Indialogo.it www.in-dialogo.it Suppl. n° al n.1/2009 di “Incontri Con…” Un salto in avanti di civiltà La crisi economica che stiamo vivendo e prima ancora il dramma ecologico del pianeta, oltre al disagio, hanno avuto il merito di aprirci gli occhi sull’insostenibilità di questo sviluppo. L’avvertono non solo gli umanisti, ma ormai anche gli economisti più sensibili alla tematica etico-economica. Già anni fa lo scriveva il mistico e filosofo Raimon Panikkar, al cui pensiero affido il prosieguo della riflessione. «La crisi del mito del progresso è irreversibile: siamo ormai consapevoli che il sistema è organizzato in modo tale da rendere i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri, e che non c’è scampo per la metà della popolazione mondiale che la globalizzazione selvaggia ha condannato ad abbandonare il banchetto della vita. Le soluzioni che il pensiero ecologico, e dovremmo anche dire l’ideologia ecologica, hanno approntato non sono affatto adeguate alla qualità e all’entità della sfida che la crisi climatica e ambientale ci pongono. Esse sono un mero maquillage e una nuova forma di business che sfrutta, magari in guanti bianchi, la natura e il cosmo, assimilati a materia inerte e a semplici cose, spacciate per risorse illimitate. C’è, invece, bisogno di un approccio molto più profondo che attui un vero e proprio salto in avanti di civiltà e che non si limiti a dare una “mano di verde” al nostro agire economico, culturale e sociale, e che muti in profondità i nostri stessi stili di vita, per renderli sobri, armoniosi e compatibili con la vita universale». Una rivoluzione nonviolenta che il filosofo e mistico sintetizza con nettezza affermando che non l’ecologia ma l’ecosofia ci salverà. Antonio Denanni Il card. Martini racconta in un libretto la figura del vescovo Il vescovo nel mondo contemporaneo Così presenta il suo scritto: «Desidero descrivere questa figura nel suo rapporto con le persone» Nonostante la malattia, il card. Carlo Maria Martini continua a scrivere e con i suoi scritti ad infondere alla comunità cristiana e agli uomini di buona volontà parole di saggezza. Con il libro “Il vescovo”, edito dalla torinese Rosenberg & Sellier, l’ex arcivescovo di Milano prende in considerazione il delicato tema dell’autorità nella chiesa locale, riassunta nella figura del vescovo. Non lo fa sotto forma di trattazione teologica, ma di racconto sulla vita del vescovo, alla luce della propria esperienza, mettendo a nudo l’universo umano e spirituale in cui si muove un pastore, comprese le sue debolezze. Sulla figura del vescovo, che alla luce del Concilio ha riassunto in sè la pienezza del ministero sacerdotale, “si sono create delle attese molto alte” e per questo “molti vescovi hanno deluso o non si sono mostrati all’altezza del ruolo”, così ha affermato il presidente dei teologi italiani Roberto Repole alla presentazione del libro a Torino. È anche per questo che Martini, confessa nel libro, ha fatto l’uomo di relazione. Ed è su queste che si incentra buona parte della sua opera. Riportiamo la parte conclusiva del libro. «Nel corso dei secoli la figura episcopale ha avuto diverse fisionomie. La metamorfosi compiutasi tra una fisionomia e l’altra è stata il frutto dell’adeguamento alla società, alla cultura, alla riflessione teologica di quel tempo specifico. Ma nel nostro tempo? nella net generation qual è il tratto che più si addice a un incarico che riassume in sé tante e tali sfaccettature da renderlo unico? Non entro qui nel merito di delucidazioni che hanno il proprio fondamento nelle virtù teologali (la fede, la speranza e la carità) e di quelle cardinali (la prudenza, la giustizia, la fortezza e la temperanza). QuanIn questo numero On line per gli altri www.biennaledemocrazia.it Sito dell’associazione Biennale Democrazia, che è un laboratorio pubblico di dibattito e di confronto sui grandi temi della politica odierna. www.siti3000.it Sito sulla mitologia con ampia spiegazione di numerosi miti. www.popoli.info Il mensile internazionale e missionario dei gesuiti italiani con analisi e riflessioni sull’attualità e sui fatti internazionali. www.bibbiaedu.it La Bibbia online in diverse traduzioni con chiavi di ricerca. Gli abati commendatari pag. 2 Nuova voglia di relazione pag. 3 Democrazia è lavoro sicuro pag. 4 Quando la tonaca è chic pag. 6 Il giusto progresso e la tecnica pag. 7 L’occupazione nel mondo pag. 8 Perché non sono... pag.10 Ernesto Balducci, morto 20 anni fa, il 25 aprile 1992 Il ventennale della morte di alcuni testimoni E. Balducci dopo l’uccisione di L.Grassi: “La mafia è il segno del fallimento dello Stato” Questo è il ventennale della morte di alcuni testimoni della fede liberante, di operatori di pace, di seminatori di libertà e di spirito critico. È il ventennale della morte del padre David Maria Turoldo, di p. Ernesto Balducci, ma anche dei magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Proponiamo di Ernesto Balducci un articolo apparso su Il Secolo XIX il primo settembre 1991, tre giorni dopo l’uccisione di Libero Grassi. «Della mafia, come della metafisica, dovrebbero parlare solo gli esperti. Ma mentre gli esperti della metafisica, Indialogo_maggio2012.indd 1 Periodico di cultura religiosa realizzato in collaborazione con l’Ufficio Irc/smi-sms e la Comm. per l’Ecumenismo e il dialogo della Diocesi di Pinerolo, Via Vescovado 1, Pinerolo. Dir. responsabile: Antonio Denanni Anno 3, n.3, Maggio 2012 rari e introvabili, possiamo lasciarli senza nostro danno ai loro soliloqui sublimi e inutili, gli esperti della mafia siamo costretti a sopportarli, quando gli avvenimenti li chiamano a ripeterci la lezione di circostanza, senza che al nostro intelletto esterrefatto giunga mai un barlume di luce. Anzi, di anno in anno, che dico?, di mese in mese il buio si fa sempre più buio. E se cominciassimo a prendere la parola noi che esperti non siamo? Se cominciassimo, sgombrandoci di dosso ogni complesso di inferiorità, ad applicare anche a questo fenomeno complesso e misterioso i sani e semplici criteri dell’etica politica su cui si basa, o dovrebbe basarsi, la nostra coscienza di cittadini? Ebbene, dopo aver fatto per una giornata una rigorosa astinenza – non ho toccato un quotidiano, non ho ascoltato un giornale radio, per paura di imbattermi negli esperti governativi – provo a dire la mia. E comincio con la considerazione più ovvia: la mafia è il segno del fallimento dello Stato, anzi è la crescita di uno Stato illegale dentro le viscere dello Stato legale. I due organismi vivono utilizzando gli stessi apparati: respirano la stessa aria, sono irrorati dallo stesso sangue. Vivono in simbiosi, insomma, tanto che la morte dell’uno sarebbe, stando così le cose, la morte dell’altro. Nessuna radioscopia vi permetterebbe di distinguerli l’uno dall’altro. Nello Stato legale si fa largo ricorso a espedienti illegali e nello Stato illegale si fa largo uso di espedienti legali. Su questo sfondo, la mafia propriamente detta è una espressione particolare di un male oscuro che ormai investe l’intero apparato amministrativo dello Stato». Leggi il resto su: www.linkiesta.it/ ernesto-balducci#ixzz1uE0Vr8Ca do in passato leggevo simili pagine restavo senza fiato, poiché dicevo: per me sarà impossibile avere tante e tali virtù! Non voglio seguire perciò questa via ascetica. Vorrei invece provare a mettermi su un piano più “laico” e tentare di descrivere alcune caratteristiche che pongono il vescovo a suo agio nel mondo contemporaneo e postmoderno. Non trovo in esso solo delle connotazioni negative, al contrario mi sembra un mondo che costringe a una vera serietà di propositi e di azioni. Prima di tutto, in ordine di valori, metterei l’integrità. Occorre che il vescovo sia una persona integra e onesta, chi lo incontra deve scorgervi con facilità e chiarezza una obbedienza volonterosa alle leggi dello Stato. Il libro dell’Ecclesiaste insegna: «Non dire “come mai i tempi antichi erano migliori del presente”, perché una domanda simile non è ispirata a saggezza» (Qo 7,10). Trovo sconveniente che si possa ancora rimbrottare i presenti a qualche convocazione per il fatto che altri non sono venuti. Una seconda caratteristica è la lealtà. Ci vogliono uomini capaci di dire Segue a pag.2 Supplemento d‘anima Chen Guangcheng Chen Guangcheng è un attivista per i diritti civili nella Repubblica popolare cinese, che negli ultimi mesi ha attirato l’attenzione internazionale per le sue battaglie sui diritti umani. Nato il 12.11.1971 nello Shangdong, all’età di un anno resta completamente cieco a causa di una malattia. Rimane analfabeta fino a quando, nel 1994, non viene accettato dalla scuola superiore per ciechi di Qingdao. E non senza difficoltà. I ciechi, secondo una legge della Repubblica popolare cinese del 1991 «per la protezione delle persone fisicamente handicappate», sono esentati dal pagare le tasse, anche quelle scolastiche. Così quando alla scuola superiore di Qingdao gli chiedono di pagare l’iscrizione, Chen denuncia una violazione del diritto dei disabili. Un’altra violazione la denuncia nel 2003 quando fa causa alla società statale della metropolitana di Pechino, perché non gli consentiva di viaggiare gratis come la legge stabiliva. Queste esperienze ebbero tutte risultati positivi: il diritto allo studio riconquistato, biglietti della metro effettivamente gratis segue a pag.2 16/05/2012 1.42.59 Indialogo.it Pag. 2 Papa Giovanni sentire san PaPennellate bibliche XXIII ci ha inolo: segnato l’attenSe parlo le linzione ai segni gue degli uod e i mini e anche tempi e oggi purtroppo stiamo at- quelle degli angeli, ma non ho amore, sono traversando un tempo di profonda un metallo che rimbomba, uno strumento crisi. che suona a vuoto. (...) Crisi innanzi tutto economica che, Se do ai poveri tutti i miei averi, se offro il a valanga, da origine a un numero mio corpo alle fiamme, ma non ho amore, crescente di problemi: mancanza di lavoro, non mi serve a nulla. (...) conseguentemente difficoltà a mantenere L’amore non tramonta mai: (…) Ora dunl’abitazione, con il sorgere di criticità nei que ci sono tre cose che non svaniranno: rapporti interni alla famiglia, dà cui posso- fede, speranza, amore. Ma più grande di no sorgere separazioni, con l’aggravarsi di tutte è l’amore. (1 Cor. 13) nuove difficoltà di natura economica e rela- ed è bene anche riascoltare San Giacomo: zionale, fino al sopraggiungere di gravi crisi Fratelli, a che serve se uno dice: “Io ho di identità che talvolta costituiscono un peso la fede!” e poi non lo dimostra con i fatti? insopportabile con esiti a volte drammatici. Forse che quella fede può salvarlo? SuppoQuesto è lo scenario che ci accompagna. niamo che qualcuno dei vostri, un uomo o In tempo di grave crisi sorge la tentazione di una donna, non abbia vestiti e non abbia da pensare che Dio ci abbia abbandonato, ci si mangiare a sufficienza. Se voi gli dite: “Ardomanda dove sia Dio. Questo interrogativo rivederci, stammi bene. Scàldati e mangia ha accompagnato molti uomini, basta pen- quanto vuoi”, ma poi non gli date quel che sare all’urlo presente in molti salmi, fino a gli serve per vivere, a che valgono le vostre diventare un tarlo che ha seminato dubbi cir- parole? Così è anche per la fede: da sola, se ca la fedeltà di Dio nei confronti dell’uomo non si manifesta nei fatti, è morta. anche in decenni poco lontani. Qualcuno potrebbe anche dire: C’è chi ha la Questo tempo però può essere “tempo di fede e c’è invece chi compie le opere. Ma algrazia” se siamo capaci di riscoprire alcuni lora mostrami come può esistere la tua fede valori costantemente richiamati dalla Bibbia: senza le opere! Ebbene, io ti posso mostrare la solidarietà, la condivisione, la prossimità, la mia fede per mezzo delle mie opere, cioè la Carità. con i fatti! (Gc. 2, 14-17) In questo tempo di crisi è bene dunque ri Carlo Gonella La fede in tempo di crisi per i disabili, una discreta copertura mediatica e tutta l’opinione pubblica dalla sua parte. Quando Chen torna al suo villaggio, lo fa per fare quello che gli riesce meglio: riaffermare i diritti negati. Lo fa così bene che in paese tutti lo chiamano l’avvocato, anche se il titolo non l’ha mai avuto. I suoi quattro fratelli passano il loro L’Abbazia di Pinerolo dal 1567 al 1575 fu amministrata da questa personalità dotata di non comune intelligenza e bontà d’animo. Di origine casalese, dottore in giurisprudenza, fu senatore a Torino attorno agli anni 1550 e poi, scelto il sacerdozio, viene ordinato nel 1553 e designato canonico a Sant’Eusebio di Vercelli. Nel 1557 fu eletto vescovo di Aosta dove vi rimase sino al 1568. Presenziò al Concilio di Trento e si fece notare dai pontefici dell’epoca per i suoi interventi in aula dove riuscì ad evitare la rottura della Santa Sede con la Francia, quando il re Carlo IX il 19 marzo 1563 aveva concluso la pace con gli ugonotti. Nel 1565, su proposta del duca di Savoia, viene eletto dal papa Pio IV al cardinalato per i suoi meriti di studioso e gli viene affidata la cura di alcune Abbazie e tra queste la Commenda dell’Abbazia di Santa C CCC tempo a leggergli a turno la legislazione vigente. Riesce perfino a impedire a una cartiera di rovesciare rifiuti tossici nel fiume del villaggio. La sua protesta più famosa Chen l’ha fatta nella città di Linyi contro la politica ufficiale del figlio unico e degli aborti forzati. Ma questa gli costerà nel 2005 gli arresti domiciliari e poi, nel 2006, la condanna Carlo Maria Martini, Segue da pag.1 il vero, capaci di non mentire mai e per nessun motivo. Uomini che non siano mai stati colti “con le mani nel sacco”, ossia che non traspaia dalla loro vita alcun atteggiamento di nascondimento rispetto alle regole e alle norme da osservare. Terzo tratto del vescovo nel postmoderno sarà la pazienza, virtù antichissima eppure sempre necessaria. Il cardinale Giuseppe Siri di Genova soleva dire: cinque sono le virtù del vescovo: primo, la pazienza; secondo, la pazienza; terzo, la pazienza; quarto, la pazienza; quinto, la pazienza con coloro che ci invitano ad avere pazienza. Quarto, il vescovo deve essere l’uomo della misericordia. La tanta sofferenza di questo mondo, l’immenso dolore e la tanta disperazione, chiedono che la Chiesa eserciti tutta la sua funzione di madre amorevole attenta e premurosa. Che sia capace di offrire motivi di speranza a tutti coloro che «camminano nelle tenebre o nell’ombra della morte» (Le 1,79). Vorrei ancora aggiungere la buona educazione, la dolcezza del tratto, la fermezza paterna, l’amore per il bello e le sue forme. Questo perché non si abbia l’impressione di parlare con un “automa”, troppo rigido e a quattro anni e tre mesi di carcere. Uscito nel 2010 è posto agli arresti domiciliari, senza alcuna motivazione. Questo abuso di potere da parte delle autorità che non avevano alcun diritto di confinarlo nella sua casa (tanto meno di confinarci i suoi famigliari) fa crescere l’indignazione pubblica. Tanto da diventare il simbolo delle libertà negate. Pagine di storia religiosa del Pinerolese la preparazione dei confessori. La sua residenza abituale era però a Roma e l’autorità ordinaria era esercitata dal vicario, il monaco Filiberto di San Martino, mentre il prevosto della Collegiata di San Donato era Rinaldo Possano. Nel 1573 il Comune di Pinerolo inviava a Roma una supplica all’abate Bobba, perché non venisse soppresso il convento di San Lorenzo degli Umiliati e nel 1574 Enrico III, re di Francia, rimetteva Pinerolo ai duchi di Savoia. Nasceva in quegli anni la tassa del sale che veniva dalla Francia. Morì in Roma il 18 marzo 1575 e venne sepolto nella Chiesa di Santa Maria degli Angeli. Secondo la legge, durante la vacanza abbaziale, tutto quanto apparteneva alla Abbazia veniva consegnato nelle “mani regie” che riscuotevano le rendite. Aurelio Bernardi Gli abati commendatari di S. Maria- 4 Marcantonio Bobba Indialogo_maggio2012.indd 2 Maria in Pinerolo nel 1567. Prese possesso dell’Abbazia l’anno successivo e i monaci, tra le varie richieste che gli fecero, gli chiesero di risiedere nell’Abbazia per la vicinanza dei cattolici ai valdesi che si stavano diffondendo sempre più. Inoltre volevano che ogni giorno fosse autorizzata l’elemosina ai poveri che bussavano al monastero, che i novizi avessero un monaco dotto che li seguisse, che vi fosse un medico, imo speziale per l’Abbazia e si migliorasse il cibo quotidiano, così il vestiario dei monaci. Chiedevano inoltre che l’abate compisse la visita pastorale alle parrocchie e ai loro benefici e scegliesse un monaco ben preparato come vicario generale. Il nuovo abate compì la visita alle parrocchie, accompagnato da una piccola corte che lo seguiva, in carrozze trainate da cavalli. Nel 1569 convocò i monaci che da qualche tempo avevano deciso di non vivere più in comunità, ma in case private, abbandonando l’osservanza della disciplina benedettina che prevedeva la vita in comune, perché si ritornasse al rispetto della regola, concedendo loro qualche privilegio relativo alle rendite, l’uso gratuito dei mulini per il grano e la riduzione delle decime per la prevostura di San Donato, esigendo nel contempo la pubblicazione dei legati. Affidò la cascina La Rena del monastero ai canonici per il loro mantenimento, ordinò agli ecclesiastici di portare l’abito clericale e stabilì degli orari per le Messe festive dei cappellani. Riordinò i rapporti tra il Comune di Abbadia e il monastero e disciplinò Maggio 2012 troppo sicuro delle proprie risposte. Un uomo umile, che vince le durezze con la propria dolcezza, che sa essere discreto, che sa ridere di sé e delle proprie fragilità. Che sa rimettersi in discussione, che sa riconoscere i propri errori senza troppe autogiustificazioni. Dunque anzitutto un uomo vero. Ma tutto questo non si potrà ottenere se non mettendo al centro di tutto l’Evangelo di Gesù Cristo, Parola del Padre attuata dallo Spirito Santo, dal quale è sceso e scende ogni bene sulla terra, ora e nei secoli futuri». Carlo Maria Martini, Il Vescovo, Rosenberg & Sellier, 2011, € 8,50 L’incompletezza ci rende più liberi Il filosofo Salvatore Veca rintraccia l’antidoto a ogni pretesa totalizzante nell’idea di incompletezza (L’idea di incompletezza. Quattro lezioni, Feltrinelli, pag. 174, euro 19). Un’incompletezza alla quale è ancorata la nostra esistenza di esseri «prospettici e finiti... ». In che modo l’idea di incompletezza può essere una guida per i nostri tempi? L’essere consapevoli della natura incompleta di qualsivoglia risposta possiamo formulare rende più riflessive e mature le nostre scelte. È necessario essere consapevoli che esse non costituiranno mai la soluzione finale. Questo non riduce l’importanza delle nostre scelte, ma dà loro un tocco più appropriato. [...] Il suo elogio dell’incompletezza sottende una visione dinamica dei valori. Come possiamo essere fedeli ai nostri valori e allo stesso tempo “incontrare” gli altri? Nel libro riporto una battuta di Confucio: abbiamo il dovere di essere leali, fedeli a noi stessi. Siamo tenuti a difendere i valori fondamentali della nostra convivenza, le credenze che scandiscono la nostra esistenza. Ma proprio in quanto chiamati a essere leali a noi stessi, siamo provocati all’attenzione verso gli altri, all’apertura, alla curiositas. È perché siamo leali a noi stessi che possiamo aprirci agli altri. [...] Le cose buone della vita sono più d’una entro di noi, sono più d’una entro la comunità e sono più d’una tra comunità differenti. Sintesi da Luca Miele, Avvenire, 29.4.2011 16/05/2012 1.43.01 Pag. 3 Cultura Maggio 2012 L’economista Luigino Bruni, docente presso l’Università di Milano Bicocca “La crisi risveglia la voglia di relazione” Secondo il rapporto Censis «Il desiderio di consumare è meno intenso rispetto a qualche anno fa» Dopo alcuni decenni che hanno visto l’ipertrofia della finanza e del consumismo, questi primi anni di crisi stanno risvegliando una vocazione nazionale che non era morta, ma che si era soltanto assopita, covando viva e calda sotto la cenere. L’Italia ha una storia di relazioni che dura da oltre duemila anni: la cultura mediterranea, il cristianesimo, lo scambio e il commercio, la cultura cittadina e borghigiana, hanno creato nei secoli una identità dove il valore della relazione è al centro del suo dna. È stato questa rete di ‘relazioni tra diversi’ che ha fatto grande l’Italia quando è stata grande (Umanesimo civile, Sette cento riformatore, Risorgimento, Ricostruzione...); e anche le sue patologie (come certi familismi amorali e alcune forme di mafia), possono anche essere lette come malattie e degenerazioni di questa stessa vocazione alle relazioni. Oggi, allora, in questi tempi di crisi e in questi giorni duri, ci stiamo accorgendo che è molto più interessante e appagante investire tempo nelle relazioni che consumare denaro negli ipermercati. Un secondo dato del rapporto Censis, infatti, si sposa perfettamente con il primo (relazioni): il 57% degli italiani ritiene che nella propria famiglia il desiderio di consumare è meno intenso rispetto a qualche anno fa. E, cosa molto importante, lo pensa indipendentemente dalla diminuzione del proprio reddito. È come se ci stessimo accorgendo del bluff di un modello di economia fondato sui consumi: il gioco di pensare di rilanciare una economia in crisi di fiducia e di entusiasmo civile e spirituale rilanciando consumi è durato poco, e ha lasciato tutti scontenti e delusi. È dav vero bizzarro, se non offensivo, pensare che in questi tempi di seria diminuzione del reddito reale delle famiglie qualcuno possa pensare che una strada di rilancio dell’economia possa tenere aperti i negozi 7 giorni su 7 e 24 ore su 24. Il consumismo sostenuto dai debiti, va ricordato, è la malattia della crisi: come può diventarne ora la cura? Certo, c’è bisogno di più crescita economica, ma c’è bisogno soprattutto che la gente ritrovi l’entusiasmo delle relazioni, si rimetta assieme in modo creativo per generare posti di lavoro, e non di gente che passa le serate e i week end nei centri commerciali a sognare, frustrati e con sempre meno soldi in tasca, stili di vita tristi e irreali. I sogni oggi vanno orientati verso la produzione e la ge neratività, non solo verso i consumi, se vogliamo sperare in meglio. Dovremmo, infatti, ricordare di tanto in tanto che una economia non regge a lungo se trascu ra i settori primario (agricoltura) e secondario (produzione), e punta troppo sul terziario (commercio e servizi). I Paesi che oggi sono in grave crisi, lo sono anche, e forse soprattutto, perché, anche a causa di politiche europee non sempre lungimiranti, hanno nei decenni passati abbandonato settori tradizionali nei quali avevano saperi e competenze antichi (penso alla pesca e all’agricoltura in Portogallo), per gettarsi su servizi e commercio, settori spesso molto fragili e a basso valore aggiunto reale. Le relazioni familiari e comunitarie non reggono se non sono sostenute da relazioni lavorative serie, che generano reddito e riducono l’incertezza della gente, risorse queste che poi alimentano tutte le altre relazioni della vita. Il grande economista Albert Hirschman ci ha mostrato che i Paesi non conoscono soltanto i cicli economici (recessioneespansione), ma anche i «cicli della fe licità»: fasi storiche nelle quali prevale la ricerca della felicità privata (individuo) che si alternano ad altre nelle quali prevale invece la voglia di felicità pubblica (relazioni). E, come nei cicli economici, una fase prepara l’altra, e quando si arriva al culmine della felicità privata si creano le premesse per il suo superamento verso una stagione di felicità pubblica. Per Hirschman il principale meccanismo che produce il cambio di fase è la delusione . Oggi siamo nel bel mezzo di uno di questi momenti di “flesso” del ciclo, ma affinché questo desiderio di “felicità pubblica” sia sostenibile e influenzi anche il ciclo economico, occorre subito una nuova politica. Luigino Bruni, Avvenire 16.3.2012 Yunus: «Il capitalismo è un’auto vecchia» «Il fatto che proprio grazie a questa crisi si sta capendo, anche se nessuno lo vuole ammettere, che il capitalismo è arrivato al capolinea». Muhammad Yunus è il più celebre pioniere del microcredito, che gli ha portato anche un Premio Nobel per la Pace. Lo scorso anno ha dovuto abbandonare la sua Grameen Bank per ombre sulla gestione degli anni passati e una dura polemica con il governo del Bangladesh, ma rimane una star anche oggi che guida lo Yunus Centre e si occupa di imprenditoria sociale. Una star anche a Davos, dove è uno dei personaggi più ricercati. Paradossalmente, si potrebbe dire, visto il suo messaggio pare conciliarsi poco con il verbo della competitività che sulle Alpi Svizzere va per la maggiore. Eppure, proprio qui a Davos, si è dibattuto molto sui mali e le cure del capitalismo… «E’ vero, il dibattito c’è, ma continua ad essere condotto secondo i soliti schemi. Penso che in cuor nostro siamo tutti convinti che il capitalismo non funziona più e non può più funzionare, ma nessuno ha il coraggio di dire che va abbandonato». Ne è convinto davvero? «Ma certo. E’ come una vecchia auto che Indialogo_maggio2012.indd 3 cade a pezzi. Un’auto che forse ci potrà portare al prossimo isolato ma non certo adatta per un lungo viaggio. Invece di cercare di costruire un’auto nuova ci ostiniamo tutti a cercare di riparare quella vecchia. Ma è impossibile, il capitalismo è un modello nato più di cent’anni fa, non tiene il passo con un mondo che cambia così in fretta». Usciamo dalle metafore, professore. Lei quale società vorrebbe? «Vorrei una società dove nessuno rimanga disoccupato, nemmeno una persona. Il lavoro è la priorità, ma non serve pensare a come creare più posti in questo sistema proprio perché il sistema non funziona più. Invece dobbiamo pensare che nessuno deve essere un mendicante, nessuno deve dipendere dal Welfare, perché tutti sono in grado di guadagnarsi da vivere». Dalle banche, alle Tlc, alla chimica, lei ha creato molte imprese sociali. Qual è il modello che vorrebbe vedere affermarsi? «Un modello nel quale la missione sociale dell’impresa sia integrato nella struttura dell’impresa stessa. Fare qualcosa di buono per la società non dovrebbe essere il risultato quasi accidentale dell’attività degli imprenditori, ma il fondamento della loro attività». Lei ovviamente è conscio che molti la classificano come un sognatore. «Naturalmente sì, ho una visione. Ma bisogna essere dei sognatori per pensare a un mondo diverso da questo. Tutti dovremmo essere sognatori, pensare di più al mondo che vorremmo tra vent’anni. Oggi il sistema è orientato a fare soldi: questo è assolutamente ridicolo. Lei pensa che lo scopo della nostra vita sia fare soldi? Io ritengo che sia la realizzazione di noi stessi». Fonte Francesco Manacorda, La Stampa, 30.1.2012 Ritagli Umorismo da www.finesettimana.org Vacanze benedette È luglio, e come tutti, anche la Santa Famiglia desidera andare in vacanza. E, come in ogni buona famiglia, non è facile trovare un accordo sulla meta. San Giuseppe, da uomo molto concreto, propone: - Io vorrei andare a Nazareth, per vedere come vanno gli affari, là alla falegnameria. Gesù, da sempre abituato ad agire con estrema libertà da quando aveva dodici anni, invece propone: - Io andrei volentieri a fare un giro per il mondo. Anche il Papa viaggia sempre e deve avere delle buone ragioni per farlo. La Madonna, abituata da sempre ad ascoltare gli altri e un po’ timorosa di scontentare i familiari, alla fine, con un gran sospiro, sussurra: - A me piacerebbe tanto andare a Medjugorie. Ne parlano tutti così bene, ed io non ci sono mai stata... Sondaggio FAO Sono usciti i risultati di un sondaggio effettuato per conto della FAO. La domanda era: “Per piacere, dica onestamente qual è la sua opinione sulla scarsità di alimenti nel resto del mondo.” Il risultato è stato il seguente: • gli europei non hanno capito cosa sia la “scarsità”; • gli africani non sapevano cosa fossero gli “alimenti”; • gli americani hanno chiesto il significato di “resto del mondo”; • i cinesi, straniti, hanno chiesto maggiori delucidazioni sul significato di “opinione”; • nel parlamento italiano si sta ancora discutendo su cosa sia “onestamente”. Cattolici Un rabbino ebreo si era trovato, nell’al di là, di fronte a san Pietro, che l’aveva invitato in Paradiso. Dopo aver passato in rassegna tutti, dagli ebrei ai musulmani, dai buddisti agli indù, agli animisti, giunto accanto a un alto muro, avendo chiesto a san Pietro perché raccomandasse di parlare sottovoce, si sentì rispondere: - Ssst! Di là ci sono i cattolici, e credono di essere i soli! 16/05/2012 1.43.02 Progetto culturale Pag. 4 Maggio 2012 L’attualità del pensiero di Don Primo Mazzolari “Democrazia è anche lavoro sicuro” Micromega ha dedicato al sacerdote diverse pagine; ne riportiamo alcune “Democrazia vuol dire non soltanto le strade sicure, le banche sicure, ma anche il pane, anche la giustizia, anche il lavoro sicuro”. E, ancora: “Prima di essere ammessi a un partito ci vorrebbe la promozione a uomo”. “Uomini non ci si improvvisa, e nella lotta politica italiana ciò che più dolorosamente sorprende è appunto la mancanza dell’’uomo’; non dell’uomo ‘grande’, di cui non vogliamo neanche sentir parlare, ma dell’uomo ‘reale’, col suo modesto, insostituibile corredo di qualità morali”. In un appello ai cristiani, viene citato lo scrittore francese Georges Bernanos, quando afferma: “Noi siamo l’ultima tappa prima del lavoro senza scopo, della distruzione senza limiti, della servitù senza scampo”. Queste alcune delle annotazioni folgoranti di don Primo, di cui si riscopre il pensiero a 30 anni dalla nascita della Fondazione a lui dedicata grazie alla pubblicazione dei suoi scritti politici, composti tra il 1940 e il ‘55 e raccolti nel volume “Come pecore in mezzo ai lupi”, proposto da Chiarelettere nella collana Instant Book, da poco in libreria (pp.150, euro 7). Una lettura che, in questo momento, suona ancor più significativa. “Ho colto una grande contemporaneità in queste note di Don Mazzolari per l’oggi che stiamo vivendo”, sostiene un altro prete ‘di frontiera’, don Virginio Colmegna, presidente della Casa della Carità di Milano, in occasione della sua visita a Roma per presentare il volume, di cui ha curato l’introduzione. “La nostra società civile – aggiunge poi – è ricca di presenze, articolazioni, volontariato che nasce anche dal mondo cattolico: le parole di don Primo, che incrocia l’esperienza del Vangelo con culture diverse e con la tradizione comunista, ci riportano alla centralità di una politica orientata verso il bene comune”. Leggere l’attualità in chiave di impegno politico e civile per dare senso alla vita. “Il cosiddetto ‘prepolitico’ deve affacciarsi al politico – spiega don Colmegna, da oltre trent’anni impegnato sul fronte del sociale – esprimere una capacità di cambiare la società, di interpretarla, per poi tornare a valorizzarne l’aspetto critico, di sofferenza rispetto al fatto che la politica è sempre quella del bene possibile, non di quello che vorremmo ottenere. Occorre rilanciare la capacità di essere persone che vivono uno stile di vita sobrio, che portano dentro di sé non solo l’annuncio dei valori come elemento di principi astratti, ma che l’incardinano nella propria quotidianità, nelle relazioni di ogni giorno”. E’ giunto il tempo di “mettere il ‘noi’ davanti all’io’, assumersi la responsabilità del bene degli altri”, auspica l’animatore della Casa della Carità, rivolgendosi alle forze politiche e sociali. Non è una mera questione pronominale la sua, ma qualcosa di ben più importante. “La politica deve ripartire dall’etica – commenta – Tra le priorità irrinunciabili, lo sviluppo di una cultura del ‘bene comune’ per ottemperare alla quale è necessario un salto di qualità. I partiti devono essere rimessi in discussione dai movimenti. Ma meglio dire subito no alla politica dello scontro: è necessaria, piuttosto, una solidarietà di tipo espansivo, non ridistributivo”. “Adesso guardiamo la storia dal punto di vista delle vittime per effetto della globalizzazione –prosegue il fondatore della Casa della Carità – la testimonianza di don Primo, la sua contemporaneità sono da ascriversi al suo essere un grande predicatore, un trascinatore di coscienze civili. Egli parla ai giovani, chiamati a ritrovare la passione politica dopo le delusioni della guerra, di difesa dei valori, eticità, solidarietà, equità, ‘innaffiando’ tutto con il Vangelo. E’ il radicalismo del Vangelo che si traduce in modo laico, portando alla ricerca sui grandi temi i laboratori della cittadinanza e la società civile”. Rossella Guadagnini, Micromega, 13 dicembre 2011 Yulia Timoshenko: “Nella prigione del regime ho sentito la presenza di Dio” Si dice che non esistono atei nelle trincee. Dopo il mio processo-spettacolo, e quattro mesi e mezzo in cella, ho scoperto che gli atei non esistono nemmeno in prigione. Quando, nonostante un dolore insopportabile, venite interrogati per decine di ore, senza intervallo, e quando l’intero sistema coercitivo di un regime autoritario cerca di screditarti e annientarti una volta per tutte, la preghiera resta l’unica conversazione rassicurante, intima e confidenziale che uno può avere. Scopri che Dio è il tuo unico amico, e l’unica famiglia che ti rimane. Non ti permettono nemmeno la visita di un prete di fiducia, e non resta nessun altro a cui confidare paure e speranze. In questa stagione dedicata all’amore e alla famiglia, la solitudine di una cella di prigione è quasi insopportabile. Il grigio, mortificante silenzio della notte (con i secondini che ogni tanto ti sbirciano, come voyeur, attraverso lo spioncino), le improvvise urla dei detenuti, grida di disperazione e rabbia, il distante clangore delle serrature: tutto questo rende impossibile dormire, o trasforma il sonno in un tormento di inquietudine. Ma la cosa strana è che i vostri sensi non vengono storditi da questo mondo morto e terribile. Al contrario, ne vengono riaccesi. La mente si libera dai problemi quotidiani per rivolgersi ai valori inestimabili e al tuo rapporto con essi: la libertà di spirito, il regalo veramente a sorpresa di questo Natale. Nell’oscurità della cella ricevo forza e speranza dal fatto che Dio, in qualche modo, è vicino a me. Dove dovrebbe essere Cristo, se non con quelli che soffrono e sono vittima di persecuzioni? La Stampa, 27.12.2011 I nuovi preti L’attualità di un “prete scomodo” di Rossella Guadagnini, Micromega,13.12.2011 E’ una storia tutta italiana quella di don Primo, uomo di Chiesa e partigiano, nato in una famiglia contadina a Santa Maria del Boschetto (Cremona) nel 1890, e morto a Bozzolo (Mantova) nel 1959. La sua esperienza religiosa e civile si svolge interamente entro i confini della terra d’origine: da lì lancia il suo messaggio evangelico e politico. I suoi testi ‘rivoluzionari’ gli costarono da parte della gerarchia cattolica la proibizione di predicare fuori dalla sua diocesi, facendogli guadagnare la fama di “prete scomodo”. Sul piano politico, il suo operato si espresse attraverso una decisa opposizione all’ideologia fascista e a ogni forma di ingiustizia e violenza. Non solo di parole e di idee si nutrì il suo percorso: durante la seconda guerra mondiale, nascose e salvò numerosi ebrei e antifascisti, mentre dopo il conflitto fu la volta delle persone coinvolte nel regime e ingiustamente perseguitate. E se durante la Resistenza è costretto alla clandestinità per non essere catturato, per il suo impegno politico Mazzolari subisce censura da parte del Vaticano, che gli impedisce di scrivere su temi di attualità. Ma lui continua, condannando la chiusura dei cattolici nell’indifferenza, che ritiene il più grave male dell’Italia d’allora. Una predicazione la sua che esprime uno dei punti più alti di virtù civile del Novecento italiano. “Direte che non c’e’ un ‘alto’ in politica e che, se mai, vale quanto la destra, la sinistra, il centro –scrive don Primo – Nominalismo mistico in luogo di un nominalismo politico: elemento di confusione non di soluzione”. Quindi aggiunge: “E’ vero che una nuova strada non cambia nulla se l’uomo non si muove con qualche cosa di nuovo, e che un paese può andare verso qualsiasi punto cardinale e rimanere qual è. Ma se gli italiani fossero d’accordo su questo fatto, la fiducia nella toponomastica parlamentare sarebbe felicemente superata”. “Ecco, io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe”. Così il Vangelo di Matteo (10, 16-18), il cui versetto si trova in epigrafe al volume, diviso in cinque parti. Scritti incentrati sulla necessità di ripensare la politica oltre i partiti e mettere fine alla difesa degli interessi e dei privilegi, dire basta insomma all’oligarchia. Per Mazzolari i partiti sono depositi di interessi, clientele, corruzione: è impossibile cambiarli – dice – e, in fondo, allontanano la buona politica. E sappiamo bene quanta urgenza c’è di ripensarla, questa “buona politica”, nell’Italia in cui viviamo come pecore, lupi, colombe o serpenti. Centro Formazione Professionale Piemonte Corsi per giovani e adulti. (Obbligo di Istruzione e Mercato del Lavoro) Via Regis, 34 Pinerolo - tel. 0121.76675 - [email protected] Indialogo_maggio2012.indd 4 16/05/2012 1.43.06 Focus Pag. 5 Vincenzo Cerami: “L’arte rivela l’Invisibile” «Non mi è mai capitato di incontrare un artista che, pur affrontando la quotidianità anche nelle sue pieghe più inquietanti, non andasse in cerca di qualcosa di ineffabile e di invisibile. È un’esplorazione che attraversa spesso zone oscure, ma che proprio per questo non può non entrare in contatto con il cammino della Chiesa. Dove la fede aiuta ad approfondire il rapporto tra l’uomo e la trascendenza, l’arte cerca di svelare l’uomo a se stesso, magari ripetendogli qualche piccola verità universale». Per esempio? «Che perfino un re nasce nudo e che l’unica vera possibilità di salvezza sta qui, in questa povertà originaria. Mi verrebbe da dire che santi non si diventa, ma si nasce. La fatica sta nel non lasciarsi soffocare dai paludamenti con cui la cultura tende a coprirci. In questo senso, il gesto di Francesco davanti al popolo di Assisi non ha davvero nulla di scandaloso: il Poverello si spoglia per tornare a essere quello che era all’inizio, una creatura nuda e indifesa che confida esclusivamente in Dio». Detto così, sembra semplice. «Non lo è, purtroppo. Anche nell’arte, infatti, per arrivare alla bellezza occorre attraversare l’inferno del dubbio, delle false credenze, ma senza mai accontentarsi di descrivere il male con compiacenza, come invece si tende a fare in questi anni. Guai se ci si arrende alla bruttezza che sembra dominare le nostre esistenze. Il vero artista ha l’occhio lungo, intuisce la bellezza anche quando è soltanto una promessa, un’ombra incerta» Fonte, Alessandro Zuccari, Avvenire, 16.2.2012 Amartya Sen: “No al rigore senza un dibattito democratico” Probabilmente non ci voleva un’intelligenza tanto raffinata e capace di visione, per dirlo, come quella del premio Nobel per l’economia Amartya Sen. Ma sentirlo affermare da un personaggio del suo calibro fa il suo effetto: «Applicare politiche economiche tanto rigorose sotto la pressione dei giudizi delle agenzie di rating e delle istituzioni finanziarie ha detto Sen, riferendosi alle politiche di austerity attuate in Europa - non si può fare senza coinvolgere le persone in un dibattito democratico, senza confrontarsi sulle questioni: non solo è poco democratico ma è anche poco intellettuale». Intervenendo al convegno sui nuovi indicatori economici alternativi al Pil, organizzato a Milano dall’Università Bocconi, Sen ha sottolineato come ci si trovi oggi in un momento in cui occorre definire le basi di un nuovo sistema economico, ad esempio abbandonando contrapposizioni come quella fra Stato e mercato: «Molti governi hanno accresciuto i loro debiti per salvare i mercati - ha spiegato - . Ora i mercati chiedono ai governi di tagliare. Ma governi e mercati abitano lo stesso spazio: non si può chiedere ai governi di tagliare e aspettarsi la crescita». Per il grande economista indiano, insomma, le politiche di risposta alla crisi sono state inadeguate, anche perché dogmatiche, e hanno aggravato la crisi, mentre servono interventi politicamente e socialmente accettabili. Sen, che lavorò all’elaborazione di uno dei primi indicatori economici alternativi al Pil, l’Indice di sviluppo umano che l’Onu fece proprio a inizio anni Novanta, ha anche detto che «le misure contano, fanno la differenza: la crescita economica non è solo il Pil». Proprio su questo il Cresv Bocconi (Centro ricerche su sostenibilità e valore) ha presentato uno studio che rimarca la necessità di adottare nuove misure, a livello di Paesi come di singole imprese, che diano valore non solo alla ricchezza economica ma anche al benessere umano e sociale. «Serve un rating etico - ha detto Francesco Perrini, direttore del Cresv - che misuri il valore che un’impresa crea e distribuisce non solo agli azionisti, ma a tutti i suoi stakeholder. Anche perché essere socialmente responsabili conviene: le imprese sostenibili sopravvivono più a lungo e sono meno rischiose». Analizzando oltre cento società quotate europee, lo studio ha infatti mostrato come esista una correlazione positiva tra la responsabilità sociale di un’impresa, e in particolare i suoi investimenti sulla dimensione ambientale, e i risultati economico-finanziari che può ottenere. Fonte Andrea Di Turi, Avvenire 11.5.2012 G.Roma e il Censis: “Sono mammoni, perchè...” Il direttore generale del Censis Giuseppe Roma ha affrontato il tema del lavoro giovanile in Italia confrontandolo con quello degli altri Paesi europei. Stavolta l’analisi è: «Noi italiani siamo fermi al posto fisso, nella stessa città di mamma e papà». Insomma, mammoni. È così? «Su questo tema stiamo realizzando proprio in questi giorni un’elaborazione come Censis. La situazione è davvero drammatica. Il mondo giovanile ha una difficoltà notevole. All’interno di coloro che hanno fra i 25 e i 29 anni il 31% è del tutto inattivo. È una cifra enorme». Quanti sono all’estero? «In Francia sono il 12,5%, il Regno Unito il 15%, la Germania il 17,5%. In Italia è quasi il doppio: abbiamo un esercito fuori dai giochi. Ora, io penso che ci sia sempre un equilibrio tra oggettivo e soggettivo. In un altro periodo storico ci sarebbero stati fiumi di giovani alla ricerca di un posto in un altro Paese europeo. Li abbiamo, e sono i più intraprendenti, ma restano una minoranza. Non abbiamo il contrario, invece, perché in Italia ci sono Indialogo_maggio2012.indd 5 poche opportunità». In breve: la maggioranza sono mammoni. Perché? «Perché ci sono persone che hanno minori capacità di intraprendenza personale. O forse perché hanno una formazione poco positiva: hanno scelto il liceo senza crederci o una scadente formazione tecnica e professionale quindi non hanno un mestiere. Oppure non hanno spirito d’iniziativa e nemmeno qualcuno a cui rivolgersi perché un’altra anomalia italiana è che il 70-80% del lavoro non si trova attraverso canali formali». Dunque, i mammoni italiani sono più numerosi che nel resto d’Europa. Ma almeno la quota di intraprendenti è abbastanza simile? «Direi di no. All’estero la formazione è più legata al lavoro fin dalle elementari. Da noi prevale la formazione generalista, la liceizzazione che poi porta a università altrettanto generiche. Mi viene da dire addirittura che le università italiane sono mammone. Abbiamo atenei adatti a formare un’elite dove però studiano milioni di giovani. La protezione è una tendenza tutta italiana, un frutto della cultura familiare. In Francia i giovani hanno un sussidio, vengono resi autonomi». In Italia allora si potrebbe dire che poiché non esiste nulla di tutto questo a livello pubblico le famiglie sono costrette a aiutare da sole i propri figli. «Ma è una protezione che ottunde la voglia di autonomia. Il problema è che di tutto questo parliamo da quindici anni ma, al di là delle parole e delle lamentele, da parte dei governi non esiste un solo provvedimento che dia autonomia ai giovani ma nemmeno che aumenti la nostra capacità produttiva. Quello dei giovani mammoni è un problema drammatico, ma è evidente che durerà ancora per poco». Perché? «Perché ad un certo punto i risparmi dei genitori finiranno. La riforma delle pensioni c’è stata, chi faceva un doppio lavoro non potrà più farlo, i ragazzi verranno per necessità spinti ad avere un maggior spirito d’iniziativa. Purtroppo non ci saranno opportunità di lavoro perché non aumentare la capacità produttiva vuol dire lasciare i problemi irrisolti. Siamo uno dei Paesi con la più bassa produttività, non possiamo continuare a dividere sempre la stessa torta». Fonte, Flavia Amabile, La Stampa, 7.2.2012 Maggio 2012 Decaloghi moderni/1 Decalogo perl’arrogante di Domenico Sigalini, Messagero di Sant’Antonio, marzo 2009 1 - Non ti sentire mai offeso, nessuno può entrare nel sacrario della tua coscienza. 2 - Non perdere tempo a rendere pan per focaccia: peggiori tu e spingi l’altro a perseverare. 3 Non compatirlo, ma creagli attorno un contesto disarmante di amicizia. 4.Spesso è maleducazione incosciente la sua: aiutalo a scoprire i sentimenti tenui della vita. 5. Sappi che ogni uomo ha bisogno degli altri per essere felice, ma deve allargare il cuore per far loro spazio. 6 Si è fatto lui centro del mondo: aiutalo a scoprire il vero centro che è Dio. 7. Per valutarsi nella verità di se stesso, ha bisogno di lasciare il suo loculo, nel quale si sente papa, re e profeta. 8. Se comincia a chiedere scusa, anche tra i denti, non lo scoraggiare: è su una buona strada. 9 La buona educazione non è il politicamente corretto, ma il lasciarsi conquistare da un ideale. 10. Conquisti più arroganti con una goccia di miele che con un barile di aceto. Decaloghi moderni /2 I 10 comandamenti per i non-disabili 1° Guarda ME e non la mia disabilità 2° Accettami 3° Chiedi a me e non ad altri cose di me 4° La disabilità non è contagiosa 5° Ragiona seriamente con me 6° Rispetta i miei tempi 7° Gioisci quando riesco senza aiuto 8° Non escludermi 9° Trattami come vorresti essere trattato 10° La disabilità è una condizione di vita non cercata 16/05/2012 1.43.08 Documenti Pag. 6 Maggio 2012 Da Mancuso a Don Gallo, chi sono i nuovi intellettuali cattolici secondo Lettera43 Quando nella Chiesa la tonaca è chic Dopo la scomparsa dei radical chic ora «assistiamo all’emergere di una categoria nuova, tutta italiana: quella dei clerical chic» Un’interessante analisi del mondo intellettuale cattolico che buca i media è stata fatta da Bruno Giurato sul giornale on line Lettera 43 (www.lettera43.it). Riportiamo di seguito lo scritto. La categoria dei radical chic sembra definitivamente scomparsa dall’orizzonte occidentale, in compenso assistiamo all’emergere di una categoria nuova, tutta italiana: quella dei clerical chic. È un’onda di intellettuali che a volte fanno ufficialmente parte del mondo ecclesiastico, a volte vi ruotano solo attorno. QUINTA COLONNA CRISTIANA. Da una parte rispondono all’esigenza di un cristianesimo moderno, contaminato con il sociale e con il libero pensiero: rappresenterebbero la quinta colonna cristiana in un mondo secolarizzato. Ma i tradizionalisti li considerano una sorta di eretici che finiscono, in buona sostanza, per svendere il cattolicesimo presentandolo in una chiave pop e (troppo) facilmente digeribile. La «porta stretta» di cui si parla nel Vangelo, in certi casi e secondo alcuni, diventa larga, larghissima, praticamente un’autostrada. Aperta a evoluzioni mediatiche, bestsellerismi e anche giochi di potere tutti mondani. BEST SELLER DI MANCUSO. Il primo nome eccellente è quello di Vito Mancuso, autore di una serie di best seller, a cominciare da L’anima e il suo destino (Raffaello Cortina, 2007) fino all’ultimo Obbedienza e libertà (Fazi, 2012), libri che sono diventati l’emblema della teologia pop. Secondo i maligni, Mancuso sta alla teologia come il pianista Giovanni Allevi sta alla musica classica, un banalizzatore. APERTURE PER LA CHIESA. L’ex docente di teologia all’Università del San Raffaele, nei suoi editoriali su La Repubblica ha sostenuto la necessità dell’apertura della Chiesa su alcuni temi cruciali: dal sacerdozio (e il cardinalato) femminile, al celibato dei preti, fino alla morale sessuale. Ma il dubbio è che le aperture di Mancuso siano motivate da un avvicinamento all’asse del quotidiano diretto da Ezio Mauro e non soltanto dal punto di vista di un approccio più illuminista ai temi di fede, piuttosto da quello di laicissime amicizie. In una storica recensione al libro Indialogo_maggio2012.indd 6 L’uomo che non credeva in Dio di Eugenio Scalfari, Mancuso aveva sostenuto: «Cartesio, Spinoza, Kant, Freud sono i filosofi che hanno contribuito a formare Scalfari, che poi li ha per così dire superati». Affettuosità teologiche. Altro personaggio tanto amato in alcuni ambienti extra religiosi quanto contestato all’interno della Chiesa è Enzo Bianchi, fondatore della comunità di Bose (in provincia di Biella) e teorizzatore della Differenza cristiana, titolo di un suo fortunato libro del 2006. VERSO LA RELIGIONE LIQUIDA. Bianchi è stato attaccato dal teologo Antonio Livi in merito a questioni dogmatiche. In effetti il priore di Bose ha teorizzato un cristianesimo che non deve diventare appartenenza ideologica, e nemmeno identità culturale: deve seguire la tendenza liquida dello spirito del tempo. Ma d’altra parte Bianchi è anche capace di posizioni politicamente scorrette, come nel recentissimo Una lotta per la vita. In ogni caso Bianchi, con tanto di barba bianca, aria ieratica e pila di bestseller Einaudi in libreria, è perfetto anche come immagine per il cristianesimo new age. RAVASI, CHIESA E FILOSOFIA. Ma quanto a eleganza e aplomb, il vero invincibile è il cardinal Gianfranco Ravasi. Probabilmente è il più colto collaboratore del Domenicale de Il Sole 24 ore, oltre che autore di libri in cui mischia citazioni evangeliche con Charles Baudelaire, San Tommaso con Colette, Meister Eckhart con Oscar Wilde. Ed è un cinguettatore, anche se l’approdo online gli ha portato qualche inconveniente, come le indiscrezioni secondo cui il suo profilo Twitter era gestito dall’addetto stampa Richard Rouse. PROVOCAZIONE DA RED RONNIE. Da qualche settimana, poi, Ravasi è oggetto di continue precisazioni e provocazioni da parte di Red Ronnie, che lo accusa costantemente di non dialogare con i suoi follower e di riportare citazioni evengeliche senza lasciar spazio al contraddittorio. Ma a quanto pare il cardinale non si scompone, né si altera. Non a caso il responsabile della Cultura della Santa sede è stato definito «il prelato più elegante del Vaticano», basti pensare allo stile impeccabile con cui ha perso, nel 2011, la carica APERTO. Sul versante clerical chic politico-sociale c’è anche don Antonio Sciortino, direttore di Famiglia Cristiana, settimanale che ha spesso accumulato critiche (tra cui quella del cardinale Camillo Ruini) per l’orientamento troppo aperto, come quando, era il 2005, pubblicò un inserto pubblicitario con un nudo femminile. Dalla questione Ponte sullo Stretto al bunga bunga dell’ex premier Silvio Berlusconi, don Sciortino ha preso posizione su tutto. Senza fare sconti nemmeno al centrosinistra (governo Prodi in primis), ma suscitando una serie di polemiche pesanti. Fino all’accusa di Adriano Celentano a Sanremo: «Certe testate dovrebbero parlare del paradiso e consolare i malati, invece fanno politica». Chi invece fa politica oltre il limite dell’antipolitica, tanto da essere definito un «Beppe Grillo in tonaca» è don Andrea Gallo. L’84enne prete di strada genovese, autore di una serie di libri vendutissimi con editori diversi (da Aliberti a Mondadori a Dalai), è diventato la migliore incarnazione del «prete in periferia/ che va avanti nonostante il Vaticano» come recitavano i versi di Jovanotti. di arcivescovo di Milano, in favore dell’ex patriarca di Venezia, Angelo Scola. NESSUN CATTOLICO TRA GLI AMICI. Don Gallo, spirito gianburraschiano, è antiproibizionista, a favore del testamento biologico, del sesso e dei gay, ma contro il celibato dei preti. L’elenco dei suoi amici va da Fabio Fazio a Daria Bignardi a Serena Dandini (che lo ospitano spesso nelle loro trasmissioni). E poi: Manu Chao, Vasco Rossi, Dario Fo e Franca Rame, i Subsonica e Moni Ovadia. Va bene che don Gallo ha detto: «La Chiesa è dove ce n’è bisogno». Ma a vedere la lista di amici e sodali del prete genovese non se ne trova uno cattolico. E nemmeno protestante. LA RELIGIONE CERCA AUDIENCE. Insomma, a riguardare i personaggi che si muovono sul palcoscenico mediatico e culturale ci si trova di fronte a figure che hanno un tratto comune: piacciono alla gente che piace. In altre parole, catturano consenso specialmente tra i non-cattolici. La questione vera è quanto il cattolicesimo abbia bisogno di audience. www.lettera43.it - Bruno Giurato, 06 Maggio 2012 In tema di tecnologia nessuno può sfidare padre Antonio Spadaro. Il direttore del mensile Civiltà cattolica è come Ravasi un twittatore robusto (spesso in inglese, un po’ come il governatore della Regione Lombardia Roberto Formigoni). Critico letterario rigoroso, specialista in letteratura italiana del ‘900, Spadaro ha una passionaccia per il romanziere Pier Vittorio Tondelli, quello di Altri libertini. IL PROSSIMO AL TEMPO DEL WEB. L’ultimo libro di Spadaro si intitola Cyberteologia (Vita e pensiero), in cui l’autore si domanda, tra l’altro: «Come cambia la ricerca di Dio al tempo dei motori di ricerca? Chi è il mio prossimo all’epoca del web? Sono possibili la liturgia e i sacramenti sulla Rete?». Sul profilo Facebook si scopre che il luogo più frequentato da Spadaro è l’aeroporto di Fiumicino, Roma. Lo spirito soffia dove vuole, insomma: siano autostrade informatiche o transponder. SCIORTINO, DIRETTORE 16/05/2012 1.43.08 Orizzonti aperti Pag. 7 Al cuore della fede - 13 Secondo la Caritas in veritate di Benedetto XVI Il giusto progresso e la tecnica Con la Lettera apostolica Octogesima adveniens del 1971, Paolo VI trattò poi il tema del senso della politica e del pericolo costituito da visioni utopistiche e ideologiche che ne pregiudicavano la qualità etica e umana. Sono argomenti strettamente collegati con lo sviluppo. Purtroppo le ideologie negative fioriscono in continuazione. Dall’ideologia tecnocratica, particolarmente radicata oggi, Paolo VI aveva già messo in guardia, consapevole del grande pericolo di affidare l’intero processo dello sviluppo alla sola tecnica, perché in tal modo rimarrebbe senza orientamento. La tecnica, presa in se stessa, è ambivalente. Se da un lato, oggi, vi è chi propende ad affidarle interamente detto processo di sviluppo, dall’altro si assiste all’insorgenza di ideologie che negano in toto l’utilità stessa dello sviluppo, ritenuto radicalmente anti- umano e portatore solo di degradazione. Così, si finisce per condannare non solo il modo distorto e ingiusto con cui gli uomini talvolta orientano il progresso, ma le stesse scoperte scientifiche, che, se ben usate, costituiscono invece un’opportunità di crescita per tutti. L’idea di un mondo senza sviluppo esprime sfiducia nell’uomo e in Dio. È, quindi, un grave errore disprezzare le capacità umane di controllare le distorsioni dello sviluppo o addirittura ignorare che l’uomo è costitutivamente proteso verso l’« essere di più ». Assolutizzare ideologicamente il progresso tecnico oppure vagheggiare l’utopia di un’umanità tornata all’originario stato di natura sono due modi opposti per separare il progresso dalla sua valutazione morale e, quindi, dalla nostra responsabilità. Benedetto XVI, Caritas in Veritate, 14 Bianco/Nero La 1 risposta alla crisi economica a di Tony Blair In Occidente, quale dovrebbe essere la prima risposta alla crisi economicofinanziaria? «Dobbiamo tornare completamente all’onestà, all’integrità e alla disciplina di comportamento nella vita economica. È un’illusione pensare che possiamo regolare e fare leggi per rendere le persone buone e più disponibili a lavorare per il bene comune rispetto che al loro mero interesse privato. Le leggi creano un quadro di insieme ma l’ingegnosità umana li travalica. La virtù umana è il miglior alleato nel mostrare che tali regole funzionano. Credo che i gruppi religiosi siano impagabili scuole di virtù e che possano essere parte della soluzione nel XXI secolo». Fonte, Lorenzo Fazzini, Avvenire, 5.5.2012 Turismo, estetica e spiritualità Il Sacro Monte di Varallo Divenuti verso la fine del ‘400 assai rischiosi i pellegrinaggi in Terra Santa, il francescano milanese Bernardino Caimi volle in certo qual modo trasferire la Terra Santa da noi, alla portata di ogni pellegrino. Individuato nella terrazza rocciosa sovrastante Varallo, in Val Sesia, il luogo che più richiamava il Monte Sion, si adoperò per riceverlo in dono dai proprietari locali, edificò alla base la chiesa e convento di S. Maria delle Grazie e diede inizio all’allestimento delle cappelle in cui dovevano essere rappresentati i momenti della Passione e Morte di Gesù, come pure gli episodi dei Vangeli dell’infanzia. Soprattutto Gaudenzio Ferrari, nativo della vicina Valduggia, quel “Gaudenzio Milanese pittore eccellentissimo, pratico et espedito”, citato dal Vasari nelle Vite degli Artisti, lasciò tra fine ‘400 e inizio ‘500 la sua impronta sul Sacro Monte, con le cappelle della Crocifissione e dell’Adorazione dei Magi e significativi Indialogo_maggio2012.indd 7 interventi in altre, nonché sulla grande parete affrescata di S. Maria delle Grazie. Le pareti interne affrescate rivestono ambienti dove gli episodi evangelici sono rappresentati con statue a grandezza naturale, tra cui i pellegrini potevano camminare e pregare, emotivamente immedesimandosi nel mistero della salvezza loro proposto iconograficamente come “Biblia pauperum”: “Quod legentibus praestat scriptura, hoc indoctis praestat pictura” (S. Gregorio Magno). Ma non solo i semplici si recavano al Sacro Monte, bensì anche personaggi illustri come S. Carlo Borromeo, che vi soggiornò quattro volte, l’ultima nel 1584 preparandosi alla morte. A fine ‘500 diventa vescovo di Novara – Varallo è in provincia di Vercelli e in diocesi di Novara – Carlo Bascapé, già segretario del Borromeo, e dà un grande impulso al Sacro Monte promuovendo la costruzione di nuove cappelle, che invero mai s’era arrestata, dedicate, oltre che ai cicli dell’Infanzia e della Passione, a momenti importanti della vita pubblic di Gesù, come l’incontro con la Samaritana, la guarigione del paralitico di Cafarnao, il risuscitamento di Lazzaro, la Trasfigurazione. Nuovi artisti esprimono il loro genio a servizio della fede: i fratelli Giovanni D’Enrico e Tanzio da Varallo, Giovanni Tabacchetti, il Morazzone. Non si tratta più tanto di visitare i luoghi, quanto di ripercorrere l’esistenza terrena del Salvatore rivivendone i fatti salienti. I pellegrini non si introducono più sulla scena, gomito a gomito coi personaggi scolpiti, qualcuno nel costume tipico della Val Sesia, ma si inginocchiano a finestre protette da grate per contemplare in preghiera i misteri della salvezza, in una netta demarcazione fra sacro e profano. Si aggiungerà ancora la Basilica dedicata all’Assunta, la cui facciata domina la piazza sulla parte alta del Monte. Il discepolo che segue Gesù ritroverà in pienezza la propria vita nell’eterna comunione con lui, come Maria assunta in cielo anima e corpo, icona escatologica della Chiesa. Citazioni vetero e neotestamentarie commentano gli episodi raffigurati invitando il pellegrino spettatore alla meditazione, da Rom 5,12 (“Per unum hominem peccatum in hunc mundum intravit et per peccatum mors”) sulla Cappella di Adamo ed Eva a Is 53,12 (“Tradidit in mortem animam suam et cum sceleratis reputatus est”) sulla Cappella della Morte in Croce. Sulla porta maggiore, una presentazione attribuita a S. Carlo Borromeo: “Haec nova Ierusalem: vitam summosque labores atque Redemptoris singula gesta refert”. Franco Betteto Maggio 2012 NOTE DI LETTURA L’ardore che non lascia “tutto come prima” di Andrea Balbo Gilbert K. Chesterton, La Chiesa cattolica. Dove tutte le verità si danno appuntamento, Lindau, Torino 2011, 118 pp., 13 euro. “Magari tra uno o due secoli lo spiritismo sarà diventato una tradizione, e forse anche il socialismo o la Christian Science. Ma il cattolicesimo non si sarà mutato in una tradizione. Sarà ancora scomodo, qualcosa di nuovo e pericoloso”. Questa affermazione apparentemente sorprendente è solo una delle moltissime asserzioni paradossali delle quali è intessuto il bellissimo saggio nel quale lo scrittore inglese Gilbert K. Chesterton (1874-1936) racconta la sua conversione al cattolicesimo. Il volume risale ai primi anni del XX secolo, ma non ha alcunché di datato e la sua lettura può essere estremamente interessante anche oggi. Il senso del credere, le ragioni della scoperta di una fede, il perché il cristiano cattolico si trovi a testimoniare una fede sempre antica e sempre nuova sono solo alcuni dei temi che affronta l’autore, parlando essenzialmente della propria esperienza. La penna pungente, acuta, satirica e umanissima di Chesterton colpisce per la sua capacità di definire con precisione fenomeni del cuore che paiono ai più inesprimibili e, soprattutto, per la capacità di collegare l’individualità con l’universalità. Lo scrittore mette in rilievo con forza il carattere provocatorio della fede cattolica, il suo interpellare la persona e chiamarla a una nuova condizione di vita consapevole e autentica. L’ardore del convertito risulta particolarmente interessante per noi cristiani cattolici di oggi per i quali, sicuramente, deve essere considerata finita l’epoca dell’acquiescenza e dell’abitudine: la fede deve rinnovare, deve intridere la vita e trasformarla, nei modi più strani e inattesi, non può lasciare “tutto come prima”. Essere cattolici, ci dice Chesterton, significa non farsi schiacciare sull’oggi, non farsi dominare dagli orizzonti limitati, ma aprirsi a un tempo lunghissimo che sconfina nell’eternità e si dirige verso il giorno senza tramonto: è un cammino di responsabilità, duro, ma mai solitario e isolato, pericoloso senz’altro, ma degno di essere percorso. Andrea Balbo 16/05/2012 1.43.10 Pag. 8 Cose dell’altro mondo In Tanzania, la mia casa Anna Dedola racconta... Finalmente trovo un po’ di tempo per rispondere alle tue domande e specialmente ci tengo a rispondere a quella più bizzarra: “perché sei in Africa?”…dove potrei essere se non qui?... cercherò di raccontarti come sono andate le cose. Quando sono partita per la Tanzania la prima volta, venivo a cercare materiale per scrivere la mia tesi in architettura. Non sapevo bene cosa cercavo, terra da analizzare…. e non avevo la più pallida idea di cosa avrei trovato! Ti dico solo che quando sono andata via piangevo come una bambina. Piangevo come quando a 19 anni sono partita dal mio paesino in Sardegna per salire su una nave verso il “continente”, come lo chiamiamo noi sardi. Volevo fare l’università, ma lasciare casa è stata dura. E anche quella volta, all’aeroporto di Dar es Salam, salutavo con le lacrime: stavo lasciando casa un’altra volta. I 36 chili di terra che mi sono portata dietro fino a Torino non andavano bene per quello che dovevo scrivere…mi spiego meglio: stavamo studiando un tipo di blocco chiamato BTC. Significa blocco in terra cruda stabilizzata: in parole povere terra buona mischiata con poco cemento= mattoni economici, resistenti, salubri adatti per i paesi in via di sviluppo. [...] Quindi sono tornata qui per 2 mesi e mezzo… e ho trovato la terra buona, una pressa per fare i mattoni e con i soldi che avevo racimolato da amici e parenti prima di partire, ho allestito un cantiere per la produzione dei blocchi. Ora mi sono laureata e dopo neanche un mese sono tornata in Tanzania a costruire un asilo per un villaggio vicino alla missione dove sono ospite. Tra un mese andrò in Mozambico per costruire una scuola. Ho 28 anni e giro l’Africa per costruire scuole. Quando ti laurei in architettura molti pensano che farai grattacieli e ville di lusso in Costa Smeralda… Io non lavoro, nel senso che non guadagno soldi, faccio la volontaria. Non voglio però che si pensi: “oh ma che brava”, perché anche se non ho stipendio, credetemi…, io ci guadagno! Faccio mattoni ma nel mentre studio i numeri in swaili per insegnare le tabelline ai bambini, cucino le torte ai compleanni, lavo in un secchio i vestiti di qualche bambino che puzza un po’ troppo, rammendo vestiti, curo la scabbia con una pomata fantastica che mi sono portata dall’Italia, accompagno al dispensario chi ha paura dei dottori, consiglio dove scavare i pozzi, gioco a pallone, spiego come fare le rimesse per gli animali, leggo, scrivo e insegno agli altri a leggere e scrivere. Dette così possono sembrare cavolate, ma l’altro giorno sono andata a far visita a una vecchia nella sua capanna, e mi ha dato una busta. Dentro c’era la lettera di sua figlia che non vede da tanti anni e mi ha chiesto di leggere: lei è analfabeta. Io ovviamente non capivo cosa leggevo, ma Mamma Zita piangeva e non smetteva di ringraziarmi per averle letto la sua lettera. Mi sono sentita incredibilmente fortunata a saper leggere... Qui mi sento utile e non do più nulla per scontato! … sono comunque fortunata perché sono in paradiso!!!! Da newsletter di Rinaldo Canalis del Sermig, 24.4.12 Indialogo_maggio2012.indd 8 Cronaca bianca Maggio 2012 Il rapporto dell’International Labour Organization (ILO) delle Nazioni Unite L’occupazione nel mondo continua a peggiorare “Nel 2012 i disoccupati nel mondo raggiungeranno la cifra di 202 milioni” “Nei Paesi che hanno maggiormente cercato l’austerity e la deregolamentazione, soprattutto quelli dell’Europa meridionale, la situazione relativa alla crescita economica e all’occupazione ha continuato a peggiorare... E’ questa la dura sentenza emessa dagli analisti dell’Ilo, l’International Labour Organization dell’Onu, nel rapporto presentato ad aprile 2012. Nel corso del 2012 il numero dei disoccupati nel mondo aumenterà ancora raggiungendo la cifra di 202 milioni di persone contro i 196 attuali. L’anno successivo, il tasso di disoccupazione a livello mondiale segnerà quindi il 6,2% a causa soprattutto del peggioramento delle condizioni di accesso al mercato da parte dei lavoratori più giovani. In Italia nell’ultimo trimestre 2011 il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 9,7%, il livello più alto dal 2001. Il tasso reale, tuttavia, potrebbe essere più alto considerando anche i 250mila lavoratori in cassa integrazione. I dati, insomma, sono impietosi. Un po’ ovunque. Dal 2008 ad oggi, in pratica, la crisi ha bruciato da sola circa 50 milioni di posti di lavoro [...] La situazione, precisa il report, è particolarmente preoccupante in Europa “dove dal 2010 la disoccupazione è aumentata in due terzi dei Paesi”. Ma i problemi si registrano anche in Giappone e negli Stati Uniti, dove si assiste a una ripresa molto lenta, così come in Africa e nei Paesi arabi. Ma il vero problema non è solo nelle cifre. L’impressione, segnala l’Ilo, è che la situazione stia assumendo un carattere strutturale [...] A far riflettere, inoltre, c’è il tema della qualità del lavoro... Dal 2008 al 2012, 40 Paesi (su 131 presi in esame) hanno modificato la propria legislazione sul lavoro. Nel 60% dei casi queste riforme hanno ridotto la protezione dell’impiego per i lavoratori a tempo indeterminato. Nelle economie più forti, la percentuale sale al 76%. [...] La via d’uscita dalla crisi, spiega infine l’organismo Onu, passa attraverso tre strategie: il “rafforzamento delle istituzioni del mercato” (ovvero l’aumento dei salari minimi), il miglioramento delle condizioni del credito, la combinazione investimenti pubblici/protezione sociale. Esattamente l’opposto rispetto ai processi tuttora in atto. Dall’intimità all’estimità In internet si possono trovare anche 300 amici al giorno. «Decisamente molti di più di quelli che io ho avuto nei miei 86 anni di vita. Robin Dunbar, che insegna antropologia evoluzionistica a Oxford, dice che la nostra mente non è predisposta per avere più di 150 rapporti significativi». Come è cambiata la definizione di rapporto «significativo»? «Secondo lo psichiatra e psicanalista Serge Tisseron i rapporti significativi sono passati dall’”intimità” a quella che lui chiama “estimità”. Volendo fissare un punto si può pensare a metà degli Anni Ottanta, quando a un talk show francese tale Vivianne dichiarò di non avere mai avuto un orgasmo perché suo marito era affetto da eiaculazione precoce. Non si trattava solo di rendere pubblici atti privati. Ma anche di farlo in un’arena aperta». da intervista a Z. Bauman, La Stampa, 27.8.2011 fonte A.Cavallito, Il Fatto Quotidiano, 30.4.12 Don Beppe Diana La speranza di un futuro migliore Don Giuseppe Diana nasce a Casal di male ai familiari, le vendette trasversali, zona aversana, un Principe; nel 1968 entra nel seminario l’inquinamento dei terreni, lo spaccio di manifesto dell’imdi Posillipo dove si licenza in Teologia, sostanze stupefacenti. Il suo impegno pegno contro il poi si laurea in Filosofia. Nel 1978 entra civile e religioso contro la camorra ha sistema criminale. nell’Associazione Guide Scouts Cattolici lasciato un profondo segno nella socie- Il 25 aprile 2006, a Casal di Principe, naItaliana (AGESCI). Nel 1982 è ordinato tà campana. Il suo scritto più noto è la sce ufficialmente il Comitato don Peppe sacerdote. Dal 19 giugno 1989 è parro- lettera:”Per amore del mio popolo”, un Diana con lo scopo di non dimenticare il co della parrocchia di San Nicola di Bari documento diffuso a Natale del 1991 in martirio di un sacerdote morto per amore in Casal di Principe, suo paese natio. Il tutte le chiese di Casal di Principe e della del suo popolo. Simona Bruera 19 marzo 1994, Finestra per il Medio Oriente due killer, mentre sta per iniziare la Messa, gli sparaLe lettere di Don Andrea Santoro /28 - La debolezza forte e la forza debole no cinque volte. Don Peppe muore Carissimi… appena rientrato a Istanbul ho povertà. Ho rivisto Fatima, che molti di voi conoscono, trovato una bellissima notizia: un anziano impegnata più che mai nello studio, nell’aiuto ai bambini all’istante. L’omiprete francese di 80 anni rientra in Iran dopo iracheni e nella ricerca sofferta di una decisione per il procidio fa scalpore ventidue anni di assenza, di cui gli ultimi cin- prio futuro. Ho ripreso contatto con la città di Istanbul nei in tutta Italia e que a Istanbul. Finalmente gli hanno ridato il suoi aspetti luminosi e oscuri: la gentilezza e la simpatia un messaggio di permesso di soggiorno (fu espulso da Tehe- della gente, le abbondanti castagne arrosto servite con un cordoglio viene ran insieme a tantissimi altri nel 1980 con la rivoluzione sorriso eccezionale, un saporitissimo fay (tè turco), la scopronunciato da islamica di Khomeini). Era felice come un bambino. Tra perta di Levent, un elegante e supermoderno quartiere di Giovanni Paolo i pochi e sparsi cristiani dell’Iran i suoi “giovanili” ed en- Istanbul, i tanti uomini e donne che dignitosamente, nella II durante l’Angetusiasti 80 anni saranno un sollievo. Ha superato perfino loro povertà, si guadagnano da mangiare (raccoglitori di lus. Don Peppe ha Abramo! Miracoli della fede e dell’amore. Ho ritrovato immondizia, carrettini di frutta, venditrici di fiori) sotto un vissuto negli anni anche Piera e Luciana alle prese con l’esame di turco: freddo terribile e fino a tarda notte. Un bambinetto di settedel dominio asso- facce emaciate, mal di testa, stanchezza da sonno. «È il otto anni piegava i cartoni con una perizia pari alla sua seluto della camorra prezzo dell’Incarnazione», ho detto loro, «ma è tutta glo- rietà: Dio a Betlemme ha deciso di diventare come lui per campana e ha de- ria!». Ieri finalmente l’esame. Abbiamo festeggiato (anche non lasciarlo solo e per mostrarci la sua dignità. La liturgia nunciato con for- se non sappiamo ancora il risultato) in un ristorantino eco- di questi giorni in preparazione al Natale è così vicina alla za le attività illeci- nomico con pirwia per me (cotolette di pecora) e kanat gente comune: la genealogia di Gesù è una catena di famite della camorra, per loro (alucce di pollo arrostite). Mentre loro nei giorni glie come quelle di tanta gente (da esse Dio ha preso carne il pizzo imposto a precedenti studiavano io ho portato ai quattro vescovi cat- e sangue); Maria e Giuseppe non hanno nulla di proprio, mano armata ogni tolici (di rito latino, armeno, caldeo e siriaco) e al cancellie- se non l’accoglienza dell’azione di Dio; insieme a Elisamese ai negozian- re mons. Marovich un pensierino e una lettera di saluto di betta e Zaccaria vivono il quotidiano: si lasciano abitare ti minacciandoli mons. Nosiglia (vicegerente di Roma): un segno di comu- dalla grazia di Dio, la lasciano vivere e agire in sé, le si di incendiare i nione pur nella distanza geografica. Ho rivisto Suleyman offrono come strumenti per il mondo. Gesù è frutto della negozi o far del che, con la moglie Tuna, coordina i progetti per dare in piccolezza non della mania di grandezza, nasce dalla forza mano ai poveri gli strumenti per uscir fuori dalla propria della fede non da quella delle proprie opere. Perché vado in Turchia 16/05/2012 1.43.11 Religione&Scuola Pag. 9 CINEFORUM Maggio 2012 Film per la catechesi e l’irc Dal giornale degli studenti del Liceo “Porporato” di Pinerolo Regia di Tate Taylor (2011) La conclusione di un ciclo di studi The Help “Cinque anni di scuola che mi accompagneranno per sempre” Jackson, Mississippi. Inizio degli Anni Sessanta. Skeeter si è appena laureata Questo per me sarà l’ultimo articolo late da cinque anni intensi. La mia vita al tutta la classe di lavorare unita. Meritano e il primo impiego che ottiene è presso che scriverò perchè la mia avventura al Porporato è scivolata via tra molto impe- sicuramente un cenno nei miei ricordi le un giornale locale in cui deve rispon- liceo sta per concludersi. Il tanto temuto gno e molto studio e un buon numero di ben cinque giornate di atletica e le ben dere alla posta delle casalinghe. Le esame di maturità metterà la parola FINE esperienze che hanno contribuito a farmi cinque corse campestri che, per una non viene però un’idea migliore. Circonda- a questi cinque anni di vita in parte vis- crescere. Il ricordo corre subito alla mia sportiva come me, sono state affrontate ta com’è da un razzismo tanto ipocrita suti tra le mura del Porporato. Sembra prima uscita da primina: una faticosissi- con grande sacrificio, ma sempre con quanto esibito e consapevole del fatto quasi di non aver vissuto i timori che ma arrampicata che aveva come obiet- grande tenacia e impegno. Tappa fonche l’educazione dei piccoli, come lo è hanno accompagnato tutti i primini al tivo socializzare con i nuovi compagni. damentale per chi frequenta il corso linstata la sua, è nelle mani delle domesti- suono della prima campanella del liceo: Da lì in poi si sono susseguiti il soggior- guistico è stato senz’altro lo spettacolo che di colore, decide di raccontare la il nuovo ambiente, i nuovi professori, i no studio a Chambéry, un fantastico sog- multilingue organizzato in seconda che vita dei bianchi osservata dal punto di nuovi compagni, le materie fino ad allora giorno in famiglia a Cambridge ed infine ha trasformato tutti noi in attori, registi vista delle collaboratrici familiari ‘nesconosciute e, per chi come me utilizza i la tanto sospirata gita in Germania che, e costumisti. Certo in questi cinque anni gre’, come allora venivano dispregiatimezzi per raggiungere la scuola, l’inco- seppur con un anno di ritardo, è arrivata ci sono stati anche momenti più difficili, vamente chiamate. Inizialmente trova gnita di sapersela cavare tra orari e fer- ad allietare la mia primavera da matu- quelli che spesso si presentano quando è delle ovvie resistenze ma, lentamente, mate, contando solo su sè stessi. Tutte le randa. Si sono poi distribuite durante gli necessario mettere d’accordo le esigenze qualche bocca inizia ad aprirsi. La pripiccole ansie, comprese quelle di mam- anni tante altre opportunità: la collabora- di più persone. È comunque un bilancio ma a parlare è Aibima e papà, sembrano essere state cancel- zione con questo giornalino, che mi ha positivo quello che mi si è presentato leen seguita poi da fatto scoprire un’insospettabile alla mente durante la scrittura di questo Minny. Il libro di vena giornalistica; la disponibi- articolo: esperienze e opportunità che si Skeeter comincia a lità ad un’adozione a distanza, sono fuse e dalle quali spero di aver colto prendere forma e, di Fabrizio De andrè alla quale ha partecipato tutta la il meglio. Il prossimo settembre un penal contempo, a non classe, rinnovata ogni anno; la siero correrà ai cancelli di questo istituto dall’album La Buona Novella (1970) essere più ‘suo’ ma preparazione agli esami di certifi- che si apriranno alle nuove leve, mentre delle donne che le E te ne vai, Maria, fra cazione linguistica; la partecipa- io sarò proiettata verso chissà quale nuoconfidano le umizione alla trasmissione televisiva va avventura, sicura che ciò che ho visl’altra gente liazioni patite. Film “Per un pugno di libri” che, col suto e imparato in questi cinque anni mi corale al femminile, che si raccoglie intorno sostegno del nostro professore di accompagnerà per sempre. tanto che gli uomini al tuo passare, italiano e la collaborazione degli Francesca 5°A/L, Onda d’urto, Maggio 2012 hanno ruoli del tutto secondari, ispirato altri insegnanti, ha permesso a siepe di sguardi che al romanzo omonimo di Kathryn Stockett che ha avuto un grande successo non fanno male negli Stati Uniti. The Help ha il pregio di essere tanto attuale quanto old nella stagione di essere madre. style. La ricostruzione filologicamente Si intitola “Vivo con te” la canzone che è il cd ci si dovrà rivolgere all’Aido, correttissima di abiti, ambienti e com- Sai che fra un’ora forse piangerai uscita a gennaio e racconta l’incredibile alla quale andrà il ricavato». portamenti potrebbe rischiare di manstoria di Camilla. È un cd particolare La storia di Camilla. Camilla era una giargli l’anima traducendolo nell’en- poi la tua mano nasconderà un perchè viene distribuito dall’AIDO, bambina molto vivace e spensierata, nesima rivisitazione dei tempi in cui sorriso: l’Associazione Italiana Donatori di Organi. finchè, a 9 anni, eseguendo una semplice Martin Luther King aveva un sogno e gioia e dolore hanno il confine incerto Il brano, composta dal musicista Andrea analisi del sangue, le fu diagnosticata John Fitzgerald Kennedy se lo vedeva Mercurio, è una canzone d’amore: non un’epatite autoimmune: i suoi anticorpi stroncare a Dallas. Ma proprio in quel- nella stagione che illumina il viso. l’amore tra due ragazzi, ma l’amore per aggredivano il fegato, riconoscendolo la che potrebbe essere la sua apparente la vita. Quel sentimento di passione per come elemento estraneo al suo corpo. debolezza sta la forza di un film che Ave Maria, adesso che sei donna, ogni attimo del presente che prova chi La sua situazione peggiorava di anno in riproponendoci un passato apparenteritrova la vita dopo essere stato vicino anno, fino al giorno del suo quindicesimo mente così lontano ci fa ‘sentire’ che ave alle donne come te, Maria, alla sua fine. compleanno che lei ricorda così: “ero da la sottile, inUn cast di superstar della musica italiana, sola in ospedale, con la consapevolezza femmine un giorno per insieme alla voce della giovanissima che molto probabilmente sarebbe stato il sidiosa linea Il cielo in una frase un nuovo amore Emanuela Asperti (Manu), ha voluto mio ultimo compleanno. Sapevo che non rossa che «L’ottimista vede opportunità in povero o ricco, umile o raccontare una storia umana e toccante avrei vissuto a lungo. A 15 anni, è una separa l’in- ogni pericolo, il pessimista vede per sensibilizzare sull’importanza dei sensazione bruttissima sapere che devi Messia. tegrazione pericolo in ogni opportunità». trapianti e della donazione; per dare una morire e non avrai mai un lavoro, una razziale dal speranza a quelle 9mila persone che oggi casa, una famiglia, non ti innamorerai, Winston Churchill Femmine un giorno e rifiuto non in Italia, sono in attesa di un trapianto non invecchierai” ha interrotto poi madri per sempre Emanuela Asperti, 20 anni ha prestato Poi una speranza. La possibilità di un il suo percorso. Mentre osserviamo le la sua voce per questa causa. «Canto trapianto. Un trapianto che fece alcuni vicende dell’ “ieri” ci viene da chie- nella stagione che stagioni non sente. da 7 anni racconta Emanuela, iscritta mesi dopo, in un giorno che lei ricorda derci se quei problemi siano stati risolall’ultimo anno del Liceo Linguistico come la seconda volta che nacque: il ti una volta per tutte e non solo negli Il video di “Ave Maria” su Youtube: http:// Casnati di Como - Ma questa per me è la giorno in cui ricominciò a vivere, grazie States. Una sensazione di rabbia impo- www.youtube.com/watch?feature=player_ prima esperienza concreta. È stato il mio alla donazione degli organi. tente promana dallo schermo quando embedded&v=qLMBHuzR5nY autore, Andrea Mercurio, a propormela. La storia del cd di Emanuela e di Camilla gira tramite si assiste a soprusi mascherati dal bon L’Aido ha chiesto una canzone per newsletter. Il link della canzone: ton così come all’emarginazione di portare avanti una campagna di http://youtu.be/_Ag5qc1AMDs Onda d’urto, Febbraio 2012 chi, dalla parte di chi ha la pelle meno sensibilizzazione. Lui scura, osa ‘disturbare’ un quieto vivere quindi, ha cercato che per conservarsi tale ‘deve’ ignorare una storia vera da i diritti di persone dal cui lavoro dipenraccontare e l’ha de il proprio benessere. Tra i vari pregi trovata in Camilla, una ha quello di ricordarci che la parola ha ragazza sarda che ha sempre avuto un valore di riscatto. Priricevuto il fegato da ma di rischiare di disperdersi nei talk un ragazzo, morto in show. Walter Gambarotto seguito ad un incidente in moto... Per acquistare Ave Maria Il mio cd per 9000 persone in attesa di trapianto Indialogo_maggio2012.indd 9 16/05/2012 1.43.12 In diocesi Pag. 10 Un teologo protestante e un altro cattolico spiegano il loro credo Perché non sono... «Amo il cattolicesimo... Ma una ragione, una sola, mi impedisce di diventare cattolico...» Il settimanale protestante francese Réforme ha ospitato, lo scorso anno, alcuni interventi riguardanti le differenze tra cattolicesimo e protestantesimo. In un’edizione ha dato la parola a un teologo e noto opinionista protestante francese, Antoine Nouis, il quale ha spiegato al pubblico i motivi per cui non potrebbe aderire al cattolicesimo romano. La settimana successiva ha dato la parola a un sacerdote cattolico, il quale ha risposto a Nouis presentando i motivi per i quali non potrebbe aderire al protestantesimo. Qui sotto è riportata la versione abbreviata apparsa su Voce evangelica Un teologo protestante spiega le sue ragioni di Antoine Nouis Il cattolicesimo che amo motivo della sua fondazione divina. Questa posizione è bella, e può essere giustificata biblicamente, salvo che la storia ha mostrato che molto spesso la Chiesa ha avuto un comportamento che era in contraddizione radicale con il messaggio dell’Evangelo. Uno dei racconti che definiscono il programma dell’Evangelo è quello della tentazione di Cristo. Il diavolo propone a Gesù la ricchezza (“Trasforma le pietre in pane”), il potere (“Ti do la gloria dei regni”) e la seduzione religiosa (“Gettati dall’alto del tempio e tutti ti adoreranno”), ma Gesù sa riconoscere in queste offerte delle tentazioni diaboliche in contraddizione radicale con il Dio che serve. Prima di dire perché non sono cattolico, vorrei cominciare ad esprimere perché potrei esserlo e ciò che amo della sua realtà. Amo l’universalità del cattolicesimo nel tempo, e mi capita di pensare che i protestanti peccano per orgoglio quando trascurano di prendere in considerazione la ricchezza della tradizione. Amo la sua universalità nello spazio. La sua organizzazione internazionale è un vero sostegno per le Chiese che vivono in situazioni difficili. Amo la sua capacità di articolare una straordinaria diversità con una unità simbolizzata dalla gerarchia. Ammiro Tentazione del diavolo nei miei amici cattolici il In questi tre campi in rapporto al loro talento per articolare la denaro, al potere e alla seduzione libertà con l’obbedienza e religiosa, la Chiesa, tutte le Chiese, negoziare con l’istituzione. si sono invece smarrite e hanno Sono edificato capitolato in un momento o nell’altro dall’impegno sociale di alla tentazione del diavolo. numerosi cattolici che Non voglio qui elencare tutti i testimoniano nei quartieri compromessi, ma l’Evangelo mi più popolari e che partono obbliga a dire che quando la Chiesa in missione per i paesi più benedice i cannoni, autorizza la poveri. Sono inoltre nutrito tortura in nome della verità, giustifica Musica e spiritualità dalla dottrina sociale l’antisemitismo e rende grazie a Dio della Chiesa. Infine, sono per certi massacri, non c’è nulla di pieno di ammirazione divino in essa: non è più Chiesa di di Joram Gabbio per i numerosi ordini Cristo, ma Chiesa del diavolo. Non Volge al termine anche quest’anno pastora- religiosi che danno prova parlo qui solo della Chiesa cattolica, le, e con esso si concluderanno le attività del di una spiritualità, di perché so che le Chiese protestanti coro parrocchiale che ho la fortuna di dirigere. un’esigenza intellettuale e hanno la loro parte di ombre. È grande, per l’ennesimo anno, la riconoscenza di un impegno di fede che La contraddizione della Chiesa al Signore ed ai fratelli per questi mesi di coro. amerei veder fiorire nella è evocata a partire dal Nuovo Provo a condividere tre motivi di grazie, tra gli mia Chiesa. Testamento. Nel vangelo di Matteo, innumerevoli. Pietro si fa trattare da satana appena Amore del potere Innanzitutto l’esperienza dell’incontro: il cinque versetti dopo che Gesù ha Tutte queste ragioni mi coro è appuntamento con persone di generaziodichiarato che su di lui la Chiesa sarà fanno amare la Chiesa fondata (Mt 6,18-23). ni, sensibilità, storie diverse. È occasione per sorella ma una ragione, stringere legami belli; con alcuni sono amicizie una sola, mi impedisce di Amo la Chiesa. So che la Chiesa è decennali che la continuità dell’incontro rinvidiventare cattolico. È la necessaria e che è spesso portata al gorisce e rinsalda, marchiandole di fedeltà, con questione del rapporto con compromesso, ma mi sembra che, se altri sono relazioni affezionate che tracciano la il potere. A fondamento vuole restare fedele a Cristo, deve sempre quotidianità, così come il solco traccia il campo del cattolicesimo si rimanere aperta all’interpellazione per ricevere semi che fioriranno. trova un atto di fede: la dell’Evangelo che contesta le sue Una seconda linea è quella dell’esperienza di scommessa che la Chiesa istituzioni piuttosto che confermarle. liturgia. Guidare il coro, ma ancor più esserne non è una istituzione Le Chiese sorelle possono essere questi parte, significa aver il privilegio di partecipare come le altre, ma che ha segni di contestazione, è per questo che alla liturgia in maniera pulsante, toccandone le una parte di divinità in la mia amicizia per la Chiesa cattolica parti e vivendo, assieme agli altri, le emozioni e se stessa. Il tema della mi spinge a rimanere protestante. Allo la sacralità di tempi e riti che scandiscono l’an- infallibilità della Chiesa stesso modo, considero l’alterità della no. non vuol dire che essa non Chiesa cattolica come un segno di Infine la comunicazione. Comunicare riflessio- sbagli mai, ma che resta contestazione per la mia Chiesa, per ne, gioia, pentimento, lode, offerta, affidamento. infallibilmente Chiesa evitarle di cadere dal lato verso cui Non a parole, o per lo meno non solo con esse. di Cristo fin nei suoi pende. Antoine Nouis (“Réforme”, 18 La musica, arte impalpabile ma reale, si incarna errori e sbandamenti, a febbraio 2010, trad. it. finesettimana.org). e rappresenta un tramite di condivisione ben più forte di quello meramente verbale. E allora ecco Un prete cattolico risponde al teologo l’onore di essere canale del dialogo comunitario evangelico Antoine Nouis con Dio, in una parola della preghiera. Per dirla Il protestantesimo, a mio dell’individuo credente, da cui in musica, il coro come cassa di risonanza della avviso, presenta oggi una visione è scomparsa una parte degli preghiera; diapason d’intonazione della sintonia squilibrata del cristianesimo, elementi essenziali, i quali hanno con il cielo. JG troppo segnata dal soggettivismo tutti a segue a pag.11 Un anno di coro Indialogo_maggio2012.indd 10 Maggio 2012 Passinpiazza Un matrimonio d’altri tempi E’ giunta alla fase conclusiva la prima edizione del concorso letterario “Racconta”, bandito dalla Banca del Tempo di Pinerolo. “Un successo, dal punto di vista quantitativo e qualitativo”, come è stato definito dalla commissione giudicatrice, formata dalla dott,.Graziella Bonansea, dalla dott.Silvia Bonino e dal dott Gianpiero Casagrande: ben 67 infatti gli elaborati pervenuti e di ottimo livello, soprattutto i primi classificati. Primo premiato:”Un matrimonio d’altri tempi”, di Anna Maria Bermond. Eccone un assaggio:”La voce del padre la svegliò come di consueto, alle sei. Si lavò velocemente nel catino, infilò la gonna e la camicia da lavoro, allacciò in vita il grembiule, appuntò la treccia alla nuca e dieci minuti dopo era già in cucina , ad ascoltare disciplinatamente l’ordine del giorno.- Ecco il gran giorno…- le disse, togliendo dal fuoco il pentolino annerito.”...”Proprio in quei mesi lui aveva deciso di trovar marito a Rosa:aveva diciannove anni, ormai. Era sana e forte. Già da due anni le aveva costruito la sedia che ogni donna si porta in dote. Lo schienale che lui aveva scolpito lo riempiva di fierezza, con quella grande rosa stilizzata nel centro e i quattro cuoricini traforati agli angoli. Anche il corredo su cui aveva impresso a fuoco il nome di lei era pronto: dodici lenzuola, due tovaglie, le federe, i fazzoletti,sei camicie da notte, sei camicie da giorno .E poi gli scialli del costume: quello rosso per matrimonio e feste; quello azzurro dopo il primo bambino; quello viola per la vecchiaia:Tutto era pronto. Persino la crocetta d’oro da portare al collo per la festa. Lui amava la tradizione e la precisione. Quando tutto era stato preparato, si era messo a cercare il marito adatto per sua figlia, con calma e metodo, valutando tutto, soppesando ogni cosa: salute, beni, finanze, moralità. Alla fine si era deciso per Amilcare, un uomo di ventisei anni, serio, sano, di buon carattere, lavoratore, con terre al sole, senza vizi.”…”Così erano passate le settimane ed era arrivato il “gran giorno”, come diceva sua madre. Mentre si legava il fazzoletto sui capelli e scendeva con il falcetto in mano verso la brua da ripulire, rifletteva tra sé:Perché gran giorno?Cosa sarebbe cambiato?Avrebbe cambiato padrone, ecco tutto. Anziché ubbidire a suo padre, ora avrebbe obbedito a suo marito, Amilcare. Che razza di nome! Avrebbe avuto dei figli da lui, come sua madre li aveva avuti da suo padre.”…”Ecco, la sua vita sarebbe stata simile a quella: lavoro, figli da partorire e crescere, lavoro, silenzio, ubbidienza, i denti che se ne vanno, i figli che si sposano, lavoro, lavoro, silenzio, obbedienza. Sentì nascere in sé una ribellione furiosa. Adesso, almeno, c’erano le poche parole di sua madre, la solidarietà degli sguardi, le piccole tenerezze nascoste. Se si sposava, neanche questo ci sarebbe stato.”… Il racconto continua con un lieto epilogo, ma per ora termina qui, per non togliere il piacere della lettura integrale del testo che è pubblicato sul sito www. bancadeltempopinerolo.it La cerimonia di premiazione ha avuto luogo sabato 5 maggio alle ore 17, presso la Biblioteca Civica ”Alliaudi” di Pinerolo. Presenti anche alcuni allievi dell’Istituto Musicale di Giaveno, che hanno intervallato con la loro musica la lettura dei passi più significativi dei primi tre elaborati classificati. Maria Teresa Maloberti 16/05/2012 1.43.13 In diocesi Pag. 11 Nel seconchia di TorProfili do Comune re Pellice Parrocchie del Pinerolese – 17 del Pinecompare in rolese per documenti popolazione del 1656. s’incontraLa chieno oggi tre sa attuale, parrocchie: dedicata San Giovanni, San Giacomo, Sacro Cuo- a San Martino, fu eretta nel 1844 a cura re. Antica sede di un priorato, dipendente dell’Ordine Mauriziano che qui istituì un dall’abbazia di Vezzolano, la chiesa di priorato per arginare la presenza valdese. San Giovanni compare, con alle sue di- Il priore era coadiuvato da due vicari e pendenze la chiesa di San Giacomo, sin da preti incaricati della scuola maschile; dal 1153. La chiesa fu abbattuta negli in seguito, affidandone la conduzione anni della guerra di Emanuele Filiberto alle Suore Giuseppine, fu aperta anche la contro i valdesi (1559-1561) e il priore si scuola femminile. Salendo lungo la valtrasferì a Luserna presso la chiesa di San le si giunge a Villar Pellice, dove già nel Giacomo e prese il titolo di priore di San 1222 esisteva il priorato di San CristofoGiovanni e San Giacomo. Nel 1729 fu- ro. Nel 1466 assunse il titolo di San Maurono erette due parrocchie: San Giovanni rizio. L’attuale chiesa fu eretta nel 1700 sulla sinistra del Pellice, San Giacomo e consacrata nel 1765. La parrocchia di sulla destra del medesimo torrente. La Bobbio è intitolata all’Assunta. La prima chiesa di San Giovanni fu ricostruita negli notizia risale al 1386; nel tempo fu retta anni 1734-1736; quella di San Giacomo, dal Prevosto di Campiglione e dal Priore nell’aspetto attuale, risale al 1850. Nel di Villar Pellice; l’attuale chiesa risale al 1909, a seguito dell’industrializzazione, il 1740. Nel territorio della Val Pellice, sin Comune di San Giovanni, vide crescere dal XIII secolo, si incontra la presenza la sua popolazione (gli operai nel 1910 valdese; presso Angrogna, esattamente erano circa duemila) e si sviluppò la bor- a Chanforan nel 1532, la chiesa valdese gata di Airali. Si ritenne opportuno dotare aderì alla Riforma Protestante. Oggi inAirali, diventato il centro principale del contriamo le chiese di Torre Pellice, BobComune, di una chiesa la cui costruzione bio, Villar, Agrogna, Rorà, Luserna. Oltre fu terminata nel 1913. L’anno successivo ai templi principali si incontrano i templi fu istituita la parrocchia del Sacro Cuore e del Cabas, Pradeltorno, Coppieri, Serre. A qui fu trasferito il titolo di priore. San Gio- Torre Pellice, nell’agosto di ogni anno, si vanni diventò vicaria; tale stato di cose raduna il Sinodo Valdese, massimo orgadurò sino al 1952 quando a San Giovanni no della chiesa. fu ridato il titolo di parrocchia. La parrocGiorgio Grietti Nei Comuni di Luserna San Giovanni, Torre, Villar e Bobbio Pellice Perchè non sono... segue da pag.10 che vedere, poco o tanto, con il concetto di “mediazione”. Infatti, la radicalità della protesta dei Riformatori ha voluto sopprimere, a volte impietosamente, tutto ciò che era dell’ordine della mediazione e che appariva loro, all’epoca, come uno schermo tra Dio e l’uomo. Nella prospettiva cattolica, la mediazione è al contrario necessaria. Lungi dal fare schermo, essa facilita, perfino rende possibile, la relazione con Dio, il dono della Sua grazia all’uomo. Tre dimenticanze Senza volerne fare un elenco esaustivo, indico qui solo i tre principali ambiti in cui, a mio avviso, il protestantesimo ha eluso questa dimensione (la mediazione) necessaria ad ogni sana teologia cattolica: 1) Per cominciare, la Parola di Dio è, per i cattolici, sia consegnata per iscritto nella Sacra Scrittura, sia trasmessa dalla Tradizione della Chiesa, sia interpretata in maniera autentica dal solo magistero vivo di quest’ultima, come spiegato nella Costituzione del Vaticano II “Dei Verbum”. Ora, dice il testo, questi tre elementi “sono talmente connessi e congiunti che nessuna di queste realtà sussiste senza le altre”, mentre molti protestanti sono più che reticenti rispetto alla nozione stessa di Tradizione e rifiutano un’autorità regolatrice in materia di fede. 2) C’è poi la mediazione sacramentale della Chiesa, in quanto quest’ultima è compresa, secondo un’altra costituzione conciliare, “Lumen Gentium”, come “essendo, in Indialogo_maggio2012.indd 11 Cristo, in qualche modo il sacramento, ossia il segno e lo strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano”. In definitiva, secondo la formulazione di Schleiermacher spesso ripresa da allora, per la Riforma Cristo entra in relazione con il fedele e lo invia nella Chiesa, mentre, nell’ordine inverso, per il cattolicesimo, Cristo entra in relazione con il fedele attraverso l’intermediario (o con la mediazione!) della Chiesa: si può capire allora perché la Chiesa sia tanto importante per noi cattolici, dato che essa ci appare come necessaria per la nostra salvezza! 3) Infine, c’è l’insieme dei sette sacramenti della Chiesa che sono, certo, anch’essi dei segni, ma anche dei mezzi attraverso i quali ci è trasmessa la salvezza di Dio in Gesù Cristo. Tra loro, c’è certamente il sacramento del battesimo, ma anche quello dell’eucarestia, che, come dice una terza costituzione conciliare, “Sacrosanctum concilium”, rende presente Cristo, nel suo Corpo e nel suo Sangue, nel sacrificio della messa, che perpetua l’unico sacrificio della Croce. Quanto al sacramento dell’ordine, esso, attraverso la successione apostolica, fa del collegio episcopale attuale preso nel suo insieme e presieduto dal papa, il successore del collegio apostolico delle origini e, anche, “segna i preti con un carattere speciale e li configura così a Cristo Sacerdote per renderli capaci di agire in nome e nella persona di Cristo Capo” David Roure (“Réforme”, 4 marzo 2010, trad. it. finesettimana.org) Maggio 2012 Educare. Da dove partire? Dalla famiglia Nell’Anno pastorale 2005-2006, con la lettera Trovarono Maria, Giuseppe e il Bambino avevo invitato la diocesi a porre una particolare attenzione alla famiglia e a far sì «che la famiglia divenga il centro unificatore dell’azione pastorale». Quest’ultima frase la traggo dal documento dei vescovi italiani Matrimonio e famiglia oggi in Italia. Sono parole di grande rilevanza pastorale. Siamo abituati a pensare alla famiglia come oggetto di attenzione pastorale, forse nemmeno in forma organica e sistematica. Dobbiamo, invece, pensare la famiglia come “soggetto di pastorale”. Il motivo è molto semplice: in forza del sacramento del Matrimonio i coniugi sono dotati di grazie e di carismi particolari. Questi doni devono essere messi a frutto. Il contenuto di questa nuova lettera parte da questa angolatura e da questa convinzione: «La famiglia va dunque amata, sostenuta e resa protagonista attiva dell’educazione non solo per i figli, ma per l’intera comunità. Deve crescere la consapevolezza di una ministerialità che scaturisce dal sacramento del Matrimonio e chiama l’uomo e la donna a essere segno dell’amore di Dio che si prende cura di ogni suo figlio». Mettere al centro la famiglia diventa la priorità nell’azione pastorale di tutta la diocesi e di ogni comunità. Aggiungo pure che la famiglia deve essere anche al centro della società civile. Non è uno slogan dire: più famiglia uguale più futuro. È una verità che possiamo toccare con mano anche nel nostro territorio. Infatti la famiglia è una risorsa primaria per la società. Non solo è un’entità che riceve servizi, ma è una realtà attiva, che produce ricchezza umana, che rende il tessuto sociale più umano. L’Ente pubblico ha tutto l’interesse a promuovere e sostenere la famiglia. Giovanni Paolo II ebbe a dire: «Un ‘autentica famiglia, fondata sul Matrimonio, è in se stessa una “buona notizia “per il mondo» Pier Giorgio Debernardi, vescovo Dalla lettera pastorale 2011 “Credette lui con tutta la sua famiglia” Cielito lindo (cielo bello) Noi, credenti in Cristo, nella liturgia domenicale pronunciamo il Credo che termina con le parole: “Credo la risurrezione della carne, la vita eterna”. Ma tale verità polarizza realmente il nostro vissuto, prevalentemente attratto dai beni di questo mondo, bello, ma di breve durata rispetto a quello che non avrà più fine? Ecco perché ascoltiamo volentieri le parole di viva fede con le quali S. Francesco di Sales cerca di descrivere il cielo alla sua Filotea: “Contempla il cielo stellato di miriadi di stelle…aggiungi la bellezza di una magnifica giornata in cui lo splendore del sole non tolga la nitida vista delle stelle e della luna e poi afferma che quelle bellezze sono nulla a confronto del Paradiso. Pensa poi alla nobiltà di quella città felice e ai suoi abitanti: la Beata Vergine Maria, miriadi di angeli, cherubini, serafini, gli apostoli, i martiri, le vergini, le madri di famiglia… è una compagnia impareggiabile! Il più piccolo di essi è più bello di tutto il mondo messo insieme. Sono felici e cantano senza sosta l’inno dell’amore eterno. Rifletti ancora al bene sommo di cui tutti godono: la vista di Dio che li gratifica per tutta l’eternità del suo sguardo d’amore. E’ un bene senza pari l’essere uniti al proprio principio. Ciascuno canta del suo meglio le lodi del Signore: “Sii tu benedetto per sempre, o dolce Creatore e Salvatore, perché sei buono e ci rendi partecipi con tanta generosità della tua gloria”. Le descrizioni proposte a Filotea non sono che una pallida immagine del mondo futuro…come attesta S.Paolo: “Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, Dio le ha preparate per coloro che lo amano” (1 Cor.2,9). Che cosa aggiungere se non il saggio ammonimento del nostro Santo? Egli dice infatti: “ I nostri giorni scorrono. La tromba suona la ritirata, ciascuno si prepari… Filotea, guarda il cielo e non lasciarlo per la terra”. Invito prezioso da non sottovalutare. Suore Visitandine Monastero della Visitazione, Pinerolo [email protected] 16/05/2012 1.43.14 Pag. 12 Territorio Maggio 2012 Secondo incontro dell’Assemblea diocesana Nel Pinerolese i “disponibili al lavoro”sono 9178 Stando alle previsioni, nel 2020 in Europa il lavoro apparterrà a chi avrà una qualificazione alta L’Assemblea diocesana dopo l’introduzione del priore di Bose Enzo Bianchi con una riflessione su “l’amore del prossimo” è proseguita con un secondo incontro incentrato sulle nuove povertà. Tre i relatori. Il primo è stato Pierluigi Dovis, direttore della Caritas della Diocesi di Torino, che ha parlato della situazione delle nuove povertà generate dall’attuale crisi economica. È seguito l’intervento del consigliere del Comune di Pinerolo con delega alle Associazioni di volontariato Agnese Boni, che ha parlato delle conseguenze pratiche che si avvertono nel territorio dal punto di vista dell’assistenza, della casa e delle politiche socioassistenziali messe in atto. Da ultimo il responsabile del Centro per l’impiego Renato Zambon ha presentato una dettagliata panoramica dell’occupazione nel territorio, in particolare sul versante della disoccupazione. Riportiamo questi dati riprendendoli dalla cronaca apparsa su L’Eco delle Valli Valdesi. Il secondo incontro dell’Assemblea diocesana pinerolese è stata l’occasione per il responsabile del Centro per l’impiego di Pinerolo Renato Zambon, per provare a tracciare un quadro sulla situazione nel Pinerolese della disoccupazione, o meglio di chi è disponibile al lavoro. «Se è vero - ha detto Zambon - che il Centro per l’impiego di Pinerolo è il riferimento per un bacino di 136.000 abitanti e che i “disponibili al lavoro” nel 2011 in tutto il Torinese erano aumentati dell’11%, è anche vero che i dati pinerolesi ci parlano di 9178 persone che nel 2011 si sono date disponibili, con un aumento del 5,69% di quanti erano in ricerca. Di questi quasi il 35% (3207 persone) erano quelli con un’età compresa fra i 26 e i 39 anni e il 23,33 quelli con più di 49». In-somma numeri in crescita e in particolare fra le donne e fra chi non è più giovanissimo ma non è neanche lontanamente vicino alla pensione. «Se si va a vedere la distribuzione del “grado di istruzione” - ha proseguito Zambon - emerge chiaramente che la stragrande maggioranza ha la licenza media (il 46,5%) e il 7,6% solo la licenza elementare, mentre chi ha un diploma (24,75%) o una laurea (4,71%) è nettamente in minoranza. In mobilità nel Pinerolese sono 668 persone». Fin qui i dati relativi a chi cerca lavoro, ma quanti lo hanno trovato? Stando a quanto detto da Zambon si trova meno lavoro che nel 2008 ma qualcosa «si trova ancora». In particolare si trova nell’agricoltura, nell’alberghiero e nel commercio oltre che nell’assistenza famigliare, cioè lavori stagionali o saltuari, poco o nulla nell’industria e qualcosa nell’assistenza. «Il punto però - dice ancora Zambon - è che oltre che al presente occorre guardare al futuro, e qui possono aiutarci un’indagine Excelsior, sulla “carenza di profili professionali” e “i nuovi obiettivi strategici e i nuovi target per il periodo 2010-2020” che si è data l’Europa. Stando all’Excelsior l’abbandono scolastico in Italia è pari al 19,3% (la media europea e del 14,8%) mentre da noi la formazione lungo tutto l’arco della vita lavorativa delle persone è del 6,2% (il 9,6% in Europa). Se già a un primo sguardo questi dati sembrano preoccupanti lo sono ancora di più se si guarda agli obiettivi europei per il 2020. Qui le priorità sono proprio la formazione, migliorare la qualità e l’efficacia dell’istruzione, promuovere l’equità, la coesione sociale e la cittadinanza attiva e incoraggiare la creatività e lo spirito imprenditoriale». In Europa il tutto è stato tradotto dicendo che nel 2020 «il 15% degli adulti dovrà partecipare ad attività formative nell’arco della vita; i quindicenni con insufficienti capacità scolastiche dovranno scendere sotto il 15% e le persone con 30-34 anni diplomate dovranno essere pari al 40%. La dispersione scolastica dovrà scendere sotto il 10%». Stando alle previsioni nel 2020 in Europa il 31,5% di occupati avrà un alto livello di istruzione e qualificazione, il 50% livelli intermedi e per chi avrà una bassa istruzione e qualificazione i posti di lavoro saranno solo il 18% (oggi in generale sono il 33%). «In soldoni spiega Zambon - quello che le previsioni europee dicono è che il lavoro nel 2020 sarà un qualcosa che apparterrà a chi avrà una qualificazione alta mentre per chi avrà scarsa formazione saranno tempi sempre più bui. Se guardiamo all’Italia vediamo che le previsioni dicono che avremo i lavoratori con i livelli più bassi di qualificazione (il 37,1%) e parallelamente una fortissima carenza di forze lavoro altamente qualificate (17,5% contro il 32% della Ue)». E il Pinerolese? «Se guardiamo ai dati di oggi la situazione è che il 65,4% dei progetti di ricerca lavoro nel 2012 sono portati avanti da persone senza qualifica specifica, il 22,3% ha un diploma e solo il 3,2% una laurea. In prospettiva occorrerà lavorare tutti insieme enti pubblici, scuole, associazioni perché cresca l’imprenditorialità ma soprattutto perché aumenti il numero dei diplomati e diminuisca la dispersione scolastica. Occorre orientare l’istruzione e la formazione anche guardando ai percorsi produttivi sul territorio e fare sinergia e rimettersi tutti in discussione. Questo se vogliamo guardare con più tranquillità verso il 2020». Fonte, Davide Rosso, L’Eco delle Valli Valdesi, 21.04.2012 Poesie Rose rosse di Pasqualino Ricossa Rose rosse ostenta in tripudio il roseto, ed è festa intorno. Paramenti rossi oggi, il sacerdote all’altare, si celebra la Pentecoste. Rosso il sangue del sacrificio, di fuoco la fiamma dello Spirito ad incendiare i cuori. Tu, Dio invisibile, stimoli, tormenti, attrai: l’impossibile diviene amore. Incantevole la fiorita tra le spine del roveto: il verbo di Dio è sopra di noi. Pasqualino Ricossa Questo giornale è inviato gratuitamente. È gradito un contributo per le spese di stampa. Si può utilizzare il bollettino indicato sotto. Grazie!!! Indialogo.it, Periodico di Cultura religiosa realizzato in collaborazione con l’Ufficio Irc/sms e la Comm. per l’Ecumenismo e il dialogo della Diocesi di Pinerolo, Direttore responsabile Antonio Denanni, Autorizzazione n. 2 del 16.06.2010 del Tribunale di Pinerolo. Redazione c/o Antonio Denanni, Via Goito 20, 10064 Pinerolo, 0121397226. [email protected], Editore “Alzani”, Via Grandi 5, Pinerolo. Abbonamento o sostegno: c/c postale n. 17814104, Tipografia Alzani, Via Grandi 5, 10064 Pinerolo (causale: Indialogo) Indialogo_maggio2012.indd 12 16/05/2012 1.43.15