Via XX Settembre, 34- 19121 LA SPEZIA Tel. 0187/77.03.33 - Fax 0187/77.03.41 – email: [email protected] PROGETTO D'ISTITUTO 2013-2014 TEATRO CIVICO – LA SPEZIA VENERDI 3 OTTOBRE, ORE 21 SABATO 4 OTTOBRE, ORE 10 - spettacolo per il pubblico - spettacolo per le scuole TEATRO COMUNALE CHIABRERA Piazza Armando Diaz, 2 SAVONA VENERDI 10 OTTOBRE, ORE 11 VENERDI 10 OTTOBRE, ORE 18,30 - spettacolo per le scuole - spettacolo per il pubblico SUOR ANGELICA di Giacomo PUCCINI Opera in un atto Libretto di Giovacchino Forzano Prima rappresentazione: New York, Metropolitan, 14 dicembre 1918 Personaggi ed Interpreti Suor Angelica Ekaterina kondraskova - Natalia kornach Zia principessa Fulvia Bertoli badessa Chun Wookyung maestra delle novizie Ana Seixas Dias suora zelatrice Laura Ceretti suor Genovieffa Seo Hyungju suor Osmina Laura Novaretto suor Dolcina Lee Youn Ju suora infermiera Mariella Mammì due cercatrici Felicita Brusoni – Claudia Muntean una novizia Son Eun Joo due converse Li Yan – Giulia Bruschi suor Lucilla Arianna Verduri una suora Gledis Gjuzi Miracolo Lorenzo Drago Sturlese ***** MAESTRO DIRETTORE GIOVANNI DI STEFANO REGIA LUCA FERRARIS SCENE-COSTUMI MICHELE OLCESE LIGHT DESIGNER AMERIGO ANFOSSI MAESTRO DEL CORO LUCA STORNELLO DIRETTORE DI PALCOSCENICO MARIA LUISA IOTTI ASSISTENTI ALLA REGIA GIULIA BRUSCHI, CLAUDIA MUNTEAN MAESTRO ALLE LUCI MANUEL PICCIOLO ALLESTIMENTO TEATRO DELL'OPERA GIOCOSA DI SAVONA onlus SARTORIA TEATRALE ARRIGO – MILANO PARRUCCHE MARIO AUDELLO – TORINO TRUCCO DANIELA GIOVANNA CALLERI MACCHINISTA MAURO FRONZI CAPO SARTA PIERANGELA ROTOLO ORCHESTRA E CORO DEL CONSERVATORIO “GIACOMO PUCCINI” Violini Tommaso Bruno, Prof. Ruggero Marchesi, Elisa Pellegrini Giuseppe Alessio D'Inverno,, Federico Urso, Arianna Giannecchini, Mattia Aita, Chiara Crespiani, Edoardo Palandri, Camilla Bonanini Serena Burzi, Prof. Monica Socci, Maria Cozzani, Alessia Di Palma, Michela Puca, Francesca Guerra, Irene Bornia, Maria Khachieva Viole Ignazio Alayza, Sancassan Stefano, Maddalena Vitali Martina Calvano, Cosimo Lippi Violoncelli Gabriele Ferdeghini, Emma Biglioli, Francesco Genovesi, Eugenia Iori, Nicolò Zappavigna Contrabbassi Sofia Bianchi, Prof. Riccardo Donati, Michele Santi Flauti Rita Maggiani, Anna Maria Annunziata Oboi Prof. Marco Vittorio Rossero, Mattia Ciampi Clarinetti Francesco Bernardini, Veronica Nosei, Luca Bianchi Fagotti Sofia Bartolini, Prof. Davide Maia Corni Giacomo Giromella, Mirco De Mattei Trombe Michele Tienni, Nicolò Machetti, Giulia Noceti Trombone Bogdan Andruschenko Strumenti a percussione Gianluca Minguzzi, Giacomo Tongiani, Luca Manfredini Arpa Valentina Vatteroni Pianoforte Nicolò Ricci Strumenti sul palco Laura Basteri, flauto – Prof. Luca Stornello, organo CORISTI Ekaterina Kondrashova, Natalia Kornach, Giulia Bruschi, Seo Hyungju, Li Xiaozhou, Lee Youn Ju, Felicita Brusoni, Son Eun Joo, Li Yan, Alice Salvadori, Laura Ceretti, Ana Seixas Dias, Mariella Mammì Dimitri Betti, Nicolò Ciuffi, Marco Del Pasqua, Francesco D'Antoni, Emanuele Menconi, Luca Innocenti Maria Gabriella Ghigliazza – Presentazione Giacomo Puccini (Lucca, 1858 – Bruxelles, 1924), discendente da un'antica famiglia di musicisti, è il più importante compositore d'opera italiano dopo Verdi. Le sue dodici opere ottennero successi e quasi tutte sono rappresentate ancora oggi nei teatri del mondo. Puccini, uomo di teatro, possedeva spiccate doti musicali e poetico-letterarie. Sempre alla ricerca di soggetti che toccassero l'interesse del pubblico, si dimostrò esigente con i propri librettisti, tanto da imporre soluzioni metriche e modifiche nel testo. Per quanto riguarda la composizione della musica, Puccini procedeva lentamente fra interruzioni e trascorrendo mesi per la maturazione delle idee musicali. Con il Trittico siamo nella piena maturità e l'idea risponde ad una tripartizione che, attraverso il verismo (Il Tabarro) e il dramma borghese e sentimentale (Suor Angelica) perviene al comico (Gianni Schicchi). Esso viene rappresentato per la prima volta al Teatro Metropolitan di New York il 14/12/1918. L'opera interpretata dai giovani allievi del Conservatorio, è Suor Angelica, un lavoro tutto al femminile su libretto di Giovacchino Forzano: una novità, anche se esiste un precedente in Le Jongleur de Notre Dame di Massenet (1902), per voci tutte maschili, che finisce in maniera analoga con un miracolo. La vicenda si svolge completamente all'interno di un monastero nel XVII secolo. La partitura si apre con una “Ave Maria”, un canto sommesso innalzato dalle monache dall'interno della cappella. Il compositore riesce a portare avanti l'azione con abili trovate orchestrali che esprimono i momenti della giornata delle monache e le dure regole della vita di clausura, fatta di privazioni e umiliazioni. Ma è con la caratterizzazione dei due personaggi principali, la Zia principessa e Suor Angelica, che si sviluppano le migliori idee compositive del Maestro. Suor Angelica è in genere accompagnata dai violini e alcune volte dal corno inglese, mentre i violoncelli e i contrabbassi descrivono la crudele, odiosa e bigotta nobildonna. L'ingresso in scena della figura antagonista di Angelica, la Zia principessa, introduce una dimensione di drammaticità nella vicenda. Su un pizzicato dei bassi si sviluppa una minacciosa figura cromatica dei corni che, quando la principessa comincia a cantare, si estende a tutta l'orchestra. Nella sua fredda crudeltà questa figura è stretta parente di Scarpia, di Michele, o di Rance. Il duetto inizia e finisce con note ribattute, fredde ed inespressive, la cui inumanità raggiunge il massimo grado quando dà la notizia della morte del bimbo ad Angelica, scatenandone la più cupa disperazione. Alla partenza della Zia principessa segue l'assolo di Suor Angelica “Senza mamma”. Si tratta di uno dei pochi numeri chiusi di tutta la produzione di Puccini, nel quale si notano tre stati d'animo: il lamento iniziale che descrive l'angoscia di madre addolorata, l'inno lento e grave che rappresenta la visione estatica del bimbo divenuto un angelo e l'ansia di morire con la volontà di raggiungere il figlio in cielo. Per gli ultimi quindici minuti dell'opera, la musica è tutta una lode e un'invocazione a Maria. Suor Angelica si avvelena, ma subito si rende conto del suo orribile gesto. Il finale è teatralmente emozionante con gli Angeli, la “Regina Virginum” che presenta un bimbo alla morente, la luce sfolgorante del miracolo che la accoglie in cielo. Luca Ferraris - Note di regia In Suor Angelica c’è il dramma di una giovane donna rinchiusa in un convento dalla propria famiglia, dopo aver messo alla luce un figlio illegittimo. Questo trauma legato a quello della maternità negata portano Suor Angelica a trovare un proprio posto all’interno della comunità religiosa, coltivando erbe officinali, trovando però una sorta di isolamento all’interno delle mura claustrali, pur rimanendo totalmente dedita alle necessità delle consorelle. Dolori e traumi repressi e soffocati che tornano alla luce dopo l’incontro con la zia Principessa, tanto da indurre la giovane donna a compiere un atto estremo: il suicidio; abbandonare la vita terrena e congiungersi al figlio in cielo. Con questo allestimento ho voluto sottolineare il dramma straziante di una giovane che, obbligata a soffocare il naturale desiderio di essere madre, porta ogni sua azione all’estremo. Michele Olcese - Trama Atto unico In un monastero, sul finire del XVII secolo. Da sette anni Suor Angelica, nata in una famiglia aristocratica, ha abbracciato la vita monastica per espiare un peccato d’amore: frutto di quel peccato un figlio, strappatole alla nascita e di cui lei, da allora, non ha notizie. Le giornate nel monastero passano lentamente, scandite soltanto dalle campane che regolano, inflessibili, la vita di clausura. Due converse vengono punite per il ritardo, Suor Osmina viene rinchiusa nella sua cella per avere nascosta due rose nelle maniche. Solo Genovieffa mostra allegria, entusiasta alla vista di un raggio di sole: solo poche volte infatti, a causa dei rigidi orari delle funzioni, alle suore capita di assistere al tramonto. Tre sere, sempre di maggio. Le monache si rendono allora conto che è passato un anno dalla morte di una di loro e Genovieffa le invita a portare sulla tomba un secchiello d’acqua di fonte. Angelica le ricorda che i morti non coltivano desideri, ma hanno finalmente trovato la pace. Ecco allora venir fuori i sogni segreti: a Genovieffa, che pascolava le pecore prima di entrare in convento, piacerebbe più di ogni altra cosa vedere un agnellino, mentre suor Angelica, interpellata, dichiara di non avere desideri. Ma le sue compagne sanno che ella mente e narrano sottovoce quanto sanno sul suo conto, alludendo alla sua origine e alla sua punizione. Il pettegolezzo viene interrotto dalla suora infermiera, che chiede ad Angelica, esperta di erbe, un rimedio per suor Chiara, punta dalle vespe. Rientrano poi le cercatrici portando buone provviste, che scatenano la gola di suor Dolcina. Mentre tutte spiluccano un tralcetto di ribes, la cercatrice descrive una ricca berlina parcheggiata fuori del parlatorio: subito Angelica viene colta dall’ansia, che cresce fino a che la campanella annuncia una visita. Tutte le monache attendono, ma Genovieffa si rivolge ad Angelica, che se ne sta tormentata in un angolo, e a nome di tutte le augura che sia quella visita che attende da tanti anni. La Badessa chiama Angelica. Questa è visibilmente turbata, e viene invitata a calmarsi. Entra la vecchia Zia Principessa, altera, e comunica alla nipote che la sorella minore è in procinto di sposarsi: è venuta quindi a farle firmare una carta per dividere il patrimonio da lei amministrato dopo la morte dei genitori. Angelica invoca la sua clemenza, ma la zia prosegue implacabile, ricordandole il disonore che ha gettato sulla famiglia. Spiega poi all’infelice che, quando si raccoglie in preghiera, le riserba un solo pensiero: che abbia a espiare la colpa commessa. Ma Angelica, affranta, è tormentata dal desiderio di avere notizie del bambino. Prima di uscire, la Zia Principessa le rivela che il piccolo è morto a seguito di una malattia incurabile. Angelica dà sfogo allora a tutta la sua atroce disperazione. Non le resta che preparare una pozione di erbe velenose per togliersi la vita e dare addio al piccolo mondo che l’ha ospitata per sette anni. Beve. Ma all’improvviso si spaventa per un gesto che è contro la volontà di Dio. Mentre sta per spirare le appare, come in una visione, la Vergine, che la perdona e che spinge verso di lei il bambino.