha comunque fatto conoscere e divertire. E poi è arrivata la sera, e l’ora di lasciarci: quello spirito di unione che ci aveva mosso, che ci aveva fatto stare bene tutti assieme, quando poi tornammo a casa, ci diede ancora un dono: il ricordo bellissimo del week-end trascorso, e la gioia di aver fatto qualcosa di buono, non solo per noi! Andrea Conz MARTEDI' 19 GENNAIO Incontro con don Carlo Bonasio, prete novarese Dalla gente di chiesa alla chiesa della gente Con chi fare una riflessione sul rapporto fra il parroco e la sua parrocchia, nell’imminenza dell’entrata in carica di don Filippo? C’erano alcune ragioni per scartare un altro parroco di Biella, ha spiegato don Gabriele Leone martedì 19 gennaio: fra queste, la ricerca di orizzonti diversi, che offrissero la possibilità di un migliore confronto. La Diocesi di Biella ha legami con quella di Novara visto, fra l’altro, che tre nostri seminaristi vanno a studiare a Novara, e che vi sono già stati incontri e relazioni reciproche. Così la sera del 19 gennaio abbiamo potuto ascoltare il parroco di Sant’Agabio in Novara, don Carlo Bonasio, accompagnato da una sua parrocchiana, la psicopedagogista Maria Mattioli, che hanno illustrato il tema della serata: “La relazione parroco-parrocchia” sulla scorta della loro esperienza. Un’esperienza lunga e articolata, quella di don Bonasio, approdato nel 2000 a Sant’Agabio provenendo dalla parrocchia di San Francesco, da lui stesso fondata venticinque anni prima con due ex compagni di seminario, in un quartiere nuovo che si è gradatamente popolato. E’ ferma convinzione di don Bonasio che non bisogna “costruire gente di chiesa”, ma “la chiesa della gente”. E si è mosso in questa direzione. Difficile riassumere in poche righe la lunga appassionata esposizione dell’oratore, che ha cercato di comunicare con la massima efficacia il suo modus operandi fra i propri parrocchiani, improntato alla praticità e al pragmatismo, attraverso un Consiglio pastorale radicalmente rinnovato e gruppi di lavoro fortemente motivati a occuparsi dei numerosi problemi di una parrocchia di circa tredicimila abitanti, posta in un quartiere popolare (oggi con le numerose fabbriche quasi tutte chiuse) e con un’alta percentuale di immigrati. Rispondendo ad una domanda del pubblico, don Bonasio ha illustrato la sua maniera alternativa di fare missione e avvicinare chi dalla Chiesa è lontano: attendendolo “al varco”, nelle centinaia di occasioni annue in cui si ricorre alla cerimonia religiosa: battesimi, matrimoni, funerali. Per esempio ai battesimi: “Ottanta battesimi (all’anno, ndr) sono centosessanta genitori, più i padrini, i parenti e i conoscenti... abbiamo dovuto fare due turni al mese, perchè altrimenti la chiesa straripava e non si riusciva a combinare niente. Così più di cinque non ne facciamo, perchè la chiesa si riempie con duecento persone. Come lo faccio quel battesimo? Cerco di farlo in modo tale che le persone che sono lì in quei trentacinque minuti, quaranta minuti al massimo, lo vivano fino in fondo. Poi non rivedrò più la gran parte di quelle persone, ma intanto le ho incontrate senza aver dovuto andare a cercarle da un’altra parte...”. E così via. L’ampia e diffusa esposizione della “parrocchiana” Maria Mattioli, che ha fatto seguito alla interessante relazione di don Bonasio, ha messo ancor più in risalto l’incisiva azione del parroco: “... ci siamo resi conto da subito, quando è arrivato, che lo sguardo che don Carlo aveva sulla nostra comunità era completamente diverso, da tutti i punti di vista, nel bene e nel male: sono occorsi tempo e pazienza reciproca, nel cammino che abbiamo fatto insieme in questi dieci anni... ci si doveva rimettere in gioco, annullare le perplessità... il parroco nuovo porta delle verità e occorre fondare la relazione su una conoscenza profonda e motivata... come sempre è un discorso di equilibrio tra le parti, di sintesi fra quello che lui aveva in mente, nel cuore, dove voleva portare la nostra comunità, e quelli che erano invece le idee, i contributi che ognuno di noi poteva offrire. Don Carlo ha sempre avuto le idee chiare innanzitutto in una cosa, nel riconoscerci come laici corresponsabili nella conduzione della comunità...”. E’ stata una serata interessante e coinvolgente, come hanno dimostrato i numerosi interventi che sono seguiti, postillati dalle risposte dei due relatori. E’ disponibile la lunga trascrizione integrale della serata stessa, che riteniamo potrà essere messa a disposizione di chi la richiederà. cp 13 VENERDI’ 22 GENNAIO Uniti in preghiera per le confessioni Una comunità matura è una comunità che è capace di guardare non solo ai propri punti di forza, ma anche alle proprie debolezze. Che sa crescere e rinnovarsi, e non si adagia sui traguardi già raggiunti. Questo il senso della celebrazione penitenziale sul tema “Misericordia e vita di comunità”, che ha riscosso lo scorso venerdì 22 gennaio una partecipazione insperata. Qual è l’immagine della nostra parrocchia? Quella di una comunità piena di energie e di iniziative, che tuttavia risulta talvolta poco accogliente e non sempre unita: la scenetta iniziale, che vedeva protagonisti un inedito San Paolo e il suo “scriba” Terzo, ha cercato di riassumere in poche battute i risultati della riflessione che noi del gruppo giovani Mumble avevamo fatto in precedenza, e che probabilmente ha espresso il pensiero di molti anche tra gli adulti. A dispetto di qualche disguido organizzativo, siamo piuttosto orgogliosi: per la prima volta è approdato a San Paolo il “Rito per la riconciliazione di più penitenti con la confessione e l’assoluzione individuale”. Un rito comunitario fortemente auspicato dal Concilio Vaticano II, molto impegnativo ma coinvolgente, a giudicare dalle impressioni “a caldo” che abbiamo raccolto nei giorni successivi da parrocchiani di tutte le età. A guidarci in questo momento di preparazione il nostro Vescovo, mons. Gabriele Mana; mentre numerosi sacerdoti della diocesi hanno dato man forte a don Filippo e don Gabriele per le confessioni individuali, che non sarebbero state possibili altrimenti. Dato il successo di questa prima celebrazione penitenziale, speriamo che ne possano seguire presto altre. E, soprattutto, ci auguriamo che la nostra comunità possa lavorare sui propri punti deboli, concedendosi ogni tanto momenti di riflessione come questo. I giovani del gruppo Mumble IVO DATO, IL NUOVO PRIORE La storica confraternita dei Santi Paolo ed Elisabetta ha eletto ai primi di gennaio nuovo Priore per l'anno 2010 il dottor Ivo Dato, cinquantenne, medico urologo presso l'Asl di Biella; è sposato con Raffaella Cravero, medico nefrologo. Ha tre figli: Luciano, studente di ingegneria navale a Genova, Letizia liceale e la piccola Irene Maria. Il dottor Dato è presidente dei Medici Cattolici. Seguendo l'esempio della sua famiglia, è da sempre assai vicino alla parrocchia, frequentando la chiesa e prendendo parte alle varie attività: è stato animatore e catechista. Qui il nuovo Priore durante l'accoglienza a don Filippo nuovo parroco; alla sua sinistra il Priore uscente Franco Pellanda e il Sindaco di Biella prof. Dino Gentile. (Foto Sergio Fighera) 14 SABATO 23 GENNAIO Un festoso concerto di clarinetto e pianoforte L'ultima manifestazione prima del solenne ingresso di don Filippo parroco in San Paolo si è svolta la sera precedente, sabato 23 gennaio: un applaudito concerto in chiesa del duo Marco Andreoletti al clarinetto e Mariagrazia Gazzola al pianoforte. Chiesa gremita, grande attesa. I due musicisti hanno dimostrato grande maestria e attenta preparazione. Il giovane biellese Andreoletti, classe 1980, diplomato al Conservatorio di Novara con importanti riconoscimenti, ha conseguito premi importanti in concorsi nazionali, ricoprendo più volte il posto di primo clarinetto in prestigiose formazioni orchestrali italiane e straniere. Ha inciso colonne sonore e affianca all'attività artistica quella di docente del suo strumento presso istituti musicali della provincia di Vercelli. Mariagrazia Gazzola, bergamasca, ha terminato a soli 17 anni gli studi musicali nella sua città, diplomandosi con il massimo dei voti e approfondendo la preparazione al Conservatorio di Milano, sino all'incontro con il maestro Alexander Jenner alla Hochschule di Vienna, che segna una svolta nel suo percorso artistico. Dopo una proficua esperienza con il Trio di Trieste, ha proseguito gli studi con il Wiener Schubert Trio. Ha vinto diversi concorsi nazionali e internazionali. Il programma presentato a San Paolo è stato vario e interessante. Nella prima parte la Première Rapsodie di Claude Debussy è stata seguita dalla "Habanera" dalla Carmen di Georges Bizet e dall'aria "O mio babbino caro" tratta dall'opera Gianni Schicchi di Giaco- Il clarinettista Marco Andreoletti durante la sua esibizione in San Paolo mo Puccini, terminando con la Five Bagatelles di Gerald Finzi, fra i convinti applausi. Nell'intervallo, il presidente dell'Associazione Famiglie di San Paolo, Gianpiero Vallivero, ha rivolto a don Filippo un cordiale discorso di benvenuto. La seconda parte del concerto è iniziata con il Concertino di Carl M. Weber, ancora Debussy con "La Fille aux cheveux de lin", indi una Sonata di Francis Poulenc. Il celebre "Ave Verum" di Wolfgang Amadeus Mozart, dai passaggi mistici e coinvolgenti, ha concluso la bella serata, non senza alcune repliche... a furor di popolo. LA SACRA SINDONE VISIBILE DAL 10 APRILE AL 23 MAGGIO Una grande opportunità di visitare la Sindone nella cattedrale di Torino: l'ostensione dell'immagine - misteriosa per la scienza, sfida per l'intelligenza, come l'ha definita Giovanni Paolo II - avrà luogo dal 10 aprile al 23 maggio prossimi. Secondo il cardinale Severino Poletto, arcivescovo di Torino, "per i credenti la Sindone è un grande segno della Passione di Cristo. Per noi oggi è richiamo forte a contemplare, nell'immagine, il dolore di ogni uomo...". Il pellegrinaggio a Torino della diocesi di Biella è previsto per sabato 17 aprile. Il Papa sarà a Torino il 2 maggio, per cui la tradizionale processione a Oropa della Città di Biella quest’anno avverrà domenica 9 maggio. Venerdì 9 aprile alle ore 21 in parrocchia si terrà un incontro di approfondimento sulla Sindone. 15 Gli ex vice chiamati a San Paolo Che cosa significa diventare parroco? Ore 9,30 di uno dei tanti sabato mattina in cui avviene la temuta (… visto l’orario) riunione dei giovani catechisti delle medie ed il sottoscritto esordisce dicendo: "Per accogliere il futuro parroco, si è deciso di organizzare una mostra di disegni fatti da quelli del catechismo, ma cosa potremmo fare per sensibilizzarli a questo evento?" Dopo un primo momento di smarrimento (non so se per l’appannamento dei sensi, la difficoltà della domanda o entrambe le cose) ecco che si fa largo l’idea di chiamare qualcuno a spiegare cosa voglia dire diventare parroco, ma chi? Vengono fatte le proposte più strane, ma ad un certo punto prende piede l’ipotesi di chiamare gli ex-vice parroci di san Paolo, ora parroci in ogni dove del Biellese, a testimoniare su cosa voglia dire che un vice di san Paolo diventa parroco. Passato il Natale, con un rapido giro di telefonate il tour degli ex-vice a san Paolo è presto organizzato e ad aprirlo, giovedì 7 gennaio con i bambini di quarta elementare, c’è don Andrea Crevola, parroco a Ponderano e Borriana. Sabato 9 gennaio invece ne arrivano due: con i ragazzi di prima media don Renato Bertolla, parroco a Sagliano Micca e Miagliano, e con i ragazzi di seconda media don Gian Rocco Bombelli, parroco di Cerrione, Vergnasco e Magnonevolo. Lunedì 11 gennaio con i ragazzi del recupero delle medie, ecco invece don Mario Marchiori, parroco di Quaregna e di Ronco di Cossato. Martedì 12 gennaio a parlare ai bambini di quinta elementare ecco invece don Ugo Franzoi, parroco di Portula e Castagnea. E visto che il passaggio di questi vice è stato così bello, si è pensato di invitarne uno a parlare anche a quelli della terza età e chi chiamare se non colui che era vice ai loro tempi? Ecco allora che mercoledì 20 gennaio si è presentato don Albino Pizzato, parroco emerito del Piazzo, che ha intrattenuto i convenuti all’incontro. Che dire di queste testimonianze? Mi è sembrato di capire che abbiano lasciato un segno un po’ in tutti. In chi li ascoltava, un po’ perché era uno nuovo e un po’ perché percepivano che era uno che aveva vissuto san Paolo. In loro che parlavano, perché si poteva toccare la loro emozione nel tornare qui, tanto che nei loro racconti emergeva sempre qualche ricordo della loro esperienza sanpaolina. Infine in me che me li sono sentiti tutti, perché ascoltando tutti gli ex-vice è come se fossi entrato in una grande corrente, una grande famiglia ed ognuno di loro, senza accorgersene, mi ha insegnato qualcosa su come essere vice a san Paolo. Dunque bilancio più che in attivo alla fine di quest’esperienza, che conferma ciò che dice un cantautore a me molto caro, in una sua recente canzone: "Tutto passa e tutto lascia traccia", tracce da seguire per camminare sempre più dietro al Signore, sulla strada percorsa da chi è passato prima di noi e con questo nuovo parroco a condurci. Don Gabriele con la “priora” Raffaella Cravero 16 don Gabriele La Cappellina di S. Pio X in via Lazio Non sono molti a conoscerla: un invito a frequentarla "Perché la Cappellina di via Lazio, parroco?" chiesi durante un pranzo a don Tullio "E’ un segno! - mi rispose -. Con la nascita del nuovo quartiere era importante la presenza del Signore". Così ecco questa chiesetta che pochi conoscono se non per averla sentita nominare negli avvisi al termine della Messa. Vi invito ad andare almeno a vedere dov’è e, se potete, a partecipare alla santa Messa festiva delle 9: troverete una comunità familiare che prega molto bene. Ma ora vogliamo chiederci: ha ancora senso tenerla aperta? Non è un luogo di divisione? Se la comunità è una non si dovrebbe andare tutti in parrocchia la domenica? In futuro con il calo dei sacerdoti, come si farà a mantenerla? Tutto vero, sono domande lecite, ma permettetemi di esporre alcune riflessioni. Una chiesetta dov'è custodita l’EuIl nuovo "gruppo di gestione" della cappella di via Lazio carestia è sempre un grande dono! E’ la preaiutare il sacerdote e animare la liturgia. Il ricordo di senza del Signore tra le nostre case, è importante, bello. Ora il Signore abita là dove lo si lascia entrare e Maria è ancora vivo in tutti noi per la cura e la dolcezsi sente accolto, quindi questo regalo, proprio perché za con cui svolgeva questo compito. Ci è voluto un po’ così prezioso, non va tralasciato o si perderà. Siete voi, di tempo per trovare qualcuno disposto a sostituirla. A cari abitanti del quartiere che dovete prendere una tutti sembrava pesante. Finalmente una persona, decisione, se volete avere vicino il Signore e dedicargli vedendo la voglia di pregare di chi frequenta la Capil tempo con l’impegno alla preghiera in cappellina, pellina e sentendo alcune lamentele, mossa dalla tenendola bene, abituando figli e nipoti a frequentarla e carità, ha dato la sua disponibilità ed ecco, tutto è chiedendo in parrocchia di aprirla a nuove iniziative. stato semplice: letteralmente in pochi minuti altre sei Vedete, se c’è il vostro interesse non c’è mancanza di persone si sono dichiarate pronte a collaborare forpreti che tenga, ci si organizza e il tempo lo si trova mando così il piccolo gruppo affiatato di gestione che volentieri. E’ facile, basta incominciare! Forse tanti di potete ora vedere nella foto. E’ così! Serve sempre voi avvertono il problema, vorrebbero far di più ma qualcuno che abbia il coraggio di rischiare e fare il rimane la paura di essere soli, la quantità di tempo, il primo passo, poi tutto si muove. Sono sei persone, sentire il peso di speriamo non rimangano le sole e che altri si aggretutta la responsaghino; si possono inventare tante cose, momenti di bilità sulle spalpreghiera belli come il Rosario, recitato il mese di le... Vorrei allora maggio insieme a ragazzi e bambini, catechesi e tutto raccontarvi un ciò che il cuore vi suggerisce. fatto di questi Ma consentitemi ancora una osservazione sull’utilità di giorni. Il Signore questa cappellina: la parrocchia è molto estesa, arriva a un paio di mesi fa sud fino al Cottolengo compreso, a est fino alla casa ha chiamato a sé dopo il cartello di Candelo. Avere oltre alla chiesa di S. la sig.ra Maria ToPaolo due luoghi dove si celebra la Santa Messa è masini che in queun’opportunità per tutti gli anziani che, rimanendo soli sti ultimi anni ha e costretti ad andare a piedi, non potrebbero santificare svolto il servizio, la festa a causa della distanza. Cari residenti del insieme ai suoi faVillaggio sportivo, non perdete questo dono e apprezmiliari, di tenere zatelo: il Signore ha voluto porre la tenda in mezzo a pulita e decorosa voi, è un regalo unico da accogliere e non sprecare, per la cappellina, acil bene della comunità! Maria Tomasini Bocca. cogliere la gente, d. F. Si occupava della cappella 17 Giovani e anziani insieme per Natale AUGURI MAI COSÌ GRADITI Già dall’accoglienza abbiamo capito che era una cosa seria! Due giovanotti, vestiti da cerimonia, subito si sono avvicinati e ci hanno chiesto se avessimo bisogno di aiuto per fare gli scalini della chiesa. Con baldanza abbiamo risposto loro: “Abbiamo la canna che ci sorregge!” In chiesa, la santa Messa è stata seguita con attenzione e grande partecipazione nelle preghiere e nei canti delle due corali, sempre molto brave. Il parroco ha parlato ai nonni con simpatia e incoraggiamento; ci ha A tavola con i "cari vecchietti" ERA TUTTO MOLTO BUONO... Da quando sono entrato nel salone con qualche vecchietta sottobraccio, ho subito notato la ressa che premeva per mettere via le giacche e mi sono improvvisato per qualche minuto come ragazzoappendiabiti. Ma incominciavo a sentire anch'io i sintomi della fame e sono andato in cerca di un posto giù nel salone. Appena ne ho visto uno, ho chiesto ai miei vicini se era libero e tutti mi hanno detto "siiiiii" con un gran sorrisone. Bene, mi sono presentato un po' ed erano tutti interessati e mi ascoltavano, io chiedevo anche un po' qua e là chi erano i miei vicini, se avessero nipoti a San Paolo, se fossero legati alla parrocchia e perché... l'idea generale è che la parrocchia fa delle cosi belle iniziative... e poi c'è un rapporto di amicizia tra le mura della chiesa, anche se non si conosce quello che hai vicino nel banco quando sei a messa, tu l'hai gia visto in chiesa 1000 volte e lui ha visto te 1000 volte e, sem- 22 detto che dobbiamo trasmettere ai giovani quello che sappiamo fare e ci ha proposto di raccontare loro la nostra vita giovanile. Dopo la Messa, accolte da simpatiche signorine, abbiamo lasciato i cappotti e ci siamo avviate verso il salone, già tutto pieno di gente allegra e contenta di ritrovarsi in un ambiente conosciuto. Abbiamo ammirato i lavori fatti con abilità per abbellire il salone con colori vivaci; in particolare ci sono piaciuti molto gli angeli bianchi che erano appesi alla volta. Sui tavoli apparecchiati con cura, abbiamo trovato come segna posto un grazioso Babbo Natale: grazie per queste delicatezze! I pranzo, servito da giovani pronti alle nostre richieste, è stato favoloso. A noi è piaciuto tutto; le verze ripiene, i “capunet”, ci hanno fatto venire in mente il sapore e il profumo di quando li faceva la nostra mamma. Il vino poi... Dolcetto di Dogliani d.o.c. annata 2007!... è stato apprezzato da uomini e donne. Non è mancato il brio dei giovani di San Paolo che ci hanno rallegrato con giochi e musiche, antiche e modernissime: sono stati veramente scatenati! Il gioco a quiz ha poi permesso di premiare parecchie persone. Grazie per quanto avete fatto per noi; rimaniamo sempre gioiosamente stupite e ammirate per quanto sanno donarsi le persone che rendono possibile tutto questo! Luigina pre secondo i miei compagni di pranzo, c'è un rapporto speciale tra i parrocchiani. Ed erano tutti interessati sulle figure del vice e del parroco, dicevano di essere contenti perché sono giovani e coinvolgenti. C'era molto spirito di competizione anche nella lotteria e nel gioco a quiz dove si indovinano le canzoni ed è piaciuto il Carosello. I piatti sono stati un successo! Si sono complimentati perchè era tutto molto buono e al bis ho preso i piatti di quelli che lo desideravano e gli ho messo ancora un po' di torta. Mi sono divertito ad ascoltare le storie della gente e mi ha fatto piacere che anche la gente mi ascoltasse cosi. Sono dei cari vecchietti. Alla fine si sono divertiti! E si sono complimentati con tanta gente per il successo del pranzo. Credo che la gente sia molto legata a noi ragazzi ed è proprio per noi che la nostra parrocchia è cosi speciale, nel senso che è per le nostre attività che i parrocchiani sentono quel legame particolare... in ogni caso... Bella esperienza, per loro, per me. Giovanni S. Giovanni Maria Vianney parroco di Ars Un santo profondo, semplice e che parlava chiaro d.F.) - Essendoci riunioni clandestine in tutte le sale della parrocchia e comprendendo che ingombravo ovunque, prima della festa patronale decisi di scappare per riposare e prepararmi ma - dove andare? - mi chiesi. E’ l’anno sacerdotale, così decisi di andare ad Ars in pellegrinaggio dal patrono dei parroci. Sono rimasto colpito da quest’uomo semplice, innamorato di Dio e preoccupatissimo per la grande responsabilità che aveva: la conversione dei 250 abitanti di Ars. In un negozietto ho acquistato un libretto con i suoi scritti e, essendo da solo e avendo tempo, l’ho letteralmente divorato, colpito dalla sua chiarezza e profondità. Sono testi che tutti sono in grado di comprendere perché pensati da un semplice per i semplici e, così, è nata l’idea di lasciar a san Giovanni Maria lo spazio per una meditazione ai parrocchiani di S. Paolo. Allora lo ringraziamo per la sua disponibilità e attentamente lo ascoltiamo: “Dio è così buono che nonostante gli oltraggi che gli facciamo, ci porta in Paradiso quasi nostro malgrado. E’ come una mamma che porta in braccio il suo bambino al passaggio di un precipizio. E’ interamente impegnata ad evitare il pericolo, mentre il suo bambino non smette di graffiarla e maltrattarla”. “Ci sono due modi di soffrire: soffrire amando e soffrire senza amare. I santi soffrivano tutti con pazienza, gioia e perseveranza perché amavano. Noi soffriamo con rabbia, dispetto e noia, perché non amiamo. Se amassimo Dio, saremmo felici di poter soffrire per amore di Colui che ha accettato di soffrire per noi…voi dite che è duro? No, è dolce, è consolante, è soave: è la felicità…soltanto, bisogna amare quando si soffre, e soffrire amando”. “Colui che va incontro alla croce, cammina in senso inverso alle croci: egli le incontra forse, ma è contento di incontrarle: le ama, le porta con coraggio. Lo uniscono a nostro Signore. Lo purificano. Tolgono gli ostacoli dal suo cuore e lo aiutano ad attraversare la vita come un ponte aiuta a passare l’acqua. …così quando si amano le croci, non se ne ha mai, ma, quando si respingono, vi si rimane schiacciati”. Le tentazioni “Come il buon soldato non ha paura del combattimento, così il buon cristiano non deve aver paura della tentazione. Tutti i soldati sono bravi in caserma: è sul campo di battaglia che si fa la differenza tra coraggiosi e codardi”. “Ecco come il demonio si comporta di solito con i peccatori che ritornano a Dio. Li lascia gustare le dolcezze dei primi momenti della loro conversione, perché sa bene che non ci guadagnerebbe niente: sono troppo fervorosi. Aspetta qualche mese finchè l’ardore sia passato; poi comincia con il far trascurare loro la pre- UNA VITA SEMPLICE E STRAORDINARIA Il francese Giovanni Maria Battista Vianney, "il santo curato d'Ars", nacque a Dardilly nel 1786. Fu un prete straordinario, amato per la sua bontà e la sua evangelica semplicità. I suoi Discorsi (postumi) sono un esempio di spontaneità e di efficacia. Nel 1818 fu nominato parroco di un paesino, Ars appunto, vicino a Lione: gli inizi non furono affatto facili, ma a poco a poco quell'umile e piccolo prete conquistò tutti i cuori. Morì fra le braccia dei suoi parrocchiani il 4 agosto 1859. Fu elevato alla gloria degli altari il 31 maggio 1925. 23 ghiera, i sacramenti, li attacca con diverse tentazioni. Poi vengono le grandi lotte: è allora soprattutto che bisogna chiedere la grazia di non lasciarsi abbattere. E se cadete? Non ascoltate il demonio che cerca sempre, dopo che ci ha fatto fare il male, di gettarci nella disperazione”. L’amore di Dio e del prossimo “…Mi chiederete, cosa vuol dire amare il buon Dio sopra ogni cosa, e più di noi stessi? Significa preferirlo a tutto ciò che è creato, essere nella disposizione di perdere il proprio bene, la propria reputazione, i genitori e gli amici, i figli, il marito, la moglie e la vita stessa, piuttosto che commettere il minimo peccato mortale… Se lo amiamo veramente, né le sofferenze, né le persecuzioni, né il disprezzo, né la vita, né la morte potranno portarci via questo amore che dobbiamo a Dio”. “Noi stessi avvertiamo che se non amiamo il buon Dio, possiamo solo essere infelici, molto infelici. Se l’uomo è creato per amare il buon Dio non può trovare la felicità che in Dio solo... Se volete convincervi meglio, ecco, interrogate le persone che vivono senza amare il buon Dio…Un avaro non è più felice quando ha molto di quando ha poco. E’ un ubriacone più felice dopo aver bevuto il suo vino dove pensava di trovare tutto il suo piacere? Ne rimane più infelice. Un orgoglioso non ha mai riposo, teme sempre di essere disprezzato. Un vendicativo, cercando di vendicarsi, non riesce a dormire ne giorno ne notte. E perché non possiamo essere felici in tutto quello che sembra poterci soddisfare? E’ che, essendo creati per Dio, Lui solo potrà soddisfarci…” “Ma, mi direte, come si può sapere se abbiamo la Carità, senza la quale la nostra religione non è che un fantasma? Anzitutto una persona che ha la carità non è orgogliosa: non ama dominare sugli altri; non la sentite mai biasimare la loro condotta; non ama parlare di ciò che fanno. Una persona che ha la carità non esamina l’intenzione degli altri nelle loro azioni; non crede mai di far meglio degli altri e non si mette mai al di sopra del proprio vicino; al contrario, essa crede che gli altri fanno sempre meglio di lei. Vedete, per amare Dio non è necessario essere molto eruditi, né molto ricchi; basta cercare di piacere a Dio in tutto quello che facciamo; di fare del bene a tutti, ai cattivi come ai buoni, a quelli che lacerano la nostra reputazione, come a quelli che ci amano…”. San Giovanni Maria Vianney 24 La benedizione delle case Inizierà martedì 6 aprile la benedizione pasquale delle case. Provvederanno don Filippo, don Gabriele e il diacono Gastone. Nell'imminenza del passaggio, verrà esposto un avviso nell'androne delle singole abitazioni. "Giovani, tocca a voi ridare virtù alla politica" L'invito del cardinal Bertone: farsi carico del bene comune della persona dipende la L'appello di Benedetto virtù della società". In XVI per una nuova genemaniera ancora più esplirazione di politici cattolici cita: "Non esiste separaè rivolto soprattutto ai giozione tra etica individuale vani. La Chiesa li invita a ed etica sociale". Una retfarsi carico di un "esercititudine che "vale per tutti zio di responsabile carità i politici", ma i cattolici verso il prossimo" e di una devono essere consapevoli missione "storica": quella di avere "una missione di restituire la virtù alla nella storia, che è quella politica, partendo dai comdi orientare la società a portamenti responsabili. valori superiori", senza i Così a fine febbraio ha quali, come scriveva don parlato il cardinal Bertone Sturzo, "tutto si deturpa e al seminario di Riccione la politica diviene mezzo sul bene comune. Parole in Il Cardinale Tarcisio Bertone di arricchimento, l'econoassonanza con quelle promia arriva al furto e alla truffa". Serve, al contranunciate in precedenza dal cardinal Bagnasco, rio, "una nuova generazione di politici cattolici", presidente CEI, che auspicava "una generazione contraddistinta dall'impegno a "iniettare buona e nuova di italiani e di cattolici, che sentano la nuova linfa nella società, orientandola alla virtù, cosa pubblica come importante e alta e siano con rettitudine e discernimento alla luce del disposti per essa a dare il meglio di sé, del loro Vangelo e della dottrina sociale della Chiesa". pensiero, dei loro progetti e dei loro giorni". Gente capace di superare il bivio tra utopia e Sviluppando l'appello del Santo Padre, Bertone disaffezione, come lo inquadrava Giovanni Paolo ha continuato affermando che "la politica non è II, ribaltando la prospettiva diffusa nella società cosa sporca", bensì "l'amore degli amori", come globalizzata, "dove il cambiamento si attende diceva la Lubich. La chiamata della Chiesa ai dall'alto", mentre "la sfida per la nuova generagiovani richiama all'insegnamento politico di zione di politici cristiani è quella del cambiaTommaso Moro piuttosto che a quello, oggi parmento dal basso, dal territorio, dalle comunità ticolarmente in voga, di Nicolò Machiavelli. locali chiamate a contribuire al bene comune". L'illustre porporato ha lanciato un vero e proprio appello ai politici ad "orientare la propria vita e (da P. Viana, "Avvenire") le proprie relazioni alla virtù, poiché dalla virtù Commento - Quante volte abbiamo sentito affermare: la politica è cosa sporca, stiamone alla larga. E ancora: i cattolici non devono decidere per tutti gli italiani. Così abbiamo lanciato la spugna... così abbiamo preso le distanze, lasciando ad "altri" la gestione del bene comune, con i risultati che tutti abbiamo sotto gli occhi. L'invito del cardinal Bertone si contrappone nettamente e clamorosamente (nell'odierno sbigottito silenzio di molti, di troppi) a quella disaffezione per la politica che ha toccato livelli impressionanti. Sprona le comunità cristiane locali a lavorare per un cambiamento, a ripensare, formare e proporre una nuova generazione di politici, consapevoli che è compito dei cattolici "orientare" la società a valori superiori e al bene di tutti, non a quello di chi si mostri indifferente alla sorte dei fratelli più sfortunati e insofferente nei confronti delle regole morali e civili. Sicuramente non è facile. Ma non è mai tempo di gettare la spugna. La redazione 25 Voci dalla Valsavarenche Dal turno animatori La casa alpina, dal 26 al 28 dicembre, è stata “infestata” da una cinquantina di animatori che per tre giorni hanno vissuto in condivisione la gioia di passare un po’ di tempo insieme e di farsi una sciata in allegria. L’intensità delle attività e dei valori vissuti in questo così poco tempo è difficile da riassumere in poche righe… siamo passati dal discutere di temi importanti, quali la giustizia, al gioco di travestirci in personaggi di film e cartoni animati in una sorta di carnevale anticipato; da un tentativo di olimpiade invernale improvvisata, trasformatasi in una lotta a palle di neve, ad una veglia in cui abbiamo condiviso i nostri sogni più profondi; da preghiere e momenti liturgici al trasformarci in sciatori e “sbobbatori” provetti. Insomma, in questi tre giorni ci siamo in continuazione trasformati alternativamente in bambini e in adulti, riscoprendo il divertimento e la magia di un po’ di neve ma anche il nostro crescere e le responsabilità che ne derivano, per prendere sempre più consapevolezza del nostro compito all’interno della parrocchia e dell’importanza di trasmettere i giusti valori ai ragazzi, che durante l’anno e nei campeggi ci sono affidati. Caterina UN COMUNICATO AI NOSTRI FEDELI SPONSOR Nello scorso numero di questo bollettino abbiamo inteso ringraziare i fedeli sponsor che da sempre contribuiscono ai costi di stampa con il loro prezioso contributo. Ma la malaugurata fretta ha fatto sì che l'elenco fosse largamente incompleto, oltre che approssimativo nelle denominazioni. Nel fare ammenda, chiedendo scusa a tutti (omessi e "mutilati"), elenchiamo intanto di seguito le aziende e gli enti che mancavano nell'elenco stesso: ACCONCIATURE MAESTRI MIRELLA, ANGELICO FACTORY STORE, BRIGLIA CARTA, COLOR GP COLORIFICIO, JEANTET PASTICCERIA, JOLLY CLUB, LABORATORIO ODONTOTECNICO CABRIO E GARIZIO, MOVIMENTO CRISTIANO LAVORATORI, QUAREGNA GIARDINAGGIO, RAMELLA CERAMICHE, RISTORO BIELLESE, ROMANA DOLCETTO DI DOGLIANI, ROMANO GALLERIA D'ARTE. Elenchiamo inoltre nuovamente le aziende citate nel numero scorso, alcune delle quali, ripetiamo, erano riportate in maniera imprecisa: ACQUADRO DOLCIUMI, ACUSTICA BIELLESE, AIMONETTI TERMOIDRAULICA, ANGELONE RICAMBI ELETTRODOMESTICI, ATHENA PALESTRA, BANDINI UTENSILMECCANICA, BELLISSIMA ABBIGLIAMENTO DONNA, BERTINETTI CICLI, BIELLA-LEGNO, BIVERBANCA, BORRIONE ONORANZE FUNEBRI, BREGLIA TRASLOCHI, BRICIOLE D'ORO GOIELLERIA, CALLAN SCHOOL, CAMPAGNOLO CARROZZERIA, CLERICI PORTE BLINDATE, FARMACIA SAN PAOLO, FOSCALE LEGNAMI, FOTOTTICA SERGIO FIGHERA, GARELLA AUTOSCUOLA, GHOST'S, HOTEL BUGELLA, IFAB POMPE FUNEBRI, IL GIROTONDO ASILO NIDO, IL TRIFOGLIO PROFUMERIA, LA LUCCIOLA PIZZERIA, LANZA PIERINO EDILIZIA, LAZZARO MOBILI, MARAZZATO SPURGO SERVICE, MAZZOLENI OTTICA, MEGA MARMI E GRANITI, MERAVIGLIA ABBIGLIAMENTO DONNA, MIELE CUCINE, MONDO MAGLIA, MOSCA GASTRONOMIA, MOSCHETTO PNEUMATICI, NOVARETTI FLORICOLTURA, NOVARETTI MATERIE TESSILI, PATTI PANETTERIA, PIZZERIA SAN PAOLO, POCO LOCO VIAGGI, POSITANO PIZZERIA, RENALDO ASSICURAZIONI SAI, ROSSETTI PAVIMENTI, SERENISSIMA VIAGGI, SERGIO FIGHERA FOTOGRAFIA, SETTENOTTI MATERASSI, TINTORIA DI SANDIGLIANO, TOTO ASSICURAZIONI, VIOTTI CONCESSIONARIA CITROEN, ZOO MARK. Ancora un grande grazie a tutti! 26 Dal turno SBAM (28-30 dicembre) Neve, neve e ancora neve… sembrava che il tempo non stesse volgendo al bello: in appena una mezz’oretta, erano già scesi circa 50 cm; il tempo non migliorava. Mentre noi ragazzi restavamo incollati alle finestre per guardare la neve che dal cielo cadeva lentamente e si posava sul terreno, “qualcuno” era preoccupato di non riuscire a portarci a casa. “Qualcuno” continuava a spingere la macchina in salita per evitare che scivolasse. “Qualcuno” contattava continuamente l’autista per sapere se sarebbe riuscito a venirci a prendere. ”Qualcuno” si chiedeva se il cibo che ci rimaneva in casa fosse sufficiente nel caso fossimo stati costretti a restare ancora per un giorno in Valsa; noi ragazzi speravamo di rimanere bloccati nella casa, per poter trascorrere ancora dei fantastici giorni tutti insieme:c’era chi voleva prendere gli sci per tornare a Biella, chi desiderava rimanere con tutti i suoi amici, chi usciva fuori per stare sotto la nevicata e poi rientrava coperto di neve; chi era felice e bagnato anche solo dopo una rapidissima “sortita”. Però… ecco che, infine, si vede un grande pullman arrivare in paese… la magia,purtroppo, è finita! Sara Dal turno RUM Come descrivere la mia esperienza al mio primo campeggio invernale? Beh, sono stati tre giorni davvero fantastici , non riesco a trovare altri aggettivi per descrivere quello che ho passato con i miei amici del gruppo dopocresima RUM e don Gabriele . In questo campeggio abbiamo fatto molti progressi a livello di gruppo, infatti abbiamo pianificato tutto quello che avremmo dovuto fare nel corso dell’anno . Una cosa che non mi scorderò mai , a livello personale , è stato quando per 10 minuti siamo andati di notte appena fuori dalla casa per stare un po’ da soli e cercare di ascoltare quello che Dio aveva da dirci... quella volta successe davvero , per cui appena posso, anche se non potrò mai avere a Biella quel silenzio che trovai quella notte in Valsavarenche, cerco di pregare un po’ per ascoltare i consigli che Dio ha da dirmi ; io credo che la stessa cosa che è accaduta a me potrebbe accadere a qualsiasi persona che crede. Dio c’è: bisogna solo saper ascoltarlo. Ovviamente il campeggio non è solo riflessione e preghiera, è anche divertimento! Giocare sulla neve lo puoi fare anche a Biella, ma in Valsa la neve è più bella e più bianca che qui! In quei giorni ci siamo divertiti tantissimo a giocare a palle di neve, fare le gare di pupazzi di neve per poi anda- re a sabotare quelli degli altri e infine le “sbobbate” notturne sono state un divertimento pazzesco... e tutto senza televisione! ( non ce ne bisogno con tutti gli amici che hai e con la Valsavarenche a tua disposizione). Per finire vorrei ringraziare il gruppo RUM e don Gacio per i bei momenti passati insieme , e Nostro Signore che ha reso possibile tutto questo. Giacomo Campeggi estivi 2010 Cari genitori, vi comunico le date dei campeggi nella nostra Casa Alpina in Valsavarenche nella speranza che i vostri figli partecipino a questa bella esperienza. Nelle prossime riunioni del catechismo vi presenteremo in modo più dettagliato l’iniziativa. Attenzione, le quote non hanno subito variazioni rispetto a quelle definitive dell’anno scorso grazie alla generosa eredità lasciata alla parrocchia da don Tullio Vitale e, come è stato negli ultimi anni, in caso di sovvenzioni da parte del Comune o della Regione potranno ancora scendere. Nell’eventuale partecipazione di due fratelli, il minore paga la metà. don Filippo 1° turno 4ª elementare 14 - 19 GIUGNO - QUOTA € 115 2° turno 5ª elementare 20 - 26 GIUGNO - QUOTA € 134 3° turno 1ª media 27 GIUGNO - 3 LUGLIO - QUOTA € 134 4° turno 2ª media 4 - 11 LUGLIO - QUOTA € 153 5° turno 3ª media (gruppo RUM) 12 - 21 LUGLIO - QUOTA € 192 6° turno 1ª e 2ª sup. (gruppo SBAM) 21 - 30 LUGLIO - QUOTA € 192 27 Il diritto al matrimonio e alla famiglia Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo - Articolo 16 1. Uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di razza, cittadinanza e religione. Essi hanno uguali diritti riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e all'atto del suo scioglimento. 2. Il matrimonio potrà essere concluso soltanto con il libero e pieno consenso dei futuri coniugi. 3. La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato. Intervista a don Sergio Nicolli, direttore dell’Ufficio Nazionale Famiglia, CEI, Roma Nell’articolo 16 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, di cui si sono celebrati i 60 anni, si fa riferimento al “diritto di sposarsi” e di “fondare una famiglia”. Quali le radici di tali affermazioni, soprattutto in riferimento al contesto storico in cui la Dichiarazione è stata pronunciata? - Non so esattamente le radici storiche... Ritengo però che a quel tempo in molte nazioni il diritto di sposarsi e di fare una famiglia incontrasse tanti divieti e condizionamenti: da parte delle famiglie di origine e da parte dei regimi politici. Del resto questi condizionamenti non sono ancora del tutto scomparsi in alcune culture e nazioni. Basta pensare che anche in Italia meno di un secolo fa erano i genitori a decidere quando un figlio - e soprattutto una figlia dovesse sposarsi e con chi sposarsi! Si afferma un diritto in relazione allo “sposarsi”, al “matrimonio”, senza darne alcuna definizione... A che cosa ti sembra faccia riferimento implicito? Il problema non è irrilevante se si pensa che oggi più che mai siamo alla ricerca di valori civili, laici e condivisi. - Sessant’anni fa esisteva più o meno una concezione univoca dello sposarsi e del contrarre matrimonio. Il matrimonio era concepito soltanto tra un uomo e una donna, lo si riteneva un patto definitivo e irreversibile, comportava dei doveri nei confronti del coniuge e nei confronti dei figli che nascevano dal matrimonio. Proprio perchè non si fa riferimento ai suoi contenuti ritenuti probabilmente impliciti nel “sentire” comune, quanto ritieni che questo diritto sia veramente universale? - Quando oggi si afferma che esistono ormai molti modi di fare famiglia e di intendere il matrimonio, io resto perplesso. Esiste certamente una pluralità e una diversificazione di progetti di vita all’interno del matrimonio, con notevoli diversificazioni circa le priorità da assegnare ai vari valori ed esperienze che lo caratterizzano, ma sono convinto che nelle aspirazioni profonde di ogni persona esiste in fondo un modello di unione coniugale: un amore eterno che unisce due persone in modo esclusivo, con un bisogno istintivo (che spesso emerge dopo un certo tempo) di allargare la famiglia ad altre creature umane. Mi rendo conto che questa è un’affermazione oggi contestata. Parto però da due constatazioni che fanno parte della nostra esperienza quotidiana: il sogno degli innamorati e le attese degli adolescenti. Anche oggi i giovani, quando si innamorano, vivono un’esperienza forte che li proietta verso il futuro ed essi sognano - come avveniva cinquant’anni fa o mille anni fa - un amore eterno, che nulla e nessuno potrà mai mettere a rischio. Mi ha fatto pensare, qualche tempo fa, l’episodio dei lucchetti del Ponte Milvio a Roma. E’ tradizione che gli innamorati romani si rechino sul Ponte Milvio dopo aver acquistato un piccolo lucchetto con due chiavi; agganciano e chiudono il lucchetto a una catena avvolta intorno a un lampione, poi si baciano con effusione e, girando le spalle al fiume, buttano insieme la piccola chiave nel Tevere. Non vi sembra questo un gesto altamente simbolico, che esprime la convinzione che quell’amore sarà eterno, che nulla e nessuno potrà comprometterlo o spezzarlo? Allora vuol dire che anche oggi, quando nasce, l’amore è fresco e coraggioso, carico di novità, ed è percepito come indissolubile non in forza di una legge esterna, ma per una energia intrinseca all’amore. In secondo luogo, è possibile affermare che anche oggi gli adolescenti sognano una famiglia unita, stabile, ricca di relazioni positive. Anche le più recenti inchieste fra gli adolescenti e i giovani rivelano che, al primo posto tra i valori importanti per la loro vita, oltre il 90% di essi pone la famiglia. Sono ragazzi che sperimentano continua- 32 mente, anche sulla loro pelle, la fragilità delle famiglie; molti di essi vengono da famiglie divise e ricostituite e portano dentro di sé i segni di grandi sofferenze: eppure, nonostante questo, essi sognano nel loro futuro “una bella famiglia”. L’Articolo prevede lo scioglimento della famiglia in riferimento all’esplicitazione di uguali diritti. Anche in Italia, con la Legge n. 898 del 1970 si è reso possibile, a determinate condizioni, sciogliere il matrimonio (divorzio). Allora come oggi tale avvenimento è stato letto come una grande conquista di libertà (in un certo senso in modo coerente con quanto affermato dalla Dichiarazione Universale dei diritti individuali) e dalla Chiesa cattolica come un elemento che avrebbe in modo irreversibile minato la convivenza civile. Come pensi si possa coniugare l’aspirazione legittima del diritto individuale alle scelte (in questo caso il matrimonio) con il riconoscimento del suo valore sociale? - E’ giusto che un adulto abbia il diritto di decidere liberamente della sua vita, facendo i conti, se è credente, con la sua responsabilità di fronte a Dio. Esiste però un limite alla libertà individuale: e questo limite è dato dal valore delle altre persone e della loro libertà. Se uno si impegna per la vita con un’altra persona, per cambiare la sua decisione è indispensabile per lo meno che si confronti con questa persona. Se due coniugi hanno messo il mondo dei figli, non possono decidere della propria vita senza riconoscere che è primaria la loro responsabilità rispetto al bene dei figli che hanno generato. E’ chiaro che non si può costringere a stare insieme due persone sposate che ormai non hanno più nulla da spartire e che anzi si fanno continuamente del male. Perfino la Chiesa in certi casi “ammette la separazione fisica degli sposi e la fine della loro coabitazione” (Direttorio di pastorale familiare per la Chiesa in Italia, n. 207). La responsabilità vicendevole e soprattutto la responsabilità verso i figli richiede che gli sposi, prima di decidere la separazione, facciano tutto il possibile per ritrovare l’armonia e comunque tengano conto dei diritti di altre persone coinvolte (il coniuge e i figli). Il valore sociale dell’accordo-matrimonio è oggi venuto meno, essendo in crescita la convivenza al di fuori di esso. Perchè tante coppie ritengono che non abbia valore esplicitare tale accordo anche solo nei confronti della comunità civile? Se penso alle coppie di amici o parenti che hanno scelto di convivere e di non sposarsi, ritrovo spesso il rifiuto verso tutto quello che di convenzionale tale accordo richiede, specie se, almeno nel nostro paese, viene vissuto come matrimonio religioso. - La cultura di oggi assegna ai sentimenti un valore assoluto che fa parte esclusivamente della sfera individuale; l’amore è ritenuto un sentimento e pertanto la mentalità odierna induce a sottrarre la sfera dell’amore al controllo sociale. Per questo esistono molte coppie che convivono semplicemente per una decisione personale e non trovano necessario né giusto ratificare questa decisione pubblicamente davanti alla comunità civile o, per chi è credente, ecclesiale. Tuttavia sono convinto che non sono moltissime le coppie di conviventi che escludono in maniera categorica e “ideologica” il matrimonio; la maggior parte delle coppie conviventi infatti intendono la loro vita insieme come un’esperienza temporanea, cui segue, nella gran maggioranza dei casi, il matrimonio religioso. Rispetto alla tendenza di “privatizzare” l’amore credo comunque che vada fatta una urgente e intensa opera di educazione, sia nel campo civile che in quello ecclesiale: l’amore fra due persone ha delle implicazioni determinanti per la società come per la Chiesa, e non solo per la responsabilità nei confronti degli eventuali figli, ma anche perchè la relazione di coppia e la vita familiare contengono un potenziale enorme che incide sulla vita sociale ed ecclesiale. Nel campo religioso il nuovo rito mette in luce la valenza comunitaria del matrimonio: un sacramento donato non solo agli sposi per se stessi ma donato, attraverso gli sposi, a tutta la comunità. E la pastorale familiare deve insistere molto di più nell’aiutare i fidanzati e gli sposi a percepire che fa parte della spiritualità coniugale e familiare anche la consapevolezza di essere protagonisti della vita sociale: che l’amore non è un bene privato ma un “bene comune”, che va messo a servizio della comunità e che la comunità deve difendere e promuovere. Se abbiamo perso il senso del valore sociale della famiglia anche solo nella sua dimensione laica, su quali elementi pensi possiamo rifondare una lettura moderna dei diritti contenuti nell’art. 16? - C’è una grande “conversione” da operare anche nella vita sociale e politica. Attualmente il matrimonio e la famiglia vengono ritenuti un bene privato; i figli sono considerati una realtà privata della famiglia che li mette al mondo. E’ a questa concezione privatistica del matrimonio e della famiglia che si deve l’attuale povertà (per non dire miseria) delle politiche familiari. Se ci confrontiamo con buona parte dei Paesi europei più evoluti, troviamo che l’Italia investe del proprio prodotto interno lordo circa un terzo rispetto al resto d’Europa. Oggi in Italia 33 mettere al mondo dei figli significa impoverire la famiglia, metterla a rischio di povertà; si comincia appena ora a rendersi conto che i figli sono il futuro di una nazione, anche dal punto di vista economico. Occorre allora rivendicare (e devono essere per prime le stesse famiglie a farlo) una maggiore attenzione dello Stato (e dei livelli sociali intermedi) alla famiglia come un bene sociale da difendere e da promuovere; la famiglia va messa in condizione di liberare tutto il suo potenziale in ordine alla formazione delle persone e a una qualità diversa di vita sociale. In Italia il matrimonio religioso ha un valore anche civile sulla base degli accordi concordatari tra Stato italiano e Chiesa cattolica e le sue successive revisioni. Oggi c’è certamente più attenzione da parte del celebrante nel tenere ben separati il “sacro” e il “profano”, ad esempio nel dare lettura degli articoli sui diritti e doveri dei coniugi previsti dal nostro Codice Civile. E’ proprio necessario che i due momenti (civile e religioso) coincidano? Ai tempi del mio matrimonio (nel 1980) ricordo che era fortemente scoraggiato sposarsi prima civilmente e poi in chiesa. Oggi è possibile? - Io non parlerei di “sacro” e di “profano”: il matrimonio è unico, anche se ha riflessi di natura sociale e, per i credenti, di natura religiosa. In Italia abbiamo il matrimonio concordatario, nel quale il rito religioso, con la lettura degli articoli del Codice, viene riconosciuto anche come rito civile; in altre nazioni non è così. Questo dipende dagli accordi contingenti. Del resto è possibile anche in Italia, per chi lo desidera, scindere il rito religioso da quello civile. Io ritengo però che il momento della lettura del Codice Civile relativo ai diritti e ai doveri dei coniugi vada fatto, all’interno del matrimonio concordatario, con serietà ed assegnandovi grande rilevanza. Coloro che si sposano in chiesa devono sapere che essere famiglia cristiana non vuole dire solo frequentare la chiesa, pregare e darsi da fare in parrocchia; devono sapere che, in forza del loro sacramento, sono tenuti anche a farsi carico della propria comunità civile, devono occuparsi della vita sociale e politica. E’ significativa, a questo riguardo, una espressione forte di Giovanni Paolo II nella Familiaris consortio (al n. 44): “Il compito sociale delle famiglie è chiamato ad esprimersi anche in forma di intervento politico... le famiglie devono crescere nella coscienza di essere “protagoniste” della cosiddetta “politica familiare” ed assumersi la responsabilità di trasformare la società: diversamente le famiglie saranno la prime vittime di quei mali che si sono limitate ad osservare con indifferenza”. Un ultimo aspetto molto di frontiera e davvero controverso... Nell’articolo si fa riferimento al diritto di uomini e donne di sposarsi, ma non si esplicita il carattere eterosessuale della relazione... Personalmente ritengo che ciò sia assolutamente implicito. Come pensi ci si possa muovere da un punto di vista prima di tutto civile su un problema così delicato? - Non ho dubbi sul fatto che in questo caso si debba essere decisi nell’affermare che il matrimonio è possibile solo tra un uomo e una donna. Questa non è una discriminazione. Non si deve certo colpevolizzare chi ha una tendenza omosessuale, come non si può impedire che due persone dello stesso sesso vivano un rapporto privilegiato e vivano insieme: fa parte dei loro diritti individuali. Ma non si può confondere questo con il matrimonio tra un uomo e una donna e con la famiglia, che resta un valore da proporre, da difendere e da promuovere per il significato e il contenuto intrinseco che essa contiene in ordine al bene delle persone e al vivere sociale ed ecclesiale. L’attuale dibattito intorno al “gender” (parola oggi di moda, con varie traduzioni: genere, generare, sesso, ndr) vorrebbe attribuire la distinzione tra uomo e donna ad una libera scelta di tendenza; il sesso non è semplicemente una caratteristica morfologica della persona ma connota la sua identità nel profondo. La differenza sessuale è essenziale alle dinamiche della relazione di coppia e alla costruzione di una famiglia. a cura di Andrea Biondi FESTA DELLE FAMIGLIE Anche quest'anno intendiamo celebrare la festa delle Famiglie . L'appuntamento è per sabato 15 maggio, dalle ore 14,30 in poi. Tema della giornata: "Dall'Io.. al Noi". Ci incontreremo in un sereno momento conviviale. A sera, ore 21, si terrà lo spettacolo "Gli Aristogatti" preparato dal gruppo Dopocresima SBAM. 34 Quaresima di fraternità La Quaresima è quel tempo di grazia che, attraverso la preghiera e il digiuno, invita il cristiano ad aprire il cuore e la mano a chi è nel bisogno. Scrive il Papa: "non c'è Quaresima senza carità". Anche quest'anno la Parrocchia, tramite il Consiglio pastorale, ci richiama ad essere sensibili nei confronti di tanti fratelli e sorelle duramente provati dalla povertà, dalla malattia e dal disagio sociale, per offrire loro un aiuto concreto, frutto della nostra condivisione. I progetti d’intervento proposti ASSOCIAZIONE “COSTRUIAMO INSIEME” MADAGASCAR: BARCA A MOTORE L’Associazione, già aiutata negli scorsi anni e seguita anche dal nostro Gruppo di animazione missionaria, necessita di una BARCA (in sostituzione di quella distrutta dal tifone del 2009) da affidare a un gruppo di volontari che si occupa della Sanità, del trasporto degli ammalati all’ospedale, ma anche di materiali. La barca serve anche ai Missionari che devono raggiungere i diversi villaggi sparsi su un ampio territorio. La barca a motore (40 HP), lunga 6 metri e dotata di barella, coprirebbe una distanza di circa 60 chilometri dalla sede della diocesi di Mananjary fino al villaggio di Amohitsara, sede del dispensario/ospedale - in appena due ore, per poi, all’occorrenza, percorrere altri 40 chilometri di canale fino al villaggio del nord Pangalana. Attualmente il servizio è svolto con una vecchia barca di 12 metri, di proprietà dei Missionari, mal ridotta e molto lenta, inadatta soprattutto al trasporto urgente di ammalati, che impiega oltre 6 ore per fare 60 chilometri. Il costo (barca + motore) è di 6.000 euro. PADRI DEL COTTOLENGO IN TANZANIA: COSTRUZIONE CHIESA PARROCCHIALE Nel giugno 2002, per interessamento di padre Aldo Sarotto, stimato sacerdote ed ex rettore del Cottolengo di Biella, e di madre Alasia, le suore cottolenghine hanno iniziato la loro attività in Kisarawe, nella scuola materna appena fatta costruire sul terreno della parrocchia. Il Kisarawe, situato nella provincia costiera, sebbene sia uno dei più antichi distretti della Tanzania, è rimasto sottosviluppato e perciò è uno dei più poveri sotto tutti gli aspetti: economico, educativo, sanitario. Dal 2004 la gestione della parrocchia di Kisarawe è affidata ai sacerdoti cottolenghini, i quali, con i parrocchiani, desiderano un nuovo e più ampio edificio (il progetto, approvato dal Governo nel 2009, ha un preventivo di spesa di 210.000 euro) per le celebrazioni liturgiche, la preghiera, l’assistenza alle famiglie più povere, per riunioni e altri incontri, allo scopo di incentivare i rapporti sociali e lo sviluppo globale. MISSIONE DIOCESANA IN BRASILE Aderendo all’iniziativa della Diocesi di Biella, proponiamo anche un pensiero per i nostri Missionari che operano nella lontana terra di missione. - Padre Albertini - Prelazia di Borba - aiuti alle comunità parrocchiali; - Padre Saviolo - Diocesi di Caxias - varie opere caritative fra cui un pasto bisettimanale per i bambini e per le famiglie più povere dei quartieri. Durante la celebrazione liturgica del prossimo Giovedì Santo “nella Cena del Signore” saremo invitati a depositare ai piedi dell’altare il frutto di uno stile di vita più sobrio e austero che la Chiesa ci ha suggerito all’inizio del cammino quaresimale, quale autentico segno d’Amore e di condivisione verso i poveri, che ci rende più credibili discepoli di Gesù: “... da questo sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli un per gli altri” (Giov 13,35). Luigi Tondella 35 Volontari al Cottolengo Da questo settembre, la parrocchia e Don Filippo ,in particolare, ha dato la possibilità a cinque persone della nostra comunità animatori di poter fare servizio come volontari nel complesso “S.Giuseppe Cottolengo“ di Biella. Attualmente prestiamo servizio due domeniche al mese e grazie a questa pagina ,in cui abbiamo raccolto le nostre impressioni, speriamo di portare a tutto il quartiere un pezzettino della nostra esperienza. (Tomaso Sartori, Elena Zaninetta, Marco Secchia, Margherita Simionati, Marco Capozzi) Il Cottolengo è un piccolo mondo a sé. Uno spazio in cui c’è tutto ciò che ci deve essere. Ci sono tutte quelle necessità di cui ognuno di noi ha bisogno e tante piccole cose che ogni giorno o quasi condiscono un po’ l’atmosfera della Piccola Casa. Queste piccole cose possono essere la presenza di una persona nuova, un canto, la visita di un parente o di un amico, una carezza inaspettata, o anche solo uno sguardo. Si può dire che all’interno del Cottolengo le persone si nutrano l’una con l’altra, non aiutandosi tra loro a portare il cibo alla bocca, ma restando uniti ogni giorno. Al Cottolengo non sono fondamentali per gli ospiti solo suore, operatori e volontari ma anche loro stessi, gli uni per gli altri. Mi è successo spesso infatti di vedere che alcuni ospiti di un reparto aiutino quelli di un altro: la domenica, ad esempio, non siamo sempre noi volontari a spingere le carrozzelle di coloro che vogliono andare a Messa, ma sovente gli ospiti più in forma aiutano quelli che non hanno la possibilità di camminare. Tuttavia l’aspetto più bello della Piccola Casa è come chi ci vive, nonostante le sofferenze che prova, riesca sempre a sorridere: questa è stata la prima cosa che mi ha colpita. Non tutti loro possono sorridere, per via di paralisi o altri problemi, ma anche chi non può riesce con gli occhi a trasmettere un senso di tranquillità e felicità interiore. Forse questo non riguarda ogni singola persona che abita al Cottolengo, ma la maggior parte di loro è così. E la cosa più incredibile è come questi sguardi riescano a portare serenità a noi che andiamo lì per aiutare loro, sguardi che sembrano quasi dire “Ti sto vicino”. E allora ci si rende conto di come la situazione si ribalti e di come all’improvviso, quando si entra nell’atmosfera della Piccola Casa, nasca la necessità di tornarci. (Margherita) A me piace definire il complesso del Cottolengo come una semplice e grande casa. L’atmosfera, lì, è ben diversa da quella che si respira tutti i giorni: si potrebbe dire un’atmosfera “più attenta”, attenta alle persone, attenta a dare valore alle cose, attenta a ricevere, quanto a dare. L’atmosfera che solo in una famiglia ci può essere, l’atmosfera di un’unica grande casa! Inizialmente ciò che colpisce è la semplicità di regalare un sorriso (e tutto sembra quasi dare più che altro a te stesso), ma è quando le persone cominciano a contare su di te che inizi a sentirti parte attiva della loro vita; sai che loro contano su di te, sanno che ci sei e tu senti che non c’è cosa più bella che confermare la tua presenza nelle loro vite così semplici e pure. Frequentando la” casa” del Cottolengo ci si può trovare a ridere e scherzare con persone contente di essere ascoltate, ci si può trovare ad aiutare gli ospiti a mangiare, ma ci si può anche trovare a consolare un occhio lucido in un momento difficile, che chiede di non essere abbandonato. Ogni tipo di azione non passa inosservata e se quest’esperienza a noi dà tanto, a loro dà di più, e questo è l’importante! (Marco C.) Sono un egoista. Ho iniziato a fare volontariato al Cottolengo per fare del bene agli altri, continuo perchè sono loro a fare del bene a me. Ho scelto di iniziare questa esperienza soprattutto perchè incuriosito: spesso mi sono sentito dare del “cottolengo” eppure non sapevo a cosa davvero si riferisse il termine. Ho scoperto in questi mesi che esso non ha un’ accezione negativa. Tutt’ altro. Vivo quotidianamente una realtà fatta di giovani belli, sportivi, facoltosi, pieni di speranze e qualità. Hanno, abbiamo, tutto dalla vita e spesso nemmeno ci basta: siamo annoiati perchè non sappiamo che cosa fare il sabato sera o abbiamo il computer rotto e non possiamo consultare il nostro account su Facebook. Là invece, a due passi da casa nostra, vivono anziani, sordi, muti, cechi, autistici, down. Persone verso le quali la vita è stata meno generosa. Persone che commiseriamo ma che poi troppo spesso ignoriamo. Eppure proprio loro che soffrono tanto non negano un sorriso a nessuno, proprio loro che conducono una vita sempre uguale dentro le solite quattro mura mai accennano alla noia. Ammetto che in principio non è stato semplice. Mi ci è voluto del tempo, ma ora credo che il Cottolengo non sia una prigione dorata, piuttosto un’ isola felice. Spero questo messaggio possa essere, oltre che una testimonianza, anche un invito ad aprirci un po’ ad una realtà più vicina di quanto pensiamo: siate egoisti! (Marco S.) La carica. É questa la sensazione che provo quando sono con le signore del Santa Rosa. Mi danno la carica perché sono la prova vivente che tutto si può affrontare con il sorriso. Dopo ogni capriccio, come può essere la pigrizia di camminare nei corridoi senza la mano di qualcun altro, oppure per la fatica di scrivere una filastrocca sotto dettatura , oppure ancora, dopo piccole disavventure, come perdersi nei labirinti delle cantine, beh, con una genuina risata si risolve il problema. Mi rendo conto di come cambiano le mie giornate affrontando in questo modo i “problemi” che prima pensavo troppo pesanti da sopportare, o che ingigantivo inutilmente. Io spero che sempre più giovani possano entrare a contatto con questa realtà perché ci aiuta a svestirci della superficialità e delle frivolezze con cui siamo spesso costretti a convivere. (Elena) Come definire l’esperienza di volontariato al Cottolengo… magari non ti cambia la vita, ma sicuramente ti mostra qualcosa che prima non capivi, ti avvicina ad un mondo che prima conoscevi come popolato da “diversi”… ed è bello scoprire di come a volte si è simili nella diversità. (Tomaso) 36 Passato, presente e futuro della nostra "Piccola Casa" La Piccola Casa della Divina Provvidenza, più nota come il Cottolengo, è presente qui a Biella dal 1920, da quando l’allora Padre Ribero, superiore generale della Piccola Casa, accolse l’invito a farsi carico dell’Ospedaletto in via Orfanotrofio che si occupava dei “vecchi poveri”. Da allora le suore del Cottolengo vennero inviate a servizio di questa struttura che fu affidata da Padre Ribero a Padre Carlo Mino, sacerdote della Congregazione dell’Oratorio di san Filippo. L’ampliarsi dell’attività e delle richieste portarono alla decisione di aprire una nuova struttura in un terreno libero vicino alla città, dove si trova attualmente. I lavori cominciarono nel 1928 e proseguirono fino al 1960, ma non si fermarono mai anche perché iniziarono le ristrutturazioni e gli adattamenti degli ambienti dovuti alle nuove norme legislative che regolavano i servizi alle persone. In seguito cessò il servizio ai minori e si ridusse anche la richiesta di accoglienza per persone disabili mentali. Oggi l’opera si occupa di anziani non autosufficienti di bassa e media intensità e di disabili profondi non autosufficienti. Le persone ospitate sono circa 180 e alcune godono della quota assistenziale dell’ASL. In questi ultimi anni la Piccola Casa di Biella ha affrontato la sfida e la fatica di passare da una gestione composta completamente di religiosi/e a una gestione composta, sempre più e per la maggior parte, da personale assunto. Questo passaggio è certamente il più impegnativo per il Cottolengo, sia per l’impegno economico che comporta, in quanto il costo del personale pesa per circa il 75 o 80% sul costo complessivo della gestione, sia perché la presenza del personale laico pone la questione della continuità carismatica della storia cottolenghina e della sua mission. La prima sfida la si affronta solamente con l’aumento delle entrate. Questo si può ottenere con l’accreditamento e le quote sanitarie dell’ASL e le quote assistenziali o alberghiere delle persone accolte in struttura. Non dimentichiamo, certo, le ancora significative donazioni che tuttavia non coprono più il cresciuto fabbisogno economico. La seconda sfida abbiamo cercato di affrontarla con la formazione del personale. Questa formazione ha impegnato la nostra casa in modo decisivo negli ultimi due anni, con un notevole sforzo sia economico che di impegno da parte del personale stesso. Oltre a questo sforzo economico e formativo l’attenzione della struttura si è orientata ad ampliare i suoi rapporti con il territorio biellese. È vero che il Cottolengo è di fatto già molto conosciuto nel contesto sociale che ci circonda, tuttavia è ancora portatore di una sorta di alone di mistero circa chi vive e ciò che accade dentro le sue mura. Questo impegno di apertura al territorio è passato sia attraverso le istituzioni civili, sia attraverso la realtà ecclesiale. Da una parte il Cottolengo è entrato a far parte dei tavoli tematici relativi agli anziani, ai disabili e alla salute mentale. Oltre a ciò si è realizzata una collaborazione con l’ASL-BI che ha portato all’accreditamento prima di 40 posti e poi di ulteriori posti della struttura, anche alla luce delle nuove leggi regionali. Il rapporto col territorio passa anche attraverso la collaborazione con altre associazioni e strutture che si occupano di servizi assistenziali o di finanziamenti a scopo sociale. Si sono favorite così esperienze di stagisti e collaborazioni con scuole del territorio. Per quanto riguarda invece il mondo ecclesiale, abbiamo cercato di incentivare il rapporto con le parrocchie della Diocesi e il volontariato giovanile proveniente da gruppi parrocchiali. Anche la parrocchia di san Paolo, che è la nostra parrocchia, ha incentivato la sua collaborazione col Cottolengo con la presenza di giovani che svolgono la loro attività di volontariato. L’ingresso di don Filippo come nuovo parroco di san Paolo ha dato inizio a iniziative di condivisione e di collaborazione tra il Cottolengo e la parrocchia il cui futuro, crediamo, porterà ad una reciproca positiva crescita. Sento intanto il dovere di ringraziare per l’immancabile sostegno alle missioni cottolenghine che ogni anno la parrocchia di san Paolo offre con generosità. Credo che ci siano le premesse per una feconda e reciproca crescita di collaborazione e questo è l’augurio che ci facciamo per il bene sociale ed ecclesiale del nostro territorio. Don Elio MO 37 Tra giovani e genitori rapporto difficile ma non impossibile (con l'aiuto di Dio) Nei primi mesi di vice qui a San Paolo le persone con cui mi trovo a passare più tempo sono gli adolescenti: splendide piantine che iniziano a mettere fuori il fusto e le prime foglioline; personaggi in cerca di identità, di compagnia e di autore; esseri umani di età compresa tra gli 11-13 e i 18-22 anni (anche se oggi quest’età di fine sembra non esserci più …), non più bambini, ma non ancora giovani né tantomeno adulti; capitani di ventura, che vogliono provare di tutto e di più, ma senza assumersi troppe responsabilità. Stando con loro incontro anche i genitori o personalmente, o nel modo con cui questi adolescenti vivono (perché i figli sono anche lo stampo dei loro genitori … ma non ditelo loro, perché negheranno fermamente!) e così il rapporto adolescenti-adulti è all’ordine del giorno, anche se viene affrontato esplicitamente, o dai genitori o dai ragazzi, solo nei momenti di crisi, e siccome il prete è sempre qui ecco che viene tirato in ballo per dire la sua (Attenzione: la lettura di ciò che segue è sconsigliata a coloro che non sono interessati a mettersi in gioco in un rapporto educativo). Il mio modo di pormi è in continua revisione; spunti interessanti li ho trovati di recente nella lettura di un articolo che mi è capitato sottomano, apparso su “Il Bollettino Salesiano” di gennaio e scritto da Bruno Ferrero (famoso scrittore di storielline), intitolato “Il rischio dell’educazione last minute” (i pezzi di seguito tra virgolette sono frasi tratte da questo articolo). La cosa che mette maggiormente in crisi tanto i genitori quanto i ragazzi è il continuo cambiamento di questi ultimi, caratteristica principale dell’adolescenza, tanto che i genitori dicono spesso “non lo/a riconosco più” e i ragazzi stessi "sono completamente impegnati a scoprire chi sono veramente". Il tutto è poi amplificato dal contesto sociale odierno fortemente caratterizzato dal cambiamento: niente è stabile, tutto in movimento, non ci sono appigli e così l’effetto della trasformazione dell’adolescente è ancor più potente e dirompente, sulla sua personalità e su quella di chi lo circonda, genitori in primis. Questa considerazione porta ad una prima conclusione: "l’educazione non è un modulo fisso, ma qualcosa che cresce ed evolve, maturando. Nell’adolescenza cambiano i figli. Devono cambiare anche i genitori". Genitori che prendano coscienza di ciò, che sono disposti a cambiare strategia educativa, fanno il primo passo che li può aiutare a vivere lo shock della perdita di vicinanza dei figli (sono sempre fuori di casa o in camera con computer/musica), del potere/controllo su di loro (fisico ed emotivo) e di confidenza (parlano con altri). Adolescenti che siano aiu- 42 tati a tener conto di queste dinamiche, a non ingigantirle, sapranno vivere la trasformazione in atto come chance e non come tradimento o chissà cos’altro. Entrambi i soggetti in gioco sono dunque chiamati a passare da un’ottica di subalternanza ad una di accompagnamento, ma ai genitori tocca l’ingrato compito di gestire questo passaggio: se "è durante i primi anni di vita che i figli ricevono dai genitori gli strumenti fondamentali", ora si deve cambiare anzitutto il modo di comunicare, perché ciò che genera conflitti "non è tanto quello che diciamo, ma come lo diciamo" e bisogna "essere disponibili nei confronti degli adolescenti, senza per questo sforzarsi di essere accondiscendenti". Questo sapendo che "l’adolescente è alla ricerca di esperienze e di limiti per crescere, per entrare nella vita adulta", molti suoi comportamenti strani "rientrano in questa logica. Non è pura trasgressione, ma voglia di misurarsi, di vedere “l’effetto che fa” … poter esplorare il mondo sapendo di poter rincasare e trovare, a richiesta, adulti disposti ad ascoltarli e rinfrancarli" e se questi avranno questo atteggiamento di vicinanza, ma allo stesso tempo terranno il timone ben fermo, allora queste navi riusciranno ad uscire dal porto, ad affrontare il mare aperto e a intraprendere il loro viaggio nella vita. Genitori cristiani devono poi sapere che uno dei primi campi di battaglia sarà probabilmente quello della fede e del vivere nella Chiesa e ciò che aiuta maggiormente l’adolescente è vedere non tanto dei maestri, ma persone che insegnano ciò che cercano di vivere: questo obbliga dunque gli adulti a prendere la loro fede in mano (spesso ripresa da poco, grazie al catechismo dei figli) e a cercare di tradurla nella loro vita quotidiana, partendo dalla preghiera, gesto elementare che aiuta a ricordarsi come i figli siano doni di Dio e che per essere ben educati vanno vissuti in comunione con Lui. Non penso che questa sia la ricetta che garantisce successo, ma penso che sia un aiuto a vivere in verità e con carità questo momento di passaggio per i figli e dunque anche per i genitori, perché possa diventare un momento di crescita per tutti. E il prete? Il sottoscritto non è Mago Merlino che ha le soluzioni in tasca per ogni evenienza, ma un cristiano come voi che cammina a più stretto contatto con gli adolescenti e che cerca come può di indicare e di donare, a loro e a tutti, il miglior compagno di viaggio: Gesù Cristo. Don Gabriele Una sorridente vocazione Testimonianza di suor Maria Maura (Silvia Caramori) “Cosa scrivere nel bollettino? C’è ancora spazio!... Si! bell’idea!” La quarta Domenica di Pasqua è dedicata alla preghiera per le vocazioni: “pubblichiamo la testimonianza di Silvia Caramori, una bimba che abitava in via Bolzano, ora chiamata suor Maria Maura dell’Abbazia Mater Ecclesiæ all’Isola san Giulio.” Così, dopo 23 anni che non la sentivo, l’ho rintracciata chiedendo di scrivere una lettera per tutti noi. In questa testimonianza troverete nomi e luoghi della nostra comunità parrocchiale e ciò è stata una inaspettata piacevole sorpresa. E’ un racconto lungo ma anche molto bello e, se inizierete a leggerlo, vedrete, non farete fatica a finirlo. A chi è rivolto? Ai ragazzi che cercano con cuore sincero la loro “strada”, ai genitori che con fatica e amore educano i loro figli , alle persone che, in questi anni, hanno svolto con amore il loro lavoro o missione lasciando una traccia indelebile e una testimonianza inconsapevole nel cuore dei ragazzi. Buona lettura… Carissimo don Filippo, accolgo con gioia l’invito a condividere con i parrocchiani di S. Paolo la storia della mia vocazione, saldando così un debito di riconoscenza per quanto ho ricevuto dal Signore attraverso la vita della Parrocchia. Mi dispiace, il racconto risulterà un po’ lungo… La mia vocazione ha radici remote. Ci ho ripensato nell’anno paolino, riflettendo come per ciascun chiamato c’è un evento, una Parola, da cui tutto ha inizio e che spiega ogni successivo sviluppo: Paolo sarebbe incomprensibile senza la via di Damasco… Ho riconosciuto che nella mia storia l’evento fondamentale è accaduto quando avevo cinque anni, e frequentavo l’asilo parrocchiale allora gestito dalle consacrate laiche dell’Istituto Crivelli. Conservo un ricordo meraviglioso di queste maestre, sempre liete, che ci raccontavano la storia di Santa Bernadette e ci insegnavano a pregare il Rosario. Un pomeriggio ho rubato a una compagna un giocattolino da nulla, un piccolo rossetto di plastica per le bambole, mentendo alla bambina che me lo richiedeva. A casa, la mamma ha capito subito, ma io ho insistito a mentire anche a lei. Allora è stata terribilmente severa: “ Non è vero che te l’hanno regalato, l’hai rubato! Sei una bugiarda e una ladra, tu non sei più mia figlia, tu andrai all’inferno!”. Per me lo choc è stato tale che mi è venuta la febbre, avevo paura… Mancavano pochi giorni a Natale, per cui non sono tornata all’asilo e mi chiedevo cos’avrebbe fatto con me Gesù Bambino… I doni sono arrivati, ma i miei amichetti già dicevano che non era Gesù Bambino a portarli… Rimanevo nell’angoscia per le affermazioni della mamma, per la mia colpa così grave. Silvia Caramori Un’apparizione Poi, nella notte dell’Epifania, svegliandomi mi sono rigirata nel letto e… ho spalancato gli occhi, sbalordita: tra l’armadio e il muro, di fronte a me c’era la Madonna, come se fosse una statua di 70 cm circa, sospesa nel vuoto. Era diversa dalla grande statua dell’asilo, e poi era vera… L’ho fissata per alcuni istanti, poi mi sono rigirata e nascosta sotto le coperte, spaventatissima. Quando ho ripreso coraggio, non c’era più. Appena la mamma ha acceso la luce nella sua stanza sono corsa a dirle tutto. Lei insisteva che avevo sognato, ma io ero ben sicura di ciò che avevo visto. Il giorno seguente sono tornata all’asilo, restituendo il giocattolo con molta vergogna. Questo fatto è diventato per me fonte di alcune grandi certezze. C’è il bene e c’è il male, e non sono io a deciderli, ma Dio. Il Signore conosce tutto e vede nel cuore: la verità, la menzogna, le angosce, il pentimento… Il Signore ascolta la preghiera. Il Signore perdona. Da allora sono diven- 43 tata una bambina che prega, e vive consapevole dello sguardo di Dio, del suo giudizio e della sua misericordia. Non potevo più assolutamente rubare o mentire. Ci tenevo molto a dire le preghiere, ad andare in Chiesa… Perché è evidente che Dio è una persona, che non è un’idea. Mi sono preparata con fervore alla Prima Comunione, e nel mese di maggio, come avevo imparato all’asilo, costruivo ogni anno un altarino alla Madonna, davanti al quale recitavo il Rosario. Amavo moltissimo partecipare alle celebrazioni della Settimana Santa in parrocchia, mi sembrava che la verità di tutte le cose, di tutto il tempo, fosse racchiusa lì, e dopo la Messa in cena Domini del Giovedì Santo mi facevo mandare dalla nonna per poter pregare di più al Venerdì Santo e partecipare agevolmente alla via Crucis al Villaggio Sportivo. Un anno abbiamo trovato, nel solaio della nonna paterna, una riproduzione della Madonna “del dito”, che è stata collocata nella mia camera. Frequentavo allora la quarta elementare, e a maggio, come sempre, avevo preparato l’altarino, stavolta sotto il quadro; io e un altro bambino a una certa ora smettevamo di giocare con gli amici e salivamo in camera a dire insieme il Rosario in ginocchio, “Ave Maria” io e “Santa Maria” lui. A un certo punto, la Madonna del quadro ha sorriso, ha proprio sorriso… ma io ho pensato che fosse un’illusione ottica, perché la stavo fissando da un po’… Così ho continuato con voce tremante: “Ave Maria…”, ma l’altro bambino, dopo aver detto con voce ancor più tremula “Santa Maria…” si è interrotto: “Silvia, hai visto anche tu?”. E io: “Che cosa, che ha sorriso?”. E lui “Sìì!”. Siamo scoppiati a piangere, abbracciandoci per rincuorarci, poi siamo corsi a dirlo alla mia mamma, che stava stirando. Secondo lei era stata un’impressione, ma non è mai riuscita a convincermi. Anche questo fatto ha confermato l’esperienza dell’infanzia: il Signore è vivente, vede, sa, ascolta la preghiera e se ne rallegra… Maria gioisce della confidenza dei piccoli... Così ho continuato a coltivare con ardore la vita di grazia, per quello che potevo, tra l’altro amando la Confessione, la lettura personale del Vangelo e della Bibbia, la preghiera, i racconti dell’esperienza missionaria (Emma Gremmo era il mito della mia fanciullezza). Fino a quando, verso i quindici anni, mi sono resa conto che la mia partecipazione alla Messa domenicale non era sentita, dunque io non ero autentica, dunque sarei andata a Messa quando fossi stata autentica… E così non ci sono più andata per un bel po’ di tempo, cominciando a 44 frequentare amici che di Dio non si ponevano il problema. In quegli anni il ragazzino che aveva pregato con me da bambino ogni tanto mi diceva: “Ti ricordi…?”. Io rispondevo che sì, mi ricordavo e non rinnegavo ciò che ci era accaduto, ma… per il momento vivevo come se non fosse stato. Il desiderio di Dio Restava in me, inconfessato, l’anelito profondo a Dio, alla preghiera, ma era sepolto sotto tanto chiasso di risate sgangherate, di ribellioni più gridate che reali. Al termine del primo anno di liceo sono approdata per la prima volta al monastero dell’Isola San Giulio, con un gruppo della scuola: un’occasione per passare la notte fuori casa e stare allegri in compagnia. Sono stata la peggiore… ma l’atmosfera del luogo mi ha colpito, e ci sono ritornata l’anno seguente con un’amica. Poi l’abbandono della Chiesa è stato totale, mentre teorizzavo con presunzione tante… stupidaggini. Ridevo e scherzavo con i miei amici più o meno politicizzati, più o meno “tossici”, più o meno ribelli… ma cresceva in me il senso di vuoto, di inutilità, di farsa. Mentre irridevo con sottile cinismo tutti i valori della gente perbene e smontavo le facciate dietro cui gli altri si nascondevano, non potevo non percepire che anch’io stavo recitando una parte in quella farsa, la parte dell’anarcoide ribelle e spregiudicata… Ma la Verità, dov’era? C’era una Verità? C’era un senso a tutto? Mi piaceva molto quello che studiavo al Liceo Classico, tra i miei insegnanti migliori c’erano don Roncan e la signora Bessi, si era stimolati a pensare, a guardare le cose fino in fondo… Ma c’era un fondo, o tutto era per caso e cadeva nel nulla? Non riuscivo più a coprire l’angoscia che mi divorava con le risate irridenti e gli slogan urlati, non sopportavo più di recitare una parte, e la prospettiva di recitarla per tutta la vita mi agghiacciava: piuttosto, la morte. Ormai rifiutavo di uscire con gli amici il sabato sera. Avevo bisogno di sapere se c’era un senso, altrimenti mi sarei tolta la vita o lasciata morire. Allora ho intuito: se Dio c’è, tutto ha un significato, poco importa se per ora non lo comprendo, posso aspettare e vivere. Ma se Dio non c’è, allora niente ha senso e tant’è andare diritti alla fine. E dunque, come fare a sapere se Dio esiste…? Mi è balenata un’idea. Se fossi andata al monastero dell’Isola San Giulio, dove c’era gente che diceva di vivere per Dio solo, mi sarei accorta se questa gente era sincera, autentica, o se anche loro recitavano la loro commedia… Se erano autentiche, ciò significava che Dio esisteva, altrimenti il problema era chiuso. Ricordo che si era agli inizi di novembre, frequentavo l’ultimo anno di liceo. Ho chiamato il monastero chiedendo ospitalità per qualche giorno, ma mi hanno suggerito di aspettare, faceva molto freddo e non avevano il riscaldamento. Va bene, aspettiamo ma intanto… Dio, se esisti, dammi un segno della tua presenza, fa’ che io creda in te! Così gli ho gridato un sabato sera, mentre, sola in casa con il mio tormento nel cuore, ascoltavo musica. Mi è caduto l’occhio sul Salterio acquistato qui all’Isola, anni prima. L’ho aperto e c’era scritto: “Amo il Signore perché ascolta il grido della mia preghiera”, l’inizio del Salmo 114 (115). In quel momento ho avuto la certezza che ancora una volta ero sotto lo sguardo del Signore, che egli aveva sempre seguito il mio vagare per strade perdute… La pace ritrovata Ho cominciato a trovare un po’ di pace, anche se il cinismo che mi rodeva lo spirito giocava ancora il suo ruolo. Quando a febbraio ho potuto venire ospitata nella foresteria del monastero per qualche giorno, ogni barriera è caduta. L’impatto con la comunità orante è stato fortissimo: quelle genuflessioni, quegli inchini alla presenza del Signore, quella lunga preghiera notturna in cui il canto dei Salmi si alterna all’ascolto della Parola di Dio… che senso avevano, se Dio non c’era? Come si poteva spendere tutta l’esistenza così, senza altre evasioni? La semplicità, la trasparenza dei gesti e degli atteggiamenti intravisti oltre la grata mi mostrava che, sì, questa gente che diceva di vivere per Dio non recitava una farsa. La presenza del Signore era così evidente che pareva palpabile. Mi sono sentita trascinata dalla testimonianza di vita delle monache, come in cordata, quando uno non ce la fa più e gli altri lo portano avanti. Ho capito che se ero ancora viva era perché qualcuno da qualche parte aveva pregato per me, senza conoscermi, ho intuito che la preghiera è carità. Tornata a casa, ho incominciato ad andare a Messa qualche volta nei giorni feriali, perché… l’impatto con le persone perbene che vanno in chiesa alla domenica mi urtava (mi vergogno, ma è così). Una volta - probabilmente era il giorno dell’Annunciazione, in base alle date segnate nel diario dell’epoca - tornata a casa dalla Messa vespertina, stavo apparecchiando la tavola, e intanto il mio cuore cantava. Ad un certo punto mi sono fermata, stupita: ero una persona cupa, problematica, non sapevo cosa fosse avere il cuore che canta. Cosa stava succedendo? Mi sono Suor Maria Maura Caramori resa conto che un Altro era in me, che ero abitata. Un po’ allarmata, ho alzato gli occhi, e dalla finestra entrava la luce del tramonto… Mi sono inginocchiata lì, sul pavimento della cucina e ho detto: “Signore, fa’ di me quello che vuoi!”. Intanto la parte cinica di me mi beffeggiava… Ma qualcosa mi rassicurava: non è un’illusione, quello che stai vivendo è vero, vieni, ti darò un segno! E come condotta per mano da qualcuno, sono uscita dalla cucina in giardino (sempre divisa tra l’autoinsulto e la rassicurazione), ho fatto il giro della casa… e davanti alla porta d’ingresso c’era una piuma: “Questo è per te il segno”, mi diceva qualcosa, e io pensavo: “Una piuma? Ma che segno è?” E il Qualcosa dentro: “Ti coprirà con le sue penne, sotto le sue ali troverai rifugio”. È un versetto del Salmo 90, ma all’epoca non avevo molta dimestichezza con i salmi. In ogni caso, ho preso su la mia piuma. E - strano ma vero - da allora fino ad oggi, nei momenti decisivi, quando ho bisogno di una conferma o di conforto dall’alto, il Signore mi fa trovare una piuma nei posti o nei modi più imprevedibili. È come un tacito linguaggio di tenerezza, di cui gli sono riconoscente. Dopo aver dato la mia disponibilità al disegno del Signore su di me ho cominciato a fare passi più decisi di conversione, ad andare a Messa alla domenica, a riaccostare la parrocchia. Soprattutto, avevo bisogno, un bisogno vitale, di pregare: ero molto fragile dal punto di vista psicologico e spi- 45 rituale, avevo bisogno di rimanere nella certezza della presenza di Dio, e il silenzio, la lettura della Bibbia, la preghiera dei salmi mi aiutavano. Continuavo anche a frequentare il monastero nei fine settimana, quando potevo. Anche questo era una necessità, per me. Ad un certo punto mi sono chiesta se questa attrattiva non fosse un segno: forse ero chiamata a dare la vita nello stesso modo in cui l’avevo ricevuta, cioè attraverso la preghiera. In un primo momento, con la baldanza dei diciannove anni, mi è parso di sì, e ne ho parlato con la Madre Abbadessa. Così dopo gli esami di maturità ho trascorso due settimane come ospite presso il monastero: sarei scappata a nuoto! Ho capito che forse era il posto, ma di sicuro non era il momento di concretizzare la vocazione. La decisione finale Così mi sono iscritta all’Università, studiando sodo e rimanendo aperta a tutte le possibilità, sempre ancorata alla preghiera. Ho avuto due morosi, e il secondo era proprio la persona giusta: era evidente che se il Signore mi chiamava al matrimonio quello era l’unico uomo con cui avrei potuto condividere la vita, la fede, le scelte grandi e quelle quotidiane. Ma più si avvicinava il tempo della conclusione degli studi e quindi di prepararci al matrimonio, più cresceva la mia inquietudine: mi sembrava che il Signore mi avesse dato tutto, dandomi la fede, mentre io non stavo ricambiando con la stessa totalità. Avevo ricevuto nuovamente la vita, ma la stavo tenendo nelle mie mani, se pure intendevo spenderla in parte per lui… Ero amata immensamente da un uomo, ma quanto più da Dio… In queste angosce il mio padre spirituale, che conosceva la mia storia, ha riconosciuto il segno che davvero il Signore mi chiamava a una speciale consacrazione, e mi ha incoraggiata a fare discernimento. Non ho affatto dato per scontato che la mia storia, segnata dall’incontro con questo monastero, dovesse approdarvi definitivamente. Anche perché la clausura mi spaventava tanto quanto le montagne e i boschi del Biellese mi attiravano. Ho pensato a possibilità differenti di vita religiosa, ad altre forme di vita monastica, ma erano evidentemente pensieri solo miei, quasi l’estremo tentativo di “salvare la propria vita” proprio mentre si fa il gesto di offrirla. Il Signore mi ha ricondotta ancora una volta a questo luogo, a questa vocazione, esigente ma quanto mai necessaria per la Chiesa e per l’umanità. E abbracciando il cammino proposto da San Benedetto ho riconosciuto la sua perfetta conformità ai desideri più 46 profondi del mio cuore, oltre che la sua fecondità per la vita del mondo. Ormai sono in monastero da più di 23 anni (la stessa età in cui vi sono entrata), e davvero, come cantiamo nel canto di offerta della Professione solenne, il Signore non ha lasciato delusa la mia speranza. Colgo l’occasione di queste righe per ringraziare di cuore tutti coloro che ho conosciuto, che mi sono stati testimoni di vita cristiana e compagni nel pellegrinaggio di ricerca del volto del Signore: impossibile enumerarli tutti, perciò mi limito a ricordare il caro don Tullio, che dal cielo si incaricherà di recapitare a ciascuno il mio GRAZIE, come dal pulpito lo ha fatto con commozione in occasione della mia Professione solenne! Sr. M. Maura Caramori Abbazia Mater Ecclesiæ, 17 febbraio 2010 La bella foto del nostro indimenticabile don Tullio Vitale, scattata dall'amico Sergio Fighera, è diventata quadro! Infatti il signor Gaetano Gentile ha fatto realizzare e ha donato alla parrocchia il dipinto che rappresenta don Tullio in paramenti sacri. Il quadro fa ora bella mostra nella sala consiliare della casa parrocchiale, affiancando le immagini degli altri parroci di San Paolo. Al generoso e... Gentile donatore il ringraziamento unanime e sincero di tutta la comunità. Nella Chiesa Parrocchiale Ben arrivati bambini FACCHINETTI GIULIA di Federico e Foca Manuela il 17 gennaio. URBINA LLONTOP HENRY BRANDO di Alcantara Henry Roman e Llontop Paz Patricia il 14 febbraio. MASI GRETA di Francesco e Minnicino Oriana il 14 febbraio. CERCHIER ALESSANDRO di Paolo e Tumelero Cristina il 14 marzo. Ogni bambino che nasce reca al mondo il messaggio che Dio non è stanco dell’uomo (Tagore) I nostri morti SCHIAPPARELLI GIANNI il 23 novembre 2009. BERTONE NOFRINA ved. Bicocco il 28 novembre 2009. RENALDO GIUSEPPE il 28 novembre 2009. MOCCAFICO ELSA ved. Corso il 1 dicembre 2009. BOTTO CATTERINA ved. Foscale il 6 dicembre 2009. RIZZI FRANCO il 7 dicembre 2009. TUMELERO ALDO il 9 dicembre 2009. BOZINO AURELIO il 10 dicembre 2009. PIZZO’ ELISABETTA in Lionello l’11 dicembre 2009. GOLISANO FRANCESCO il 15 dicembre 2009. RIZZO GIANCARLO il 20 dicembre 2009. TOMASINI MARIA ved. Bocca il 22 dicembre 2009. D’ORIA NUNZIO il 22 dicembre 2009. MASSARENTI EVELINA ved. Massarente il 24 dicembre 2009. GUASCO GRAZIA il 25 dicembre 2009. VERCELLI EZIO il 28 dicembre 2009. GAUNA FEDERICA ved. Stillio il 4 gennaio 2010. ALBORGHETTI MARIA LUIGIA ved. Sannino il 6 gennaio 2010. CERIA LUCIANA ved. Terzago il 14 gennaio 2010. MARAZZIO GUIDO il 17 gennaio 2010. PAJORO GIUSEPPINA in Nervo il 25 gennaio 2010. ZONA MARIO il 31 gennaio 2010. ZUBLENA SILVIO il 12 febbraio 2010. BAZZONI GIUSEPPINA ved. Berta il 15 febbraio 2010. Non sono finiti nel nulla, ma nella festa del Signore. Ricordiamoli sempre con riconoscenza, soprattutto con la preghiera e la carità 47 Per la Chiesa e le opere parrocchiali IN MEM. DI BRUNO LAZZAROTTO LA FAMIGLIA 50 - IN MEM. DI CAMILLO FANGI LA FAMIGLIA 100 - IN MEM. DI GUERRINO PELLANDA 20 - CORO BURCINA 150 - IN MEM. DEFUNTI BRUNIERA 30 - IN MEM. GIORGIO RAMELLA 20 - IN MEM. DI VINCENZO GIOVANNETTI - SILVIA E ANITA AIAZZI 50 - IN MEM. DI MARISA CAUCINO, DON ANDREA, DON MARCO CARLINO 60 - IN MEM. DI REMO BIELLI 50 - N.N. 15 - IN MEM. DI SILVIA CEREIA VARALE ROLLA 100 - IN MEM. DI ELSA MINERO E GIANLUIGI E ANITA SORMANI 20 - IN MEM. DI CARMELO SMECCA 10 - IN MEM. DI SUOR PAOLINA 50 - S.CATERINA PER LA PARROCCHIA 50 - PER IL BATTESIMO DI LEONARDO GRILENZONI 50 - PER IL BATTESIMO DI CLARISSA PRAINO 50 - IN MEM. DI ANTONIETTA VOLPE 20 - IN MEM. DI MATILDE GIUSEPPE 25 - IN MEM. DI GAETANO RENNA E FAMIGLIA 25 - IN MEM. DI ATTILIO PARISI E FAMIGLIA 25 - IN MEM. DI LUCIANO ZANONE 170 - IN MEM DI ANTONIO LEDER 20 - IN MEM. DI BRIGIDA POLLONE 15 - IN MEM. DI PIERINO FORZANI 15 - IN MEM. DI CELSO E OSVALDA VIGNAZIA 20 - N.N. 50 - IN MEM. DI GIOVANNI BELLON 30 - IN MEM. DI PIETRO PERUCELLI 20 - IN MEM. DI ITALO FERRERO 20 - IN MEM. DI PAOLA DELLA NEGRA 30 - IN MEM. DI ANTONIO STILLAVATO 20 - PER LA CRESIMA DI CECILIA AZZARELLO 20 - IN MEM. DI ROSINA E NICODEMO AGOSTINO 60 FAMIGLIA AGOSTINO 100 - IN MEM. DI MARIANNA, GIOVANNI E ANTONINO 20 - IN MEM. DI LUIGI MASSIMO 20 - IN MEM. DI GIANFRANCO GARINO E PIO MASONE 25 PER LA CRESIMA DI FEDERICA FAGGIO 15 IN MEM. DI EMMA SEIRA 50 - IN MEM. DI GIANNI SCHIAPPARELLI LA FAMIGLIA 100 IN MEM. DI UMBERTO E CORNELIA BILATO 20 - GUARDIA DI FINANZA 60 - IN MEM. DI ELIDA PORTA 100 - IN MEM. GIGI E PAOLA CANTONO 30 - IN MEM. DEFUNTI TONA 50 - IN MEM. DI BIAGIO 25 - IN MEM. DI ALFONSO ATRIPALDI 20 - IN MEM. DI MARIA E NICOLA CARLOMAGNO 30 - IN MEM. DI GIOVANNI, AUGUSTO E CATERINA 20 - IN MEM. DI LUCIA E RENATO CREMA 20 - IN MEM. DI MASSIMO MIGLIORATO 15 - IN MEM. DI NOFRINA BERTONE LA FAMIGLIA 100 - IN MEM. DI CESARE E NOFRINA BICOCCO 50 - GRUPPO BRICOLAGE 800 - N.N. 180 - BARAZZOTTO ANNAMARIA 200 - IN MEM. DEFUNTI CALVELLI E TRIPODI 80 - INFANTI SILVANA 6 - N.N. 50 - FAMIGLIA SCATAMACCHIA 10 - SILVIA MESSIN 20 - FAM. CODA 20 - FAM. SANDRI 50 - IN MEM. DEFUNTI BARAGGIOTTA 60 - IN MEM. DI LIVIA ORMEZZANO 20 - IN MEM. DI GIACOMO DAVI 20 - CUGINI CHIOMONTE 100 - CLINICA ODONTOIATRICA DOTT. VILLA 150 - IN MEM. DI BEPPE RENALDO 515 - IN MEM. DI ILCA BARBERA 100 - IN MEM. DI MARIA, COSIMO E FERDINANDO RAMELLA 20 - IN MEM. DI MATTEO FISSORE 50 - IN MEM. DI GIUSEPPINA, CARLO E FRANCO 10 - IN MEM. DI SAMUELE QUAREGNA 150 - IN MEM. DI ANTIMO FERRARO 25 - IN MEM. DI OSSIDE, CELSO E MARJE 50 - IN MEM. DI LEANDRO ADRIANO REINA, FRANCO BALDIN, ENRICO METTA E ARTURO GUIDETTI 50 - IN MEM. DI LEO GIANOLIO 100 - IN MEM. DI MARIA BIESUZ 30 - IN MEM. DI VITTORIO E ROSA 25 - IN MEM. DI SILVIO E GINA BERTACCO 20 - IN MEM. DI SILVIA CEREIA VARALE ROLLA 50 - IN MEM. DI MARIA DATO 200 - IN MEM. SI SERGIO ROMAGNOLI 15 - IN MEM. DI CELESTE RECCO 50 IN MEM. DEFUNTI FAMIGLIA ORMEZZANO 20 - IN MEM. DI IDA RIVARDO 150 - IN MEM. DI GABRIELE FANGI 50 - IN MEM. DI FRANCO RIZZI LA FAMIGLIA 200 - IN MEM. DI OLGA GIORIA 50 - IN MEM. DEFUNTI FAMIGLIA MANERA 150 - IN MEM. DI ANTONIETTA 20 IN MEM. DI PIERO E SESIL MERAVIGLIA 20 - 48 IN MEM. DEFUNTI FAMIGLIA MOLINARI 100 IN MEM. DI CARMELO SMECCA 10 - N.N. 1000 - FAMIGLIA ROVIGLIONE 60 - FAMIGLIA MAGGIA 50 - IN MEM. DI GIOVANNI 15 - IN MEM. DI SALVATORE CAMPENNI 20 - IN MEM. DI ORSOLA E EUGENIO MAGLIOLA 120 - CONSULTORIO FAMIGLIARE 300 - C.C.A. 2500 CLUB AMICI DELLA 500 20 - N.N. 50 - FAMIGLIA MONTAGNINI 250 - IN MEM. DI GIUSEPPINA, VINCENZO, AMERIS E ANDREA 10 - IN MEM. DI FILIPPO FUSCO 25 - RENATA PICHETTO 20 - IN MEM. DI GIOVANNI E ROSA 15 - IN MEM. DI ANDREA RANDO 20 - IN MEM. DI FABRIZIO BRICARELLO 250 - FAMIGLIA SIMONETTI 300 - FAMIGLIA LIUNI 100 - N.N. PER RISCALDAMENTO 20 - N.N. PER RISCALDAMENTO 20 - FAMIGLIA MARUTTI 50 - FAMIGLIA CAUCINO 200 - SORELLE OLIARO 100 FAMIGLIA FRIGNANI 50 - FAMIGLIA RICOLFI 100 - RONDOLOTTO LUCILLA 50 - FAMIGLIA FIZZOTTI 50 - IN MEM. DI SANTE E CELESTE HANNO OFFERTO (da novembre 2009 a marzo 2010) 10 - IN MEM. DI LUIGI MASSIMO 25 - FAMIGLIA MAGLIOLA 160 - FAMIGLIA CONTI PILLO 140 - LETIZIA CRESTANI 50 - IN MEM. DI GENTILINA BONINO E CARLO GREMMO 50 - IN MEM. DI EZIO VERCELLI LA FAMIGLIA 100 - IN MEM. DI ANTONIA STOPPA 20 - IN MEM. DI GIANCARLO E GERARDO NAVE 25 IN MEM. DI EVELINA MASSARENTI 100 - IN MEM. DI ELISABETTA E EGIDIO PIRO’ 100 - IN MEM. DEFUNTI FAMIGLIA SOTTILE 50 - IN MEM. DI GIANCARLO RIZZO E MAFALDA SMERALDO 100 - N.N. 100 - ANTONINO 50 - IN MEM. DI RENZO PERONA 30 - N.N. 20 - FAMIGLIA BONA 50 - IN MEM. DI GIOVANNI E MARIA MAFFEO, PERICLE E INES CHIORINO 500 - GRUPPO MAZZIA PER RISCALDAMENTO 100 - FAMIGLIA MILITELLO 260 - FAMIGLIA TICOZZI 50 - IN MEM. DI ALDO E BRUNA STERPO 100 - IN MEM. DI IDA ZIPPETTI E DEFUNTI FARETRA E ZOPPETTI 40 - LUISA E FRANCESCO IN MEMORIA DEL NONNO AURELIO BOZINO 550 - IN MEM. DI MARIA TOMASINI VED. BOCCA 500 - IN MEM. DI FRANCESCO E CORNELIO TORELLO VIERA 20 - IN MEM. DI GIOVANNI PAGLINO 10 - IN MEM. DI EMMA BROVARONE 70 - IN MEM. DI GRAZIELLA MASCHIO 50 - IN MEM. DI GILIANA POZZO E MARIO GIBERTONI 50 - N.N. 300 - IN MEM. DI MASSIMO MIGLIORATO 15 - IN RICODO DI MARIA TOMASINI BOCCA E FRATELLI ANGIOLINO E ALFONSINA 200 - IN MEM. DI IRMA PRINA MELLO 20 - N.N. 100 - IN MEM. DI AMELIA ORMEZZANO 20 - IN MEM. DI RENATO RONCO 100 - IN MEM. DI UMBERTO E CORNELIA BILATO E DI BELLUCCO AMPELIO E TOFANO MARIA 60 - IN MEM. DI GIUSEPPINA BERNARDO 20 - IN MEM. DI SILVIO MONTI 50 - IN MEM. DI MARGHERITA 20 - IN MEM. DI PASQUALE BENIN, BRUNO NEGRO, WILMA SIVIERO 20 - IN MEM. DI LINO MANCIN 20 - IN MEM. DI FORTUNATO PANZANELLI 50 - IN MEM. DI MARGHERITA E MARIO MARINONE 200 - IN MEM. DEFUNTI FAMIGLIE PAVETTO, GREMMO, PELLEGRINO E BARBERA 250 - IN MEM. DI ANTONIA DE MARCO E CESARE DE TONI 100 - IN MEM. DI ANGELO SCAPARRA 50 - IN MEM. DI SOGNO MODA ZAMPIERI 60 - IN MEM, DI GIOVANBATTISTA TAVELLA 40 GRUPPO TERA ETA’ 200 - IN MEM. DI ALBERTO E LAURA FOSCALE 250 - IN MEM. DI DUILIO GREPPI 50 - IN MEM. DI ARMANDO E ROSA FORNERO 50 - FAMIGLIA PIAZZA 1000 IN MEM. DI ELDA TONIOLO E ELISA E MARIA ROSSO 35 - IN MEM. DI PRIMO UMBERTO 10 IN MEM. DI NINA E ARTURO ANGELICO 50 PER IL BATTESIMO DI GIULIA FACCHINETTI 100 - IN MEM. DI BIAGIO, MARIO E LUCIANO 25 - N.N. 500 - IN MEM. DI MARIO IANNONE 15 - IN MEM. DI PIO MASONE, NELLO E PALMA SILVESTRI 20 - IN MEM. DI GUIDO MARAZZIO 100 - IN MEM. DEFUNTI FAMIGLIA FERRARI E PEZZUOLO 20 - IN MEM. DI GIOVANBATTISTA E MAGGIORINA ROVIGLIONE 160 - IN MEM. DI GIOVANNINO CUCCURU E LUIGI SCIUTTO 20 IN MEM. DEFUNTI FAMIGLIA LANDINI SILVIA, AMELIA E NICOLO’ 20 - IN MEM. DI LUIGI MASSIMO 25 - IN MEM. DI LEO GIANOLIO E FEDELE BIESUZ 30 - IN MEM. DI CAMILLO FANGI 20 - IN MEM. DI LEONARDINA E PIETRO PILLO 30 - IN MEM. DI GIANNI VALZ 100 - IN MEM. DI ANTONIETTA E UMBERTO 25 - IN MEM. DI GIUSEPPINA PAJORO LA FAMIGLIA 100 - IN MEM. DI SUOR ANGELINA E SUOR INNOCENZA 15 - IN MEM. DI LUCIANA CERIA PER I POVERI 50 - IN MEM. DEFUNTI FAMIGLIE CELADIN E BOCCADELLI 50 - IN MEM. DI MARIA E ORESTE BOCCA 50 - IN MEM. DI FIORENTINA, AMILCARE, LETIZIA E CARLO 100 - IN MEM. DI BIAGIO DIMICCO 20 IN MEM. DI GIANCARLO RIZZO 30 - IN MEM. DI CLAUDIO NANI 100 - IN MEM. DI SAVINO FRANZESE 10 - IN MEM. DI PIERO BRUNA 30 IN MEM. DI MARIUCCIA E RENATO MAGGIA 40 - IN MEM. DI LORENZO E ROSA BRUNO 40 IN MEM. DEFUNTI FAMIGLIA RENALDO 1200 FAMIGLIA CARTA ZINA 50 - IN MEM. DI LUCIA E RENATO 30 - N.N. 15 N.N. 15 IN MEM. DI GEREMIA MONOPOLI 50 - N.N. 200 - IN MEM. DI MARIA MARANGONI E CONGIUNTI 35 - IN MEM. DI FEDERICA GAUNA 100 - IN MEM. DI MARIO ZONA 200 - IN MEM. DI CORINNA E UMBERTO 50 - IN MEM. DI ROBERTO BOCCADELLI 50 - IN MEM. DI DOMENICO ROMANO 20 - IN MEM. DI RODRIGO SECCHIERO E AMALIA ZERBINATI 60 - IN MEM. DI DANIELA 40 IN MEM. DI GABRIELE, GIUSEPPINA E PIETRO NASTASI 60 - IN MEM. DI BRUNO OLLEARO 20 - GIORGIO RAMELLA POLLONE 150 - SERAFINA TOSETTI 100 - IN MEM. DI MARIA LUIGIA ALBORGHETTI 200 - IN MEM. DI CARMELO SMECCA 30 - IN MEM. DI ANTONIO STOPPA 25 - N.N. 50 - UFFICIO POSTALE 30 - IN MEM. DI ALDO E FIORELLA RAMELLA BENNA E GIOVANNI E IDELMA ZONA 100 - PAOLO FEMMINIS 100 - PER IL BATTESIMO DI GRETA MASI 30 - IN MEM. DI MICHELA E CARMELA 30 - IN MEM. DEFUNTI FAMIGLIE DIONISOTTI E ROVIGLIONE 10 - IN MEM. DI GIUSEPPINA BAZZONI LA FAMIGLIA 100 - IN MEM. DI CAMILLO 20 - IN MEM. DI SESIL E PIETRO MERAVIGLIA 20 - IN MEM. DI DANTE FUMO 20 - IN MEM. DI RENATO E ROSINA 50 - IN MEM. DI CARMELO SMECCA 10 - FAMIGLIA AIMONETTI 300 - SANTA CATERINA 100 - IN MEM. DEFUNTI FAMIGLIE ZANAROTTO E TAMIAZZO 10 - IN MEM. DEFUNTI FAMIGLIA VIGLIENO 120 - IN MEM. DI TERESA E PIETRO 15. Per iniziative diverse PER LE MISSIONI: 3.420 - PER I TERREMOTATI DI HAITI: 4.000 - PER IL SEMINARIO: 1.100. Per i poveri DURANTE L'AVVENTO 3.000 - N.N. PER LA CARITA’ 100 - PER I POVERI DELLA PARROCCHIA 750 - C.C.A. PER LA CARITA’ 250 - PER I POVERI DELLA PARROCCHIA 100 - FAMIGLIA FRIGNANI PER I POVERI 50. Per il bollettino “Vita Nostra” RENATA PICCHETTO 20.