Corso
di
Laurea
in
Scienze
Motorie
e
Sportive
2012/13
Dispense
della
disciplina
Karate
M°
Fabio
Ventura
‐
M°
Emiliano
Mazzoli
Università
degli
Studi
di
Cassino
e
del
Lazio
Meridionale
INDICE
KARATE
–
ORIGINI
E
SIGNIFICATO
DEL
NOME
3
REIGI
–
IL
SALUTO
4
DOJO
KUN
6
SISTEMA
DI
GRADUAZIONE
8
REGOLAMENTO
SPORTIVO
Classi
di
età
Kumite
Kata
9
9
9
13
TECNICHE
E
POSTURE
PRINCIPALI
16
KATA
PINAN
NIDAN
27
KATA
HEIAN
SHODAN
28
MAGGIORI
INFORMAZIONI
29
CONTATTI
29
2
KARATE
–
ORIGINI
E
SIGNIFICATO
DEL
NOME
Il
Karate
è
un'arte
marziale
a
mani
nude
sviluppatasi
nell'isola
di
Okinawa,
nell'arcipelago
delle
Ryu
Kyu,
e
originata
dalla
fusione
tra
metodi
di
combattimento
nati
nell'isola
e
tecniche
similari
di
origine
cinese.
Le
sue
radici
(1400
circa)
si
fanno
risalire
all'ormai
famoso
tempio
cinese
di
Shaolin,
nel
quale
la
pratica
delle
prime
arti
marziali
risale
al
VII
secolo.
Questo
metodo
di
combattimento,
basato
su
colpi
di
pugno
e
di
mano
diretti
e
circolari,
calci,
proiezioni
ed
immobilizzazioni,
era
inizialmente
finalizzato
all'autodifesa
contro
le
aggressioni
dei
briganti
e
dei
militari
degli
eserciti
di
occupazione,
prima
cinesi
e
poi
giapponesi,
che
avevano
proibito
agli
isolani
il
possesso
di
qualsiasi
arma.
Agli
inizi
del
XX
secolo,
un
maestro
di
Okinawa,
Gichin
Funakoshi,
presentò
il
Karate
in
Giappone
con
dimostrazioni
nelle
principali
città
dell'arcipelago,
seguito
da
altri
maestri
che
nel
frattempo
avevano
lasciato
l'isola
di
Okinawa
con
lo
stesso
scopo.
Grazie
al
successo
riscosso
da
Funakoshi,
il
Karate
si
diffuse
rapidamente
in
tutto
il
mondo.
In
questo
periodo
il
Karate,
integrandosi
con
il
Budo
giapponese,
divenne
Karate
Do,
“Via
del
Karate”,
trasformandosi
così,
da
metodo
di
combattimento
esclusivamente
utilitaristico,
in
Do
cioè
“Via”
di
sviluppo
fisico
e
spirituale.
Il
termine
Karate
è
scritto
ricorrendo
a
due
kanji
(ideogrammi),
il
primo,
Kara,
significa
vuoto
mentre
il
secondo
Te
significa
mano.
Il
kanji
kara
può
essere
interpretato
in
due
modi.
La
prima,
e
più
conosciuta,
definizione
(anche
se
è
la
meno
sottile)
ricorda
che,
attraverso
la
pratica
del
Karate
vengono
studiate
tecniche
di
autodifesa
senza
uso
di
armi
che
non
siano
mani,
piedi
ed
altre
parti
del
corpo
umano.
La
seconda
definizione
rispecchia,
invece,
la
filosofia
delle
arti
marziali
e
della
spiritualità
orientale,
bene
espressa
dalle
parole
del
M°
Gichin
Funakoshi:
«Come
la
superficie
lucida
di
uno
specchio
riflette
tutto
ciò
che
le
sta
davanti
ed
una
valle
silenziosa
riporta
ogni
più
piccolo
suono,
così
il
praticante
di
Karate
deve
rendere
il
proprio
spirito
vuoto
da
ogni
egoismo
e
malvagità
in
uno
sforzo
per
reagire
convenientemente
dinnanzi
a
tutto
ciò
che
può
incontrare.
Questo
è
il
significato
del
termine
Kara,
o
vuoto,
in
Karate».
L’antico
nome
del
Karate
era
to
de,
“la
mano
(te
o
de)
della
Cina
(to)”
o
più
semplicemente
te
o
de.
L’ideogramma
to
si
pronuncia
anche
kara
e
all’inizio
del
XX
secolo
ha
incominciato
ad
essere
impiegata
questa
pronuncia:
kara­te,
“la
mano
(te)
della
Cina
(kara)”.
Il
termine
te,
o
de,
letteralmente
“mano”,
ha
anche
il
significato
di
“arte”
o
“tecnica”.
L’uso
della
pronuncia
kara
permetteva
di
giocare
sul
doppio
senso
perché
kara,
in
giapponese,
significa
anche
“vuoto”,
ma
è
scritto
con
un
altro
ideogramma.
Il
cambiamento
dell’ideogramma
corrispondente
al
suono
kara
si
spiega
in
due
modi
complementari:
da
una
parte
il
termine
kara,
che
significa
“vuoto”
nell’accezione
del
buddhismo
zen,
ha
in
giapponese
una
maggiore
profondità,
dall’altra
il
termine
“mano
cinese”
non
andava
d’accordo
col
nazionalismo
giapponese
di
inizio
secolo.
Questa
nuova
forma,
kara­te,
“mano
vuota”,
si
è
diffusa
nel
corso
degli
anni
Trenta,
nel
momento
in
cui
i
grandi
maestri
di
karate,
arrivati
dalla
piccola
isola
di
Okinawa,
cercarono
di
inserire
la
loro
arte
nella
più
vasta
tradizione
del
Budo
(insieme
delle
arti
marziali
dei
guerrieri
giapponesi).
3
REIGI
–
IL
SALUTO
La
parola
Reigi
礼儀
è
composta
dai
kanji
REI
e
GI;
quest’ultimo
col
significato
di
“convenzione
o
obbligo
sociale”.
Rei
significa
ringraziamento,
saluto
e
‐
nello
specifico
‐
inchino.
Il
Rei
è
un
concetto
fondamentale
per
tutte
le
arti
marziali
di
origine
giapponese
in
quanto
espressione
della
cortesia,
del
rispetto
e
della
sincerità.
Il
saluto
non
simboleggia
una
superficiale
manifestazione
di
educazione,
ma
un
lavoro
completo
sulla
persona:
la
ricerca
di
una
migliore
adesione
alla
via
(Do
道).
La
postura
da
assumere
prevede
l’allineamento
perfetto
del
ventre,
del
busto
e
della
testa,
centri,
rispettivamente,
della
volontà,
dell’emotività
e
dell’intelletto.
La
posizione
del
saluto
è
inizialmente
verticale
ed
esprime
la
“via
spirituale”;
si
inclina
poi
orizzontalmente,
ad
indicare
la
“via
materiale”;
tanto
più
è
profondo
l’inchino
tanto
maggiore
è
rispetto
portato
nei
confronti
di
chi
lo
riceve.
Al
momento
di
entrare
nel
dojo
bisogna
salutare
con
un
inchino
discreto
e
sincero
rivolto
alla
“sede
superiore”
(kamiza)
e
lo
stesso
inchino
deve
essere
eseguito
ogni
volta
che
i
praticanti
si
pongano
di
fronte
o
eseguano
un
esercizio
di
forma
(kata).
Il
saluto
si
può
eseguire
sia
in
piedi
che
in
ginocchio.
Ritsurei
­
saluto
in
piedi
Il
saluto
in
piedi
(ritsurei,
立礼
in
giapponese)
deriva
dal
saluto
consuetudinario
giapponese
e
viene
eseguito
unendo
prima
i
talloni,
mantenendo
il
busto
e
la
nuca
ben
eretti
e
portano
le
mani
con
le
dita
tese
e
serrate
lungo
le
cosce;
questa
posizione
va
mantenuta
fino
a
che
lo
stato
d’animo
si
sia
fatto
calmo
e
consapevole,
quindi
si
piega
poi
in
avanti
il
busto
ed
infine
si
torna
in
posizione
eretta.
Zarei
­
saluto
in
posizione
inginocchiata
Quando
sta
per
cominciare
la
lezione
gli
allievi
si
allineano
per
grado
(il
grado
più
alto
all’estrema
4
destra)
lungo
la
“sede
inferiore”
del
dojo
mentre
il
maestro
è
solito
sedersi
di
fronte
a
loro
nella
“sede
superiore”.
Dopo
che
il
maestro
si
è
seduto
o
da
il
comando
gli
allievi,
dal
grado
più
alto
al
più
basso,
si
siedono
nella
tradizionale
posizione
in
ginocchio
di
seiza
正 座 .
Per
mettersi
correttamente
in
questa
posizione
bisogna
prima
piegare
la
gamba
sinistra
ruotando
leggeremente
a
destra
col
busto,
quindi
seguire
con
la
gamba
destra;
gli
alluci
restano
a
contatto
o
si
incrociano
mentre
i
talloni,
rivolti
verso
l’esterno,
formano
un
incavo
in
cui
ci
si
siede;
la
schiena
è
dritta
e
la
testa
eretta,
le
spalle
sono
rilassate
e
le
mani
sono
appoggiate
sulle
cosce
coi
palmi
in
basso
e
le
dita
rivolte
verso
l’interno,
le
ginocchia
sono
aperte
in
modo
naturale
‐
generalmente
distanziate
da
due
pugni
‐
e
determinano
la
stabilità
della
postura.
Il
praticante
deve
tenere
la
colonna
vertebrale
diritta
per
potere
respirare
in
modo
corretto.
Dalla
posizione
di
seiza
è
possibile
la
pratica
della
meditazione
(mokuso
黙 想 ),
seguita
nel
più
profondo
silenzio
per
consentire
il
raggiungimento
dell’armonia
e
della
concentrazione.
Sempre
dalla
posizione
di
seiza
è
quindi
eseguibile
l’inchino
detto
zarei
座 礼 ,
appoggiando
sul
terreno
di
fronte
a
sé
prima
la
mano
sinistra
e
poi
la
destra
con
i
palmi
in
basso
e
le
dita
serrate
e
rivolte
leggermente
verso
l’interno,
quindi
si
esegue
un
inchino
in
avanti
senza
sollevare
i
fianchi
dall’incavo
dei
calcagni.
Le
espressioni
verbali
che
precedono
l’inchino
vero
e
proprio
sono
solitamente
scandite
dall’allievo
più
anziano
(senpai
先 輩 ),
seduto
a
capofila
all’estrema
destra
degli
allievi,
e
possono
variare
a
seconda
delle
circostanze
e
possono
essere
shomen
ni
rei
(saluto
a
ciò
che
è
davanti),
sensei
ni
rei
(saluto
al
maestro),
otagai
ni
rei
(saluto
tra
gli
allievi).
Alla
fine
di
ogni
inchino
si
torna
in
posizione
di
seiza
riportando
sulle
cosce
prima
la
mano
destra
e
poi
la
sinistra;
a
conclusione
dell’ultimo
saluto
‐
solitamente
il
reciproco
‐
il
maestro
si
alza
ed
all’ordine
«kiritsu
起立»
è
seguito
dagli
allievi.
La
filosofia
racchiusa
nel
saluto
si
radica
durante
l’esercizio
e
deve
estendersi
a
tutti
gli
aspetti
quotidiani.
Il
rei
offre
un’occasione
di
riflessione
ad
ogni
praticante
circa
il
comportamento
da
tenere
verso
gli
uomini
e
verso
la
vita.
5
DOJO
KUN
Uno
dei
fondamentali
aspetti
dello
studio
del
karate
è
la
comprensione
del
Dojo
Kun:
un
codice
etico
con
5
precetti
che
indicano
la
Via
e
dichiarano
le
buone
azioni
da
seguire
per
una
sincera
e
totale
comprensione
del
senso
profondo
del
Karate.
Il
Dojo
Kun
si
recita
durante
lo
Zarei
(saluto
in
ginocchio),
dopo
il
Mukuso
della
fine
lezione,
il
Senpai
pronuncia
le
frasi
e
l’intera
classe
ne
ripete
le
parole.
Il
lavoro
più
grande
consiste
nel
far
proprie
queste
parole,
lo
studio
del
Dojo
Kun
è
considerato
parte
integrante
dello
studio
del
Karate
stesso,
patrimonio
del
dojo
e
bene
comune
di
tutti
i
praticanti.
Dojo
Kun
in
giapponese
HITOTSU,
JINKAKU
KANSEI
NI
TSUTOMERU
KOTO
(Ricerca
la
perfezione
nel
carattere)
HITOTSU,
MAKOTO
NO
MICHI
O
MAMORU
KOTO
(Percorri
la
via
della
sincerità)
HITOTSU,
DORYOKU
NO
SEISHIN
O
YASHINAU
KOTO
(Coltiva
uno
spirito
di
forza
e
perseveranza)
HITOTSU,
REIGI
O
OMONJIRU
KOTO
(Agisci
sempre
con
buone
maniere)
HITOTSU,
KEKKI
NO
YU
O
IMASHIMERU
KOTO
(Astieniti
dalla
violenza
e
mantieni
l'autocontrollo).
6
HITOTSU,
JINKAKU
KANSEI
NI
TSUTOMERU
KOTO
(Ricerca
la
perfezione
nel
carattere)
In
questa
frase
la
prima
cosa
che
colpisce
è
la
volontà
di
perseguire
non
la
supremazia
della
tecnica
o
delle
componenti
esterne,
ma
piuttosto
la
cura
e
la
ricerca
nel
migliorare
il
carattere
del
praticante.
La
tecnica
esterna
è
il
mezzo
per
raggiungere
la
perfezione
interna,
il
karate
come
mezzo
per
perfezionare
l’uomo:
l’uso
della
forza
e
della
violenza
non
è
il
fine
ultimo
del
Karate
Do.
Il
maestro
Funakoshi
ha
dato
moltissima
importanza
agli
aspetti
spirituali
e
all’equilibrio
del
praticante.
Imparare
a
gestire
la
propria
interiorità
aiuta
a
raggiungere
uno
stato
di
equilibrio
psico‐fisico
e
a
vivere
la
propria
vita
in
maniera
attiva
e
serena;
se
l'allenamento
fisico,
con
l'avanzare
degli
anni,
incontra
necessariamente
delle
limitazioni,
lo
spirito
deve
e
può,
invece,
essere
perfezionato
fino
alla
morte.
HITOTSU,
MAKOTO
NO
MICHI
O
MAMORU
KOTO
(Percorri
la
via
della
sincerità)
La
disponibilità
e
la
pratica
a
essere
leali,
prima
con
se
stessi
e
poi
verso
gli
altri,
ci
rende
umili,
giusti
e
consapevoli
di
chi
siamo.
Chi
non
ha
fiducia
nella
ricerca
di
una
Via
vera,
sincera,
cercando
strade
corte
o
poco
pulite
resterà
vittima
delle
proprio
“Ego
fantasioso”.
Ammettere
i
propri
limiti
e
accettare
il
duro
lavoro
nel
Karate,
così
come
nella
vita,
non
è
segno
di
debolezza,
ma
al
contrario
di
coraggio
e
umiltà.
Una
buona
costruzione
necessita
di
fondamenta
solide
e
ben
disposte.
HITOTSU,
DORYOKU
NO
SEISHIN
O
YASHINAU
KOTO
(Coltiva
uno
spirito
di
forza
e
perseveranza)
Sudore,
pazienza
e
totale
dedizione
sono
le
richieste
della
pratica.
Imparare
un'Arte
richiede
molto
impegno,
non
basta
esser
bravi
e
veloci.
"Siamo
come
bicchieri
di
acqua
sporca
di
fiume,
dapprima
togliere
le
pietruzze
grandi
è
facile,
ma
il
vero
lavoro
sarà
dopo
per
trovare
quelle
sempre
più
piccole".
HITOTSU,
REIGI
O
OMONJIRU
KOTO
(Agisci
sempre
con
buone
maniere)
Chi
decide
di
dedicare
la
propria
vita
o
parte
di
essa
allo
studio
del
Karate,
fa
una
scelta:
vivere
secondo
un’etica
marziale.
Le
azioni
giuste
conoscono
solo
una
Via
e
ognuno
di
noi
dentro
di
sé
ne
riconosce
il
sentiero.
Adottare
un
comportamento
corretto
ci
aiuta
a
non
essere
arroganti
e
a
dare
il
giusto
peso
alle
cose,
evitando
così
di
cadere
in
errori
di
valutazione.
HITOTSU,
KEKKI
NO
YU
O
IMASHIMERU
KOTO
(Astieniti
dalla
violenza
e
mantieni
l'autocontrollo)
Sii
giudice
di
se
stesso,
impara
a
controllare
gli
impulsi
istintivi.
Come
un
bambino
ha
animo
sereno
e
pulito
davanti
alle
scoperte
della
vita,
il
karateka
cerca
di
mantenere
la
propria
purezza
di
intenti:
raffinare
la
tecnica
esterna
come
mezzo
per
rendere
perfetto
e
libero
il
proprio
spirito
dal
materialismo
della
violenza.
7
SISTEMA
DI
GRADUAZIONE
La
cintura
nel
karate
è
un
riferimento
che
indica
l'abilità,
attestata
dal
superamento
di
appositi
esami,
nella
pratica
della
disciplina
di
chi
la
indossa.
Nel
1926,
Gichin
Funakoshi,
fondatore
del
Karate
stile
Shotokan,
adottò
il
sistema
dei
dan
dal
fondantore
dello
Judo,
Jigoro
Kano.
Nel
sistema
di
graduazione
si
distinguono
kyū
e
dan.
Sono
considerati
kyū
i
livelli
di
scuola
o
apprendimento
di
base
(numerati
in
maniera
decrescente)
e
dan
i
gradi
più
elevati,
di
auto‐perfezionamento.
L'esame
di
graduazione
consiste
in
una
dimostrazione
tecnica
di
fronte
a
una
commissione
di
esaminatori.
Esso
può
includere
tutto
ciò
che
si
è
imparato
fino
a
quel
punto
oppure
nozioni
nuove.
Le
cinture
sono
di
vari
colori
e
corrispondono
ai
seguenti
livelli
(kyū/dan):
7° KYU
Bianca
6° KYU
Gialla
5° KYU
Aranci
4° KYU
Verde
3° KYU
Blu
1° DAN
2° DAN
3° DAN
4° DAN
Nera
5° DAN
2° KYU
1° KYU
Marrone
6° DAN
7° DAN
8° DAN
Bianca-Rossa
9° DAN
Rossa
10° DAN
Rossa
Presso
alcune
scuole
esistono
ulteriori
cinture
intermedie
o
una
diversa
classificazione
delle
cinture.
Nel
settore
giovanile,
ad
esempio,
è
frequente
l’inclusione
di
cinture
intermedie
nel
sistema
di
graduazione:
bianco‐gialla,
gialla‐arancione,
arancione‐verde,
verde‐blu,
blu‐marrone.
Dopo
la
cintura
marrone
1°
kyu
si
può
sostenere
l’esame
di
cintura
nera
1°
dan.
Dopo
il
6º
dan,
i
successivi
livelli
vengono
assegnati
esclusivamente
per
meriti
speciali
e
non
più
in
seguito
ad
esami.
Per
i
gradi
più
elevati
non
viene
valutata
solamente
la
mera
capacità
tecnica
raggiunta,
ma
soprattutto
i
frutti
dell’esperienza,
le
abilità
legate
alla
didattica,
l’organizzazione,
la
ricerca
e
la
dedizione
a
quest'arte
marziale.
8
REGOLAMENTO
SPORTIVO
Un
torneo
di
Karate
può
comprendere
una
gara
di
Kumite
(combattimento)
e/o
una
gara
di
Kata
(forme).
Classi
di
età
Tutti
gli
atleti
sono
suddivisi
nelle
seguenti
classi
di
età
(regolamento
FIJLKAM
2012):
Preagonisti
(“PA”)
•
•
•
Bambini
dal
5°
al
7°
anno
(nati
negli
anni
dal
2007
al
2005);
Fanciulli
dall’
8°
al
9°
anno
(nati
negli
anni
2004
e
2003);
Ragazzi
dal
10°
all’
11°
anno
(nati
negli
anni
2002
e
2001).
Agonisti
(“AG”)
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Esordienti
“A”
dal
12°
al
13°
anno
(nati
negli
anni
2000
e
1999);
Esordienti
“B”
dal
14°
al
15°
anno
(nati
negli
anni
1998
e
1997);
Cadetti/e
dal
16°
al
17°
anno
(nati
negli
anni
dal
1996
al
1995);
Juniores
dal
18°
al
20°
anno
(nati
negli
anni
dal
1994
al
1992);
Seniores
dal
21°
al
35°
anno
(nati
negli
anni
dal
1991
al
1977);
Master
“A”
dal
36°
al
40°
anno
(nati
negli
anni
dal
1976
al
1972);
“B”
dal
41°
al
45°
anno
(nati
negli
anni
dal
1971
al
1967);
“C”
dal
46°
al
50°
anno
(nati
negli
anni
dal
1966
al
1962);
“D”
dal
51°
al
55°
anno
(nati
negli
anni
dal
1961
al
1957);
“E”
dal
56°
al
60°
anno
(nati
negli
anni
dal
1956
al
1952);
“F”
dal
61°
al
65°
anno
(nati
negli
anni
dal
1951
al
1947).
Non
Agonisti
(“NA”)
•
Dal
12°
anno
(2000):
tutti
coloro
che
non
intendono
svolgere
attività
agonistica
o
che
hanno
superato
il
limite
di
età
previsto
per
l’agonismo.
Kumite
La
competizione
di
Kumite
si
configura
come
un
combattimento
libero
fra
due
avversari
vincolati
a
non
nuocersi.
Ciò
avviene
attraverso
il
controllo
di
colpi
(inibizione
cinetica)
che
trasferisce
l’azione‐
attacco
dal
piano
reale
a
quello
simbolico.
Si
tratta
di
un
combattimento
rituale
dove
i
due
avversari
si
confrontano
per
ottenere
la
vittoria,
nell’ambito
disegnato
dalle
regole
e
sulla
base
di
capacità
ed
abilità
psicofisiche.
Considerando
che
le
azioni
debbono
esprimere
reali
quantità
di
energia
cinetica,
comunque
controllata
prima
del
contatto,
il
problema
dell’atleta
è
quello
di
realizzare
una
situazione
che
sintetizzi
realtà
(potenza)
e
simbolicità
(controllo).
Si
tratta,
dunque,
di
uno
sport
in
cui
la
vittoria
premia
non
la
“superiorità
oggettiva”
(come
il
KO
del
pugilato),
ma
la
“superiorità
tecnica”.
L’area
di
gara
è
formata
da
una
superficie
quadrata
i
cui
lati
misurano
otto
metri,
cui
vanno
aggiunti
altri
due
metri
su
ogni
lato,
che
individuano
la
zona
di
sicurezza.
Ogni
Giudice
di
gara
è
seduto
all’angolo
del
tappeto
nell’area
di
sicurezza.
L’Arbitro
centrale
può
muoversi
su
tutto
il
tappeto,
compresa
l’area
di
sicurezza
dove
sono
seduti
i
Giudici.
Ogni
Giudice
ha
in
dotazione
una
bandierina
rossa
e
una
blu.
Ci
sono
inoltre
un
Supervisione
del
combattimento,
un
Segnapunti
e
un
Cronometrista,
9
seduti
al
tavolo
ufficiale.
Gli
Allenatori
sono
seduti
al
di
fuori
dell’area
di
sicurezza,
sui
rispettivi
lati
accanto
al
tappeto
verso
il
tavolo
ufficiale.
Gli
Atleti
devono
presentarsi
sul
tappeto
forniti
di
cintura
rossa,
di
guantini
rossi,
di
paratibia
rossi
e
di
paracollo
del
piede
rossi
o
di
cintura
blu,
di
guantini
blu,
di
paratibia
blu
e
di
paracollo
del
piede
blu
da
indossare
a
seconda
che
siano
chiamati
per
primi
(AKA)
o
per
secondi
(AO).
Ciascun
atleta
deve
indossare
una
sola
cintura
e,
pertanto,
non
deve
essere
indossata
quella
che
indica
il
grado.
Gli
atleti
devono
presentarsi
sul
tappeto
forniti
delle
seguenti
protezioni
personali:
paradenti,
paraseni
e
conchiglia,
e
un
corpetto
(da
indossare
sotto
la
giacca).
Gli
atleti
della
Classe
Esordienti
“B”,
in
aggiunta
a
quanto
sopra,
indosseranno
anche
la
maschera
facciale
approvata
dalla
World
Karate
Federation
(WKF).
Tutte
le
protezioni
devono
essere
del
tipo
omologato
dalla
Federazione.
La
durata
dei
combattimenti
è
di:
•
•
•
•
•
1
minuto
e
20"
effettivi
continui
per
gli
Esordienti
“A”
(maschili
e
femminili);
2
minuti
effettivi
continui
per
tutte
le
Classi
femminili,
per
gli
Esordienti
“B”,
per
i
Cadetti,
per
il
Campionato
Italiano
Giovanile
a
Squadre
Sociali,
per
il
Campionato
Italiano
a
Rappresentative
Regionali
Esordienti
“B”
e
Cadetti,
per
il
Campionato
Nazionale
Universitario
e
per
tutte
quelle
gare
che
si
concludono
con
la
Finale
Regionale;
3
minuti
effettivi
continui
per
i
Campionati
Italiani
Individuali
Juniores
ed
Assoluto
Femminili
soltanto
nei
combattimenti
per
l’assegnazione
del
1°
e
2°
posto
e
dei
3’
posti;
3
minuti
effettivi
continui
per
i
Campionati
Italiani
Individuali
Juniores
e
Assoluto
Maschili,
per
il
Campionato
Italiano
a
Rappresentative
Regionali
Juniores
e
Seniores
maschili,
per
il
Campionato
Italiano
Assoluto
a
Squadre
Sociali
maschili;
4
minuti
effettivi
continui
per
i
Campionati
Italiani
Individuali
Juniores
ed
Assoluto
Maschili
soltanto
nei
combattimenti
per
l’
assegnazione
del
1°
e
2°
posto
e
dei
3’
posti
(ultimo
turno
dei
Ricuperi
e
Finali).
Il
regolamento
che
disciplina
il
Kumite
prevede
l’attribuzione
di
punti
agli
atleti
che
riescano
ad
effettuare
tecniche
di
attacco
verso
bersagli
considerati
validi
(testa,
viso,
collo,
petto,
addome,
fianchi,
schiena).
I
punti
attribuibili
sono
suddivisi
in
Yuko
(1
punto),
Waza­ari
(2
punti)
e
Ippon
(3
punti):
•
•
•
Yuko
(1
punto)
viene
assegnato
per:
o Ogni
tecnica
di
pugno
(tsuki)
portata
a
una
delle
sette
zone
bersaglio;
o Ogni
tecnica
di
percossa
(uchi)
portata
a
una
delle
sette
zone
bersaglio.
Waza­ari
(2
punti)
viene
assegnato
per:
o Calci
Chudan,
ossia
portati
a
livello
di
addome,
petto,
schiena
o
fianchi.
Ippon
(3
punti)
viene
assegnato
per:
o Calci
Jodan,
ossia
portati
a
livello
di
volto,
testa
o
collo.
o Qualsiasi
tecnica
utile
per
il
punteggio
portata
su
un
atleta
proiettato,
caduto
per
proprio
conto
o
sbilanciato,
con
il
torso
a
terra.
Un
punto
viene
assegnato
quando
un’azione
d’attacco
viene
eseguita
rispettando
i
seguenti
criteri:
•
•
•
•
•
•
Buona
Forma;
Atteggiamento
Sportivo;
Applicazione
Vigorosa
(POTENZA);
Consapevolezza
(ZANSHIN);
Corretta
Scelta
di
Tempo
(TIMING);
Distanza
Corretta.
10
Un’azione
di
attacco
è
quindi
di
successo,
ovvero
valutata
in
termini
di
punteggio,
se
presenta
le
caratteristiche
di
seguito
descritte:
•
•
•
•
•
•
Zanshin
(iniziale).
Consiste
in
un
atteggiamento
o
comportamento
di
massima
attivazione
del
sistema
percettivo,
cognitivo
e
motorio
che
gli
atleti
adottano
al
fine
di
individuare
la
situazione
più
favorevole
all'effettuazione
della
tecnica
di
attacco.
In
questa
fase
il
dinamismo
motorio
può
essere
più
o
meno
elevato
ed
è
caratterizzato
da
una
gamma
di
movimenti
che
preparano
l'azione.
L'attenzione
è
massima
ed
è
orientata
a
cogliere
nel
contesto
situazionale
(determinato
dall'interazione
motoria
con
l'avversario)
gli
elementi
che
consentono
l'esecuzione
dell’azione
risolutiva
su
un
bersaglio;
Tecnica
(coordinazione
specifica).
Si
tratta
di
un
programma
motorio
che
determina
l'organizzazione
dei
segmenti
del
corpo
nello
spazio
e
nel
tempo,
secondo
i
vincoli
operanti
(biomeccanici
e
modelli)
e
in
funzione
dell’obiettivo
prefissato
a
livello
di
processi
decisionali.
La
sequenza
di
reclutamento
delle
unità
motorie
interessate
è
determinata
dal
programma
motorio
che
realizza
il
movimento,
cioè
dall'automatismo
che
scaturisce
dalle
abilità
dell'Atleta.
L'automatismo
è
un
patrimonio
che
viene
acquisito
in
allenamento
e
perfezionato
in
gara.
Ogni
tecnica
deve
essere
espressa
in
conformità
ai
modelli
della
specialità
e
non
può
prescindere
dal
vincolo
posturale.
Nel
Karate
la
gestualità,
come
è
noto,
è
costituita
da
azioni
di
gamba,
di
braccio
e
di
atterramento
(proiezione)
concluse
da
tecniche
di
pugno
o
di
calcio
e,
pertanto,
i
modelli
di
riferimento
devono
essere
sufficientemente
precisi;
Buona
forma
(buona
coordinazione
dell'azione).
L'Arbitro
e
i
Giudici
di
gara
hanno
il
compito
di
stabilire
se
la
tecnica
espressa
dispone
dei
requisiti
minimi
per
l'
assegnazione
del
punteggio;
Potenza.
Nelle
espressioni
sportive
è
di
fondamentale
importanza
il
concetto
di
potenza.
Il
valore
della
Potenza
(P)
dipende
dalle
componenti
di
forza
(F)
e
velocità
esecutiva
(v)
impiegate
per
compiere
un
determinata
azione
ed
è
data
dalla
formula
P
=
F
x
v;
Distanza.
La
componente
distanza
è
di
fondamentale
importanza,
tanto
che,
con
un
paradosso,
si
potrebbe
affermare
che
senza
distanza
non
c'è
combattimento.
Infatti,
in
un
combattimento,
portare
colpi
che
non
arrivano
al
bersaglio
non
ha
alcuna
rilevanza,
equivale
a
sparare
con
un
cannone
dalla
gittata
insufficiente
e,
quindi,
non
ha
senso.
Si
tratta
di
un
errore
percettivo
di
valutazione
dello
spazio
che
separa
il
mezzo
dal
bersaglio,
oppure
di
un
errore
di
valutazione
sulle
valenze
del
mezzo.
Anche
una
distanza
inferiore
alla
lunghezza
dell’arto
al
momento
in
cui
arriva
sul
bersaglio
è
da
considerarsi
errata
e
controproducente,
perché
la
catena
cinetica
viene
interrotta
prima
di
svilupparsi
completamente,
risultando
deficitaria
nella
potenza
e
nella
buona
forma.
Entrambi
i
casi
vengono
segnalati
dall’Arbitro
con
gesti
convenzionali
e,
ovviamente,
non
danno
luogo
ad
assegnazione
di
punteggio;
Controllo.
La
sicurezza,
la
salute
e
il
benessere
psicofisico
dei
praticanti
e
degli
atleti
sono
i
massimi
valori
ai
quali
si
ispira
lo
sport.
Questi
stessi
valori
sono
a
fondamento
del
Karate
contemporaneo.
Il
sistema
sport
ha
preso
forma
e
si
è
creato
una
dimensione
che
interagisce
con
altre
dimensioni
del
sociale
per
il
conseguimento
di
obiettivi
che
sono
funzionali
alla
collettività.
Poiché
le
fondamenta
motivazionali
sulle
quali
si
regge
lo
sport
sono
il
gioco
e
l'agonismo,
non
è
possibile
accettare
nessuna
forma
di
competizione
sportiva
ove
siano
strutturalmente
presenti
gravi
rischi
per
la
salute,
altrimenti
verrebbero
meno
i
presupposti
che
rendono
la
motricità
sportiva
socialmente
utile.
Uno
sport
è
socialmente
accettabile
soltanto
quando
è
portatore
di
benefici
psicofisici
e
salvaguarda
l'incolumità
dei
praticanti.
Il
rischio
grave
o
il
danno
alla
salute
collidono
drammaticamente
con
i
principi
informatori
del
sistema
sport,
le
cui
finalità
si
armonizzano
perfettamente
con
altre
nel
processo
di
educazione
permanente.
Non
è,
dunque,
pensabile
che
milioni
di
praticanti
subiscano
traumi
con
danni
più
11
•
o
meno
gravi
alla
salute.
A
fondamento
del
Karate
vi
è
una
regola
che
esprime
alcuni
valori
fondanti
della
società
moderna:
il
rispetto
degli
altri.
Nella
pratica
si
traduce
in
autocontrollo
dei
comportamenti,
rispetto
delle
regole
e
soprattutto
controllo
dei
colpi.
La
regola
cardine
del
combattimento
di
Karate
è
che
le
azioni
non
devono
nuocere
alla
salute
dell'avversario.
Ciò
avviene
attraverso
il
controllo
dei
colpi
(inibizione
cinetica),
che
trasferisce
l'
azione‐attacco
dal
piano
reale
a
quello
simbolico;
Zanshin
(finale).
Azione
che
viene
realizzata
dall’atleta
al
termine
della
tecnica
effettuata
o
della
combinazione
di
tecniche,
con
lo
scopo
di
dimostrare
l'intenzionalità
e
la
perfetta
gestione
dell’azione
in
tutte
le
sue
fasi,
compresa
quella
conclusiva.
Nel
caso
specifico,
si
traduce
in
recupero
della
distanza
in
assetto
e
guardia
per
uscire
dal
campo
d'azione
dell'avversario.
Tale
comportamento
ha
anche
la
funzione
di
contrastare
efficacemente
ogni
prevedibile
reazione,
nel
caso
in
cui
l'arbitro
non
fermi
il
combattimento
per
l'
assegnazione
del
punteggio.
Lo
Zanshin
rappresenta
l’attitudine
del
combattente
a
risolvere
a
proprio
vantaggio
il
confronto,
mobilitando
le
proprie
risorse
psicofisiche
fino
all’ultimo
istante.
Nel
momento
in
cui
l'atleta
effettua
la
tecnica,
l'arbitro
verifica
la
presenza
contemporanea
dei
requisiti
richiesti
per
la
valutazione
e,
in
caso
affermativo,
ferma
il
combattimento
e
procede
all'assegnazione
del
punteggio.
Vince
l’atleta
che
riporta
un
vantaggio
netto
di
otto
punti,
o
si
trova
in
vantaggio
alla
fine
del
combattimento;
l’esito
può
essere
deciso
da
votazione
(HANTEI),
o
determinato
dalla
squalifica
di
uno
degli
atleti.
In
alcuni
casi
la
valutazione
arbitrale
può
penalizzare
l’atleta
che
mette
in
atto
uno
più
comportamenti
proibiti.
Ci
sono
due
categorie
di
comportamenti
proibiti:
•
•
Categoria
1
o Le
tecniche
che
hanno
un
contatto
eccessivo
e
le
tecniche
che
hanno
un
contatto
con
la
gola;
o Attacchi
alle
braccia
o
alle
gambe,
all’inguine,
alle
articolazioni
o
al
collo
del
piede;
o Attacchi
al
viso
con
tecniche
a
mano
aperta;
o Tecniche
di
proiezione
pericolose
o
vietate.
Categoria
2
o Fingere
o
esagerare
lesioni;
o Uscite
dall’area
di
gara
(JOGAI)
non
causate
dall’avversario;
o Comportamenti
che
mettono
a
repentaglio
se
stessi,
esponendosi
all’attacco
da
parte
dell’
avversario,
o
comportamenti
caratterizzati
da
inadeguate
misure
di
protezione
(MUBOBI);
o Evitare
di
combattere
per
ostacolare
la
messa
a
segno
di
punti
da
parte
dell’avversario;
o Passività
(evitare
di
combattere).
L’atleta
che
continua
a
indietreggiare
costantemente
senza
contrattaccare
efficacemente,
che
effettua
trattenute
immotivate
o
che
deliberatamente
esce
dall’area
di
gara
per
non
consentire
all’avversario
di
mettere
a
segno
un
punto,
deve
essere
sanzionato
con
un
richiamo
o
una
penalità;
o Trattenere,
spingere,
bloccare
a
terra
o
in
piedi
o
petto
contro
petto,
senza
tentare
una
proiezione
o
un'altra
tecnica;
o Tecniche
che
per
loro
natura
non
possono
essere
controllate
e
costituiscono
un
rischio
per
la
sicurezza
dell'avversario,
e
attacchi
pericolosi
e
incontrollati;
o Attacchi
simultanei
con
la
testa,
le
ginocchia
o
i
gomiti;
12
o
Parlare
o
provocare
l’avversario,
senza
obbedire
agli
ordini
dell’arbitro,
comportamenti
scortesi
nei
confronti
degli
arbitri
o
altre
violazioni
dell’etichetta.
Sono
previsti
tre
livelli
di
avvertimento
(CHUKOKU,
KEIKOKU
e
HANSOKU
CHUI)
e
due
livelli
di
penalizzazioni
(HANSOKU
e
SHIKKAKU).
Un
avvertimento
è
una
comunicazione
all’atleta
che
ha
violato
il
Regolamento
di
gara,
ma
non
comporta
immediatamente
una
penalizzazione.
Le
penalizzazioni,
invece,
comportano
la
squalifica
dal
combattimento
(HANSOKU),
o
dall’intera
gara
(SHIKKAKU),
con
una
possibile
sospensione
dalle
gare
per
un
lungo
periodo
di
tempo.
CHUKOKU
viene
imposto
per
una
prima
infrazione
minore
per
la
categoria
corrispondente.
È
giustificata
da
una
violazione
non
grave
del
Regolamento,
quando
cioè
le
probabilità
di
vittoria
dell’avversario
non
vengono
compromesse
(secondo
il
parere
del
Gruppo
Arbitrale)
dal
fallo
commesso.
KEIKOKU
viene
imposto
per
la
seconda
infrazione
per
la
stessa
categoria
o
per
infrazioni
di
media
gravità,
quando
le
probabilità
di
vittoria
dell’avversario
vengono
leggermente
diminuite
dal
fallo
commesso
(secondo
il
parere
del
Gruppo
Arbitrale).
HANSOKU‐CHUI
è
la
penalizzazione
“AVVISO
PER
LA
SQUALIFICA”
che
viene
generalmente
imposta
in
caso
di
infrazioni
per
le
quali,
nello
stesso
combattimento,
sia
già
stato
comminato
un
KEIKOKU,
anche
se
può
essere
imposta
direttamente
in
caso
di
violazioni
gravi
che
non
meritano
un
HANSOKU.
Può
essere
imposto
direttamente,
o
dopo
richiamo,
e
vi
si
ricorre
quando
le
possibilità
di
vittoria
di
un
atleta
vengono
seriamente
compromesse
dal
fallo
commesso
dall’avversario
(secondo
il
parere
del
Gruppo
Arbitrale).
Le
punizioni
di
Categoria
1
e
Categoria
2
non
si
sommano
tra
loro.
Kata
Nel
Karate,
l’essenziale
del
sapere
è
condensato
nei
Kata.
Si
tratta
di
sequenze
gestuali
relativamente
brevi
che
comprendono
all’incirca
da
venti
a
sessanta
movimenti.
Il
Kata
deve
aiutare
a
realizzare
in
forma
perfetta
in
insieme
di
movimenti
trasmessi
dalla
tradizione.
Questo
orientamento
si
trova
in
tutte
le
arti
tradizionali
giapponesi.
Sebbene
nei
Kata
ci
si
eserciti
da
soli,
essi
presuppongono
la
presenza
di
uno
o
più
avversari.
L’idea
fondamentale
del
Kata
è
che
il
karateka
debba
sempre
inquadrare
la
sua
tecnica
in
relazione
a
un
avversario
verso
il
quale
sono
diretti
i
colpi
e
le
risposte.
Tuttavia,
il
Kata
non
può
essere
ridotto
a
una
semplice
rappresentazione
di
un
combattimento;
esso
è
una
formalizzazione
simbolica
di
tattiche
di
combattimento
destinate
alla
trasmissione
e
all’apprendimento.
Le
competizione
di
Kata
possono
essere
sia
individuali
sia
di
squadra.
L’obiettivo
della
competizione
è
quello
di
dimostrare,
attraverso
l’esecuzione
di
un
Kata
che
sia
il
più
possibile
vicino
a
un
modello
di
prestazione
ideale,
la
superiorità
tecnica
sugli
avversari.
Durante
la
gara
gli
Atleti
eseguono
sia
Kata
obbligatori
(SHITEI)
che
una
selezione
di
Kata
liberi
(TOKUI).
I
Kata
eseguiti
devono
essere
conformi
alle
scuole
di
Karate
riconosciute
dalla
WKF
e
basate
sui
sistemi
Gojuryu,
Shitoryu,
Shotokan
e
Wadoryu.
Il
numero
e
il
tipo
di
Kata
richiesti
dipende
dal
numero
di
Atleti
o
Squadre
iscritti.
All’inizio
di
ogni
incontro,
in
risposta
all’annuncio
dei
loro
nomi,
i
due
Atleti,
uno
con
la
cintura
rossa
(AKA)
l’altro
con
la
cintura
blu
(AO),
si
dispongono
lungo
il
perimetro
dell’area
di
gara
con
il
volto
rivolto
al
Giudice
Centrale.
Dopo
aver
eseguito
un
inchino
alla
volta
del
Gruppo
Arbitrale,
AO
indietreggia
fino
ad
uscire
dall’area
di
gara.
Dopo
essersi
mosso
verso
la
posizione
d’avvio
e
aver
annunciato
il
nome
del
Kata
da
eseguire,
AKA
comincia.
Dopo
aver
completato
l’esecuzione
del
Kata,
AKA
lascia
l’area
di
gara
per
attendere
l’esecuzione
di
AO.
Una
volta
conclusasi
l’esecuzione
di
AO,
entrambi
tornano
lungo
il
perimetro
dell’area
di
gara
e
attendono
la
decisione
del
Gruppo
Arbitrale.
13
Per
valutare
la
prestazione
di
un
Atleta,
di
una
Squadra
o
di
una
Rappresentativa
devono
essere
applicati
i
seguenti
criteri
sulle
componenti
strutturali
della
prestazione
stessa:
•
•
•
•
•
•
•
Tecnica;
Potenza;
Ritmo;
Kime
(capacità
di
alternare
rapidamente
contrazione
e
decontrazione
muscolare);
Espressività;
Sincronismo
(nelle
gare
a
squadra);
Applicazione
o
Bunkai
(nelle
gare
a
Squadra).
La
Tecnica.
Ogni
singola
azione
motoria
prende
forma
nello
spazio
e
nel
tempo
ed
è
il
risultato
di
una
partecipazione
coordinata
di
tutti
i
segmenti
dell’atleta.
La
tecnica
viene
eseguita
in
base
a
un
modello
ottimale.
Durante
l’esecuzione,
ogni
singola
tecnica
va
osservata
e
valutata
nella
sua
globalità
coordinativa.
L’attenzione
del
giudice
è
orientata
a
valutare
la
qualità
del
movimento
(l’azione
della
parte
superiore
del
corpo
non
deve
in
nessun
modo
creare
grandezze
di
disturbo
alla
parte
inferiore)
e
la
gestione
dell’equilibrio
dinamico
e
statico.
La
stabilità
della
postura
(zenkutsudachi,
kibadachi,
shikodachi,
nekoachidachi,
ecc..)
è
data
dall’assenza
di
pattinamenti
degli
appoggi
e
di
vibrazioni
degli
arti
inferiori,
non
determinati
dall’azione
degli
stessi
per
imprimere
movimento
al
bacino
nelle
tecniche
di
braccia
(gyaku
tsuki,
parate,
ecc..).
La
perdita
più
o
meno
grave
dell’equilibrio
è
da
considerare
un
grave
errore
di
coordinazione
e,
quindi,
della
tecnica.
La
Potenza.
Ogni
singola
azione
tecnica
è
determinata
da
un
insieme
di
contrazioni
muscolari
che
mettono
in
movimento
segmenti,
o
l’intera
massa
corporea,
determinando
la
produzione
di
energia
cinetica,
che
nel
Karate
è
indirizzata
contro
l’avversario.
La
potenza
della
tecnica
è
data
dalla
formula
P
=
F
x
v
(forza
x
velocità).
La
potenza
della
tecnica,
ovvero
l’energia
cinetica
prodotta
dall’azione,
è
una
componente
essenziale
in
quanto
ne
determina
in
gran
parte
l’efficacia.
Durante
l’esecuzione
di
ogni
singola
tecnica,
ove
sia
richiesto
dalla
codificazione,
il
Giudice
deve
osservare
questo
parametro
essenziale
(Potenza),
avendo
ben
presente
che
la
forza
e
la
velocità
sono
tra
loro
integrate,
ma
che
è
l’alta
velocità
dell’azione
a
determinare
in
maggior
misura
la
potenza.
Quindi,
maggiore
è
la
velocità
della
massa
d’impatto,
maggiore
è
l’efficacia
della
tecnica.
Va,
inoltre,
tenuto
presente
che
mantenere
la
perfetta
coordinazione
alle
alte
velocità
richiede
una
grande
maestria
di
movimento.
Il
Kime.
Ogni
singola
azione
tecnica,
ove
sia
richiesto
dalla
codificazione,
si
deve
concludere
con
una
contrazione
muscolare
isometrica
breve
(Kime),
che
è
una
specifica
che
identifica
il
Karate
e,
nel
medesimo
tempo,
lo
differenzia
da
altre
specialità
similari.
Il
Kime,
insomma,
è
una
componente
strutturale
del
Karate.
Durante
l’esecuzione
di
ogni
singola
tecnica,
ove
sia
richiesto
dalla
codificazione,
l’attenzione
del
giudice
deve
essere
orientata
alla
verifica
che
il
Kime
venga
espresso
correttamente.
Un’
espressione
imprecisa
di
questa
componente
tecnica,
o
la
sua
assenza,
provoca
fusioni
tra
una
tecnica
e
l’altra
e
denota
una
scarsa
maestria
del
gesto.
Il
Ritmo.
La
combinazione
in
successione
di
un
insieme
di
tecniche
motorie
di
differente
significato,
ampiezza
e
velocità
(codificazione)
determina
il
ritmo.
Trattandosi
di
un
insieme
di
tecniche
codificate,
esso
è
quasi
completamente
determinato
dall’ampiezza
e
rapidità
del
movimento,
dagli
intervalli
di
tempo
dovuti
alla
durata
del
Kime
e
dal
significato
che
lega
tra
loro
gruppi
di
azioni
diverse.
Durante
l’esecuzione
del
Kata
nel
suo
insieme,
e
durante
le
fasi
parziali
(gruppi
di
tecniche),
l’attenzione
del
giudice
deve
essere
orientata
a
verificare
la
presenza
di
un
ritmo
che
scaturisca
da
razionali
legami
di
significato
tra
le
varie
tecniche
e
che
dia
realismo
e
forza
di
espressione
alla
comunicazione
gestuale.
14
Al
termine
della
prova,
la
valutazione
del
giudice
sul
ritmo
espresso
dall’atleta
dovrà
essere
di
tipo
globale.
L’Espressività.
L’atleta
in
azione,
tramite
il
movimento
(posture
e
tecniche
codificate),
entra
in
comunicazione
con
chi
guarda,
gli
trasmette
significati,
qualità
di
movimenti,
quantità
di
energie
espresse,
ecc..
che,
nel
caso
del
Kata,
sono
comprensibili
a
coloro
che
sono
in
grado
di
decodificarli,
vale
a
dire
di
comprenderne
i
contenuti.
In
questo
sistema
di
comunicazione,
la
personalità
e
l’energia
interiore
di
chi
comunica
imprimono
al
movimento
una
caratteristica
personale,
soggettiva,
ben
percepibile
che
ne
determina
la
forza
e
l’efficacia
della
comunicazione.
Questa
capacità
non
va
confusa
con
l’assunzione
di
atteggiamenti
di
tipo
“cinematografico”.
Durante
l’azione
del
Kata,
l’attenzione
del
giudice
deve
essere
orientata
a
percepire
la
capacità
e
la
forza
della
comunicazione
gestuale
dell’atleta,
ovvero
la
capacita
di
rappresentare
una
situazione
di
combattimento
reale,
anche
in
assenza
di
avversari,
senza
assumere
atteggiamenti
artificiosi.
La
Sincronizzazione.
Nelle
prove
di
Kata
a
Squadre
è
richiesta
la
sincronizzazione
nell’esecuzione
delle
tecniche.
Questa
capacità
è
fondamentale
nelle
competizioni
riservate
a
Squadre
di
individui
che
effettuano
lo
stesso
esercizio
e
consiste
nella
capacità
da
parte
di
ognuno
dei
componenti
di
aderire
a
comuni
parametri
esecutivi
della
tecnica
e
del
ritmo,
di
interiorizzarli
e
di
esprimerli
in
gara.
Durante
l’esecuzione
del
Kata,
l’attenzione
del
giudice
deve
essere
orientata
a
percepire
la
capacità
dei
componenti
della
Squadra
di
muoversi
in
sincronia
e
deve,
inoltre,
memorizzare
eventuali
perdite
di
sincronia
da
parte
di
uno
o
più
atleti.
L’applicazione
(Bunkai)
‐
Nelle
prove
di
Kata
a
Squadre
dove
è
prevista
l’applicazione,
la
sequenza
di
tecniche
precedentemente
espressa
nel
Kata
deve
essere
ripetuta
da
uno
dei
tre
componenti
della
Squadra
(tori),
avendo
come
avversari
gli
altri
due
(uke).
Non
sono
ammesse
“varianti”,
pena
la
sconfitta.
La
prova
consiste
nell’esprimere
una
situazione
di
combattimento
e
mantenere
un’elevata
precisione
ed
efficacia
della
tecnica.
L’applicazione
deve
esprimere
correttamente
i
parametri
di
distanza,
scelta
di
tempo
ed
efficacia
degli
attacchi
e
delle
difese.
E’
consentito
agli
atleti
adattare
il
ritmo
degli
attacchi
o
le
direzioni
alle
esigenze
dell’applicazione,
a
condizione
che
l’applicazione
sia
aderente
all’esecuzione
precedentemente
realizzata
nella
prova
di
sincronizzazione.
E’
opportuno
precisare
che
il
Bunkai
rappresenta
l’esplicitazione
del
significato
degli
schemi
posturali
(Zenkutsudachi,
Shikodachi,
ecc.)
e
delle
azioni
finalizzate
ad
uno
scopo
(attacchi,
parate,
proiezioni,
ecc.),
realizzate
in
funzione
di
una
situazione
che
deve
rappresentare
il
combattimento
contro
più
avversari.
Il
Bunkai,
in
sostanza,
rende
percepibile
e
comprensibile
il
significato
di
ogni
azione
e
consente
allo
spettatore
di
seguire
e
capire
la
narrazione
di
eventi
di
combattimento
precedentemente
rappresentata
a
vuoto.
Per
maggiori
informazioni,
è
possibile
scaricare
online
il
Regolamento
Federale
completo
(http://www.fijlkam.it/default.ashx?pagina=110)
e
il
Programma
dell’Attività
Federale
(http://www.fijlkam.it/default.ashx?pagina=114).
15
TECNICHE
E
POSTURE
PRINCIPALI
TECNICHE
FONDAMENTALI
DI
BRACCIA
OIZUKI
‐
postura
iniziale
zenktsudachi
in
guardia
sin
‐
avanzamento
ed
estensione
dell’arto
superiore
dx
‐
ritorno
alla
postura
iniziale
‐
bacino
semiaperto
GIAKUZUKI
‐
postura
iniziale
in
guardia
sin
‐
bacino
semiaperto
‐
estensione
dell’arto
superiore
dx
(giakuzuki)
‐
ritorno
alla
postura
iniziale
16
URAKEN
UCHI
‐
postura
iniziale
in
guardia
dx
‐
bacino
semiaperto
‐
caricamento
dell’arto
superiore
dx
al
petto
‐
ritorno
alla
postura
iniziale
‐
estensione
dell’arto
superiore
sul
piano
trasverso
(fase
di
attacco
al
viso)
‐
bacino
semiaperto
GEDAN
BARAI
–
in
SHIKO
DACHI
‐
postura
iniziale
in
guardia
sin
‐
bacino
semiaperto
‐
caricamento
dell’arto
­
cambio
postura
(shikodachi)
superiore
sin
alla
spalla
opposta
ed
estensione
dell’arto
superiore
sin,
che
esegue
la
parata
bassa
17
AGE
UKE
(o
JODAN
UKE)
‐
postura
di
guardia
dx
‐
parata
alta
con
arto
superiore
dx
‐
vista
frontale
Ritorno
alla
postura
iniziale
‐
bacino
semiaperto
GEDAN
BARAI
‐
Posizione
di
guardia
sin
‐
caricamento
dell’arto
superiore
sin
alla
spalla
dx
‐
estensione
del
braccio
sin
dall’interno
verso
l’esterno,
parata
bassa
18
TECNICHE
FONDAMENTALI
CON
GLI
ARTI
INFERIORI
MAE
GERI
‐
posizione
di
guardia
dx
‐
caricamento
dell’arto
inferiore
sin
al
petto
‐
estensione
della
gamba
sulla
coscia
‐
richiamo
della
gamba
sin
‐
arretramento
dell’arto
inferiore
dx
‐
appoggio
dell’arto
inferiore
sin
verso
il
dx
‐
bacino
semiaperto
19
MAWASHI
GERI
‐
posizione
di
guardia
dx
‐
caricamento
dell’arto
inferiore
sin
al
petto
‐
extrarotazione
dell’arto
d’appoggio
semipiegato
‐
estensione
completa
dell’arto
inferiore
sin
sul
piano
trasverso
‐
recupero
dell’arto
inferiore
sin
‐
arretramento
dell’arto
inferiore
dx
‐
appoggio
vicino
al
dx
20
URA
MAWASHI
GERI
‐
posizione
di
guardia
dx
‐
caricamento
dell’arto
inferiore
sin
al
petto
‐
extrarotazione
dell’arto
d’appoggio
semipiegato
‐
vista
frontale
‐
recupero
dell’arto
inferiore
sin
‐
estensione
dell’arto
inferiore
con
traiettoria
inversa
rispetto
al
mawashi
geri
‐
appoggio
vicino
al
dx
‐
arretramento
dell’arto
inferiore
dx
21
USHIRO
URA
MAWASHI
GERI
‐
vista
frontale
‐
posizione
di
guardia
dx
‐
rotazione
dorsale
(in
senso
antiorario)
‐
vista
laterale
‐
abduzione
ed
inizio
dell’estensione
dell’arto
inferiore
‐
completamento
dell’estensione
‐
vista
laterale
con
traiettoria
semicircolare
dell’arto
inferiore
sin
22
‐
recupero
dell’arto
inferiore
dx
‐
arretramento
dell’arto
inferiore
dx
‐
appoggio
vicino
al
dx
‐guardia
sin
avanti
23
24
25
26
KATA
PINAN
NIDAN
27
KATA
HEIAN
SHODAN
28
MAGGIORI
INFORMAZIONI
In
questa
ultima
sezione
riporto
una
lista
di
testi
e
collegamenti
utili,
destinata
a
chi
senta
il
desiderio
di
approfondire
lo
studio
degli
argomenti
trattati
durante
le
lezioni
esercitative,
nonché
della
storia
e
filosofia
del
karate.
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
“Storia
del
Karate.
La
via
della
mano
vuota”,
Kenji
Tokitsu,
Luni
editrice;
“L’arte
del
combattere”,
Kenji
Tokitsu,
Luni
editrice;
“L’essenza
del
Karate‐Do
di
Okinawa”
Shoshin
Nagamine,
Mediterranee;
“I
venti
principi
del
Karate”,
G.Funakoshi;
“Karate‐Do
Kyohan,
G.Funakoshi,
Mediterranee;
“Karate‐Do.
Il
mio
stile
di
vita”,
G.Funakoshi,
Mediterranee;
“Karate
di
Okinawa”,
M.Bishop,
Mediterranee;
“I
Kata
classici”,
Werner
Lind,
Mediterranee;
Collana
“Superkarate”,
M.Nakayama,
Mediterranee;
“Enciclopedia
delle
Arti
Marziali”
AA.VV.,
Luni
editrice;
“Manuale
Teorico
Pratico
di
Karate
‐
Scuola
Elementare
e
Media”,
Pierluigi
Aschieri,
pubblicazioni
FIJLKAM;
“Karate
giocando.
La
scoperta
del
proprio
corpo
attraverso
il
karate”,
Topino,
Invernizzi
ed
Eid,
edizioni
Caraba;
“Il
progetto
sport
a
scuola
della
FIJLKAM”
http://www.fijlkam.it/default.ashx?pagina=53;
“Granpremio
Giovanissimi”,
progetto
tecnico
e
regolamento
delle
competizioni
giovanili:
http://www.fijlkam.it/default.ashx?pagina=110.
A
livello
nazionale
la
sola
federazione
riconosciuta
dal
CONI
che
ha
il
compito
di
promuovere,
organizzare,
disciplinare
e
diffondere
il
Karate
è
la
FIJLKAM
(Federazione
Italiana
Judo
Lotta
Karate
e
Arti
Marziali)
www.fijlkam.it.
A
livello
internazionale
l’organismo
di
riferimento
è
la
WKF
(World
Karate
Federation)
www.wkf.net.
CONTATTI
•
Fabio
Ventura
•
Emiliano
Mazzoli
e‐mail:
[email protected]
e‐mail:
[email protected][email protected]
29

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