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Suppl. n° al n.1/2009 di “Incontri Con…”
Un salto in avanti di civiltà
La crisi economica che stiamo vivendo e
prima ancora il dramma ecologico del pianeta,
oltre al disagio, hanno avuto il merito di aprirci gli occhi sull’insostenibilità di questo sviluppo. L’avvertono non solo gli umanisti, ma
ormai anche gli economisti più sensibili alla
tematica etico-economica.
Già anni fa lo scriveva il mistico e filosofo
Raimon Panikkar, al cui pensiero affido il prosieguo della riflessione.
«La crisi del mito del progresso è irreversibile:
siamo ormai consapevoli che il sistema è organizzato in modo tale da rendere i ricchi sempre
più ricchi e i poveri sempre più poveri, e che
non c’è scampo per la metà della popolazione
mondiale che la globalizzazione selvaggia ha
condannato ad abbandonare il banchetto della vita. Le soluzioni che il pensiero ecologico,
e dovremmo anche dire l’ideologia ecologica,
hanno approntato non sono affatto adeguate
alla qualità e all’entità della sfida che la crisi
climatica e ambientale ci pongono. Esse sono
un mero maquillage e una nuova forma di business che sfrutta, magari in guanti bianchi, la
natura e il cosmo, assimilati a materia inerte e
a semplici cose, spacciate per risorse illimitate. C’è, invece, bisogno di un approccio molto
più profondo che attui un vero e proprio salto
in avanti di civiltà e che non si limiti a dare
una “mano di verde” al nostro agire economico, culturale e sociale, e che muti in profondità
i nostri stessi stili di vita, per renderli sobri,
armoniosi e compatibili con la vita universale». Una rivoluzione nonviolenta che il filosofo
e mistico sintetizza con nettezza affermando
che non l’ecologia ma l’ecosofia ci salverà.
Antonio Denanni
Il card. Martini racconta in un libretto la figura del vescovo
Il vescovo nel mondo contemporaneo
Così presenta il suo scritto: «Desidero descrivere questa figura nel suo rapporto con le persone»
Nonostante la malattia, il card. Carlo Maria Martini continua a scrivere
e con i suoi scritti ad infondere alla
comunità cristiana e agli uomini di
buona volontà parole di saggezza.
Con il libro “Il vescovo”, edito dalla torinese Rosenberg & Sellier,
l’ex arcivescovo di Milano prende
in considerazione il delicato tema
dell’autorità nella chiesa locale, riassunta nella figura del vescovo.
Non lo fa sotto forma di trattazione
teologica, ma di racconto sulla vita
del vescovo, alla luce della propria
esperienza, mettendo a nudo l’universo umano e spirituale in cui si
muove un pastore, comprese le sue
debolezze.
Sulla figura del vescovo, che alla
luce del Concilio ha riassunto in sè
la pienezza del ministero sacerdotale, “si sono create delle attese molto alte” e per questo “molti vescovi
hanno deluso o non si sono mostrati
all’altezza del ruolo”, così ha affermato il presidente dei teologi italiani
Roberto Repole alla presentazione
del libro a Torino. È anche per questo che Martini, confessa nel libro,
ha fatto l’uomo di relazione. Ed è su
queste che si incentra buona parte
della sua opera.
Riportiamo la parte conclusiva del
libro.
«Nel corso dei secoli la figura episcopale ha avuto diverse fisionomie.
La metamorfosi compiutasi tra una
fisionomia e l’altra è stata il frutto
dell’adeguamento alla società, alla
cultura, alla riflessione teologica di
quel tempo specifico. Ma nel nostro
tempo? nella net generation qual è il
tratto che più si addice a un incarico
che riassume in sé tante e tali sfaccettature da renderlo unico?
Non entro qui nel merito di delucidazioni che hanno il proprio fondamento nelle virtù teologali (la fede,
la speranza e la carità) e di quelle
cardinali (la prudenza, la giustizia,
la fortezza e la temperanza). QuanIn questo numero
On line per gli altri
www.biennaledemocrazia.it Sito dell’associazione Biennale Democrazia, che è un
laboratorio pubblico di dibattito e di confronto sui grandi temi della politica odierna.
www.siti3000.it Sito sulla mitologia con ampia spiegazione di numerosi miti.
www.popoli.info Il mensile internazionale e missionario dei gesuiti italiani con
analisi e riflessioni sull’attualità e sui fatti internazionali.
www.bibbiaedu.it La Bibbia online in diverse traduzioni con chiavi di ricerca.
Gli abati commendatari
pag. 2
Nuova voglia di relazione
pag. 3
Democrazia è lavoro sicuro
pag. 4
Quando la tonaca è chic
pag. 6
Il giusto progresso e la tecnica pag. 7
L’occupazione nel mondo
pag. 8
Perché non sono...
pag.10
Ernesto Balducci, morto 20 anni fa, il 25 aprile 1992
Il ventennale della morte di alcuni testimoni
E. Balducci dopo l’uccisione di L.Grassi: “La mafia è il segno del fallimento dello Stato”
Questo è il ventennale della
morte di alcuni testimoni della
fede liberante, di operatori di
pace, di seminatori di libertà e
di spirito critico. È il ventennale
della morte del padre David
Maria Turoldo, di p. Ernesto
Balducci, ma anche dei
magistrati Giovanni Falcone e
Paolo Borsellino.
Proponiamo di Ernesto
Balducci un articolo apparso su
Il Secolo XIX il primo settembre
1991, tre giorni dopo l’uccisione
di Libero Grassi.
«Della mafia, come della
metafisica, dovrebbero parlare
solo gli esperti. Ma mentre
gli esperti della metafisica,
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Periodico di cultura religiosa
realizzato in collaborazione con
l’Ufficio Irc/smi-sms e la Comm.
per l’Ecumenismo e il dialogo
della Diocesi di Pinerolo,
Via Vescovado 1, Pinerolo.
Dir. responsabile: Antonio Denanni
Anno 3, n.3, Maggio 2012
rari e introvabili, possiamo
lasciarli senza nostro danno ai
loro soliloqui sublimi e inutili,
gli esperti della mafia siamo
costretti a sopportarli, quando
gli avvenimenti li chiamano a
ripeterci la lezione di circostanza,
senza che al nostro intelletto
esterrefatto giunga mai un
barlume di luce. Anzi, di anno in
anno, che dico?, di mese in mese
il buio si fa sempre più buio.
E se cominciassimo a
prendere la parola noi
che esperti non siamo? Se
cominciassimo, sgombrandoci
di dosso ogni complesso di
inferiorità, ad applicare anche
a questo fenomeno complesso
e misterioso i sani e semplici
criteri dell’etica politica su cui
si basa, o dovrebbe basarsi, la
nostra coscienza di cittadini?
Ebbene, dopo aver fatto per una
giornata una rigorosa astinenza
– non ho toccato un quotidiano,
non ho ascoltato un giornale
radio, per paura di imbattermi
negli esperti governativi – provo
a dire la mia.
E comincio con la
considerazione più ovvia: la
mafia è il segno del fallimento
dello Stato, anzi è la crescita
di uno Stato illegale dentro
le viscere dello Stato legale.
I due organismi vivono
utilizzando gli stessi apparati:
respirano la stessa aria, sono
irrorati dallo stesso sangue.
Vivono in simbiosi, insomma,
tanto che la morte dell’uno
sarebbe, stando così le cose,
la morte dell’altro. Nessuna
radioscopia vi permetterebbe
di distinguerli l’uno dall’altro.
Nello Stato legale si fa largo
ricorso a espedienti illegali e
nello Stato illegale si fa largo uso
di espedienti legali. Su questo
sfondo, la mafia propriamente
detta è una espressione
particolare di un male oscuro che
ormai investe l’intero apparato
amministrativo dello Stato».
Leggi il resto su: www.linkiesta.it/
ernesto-balducci#ixzz1uE0Vr8Ca
do in passato leggevo simili pagine
restavo senza fiato, poiché dicevo:
per me sarà impossibile avere tante
e tali virtù! Non voglio seguire perciò questa via ascetica. Vorrei invece
provare a mettermi su un piano più
“laico” e tentare di descrivere alcune
caratteristiche che pongono il vescovo a suo agio nel mondo contemporaneo e postmoderno. Non trovo in
esso solo delle connotazioni negative, al contrario mi sembra un mondo
che costringe a una vera serietà di
propositi e di azioni.
Prima di tutto, in ordine di valori, metterei l’integrità. Occorre che
il vescovo sia una persona integra e
onesta, chi lo incontra deve scorgervi con facilità e chiarezza una obbedienza volonterosa alle leggi dello
Stato. Il libro dell’Ecclesiaste insegna: «Non dire “come mai i tempi
antichi erano migliori del presente”,
perché una domanda simile non è
ispirata a saggezza» (Qo 7,10). Trovo sconveniente che si possa ancora
rimbrottare i presenti a qualche convocazione per il fatto che altri non
sono venuti.
Una seconda caratteristica è la lealtà. Ci vogliono uomini capaci di dire
Segue a pag.2
Supplemento d‘anima
Chen Guangcheng
Chen Guangcheng è un attivista
per i diritti civili nella Repubblica
popolare cinese, che negli ultimi
mesi ha attirato l’attenzione
internazionale per le sue battaglie
sui diritti umani.
Nato il 12.11.1971 nello Shangdong, all’età
di un anno resta completamente cieco a causa
di una malattia. Rimane analfabeta fino a
quando, nel 1994, non viene accettato dalla
scuola superiore per ciechi di Qingdao. E non
senza difficoltà. I ciechi, secondo una legge
della Repubblica popolare cinese del 1991
«per la protezione delle persone fisicamente
handicappate», sono esentati dal pagare le
tasse, anche quelle scolastiche. Così quando
alla scuola superiore di Qingdao gli chiedono
di pagare l’iscrizione, Chen denuncia una
violazione del diritto dei disabili. Un’altra
violazione la denuncia nel 2003 quando fa
causa alla società statale della metropolitana
di Pechino, perché non gli consentiva di
viaggiare gratis come la legge stabiliva.
Queste esperienze ebbero tutte risultati positivi:
il diritto allo studio riconquistato, biglietti della
metro effettivamente gratis
segue a pag.2
16/05/2012 1.42.59
Indialogo.it
Pag. 2
Papa Giovanni
sentire san PaPennellate bibliche
XXIII ci ha inolo:
segnato l’attenSe parlo le linzione ai segni
gue degli uod e i
mini e anche
tempi e oggi purtroppo stiamo at- quelle degli angeli, ma non ho amore, sono
traversando un tempo di profonda un metallo che rimbomba, uno strumento
crisi.
che suona a vuoto. (...)
Crisi innanzi tutto economica che, Se do ai poveri tutti i miei averi, se offro il
a valanga, da origine a un numero mio corpo alle fiamme, ma non ho amore,
crescente di problemi: mancanza di lavoro, non mi serve a nulla. (...)
conseguentemente difficoltà a mantenere L’amore non tramonta mai: (…) Ora dunl’abitazione, con il sorgere di criticità nei que ci sono tre cose che non svaniranno:
rapporti interni alla famiglia, dà cui posso- fede, speranza, amore. Ma più grande di
no sorgere separazioni, con l’aggravarsi di tutte è l’amore. (1 Cor. 13)
nuove difficoltà di natura economica e rela- ed è bene anche riascoltare San Giacomo:
zionale, fino al sopraggiungere di gravi crisi Fratelli, a che serve se uno dice: “Io ho
di identità che talvolta costituiscono un peso la fede!” e poi non lo dimostra con i fatti?
insopportabile con esiti a volte drammatici.
Forse che quella fede può salvarlo? SuppoQuesto è lo scenario che ci accompagna. niamo che qualcuno dei vostri, un uomo o
In tempo di grave crisi sorge la tentazione di una donna, non abbia vestiti e non abbia da
pensare che Dio ci abbia abbandonato, ci si mangiare a sufficienza. Se voi gli dite: “Ardomanda dove sia Dio. Questo interrogativo rivederci, stammi bene. Scàldati e mangia
ha accompagnato molti uomini, basta pen- quanto vuoi”, ma poi non gli date quel che
sare all’urlo presente in molti salmi, fino a gli serve per vivere, a che valgono le vostre
diventare un tarlo che ha seminato dubbi cir- parole? Così è anche per la fede: da sola, se
ca la fedeltà di Dio nei confronti dell’uomo non si manifesta nei fatti, è morta.
anche in decenni poco lontani.
Qualcuno potrebbe anche dire: C’è chi ha la
Questo tempo però può essere “tempo di fede e c’è invece chi compie le opere. Ma algrazia” se siamo capaci di riscoprire alcuni lora mostrami come può esistere la tua fede
valori costantemente richiamati dalla Bibbia: senza le opere! Ebbene, io ti posso mostrare
la solidarietà, la condivisione, la prossimità, la mia fede per mezzo delle mie opere, cioè
la Carità.
con i fatti! (Gc. 2, 14-17)
In questo tempo di crisi è bene dunque ri
Carlo Gonella
La fede in tempo di crisi
per i disabili, una discreta copertura
mediatica e tutta l’opinione pubblica
dalla sua parte.
Quando Chen torna al suo villaggio, lo
fa per fare quello che gli riesce meglio:
riaffermare i diritti negati. Lo fa così bene
che in paese tutti lo chiamano l’avvocato,
anche se il titolo non l’ha mai avuto.
I suoi quattro fratelli passano il loro
L’Abbazia di Pinerolo dal 1567
al 1575 fu amministrata da questa
personalità dotata di
non comune intelligenza e bontà d’animo.
Di origine casalese, dottore in
giurisprudenza, fu senatore a
Torino attorno agli anni 1550
e poi, scelto il sacerdozio,
viene ordinato nel 1553 e designato canonico a Sant’Eusebio di Vercelli. Nel 1557 fu
eletto vescovo di Aosta dove
vi rimase sino al 1568.
Presenziò al Concilio di Trento e si fece notare dai pontefici dell’epoca per i suoi interventi in aula dove riuscì ad
evitare la rottura della Santa
Sede con la Francia, quando
il re Carlo IX il 19 marzo
1563 aveva concluso la pace
con gli ugonotti.
Nel 1565, su proposta del
duca di Savoia, viene eletto dal
papa Pio IV al cardinalato per
i suoi meriti di studioso e gli
viene affidata la cura di alcune
Abbazie e tra queste la Commenda dell’Abbazia di Santa
C CCC
tempo a leggergli a turno la legislazione
vigente. Riesce perfino a impedire a
una cartiera di rovesciare rifiuti tossici
nel fiume del villaggio. La sua protesta
più famosa Chen l’ha fatta nella città
di Linyi contro la politica ufficiale del
figlio unico e degli aborti forzati. Ma
questa gli costerà nel 2005 gli arresti
domiciliari e poi, nel 2006, la condanna
Carlo Maria Martini, Segue da pag.1
il vero, capaci di non mentire mai e
per nessun motivo. Uomini che non
siano mai stati colti “con le mani nel
sacco”, ossia che non traspaia dalla
loro vita alcun atteggiamento di nascondimento rispetto alle regole e
alle norme da osservare.
Terzo tratto del vescovo nel postmoderno sarà la pazienza, virtù antichissima eppure sempre necessaria.
Il cardinale Giuseppe Siri di Genova
soleva dire: cinque sono le virtù del
vescovo: primo, la pazienza; secondo, la pazienza; terzo, la pazienza;
quarto, la pazienza; quinto, la pazienza con coloro che ci invitano ad avere
pazienza.
Quarto, il vescovo deve essere
l’uomo della misericordia. La tanta
sofferenza di questo mondo, l’immenso dolore e la tanta disperazione,
chiedono che la Chiesa eserciti tutta
la sua funzione di madre amorevole
attenta e premurosa. Che sia capace
di offrire motivi di speranza a tutti
coloro che «camminano nelle tenebre
o nell’ombra della morte» (Le 1,79).
Vorrei ancora aggiungere la buona
educazione, la dolcezza del tratto,
la fermezza paterna, l’amore per il
bello e le sue forme. Questo perché
non si abbia l’impressione di parlare con un “automa”, troppo rigido e
a quattro anni e tre mesi di carcere.
Uscito nel 2010 è posto agli arresti
domiciliari, senza alcuna motivazione.
Questo abuso di potere da parte delle
autorità che non avevano alcun diritto di
confinarlo nella sua casa (tanto meno di
confinarci i suoi famigliari) fa crescere
l’indignazione pubblica. Tanto da diventare il simbolo delle libertà negate.
Pagine di storia religiosa del Pinerolese
la preparazione dei
confessori.
La sua residenza
abituale era però a
Roma e l’autorità
ordinaria era esercitata dal vicario, il monaco
Filiberto di San Martino,
mentre il prevosto della Collegiata di San Donato era Rinaldo Possano.
Nel 1573 il Comune di Pinerolo inviava a Roma una supplica all’abate Bobba, perché
non venisse soppresso il convento di San Lorenzo degli
Umiliati e nel 1574 Enrico III,
re di Francia, rimetteva Pinerolo ai duchi di Savoia. Nasceva in quegli anni la tassa del
sale che veniva dalla Francia.
Morì in Roma il 18 marzo
1575 e venne sepolto nella
Chiesa di Santa Maria degli
Angeli.
Secondo la legge, durante
la vacanza abbaziale, tutto
quanto apparteneva alla Abbazia veniva consegnato nelle
“mani regie” che riscuotevano
le rendite.
Aurelio Bernardi
Gli abati commendatari di S. Maria- 4
Marcantonio Bobba
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Maria in Pinerolo nel 1567.
Prese possesso dell’Abbazia
l’anno successivo e i monaci,
tra le varie richieste che gli
fecero, gli chiesero di risiedere nell’Abbazia per la vicinanza dei cattolici ai valdesi
che si stavano diffondendo
sempre più. Inoltre volevano
che ogni giorno fosse autorizzata l’elemosina ai poveri che
bussavano al monastero, che
i novizi avessero un monaco
dotto che li seguisse, che vi
fosse un medico, imo speziale per l’Abbazia e si migliorasse il cibo quotidiano,
così il vestiario dei monaci.
Chiedevano inoltre che l’abate compisse la visita pastorale
alle parrocchie e ai loro benefici e scegliesse un monaco
ben preparato come vicario
generale.
Il nuovo abate compì la visita
alle parrocchie, accompagnato da una piccola corte che lo
seguiva, in carrozze trainate
da cavalli.
Nel 1569 convocò i monaci
che da qualche tempo avevano deciso di non vivere più in
comunità, ma in case private,
abbandonando l’osservanza
della disciplina benedettina
che prevedeva la vita in comune, perché si ritornasse al
rispetto della regola, concedendo loro qualche privilegio
relativo alle rendite, l’uso
gratuito dei mulini per il grano e la riduzione delle decime
per la prevostura di San Donato, esigendo nel contempo
la pubblicazione dei legati.
Affidò la cascina La Rena del
monastero ai canonici per il
loro mantenimento, ordinò
agli ecclesiastici di portare
l’abito clericale e stabilì degli
orari per le Messe festive dei
cappellani. Riordinò i rapporti tra il Comune di Abbadia
e il monastero e disciplinò
Maggio 2012
troppo sicuro delle proprie risposte.
Un uomo umile, che vince le durezze
con la propria dolcezza, che sa essere discreto, che sa ridere di sé e delle
proprie fragilità. Che sa rimettersi
in discussione, che sa riconoscere i
propri errori senza troppe autogiustificazioni. Dunque anzitutto un uomo
vero.
Ma tutto questo non si potrà ottenere se non mettendo al centro di tutto
l’Evangelo di Gesù Cristo, Parola del
Padre attuata dallo Spirito Santo, dal
quale è sceso e scende ogni bene sulla terra, ora e nei secoli futuri».
Carlo Maria Martini, Il Vescovo, Rosenberg & Sellier, 2011, € 8,50
L’incompletezza
ci rende più liberi
Il filosofo Salvatore Veca rintraccia
l’antidoto a ogni pretesa totalizzante
nell’idea di incompletezza (L’idea
di incompletezza. Quattro lezioni,
Feltrinelli, pag. 174, euro 19).
Un’incompletezza alla quale è
ancorata la nostra esistenza di esseri
«prospettici e finiti... ».
In che modo l’idea di incompletezza
può essere una guida per i nostri tempi?
L’essere consapevoli della natura
incompleta di qualsivoglia risposta
possiamo formulare rende più
riflessive e mature le nostre scelte. È
necessario essere consapevoli che esse
non costituiranno mai la soluzione
finale. Questo non riduce l’importanza
delle nostre scelte, ma dà loro un tocco
più appropriato. [...]
Il suo elogio dell’incompletezza
sottende una visione dinamica dei
valori. Come possiamo essere fedeli
ai nostri valori e allo stesso tempo
“incontrare” gli altri?
Nel libro riporto una battuta di
Confucio: abbiamo il dovere di essere
leali, fedeli a noi stessi. Siamo tenuti
a difendere i valori fondamentali
della nostra convivenza, le credenze
che scandiscono la nostra esistenza.
Ma proprio in quanto chiamati
a essere leali a noi stessi, siamo
provocati all’attenzione verso gli altri,
all’apertura, alla curiositas. È perché
siamo leali a noi stessi che possiamo
aprirci agli altri. [...]
Le cose buone della vita sono più
d’una entro di noi, sono più d’una
entro la comunità e sono più d’una tra
comunità differenti.
Sintesi da Luca Miele, Avvenire, 29.4.2011
16/05/2012 1.43.01
Pag. 3
Cultura
Maggio 2012
L’economista Luigino Bruni, docente presso l’Università di Milano Bicocca
“La crisi risveglia la voglia di relazione”
Secondo il rapporto Censis «Il desiderio di consumare è meno inten­so rispetto a qualche anno fa»
Dopo alcuni decenni
che
han­no
visto
l’ipertrofia della finanza
e del consumismo,
questi primi anni di crisi
stanno risvegliando una
vo­cazione nazionale
che non era morta, ma
che si era soltanto assopita, covando
viva e calda sotto la cene­re.
L’Italia ha una storia di relazioni
che dura da oltre due­mila anni: la
cultura mediterranea, il cristianesimo,
lo scambio e il commercio, la cultura
cittadina e borghi­giana, hanno creato
nei secoli una identità dove il va­lore
della relazione è al centro del suo dna. È
stato que­sta rete di ‘relazioni tra diversi’
che ha fatto grande l’I­talia quando è
stata grande (Umanesimo civile, Sette­
cento
riformatore,
Risorgimento,
Ricostruzione...); e anche le sue patologie
(come certi familismi amorali e alcune
forme di mafia), possono anche essere
lette co­me malattie e degenerazioni di
questa stessa vocazio­ne alle relazioni.
Oggi, allora, in questi tempi di crisi e in
questi giorni duri, ci stiamo accorgendo
che è molto più interes­sante e appagante
investire tempo nelle relazioni che
consumare denaro negli ipermercati.
Un secondo da­to del rapporto Censis,
infatti, si sposa perfettamente con il
pri­mo (relazioni): il 57% degli italiani
ritiene che nella pro­pria famiglia il
desiderio di consumare è meno inten­so
rispetto a qualche anno fa. E, cosa molto
importan­te, lo pensa indipendentemente
dalla diminuzione del proprio reddito.
È come se ci stessimo accorgendo
del bluff di un mo­dello di economia
fondato sui consumi: il gioco di pen­sare
di rilanciare una economia in crisi di
fiducia e di entusiasmo civile e spirituale
rilanciando consumi è durato poco, e ha
lasciato tutti scontenti e delusi. È dav­
vero bizzarro, se non offensivo, pensare
che in questi tempi di seria diminuzione
del reddito reale delle fa­miglie qualcuno
possa pensare che una strada di ri­lancio
dell’economia possa tenere aperti i
negozi 7 giorni su 7 e 24 ore su 24.
Il consumismo sostenuto dai debiti,
va ricordato, è la malattia della crisi:
come può diventarne ora la cura? Certo,
c’è bisogno di più crescita economica,
ma c’è bisogno soprattutto che la gente
ritrovi l’entusiasmo delle relazioni, si
rimetta assieme in modo creativo per
generare posti di lavoro, e non di gente
che passa le se­rate e i week end nei
centri commerciali a sognare, fru­strati
e con sempre meno soldi in tasca, stili
di vita tri­sti e irreali. I sogni oggi vanno
orientati verso la produzione e la ge­
neratività, non solo verso i consumi, se
vogliamo spe­rare in meglio. Dovremmo,
infatti, ricordare di tanto in tanto che una
economia non regge a lungo se trascu­
ra i settori primario (agricoltura) e
secondario (produ­zione), e punta troppo
sul terziario (commercio e ser­vizi). I
Paesi che oggi sono in grave crisi, lo
sono anche, e forse soprattutto, perché,
anche a causa di politiche europee non
sempre lungimiranti, hanno nei decenni
passati abbandonato settori tradizionali
nei quali ave­vano saperi e competenze
antichi (penso alla pesca e all’agricoltura
in Portogallo), per gettarsi su servizi
e commercio, settori spesso molto
fragili e a basso valo­re aggiunto reale.
Le relazioni familiari e comunitarie
non reggono se non sono sostenute da
relazioni lavo­rative serie, che generano
reddito e riducono l’incer­tezza della
gente, risorse queste che poi alimentano
tutte le altre relazioni della vita.
Il grande economista Albert Hirschman
ci ha mostra­to che i Paesi non conoscono
soltanto i cicli economi­ci (recessioneespansione), ma anche i «cicli della fe­
licità»: fasi storiche nelle quali prevale la
ricerca della felicità privata (individuo)
che si alternano ad altre nel­le quali
prevale invece la voglia di felicità
pubblica (re­lazioni). E, come nei cicli
economici, una fase prepara l’altra, e
quando si arriva al culmine della felicità
pri­vata si creano le premesse per il
suo superamento ver­so una stagione
di felicità pubblica. Per Hirschman il
principale meccanismo che produce il
cambio di fase è la delusione .
Oggi siamo nel bel mezzo di uno di
questi momenti di “flesso” del ciclo,
ma affinché questo desiderio di “fe­licità
pubblica” sia sostenibile e influenzi
anche il ci­clo economico, occorre subito
una nuova politica.
Luigino Bruni, Avvenire 16.3.2012
Yunus: «Il capitalismo è un’auto vecchia»
«Il fatto che proprio
grazie a questa crisi
si sta capendo, anche
se nessuno lo vuole
ammettere,
che
il
capitalismo è arrivato al
capolinea». Muhammad
Yunus è il più celebre
pioniere del microcredito, che gli ha portato
anche un Premio Nobel per la Pace. Lo
scorso anno ha dovuto abbandonare la sua
Grameen Bank per ombre sulla gestione
degli anni passati e una dura polemica con
il governo del Bangladesh, ma rimane una
star anche oggi che guida lo Yunus Centre
e si occupa di imprenditoria sociale.
Una star anche a Davos, dove è uno dei
personaggi più ricercati. Paradossalmente,
si potrebbe dire, visto il suo messaggio
pare conciliarsi poco con il verbo della
competitività che sulle Alpi Svizzere va
per la maggiore.
Eppure, proprio qui a Davos, si è
dibattuto molto sui mali e le cure del
capitalismo…
«E’ vero, il dibattito c’è, ma continua ad
essere condotto secondo i soliti schemi.
Penso che in cuor nostro siamo tutti
convinti che il capitalismo non funziona
più e non può più funzionare, ma nessuno
ha il coraggio di dire che va abbandonato».
Ne è convinto davvero?
«Ma certo. E’ come una vecchia auto che
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cade a pezzi. Un’auto che forse ci potrà
portare al prossimo isolato ma non certo
adatta per un lungo viaggio. Invece di
cercare di costruire un’auto nuova ci
ostiniamo tutti a cercare di riparare quella
vecchia. Ma è impossibile, il capitalismo
è un modello nato più di cent’anni fa, non
tiene il passo con un mondo che cambia
così in fretta».
Usciamo dalle metafore, professore. Lei
quale società vorrebbe?
«Vorrei una società dove nessuno rimanga
disoccupato, nemmeno una persona. Il
lavoro è la priorità, ma non serve pensare
a come creare più posti in questo sistema
proprio perché il sistema non funziona più.
Invece dobbiamo pensare che nessuno
deve essere un mendicante, nessuno deve
dipendere dal Welfare, perché tutti sono in
grado di guadagnarsi da vivere».
Dalle banche, alle Tlc, alla chimica,
lei ha creato molte imprese sociali.
Qual è il modello che vorrebbe vedere
affermarsi?
«Un modello nel quale la missione sociale
dell’impresa sia integrato nella struttura
dell’impresa stessa. Fare qualcosa di
buono per la società non dovrebbe essere
il risultato quasi accidentale dell’attività
degli imprenditori, ma il fondamento della
loro attività».
Lei ovviamente è conscio che molti la
classificano come un sognatore.
«Naturalmente sì, ho una visione. Ma
bisogna essere dei sognatori per pensare
a un mondo diverso da questo. Tutti
dovremmo essere sognatori, pensare di
più al mondo che vorremmo tra vent’anni.
Oggi il sistema è orientato a fare soldi:
questo è assolutamente ridicolo. Lei pensa
che lo scopo della nostra vita sia fare
soldi? Io ritengo che sia la realizzazione
di noi stessi».
Fonte Francesco Manacorda, La Stampa,
30.1.2012
Ritagli
Umorismo
da www.finesettimana.org
Vacanze benedette
È luglio, e come tutti, anche la Santa
Famiglia desidera andare in vacanza. E,
come in ogni buona famiglia, non è facile
trovare un accordo sulla meta.
San Giuseppe, da uomo molto concreto,
propone: - Io vorrei andare a Nazareth, per
vedere come vanno gli affari, là alla falegnameria.
Gesù, da sempre abituato ad agire con
estrema libertà da quando aveva dodici
anni, invece propone: - Io andrei volentieri
a fare un giro per il mondo. Anche il Papa
viaggia sempre e deve avere delle buone
ragioni per farlo.
La Madonna, abituata da sempre ad ascoltare gli altri e un po’ timorosa di scontentare i familiari, alla fine, con un gran sospiro, sussurra: - A me piacerebbe tanto
andare a Medjugorie. Ne parlano tutti
così bene, ed io non ci sono mai stata...
Sondaggio FAO
Sono usciti i risultati di un sondaggio effettuato per conto della FAO.
La domanda era: “Per piacere, dica onestamente qual è la sua opinione sulla scarsità di
alimenti nel resto del mondo.”
Il risultato è stato il seguente:
• gli europei non hanno capito cosa sia la
“scarsità”;
• gli africani non sapevano cosa fossero gli
“alimenti”;
• gli americani hanno chiesto il significato
di “resto del mondo”;
• i cinesi, straniti, hanno chiesto maggiori
delucidazioni sul significato di “opinione”;
• nel parlamento italiano si sta ancora discutendo su cosa sia “onestamente”.
Cattolici
Un rabbino ebreo si era trovato, nell’al di là, di
fronte a san Pietro, che l’aveva invitato in Paradiso.
Dopo aver passato in rassegna tutti, dagli ebrei ai musulmani, dai buddisti agli
indù, agli animisti, giunto accanto a un
alto muro, avendo chiesto a san Pietro
perché raccomandasse di parlare sottovoce, si sentì rispondere: - Ssst! Di là ci sono
i cattolici, e credono di essere i soli!
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Progetto culturale
Pag. 4
Maggio 2012
L’attualità del pensiero di Don Primo Mazzolari
“Democrazia è anche lavoro sicuro”
Micromega ha dedicato al sacerdote diverse pagine; ne riportiamo alcune
“Democrazia vuol
dire non soltanto
le strade sicure, le
banche sicure, ma
anche il pane, anche
la giustizia, anche
il lavoro sicuro”.
E, ancora: “Prima di essere
ammessi a un partito ci vorrebbe
la promozione a uomo”. “Uomini
non ci si improvvisa, e nella
lotta politica italiana ciò che
più dolorosamente sorprende è
appunto la mancanza dell’’uomo’;
non dell’uomo ‘grande’, di cui non
vogliamo neanche sentir parlare,
ma dell’uomo ‘reale’, col suo
modesto, insostituibile corredo di
qualità morali”. In un appello ai
cristiani, viene citato lo scrittore
francese
Georges
Bernanos,
quando afferma: “Noi siamo
l’ultima tappa prima del lavoro
senza scopo, della distruzione
senza limiti, della servitù senza
scampo”.
Queste alcune delle annotazioni
folgoranti di don Primo, di cui si
riscopre il pensiero a 30 anni dalla
nascita della Fondazione a lui
dedicata grazie alla pubblicazione
dei suoi scritti politici, composti
tra il 1940 e il ‘55 e raccolti nel
volume “Come pecore in mezzo ai
lupi”, proposto da Chiarelettere
nella collana Instant Book, da poco
in libreria (pp.150, euro 7). Una
lettura che, in questo momento,
suona ancor più significativa.
“Ho colto una grande
contemporaneità in queste note
di Don Mazzolari per l’oggi che
stiamo vivendo”, sostiene un altro
prete ‘di frontiera’, don Virginio
Colmegna,
presidente
della
Casa della Carità di Milano, in
occasione della sua visita a Roma
per presentare il volume, di cui ha
curato l’introduzione. “La nostra
società civile – aggiunge poi – è
ricca di presenze, articolazioni,
volontariato che nasce anche dal
mondo cattolico: le parole di don
Primo, che incrocia l’esperienza
del Vangelo con culture diverse
e con la tradizione comunista,
ci riportano alla centralità di una
politica orientata verso il bene
comune”.
Leggere l’attualità in chiave di
impegno politico e civile per dare
senso alla vita.
“Il cosiddetto ‘prepolitico’ deve
affacciarsi al politico – spiega
don Colmegna, da oltre trent’anni
impegnato sul fronte del sociale –
esprimere una capacità di cambiare
la società, di interpretarla, per poi
tornare a valorizzarne l’aspetto
critico, di sofferenza rispetto al
fatto che la politica è sempre quella
del bene possibile, non di quello
che vorremmo ottenere. Occorre
rilanciare la capacità di essere
persone che vivono uno stile di
vita sobrio, che portano dentro di
sé non solo l’annuncio dei valori
come elemento di principi astratti,
ma che l’incardinano nella propria
quotidianità, nelle relazioni di
ogni giorno”.
E’ giunto il tempo di “mettere
il ‘noi’ davanti all’io’, assumersi
la responsabilità del bene degli
altri”, auspica l’animatore della
Casa della Carità, rivolgendosi
alle forze politiche e sociali. Non
è una mera questione pronominale
la sua, ma qualcosa di ben più
importante. “La politica deve
ripartire dall’etica – commenta
– Tra le priorità irrinunciabili, lo
sviluppo di una cultura del ‘bene
comune’ per ottemperare alla quale
è necessario un salto di qualità.
I partiti devono essere rimessi in
discussione dai movimenti. Ma
meglio dire subito no alla politica
dello scontro: è necessaria,
piuttosto, una solidarietà di tipo
espansivo, non ridistributivo”.
“Adesso guardiamo la storia
dal punto di vista delle vittime
per effetto della globalizzazione
–prosegue il fondatore della Casa
della Carità – la testimonianza di
don Primo, la sua contemporaneità
sono da ascriversi al suo essere un
grande predicatore, un trascinatore
di coscienze civili. Egli parla ai
giovani, chiamati a ritrovare la
passione politica dopo le delusioni
della guerra, di difesa dei valori,
eticità,
solidarietà,
equità,
‘innaffiando’ tutto con il Vangelo.
E’ il radicalismo del Vangelo che
si traduce in modo laico, portando
alla ricerca sui grandi temi i
laboratori della cittadinanza e la
società civile”.
Rossella Guadagnini, Micromega,
13 dicembre 2011
Yulia Timoshenko: “Nella prigione del regime ho sentito la presenza di Dio”
Si dice che non
esistono atei nelle
trincee. Dopo il mio
processo-spettacolo, e
quattro mesi e mezzo in
cella, ho scoperto che
gli atei non esistono
nemmeno in prigione.
Quando, nonostante un dolore
insopportabile,
venite
interrogati
per decine di ore, senza intervallo, e
quando l’intero sistema coercitivo di un
regime autoritario cerca di screditarti
e annientarti una volta per tutte, la
preghiera resta l’unica conversazione
rassicurante, intima e confidenziale che
uno può avere. Scopri che Dio è il tuo
unico amico, e l’unica famiglia che ti
rimane. Non ti permettono nemmeno
la visita di un prete di fiducia, e non
resta nessun altro a cui confidare paure
e speranze.
In questa stagione dedicata all’amore
e alla famiglia, la solitudine di una
cella di prigione è quasi insopportabile.
Il grigio, mortificante silenzio della
notte (con i secondini che ogni tanto
ti sbirciano, come voyeur, attraverso
lo spioncino), le improvvise urla dei
detenuti, grida di disperazione e rabbia,
il distante clangore delle serrature: tutto
questo rende impossibile dormire, o
trasforma il sonno in un tormento di
inquietudine. Ma la cosa strana è che
i vostri sensi non vengono storditi
da questo mondo morto e terribile.
Al contrario, ne vengono riaccesi. La
mente si libera dai problemi quotidiani
per rivolgersi ai valori inestimabili e
al tuo rapporto con essi: la libertà di
spirito, il regalo veramente a sorpresa di
questo Natale. Nell’oscurità della cella
ricevo forza e speranza dal fatto che
Dio, in qualche modo, è vicino a me.
Dove dovrebbe essere Cristo, se non
con quelli che soffrono e sono vittima
di persecuzioni?
La Stampa, 27.12.2011
I nuovi preti
L’attualità di un “prete scomodo”
di Rossella Guadagnini, Micromega,13.12.2011
E’ una storia tutta italiana quella di don
Primo, uomo di Chiesa e partigiano, nato
in una famiglia contadina a Santa Maria del
Boschetto (Cremona) nel 1890, e morto a
Bozzolo (Mantova) nel 1959. La sua esperienza
religiosa e civile si svolge interamente entro i
confini della terra d’origine: da lì lancia il suo
messaggio evangelico e politico. I suoi testi
‘rivoluzionari’ gli costarono da parte della
gerarchia cattolica la proibizione di predicare
fuori dalla sua diocesi, facendogli guadagnare
la fama di “prete scomodo”.
Sul piano politico, il suo operato si espresse
attraverso una decisa opposizione all’ideologia
fascista e a ogni forma di ingiustizia e violenza.
Non solo di parole e di idee si nutrì il suo
percorso: durante la seconda guerra mondiale,
nascose e salvò numerosi ebrei e antifascisti,
mentre dopo il conflitto fu la volta delle
persone coinvolte nel regime e ingiustamente
perseguitate. E se durante la Resistenza è
costretto alla clandestinità per non essere
catturato, per il suo impegno politico Mazzolari
subisce censura da parte del Vaticano, che gli
impedisce di scrivere su temi di attualità. Ma lui
continua, condannando la chiusura dei cattolici
nell’indifferenza, che ritiene il più grave male
dell’Italia d’allora. Una predicazione la sua che
esprime uno dei punti più alti di virtù civile del
Novecento italiano.
“Direte che non c’e’ un ‘alto’ in politica e che,
se mai, vale quanto la destra, la sinistra, il centro
–scrive don Primo – Nominalismo mistico in
luogo di un nominalismo politico: elemento di
confusione non di soluzione”. Quindi aggiunge:
“E’ vero che una nuova strada non cambia
nulla se l’uomo non si muove con qualche
cosa di nuovo, e che un paese può andare verso
qualsiasi punto cardinale e rimanere qual è. Ma
se gli italiani fossero d’accordo su questo fatto,
la fiducia nella toponomastica parlamentare
sarebbe felicemente superata”.
“Ecco, io vi mando come pecore in mezzo
ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti
e semplici come le colombe”. Così il Vangelo
di Matteo (10, 16-18), il cui versetto si trova in
epigrafe al volume, diviso in cinque parti.
Scritti incentrati sulla necessità di ripensare
la politica oltre i partiti e mettere fine alla
difesa degli interessi e dei privilegi, dire
basta insomma all’oligarchia. Per Mazzolari
i partiti sono depositi di interessi, clientele,
corruzione: è impossibile cambiarli –
dice – e, in fondo, allontanano la buona
politica. E sappiamo bene quanta urgenza
c’è di ripensarla, questa “buona politica”,
nell’Italia in cui viviamo come pecore, lupi,
colombe o serpenti.
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Focus
Pag. 5
Vincenzo Cerami: “L’arte rivela l’Invisibile”
«Non mi è mai
capitato di incontrare
un artista che, pur
affrontando
la
quotidianità anche
nelle sue pieghe più
inquietanti, non andasse in cerca
di qualcosa di ineffabile e di
invisibile. È un’esplorazione che
attraversa spesso zone oscure, ma
che proprio per questo non può non
entrare in contatto con il cammino
della Chiesa. Dove la fede aiuta
ad approfondire il rapporto tra
l’uomo e la trascendenza, l’arte
cerca di svelare l’uomo a se stesso,
magari ripetendogli qualche
piccola verità universale».
Per esempio?
«Che perfino un re nasce nudo
e che l’unica vera possibilità di
salvezza sta qui, in questa povertà
originaria. Mi verrebbe da dire che
santi non si diventa, ma si nasce.
La fatica sta nel non lasciarsi
soffocare dai paludamenti con
cui la cultura tende a coprirci. In
questo senso, il gesto di Francesco
davanti al popolo di Assisi non ha
davvero nulla di scandaloso: il
Poverello si spoglia per tornare
a essere quello che era all’inizio,
una creatura nuda e indifesa che
confida esclusivamente in Dio».
Detto così, sembra semplice.
«Non lo è, purtroppo. Anche
nell’arte, infatti, per arrivare alla
bellezza occorre attraversare
l’inferno del dubbio, delle
false credenze, ma senza mai
accontentarsi di descrivere il
male con compiacenza, come
invece si tende a fare in questi
anni. Guai se ci si arrende alla
bruttezza che sembra dominare
le nostre esistenze. Il vero artista
ha l’occhio lungo, intuisce la
bellezza anche quando è soltanto
una promessa, un’ombra incerta»
Fonte, Alessandro Zuccari, Avvenire,
16.2.2012
Amartya Sen: “No al rigore senza un dibattito democratico”
Probabilmente non ci
voleva un’intelligenza
tanto raffinata e capace
di visione, per dirlo,
come quella del premio
Nobel per l’economia
Amartya Sen. Ma sentirlo affermare
da un personaggio del suo calibro fa
il suo effetto: «Applicare politiche
economiche tanto rigorose sotto la
pressione dei giudizi delle agenzie di
rating e delle istituzioni finanziarie ha detto Sen, riferendosi alle politiche
di austerity attuate in Europa - non si
può fare senza coinvolgere le persone
in un dibattito democratico, senza
confrontarsi sulle questioni: non solo
è poco democratico ma è anche poco
intellettuale».
Intervenendo al convegno sui nuovi
indicatori economici alternativi al Pil,
organizzato a Milano dall’Università
Bocconi, Sen ha sottolineato come ci si
trovi oggi in un momento in cui occorre
definire le basi di un nuovo sistema
economico, ad esempio abbandonando
contrapposizioni come quella fra Stato
e mercato: «Molti governi hanno
accresciuto i loro debiti per salvare i
mercati - ha spiegato - . Ora i mercati
chiedono ai governi di tagliare. Ma
governi e mercati abitano lo stesso
spazio: non si può chiedere ai governi
di tagliare e aspettarsi la crescita».
Per il grande economista indiano,
insomma, le politiche di risposta alla
crisi sono state inadeguate, anche
perché dogmatiche, e hanno aggravato
la crisi, mentre servono interventi
politicamente e socialmente accettabili.
Sen, che lavorò all’elaborazione di
uno dei primi indicatori economici
alternativi al Pil, l’Indice di sviluppo
umano che l’Onu fece proprio a inizio
anni Novanta, ha anche detto che «le
misure contano, fanno la differenza: la
crescita economica non è solo il Pil».
Proprio su questo il Cresv Bocconi
(Centro ricerche su sostenibilità e
valore) ha presentato uno studio che
rimarca la necessità di adottare nuove
misure, a livello di Paesi come di
singole imprese, che diano valore non
solo alla ricchezza economica ma
anche al benessere umano e sociale.
«Serve un rating etico - ha detto
Francesco Perrini, direttore del Cresv
- che misuri il valore che un’impresa
crea e distribuisce non solo agli
azionisti, ma a tutti i suoi stakeholder.
Anche perché essere socialmente
responsabili conviene: le imprese
sostenibili sopravvivono più a lungo
e sono meno rischiose». Analizzando
oltre cento società quotate europee,
lo studio ha infatti mostrato come
esista una correlazione positiva tra la
responsabilità sociale di un’impresa, e
in particolare i suoi investimenti sulla
dimensione ambientale, e i risultati
economico-finanziari che può ottenere.
Fonte Andrea Di Turi, Avvenire 11.5.2012
G.Roma e il Censis: “Sono mammoni, perchè...”
Il direttore generale del
Censis Giuseppe Roma
ha affrontato il tema del
lavoro giovanile in Italia
confrontandolo con quello
degli altri Paesi europei.
Stavolta l’analisi è: «Noi italiani
siamo fermi al posto fisso, nella stessa
città di mamma e papà». Insomma,
mammoni. È così?
«Su questo tema stiamo realizzando
proprio in questi giorni un’elaborazione
come Censis. La situazione è davvero
drammatica. Il mondo giovanile ha una
difficoltà notevole.
All’interno di coloro che hanno fra i 25 e
i 29 anni il 31% è del tutto inattivo. È una
cifra enorme».
Quanti sono all’estero?
«In Francia sono il 12,5%, il Regno Unito
il 15%, la Germania il 17,5%. In Italia è
quasi il doppio: abbiamo un esercito fuori
dai giochi. Ora, io penso che ci sia sempre
un equilibrio tra oggettivo e soggettivo.
In un altro periodo storico ci sarebbero
stati fiumi di giovani alla ricerca di
un posto in un altro Paese europeo. Li
abbiamo, e sono i più intraprendenti, ma
restano una minoranza. Non abbiamo il
contrario, invece, perché in Italia ci sono
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poche opportunità».
In breve: la maggioranza sono
mammoni. Perché?
«Perché ci sono persone che hanno minori
capacità di intraprendenza personale.
O forse perché hanno una formazione
poco positiva: hanno scelto il liceo senza
crederci o una scadente formazione
tecnica e professionale quindi non hanno
un mestiere. Oppure non hanno spirito
d’iniziativa e nemmeno qualcuno a
cui rivolgersi perché un’altra anomalia
italiana è che il 70-80% del lavoro non si
trova attraverso canali formali».
Dunque, i mammoni italiani sono più
numerosi che nel resto d’Europa. Ma
almeno la quota di intraprendenti è
abbastanza simile?
«Direi di no. All’estero la formazione è
più legata al lavoro fin dalle elementari.
Da noi prevale la formazione generalista,
la liceizzazione che poi porta a università
altrettanto generiche. Mi viene da dire
addirittura che le università italiane
sono mammone. Abbiamo atenei adatti
a formare un’elite dove però studiano
milioni di giovani. La protezione è
una tendenza tutta italiana, un frutto
della cultura familiare. In Francia i
giovani hanno un sussidio, vengono resi
autonomi».
In Italia allora si potrebbe dire che
poiché non esiste nulla di tutto questo
a livello pubblico le famiglie sono
costrette a aiutare da sole i propri figli.
«Ma è una protezione che ottunde la
voglia di autonomia. Il problema è che
di tutto questo parliamo da quindici anni
ma, al di là delle parole e delle lamentele,
da parte dei governi non esiste un solo
provvedimento che dia autonomia ai
giovani ma nemmeno che aumenti
la nostra capacità produttiva. Quello
dei giovani mammoni è un problema
drammatico, ma è evidente che durerà
ancora per poco».
Perché?
«Perché ad un certo punto i risparmi
dei genitori finiranno. La riforma delle
pensioni c’è stata, chi faceva un doppio
lavoro non potrà più farlo, i ragazzi
verranno per necessità spinti ad avere un
maggior spirito d’iniziativa. Purtroppo non
ci saranno opportunità di lavoro perché
non aumentare la capacità produttiva vuol
dire lasciare i problemi irrisolti. Siamo uno
dei Paesi con la più bassa produttività, non
possiamo continuare a dividere sempre la
stessa torta».
Fonte, Flavia Amabile, La Stampa, 7.2.2012
Maggio 2012
Decaloghi moderni/1
Decalogo perl’arrogante
di Domenico Sigalini,
Messagero di Sant’Antonio, marzo 2009
1 - Non ti sentire mai offeso, nessuno può entrare
nel sacrario della tua coscienza.
2 - Non perdere tempo a rendere pan per focaccia:
peggiori tu e spingi l’altro a perseverare.
3 Non compatirlo, ma creagli attorno un contesto
disarmante di amicizia.
4.Spesso è maleducazione incosciente la sua:
aiutalo a scoprire i sentimenti tenui della vita.
5. Sappi che ogni uomo ha bisogno degli altri per
essere felice, ma deve allargare il cuore per far loro
spazio.
6 Si è fatto lui centro del mondo: aiutalo a scoprire
il vero centro che è Dio.
7. Per valutarsi nella verità di se stesso, ha bisogno
di lasciare il suo loculo, nel quale si sente papa, re
e profeta.
8. Se comincia a chiedere scusa, anche tra i denti,
non lo scoraggiare: è su una buona strada.
9 La buona educazione non è il politicamente
corretto, ma il lasciarsi conquistare da un ideale.
10. Conquisti più arroganti con una goccia di miele
che con un barile di aceto.
Decaloghi moderni /2
I 10 comandamenti
per i non-disabili
1° Guarda ME e non la mia disabilità
2° Accettami
3° Chiedi a me e non ad altri cose di me
4° La disabilità non è contagiosa
5° Ragiona seriamente con me
6° Rispetta i miei tempi
7° Gioisci quando riesco senza aiuto
8° Non escludermi
9° Trattami come vorresti essere trattato
10° La disabilità è una condizione di vita non
cercata
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Documenti
Pag. 6
Maggio 2012
Da Mancuso a Don Gallo, chi sono i nuovi intellettuali cattolici secondo Lettera43
Quando nella Chiesa la tonaca è chic
Dopo la scomparsa dei radical chic ora «assistiamo all’emergere di una categoria nuova, tutta italiana: quella dei clerical chic»
Un’interessante analisi del mondo
intellettuale cattolico che buca i media è
stata fatta da Bruno Giurato sul giornale
on line Lettera 43 (www.lettera43.it).
Riportiamo di seguito lo scritto.
La categoria dei radical chic
sembra definitivamente scomparsa
dall’orizzonte occidentale, in
compenso assistiamo all’emergere di
una categoria nuova, tutta italiana:
quella dei clerical chic. È un’onda
di intellettuali che a volte fanno
ufficialmente parte del mondo
ecclesiastico, a volte vi ruotano solo
attorno.
QUINTA COLONNA CRISTIANA.
Da una parte rispondono all’esigenza
di un cristianesimo moderno,
contaminato con il sociale e con il
libero pensiero: rappresenterebbero
la quinta colonna cristiana in
un mondo secolarizzato. Ma i
tradizionalisti li considerano una
sorta di eretici che finiscono, in
buona sostanza, per svendere il
cattolicesimo presentandolo in una
chiave pop e (troppo) facilmente
digeribile.
La «porta stretta» di cui si parla
nel Vangelo, in certi casi e secondo
alcuni, diventa larga, larghissima,
praticamente un’autostrada. Aperta a
evoluzioni mediatiche, bestsellerismi
e anche giochi di potere tutti
mondani.
BEST SELLER DI MANCUSO.
Il primo nome eccellente è quello di
Vito Mancuso, autore di una serie di
best seller, a cominciare da L’anima
e il suo destino (Raffaello Cortina,
2007) fino all’ultimo Obbedienza e
libertà (Fazi, 2012), libri che sono
diventati l’emblema della teologia
pop.
Secondo i maligni, Mancuso sta alla
teologia come il pianista Giovanni
Allevi sta alla musica classica, un
banalizzatore.
APERTURE PER LA CHIESA. L’ex
docente di teologia all’Università del
San Raffaele, nei suoi editoriali su La
Repubblica ha sostenuto la necessità
dell’apertura della Chiesa su alcuni
temi cruciali: dal sacerdozio (e il
cardinalato) femminile, al celibato
dei preti, fino alla morale sessuale.
Ma il dubbio è che le aperture
di Mancuso siano motivate da
un avvicinamento all’asse del
quotidiano diretto da Ezio Mauro e
non soltanto dal punto di vista di un
approccio più illuminista ai temi di
fede, piuttosto da quello di laicissime
amicizie.
In una storica recensione al libro
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L’uomo che non credeva in Dio di
Eugenio Scalfari, Mancuso aveva
sostenuto: «Cartesio, Spinoza, Kant,
Freud sono i filosofi che hanno
contribuito a formare Scalfari, che
poi li ha per così dire superati».
Affettuosità teologiche.
Altro personaggio tanto amato in
alcuni ambienti extra religiosi quanto
contestato all’interno della Chiesa
è Enzo Bianchi, fondatore della
comunità di Bose (in provincia di
Biella) e teorizzatore della Differenza
cristiana, titolo di un suo fortunato
libro del 2006.
VERSO LA RELIGIONE LIQUIDA.
Bianchi è stato attaccato dal teologo
Antonio Livi in merito a questioni
dogmatiche. In effetti il priore di
Bose ha teorizzato un cristianesimo
che non deve diventare appartenenza
ideologica, e nemmeno identità
culturale: deve seguire la tendenza
liquida dello spirito del tempo. Ma
d’altra parte Bianchi è anche capace
di posizioni politicamente scorrette,
come nel recentissimo Una lotta per
la vita.
In ogni caso Bianchi, con tanto di
barba bianca, aria ieratica e pila
di bestseller Einaudi in libreria, è
perfetto anche come immagine per il
cristianesimo new age.
RAVASI, CHIESA E FILOSOFIA.
Ma quanto a eleganza e aplomb,
il vero invincibile è il cardinal
Gianfranco Ravasi. Probabilmente
è il più colto collaboratore del
Domenicale de Il Sole 24 ore, oltre
che autore di libri in cui mischia
citazioni evangeliche con Charles
Baudelaire, San Tommaso con
Colette, Meister Eckhart con Oscar
Wilde. Ed è un cinguettatore,
anche se l’approdo online gli ha
portato qualche inconveniente,
come le indiscrezioni secondo cui
il suo profilo Twitter era gestito
dall’addetto stampa Richard Rouse.
PROVOCAZIONE DA RED
RONNIE. Da qualche settimana,
poi, Ravasi è oggetto di continue
precisazioni e provocazioni da
parte di Red Ronnie, che lo accusa
costantemente di non dialogare con i
suoi follower e di riportare citazioni
evengeliche senza lasciar spazio al
contraddittorio.
Ma a quanto pare il cardinale non
si scompone, né si altera. Non a
caso il responsabile della Cultura
della Santa sede è stato definito «il
prelato più elegante del Vaticano»,
basti pensare allo stile impeccabile
con cui ha perso, nel 2011, la carica
APERTO. Sul versante clerical
chic politico-sociale c’è anche don
Antonio Sciortino, direttore di
Famiglia Cristiana, settimanale che
ha spesso accumulato critiche (tra cui
quella del cardinale Camillo Ruini)
per l’orientamento troppo aperto,
come quando, era il 2005, pubblicò
un inserto pubblicitario con un nudo
femminile.
Dalla questione Ponte sullo Stretto al
bunga bunga dell’ex premier Silvio
Berlusconi, don Sciortino ha preso
posizione su tutto. Senza fare sconti
nemmeno al centrosinistra (governo
Prodi in primis), ma suscitando una
serie di polemiche pesanti. Fino
all’accusa di Adriano Celentano a
Sanremo: «Certe testate dovrebbero
parlare del paradiso e consolare i
malati, invece fanno politica».
Chi invece fa politica oltre il limite
dell’antipolitica, tanto da essere
definito un «Beppe Grillo in tonaca»
è don Andrea Gallo. L’84enne prete
di strada genovese, autore di una
serie di libri vendutissimi con editori
diversi (da Aliberti a Mondadori
a Dalai), è diventato la migliore
incarnazione del «prete in periferia/
che va avanti nonostante il Vaticano»
come recitavano i versi di Jovanotti.
di arcivescovo di Milano, in favore
dell’ex patriarca di Venezia, Angelo
Scola.
NESSUN CATTOLICO
TRA GLI AMICI. Don Gallo,
spirito gianburraschiano, è
antiproibizionista, a favore del
testamento biologico, del sesso e dei
gay, ma contro il celibato dei preti.
L’elenco dei suoi amici va da Fabio
Fazio a Daria Bignardi a Serena
Dandini (che lo ospitano spesso
nelle loro trasmissioni). E poi:
Manu Chao, Vasco Rossi, Dario Fo
e Franca Rame, i Subsonica e Moni
Ovadia. Va bene che don Gallo ha
detto: «La Chiesa è dove ce n’è
bisogno». Ma a vedere la lista di
amici e sodali del prete genovese non
se ne trova uno cattolico. E nemmeno
protestante.
LA RELIGIONE CERCA
AUDIENCE. Insomma, a riguardare
i personaggi che si muovono sul
palcoscenico mediatico e culturale
ci si trova di fronte a figure che
hanno un tratto comune: piacciono
alla gente che piace. In altre parole,
catturano consenso specialmente tra
i non-cattolici. La questione vera è
quanto il cattolicesimo abbia bisogno
di audience.
www.lettera43.it - Bruno Giurato, 06
Maggio 2012
In tema di tecnologia nessuno può
sfidare padre Antonio Spadaro.
Il direttore del mensile Civiltà
cattolica è come Ravasi un twittatore
robusto (spesso in inglese, un po’
come il governatore della Regione
Lombardia Roberto Formigoni).
Critico letterario rigoroso, specialista
in letteratura italiana del ‘900,
Spadaro ha una passionaccia per il
romanziere Pier Vittorio Tondelli,
quello di Altri libertini.
IL PROSSIMO AL TEMPO DEL
WEB. L’ultimo libro di Spadaro
si intitola Cyberteologia (Vita e
pensiero), in cui l’autore si domanda,
tra l’altro: «Come cambia la ricerca
di Dio al tempo dei motori di ricerca?
Chi è il mio prossimo all’epoca del
web? Sono possibili la liturgia e i
sacramenti sulla Rete?».
Sul profilo Facebook si scopre che il
luogo più frequentato da Spadaro è
l’aeroporto di Fiumicino, Roma. Lo
spirito soffia dove vuole, insomma:
siano autostrade informatiche o
transponder.
SCIORTINO, DIRETTORE
16/05/2012 1.43.08
Orizzonti aperti
Pag. 7
Al cuore della fede - 13
Secondo la Caritas in veritate di Benedetto XVI
Il giusto progresso e la tecnica
Con la Lettera apostolica Octogesima
adveniens del 1971, Paolo VI trattò poi
il tema del senso della politica e del pericolo costituito da visioni utopistiche
e ideologiche che ne pregiudicavano la
qualità etica e umana. Sono argomenti
strettamente collegati con lo sviluppo.
Purtroppo le ideologie negative fioriscono in continuazione. Dall’ideologia
tecnocratica, particolarmente radicata oggi, Paolo VI aveva già messo in
guardia, consapevole del grande pericolo di affidare l’intero processo dello
sviluppo alla sola tecnica, perché in
tal modo rimarrebbe senza orientamento. La tecnica, presa in se stessa,
è ambivalente. Se da un lato, oggi, vi è
chi propende ad affidarle interamente
detto processo di sviluppo, dall’altro
si assiste all’insorgenza di ideologie
che negano in toto l’utilità stessa dello
sviluppo, ritenuto radicalmente anti-
umano e portatore solo di degradazione. Così, si finisce per condannare
non solo il modo distorto e ingiusto
con cui gli uomini talvolta orientano il
progresso, ma le stesse scoperte scientifiche, che, se ben usate, costituiscono invece un’opportunità di crescita
per tutti. L’idea di un mondo senza
sviluppo esprime sfiducia nell’uomo
e in Dio. È, quindi, un grave errore
disprezzare le capacità umane di controllare le distorsioni dello sviluppo o
addirittura ignorare che l’uomo è costitutivamente proteso verso l’« essere di
più ». Assolutizzare ideologicamente il
progresso tecnico oppure vagheggiare
l’utopia di un’umanità tornata all’originario stato di natura sono due modi
opposti per separare il progresso dalla
sua valutazione morale e, quindi, dalla
nostra responsabilità.
Benedetto XVI, Caritas in Veritate, 14
Bianco/Nero
La 1 risposta alla crisi economica
a
di Tony Blair
In Occidente, quale dovrebbe essere
la prima risposta alla crisi economicofinanziaria?
«Dobbiamo tornare completamente
all’onestà, all’integrità e alla disciplina
di comportamento nella vita economica.
È un’illusione pensare che possiamo
regolare e fare leggi per rendere le
persone buone e più disponibili a lavorare
per il bene comune rispetto che al loro
mero interesse privato. Le leggi creano
un quadro di insieme ma l’ingegnosità
umana li travalica. La virtù umana è
il miglior alleato nel mostrare che tali
regole funzionano. Credo che i gruppi
religiosi siano impagabili scuole di virtù
e che possano essere parte della soluzione
nel XXI secolo».
Fonte, Lorenzo Fazzini, Avvenire, 5.5.2012
Turismo, estetica e spiritualità
Il Sacro Monte di Varallo
Divenuti verso la fine del ‘400 assai
rischiosi i pellegrinaggi in Terra Santa,
il francescano milanese Bernardino Caimi volle in certo qual modo trasferire la
Terra Santa da noi, alla portata di ogni
pellegrino. Individuato nella terrazza
rocciosa sovrastante Varallo, in Val Sesia, il luogo che più richiamava il Monte
Sion, si adoperò per riceverlo in dono
dai proprietari locali, edificò alla base
la chiesa e convento di S. Maria delle
Grazie e diede inizio all’allestimento
delle cappelle in cui dovevano essere
rappresentati i momenti della Passione e
Morte di Gesù, come pure gli episodi dei
Vangeli dell’infanzia.
Soprattutto Gaudenzio Ferrari, nativo
della vicina Valduggia, quel “Gaudenzio
Milanese pittore eccellentissimo, pratico
et espedito”, citato dal Vasari nelle Vite
degli Artisti, lasciò tra fine ‘400 e inizio
‘500 la sua impronta sul Sacro Monte,
con le cappelle della Crocifissione e
dell’Adorazione dei Magi e significativi
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interventi in altre, nonché sulla grande
parete affrescata di S. Maria delle Grazie.
Le pareti interne affrescate rivestono
ambienti dove gli episodi evangelici
sono rappresentati con statue a grandezza naturale, tra cui i pellegrini potevano
camminare e pregare, emotivamente
immedesimandosi nel mistero della salvezza loro proposto iconograficamente
come “Biblia pauperum”: “Quod legentibus praestat scriptura, hoc indoctis praestat pictura” (S. Gregorio Magno).
Ma non solo i semplici si recavano al
Sacro Monte, bensì anche personaggi
illustri come S. Carlo Borromeo, che vi
soggiornò quattro
volte, l’ultima nel
1584 preparandosi alla morte.
A fine ‘500 diventa vescovo di
Novara – Varallo
è in provincia di
Vercelli e in diocesi di Novara
– Carlo Bascapé,
già
segretario
del Borromeo, e
dà un grande impulso al Sacro Monte
promuovendo la costruzione di nuove
cappelle, che invero mai s’era arrestata,
dedicate, oltre che ai cicli dell’Infanzia
e della Passione, a momenti importanti
della vita pubblic di Gesù, come l’incontro con la Samaritana, la guarigione del
paralitico di Cafarnao, il risuscitamento
di Lazzaro, la Trasfigurazione. Nuovi
artisti esprimono il loro genio a servizio
della fede: i fratelli Giovanni D’Enrico e
Tanzio da Varallo, Giovanni Tabacchetti, il Morazzone. Non si tratta più tanto
di visitare i luoghi, quanto di ripercorrere l’esistenza terrena del Salvatore rivivendone i fatti salienti. I pellegrini non
si introducono più sulla scena, gomito
a gomito coi personaggi scolpiti, qualcuno nel costume tipico della Val Sesia,
ma si inginocchiano a finestre protette
da grate per contemplare in preghiera i
misteri della salvezza, in una netta demarcazione fra sacro e profano.
Si aggiungerà ancora la Basilica dedicata all’Assunta, la cui facciata domina
la piazza sulla parte alta del Monte. Il
discepolo che segue Gesù ritroverà in
pienezza la propria vita nell’eterna comunione con lui, come Maria assunta in
cielo anima e corpo, icona escatologica
della Chiesa.
Citazioni vetero e neotestamentarie
commentano gli episodi raffigurati invitando il pellegrino spettatore alla meditazione, da Rom 5,12 (“Per unum hominem peccatum in hunc mundum intravit
et per peccatum mors”) sulla Cappella
di Adamo ed Eva a Is 53,12 (“Tradidit in
mortem animam suam et cum sceleratis
reputatus est”) sulla Cappella della Morte in Croce. Sulla porta maggiore, una
presentazione attribuita a S. Carlo Borromeo: “Haec nova Ierusalem: vitam
summosque labores atque Redemptoris
singula gesta refert”. Franco Betteto
Maggio 2012
NOTE DI LETTURA
L’ardore che non lascia
“tutto come prima”
di Andrea Balbo
Gilbert K. Chesterton, La Chiesa cattolica. Dove tutte le verità si
danno appuntamento, Lindau, Torino 2011, 118 pp., 13 euro.
“Magari tra uno o due secoli lo
spiritismo sarà diventato una tradizione, e forse anche il socialismo o
la Christian Science. Ma il cattolicesimo non si sarà mutato in una
tradizione. Sarà ancora scomodo,
qualcosa di nuovo e pericoloso”.
Questa affermazione apparentemente sorprendente è solo una delle
moltissime asserzioni paradossali
delle quali è intessuto il bellissimo
saggio nel quale lo scrittore inglese
Gilbert K. Chesterton (1874-1936)
racconta la sua conversione al cattolicesimo. Il volume risale ai primi
anni del XX secolo, ma non ha alcunché di datato e la sua lettura può
essere estremamente interessante
anche oggi. Il senso del credere, le
ragioni della scoperta di una fede, il
perché il cristiano cattolico si trovi
a testimoniare una fede sempre antica e sempre nuova sono solo alcuni dei temi che affronta l’autore,
parlando essenzialmente della propria esperienza. La penna pungente,
acuta, satirica e umanissima di Chesterton colpisce per la sua capacità
di definire con precisione fenomeni
del cuore che paiono ai più inesprimibili e, soprattutto, per la capacità di collegare l’individualità con
l’universalità. Lo scrittore mette in
rilievo con forza il carattere provocatorio della fede cattolica, il suo
interpellare la persona e chiamarla
a una nuova condizione di vita consapevole e autentica. L’ardore del
convertito risulta particolarmente
interessante per noi cristiani cattolici di oggi per i quali, sicuramente,
deve essere considerata finita l’epoca dell’acquiescenza e dell’abitudine: la fede deve rinnovare, deve
intridere la vita e trasformarla, nei
modi più strani e inattesi, non può
lasciare “tutto come prima”. Essere
cattolici, ci dice Chesterton, significa non farsi schiacciare sull’oggi,
non farsi dominare dagli orizzonti
limitati, ma aprirsi a un tempo lunghissimo che sconfina nell’eternità e si dirige verso il giorno senza
tramonto: è un cammino di responsabilità, duro, ma mai solitario e
isolato, pericoloso senz’altro, ma
degno di essere percorso.
Andrea Balbo
16/05/2012 1.43.10
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Cose dell’altro mondo
In Tanzania, la mia casa
Anna Dedola racconta...
Finalmente trovo un po’ di tempo per
rispondere alle tue domande e specialmente
ci tengo a rispondere a quella più bizzarra:
“perché sei in Africa?”…dove potrei essere
se non qui?... cercherò di raccontarti come
sono andate le cose.
Quando sono partita per la Tanzania la
prima volta, venivo a cercare materiale
per scrivere la mia tesi in architettura.
Non sapevo bene cosa cercavo, terra da
analizzare…. e non avevo la più pallida
idea di cosa avrei trovato! Ti dico solo che
quando sono andata via piangevo come una
bambina. Piangevo come quando a 19 anni
sono partita dal mio paesino in Sardegna
per salire su una nave verso il “continente”,
come lo chiamiamo noi sardi. Volevo fare
l’università, ma lasciare casa è stata dura.
E anche quella volta, all’aeroporto di Dar
es Salam, salutavo con le lacrime: stavo
lasciando casa un’altra volta.
I 36 chili di terra che mi sono portata
dietro fino a Torino non andavano bene
per quello che dovevo scrivere…mi spiego
meglio: stavamo studiando un tipo di
blocco chiamato BTC. Significa blocco in
terra cruda stabilizzata: in parole povere
terra buona mischiata con poco cemento=
mattoni economici, resistenti, salubri adatti
per i paesi in via di sviluppo. [...] Quindi
sono tornata qui per 2 mesi e mezzo… e ho
trovato la terra buona, una pressa per fare i
mattoni e con i soldi che avevo racimolato
da amici e parenti prima di partire, ho
allestito un cantiere per la produzione
dei blocchi. Ora mi sono laureata e dopo
neanche un mese sono tornata in Tanzania
a costruire un asilo per un villaggio vicino
alla missione dove sono ospite. Tra un mese
andrò in Mozambico per costruire una
scuola.
Ho 28 anni e giro l’Africa per costruire
scuole. Quando ti laurei in architettura
molti pensano che farai grattacieli e ville di
lusso in Costa Smeralda… Io non lavoro,
nel senso che non guadagno soldi, faccio
la volontaria. Non voglio però che si pensi:
“oh ma che brava”, perché anche se non
ho stipendio, credetemi…, io ci guadagno!
Faccio mattoni ma nel mentre studio i
numeri in swaili per insegnare le tabelline ai
bambini, cucino le torte ai compleanni, lavo
in un secchio i vestiti di qualche bambino
che puzza un po’ troppo, rammendo vestiti,
curo la scabbia con una pomata fantastica
che mi sono portata dall’Italia, accompagno
al dispensario chi ha paura dei dottori,
consiglio dove scavare i pozzi, gioco a
pallone, spiego come fare le rimesse per gli
animali, leggo, scrivo e insegno agli altri
a leggere e scrivere. Dette così possono
sembrare cavolate, ma l’altro giorno sono
andata a far visita a una vecchia nella sua
capanna, e mi ha dato una busta. Dentro
c’era la lettera di sua figlia che non vede da
tanti anni e mi ha chiesto di leggere: lei è
analfabeta. Io ovviamente non capivo cosa
leggevo, ma Mamma Zita piangeva e non
smetteva di ringraziarmi per averle letto la
sua lettera. Mi sono sentita incredibilmente
fortunata a saper leggere... Qui mi sento
utile e non do più nulla per scontato! …
sono comunque fortunata perché sono in
paradiso!!!!
Da newsletter di Rinaldo Canalis del Sermig, 24.4.12
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Cronaca bianca
Maggio 2012
Il rapporto dell’International Labour Organization (ILO) delle Nazioni Unite
L’occupazione nel mondo continua a peggiorare
“Nel 2012 i disoccupati nel mondo raggiungeranno la cifra di 202 milioni”
“Nei Paesi che hanno maggiormente
cercato l’austerity e la deregolamentazione, soprattutto quelli dell’Europa
meridionale, la situazione relativa alla
crescita economica e all’occupazione
ha continuato a peggiorare... E’ questa
la dura sentenza emessa dagli analisti
dell’Ilo, l’International Labour Organization dell’Onu, nel rapporto presentato ad
aprile 2012.
Nel corso del 2012 il numero dei disoccupati nel mondo aumenterà ancora
raggiungendo la cifra di 202 milioni
di persone contro i 196 attuali. L’anno
successivo, il tasso di disoccupazione a
livello mondiale segnerà quindi il 6,2% a
causa soprattutto del peggioramento delle
condizioni di accesso al mercato da parte
dei lavoratori più giovani. In Italia nell’ultimo trimestre 2011 il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 9,7%, il livello più
alto dal 2001. Il tasso reale, tuttavia, potrebbe essere più alto considerando anche
i 250mila lavoratori in cassa integrazione.
I dati, insomma, sono impietosi. Un po’
ovunque. Dal 2008 ad oggi, in pratica, la
crisi ha bruciato da sola circa 50 milioni di
posti di lavoro [...] La situazione, precisa
il report, è particolarmente preoccupante
in Europa “dove dal 2010 la disoccupazione è aumentata in due terzi dei Paesi”.
Ma i problemi si registrano anche in
Giappone e negli Stati Uniti, dove si assiste a una ripresa molto lenta, così come
in Africa e nei Paesi arabi. Ma il vero problema non è solo nelle cifre. L’impressione, segnala l’Ilo, è che la situazione stia
assumendo un carattere strutturale [...]
A far riflettere, inoltre, c’è il tema della
qualità del lavoro... Dal 2008 al 2012, 40
Paesi (su 131 presi in esame) hanno modificato la propria legislazione sul lavoro.
Nel 60% dei casi queste riforme hanno
ridotto la protezione dell’impiego per i
lavoratori a tempo indeterminato. Nelle
economie più forti, la percentuale sale al
76%. [...]
La via d’uscita dalla crisi, spiega infine l’organismo Onu, passa attraverso tre
strategie: il “rafforzamento delle istituzioni del mercato” (ovvero l’aumento
dei salari minimi), il miglioramento delle
condizioni del credito, la combinazione
investimenti pubblici/protezione sociale.
Esattamente l’opposto rispetto ai processi
tuttora in atto.
Dall’intimità all’estimità
In
internet si possono trovare anche 300 amici al giorno.
«Decisamente molti di più di
quelli che io ho avuto nei miei 86
anni di vita. Robin Dunbar, che
insegna antropologia evoluzionistica a
Oxford, dice che la nostra mente non è
predisposta per avere più di 150 rapporti
significativi».
Come è cambiata la definizione di rapporto «significativo»?
«Secondo lo psichiatra e psicanalista
Serge Tisseron i rapporti significativi
sono passati dall’”intimità” a quella che
lui chiama “estimità”. Volendo fissare un
punto si può pensare a metà degli Anni
Ottanta, quando a un talk show francese
tale Vivianne dichiarò di non avere mai
avuto un orgasmo perché suo marito era
affetto da eiaculazione precoce. Non si
trattava solo di rendere pubblici atti privati. Ma anche di farlo in un’arena aperta».
da intervista a Z. Bauman, La Stampa, 27.8.2011
fonte A.Cavallito, Il Fatto Quotidiano, 30.4.12
Don Beppe Diana
La speranza di un futuro migliore
Don Giuseppe Diana nasce a Casal di male ai familiari, le vendette trasversali, zona aversana, un
Principe; nel 1968 entra nel seminario l’inquinamento dei terreni, lo spaccio di manifesto dell’imdi Posillipo dove si licenza in Teologia, sostanze stupefacenti. Il suo impegno pegno contro il
poi si laurea in Filosofia. Nel 1978 entra civile e religioso contro la camorra ha sistema criminale.
nell’Associazione Guide Scouts Cattolici lasciato un profondo segno nella socie- Il 25 aprile 2006, a Casal di Principe, naItaliana (AGESCI). Nel 1982 è ordinato tà campana. Il suo scritto più noto è la sce ufficialmente il Comitato don Peppe
sacerdote. Dal 19 giugno 1989 è parro- lettera:”Per amore del mio popolo”, un Diana con lo scopo di non dimenticare il
co della parrocchia di San Nicola di Bari documento diffuso a Natale del 1991 in martirio di un sacerdote morto per amore
in Casal di Principe, suo paese natio. Il tutte le chiese di Casal di Principe e della del suo popolo.
Simona Bruera
19 marzo 1994,
Finestra per il Medio Oriente
due killer, mentre
sta per iniziare la
Messa, gli sparaLe lettere di Don Andrea Santoro /28 - La debolezza forte e la forza debole
no cinque volte.
Don Peppe muore
Carissimi… appena rientrato a Istanbul ho povertà. Ho rivisto Fatima, che molti di voi conoscono,
trovato una bellissima notizia: un anziano impegnata più che mai nello studio, nell’aiuto ai bambini
all’istante. L’omiprete francese di 80 anni rientra in Iran dopo iracheni e nella ricerca sofferta di una decisione per il procidio fa scalpore
ventidue anni di assenza, di cui gli ultimi cin- prio futuro. Ho ripreso contatto con la città di Istanbul nei
in tutta Italia e
que a Istanbul. Finalmente gli hanno ridato il suoi aspetti luminosi e oscuri: la gentilezza e la simpatia
un messaggio di
permesso di soggiorno (fu espulso da Tehe- della gente, le abbondanti castagne arrosto servite con un
cordoglio viene
ran
insieme
a tantissimi altri nel 1980 con la rivoluzione sorriso eccezionale, un saporitissimo fay (tè turco), la scopronunciato da
islamica di Khomeini). Era felice come un bambino. Tra perta di Levent, un elegante e supermoderno quartiere di
Giovanni Paolo
i pochi e sparsi cristiani dell’Iran i suoi “giovanili” ed en- Istanbul, i tanti uomini e donne che dignitosamente, nella
II durante l’Angetusiasti 80 anni saranno un sollievo. Ha superato perfino loro povertà, si guadagnano da mangiare (raccoglitori di
lus. Don Peppe ha
Abramo! Miracoli della fede e dell’amore. Ho ritrovato immondizia, carrettini di frutta, venditrici di fiori) sotto un
vissuto negli anni anche Piera e Luciana alle prese con l’esame di turco: freddo terribile e fino a tarda notte. Un bambinetto di settedel dominio asso- facce emaciate, mal di testa, stanchezza da sonno. «È il otto anni piegava i cartoni con una perizia pari alla sua seluto della camorra prezzo dell’Incarnazione», ho detto loro, «ma è tutta glo- rietà: Dio a Betlemme ha deciso di diventare come lui per
campana e ha de- ria!». Ieri finalmente l’esame. Abbiamo festeggiato (anche non lasciarlo solo e per mostrarci la sua dignità. La liturgia
nunciato con for- se non sappiamo ancora il risultato) in un ristorantino eco- di questi giorni in preparazione al Natale è così vicina alla
za le attività illeci- nomico con pirwia per me (cotolette di pecora) e kanat gente comune: la genealogia di Gesù è una catena di famite della camorra, per loro (alucce di pollo arrostite). Mentre loro nei giorni glie come quelle di tanta gente (da esse Dio ha preso carne
il pizzo imposto a precedenti studiavano io ho portato ai quattro vescovi cat- e sangue); Maria e Giuseppe non hanno nulla di proprio,
mano armata ogni tolici (di rito latino, armeno, caldeo e siriaco) e al cancellie- se non l’accoglienza dell’azione di Dio; insieme a Elisamese ai negozian- re mons. Marovich un pensierino e una lettera di saluto di betta e Zaccaria vivono il quotidiano: si lasciano abitare
ti minacciandoli mons. Nosiglia (vicegerente di Roma): un segno di comu- dalla grazia di Dio, la lasciano vivere e agire in sé, le si
di incendiare i nione pur nella distanza geografica. Ho rivisto Suleyman offrono come strumenti per il mondo. Gesù è frutto della
negozi o far del che, con la moglie Tuna, coordina i progetti per dare in piccolezza non della mania di grandezza, nasce dalla forza
mano ai poveri gli strumenti per uscir fuori dalla propria della fede non da quella delle proprie opere.
Perché vado in Turchia
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Religione&Scuola
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CINEFORUM
Maggio 2012
Film per la catechesi e l’irc
Dal giornale degli studenti del Liceo “Porporato” di Pinerolo
Regia di Tate Taylor (2011)
La conclusione di un ciclo di studi
The Help
“Cinque anni di scuola che mi accompagneranno per sempre”
Jackson, Mississippi. Inizio degli Anni
Sessanta. Skeeter si è appena laureata
Questo per me sarà l’ultimo articolo late da cinque anni intensi. La mia vita al tutta la classe di lavorare unita. Meritano
e il primo impiego che ottiene è presso che scriverò perchè la mia avventura al Porporato è scivolata via tra molto impe- sicuramente un cenno nei miei ricordi le
un giornale locale in cui deve rispon- liceo sta per concludersi. Il tanto temuto gno e molto studio e un buon numero di ben cinque giornate di atletica e le ben
dere alla posta delle casalinghe. Le esame di maturità metterà la parola FINE esperienze che hanno contribuito a farmi cinque corse campestri che, per una non
viene però un’idea migliore. Circonda- a questi cinque anni di vita in parte vis- crescere. Il ricordo corre subito alla mia sportiva come me, sono state affrontate
ta com’è da un razzismo tanto ipocrita suti tra le mura del Porporato. Sembra prima uscita da primina: una faticosissi- con grande sacrificio, ma sempre con
quanto esibito e consapevole del fatto quasi di non aver vissuto i timori che ma arrampicata che aveva come obiet- grande tenacia e impegno. Tappa fonche l’educazione dei piccoli, come lo è hanno accompagnato tutti i primini al tivo socializzare con i nuovi compagni. damentale per chi frequenta il corso linstata la sua, è nelle mani delle domesti- suono della prima campanella del liceo: Da lì in poi si sono susseguiti il soggior- guistico è stato senz’altro lo spettacolo
che di colore, decide di raccontare la il nuovo ambiente, i nuovi professori, i no studio a Chambéry, un fantastico sog- multilingue organizzato in seconda che
vita dei bianchi osservata dal punto di
nuovi compagni, le materie fino ad allora giorno in famiglia a Cambridge ed infine ha trasformato tutti noi in attori, registi
vista delle collaboratrici familiari ‘nesconosciute e, per chi come me utilizza i la tanto sospirata gita in Germania che, e costumisti. Certo in questi cinque anni
gre’, come allora venivano dispregiatimezzi per raggiungere la scuola, l’inco- seppur con un anno di ritardo, è arrivata ci sono stati anche momenti più difficili,
vamente chiamate. Inizialmente trova
gnita di sapersela cavare tra orari e fer- ad allietare la mia primavera da matu- quelli che spesso si presentano quando è
delle ovvie resistenze ma, lentamente,
mate, contando solo su sè stessi. Tutte le randa. Si sono poi distribuite durante gli necessario mettere d’accordo le esigenze
qualche bocca inizia ad aprirsi. La pripiccole ansie, comprese quelle di mam- anni tante altre opportunità: la collabora- di più persone. È comunque un bilancio
ma a parlare è Aibima e papà, sembrano essere state cancel- zione con questo giornalino, che mi ha positivo quello che mi si è presentato
leen seguita poi da
fatto scoprire un’insospettabile alla mente durante la scrittura di questo
Minny. Il libro di
vena giornalistica; la disponibi- articolo: esperienze e opportunità che si
Skeeter comincia a
lità ad un’adozione a distanza, sono fuse e dalle quali spero di aver colto
prendere forma e,
di Fabrizio De andrè
alla quale ha partecipato tutta la il meglio. Il prossimo settembre un penal contempo, a non
classe, rinnovata ogni anno; la siero correrà ai cancelli di questo istituto
dall’album
La
Buona
Novella
(1970)
essere più ‘suo’ ma
preparazione agli esami di certifi- che si apriranno alle nuove leve, mentre
delle donne che le
E te ne vai, Maria, fra
cazione linguistica; la partecipa- io sarò proiettata verso chissà quale nuoconfidano le umizione alla trasmissione televisiva va avventura, sicura che ciò che ho visl’altra
gente
liazioni patite. Film
“Per un pugno di libri” che, col suto e imparato in questi cinque anni mi
corale al femminile, che si raccoglie intorno
sostegno del nostro professore di accompagnerà per sempre.
tanto che gli uomini al tuo passare,
italiano e la collaborazione degli Francesca 5°A/L, Onda d’urto, Maggio 2012
hanno ruoli del tutto secondari, ispirato
altri insegnanti, ha permesso a
siepe
di
sguardi
che
al romanzo omonimo di Kathryn Stockett che ha avuto un grande successo non fanno male
negli Stati Uniti. The Help ha il pregio di essere tanto attuale quanto old nella stagione di essere madre.
style. La ricostruzione filologicamente
Si intitola “Vivo con te” la canzone che è il cd ci si dovrà rivolgere all’Aido,
correttissima di abiti, ambienti e com- Sai che fra un’ora forse piangerai
uscita a gennaio e racconta l’incredibile alla quale andrà il ricavato».
portamenti potrebbe rischiare di manstoria di Camilla. È un cd particolare
La storia di Camilla. Camilla era una
giargli l’anima traducendolo nell’en- poi la tua mano nasconderà un
perchè viene distribuito dall’AIDO, bambina molto vivace e spensierata,
nesima rivisitazione dei tempi in cui sorriso:
l’Associazione Italiana Donatori di Organi. finchè, a 9 anni, eseguendo una semplice
Martin Luther King aveva un sogno e gioia e dolore hanno il confine incerto
Il brano, composta dal musicista Andrea analisi del sangue, le fu diagnosticata
John Fitzgerald Kennedy se lo vedeva
Mercurio, è una canzone d’amore: non un’epatite autoimmune: i suoi anticorpi
stroncare a Dallas. Ma proprio in quel- nella stagione che illumina il viso.
l’amore tra due ragazzi, ma l’amore per aggredivano il fegato, riconoscendolo
la che potrebbe essere la sua apparente
la vita. Quel sentimento di passione per come elemento estraneo al suo corpo.
debolezza sta la forza di un film che Ave Maria, adesso che sei donna,
ogni attimo del presente che prova chi
La sua situazione peggiorava di anno in
riproponendoci un passato apparenteritrova la vita dopo essere stato vicino anno, fino al giorno del suo quindicesimo
mente così lontano ci fa ‘sentire’ che ave alle donne come te, Maria,
alla sua fine.
compleanno che lei ricorda così: “ero da
la sottile, inUn cast di superstar della musica italiana, sola in ospedale, con la consapevolezza
femmine un giorno per
insieme alla voce della giovanissima che molto probabilmente sarebbe stato il
sidiosa linea
Il cielo in una frase
un nuovo amore
Emanuela Asperti (Manu), ha voluto mio ultimo compleanno. Sapevo che non
rossa
che «L’ottimista vede opportunità in
povero
o
ricco,
umile
o
raccontare una storia umana e toccante avrei vissuto a lungo. A 15 anni, è una
separa l’in- ogni pericolo, il pessimista vede
per sensibilizzare sull’importanza dei sensazione bruttissima sapere che devi
Messia.
tegrazione
pericolo in ogni opportunità».
trapianti e della donazione; per dare una morire e non avrai mai un lavoro, una
razziale dal
speranza a quelle 9mila persone che oggi casa, una famiglia, non ti innamorerai,
Winston Churchill Femmine un giorno e
rifiuto non
in Italia, sono in attesa di un trapianto
non invecchierai”
ha interrotto
poi
madri
per
sempre
Emanuela
Asperti,
20
anni
ha
prestato
Poi una speranza. La possibilità di un
il suo percorso. Mentre osserviamo le
la
sua
voce
per
questa
causa.
«Canto
trapianto.
Un trapianto che fece alcuni
vicende dell’ “ieri” ci viene da chie- nella stagione che stagioni non sente.
da
7
anni
racconta
Emanuela,
iscritta
mesi
dopo,
in un giorno che lei ricorda
derci se quei problemi siano stati risolall’ultimo
anno
del
Liceo
Linguistico
come
la
seconda
volta che nacque: il
ti una volta per tutte e non solo negli Il video di “Ave Maria” su Youtube: http://
Casnati di Como - Ma questa per me è la giorno in cui ricominciò a vivere, grazie
States. Una sensazione di rabbia impo- www.youtube.com/watch?feature=player_
prima esperienza concreta. È stato il mio alla donazione degli organi.
tente promana dallo schermo quando embedded&v=qLMBHuzR5nY
autore, Andrea Mercurio, a propormela. La storia del cd di Emanuela e di Camilla gira tramite
si assiste a soprusi mascherati dal bon
L’Aido ha chiesto una canzone per newsletter. Il link della canzone:
ton così come all’emarginazione di
portare avanti una campagna di http://youtu.be/_Ag5qc1AMDs
Onda d’urto, Febbraio 2012
chi, dalla parte di chi ha la pelle meno
sensibilizzazione. Lui
scura, osa ‘disturbare’ un quieto vivere
quindi, ha cercato
che per conservarsi tale ‘deve’ ignorare
una storia vera da
i diritti di persone dal cui lavoro dipenraccontare e l’ha
de il proprio benessere. Tra i vari pregi
trovata in Camilla, una
ha quello di ricordarci che la parola ha
ragazza sarda che ha
sempre avuto un valore di riscatto. Priricevuto il fegato da
ma di rischiare di disperdersi nei talk
un ragazzo, morto in
show.
Walter Gambarotto
seguito ad un incidente
in moto... Per acquistare
Ave Maria
Il mio cd per 9000 persone
in attesa di trapianto
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In diocesi
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Un teologo protestante e un altro cattolico spiegano il loro credo
Perché non sono...
«Amo il cattolicesimo... Ma una ragione, una sola, mi impedisce di diventare cattolico...»
Il settimanale protestante francese
Réforme ha ospitato, lo scorso
anno, alcuni interventi riguardanti
le differenze tra cattolicesimo e
protestantesimo. In un’edizione ha
dato la parola a un teologo e noto
opinionista protestante francese,
Antoine Nouis, il quale ha spiegato al
pubblico i motivi per cui non potrebbe
aderire al cattolicesimo romano.
La settimana successiva ha dato la
parola a un sacerdote cattolico, il
quale ha risposto a Nouis presentando
i motivi per i quali non potrebbe
aderire al protestantesimo.
Qui sotto è riportata la versione
abbreviata apparsa su Voce evangelica
Un teologo protestante spiega le sue ragioni
di Antoine Nouis
Il cattolicesimo che amo
motivo della sua fondazione divina.
Questa posizione è bella, e può essere
giustificata biblicamente, salvo che la
storia ha mostrato che molto spesso
la Chiesa ha avuto un comportamento
che era in contraddizione radicale con
il messaggio dell’Evangelo.
Uno dei racconti che definiscono il
programma dell’Evangelo è quello della
tentazione di Cristo. Il diavolo propone
a Gesù la ricchezza (“Trasforma le
pietre in pane”), il potere (“Ti do
la gloria dei regni”) e la seduzione
religiosa (“Gettati dall’alto del tempio
e tutti ti adoreranno”), ma Gesù sa
riconoscere in queste offerte delle
tentazioni diaboliche in contraddizione
radicale con il Dio che serve.
Prima di dire perché non sono
cattolico, vorrei cominciare ad
esprimere perché potrei esserlo e ciò
che amo della sua realtà.
Amo l’universalità del cattolicesimo
nel tempo, e mi capita di pensare che
i protestanti peccano per orgoglio
quando trascurano di prendere in
considerazione la ricchezza della
tradizione. Amo la sua universalità
nello spazio. La sua organizzazione
internazionale è un vero sostegno per le
Chiese che vivono in situazioni difficili.
Amo la sua capacità di articolare una
straordinaria diversità con
una unità simbolizzata
dalla gerarchia. Ammiro Tentazione del diavolo
nei miei amici cattolici il In questi tre campi in rapporto al
loro talento per articolare la denaro, al potere e alla seduzione
libertà con l’obbedienza e religiosa, la Chiesa, tutte le Chiese,
negoziare con l’istituzione. si sono invece smarrite e hanno
Sono
edificato capitolato in un momento o nell’altro
dall’impegno sociale di alla tentazione del diavolo.
numerosi cattolici che Non voglio qui elencare tutti i
testimoniano nei quartieri compromessi, ma l’Evangelo mi
più popolari e che partono obbliga a dire che quando la Chiesa
in missione per i paesi più benedice i cannoni, autorizza la
poveri. Sono inoltre nutrito tortura in nome della verità, giustifica
Musica e spiritualità
dalla dottrina sociale l’antisemitismo e rende grazie a Dio
della Chiesa. Infine, sono per certi massacri, non c’è nulla di
pieno di ammirazione divino in essa: non è più Chiesa di
di Joram Gabbio
per i numerosi ordini Cristo, ma Chiesa del diavolo. Non
Volge al termine anche quest’anno pastora- religiosi che danno prova parlo qui solo della Chiesa cattolica,
le, e con esso si concluderanno le attività del di una spiritualità, di perché so che le Chiese protestanti
coro parrocchiale che ho la fortuna di dirigere. un’esigenza intellettuale e hanno la loro parte di ombre.
È grande, per l’ennesimo anno, la riconoscenza di un impegno di fede che La contraddizione della Chiesa
al Signore ed ai fratelli per questi mesi di coro. amerei veder fiorire nella è evocata a partire dal Nuovo
Provo a condividere tre motivi di grazie, tra gli mia Chiesa.
Testamento. Nel vangelo di Matteo,
innumerevoli.
Pietro si fa trattare da satana appena
Amore del potere
Innanzitutto l’esperienza dell’incontro: il
cinque versetti dopo che Gesù ha
Tutte queste ragioni mi
coro è appuntamento con persone di generaziodichiarato che su di lui la Chiesa sarà
fanno amare la Chiesa
fondata (Mt 6,18-23).
ni, sensibilità, storie diverse. È occasione per
sorella ma una ragione,
stringere legami belli; con alcuni sono amicizie
una sola, mi impedisce di Amo la Chiesa. So che la Chiesa è
decennali che la continuità dell’incontro rinvidiventare cattolico. È la necessaria e che è spesso portata al
gorisce e rinsalda, marchiandole di fedeltà, con questione del rapporto con compromesso, ma mi sembra che, se
altri sono relazioni affezionate che tracciano la il potere. A fondamento vuole restare fedele a Cristo, deve sempre
quotidianità, così come il solco traccia il campo del
cattolicesimo
si rimanere aperta all’interpellazione
per ricevere semi che fioriranno.
trova un atto di fede: la dell’Evangelo che contesta le sue
Una seconda linea è quella dell’esperienza di scommessa che la Chiesa istituzioni piuttosto che confermarle.
liturgia. Guidare il coro, ma ancor più esserne non è una istituzione Le Chiese sorelle possono essere questi
parte, significa aver il privilegio di partecipare come le altre, ma che ha segni di contestazione, è per questo che
alla liturgia in maniera pulsante, toccandone le una parte di divinità in la mia amicizia per la Chiesa cattolica
parti e vivendo, assieme agli altri, le emozioni e se stessa. Il tema della mi spinge a rimanere protestante. Allo
la sacralità di tempi e riti che scandiscono l’an- infallibilità della Chiesa stesso modo, considero l’alterità della
no.
non vuol dire che essa non Chiesa cattolica come un segno di
Infine la comunicazione. Comunicare riflessio- sbagli mai, ma che resta contestazione per la mia Chiesa, per
ne, gioia, pentimento, lode, offerta, affidamento. infallibilmente
Chiesa evitarle di cadere dal lato verso cui
Non a parole, o per lo meno non solo con esse. di Cristo fin nei suoi pende. Antoine Nouis (“Réforme”, 18
La musica, arte impalpabile ma reale, si incarna errori e sbandamenti, a febbraio 2010, trad. it. finesettimana.org).
e rappresenta un tramite di condivisione ben più
forte di quello meramente verbale. E allora ecco Un prete cattolico risponde al teologo
l’onore di essere canale del dialogo comunitario evangelico Antoine Nouis
con Dio, in una parola della preghiera. Per dirla
Il protestantesimo, a mio dell’individuo credente, da cui
in musica, il coro come cassa di risonanza della
avviso, presenta oggi una visione è scomparsa una parte degli
preghiera; diapason d’intonazione della sintonia
squilibrata del cristianesimo, elementi essenziali, i quali hanno
con il cielo.
JG
troppo segnata dal soggettivismo tutti a
segue a pag.11
Un anno di coro
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Maggio 2012
Passinpiazza
Un matrimonio
d’altri tempi
E’ giunta alla fase conclusiva la prima edizione del concorso letterario “Racconta”, bandito
dalla Banca del Tempo di Pinerolo.
“Un successo, dal punto di vista quantitativo e
qualitativo”, come è stato definito dalla commissione giudicatrice, formata dalla dott,.Graziella Bonansea, dalla dott.Silvia Bonino e dal
dott Gianpiero Casagrande: ben 67 infatti gli
elaborati pervenuti e di ottimo livello, soprattutto i primi classificati.
Primo premiato:”Un matrimonio d’altri
tempi”, di Anna Maria Bermond. Eccone un
assaggio:”La voce del padre la svegliò come di
consueto, alle sei. Si lavò velocemente nel catino, infilò la gonna e la camicia da lavoro, allacciò in vita il grembiule, appuntò la treccia alla
nuca e dieci minuti dopo era già in cucina , ad
ascoltare disciplinatamente l’ordine del giorno.- Ecco il gran giorno…- le disse, togliendo
dal fuoco il pentolino annerito.”...”Proprio in
quei mesi lui aveva deciso di trovar marito a
Rosa:aveva diciannove anni, ormai. Era sana
e forte. Già da due anni le aveva costruito la
sedia che ogni donna si porta in dote. Lo schienale che lui aveva scolpito lo riempiva di fierezza, con quella grande rosa stilizzata nel centro e
i quattro cuoricini traforati agli angoli. Anche il
corredo su cui aveva impresso a fuoco il nome
di lei era pronto: dodici lenzuola, due tovaglie,
le federe, i fazzoletti,sei camicie da notte, sei
camicie da giorno .E poi gli scialli del costume:
quello rosso per matrimonio e feste; quello azzurro dopo il primo bambino; quello viola per
la vecchiaia:Tutto era pronto. Persino la crocetta d’oro da portare al collo per la festa. Lui
amava la tradizione e la precisione.
Quando tutto era stato preparato, si era messo a cercare il marito adatto per sua figlia, con
calma e metodo, valutando tutto, soppesando
ogni cosa: salute, beni, finanze, moralità. Alla
fine si era deciso per Amilcare, un uomo di ventisei anni, serio, sano, di buon carattere, lavoratore, con terre al sole, senza vizi.”…”Così erano passate le settimane ed era arrivato il “gran
giorno”, come diceva sua madre. Mentre si
legava il fazzoletto sui capelli e scendeva con il
falcetto in mano verso la brua da ripulire, rifletteva tra sé:Perché gran giorno?Cosa sarebbe
cambiato?Avrebbe cambiato padrone, ecco tutto. Anziché ubbidire a suo padre, ora avrebbe
obbedito a suo marito, Amilcare. Che razza di
nome! Avrebbe avuto dei figli da lui, come sua
madre li aveva avuti da suo padre.”…”Ecco,
la sua vita sarebbe stata simile a quella: lavoro, figli da partorire e crescere, lavoro, silenzio,
ubbidienza, i denti che se ne vanno, i figli che
si sposano, lavoro, lavoro, silenzio, obbedienza. Sentì nascere in sé una ribellione furiosa.
Adesso, almeno, c’erano le poche parole di sua
madre, la solidarietà degli sguardi, le piccole
tenerezze nascoste. Se si sposava, neanche questo ci sarebbe stato.”…
Il racconto continua con un lieto epilogo, ma
per ora termina qui, per non togliere il piacere
della lettura integrale del testo che è pubblicato
sul sito www. bancadeltempopinerolo.it
La cerimonia di premiazione ha avuto luogo
sabato 5 maggio alle ore 17, presso la Biblioteca Civica ”Alliaudi” di Pinerolo. Presenti anche
alcuni allievi dell’Istituto Musicale di Giaveno,
che hanno intervallato con la loro musica la lettura dei passi più significativi dei primi tre elaborati classificati.
Maria Teresa Maloberti
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Nel seconchia di TorProfili
do Comune
re Pellice
Parrocchie del Pinerolese – 17
del Pinecompare in
rolese per
documenti
popolazione
del 1656.
s’incontraLa chieno oggi tre
sa attuale,
parrocchie:
dedicata
San Giovanni, San Giacomo, Sacro Cuo- a San Martino, fu eretta nel 1844 a cura
re. Antica sede di un priorato, dipendente dell’Ordine Mauriziano che qui istituì un
dall’abbazia di Vezzolano, la chiesa di priorato per arginare la presenza valdese.
San Giovanni compare, con alle sue di- Il priore era coadiuvato da due vicari e
pendenze la chiesa di San Giacomo, sin da preti incaricati della scuola maschile;
dal 1153. La chiesa fu abbattuta negli in seguito, affidandone la conduzione
anni della guerra di Emanuele Filiberto alle Suore Giuseppine, fu aperta anche la
contro i valdesi (1559-1561) e il priore si scuola femminile. Salendo lungo la valtrasferì a Luserna presso la chiesa di San le si giunge a Villar Pellice, dove già nel
Giacomo e prese il titolo di priore di San 1222 esisteva il priorato di San CristofoGiovanni e San Giacomo. Nel 1729 fu- ro. Nel 1466 assunse il titolo di San Maurono erette due parrocchie: San Giovanni rizio. L’attuale chiesa fu eretta nel 1700
sulla sinistra del Pellice, San Giacomo e consacrata nel 1765. La parrocchia di
sulla destra del medesimo torrente. La Bobbio è intitolata all’Assunta. La prima
chiesa di San Giovanni fu ricostruita negli notizia risale al 1386; nel tempo fu retta
anni 1734-1736; quella di San Giacomo, dal Prevosto di Campiglione e dal Priore
nell’aspetto attuale, risale al 1850. Nel di Villar Pellice; l’attuale chiesa risale al
1909, a seguito dell’industrializzazione, il 1740. Nel territorio della Val Pellice, sin
Comune di San Giovanni, vide crescere dal XIII secolo, si incontra la presenza
la sua popolazione (gli operai nel 1910 valdese; presso Angrogna, esattamente
erano circa duemila) e si sviluppò la bor- a Chanforan nel 1532, la chiesa valdese
gata di Airali. Si ritenne opportuno dotare aderì alla Riforma Protestante. Oggi inAirali, diventato il centro principale del contriamo le chiese di Torre Pellice, BobComune, di una chiesa la cui costruzione bio, Villar, Agrogna, Rorà, Luserna. Oltre
fu terminata nel 1913. L’anno successivo ai templi principali si incontrano i templi
fu istituita la parrocchia del Sacro Cuore e del Cabas, Pradeltorno, Coppieri, Serre. A
qui fu trasferito il titolo di priore. San Gio- Torre Pellice, nell’agosto di ogni anno, si
vanni diventò vicaria; tale stato di cose raduna il Sinodo Valdese, massimo orgadurò sino al 1952 quando a San Giovanni no della chiesa.
fu ridato il titolo di parrocchia. La parrocGiorgio Grietti
Nei Comuni di Luserna San Giovanni, Torre, Villar e Bobbio Pellice
Perchè non sono... segue da pag.10
che vedere, poco o tanto, con il concetto
di “mediazione”. Infatti, la radicalità
della protesta dei Riformatori ha voluto
sopprimere, a volte impietosamente, tutto
ciò che era dell’ordine della mediazione
e che appariva loro, all’epoca, come uno
schermo tra Dio e l’uomo.
Nella prospettiva cattolica, la mediazione
è al contrario necessaria. Lungi dal fare
schermo, essa facilita, perfino rende
possibile, la relazione con Dio, il dono della
Sua grazia all’uomo.
Tre dimenticanze
Senza volerne fare un elenco esaustivo,
indico qui solo i tre principali ambiti in
cui, a mio avviso, il protestantesimo ha
eluso questa dimensione (la mediazione)
necessaria ad ogni sana teologia cattolica:
1) Per cominciare, la Parola di Dio è,
per i cattolici, sia consegnata per iscritto
nella Sacra Scrittura, sia trasmessa dalla
Tradizione della Chiesa, sia interpretata
in maniera autentica dal solo magistero
vivo di quest’ultima, come spiegato nella
Costituzione del Vaticano II “Dei Verbum”.
Ora, dice il testo, questi tre elementi “sono
talmente connessi e congiunti che nessuna di
queste realtà sussiste senza le altre”, mentre
molti protestanti sono più che reticenti
rispetto alla nozione stessa di Tradizione e
rifiutano un’autorità regolatrice in materia
di fede.
2) C’è poi la mediazione sacramentale della
Chiesa, in quanto quest’ultima è compresa,
secondo un’altra costituzione conciliare,
“Lumen Gentium”, come “essendo, in
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Cristo, in qualche modo il sacramento,
ossia il segno e lo strumento dell’intima
unione con Dio e dell’unità di tutto il
genere umano”. In definitiva, secondo la
formulazione di Schleiermacher spesso
ripresa da allora, per la Riforma Cristo entra
in relazione con il fedele e lo invia nella
Chiesa, mentre, nell’ordine inverso, per il
cattolicesimo, Cristo entra in relazione con
il fedele attraverso l’intermediario (o con
la mediazione!) della Chiesa: si può capire
allora perché la Chiesa sia tanto importante
per noi cattolici, dato che essa ci appare
come necessaria per la nostra salvezza!
3) Infine, c’è l’insieme dei sette sacramenti
della Chiesa che sono, certo, anch’essi
dei segni, ma anche dei mezzi attraverso
i quali ci è trasmessa la salvezza di Dio
in Gesù Cristo. Tra loro, c’è certamente il
sacramento del battesimo, ma anche quello
dell’eucarestia, che, come dice una terza
costituzione conciliare, “Sacrosanctum
concilium”, rende presente Cristo, nel suo
Corpo e nel suo Sangue, nel sacrificio della
messa, che perpetua l’unico sacrificio della
Croce. Quanto al sacramento dell’ordine,
esso, attraverso la successione apostolica, fa
del collegio episcopale attuale preso nel suo
insieme e presieduto dal papa, il successore
del collegio apostolico delle origini e, anche,
“segna i preti con un carattere speciale e
li configura così a Cristo Sacerdote per
renderli capaci di agire in nome e nella
persona di Cristo Capo”
David Roure (“Réforme”, 4 marzo 2010,
trad. it. finesettimana.org)
Maggio 2012
Educare. Da dove partire?
Dalla famiglia
Nell’Anno pastorale 2005-2006, con la lettera Trovarono Maria, Giuseppe e il Bambino avevo invitato la diocesi a porre una
particolare attenzione alla famiglia e a far sì «che la famiglia divenga il centro unificatore dell’azione pastorale». Quest’ultima
frase la traggo dal documento dei vescovi italiani Matrimonio
e famiglia oggi in Italia. Sono parole di grande rilevanza pastorale. Siamo abituati a pensare alla famiglia come oggetto di attenzione pastorale, forse nemmeno in forma organica e sistematica. Dobbiamo, invece, pensare la famiglia come “soggetto di
pastorale”. Il motivo è molto semplice: in forza del sacramento
del Matrimonio i coniugi sono dotati di grazie e di carismi particolari. Questi doni devono essere messi a frutto. Il contenuto
di questa nuova lettera parte da questa angolatura e da questa
convinzione: «La famiglia va dunque amata, sostenuta e resa
protagonista attiva dell’educazione non solo per i figli, ma per
l’intera comunità. Deve crescere la consapevolezza di una ministerialità che scaturisce dal sacramento del Matrimonio e
chiama l’uomo e la donna a essere segno dell’amore di Dio che
si prende cura di ogni suo figlio». Mettere al centro la famiglia
diventa la priorità nell’azione pastorale di tutta la diocesi e di
ogni comunità.
Aggiungo pure che la famiglia deve essere anche al centro della società civile. Non è uno slogan dire: più famiglia uguale più futuro. È
una verità che possiamo toccare con mano anche nel nostro territorio.
Infatti la famiglia è una risorsa primaria per la società. Non solo è
un’entità che riceve servizi, ma è una realtà attiva, che produce ricchezza umana, che rende il tessuto sociale più umano. L’Ente pubblico ha tutto l’interesse a promuovere e sostenere la famiglia. Giovanni
Paolo II ebbe a dire:
«Un ‘autentica famiglia, fondata sul Matrimonio, è in se stessa una
“buona notizia “per il mondo»
Pier Giorgio Debernardi, vescovo
Dalla lettera pastorale 2011 “Credette lui con tutta la sua famiglia”
Cielito lindo (cielo bello)
Noi, credenti in Cristo, nella liturgia domenicale pronunciamo il Credo
che termina con le parole: “Credo la risurrezione della carne, la vita
eterna”.
Ma tale verità polarizza realmente il nostro vissuto, prevalentemente
attratto dai beni di questo mondo, bello, ma di breve durata rispetto a
quello che non avrà più fine?
Ecco perché ascoltiamo volentieri le parole di viva fede con le quali S.
Francesco di Sales cerca di descrivere il cielo alla sua Filotea: “Contempla il cielo stellato di miriadi di stelle…aggiungi la bellezza di una
magnifica giornata in cui lo splendore del sole non tolga la nitida vista
delle stelle e della luna e poi afferma che quelle bellezze sono nulla a
confronto del Paradiso. Pensa poi alla nobiltà di quella città felice e
ai suoi abitanti: la Beata Vergine Maria, miriadi di angeli, cherubini,
serafini, gli apostoli, i martiri, le vergini, le madri di famiglia… è una
compagnia impareggiabile! Il più piccolo di essi è più bello di tutto il
mondo messo insieme.
Sono felici e cantano senza sosta l’inno dell’amore eterno. Rifletti ancora al bene sommo di cui tutti godono: la vista di Dio che li gratifica per
tutta l’eternità del suo sguardo d’amore. E’ un bene senza pari l’essere
uniti al proprio principio. Ciascuno canta del suo meglio le lodi del Signore: “Sii tu benedetto per sempre, o dolce Creatore e Salvatore, perché sei buono e ci rendi partecipi con tanta generosità della tua gloria”.
Le descrizioni proposte a Filotea non sono che una pallida immagine del
mondo futuro…come attesta S.Paolo: “Quelle cose che occhio non vide,
né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, Dio le ha preparate
per coloro che lo amano” (1 Cor.2,9). Che cosa aggiungere se non il
saggio ammonimento del nostro Santo? Egli dice infatti: “ I nostri giorni scorrono. La tromba suona la ritirata, ciascuno si prepari… Filotea,
guarda il cielo e non lasciarlo per la terra”.
Invito prezioso da non sottovalutare.
Suore Visitandine
Monastero della Visitazione, Pinerolo
[email protected]
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Territorio
Maggio 2012
Secondo incontro dell’Assemblea diocesana
Nel Pinerolese i “disponibili al lavoro”sono 9178
Stando alle previsioni, nel 2020 in Europa il lavoro apparterrà a chi avrà una qualificazione alta
L’Assemblea diocesana dopo
l’introduzione del priore di Bose
Enzo Bianchi con una riflessione
su “l’amore del prossimo” è
proseguita con un secondo incontro
incentrato sulle nuove povertà. Tre
i relatori. Il primo è stato Pierluigi
Dovis, direttore della Caritas della
Diocesi di Torino, che ha parlato
della situazione delle nuove
povertà generate dall’attuale crisi
economica. È seguito l’intervento del
consigliere del Comune di Pinerolo
con delega alle Associazioni di
volontariato Agnese Boni, che ha
parlato delle conseguenze pratiche
che si avvertono nel territorio
dal punto di vista dell’assistenza,
della casa e delle politiche socioassistenziali messe in atto. Da
ultimo il responsabile del Centro
per l’impiego Renato Zambon
ha presentato una dettagliata
panoramica dell’occupazione nel
territorio, in particolare sul versante
della disoccupazione. Riportiamo
questi dati riprendendoli dalla
cronaca apparsa su L’Eco delle
Valli Valdesi.
Il secondo incontro dell’Assemblea
diocesana pinerolese è stata
l’occasione per il responsabile del
Centro per l’impiego di Pinerolo
Renato Zambon, per provare a
tracciare un quadro sulla situazione
nel Pinerolese della disoccupazione,
o meglio di chi è disponibile al
lavoro.
«Se è vero - ha detto Zambon
- che il Centro per l’impiego di
Pinerolo è il riferimento per un
bacino di 136.000 abitanti e che i
“disponibili al lavoro” nel 2011 in
tutto il Torinese erano aumentati
dell’11%, è anche vero che i dati
pinerolesi ci parlano di 9178
persone che nel 2011 si sono date
disponibili, con un aumento del
5,69% di quanti erano in ricerca. Di
questi quasi il 35% (3207 persone)
erano quelli con un’età compresa
fra i 26 e i 39 anni e il 23,33 quelli
con più di 49». In-somma numeri in
crescita e in particolare fra le donne
e fra chi non è più giovanissimo
ma non è neanche lontanamente
vicino alla pensione. «Se si va a
vedere la distribuzione del “grado
di istruzione” - ha proseguito Zambon - emerge chiaramente che la
stragrande maggioranza ha la licenza
media (il 46,5%) e il 7,6% solo la
licenza elementare, mentre chi ha
un diploma (24,75%) o una laurea
(4,71%) è nettamente in minoranza.
In mobilità nel Pinerolese sono 668
persone».
Fin qui i dati relativi a chi cerca
lavoro, ma quanti lo hanno trovato?
Stando a quanto detto da Zambon
si trova meno lavoro che nel 2008
ma qualcosa «si trova ancora». In
particolare si trova nell’agricoltura,
nell’alberghiero e nel commercio
oltre che nell’assistenza famigliare,
cioè lavori stagionali o saltuari, poco
o nulla nell’industria e qualcosa
nell’assistenza. «Il punto però - dice
ancora Zambon - è che oltre che al
presente occorre guardare al futuro,
e qui possono aiutarci un’indagine
Excelsior, sulla “carenza di profili
professionali” e “i nuovi obiettivi
strategici e i nuovi target per il
periodo 2010-2020” che si è data
l’Europa. Stando all’Excelsior
l’abbandono scolastico in Italia
è pari al 19,3% (la media europea
e del 14,8%) mentre da noi la
formazione lungo tutto l’arco della
vita lavorativa delle persone è del
6,2% (il 9,6% in Europa). Se già a un
primo sguardo questi dati sembrano
preoccupanti lo sono ancora di più
se si guarda agli obiettivi europei
per il 2020. Qui le priorità sono
proprio la formazione, migliorare la
qualità e l’efficacia dell’istruzione,
promuovere l’equità, la coesione
sociale e la cittadinanza attiva
e incoraggiare la creatività e lo
spirito imprenditoriale». In Europa
il tutto è stato tradotto dicendo che
nel 2020 «il 15% degli adulti dovrà
partecipare ad attività formative
nell’arco della vita; i quindicenni
con insufficienti capacità scolastiche dovranno scendere sotto il
15% e le persone con 30-34 anni
diplomate dovranno essere pari
al 40%. La dispersione scolastica
dovrà scendere sotto
il 10%». Stando
alle previsioni nel
2020 in Europa il
31,5% di occupati
avrà un alto livello
di
istruzione
e
qualificazione,
il
50%
livelli
intermedi e per
chi
avrà
una
bassa
istruzione
e
qualificazione
i posti di lavoro
saranno solo il 18%
(oggi in generale
sono il 33%).
«In
soldoni
spiega
Zambon
- quello che le
previsioni europee
dicono è che il
lavoro nel 2020 sarà un qualcosa
che apparterrà a chi avrà una
qualificazione alta mentre per chi
avrà scarsa formazione saranno
tempi sempre più bui. Se guardiamo
all’Italia vediamo che le previsioni
dicono che avremo i lavoratori con
i livelli più bassi di qualificazione
(il 37,1%) e parallelamente una
fortissima carenza di forze lavoro
altamente qualificate (17,5% contro
il 32% della Ue)».
E il Pinerolese? «Se guardiamo ai
dati di oggi la situazione è che il
65,4% dei progetti di ricerca lavoro
nel 2012 sono portati avanti da
persone senza qualifica specifica,
il 22,3% ha un diploma e solo il
3,2% una laurea. In prospettiva
occorrerà lavorare tutti insieme
enti pubblici, scuole, associazioni
perché cresca l’imprenditorialità
ma soprattutto perché aumenti il
numero dei diplomati e diminuisca la dispersione scolastica.
Occorre orientare l’istruzione e
la formazione anche guardando ai
percorsi produttivi sul territorio
e fare sinergia e rimettersi tutti in
discussione. Questo se vogliamo
guardare con più tranquillità verso
il 2020».
Fonte, Davide Rosso, L’Eco delle Valli
Valdesi, 21.04.2012
Poesie
Rose rosse
di Pasqualino Ricossa
Rose rosse ostenta
in tripudio il roseto,
ed è festa intorno.
Paramenti rossi oggi,
il sacerdote all’altare,
si celebra la Pentecoste.
Rosso il sangue del
sacrificio,
di fuoco la fiamma dello
Spirito
ad incendiare i cuori.
Tu, Dio invisibile,
stimoli, tormenti, attrai:
l’impossibile diviene
amore.
Incantevole la fiorita
tra le spine del roveto:
il verbo di Dio è sopra di
noi.
Pasqualino Ricossa
Questo giornale è inviato
gratuitamente.
È gradito un contributo
per le spese di stampa.
Si può utilizzare il
bollettino indicato
sotto. Grazie!!!
Indialogo.it, Periodico di Cultura religiosa realizzato in collaborazione con l’Ufficio Irc/sms e la Comm. per l’Ecumenismo e il dialogo della Diocesi di Pinerolo, Direttore responsabile
Antonio Denanni, Autorizzazione n. 2 del 16.06.2010 del Tribunale di Pinerolo. Redazione c/o Antonio Denanni, Via Goito 20, 10064 Pinerolo, 0121397226. [email protected],
Editore “Alzani”, Via Grandi 5, Pinerolo. Abbonamento o sostegno: c/c postale n. 17814104, Tipografia Alzani, Via Grandi 5, 10064 Pinerolo (causale: Indialogo)
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