CONSIGLIO REGIONALE DELLA PUGLIA
VIII LEGISLATURA
a
15 SEDUTA PUBBLICA
RESOCONTO STENOGRAFICO
giovedì 2 febbraio 2006
Presidenza del Presidente PEPE
indi del Vicepresidente MINEO
INDICE
Presidente
Congedi
Assegnazioni alle Commissioni
Ordine del giorno
pag.
3
»
»
»
3
3
3
Ordine del giorno Borraccino,
De Santis del 26/10/2005 “Progetto ‘Bolkestein’ – Direttiva
europea sulla libera circolazione
di servizi nell’Unione Europea”
5
Presidente
Borraccino
Congedo
Palese
Sannicandro
Saccomanno
Proposta di legge di iniziativa
popolare Consiglio comunale di
Bari “Abolizione del libretto di
idoneità sanitaria”
Presidente
»
pag.
»
»
»
»
»
5,8,10
6
8
9
9
10
Atti consiliari della Regione Puglia
SEDUTA N° 15
– 2 –
RESOCONTO STENOGRAFICO
2 FEBBRAIO 2006
rale con le regioni del bacino del
Mediterraneo, alle attività culturali e alla pace
pag.
Mozione Fitto, Palese, Saccomanno, Damone, Cera, Loperfido del
23/11/2005 “Farmaco denominato
RU 486 – pillola abortiva”, ordine
del giorno Pellegrino, Lonigro,
Sannicandro, Borraccino, Lomelo,
Dicorato, Giampaolo, Bonasora,
Visaggio,
Cioce,
Potì
del
24/11/2005 “Aborto farmacologico
(RU486)” e ordine del giorno
Cappellini, Ognissanti, Stefano,
Marmo G., De Leonardis del
07/12/2005 “Attuazione legge
194/1978”
Presidente
pag.
Palese
»
Pellegrino
»
Marmo Giuseppina
»
Surico
»
Bonasora
»
Saccomanno
»
Godelli, assessore alla cooperazione economica, sociale e cultu-
VIII Legislatura
24
PRESIDENZA DEL
VICEPRESIDENTE MINEO
Cera
Costantino
»
»
26,42
27
»
»
»
»
»
»
»
28
30
30,42
31,33
33
34,44
36
»
»
»
36
41
43
PRESIDENZA DEL
PRESIDENTE PEPE
10 e passim
13,42
16,17
18,44
20,42
22,23
23
Baldassarre
Potì
Zullo
Sannicandro
De Leonardis
Congedo
Visaggio
Tedesco, assessore alle politiche
della salute
Damone
Olivieri
Atti consiliari della Regione Puglia
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– 3 –
VIII Legislatura
RESOCONTO STENOGRAFICO
PRESIDENZA DEL
PRESIDENTE PEPE
PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore
11,20).
Congedi
PRESIDENTE. Hanno chiesto congedo i
consiglieri Barba, Cappellini, Fitto, Franzoso,
Loizzo, Lomelo, Lonigro, Loperfido, Manco.
Risulta assente il consigliere Tarquinio.
Non essendovi osservazioni, i congedi si intendono concessi.
Invito il Segretario generale del Consiglio a
dare lettura delle comunicazioni all’Assemblea.
Assegnazioni alle Commissioni
GUACCERO, Segretario generale del
Consiglio. È stata effettuata la seguente assegnazione:
Commissione IV
Proposta di legge a firma dei consiglieri
Pepe, Russo e Ventricelli “Modifica della legge regionale 25 agosto 2003, n. 12 (Disciplina
della raccolta e commercializzazione dei funghi epigei freschi e conservati nel territorio regionale)”.
Ordine del giorno
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca i
seguenti argomenti:
1) Interrogazioni e interpellanze urgenti
(già trattato nella seduta precedente);
2) Interrogazioni e interpellanze;
3) Pdl di iniziativa popolare Consiglio comunale di Bari “Abolizione del libretto di idoneità sanitaria” (iscritta all’ordine del giorno
ai sensi degli artt. 9 e 12 della l.r. n. 9/1973);
Cedat 85
Servizi di resocontazione parlamentare
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4) Ordine del giorno Borraccino, De Santis
del 26/10/2005 “Progetto ‘Bolkestein’ – Direttiva europea sulla libera circolazione di servizi nell’Unione Europea”;
5) Mozione Fitto, Palese, Saccomanno,
Damone, Cera, Loperfido del 23/11/2005
“Farmaco denominato RU 486 – pillola abortiva”, ordine del giorno Pellegrino, Lonigro,
Sannicandro, Borraccino, Lomelo, Dicorato,
Giampaolo, Bonasora, Visaggio, Cioce, Potì
del 24/11/2005 “Aborto farmacologico
(RU486)” e ordine del giorno Cappellini, Ognissanti, Stefano, Marmo G., De Leonardis
del 07/12/2005 “Attuazione legge 194/1978”;
6) Mozione Pepe del 25/11/2005 “Interventi finalizzati ad attuare le leggi nazionali e regionali vigenti sulla parità di genere” (già trattato nella seduta precedente);
7) Ordine del giorno Borraccino, De Santis
del 28/10/2005 “Legge di riforma Moratti
‘Nuove disposizioni concernenti i professori e
i ricercatori universitari e delega al Governo
per il riordino del reclutamento dei professori
universitari’”;
8) Mozione Lomelo del 29/09/2005 “Adesione agli impegni siglati dal protocollo di
Kyoto” – Documento conclusivo del dibattito;
9) Mozione Lonigro, De Leonardis, Visaggio, Marino, Ognissanti, Sannicandro, Potì,
Cioce, Borraccino, Stefano del 14/11/2005
“Nuova tratta ferroviaria che colleghi la Capitanata e la Puglia direttamente alla Capitale”;
10) Mozione Saccomanno, Attanasio,
Congedo, Lospinuso, Marmo N., Ruocco, Silvestris del 24/10/2005 “Politiche del decentramento”;
11) Proposta di legge Ruocco, Saccomanno, Attanasio, Congedo, Lospinuso, Marmo
N., Silvestris “Norme per l’adozione del nuovo Piano di riordino ospedaliero” (iscritta
all’ordine del giorno ai sensi dell’art. 17 del
regolamento interno del Consiglio);
12) Proposta di legge Ruocco, Attanasio,
Saccomanno, Congedo, Lospinuso, Marmo
N., Silvestris “Norme sulla trasparenza nei
Atti consiliari della Regione Puglia
SEDUTA N° 15
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RESOCONTO STENOGRAFICO
concorsi e nella selezione del personale nella
Regione e nelle Amministrazioni e Società regionali” (iscritta all’ordine del giorno ai sensi
dell’art. 17 del regolamento interno del Consiglio);
13) Proposta di legge Ruocco, Saccomanno, Attanasio, Congedo, Lospinuso, Marmo
N., Silvestris “Interpretazione autentica
dell’art. 60 della L.R. 12 gennaio 2005, n. 1”
(iscritta all’ordine del giorno ai sensi
dell’art. 17 del regolamento interno del Consiglio);
14) Proposta di legge Saccomanno, Attanasio, Congedo, Lospinuso, Marmo N., Ruocco,
Silvestris “Istituzione della Commissione
d’indagine e di inchiesta sull’attuazione del
programma operativo regionale (POR)
2000/2006, nonché sui fabbisogni, sulla programmazione degli interventi comunitari e
sull’attuazione dei programmi per il periodo
2007/2013 nella Regione Puglia” (iscritta
all’ordine del giorno ai sensi dell’art. 17 del
regolamento interno del Consiglio);
15) Proposta di legge Saccomanno, Attanasio, Congedo, Lospinuso, Marmo N., Ruocco, Silvestris “Istituzione della Commissione
d’indagine e di inchiesta per lo studio delle
condizioni e per l’individuazione delle misure
atte a favorire la sicurezza delle persone nella
Regione Puglia” (iscritta all’ordine del giorno
ai sensi dell’art. 17 del regolamento interno
del Consiglio);
16) Proposta di legge Ruocco, Saccomanno, Attanasio, Congedo, Lospinuso, Marmo
N., Silvestris “Disciplina del settore fieristico
regionale” (iscritta all’ordine del giorno ai
sensi dell’art. 17 del regolamento interno del
Consiglio);
17) Deliberazione Giunta regionale Deliberazione n. 1635 del 22/11/2005 “Consorzio di
bonifica ‘Terre d'’Apulia’: Proposta al Consiglio regionale per la nomina della Consulta ex
art. 34 della legge regionale n. 54 del
31/05/1980 – Elenco n. 324” (rel. cons. Ventricelli);
Cedat 85
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18) Deliberazione Giunta regionale Deliberazione n. 1636 del 22/11/2005 “Consorzio di
bonifica ‘Arneo’: Proposta al Consiglio regionale per la nomina della Consulta ex art. 34
della legge regionale n. 54 del 31/05/1980 –
Elenco n. 325” (rel. cons. Ventricelli);
19) Ordine del giorno Saccomanno, Attanasio, Congedo, Lospinuso, Marmo N., Ruocco, Silvestris del 02/11/2005 “Centro di controllo traffico aereo di Brindisi”;
20) Ordine del giorno Taurino del
24/11/2005 “Organizzazione per un efficiente
servizio di iscrizione on-line per gli studenti
degli EDISU di Puglia per l’anno 2005/2006”;
21) Ordine del giorno Attanasio, Saccomanno, Congedo, Lospinuso, Marmo N.,
Ruocco, Silvestris del 20/12/2005 “Potenziamento del porto di Bari”;
22) Ordine del giorno Chiarelli, Franzoso,
Laurora, Baldassarre, Cassano, Damone, Loperfido, Brizio del 27/12/2005 “Adesione alle
proposte di amnistia e indulto”;
23) Ordine del giorno Borraccino, Brizio,
Chiarelli, Costantino, Franzoso, Lospinuso,
Manco, Mineo, Pelillo, Pentassuglia del
18/01/2006 “Polo universitario jonico – Istituzione a Taranto della quarta Università
pugliese”;
24) Ordine del giorno Maniglio del
18/01/2006 “Crisi occupazionale all’azienda
‘Valtellina’ di Lecce e Latiano”;
25) Sezione regionale di controllo della
Corte dei conti – Designazione di un componente (legge 5 giugno 2003, n. 131 - art. 7,
comma 9) (rel. cons. Ventricelli);
26) Comitato regionale per la gestione ottimale delle risorse idriche – Designazione di
sei esperti nei diversi profili tecnici, economici
e giuridici nella materia dei servizi idrici (legge
regionale 6 settembre 1999, n. 28 - art. 13,
comma 3, lettera g)) (rel. cons. Ventricelli);
27) Provveditorato agli studi di Bari – Nucleo provinciale di supporto tecnico amministrativo all’autonomia – Designazione di un
rappresentante regionale (decreto Ministro
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RESOCONTO STENOGRAFICO
pubblica istruzione 27 novembre 1997, n. 765
- art. 3) (rel. cons. Ventricelli);
28) Commissione censuaria Comune di
Barletta – Designazione di un rappresentante
(legge 23 dicembre 1996, n. 662 - art. 3,
comma 154) (rel. cons. Ventricelli);
29) Proposte di legge Mineo, Costantino
“Affidamento incarico direzione distretti socio-sanitari” e Borraccino, De Santis “Norme
per nomina direttore distretto socio-sanitario”
(già trattato nella seduta precedente).
Proposta di legge di iniziativa popolare
Consiglio comunale di Bari “Abolizione del
libretto di idoneità sanitaria”
PRESIDENTE. Come da intesa, iniziamo
con il punto n. 3) all’ordine del giorno, che reca: «Proposta di legge di iniziativa popolare
Consiglio comunale di Bari “Abolizione del
libretto di idoneità sanitaria” (iscritta all'ordine del giorno ai sensi degli artt. 9 e 12 della
l.r. n. 9/1973)».
Informo il Consiglio che questo provvedimento, che riconosce ai Comuni capoluogo e
alle Province la prerogativa di presentare proposte di legge, è stato iscritto all'ordine del
giorno perché sono decorsi i termini normalmente programmati dal nostro Regolamento,
che assegna alle Commissioni competenti un
primo tempo di 60 giorni e un secondo tempo
di 30 giorni.
Devo dire che, per una situazione di emergenza continua all’interno della Commissione
competente per materia, non è stato possibile
esaminare questo provvedimento. Per questo,
riapriamo i termini e lo assegniamo nuovamente alla Commissione competente – questa è la
proposta della Presidenza –, per avere delle
precise indicazioni sulla determinazione da adottare.
La proposta di legge tornerà in Aula dopo
che la III Commissione, competente per materia, provvederà all'istruttoria.
Non essendovi osservazioni, la proposta di
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assegnazione del provvedimento alla III
Commissione si intende accolta all’unanimità.
Ordine del giorno Borraccino, De Santis
del 26/10/2005 “Progetto ‘Bolkestein’ – Direttiva europea sulla libera circolazione di
servizi nell’Unione Europea”
PRESIDENTE. L’ordine del giorno, al
punto n. 4), reca: «Ordine del giorno Borraccino, De Santis del 26/10/2005 “Progetto
‘Bolkestein’ – Direttiva europea sulla libera
circolazione di servizi nell’Unione Europea”».
Ne do lettura:
«Il Consiglio regionale
premesso che
- è attualmente in discussione in seno alla
Commissione Europea il “Progetto Bolkestein”, un’iniziativa proposta dall'omonimo ex
commissario europeo (liberale olandese) per la
concorrenza ed il mercato interno che, se fosse
approvata avrebbe conseguenze gravissime
per 25 Stati membri dell'Unione Europea (e
quindi anche per l'Italia) su settori delicati della vita sociale quali: Istruzione, Sanità e Cultura, oltre che sul Mercato del Lavoro;
- tale direttiva ha lo scopo di considerare i
settori “istruzione”, “sanità” e “cultura” come
“prodotti economici ordinari”, quindi servizi
economici nazionali di protezione sociale, che
potranno, se tale direttiva diverrà esecutiva,
essere soggetti alle identiche forme di concorrenza delle merci;
considerato che
un tale cambiamento comporterebbe inevitabilmente:
- uno stravolgimento dei sistemi legati a
pensioni, assistenza sociale ed istruzione e
conseguentemente provocherebbe un deterioramento dei nostri sistemi educativi e dello
stato sociale e quindi sancirebbe la fine di tutte
le forme di “diversità” culturale;
- una spinta da parte delle imprese a spostare le proprie sedi in paesi con minore tutela del
lavoro, con rinuncia definitiva da parte
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RESOCONTO STENOGRAFICO
dell’U.E. alla pratica “dell’armonizzazione” fra
le normative dei singoli Stati (l’art. 16 della
direttiva relativa al principio del Paese d'origine, difatti, stabilisce che un lavoratore proveniente da un Paese con debole protezione sociale e del lavoro sarebbe tutelato dalle leggi
del Paese dove l'azienda risiede) mettendo così
anche in discussione i diritti dei lavoratori (garantiti dalle leggi nazionali dei paesi dell'U.E.);
- una riduzione delle possibilità d’intervento
e potere decisionale delle autorità locali e nazionali, oltre che delle organizzazioni sindacali, sull’erogazione dei servizi primari (con conseguente deregolamentazione totale dell’erogazione
dei servizi);
- l’apertura alla concorrenza ed alla privatizzazione di quasi tutte le attività di servizio;
rilevato che
- dal mese di marzo 2004 alcuni partiti politici e diverse associazioni nazionali ed europee
hanno suonato il campanello d'allarme e stanno portando avanti una battaglia nelle istituzioni per giungere al blocco di tale normativa;
- nonostante questo “progetto di regressione sociale”, la maggioranza degli Stati membri
sembra essere favorevole all'adozione rapida di
questo progetto di direttiva (senza chiedere
l'unanimità dei paesi UE e senza che nessun
Governo possa da solo impedirlo).
Per quanto sopra scritto è da ritenere pericoloso per l'Italia, oltre che per tutti i paesi UE:
- introdurre una competizione selvaggia nel
mercato dei servizi;
- colpire tutte le attività di servizio, dall'istruzione alla sanità, ai servizi sociali, alla cultura e alle pensioni, favorendone di fatto la
privatizzazione;
- spingere le imprese a spostare le proprie
sedi in paesi con minori tutele di lavoratori;
- ridurre, nei settori di cui sopra, la possibilità d'intervento ed il potere decisionale delle
autorità locali;
impegna il Governo regionale
ad approvare il presente ordine del giorno
di ferma condanna della direttiva Bolkestein;
Cedat 85
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dispone
contestualmente di indirizzare il presente
o.d.g. al Presidente della Repubblica, al Presidente del Consiglio dei Ministri (con richiesta
allo stesso di farsi portavoce in sede europea
di tale volontà), al Presidente del Senato ed al
Presidente della Camera dei Deputati (con
preghiera agli stessi Presidenti dei due rami del
Parlamento di notiziare in merito alla presente
i capigruppo parlamentari) affinché sia fatto il
possibile per impedire l'approvazione della direttiva Bolkestein».
Ha chiesto di parlare il consigliere Borraccino per illustrare l’ordine del giorno. Ne ha
facoltà.
BORRACCINO. Signor Presidente, colleghi consiglieri, questo ordine del giorno, presentato il 26 ottobre 2005, è stato iscritto all'ordine del giorno delle varie sedute che si sono succedute negli ultimi mesi, ma per l'urgenza di altre leggi e di altri atti che giungevano in
Consiglio, esso è stato continuamente rimandato. Spero che oggi il Consiglio regionale lo
approvi, senza guerre di religione, senza crociate. Siamo veramente agli sgoccioli per poter
intervenire, come Consiglio regionale, e mandare un monito al Parlamento europeo, giacché il 14 febbraio giungerà in Aula – e due
giorni dopo sarà posta in votazione dal Parlamento europeo – questa direttiva mostruosa.
Quando sono andato in giro per la Puglia a
promuovere questa iniziativa, devo dire che
essa ha raccolto molti consensi, e non solo da
parte di associazioni, partiti o militanti della
sinistra. Cito un esempio significativo: il Presidente del Consiglio provinciale di Taranto,
l'amico Francesco Saverio Massaro, dirigente
della Margherita in terra jonica, è anche il Vicepresidente del Coordinamento nazionale dei
Presidenti e dei Vicepresidenti delle Province
d'Italia, che sta seguendo questa battaglia contro la direttiva Bolkestein.
È una direttiva che definiscono mostruosa
non solo i comunisti o i dirigenti della sinistra
Atti consiliari della Regione Puglia
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storica, ma anche tantissimi ordini professionali, ad esempio quelli dei dentisti e dei commercialisti (cito solo i primi che mi vengono in
mente). Si utilizza l’aggettivo “mostruosa” per
far capire quali sarebbero, in caso di approvazione di questa direttiva, le ricadute negative
sul mercato del lavoro, non soltanto dei salariati, e in generale anche sulle prestazioni.
La direttiva Bolkestein non nasce adesso,
ma nella scorsa legislatura, da un lavoro svolto
dal Commissario liberale olandese Fritz Bolkestein. È una direttiva che si muove nell'ottica
della liberalizzazione più selvaggia dei servizi
privati, dei servizi alle persone, dei servizi sociali, dei servizi all’istruzione, e che – di fatto
– sottrae ad ogni Paese il potere decisionale
nel campo del controllo e della tutela del lavoro e dei lavoratori.
Nella direttiva – aspetto particolarmente
grave e preoccupante – viene inserito il concetto del Paese di origine, che illustro brevemente. Nel momento in cui un’azienda che ha
sede sociale in Polonia viene a lavorare in Italia, i lavoratori non sono sottoposti al contratto e alle normative di tutela del lavoro vigenti
in Italia, ma a quelle vigenti in Polonia. Ma la
cosa più grave è che se questa azienda viene a
svolgere un lavoro in Italia e assume un lavoratore italiano, quel lavoratore non viene tutelato dalle normative in vigore nel suo Paese,
ossia in Italia, ma viene sottoposto alle leggi,
in tema di mercato del lavoro e di tutela delle
classi lavoratrici, vigenti in Polonia.
Considerando che i sistemi di quei Paesi
non sono all'avanguardia, dal punto di vista
della tutela del lavoro, come quelli vigenti in
Italia, in Germania, in Francia e in tanti altri
Paesi europei, potete capire di che cosa stiamo
parlando. Sto parlando del rischio reale che
tante aziende italiane o di altri Paesi, una volta
che questa direttiva entrerà in vigore – se malauguratamente sarà approvata –, potranno
spostare la loro sede sociale in Paesi come Polonia, Romania, Lettonia, Estonia, e via dicendo, con la conseguenza di un venir meno di
Cedat 85
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tutte le garanzie occupazionali e sociali nei
confronti dei lavoratori.
Si tratta, come vedete, di qualcosa di aberrante, di un mostro giuridico che qualora approvato vanificherebbe tutti gli sforzi legislativi che si stanno facendo in tema di tutela del
mercato del lavoro.
Per chiarire come questo tema sia importante, richiamo la polemica che sta appassionando il Consiglio regionale sulla legge recentemente approvata sull'apprendistato professionalizzante, che da questa parte viene considerata una delle leggi più importanti per la tutela del mercato del lavoro e dall’altra parte
(da Forza Italia) è stata addirittura impugnata,
a livello di Ministri e Sottosegretari, di fronte
alla Corte Costituzionale. Questa legge, che
prevede degli incentivi per far uscire il lavoratore dall'apprendistato e indirizzarlo verso un
contratto di lavoro a tempo indeterminato, e le
altre normative che si muovono in questa direzione, sarebbero vanificate da questa direttiva.
Cari amici – mi rivolgo soprattutto ai colleghi dell’opposizione –, questa non è assolutamente una battaglia politica. Non si tratta di
potersi compiacere del fatto che è stato approvato un ordine del giorno di un partito della sinistra contro la direttiva Bolkestein. È solo
una battaglia di civiltà, di tutela delle norme
più elementari di garanzie sociali.
Del resto, un precedente esiste già. Non a
caso, ho fatto distribuire a tutti i colleghi la
copia di un articolo pubblicato ieri da un quotidiano, intitolato «La Bolkestein si avvicina».
Non solo si legge, in questo articolo, che il 14
febbraio questa direttiva andrà in Aula e due
giorni dopo sarà votata, ma soprattutto viene
citato il caso di una ditta lettone che ha assunto dei lavoratori in Svezia e che ha applicato,
per la prima volta, il principio del Paese di origine. Attualmente c’è un grosso contenzioso e
i sindacati svedesi si sono rivolti alla Corte di
Giustizia internazionale per risolvere il problema. È evidente che, se dovesse passare la
direttiva Bolkestein, il caso che si è verificato
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RESOCONTO STENOGRAFICO
in Svezia potrebbe riproporsi in tutti i Paesi
della Comunità europea.
Per questi motivi, chiedo di esprimere un
voto di condanna nei confronti della direttiva
Bolkestein, a tutela di tutti i lavoratori, anche
dei liberi professionisti (la direttiva avrà delle
ripercussioni anche sulle libere professioni).
Vi chiedo, pertanto, di approvare questo
ordine del giorno, affinché arrivi quanto prima
possibile al Parlamento nazionale ed europeo.
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione generale. È iscritto a parlare il consigliere Congedo. Ne ha facoltà.
CONGEDO. Signor Presidente, colleghi
consiglieri, pur cogliendo l'invito del collega
Borraccino a riflettere sulla direttiva Bolkestein, mi sembra che, forse, l'invito dovrebbe
essere rivolto più alla sua coalizione, se è vero
che questa direttiva ha avuto origine quando a
dirigere la Commissione europea era Prodi,
attuale leader dello schieramento in cui milita
anche il consigliere Borraccino.
Credo che, nel 2003, nella sua strategia di
mercato internazionale, sia stata proprio la
Commissione guidata da Prodi ad annunciare
una proposta di direttiva sui servizi, ed è la direttiva che ha preso il nome dal commissario
olandese Bolkestein, che viene ricordato come
un liberale, sebbene anch'esso in realtà appartenesse allo schieramento di centrosinistra del
Parlamento europeo.
Gli obiettivi della direttiva Bolkestein sono
abbastanza chiari: liberalizzare completamente
il mercato dei servizi, aprendo il settore alla
concorrenza, per favorire la crescita dell'economia europea e la creazione di posti di lavoro; ampliare l'offerta e facilitare l’acquisto ai
consumatori.
Mi chiedo con quale coraggio – a dire il vero, mi sembra di percepire un certo imbarazzo
– il centrosinistra oggi si stia mobilitando per
interrompere il percorso di questa direttiva,
considerato che essa trae origine proprio dal
Cedat 85
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leader della coalizione che vi apprestate a sostenere. Credo di non dire nulla di nuovo se
faccio notare che tale leader, in quanto ex Presidente dell'IRI, è il rappresentante di quel mondo finanziario internazionale che porta avanti un
disegno tecnocratico della mobilitazione.
Forse è davvero il caso di sintetizzare, sia
pure in poche parole, quale sia il “Prodi pensiero” al riguardo: quello di creare un’Europa
con un’enorme area di libero scambio, insieme
ai Paesi ex comunisti, per rilanciare soprattutto l'Europa dell’est. Secondo tale pensiero,
dobbiamo consentire che essa si integri con il
nostro mercato comune, per fare spazio agli
agricoltori, ai siderurgici, ai tessili, alla meccanica semplice, in una parola a quei settori in
cui l’est è capace di produrre.
In altre parole, l'Unione Europea dovrebbe
aprire i suoi mercati a prodotti concorrenziali,
in virtù dei più bassi costi di produzione. Questo, in estrema sintesi, il “Romano Prodipensiero”.
Questa direttiva, per il gravissimo impatto
che avrebbe nell'ambito dei Paesi europei, soprattutto del nostro, è stata giustamente da
molti ribattezzata “direttiva Frankestein”, per
le mostruose conseguenze che la sua applicazione avrebbe sui diritti dei lavoratori e dei
consumatori.
Il consigliere Borraccino, per quanto ci riguarda, sfonda una porta aperta. La direttiva
Bolkestein deve essere modificata proprio per
tutelare l'economia del nostro Paese. A nostro
avviso, tale direttiva si potrebbe modificare in
due direzioni: la prima, quella di stralciare la
cosiddetta norma cosiddetta del Paese
d’origine; la seconda, quella di escludere categoricamente dall’applicazione i servizi di interesse generale e i servizi pubblici essenziali.
Credo che i colleghi Saccomanno e Palese
stiano approntando, in tal senso, alcune modifiche all’ordine del giorno. Il nostro attuale
giudizio negativo su di esso, dunque, potrebbe
cambiare se venissero recepiti i nostri contributi migliorativi.
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RESOCONTO STENOGRAFICO
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Palese. Ne ha facoltà.
PALESE. Signor Presidente, colleghi consiglieri, penso che a questo ordine del giorno
si debba guardare con grande attenzione da
parte del Consiglio regionale. Intanto, è bene
chiarire e fare il punto su che cosa ci stiamo
pronunciando. Ricordo che la Commissione
europea presieduta da Prodi aveva approvato
e trasferito al Parlamento europeo la direttiva
Bolkestein. All’epoca, dunque, allorché gli
Stati membri (tra questi, l’Italia) si accingevano a recepire la direttiva, avrebbe avuto un significato un ordine del giorno di questo tipo e
avrebbe avuto senso invitare il Consiglio ad
esprimersi su tale questione.
Oggi, però, siamo in una situazione diversa.
Il Parlamento di Strasburgo, nel frattempo,
non ha approvato quella direttiva, ma l'ha rinviata alle Commissioni, che stanno provvedendo a modificarla. Pur condividendo, dunque, la
posizione del collega Congedo circa le modifiche da apportare alla direttiva, credo che si
debba considerare anche il punto nel quale ci
troviamo: rischiamo di esprimerci, infatti, su
punti che potrebbero non essere più contenuti
nella direttiva, in seguito alle modifiche apportate dalle Commissioni cui il Parlamento europeo ha rinviato la direttiva stessa.
Per quanto riguarda la posizione del collega
Borraccino, sebbene anche ieri io abbia ribadito la necessità di evitare guerre di religione –
considerata l’importanza del tema in discussione, non possiamo permetterci di trasmettere
questo messaggio all’esterno –, non posso fare
a meno di esprimere un giudizio pesantemente
negativo.
Se non altro, dobbiamo invitare il consigliere Borraccino a considerare con attenzione le
tematiche richiamate dal collega Congedo, e
non solo con riferimento all’origine della direttiva all’interno della Commissione europea
presieduta da Prodi. Del resto, basta leggere il
programma per le prossime elezioni politiche
Cedat 85
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del leader della coalizione di centrosinistra: se
il buongiorno si vede dal mattino, le contraddizioni sono evidenti.
Invitiamo, altresì, tutti i riformisti a leggere
i testi normativi del periodo in cui a presiedere
l’Antitrust era Giuliano Amato, per comprendere di cosa stiamo parlando.
La privatizzazione dei servizi non è totalmente negativa, ma la vostra posizione è del
tutto contraddittoria. Da un lato, infatti, bisognerebbe cercare di attenuare negli Stati membri l’impatto della direttiva sui lavoratori, con
riferimento alla cosiddetta norma del Paese
d’origine, ma dall’altro è inutile predicare solidarietà, coesione e accoglienza, perché la posizione del consigliere Borraccino non è certamente a favore delle popolazioni dei nuovi
Paesi membri.
A mio parere, rapportando la nostra proposta allo stato attuale dell’iter della direttiva,
potremmo fare voti al Governo nazionale, e
per quel che è possibile ai Governi regionali, e
«chiedere una discussione ampia e approfondita degli effetti asimmetrici di una riforma del
genere, affinché possano essere messi in atto
tutti gli interventi necessari a mitigare i danni
per i lavoratori italiani, senza per questo rinunciare a rendere più efficienti, quindi meno
costosi, i servizi per i cittadini».
Ricordo che ci esprimiamo su un testo che
non è ancora definitivo, a meno che non si decida di aspettare – questa sarebbe la scelta migliore – che il Parlamento europeo licenzi il
testo definitivo e di esprimersi, come Consiglio regionale, prima che il Governo nazionale
recepisca questa direttiva.
Allo stato attuale, però, non possiamo che
esprimere una considerazione generica rispetto
alla direttiva Bolkestein.
SANNICANDRO. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SANNICANDRO. Intervengo per porre
Atti consiliari della Regione Puglia
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VIII Legislatura
RESOCONTO STENOGRAFICO
una questione pregiudiziale. Chiedo che l'argomento sia iscritto all’ordine del giorno della
seduta già prevista per il 7 febbraio prossimo,
previo passaggio attraverso la Conferenza dei
Presidenti, che si riunirà come al solito prima
della seduta.
Poiché mi sembra di recepire che siamo
d’accordo per il rinvio, non ha senso mandare avanti un dibattito che potrebbe rivelarsi
inutile.
PRESIDENTE. Personalmente ritengo che
la proposta di rinvio formulata dal consigliere
Sannicandro sia appropriata, in quanto è opportuno, per un ordine del giorno del Consiglio regionale, individuare la formulazione più
condivisa possibile.
Suggerisco, pertanto, che prima del giorno
7 febbraio tre consiglieri della maggioranza e
tre della minoranza si incontrino – prego il
collega Borraccino di coordinare la rappresentanza della maggioranza e il collega Palese di
coordinare quella della minoranza – per formulare la nuova proposta, affinché la Conferenza dei Capigruppo, che si riunirà poco prima della seduta, possa consacrarla come ordine del giorno da approvare.
Non essendovi osservazioni, così rimane
stabilito.
SACCOMANNO. Domando di parlare.
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impegni già assunti per il 7 febbraio, è bene
sottolineare che la seduta dovrà aprirsi con il
dibattito sulla direttiva Bolkestein.
PRESIDENTE. Credo di avere interpretato
bene. Abbiamo un’intesa raggiunta in Conferenza dei Capigruppo sugli argomenti da trattare nella seduta del giorno 7.
SACCOMANNO. Volevo solo chiarire che
non può essere strozzato il dibattito su questo
ordine del giorno. Non accetteremo che, come
è accaduto ieri per la mozione relativa alla parità di genere, il Consiglio si limiti ad
un’approvazione sbrigativa, magari a fine
giornata. Della direttiva Bolkestein dobbiamo
discutere adeguatamente.
PRESIDENTE. Della direttiva Bolkestein
discuteremo, ed è doveroso riconoscere
l’opportunità che tutti possano esprimere la
propria opinione. Io mi sforzo di portarvi, comunque, ad un esito positivo, dignitoso, utile
per il Consiglio regionale.
Si conferma, pertanto, la decisione di rinvio
precedentemente accolta. Assicuriamo che alla
discussione della direttiva verrà data la giusta
importanza, nei tempi e nei modi che decideremo insieme. Il punto, dunque, viene inserito
all’ordine del giorno della prossima seduta.
Non essendovi osservazioni, così rimane
stabilito.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SACCOMANNO. Signor Presidente, il
Gruppo di AN non ha difficoltà ad aderire alla
proposta del collega Sannicandro, che lei ha
voluto fare propria. È necessario, però, data la
rilevanza e l’importanza sociale della direttiva
Bolkestein, che il dibattito si svolga nella seduta del 7 febbraio.
PRESIDENTE. Certamente.
SACCOMANNO. In considerazione degli
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Mozione Fitto, Palese, Saccomanno, Damone, Cera, Loperfido del 23/11/2005 “Farmaco denominato RU 486 – pillola abortiva”,
ordine del giorno Pellegrino, Lonigro, Sannicandro, Borraccino, Lomelo, Dicorato, Giampaolo, Bonasora, Visaggio, Cioce, Potì del
24/11/2005 “Aborto farmacologico (RU486)”
e ordine del giorno Cappellini, Ognissanti,
Stefano, Marmo G., De Leonardis del
07/12/2005 “Attuazione legge 194/1978”
PRESIDENTE. L’ordine del giorno, al
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RESOCONTO STENOGRAFICO
punto n. 5), reca: «Mozione Fitto, Palese,
Saccomanno, Damone, Cera, Loperfido del
23/11/2005 “Farmaco denominato RU 486 –
pillola abortiva”, ordine del giorno Pellegrino,
Lonigro, Sannicandro, Borraccino, Lomelo,
Dicorato, Giampaolo, Bonasora, Visaggio,
Cioce, Potì del 24/11/2005 “Aborto farmacologico (RU486)” e ordine del giorno Cappellini, Ognissanti, Stefano, Marmo G., De Leonardis del 07/12/2005 “Attuazione legge
194/1978”».
Considerato che il punto in oggetto comprende una mozione e due ordini del giorno,
interverrà prima il consigliere Palese per illustrare la mozione di cui è primo firmatario,
dunque il consigliere Pellegrino per illustrare
l’ordine del giorno di cui è primo firmatario,
infine la collega Giuseppina Marmo per illustrare il secondo ordine del giorno. A seguito
delle illustrazioni, si aprirà la discussione generale.
Do lettura della mozione a firma dei consiglieri Fitto, Palese, Saccomanno, Damone, Cera, Loperfido del 23.11.2005:
«Il Consiglio regionale
premesso che
si apprende da notizie di stampa (La Gazzetta del Mezzogiorno e altri del 17/11/05)
che l’Asl Lecce 1 avrebbe intenzione di presentare all'assessorato regionale alla Sanità richiesta ufficiale di sperimentazione del farmaco denominato RU 486 e meglio noto come
“pillola abortiva”;
atteso che
tale sperimentazione attualmente è in corso,
non senza problemi, solo nella regione Toscana e che in altre regioni, come la Lombardia, i
Consigli regionali si sono espressi sul tema ritenendo di non procedere alla sperimentazione;
visto che
su questo tema lo stesso ministro della Salute Storace ha invitato le regioni italiane ad
un atto di responsabilità, giudicando sbagliata
la “corsa” alla sperimentazione della pillola
abortiva;
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considerato che
crediamo fermamente nella famiglia, nella
vita e nel diritto di nascita;
atteso che
in Italia non è ancora avvenuta la registrazione del farmaco, il che in caso di autorizzazione all'utilizzo costituirebbe un presupposto,
perché le donne possano ricorrere all'aborto
senza alcun controllo e, quindi in contraddizione con la stessa legge 194 sull'aborto che
prevede come condizione preliminare il colloquio con lo psicologo che accerti la volontà
genuina, non condizionata, della donna di non
volere più il bambino;
visto inoltre che
ci sono fondate preoccupazioni in base alle
quali la diffusione della cosiddetta “pillola abortiva” possa far aumentare in maniera esponenziale il numero di aborti soprattutto da parte di giovani donne;
impegna la Giunta Regionale
a non autorizzare la sperimentazione e l'utilizzo della pillola abortiva RU486 nel territorio
della Regione Puglia».
Do ora lettura dell’ordine del giorno a firma dei consiglieri Pellegrino, Lonigro, Sannicandro, Borraccino, Lomelo, Dicorato, Giampaolo, Bonasora, Visaggio, Cioce, Potì del
24.11.2005:
«I sottoscritti consiglieri Regionali,
considerato che:
- la legge 194/78, che disciplina le interruzioni volontarie di gravidanza (IVG), non distingue né discrimina in alcun modo i metodi
chirurgici da quelli medici, o farmacologici,
poiché non prescrive alcuna modalità privilegiata per procedere all'interruzione volontaria
della gravidanza;
- all'interno delle strutture pubbliche sono
già utilizzati metodi farmacologici, con modalità del tutto legittime, in termini tanto giuridici quanto deontologici, come, per esempio, nei
casi delle gravidanze extrauterine, mediante il
ricorso a farmaci come il metotrexate (farma-
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co chemioterapico), non registrato in Italia per
questa indicazione ma ampiamente utilizzato e
validato a questi fini in sede scientifica, e nei
casi di aborto oltre il 90° giorno (il cosiddetto,
impropriamente, “aborto terapeutico”) mediante prostaglandine;
- sarebbe già possibile utilizzare alcuni farmaci
(metotrexate, tamoxifene, prostaglandine) per
interrompere le gravidanze fino al 90° giorno,
anche se con risultati inferiori agli schemi terapeutici con il mifepristone (RU486);
- l'aborto farmacologico rappresenta un'alternativa all'aborto chirurgico conveniente in
termini economici e, nella generalità dei casi,
preferibile in termini clinici, non presentando i
rischi e i costi connessi a un intervento operatorio;
- l'aborto medico (farmacologico) è considerato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità un metodo più sicuro di quello chirurgico
(Safe Abortion: Technical and Policy Guidance for Health Systems – 2003);
- l'aborto medico è raccomandato nelle linee guida del Royal College of Obstetricians
and Gynaecologist (RCOG), dell'American
College of Obstetrician e Gynecologist (ACOG), dell'Agence National d'Accrèditation et
d'Evaluation en Santè (ANAES) e di altre società scientifiche dei paesi europei ed occidentali;
- la Federazione Internazionale di Ostetricia
e Ginecologia (FIGO) in un documento ha affermato che alle donne occorre offrire sia le
opzioni chirurgiche che quelle mediche
(Committee for Ethical Aspect of Human Reproduction and Women's Health. Ethicalguidelines regarding induced abortion for nonmedical resons – Cairo, March 1998);
- la Società Italiana di Ginecologia ed Ostetricia (SIGO), la Associazione Ospedaliera dei
Ginecologi Ostetrici Italiani (AOGOI) e la Associazione dei Ginecologi Universitari Italiani
(AGUI) hanno assunto una posizione comune
a favore dell'introduzione dell'aborto medico;
- il metodo medico, oltre che per l'IVG
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(circa 120.000 all'anno in Italia), è utilizzabile
anche nei casi di aborti spontanei (circa 70.000
all'anno in Italia) per evitare l'intervento chirurgico, che è il secondo più diffuso tra le
donne italiane, superato solo negli ultimi anni
dal Taglio Cesareo;
- l'intervento chirurgico costa al Servizio
Sanitario Nazionale circa 1.000 euro, mentre
l'aborto medico costa circa 400 euro in regime
di Day hospital e circa 800 euro in regime di
ricovero, con un risparmio rispettivamente di
600 e 200 euro;
- la procedura europea di mutuo riconoscimento FH/H/137/01, presentata il 06 aprile
1999, è stata approvata il 06 luglio 1999;
il farmaco è autorizzato nei seguenti paesi
dell’Unione europea: Austria n. 1-23220 (21
settembre 1999); Belgio n. 2-532IE 1 F3 (22
novembre 1999); Danimarca n. 30 741 (27
agosto 1999); Finlandia n. 14046 (20 dicembre 1999); Francia n. 556473.0 (28 dicembre
1988); Germania n. 46038.00.00 (19 agosto
1999); Grecia n. 2455001 (10 ottobre 1999);
Lussemburgo n. 118 00 11 0052 (11 dicembre
2000); Olanda n. RVG 24 206 (25 agosto
1999); Spagna n. 62 728 (21 ottobre 1999);
Svezia n. 11642 (4 settembre 1992); Regno
Unito n. PL 161520001 (1° luglio 1991);
- il 28 settembre 2000 è stato autorizzato
dalla Food and Drug Administration (FDA)
Application number: 20-687;
- il mifepristone è inserito nell'elenco dei
medicinali erogabili a totale carico del Servizio
sanitario nazionale ai sensi dell'art. 1, comma
4, del decreto-legge 21 ottobre 1996, n. 536,
convertito dalla legge 23 dicembre 1996, n.
648, per il trattamento della sindrome di Cushing di origine paraneoplastica (Ministero
della Sanità 15 gennaio 1999, Gazzetta Ufficiale n. 51 del 3 marzo 1999, p. 24);
ritenendo che
- sia necessario rendere disponibile anche in
Italia il metodo medico, in alternativa al metodo chirurgico, per le donne che, espletate le
procedure previste dalla legge n. 194 del
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1978, siano nelle condizioni cliniche previste
dai protocolli internazionali;
- sia importante agire per ridurre i rischi
connessi all'aborto clandestino, sia chirurgico
sia farmacologico, essendo quest'ultimo facilmente praticabile con farmaci reperibili in
commercio e già ampiamente diffusi in alcuni
settori della società;
impegnano
l'intera Giunta Regionale e l'assessore alla
Sanità ad attivare dei protocolli per l'aborto
medico, adottando il protocollo di studio che è
stato approvato dal Comitato Etico della Regione Piemonte e che ha superato due ispezioni ministeriali».
Do ora lettura dell’ordine del giorno a firma dei consiglieri Cappellini, Ognissanti, Stefano, Marmo G., De Leonardis del
07.12.2005:
«Il Consiglio regionale della Puglia
considerato:
- che la ratio della legge 194/78 è quella di
“ampliare la prevenzione dell'aborto, considerato come un male evitabile e di regolamentare, per circoscriverne l'entità e i danni, la piaga
dell'aborto clandestino, facendo leva sull'intervento pubblico e sulla responsabilità della
donna e della coppia” (relazione di maggioranza alla proposta approvata sulla Legge 194
del 22 maggio 1978);
- che la citata Legge 194, per i primi 90
giorni di gravidanza, stabilisce il rigoroso rispetto delle procedure di cui agli artt. 4 e 5
della stessa, in base ai quali la gestante deve
rivolgersi ad un consultorio, a una struttura
socio-sanitaria abilitata o ad un medico di sua
fiducia, per svolgere i necessari accertamenti
medici, tentare soluzioni alternative all'aborto
ed eventualmente ottenere la certificazione che
consente di eseguire l'intervento di interruzione della gravidanza, nonché di essere seguita
durante l'intervento stesso fino all'effettiva espulsione del feto;
- che l'azione dei consultori deve essere
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sempre svolta nell'ambito della medicina preventiva e della tutela della salute delle donne,
delle coppie e delle famiglie;
- che, troppo spesso, i consultori in gran
parte dei casi, laddove effettivamente funzionano, sono stati come dei poliambulatori finalizzati alla produzione di prestazioni più quantitative, che qualitative;
- che lo spirito della legge 194 non è di fatto attuato nella nostra Regione, determinando
un vuoto grande di servizi effettivi sul territorio a supporto della maternità responsabile,
della genitorialità consapevole;
- che questo ritardo di servizi ha determinato un crescente ricorso alla pratica abortiva
nella Regione Puglia, recuperabile solo con
una concreta riqualificazione dei servizi familiari nell’ambito di una più moderna politica
della salute;
impegna il Governo regionale della Puglia
secondo la lettera e lo spirito della Legge
194/78, a tradurre, anche con un preciso incremento degli investimenti, lo sforzo di intensificazione dei consultori familiari nell'ambito
dei distretti sociosanitari.
Impegna
altresì, il Governo regionale a seguire l'attuazione di specifiche sperimentazioni farmacologiche con il massimo di garanzia scientifica e con una adeguata azione informativa verso le donne, che consenta piena consapevolezza della scelta».
Ha facoltà di parlare il consigliere Palese
per illustrare la mozione.
PALESE. Signor Presidente, colleghi consiglieri, da diverso tempo ospedali, Consigli
regionali e AA.SS.LL. sono in fibrillazione per
la pillola RU486. Nel Paese, soprattutto nell'ultimo periodo, è tutto un fiorire di iniziative
frammentate e fantasiose, per riuscire a procurarsi nei modi più disparati la pillola abortiva.
Ogni singolo ente sembra in cerca di una
soluzione particolare. C’è chi opta per la sperimentazione, chi sostiene che non sia nemme-
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no necessaria, chi ordina la pillola direttamente
in Francia. Tutto questo per facilitare la vita a
una ditta, la Exelgyn, che non si è ancora presa la briga di intraprendere le normali procedure per la commercializzazione del suo prodotto in Italia, nonostante gli inviti perentori dell'unico titolare di questo argomento nel nostro
Paese, il Ministro della salute.
È una vicenda, a mio avviso, pirandelliana.
L'azienda interessata non prende alcuna iniziativa, mentre medici, amministratori, strutture
sanitarie si ingegnano febbrilmente per ottenere il mitico mifepristone di straforo, come se
esistesse un divieto e si trattasse di trovare i
modi per aggirarlo.
Forse siamo in presenza di una politica
commerciale furbissima, simile a quella messa
in pratica dalla Swatch, all'inizio degli anni
’90. Come ricorderete, per far sì che un modesto orologino di plastica di scarso valore intrinseco diventasse un oggetto del desiderio, si
decise di renderlo di difficile reperimento. Il
risultato fu clamoroso: qualcuno andava a farne incetta in Svizzera, qualcuno dava il delicato incarico a qualche amico, qualcuno semplicemente si faceva rodere dall’invidia.
Se l’intento della Exelgyn era questo…
PRESIDENTE. Colleghi, vi invito ad ascoltare in silenzio.
PALESE. Se c’è qualcuno che deprime il
tono di questa discussione non siamo certamente noi dell’opposizione. Qui dentro ciascuno ha la propria dignità, ma spesso si registrano comportamenti ed intemperanze che
certamente non sono degne di questo luogo e,
probabilmente, provengono da persone che
non sono degne di stare né in questa, né in altre Aule istituzionali.
Come dicevo, se l'impegno della Exelgyn
era questo, bisogna dire che ha avuto successo. La corsa alla pillola ha contagiato mezza
Italia ed è inutile affannarsi a spiegare che la
RU486 rende l’aborto più rischioso, più dolo-
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roso, più lungo, più colpevolizzante e più solitario. La stampa italiana ha scelto di ignorare
ogni notizia in questo senso, anche se proviene
da autorevoli fonti internazionali, dal “New
York Times” o dalla rivista di medicina di
maggior prestigio mondiale, il “New England
Journal of Medicine”.
Intanto, i Consigli regionali e le Aziende
ospedaliere continuano a inventarsi tutti i modi
possibili per ottenere la sospirata pillola. Il
punto è che per i sostenitori della RU486 la
Exelgyn non è una normale azienda che fa –
come è logico – i suoi affari e i suoi conti, ma
una sorta di ente benefico da difendere e da
proteggere. Tra le righe, si fa capire che se la
ditta finora non ha chiesto le autorizzazioni
per commercializzare il farmaco in Italia è per
paura di oscure rappresaglie da una parte politica. Questo timore ha agito, evidentemente,
anche nei periodi in cui al Governo c'era una
coalizione di centrosinistra, visto che la pillola
RU486 non è una novità nel panorama farmacologico mondiale (essendo stata sintetizzata
in Francia nel 1982) e che viene utilizzata a
scopo abortivo dal 1989 in Francia, dal 1991
in Svezia e, via via, in altri Paesi.
Resta comunque incomprensibile il motivo
per cui oggi – di fronte a una richiesta che viene dai medici ed è appoggiata da molti politici
– l'azienda non si affretti ad ottenere i permessi necessari a distribuire il farmaco anche nel
nostro Paese. La verità è che sottoporre la pillola abortiva all'esame di una Commissione
può aprire un pericoloso dibattito sugli effetti,
sui risultati e sulla sicurezza del farmaco, soprattutto oggi, dopo che è emerso il legame
tra aborto chimico e morte per shock tossico
da clostridium sordellii verificatasi in quattro
casi negli Stati Uniti.
Negli Stati Uniti, la FDA, una struttura di
vigilanza che vaglia i farmaci da immettere in
commercio e vigila sul loro uso, ha dovuto nutrire forti perplessità durante l'esame della documentazione sulla pillola abortiva. La valutazione della RU486 ha richiesto, infatti, 54 me-
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si, mentre le altre nuove molecole registrate
nello stesso periodo hanno avuto bisogno di
un tempo assai minore (in media solo 16 mesi). Eppure, l'autorizzazione è stata concessa
seguendo un protocollo accelerato, adottato
precedentemente solo per farmaci salvavita,
come quelli per la cura del cancro o dell'AIDS.
Questa scorciatoia ha permesso di dare meno
peso agli effetti collaterali e alle complicanze
sopravvenute durante la sperimentazione.
Il mifepristone, però, non è un farmaco salvavita, non solo perché provocando la morte
del feto sarebbe contraddittorio definirlo tale,
ma anche perché non serve affatto per salvare
le donne.
La pillola dovrebbe, in teoria, ridurre l'aborto clandestino, che mette a rischio la vita e
la salute di chi vi ricorre, ma l'argomento su
cui i sostenitori dell'aborto chimico hanno
molto insistito a livello internazionale si è risolto in un clamoroso boomerang. Le quattro
morti avvenute in California nel giro di soli
due anni hanno costretto la FDA a modificare
le avvertenze per la pillola abortiva, per ben
due volte nell'arco di otto mesi, e la mortalità
si è rivelata dieci volte superiore con la RU486
rispetto all'aborto chirurgico.
Intanto, i primi danni dell'imprudente propaganda fatta da alcuni medici cominciano a
vedersi: aumentano le donne, soprattutto immigrate, che comprano il Misoprostol – il farmaco che viene associato al mifepristone per
ottenere l'espulsione del feto e che è distribuito in Italia per la cura dell'ulcera – e lo assumono senza controllo, convinte che si tratti di
un metodo fai da te, che rende inutile il ricorso
all’ospedale.
La corsa degli enti locali e delle aziende sanitarie a ottenere la pillola abortiva è insensata. Tocca alla Exelgyn chiedere i permessi necessari ed esibire la propria documentazione,
anche alla luce dei nuovi dubbi sollevati dalla
letteratura scientifica. Se, come è stato più
volte annunciato, lo sta facendo, basta aspettare la risposta delle autorità competenti e non
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serve dare inizio a inutili e affrettate sperimentazioni. Se, invece, la Exelgyn evita di farlo,
non si capisce perché Regioni, medici ed ospedali debbano sostituirsi alla ditta, invece di
svolgere il proprio ruolo, che è quello di mantenere un atteggiamento imparziale e critico e
di fornire un'informazione corretta.
Silvio Viale, il medico radicale che ha dato
l'avvio alla sperimentazione dell'aborto chimico a Torino, ha invitato i giornalisti a chiedere
direttamente alla Exelgyn i motivi per cui è restia a compiere i passi burocratici necessari a
distribuire la RU486 in Italia e perché non
chieda l’autorizzazione per l’immissione nel
prontuario farmaceutico nazionale.
Anche noi vorremmo sapere perché ciò non
è avvenuto e continua a non avvenire. Bisogna
seguire le regole e quanto previsto dalle leggi
in materia; bisogna seguire tutti i passaggi tecnici e scientifici. Abbiamo tutti il dovere di agire e di compiere scelte in modo che il nostro
operato vada nella direzione del raggiungimento del nobile e ambizioso obiettivo della
tutela della salute.
La laicità dello Stato, consigliere Sannicandro, la si assicura in un recinto preciso di regole. Sono due gli esempi che ci sorreggono e
ci indicano la strada da seguire: la legge n. 194
del 1978, che tutela la maternità e la vita e regola l'interruzione volontaria della gravidanza,
e la presenza, nel prontuario farmaceutico nazionale, della pillola del giorno dopo.
La strada che il legislatore consente è solo
una, ed è quella di seguire, anche per la
RU486, i procedimenti tecnico-scientifici per
l'autorizzazione ad inserire il farmaco nel
prontuario farmaceutico nazionale: la richiesta
di autorizzazione al Ministero della salute, che
la trasferisce per competenza ai due rami tecnici, il Consiglio superiore della sanità e
l’Agenzia nazionale del farmaco, il vaglio da
parte del Comitato tecnico-scientifico, e, in
presenza dei pareri favorevoli, del comitato
prezzi della stessa Agenzia nazionale del farmaco. Si sussurra – e neanche in maniera na-
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scosta – che ciò non avviene, a tutt'oggi, da
parte dell'azienda produttrice per motivi di intese ed impegni commerciali riguardanti le regole sui brevetti.
Vi è un altro profilo di riflessione circa le
motivazioni delle richieste di autorizzazione
alla sperimentazione per una molecola che, in
altri Paesi, a torto o a ragione, viene utilizzata
da circa 20 anni.
Poiché i rischi di effetti collaterali e anche
di morte (al momento la letteratura ne registra
quattro o sei) sussistono, così come riportato
dalla letteratura internazionale, l'accanimento
all’autorizzazione per la sperimentazione non
può che avere un solo movente, la copertura
medico-legale.
In altre parole, nel malaugurato caso di
qualche incidente di percorso, non auspicabile,
ma purtroppo possibile, in assenza dell'autorizzazione alla sperimentazione il medico prescrittore – pur in presenza della sottoscrizione,
da parte della paziente, della dichiarazione relativa al consenso informato – corre il rischio
di incorrere nell'ipotesi di reato di omicidio
colposo per imprudenza, con possibile estensione, a seconda del caso, per imperizia.
In altre parole, l’autorizzazione alla sperimentazione è anche un atto di copertura medico-legale. Per questo, se dovesse permanere
l'orientamento che abbiamo ascoltato, chiederemo l'appello nominale.
Per questi motivi – non di scelta politica,
ma di sicurezza e di tutela alla salute – si ritiene che il Consiglio non possa che esprimersi a
favore della mozione da noi presentata, sollecitando nel contempo anche in questo Consesso che l'azienda, così come ha fatto già negli
altri Paesi, proceda a dare il via all'iter autorizzativo, che nel nostro Paese viene seguito da
sempre per ogni farmaco, per l'introduzione
nel prontuario farmaceutico nazionale.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il
consigliere Pellegrino per illustrare il primo
ordine del giorno.
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PELLEGRINO. Signor Presidente, fortunatamente siamo nell'anno del Signore 2006,
altrimenti avrei pensato di assistere a un processo per stregoneria intentato nei confronti
dell'azienda produttrice della pillola RU486. In
termini di drammatizzazione e di terrorismo,
credo che il collega Palese abbia poco da imparare dai maestri del settore.
Noi abbiamo presentato questo ordine del
giorno per colmare un vuoto rispetto agli altri
Paesi civili e rispetto ad iniziative portate avanti in altre regioni della civile Italia, che sarà
pure diversa rispetto agli altri Paesi civili
dell’Europa, ma sicuramente appartiene
all’Unione Europea.
Questo, in sintesi, il contenuto del nostro
ordine del giorno. La legge n. 194 del 1978,
che disciplina le interruzioni volontarie di gravidanza (IVG), non distingue né discrimina in
alcun modo i metodi chirurgici da quelli medici, o farmacologici. All'interno delle strutture
pubbliche sono già utilizzati metodi farmacologici, con modalità del tutto legittime, in termini tanto giuridici – lo dico perché si è fatto
del terrorismo anche in termini di responsabilità giuridiche – quanto deontologici, come ad
esempio nei casi delle gravidanze extrauterine,
mediante ricorso a farmaci, e via dicendo.
Sarebbe già possibile utilizzare alcuni farmaci per interrompere la gravidanza fino al
novantesimo giorno, anche se con risultati inferiori agli schemi terapeutici con il mifepristone, vale a dire la RU486.
L’aborto farmacologico rappresenta un'alternativa all'aborto chirurgico, conveniente in termini economici e, nella generalità dei casi, preferibile in termini clinici, non presentando i rischi e
i costi connessi a un intervento operatorio.
L'aborto medico (o farmacologico) è considerato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità un metodo più sicuro di quello chirurgico;
è raccomandato nelle linee-guida delle migliori
agenzie americane, inglesi e francesi, e da altre
società scientifiche dei Paesi europei ed occidentali.
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La Federazione Internazionale di ostetricia
e ginecologia ha affermato, in un documento,
che alle donne occorre offrire sia le opzioni
chirurgiche che quelle mediche. La Società
Italiana di ginecologia e ostetricia, l'Associazione Ospedaliera dei ginecologi ostetrici italiani e l'Associazione dei Ginecologi universitari italiani hanno assunto una posizione comune a favore dell'introduzione dell'aborto
medico.
Il metodo medico, oltre che per l'IVG (circa 120.000 all'anno in Italia), è utilizzabile anche nei casi di aborti spontanei (circa 70.000
all'anno in Italia), per evitare l'intervento chirurgico, che è il secondo più diffuso tra le
donne italiane, superato solo negli ultimi anni
dal taglio cesareo. L'intervento chirurgico costa al Servizio Sanitario Nazionale circa mille
euro, mentre l'aborto medico costa circa 400
euro in regime di day hospital e circa 800 euro
in regime di ricovero, con un risparmio rispettivamente di 600 e 200 euro.
La procedura europea di mutuo riconoscimento FH/H/137/01, presentata il 6 aprile
1999, è stata approvata il 6 luglio 1999. Il
farmaco è autorizzato nei seguenti paesi
dell’Unione Europea: Austria dal 1999; Belgio
dal 1999; Danimarca dal 1999; Finlandia dal
1999; Francia dal 1988; Germania dal 1999;
Grecia dal 1999; Lussemburgo dal 2000, Olanda dal 1999; Svezia dal 1992; Regno Unito
dal 1991, Spagna dal 1999. Sì, avete capito
bene, proprio il vostro Aznar, il vostro modello europeo di governo, il popolare di destra, il
post-franchista Aznar ha introdotto l’uso della
RU486 nel suo Paese.
Del resto, anche a proposito delle coppie di
fatto diremo quanto ha fatto la Spagna prima
di Zapatero. Qui si vendono molte ciance, per
criminalizzare e demonizzare un processo di
evoluzione civile…
PRESIDENTE. Vorrei pregare tutti i consiglieri ad avere rispetto l'uno dell'altro e ad
usare un linguaggio appropriato anche alla
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qualità del dibattito e, soprattutto, ai contenuti
che stiamo trattando. Siamo in presenza di temi eticamente sensibili, che toccano la coscienza di ognuno di noi. Vi prego, dunque, di
non trasformare l’Assemblea in uno scontro di
tipo elettoralistico, che certamente non fa onore all’Istituzione che rappresentiamo.
Peraltro, al di là delle diverse sensibilità, ricordo che esiste una legge nazionale che ha
fatto grande sintesi ed ha coperto tutte le posizioni politiche presenti. Dobbiamo cercare di
trovare, sulla sua applicazione, un punto d'incontro, ma senza trasformare il Consiglio regionale in una guerra che mi pare del tutto inopportuna.
PELLEGRINO. Mai avrei pensato che la
Spagna potesse generare una guerra nel Consiglio regionale della Puglia.
PRESIDENTE. Non mi riferivo allo specifico. Era un invito a razionalizzare gli interventi.
PELLEGRINO. Proseguo nella sintesi
dell’ordine del giorno. Ritenendo che sia necessario rendere disponibile anche in Italia il
metodo medico, in alternativa al metodo chirurgico, per le donne che, espletate le procedure previste dalla legge n. 194 del 1978, siano nelle condizioni cliniche previste dai protocolli internazionali; ritenendo, altresì, che sia
importante agire per ridurre i rischi connessi
all'aborto clandestino, sia chirurgico sia farmacologico, essendo quest'ultimo facilmente praticabile con farmaci reperibili in commercio e
già ampiamente diffusi in alcuni settori della
società, i consiglieri che sottoscrivono l’ordine
del giorno impegnano l'intera Giunta regionale
e l'assessore alla sanità ad attivare dei protocolli per l'aborto medico, adottando il protocollo di studio che è stato approvato dal Comitato Etico della Regione Piemonte, e che ha
superato due ispezioni ministeriali.
Speriamo che questo accada, per dare il
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senso della maturità e della civiltà della nostra
Regione.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare la
consigliera Giuseppina Marmo per illustrare il
secondo ordine del giorno.
MARMO Giuseppina. Signor Presidente,
colleghi consiglieri, vorrei partire con una
premessa che considero molto importante. La
legge n. 194 del 1978 non è aggirata con la
somministrazione di un farmaco sotto controllo medico. È bene dirlo subito, perché il dolore non potrà mai essere motivo di dissuasione
per una scelta così grave e difficile come quella di abortire.
La verità è che la destra preferisce drammatizzare il tema dell'aborto – penso alle affermazioni di Mantovano e Volontè –, colpevolizzare ulteriormente le donne e scatenarsi nell'insulto gratuito a Prodi, per coprire il nulla
che caratterizza le sue politiche per la famiglia
e il sostegno della maternità.
In Puglia abbiamo il numero più alto di aborti: dove eravate? In Puglia abbiamo soppresso i consultori: cosa facevate? Questa
strategia sarà smascherata dal futuro Governo
di centrosinistra, da Prodi, che ha già messo al
centro del suo programma una nuova e forte
politica per la famiglia, come perno di un welfare ispirato al primato della persona e impegnato a rafforzare tutti i diritti di cittadinanza
delle donne, degli uomini, dei bambini e degli
anziani.
State tranquilli, arriverò anche a parlare
della pillola RU486, ma questa premessa è per
noi doverosa. Noi della Margherita impegniamo il Governo regionale «secondo la lettera e
lo spirito della legge 194/78, a tradurre, anche
con un preciso incremento degli investimenti,
lo sforzo di intensificazione dei consultori familiari nell'ambito dei distretti sociosanitari».
Ecco perché ieri ci siamo astenuti sulla proposta di legge riguardante la nomina di direttore
dei distretti socio-sanitari: vogliamo lavorare
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da subito per dare contenuti più forti e più
concreti ai distretti. Non si trattava, dunque, di
un discorso ideologico. Per noi la politica è
concretezza, per il bene comune.
La regista Silvia Ferreri ultimamente ha girato un bellissimo documentario, che ha presentato al Festival dei popoli a Firenze, sulla
trasformazione della famiglia: «La mia bisnonna ha avuto cinque figli, mia nonna quattro,
mia madre tre, mia sorella due, la minore uno,
io nessuno». Così si apre il documentario, che
si intitola “Uno virgola due”. Il tasso di natalità, in Italia, è di 1,2.
Gli italiani sono come le tartarughe – questi
animali aprono e chiudono il documentario –,
una specie in via di estinzione. Il rischio è concreto, e lo sarà fino a quando una donna che
mette al mondo un bambino sarà considerata
un bubbone da eliminare da buona parte dei
datori di lavoro.
In Puglia abbiamo molte esperienze di donne che hanno dovuto fasciarsi il grembo per
nascondere di essere in attesa, di donne che, al
primo colloquio con i datori di lavoro, si sono
sentite domandare: «Lei ha in mente di avere
figli?».
C'è quasi una spinta ad abortire, e fin qui
non parlo del metodo, al quale arriverò dopo.
Le donne, quindi, sono spesso vittime del cosiddetto doppio mobbing: vengono emarginate
prima sul lavoro e poi in famiglia. Oggi avere
vicino una donna in attesa spesso non è considerata una grande gioia. Io, invece, che vivo
una maternità spirituale – esiste, ve lo assicuro –,
provo e condivido con le amiche in attesa una
gioia incommensurabile. La nascita di un figlio, la nostra stessa nascita è frutto di un concepimento. O forse dimentichiamo da dove arriviamo?
Dalla TV tutti invitano a fare figli, ma
quando qualcuno decide di farne uno lo premiamo con 1000 euro – questa è la politica di
Berlusconi – e poi gli neghiamo tutto il resto.
Abbiamo una legislazione avanzata, tra le più
avanzate d’Europa, nel sostegno alle donne in
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gravidanza, ma quando nasce un bambino le
madri vengono abbandonate a sé stesse. Basti
pensare a quanto sono poco numerosi gli asili
nido.
Cosa sta succedendo alla famiglia? In passato si poteva contare sull'esperienza della
propria madre, della nonna, mentre oggi le
donne che partoriscono vengono abbandonate
a sé stesse. Questo non succede nemmeno in
Svezia, dove le mamme vengono accompagnate da puericultrici, da persone che le aiutano a
partorire. Il cambiamento, allora, è essenzialmente culturale.
Non basta dire che siamo contro l'aborto.
Noi sosteniamo la necessità di mettere le donne nelle condizioni di poter usufruire di tutti i
servizi necessari, e solo a quel punto la donna
potrà scegliere liberamente se abortire o meno.
L'aborto è un dramma, un’esperienza davvero
difficile.
Così la Consulta femminile: «È indispensabile potenziare progressivamente la rete dei
servizi, in particolare i nidi, di cui è vergognosa la carenza in Puglia, e i consultori per rafforzare ed estendere la funzione di informazione e prevenzione, favorendo sempre più
una maternità libera e consapevole». Con onestà e amore di verità, dobbiamo dire che questo Governo sta già facendo molto: penso al
Piano casa, che l'assessore Barbanente e il
Presidente Vendola stanno predisponendo per
aiutare le giovani coppie a mettere su famiglia
e a fare figli. Diversamente, questa è una società in estinzione.
Tornando alla pillola RU486, noi impegniamo il Governo regionale «a seguire l'attuazione di specifiche sperimentazioni farmacologiche con il massimo di garanzia scientifica e con un’adeguata azione informativa verso
le donne, che consenta piena consapevolezza
della scelta».
Non possiamo paragonare la RU486 alla
pillola del giorno dopo. Sono due cose diverse. Va bene, questa pillola potrà attutire il dolore, ma pone comunque la donna di fronte al-
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la sua solitudine. Nei Paesi che hanno introdotto l’uso di questa pillola, è stato verificato
che le donne hanno subìto un trauma doppio:
l'intervento chirurgico è preceduto da una preparazione, quindi la donna è in contatto con il
suo medico e con la struttura ospedaliera; la
pillola, invece, si assume in solitudine, e la
donna rischia di avere un’emorragia e di vedere espellere il feto nel bagno di casa.
La Food and Drug Administration americana ha diramato una nota, nella quale ha dichiarato che la pillola abortiva ha provocato quattro casi di morti settiche negli Stati Uniti.
Questo è successo in un Paese con
un’organizzazione sanitaria di primissimo ordine, ma non sapremo mai cosa è successo, nel
frattempo, in Cina, in India e in Africa. Il discorso, dunque, non è né ideologico, né illiberale; non si tratta di essere contro le donne.
Quello che chiediamo è che venga fatto uno
studio preciso, puntuale e scientifico, e che
venga riconosciuta ad ogni donna la possibilità
di scegliere, nella più assoluta libertà. Non
possiamo, però, ridurre la RU486 a uno slogan, per dire che è più facile l'aborto.
Il Gruppo della Margherita insiste sulla necessità di potenziare i consultori e sulla conoscenza delle informazioni. La conoscenza è
potere. Se la donna è adeguatamente informata, ha il potere tra le mani. La Margherita insiste, altresì, sull’istituzione di un Osservatorio
permanente sui consultori. L'indagine che è
stata condotta sulla legge n. 194 ha rivelato
che i consultori sono stati chiusi, dunque la
destra si è data la zappa sui piedi. Ad Andria,
ad esempio, su 100 mila abitanti abbiamo solo
un consultorio. Si tratta di una struttura che
lavora bene, attraverso operatori di alto profilo. Ebbene, in quel consultorio ci sono le liste
di attesa.
Dovremo cercare di cambiare rotta, con la
nuova strategia in materia sanitaria, poiché al
consultorio non si rivolgono solo le donne che
decidono di abortire, ma anche, ad esempio, i
giovani che vivono una depressione psichica.
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Oggi le politiche della destra hanno ucciso le
speranze dei giovani: la disoccupazione è irrefrenabile, checché ne dica Berlusconi.
L'impegno del Governo regionale non è
quello di rendere l'aborto più facile, ma quello
di dedicarsi a favore della vita, cercando di offrire valide alternative ad una scelta, l’aborto,
che causa la morte di centinaia di migliaia di
esseri umani e persistenti danni psicologici alla
donna. Le donne che hanno abortito sono
spesso costrette a rivolgersi a psicologi e psichiatri. Forse voi uomini non immaginate
nemmeno qual è il dramma di una donna che
decide di abortire.
Dobbiamo creare condizioni che rendano
pienamente realizzabile la famiglia, la maternità, il lavoro. Eliminiamo le penalizzazioni economiche per le coppie che hanno figli e per
quelle che hanno intenzione di averne. Restituiamo alla maternità un pieno valore sociale.
Questo è quello che abbiamo scritto nel nostro
ordine del giorno, e dagli interventi che mi
hanno preceduto mi sembra che siamo in sintonia con quello che chiedono i colleghi. La
sperimentazione si potrà fare dopo che si avranno a disposizione i dati scientifici e si potrà dire alle donne cos’è esattamente la
RU486.
A monte, noi dobbiamo fare tutta la nostra
parte, ossia prevedere adeguate norme e investimenti finanziari per bloccare una scelta che
può essere anche legata soltanto a un problema economico oppure alla difficoltà di crescere un figlio in una società troppo individualistica.
Questo è il programma del centrosinistra,
questo è il programma di Prodi.
Se non guardiamo in faccia la realtà, rischiamo che l’1,2 diventi un tasso ancora più
pesante. Non possiamo permetterci di assumerci questa responsabilità politica.
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione generale. È iscritto a parlare il consigliere Surico. Ne ha facoltà.
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SURICO. Signor Presidente, colleghi consiglieri, oggi affrontiamo un problema che, in
realtà, non dovrebbe conoscere schieramenti
politici precostituiti. Stiamo parlando dell'aborto, un problema che esiste e che ci riguarda
tutti. Personalmente, come medico, sono a garanzia della vita, sin dal concepimento, ma è
chiaro che non si può far finta che il problema
non esista, né si può far finta di non sapere che
la Puglia è la prima regione, in Italia, per numero di aborti.
Sicuramente un aborto praticato con il mifepristone, che altro non è che un inibitore di
recettori glucocorticoidi usato per altre patologie (per la sindrome di Cushing, per ridurre i
miomi, e via dicendo), oggi può essere preferito
all'aborto chirurgico, che di per sé presenta delle
complicanze (emorragie, rotture dell’utero, e
quant'altro). In realtà, consigliere Palese, non
c’è un rischio per la donna superiore dieci volte rispetto all’aborto chirurgico, se è vero che
“The Lancet”, una rivista autorevole in campo
medico, in un rapporto pubblicato nel maggio
scorso sostiene che l'aborto farmacologico deve divenire essenziale medicina secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità.
È pur vero, tuttavia, che su un'altra rivista
autorevole, il “Canadian Medical Association
Journal”, si segnalano delle morti riferibili all'uso di questa molecola, che non viene somministrata da sola, ma insieme a una prostaglandina, che determina la contrazione dell'utero.
Allora le quattro morti – anzi cinque, aggiungendone una che è stata segnalata in Canada, che ancora oggi non ha approvato l'uso
della pillola, in quanto sono in corso sperimentazioni che daranno successivamente indicazioni migliori – ci pongono di fronte
all’esigenza di una tutela maggiore della donna
che deve sottoporsi ad aborto farmacologico.
Le cinque morti sono avvenute per sepsi, per
infezioni da clostridium, per cui la stessa rivista citata raccomanda di avere una particolare
attenzione soprattutto quando si avviano le
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RESOCONTO STENOGRAFICO
donne a una procedura farmacologica di tal
genere.
Cosa proponiamo noi? Come sapete, le
sperimentazioni subiscono tre fasi di avanzamento: le prime due valutano la tossicità, la
terza valuta il beneficio clinico. Ebbene, noi
chiediamo che la sperimentazione sia permessa, ma che venga effettuata a livello nazionale.
Questo chiediamo con forza, perché se un
vantaggio vi è – e secondo me vi è –, dal punto di vista medico, con l'aborto farmacologico,
dobbiamo tuttavia garantire che tutte le pazienti che si sottopongono a tale procedura
siano realmente scevre da rischi e, soprattutto,
siano controllate.
Come diceva la collega Marmo, noi alla vita ci teniamo e vogliamo garantirla. È inutile
combattere per anni per la vita, quando questa
viene annullata all'insorgere. Tuttavia, dobbiamo cercare – qui un Consiglio regionale
deve trovare la propria compattezza – di individuare soluzioni per ridurre il numero degli
aborti. È questo quello che mi aspetto, ma
purtroppo, cara collega Marmo, è passato già
un anno – da un anno sono in questo Consiglio – e si continua a parlare di quello che faremo, che poi è quello che non facciamo e non
proponiamo.
Una sperimentazione adeguata prevede che
la donna si sottoponga ad una procedura, ma
sempre assistita. Approvare l'aborto farmacologico non significa che il farmaco attraverso il
quale viene realizzato debba diventare un farmaco da banco. La donna dovrà essere assistita e l’uso del farmaco dovrà essere vagliato,
secondo quello che i criteri scientifici prevedono, con una sperimentazione nazionale irrinunciabile. Uno dei criteri fondamentali delle
sperimentazioni è l'omogeneità dei pazienti che
ad essa si sottopongono, affinché se ne possa
trarre indicazioni a favore delle donne.
Credo che dobbiamo cercare un consenso,
su questo tema, ma che la Regione Puglia porti avanti una sperimentazione individuale non
ha alcun senso. La sperimentazione deve esse-
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re ministeriale, a carattere nazionale, perché
sui grandi numeri si possono ottenere informazioni e dettagli importanti.
Questa è la mia opinione, che naturalmente
si richiama a quanto sostenuto dal collega Palese. Si è sottolineato che la procedura di attivazione di questo farmaco è passata attraverso
l’autorizzazione dell’EMEA, l’European Medicines Agency. Ebbene, vi ricordo che
l’EMEA ha autorizzato, soprattutto in campo
oncologico, farmaci costosissimi ma di nessuna efficacia, che gradualmente sono stati ritirati dal commercio.
Si è tanto parlato dell’inibitore delle tirosinasi, il Gefitinib, che costa un occhio della testa e che recentemente è stato ritirato perché
di nessuna efficacia. Peraltro, proprio gli italiani hanno dimostrato che gli studi
dell’EMEA non sono corretti dal punto di vista statistico e scientifico.
Pertanto, la motivazione che uno studio
dell'EMEA sostenga che la RU486 sia valida,
non mi trova – come medico, come ricercatore
e, ora, come consigliere regionale – del tutto
d’accordo.
Per queste ragioni, chiediamo che la sperimentazione si faccia, a condizione che la si
faccia a carattere nazionale e sotto il coordinamento del Ministero della salute.
PRESIDENTE. Vorrei informare il Consiglio regionale, senza voler naturalmente porre
alcuna limitazione, che sono iscritti a parlare
14 consiglieri. Nella Conferenza dei Capigruppo abbiamo raggiunto l’intesa che alle ore
14,00, per soddisfare altre esigenze sopravvenute, avremmo concluso i lavori. Se ciascuno
di voi conterrà i propri interventi entro i cinque minuti, tutti gli iscritti potranno esprimere
il proprio punto di vista su un argomento che,
peraltro, non registra posizioni lontanissime in
quest’Aula.
Preciso, infine, che l'ordine del giorno presentato e illustrato dalla collega Giuseppina
Marmo reca anche la firma dal Capogruppo
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dell’UDEUR. Mi scuso per non essermene accorto tempestivamente.
È iscritto a parlare il consigliere Bonasora.
Ne ha facoltà.
BONASORA. Signor Presidente, colleghi
consiglieri, parlare di maternità significa parlare anche del mistero della vita che nasce. Credo, dunque, che la politica debba compiere un
passo indietro, soprattutto quella urlata, quella
che mira a strumentalizzare un tema così importante e delicato.
A questa doverosa premessa permettetemi
di aggiungerne un’altra. Credo che su questo
dibattito non possa non aleggiare l’ultima iniziativa del Ministro della salute che, in merito
all'acquisizione di questo farmaco, ha reso oggi impossibile ciò che fino all'altro ieri era difficile, e ciò probabilmente perché la Commissione d’indagine sull’applicazione della legge
n. 194 non ha prodotto alcun risultato, o
quantomeno non ha prodotto il risultato sperato dal Ministro.
Detto questo, passo al merito della mozione presentata dal collega Palese, con particolare riferimento al passaggio dove si legge che la
mancata registrazione del farmaco costituirebbe, in caso di utilizzo, “un presupposto perché
le donne possano ricorrere all'aborto senza alcun controllo”. Cari colleghi del centrodestra,
questo è assolutamente falso. Al collega Palese, che è anche un medico, voglio sommessamente ricordare che la modalità d’interruzione
della gravidanza è stabilita esclusivamente in
base alle valutazioni effettuate dal personale
medico, nell'esercizio della libertà di scelta terapeutica, che resta e resterà – mi preme sottolinearlo in questa circostanza – una inalienabile prerogativa del medico.
L'unica normativa di riferimento è la legge
n. 194 del 1978. Ebbene, questa legge non impedisce, né tantomeno impone, il ricorso generalizzato all'aborto farmacologico. La legge n.
194 riconosce alla donna – non dimentichiamolo, la donna è il vero soggetto protagonista
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della vicenda di cui discutiamo –, entro certi
limiti, il diritto di scelta sull'interruzione di
gravidanza, demandando esclusivamente ai
medici, secondo loro scienza e coscienza (questo è scritto non solo nella legge, ma anche
negli atti preparatori della stessa), la scelta sulla modalità di interruzione.
Collega Palese, sempre con riferimento alla
mozione che lei ha illustrato a nome dei suoi
colleghi di coalizione, mi permetta di dire che,
sul piano strettamente bioetico, la possibilità di
accedere alle migliori terapie e alle migliori
tecniche è un principio riconosciuto a livello
universale. Resta assolutamente infondato, a
mio modestissimo avviso, il timore che l'adozione della pillola RU486 – questo appare in
maniera evidente tra le righe della vostra mozione – crei una richiesta aggiuntiva di aborto.
È vero, invece, il contrario: una varietà di metodiche accresce, semmai, l'efficacia complessiva degli interventi.
L’aborto legale non può essere considerato
responsabile, oggi, della bassa natalità, che è
invece la conseguenza di scelte volontarie e
consapevoli delle coppie, oppure – lo ha ben
evidenziato la collega Giuseppina Marmo – è
molto spesso conseguenza di assurde violenze
psicologiche che la donna, ancora oggi e in
ogni ambiente, è costretta a subire.
Collega Palese, le dico anche che, sul piano
morale, non c'è differenza alcuna tra una tecnica e l'altra. Chi vuole negare il ricorso alla
pillola RU486 o all'aborto farmacologico deve
fornire, anche sul piano morale, delle motivazioni valide della sua opposizione. Infine, sul
piano teorico, sappiamo tutti che l’aborto è
una concreta sconfitta della razionalità e che,
di fronte ad una gravidanza indesiderata, ci
sono due interessi in conflitto tra loro: quello
della creatura, che ha il diritto di nascere, e
quello della donna, che ha il diritto di non farsi
contenitore.
PRESIDENTE. Consigliere Bonasora, la
invito a concludere.
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BONASORA. Ho finito, ma prima vorrei
entrare nel merito…
PRESIDENTE. Non deve entrare nel merito, deve concludere.
BONASORA. Nella mozione presentata
dai colleghi del centrodestra si parla in maniera generica di tutela della vita. Vorrei dire, a
questo proposito, che non c’è alcuna differenza tra una parte della nostra mozione e quella
dei colleghi della Margherita. Anche noi siamo, infatti, per il rafforzamento dei servizi.
Quanto ai consultori, non deve sfuggire l'orientamento del Governo regionale.
L'assessore alle politiche della salute ha già
riferito pubblicamente, in una nota ufficiale alla quale non è stata data la dovuta pubblicità,
che è in atto il potenziamento dei consultori...
PRESIDENTE. Collega, la invito a concludere.
BONASORA. Leggo la nota e chiudo:
«[…] il potenziamento dei consultori sarà attuato puntando alla riqualificazione del servizio, attraverso la massima integrazione tra gli
operatori con gli altri servizi sanitari di base
presenti sul territorio». Questa è la volontà del
Governo regionale, consacrata da una nota ufficiale dell'assessore alle politiche della salute.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Saccomanno. Ne ha facoltà.
SACCOMANNO. Signor Presidente, comprendo che il contingentamento dei tempi non
sia una sua responsabilità, ma ci dispiace che
su argomenti di tale rilevanza sociale, politica
e ideologica, siamo spesso costretti a strozzare
il dibattito. Ieri abbiamo impiegato ore per
parlare di questo o quel dirigente dei distretti,
e oggi, su un argomento ben più importante,
dobbiamo contenere gli interventi. Ieri sera il
Consiglio regionale ha approvato all’unanimità
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un ordine del giorno a favore delle donne. A
parte il fatto che sui giornali di oggi non ho
letto nemmeno un rigo sull’argomento, a parte
il fatto che in televisione non se n’è accorto
nessuno, né sono in grado di dire se in Italia se
ne accorgerà mai qualcuno, comunque ieri sera un grande atto di natura politica è stato approvato all'unanimità.
È opportuno che compiamo qualche scelta,
anche in base al valore dei diversi argomenti
che trattiamo. Lo dico a tutti noi consiglieri e
a noi Capigruppo che, nell’organizzazione dei
lavori, dobbiamo renderci conto che non può
essere un fatto meccanico la sequenzalità dei
dibattiti. In tal modo, eviteremo di sacrificare
argomenti importanti e di impedire, ad esempio, al consigliere Bonasora di entrare nel merito, dopo aver esposto il suo pensiero, in maniera generale, sull'argomento.
Personalmente sono contro l'aborto e contro l’aborto, di qualsiasi tipo, è anche Alleanza
Nazionale. Credo che se rivolgessimo la domanda ai settanta consiglieri che compongono
questa Assemblea, nessuno risponderebbe di
essere a favore dell'aborto. Qual è la riflessione che oggi poniamo per la pillola RU486? È
vero che, da un punto di vista scientifico, FDA
ed altri enti si sono pronunciati a favore
dell’utilizzo codificato, legale, scientificamente
corretto della pillola abortiva. Tuttavia, esiste
una legge nazionale che viene richiamata dalla
mozione dei colleghi della Margherita. È ben
strano che si debba ricordare, da parte
dell’opposizione, che i percorsi della RU486
non possono compiersi nel rispetto della legge
n. 194. A meno che vogliate chiedere una modifica della legge n. 194.
Nella mia vita ho scelto ed ho pagato. Ho
pagato, ad esempio, il mio essere contrario
all’aborto, contrario al divorzio, dunque mi
sento autorizzato a riflettere su questi argomenti. Ho parlato di modifica della legge n.
194 perché sappiamo, ad esempio, che per abortire con la pillola RU486 bisogna farlo entro il quarantanovesimo giorno, ma sappiamo
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anche che la legge n. 194 impone dei tempi
ben precisi. Ebbene, se vogliamo seriamente
rispettare i percorsi di salvaguardia della maternità, dobbiamo riflettere sui tempi. Vi ricordo, peraltro, che questa è la pillola dell’aborto
in solitudine, di qualcuno che una mattina può
decidere di assumere questa pillola e sparire.
Noi abbiamo, però, una legge che prevede
che l’aborto debba essere effettuato da un medico specialista in ambiente sanitario controllato. Non è così semplice seguire le donne che
assumono la pillola, assessore Tedesco. Sappiamo che in Toscana si sono verificati casi di
donne che, una volta assunta la pillola, sono
sparite.
Non abbiamo un’organizzazione del sistema di attenzione all'aborto, che segua le donne
dopo i tre giorni, per l'assunzione dell'altra pillola, e dopo altri 15 giorni, per il controllo
successivo, sempre in ambiente sanitario.
Da un punto di vista medico, non sono contro l’aborto farmacologico. Come medico ho il
dovere di scegliere la pratica meno cruenta,
meno dolorosa, meno problematica, a condizione che questa venga dopo percorsi organizzati, che consentano di rispettare tutto ciò che
la legislazione prevede a garanzia del soggetto.
Quello che chiedo è di porre un’attenzione
specifica nella scelta di intraprendere un percorso di sperimentazione regionale. Fatta questa premessa, una volta che una donna ha già
deciso di abortire, possiamo anche ammettere
che è preferibile l’aborto farmacologico a
quello chirurgico.
Noi non abbiamo nulla contro questo sistema, ma sosteniamo che la sperimentazione
debba essere organizzata perché i tempi previsti siano rispettati. Non ne facciamo un problema di costi, perché non vogliamo che i 300
dollari rispetto ai 450 dell'aborto chirurgico
siano un motivo di favore. Di sicuro,
l’argomento è tale da imporre una riflessione
seria. In Cina 3 milioni di donne hanno abortito con la pillola RU486. Ebbene, dovremmo
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chiederci perché delle donne che hanno già
abortito con questo sistema, in caso di nuova
gravidanza indesiderata, solo il 2% ricorrono
alla stessa pillola.
Non stiamo conducendo una battaglia ideologica contro la RU486, ma la stiamo facendo
per organizzare adeguatamente il sistema e per
permettere una scelta seria e serena.
Quello che dobbiamo fare è recuperare il
concetto di tutela della maternità e del suo
compimento reale successivo, superare i pregiudizi nei confronti delle maternità extramatrimoniali, rimediare alla mancanza di educazione sessuale alla contraccezione: questi sono
i grandi percorsi che devono vedere impegnato
questo Consiglio regionale, insieme ad un percorso di formazione, di attenzione e di risposta
per una sana e corretta utilizzazione della pillola RU486.
Non ideologizziamo, dunque, la valutazione
di questa pratica abortiva. La mia esperienza
mi porta a suggerire all’assessore Tedesco, e
in generale al Governo regionale, di aprirsi al
percorso dell'aborto farmacologico, ma di utilizzarlo nell'ambito di un discorso nazionale,
dove anche i nostri percorsi sanitari sono più
garantiti, al fine di ridurre il ricorso all'aborto e
di assicurare che questo avvenga sempre in
condizioni di massima sicurezza per la donna.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'assessore Godelli.
GODELLI, assessore alla cooperazione
economica, sociale e culturale con le Regioni
del bacino del Mediterraneo, alle attività culturali, alla pace. Signor Presidente, sono del
tutto aliena dal mantenere toni di discussione
di natura referendaria. Non mi riferisco, ovviamente, al modo in cui va avanti la discussione nell'Aula, ma al modo in cui è andata e
continua ad andare davanti la discussione intorno alla RU486 nel Paese. Non si tratta di
dividersi pregiudizialmente o ideologicamente
tra fautori e avversari, assumendo peraltro im-
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RESOCONTO STENOGRAFICO
proprie e improbabili capacità di discettare sui
contributi della letteratura scientifica e sui
contributi dell’esperienza di tipo clinico. Tutto
questo mi sembra assolutamente fuori luogo e
sostanzialmente al servizio di una dimensione
ideologica o addirittura strumentalmente politica, intorno ad un problema che è riassumibile
in poche parole: la medicina è riduzione del
danno, in tutti i suoi ambiti e in tutte le sue
applicazioni.
Il tema dell'aborto – tema medico, ma altresì tema umano, sociale, culturale – non può
sottrarsi ad una discussione che abbia comunque queste caratteristiche, che sono obbligate.
Nel momento in cui un’amplissima applicazione di questa modalità abortiva ha dato delle
risposte di carattere internazionale, le forme di
applicazione in un ambito qual è quello della
nostra regione non possono che avvenire all'interno di alcuni elementi di criterio.
In primo luogo, penso alla piena valorizzazione di interventi di prevenzione nei confronti
dell’abortività e delle sue recidive, con una sostanziale, non formale, applicazione della legge n. 194 a tutti gli ambienti medici, ivi compresi quegli ambienti medici organizzati che
applicano l'aborto chirurgico mandando via in
serata donne disperate, che non sanno neppure
che cosa avverrà loro mezz'ora dopo essere
ritornate a casa. Questo avviene in molte
strutture private, al di fuori dell'applicazione
della legge n. 194, che obbliga a seguire dei
percorsi di sostegno e di controllo. Questo è
un vero problema.
Un secondo vero problema è che nella nostra regione abbiamo picchi statistici molto elevati di donne giovani e sane che abortiscono,
per le quali in premessa si può ipotizzare – fatti salvi gli accertamenti caso per caso – che l'utilizzo dell’aborto farmacologico sia più appropriato, più efficace, con minori danni e cruenze, e
consenta a queste donne un’esperienza meno
traumatica, sia sotto il profilo fisico, sia sotto
il profilo psicologico e sociale.
Questo è il dato. Allora, se vogliamo parla-
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re di sperimentazione nella nostra realtà, dobbiamo tener conto dei criteri che ho enunciato:
una sperimentazione che valorizzi appieno le
applicazioni della legge n. 194 e che tenga
conto delle esigenze di approfondimento clinico preliminare, per valutare la metodologia e
la modalità di aborto più appropriata al singolo caso e al singolo soggetto.
Non è un caso che la Puglia voglia andare
verso la sperimentazione perché le tipologie
epidemiologiche delle donne che – ahinoi – si
sottopongono all'aborto presentano caratteristiche tali che ci fanno dire che una somministrazione farmacologica possa essere più appropriata.
Su questo i dati parlano in modo molto
chiaro; questi elementi ci rivengono dai dati
epidemiologici e dagli andamenti degli aborti
in Puglia. Credo, pertanto, che sotto questa
ottica si debba appropriatamente affrontare, in
una sede politico-istituzionale, questo problema. Non si tratta di contrapposizione di natura
ideologica, non si tratta di tentativi abbastanza
surrettizi e un po’ comici di contrapporre le
proprie fonti scientifiche, ma si tratta di tenere
conto di quanto avviene sul piano internazionale, della letteratura e dei trial clinici applicati fino ad oggi a livello internazionale, e delle
particolari condizioni di contesto della nostra
regione.
Alcuni anni fa, non molti, quando non esisteva la possibilità di ricorrere alla RU486, una
giovane donna che aveva subìto un anno prima, a causa di un aneurisma cerebrale, un grave intervento chirurgico, con interdizione dalla
gravidanza, tornata a vita non ha assunto le
doverose precauzioni e pochissime settimane
dopo l'intervento chirurgico era gravida. Mi
sono dovuta occupare di questa donna – ancorché maggiorenne, molto giovane – perché
essa non avrebbe trovato appoggio sufficiente
in ambiente sanitario. L'ho dovuta, purtroppo,
condurre in una struttura dove le è stato praticato l'aborto chirurgico, che l’ha costretta a
subire un’anestesia, che era un altro degli ele-
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RESOCONTO STENOGRAFICO
menti di interdizione dopo l’operazione neurochirurgica. Ebbene, questa persona è sopravvissuta, per fortuna, ma vorrei farvi narrare
dagli anestesisti che cosa ha significato questa
seconda anestesia.
Dobbiamo pensare anche a situazioni del
genere? Dobbiamo forse fare una casistica in
cui le storie cliniche, le storie personali, le storie umane, le storie psicologiche vengano rese
pubbliche?
Oppure vogliamo affidare alle strutture sanitarie e alle realtà della nostra organizzazione
sociale e sanitaria la possibilità di decidere,
fatti salvi prima di tutto i diritti della donna e
di tutela del suo corpo, le modalità più appropriate e idonee per consentirle di superare il
suo problema?
PRESIDENZA DEL
VICEPRESIDENTE MINEO
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Cera. Ne ha facoltà.
CERA. Signor Presidente, tanti anni fa ho
condotto una battaglia, da democraticocristiano, prima sul divorzio, poi sull’aborto.
Ricordo bene che la sinistra, per sottolineare
l'utilità della legalizzazione dell'aborto, richiamava il pericolo al quale si sottoponevano tante donne affidandosi a fattucchiere, a donne
che, senza scrupolo, attuavano l'aborto con
grave rischio della vita della mamma.
Sono passati tanti anni. Alla collega Marmo
voglio dire che quelli erano i tempi della dignità della Democrazia Cristiana, quando i Governi cadevano per sancire una cultura cattolica, una morale.
Mi chiedo se oggi questa pillola, senza
un’adeguata sperimentazione a livello nazionale, non metta in pericolo la vita della donna,
esattamente come la sinistra sottolineava tanti
anni fa. Il mio timore è che, prima o poi, questa pillola venga distribuita insieme ai preservativi…
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PRESIDENTE. Colleghi, dovete permettere al consigliere Cera di svolgere il suo intervento.
CERA. Noi vi abbiamo ascoltato, adesso
tocca a voi. Caro Potì, ormai non mi meraviglio di sentirvi parlare da radicali, anziché da
socialisti. Il consigliere Pellegrino ha parlato
come Marco Pannella. Siete diventati la sua
controfigura, Marco Pannella vi ha plagiati. La
storia socialista è morta.
PRESIDENTE. Consigliere Cera, la prego
di attenersi all'argomento in discussione.
CERA. La collega Marmo ha richiamato un
documentario sulla trasformazione della famiglia, che racconta il passaggio dai cinque figli
della bisnonna al figlio unico – o nessun figlio
– dell’ultima generazione. Ebbene, cosa dobbiamo proporre noi cattolici a queste donne
con un solo figlio? Dobbiamo forse consigliare
loro di usufruire della pillola abortiva? È questa l'indicazione che Romano Prodi dà in maniera indegna alla Margherita?
I cattolici della sinistra stanno scomparendo, stanno buttando al macero una storia e una
tradizione, una morale che affonda le sue radici in cinquant’anni di storia…
PRESIDENTE. Vi prego di non interrompere il consigliere Cera.
CERA. Non parlo a voi del centrosinistra,
che ormai non ragionate più, come i radicali.
Che cosa consigliamo a quelle mamme, di avere un figlio o di abortire?
PRESIDENTE. Vi prego di ricordare l'invito che vi ha rivolto il Presidente dell'Assemblea, non solo in relazione alla durata ma anche al livello del dibattito.
Su questi temi, lasciamo da parte la politica.
È iscritto a parlare il consigliere Costantino. Ne ha facoltà.
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RESOCONTO STENOGRAFICO
COSTANTINO. Signor Presidente, cercherò di essere rapidissimo, dunque concentrerò
in poco tempo alcuni elementi di novità che è
giusto apportare a questo dibattito, per fare
chiarezza se non altro su alcune inesattezze,
soprattutto con riferimento ad alcuni dati statistici riferiti dall’opposizione.
Innanzitutto, però, mi preme chiarire due
concetti che considero fondamentali. In primo
luogo, credo che siamo tutti d’accordo sul fatto che qui non si discute se siamo a favore o
contro l’aborto; stiamo discutendo del tema
delle modalità dell’aborto, che è di fondamentale importanza. In secondo luogo, credo che
sia assolutamente anacronistico continuare a
parlare di RU486, una sigla che ci riporta alla
mente qualcosa di peggio, ad esempio i gas
che vengono utilizzati nelle guerre. Stiamo
parlando di una molecola, il mifepristone, o
meglio di due prodotti commerciali, il Mifeprex negli Stati Uniti, il Mifegyne in Europa.
Intendo dire che non parliamo più di molecole
sperimentali, ma di prodotti commercializzati,
come è stato detto prima, in moltissimi Paesi
d'Europa.
Per quanto riguarda i decessi che sono stati
più volte richiamati, posso capire che a utilizzare questi argomenti sia l’onorevole Mantovano, ma non il collega Palese. Dei sette decessi su due milioni di aborti praticati con il
Mifegyne, uno è stato causato da una gravidanza extrauterina, dunque indipendentemente
dalla somministrazione del farmaco, uno è stato determinato da un’emorragia non trattata in
tempo, uno è stato causato dall’utilizzo del
Nalador, una prostaglandina che è stata ritirata
dal mercato in Europa; infine, i quattro decessi
negli Stati Uniti sono legati ad una sepsi, probabilmente dovuta ad una contaminazione del
campione. Pertanto, per nessuno dei sette casi
che vengono utilizzati per fare terrorismo politico esiste, obiettivamente, alcuna prova che
siano stati causati dal farmaco.
Inoltre, quando si parla di mortalità dieci
volte superiore rispetto all’aborto chirurgico –
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sempre il collega Palese – probabilmente si fa
confusione su un dato fondamentale. Il dato
della mortalità da aborto farmacologico è sovrapponibile a quello della mortalità da aborto
chirurgico: 0,5% su 100 mila casi. Probabilmente qualcuno ha confuso questo dato con
quello della gravidanza, che purtroppo conta
una mortalità dieci volte superiore a quella
dell'aborto. Ormai è un dato scientifico appurato che la mortalità derivante dall'utilizzo del
farmaco e quella da aborto chirurgico sono
perfettamente sovrapponibili.
Sottolineo un altro aspetto che considero
molto importante. La pillola RU486 può essere somministrata entro 49 giorni di amenorrea.
Non capisco quale sarebbe la contraddizione,
richiamata prima dal consigliere Saccomanno,
con la legge n. 194, che all’articolo 4 prevede
che l'aborto si possa praticare entro le 12 settimane. Ma il dato scientifico più importante è
che la stragrande maggioranza delle interruzioni volontarie di gravidanza si praticano dopo le sei settimane, quindi l'utilizzo del farmaco è d’ausilio all'aborto chirurgico, in quanto
può essere effettuato soltanto nella primissima
fase.
Infine, da un punto vista scientifico è opportuno chiarire brevemente cosa succede
quando si utilizza questo farmaco: vengono
somministrate tre compresse da 200 mg, in
un’unica dose, il primo giorno; dopo 36-48
ore alla paziente viene somministrata una prostaglandina (due compresse insieme), il misoprostolo, che in Francia viene utilizzato per
l'induzione del parto. Il tutto avviene in day
hospital, primo e terzo giorno (osservazione
con monitoraggio pressorio ed, eventualmente, elettrocardiogramma).
Ho voluto citare questi dati scientifici perché credo che sia opportuno, quando si parla
di dati, essere precisi. Ora vorrei ripercorrere
molto rapidamente la storia di questo farmaco, per evidenziarne alcuni passaggi importanti, uno addirittura clamoroso. Collega
Palese, le lobby di pressione, che hanno co-
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RESOCONTO STENOGRAFICO
stretto la Hoechst a non mettere in circolazione il farmaco, sono le stesse che ne stanno
impedendo, in questo momento, l'utilizzo. Il
farmaco non può essere commercializzato in
quanto non si riesce a trovare chi lo commercializza, a causa delle stesse pressioni di allora.
Il professor Baulieu nel 1982 utilizza il mifepristone in Francia e il farmaco viene dato
all’Organizzazione mondiale della sanità. La
Roussel-Uclaf decide di sospendere la distribuzione del farmaco.
A questo punto, i laboratori che producono
la molecola sono i tedeschi della Hoechst, che
rifiutano di dare il farmaco ai cinesi. Questi,
però, copiano la molecola e oggi due milioni
di donne cinesi abortiscono annualmente con
questo “doppione” di prodotto.
Il presidente del gruppo farmaceutico della
Hoechst, Wolfgang Hilger, fervente cattolico,
dice di non poter mettere in circolazione la
molecola in quanto contraria alla sua etica.
Ebbene, il Consiglio deve sapere che la Hoechst è la stessa azienda che, durante la Seconda guerra mondiale, non si è posta gli stessi scrupoli quando ha commercializzato lo
Zyclon B, il gas utilizzato nei campi di sterminio.
Il farmaco, dunque, non viene distribuito a
causa di un boicottaggio internazionale, ed è
questo il motivo per cui in Italia – tutti i Paesi
d’Europa, eccetto Italia e Portogallo, lo hanno
utilizzato – non lo utilizziamo.
Anche sulla sicurezza dell’aborto farmacologico sono state riferite delle inesattezze. I
vantaggi li conosciamo: non è necessaria
l’anestesia, non ci sono complicanze legate
all’intervento chirurgico (ad esempio, traumi
del collo uterino), non ci sono perforazioni,
non ci sono infezioni, non c'è nessun rischio
legato all’infertilità.
Consigliere Palese, quando si cita la legge
n. 194 non lo si dovrebbe fare a sproposito.
Intanto, e fortunatamente, si è conclusa la
campagna nazionale contro la legge n. 194,
perché il Ministro si è reso conto che dal 1982
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ad oggi il numero di interruzioni di gravidanza
è passato da 234 mila a 136.715, dunque si è
ridotto del 41,8%.
Sempre a proposito della legge n. 194, volevo ricordare che il 14 gennaio del 2005, con
delibera di Giunta regionale n. 14, l'Amministrazione uscente aveva previsto la riduzione
della presenza dei consultori da 1 ogni 20 mila
a 1 ogni 80 mila abitanti. Fortunatamente questa delibera è stata ritirata, altrimenti avremmo
subìto un altro danno.
PRESIDENZA DEL
PRESIDENTE PEPE
PRESIDENTE. Colleghi, non mi piace togliere la parola, dunque non mi costringete a
farlo. Delle due l’una: o rispettate responsabilmente il programma che abbiamo stabilito,
oppure, siccome ho ancora un certo numero di
consiglieri iscritti a parlare, andremo ad oltranza fin quando non avremo concluso la discussione sull’argomento.
È iscritto a parlare il consigliere Baldassarre. Ne ha facoltà.
BALDASSARRE. Signor Presidente, colleghi consiglieri, cercherò di non cadere nella
tentazione di ideologizzare le diverse posizioni. Mi pare, tuttavia, che sia necessario chiarire qual è la nostra posizione, dal momento che
attraverso alcuni interventi si è tentato di attribuire alla posizione del centrodestra un carattere che non ha.
Consigliera Marmo, quanto alle responsabilità di aver trascurato il nucleo essenziale della
società, che è la famiglia – fermo restando che
non credo sia questa la sede per attribuirle –,
le basterebbe considerare le statistiche ISTAT
relative al 2001, successive a 5-6 anni di Governo di centrosinistra, per avere una visione
più ampia ed evitare di attribuire responsabilità
a scopi politici.
Quello che mi domando è se la pillola
RU486 sia il vero tema centrale della discus-
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sione. Personalmente ritengo che non sia così.
Del resto, come abbiamo sentito in tutti gli altri interventi, la pillola RU486 non è una novità, dal momento che era già utilizzata e sintetizzata in Francia nel 1982; peraltro, ne conosciamo perfettamente il funzionamento, l'utilizzo e le modalità di assunzione.
Il prodotto è stato utilizzato in Francia,
Germania, dal 2000 è autorizzato negli Stati
Uniti; in Cina ci sono due milioni di donne che
lo utilizzano. Ne conosciamo, altresì, le possibili controindicazioni e tutti gli aspetti scientifici. In Italia, però, questo prodotto non è autorizzato.
Il problema di cui discutiamo è davvero la
modalità con cui si interrompe una gravidanza,
o il tema fondamentale è proprio l'interruzione
della gravidanza? Mi scuso con le donne se
provo a dare un'interpretazione, che peraltro
trovo anche nelle parole dell'unica consigliera
regionale presente in quest'Aula. Credo che
dietro un’interruzione di gravidanza ci sia un
dramma personale. Non posso pensare che ci
sia una donna che possa affrontare un evento
traumatico come questo senza una riflessione,
senza un profondo disagio. Credo che si tratti,
in definitiva, di una sconfitta della possibilità di
ricevere il dono sublime della maternità.
A mio parere, non c’è donna che abbia vissuto questa traumatica esperienza che non ne
porti dentro una traccia profonda e che, al di
là delle necessità che l’hanno spinta a questo
atto, non abbia dietro di sé una ruga, un taglio,
una ferita, che spesso riaffiora.
È pur vero che questa pratica esiste da millenni. Da sempre le donne hanno cercato, avendo quest'ultima possibilità, di interrompere
gravidanze indesiderate, ma credo che questo
abbia provocato una tragedia esistenziale in
ognuna delle donne che ha fatto ricorso
all’aborto.
Il dibattito, allora, può essere davvero teso
a stabilire la modalità dell’aborto? È davvero
questo il tema centrale? Non è questa, invece,
l'occasione per porsi il problema di come aiu-
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tare le donne ad avere una maggiore possibilità di scelta? Questo Consiglio regionale sposa
la logica della vita o della morte? Credo che
sposi la logica della vita, quindi l'occasione sarebbe opportuna per fare una riflessione sul
sistema consultoriale nella nostra Puglia, indipendentemente dalle responsabilità. Dovremmo chiederci come le donne, all'interno della
legge n. 194, vengono accompagnate a una
decisione così difficile, così profondamente
traumatizzante. Dobbiamo ascoltare chi ha la
possibilità di dire qualcosa a questo proposito
e dare dignità alla scelta delle donne.
L'altra faccia di questo discorso è la denatalità. Se nel nostro Paese si registra una denatalità sempre crescente, evidentemente ci sono
condizioni generali che scoraggiano la maternità.
Caro assessore, in Francia, che è stata la
prima Nazione europea ad utilizzarla, oggi la
pillola RU486 viene usata appena nel 30% delle interruzioni di gravidanza. Ora, considerando che manca l'autorizzazione dell'Agenzia europea dei medicamenti e dell'Agenzia italiana
del farmaco, il fatto che alcuni direttori generali si siano rivolti a lei e che lei ne abbia raccolto le istanze è francamente sorprendente,
soprattutto se pensiamo alle tante esigenze
della nostra sanità regionale. Mi pare che questo risponda alla necessità di fare qualcosa di
sinistra. Per dare il segno che qualcosa è cambiato, dopo la Toscana proviamo ad essere la
seconda regione che tenta di autorizzare la
sperimentazione a livello regionale. Se proprio
volete fare qualcosa di sinistra, allora potreste
potenziare le strutture sociali e i mezzi economici che servono per impedire alle donne di
attuare questa scelta.
La nostra posizione è che se volete sperimentare la RU486, di questa iniziative si assumerà la responsabilità l’assessore regionale.
Credo, però, che la strada migliore sia quella
di sperimentare – senza tabù, senza contrapposizioni, senza diversificazioni ideologiche –
questo farmaco, ma all'interno di una speri-
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mentazione nazionale, che permetterebbe alla
Puglia di seguire una nuova strada con atteggiamento serio e consapevole, senza essere
pionieri del nulla.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Potì. Ne ha facoltà.
POTÌ. Signor Presidente, devo constatare
che noi socialisti siamo inseguiti da un amaro
destino. Quando ci battemmo per il divorzio –
non so il consigliere Cera quanti anni avesse
allora, ma io ne avevo 25, quindi lo ricordo
bene – dovemmo subire una campagna di diffamazione tremenda, come se fossimo i distruttori della famiglia. Si è dimostrato che
non era così. Anzi noi siamo qui, felici sposi,
mentre qualcuno che era contrario al divorzio
lo ha poi utilizzato.
In seguito, si aprì la questione dell’aborto e
fummo rappresentati come coloro che sostenevano l’aborto. Stranamente, dopo la legge
n. 194 gli aborti sono diminuiti. Quindi, non
eravamo favorevoli all'aborto, si trattava di
tutt'altra cosa. Ad ogni modo, avevamo sempre di fronte una certa ideologia cattolica fondamentalista con la quale ci siamo scontrati,
seppur garbatamente. Oggi si ripresenta, forse,
questa situazione.
Da parte nostra, non sosteniamo che la pillola sia bella o buona. Diciamo solamente che,
se esiste una nuova opportunità, non si vede
perché non si debba coglierla, pur con tutte le
riserve che ognuno di voi ha elencato. Si potrebbe lasciare libero chi deve utilizzare questa
opportunità di coglierla o meno, sempre all'interno della tutela sanitaria.
Opporsi a questa ipotesi di utilizzazione
della pillola è, a mio avviso, un’offesa alla dignità delle persone, che hanno il diritto di utilizzare un metodo che abbia un minore impatto rispetto al dolore e ai traumi connessi all'evento.
Pertanto, in sintonia con la mozione del
centrosinistra, incoraggio l'assessore Tedesco
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a perseguire tutte le vie possibili per offrire
questa possibilità a chi deve fare ricorso alla
pratica dell'aborto.
Non vorrei che si creasse una situazione
simile a quella per cui, quando il divorzio non
era previsto in Italia, si ricorreva alla Sacra
Rota, ma potevano farlo solo i ricchi. Del resto, quando l'aborto non era legale, avveniva
ugualmente. Sto pensando a chi può permettersi di andare a Londra, in cliniche per ricchi.
Non vorrei, insomma, che solamente i ricchi
potranno assumere questa pillola, magari in un
altro Paese.
Noi vorremmo che questa possibilità venisse riconosciuta a tutti, soprattutto alle persone
meno abbienti.
PRESIDENTE. Ringrazio il consigliere
Potì per aver rispettato i tempi.
È iscritto a parlare il consigliere Zullo. Ne
ha facoltà.
ZULLO. Signor Presidente, colleghi consiglieri, anche io cercherò di non fare del mio
intervento una posizione ideologica. Voglio
rapportarmi al dettato normativo delle norme
che regolano la materia in questo settore nel
nostro Paese. Una di esse è legata proprio alla
sperimentazione. A tal proposito, abbiamo un
decreto legislativo che attribuisce al Ministero,
quindi allo Stato centrale, tutta la materia relativa alla sperimentazione dei farmaci, che deve
avvenire previo parere dei comitati etici indipendenti.
Non mi sembra che quando è stata avviata
in Puglia questa ipotesi di sperimentazione sulla pillola RU486, si siano messi in gioco i pareri di questi comitati etici indipendenti. Se così fosse stato, sfido qualsiasi di questi comitati
a rilasciare un parere riguardo l’ipotesi che,
effettivamente, vengano seguite le buone pratiche cliniche in proposito.
Inoltre, bisogna tener presente un ulteriore
discorso, che riguarda la legge n. 194, più volte citata in quest’Aula questa mattina. L'arti-
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colo 1 di questa legge contiene i principi ai
quali la stessa si richiama, e uno di questi è la
tutela della vita umana fin dal suo inizio. Si
legge: «Lo Stato, le Regioni e gli Enti locali,
nell'ambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono e sviluppano i servizi sociosanitari, nonché altre iniziative necessarie per
evitare che l’aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite». L'aborto, quindi, non
può essere un metodo di limitazione delle nascite.
Aggiungo ancora un ulteriore elemento.
Volevo rispondere al consigliere Potì, quando
egli si domanda perché non cogliere questa
nuova opportunità, dal momento che esiste.
Quello che è sbagliato, caro collega, è che si
comunica un messaggio alla gente quasi che
questa pillola fosse un'aspirina. Questo messaggio – lo dico anche da medico – induce in
errore, sia per gli effetti collaterali che questa
pillola comporta, che sono legati ad emorragie
e a infezioni batteriche, sia perché non è molto
semplice capire quando avverrà l'espulsione
del feto. Potrebbe avvenire, infatti, in un giorno o in due, in casa o in ufficio. Questa informazione la dobbiamo dare.
Un altro collega affermava che vi sono tanti
ginecologi che ne reclamano l’utilizzo. Ebbene, abbiamo letto sulla stampa che la ASL
Ta/1 aveva chiesto di avviare questa sperimentazione, ma il direttore generale, dottor Urago,
si è detto desolato perché, alla fine, nessun
medico l’ha utilizzata.
In Toscana sembra che un medico pratichi
il 55% degli aborti con questa procedura. È
importante, invece, affermare il diritto alla vita
e il valore della legge n. 194, attraverso un potenziamento dei consultori. Su questo sono
fortemente d'accordo con la collega Marmo, e
per raggiungere questo obiettivo credo che
dovremmo impegnarci tutti.
La consigliera Marmo affermava che nella
città di Andria esiste un solo consultorio su
100 mila abitanti, con lunghe liste di attesa.
Ebbene, questa Regione, fin dall’aprile 2005,
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ha determinato il fabbisogno dei consultori
della nostra popolazione, dimensionandoli in 1
ogni 20 mila abitanti. Pertanto, nella città della
collega Marmo dovrebbero esserci ben 5 consultori. Purtroppo, assessore Tedesco, le norme che impediscono il potenziamento dei consultori sono quelle che regolano il rilascio del
parere di autorizzazione ex articolo 8 ter, di
compatibilità con questo fabbisogno. Arrivano
domande alle quali, per legge, il funzionario
deve rispondere entro 90 giorni. Tuttavia, non
trattandosi di un termine perentorio, diventa
un termine ordinatorio, che non viene mai rispettato.
Se parliamo di iniziativa sanitaria legata all'accreditamento dei consultori, intendiamo un'iniziativa che può essere pubblica e privata.
Inoltre, se parliamo di questo, dobbiamo anche
dire fin d'ora quali saranno i criteri per poter
stipulare gli accordi contrattuali. Del resto, se
anche all'interno di iniziative private non si capisce come potrà avvenire l'interazione con il
servizio sanitario regionale, è evidente che non
ci saranno stimoli neanche da parte del privato
per poter agire in questo senso.
In conclusione, dobbiamo sostenere la tutela della vita. Come diceva il collega Baldassarre, non dobbiamo seguire una cultura della
morte. Sostenere una cultura della vita significa impegnarci per potenziare i servizi sociali e
quelli sanitari.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Sannicandro. Ne ha facoltà.
SANNICANDRO. Signor Presidente, colleghi consiglieri, non vi nascondo la sensazione di grande imbarazzo che provo di fronte alla disinvoltura con cui oggi si cerca di andare
fuori tema, anche con toni pesanti. Mi riferisco
soprattutto a chi, all'inizio, ha sostenuto che
noi fossimo i procacciatori d'affari dell’azienda
che produce questo farmaco. Chiudo qui, per
amor di patria, la parentesi, che mi ricorda la
vicenda di ieri mattina, quando, a proposito
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del disegno di legge dei consiglieri Borraccino,
Mineo ed altri, qualcuno ha sostenuto che si
trattava di una legge ad personam. Ripeto,
sono imbarazzato rispetto a tanta disinvoltura
e all’atteggiamento con cui oggi il centrodestra cerca di distogliere lo sguardo dalla mozione che ha presentato.
Leggiamo la mozione, che si conclude con
le seguenti parole: «Il Consiglio Regionale impegna la Giunta Regionale a non autorizzare la
sperimentazione e l'utilizzo della pillola abortiva RU 486 nel territorio della Regione Puglia». La mozione è sottoscritta da Raffaele
Fitto, Rocco Palese, Michele Saccomanno,
Francesco Damone, Angelo Cera, Luigi Loperfido. Come si vede, mancano alcune firme
del centrodestra.
D'altronde, abbiamo ascoltato la voce piuttosto dissonante di qualche collega del centrodestra, che ha affermato che la sperimentazione non può essere certamente impedita. Tuttavia, questa mozione, cari colleghi del centrodestra, dice espressamente che il Consiglio regionale deve impedire la sperimentazione e,
nella premessa, spiega le ragioni di questa richiesta.
Chi ha firmato la mozione si dichiara contro
la sperimentazione perché, qualora si scoprisse
la possibilità di praticare l'aborto in modo meno indolore, per così dire, con tecniche meno
invasive, questo potrebbe determinare una diffusione e una crescita esponenziale del numero
degli aborti, “soprattutto da parte di giovani
donne”. Capite, quindi, quale ideologia si esprima in questa posizione: l’espressione “soprattutto da parte di giovani donne” chiarisce
la concezione della donna, ma soprattutto dalla donna giovane, come un essere inferiore.
Voglio ricordarvi che fu necessario un
Concilio per stabilire che le donne avevano un'anima. In seguito, si determinò che questa
anima era debole, dunque le donne dovevano
essere sottoposte alla potestà maritale, dovevano essere condotte per mano, passando dalla tutela del padre a quella del marito.
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È evidente che echeggiano, nella mozione,
queste vecchie concezioni della donna e si affaccia un altro cardine culturale: “partorirai
con dolore”.
Sentite l'eco di una certa cultura, di una
concezione pessimistica della vita. Potrei continuare a lungo, ma non vorrei accettare la
provocazione di chi ha fatto emergere da una
mozione, di obiettivo molto più circoscritto,
questioni di carattere ideologico generale.
Vi rendete conto cosa significa chiedere,
nel 2005, che non si autorizzi la sperimentazione della RU486? Questa è una vergogna!
Dietro l'angolo si è diffusa l'opinione che esiste
la possibilità scientifica e tecnologica di alleviare il dolore dell'uomo e della donna, e voi la
negate. Questo è il punto della questione, non
c’entra la vita o la morte.
La stessa legge sull'aborto, all'articolo 15,
afferma che le Regioni, d'intesa con le Università e con gli Enti ospedalieri, devono aggiornarsi sotto questo profilo per individuare tecniche più rispettose dell'integrità fisica e psichica della donna e meno rischiose per l'interruzione della gravidanza. Lo dice la legge,
mentre voi chiedete di fermare la legge, la
scienza e la tecnica. Mi fate pensare alla condanna di Galileo Galilei. Certi filoni culturali
non scompaiono per sempre, ma riemergono
continuamente. È ovvio che, nella storia, il
contrasto deve essere sempre vigile. Del resto,
sarebbe come pensare che il dramma di Auschwitz non possa ripetersi.
Il Presidente Cossiga, l’altro giorno, parlando di una certa mozione che è stata approvata a Strasburgo, ha affermato di avere l'impressione che si stia presentando una nuova
Auschwitz. Andate a leggere, cari colleghi, la
lettera che il Presidente Cossiga, cattolico, ex
democristiano, ha scritto al direttore di “Liberazione”.
Questi signori ricordano gli scienziati tolemaici i quali, quando Galileo Galilei li invitava
a guardare nel cannocchiale, distoglievano lo
sguardo dicendo “ipse dixit”. Con queste pa-
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role intendevano dire che Aristotele e Tolomeo avevano già spiegato una volta per tutte
come stavano le cose e non era come Galileo
voleva far credere. Ci sono voluti 300 anni per
riabilitare Galileo Galilei.
Davvero pensate che dovremmo approvare
una mozione che chiede che non si autorizzi la
sperimentazione della pillola RU486? Se poi si
ritiene che questo divieto debba riguardare solo la Puglia, questa è un’aggravante. Insomma,
siamo i più imbecilli d'Italia. Dobbiamo mantenere il primato dell’oscurantismo e del medievalismo.
Oggi ho ascoltato argomenti che non c'entrano assolutamente nulla con il tema della
mozione, tanto che mi sono domandato se avessi tra le mani le carte giuste. Per non dire,
poi, dell’imbarazzo che ho provato quando
sono intervenuti i colleghi medici. Immaginate
se non ci fossero stati i medici, in quest’Aula,
che si sono cimentati in questo confronto
scientifico per stabilire – senza laboratori, senza statistiche, ma ripetendo quello che leggono
sui giornalini, anche scientifici – come risolvere il problema?
PRESIDENTE. La invito a concludere.
SANNICANDRO. Signor Presidente, ho
appuntato la durata degli interventi.
PRESIDENTE. La invito ugualmente a
concludere.
SANNICANDRO. Nella nostra mozione
chiediamo semplicemente, tenendo conto di
questa opportunità, di utilizzare lo spazio che
ci offre la legislazione per cercare di carpirla.
Su questo punto, la nostra mozione è identica a quella della Margherita, oltre alla comune posizione sui consultori. Esiste, invece, un
abisso profondo tra le due mozioni del centrosinistra e quella del centrodestra. Vorrei che
questo divario non fosse registrato sulle cronache della Puglia, perché è una vergogna che
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nel 2005 siamo ancora così divisi su questo
punto.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere De Leonardis. Ne ha facoltà.
DE LEONARDIS. Signor Presidente, colleghi consiglieri, siamo tutti invitati ad un dibattito civile, sereno e propositivo, su una rilevante questione che tante dispute e contraddittori, sostenuti molto spesso con toni alti, sta
suscitando nell'opinione pubblica.
Premetto innanzitutto che noi dell’UDEUR
– da questo punto di vista siamo vicini ad Alleanza Nazionale – siamo contrari all’aborto.
Tuttavia, nell'affrontare un tema delicato come
quello della pillola RU486, o meglio della sperimentazione dell'aborto indotto farmacologicamente, mi sembra opportuno e ragionevole
evitare in quest'Aula toni polemici e pretestuosi, ricercando invece, con le dovute differenze
culturali e politiche, un’onestà intellettuale che
porti un contributo fattivo alla problematica.
Non si può prescindere, comunque, da alcuni punti fermi: la salute della donna,
l’opportunità di modificare (speriamo che lo
faccia il Parlamento) alcuni punti della legge n.
194 e, soprattutto, il rafforzamento dei consultori familiari.
La legge n. 194, sebbene di fatto abbia eliminato il divieto di aborto in determinate situazioni, non ha tuttavia cancellato il dovere
dello Stato e delle Istituzioni pubbliche di proteggere e salvaguardare il diritto alla vita del
nascituro. Questa interpretazione non è chiaramente una mia personale lettura giuridica,
ma deriva dalla stessa legge n. 194, specialmente dagli articoli 1 e 2.
Conseguenza di ciò è che la protezione del
diritto alla vita del nascituro si manifesta attraverso il sostegno e l’aiuto alla donna, affinché
possa proseguire normalmente la gravidanza,
anche quando la stessa sia difficile o non desiderata. Purtroppo, in molti casi, la legge n.
194 è stata artatamente interpretata non sol-
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tanto come una rinuncia a vietare l'aborto, ma
anche come una rinuncia a difendere il diritto
alla vita.
Per questo, oggi, nell'esprimere alcune riflessioni, non adotterò motivazione laiche o
ecclesiastiche – d'altra parte, tutte rispettabilissime –, ma soltanto argomentazioni non condizionate da pregiudizi o da falsi moralismi.
Mi viene spontaneo, dunque, affermare che risulta ormai assodato che la pillola RU486 agevola l'aborto, lo banalizza addirittura. Mi
sembra veritiera anche la tesi secondo la quale
tutto ciò favorisce il ritorno all'uso dell’IVG
come strumento per il controllo delle nascite.
Per valutare l’impiego e le relative conseguenze di questo metodo, occorre svolgere
una ponderata considerazione, ossia accettare
quello che comporta. Questo è il presupposto.
All’atto del concepimento si forma l'embrione
e successivamente il feto, quindi si sviluppa
compiutamente l'organismo umano.
Il problema è tutto qui, è qui che si pone il
grande quesito sulla consistenza dell'embrione.
Gli abortisti ritengono che l'embrione, nei primi tre mesi, sia un grumo inerte e che solo dopo si formi il feto, che contiene già le membra
umane. Gli antiabortisti, invece, asseriscono
che l'embrione è già vitale, altrimenti non si
spiegherebbe come mai si sviluppi prima il feto
e poi le membra umane, considerato che, dopo
il concepimento, non interviene un ulteriore
fattore esterno a dare vitalità all'essere umano.
A tal fine, quindi, è necessario ascoltare gli
specialisti per le loro specifiche competenze e
disattendere le enunciazioni di improvvisati
saccenti, che pretendono di interloquire su discipline da loro ignorate.
La maggior parte dei biologi e dei genetisti
ritengono che la vita dell'embrione esista fin
dal concepimento. Questo lo hanno confermato in moltissimi, anche in occasione del recente
convegno che si è svolto all’Accademia dei
Lincei a Roma, quando, con grande sorpresa
generale, anche i partecipanti religiosi convennero sulla qualificazione dell'embrione come
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essere vivente dal momento in cui l’ovocita
viene fecondato. Anche per questo, ritengo
che la Chiesa abbia il sacrosanto diritto di intervenire sulla sperimentazione della pillola
RU486 in Italia, oltre che su altre materie che
saranno da qui a breve oggetto della nostra
analisi.
Per quanto riguarda la Puglia, non si può
non farne notare il triste primato di regione
italiana con il più alto tasso di abortività: 323
aborti su ogni 1000 nati vivi, secondo i dati
del Ministero della salute dell’ottobre 2005.
Per scongiurare tali eventi, o perlomeno per
ridurli al minimo, occorre approntare efficaci
rimedi. L'eccezionale importanza dei valori
compromessi richiede il concorso e il contributo di tutti, al di là di ogni schieramento politico. Pertanto, sono da biasimare e stigmatizzare in maniera forte le polemiche che molto
spesso hanno riguardato i consultori familiari.
Infatti, sinceramente ritengo che alcune affermazioni estreme, che abbiamo ascoltato in
questi giorni, siano offensive nei confronti di
professionisti che spesso, con molta competenza e dedizione, operano nei consultori familiari. Professionisti che, senza troppo clamore,
hanno operato per la piena attuazione della
legge n. 194, finalizzata a tutelare la maternità
e ad aiutare le donne a maturare consapevolezza rispetto alle problematiche riproduttive.
La legge ha avuto, comunque, il merito di
ridurre il ricorso all’interruzione volontaria di
gravidanza. È da rilevare, tuttavia, che il numero dei consultori attivi è inferiore rispetto a
quanto previsto dalla normativa generale.
Auspico, signor Presidente, un confronto
serrato, civile e culturalmente moderno fra tutte le Istituzioni, pubbliche e private, affinché
tutti torniamo a collaborare per un grande diritto, il diritto alla vita.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Congedo. Ne ha facoltà.
CONGEDO. Signor Presidente, cercherò di
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essere breve e di rimanere nello spazio che mi
è consentito. Saluto con soddisfazione il dibattito che si è aperto oggi, in Consiglio regionale, sulla pillola RU486. I colleghi Saccomanno
e Palese hanno spiegato bene che si tratta di
un farmaco non autorizzato, privo di validazione scientifica, e per il quale non è stata neanche richiesta l'autorizzazione.
Il dibattito non coinvolge solo il Consiglio
regionale e la società pugliese, ma è di respiro
nazionale. In questi giorni, il Ministro Storace
sta affrontando una situazione a dir poco anomala, che vede una concentrazione di richieste di utilizzo della pillola abortiva: concentrazione temporale, in quanto tutte le richieste si concentrano nel 2005, e concentrazione geografica, in quanto riguardano una regione “rossa”, la Toscana, che si è guadagnata
il titolo di regina degli aborti.
Certamente questo è un dibattito nel quale
si confrontano tracciati culturali e ideali completamente diversi. Non immagino che su questo tema, così come su quello della famiglia e
della difesa della vita, possa esserci unanimità
nel Consiglio regionale.
Qualche consigliere di maggioranza ha richiamato alcune posizioni di Alfredo Mantovano, definendole oscurantiste. Al riguardo,
credo che sulle posizioni di Mantovano qualche consigliere regionale del centrosinistra si
trovi più a suo agio di quanto non lo sia rispetto alle posizioni di qualche suo compagno di
schieramento.
Del resto, non poteva che avviarsi un dibattito serio su un tema importante, che riguarda
il diritto della persona, del nascituro, dell'embrione – che è vita, come ha ricordato il collega De Leonardis, fin dal suo concepimento –,
ma anche il diritto alla salute della madre.
È stato evidenziato come la pillola RU486
non sia priva di controindicazioni. In alcuni
casi, essa ha procurato danni gravi, irreversibili, perfino qualche decesso. Né ci sfugge il
dramma che sta dietro ad una scelta così importante. Indipendentemente dal fatto che si
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scelga l’aborto farmacologico o quello chirurgico, la donna vivrà sempre, non senza angoscia,
con il ricordo della morte di un innocente.
Come dicevo, saluto questo dibattito con
soddisfazione, perché è giusto che su questo
argomento il Consiglio regionale si appropri di
una sua funzione. Non era giusto, proprio per
le ragioni che ho esposto, che la richiesta di
sperimentazione della pillola RU486 fosse lasciata alla discrezione di un medico, di un farmacista, di un atto burocratico di un dirigente
amministrativo. Oggi, finalmente, il dibattito
sulla pillola RU486 serve a fare chiarezza e a
cancellare l'ipocrisia legata alla legge n. 194.
Una legge che, è bene ricordarlo, nessuno
vuole cambiare, ma semmai applicare in tutta
la sua complessità.
Oggi il dibattito sulla pillola RU486 impone
una scelta importante alle Istituzioni, ossia se
far prevalere la spinta libertaria della legge n.
194 ovvero la lettera delle sue disposizioni,
mai di fatto concretamente attuate.
Se si condivide – parlo di chi chiede la sperimentazione della RU486 – il primo orientamento, quello libertario, la legge n. 194 deve
essere cambiata.
La somministrazione della pillola andrebbe
comunque preceduta (la legge, al riguardo,
non fa differenza) dall'informazione, dal colloquio dissuasivo previsto dall'articolo 5. Essa,
inoltre, dovrebbe essere assunta in ambiente
ospedaliero o parospedaliero, dove la donna
dovrebbe trattenersi fino al momento dell'espulsione del feto. Questo può avvenire anche
a distanza di giorni, dunque in un tempo superiore al ricovero previsto nel caso di un aborto
chirurgico.
A chi sostiene che la donna potrebbe comunque rivolgersi al medico, in caso di complicazioni, è bene ricordare che i tempi di
un’emorragia non sono sempre compatibili
con un ritorno rapido in ospedale e che qualora, per ragioni di urgenza, la gestante incontri,
in ospedale, un obiettore, mai potrebbe costringerlo ad intervenire.
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Si tratterebbe di completare un aborto,
quindi prevarrebbe il diritto del sanitario all'obiezione di coscienza. In quel caso, non trascorrerebbe tempo prezioso prima che la donna trovi un medico disponibile a curarla?
Si tratta, insomma, di un iter incompatibile
con le regole fissate dalla legge n. 194. Pertanto, chi vuole la pillola RU486, oggi deve dire
chiaramente che intende modificare la legge n.
194 in senso più esplicito e libertario.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Visaggio. Ne ha facoltà.
VISAGGIO. Signor Presidente, colleghi
consiglieri, pur ritenendo proficuo questo dibattito, credo che la questione che stiamo affrontando sia alquanto anacronistica. Da
quando è scoppiata la polemica, la ragione e il
buonsenso stanno portando quasi tutti a condividere la sperimentazione della pillola
RU486, dunque ad esprimersi a favore del metodo farmacologico rispetto all’aborto chirurgico, che comporta notevoli sofferenze per le
donne (per non parlare dei costi più elevati)
Credo che questa questione, che nell'arco di
due mesi si è sopita, sia stata sollevata per motivazioni più politiche che sociali, al contrario
di quello che hanno voluto far credere, nel
corso di questo dibattito, alcuni colleghi di
minoranza.
Ritengo che, a novembre, abbiamo assistito
a un tentativo di strumentalizzazione della cattolicità da parte del Ministro della salute, che
evidentemente – è una mia riflessione – riteneva di poter cavalcare la tigre della cattolicità
per la prossima competizione elettorale e di
riuscire a dividere, su una questione di ordine
pratico, l'elettorato fra cattolici e laici.
Abbiamo assistito a qualche intervento
schietto da parte della Chiesa che, per un certo
periodo, ha alimentato questa posizione, e
credo che questo abbia esaltato qualcuno, per
circa un mese. Quando la strumentalizzazione
è stata capita e la Chiesa ha compiuto una sor-
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ta di retromarcia, per tornare nella sua sfera di
competenza, prendendo le distanze da questo
tentativo di strumentalizzazione, il risultato è
stata una condivisione della sperimentazione
da parte dello stesso Ministro, che prima
l’aveva negata. Nel momento in cui ha accettato e prescritto le limitazioni, indirettamente
ha accettato la sperimentazione.
Avendo ascoltato il dibattito, ritengo che si
possa giungere alla votazione di un solo ordine
del giorno, cercando di trovare una sintesi ed
eliminando alcuni fronzoli, che ci porterebbero
a mantenere comunque posizioni contrastanti.
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo regionale, assessore Tedesco.
TEDESCO, assessore alle politiche della
salute. Signor Presidente, colleghi consiglieri,
ringrazio molto del tenore di questo confronto
e dei contenuti complessivi del dibattito che lo
ha animato. Un dibattito che mi pare – per la
quasi totalità degli interventi – abbia rifuggito
dagli aspetti più radicali della contrapposizione
ideologica, per esporre preoccupazioni, auspici e anche raccomandazioni, che il Governo
regionale non sottovaluterà, a partire dalla
condizione generale del nostro apparato consultoriale, che è decisamente precaria.
Tale condizione dovrà spingerci, ancora
una volta, ad una riflessione comune, per individuare le modalità più appropriate affinché le
previsioni normative della legge n. 194 possano trovare nella nostra regione – così come
avviene nella maggior parte delle regioni italiane, direi anche in quelle più avanzate del nostro Paese, dal punto di vista della tutela socio-sanitaria – un’applicazione tale da rendere
efficace l'impianto complessivo di quella legge.
Si tratta di una legge che, fino ad oggi, effettivamente ha visto di molto ridotta la sua
efficacia, proprio nella direzione delle strategie
di prevenzione dell'aborto e di sostegno a gra-
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vidanze consapevoli, nonché in direzione della
piena realizzazione dei principi della maternità
e paternità responsabili.
Credo che questo sia un limite al quale noi,
purtroppo, sottoponiamo le nostre cittadine e,
più in generale, la nostra popolazione. È un
limite che ci deve mettere nella condizione di
individuare rapidamente una serie di interventi
di rafforzamento delle strutture consultoriali,
pur in presenza dei vincoli di spesa, soprattutto in materia di provvista del personale, che in
qualche modo indeboliscono questa possibile
strategia.
Questa è sicuramente una delle linee di indirizzo sulle quali dobbiamo applicarci e che il
Governo regionale seguirà con grande attenzione e determinazione.
Le tre mozioni presentate e gli interventi
che si sono susseguiti nel dibattito si interrogano non tanto, io credo, sulla difesa della
pratica abortiva. È esattamente il contrario:
nessuno, né da destra né da sinistra, sostiene
di voler difendere la pratica abortiva, ma tutti
sosteniamo l'esigenza di tutelare la salute della
donna nella maniera più efficace e opportuna
possibile, nel momento in cui viene effettuata
la scelta di interrompere la gravidanza.
Ciò, naturalmente, non può prescindere
dall'esperimento delle azioni positive previste
proprio dagli articoli 4 e 5 della legge n. 194,
che attengono, per buona parte, proprio alla
responsabilità dell'attività consultoriale e, comunque, attengono ed appartengono alla responsabilità del medico, che è chiamato – ovviamente nel rispetto del consenso della donna
– a sviluppare tutte le azioni per verificare la
possibilità di superare gli elementi negativi che
possono indurre la donna all'interruzione volontaria di gravidanza.
Pertanto, non è in discussione la posizione
del partito dei filoabortisti rispetto a quella dei
non abortisti. Piuttosto, da questo punto di vista, ho trovato molto centrato l'intervento del
collega Saccomanno, che pur non nascondendo la sua natura assolutamente contraria alla
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pratica abortiva, ha tuttavia riconosciuto con
grande onestà che non si tratta soltanto di una
pratica consentita dalla legge, ma che lo è con
la garanzia della sua attuazione in termini di
massima sicurezza possibile.
Afferma Saccomanno: «Ragionando in materia di RU486, dobbiamo verificare i percorsi
di serietà organizzati per la somministrazione
di questo farmaco». E conclude: «A condizione che vi siano le garanzie di una seria organizzazione delle procedure e di tutti i momenti
attraverso i quali si deve articolare la somministrazione ed il controllo della donna, della paziente, nelle fasi successive alla somministrazione, a queste condizioni è chiaro che è di
gran lunga migliore l'aborto chimico rispetto a
quello chirurgico».
Credo che questa considerazione vada al di
là di tutte le dichiarazioni che sono state riportate in questo dibattito, e che sono state attribuite ai vari soggetti scientifici, che pure sono
intervenuti sulla materia nel corso di questi
anni. Stiamo parlando di un farmaco che è stato sperimentato per la prima volta, sotto forma
di applicazione per l'interruzione della gravidanza, nel 1988, e che successivamente è stato
ammesso all'utilizzazione in numerosissimi Paesi dell'occidente – Paesi nei quali l'autorizzazione alla somministrazione dei farmaci è sottoposta a rigorosi controlli – da oltre quindici
anni.
Ragionare in termini di sperimentazione esclusivamente rispetto alla RU486 significa sicuramente ragionare in termini riduttivi e non
aderenti al contesto generale.
Ho già detto, e mi assumo la responsabilità
di quella dichiarazione, che l'utilizzazione della
RU486 non può essere argomento di discussione in Consiglio, ma per quanto riguarda la
mia responsabilità di assessore alle politiche
della salute mi determinerò in relazione alla
corretta applicazione delle norme in vigore.
Ebbene, intendevo dire che, rispetto ad un dibattito di carattere politico-ideologico – esso
mantiene tutta intera la sua valenza, per il ri-
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spetto che il Governo regionale deve alle diverse posizioni in campo –, vi è l’esigenza di
controllare che determinati percorsi terapeutici, dal punto di vista amministrativo, vengano
attivati nel rispetto delle norme, al fine del
perseguimento dell'obiettivo principale, la tutela della salute.
Come diceva giustamente Silvia Godelli, si
tratta di comprendere attraverso quale modalità terapeutica noi perseguiamo, in maniera più
adeguata, la cosiddetta riduzione del danno.
Insomma, si tratta di capire attraverso quali
certezze assistenziali assicuriamo che chi ha
compiuto la scelta dell'interruzione di gravidanza possa essere garantito nell'accesso alle
pratiche mediche. La garanzia dell’accesso,
nella maggiore sicurezza possibile, alle pratiche mediche deve essere compito istituzionale
della Regione. All’assessore alle politiche della
salute non è dato altro compito; di sicuro, egli
non può interessarsi di questioni di carattere
ideologico. Questa è la scelta che, peraltro,
hanno compiuto quei colleghi delle altre regioni che hanno sostanzialmente provveduto a
questo adempimento.
Abbiamo sottovalutato la serietà con la
quale in Puglia si sono mossi, fino ad oggi, autonomamente quei soggetti che si sono “per
primi” avventurati su questo terreno. Mi prenderò la briga di distribuire, a tutti i colleghi che
me ne faranno richiesta, il protocollo messo a
punto dalla ASL Le/1, che si preoccupa proprio di definire tutti quei percorsi assistenziali
che, in presenza di somministrazione della pillola RU486, devono essere predisposti per garantire, dall'inizio alla fine del percorso somministrativo e nel periodo della possibile manifestazione degli effetti collaterali, l’assoluta
assistenza alle pazienti che hanno utilizzato la
pillola.
In realtà, in Toscana non si è scelta la strada della sperimentazione, ma quella di consentire all'ospedale di Pisa di utilizzare la RU486
attraverso le modalità di acquisizione del farmaco all'estero, ossia dai Paesi europei nei
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quali il farmaco è iscritto nel prontuario terapeutico, senza alcuna esigenza di sperimentazione. A Pisa si è scelto di associare l'utilizzo
del mifepristone, ovvero della RU486, in prima e seconda fase, a farmaci (prostaglandine)
previsti specificatamente per un’azione diretta
alla contrazione uterina. In questo caso, dunque, si utilizza un farmaco iscritto in un prontuario farmacologico di un Paese europeo e un
farmaco iscritto nel nostro prontuario farmaceutico per finalità proprie, specificate nelle
indicazioni dei due farmaci in argomento, senza alcun bisogno di rifarsi a procedure sperimentali.
In Piemonte è stata scelta un'altra strada,
quella di utilizzare, a distanza di 48 ore
dall’assunzione della RU486, una prostaglandina che ha un’indicazione gastrica assolutamente diversa da quella relativa ad uso ginecologico che, tuttavia, si assume possa avere una
maggiore efficacia nella espulsione del prodotto abortivo 48 ore dopo l'assunzione della
RU486. Ora, la normativa vigente nel nostro
Paese prevede che, nel caso in cui determinati
farmaci introdotti sul mercato con una specifica indicazione vengano utilizzati per un obiettivo farmacoterapeutico diverso, essi siano
sottoposti a sperimentazione. Ed ecco che in
Piemonte hanno chiesto, e ottenuto, l'autorizzazione alla sperimentazione.
In Puglia non dobbiamo inventare l’acqua
calda. Anche noi siamo di fronte a queste alternative. Chi, come l’ASL di Lecce, si indirizzerà – attraverso una valutazione estremamente approfondita, i cui risultati troverete nel
documento che posso distribuirvi – verso
l’utilizzazione di farmaci, come la RU486 e la
prostaglandina inserita nel prontuario farmacologico italiano, per le finalità di cui ho detto
prima, non avrà bisogno di chiedere l'autorizzazione per alcuna sperimentazione, ma dovrà
sottoporsi (nella documentazione è contenuto
addirittura il modello di richiesta dell'autorizzazione del medico all'importazione del farmaco) alla disciplina prevista dal decreto ministe-
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riale del 1997 sull’importazione di farmaci
presenti nei prontuari di altri Paesi dell'Unione
Europea.
Ricordo che stiamo parlando, in ogni caso,
di strutture sanitarie, strutture ospedaliere.
Una circolare del Ministro Storace del settembre 2005 ha imposto e circoscritto l'utilizzazione della RU486 unicamente in ambiente ospedaliero, nelle forme del ricovero o del day
hospital, a seconda del modello organizzativo
che viene messo a punto dall'autorità sanitaria
di quel determinato ospedale o di quella determinata Azienda sanitaria locale.
A questo punto, come direbbe un avvocato,
la natura del contendere perde molto dei suoi
contenuti. Qui non si tratta di parteggiare per i
filoabortisti, né per la parte opposta. Si tratta
di garantire un procedimento terapeutico nelle
forme più sicure per chi volontariamente decide di sottoporsi allo stesso. Ciò, naturalmente,
previa consultazione con il medico, la cui presenza deve essere costante in tutto il percorso.
Anche da questo punto di vista, vorrei che
recuperassimo un minimo di obiettività, soprattutto nell'intento di non dare informazioni
sbagliate a chi dovrà scegliere, ossia innanzitutto le donne. La RU486 ha prodotto, tra
Stati Uniti e Canada, dal 2003 al 2005, cinque
decessi, che sono stati determinati da infezione
da clostridium sordellii, quindi da un'infezione
intervenuta nelle condizioni igienico-sanitarie
della paziente, in un momento successivo o
durante la fase abortiva.
Credo che si stia parlando di una percentuale decisamente bassa, decisamente fisiologica, rispetto a un intervento di questo genere.
Se dovessimo considerare, invece, le conseguenze delle interruzioni di gravidanza con il
metodo chirurgico, ci renderemmo conto che,
a parte la traumaticità dell'intervento, le complicanze di questa tecnica risultano notevolmente più elevate.
Pertanto, questo argomento non può essere
utilizzato strumentalmente, come non può esserlo, a mio avviso – e invito chiunque l'abbia
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fatto a essere più prudente in questa direzione –,
l’argomentazione secondo la quale la RU486
favorirebbe il proliferare dell’aborto. Non solo
questo non è giusto, per rispetto dell'intelligenza e della dignità della donna, ma è anche
sbagliato. E lo è ancora di più in una regione
come la nostra, in cui il tasso delle interruzioni
di gravidanza è aumentato e ricomincia a crescere indipendentemente dalla RU486, nonostante il fatto che la flessione che si è determinata, nel resto del Paese, negli anni di attuazione della legge n. 194, si stia confermando
come un dato costante.
Credo che dovrebbero allarmarci alcune caratteristiche specifiche della popolazione femminile pugliese che si sottopone alla pratica
dell'interruzione di gravidanza. Il 58,3% delle
donne che interrompono la gravidanza in Puglia sono coniugate. È il tasso più alto d’Italia,
contro il 42,5% nell’Italia settentrionale, il
43,5% nell’Italia centrale e il 58,1% nell’Italia
meridionale. Siamo, dunque, la regione di punta dell'area geografica nella quale vi è il maggior numero di donne coniugate che si sottopongono all'interruzione volontaria di gravidanza.
Questo significa che, nella nostra regione,
questo metodo viene in qualche modo utilizzato come pianificatore familiare. Qui emerge
con maggiore forza la carenza organizzativa
del sistema, che dovrebbe, invece, intervenire
a livello di educazione sanitaria, di informazione e di conforto, rispetto a scelte alternative che possono e devono, laddove possibile,
essere praticate.
Sempre nella nostra regione registriamo il
tasso più alto di minori che abortiscono. Il
3,8% degli aborti totali sono compiuti da minorenni. Questo è un ulteriore elemento di
preoccupazione, che ci deve indurre a muoverci nella direzione che ho indicato. Per non
parlare, poi, del livello di istruzione della popolazione femminile che si sottopone alla pratica dell’interruzione volontaria di gravidanza:
il 63,6% delle donne hanno ottenuto, al mas-
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simo, il diploma di scuola media inferiore, con
una percentuale del 69,7% di disoccupate, casalinghe e studentesse. Questi dati la dicono
lunga sulle condizioni socio-economicoculturali che, in qualche modo, predispongono
alla scelta dell'interruzione di gravidanza, in
assenza di tutti quegli interventi sociali che –
questi sì – potrebbero essere molto più efficaci
di qualunque crociata al mondo, per contrastare il ricorso alla pratica abortiva.
Signor Presidente, il Governo non ha la
presunzione, e men che meno il titolo, per dichiarare di aderire ad uno dei tre documenti
presentati. In particolare, si esprime nella direzione che ha illustrato l’ordine del giorno della
Margherita, che impegna il Governo ad indirizzarsi verso il rafforzamento delle strutture
di sostegno alla maternità e alla paternità responsabili, la cui carenza è sotto gli occhi di
tutti. Il Governo, per primo, non intende nasconderlo.
L’ordine del giorno sottoscritto dai colleghi della Margherita, dunque, è certamente
accoglibile, anche in quanto estraneo, a mio
modo di vedere, alla parte più ordinatoria
degli atti che il Consiglio è chiamato ad assumere.
Mi auguro di aver fugato, con questo mio
intervento, le perplessità che hanno indotto alcuni colleghi del centrodestra a presentare
quel tipo di mozione. Raccogliendo alcuni
spunti che sono provenuti dal dibattito, anche
dai banchi dell'opposizione, e molte delle riflessioni contenute nell'ordine del giorno dell'altro settore del centrosinistra, credo che si
potrebbe pervenire ad una soluzione unitaria,
che il Governo auspica, nella direzione che si è
sforzato di indicare e nel rispetto delle posizioni che sono emerse nel corso di questo dibattito.
PRESIDENTE. Credo che ci siano le condizioni per elaborare un documento unitario,
se non intervengono pregiudizi di natura politica. Propongo, pertanto, di sospendere la se-
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duta per qualche minuto, per riunire i Capigruppo e tentare una soluzione unitaria.
Nel caso in cui questo non dovesse accadere, si voteranno le posizioni che singolarmente
sono state esplicitate. Tuttavia, anche alla luce
delle dichiarazioni rese dall'assessore Tedesco,
ribadisco la mia convinzione che si possa addivenire ad una posizione comune. Lo dico
anche pensando ai destinatari dei nostri provvedimenti, i cittadini, ai quali è doveroso trasmettere un messaggio chiaro ed efficace.
Non essendovi osservazioni contrarie, sospendiamo brevemente la seduta.
(La seduta, sospesa alle ore 14,35, riprende alle ore 15,30).
PRESIDENTE. Riprendiamo i lavori. Comunico che, in sede di riunione dei Capigruppo, non si è trovata una soluzione unitaria. Ciò
nondimeno, l’ordine del giorno di una parte
del centrosinistra e quello della Margherita
hanno trovato una sintesi nell’ambito di un
documento, che mi accingo a leggere, sottoscritto dall'intera maggioranza di centrosinistra: lo hanno firmato il consigliere Maniglio
per i DS, la consigliera Giuseppina Marmo per
la Margherita, il consigliere Sannicandro per
Rifondazione Comunista, il consigliere Pellegrino per i Socialisti, il consigliere De Leonardis per l’UDEUR, il consigliere Potì per i Socialisti Autonomisti, il consigliere De Santis
per il Partito dei Comunisti Italiani, il consigliere Visaggio per il Nuovo PSI. A sostegno
di questo documento, si sono aggiunte firme
del consigliere Olivieri, del Gruppo Misto, e
dei consiglieri Damone e Surico della Puglia
prima di tutto.
Hanno ritenuto, altresì, di sottoscrivere il
documento l’assessore Introna, il Vicepresidente Mineo e tutti coloro che ne hanno condiviso lo spirito.
Ne do lettura: «Il Consiglio regionale,
atteso
il dibattito consiliare,
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RESOCONTO STENOGRAFICO
approva
le conclusioni dell'assessore alla salute.
Impegna la Giunta regionale
- a reperire le risorse necessarie per potenziare la rete dei consultori familiari e le strutture sanitarie destinate alla più completa attuazione della legge 194/78;
- a porre in essere ogni iniziativa utile a
contrastare efficacemente il fenomeno ancora
persistente e diffuso dell'aborto clandestino;
- a consentire l'utilizzazione delle metodiche esistenti per l'interruzione volontaria di
gravidanza, mettendo in atto, con un’adeguata
azione formativa ed informativa, tutte le misure finalizzate alla tutela della salute della donna».
Comunico che, mentre gli ordini del giorno
del centrosinistra, per autorizzazione ricevuta
dai proponenti, vengono ritirati e compendiati
nel documento del quale ho dato lettura, resta
ovviamente in piedi la mozione dei colleghi del
centrodestra.
Dal momento che alcuni colleghi del centrodestra hanno accettato, dopo il dibattito, di
sottoscrivere il documento comune, immagino
che vorranno fare una dichiarazione per dissociarsi dalla mozione presentata dal centrodestra.
DAMONE. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DAMONE. Signor Presidente, ho sottoscritto questo ordine del giorno con piena
consapevolezza e con grande razionalità. Pur
permanendo le argomentazioni ideologiche
che mi portano ad essere contrario ad un certo
tipo di interruzione di gravidanza, sono
dell’avviso che nella vita civile si debba garantire la libertà di scelta.
Non rinnego la mia formazione culturale e
ideale, né la mia posizione di cattolico, ma allo
stesso tempo non condivido l’atteggiamento di
chi si intestardisce nel portare avanti posizioni
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preconcette, precostituite, e nel volerle imporre agli altri.
La nostra mozione prevedeva l'inserimento
del farmaco nel prontuario farmaceutico nazionale. Nel momento in cui la maggioranza
accetta il suggerimento di modificare il proprio
ordine del giorno, eliminandone alcune frasi,
non posso che essere d’accordo.
In Italia siamo abituati a ragionare sul
piano dalle parole, mentre dovremmo abituarci a discutere sul piano politico sostanziale. Come diceva giustamente il consigliere Potì, se una persona è affetta da cancro e
apprende dell’esistenza di un farmaco che
potrebbe salvargli la vita, è disposta ad andare in capo al mondo per acquistarlo, se
non è iscritto nel prontuario farmaceutico
nazionale.
Alla luce di queste considerazioni di carattere oggettivo, pur non condividendo una certa posizione politica in merito alla tutela della
salute della donna, non mi sento di negare la
mia firma al nuovo documento. Aggiungerei
solo l’espressione “alla luce della vigente normativa”.
PRESIDENTE. Nella prima parte c’è un richiamo alla legge n. 194/78.
DAMONE. Vorrei fare una raccomandazione all'assessore Tedesco, in merito ai consultori familiari. Per esperienza personale, essendo stato dirigente di ASL negli anni passati, posso assicurare che se i consultori non
funzionano è perché non si sa nemmeno dove
si trovano.
I consultori hanno bisogno di personale
qualificato, che incentivi la donna a rivolgersi
a queste strutture, perché è lì che si tutela la
maternità.
Cerchiamo di invertire una tendenza politica nota e di dotare i consultori di personale altamente qualificato, che sia all'altezza del
compito e che possa aiutare veramente le donne a scegliere, in piena libertà.
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RESOCONTO STENOGRAFICO
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione
del documento.
CERA. Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CERA. Signor Presidente, prendiamo atto
che la maggioranza non ha il coraggio di dire
ai cittadini pugliesi che sta per autorizzare la
diffusione della pillola RU486, e si nasconde
dietro un documento che dice tutto e il contrario di tutto. Sembra quasi che si voglia tornare
ai tempi delle fattucchiere e che si voglia distribuire la pillola magari nei bar o nelle stazioni. Insomma, si vuole avviare un meccanismo perverso, che nemmeno il più becero dei
cittadini pugliesi vuole.
Se ne avete il coraggio, dovete scrivere
chiaramente nel vostro documento che state
definendo, in barba alla legge, un meccanismo
per mettere in giro la pillola RU486. I cattolici, in particolare, dovrebbero alzarsi e rifiutarsi
di appoggiare un documento che prende in giro i cittadini pugliesi. State liberalizzando un
meccanismo perverso di cui dovreste vergognarvi.
Per questi motivi, il Gruppo dell’UDC richiama ad un’assunzione di responsabilità chi
afferma di essere cattolico, di professare determinate dottrine, ma poi tenta di mettere
fuori gioco l'intelligenza dei pugliesi.
Noi dell'UDC non voteremo nessun documento.
ZULLO. Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ZULLO. Signor Presidente, la mia dichiarazione di voto, per certi versi, confligge con
la posizione assunta dai miei due colleghi di
Gruppo. Pur condividendo in pieno i primi due
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punti del documento, non posso invece condividere il terzo punto, in quanto non fa alcun
riferimento alle situazioni nelle quali è permesso il ricorso all'interruzione di gravidanza. Così com’è definito, il terzo punto sembra essere
quasi svincolato dalla legge madre che regola
la materia.
SURICO. Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SURICO. Signor Presidente, condivido
questo documento, anche perché non si parla
né di sperimentazioni, né di misure restrittive o
meno. Sicuramente vogliamo che questo farmaco abbia un’autorizzazione ministeriale, che
avremmo anche potuto sollecitare, ma è nelle
cose.
Per maggiore chiarezza, chiederei ai colleghi di aggiungere, alla fine del terzo paragrafo,
dopo le parole “della salute della donna”, le
parole “secondo le vigenti disposizioni di legge”.
PALESE. Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PALESE. Signor Presidente, ho letto con
attenzione il documento, con il quale si impegna la Giunta “a reperire le risorse necessarie
per potenziare la rete di consultori familiari e
le strutture sanitarie destinate alla più completa attuazione della legge n. 194/78, a porre in
essere ogni iniziativa utile a contrastare efficacemente il fenomeno ancora persistente e diffuso dell’aborto clandestino”. Questi i primi
due punti, che riportano due questioni che,
nell’ambito del dibattito, sono apparse condivise.
Il terzo punto, però, non può essere condiviso, in quanto non risolve il problema dei
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problemi. Probabilmente il mio intervento di
questa mattina, forse anche per mia responsabilità, non è stato compreso a fondo. La formulazione del terzo punto del documento consente a chicchessia di fare ciò che l'azienda
produttrice del farmaco non fa da oltre venti
anni nel nostro Paese. Onestamente non si
comprende – lo ripeterò fino alla noia – perché
l’azienda, a tutt'oggi, nonostante le tante sollecitazioni di persone più o meno autorevoli,
non intraprenda la procedura per l’iscrizione
del farmaco nel prontuario farmaceutico nazionale.
Attenzione, non si tratta di un puntiglio, ma
di capire quale importanza dobbiamo dare alla
tutela della donna e alla sicurezza della sua salute. La letteratura internazionale, nei Paesi in
cui questo farmaco è commercializzato, riporta degli incidenti. Qui non è discussione la legge n. 194, non è in discussione la libertà di
scelta di ognuno. È in discussione un principio.
Ricordo che, anni fa, quando scoppiò il caso Di Bella, pur in presenza di farmaci regolarmente iscritti nel prontuario farmaceutico, si
discusse a lungo e si arrivò perfino alla Corte
Costituzionale per sancire la libertà di cura,
che oggi non mettiamo assolutamente in discussione. Ebbene, pur in presenza di farmaci
iscritti nel prontuario farmaceutico nazionale,
un Ministro dell’epoca e una parte politica ne
impedivano l'utilizzazione perché non c’era
l’attestazione di alcuni esperti.
Oggi avviene il contrario: premesso che noi
non discutiamo la libertà di cura, si chiede di
sperimentare un farmaco nonostante non sia
inserito nel prontuario farmaceutico nazionale.
Come ha ben spiegato l’assessore alla salute,
in pratica si può aggirare questa situazione con
il recepimento del regolamento dell'Unione
Europea dell’acquisto dei farmaci all’interno
dei Paesi europei. Da questo punto di vista, ha
fatto bene il Ministro Storace a intervenire,
modificando il decreto, in quanto si stava abusando di questa possibilità.
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Per tutte queste ragioni, non condividiamo
la parte finale del documento. Il giorno in cui
si deciderà di inserire la pillola RU486 nel
prontuario farmaceutico nazionale, nessuno ne
impedirà l’utilizzo. Ai colleghi del centrodestra che hanno firmato il documento, dico che
si sono lasciati ingannare da questa dizione.
OLIVIERI. Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
OLIVIERI. Signor Presidente, non voglio
sollevare alcuna polemica, ma intervengo per
chiarire una questione che mi tocca da vicino.
La mia figura è conosciuta come quella di un
fervente cattolico, sono assolutamente contrario all'aborto, ma devo distinguere la mia figura istituzionale da quella di cattolico.
Ai colleghi che hanno rimproverato alcuni
cattolici, come me, di votare questa mozione,
faccio notare che esiste una legge, che la mia
figura istituzionale mi obbliga a rispettare.
Quello che posso fare è mettere tutte le donne,
anche le meno facoltose, nelle condizioni di
avvalersi di quello che lo Stato offre loro. Ritengo che il documento che ci accingiamo a
votare si muova in questa direzione.
Nell'ambito della legislazione vigente, è
giusto che chiunque voglia avvalersi degli
strumenti che lo Stato mette a disposizione
possa farlo nel migliore dei modi. Ciò non viola in nessun modo la mia morale cattolica. È
mia convinzione che l'aborto non si debba praticare, ma se lo Stato ha permesso con una
legge che ciò accada, è giusto che ciò possa
accadere nelle migliori condizioni possibili. Ritengo che questo documento affermi questo
principio, e per questo voterò a favore.
CONGEDO. Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
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CONGEDO. Signor Presidente, ho letto
con attenzione questo ordine del giorno che ha
trovato la condivisione dell'intero centrosinistra e di parte del centrodestra. Si nota lo
sforzo di conciliare posizioni molto diverse, di
chi ha ribadito di riconoscersi in posizioni più
vicine all’area cattolica e di chi, invece, si attesta su posizioni molto più laiche.
Credo che nella ricerca di questo equilibrio
abbia predominato la parte più laica del centrosinistra. Registro – forse è sfuggito a qualcuno – che nell’ordine del giorno non c'è
nemmeno un riferimento alla difesa della vita.
Si fa riferimento alla completa applicazione
della legge n. 194, si impegna la Giunta regionale “a porre in essere ogni iniziativa utile a
contrastare efficacemente il fenomeno ancora
persistente e diffuso dell'aborto clandestino”,
si fa riferimento al sacrosanto diritto della
donna alla tutela della sua salute, ma non c'è
un solo riferimento alla difesa della vita sin dal
suo concepimento.
Eppure, nel corso del dibattito, alcuni consiglieri di maggioranza hanno affermato di riconoscersi in alcuni valori e hanno richiamato
l’importanza della difesa della vita sin dal suo
concepimento. In questo documento, però,
hanno completamente dimenticato di inserire il
loro bagaglio di valori.
MARMO Giuseppina. Domando di parlare
per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARMO Giuseppina. Signor Presidente,
colleghi consiglieri, mi permetto di dire al consigliere Cera che continuare a chiedersi dove
sino i cattolici altro non è che uno slogan.
Don Milani diceva che le mani in tasca non si
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devono tenere, perché stare con le mani in tasca significa non fare niente. Le mani devono
sporcarsi.
Oggi si è svolto un ampio dibattito, del
quale questo Consiglio e l'intera Giunta terranno conto nella programmazione della prossima legge finanziaria regionale.
Consigliere Congedo, non basta dichiararsi
a favore della salvaguardia della vita. Difendere la vita significa promuovere azioni concrete.
In Inghilterra lo Stato copre quasi interamente
le spese di una ragazza madre che decide di
accettare la gravidanza.
Ho svolto un'indagine nell’ambito del mio
consultorio, ed ho appurato che solo una donna ha chiesto l’interruzione della gravidanza.
All’ospedale, però, si rivolgono tante donne.
Ha fatto bene il consigliere Surico a suggerire di aggiungere le parole “secondo la vigente legislazione”. Avevamo chiesto al consigliere Palese di stilare l’ordine del giorno unitario,
ma si è rifiutato in nome di una battaglia ideologica. San Paolo dice che la verità è nella libertà. Noi vogliamo fare cose concrete, altrimenti non si va da nessuna parte. Questo è
emerso anche dall'indagine svolta dal Ministro
Storace sulla legge n. 194.
PRESIDENTE. Pongo ai voti l'ordine del
giorno condiviso dal centrosinistra e da alcuni
colleghi del centrodestra.
È approvato.
Pongo ai voti la mozione a firma dei consiglieri del centrodestra.
Non è approvata.
Il Consiglio regionale tornerà a riunirsi
martedì 7 febbraio 2006, alle ore 11,00.
La seduta è tolta (ore 16,00).
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Resoconto stenografico - Consiglio Regionale della Puglia