Corso di Laurea in Scienze Motorie e Sportive 2012/13 Dispense della disciplina Karate M° Fabio Ventura ‐ M° Emiliano Mazzoli Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale INDICE KARATE – ORIGINI E SIGNIFICATO DEL NOME 3 REIGI – IL SALUTO 4 DOJO KUN 6 SISTEMA DI GRADUAZIONE 8 REGOLAMENTO SPORTIVO Classi di età Kumite Kata 9 9 9 13 TECNICHE E POSTURE PRINCIPALI 16 KATA PINAN NIDAN 27 KATA HEIAN SHODAN 28 MAGGIORI INFORMAZIONI 29 CONTATTI 29 2 KARATE – ORIGINI E SIGNIFICATO DEL NOME Il Karate è un'arte marziale a mani nude sviluppatasi nell'isola di Okinawa, nell'arcipelago delle Ryu Kyu, e originata dalla fusione tra metodi di combattimento nati nell'isola e tecniche similari di origine cinese. Le sue radici (1400 circa) si fanno risalire all'ormai famoso tempio cinese di Shaolin, nel quale la pratica delle prime arti marziali risale al VII secolo. Questo metodo di combattimento, basato su colpi di pugno e di mano diretti e circolari, calci, proiezioni ed immobilizzazioni, era inizialmente finalizzato all'autodifesa contro le aggressioni dei briganti e dei militari degli eserciti di occupazione, prima cinesi e poi giapponesi, che avevano proibito agli isolani il possesso di qualsiasi arma. Agli inizi del XX secolo, un maestro di Okinawa, Gichin Funakoshi, presentò il Karate in Giappone con dimostrazioni nelle principali città dell'arcipelago, seguito da altri maestri che nel frattempo avevano lasciato l'isola di Okinawa con lo stesso scopo. Grazie al successo riscosso da Funakoshi, il Karate si diffuse rapidamente in tutto il mondo. In questo periodo il Karate, integrandosi con il Budo giapponese, divenne Karate Do, “Via del Karate”, trasformandosi così, da metodo di combattimento esclusivamente utilitaristico, in Do cioè “Via” di sviluppo fisico e spirituale. Il termine Karate è scritto ricorrendo a due kanji (ideogrammi), il primo, Kara, significa vuoto mentre il secondo Te significa mano. Il kanji kara può essere interpretato in due modi. La prima, e più conosciuta, definizione (anche se è la meno sottile) ricorda che, attraverso la pratica del Karate vengono studiate tecniche di autodifesa senza uso di armi che non siano mani, piedi ed altre parti del corpo umano. La seconda definizione rispecchia, invece, la filosofia delle arti marziali e della spiritualità orientale, bene espressa dalle parole del M° Gichin Funakoshi: «Come la superficie lucida di uno specchio riflette tutto ciò che le sta davanti ed una valle silenziosa riporta ogni più piccolo suono, così il praticante di Karate deve rendere il proprio spirito vuoto da ogni egoismo e malvagità in uno sforzo per reagire convenientemente dinnanzi a tutto ciò che può incontrare. Questo è il significato del termine Kara, o vuoto, in Karate». L’antico nome del Karate era to de, “la mano (te o de) della Cina (to)” o più semplicemente te o de. L’ideogramma to si pronuncia anche kara e all’inizio del XX secolo ha incominciato ad essere impiegata questa pronuncia: karate, “la mano (te) della Cina (kara)”. Il termine te, o de, letteralmente “mano”, ha anche il significato di “arte” o “tecnica”. L’uso della pronuncia kara permetteva di giocare sul doppio senso perché kara, in giapponese, significa anche “vuoto”, ma è scritto con un altro ideogramma. Il cambiamento dell’ideogramma corrispondente al suono kara si spiega in due modi complementari: da una parte il termine kara, che significa “vuoto” nell’accezione del buddhismo zen, ha in giapponese una maggiore profondità, dall’altra il termine “mano cinese” non andava d’accordo col nazionalismo giapponese di inizio secolo. Questa nuova forma, karate, “mano vuota”, si è diffusa nel corso degli anni Trenta, nel momento in cui i grandi maestri di karate, arrivati dalla piccola isola di Okinawa, cercarono di inserire la loro arte nella più vasta tradizione del Budo (insieme delle arti marziali dei guerrieri giapponesi). 3 REIGI – IL SALUTO La parola Reigi 礼儀 è composta dai kanji REI e GI; quest’ultimo col significato di “convenzione o obbligo sociale”. Rei significa ringraziamento, saluto e ‐ nello specifico ‐ inchino. Il Rei è un concetto fondamentale per tutte le arti marziali di origine giapponese in quanto espressione della cortesia, del rispetto e della sincerità. Il saluto non simboleggia una superficiale manifestazione di educazione, ma un lavoro completo sulla persona: la ricerca di una migliore adesione alla via (Do 道). La postura da assumere prevede l’allineamento perfetto del ventre, del busto e della testa, centri, rispettivamente, della volontà, dell’emotività e dell’intelletto. La posizione del saluto è inizialmente verticale ed esprime la “via spirituale”; si inclina poi orizzontalmente, ad indicare la “via materiale”; tanto più è profondo l’inchino tanto maggiore è rispetto portato nei confronti di chi lo riceve. Al momento di entrare nel dojo bisogna salutare con un inchino discreto e sincero rivolto alla “sede superiore” (kamiza) e lo stesso inchino deve essere eseguito ogni volta che i praticanti si pongano di fronte o eseguano un esercizio di forma (kata). Il saluto si può eseguire sia in piedi che in ginocchio. Ritsurei saluto in piedi Il saluto in piedi (ritsurei, 立礼 in giapponese) deriva dal saluto consuetudinario giapponese e viene eseguito unendo prima i talloni, mantenendo il busto e la nuca ben eretti e portano le mani con le dita tese e serrate lungo le cosce; questa posizione va mantenuta fino a che lo stato d’animo si sia fatto calmo e consapevole, quindi si piega poi in avanti il busto ed infine si torna in posizione eretta. Zarei saluto in posizione inginocchiata Quando sta per cominciare la lezione gli allievi si allineano per grado (il grado più alto all’estrema 4 destra) lungo la “sede inferiore” del dojo mentre il maestro è solito sedersi di fronte a loro nella “sede superiore”. Dopo che il maestro si è seduto o da il comando gli allievi, dal grado più alto al più basso, si siedono nella tradizionale posizione in ginocchio di seiza 正 座 . Per mettersi correttamente in questa posizione bisogna prima piegare la gamba sinistra ruotando leggeremente a destra col busto, quindi seguire con la gamba destra; gli alluci restano a contatto o si incrociano mentre i talloni, rivolti verso l’esterno, formano un incavo in cui ci si siede; la schiena è dritta e la testa eretta, le spalle sono rilassate e le mani sono appoggiate sulle cosce coi palmi in basso e le dita rivolte verso l’interno, le ginocchia sono aperte in modo naturale ‐ generalmente distanziate da due pugni ‐ e determinano la stabilità della postura. Il praticante deve tenere la colonna vertebrale diritta per potere respirare in modo corretto. Dalla posizione di seiza è possibile la pratica della meditazione (mokuso 黙 想 ), seguita nel più profondo silenzio per consentire il raggiungimento dell’armonia e della concentrazione. Sempre dalla posizione di seiza è quindi eseguibile l’inchino detto zarei 座 礼 , appoggiando sul terreno di fronte a sé prima la mano sinistra e poi la destra con i palmi in basso e le dita serrate e rivolte leggermente verso l’interno, quindi si esegue un inchino in avanti senza sollevare i fianchi dall’incavo dei calcagni. Le espressioni verbali che precedono l’inchino vero e proprio sono solitamente scandite dall’allievo più anziano (senpai 先 輩 ), seduto a capofila all’estrema destra degli allievi, e possono variare a seconda delle circostanze e possono essere shomen ni rei (saluto a ciò che è davanti), sensei ni rei (saluto al maestro), otagai ni rei (saluto tra gli allievi). Alla fine di ogni inchino si torna in posizione di seiza riportando sulle cosce prima la mano destra e poi la sinistra; a conclusione dell’ultimo saluto ‐ solitamente il reciproco ‐ il maestro si alza ed all’ordine «kiritsu 起立» è seguito dagli allievi. La filosofia racchiusa nel saluto si radica durante l’esercizio e deve estendersi a tutti gli aspetti quotidiani. Il rei offre un’occasione di riflessione ad ogni praticante circa il comportamento da tenere verso gli uomini e verso la vita. 5 DOJO KUN Uno dei fondamentali aspetti dello studio del karate è la comprensione del Dojo Kun: un codice etico con 5 precetti che indicano la Via e dichiarano le buone azioni da seguire per una sincera e totale comprensione del senso profondo del Karate. Il Dojo Kun si recita durante lo Zarei (saluto in ginocchio), dopo il Mukuso della fine lezione, il Senpai pronuncia le frasi e l’intera classe ne ripete le parole. Il lavoro più grande consiste nel far proprie queste parole, lo studio del Dojo Kun è considerato parte integrante dello studio del Karate stesso, patrimonio del dojo e bene comune di tutti i praticanti. Dojo Kun in giapponese HITOTSU, JINKAKU KANSEI NI TSUTOMERU KOTO (Ricerca la perfezione nel carattere) HITOTSU, MAKOTO NO MICHI O MAMORU KOTO (Percorri la via della sincerità) HITOTSU, DORYOKU NO SEISHIN O YASHINAU KOTO (Coltiva uno spirito di forza e perseveranza) HITOTSU, REIGI O OMONJIRU KOTO (Agisci sempre con buone maniere) HITOTSU, KEKKI NO YU O IMASHIMERU KOTO (Astieniti dalla violenza e mantieni l'autocontrollo). 6 HITOTSU, JINKAKU KANSEI NI TSUTOMERU KOTO (Ricerca la perfezione nel carattere) In questa frase la prima cosa che colpisce è la volontà di perseguire non la supremazia della tecnica o delle componenti esterne, ma piuttosto la cura e la ricerca nel migliorare il carattere del praticante. La tecnica esterna è il mezzo per raggiungere la perfezione interna, il karate come mezzo per perfezionare l’uomo: l’uso della forza e della violenza non è il fine ultimo del Karate Do. Il maestro Funakoshi ha dato moltissima importanza agli aspetti spirituali e all’equilibrio del praticante. Imparare a gestire la propria interiorità aiuta a raggiungere uno stato di equilibrio psico‐fisico e a vivere la propria vita in maniera attiva e serena; se l'allenamento fisico, con l'avanzare degli anni, incontra necessariamente delle limitazioni, lo spirito deve e può, invece, essere perfezionato fino alla morte. HITOTSU, MAKOTO NO MICHI O MAMORU KOTO (Percorri la via della sincerità) La disponibilità e la pratica a essere leali, prima con se stessi e poi verso gli altri, ci rende umili, giusti e consapevoli di chi siamo. Chi non ha fiducia nella ricerca di una Via vera, sincera, cercando strade corte o poco pulite resterà vittima delle proprio “Ego fantasioso”. Ammettere i propri limiti e accettare il duro lavoro nel Karate, così come nella vita, non è segno di debolezza, ma al contrario di coraggio e umiltà. Una buona costruzione necessita di fondamenta solide e ben disposte. HITOTSU, DORYOKU NO SEISHIN O YASHINAU KOTO (Coltiva uno spirito di forza e perseveranza) Sudore, pazienza e totale dedizione sono le richieste della pratica. Imparare un'Arte richiede molto impegno, non basta esser bravi e veloci. "Siamo come bicchieri di acqua sporca di fiume, dapprima togliere le pietruzze grandi è facile, ma il vero lavoro sarà dopo per trovare quelle sempre più piccole". HITOTSU, REIGI O OMONJIRU KOTO (Agisci sempre con buone maniere) Chi decide di dedicare la propria vita o parte di essa allo studio del Karate, fa una scelta: vivere secondo un’etica marziale. Le azioni giuste conoscono solo una Via e ognuno di noi dentro di sé ne riconosce il sentiero. Adottare un comportamento corretto ci aiuta a non essere arroganti e a dare il giusto peso alle cose, evitando così di cadere in errori di valutazione. HITOTSU, KEKKI NO YU O IMASHIMERU KOTO (Astieniti dalla violenza e mantieni l'autocontrollo) Sii giudice di se stesso, impara a controllare gli impulsi istintivi. Come un bambino ha animo sereno e pulito davanti alle scoperte della vita, il karateka cerca di mantenere la propria purezza di intenti: raffinare la tecnica esterna come mezzo per rendere perfetto e libero il proprio spirito dal materialismo della violenza. 7 SISTEMA DI GRADUAZIONE La cintura nel karate è un riferimento che indica l'abilità, attestata dal superamento di appositi esami, nella pratica della disciplina di chi la indossa. Nel 1926, Gichin Funakoshi, fondatore del Karate stile Shotokan, adottò il sistema dei dan dal fondantore dello Judo, Jigoro Kano. Nel sistema di graduazione si distinguono kyū e dan. Sono considerati kyū i livelli di scuola o apprendimento di base (numerati in maniera decrescente) e dan i gradi più elevati, di auto‐perfezionamento. L'esame di graduazione consiste in una dimostrazione tecnica di fronte a una commissione di esaminatori. Esso può includere tutto ciò che si è imparato fino a quel punto oppure nozioni nuove. Le cinture sono di vari colori e corrispondono ai seguenti livelli (kyū/dan): 7° KYU Bianca 6° KYU Gialla 5° KYU Aranci 4° KYU Verde 3° KYU Blu 1° DAN 2° DAN 3° DAN 4° DAN Nera 5° DAN 2° KYU 1° KYU Marrone 6° DAN 7° DAN 8° DAN Bianca-Rossa 9° DAN Rossa 10° DAN Rossa Presso alcune scuole esistono ulteriori cinture intermedie o una diversa classificazione delle cinture. Nel settore giovanile, ad esempio, è frequente l’inclusione di cinture intermedie nel sistema di graduazione: bianco‐gialla, gialla‐arancione, arancione‐verde, verde‐blu, blu‐marrone. Dopo la cintura marrone 1° kyu si può sostenere l’esame di cintura nera 1° dan. Dopo il 6º dan, i successivi livelli vengono assegnati esclusivamente per meriti speciali e non più in seguito ad esami. Per i gradi più elevati non viene valutata solamente la mera capacità tecnica raggiunta, ma soprattutto i frutti dell’esperienza, le abilità legate alla didattica, l’organizzazione, la ricerca e la dedizione a quest'arte marziale. 8 REGOLAMENTO SPORTIVO Un torneo di Karate può comprendere una gara di Kumite (combattimento) e/o una gara di Kata (forme). Classi di età Tutti gli atleti sono suddivisi nelle seguenti classi di età (regolamento FIJLKAM 2012): Preagonisti (“PA”) • • • Bambini dal 5° al 7° anno (nati negli anni dal 2007 al 2005); Fanciulli dall’ 8° al 9° anno (nati negli anni 2004 e 2003); Ragazzi dal 10° all’ 11° anno (nati negli anni 2002 e 2001). Agonisti (“AG”) • • • • • • • • • • • Esordienti “A” dal 12° al 13° anno (nati negli anni 2000 e 1999); Esordienti “B” dal 14° al 15° anno (nati negli anni 1998 e 1997); Cadetti/e dal 16° al 17° anno (nati negli anni dal 1996 al 1995); Juniores dal 18° al 20° anno (nati negli anni dal 1994 al 1992); Seniores dal 21° al 35° anno (nati negli anni dal 1991 al 1977); Master “A” dal 36° al 40° anno (nati negli anni dal 1976 al 1972); “B” dal 41° al 45° anno (nati negli anni dal 1971 al 1967); “C” dal 46° al 50° anno (nati negli anni dal 1966 al 1962); “D” dal 51° al 55° anno (nati negli anni dal 1961 al 1957); “E” dal 56° al 60° anno (nati negli anni dal 1956 al 1952); “F” dal 61° al 65° anno (nati negli anni dal 1951 al 1947). Non Agonisti (“NA”) • Dal 12° anno (2000): tutti coloro che non intendono svolgere attività agonistica o che hanno superato il limite di età previsto per l’agonismo. Kumite La competizione di Kumite si configura come un combattimento libero fra due avversari vincolati a non nuocersi. Ciò avviene attraverso il controllo di colpi (inibizione cinetica) che trasferisce l’azione‐ attacco dal piano reale a quello simbolico. Si tratta di un combattimento rituale dove i due avversari si confrontano per ottenere la vittoria, nell’ambito disegnato dalle regole e sulla base di capacità ed abilità psicofisiche. Considerando che le azioni debbono esprimere reali quantità di energia cinetica, comunque controllata prima del contatto, il problema dell’atleta è quello di realizzare una situazione che sintetizzi realtà (potenza) e simbolicità (controllo). Si tratta, dunque, di uno sport in cui la vittoria premia non la “superiorità oggettiva” (come il KO del pugilato), ma la “superiorità tecnica”. L’area di gara è formata da una superficie quadrata i cui lati misurano otto metri, cui vanno aggiunti altri due metri su ogni lato, che individuano la zona di sicurezza. Ogni Giudice di gara è seduto all’angolo del tappeto nell’area di sicurezza. L’Arbitro centrale può muoversi su tutto il tappeto, compresa l’area di sicurezza dove sono seduti i Giudici. Ogni Giudice ha in dotazione una bandierina rossa e una blu. Ci sono inoltre un Supervisione del combattimento, un Segnapunti e un Cronometrista, 9 seduti al tavolo ufficiale. Gli Allenatori sono seduti al di fuori dell’area di sicurezza, sui rispettivi lati accanto al tappeto verso il tavolo ufficiale. Gli Atleti devono presentarsi sul tappeto forniti di cintura rossa, di guantini rossi, di paratibia rossi e di paracollo del piede rossi o di cintura blu, di guantini blu, di paratibia blu e di paracollo del piede blu da indossare a seconda che siano chiamati per primi (AKA) o per secondi (AO). Ciascun atleta deve indossare una sola cintura e, pertanto, non deve essere indossata quella che indica il grado. Gli atleti devono presentarsi sul tappeto forniti delle seguenti protezioni personali: paradenti, paraseni e conchiglia, e un corpetto (da indossare sotto la giacca). Gli atleti della Classe Esordienti “B”, in aggiunta a quanto sopra, indosseranno anche la maschera facciale approvata dalla World Karate Federation (WKF). Tutte le protezioni devono essere del tipo omologato dalla Federazione. La durata dei combattimenti è di: • • • • • 1 minuto e 20" effettivi continui per gli Esordienti “A” (maschili e femminili); 2 minuti effettivi continui per tutte le Classi femminili, per gli Esordienti “B”, per i Cadetti, per il Campionato Italiano Giovanile a Squadre Sociali, per il Campionato Italiano a Rappresentative Regionali Esordienti “B” e Cadetti, per il Campionato Nazionale Universitario e per tutte quelle gare che si concludono con la Finale Regionale; 3 minuti effettivi continui per i Campionati Italiani Individuali Juniores ed Assoluto Femminili soltanto nei combattimenti per l’assegnazione del 1° e 2° posto e dei 3’ posti; 3 minuti effettivi continui per i Campionati Italiani Individuali Juniores e Assoluto Maschili, per il Campionato Italiano a Rappresentative Regionali Juniores e Seniores maschili, per il Campionato Italiano Assoluto a Squadre Sociali maschili; 4 minuti effettivi continui per i Campionati Italiani Individuali Juniores ed Assoluto Maschili soltanto nei combattimenti per l’ assegnazione del 1° e 2° posto e dei 3’ posti (ultimo turno dei Ricuperi e Finali). Il regolamento che disciplina il Kumite prevede l’attribuzione di punti agli atleti che riescano ad effettuare tecniche di attacco verso bersagli considerati validi (testa, viso, collo, petto, addome, fianchi, schiena). I punti attribuibili sono suddivisi in Yuko (1 punto), Wazaari (2 punti) e Ippon (3 punti): • • • Yuko (1 punto) viene assegnato per: o Ogni tecnica di pugno (tsuki) portata a una delle sette zone bersaglio; o Ogni tecnica di percossa (uchi) portata a una delle sette zone bersaglio. Wazaari (2 punti) viene assegnato per: o Calci Chudan, ossia portati a livello di addome, petto, schiena o fianchi. Ippon (3 punti) viene assegnato per: o Calci Jodan, ossia portati a livello di volto, testa o collo. o Qualsiasi tecnica utile per il punteggio portata su un atleta proiettato, caduto per proprio conto o sbilanciato, con il torso a terra. Un punto viene assegnato quando un’azione d’attacco viene eseguita rispettando i seguenti criteri: • • • • • • Buona Forma; Atteggiamento Sportivo; Applicazione Vigorosa (POTENZA); Consapevolezza (ZANSHIN); Corretta Scelta di Tempo (TIMING); Distanza Corretta. 10 Un’azione di attacco è quindi di successo, ovvero valutata in termini di punteggio, se presenta le caratteristiche di seguito descritte: • • • • • • Zanshin (iniziale). Consiste in un atteggiamento o comportamento di massima attivazione del sistema percettivo, cognitivo e motorio che gli atleti adottano al fine di individuare la situazione più favorevole all'effettuazione della tecnica di attacco. In questa fase il dinamismo motorio può essere più o meno elevato ed è caratterizzato da una gamma di movimenti che preparano l'azione. L'attenzione è massima ed è orientata a cogliere nel contesto situazionale (determinato dall'interazione motoria con l'avversario) gli elementi che consentono l'esecuzione dell’azione risolutiva su un bersaglio; Tecnica (coordinazione specifica). Si tratta di un programma motorio che determina l'organizzazione dei segmenti del corpo nello spazio e nel tempo, secondo i vincoli operanti (biomeccanici e modelli) e in funzione dell’obiettivo prefissato a livello di processi decisionali. La sequenza di reclutamento delle unità motorie interessate è determinata dal programma motorio che realizza il movimento, cioè dall'automatismo che scaturisce dalle abilità dell'Atleta. L'automatismo è un patrimonio che viene acquisito in allenamento e perfezionato in gara. Ogni tecnica deve essere espressa in conformità ai modelli della specialità e non può prescindere dal vincolo posturale. Nel Karate la gestualità, come è noto, è costituita da azioni di gamba, di braccio e di atterramento (proiezione) concluse da tecniche di pugno o di calcio e, pertanto, i modelli di riferimento devono essere sufficientemente precisi; Buona forma (buona coordinazione dell'azione). L'Arbitro e i Giudici di gara hanno il compito di stabilire se la tecnica espressa dispone dei requisiti minimi per l' assegnazione del punteggio; Potenza. Nelle espressioni sportive è di fondamentale importanza il concetto di potenza. Il valore della Potenza (P) dipende dalle componenti di forza (F) e velocità esecutiva (v) impiegate per compiere un determinata azione ed è data dalla formula P = F x v; Distanza. La componente distanza è di fondamentale importanza, tanto che, con un paradosso, si potrebbe affermare che senza distanza non c'è combattimento. Infatti, in un combattimento, portare colpi che non arrivano al bersaglio non ha alcuna rilevanza, equivale a sparare con un cannone dalla gittata insufficiente e, quindi, non ha senso. Si tratta di un errore percettivo di valutazione dello spazio che separa il mezzo dal bersaglio, oppure di un errore di valutazione sulle valenze del mezzo. Anche una distanza inferiore alla lunghezza dell’arto al momento in cui arriva sul bersaglio è da considerarsi errata e controproducente, perché la catena cinetica viene interrotta prima di svilupparsi completamente, risultando deficitaria nella potenza e nella buona forma. Entrambi i casi vengono segnalati dall’Arbitro con gesti convenzionali e, ovviamente, non danno luogo ad assegnazione di punteggio; Controllo. La sicurezza, la salute e il benessere psicofisico dei praticanti e degli atleti sono i massimi valori ai quali si ispira lo sport. Questi stessi valori sono a fondamento del Karate contemporaneo. Il sistema sport ha preso forma e si è creato una dimensione che interagisce con altre dimensioni del sociale per il conseguimento di obiettivi che sono funzionali alla collettività. Poiché le fondamenta motivazionali sulle quali si regge lo sport sono il gioco e l'agonismo, non è possibile accettare nessuna forma di competizione sportiva ove siano strutturalmente presenti gravi rischi per la salute, altrimenti verrebbero meno i presupposti che rendono la motricità sportiva socialmente utile. Uno sport è socialmente accettabile soltanto quando è portatore di benefici psicofisici e salvaguarda l'incolumità dei praticanti. Il rischio grave o il danno alla salute collidono drammaticamente con i principi informatori del sistema sport, le cui finalità si armonizzano perfettamente con altre nel processo di educazione permanente. Non è, dunque, pensabile che milioni di praticanti subiscano traumi con danni più 11 • o meno gravi alla salute. A fondamento del Karate vi è una regola che esprime alcuni valori fondanti della società moderna: il rispetto degli altri. Nella pratica si traduce in autocontrollo dei comportamenti, rispetto delle regole e soprattutto controllo dei colpi. La regola cardine del combattimento di Karate è che le azioni non devono nuocere alla salute dell'avversario. Ciò avviene attraverso il controllo dei colpi (inibizione cinetica), che trasferisce l' azione‐attacco dal piano reale a quello simbolico; Zanshin (finale). Azione che viene realizzata dall’atleta al termine della tecnica effettuata o della combinazione di tecniche, con lo scopo di dimostrare l'intenzionalità e la perfetta gestione dell’azione in tutte le sue fasi, compresa quella conclusiva. Nel caso specifico, si traduce in recupero della distanza in assetto e guardia per uscire dal campo d'azione dell'avversario. Tale comportamento ha anche la funzione di contrastare efficacemente ogni prevedibile reazione, nel caso in cui l'arbitro non fermi il combattimento per l' assegnazione del punteggio. Lo Zanshin rappresenta l’attitudine del combattente a risolvere a proprio vantaggio il confronto, mobilitando le proprie risorse psicofisiche fino all’ultimo istante. Nel momento in cui l'atleta effettua la tecnica, l'arbitro verifica la presenza contemporanea dei requisiti richiesti per la valutazione e, in caso affermativo, ferma il combattimento e procede all'assegnazione del punteggio. Vince l’atleta che riporta un vantaggio netto di otto punti, o si trova in vantaggio alla fine del combattimento; l’esito può essere deciso da votazione (HANTEI), o determinato dalla squalifica di uno degli atleti. In alcuni casi la valutazione arbitrale può penalizzare l’atleta che mette in atto uno più comportamenti proibiti. Ci sono due categorie di comportamenti proibiti: • • Categoria 1 o Le tecniche che hanno un contatto eccessivo e le tecniche che hanno un contatto con la gola; o Attacchi alle braccia o alle gambe, all’inguine, alle articolazioni o al collo del piede; o Attacchi al viso con tecniche a mano aperta; o Tecniche di proiezione pericolose o vietate. Categoria 2 o Fingere o esagerare lesioni; o Uscite dall’area di gara (JOGAI) non causate dall’avversario; o Comportamenti che mettono a repentaglio se stessi, esponendosi all’attacco da parte dell’ avversario, o comportamenti caratterizzati da inadeguate misure di protezione (MUBOBI); o Evitare di combattere per ostacolare la messa a segno di punti da parte dell’avversario; o Passività (evitare di combattere). L’atleta che continua a indietreggiare costantemente senza contrattaccare efficacemente, che effettua trattenute immotivate o che deliberatamente esce dall’area di gara per non consentire all’avversario di mettere a segno un punto, deve essere sanzionato con un richiamo o una penalità; o Trattenere, spingere, bloccare a terra o in piedi o petto contro petto, senza tentare una proiezione o un'altra tecnica; o Tecniche che per loro natura non possono essere controllate e costituiscono un rischio per la sicurezza dell'avversario, e attacchi pericolosi e incontrollati; o Attacchi simultanei con la testa, le ginocchia o i gomiti; 12 o Parlare o provocare l’avversario, senza obbedire agli ordini dell’arbitro, comportamenti scortesi nei confronti degli arbitri o altre violazioni dell’etichetta. Sono previsti tre livelli di avvertimento (CHUKOKU, KEIKOKU e HANSOKU CHUI) e due livelli di penalizzazioni (HANSOKU e SHIKKAKU). Un avvertimento è una comunicazione all’atleta che ha violato il Regolamento di gara, ma non comporta immediatamente una penalizzazione. Le penalizzazioni, invece, comportano la squalifica dal combattimento (HANSOKU), o dall’intera gara (SHIKKAKU), con una possibile sospensione dalle gare per un lungo periodo di tempo. CHUKOKU viene imposto per una prima infrazione minore per la categoria corrispondente. È giustificata da una violazione non grave del Regolamento, quando cioè le probabilità di vittoria dell’avversario non vengono compromesse (secondo il parere del Gruppo Arbitrale) dal fallo commesso. KEIKOKU viene imposto per la seconda infrazione per la stessa categoria o per infrazioni di media gravità, quando le probabilità di vittoria dell’avversario vengono leggermente diminuite dal fallo commesso (secondo il parere del Gruppo Arbitrale). HANSOKU‐CHUI è la penalizzazione “AVVISO PER LA SQUALIFICA” che viene generalmente imposta in caso di infrazioni per le quali, nello stesso combattimento, sia già stato comminato un KEIKOKU, anche se può essere imposta direttamente in caso di violazioni gravi che non meritano un HANSOKU. Può essere imposto direttamente, o dopo richiamo, e vi si ricorre quando le possibilità di vittoria di un atleta vengono seriamente compromesse dal fallo commesso dall’avversario (secondo il parere del Gruppo Arbitrale). Le punizioni di Categoria 1 e Categoria 2 non si sommano tra loro. Kata Nel Karate, l’essenziale del sapere è condensato nei Kata. Si tratta di sequenze gestuali relativamente brevi che comprendono all’incirca da venti a sessanta movimenti. Il Kata deve aiutare a realizzare in forma perfetta in insieme di movimenti trasmessi dalla tradizione. Questo orientamento si trova in tutte le arti tradizionali giapponesi. Sebbene nei Kata ci si eserciti da soli, essi presuppongono la presenza di uno o più avversari. L’idea fondamentale del Kata è che il karateka debba sempre inquadrare la sua tecnica in relazione a un avversario verso il quale sono diretti i colpi e le risposte. Tuttavia, il Kata non può essere ridotto a una semplice rappresentazione di un combattimento; esso è una formalizzazione simbolica di tattiche di combattimento destinate alla trasmissione e all’apprendimento. Le competizione di Kata possono essere sia individuali sia di squadra. L’obiettivo della competizione è quello di dimostrare, attraverso l’esecuzione di un Kata che sia il più possibile vicino a un modello di prestazione ideale, la superiorità tecnica sugli avversari. Durante la gara gli Atleti eseguono sia Kata obbligatori (SHITEI) che una selezione di Kata liberi (TOKUI). I Kata eseguiti devono essere conformi alle scuole di Karate riconosciute dalla WKF e basate sui sistemi Gojuryu, Shitoryu, Shotokan e Wadoryu. Il numero e il tipo di Kata richiesti dipende dal numero di Atleti o Squadre iscritti. All’inizio di ogni incontro, in risposta all’annuncio dei loro nomi, i due Atleti, uno con la cintura rossa (AKA) l’altro con la cintura blu (AO), si dispongono lungo il perimetro dell’area di gara con il volto rivolto al Giudice Centrale. Dopo aver eseguito un inchino alla volta del Gruppo Arbitrale, AO indietreggia fino ad uscire dall’area di gara. Dopo essersi mosso verso la posizione d’avvio e aver annunciato il nome del Kata da eseguire, AKA comincia. Dopo aver completato l’esecuzione del Kata, AKA lascia l’area di gara per attendere l’esecuzione di AO. Una volta conclusasi l’esecuzione di AO, entrambi tornano lungo il perimetro dell’area di gara e attendono la decisione del Gruppo Arbitrale. 13 Per valutare la prestazione di un Atleta, di una Squadra o di una Rappresentativa devono essere applicati i seguenti criteri sulle componenti strutturali della prestazione stessa: • • • • • • • Tecnica; Potenza; Ritmo; Kime (capacità di alternare rapidamente contrazione e decontrazione muscolare); Espressività; Sincronismo (nelle gare a squadra); Applicazione o Bunkai (nelle gare a Squadra). La Tecnica. Ogni singola azione motoria prende forma nello spazio e nel tempo ed è il risultato di una partecipazione coordinata di tutti i segmenti dell’atleta. La tecnica viene eseguita in base a un modello ottimale. Durante l’esecuzione, ogni singola tecnica va osservata e valutata nella sua globalità coordinativa. L’attenzione del giudice è orientata a valutare la qualità del movimento (l’azione della parte superiore del corpo non deve in nessun modo creare grandezze di disturbo alla parte inferiore) e la gestione dell’equilibrio dinamico e statico. La stabilità della postura (zenkutsudachi, kibadachi, shikodachi, nekoachidachi, ecc..) è data dall’assenza di pattinamenti degli appoggi e di vibrazioni degli arti inferiori, non determinati dall’azione degli stessi per imprimere movimento al bacino nelle tecniche di braccia (gyaku tsuki, parate, ecc..). La perdita più o meno grave dell’equilibrio è da considerare un grave errore di coordinazione e, quindi, della tecnica. La Potenza. Ogni singola azione tecnica è determinata da un insieme di contrazioni muscolari che mettono in movimento segmenti, o l’intera massa corporea, determinando la produzione di energia cinetica, che nel Karate è indirizzata contro l’avversario. La potenza della tecnica è data dalla formula P = F x v (forza x velocità). La potenza della tecnica, ovvero l’energia cinetica prodotta dall’azione, è una componente essenziale in quanto ne determina in gran parte l’efficacia. Durante l’esecuzione di ogni singola tecnica, ove sia richiesto dalla codificazione, il Giudice deve osservare questo parametro essenziale (Potenza), avendo ben presente che la forza e la velocità sono tra loro integrate, ma che è l’alta velocità dell’azione a determinare in maggior misura la potenza. Quindi, maggiore è la velocità della massa d’impatto, maggiore è l’efficacia della tecnica. Va, inoltre, tenuto presente che mantenere la perfetta coordinazione alle alte velocità richiede una grande maestria di movimento. Il Kime. Ogni singola azione tecnica, ove sia richiesto dalla codificazione, si deve concludere con una contrazione muscolare isometrica breve (Kime), che è una specifica che identifica il Karate e, nel medesimo tempo, lo differenzia da altre specialità similari. Il Kime, insomma, è una componente strutturale del Karate. Durante l’esecuzione di ogni singola tecnica, ove sia richiesto dalla codificazione, l’attenzione del giudice deve essere orientata alla verifica che il Kime venga espresso correttamente. Un’ espressione imprecisa di questa componente tecnica, o la sua assenza, provoca fusioni tra una tecnica e l’altra e denota una scarsa maestria del gesto. Il Ritmo. La combinazione in successione di un insieme di tecniche motorie di differente significato, ampiezza e velocità (codificazione) determina il ritmo. Trattandosi di un insieme di tecniche codificate, esso è quasi completamente determinato dall’ampiezza e rapidità del movimento, dagli intervalli di tempo dovuti alla durata del Kime e dal significato che lega tra loro gruppi di azioni diverse. Durante l’esecuzione del Kata nel suo insieme, e durante le fasi parziali (gruppi di tecniche), l’attenzione del giudice deve essere orientata a verificare la presenza di un ritmo che scaturisca da razionali legami di significato tra le varie tecniche e che dia realismo e forza di espressione alla comunicazione gestuale. 14 Al termine della prova, la valutazione del giudice sul ritmo espresso dall’atleta dovrà essere di tipo globale. L’Espressività. L’atleta in azione, tramite il movimento (posture e tecniche codificate), entra in comunicazione con chi guarda, gli trasmette significati, qualità di movimenti, quantità di energie espresse, ecc.. che, nel caso del Kata, sono comprensibili a coloro che sono in grado di decodificarli, vale a dire di comprenderne i contenuti. In questo sistema di comunicazione, la personalità e l’energia interiore di chi comunica imprimono al movimento una caratteristica personale, soggettiva, ben percepibile che ne determina la forza e l’efficacia della comunicazione. Questa capacità non va confusa con l’assunzione di atteggiamenti di tipo “cinematografico”. Durante l’azione del Kata, l’attenzione del giudice deve essere orientata a percepire la capacità e la forza della comunicazione gestuale dell’atleta, ovvero la capacita di rappresentare una situazione di combattimento reale, anche in assenza di avversari, senza assumere atteggiamenti artificiosi. La Sincronizzazione. Nelle prove di Kata a Squadre è richiesta la sincronizzazione nell’esecuzione delle tecniche. Questa capacità è fondamentale nelle competizioni riservate a Squadre di individui che effettuano lo stesso esercizio e consiste nella capacità da parte di ognuno dei componenti di aderire a comuni parametri esecutivi della tecnica e del ritmo, di interiorizzarli e di esprimerli in gara. Durante l’esecuzione del Kata, l’attenzione del giudice deve essere orientata a percepire la capacità dei componenti della Squadra di muoversi in sincronia e deve, inoltre, memorizzare eventuali perdite di sincronia da parte di uno o più atleti. L’applicazione (Bunkai) ‐ Nelle prove di Kata a Squadre dove è prevista l’applicazione, la sequenza di tecniche precedentemente espressa nel Kata deve essere ripetuta da uno dei tre componenti della Squadra (tori), avendo come avversari gli altri due (uke). Non sono ammesse “varianti”, pena la sconfitta. La prova consiste nell’esprimere una situazione di combattimento e mantenere un’elevata precisione ed efficacia della tecnica. L’applicazione deve esprimere correttamente i parametri di distanza, scelta di tempo ed efficacia degli attacchi e delle difese. E’ consentito agli atleti adattare il ritmo degli attacchi o le direzioni alle esigenze dell’applicazione, a condizione che l’applicazione sia aderente all’esecuzione precedentemente realizzata nella prova di sincronizzazione. E’ opportuno precisare che il Bunkai rappresenta l’esplicitazione del significato degli schemi posturali (Zenkutsudachi, Shikodachi, ecc.) e delle azioni finalizzate ad uno scopo (attacchi, parate, proiezioni, ecc.), realizzate in funzione di una situazione che deve rappresentare il combattimento contro più avversari. Il Bunkai, in sostanza, rende percepibile e comprensibile il significato di ogni azione e consente allo spettatore di seguire e capire la narrazione di eventi di combattimento precedentemente rappresentata a vuoto. Per maggiori informazioni, è possibile scaricare online il Regolamento Federale completo (http://www.fijlkam.it/default.ashx?pagina=110) e il Programma dell’Attività Federale (http://www.fijlkam.it/default.ashx?pagina=114). 15 TECNICHE E POSTURE PRINCIPALI TECNICHE FONDAMENTALI DI BRACCIA OIZUKI ‐ postura iniziale zenktsudachi in guardia sin ‐ avanzamento ed estensione dell’arto superiore dx ‐ ritorno alla postura iniziale ‐ bacino semiaperto GIAKUZUKI ‐ postura iniziale in guardia sin ‐ bacino semiaperto ‐ estensione dell’arto superiore dx (giakuzuki) ‐ ritorno alla postura iniziale 16 URAKEN UCHI ‐ postura iniziale in guardia dx ‐ bacino semiaperto ‐ caricamento dell’arto superiore dx al petto ‐ ritorno alla postura iniziale ‐ estensione dell’arto superiore sul piano trasverso (fase di attacco al viso) ‐ bacino semiaperto GEDAN BARAI – in SHIKO DACHI ‐ postura iniziale in guardia sin ‐ bacino semiaperto ‐ caricamento dell’arto cambio postura (shikodachi) superiore sin alla spalla opposta ed estensione dell’arto superiore sin, che esegue la parata bassa 17 AGE UKE (o JODAN UKE) ‐ postura di guardia dx ‐ parata alta con arto superiore dx ‐ vista frontale Ritorno alla postura iniziale ‐ bacino semiaperto GEDAN BARAI ‐ Posizione di guardia sin ‐ caricamento dell’arto superiore sin alla spalla dx ‐ estensione del braccio sin dall’interno verso l’esterno, parata bassa 18 TECNICHE FONDAMENTALI CON GLI ARTI INFERIORI MAE GERI ‐ posizione di guardia dx ‐ caricamento dell’arto inferiore sin al petto ‐ estensione della gamba sulla coscia ‐ richiamo della gamba sin ‐ arretramento dell’arto inferiore dx ‐ appoggio dell’arto inferiore sin verso il dx ‐ bacino semiaperto 19 MAWASHI GERI ‐ posizione di guardia dx ‐ caricamento dell’arto inferiore sin al petto ‐ extrarotazione dell’arto d’appoggio semipiegato ‐ estensione completa dell’arto inferiore sin sul piano trasverso ‐ recupero dell’arto inferiore sin ‐ arretramento dell’arto inferiore dx ‐ appoggio vicino al dx 20 URA MAWASHI GERI ‐ posizione di guardia dx ‐ caricamento dell’arto inferiore sin al petto ‐ extrarotazione dell’arto d’appoggio semipiegato ‐ vista frontale ‐ recupero dell’arto inferiore sin ‐ estensione dell’arto inferiore con traiettoria inversa rispetto al mawashi geri ‐ appoggio vicino al dx ‐ arretramento dell’arto inferiore dx 21 USHIRO URA MAWASHI GERI ‐ vista frontale ‐ posizione di guardia dx ‐ rotazione dorsale (in senso antiorario) ‐ vista laterale ‐ abduzione ed inizio dell’estensione dell’arto inferiore ‐ completamento dell’estensione ‐ vista laterale con traiettoria semicircolare dell’arto inferiore sin 22 ‐ recupero dell’arto inferiore dx ‐ arretramento dell’arto inferiore dx ‐ appoggio vicino al dx ‐guardia sin avanti 23 24 25 26 KATA PINAN NIDAN 27 KATA HEIAN SHODAN 28 MAGGIORI INFORMAZIONI In questa ultima sezione riporto una lista di testi e collegamenti utili, destinata a chi senta il desiderio di approfondire lo studio degli argomenti trattati durante le lezioni esercitative, nonché della storia e filosofia del karate. • • • • • • • • • • • • • • “Storia del Karate. La via della mano vuota”, Kenji Tokitsu, Luni editrice; “L’arte del combattere”, Kenji Tokitsu, Luni editrice; “L’essenza del Karate‐Do di Okinawa” Shoshin Nagamine, Mediterranee; “I venti principi del Karate”, G.Funakoshi; “Karate‐Do Kyohan, G.Funakoshi, Mediterranee; “Karate‐Do. Il mio stile di vita”, G.Funakoshi, Mediterranee; “Karate di Okinawa”, M.Bishop, Mediterranee; “I Kata classici”, Werner Lind, Mediterranee; Collana “Superkarate”, M.Nakayama, Mediterranee; “Enciclopedia delle Arti Marziali” AA.VV., Luni editrice; “Manuale Teorico Pratico di Karate ‐ Scuola Elementare e Media”, Pierluigi Aschieri, pubblicazioni FIJLKAM; “Karate giocando. La scoperta del proprio corpo attraverso il karate”, Topino, Invernizzi ed Eid, edizioni Caraba; “Il progetto sport a scuola della FIJLKAM” http://www.fijlkam.it/default.ashx?pagina=53; “Granpremio Giovanissimi”, progetto tecnico e regolamento delle competizioni giovanili: http://www.fijlkam.it/default.ashx?pagina=110. A livello nazionale la sola federazione riconosciuta dal CONI che ha il compito di promuovere, organizzare, disciplinare e diffondere il Karate è la FIJLKAM (Federazione Italiana Judo Lotta Karate e Arti Marziali) www.fijlkam.it. A livello internazionale l’organismo di riferimento è la WKF (World Karate Federation) www.wkf.net. CONTATTI • Fabio Ventura • Emiliano Mazzoli e‐mail: [email protected] e‐mail: [email protected] [email protected] 29