PAGINA MUSICA 42 — DOMENICA 12 MARZO 2006 - N. 70 I I SOLE-24 ORE DEGNI DI NOTA 7 Adesso Mozart si è fatto saggio DI QUIRINO PRINCIPE N o, non è come pensate. Non soffriamo di Alzheimer, né tentiamo di; scodellarvi il "dèjà-vu" della scorsa settimana. Stiamo proseguendo nello sforzo eroico di arricchire la nostra rassegna di libri mozartiani, avviata domenica 26 febbraio. Dolorosa scelta, che toglie respiro al giudizio, e riducendolo ai minimi o men che minimi termini lo trasforma in una mera segnalazione. Ma quale altra scelta potrebbe adottare l'infelice recensore di libri su Mozart, reso ancor più infelice dall'imperversare dell'anno mozartiano, qualora non voglia ridurre brutalmente al silenzio la maggioranza di quei lavori? E poi, consoliamoci: questa volta ci limitiamo a due soli autori, anche se non possiamo fare a meno di ri-salutare con piacere un vecchio amico, Mozart: signori, il catalogo è questo.', di Amedeo Poggi ed Edgar Vallora, uscito per Einaudi nel 1991 (altro centenario mozartiano!) e riedito nel 2006. Di Massimo Mila esce, a cura della moglie Anna Giubertoni, una raccolta di scritti mozartiani di varia origine, finora non accessibili. Fra'i più belli, il Programma per un circolo mozartiano (1942). Erano anni oscurissimi: NAPOLI bia l'illeggibilità di un testo con la sua supposta profondità. Molti sono i fattori di valore aggiunto, rispetto alle vecchie e gloriose monografie di Bernhard Paumgartner o Alfred Einstein, o rispetto alla gigantesca biografia di Hermann Abert. Di valore aggiunto è, già nella prefazione, il paragrafo «Denaro», che orienta il lettore e capire il potere d'acquisto dei Gulden e delle corone, dei talleri e dei luigi d'oro in relazione con la sterlina e l'euro del 2006. Lo stesso si dica dell'ordine finalmente imposto alla pasticciata questione del «K.» nelle varie edizioni del catalogo Kòchel. 11 capitolo sulla famiglia Mozart e sulla Salisburgo di quei tempi allarga l'orizzonte di conoscenze genealogiche e retrodata la certezza di notizie, oltre a costruire la mappa della città alla metà del secolo XVIII con una precisione finora mai raggiunta. I capitoli del libro sono 20: ben due sono dedicati ai soggiorni di Mozart a Milano. La narrazione biografica si conclude con l'anno 1781: Mozart, dopo il calcio ricevuto dal conte Arco per conto dell'arcivescovo salisburghese Hieronymus von Colloredo, decise di trasferirsi a Vienna, e quel momento cru- DI ANGELO CURTOLO ciale, che fece di lui forse il primo musicista d'Occidente tanto ardito da tentare di vivere esclusivamente del proprio lavoro, da libero professionista, produce due capolavori come Thamos e Idomeneo. La morte di Sadie, nel 2005, ha interrotto un vasto progetto, esteso all'intera biografia di Mozart: forse sarebbe stato quello il nuovo Abert. Ma l'autonomia di questo volume, primo e oramai unico, si fonda sull'autorevolezza, sulla qualità. Da «Amadeus» di M. Forman (Photos12l Stanley Sadie, «Wolfgang Amadeus Mozart, gli anni salisburghesi, 1756-1781», traduzione italiana di Matteo Sammartino, Bompiani, Milano 2006, pagg. 544, € 36,00; Massimo Mila, «Mozart. Saggi 1941-1987», a cura di Anna Mila Giubertoni, Einaudi, Torino 2006, pagg. 374, € 12,50. MILANO Cherubino salta nella buca N ozze riuscitissime al San Carlo, nella nuova produzione di Martone che completa la trilogia dapontiana, in scena tutta intera fino a fine aprile. Il regista immerge Mozart nel cuore di Napoli: fondale una doppia scalinata, che pare presa dai cortili di via Toledo, nella scena aperta di Sergio Tramonti, con tavolata onnipresente, corse in platea per i cantanti, abbandoni alle sensualità amorose. Le stanze di Conte e Contessa sono i due palchi aggettanti sul palcoscenico (chiusi da ante tanto carine che varrebbe la pena di lasciarle lì per sempre) e Cherubino, per il salto dalla finestra, óp là, ~ vola dritto nella buca Al 's/in C^nvln d'orchestra. f\i OUH K^UFUJ Napoli abita lo spirito JfiffvfiM 1Trltp Ul/t: JyJj'CJ tirannide e guerra. Soltanto finita la prigionia nel carcere fascista, dopo la guerra, Mila potè ascoltare direttamente in teatro o in concerto musiche di Mozart. Quanto al secondo autore: Stanley Sadie, nato nel 1930, è stato uno di quegli eccellenti musicologi britannici (come Landon o Cooke) che si sono nutriti di studi classici, di filologia di antico e nobile stampo, e si sono conquistati sul campo il possesso di moderni strumenti d'indagine. Ricerche sociologiche, antropologiche, economiche s'intrecciano con un percorso musicologico lontano dal terrorismo pseudoscientifico che scam- della recit più pasTate sionale delazione, solito, languoal femminile e senza dirige rosa mezzi termini in fatto di <<T p Nn<7"7j> g e l o s i e maschili: non ci c pensano due volte ad armarsi di fucile, prima il 1 Ig Conte poi Figaro. Mentre le donne appena è il caso rem si scosciano (imitate giu///' AA/ivtnviP semente da Cherubino) o CU l vlui l'Urte s i scoprono giù giù. Il pubblico apprezza, anche perché nel frattempo si canta un gran bene. La voce più bella è quella della Contessa, Carmela Remigio, che deve solo evitare di "bartoleggiare" coi sospiri, perché non ne ha bisogno: i bei momenti abitano gli spazi metafisici della scrittura di Mozart, quando parla di amore. Sono identici ai "se per pochi momenti" del Conte con Susanna, mondo sospeso che Pietro Spagnoli traduce con aristocrazia e smarrimento. Cinzia Forte resiste nel dare il meglio nell'ultima Aria, che ascoltata così, a un passo, è da capogiro. Un'invenzione poetica il "Voi che sapete" di Cherubino solo in scena, luci abbassate e un candeliere che lancia ombre inquiete alle sue spalle: brava Marina Comparato, anche nelle delicate ornamentazioni. Le chiede Jeffrey Tate in tutte le grandi Arie, all'antica. La compagnia risponde al meglio, compreso il Figaro di Simon Orfila, unico non italiano e un poco si sente. La napoletanità delle Nozze è temperata dal passo asciutto del direttore: tempi secchi, veloci, con dettagli assai ben punteggiati. Coretti a gran voce e molto corretta l'orchestra. Peccato uno scrocchio degli ottoni, proprio negli accordi di chiusura dell'Ouverture. (Carla Moreni) «Le nozze di Figaro» di Mozart; direttore Jeffrey Tate, regia di Mario Martone; Napoli, Teatro di San Carlo, fino al 18 marzo. Alla Scala la prima esecuzione dell'opera di Leos Janacek (1921) con la direzione di Gardiner Kabanova a pelo d'acqua DI CARLA MORENI U sciti dallo spettacolo mozzafiato di Bob Carsen alla Scala non si potrà più raccontare la trama di Kat'a Kabanova. Prima, sì, era tutto facile: Kat'a sensibile e oppressa, sposina delicata schiacciata tra la classica suocera oppressiva e il marito imbelle, Kat'a che tradisce appassionata e che si uccide per la vergogna. Fine, sipario. Partitura dettagliata e frastagliata, alla ricerca di un teatro in musica che in quel 1921 nella Moravia impastata ovunque di suoni si traduceva nella sensibilità di Janacek in una vocalità flessuosa sul parlato (anche quello meno documentabile oggettivamente dei cuori) e in una orchestra cangiante, mobile, elastica, brumosa nelle armonie e nostalgica nel canto. Con il tocco esotico del colore di una viola d'amore. Grande Janacek. Alla Scala Kat'a non era ancora mai stata eseguita. Ma non c'è da stupirsi o gridare allo scandalo, perché anche a Venezia — piazza per tradizione più aperta al nuovo, e all'est — Kat'a era arrivata solamente due anni fa, anche lì in una bella produzione, al Palafenice. Lo spettacolo di David Pountney allora si poteva raccontare senza troppi sussulti: scena fissa, tempo unico, una casa che progressivamente si sbriciolava, niente nido per Kat'a, se non la morte nel fiume. Qui invece Carsen è andato oltre. La produzione importata a Milano dal poco noto teatro di Anversa si gioca tutta sull'acqua. In scena, per le quasi due ore dell'opera, non c'è altro che una distesa di acqua livida, che sciaborda agitata da un drappello di Naiadi assorte, tetre e bravissime nell'ossessione che le perseguita: sono armate di tavole di legno, su cui galleggiano come relitti abbandonati e poi si gettano tutte insieme in quella grande pozza, scivolano attratte, a Kat'a, la protagonista, oppressa dalla suocera e da un marito imbelle, lo tradisce e si uccide per la vergogna. Uno spettacolo da vedere dal! alto D I S C H I DEL SOLE • Mozart, «The supreme decoratori: The Hanover Band. dir. Sir Charles Mackerras; 1 ed Opera Rara Mozart non solo inventava, ma con altrettanta bravura e spregiudicatezza reinventava i lavori degli altri. Così ci spiega e illustra Charles Mackerras, direttore tra i decani del nostro tempo, 80 primavere festeggiate con baldanza lo scorso novembre, famoso per la devozione alle partiture di Janacek, condotte da autentico pioniere. Variava, Mozart: abbelliva, fioriva, testa in giù. È l'inizio dell'opera, e noi sappiamo già la fine. Non è quella che dobbiamo attendere, dice il regista Carsen. giovane, minuto, chissà chi gli ha raccontato tutti quei segreti del profondo silenzio delle donne. Probabilmente Janacek. Ma portando a misure estreme le possibilità del disegno melodico. Aveva 17 anni quando innamorarsi del canto e della donna fu tutt'unó: per Aloysia, la voce più bella tra le sorelle Weber, scrisse acrobatiche follie su un Aria già assai sensuale di Johann Christian Bach. "Cara la dolce fiamma" {dalYAdriano in Siria) e ancora su pagine proprie. un'Aria da concerto di ebbro abbandono, "Non so donde viene", e "Ah se a morir mi chiamo", dal Lucio chissà a quel professore dalla faccia da contadino gioviale, chissà a lui chi ha spiegato i segreti di Kat'a. Lo spettacolo è da vedere dall'alto. Chi è in platea, alla Scala, ha il vantaggio di leggere bene il testo (che è molto effica- l'acqua la storia di Kat'a si riflette e sdoppiandosi diventa assoluta. Consegnata a una ciclica ripetitività, fatale, impossibile da sciogliere. Kat'a continuerà a tradire, senza felicità, fuori scena, mentre la suocera gozzoviglia vogliosa e i due giovani ancora ingenui amoreggiano rincorrendosi su strofe di canzoni popolari. Nel libretto di Janacek, tratto dal dramma L'uragano di Ostrovskij, l'acqua è ben presente, ma come colonna sonora in sottofondo. Trasformare il Volga impassibile e bello in un lago nordico e spettrale è stato un gesto molto audace del regista, fondamentalmente coadiuvato dalle luci (sue e di Peter Van Praet) e dalle coreografie di Philippe Giraudeau. La scena, se scena si può appellare, è come sempre del compagno di squadra Patrick Kinmonth. Il teatro di conversazione, che tanto piaceva a Gavazzeni, viene perfettamente dominato dai cantanti, a partire dalla dolente protagonista. Janice Watson, dalla maliziosa Varvara di Elena Zhidkova, dalla suocera da manuale di Judith Forst. 11 pavido Tichon è Guy de Mey, Boris un po' stridulo Peter Straka. Dikoj Vladimir Ognovenko. Stefan Margita ottimo Kudrjas. Gardiner è oggi molto richiesto per le opere di Janacek, ricordiamo una sua Jenufa a Salzburg con la Filarmonica ceca. Forse come erede della scuola inglese, che per prima ha valorizzato il compositore moravo. Forse perché da direttore attento alla timbrica corale ne valorizza una specifica tinta, polivoca e frammentata. Con gesto mansueto amministra attacchi a un'orchestra molto impegnata, organizzata e — dall'alto si vede linato delle posizioni, dei soli e benissimo — sedotta da una in gruppo, di cui Carsen è mae- scrittura che la vuole guizzante, stro, come abbiamo imparato an- protagonista come in una partitura da camera. ni fa alla Scala col suo debutto nelle indimenticate Carmelita«Kat'a Kabanova» di Leos Janane. L'acqua, vista dall'alto, disecek; direttore John Eliot Gardiner, gna continui doppi ai personagregia di Robert Carsen; Milano, Teatro alla Scala, fino al 24 marzo. gi, in proiezione perfetta. Nel- Sillu. Sir Charles documenta in un utile libretto (anche in italiano, incredibile) e poi concerta, seguito devotamente da un gruppo di giovani strumentisti e un po' meno da tre cantanti. Diana Montague. Elizabeth Futral e Majella Cullagli. Le signore non hanno lo smalto di Aloysia e l'emissione inglese sui versi di Metastasio le penalizza. Ma la luminescente bellezza del giovane Mozart esce vincente e commuove. (C.Af.) ce e realistico, nella nuova traduzione di Franco Pulcini, che cura anche lo splendido nuovo programma di sala), ma perde la verità della rappresentazione. Che sta non solo in quei tuffi da tuffo al cuore, nello strazio delle passerelle, nel disegno centel- BOLOGNA SolPicó, compagnia di danza catalana, interpreta «Dona manca» DI MARINELLA GUATTERINI A lla domanda sempre attuale di Freud: «Cosa vuole la donna?», la coreografa catalana Sol Picó — poco più di trent'anni e una compagnia eponima che dirige dal 1995 — risponde con una ruvida eruzione di comportamenti maschili, specchio di una volontà da "superuomo" che trionfa nella sua La dona manca o Barbi-Superestar. Nato tre anni or sono a Barcellona, questo manifesto di una femminilità "mutilata", dunque sfuggente perché racchiusa in una girandola di modelli imposti alla donna dall'esterno, avrebbe forse meritato un numero maggiore di recite, oltre a quelle offerte dall'Arena del Sole di Bologna. È un ammirevole amalgama scenico di appena sessanta minuti, tutti ad alta tensione, in cui tre musiciste, tra cui una cantante, guidano le metamorfosi di sei danzatrici-performer. Da sciantose a erinni, da competitive atlete in un immaginifico campo di calcio o di pallacanestro a cigni che nuotano a terra, da arrabbiate Esther Williams, in un balletto acquatico senza liquidi, a dive in abito lungo che fanno delle loro mani altrettante pistole, le protagoniste dirette da Sol Picó Tra Barbie airabbiate non hanno paura di svelare le loro muscolose e imperfette nudità in calzamaglie che mettono in risalto attributi genitali grotteschi; di combattere tra loro, di trasfigurare gesti "volgari" in materiale per una danza teatrale soprattutto plastica, che sfugge a ogni categoria di genere. Salvo nel finale: un vertiginoso sabba flamenco, musicalmente rivisitato come tutte le sonorità di scena (pop, classico, jazz), in cui c'è chi ostenta sfrangiate baia de coda e chi balla il flamenco addirittura in scarpette a punta. Sulla scena divisa a metà (in alto le musiciste) le danzatrici-performer muovono una scaletta da aeroplano in plexiglas che diviene passerella da star, luogo di melodrammatiche cadute, e veliero in cui i corpi s'incastrano per vogare chissà in quale oceano sospeso. Dalle quinte, a forma di muro, si aprono feritoie e ne escono sedie e un tavolo: sostegni per un duetto in parrucche bionde ancora una volta brutale. Se è vero che il mondo tutto pizzi e civetterie della vecchia Barbie, nata a New York nel 1959, ha tentato di rinnovarsi, nel 2000. con la campagna pubblicitaria denominata Women can be something else e una conseguente produzione di bambole Barbie atletiche, trash e persino un po' bisessuali. Sol Picó ci suggerisce l'ennesima, sconsolante banalizza- La compagnia «Sol Picò» nello spettacolo «La dona manca o Barbi-superestar» RITMI NEL TEMPO DI GIAN MARIO MALETTO D i due importanti inediti di John Coltrane, una delle figure dominanti del jazz, si era annunciata qui la scoperta fin da settembre, poco prima della loro comparsa nei negozi di dischi di mezzo mondo. Sarà bene riaprire il dossier, sia perché nel frattempo entrambi i rinvenimenti hanno incontrato un gran successo, sia per la riflessione che consentono. Particolare fortuna ha avuto il gioiello che, in verità, porta come leader l'insegna Due inediti di John Coltrane di Thelonious Monk: tanta fortuna che molti critici lo hanno designato, nei rendiconti di fine anno, come il miglior disco del 2005. È Thelonious Monk With John Coltrane At The Carnegie Hall, inciso nella celebre sala newyorkese nel 1957 (e pubblicato dalla Blue Note). Allora "Trane" militava nel quartetto del pianista, altro gigante assoluto, e pareva un'ironia del destino che simile connubio avesse lasciato solo poche tracce. Ecco invece, quasi mezzo secolo dopo, il ritrovamento casuale, di pura "se- rendipity". nella più importante biblioteca di Washington. Il reperto si richiama talmente all'epoca dei 33 giri da aver suggerito alla Mosaic, etichetta americana specializzata in accurati recuperi, di mettere in commercio anche una versione nel vecchio vinile. Vecchio? Il critico inglese Derek Ansell ha ascoltato con attenzione e ha concluso, sul «Jazz Journal» di gennaio, che è quella la versione migliore come suono (non la si trova nei negozi: Mosaic vende NOTE solo direttamente, su www.mosaicrecords.com). Ma anche l'altro inedito di Coltrane, i due Cd di One Down, One Up, sfornati dalla Impulse (distribuzione Universal), ha tutti i segni della grandezza. Qui, nel 1965, è un artista ben più maturo a prodursi, avviandosi verso quell'approdo "spirituale" che marcherà le ultime opere. Sono due concerti, all'Half Note di New York, del celeberrimo quartetto completato da McCoy Tyner al pianoforte, Jimmy Garrison al contrabbasso ed Elvin Jones alla batteria. E gagliardi appaiono anche questi campioni. zione "storpiata" del femminile che ne è scaturita. Tuttavia, annegando cattiveria, sete di competizione e potere in un aggressivo, quasi sfinente, dispendio energetico, si diverte. E lascia correre la fantasia, quando gli oggetti di scena, ad esempio gli scarponi da sci, diventano perni per corpi che si protendono e fluttuano nell'aria, quando due gambe da uomo si muovono mostruosamente trascinate da una danzatrice sul lapis roulant del fondale. La dona manca o Barbi Superestar non eguaglia il precedente duetto Bésame el cactus, capace di cancellare la sfacciataggine allusiva del titolo in un turgido e passionale surrealismo iberico. È uno spettacolo più arrendevole alla comunicazione spicciola, che in parte rimanda a certe feroci esplosioni femministe anni Ottanta (Hymen) di una grande (e forse ormai perduta) Maguy Marin. Tuttavia, gli ingredienti — danza, teatro soprattutto musica dal vivo — e la bravura delle interpreti, tra le quali s'inserisce la stessa coreografa, furibonda bailarina di neo-flamenco in punte rosse, motivano le ragioni di un successo che continua da tre anni, oltre i confini iberici. «La dona manca o-Barbi Superestar», Sol Picó, Arena del Sole, Bologna, ancora oggi; Frìburgo, Kulturhaus. 25 marzo; Kassel, Internationales Tancfestival, 27 marzo. CONCERTI • BOLOGNA. Il 13 al Teatro Manzoni, per la Stagione di Musica Insieme (www.music a i n s i e m e b o l o g n a . i t ) , un nuovo trio, formato da solisti come la violinista Viktoria Mullova, la pianista Katia Labèque e il venticinquenne violoncellista Gautier Capucon; in programma due vertici della musica per il trio con il pianoforte (e non solo di questa), come — in ordine di esecuzione — il Trio di Ravel e quello in mi bem. magg. di Schubert. • FIRENZE. Questa sera al Teatro della Pergola il trio Mullova-Labèque-Capucon (si veda Bologna): il 18 il Quartetto Hagen (Mozart); il 19 il pianista A. Schiff prosegue nell'integrale beethoveniana; per la Stagione degli Amici della Musica (www.amicimusica.fi.it). Il 17-18-19 al Comunale (www.maggiofiorentino.com) un bel programma dedicato a Gershwin (tra cui il bello e non frequentemente eseguito Concerto in fa), con il pianista e direttore Wayne Marshall e l'Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino. • MILANO. Il 13 alla Scala (www.teatroallascala.org) l'Orchestra Filarmonica è diretta da Frans Brùggen (Mozart). Il 13 al Conservatorio, per le Serate Musicali (www. seratemusicali.it) il chitarrista John Williams con un bel programma ispanicoamericano; il 14 il trio Mullova-Labèque-Capucon (si veda Bologna), per la Società del Quartetto (www.quartettomilano.it). Il 16 al Museo Bagatti Valsecchi (www.museobagattivalsecchi.org) inizia il ciclo di musica cameristica Mozart e la sua eredità, con un quintetto di fiati e pianoforte guidato da Andrea Bacchetti. • PERUGIA. 11 19 al Teatro Morlacchi il trio MullovaLabèque-Capucon (si veda Bologna), per la Stagione degli Amici della Musica (www.perugiamusicaclassica.com). • ROMA. Il 15 alla Sala S. Cecilia del Parco della Musica (www.musicaperroma.it) il bandoneon di Richard Galliano con il suo trio jazz e il vibrafono di Gary Burton; il 17 il pianista A. Schiff prosegue nell'integrale beethoveniana; il 18-20-21 l'Orchestra di S. Cecilia (www.santacecilia.it) è diretta da A. Pappano, con il violinista C. Tetzlaff (Haydn, Szimanowski, Brahms); il 19 alle 11 al Teatro Studio proseguono le Lezioni di rock viaggio al centro della musica, con canzoni, filmati, parole, con Gino Castaido ed Ernesto Assante, questa volta dedicata a David Bowie e il glam rock. Il 16 alla Casa del Jazz (www.casajazz.it) il chitarrista Eivind Aarset, unoi dei nomi più interessanti del jazz underground; il 19 mattina The Flippers, la storica band che negli anni Sessanta vendette 4 milioni di dischi, suonando alla Bussola, alla Capannina, al Barracuda, all'Excelsior. • SIENA. Il 17 al Teatro dei' Rozzi il trio Mullova-Labèque-Capuc.on (si veda Bologna), per la Stagione Micat in Vertice (www.chigiana.it). • TORINO. Il 15 all'Auditorium del Lingotto, il trio MullovaLabèque-Capucon (si veda Bologna), per la Stagione del'Unione Musicale (www. unionemusicale.it). TEATRO MUSICALE • MILANO. Il 14-17-19-22-24 alla Scala (www.teatroallascala.org) Kat'a Kabanova, di Janacek, tratta dal dramma L'uragano di Ostrovskij, per la prima volta alla Scala, dirige Gardiner, regia di Carsen. • ROMA. Dal 17 al Teatro Brancaccio (www.teatrobrancaccio.net) la versione italiana del musical The Producers, con Enzo Iacchetti e Gianluca Guidi, e la Compagnia della Rancia e la regia di Saverio Marconi; il musical ha vinto 12 Tony Awards a Broadway ed è attualmente in scena a New York e a Londra; scritto da Mei Brooks.