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IL SIGNOR ROSSI
E LA COSTITUZIONE
L’Italia per articoli, un’assemblea popolare,
un vero e proprio delirio organizzato, 90
serate, 125 mila spettatori, un unico protagonista: la Costituzione Italiana. Queste le basi del
nuovo spettacolo del dissacrante Paolo Rossi, che ha
incontrato il pubblico del Corriere della Sera e di
ViviMilano per raccontare come nasce questo spettacolo che parte dalla Costituzione, arrivando ai
sogni, ai bisogni e a quelle piccole e grandi incertezze della vita quotidiana.
Noi di Nuvola siamo andati all’appuntamento,
mischiandoci tra fan e giornalisti, gustandoci le
risposte di Paolo Rossi che, tra risate e cose serie,
non ha potuto non confermare la sua particolare e
geniale ironia.
A rompere il ghiaccio è Giuseppina Manin del
Corriere Della Sera, ma pian piano anche alcuni tra il
pubblico si sono fatti avanti, come una ragazza che
senza troppa timidezza gli ha domandato che cosa
gli avrebbe dovuto dare per portarselo a casa!
Giuseppina Manin del Corriere Della Sera. Oggi
la Costituzione è molto di moda, molto attuale,
ma due anni fa quando hai iniziato non se ne
parlava molto. Come ti è venuto in mente di utilizzare questo testo per il tuo spettacolo?
Paolo Rossi. Diciamo che non ho la “mia stanzetta” dove scatta una magia particolare. Io credo
che le idee migliori, soprattutto per un teatrante,
vengano dalle cose più semplici, spesso le trovo
anche per strada. Siccome la mia vita è abbastanza
anormale, cerco di renderla normale quando posso;
quindi esco, vado a fare la spesa, prendo la metro,
salgo sul tram, mi fermo a chiacchierare per strada,
staziono nei bar dove si parla molto e ci si lascia
anche andare, soprattutto nell’ora dell’aperitivo. E
quest’idea è venuta proprio da lì come tutte le idee
migliori, sono già in giro, non c’è bisogno di inventarsele, si trovano! Anche perché il teatro è un
luogo vivo, dove si incontrano persone vive, che
incontrano altre persone vive, che parlano di cose,
si raccontano storie. Ed è da qui che si parte, alla
ricerca di quel qualcosa che portato in teatro accomuni tutte le facce e le storie che hai sentito.
M. Deve essere stato divertente rendere teatrale un
testo fatto solo di articoli?
R. Si! La scelta stessa della Costituzione è un gesto
comico, ma non perché la Costituzione sia comica,
intendiamoci. È comica la frattura tra quello che c’è
scritto e la realtà che viviamo. Basta prendere un
articolo a caso, leggerlo e scatta la risata ancora
prima che venga elaborato il tema.
M. Ci puoi fare un esempio?
R. Mah…! Per esempio, il terzo dice che siamo tutti
uguali davanti alla legge, senza distinzioni di razza,
religione, ecc... Non è tanto questo che fa ridere,
quanto più lo scarto che c’è tra l’articolo e quanto
succede; ma ce ne sono molti altri che diventano
PAOLO ROSSI HA
INCONTRATO IL PUBBLICO
PER RACCONTARE IL SUO
NUOVO SPETTACCOLO.
ANCHE NUVOLA HA
PARTECIPATO ALL’EVENTO,
E IN QUESTE PAGINE VE NE
RIPROPONE I MOMENTI
SALIENTI
di CHIARA MARINONI, CRISTIAN COLONNA
[email protected] [email protected]
delle vere e proprie macchine drammaturgiche. Per esempio il 17 e il 18, che ci permettono di riunirci, dato preavviso, pacificamente, tipo questa sera. Io avviso sempre, metto
i manifesti, la gente avvisa a casa e tutto si svolge alla luce
del sole, non so se mi spiego... Poi c’è il 70, per il quale se
c’è qualcosa che non ci è piaciuto, possiamo rivolgere delle
lamentele, dare suggerimenti o quant’altro. Senza molte
alterazioni e rispettando lo spirito della Costituzione si riesce a far scattare il meccanismo del teatro ed è su questo
che si muove tutto il mio spettacolo. Dopo di che ogni serata si sviluppa in maniera diversa, perché se io parlo dell’articolo 6, pensando ai suoi principi fondamentali sulla tutela
delle minoranze linguistiche, è chiaro che a Bolzano si scatena movimento in sala. Se a Palermo o a Napoli, parlo del
Paolo Rossi ha di recente incontrato il pubblico per presentare e discutere
il suo nuovo spettacolo, Il signor Rossi e la Costituzione.
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lavoro, ovviamente, il discorso va avanti per ore.
M. Questo spettacolo ti piace chiamarlo
“Assemblea” piuttosto che spettacolo teatrale.
Come mai?
R. Si, è vero... A differenza degli altri, questo mi
piace definirlo un’adunata popolare, un delirio
organizzato, che per me equivale a improvvisare. E
l’improvvisazione richiede molte regole, esattamente come la Costituzione, che è un testo pieno di
regole. Non appena parto con l’improvvisazione,
nemmeno io capisco se sto parlando della
Costituzione o se sto facendo teatro. È molto divertente!
Pubblico. Ciao Paolo! Volevo chiederti… Cosa devo
darti per portarti a casa?
R. Mmm... Beh, qualsiasi cosa tu mi dia non è che
fai un grande affare, comunque vengo anche se
non mi dai niente. (Risata di mezz’ora in sala).
P. Ok, ora vado con la domanda seria. Prima hai
detto che molte idee sono già per strada e che
basta saperle trovare. Tu che vivi a Milano, cosa
trovi oggi per strada, cosa capti qua a Milano?
R. Milano è una città che ho difeso molto. È come
una donna non bella, anzi decisamente brutta, ma
non riesci a spiegare agli amici perché ti piace: ha il
suo fascino e le sue potenziali attrattive. Dopo
tanto tempo, però, questa donna è diventata un
po’ arrogante, individualista, non pensa molto a
me, si è un po’ arrugginita, ma le voglio bene lo
stesso.
P. Credi che basterebbe farle un lifting?
R. “Lifting” è un concetto molto difficile, che può
diventare un problema per un comico, perché io so
di chi stai parlando: è un mio collega. C’è una regola fondamentale nel cabaret, per cui dopo un tot di
anni, un attore, un comico, deve cambiare la sua
cosiddetta maschera, altrimenti sarebbe sempre la
stessa solfa… Ecco, diciamo che questo mio collega
ha preso questa regola un po’ troppo alla lettera.
P. Tu che sei un esperto di comunicazione, come
mai i ciarlatani hanno questo grande successo?
R. Secondo me tutto parte da un presupposto fondamentale, che è quello di rincoglionire un popolo,
creando dei modelli di comunicazione che a lungo
andare dicono tutto e il contrario di tutto. Per
esempio, uno fa una battuta, il giorno dopo dice:
“No, no, scherzavo!”, il giorno dopo: “No! Però un
po’ lo penso”, il quarto giorno dice: “No! Ma questa cosa comunque la pensano tutti gli italiani e io
l’ho detta”, o cose del genere... Oppure invertendo
il senso delle parole: oggi si parla di missione di
pace, poi di azione di guerra, non si capisce bene la
differenza; ti dicono: “facciamo la guerra preventiva”... Cosa vuol dire guerra preventiva? Che io devo
fare preventivamente la guerra a te che presumo
essere un terrorista, ma se anche il terrorista ragiona così allora ti mette la bomba preventiva ancora
prima che tu gli faccia la guerra preventiva. Quindi,
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tutta questa confusione nella comunicazione, nel
linguaggio, tutta questa propaganda di modelli
molto poco morali, che non hanno niente a che
fare con il valore dell’uomo, tutto questo ha fatto
sì, che i ciarlatani avessero fortuna, diventando
come attori. Ormai, quando guardo i politici (e questo vale da sinistra a destra), mi rendo conto che un
motto di spirito in un talk show vale molto di più di
una proposta concreta, perché questa è noiosa,
richiede pensiero. Una volta le cose erano diverse,
perché c’era il Re e il buffone: il Re faceva il Re e il
buffone il buffone. Oggi il Re vuol fare tutto lui!
P. Come pensi che sia cambiata Milano nella sua
cultura?
R. Beh... Io posso parlare per il cabaret. Milano è
sempre stata la palestra del cabaret, dell’ilarità e
della follia, un posto dove arrivavano attori
pazzi/atipici, che proponevano modelli linguistici o
di comportamento irripetibili in altre parti d’Italia.
Questo ha caratterizzato Milano, rendendola una
città culturalmente viva dal punto di vista del comico. Una volta non c’erano
tutte queste televisioni, ce
n’erano due o tre e prima
che qualcuno si accorgesse di te potevano passare
anche dieci anni. Oggi la
televisione permette a
un comico di avere successo in tre mesi, con tre
minuti secchi e un tormentone ovvio, totalmente diverso dalla
comicità. È un’altra
cosa, una situazione
che all’inizio può
anche non piacere,
perché è un esperimento, però se lo
stesso tipo di spettacolo si fosse fatto
in un locale sui navigli della vecchia “Milano da
bere”, con i suoi frequentatori abituali, ci sarebbe
stato tutto un altro impatto col pubblico: il comico
ha il tempo per sbagliare, correggersi e anche studiare il personaggio. Con la TV invece tutto viene
sbattuto in faccia alla gente velocemente, bello o
brutto che sia, al massimo può essere cambiato un
po’ nella puntata dopo. Secondo me è un po’ un
impoverimento culturale per il cabaret, tant’è vero
che oggi quei locali milanesi dove i più grandi artisti sono diventati quello che sono, non ci sono più.
È rarissimo trovare del cabaret fatto ancora alla vecchia maniera, nel tuo localino con i frequentatori
abituali, quel cabaret della “Milano del cabaret”,
per usare un gioco di parole. E tutto ciò che passa
per trend è un riferimento televisivo, una cosa non
più studiata o scoperta dal comico magari sul
momento, ma viene gestito da un cast di persone
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che assemblano e organizzano il meccanismo del
cabaret televisivo. Comunque, nonostante tutto,
non credo che la televisione vada spenta, anzi, a me
piace la televisione, il problema sta nell’equilibrio
tra le cose.
P. La Costituzione è sicuramente il frutto del lavoro
di persone di buon senso e di grande cultura che
hanno a loro tempo lavorato seriamente per predisporre il futuro di un popolo. La domanda è questa:
alla luce delle recenti leggi fatte dalle nuove persone, credi che i grandi padri della Costituzione si
stiano rigirando nelle tombe?
R. Naturalmente! Anche perché c’è sempre poca
chiarezza nella comunicazione e nel lavorare di
certe persone: io credo che la gente non comprenda appieno quello che sta succedendo. Quando ho
iniziato a fare questo spettacolo, vedevo che la
gente non era preparata; man mano che sono
andato avanti con la tournée, e ormai sono due
anni, ho notato il cambiamento, anche grazie
all’impegno di alcuni comuni o alcuni teatri, che
davano un libretto di istruzioni all’ingresso del teatro, come per il melodramma. Insomma, ho notato
una crescita di consapevolezza. D’altro canto, la
Costituzione italiana, per come è composta, mi
rende veramente orgoglioso di essere italiano. Io
non sono nazionalista, intendiamoci, eccetto come
tutti o quasi in presenza dei mondiali, ma la
Costituzione è una poesia sociale che credo in qualcosa di più del semplice rivoltarsi nella tomba.
L’articolo due, cioè il secondo in graduatoria, dice
che la solidarietà è un dovere inderogabile nella
nostra società e avere un libro di regole che pone
«Molti ci chiedono come mai noi
comici sembriamo capire i reali
bisogni della politica del nostro
popolo e i politici stessi no…
Ecco, io credo che se tutti
questi nostri politici passassero
più tempo in strada capirebbero
molto più in fretta e chiaramente.
La politica è un lavoro che si
occupa degli altri e per farlo devi
farlo per strada, devi vivere
i problemi veri»
questo concetto subito dopo il primo articolo, beh...
Questo mi rende orgoglioso di essere italiano. Per
una persona normale, semplice, la Costituzione è un
libro semplice scritto in difesa degli interessi di tutti
e per la salvaguardia di quelli che sono più in difficoltà. E se vogliamo approfondire ancora, ti dirò
che Pericle, che era un comico ateniese del 400 a.C.
fondatore dello spirito cabarettistico della democrazia, diceva che nessuno ad Atene quando si occupa
dei pubblici affari trascura le proprie vicende private, ma soprattutto, nessuno si occupa dei pubblici
affari per risolvere le proprie questioni private.
Questo è stato scritto nel 400 a.C….
P. Volevo chiederti… Perché non dai un contributo
un po’ più forte alla sinistra?
R. Molti ci chiedono come mai noi comici sembria-
Nelle immagini alcuni momenti della serata in cui Paolo Rossi ha incontrato
il pubblico. Foto di Massimo Barbaglia, tratte da www.vivimilano.it
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mo capire i reali bisogni della politica del nostro
popolo e i politici stessi no… Ecco, io credo che se
tutti questi nostri politici passassero più tempo in
strada capirebbero molto più in fretta e chiaramente. La politica è un lavoro che si occupa degli altri e
per farlo devi farlo per strada, devi vivere i problemi veri. La politica, per certi versi, è come un gioco
e io temo che i signori della sinistra si siano innamorati molto più delle regole del gioco che non del
gioco stesso. Questo non fa bene perché, alla fine,
tornando al discorso dell’impoverimento della
comunicazione, secondo me si ritroveranno allo
stesso livello di tutto il resto della politica.
P. Se ti dovessero chiedere di andare in Iraq a fare
uno spettacolo per i nostri soldati, ci andresti?
R. No! Andrei in Iraq a fare uno spettacolo per
tutti, se poi vogliono venire anche i soldati ben
questo articolo sembri non esistere…
R. Io nel ‘73 facevo lo studente a Ferrara in una
scuola pubblica e lottavo per combattere i privilegi
delle scuole private. Acqua sotto i ponti ne è passata e ultimamente è tornata anche indietro. Io credo
che la scuola sia più importante di tutto. Mi dispiace che molto spesso nelle scuole manchino strutture, mezzi o attrezzature e si finisca con l’impoverire
l’insegnamento che invece potrebbe essere più ricco
e più utile a uno studente.
P. Per concludere, vorrei chiederti se c’è un altro
testo che ti piacerebbe prendere per uno spettacolo
come questo o gli altri che hai già fatto.
R. Non saprei, anche perché non è una cosa che
decido in base alla bellezza di un testo. In genere, il
tutto parte dal momento in cui riesco a concedermi
un po’ di vita normale, quando smetto di essere un
venga, anche perché quando faccio uno spettacolo
non lo faccio mai per un pubblico particolare.
Nonostante io faccia la parte del comico di sinistra,
amo che vengano persone che la pensano diversamente da me, e non solo politicamente, altrimenti
mi sentirei un po’ come il medico consolatore per
chi la pensa come me. E poi, visto ho recitato in
polacco, potrei farcela anche in iracheno.
P. Tornando un attimo alla Costituzione, gli articoli
33 e 34 parlano del diritto allo studio. Volevo sapere cosa ne pensi sopratutto di come parecchie volte
commediante, quando mi mischio alla vita comune,
quella semplice, e riscopro tutte quelle realtà e
quelle particolarità più nascoste, quelle della gente
della strada. Sono quelle le cose vere su cui ragionare, ed è in quel momento che trovo idee e spunti.
Dopo cerco il modo migliore, il più adatto, per raccontare determinate situazioni, che possono essere
divertenti o tristi e spesso mi accorgo che hanno
delle similitudini con un testo famoso oppure che se
raccontate in chiave shakespeariana, possono essere
valorizzate e più divertenti. Il contrario non mi
viene, non riesco a prendere un testo e a crearci su
delle storie inventate per farci uno spettacolo. Tutto
per me deve nascere dalla vita reale, poi rielaboro il
tutto in chiave teatrale, e questo è l’unico modo per
comunicare agli altri quello che vedo e come la penso.
«Non riesco a prendere un
testo e a crearci su delle storie
inventate per farci uno spettacolo. Tutto per me deve nascere
dalla vita reale, poi rielaboro il
tutto in chiave teatrale»
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il signor rossi e la costituzione