Le migliori proposte operative su… SCRITTURA Progettazione/Editing Carmen Calovi? Alessio Morando Impaginazione Loretta Oberosler Fotografia di copertina Lorenzo Poli Copertina Giordano Pacenza © 2012 Edizioni Erickson Via del Pioppeto 24 38121 TRENTO Tel. 0461 950690 Fax 0461 950698 www.erickson.it [email protected] ISBN: 978-88-590-0069-3 Tutti i diritti riservati. Vietata la riproduzione con qualsiasi mezzo effettuata, se non previa autorizzazione dell’Editore. È consentita la fotocopiatura delle schede operative contrassegnate dal simbolo del © copyright, a esclusivo uso didattico interno. Dario Ianes (a cura di) Le migliori proposte operative su… SCRITTURA Tratte dalla rivista «difficoltà di apprendimento» Dario Ianes Docente ordinario di Pedagogia e Didattica Speciale all’Università di Bolzano, Corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria. È co-fondatore del Centro Studi Erickson di Trento, per il quale cura alcune collane, tra cui «Guide per l’Educazione» e «Guide per l’Educazione Speciale». Autore di vari articoli e libri e direttore della rivista «Difficoltà di apprendimento». Indice Dalle «Difficoltà di apprendimento» alla «Didattica Inclusiva» (Dario Ianes) 7 xx CAP. 1 Qualità e velocità della produzione grafica: influenza della postura del corpo, dell’impugnatura e degli arredi (Federica Bearzotti, Michela Tentori e Elena Del Torre) xx CAP. 2 La scrittura come movimento: proposta di un metodo per l’insegnamento del corsivo (Laura Bravar et al.) xx CAP. 3 Osservazione e monitoraggio dell’evoluzione della scrittura per valutarne l’apprendimento corretto (Rita Pellegrini e Lucia Dongilli) xx CAP. 4 Apprendere la grammatica con le mappe concettuali (Paola Gottardi) xx CAP. 5 Coerenza e coesione del testo: un percorso per promuovere precocemente un uso consapevole della lingua (Paola Gottardi) xx CAP. 6 Attività di scrittura per presentarsi e conoscersi: la «carta di identità» (Carmen Calovi) xx CAP. 7 «Quante storie!»: suggerimenti per un avvio alla scrittura creativa (Giovanna Del Maschio) xx CAP. 8 Difficoltà di scrittura e revisione del testo: il ruolo dei processi metacognitivi (Pina Filippello, Francesca Cuzzocrea e Laura Spadaro) xx CAP. 9 Il «Questionario metacognitivo sulla scrittura» per la scuola primaria (Susi Cazzaniga e Cesare Cornoldi) xx CAP. 10 Strategie di scrittura per alunni con difficoltà (Leigh Ann James, Mary Abbott e Charles R. Greenwood) Dalle «Difficoltà di apprendimento» alla «Didattica Inclusiva» Dario Ianes Da più di 25 anni la rivista «Difficoltà di apprendimento» accompagna nel loro lavoro insegnanti, psicologi, educatori, pedagogisti e tante altre figure professionali che si occupano di sviluppo delle competenze e della piena partecipazione sociale degli alunni e delle persone con disabilità, disturbi dell’apprendimento e altre difficoltà. Nei primi anni la rivista usciva come «Insegnare all’handicappato» (!), poi cambiò denominazione e successivamente le si affiancarono altre due testate parallele e complementari: «Difficoltà in matematica» (diretta da Daniela Lucangeli) e «Disturbi di attenzione e iperattività» (diretta da Gian Marco Marzocchi). Già dopo pochi anni dall’inizio della pubblicazione risultò ben chiaro che in ogni fascicolo della rivista erano presenti tanti articoli che, incalzati dall’arrivo del numero seguente ricco di altrettanti articoli, non sarebbero stati letti o custoditi in modo da poterli facilmente riutilizzare: un patrimonio di conoscenza scientifica e applicativa che si accumulava, e si accumula ancor oggi, ma che veniva sfruttato in modo largamente inferiore alle sue potenzialità. Così nel 1990 raccolsi 14 articoli significativi in un volume dal titolo Ritardo mentale e apprendimenti complessi. Teorie e ricerche su autoregolazione, metacognizione e generalizzazione, nel 1992 ne riunii 11 nel volume Autolesionismo, stereotipie, aggressività. Intervento educativo nell’autismo e nel ritardo mentale grave e nel 1996 ne scelsi altri 12 da pubblicare nel volume Metacognizione e insegnamento. Spunti teorici e applicativi. 8 Le migliori proposte operative su… Scrittura Raggruppare articoli significativi attorno a un tema definito e renderli disponibili facilmente e in modo ragionato si dimostrò una scelta valida, ma diverse priorità editoriali e di ricerca non permisero di proseguire su questa strada. Il patrimonio di articoli pubblicato da allora è cresciuto notevolmente e a tutt’oggi tocca quasi 800 unità. Costituito di articoli sui temi che caratterizzano la nostra ricerca e la nostra attività — articoli molto spesso destinati ad avere una breve vita, cioè quella della lettura nei mesi di uscita di quel numero —, questo patrimonio non dovrebbe andare disperso né essere sottoutilizzato: perciò abbiamo pensato di realizzare la collana «Le migliori proposte operative su… tratte dalla rivista “Difficoltà di apprendimento”», che si comporrà di 10 titoli. La prospettiva di sviluppo e di pubblicazione di un patrimonio di articoli ci porterà con sempre più chiarezza verso un ambiente digitale a «nuvola», in cui siano raccolti e resi disponibili, secondo strategie diverse di ricerca da parte del lettore, centinaia di articoli liberati dalle costrizioni materiali e temporali del fascicolo cartaceo. Lo sviluppo interessante del progetto non sarà solo la creazione di quell’ambiente digitale intelligente da utilizzare per costruire risposte ai propri interrogativi, ma anche uno spostamento concettuale dei contenuti della rivista. Un’evoluzione, questa, che il lettore delle 10 raccolte della collana potrà già percepire e che potremmo definire con uno slogan: «Da un orientamento alle difficoltà e ai problemi a un orientamento che costruisca qualità ed efficacia per una Didattica Inclusiva (DI), una didattica individualizzata/personalizzata adatta alle tante differenze individuali di tutti gli alunni». Sul tema della Didattica Inclusiva torneremo più avanti, per il momento ci concentreremo sulle caratteristiche del materiale pubblicato. Crediamo inoltre si debba rivalutare il format «articolo», come pezzo importante di sviluppo della conoscenza, come tassello di un grande mosaico conoscitivo che si collega ad altri, deriva da altri, viene ripreso, espanso, criticato, validato. Si tesse così una trama sottile e densa di documenti e di piccoli saperi, più fittamente intrecciati rispetto ai collegamenti intertestuali che hanno le opere di più ampio respiro come i libri. Oggi la forma «articolo» e il suo contenitore «rivista» corrono il rischio di una deriva scientista, non scientifica, dove il bisogno vero di creare sapere reale e di comunicarlo diventa soltanto bisogno di pubblicare per non perire nel tritacarne accademico carrieristico della Valutazione della Qualità della Ricerca. L’articolo ha invece un suo valore di mini testo compiuto, ben documentato se buona prassi o dimostrato con dati specifici se ricerca empirica, ma teso ed essenziale nel suo ritmo, deciso nelle tesi e nella discussione, immediatamente utilizzabile nelle sue declinazioni operative. Proprio quest’ultima caratteristica ha da Dalle «Difficoltà di apprendimento» alla «Didattica Inclusiva» 9 sempre qualificato le scelte del comitato scientifico e di redazione della rivista «Difficoltà di apprendimento»: la capacità di ricaduta operativa sulle prassi quotidiane delle figure professionali di riferimento e, dunque, un alto valore di replicabilità in contesti diversi. La scelta degli articoli che compaiono in questi 10 libri è stata guidata, oltre che dalla caratteristica sopracitata, anche dall’efficacia, e cioè dal fatto, documentato, che l’uso delle strategie descritte negli articoli consente ai soggetti a cui si rivolgono di raggiungere i propri obiettivi, siano essi insegnanti o alunni. Sempre di più i portatori di legittimo interesse all’apprendimento e alla partecipazione, in particolare i genitori degli alunni, gli insegnanti e gli alunni stessi, sono diventati esigenti rispetto all’efficacia degli interventi, vogliono cioè che funzionino. Al di là dell’ovvietà di questa esigenza, la questione che si apre è come stabilire con ragionevole sicurezza che un certo tipo di intervento «funziona». Come sappiamo, il mondo dell’educazione è percorso da proposte didattiche e formative di ogni genere e ispirazione teorica, e soltanto poche superano la prova dell’evidenza empirica dei dati oggettivi. In questo ambito, diversamente ad esempio dalle scienze mediche, è da poco che si studiano le pratiche didattiche evidence based (Calvani, 2012; SIPeS, 2008; MIUR, 2009; Ministero della Salute – Sistema nazionale per le linee guida, 2011a; 2011b; Linee guida Legge 170 sui DSA, 2011; Vianello, 2012), scoprendo quali siano quelle che hanno dimostrato di produrre risultati positivi attraverso metodologie di ricerca corrette e controllate. Molta strada deve essere ancora percorsa prima di poter garantire alle persone interessate una gamma di interventi realmente efficaci, anche perché a tutt’oggi soltanto alcuni interventi formativi si sono esposti a verifica empirica in quantità e qualità tali da essere sottoposti a review di metanalisi — e sono ovviamente quelli di origine comportamentale e cognitiva, che hanno in sé un’intrinseca predisposizione alle verifiche empiriche. Inoltre, altre metodologie di lavoro, di diverso impianto teorico, dovrebbero trovare il modo di esporsi all’evidenza empirica e validarsi così nel rapporto con l’utenza. Un ulteriore criterio che ha guidato sia la scelta degli articoli raccolti in questi volumi sia più in generale le scelte della rivista «Difficoltà di apprendimento» è stato poi quello del valore inclusivo delle proposte operative e didattiche. Che cosa si intende per «valore inclusivo»? Si intende un valore che consiste nel miglioramento della qualità didattica complessiva per tutti gli alunni, i quali in questo modo riescono a ottenere proposte maggiormente individualizzate/personalizzate. Da alcuni anni si cerca di capire e sperimentare quanto e come interventi tecnici, speciali ed efficaci, possano stare 10 Le migliori proposte operative su… Scrittura dentro la normalità del fare scuola per tutti, nella quotidianità, arricchendola e modificandola, ed essendo essi stessi modificati, smussati nelle loro asperità tecniche, normalizzati in senso positivo (Ianes, 2006). Dunque ci chiediamo quanto un intervento tecnico, formativo o didattico, di provata efficacia, si possa rivolgere a tutti gli alunni, migliorando così la qualità diffusa dell’offerta formativa. Alcune proposte tecniche possono coesistere benissimo nella dialogica tra «normale e speciale» che abbiamo chiamato «speciale normalità» (ad esempio gli interventi fonologici e metafonologici abilitativi rispetto a difficoltà nell’apprendimento della lettura, o l’uso delle tecnologie compensative pensate originariamente e riduttivamente come ausilio per la dislessia e ora espanse in ambienti complessi a supporto metacognitivo dell’apprendimento di tutti gli alunni, quali il software iperMAPPE). Altri interventi sono ovviamente di più difficile espansione nella normalità, si pensi alle procedure di Applied Behavior Analysis nei casi di disturbi dello spettro autistico o all’approccio TEACCH ai gravi disturbi della comunicazione. La Comunicazione Aumentativa Alternativa (CAA; Cafiero, 2009; Costantino, 2011) invece, nonostante sia nata in un ambito molto tecnico e rivolto esclusivamente a rilevanti problemi di comunicazione, si presta molto bene a un’evoluzione normalizzante con l’intero gruppo di alunni. L’enfasi su questo principio di «speciale normalità» nacque come tentativo di uscire dal «dilemma della differenza» (Terzi, 2005; 2008; D’Alessio, 2007; 2011) tra interventi tecnici efficaci ma segregati da un lato e interventi ad alta integrazione sociale ma poco efficaci per gli apprendimenti dall’altro. L’obiettivo era di uscirne evitando di scegliere un lato a scapito dell’altro, unendo in una coesistenza dialogica le migliori istanze delle due posizioni, perché entrambe, quella delle istanze tecniche e quella della piena partecipazione sociale, hanno in sé grandi valori che verrebbero oscurati dall’uso esclusivo di un’opzione senza l’altra. Più recentemente, sull’onda delle polemiche e del dibattito suscitati dal testo Gli alunni con disabilità nella scuola italiana: bilancio e proposte (Associazione Treellle, Caritas Italiana e Fondazione Agnelli, 2011; Scataglini, 2012), si fa sempre più strada la posizione che sostiene che la priorità assoluta per ridare all’integrazione scolastica la qualità che merita sia proprio un miglioramento significativo nella qualità della didattica quotidiana e normale per tutti gli alunni. Qualità diffusa che, purtroppo, non è affatto migliorata in questi ultimi 10 anni, come invece la crescente complessità della scuola italiana avrebbe richiesto (Cavalli e Argentin, 2007). Un obiettivo, dunque, rivolto a tutti gli insegnanti e alle loro prassi e non più soltanto agli insegnanti di sostegno, fino a ipotizzare addirittura un’assimilazione virtuosa di questi ultimi all’interno del corpo docente normale (Ianes, 2011). Dalle «Difficoltà di apprendimento» alla «Didattica Inclusiva» 11 La via italiana all’inclusione completa, totale e piena — quella che dovrebbe caratterizzare la scuola italiana come la pensarono i padri costituenti e tutti coloro che tentarono e tentano tuttora di realizzare una scuola di massa, cioè un’inclusione che coniughi equità e promozione sociale con la valorizzazione delle eccellenze — parte negli anni Settanta con le battaglie per inserire gli alunni esclusi (allora quelli con disabilità) e da allora l’attenzione primaria è stata catturata dalle forme più eclatanti di difficoltà (la disabilità appunto) e poi via via anche dalle altre (oggi i disturbi dell’apprendimento) per le quali organizzare forme adeguate di individualizzazione e personalizzazione. Nel frattempo, però, la scuola degli alunni senza apparenti difficoltà non è diventata più inclusiva e più promozionale dal punto di vista sociale e, anche se ha raggiunto strati sempre più ampi di popolazione nell’età dell’obbligo, i risultati sono stati scarsi, soprattutto a livello di scuola media unica (Fondazione Agnelli, 2011). La popolazione scolastica negli anni è diventata sempre più eterogenea e complessa, senza che a questo aumento di difficoltà corrispondesse un pari investimento in formazione, metodologie e competenze. Le varie categorie di disabilità si sono organizzate e moltiplicate, realizzando un disegno di promozione e tutela frammentato e disorganico. Ognuno pensa al suo particolare, senza una visione generale, e cioè al 100% degli alunni. Nel 2005 proposi di usare una visione di «inclusione» diversa da quella utilizzata a livello internazionale (D’Alessio, 2007; Medeghini, 2006; 2009; Booth e Ainscow, 2008; Dovigo, 2007; 2008; Norwich, 2002; 2003), un’inclusione che fosse risposta individualizzata/personalizzata a quel 20% di alunni con Bisogni Educativi Speciali (Ianes, 2005) che, pur vivendo difficoltà rilevanti, erano esclusi dalle misure aggiuntive previste dalla legge 104 per gli alunni con disabilità, gli unici tutelati dalla normativa. Fu una posizione tattica dettata da considerazioni di equità: alunni con evidenti difficoltà non potevano avere accesso a risorse importanti per il loro apprendimento e per la partecipazione sociale. Questa posizione ebbe l’effetto di portare l’attenzione anche su altre difficoltà quasi del tutto trascurate nel riconoscimento della legittimità di un bisogno derivante da un particolare «funzionamento umano» e non soltanto da alcune diagnosi cliniche. Ora la consapevolezza della presenza di un minimo 20% di alunni con Bisogni Educativi Speciali a cui la scuola italiana deve rispondere è una realtà acquisita e credo si possa usare correttamente la parola inclusione pensando al 100% degli alunni e non al 20% con difficoltà. L’orizzonte dell’inclusione accomuna percorsi anche molto diversi: la strada di chi è partito dal lavoro tecnico con le persone con disabilità nella scuola e poi via via ha ampliato la sua ottica, per approdare alla generalità di una didattica che si fa speciale per tutti gli alunni (in questo caso il patrimonio di conoscenze 12 Le migliori proposte operative su… Scrittura speciali costruite nel lavoro di integrazione si diffonde nella normalità), e la strada di chi invece ha contestato un’ottica troppo legata alla problematicità di alcuni alunni, troppo a rischio di stigmatizzazione e nuova esclusione, troppo poco modificatrice di una realtà scolastica ancora poco equa e fattore reale di promozione sociale (in questo caso si è affrontato il tema di come rendere la scuola più efficace e partecipativa per tutti gli alunni, a prescindere dalle loro difficoltà). Dunque una semplice proposta: come negli anni scorsi abbiamo abbandonato alcune espressioni superate o fuorvianti (ad esempio, «inserimento scolastico» o «persona diversamente abile»), perché non superare anche l’espressione «integrazione scolastica» e parlare solo di «inclusione» di tutti gli alunni, ognuno dei quali ha realtà molto diverse di «funzionamento umano»? (E in questo l’antropologia globale bio-psico-sociale di ICF-OMS è indispensabile; OMS, 2002.) Alcuni di questi alunni avranno un funzionamento con disabilità, altri con disturbi dell’apprendimento, altri con difficoltà varie, altri con talenti e capacità notevoli, altri con stili cognitivi e intelligenze particolari, altri con caratteristiche uniche dal punto di vista comunicativo, affettivo, motivazionale, altri con culture diverse, altri infine sembreranno semplicemente normali, simpatici, antipatici, svelti, lenti, furbi, ecc. Tutti questi alunni hanno il diritto di essere «compresi» (sia nell’accezione di essere capiti, conosciuti bene nelle loro peculiarità e bisogni educativi che possono essere così problematici da risultare «speciali», sia in quella di essere tenuti vicini, di essere protagonisti di una vita collettiva) e di vivere esperienze adatte alle proprie particolarità. Questa iniziativa editoriale, con le sue 10 raccolte di buoni articoli, ha dunque anche il senso di accompagnare il lettore a volgersi a un orizzonte più ampio rispetto a quello già largo delle difficoltà di apprendimento, verso una Didattica Inclusiva per tutti gli alunni con o senza difficoltà che fa tesoro di tutto ciò che si è dimostrato efficace e utilizzabile nei contesti scolastici di piena partecipazione sociale. Bibliografia AID – Associazione Italiana Dislessia, Comitato Promotore Consensus Conference (a cura di) (2009), Disturbi Evolutivi Specifici di Apprendimento. Raccomandazioni per la pratica clinica di dislessia, disortografia, disgrafia e discalculia, Trento, Erickson. Associazione Treellle, Caritas Italiana e Fondazione Agnelli (2011), Gli alunni con disabilità nella scuola italiana: bilancio e proposte, Trento, Erickson. Dalle «Difficoltà di apprendimento» alla «Didattica Inclusiva» 13 Booth T. e Ainscow M. (2008), L’Index per l’inclusione, Trento, Erickson. Cafiero J.M. (2009), Comunicazione aumentativa e alternativa, Trento, Erickson. Calvani A. (2012), Per un’istruzione evidence based, Trento, Erickson. Canevaro A. et al. (2011), L’integrazione scolastica nella percezione degli insegnanti, Trento, Erickson. Cavalli A. e Argentin G. (a cura di) (2007), Giovani a scuola. Un’indagine della Fondazione per la Scuola realizzata dall’Istituto Iard, Bologna, il Mulino. Costantino M.A. (2011), Costruire libri e storie con la CAA, Trento, Erickson. D’Alessio S. (2007), Prospettive di cambiamento: dall’integrazione scolastica all’«inclusive education», «L’integrazione scolastica e sociale», vol. 6, n. 4, pp. 342-365. D’Alessio S. (2011), Inclusive education in Italy, Rotterdam, Sense Publishers. Dovigo F. (2007), Fare differenze, Trento, Erickson. Dovigo F. (2008), L’Index per l’inclusione: una proposta per lo sviluppo inclusivo della scuola. In T. Booth e M. Ainscow, L’Index per l’inclusione, Trento, Erickson. Fogarolo F. e Scataglini C. (2011), IperMAPPE, Guida + CD-ROM di installazione, Trento, Erickson. Fondazione Agnelli (2011), Rapporto sulla scuola in Italia, Roma-Bari, Laterza. Ianes D. (a cura di) (1990), Ritardo mentale e apprendimenti complessi, Trento, Erickson. Ianes D. (a cura di) (1992), Autolesionismo, stereotipie, aggressività, Trento, Erickson. Ianes D. (a cura di) (1996), Metacognizione e insegnamento, Trento, Erickson. Ianes D. (2005), Bisogni Educativi Speciali e inclusione. Valutare le reali necessità e attivare tutte le risorse, Trento, Erickson. Ianes D. (2006), La speciale normalità, Trento, Erickson. Ianes D. (2011), Note a margine del Rapporto «Gli alunni con disabilità nella scuola italiana: bilancio e proposte», «Difficoltà di apprendimento», vol. 17, n. 1, pp. 21-32. Ianes D. (2012), Inclusività e integrazione nella scuola italiana, «Italianieuropei», anno XII, n. 3/2012, pp. 77-82. Ianes D., Demo H. e Zambotti F. (2010), Gli insegnanti e l’integrazione, Trento, Erickson. Legge n. 170 – Linee guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con disturbi specifici di apprendimento – 12 luglio 2011. Medeghini R. (2006), Dalla qualità dell’integrazione all’inclusione, Brescia, Vannini. Medeghini R. (2009), L’inclusione scolastica. Processi e strumenti di autoanalisi per la qualità inclusiva, Brescia, Vannini. Ministero della Salute – Sistema nazionale per le linee guida (2011a), Il trattamento dei disturbi dello spettro autistico nei bambini e negli adolescenti, www.snlg-iss.it/ lgn_disturbi_spettro_autistico. Ministero della Salute – Sistema nazionale per le linee guida (2011b), Disturbi specifici dell’apprendimento, Consensus Conference DSA – Aggiornamento P.A.A.R.C., www.snlg-iss.it/cc_disturbi_specifici_apprendimento. MIUR (2009), Linee guida per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità. Norwich B. (2002), Education, Inclusion and Individual Differences: Recognising and resolving dilemmas, «British Journal of Educational Studies», vol. 50, n. 4, pp. 482-502. 14 Le migliori proposte operative su… Scrittura Norwich B. (2003), LEA inclusion trends in England 1997-2001, Bristol, Centre for Studies in Inclusive Education. OMS – Organizzazione Mondiale della Sanità (2002), ICF/International Classification of Functioning, Disability and Health, trad. it. Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute, Trento, Erickson. Scataglini C. (2012), Il sostegno è un caos calmo. E io non cambio mestiere, Trento, Erickson. SIPeS – Società Italiana di Pedagogia Speciale (a cura di) (2008), Integrazione scolastica degli alunni con disturbi dello spettro autistico. Documento di indirizzo, Trento, Erickson. Terzi L. (2005), Beyond the dilemma of Difference: the Capability approach to disability and Special Educational Needs, «The Journal of the Philosophy of Education Society of Great Britain», vol. 39, n. 3, pp. 444-459. Terzi L. (2008), Justice and Equality in Education, London, Continuum. Terzi L. (2011), ICF e «approccio alle capacità» (capability) nel campo dell’istruzione. In D. Ianes e S. Cramerotti (a cura di), Usare L’ICF nella scuola, Trento, Erickson. Vianello R. (2012), Potenziali di sviluppo e di apprendimento nelle disabilità intellettive, Trento, Erickson. 1 Qualità e velocità della produzione grafica: influenza della postura del corpo, dell’impugnatura e degli arredi Federica Bearzotti, Michela Tentori e Elena Del Torre1 In letteratura è noto che per produrre una scrittura efficiente è essenziale assumere una buona postura, avere una presa della matita che non provochi dolore alla mano e utilizzare strumenti che non inducano atteggiamenti dannosi per la salute degli alunni (Ardito e Botto, 1984; Bedford, 1989; Roe, 1994; Martin, 1996). Sfortunatamente gli attuali programmi scolastici ministeriali del nostro Paese non tengono in considerazione le componenti periferiche (abilità motorie e fattori ergonomici) implicate nello sviluppo delle abilità grafomotorie e nel processo di apprendimento della scrittura, fornendo principalmente linee guida sulle componenti linguistiche (Blason et al., 2004). Mancano difatti indicazioni didattiche precise su come insegnare il movimento per produrre una lettera, manipolare correttamente una matita e altri strumenti, posizionare al meglio il foglio o su come assumere una postura corretta, impedendo così un’adeguata prevenzione della disgrafia, disturbo evolutivo che in questi ultimi anni è risultato in aumento (Pratelli, 1995; Barnett, Henderson e Scheib, 2002; Blason et al., 2004).2 Federica Bearzotti e Michela Tentori, IRCCS «E. Medea», Ass. «La Nostra Famiglia», Pasian di Prato UD; Elena Del Torre, Università di Trieste, Facoltà di Psicologia. 2 La disgrafia è un disturbo specifico dell’apprendimento che si manifesta come difficoltà a riprodurre i segni alfabetici e numerici che riguarda esclusivamente il grafismo e non le regole ortografiche e sintattiche, sebbene possa influire negativamente anche su tali acquisizioni a causa della frequente impossibilità di rilettura e autocorrezione (Pratelli, 1995). 1 16 Le migliori proposte operative su… Scrittura Scopo di questo contributo è fornire agli operatori scolastici suggerimenti pratici e uno strumento di osservazione e valutazione dei principali fattori ergonomici quali importanti prerequisiti per apprendere ed eseguire i movimenti necessari per scrivere. Attraverso l’utilizzo di una griglia osservativa originale sono state raccolte informazioni sugli effetti dell’atteggiamento posturale del corpo e della qualità dell’ambiente fisico su un gruppo di bambini della scuola dell’infanzia impegnati in alcuni compiti grafici. A nostro parere tale strumento osservativo può offrire una valida e rapida guida per riconoscere eventuali condizioni ergonomiche sfavorevoli per lo sviluppo delle capacità grafomotorie. Gli aspetti ergonomici della scrittura e del grafismo L’ergonomia è la disciplina che studia le condizioni e l’ambiente di lavoro per adattarli alle esigenze psicofisiche del lavoratore. Ardito e Botto (1984) sostengono che lo studio «ergonomico» di un oggetto consista nell’adattarlo, a livello dell’interfaccia oggetto-uomo, in modo da renderlo il più possibile funzionale dal punto di vista antropometrico, fisiologico e psicologico dell’utente. Nel caso del grafismo e della scrittura, l’ergonomia si occupa specificamente di due categorie di aspetti ergonomici: quelli che appartengono all’ambiente fisico (dimensioni del banco e della sedia, illuminazione ambientale, posizione del foglio, strumenti utilizzati) e quelli che riguardano la postura del soggetto (atteggiamento dell’intero corpo e presa della matita; Martin, 1996; Sassoon, 1997; 2002; Parush, Levanon-Erez e Weintraub, 1998; Favretto e Fiorentini, 1999). Arredi Dato che il banco scolastico è sede di numerose attività nelle quali l’alunno agisce direttamente, esso deve essere considerato un vero e proprio «posto di lavoro» (Ardito e Botto, 1984), che ha l’importante scopo di consentire una postura fisiologicamente e igienicamente determinata, tale da permettere che gli indispensabili cambiamenti posturali avvengano senza indurre atteggiamenti dannosi per la salute degli alunni. Un arredo non adatto alla persona può provocare dolori al collo, alle spalle, alla schiena, formicolio, stanchezza muscolare e compressione a livello vascolare (figure 1.1 e 1.2). La sedia dovrebbe permettere al bambino di mantenere le cosce parallele al sedile, le gambe perpendicolari al terreno e i piedi appoggiati con tutta la pianta per terra. Il banco dovrebbe essere alla stessa altezza dei gomiti e consentire una distanza occhio-materiale ottimale di circa 30 centimetri. Qualità e velocità della produzione grafica 17 Se il sedile è troppo alto, c’è un aumento di carico sui glutei, i piedi sono sollevati e non scaricano il peso a terra, creando fastidi muscolari. In questo caso il rimedio più utile è quello di far posare i piedi del bambino su di un appoggiapiedi senza però che le ginocchia tocchino il piano di appoggio dei libri (Ardito e Botto, 1984). Se, al contrario, il banco è troppo alto, il bambino tenderà a contrarre le spalle, spingendole verso l’alto per raggiungere il piano di lavoro (figura 1.3), mentre se è troppo basso dovrà curvare eccessivamente la colonna vertebrale (Blason et al., 2004). In queste condizioni, stress e fatica si avvertono più precocemente, con conseguente diminuzione della prestazione Fig. 1.1 Se il sedile è troppo alto, non permette di appoggiare i piedi e scaricare il peso a terra. e della soddisfazione per il compito che si sta svolgendo (Favretto e Fiorentini, 1999). Il bambino tenderà comunque a adattarsi, assumendo presumibilmente una postura scomoda o insolita per trovare un equilibrio tra le richieste del compito e il movimento che gli è possibile compiere (Blason et al., 2004). Un elemento importante da considerare è anche Fig. 1.2 Se il sedile è troppo alto, si può rimediare con uno sgabello. Fig. 1.3 Il banco troppo alto obbliga il bambino a contrarre le spalle per raggiungere il piano di lavoro. 18 Le migliori proposte operative su… Scrittura l’illuminazione ambientale, che dovrebbe essere indiretta e senza ombre disturbanti. Posizione del foglio Il foglio dovrebbe essere posto direttamente di fronte al tronco o leggermente ruotato in senso antiorario per i destrimani e in senso orario per i mancini, in modo che la mano possa muoversi liberamente e la linea di visione sia sgombra da ostacoli. Una posizione inappropriata del foglio può facilmente comportare la rotazione del tronco, con una conseguente torsione dannosa della colonna vertebrale. Questa postura può portare a una manipolazione non ottimale della penna e all’uso di una prensione atipica: in questi casi non si può pretendere che un bambino alteri il suo modo di tenere la penna senza sperimentare con lui un cambiamento anche della posizione del foglio (Sassoon, 1986; 1989). Strumenti Ciascuno strumento di scrittura presenta un diverso grado di difficoltà nell’utilizzo: le matite e certe penne a gel sono più facili da adoperare e da controllare rispetto alle penne biro, a volte scivolose, o a quelle stilografiche che, se inclinate in modo inopportuno, possono incidere la carta creando notevole resistenza allo scorrimento (Blason et al., 2004). L’utilizzo di fogli troppo grandi fa sì che il bambino estenda eccessivamente il braccio per raggiungerne la sommità, quindi un foglio più piccolo potrebbe essere di più facile gestione. Postura del corpo La postura è la precisa disposizione di tutte le parti del corpo coinvolte nell’esecuzione della scrittura. Gli atteggiamenti posturali che i bambini dovrebbero assumere nello svolgimento del lavoro coinvolgono più distretti corporei. La distanza ideale fra la testa e il foglio dovrebbe essere di circa 30 centimetri. La postura del tronco che tipicamente si consiglia a un bambino seduto passivamente al proprio banco è rappresentata dalla «regola dei 9090-90» (Alston e Taylor, 1987), in modo da individuare tre angoli di 90°: uno all’anca, tra la spina dorsale e il femore, uno al ginocchio e uno alla caviglia (figura 1.4). Il bambino si dovrebbe inclinare con il capo e la schiena leggermente in avanti permettendo al capo di far raggiungere una giusta distanza fra l’occhio Qualità e velocità della produzione grafica 19 e il foglio, mentre la schiena è staccata leggermente dallo schienale di appoggio per lavorare comodamente sul piano del banco (Blason et al., 2004). Le spalle devono essere rilassate e risultare in linea con il tronco durante il compito. Le gambe e i piedi devono essere allineati con il resto del corpo e formare due angoli di 90°, al ginocchio e alla caviglia; entrambe le piante dei piedi dovrebbero essere Fig. 1.4 Esempio di postura corretta secondo la «regola dei 90-90-90». appoggiate completamente al pavimento. L’avambraccio dovrebbe appoggiare in modo rilassato sul piano di lavoro così che i movimenti di dita, polso e braccio possano essere di facile realizzazione (Favretto e Fiorentini, 1999). Infine, la mano che non scrive dovrebbe essere appoggiata sul quaderno allo scopo di stabilizzarlo o di modificarne la posizione a seconda delle esigenze del compito. Prensione della matita o della penna Vi sono molteplici tipologie di prensione della matita o della penna (Wynn-Parry, 1966; Tseng e Cermak, 1993; Amudson, 1995; Korkman, Kirk e Kemp, 1998; Dennis e Swinth, 2001; Bendow, 2002): la prensione a tre dita dinamica, a tre dita statica, a tre dita con appoggio sull’anulare, a quattro dita con appoggio sul mignolo, infine la prensione digito-palmare. Nella prensione a tre dita dinamica, pollice, indice e medio permettono la flessione e l’estensione coordinata delle articolazioni delle dita nell’esecuzione dei movimenti fini, contribuendo, inoltre, a sostenere con una leggera pressione il fusto della matita a 2-3 centimetri dalla punta; anulare e mignolo, ricurvi all’interno del palmo, forniscono stabilità alla mano (Rosenbloom e Horton, 1971; Ziviani, 1983; Summers, 2001; Blason et al., 2004). Nella prensione a tre dita statica, anulare e mignolo sono uniti al dito medio formando un unico blocco, l’intera mano svolge l’attività dello scrivere sfruttando in particolare il movimento del polso. Nella prensione a tre dita con appoggio sull’anulare, il polpastrello del dito medio è posizionato sul fusto della matita anteriormente all’indice, la penna 20 Le migliori proposte operative su… Scrittura è stabilizzata contro il lato radiale dell’anulare, mentre il mignolo è ricurvo verso l’interno del palmo. La prensione a quattro dita con appoggio sul mignolo è simile alla precedente, con la differenza che l’anulare, invece del medio, è appoggiato al fusto della matita che è stabilizzata dal mignolo. Infine, nella prensione digito-palmare tutte le dita sono piegate intorno alla matita e tutto il braccio è responsabile del movimento, ma né questo né il polso sono appoggiati al foglio. Gli studi sullo sviluppo della manipolazione (Cornolly e Elliott, 1972; Erhardt, 1974; Saida e Myashita, 1979; Ziviani, 1983; Sheneck e Henderson, 1990) dimostrano che l’impugnatura digito-palmare si presenta nei bambini intorno ai 12-18 mesi, mentre fra i 3 e i 5 anni si verifica uno spostamento da una presa a tre dita incompleta verso varie versioni di presa statica. Intorno ai 4 anni inizia a differenziarsi una prensione a tre dita dinamica, che raggiungerà una piena maturità verso i 10-11 anni. Rosenbloom e Horton (1971) e Erhardt (1974) affermano che generalmente i bambini sviluppano presto la loro preferenza per una tipologia di presa. In particolare, Erhardt propone delle tappe di maturazione della prensione. Tra il primo e il secondo anno di vita i bambini utilizzano l’impugnatura digito-palmare; tra i 2 e i 3 anni emerge, invece, un tipo di presa, chiamata digital pronate grasp, in cui l’indice, disteso lungo il fusto, e il pollice sostengono la matita nella parte inferiore, mentre le altre dita sono arrotolate all’interno del palmo della mano nella parte superiore dell’asta (figura 1.5). Secondo questo autore la presa statica si svilupperebbe intorno ai 3-4 anni, mentre la presa dinamica maturerebbe fra i 4 e i 6 anni grazie al miglioramento della capacità fino-motoria. Gli effetti degli aspetti ergonomici sull’apprendimento della scrittura Alcuni studi hanno analizzato l’influenza degli aspetti ergonomici sulla scrittura. Per quanto riguarda il peso degli atteggiamenti del corpo sulla scrittura, Parush e colleghi (1998) hanno trovato che, in compiti di copiatura e dettato, sia la postura che la stabilizzazione del foglio correlano con la velocità di scrittura, la leggibilità soggettiva, il numero di lettere riconoscibili e la disposizione spaziale dello scritto. In un secondo studio è stato rilevato un effetto negativo delle attività prolungate sulla qualità grafica: i bambini con scarse abilità di scrittura producevano una grafia significativamente peggiore Qualità e velocità della produzione grafica 21 Fig. 1.5 Esempi di prese immature o atipiche. rispetto a quella dei più abili quando l’esercizio di scrittura richiedeva più tempo. Sfortunatamente questi dati non sono generalizzabili poiché negli studi è stato utilizzato l’alfabeto ebraico. Attualmente esiste un dibattito aperto su quale sia il tipo di impugnatura più corretto. Alcuni autori (Winn-Parry, 1966; Tseng e Cermak, 1993; Korkman, Kirk e Kemp, 1998; Dennis e Swinth, 2001) ritengono che solo la prensione a tre dita dinamica sia quella ottimale poiché permetterebbe alle articolazioni di muoversi liberamente e consentirebbe una buona esecuzione motoria. Alcuni dati a nostra disposizione riportano che meno del 15% dei bambini fra 7 e 9 anni usa tale prensione, mentre fra gli adulti rappresenta la forma prevalente (Blöte, Zielstra e Zoerewey, 1987; Scheneck e Henderson, 1990; Huges, 1995; 1996; 1997; Lyytinen-Lund, 1998; Dennis e Swinth, 2001; Blason et al., 2004). L’idea che le prese atipiche della matita e della penna influenzino negativamente la velocità e la leggibilità della grafia del bambino viene sconfermata da vari autori. Ziviani ed Elkins (1986), ad esempio, studiando gli effetti delle 22 Le migliori proposte operative su… Scrittura prese sulla rapidità e leggibilità della scrittura, hanno trovato che le prese meno convenzionali non sono legate costantemente a una minor velocità e chiarezza della grafia. Gli autori concludono che la prensione della penna non è necessariamente un fattore che condiziona i compiti di scrittura. Sassoon (1986) ha indagato la relazione tra le prese e la velocità di scrittura in 294 bambini e ragazzi dai 7 ai 16 anni. In questo studio i soggetti sono stati raggruppati in base alla loro preferenza nella presa e la loro velocità di scrittura veniva registrata e confrontata. Anche in tal caso i dati hanno mostrato che la velocità di scrittura non correlava con la tipologia delle prese. Scheneck e Henderson (1990) hanno analizzato le prese di 320 bambini con sviluppo normale dai 3 ai 6 anni osservati durante un compito di scrittura. I risultati hanno dimostrato che l’impugnatura più comune era quella dinamica e circa il 25% dei bambini tra i 5 e 6 anni usava la presa laterale (lateral tripod grasp). Gli autori hanno quindi identificato come maturi entrambi i tipi di presa. Bergmann (1990) ha condotto uno studio sulle prese di studenti universitari ai quali veniva fatto scrivere il loro nome. Dei 447 soggetti destrimani osservati, il 14,3% non ha usato l’impugnatura dinamica. La presa atipica più comune era simile a quella dinamica (lateral tripod grasp) ed era caratterizzata dalla particolare posizione del pollice, il quale era appoggiato lateralmente al dito indice in corrispondenza delle nocche. Bergmann ha notato, inoltre, che la maggior parte dei partecipanti con prese non convenzionali mostrava movimenti maturi caratterizzati da un buon uso della muscolatura della mano e da un controllo dinamico del polso. Dennis e Swinth (2001) hanno effettuato uno studio su 46 studenti di classe quarta di scuola secondaria di secondo grado, indagando l’effetto di due variabili indipendenti: il tipo di presa (dinamica o atipica) e la lunghezza del compito. Ai soggetti veniva assegnato un compito di scrittura, poi valutato in relazione alla leggibilità delle lettere e delle parole. I risultati hanno evidenziato una differenza significativa nei punteggi di leggibilità delle lettere tra compiti corti e lunghi: la chiarezza della scrittura era, infatti, maggiore nei compiti meno lunghi, sia che la presa fosse dinamica o atipica. Non sono risultate significative le differenze tra studenti che utilizzavano una presa dinamica e quelli che adottavano un’impugnatura non convenzionale; inoltre non è stata riscontrata interazione tra queste, la lunghezza del compito e la leggibilità delle lettere. Qualità e velocità della produzione grafica 23 Contributo sperimentale Questa ricerca vuole essere un contributo alla conoscenza degli aspetti ergonomici del grafismo e riguarda soprattutto la prevenzione dei fattori ambientali e posturali che possono provocare un disturbo nel processo di apprendimento della scrittura. In particolare ci si è posti l’obiettivo di presentare una griglia di osservazione degli aspetti ergonomici del grafismo, strumento originale proposto per la prima volta in questo studio. Ipotesi di lavoro Vengono individuate tre specifiche ipotesi di lavoro: 1. alla luce dei dati della letteratura sullo sviluppo delle prese, per i quali l’età compresa fra i 3 e i 5 anni corrisponde a un’unica fase di maturazione (Cornolly e Elliott, 1972; Erhardt, 1974; Saida e Myashita, 1979; Ziviani, 1983; Sheneck e Henderson, 1990), si ipotizza che nel gruppo di bambini da noi esaminato non vi siano differenze significative rispetto alle frequenze delle diverse prese; si vuole verificare se ciò valga anche per la maturazione degli altri aspetti ergonomici presi in considerazione in questo lavoro; 2. si ipotizza che la postura e la stabilizzazione del foglio correlino con la qualità della copiatura e il numero di lettere riconoscibili, replicando lo studio di Parush e collaboratori (1998a; 1998b); 3. si ipotizza che il tipo di presa correli con (a) la qualità della copiatura di figure geometriche, (b) la velocità di copiatura di figure geometriche, (c) la leggibilità delle lettere, (d) la velocità di copiatura delle lettere, replicando lo studio di Tseng e Cermak (1993), (e) la coordinazione motoria fine. Soggetti Hanno partecipato a questo studio 54 bambini (24 femmine e 30 maschi) di 4 e 5 anni di due scuole dell’infanzia della provincia di Udine. I bambini esaminati erano prevalentemente destrimani (50 destrimani e 4 mancini) e non presentavano ritardi nello sviluppo o difficoltà riconosciute.3 L’età media dell’intero campione è di 59 mesi con una deviazione standard di 5,67 mesi (tabella 1.1). Due bambini segnalati per ritardo del linguaggio e ritardo psicomotorio sono stati esclusi dal campione esaminato. 3 24 Le migliori proposte operative su… Scrittura Tabella 1.1 Descrizione del campione di 54 bambini esaminati Classi di età Sesso Età Dominanza manuale Maschi Femmine Media DS Destra Sinistra 4 anni 16 11 55,8 3,7 23 4 5 anni 14 13 64 3,5 27 0 Totale 30 24 59,5 5,67 50 4 Procedura I soggetti sono stati osservati ed esaminati individualmente all’interno dell’ambiente scolastico in una stanza appartata con illuminazione al neon per circa 20 minuti. Ogni bambino doveva eseguire tre prove: 1. la prova di copiatura del Developmental Test of Visual Motor Integration (Beery, 2000); 2. il test motorio del Developmental Test of Visual Motor Integration (Beery, 2000); 3. la copiatura di 5 lettere: A in stampato maiuscolo e a, h, l, m in corsivo. Queste lettere sono state selezionate in base alla direzionalità e alla sequenzialità del movimento utilizzato per produrle. La produzione di lettere è stata valutata in base alla loro leggibilità, assegnando un punto se la lettera copiata risultava riconoscibile e zero punti nel caso contrario. Mentre i bambini eseguivano i compiti grafici l’esaminatore osservava specificamente cinque fattori ergonomici, tre ambientali e due posturali, descritti nella tabella 1.2. Per facilitare l’osservazione è stata organizzata una griglia osservativa messa a punto dagli operatori del settore di Terapia Occupazionale del Centro di Riabilitazione Associazione «La Nostra Famiglia» del Polo Friuli Venezia Giulia allo scopo di fornire uno strumento che permetta di porre l’attenzione verso alcuni importanti prerequisiti ergonomici delle abilità grafo-motorie. La griglia, allegata in appendice, è stata realizzata tenendo conto dei dati disponibili in letteratura (Ardito e Botto, 1984; Alston e Taylor, 1987; Bedford, 1989; Sassoon, 1989; Roe, 1994; Martin, 1996; Parush et al., 1998a; Favretto e Fiorentini, 1999; Drew, 2000; Blason et al., 2004) ed è stata suddivisa in quattro parti che riguardano (1) l’ambiente fisico, (2) la posizione del foglio, (3) la postura assunta dal bambino e infine (4) la presa della matita, a loro volta suddivise in specifici elementi ergonomici. Qualità e velocità della produzione grafica 25 Tabella 1.2 Descrizione dei diversi aspetti ergonomici considerati nello studio Fattori ambientali Ambiente fisico Dimensione del banco scolastico Dimensione della sedia Illuminazione ambientale Posizione del foglio Fattori posturali Postura Distanza foglio-testa Capo Tronco Schiena Spalle Arti inferiori Arto superiore dominante Arto superiore non dominante Presa della matita Tre dita dinamica Tre dita statica Tre dita con appoggio sull’anulare Quattro dita con appoggio sul mignolo Digito-palmare Risultati Maturazione degli aspetti ergonomici È stata eseguita un’analisi statistica non parametrica (test chi quadrato) per valutare l’esistenza di un’eventuale differenza fra i bambini di 4 e 5 anni nei principali fattori ergonomici esaminati in questa ricerca (tabella 1.3). Due fattori sono risultati significativi: l’atteggiamento delle spalle — χ2 (1,54) = 4,78; p < .05 — e la posizione degli arti inferiori — χ2 (1,54) = 4,32; p < .05 — risultano diversi fra i bambini di 4 e 5 anni a favore dei bambini più grandi per il primo fattore e dei bambini più piccoli per il secondo. Non sono state riscontrate differenze fra i due gruppi di soggetti per quanto riguarda la tipologia delle prese, confermando ciò che in letteratura è noto rispetto alla maturazione dell’impugnatura, nello specifico che la fascia di età fra i 3 e i 5 anni rappresenta un’unica fase di sviluppo (Cornolly e Elliott, 1972; Erhardt, 1974; Saida e Myashita, 1979; Ziviani, 1983; Sheneck e Henderson, 1990). Nel campione di bambini di 4 anni (tabella 1.4), l’impugnatura della matita usata più frequentemente è la presa statica (44,4%). La presa a tre 26 Le migliori proposte operative su… Scrittura Tabella 1.3 Risultati dell’analisi statistica (ns = non significativo) Fattori ergonomici Chi quadrato Probabilità statistica Significatività Presa della matita χ2 (4,54) = 3,12 p > .05 ns Posizione del foglio χ2 (1,54) = 0 p > .05 ns Distanza capo-foglio χ2 (1,54) = 0,76 p > .05 ns Posizione del capo χ (1,54) = 1,32 p > .05 ns Posizione del tronco χ2 (1,54) = 1,88 p > .05 ns Posizione della schiena χ (1,54) = 0 p > .05 ns Atteggiamento delle spalle χ2 (1,54) = 4,78 p < .05 significativo Arti inferiori χ2 (1,54) = 4,32 p < .05 significativo Arto superiore dominante χ2 (1,54) = 0,74 p > .05 ns Arto superiore non dominante χ2 (1,54) = 2,08 p > .05 ns 2 2 dita con appoggio sull’anulare è più frequente invece nei bambini di 5 anni (33,3%). La presenza della prensione dinamica, considerata come l’unica presa matura da diversi autori (Wynn-Parry, 1966; Tseng e Cermak, 1993; Dennis e Swinth, 2001), si presenta nel primo gruppo nel 18,5% dei casi, mentre nel secondo gruppo nel 22,2%. In entrambi i gruppi di età si presenta come terza impugnatura più frequente. Considerando l’intero campione esaminato di 54 bambini, la presa più frequente risulta essere quella statica (35,1%), seguita da quella a tre dita con appoggio sull’anulare (31,4%), da quella dinamica (20,3%), da quella a quattro dita con appoggio sul mignolo (10,9%) e infine da quella digito-palmare, riscontrata solo in un caso (1,8%). Le frequenze riportate testimoniano che nella fascia di età considerata in questo lavoro comincia a maturare la presa dinamica. Questo tipo di presa si stabilizzerebbe in maniera definitiva all’età di 4-6 anni, secondo la ricerca di Erhardt (1974), e solo all’età di 10-11 anni, secondo quanto emerso dagli studi di Cornolly e Elliott (1972), di Erhardt (1974), di Saida e Myashita (1979), di Ziviani (1983) e di Sheneck e Henderson (1990). Qualità e velocità della produzione grafica 27 Tabella 1.4 Numero di bambini che adottano le varie prese descritte nel lavoro Tipologia di presa Età Dinamica Statica 3 dita – anulare 4 dita – mignolo Digitopalmare 4 anni 5 (18,5%) 12 (44,4%) 8 (29,6%) 2 (7%) 0 5 anni 6 (22,2%) 7 (25,9%) 9 (33,3%) 4 (14,8%) 1 (3,7%) Analisi correlazionale È stata eseguita un’analisi correlazionale non parametrica (coefficiente di Spearman), considerando ogni fattore ergonomico esaminato e le seguenti variabili dipendenti: a)qualità di copiatura delle figure geometriche; b)velocità di copiatura di figure geometriche; c)leggibilità delle lettere; d)velocità di copiatura delle lettere; e)coordinazione motoria fine. Sono risultate significative le correlazioni fra: – posizione degli arti inferiori e qualità della copiatura di figure geometriche (RS = -0,2808; p = .039); – posizione delle spalle e tempo impiegato per eseguire il compito di copiatura di figure geometriche (RS = -0,4124; p = .001); – posizione dell’arto superiore non dominante e tempo impiegato per eseguire il compito di copiatura di figure geometriche (RS = -0,2612; p = .053). I risultati rilevano l’esistenza di una relazione inversa fra tre specifici fattori ergonomici (posizione delle gambe, atteggiamento delle spalle, posizione dell’arto superiore non dominante) e la qualità di copiatura delle figure geometriche del test VMI e la velocità con cui esse vengono copiate. Nello specifico si ottiene che: – una corretta posizione delle gambe correla significativamente con la qualità della produzione grafica di forme geometriche, suggerendo che più stabile è la posizione degli arti inferiori e più alto è il punteggio del test di copiatura; – più rilassate vengono mantenute le spalle, minore risulta il tempo impiegato per copiare le forme geometriche del test VMI; 28 Le migliori proposte operative su… Scrittura – una corretta posizione dell’arto superiore non dominante produce una diminuzione significativa del tempo utilizzato per copiare le figure del test VMI. Alla luce di questi dati sembra che la prensione della matita da parte dell’arto dominante non risulti essere in relazione con la qualità e la velocità della copiatura, smentendo l’ipotesi di Tseng e Cermak (1993) e supportando diversi lavori che sostengono che la presa non è un fattore rilevante ai fini della prestazione grafica (Søvik, Arntzen e Teulings, 1982; Ziviani e Elkins, 1986; Scheneck e Henderson, 1990; Dennis e Swinth, 2001; Sassoon, 2002). Si conferma il dato di Parush e collaboratori secondo cui sia la postura dell’intero corpo sia la stabilizzazione del foglio hanno un effetto significativo sulla prestazione del bambino. In particolare, una posizione ordinata e stabile degli arti inferiori facilita la prestazione di copiatura di figure. In secondo luogo, la distensione delle spalle e l’appoggio dell’arto superiore non dominante che stabilizza il foglio favoriscono il tempo di esecuzione del test. Qualità dell’ambiente fisico Dall’osservazione dell’ambiente fisico in cui ogni soggetto ha eseguito le prove è emerso che le dimensioni del banco e della sedia ben nel 35,2% dei casi non rispettano l’altezza dei bambini. Gli arredi utilizzati, infatti, erano gli stessi sia per i bambini più piccoli che per quelli più grandi. Soprattutto i bambini di 4 anni hanno risentito di questa indifferenziazione, dato che il 44,4% di essi non usufruisce di arredi adatti alla loro statura. Il banco, in particolare, nel 33,3% dei casi risulta troppo alto in base all’altezza dei soggetti, mentre per i bambini di 5 anni ciò si riscontra nell’11,1% dei casi. Spesso, inoltre, il banco utilizzato in classe non è stabile e in alcuni casi ciò crea disturbo. Si riscontrano dunque delle differenze tra i due gruppi di età: i bambini di 4 anni si trovano svantaggiati rispetto a quelli di 5 anni per il fatto che quasi la metà dei bambini più piccoli utilizzano arredi non adatti alla loro altezza. Conclusioni La scarsa attenzione dedicata alle componenti periferiche della scrittura a favore degli aspetti linguistici ha portato il nostro gruppo di lavoro a indagare specificamente gli aspetti ergonomici del grafismo allo scopo di dare ad essi il giusto rilievo preventivo. Qualità e velocità della produzione grafica 29 In primo luogo, i risultati più rilevanti emersi da questo studio indicano che un minor movimento degli arti inferiori, un maggior livello di rilassatezza delle spalle e l’appoggio stabile dell’arto superiore non dominante sul foglio incidono significativamente sulla qualità e sulla velocità di copiatura di figure geometriche. Questi dati suggeriscono che non ci si deve limitare al controllo della postura della mano impegnata nella scrittura e nel disegno, poiché l’atteggiamento posturale dell’intero corpo, in stretta relazione con le dimensioni e la qualità degli arredi scolastici, di fatto incide sulla qualità del movimento eseguito e sulla sua velocità. Ciò è in linea con quanto si conosce sulle caratteristiche delle scritture disgrafiche causate anche da difficoltà posturali. Pratelli (1995), ad esempio, ritiene che le difficoltà di posizione e prensione possano essere una delle cause di disgrafia: il bambino disgrafico scrive in modo irregolare poiché la sua mano non scorre facilmente sul piano di scrittura, l’impugnatura della matita o della penna è scorretta, la posizione del corpo è frequentemente inadeguata (il gomito non è appoggiato al tavolo, il busto è eccessivamente inclinato e la mano non dominante non tiene fermo il foglio). Allo stesso modo Blason e collaboratori (2004) affermano che, a causa delle difficoltà nel mantenere una posizione del corpo corretta, il bambino può adottare prensioni della penna problematiche oppure può non utilizzare la mano che non scrive per stabilizzare il foglio. Ciò determina una grafia tremolante ed eccessivamente lenta poiché il bambino è costretto ad aumentare la pressione della mano sul foglio proprio per fissare quest’ultimo. In secondo luogo, la particolare fascia di età esaminata in questo studio è stata scelta allo scopo di sottolineare l’importanza della prevenzione scolastica nei riguardi di posture e atteggiamenti scorretti che possono incidere specificamente sull’apprendimento della scrittura e più in generale sulla salute del bambino. A nostro parere è importante che i Programmi Ministeriali offrano indicazioni precise circa le componenti ergonomiche del grafismo, fin dalla scuola dell’infanzia, al fine di prevenire deficit nell’apprendimento della scrittura causati da cattive abitudini posturali e ambientali. Abbiamo contribuito a questo scopo proponendo una griglia osservativa dei principali aspetti ergonomici legati al grafismo. Tale strumento è di pratico utilizzo per gli insegnanti perché guida l’operatore in un rapido e semplificato riconoscimento di quegli atteggiamenti posturali sfavorevoli all’apprendimento della grafia e nel contempo permette di osservare la qualità degli arredi scolastici per eventualmente ricorrere a strumenti correttivi specifici per la scrittura. 30 Le migliori proposte operative su… Scrittura Bibliografia Alston J. e Taylor J. (1987), Handwriting: Theory, research and practice, London, Croom Helm. Amudson S.J. (1995), Evaluation tool of children’s handwriting (ETCH), Homer, Alasker O.T. Kids. Ardito A. e Botto E. (1984), Premesse per uno studio antropologico ed ergonomico del banco scolastico, «Antropologia Contemporanea», vol. 7, pp. 309-328. Barnett A.L., Henderson S.E. e Scheib B. 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Qualità e velocità della produzione grafica 33 Griglia di osservazione degli aspetti ergonomici del grafismo Settore di Terapia Occupazionale del Centro di Riabilitazione Associazione «La Nostra Famiglia», Polo Friuli Venezia Giulia Nome _______________________________________________________________________________________________________________ Data nascita ________________ S esso ______ Data odierna __________________________________________ Ambiente fisico (dimensione banco, sedia e illuminazione ambientale) ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– Posizione del foglio ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– © 2012, D. Ianes, Le migliori proposte operative su… Scrittura, Trento, Erickson 34 Le migliori proposte operative su… Scrittura Postura Distanza foglio-testa 30 cm < 30 cm Capo in asse inclinato dx sx Tronco in asse inclinato dx sx Schiena appoggiata non appoggiata Spalle sollevate non sollevate Arti inferiori appoggiati al pavimento flesso sospesi Arto superiore dominante avambraccio avambraccio appoggiato non appoggiato Arto superiore non dominante appoggiato posizionato lungo sul foglio il corpo Presa della matita a tre dita dinamica a tre dita statica a tre dita con appoggio sull’anulare a quattro dita con appoggio sul mignolo digito-palmare altro ____________________________________________________________________________________________________________ Note ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– © 2012, D. Ianes, Le migliori proposte operative su… Scrittura, Trento, Erickson 2 La scrittura come movimento: proposta di un metodo per l’insegnamento del corsivo Laura Bravar, Laura Blason, Michela Borean, Roberta Marte, Isabella Lonciari, Anna Roia, Angelina Torchetti, Aldo Scabar e Stefania Zoia1 Esistono numerosi studi sullo sviluppo e sul controllo dei movimenti manuali fini, ma poca attenzione è stata rivolta alle modalità di acquisizione della scrittura come movimento, al disturbo disgrafico ad essa associato e alla prevenzione dello stesso. In letteratura, i dati statistici che descrivono l’incidenza delle difficoltà di apprendimento della scrittura in età evolutiva sono rilevanti: il 6% dei bambini in età scolare presenta un disturbo dello sviluppo della coordinazione motoria (DCD) associato almeno nell’80% dei casi a difficoltà grafomotorie (Barnett, Henderson e Scheib, 2002). Inoltre, una percentuale che varia tra il 5% e il 10% della popolazione scolastica presenta difficoltà in più di un apprendimento, per cui è frequente incontrare un bambino con dislessia, disortografia e disgrafia, oppure un alunno con un deficit dell’attenzione che ha anche difficoltà nell’acquisizione della scrittura (Cermak e Larkin, 2001). Le motivazioni che hanno ispirato questo lavoro nascono tuttavia da considerazioni più generali. Molti — tra clinici, insegnanti e genitori — riconoscono che nelle ultime generazioni vi è stato un aumento nel numero di bambini e adolescenti con cattiva resa formale nella scrittura, che spesso risulta lenta, stentata, difficilmente decifrabile e fortemente influenzata da tensioni e dallo stress. Inoltre, se si considera la scrittura come «la traccia visibile di 1 Gruppo di lavoro «Scrittura e Movimento», U.O. di Neuropsichiatria Infantile, IRRCS «Burlo Garofolo», Trieste. 36 Le migliori proposte operative su… Scrittura un movimento attraverso la quale ci presentiamo agli altri e tramite la quale siamo spesso giudicati» (Sassoon, 2002), si intuisce l’importanza di una scrittura efficiente, non soltanto per la carriera scolastica, ma soprattutto sul piano psicologico, in termini di autostima e immagine di sé. L’interesse per la scrittura come movimento non può quindi essere circoscritto ad ambulatori clinici o a laboratori di neuropsicologia dello sviluppo, bensì deve trovare, o meglio, ritrovare le sue radici nella scuola, quale ambiente «naturale» di apprendimento e di consolidamento di questa competenza. Con questo progetto era nostra intenzione intervenire preventivamente sulle difficoltà di apprendimento della scrittura, direttamente a scuola e nel preciso momento in cui i bambini si accingevano ad apprendere il corsivo, proponendo un metodo da noi messo a punto e utilizzato nel recupero della disgrafia. Il generale peggioramento nella calligrafia degli studenti, segnalato da insegnanti in scuole di ogni grado, trova probabili spiegazioni in almeno due ordini di fattori: cause socioculturali e cause inerenti a scelte e metodologie didattiche. Tra le cause socioculturali verosimilmente corresponsabili dell’impoverirsi delle abilità manuali troviamo: la preponderante svalutazione, nella civiltà occidentale, della manualità, delle sue potenzialità creative e del suo ruolo negli apprendimenti; la riduzione degli spazi disponibili per giochi liberi di movimento; l’utilizzo, spesso acritico ed eccessivo, della televisione, dei videogame e dei computer quali mezzi di gioco e di svago. A tale proposito, alcuni autori (tra i quali Sartori, 1999) ritengono che l’uomo, in quest’era tecnologica, si trovi in una importante fase di transizione: dall’homo prensilis, homo habilis, homo faber a homo videns, homo digitalis; cioè, da un genere di essere umano tipicamente caratterizzato dalla capacità di apprendere e di produrre attraverso le sue abilità manuali, a un homo sempre meno legato a tali funzioni. Tali autori si spingono fino ad azzardare l’ipotesi di una «mutazione antropogenetica» che comporterebbe rilevanti ripercussioni sulle strutture cerebrali e cognitive. Le cause inerenti a scelte e metodologie didattiche sono meno pervasive, perciò più facilmente affrontabili. In primo luogo, occorre sottolineare l’assenza, nei programmi scolastici ministeriali, di indicazioni rispetto alla didattica della scrittura come competenza motoria strumentale di base, indipendente dalla sua funzione comunicativa. Operativamente, questa «omissione» nel riconoscere la scrittura come abilità motoria, oggetto di esplicito e puntuale insegnamento, ha portato a sottovalutare l’importanza di questa componente e si è tradotta in notevole confusione circa le scelte e le metodologie didattiche da adottare. La scrittura come movimento 37 Per contro, la scuola di oggi esige e impone una precoce fruibilità della scrittura come strumento di lavoro senza garantire il necessario «skill training», ovvero senza fornire l’addestramento indispensabile affinché la scrittura diventi un’abilità motoria specializzata. Paradossalmente, si richiede ai bambini di scrivere di più e sempre più precocemente, senza tuttavia preoccuparsi di come questa competenza, non solo linguistica ma anche motoria, venga acquisita e consolidata. Considerazioni sulle conseguenze di alcune scelte didattiche per l’apprendimento del corsivo Come più volte constatato, il metodo più comunemente utilizzato per insegnare a scrivere è quello di chiedere ai bambini di copiare le lettere scritte in corsivo dalla lavagna, da alfabetieri appesi alle pareti delle aule, oppure da altri modelli proposti dall’insegnante. Tuttavia, in assenza di precise indicazioni su come riprodurre questi modelli, ovvero in quale direzione, con quali movimenti e con quali modalità di collegamento tra le lettere, il bambino trova delle proprie strategie, più o meno funzionali, per svolgere questo compito. Gli esempi di scrittura riportati nelle pagine seguenti (si vedano le figure 2.1-2.6) mostrano i tentativi, da parte di un alunno del primo anno della primaria, di copiare i modelli proposti dall’insegnante (rappresentati dai primi elementi scritti a sinistra di ogni riga). Le strategie di questo bambino sono esemplificative di ciò che accade quando gli alunni non sanno come effettuare i movimenti necessari a scrivere. Spesso tali comportamenti sono inefficienti e risultano difficili da correggere una volta automatizzati. Come si può osservare nella figura 2.1, il bambino ha considerato le lettere scritte in corsivo come delle elaborazioni degli allografi precedenti: prima ha scritto le lettere i e o nello stampatello minuscolo, poi ha aggiunto i tratti di ingresso e di uscita (i tratti all’inizio e alla fine delle lettere). I tratti di ingresso, in particolare, sono stati eseguiti in direzioni opposte rispetto a quelle convenzionali. Tali movimenti discontinui e superflui contribuiscono a frammentare e a rallentare il flusso di scrittura. Nella figura 2.2, la formazione della lettera a risulta dalla giustapposizione di tre elementi effettuati con movimenti discontinui e incongruenti rispetto al verso di scrittura. Inoltre, è interessante osservare la modalità di scrittura della lettera e (in stampatello minuscolo), interpretata come una forma ovoidale alla quale è stato aggiunto un segmento discendente curvo. Come si può notare, in certi casi tale lettera risulta illeggibile in quanto viene a mancare proprio un 38 Le migliori proposte operative su… Scrittura Fig. 2.1 Esempio di copiatura di lettere dal modello iniziale (1a classe primaria). Fig. 2.2 Copiatura delle lettere a ed e dall’esempio iniziale (1a classe primaria). suo tratto distintivo fondamentale, cioè la continuità e la tangenza del tratto discendente curvo con la parte restante della lettera. Risultano evidenti, nella figura 2.3, le difficoltà che i bambini possono incontrare nell’esecuzione del grafema b, che presenta particolari complessità, sia per i numerosi cambi di direzionalità sia per il suo tratto di uscita, situato in alto invece che in basso. In tali casi occorre mostrare ripetutamente il movimento necessario a formare il grafema e supportare le dimostrazioni con chiare La scrittura come movimento 39 Fig. 2.3 Esempio di alcuni tentativi di copiare la b in vari allografi (1a classe primaria). ma semplici descrizioni verbali, allo scopo di facilitare la memorizzazione del movimento stesso. È interessante osservare l’inusuale strategia usata per formare la lettera f nella figura 2.4: l’occhiello e il tratto di collegamento vengono interpretati come una linea continua, una specie di «esse rovesciata» che si sovrappone a un tratto verticale. Estratta dal contesto, la lettera così formata risulta irriconoscibile. Dagli esempi di scrittura riportati nelle figure 2.5 e 2.6 è evidente come le difficoltà nella formazione delle singole lettere si possono sommare a quelle di collegare i grafemi tra loro nella scrittura di parole, specialmente quando tali collegamenti sono anomali (come nel caso della b) per la presenza di un tratto di uscita in alto, piuttosto che alla linea di base. È importante mostrare chiaramente come effettuare tutti i collegamenti tra le lettere, specialmente quelli anomali. Per quanto riguarda la scelta di presentare contemporaneamente diversi allografi, sin dai primissimi approcci con la scrittura, come negli esempi esaminati sopra (dove troviamo lettere in stampatello maiuscolo, in stampatello minuscolo e in corsivo, proposte simultaneamente, già dal mese di ottobre del 40 Le migliori proposte operative su… Scrittura Fig. 2.4 Copiatura della f in vari allografi, in base al modello dell’insegnante (1a classe primaria). Fig. 2.5 Copiatura di sillabe con b. La scrittura come movimento 41 Fig. 2.6 Copiatura di parole. primo anno della primaria), riteniamo che tale modalità di insegnamento sia del tutto irragionevole. Chiedere a un bambino, che non ha esperienza di scrittura, di svolgere compiti così complessi, che comportano un tale investimento a livello sia mnemonico che esecutivo, può essere fonte di notevole frustrazione e rischia di compromettere la motivazione all’apprendimento. Un’altra pratica comunemente usata è quella di imporre al bambino con disgrafia maggior esercizio di scrittura, nella convinzione che in questo modo le sue prestazioni miglioreranno. Paradossalmente, l’esercizio motorio supplementare non serve che a consolidare gli schemi motori errati e le tracce mnestiche ad essi associate. Indicazioni quali quelle di «riscrivere» (si veda la figura 2.7) o di «ricopiare» risultano controproducenti in quanto rafforzano schemi motori e strategie inefficienti. Per contro, in tali casi occorrono interventi mirati all’apprendimento di schemi motori e strategie nuovi ed efficienti, con 42 Le migliori proposte operative su… Scrittura Fig. 2.7 Esempio di scrittura di una bambina della 2a classe primaria, con indicazione di «riscrivere». chiare indicazioni rispetto alle direzionalità e alle modalità di esecuzione dei grafemi e delle connessioni tra questi nella scrittura di parole. Prima di trattare gli aspetti metodologici e operativi, è importante sottolineare che le difficoltà nelle componenti motorie della scrittura non soltanto compromettono la velocità di scrittura o gli aspetti estetici del testo, ma possono influenzare, in modo considerevole, anche la correttezza e il contenuto del prodotto scritto (Berninger et al., 1997; Johnes e Christiansen, 1999; Connelly e Hurst, 2001). È esperienza comune, sia nella pratica clinica che in ambito riabilitativo, constatare che bambini o adulti «eccessivamente impegnati» nel recupero degli schemi motori necessari a produrre i grafemi compiono più La scrittura come movimento 43 errori fonologici e ortografici e scrivono di meno. In altri termini, se le abilità attentive e di controllo sono indirizzate prevalentemente all’output motorio durante la scrittura (a causa di difficoltà in tale area oppure per un insufficiente grado di apprendimento e/o di automatizzazione), è evidente che i processi ideativi, linguistici e di pianificazione, centrali nella produzione di un testo, ne risentono negativamente. L’apprendimento e l’automatizzazione di movimenti rapidi, precisi ed efficienti permettono la piena fruibilità delle funzioni motorie esecutrici, a supporto della scrittura come ausilio alla memoria, allo studio e quale mezzo di comunicazione. Queste dimostrazioni dello stretto rapporto tra le abilità esecutive periferiche e gli aspetti qualitativi e quantitativi del prodotto scritto offrono valide motivazioni per una didattica sistematica dei movimenti implicati nella scrittura. Proposta di un metodo per l’insegnamento del corsivo L’apprendimento della scrittura in corsivo rappresenta un traguardo importante nel percorso scolastico di tutti gli alunni, tuttavia non privo di difficoltà: scrivere in corsivo richiede l’esecuzione di movimenti fini, in rapida successione, con frequenti cambi di direzionalità, entro spazi delimitati, rispettando le convenzioni ad esso associate. Dall’altro lato, in assenza di un computer, l’uso del corsivo permette una velocità di scrittura impareggiabile per prendere appunti, stilare testi, svolgere compiti scritti ed esami, specie ai gradi superiori di istruzione, ma anche per usi personali, nella vita quotidiana; quindi, impostare sin dall’inizio «un buon corsivo» significa fornire un mezzo e uno strumento di lavoro indispensabile. Il metodo di seguito descritto nasce da riflessioni teoriche e da osservazioni condotte durante il trattamento riabilitativo di bambini che presentano disturbi specifici di apprendimento, in particolare dislessia, disortografia e disgrafia. In questo contesto è sovente necessario ridurre la complessità di un compito per favorirne l’esecuzione e l’apprendimento, proponendo l’acquisizione di competenze in modo graduale e selezionando gli strumenti più adatti in base allo scopo e al livello di efficienza raggiunto. In considerazione dell’elevato e sempre crescente numero di bambini e adolescenti che si rivolgono al nostro servizio ambulatoriale per difficoltà di scrittura e nell’ottica di quanto riportato sopra, abbiamo voluto trasporre in ambito scolastico la metodologia da noi messa a punto. Grazie alla collaborazione degli insegnanti e al consenso informato dei genitori, il metodo è stato utilizzato con 65 bambini dell’ultimo anno della 44 Le migliori proposte operative su… Scrittura primaria, di 4 classi dell’Istituto Comprensivo «E. Morpurgo» di Trieste. Esso è stato proposto dal personale specializzato della nostra U.O. di Neuropsichiatria Infantile direttamente ai bambini, nelle loro classi, in presenza e con la partecipazione dei loro insegnanti, i quali hanno contemporaneamente usufruito di un aggiornamento sul campo. L’intervento in aula ha avuto luogo in 8 incontri di un’ora, in ciascuna classe. I risultati ottenuti a prove standardizzate e criteriali, da questo gruppo sperimentale, sono stati confrontati con quelli di un gruppo di controllo di 62 bambini, di pari età, frequentanti le prime classi della primaria dell’Istituto Comprensivo «G. Lucio» di Muggia, Trieste, che ha appreso il corsivo dai propri insegnanti, in modo tradizionale, senza particolare attenzione al movimento. I risultati preliminari di tale ricerca sono stati presentati dalla prima autrice di questo articolo e dalla dott.ssa Laura Blason al Convegno AIRIPA del 2002 (Gruppo «Scrittura e Movimento» IRRCS Burlo Garofolo, Trieste, 2002) e i dati finali sono stati discussi allo stesso Convegno nel 2003 (Borean et al., 2003). Lo studio è stato inoltre oggetto di una tesi di laurea (Borean, 2003), alla quale rimandiamo per ulteriori approfondimenti, in quanto lo scopo principale di questo articolo è descrivere e divulgare la metodologia in sé. Materiali I materiali utilizzati sono mostrati nella figura 2.8; di seguito forniamo brevemente alcune spiegazioni per motivarne la scelta e l’uso. Tutti gli esercizi sono stati effettuati con l’ausilio della matita Grip 2001 della Faber-Castell, di durezza media (2B), scelta per la sua forma triangolare ergonomica e per i gommini anti-scivolo presenti lungo il fusto. Durante gli esercizi grafici preparatori al corsivo, sono stati impiegati dei fogli bianchi A3, che permettono ampio spazio di movimento a mano libera, specie per i movimenti di trascinamento laterale del braccio. Quando i bambini presentavano delle prensioni problematiche della matita, e qualora fosse ritenuto opportuno, sono stati utilizzati i gommini correttivi «Impugnafacile», distribuiti in Italia dal Centro Studi Erickson. Per tutta la fase di apprendimento della formazione delle lettere sono stati utilizzati i fogli dei quaderni speciali Erickson del livello 1. Le pagine di questi quaderni presentano chiare linee di demarcazione dei margini di sinistra (in verde) e di destra (in rosso), con l’alternanza di righe di due colori diversi, per meglio distinguere i tre piani di sviluppo delle lettere in corsivo. Inoltre, le particolari dimensioni delle righe di livello 1 permettono un’esagerazione dei La scrittura come movimento 45 Fig. 2.8 Materiali utilizzati nell’insegnamento del corsivo. movimenti, in termini di ampiezza, favorendo una buona esperienza sensoriale, indispensabile nel monitoraggio dell’esecuzione motoria. Al termine della fase di apprendimento dei grafemi e dei collegamenti tra loro, e comunque dopo che i bambini hanno raggiunto un soddisfacente grado di efficienza nella scrittura in corsivo di parole, si è ritenuto opportuno ridurre gli spazi, ricorrendo ai fogli dei quaderni speciali Erickson del livello 2, che mantengono le stesse caratteristiche descritte sopra, tuttavia con una lieve riduzione nell’ampiezza delle righe. Procedura Insegnare la scrittura, specie il corsivo, dal punto di vista del movimento è un percorso didattico comunemente usato nelle scuole di molti paesi europei e nord americani, negli ambienti riabilitativi e certamente in quelli artistici, grafici e calligrafici, per non dimenticare le tecniche usate nelle nostre scuole fino agli anni Cinquanta e Sessanta. Comunque, la metodologia che proponiamo non costituisce un ritorno al passato, né intendiamo suggerire estenuanti esercizi del tipo «asta e filetto». Il nostro obiettivo è quello di suggerire un modo sistematico e lineare per apprendere il corsivo, presentando le lettere non in ordine alfabetico, ma per «famiglie» di movimenti affini e graduali, con particolare attenzione alle seguenti variabili: 46 Le migliori proposte operative su… Scrittura – il punto di inizio e quello finale dei tratti grafici; – la direzionalità e la modalità di esecuzione dei movimenti; – le proporzioni tra le parti delle lettere (corpo, tratti: ascendenti, discendenti, di collegamento); – l’inclinazione delle lettere (massimo 35-40 gradi); – il rispetto delle righe di scrittura, dei margini dei fogli e degli spazi tra le parole; – le modalità di collegamento tra le lettere. Riteniamo che ciò possa favorire l’acquisizione di schemi motori corretti, evitando agli alunni di adottare strategie inefficienti che potrebbero risultare problematiche. Sul piano operativo, l’intervento in classe è stato svolto secondo le seguenti fasi: – fase preparatoria, con attenzione agli aspetti metacognitivi; – disposizione degli alunni in classe secondo criteri ergonomici con eventuale correzione di posture e prensioni; – esercizi grafici preparatori; – introduzione graduale delle lettere raggruppate per famiglie di movimenti; – esercizi fonologici per ogni famiglia di lettere; – collegamenti tra le lettere nella formazione di parole e collegamenti anomali; – collegamenti tra i gruppi consonantici, i digrammi/trigrammi più frequenti della lingua italiana; – lettere appartenenti alla lingua inglese; – ripasso finale. Fase preparatoria Nella fase preparatoria i bambini sono stati invitati a osservare dei testi in alcune lingue europee, scritti in corsivo, con la richiesta di esaminare la forma delle lettere, senza ricorrere alla lettura. Hanno potuto confrontare il corsivo dei brani con le forme di scrittura a loro familiari, per cogliere le somiglianze, le differenze, i piani di proiezione e i tratti distintivi, in particolare delle lettere tra loro simili. Sono stati sottolineati i vantaggi insiti nell’imparare il corsivo quale scrittura «dei grandi» e scrittura «veloce». Riteniamo che tale fase sia importante per motivare l’apprendimento del nuovo modello di scrittura, per coglierne le caratteristiche e per definire gli obiettivi da raggiungere. La scrittura come movimento 47 Disposizione degli alunni secondo criteri ergonomici In collaborazione con gli insegnanti, la disposizione degli alunni e degli arredi nelle aule è stata modificata in modo da rispettare alcuni criteri ergonomici di base: – le sedie e i banchi sono stati scelti in proporzione all’altezza degli alunni, in modo da favorire, da seduti, una postura stabile e confortevole e un buon appoggio del braccio sul piano di scrittura; – i banchi degli alunni sono stati posizionati in modo che ciascuno potesse godere di un’illuminazione adeguata, ma indiretta, senza la formazione di ombre; – i bambini mancini sono stati spostati a sinistra dei bambini destrimani, permettendo a ciascuno libertà di movimento laterale sul piano di lavoro, senza «collisioni tra gomiti»; – le superfici dei banchi sono state sgomberate per ottenere uno spazio di lavoro ampio e libero da ostacoli. I bambini sono stati osservati individualmente durante un’attività di disegno libero allo scopo di correggere eventuali posture errate o scomode, fornire suggerimenti sul grado di inclinazione del foglio da adottare e, qualora fosse ritenuto opportuno, tentare di rimediare a eventuali prensioni inefficienti della matita con l’uso dell’apposito gommino correttore oppure attraverso altre strategie (ad esempio, adottare prensioni alternative). Alcuni interventi correttivi richiedono delle conoscenze tecniche specifiche, pertanto riteniamo siano di competenza dello specialista. Esercizi grafici preparatori Prima di introdurre le singole lettere, sono state effettuate delle attività grafiche preparatorie, non solo a scopo di divertimento o di rilassamento, ma soprattutto per esercitare i movimenti di incisione, di iscrizione e di trascinamento laterale, tipici del corsivo, ovvero i movimenti delle dita, del polso e di spostamento laterale del braccio e del gomito, con coinvolgimento della spalla. I movimenti di trascinamento laterale, che permettono lo scorrimento orizzontale del braccio nel verso della scrittura, quindi la continuazione del tratto grafico nel tempo, risultano particolarmente ostici per i bambini, specie se finora abituati a scrivere soltanto lettere distinte e separate. Nelle figure 2.9 e 2.10 vengono riportate alcune tipologie di esercizi grafici a mano libera utili per praticare i movimenti di cui sopra. 48 Le migliori proposte operative su… Scrittura Esercizio di iscrizione Esercizio di incisione Esercizi di trascinamento Fig. 2.9 Esempi di esercizi grafici a mano libera (su fogli A3) prodotti da bambini senza difficoltà motorie. Fig. 2.10 Esempi di esercizi grafici svolti da bambini con difficoltà motorie. La scrittura come movimento 49 Successivamente, prima di introdurre il corsivo vero e proprio, sono state proposte alcune schede di esercizi maggiormente strutturati, allo scopo di introdurre i movimenti specifici di ciascuna famiglia di lettere (si veda la figura 2.11), controllando meticolosamente che ciascun bambino rispettasse il punto di inizio e la direzionalità del movimento richiesto (si veda la figura 2.12). Come si può osservare nella figura 2.12, il primo esercizio prepara alla formazione della quarta famiglia di lettere (c, a, d, q, g, o), il secondo alla terza famiglia di lettere (n, m, p, h) e l’ultimo propone uno schema di movimento utile per imparare a scrivere la lettera v. Introduzione delle famiglie di lettere È stato concordato con gli insegnanti di proporre ai bambini un modello di corsivo «semicontinuo», che prevede lo stacco della matita dal foglio in punti strategici, durante la scrittura delle parole. Secondo questo modello, il tratto di ingresso, quando presente, viene incorporato nel movimento unico e continuo necessario a formare il corpo della lettera. Il tratto di uscita, ben evidenziato, non termina mai alla linea di base (linea su cui si appoggia il corpo della lettera), ma si conclude con un movimento di rilassamento verso l’alto. Diversamente, le lettere circolari non presentano tratti di ingresso, ma si uniscono alle lettere precedenti per accostamento ai loro tratti di uscita (quarta famiglia di lettere nella figura 2.11). Riteniamo che questo modello «semicontinuo» presenti alcuni importanti vantaggi: 1. i tratti necessari a formare le singole lettere sono ridotti al minimo e per lo più incorporati in un movimento unico e continuo, risultando così più facili da ricordare e più veloci da eseguire per il minor numero di interruzioni e di riposizionamenti; 2. l’eliminazione dei tratti di ingresso, come entità distinte, riduce la possibilità, da parte del bambino, di eseguire questi segmenti in direzioni opposte al flusso di scrittura, comportando una produzione lenta e troppo frammentata (si vedano le figure 2.1 e 2.2); 3. in opposizione al corsivo continuo, promosso in particolare da alcune scuole inglesi, il corsivo «semicontinuo» (con le lettere circolari senza tratti di ingresso, che si «appoggiano» alle lettere precedenti) permette l’interruzione del movimento e il riposizionamento della mano, e quindi la possibilità di rilassarla, prima di iniziare un movimento nuovo. Questi fattori non sono trascurabili, soprattutto nella scrittura di parole lunghe o per tempi estesi; 4. la scrittura appresa secondo questo modello (rispettando il punto di inizio, la direzionalità di movimento e il punto di uscita nella formazione delle 50 Le migliori proposte operative su… Scrittura lettere, in particolare di quelle circolari) ha meno probabilità di degenerare quando sollecitata dalla velocità (Sassoon, 2000). Nella figura 2.11 vengono riassunte le famiglie di lettere e i movimenti necessari alla loro produzione. La prima famiglia di lettere ha come «capostipite» la lettera più facile da eseguire, ovvero la i. Quando i bambini hanno appreso i movimenti necessari alla formazione della lettera capostipite, le altre lettere del gruppo vengono presentate come elaborazioni di questa. Così, la t non è che un’estensione verso l’alto della i; la u risulta da due i unite assieme, la r viene realizzata come la u con la parte centrale meno pronunciata. Tale successione favorisce una graduale e progressiva acquisizione e memorizzazione degli schemi motori implicati nella scrittura. Esercizi fonologici per ogni famiglia di lettere Lo stadio successivo è quello di unire le lettere apprese per formare delle brevi parole e/o non parole, dimostrando chiaramente le modalità di collegamento. Permettendo ai bambini stessi di trovare o inventare le parole con le lettere richieste, essi vengono coinvolti in uno stimolante lavoro di analisi fonologica e di recupero lessicale selettivo. A titolo esemplificativo, dopo l’introduzione delle lettere del primo gruppo, i bambini potrebbero scrivere le parole ti, tutti, riti, tiri, rutti oppure le nonparole titti, turi, ruiti, ecc. Dopo la seconda famiglia, si potrebbero scrivere fili, fette, frutti, letti, terre, ecc., ma non terra, furto, lettini, ecc. in quanto alcune lettere non sono ancora state introdotte. Collegamenti usuali e «anomali» tra lettere La presentazione delle altre famiglie di lettere avviene in modo analogo a quello utilizzato per la prima, tuttavia con alcuni importanti accorgimenti. Le lettere del quarto gruppo (famiglia delle lettere rotonde) richiedono particolari attenzioni, non solo al punto di inizio e alla direzionalità di esecuzione, che dev’essere in senso antiorario, ma soprattutto nell’apprendimento della modalità di collegamento alle lettere precedenti, che avviene per accostamento. Inizialmente, il bambino tenterà per prove ed errori «a colpire il bersaglio» costituito dal tratto di uscita della lettera precedente, poi gradualmente imparerà a pianificare e a controllare la traiettoria necessaria per ottenere una tangenza precisa. Le lettere della quinta famiglia non presentano dei movimenti affini, ma sono accomunate dalle brusche inversioni di direzionalità necessarie alla loro formazione. Fig. 2.11 Le famiglie di lettere con l’illustrazione dei movimenti necessari a produrre ogni lettera. j, k, w, x, y inglese (facoltative): lettere della lingua 5a famiglia: s, z, (v) 4a famiglia: c, a, d, q, g, (o) 3a famiglia: n, m, p, h 2a famiglia: e, l, f, (b) 1a famiglia: i, t, u, r La scrittura come movimento 51 52 Le migliori proposte operative su… Scrittura Fig. 2.12 Esempi di schede utili a introdurre alcune lettere in corsivo. Le lettere riportate tra parentesi, pur appartenenti alle rispettive famiglie per affinità di movimento, sono tra quelle dell’alfabeto italiano trattate per ultime, non per le difficoltà di esecuzione, quanto per le difficoltà di collega- La scrittura come movimento 53 mento con le lettere successive. I tratti di uscita verso l’alto comportano «una modificazione in corso d’opera» nel collegamento con la lettera seguente. Ciò richiede una precisa pianificazione del tratto di uscita per «accomodare» la lettera successiva, che deve a sua volta essere modificata nel punto di ingresso (basti pensare agli accorgimenti necessari per unire in corsivo la b e la r). Parallelamente all’introduzione di nuove lettere, i bambini possono essere coinvolti in giochi di recupero lessicale selettivo, con costrizioni fonologiche sempre più complesse. Nella nostra esperienza, tali giochi di «enigmistica fonologica» sono molto graditi ai bambini, che diventano sorprendentemente rapidi e competenti a trovare le parole, rispettando le costrizioni. Collegamenti tra gruppi di lettere più frequenti Un’altra fase del nostro intervento riguarda l’esercitazione degli schemi motori implicati nella scrittura dei gruppi consonantici più comuni (st, str, pr, mb, mp, ecc.) e dei digrammi/trigrammi (ci, ge, chi, ghe, sci, gni, gli, ecc.). La scelta di esercitare i bambini nella scrittura di questi elementi nasce dalla convinzione che l’attività motoria possa costituire un valido ausilio alla memoria visiva e a quella verbale. Presentazione di lettere straniere Su richiesta degli insegnanti di lingua straniera, abbiamo presentato anche quelle lettere dell’alfabeto inglese non presenti nell’alfabeto italiano, con le quali i bambini avevano scarsa dimestichezza nel corsivo. Ripasso finale Un ripasso al termine del percorso ha permesso ai singoli bambini di chiarire i loro dubbi e a noi di verificare il livello di apprendimento raggiunto dagli alunni, in modo da suggerire eventuali attività di recupero. Desideriamo riportare nelle ultime immagini (figure 2.13 e 2.14) alcuni esempi di scrittura, rappresentativi dei risultati ottenuti dai bambini dopo le 8 ore di lezione effettuate in classe. Riteniamo tali risultati più che soddisfacenti e ci auguriamo che la nostra esperienza possa essere replicata e criticamente valutata da altri insegnanti. Infine, vogliamo ringraziare tutti coloro che hanno partecipato a questo progetto: gli insegnanti del gruppo sperimentale e del gruppo di controllo, i genitori degli alunni e soprattutto i bambini, che si sono impegnati e che hanno collaborato con entusiasmo. Rivolgiamo un ringraziamento particolare alla dott.ssa Anna Barnett e alla dott.ssa Rosemary Sassoon per la loro disponibilità e per le preziose indicazioni forniteci. 54 Le migliori proposte operative su… Scrittura Fig. 2.13 Esempio di scrittura (dettato) di un alunno del gruppo sperimentale a termine del nostro intervento. Fig. 2.14 Esempio di scrittura di un altro alunno nella prova di verifica (dettato) effettuata a fine intervento. Bibliografia Barnett A.L., Henderson S.E e Scheib B. (2002), The development of a handwriting assessment for 11+ year olds: A pilot study, relazione presentata alla «DCD-V Conference. Developmental Coordination Disorder: Mechanisms, Measurement, Management», Banff, Alberta, Canada, 14-16 maggio. Berninger V.W., Vaughn K., Abbott R., Abbott S., Rogan L., Brooks A., Reed E. e Graham S. (1997), Treatment of handwriting problems in beginning writers: Transfers from handwriting to composition, «Journal of School Psychology», vol. 89, pp. 652-666. Borean M. (2003), Acquisizione del corsivo: aspetti grafo-motori e posturali, tesi di laurea non pubblicata, Facoltà di Psicologia, Università degli studi di Trieste. Borean M., Bravar L., Zoia S. e «Gruppo Scrittura e Movimento» IRRCS Burlo Garofolo, Trieste (2003), Acquisizione del corsivo: aspetti grafo-motori e posturali, relazione presentata al 12° Congresso Nazionale AIRIPA «I Disturbi dell’Apprendimento», Novara, 17-18 ottobre. La scrittura come movimento 55 Cermak S.A. e Larkin D. (2001), Developmental coordination disorder: Theory and practice, Albany, NY, Delmar Thompson Learing. Connelly V. e Hurst G. (2001), The influence of handwriting fluency on writing quality in later primary and early secondary education, «Handwriting Today», vol. 2, pp. 50-57. Gruppo «Scrittura e Movimento» IRRCS Burlo Garofolo, Trieste (2002), Sviluppo delle competenze motorie nella scrittura, relazione presentata all’11° Congresso Nazionale AIRIPA «I Disturbi dell’Apprendimento», Udine, 18-19 ottobre. Johnes D. e Christiansen C. (1999), The relationship between automaticy in handwriting and students’ ability to generate written text, «Journal of School Psychology», vol. 91, pp. 44-49. Klink G. (2012), Prepararsi a scrivere, Trento, Erickson. Sartori G. (1999), Homo Videns, Roma-Bari, Laterza. Sassoon R. (2000), The art and science of handwriting, Bristol, UK, Intellect. Sassoon R. (2002), Handwriting problems and the hand that writes, relazione presentata all’11° Congresso Nazionale AIRIPA «I Disturbi dell’Apprendimento», Udine, 18-19 ottobre. Pubblicazione originale «Difficoltà di apprendimento», vol. 9, n. 3, pp. 329-348, 2004, Trento, Erickson. 3 Osservazione e monitoraggio dell’evoluzione della scrittura per valutarne l’apprendimento corretto Rita Pellegrini e Lucia Dongilli1 La scrittura è un processo cognitivo specifico, estremamente complesso, nel quale sono implicati molteplici meccanismi cerebrali. Dal punto di vista neuropsicologico2 essa rappresenta l’esecuzione grafo-motoria di una serie di simboli sequenziali, convoglianti informazioni e pensieri. Non è pertanto il prodotto esclusivo della mano, la quale è solo uno strumento, l’ultimo anello di una complessa catena di eventi che parte dal cervello. Il modello grafico risulta infatti dalla transcodifica (trascrizione) di un messaggio, proveniente dal soggetto o dall’ambiente (percepito dalle vie sensoriali). Tale messaggio viene prima elaborato in termini linguistici e quindi prassici, per giungere infine all’atto motorio grafico. L’elaborazione scritta comporta quindi l’integrazione sequenziale e funzionale di diverse componenti neurologiche: – capacità motoria; – capacità linguistica; – capacità di elaborare stimoli sensoriali e spaziali; – memoria, attenzione, motivazione; – meccanismi di feedback visivo (coordinazione visuo-motoria), propriocettivo-cinestesico (consapevolezza del movimento della mano e della localizzazione delle dita nello spazio), prassico (elaborazione del programma motorio, Rita Pellegrini, Formatrice specializzata in disgrafie, educazione e rieducazione della scrittura, Riva del Garda, TN; Lucia Dongilli, Insegnante di scuola primaria, Riva del Garda, TN. 2 Questa sezione è a cura di Alessandra Filippi, Neuropsichiatra infantile. 1 58 Le migliori proposte operative su… Scrittura elaborazione del simbolo, sequenzializzazione, velocità e accuratezza del gesto) e mnestico (memoria e attenzione visiva per simboli e parole). Similmente, tenere in mano uno strumento scrittorio e dare forma alla lettera è una tra le abilità più complesse compiute dalla nostra mano. I movimenti necessari all’atto scrittorio implicano: – il controllo della postura; – la prensione dello strumento; – il supporto della mano non scrivente per stabilizzare la superficie su cui si scrive; – la coordinazione di movimenti della mano, del polso, del gomito e della spalla; – la coordinazione occhio-mano; – la motricità fine; – il controllo della pressione, della velocità, della direzione; – la capacità di ricordare, produrre rapide sequenze di pattern per formare le lettere e trasformare i fonemi in grafemi. L’importanza della scrittura a mano In una società dove il digitale e la conduzione del mouse diventano indispensabili, la scrittura manuale sembra perdere sempre di più la sua importanza. Non solo: mentre la lettura è considerata la via maestra per l’acquisizione del sapere, la scrittura invece, implicando la produzione visibile del linguaggio attraverso il tratto grafico, è vista come una competenza di minore importanza. Ci si dimentica che a monte del tratto grafico c’è la persona nella sua interezza, l’Io, la personalità «registrata» nell’atto scrittorio. L’attività della mano che sta alla base del gesto grafico è spontanea, diretta: è risposta tangibile alle complesse funzioni cerebrali, è l’impronta dell’uomo nella sua unicità. Appare quindi necessario che la scrittura si riappropri del suo ruolo e sia riconosciuta come un’abilità estremamente importante e complessa, anche nella sua immediatezza e spontaneità. A questo proposito scriveva Umberto Eco il 21 settembre 2009 sul quotidiano britannico «The Guardian», preoccupato per quel 50% di ragazzi italiani che ha problemi con la grafia: I bambini, e non solo loro, non sanno più scrivere a mano […]. La crisi è cominciata con l’avvento della penna a sfera: la gente non aveva più interesse a scrivere in quanto, con questo prodotto, la scrittura non ha anima, stile e personalità […]. La mia generazione ha imparato a scrivere Osservazione e monitoraggio dell’evoluzione della scrittura 59 a forza di ricopiare in bella grafia le lettere dell’alfabeto. Può sembrare un esercizio ottuso e repressivo, ma ci ha insegnato a tenere i polsi fermi sulle nostre scrivanie, sui nostri computer portatili… L’arte della scrittura insegna a controllare le nostre dita e incoraggia la coordinazione occhiomano. Le persone non viaggiano più a cavallo, ma molti vanno a scuola di equitazione. Esistono strade e ferrovie, ma le persone si godono a piedi i valichi alpini. Sarebbe una buona cosa se i genitori iscrivessero i propri figli a scuole di calligrafia per partecipare a gare e tornei. Anche oggi, la matita e la penna restano gli strumenti cui gli insegnanti ricorrono per insegnare a scrivere ai loro alunni. Tuttavia è necessario che essi li sappiano utilizzare in modo corretto affinché la scrittura venga trasmessa e appresa attraverso regole di base seguite e rispettate affinché lo scrivere in modo chiaro e leggibile possa essere anche oggi espressione del pensiero. Troppo spesso, invece, ci si trova di fronte a scritture stentate, illeggibili, disordinate, «brutte» secondo il giudizio degli insegnanti e dei genitori, non rispondenti alla funzione comunicativa della scrittura. Da una più attenta osservazione del tratto grafico si può risalire a problematiche grafo-motorie, dovute spesso a difficoltà nel controllo visuomotorio o, semplicemente, a un inadeguato insegnamento della scrittura. Da qui la riflessione sull’importanza di una corretta impostazione di base del gesto grafico per prevenire le disgrafie, rieducabili soltanto da personale specializzato che interviene con un percorso mirato e individualizzato. La rieducazione permette al bambino di reimparare a scrivere, a scrivere «bene», e a non sentirsi più inadeguato e a disagio. È facile tuttavia capire che educare è meglio che rieducare. Insegnare a scrivere seguendo una metodologia corretta aiuta il bambino ad acquisire naturalmente, senza sforzo e in modo giocoso, la padronanza del gesto grafico; gli permette di interiorizzare il movimento, la postura e l’impugnatura corretti che sono alla base della scrittura. Tutto questo trovando piacere nel tracciare con scorrevolezza e fluidità forme scrittorie che nascono spontanee. Si impara a scrivere una volta nella vita ed è giusto che ciò avvenga senza forzature e scadenze, ricordando che scrivere è scorrere sul foglio, è tracciare, è respirare, è appropriarsi del controllo del proprio corpo, è piacere, è un modo per comunicare agli altri il proprio pensiero, è il linguaggio che si fa scrittura. Senza volere in questa sede entrare nel merito, complesso, del percorso e delle modalità più appropriate per insegnare la scrittura, per i quali rimandiamo al nostro volume Insegnare a scrivere: pregrafismo, stampato, corsivo (Pellegrini e Dongilli, 2010), vogliamo qui evidenziare l’utilità e l’importanza dell’osservazione e del monitoraggio dell’evoluzione della scrittura, che ha come obiettivo finale l’uso della scrittura come forma di comunicazione e piacere di scrivere. 60 Le migliori proposte operative su… Scrittura Osservazione e monitoraggio dell’evoluzione della scrittura La scrittura cambia insieme alla persona. Il suo insegnamento deve perciò avere come finalità l’acquisizione di una grafia spontanea, connotata individualmente, libera dalle difficoltà grafo-motorie e dai condizionamenti che ne impediscono la personalizzazione. È importante seguirne le fasi di evoluzione e conoscere le componenti connesse al suo corretto apprendimento. La pressione: indica la forza impegnata nel tracciato grafico. Si deve tener conto che nelle prime fasi di apprendimento della scrittura il bambino, soprattutto se mancino, aumenta la pressione dello strumento scrittorio per controllare meglio il movimento nel tracciare lettere e forme. La leggibilità: la scrittura è leggibile quando ogni grafema all’interno della parola è identificabile. Per accertarlo è sufficiente coprire la parola con le dita o con un foglio e scoprire un grafema per volta in modo da verificarne il riconoscimento. La velocità di scrittura, che aumenta quando il gesto si automatizza e l’abilità grafo-motoria è acquisita. L’allineamento delle lettere sul rigo di base, che va rispettato. La proporzione della dimensione dei grafemi, ovvero la necessità che le parti dei grafemi siano reciprocamente proporzionate sia in altezza e larghezza sia nel rispetto delle tre zone grafiche (mediana, superiore e inferiore). Lo spazio tra lettere, che deve essere corretto: le lettere non devono essere né addossate l’una all’altra, né troppo distanti. Si può dire che la distanza è giusta quando una lettera tonda, di media dimensione, dello scritto del bambino può essere idealmente inserita tra una lettera e l’altra. Questo significa che il collegamento tra entrambe viene tracciato in modo corretto. Lo spazio tra parole: anche tra le parole ci deve essere un giusto spazio, una pausa, soprattutto nella fase di apprendimento, per permettere di capire se il bambino sa distinguere una parola dall’altra. Se lo spazio tra parole è regolare la grafia ha «respiro», rispetta la pausa. L’inclinazione dei grafemi: in prima e in seconda classe, quando il bambino è ancora legato al modello scolastico, la scrittura è dritta, verticale; più tardi può inclinarsi a destra o a sinistra. Il rispetto dei margini: il testo deve essere allineato al margine sinistro. Accade che il bambino se ne discosti progressivamente iniziando a scrivere sempre più a destra. Conoscere le componenti della scrittura nelle loro caratteristiche permette all’insegnante di rivedere in itinere l’impostazione data. Si ricorda che il dettato dà più informazioni sulla forma delle lettere (il controllo permette Osservazione e monitoraggio dell’evoluzione della scrittura 61 l’accuratezza) mentre nei testi spontanei si coglie di più il movimento (è il pensiero che diventa parola). Le informazioni ricavate dalle osservazioni fatte sulle componenti della scrittura unite al test individuale di seguito proposto offrono un attendibile indicatore sull’evoluzione del corsivo. Il test Per monitorare l’evoluzione della scrittura abbiamo elaborato un semplice test che raccoglie in una griglia di osservazione i dati necessari alla valutazione dell’apprendimento del corsivo di ogni alunno (figura 3.1). La prova si differenzia a seconda della classe. Consiste nel dettato di parole o semplici testi a ogni singolo alunno nel tempo massimo di 4 minuti. La prova, proprio perché individuale, facilita l’insegnante nell’osservazione e nella rilevazione degli eventuali atteggiamenti scorretti nella conduzione del gesto grafico, nell’impugnatura e nella postura. In un dettato proposto a tutta la classe, infatti, è difficile rilevare, ad esempio, se le lettere tonde vengano tracciate in senso antiorario. Le parole e i testi proposti non contengono difficoltà ortografiche, perché in questo contesto l’ortografia non è oggetto di valutazione e non deve quindi rappresentare un ostacolo: l’obiettivo è la grafia nelle sue componenti e nella sua esecuzione. L’insegnante inserisce i dati rilevati nell’apposita griglia facendo riferimento alle indicazioni riportate. La lettura della griglia permette poi di verificare se l’apprendimento sta procedendo in modo corretto, se è necessario rafforzare e consolidare alcuni aspetti e come intervenire se si evidenziano difficoltà grafo-motorie. Procedura di somministrazione Per avere valori più attendibili il test deve essere somministrato a tutti nel tempo massimo di una settimana. Preferibilmente: – dallo stesso insegnante (meglio l’insegnante di italiano); – nello stesso luogo (consigliabile piccolo spazio/aula, isolato e silenzioso); – in modo sereno senza creare ansie da prestazione; – su un quaderno unico per confrontare le scritture e rilevare errori generalizzati; – con consegne chiare e precise. Prima di iniziare l’insegnante si rivolge all’alunno dicendo: «Ora ti detterò alcune semplici parole (frasi) per vedere come scrivi in corsivo. Se sbagli non devi cancellare, ma continuare a scrivere lì vicino. Scrivi meglio che puoi. Postura Impugnatura Tipo di corsivo Direzione delle lettere Forma delle lettere VALUTAZIONE DELL’APPRENDIMENTO DEL CORSIVO Fig. 3.1 Griglia per la valutazione dell’apprendimento del corsivo. Alunni Mano scrivente Dx Sx Rispetto distanza occhi-foglio Mano non scrivente sul banco Corretta Scorretta Troppo in punta Continuato Semicontinuato Lettere tonde in senso antiorario Lettere tonde chiuse (sì/no) Puntini i e trattini (t e z sì/no) Lettere scorrette Quali? Collegamenti Corretti Saldature e ripassi Tempo impiegato Velocità Grafemi scritti Coefficiente Somma dei coefficienti di ognuno diviso il numero degli alunni _____ Coefficiente di riferimento 62 Le migliori proposte operative su… Scrittura Osservazione e monitoraggio dell’evoluzione della scrittura 63 Prima di cominciare sistema il quaderno, assumi la corretta posizione nel banco e preparati a scrivere facendo attenzione all’impugnatura. Non preoccuparti del tempo; il cronometro mi serve solo per regolarmi dal momento che devo vedervi tutti». Detta quindi le parole senza mettere fretta e facendo pause tra una parola e l’altra. Durante la prova, proprio perché somministrata individualmente, l’insegnante può porre particolare attenzione alle seguenti componenti della scrittura e annotare quanto osserva: •la rapidità della scrittura: lenta, veloce, stentata; •la corretta esecuzione dei grafemi: osserva e annota il rispetto della giusta direzione delle lettere tonde, che vanno tracciate in senso antiorario; •la corretta forma delle lettere, e in particolare: – delle lettere tonde, che devono essere chiuse; – la presenza dei trattini delle t e z e dei puntini delle i; – la corretta esecuzione dei collegamenti: vanno annotati i collegamenti errati e l’eventuale presenza di saldature e ripassi; •la corretta postura: la distanza tra gli occhi e il quaderno deve essere di circa 30 cm, la mano deve essere sopra il banco per tener fermo il foglio o il quaderno; •la corretta impugnatura; •se l’alunno è destrimane o mancino. Le prove Le prove individuali vanno somministrate rispettando il tempo e le indicazioni date. Ogni bambino scrive su un unico quaderno che l’insegnante mette a disposizione a questo scopo. È così possibile osservare immediatamente tutte le scritture e, dopo aver inserito i dati nella griglia di valutazione, capire dove sia necessario intervenire, e se su tutta la classe o in maniera individuale. Prima classe La prova va somministrata quando i bambini sanno scrivere in corsivo. Le parole del test contengono tutte le lettere dell’alfabeto tranne l’h e non presentano difficoltà ortografiche. Batteria di parole: oca, boa, zoo, lei, qui, tre, vino, nove, bere, code, lago, sole, viso, buio, nodo, gola, foca, orzo, orso, orto, olio, corda, porta, ponte, odore, quattro (105 grafemi). Il controllo è molto utile in prima classe per verificare la corretta impostazione di base (in questa fase dell’apprendimento si può ancora intervenire e lavorare sull’impugnatura e la postura). 64 Le migliori proposte operative su… Scrittura Seconda classe La prova va somministrata indicativamente dopo due mesi dall’inizio dell’anno scolastico. Batteria di parole: gru, bere, corda, polso, bibita, tegola, colore, burro, drago, pollo, fiore, vento, prova, poche, odore, ombra, brocca, barche, giorno, quadro, aquila, lontano, toccare, ombrello (134 grafemi). Il test va ripetuto nel mese di marzo per verificare se l’apprendimento è avvenuto in modo corretto, se deve essere consolidato o se si deve intervenire per rafforzare o correggere. La seconda classe ha un’importanza particolare per il consolidamento del corsivo ed è per questo che vengono proposte due prove. È il momento in cui si manifestano le eventuali difficoltà grafo-motorie: il loro riconoscimento permette di intervenire tempestivamente. In questa fase la batteria di parole può essere sostituita da semplici frasi che permettono di capire se sono stati interiorizzati i passaggi più difficili come i collegamenti particolari (tra parentesi il numero di grafemi, in totale 134): Il fiore è bianco e blu. (18) La nave arriva oggi nel porto. (24) La luna e le stelle brillano nel buio. (30) Io scrivo bene con la biro in corsivo. (30) Leo risolve questi esercizi per primo. (32) Terza classe Nella terza classe la grafia comincia a diventare più sciolta perché la scrittura si automatizza. È importante verificarne l’evoluzione almeno una volta nel corso dell’anno scolastico. Se in terza classe la scrittura non risponde positivamente ai criteri di valutazione della griglia, con particolare riferimento alla leggibilità, l’insegnante può pensare a cause non imputabili a uno scorretto apprendimento del corsivo ma a difficoltà o problematiche di altro genere che necessitano di ulteriori indagini. La prova consiste nella dettatura del testo seguente (tra parentesi il numero di grafemi, in totale 194). Una volpe che aveva fame vide su una vite dei grappoli d’uva. (48) Decise di prendere qualche acino con le zampe. (38) Ma l’uva era troppo in alto per lei, saltava ma non ci arrivava. (49) Dopo alcune prove decise di andare via. (32) Pensò che gli acini erano acerbi. (27) Quarta classe La scrittura comincia a personalizzarsi. Il ductus scolastico dovrebbe ormai lasciare il posto alla grafia «personale». L’insegnante potrà osservare Osservazione e monitoraggio dell’evoluzione della scrittura 65 come le scritture dei suoi alunni siano diverse l’una dall’altra pur con la stessa impostazione di base, impostazione che le rende però chiare e leggibili. In quarta classe la prova va somministrata nel mese di marzo (tra parentesi il numero di grafemi, in totale 226). In estate la formica lavorava e faceva provviste per il freddo inverno. (58) La cicala cantava e suonava allegra al sole. (36) Arrivò il primo gelo e quando cadde la neve la cicala rimase senza cibo. (58) Infreddolita e affamata bussò alla porta della formica. (48) Questa però le negò il suo aiuto. (26) Quinta classe La scrittura continua a personalizzarsi. Si possono riscontrare cambiamenti significativi: scritture molto piccole, grafemi personalizzati, introduzione di maiuscole in stampato maiuscolo, ricerca del bello come i cerchietti o gli asterischi sopra la i, ricci e tratti aggiuntivi estetici, tentativi di imitazione di scritture di altri (migliore amico, fratello, ecc.). La prova va somministrata nel mese di marzo per verificare la scorrevolezza e la fluidità della scrittura, che è ormai comunicazione del pensiero (tra parentesi il numero di grafemi, in totale 273). Un corvo aveva rubato un pezzo di formaggio. (36) Si posò su una quercia per mangiarselo. (32) Lo vide la volpe che si fermò ai suoi piedi. (34) Cominciò ad adularlo per il suo aspetto. (34) Sicuramente anche la sua voce sarebbe stata all’altezza della sua bellezza. (63) Il corvo vanitoso gracchiò e lasciò cadere il formaggio. (47) La volpe lo afferrò e se lo mangiò. (27) Valutazione della velocità della scrittura Attraverso i test proposti, è possibile valutare anche la rapidità individuale della scrittura e la media raggiunta dalla classe di appartenenza. È per questo motivo che accanto a ogni frase viene riportato il numero di grafemi di cui è composta, in modo da facilitarne il conteggio. La prova va somministrata se nella classe sono presenti casi di scritture stentate, se ci sono bambini che faticano a scrivere e che rimangono indietro nei dettati e nel ricopiare dalla lavagna. Non deve diventare una gara di velocità e non deve essere competitiva. Servirà all’insegnante come indice di scorrevolezza grafica: l’eccessiva lentezza nel tracciato o la stentatezza nel procedere possono essere attribuite a motivi diversi e costituire segnali di cui tener conto per una corretta valutazione. Al 66 Le migliori proposte operative su… Scrittura termine della prova l’insegnante dividerà i secondi impiegati per il numero dei grafemi scritti ottenendo un coefficiente. Ad esempio: Carlo scrive 107 grafemi in 150” Piero 107 grafemi in 170” Marco 107 grafemi in 190” Lisa 102 grafemi in 240” ➡ 150 : 107 = coefficiente 141 ➡ 170 : 107 = coefficiente 159 ➡ 190 : 107 = coefficiente 178 ➡ 240 : 102 = coefficiente 236 A questo punto si fa la media dei coefficienti sommando quelli individuali (141+159+178+236) e dividendo per il numero degli alunni a cui è stata somministrata la prova, nel nostro caso 4; si ottiene il coefficiente di rapidità a cui fare riferimento, che nel nostro esempio è pari a 178. Se il risultato del singolo alunno è vicino al coefficiente di riferimento, la prova può ritenersi adeguata. Quando il coefficiente ottenuto dall’alunno è più basso del coefficiente di media e la scrittura risulta chiara e leggibile, il risultato è più che positivo. Diversamente, si verifica dagli altri dati raccolti attraverso la prova se il problema sia attribuibile a una scorretta impostazione o ad altre cause. Considerazioni sui risultati dei test Il test è stato somministrato a circa 200 alunni dalla prima alla quinta classe della scuola primaria. Dallo studio delle grafie non sono emersi casi di disgrafia attribuibili a una scorretta metodologia. Questo significa che educare alla scrittura aiuta il bambino a non trovare difficoltà nel tracciare lettere e parole. Gli insegnanti hanno avuto modo di rivedere il loro percorso, di confrontarsi, di riflettere, di intervenire e di approfondire, nel rapporto individuale, la conoscenza dei loro alunni. Vengono riportati di seguito esempi di scritture delle diverse classi con le relative annotazioni. Sono più significativi quelli di seconda e terza classe, dove il corsivo nasce e si consolida. In quarta e quinta classe, infatti, il gesto grafico è ormai acquisito e le scritture cominciano a personalizzarsi. Presentazione ed esame di alcune scritture «Belle scritture»: corretta impostazione ed evoluzione del corsivo Classe prima La scrittura rispetta le indicazioni del corsivo semicontinuato, manca infatti la gambetta iniziale davanti alle lettere tonde, non c’è il ripasso perché non serve Osservazione e monitoraggio dell’evoluzione della scrittura il trattino di accompagnamento iniziale. È una bella scrittura: la forma delle lettere è accurata, le lettere tonde sono tracciate in senso antiorario, i collegamenti sono corretti, i puntini delle i sono presenti, le zone grafiche e l’allineamento sul rigo sono rispettati. Classe seconda La scrittura rispetta le indicazioni del corsivo continuato, è presente la gambetta iniziale davanti alle lettere tonde perché c’è il ripasso. Si nota la raggiunta scorrevolezza del corsivo: è rispettata la forma e la direzione delle lettere e i collegamenti sono sciolti e corretti. Classe terza Il corsivo si avvia alla personalizzazione. La scrittura si presenta fluida e scorrevole. 67 68 Le migliori proposte operative su… Scrittura Classe quarta La scrittura è il risultato di una corretta impostazione del corsivo e di una raggiunta acquisizione del gesto grafico. Classe quinta È una scrittura chiara e accurata di una bambina mancina. Rispetto alla precedente presenta un maggior controllo nel movimento tipico dei mancini. Come individuare e riconoscere errori di impostazione In questo caso i collegamenti difficili non sono stati acquisiti e sono da riprendere. In questa scrittura le lettere tonde sono aperte. È da rivedere la corretta impostazione con partenza «a ore 13». Osservazione e monitoraggio dell’evoluzione della scrittura 69 Sono evidenti i ripassi nella lettera t. La f non è eseguita in modo corretto. Mancano i puntini sulle i e i taglietti delle t, senza i quali la lettera non ha identità. In questa scrittura sono evidenti saldature tra le lettere, collegamenti errati o mancanti, lettere tonde tracciate in senso orario. Nella scrittura dell’immagine sopra, la forma di alcune lettere e alcuni collegamenti non rispettano il modello scolastico. 70 Le migliori proposte operative su… Scrittura Sono evidenti i ripassi. Le lettere p e f non si allungano nella zona inferiore. A prima vista la scrittura si presenta stentata e poco armonica, ma risulta corretta nell’esecuzione delle lettere e dei collegamenti. In questo caso la rapidità del movimento toglie accuratezza alla forma. Conclusioni In questi anni di confronto, di verifica e di autocritica, abbiamo portato avanti la nostra convinzione nella riscoperta della scrittura e delle sue regole. Questo non significa regredire, tornare indietro, ma piuttosto riscoprire ciò che è stato dimenticato per dargli una giusta collocazione innovativa. Per anni il bambino di prima classe ha imparato a scrivere copiando le lettere presentate dalla maestra con un movimento improvvisato, senza regole, senza precise indicazioni. La traduzione del fonema in grafema non può essere lasciata al caso, ma deve essere guidata in modo che il bambino si appropri del movimento che Osservazione e monitoraggio dell’evoluzione della scrittura 71 sta alla base del gesto grafico, lo interiorizzi e lo rispetti. Solo così si arriverà a un corretto automatismo e alla personalizzazione della scrittura che prenderà il posto del modello scolastico. Pubblicazione originale «Difficoltà di apprendimento», vol. 16, n. 4, pp. 483-496, 2011, Trento, Erickson. 4 Apprendere la grammatica con le mappe concettuali Paola Gottardi1 Lo studio della grammatica e le esercitazioni che ad esso si accompagnano vengono spesso considerati noiosi e ripetitivi, poiché in genere richiedono all’alunno di dimostrare di avere memorizzato regole che ai suoi occhi appaiono asettiche e lontane dalla propria esperienza. All’insegnante si pone dunque la sfida di proporre questi contenuti con modalità che promuovano una comprensione autentica spingendo l’alunno a chiarificarsi la funzione linguistica delle parti del discorso e a scoprirne l’applicazione quotidiana nella comunicazione. In questa prospettiva è stata strutturata l’unità di lavoro qui presentata, che evidenzia la necessità, da parte del docente, di prestare attenzione, oltre che ai contenuti della disciplina, anche ai processi attraverso i quali gli studenti acquisiscono ed elaborano la conoscenza e quindi, in definitiva, ai processi di insegnamento-apprendimento. Attraverso un’attività così strutturata si vuole promuovere un uso flessibile e consapevole degli apprendimenti, in modo da consentirne l’applicazione in contesti nuovi tramite un’efficace generalizzazione delle conoscenze, che implica necessariamente un ruolo attivo e impegno da parte del discente. L’obiettivo ambizioso ma realizzabile è quello di presentare la grammatica — una delle aree «scolastiche» e noiose per eccellenza — come appren Insegnante presso la scuola primaria «Edmondo De Amicis», Istituto Comprensivo «Adria 2», Adria, RO. 1 74 Le migliori proposte operative su… Scrittura dimento significativo, funzionale e utile a stimolare gli studenti a un’attività metacognitiva nella quale si coltiva il senso di autoefficacia e l’autostima. Il primo passo per lo svolgimento dell’attività proposta consta nell’elaborazione di una macrostruttura dell’unità di lavoro dove vengono evidenziati i vari obiettivi di apprendimento (diversificati in obiettivi di prodotto e di processo), la metodologia e le modalità di rilevazione degli apprendimenti (si veda la figura 4.1). In questa fase del lavoro è molto importante prestare attenzione a tre aspetti: 1. definire e distinguere gli obiettivi di prodotto e di processo, perché ciò consente di porre in rilievo sia le prestazioni che l’insegnante deve considerare nel momento della verifica (obiettivo di prodotto) sia le abilità da continuare a promuovere (obiettivo di processo), nella prospettiva di affinare sempre più specifiche competenze; 2. creare un collegamento tra le conoscenze strettamente disciplinari (morfosintattiche) e la capacità di comunicare, cioè di esprimersi in modo efficace attraverso la lingua parlata o scritta. Questo collegamento si concretizza nel perseguimento degli obiettivi «usare correttamente il nome nella stesura dei testi essendo consapevoli anche del suo valore qualitativo (nomi alterati)» e «usare correttamente l’aggettivo nella stesura dei testi per la descrizione» (si veda la figura 4.1); 3. definire la correlazione fra i vari elementi che si intendono presentare agli alunni evidenziando l’organizzazione delle conoscenze in una mappa concettuale (figura 4.2). Tale strumento non serve solamente all’insegnante per aver chiari i vari contenuti da proporre, ma può essere anche presentato alla classe alla fine del percorso svolto, per verificarlo insieme. Il percorso didattico sul sostantivo Classe: 4a scuola primaria Obiettivo per gli alunni: riconoscere fra le parti del discorso il nome e classificarlo Obiettivo dell’insegnante: verificare le conoscenze possedute dagli alunni e ricavarne spunti per l’approfondimento Situazione: rientro dalle vacanze/ripasso Conoscenze prerequisite: avere chiare alcune caratteristiche della frase: frase di senso compiuto, frase minima, frase espansa, soggetto e predicato. Apprendere la grammatica con le mappe concettuali 75 Macrostruttura dell’unità di lavoro Il sostantivo e l’aggettivo – classe 4a Livelli morfosintattico e semantico Obiettivi di competenza Conoscere la struttura della lingua italiana per riflettere ed essere consapevoli della funzione delle parole, anche per usarle correttamente a livello espressivo (conoscere la semantica e la sintassi della disciplina) Riconoscere parole e raccoglierle per categorie: nome e aggettivo Imparare a interagire con compagni e con gli adulti cercando soluzioni razionali ai problemi Obiettivi di apprendimento Obiettivi di prodotto Riconoscere il nome e la sua funzione nella frase Riconoscere l’aggettivo e la sua funzione nella frase Usare correttamente il nome e l’aggettivo Obiettivi di processo Identificare il nome/l’aggettivo all’interno della frase Riconoscere la funzione del nome (soggetto, complemento oggetto, complemento indiretto) nella frase Riconoscere la funzione dell’aggettivo nella frase (attributo) Classificare il nome/l’aggettivo in base agli elementi conosciuti Usare correttamente il nome nella stesura dei testi essendo consapevoli anche del suo valore qualitativo (nomi alterati) Usare correttamente l’aggettivo nella stesura dei testi per la descrizione. Metodologia Mappa concettuale Insegnamento reciproco Strategie metacognitive: monitoraggio e autovalutazione Strategie motivazionali: compiti moderatamente sfidanti, attenzione all’immagine di sé degli alunni Rilevazione degli apprendimenti Verifica del raggiungimento degli obiettivi di apprendimento Verifica dell’obiettivo di competenza a vari livelli di padronanza (richiesta d’aiuto, esecuzione con facilitazione, esecuzione autonoma, padronanza) Prova n. 1: Data una frase, metterla in struttura ed eseguire analisi logica e grammaticale Prova n. 2:Testo da riscrivere cambiando/aggiungendo aggettivi e nomi alterati per connotare diversamente il testo Obiettivi di miglioramento Da definire per ogni alunno Fig. 4.1 Macrostruttura dell’unità di lavoro su sostantivo e aggettivo. 76 Le migliori proposte operative su… Scrittura Mappa concettuale – microstruttura Sinonimi e omonimi Funzione soggetto Alterati Derivati Il nome denomina Altre funzioni: – complemento diretto – complemento indiretto Composti Collettivi L’aggettivo spiega il nome Astratti Attributo del: – soggetto – complemento diretto – complemento indiretto Aggettivo qualificativo Possessivo Indefinito Dimostrativo Numerale Grado: – positivo – comparativo – superlativo Fig. 4.2 Mappa concettuale dei contenuti oggetto di insegnamento e apprendimento. I concetti considerati nelle ellissi saranno oggetto di attività in altri periodi dell’anno. Fase 1: individuazione delle conoscenze pregresse In questa fase gli alunni dovranno cercare, tra le conoscenze che possiedono, concetti relativi al nome, che serviranno come «ancora» per crearne di nuove e pervenire a una riorganizzazione insieme a quelle di nuova acquisizione. Apprendere la grammatica con le mappe concettuali 77 In questa situazione di lavoro si dimostrano particolarmente utili i post-it, che diventano supporti mobili per l’elaborazione di conoscenza, prestandosi come strumento per una continua organizzazione e riorganizzazione delle idee e le loro relazioni. Il loro uso è estremamente semplice: gli alunni annotano su di essi le loro idee, una per foglietto, e queste annotazioni costituiranno poi il materiale di base per la costruzione di nuove idee o concetti. Questa procedura permette di esplicitare le operazioni cognitive dei discenti dando visibilità ai processi di costruzione della conoscenza. L’attivazione delle conoscenze pregresse ha inizio con una consegna dell’insegnante, che presenta una frase e invita gli alunni a individuarne il soggetto. Dopo questo primo problema di facile soluzione, l’insegnante chiede: «In grammatica, cos’è il soggetto?», avviando e guidando così una discussione dalla quale deve emergere la consapevolezza che nella frase non sempre il nome è un soggetto, poiché il sostantivo può avere altre funzioni, e viceversa non sempre il soggetto è un nome. Segue quindi un brainstorming per individuare alcuni concetti chiave, stimolato dalla domanda dell’insegnante: «Pensate al nome: cosa potete dire del nome? Scrivete sui post-it quello che pensate, possibilmente non più di un concetto». Ogni alunno scrive, passa alla lavagna e attacca il post-it, in posizione casuale, sotto la parola nome scritta come titolo. A questo punto ci sono sulla lavagna i concetti base che gli alunni posseggono relativamente al nome e che saranno le fondamenta sulle quali ristrutturarne il concetto, la sua collocazione sintattica, morfologica e la sua funzione nel discorso. L’insegnante, prima di procedere, fornisce un feedback positivo per aiutare gli alunni ad avere fiducia nelle proprie capacità e incoraggiarli a mantenere il coinvolgimento nell’attività: «Tutte le vostre risposte sono nate da un ragionamento e quindi tutte possono essere valide. Vediamo insieme se abbiamo fatto il ragionamento giusto o se qualche risposta ora non è utile e deve essere parcheggiata». Questo «mettere in parcheggio» un’idea scorretta si può rivelare un accorgimento opportuno non solo perché permette di ripescare successivamente un concetto importante (ad esempio di «Cosa non è», fase 3) ma anche perché può dare l’opportunità di valutare come significativi elementi che di primo acchito possono apparire poco pertinenti, come spesso succede con le risposte degli alunni con difficoltà. Il feedback positivo e l’idea del «parcheggio» aiutano a essere sicuri di sé, anche quando è stato commesso un errore: una risposta, anche se apparentemente non rilevante, potrà in un secondo momento divenire importante per il lavoro del gruppo classe. Operando in questo modo diviene inoltre molto più facile mantenere attiva l’attenzione degli alunni, che generalmente risulta limitata nel tempo: 78 Le migliori proposte operative su… Scrittura vedere il «recupero» della propria idea influisce positivamente, oltre che sull’autostima, anche sulla durata dell’attenzione. Si passa quindi a organizzare i vari concetti emersi, mettendo da una parte della lavagna quelli riferibili a un approccio semantico e dall’altra quelli riferibili a uno grammaticale (l’insegnante funge da facilitatore). Rivedendo insieme le risposte, emerge chiaramente come le apparentemente «tante» idee siano di fatto riconducibili ad alcuni concetti chiave, per cui i post-it con la stessa idea vengono sovrapposti fisicamente perché «è la stessa cosa». Questo dimostra la possibilità di sintetizzare un concetto espresso in modi diversi. Dopo questo momento si passa alla costruzione della mappa semantica con gli elementi forniti dagli alunni, che l’insegnante definisce con il termine appropriato. Nome Serve per chiamare Dare un nome a una persona Indica Denominare Definita la funzione principale del nome, l’insegnante invita gli alunni a riferirsi al nome solo relativamente a concetti di tipo grammaticale: vengono quindi ripresi quei post-it che in qualche modo avevano evidenziato questa funzione e di nuovo organizzati sulla lavagna. Grammatica (ora penso al nome solo come elemento di analisi grammaticale) Nome proprio Nome comune Nome di persona Ha un genere Fase 2: approfondimento e categorizzazione delle conoscenze A questo punto l’insegnante invita gli alunni a proporre suggerimenti più specifici in senso grammaticale: «Sappiamo altre cose del nome?» e si ripete Apprendere la grammatica con le mappe concettuali 79 Grammatica (ora penso al nome solo come elemento di analisi grammaticale) Comune Persona Animale Cosa Proprio Genere ➝maschile ➝femminile Numero ➝singolare ➝plurale (non per i nomi propri) Alterato: -ino ➝ diminutivo -one ➝ accrescitivo -etto ➝ vezzeggiativo -accio ➝ dispregiativo la procedura descritta sopra. Anche in questa fase si utilizzano i post-it, per realizzare poi una nuova mappa con i concetti emersi, e le risposte sbagliate — ad esempio «voce del verbo» — non vengono eliminate ma «messe in riserva» perché più tardi potrebbero rivelarsi utili (ad esempio, quando si andrà a definire cosa non è un nome). Fase 3: costruzione del diagramma concettuale A questo punto si hanno tutti gli elementi utili per definire sia a livello morfologico che sintattico il nome, strutturando una corretta collocazione concettuale (figura 4.3). Il diagramma va poi riportato su un cartellone e appeso in classe, così da poterne far riferimento durante gli esercizi di grammatica. I concetti (e il cartellone) saranno ampliati nel momento in cui verranno proposte agli alunni altre classificazioni del nome (nomi derivati, composti, ecc.) alle quali si perverrà nel corso dell’anno scolastico (ripresa dei concetti e loro ampliamento). Particolarmente stimolante e utile può essere la ricerca degli elementi da inserire nelle aree relative a cosa il nome è e non è. Gli esempi possono scaturire in modo naturale — un alunno trova un esempio e la classe segue —, ma possono anche emergere delle difficoltà. L’insegnante in questo secondo caso può proporre il gioco «Accettato, non accettato»: dato un nome, gli alunni, a turno, ne propongono un altro che appartenga alla stessa categoria 80 Le migliori proposte operative su… Scrittura Cos’è Esempi di cos’è È una parola che serve per denominare Maria, Guido Fufi, Milù Mamma, papà, nonni, nonne Banco, sedia, tavoli, finestre Cuccioletto Il Nome Quali sono le sue caratteristiche Spesso è preceduto dall’articolo Se ha funzione di soggetto è seguito dal verbo, ma può avere anche altre funzioni Alterandolo indica qualità diverse Esempi di cosa non è Verbo: mangiare Aggettivo: bello Preposizione: di Articolo: la Congiunzione: e Pronome: lui Fig. 4.3 Diagramma concettuale del nome. (ad esempio, nomi comuni) ma con una variante (maschile/femminile, singolare/plurale): se è corretto viene accettato, in caso contrario non accettato. Gli alunni, ragionando su quali nomi l’insegnante accetta, hanno la possibilità di scoprire la regola implicita che permette l’inserimento del nome giusto: un nome comune di oggetto maschile e femminile, un nome comune di persona singolare e plurale, ecc. Fase 4: esercitazioni Al lavoro di costruzione del concetto di nome, segue l’esercitazione su compiti che richiedono l’identificazione dei sostantivi all’interno di testi e la strutturazione e analisi di frasi, sotto il profilo sia sintattico che morfologico (ad esempio, «L’alunna di classe quarta riordina i post-it sulla grande lavagna»). Segue l’analisi logica e grammaticale. Le attività vengono prima svolte in coppia (tutoring) e poi autonomamente. Per verificare l’acquisizione degli apprendimenti vengono somministrate le verifiche definite nella macrostruttura dell’unità di apprendimento (si veda la figura 1). Un esempio di prova svolta è riportata nella figura 4.4. Dopo lo svolgimento delle prove è possibile confrontare i testi prodotti con quello dell’autore per acquisire eventualmente altri termini al fine di ar- Apprendere la grammatica con le mappe concettuali 81 ricchire il vocabolario. Nel caso dell’esempio, il testo originale era il seguente (tratto da Gli indifferenti di Moravia). Il letto largo e basso occupava un angolo interno; ella vi si distese e guardò la stanza: nella penombra, che una sola lampada accesa presso il capezzale non rompeva, s’intravedevano due armadi dagli specchi lucidi, uno a destra della porta del salotto, l’altro dalla parte opposta; e non c’era altro; la finestra occupava tutta la parte opposta, era bassa, rettangolare, con piccoli vetri; aveva delle mezze tendine candide; sotto la finestra c’era il termosifone nascosto da una specie di griglia; le persiane erano chiuse, la porta del salotto era chiusa, e così anche quella del bagno che ella vedeva di sbieco, dai vetri illuminati debolmente. Abbassò gli occhi, una grande pelle d’orso, bianca e irsuta, stava distesa ai suoi piedi: aveva occhi di celluloide gialla, una bocca spalancata piena di denti aguzzi; la pelle piatta dalle zampe corte e dalla coda piccola dava l’impressione che un rullo gigantesco l’avesse spianata in quel modo, lasciando intatta solo la testa feroce. Fase 5: ampliamento delle conoscenze L’attività può proseguire con successive lezioni, programmate nel corso dell’anno, nelle quali identificare altre peculiarità del nome così da giungere alla classificazione definita nella mappa concettuale (figura 4.2). Con la stessa modalità si procede all’attività legata alla definizione dell’aggettivo (e in seguito anche di altri elementi grammaticali) e alla sua funzione all’interno della frase; anche in questo caso, il processo si incentra sul lavoro degli studenti volto a individuare e comprendere, secondo le proprie categorie mentali, il nuovo elemento grammaticale proposto. Definire l’aggettivo (o il verbo) con propri termini e non attraverso una «regola imposta» permette di comprendere meglio la sua funzione come parte del discorso e di memorizzare in modo più significativo e duraturo la nuova, e più ortodossa, definizione fornita in un secondo momento dall’insegnante. A titolo esemplificativo, si riportano di seguito alcune definizioni elaborate dagli alunni per identificare l’aggettivo e il verbo: – Il verbo è una parola che ti spiega cosa fa qualcuno e quando lo fa – Senza un verbo non si può fare una frase – Verbo: azione di persona o animale con un tempo – Un aggettivo può essere «specificativo». 82 Le migliori proposte operative su… Scrittura Conclusioni Attraverso la procedura di insegnamento qui descritta gli alunni possono appropriarsi in modo significativo dei concetti proposti, altrimenti molto astratti, e possono agganciare le loro conoscenze pregresse a ciò che via via viene presentato, ma soprattutto si pongono sempre in maniera attiva di fronte al problema («Che funzione avrà questa parola nella frase? A che cosa servirà nel testo?») cercando di dare proprie soluzioni, vagliandole alla luce di quanto esplicitato dagli altri e integrandole con esse. Il lavoro diviene molto significativo anche per l’insegnante, che vede costruire pian piano conoscenze durature, stabili e soprattutto fruibili. Gli alunni cominceranno a utilizzare le parole in maniera più consapevole utilizzando la grammatica per l’effettiva funzione che deve avere: permettere una comunicazione più efficace e una più sapiente modalità espressiva, senza dimenticare che la stessa rimane strumento per dare rigore al pensiero attraverso lo sviluppo delle capacità di categorizzare, connettere e analizzare. Pubblicazione originale «Difficoltà di apprendimento», vol. 13, n. 3, pp. 431-440, 2008, Trento, Erickson. 5 Coerenza e coesione del testo: un percorso per promuovere precocemente un uso consapevole della lingua Paola Gottardi Il lavoro proposto ha come obiettivo quello di stimolare fin dalla prima classe della scuola primaria una riflessione linguistica intesa nel senso più ampio del termine: promuovere cioè la capacità di riflettere sulla struttura del testo, sulla sua costruzione, sul suo scopo e sull’impatto che avrà sul lettore. Tutti questi sono obiettivi che l’insegnante perseguirà continuamente nel corso degli anni di istruzione, ma che, se ben posti, possono essere affrontati fin dal primo approccio al testo. Già nelle prime esperienze di scrittura è infatti possibile porre le basi per comprendere che il prodotto scritto è il risultato di una serie di operazioni di pensiero, che non sono sempre però ben visibili, poiché effettuate a livello mentale. Già dai primi lavori, allora, possono essere messi in luce i processi implicati nello scrivere e si può iniziare a comprendere che la costruzione del testo è attività di problem solving. In questa pratica sono identificabili, anche se a livello germinale, aspetti indispensabili del processo di scrittura presenti soprattutto nella fase di pianificazione e cioè la generazione di idee e l’organizzazione del testo. Quest’ultima è uno degli aspetti rilevanti che concorrono alla capacità di scrivere un buon testo e può essere definita come «il processo diretto a trasformare l’insieme delle idee recuperate in un piano di scrittura e si compone della scelta e della disposizione delle idee» (Cisotto, 2004, p. 240). Da questo dipende la coerenza del testo, cioè quella compattezza interna che lo rende un prodotto fruibile e non un elenco di pensieri. 84 Le migliori proposte operative su… Scrittura Un altro aspetto è dato dalla trascrizione, che rappresenta la fase esecutiva e osservabile dello scrivere dove quanto è stato pianificato viene trasformato in testo. In questo lavoro gli alunni sono stati avviati a comprendere che il testo non può limitarsi a una semplice trasposizione di pensieri: questi devono essere elaborati per dar vita a una struttura adeguata sul piano sia strumentale (sintassi, lessico) che testuale (introduzione, capoversi, paragrafi). Proprio a questo obiettivo è rivolta la presente attività che induce gli alunni a «lavorare» sul testo analizzando, tagliando, sostituendo, limando e revisionando fino a ottenere un prodotto finale adeguato, che piaccia sia all’autore che al futuro lettore. Il percorso didattico Fase 1: la progettazione dell’apprendimento La moderna concezione dell’educazione pone particolare accento sui processi di apprendimento, inducendo l’insegnante a prestare un’attenzione privilegiata al modo in cui gli studenti organizzano, strutturano e usano le conoscenze per risolvere i problemi oltre che al modo in cui le ripresentano e le restituiscono. In questa ottica conoscenze e abilità sono integrate in attività che impegnano e coinvolgono gli studenti secondo questa sequenza: acquisizione delle conoscenze, loro uso e applicazione, autovalutazione e apprendimento significativo. Si crea così quello che viene definito «allineamento», cioè una continuità tra obiettivi, insegnamento e valutazione. Proprio questo è lo scopo della progettazione dell’apprendimento, sintetizzata nella tabella 5.1, nella quale ho tenuto conto delle condizioni che sono state individuate come favorevoli per imparare meglio: – coinvolgimento attivo, sul piano sia emotivo che operativo (Comoglio, 2002a; 2002b); – costruzione della conoscenza/comprensione da parte del discente; – la conoscenza/comprensione si sviluppa o si fonda o nasce da ciò che già si conosce; – collaborazione tra compagni; – livello di sfida stimolante ma accessibile; – contenuti significativi, ampiamente generalizzabili e applicabili. Nella definizione degli obiettivi ho considerato sia quelli estesi sia quelli di unità, che si differenziano principalmente per il fatto che i primi sono a lungo termine (richiedono anni di lavoro perché si sviluppano gradualmente Coerenza e coesione del testo 85 Tabella 5.1 Sintesi della progettazione dell’apprendimento Il nostro primo racconto Scuola primaria, classe 1a – Disciplina: lingua italiana Obiettivi estesi Sociali Conoscenza di sé Relazione con gli altri Lavorare in modo indipendente e autoregolato usando abilità sociali di leadership distribuita, di gestione dei conflitti, di comunicazione Sviluppare un senso di interdipendenza Cognitivi Individuare forme di coesione testuale Capire che un testo è dato da una struttura coesa e coerente Produrre brevi testi ragionevolmente ben costruiti Metacognitivi Riflettere sulla qualità del proprio lavoro Riflettere sulla struttura testuale Disposizioni Impegnarsi per l’accuratezza Applicare la conoscenza posseduta a nuove situazioni Obiettivi di unità Avviamento a: –scrivere correttamente i suoni gi/ge –individuare e utilizzare i connettivi all’interno delle frasi –individuare il soggetto all’interno della frase –sostituire il soggetto con sinonimi o pronomi Rilevazione degli apprendimenti Verifica della padronanza a vari livelli (richiesta d’aiuto, esecuzione facilitata, esecuzione autonoma, esecuzione competente) Prova 1:individuare i connettivi all’interno di un testo Prova 2:individuare il soggetto all’interno di una semplice frase Prova 3:scrivere autonomamente brevi didascalie facendo uso dei connettivi e utilizzando in maniera corretta il soggetto 86 Le migliori proposte operative su… Scrittura Prestazione Situazione Dall’inizio dell’anno leggiamo racconti e brevi storie raccolte in libri. Abbiamo capito insieme che ogni libro ci fa vivere un’avventura diversa e ci fa conoscere nuovi personaggi che sono molto simpatici. Abbiamo anche conosciuto qualche autore perché ha voluto raccontarci la sua vita che ha scritto alla fine del libro. Ora anche noi sappiamo scrivere brevi frasi aiutandoci con immagini. Vorremmo scrivere un libricino per altri bambini. Ruoli Siamo, tutti insieme, gli autori di un libro da regalare agli alunni che il prossimo anno frequenteranno la classe prima. Prodotto Scriviamo una storia divisa in sequenze. Ogni sequenza sarà accompagnata da un’immagine e costituirà una pagina del libro. Il libro avrà un titolo e una copertina, dovrà essere comprensibile e scritto in modo che piaccia a chi lo legge. con esplorazioni via via sempre più profonde) mentre i secondi individuano gli apprendimenti entro le unità presentate. Naturalmente gli uni e gli altri devono essere in relazione. Poiché è importante che gli alunni siano consapevoli degli obiettivi di quanto viene svolto, è compito dell’insegnante evidenziare le varie connessioni per far comprendere le finalità sottostanti il lavoro quotidiano. Questo è un aspetto di grande motivazione per gli studenti oltre che per gli insegnanti, e qui si è cercato di realizzarlo pur utilizzando un linguaggio semplice e adatto alle capacità di comprensione dei discenti. In sede di progettazione ho definito anche la situazione, il ruolo che gli alunni avrebbero avuto in essa, il prodotto che si intendeva ottenere e il destinatario al quale era rivolto. Fase 2: la stesura del racconto Generazione di idee e organizzazione L’obiettivo di trasmettere una prima idea che la stesura di un testo è un complesso lavoro di problem solving che implica un atteggiamento strategico e il compimento di varie scelte linguistiche e testuali si affiancava, nel caso specifico, a quello di consolidare i suoni dolci gi e ge. Coerenza e coesione del testo 87 Presento l’attività come narrazione di una breve storia nella quale un bambino di nome Luigi compie delle azioni che lo inducono a vivere una semplice esperienza sicuramente nota anche agli alunni. Consegno agli alunni le sei vignette relative alla storia (si veda la scheda 1; le vignette vanno fotocopiate, ritagliate e incollate in sequenza casuale su un altro foglio) in un unico foglio, dove però gli eventi non sono collocati in ordine cronologico. Spetta ai discenti ritagliarle e riordinarle correttamente. Questo lavoro, che in classe abbiamo già svolto con un numero minore di vignette, li induce a riflettere valutando le alternative e a prefigurarsi lo sviluppo della storia e quindi del testo. In questa fase iniziale l’attività non è orientata in modo specifico, ma consiste piuttosto in un’esplorazione dell’argomento nella quale gli alunni si rifanno al loro repertorio di conoscenze/esperienze e grazie a queste riescono a dare un ordine logico agli eventi. Dopo avere riflettuto insieme su qualche collocazione sbagliata, chiedo agli alunni di numerare le vignette. Quando tutti hanno stabilito l’ordine corretto, si passa alla definizione del titolo, che deve essere significativo, comporsi di poche parole e consentire una prima adeguata comprensione della storia. Il titolo assegnato risulta essere «Luigi e il gelato». Ogni vignetta viene incollata sul quaderno e si passa a discutere, concordare e scrivere le didascalie. La scrittura avviene tramite dettatura dell’insegnante o attraverso il dettato muto, che consiste nello scrivere le frasi, una per volta, alla lavagna, lasciare agli alunni il tempo di leggerle attentamente, cancellarle e dare ai bambini il tempo di riportarle sul quaderno prima di passare alla frase successiva. In questa fase è importante fare in modo che in ogni didascalia il soggetto sia Luigi e che il nome si ripeta per ogni sequenza, perché gli alunni comprendano la necessità di esplicitare il soggetto e di inserirlo come primo elemento nella costruzione della frase; inoltre, ciò fornisce una struttura testuale adatta per iniziare un lavoro di utilizzo del rapporto anaforico tra gli elementi di un testo, obiettivo che qui prende l’avvio ma che continuerà poi negli anni di formazione linguistica. Nel nostro caso, gli alunni elaborano le seguenti didascalie: – Luigi compra un gelato dal gelataio; – Luigi si incammina verso casa mangiando il gelato; – Luigi vede una bella farfalla e la guarda incuriosito; – Luigi rincorre la farfalla con il gelato in mano; – Luigi inciampa in un sasso e fa cadere il gelato; – Luigi piange disperato. 88 Le migliori proposte operative su… Scrittura Comprensione dell’inadeguatezza del testo e prima rielaborazione: trascrizione L’insegnante trascrive le didascalie elaborate in un file di Word e ne stampa una copia per ciascun alunno, tagliando il foglio in tante strisce quante sono le frasi (scheda 2). Ogni bambino deve leggerne il contenuto, comprenderle e riordinarle correttamente in senso cronologico. Il testo, ora privo di vignette, viene letto da un alunno abile o dall’insegnante. A questo punto chiedo ai bambini se, secondo loro, il testo va bene così com’è: «Secondo voi quella che abbiamo scritto insieme è una storia scritta bene? Vi piace ascoltarla? Vi piace tanto quanto le storie che leggiamo ogni mattina o c’è qualcosa che non va? Proviamo a rileggerla». Dopo un primo entusiastico momento di approvazione per il loro lavoro, gli alunni si rendono conto che effettivamente c’è qualcosa che non va nel testo e osservano: – «C’è qualcosa che non va ma non so cosa»; – «È un po’ uguale». E dopo qualche riflessione: – «C’è tante volte Luigi». Finalmente! Gli alunni hanno riflettuto sulla forma testuale e si sono avviati a comprendere che nel testo vi è anche una «tessitura», una trama di richiami, connessioni e possibili inferenze. Utilizzo dei connettivi temporali È il momento di condurre gli alunni alla comprensione e al riconoscimento dell’importanza dell’uso dei connettivi, ovvero gli elementi — che possono essere congiunzioni, avverbi, ecc. — che collegano fra loro parti del testo esplicitando il tipo di legame che esiste tra di esse (Berretta, 1981a). Li invito a suggerire come modificare il testo per migliorarlo; gli alunni hanno già capito che «C’è tante volte Luigi», ovvero che il nome ripetuto rende il testo prolisso e poco scorrevole. Azzardano quindi le loro ipotesi di revisione testuale: – «Potremmo fare una sola volta Luigi, non tante». Per aprire la riflessione sui connettivi, in particolare quelli temporali, chiedo se i fatti descritti nella storia di Luigi avvengono tutti nello stesso mo- Coerenza e coesione del testo 89 mento o in momenti successivi. Gli alunni sono già stati portati a individuare la temporalità degli eventi nelle attività legate all’ambito antropologico, e quindi facilmente capiscono che introducendo nel testo i connettivi temporali lo si può migliorare. Subito ritornano alla memoria le parole utilizzate in altri tipi di esercitazione: dopo, poi, infine, ecc. Per estendere la riflessione, li invito a ricordare come cominciano di solito le fiabe e i racconti conosciuti, e il fatidico «C’era una volta» emerge subito, insieme a «Un giorno è successo che…», ecc.; ecco che si è arrivati ai connettivi temporali ai quali si mirava. I connettivi identificati vengono dapprima scritti alla lavagna, poi riscritti in neretto dall’insegnante su striscioline di carta e consegnati agli alunni (scheda 3). Viene anche ripreso il testo su strisce di carta, che i bambini devono ora ricomporre utilizzando i connettivi e togliendo ciò che appare ridondante, tra cui sicuramente il nome del bambino ripetuto tante volte. Per ogni sequenza viene individuato un connettivo adeguato e ne vengono suggeriti di nuovi. Dopo la revisione collettiva, si ottiene il testo presentato nella figura 5.1. Il testo revisionato viene letto dall’insegnante e gli alunni notano immediatamente come risulti più scorrevole e più simile a quelli che leggono sui libri. È il momento di evidenziare quanto la nostra esperienza ci ha condotto a scoprire; ecco che allora le riflessioni vengono verbalizzate per promuovere una metacognizione linguistica: – «Abbiamo capito che non dobbiamo ripetere sempre Luigi e che per unire le frasi si devono usare delle parole speciali». Attraverso l’uso, non virtuale, di forbici e colla gli alunni sono arrivati a strutturare un testo sicuramente più coeso rispetto alla prima stesura e sono giunti a comprendere l’uso di queste fondamentali parti del discorso. L’attività di identificazione e inserimento dei connettivi, apparentemente semplice, è un momento importante nella strutturazione del testo perché apre la via a un’attenta e sempre più strutturata analisi e interiorizzazione di forme di connessione testuale ritenute spesso una categoria «difficile» per parlanti poco competenti. Non capire a fondo la diversa funzione di questi segnali di connessione può equivalere a fraintendere il messaggio. Da ricerche effettuate (Berretta, 1981b) emerge infatti come gli errori di interpretazione dei connettivi (magari i meno usuali) da parte degli adolescenti siano abbastanza frequenti. Questa difficoltà è confermata anche dallo scarso uso che generalmente ne fanno nelle loro produzioni scritte o dalle preferenze accordate ad alcuni di essi che vengono utilizzati in maniera indiscriminata riducendo così «lo sforzo di individuare lo specifico rapporto fra gli eventi» (Bazzanella e Pozzo, 2001). Al contrario, la produzione orale risulta troppo spes- 90 Le migliori proposte operative su… Scrittura Luigi e il gelato Un giorno Luigi compra un gelato dal gelataio poi si incammina verso casa mangiando il gelato. A un tratto vede una bella farfalla e la guarda incuriosito. Subito rincorre la farfalla con il gelato in mano, ma inciampa in un sasso e fa cadere il gelato. A quel punto Luigi piange disperato. Fig. 5.1 Testo ottenuto con l’inserimento dei connettivi. so abbondare di altri tipi di connettivi per mascherare la povertà dei contenuti con un mezzo poco impegnativo sul piano del significato. È quindi importante avviare precocemente il lungo processo che aiuterà gli studenti a esplicitare in modo sempre più chiaro il tipo di legame che intercorre fra gli enunciati in modo che l’uso della lingua sia sempre più consapevole e funzionale. Fase 3: identificazione e uso dell’anafora «L’anafora è uno dei principali mezzi che le lingue hanno a disposizione per “legare assieme” porzioni più o meno ampie di testo. Imparare a riconoscerla è importante, perché significa capire come funziona la lingua in uno dei suoi meccanismi più importanti e delicati» (Lo Duca, 2003, p. 181). È quindi utile cominciare presto, dai primi approcci al testo, per comprendere e avere chiari i passaggi che più in là diverranno sempre più articolati e complessi. Quando lo si ritiene opportuno, si può approfondire il lavoro avviando alla consapevolezza dell’uso delle anafore come meccanismi di richiamo nel testo per dare ad esso coerenza e coesione. La coesione è data infatti proprio dalla rete più o meno fitta di segnali coesivi presenti nel testo mentre la coe- Coerenza e coesione del testo 91 renza è costituita da quegli elementi che permettono di trarre delle inferenze costruendo anelli mancanti. Con l’uso della lavagna luminosa, propongo agli alunni un testo senza titolo diviso in sequenze numerate e comincio a farlo leggere da un alunno (scheda 4). È subito evidente che si tratta dello stesso testo da loro elaborato qualche tempo prima, anche se un po’ampliato («Maestra hai aggiunto parole nuove!» — esclamano). Ne consegno una fotocopia e procediamo nella lettura di tutte le sequenze. Gli alunni riconoscono i connettivi usati precedentemente, che cerchiamo di verde sia sul lucido posto sulla lavagna sia sul loro foglio. Per riagganciarsi al lavoro svolto in precedenza, chiedo: – «Perché queste parole utilizzate nel nostro testo sono così importanti?». Subito gli alunni rispondono: – «Abbiamo aggiunto queste parole perché eravamo stanchi di sentire sempre le stesse parole»; – «Queste parole rendono più bello il racconto di Luigi»; – «Queste parole sono speciali perché fanno capire il tempo che passa». E aggiungono: – «Maestra, queste parole sono sei come i pezzettini del racconto»; – «Le troviamo sempre prima di Luigi». Davvero profonde osservazioni! Dopo aver quindi ripreso il lavoro precedente, cerco di portare l’attenzione degli alunni ai meccanismi di richiamo del testo per sostituire il nome Luigi, ripetuto più volte come loro stessi avevano già evidenziato («C’è tante volte Luigi»). Cerchiamo in rosso tutti i «Luigi» presenti nel testo, confermando che si trovano subito dopo i connettivi utilizzati, e conveniamo che sono davvero troppi (anche questi sei come le sequenze). Propongo quindi di numerare e poi tagliare una sequenza per volta valutando insieme «cosa fare di questo Luigi». Dopo aver analizzato la prima sequenza riteniamo che il nome, in questo caso, debba essere espresso perché: – «All’inizio lasciamo Luigi perché così si capisce chi fa la storia»; – «Se lo togliamo nessuno capisce di chi si parla». È questo «l’antecedente», cioè la prima menzione di un individuo o un oggetto nel testo e i bambini ne colgono subito la necessità e funzionalità. 92 Le migliori proposte operative su… Scrittura Per la «ripresa anaforica» (la seconda menzione e tutte le successive) decido di utilizzare sostantivi e pronomi ma anche di omettere il soggetto, che resta implicito, e comunque inconfondibile perché il verbo rimanda ad esso. Preparo quindi tre strisce dove sono presenti, per confronto, sostantivi, pronomi e sostantivi con aggettivi (figura 5.2). Leggiamo la seconda sequenza e decidiamo di tagliare il soggetto (Luigi); consegno agli alunni la prima striscia chiedendo di individuare quale parola possa sostituire il pezzo tagliato. Subito emerge la considerazione: – «Dobbiamo utilizzare bambino perché anche nel secondo pezzo si parla di Luigi». La stessa osservazione viene espressa per la quarta sequenza, dove viene proposto l’uso di lui o lei. Gli alunni rispondono: – «Dobbiamo usare lui perché Luigi è un maschio, lei si usa se è una femmina!»; – «Nella storia c’è un maschio e non una femmina»; – «Sì, lui è maschile e lei è femminile»; – «Se mettiamo lei chi legge il nostro racconto si confonde e dice “ma allora chi c’è nella storia?”». Poiché non ho ancora introdotto il concetto di genere, questa osservazione spontanea viene ribadita per tutta la classe; la riprenderemo in seguito quando si affronteranno in modo formale i concetti di genere e numero. Nelle sequenze 3 e 5 desidero evidenziare l’uso dell’ellissi, cioè l’eliminazione del soggetto nella frase dove fa da segnale anaforico la marca di accordo sul verbo. Quindi dopo aver tagliato Luigi chiedo: «Possiamo non mettere nulla qui?». E gli alunni: «Certo, si capisce che parliamo di Luigi perché l’abbiamo detto tante volte!». Nella sequenza 6 voglio invece porre l’attenzione sull’aggettivo che accompagna il nome comune e do l’opportunità di riflettere per rendermi conto se gli Il bambino La bambina Lui Lei Lo sfortunato bambino Il bambino fortunato Fig. 5.2 Sostantivi, pronomi e sostantivi con aggettivi per la scelta delle riprese anaforiche. Coerenza e coesione del testo 93 alunni conoscono il significato dei termini e li sanno usare in modo corretto avendo compreso gli eventi del testo. Gli alunni rispondono: – «Maestra, dobbiamo usare sfortunato perché “è rimasto senza gelato, si è fatto male a un ginocchio e la farfalla è scappata”. Si dice fortunato se sono successe cose buone!». Ora il testo è strutturato e chiedo loro se «sentono» che sia abbastanza bello da poter diventare un libro. Gli alunni concordano che è proprio un bel racconto e che potrà essere letto con piacere dai compagni delle future classi prime. Domando un ultimo sforzo: ricopiare il testo facendo uso della lavagna luminosa o del loro quaderno in modo che sia scritto con ordine per poter poi essere ricopiato al computer e costituire la parte scritta delle pagine del libro. Per fare questo dovranno prestare molta cura e attenzione ad alcune cose: – le parole speciali (i connettivi) dovranno essere scritti in verde (precedentemente già cerchiati con questo colore); – «Luigi» o le parole che lo sostituiscono dovranno essere scritte in rosso (come sono state cerchiate); – gli errori ortografici andranno attentamente evitati; – ogni volta che si incontra il punto fermo si va a capo e si utilizza la lettera maiuscola. 5). Per favorire l’autoregolazione, fornisco una scheda di promemoria (scheda Faccio notare inoltre che le pagine dei libricini che loro leggono contengono una frase e un disegno per ogni pagina e che quindi anche noi dovremo fare questo. Per rendere il lavoro meno faticoso, gli alunni lavorano in coppie scambiandosi l’aiuto necessario. A questo proposito, particolarmente interessante è stata l’esperienza di due compagni: uno cinese e uno italiano. Il bambino cinese, più veloce e preciso nella copiatura del testo, dettava al compagno italiano, che però correggeva l’uso improprio dei suoni simili fatto dal compagno cinese. Entrambi, ognuno con le proprie capacità, hanno dato un importante contributo al lavoro. Questo lavoro di copiatura del testo è stato vissuto con impegno da parte degli alunni perché, motivati nel dare ordine a un prodotto importante, hanno provato la «vera fatica» che fa l’autore nella revisione dei suoi lavori. Ognuno di loro realizzerà il suo libricino da consegnare ai futuri alunni di prima, libricino che riporterà il loro nome come autori. 94 Le migliori proposte operative su… Scrittura Fase 4: esercitazioni A questo lavoro seguono esercitazioni per rinforzare gli apprendimenti e consolidare le scoperte e le riflessioni fatte trasformando quanto acquisito in pratica di lavoro. Un esempio è il seguente, scelto fra tanti per aiutare a rinforzare il trigramma sci/sce. Agli alunni viene consegnato un titolo da incollare sul quaderno, «La scimmia distratta», e si chiede di ipotizzare che cosa potrebbe accadere in una storia intitolata così. Dopo la riflessione, si distribuiscono le immagini (scheda 6) da riordinare dando a ognuna un numero secondo la sequenza cronologica degli eventi; ogni vignetta viene esaminata per poi discuterne e definirne la didascalia. Ogni alunno scrive autonomamente un pezzo di frase (più o meno lungo in relazione alle singole capacità). La frase deve contenere: – connettivo → parola speciale; – soggetto → chi è?; – predicato verbale → che cosa fa?; – complemento → che cosa?/dove?, ecc. Conclusioni Gli alunni hanno infine elaborato il loro libricino scrivendo i testi al PC e colorando le vignette ingrandite. Testo e immagini hanno quindi costituito le pagine del libro da consegnare l’anno successivo ai nuovi alunni di prima. Il lavoro è stato sicuramente impegnativo, ma molto significativo perché ha permesso ai bambini di addentrarsi nei meccanismi della lingua giocando con le parole e portando le loro riflessioni spontanee ma pertinenti e pregnanti. Tutta la classe ha partecipato attivamente perché l’obiettivo da raggiungere era significativo e coinvolgente. Lavorare in modo «autentico» ha permesso di tenere alti la motivazione e l’impegno permettendo di interiorizzare strategie di scrittura che, se incrementate negli anni, porteranno a un uso della lingua progressivamente più consapevole. Bibliografia Bazzanella C. e Pozzo G. (2001), Il bambino che impara a connettere, «Italiano & Oltre», vol. 5, pp. 15-22. Coerenza e coesione del testo 95 Berretta M. (1981a), Un aspetto della (in)competenza testuale degli adolescenti: La comprensione delle proforme. In M. Berretta (a cura di), Sviluppi della linguistica e problemi dell’insegnamento, Torino, Giappichelli, pp. 97-133. Berretta M. (a cura di) (1981b), Sviluppi della linguistica e problemi dell’insegnamento, Torino, Giappichelli. Cisotto L. (2004), Didattica del testo, Roma, Carocci. Cisotto L. (2005), Psicopedagogia e didattica, Roma, Carocci. Comoglio M. (2002a), La «valutazione autentica», «Orientamenti Pedagogici», vol. 49, n. 1, pp. 93-112. Comoglio M. (2002b), Il portfolio: Strumento di valutazione autentica, «Orientamenti Pedagogici», vol. 49, n. 2, pp. 199-224. Lo Duca M.G. (2003), Lingua italiana e educazione linguistica, Roma, Carocci. Pubblicazione originale «Difficoltà di apprendimento», vol. 15, n. 1, pp. 95-110, 2009, Trento, Erickson. SCHEDA 1 96 Le migliori proposte operative su… Scrittura Vignette della storia «Luigi e il gelato» © 2012, D. Ianes, Le migliori proposte operative su… Scrittura, Trento, Erickson Coerenza e coesione del testo 97 SCHEDA 2 Didascalie della storia «Luigi e il gelato» Luigi compra un gelato dal gelataio. Luigi si incammina verso casa mangiando il gelato. Luigi vede una bella farfalla e la guarda incuriosito. Luigi rincorre la farfalla con il gelato in mano. Luigi inciampa in un sasso e fa cadere il gelato. SCHEDA 4 Luigi piange disperato. Testo per l’identificazione dell’anafora 1. Un giorno Luigi va a fare una passeggiata, vede un bel chiosco di gelati e decide di comprarne uno. 2. Poi Luigi si incammina verso casa gustando il suo squisito gelato al cioccolato e pensando che è proprio buono. 3. A un tratto Luigi vede una bella farfalla che vola proprio attorno a lui e la guarda incuriosito per vedere se si posa da qualche parte. 4.Ma la farfalla si sposta e subito Luigi comincia a rincorrerla con il gelato in mano senza badare a dove mette i piedi. 5. All’improvviso Luigi inciampa in un grosso sasso posto sul sentiero e fa cadere il gelato. 6. A quel punto Luigi piange disperato perché è rimasto senza gelato, si è fatto male a un ginocchio e la farfalla è scappata. © 2012, D. Ianes, Le migliori proposte operative su… Scrittura, Trento, Erickson SCHEDA 5 SCHEDA 3 98 Le migliori proposte operative su… Scrittura Connettivi un giorno però poi mentre a un tratto dopo subito infine a quel punto intanto ma dopodiché Promemoria per favorire l’autoregolazione nella stesura del testo Come lavorare 1.Usa il ROSSO per le parole speciali 2.Usa il VERDE per «Luigi» e le parole che lo indicano 3.Fai attenzione a come si scrivono le parole 4.Fai attenzione al punto: vai accapo e usa la maiuscola © 2012, D. Ianes, Le migliori proposte operative su… Scrittura, Trento, Erickson SCHEDA 6 Coerenza e coesione del testo La scimmia distratta © 2012, D. Ianes, Le migliori proposte operative su… Scrittura, Trento, Erickson 99 6 Attività di scrittura per presentarsi e conoscersi: la «carta di identità» Carmen Calovi1 Roberto ha 9 anni e la sua famiglia si è appena trasferita in un’altra città, per ragioni di lavoro dei genitori. È un bambino riservato, adora giocare con il computer e ha qualche difficoltà con la letto-scrittura. Nella scuola precedente, i suoi insegnanti non hanno mai rilevato problemi particolari: Roberto era un buon alunno, anche se non particolarmente brillante o vivace, con relazioni adeguate con i compagni. Era molto legato ad Alex, il suo compagno di banco, con il quale spesso si incontrava anche dopo la scuola per fare i compiti o giocare. Nella nuova città non conosce nessuno: la sua famiglia ha traslocato in agosto e non ha ancora avuto modo di stabilire contatti con il nuovo ambiente. La prospettiva di andare nella nuova scuola da un lato lo rallegra, perché gli darà l’opportunità di conoscere altri bambini e farsi dei nuovi amici, ma dall’altro lo spaventa. Come saranno i suoi compagni? E gli insegnanti? Riuscirà a integrarsi? E se lui è indietro, rispetto agli altri, riuscirà a recuperare? I pensieri e i timori di Roberto sono comuni a tantissimi bambini, all’inizio dell’anno scolastico, sia che provengano da una scuola diversa — un altro istituto o semplicemente l’ordine di scuola precedente — sia che ritornino in aula con compagni che già conoscono dall’anno precedente, ma che non vedono da mesi. La ricerca ha ampiamente dimostrato come, tra i vari fattori che occorre considerare per garantire a tutti gli alunni un’esperienza scolastica positiva, Centro Studi Erickson, Trento. 1 102 Le migLiori proposte operative su… scrittura equindiilsuccessonell’apprendimento,unoparticolarmenteimportanteè creareunambientenelqualesisentanoriconosciutinellaloroindividualità,a loroagioepossanoapprendereattivamente,partecipandoedesprimendole proprieidee,domande,ecc.Èquellochevienedefinitoun«climainclusivo», unclimascolasticochepermettea tuttidisentirsiaccettati,compresi evalorizzati;chesviluppailsenso 1 sI veDa In BIBlIograFIa di appartenenza, di interdipendenza positiva e di forza; che S. andrich miato e l. miato, La didattica contribuisce a creare una solida inclusiva base socioaffettiva («Mi sento amato,rispettato,considerato»), la classe inclusiva va vista come una microsocietà comunicativa («Tutti ascoltano che si organizza in modo democratico per vivere meglio, dove la realizzazione interpersonale è quello che dico e considerano fondata su valori condivisi sia dai ragazzi che importante il mio punto di vidagli insegnanti. ad esempio, il valore del rispetto sta») e relazionale («Sto bene di ogni persona porta a comportamenti non nella mia classe: siamo amici e discriminatori, a prestare attenzione ai bisogni ci aiutiamo»; Andrich Miato e speciali di ciascuno e ai bisogni normali di tutti di essere considerati alla pari, persone con gli Miato,2003,p.20). stessi diritti e doveri, ma anche con le proprie Èquestoilgeneredicontedifferenze e peculiarità, da poter manifestare stochefavoriscel’apprendimento, senza paura di essere giudicati o derisi. (p. 20) poiché «conoscere il mondo significarenderloospitale,vicino, luogoidentitario,spazioconconnotazioniaffettiveedemotive,luogoincuiriconoscolapossibilitàdiessere riconosciutocomepersona.Spaziodicrescita,educativoeformativo,incui trovoaiuti,appoggieincuipossoagire,esplorare,fareesperienzeeriflettervi sopra»(Orsi,2006).Inrealtà,tuttavia,lascuolanonsemprevienepercepita comeunambienteospitale,anzi:sidirebbechenellascuolasiaglistudenti chegliinsegnantinonvoglianostarcitroppo(sivedabox2). Comefare,allora,percreareunambienteaccogliente,piacevole,dovesi staesilavoravolentieri? Senzaproporsididareunarispostaesaustivaaquestadomanda,cherichiedeunatrattazioneampiaeapprofondita,loscopoèfornirealcuneindicazioni perproporreattivitàchepossonofavorireunclimaaccoglientenellaclasse. Oltreautilizzareprogrammispecificiperlosviluppodicompetenzerelazionali (alcunisonoindicatinelbox3),èpossibilefavorireunclimainclusivoinclasse ancheattraversolasceltadiattivitàdidattichecheintegrinol’apprendimentodi abilitàscolasticheconladimensionesocioaffettiva.Inquestasedevienepro- attività Di scrittura per presentarsi e conoscersi: La «carta Di iDentità» posta,inparticolare,un’attivitàdi scritturaflessibile,chepuòessere adattataadiversilivellidicapacità deglialunni,compresiquellicon difficoltàanchegravi,eincentrata sull’individualitàdelsingoloalunno,esplorataedespressaattraverso la«cartadiidentità». Attività di scrittura sulla «carta di identità» Nelle attività descritte di seguito,lacartadiidentitàviene utilizzata come strumento con molteplici funzioni. Essa infatti fornisce: – conoscenzediordinefunzionale (cos’èquestodocumento,chilo rilascia,acosaserve); – unastrutturaperlapresentazionedisé; – unastrutturaperlascritturaela produzionedeltesto. Leattivitàsiarticolanoinpiù passi, che possono essere svolti interamente o selezionando solo quelli più appropriati all’età e al livellodiabilitàdeglialunni. Passo 1: introduzione. Cos’è la carta di identità e a cosa serve 2 103 sI veDa In BIBlIograFIa m. orsi, A scuola senza zaino Siamo di fronte a un’organizzazione che struttura un ambiente (formativo) in modo tale che per essere vissuto necessita che i suoi membri (gli alunni) si impegnino in un trasporto quotidiano di cose che servono ad attrezzare un luogo altrimenti spoglio, senza dotazioni, privo degli equipaggiamenti di base. l’inabitabilità della scuola è d’altra parte confermata non solo dallo zaino, ma dalle architetture e dalle sue forme spesso indefinite e grigie, dalla scarsa cura riservata agli spazi, da aule ristrette per cui in locali dove normalmente vengono ospitati 4 o 5 impiegati si assembrano dalle 20 alle 30 persone, dal mobilio scarno e insufficiente, dall’inadeguatezza di materiali didattici, tecnologie, strumenti di lavoro, laboratori. (p. 26) 3 sI veDa In BIBlIograFIa r. Corallo, Bravi bambini! (scuola dell’infanzia) e. falaschi, Una scuola con equilibrio (scuola dell’infanzia e primaria) C. ricci et al., Promuovere l’intelligenza interpersonale (scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado) r. roche olivar, L’intelligenza prosociale (scuola secondaria di primo e secondo grado) Èopportunoiniziareponendodelledomandeaglialunni,chiedendosehannomaivistounacartadiidentità,doveeinqualioccasioni,esecondoloroacosaserve.Unavoltaraccolte 104 Le migliori proposte operative su… Scrittura le risposte, e trascritte alla lavagna, se ne presenta una, sia mostrandola con la carta luminosa e illustrandone le varie parti, sia facendone girare un esemplare tra gli alunni, in modo che possano esaminarla direttamente. Integrando le informazioni con le risposte degli alunni, si spiega che la carta d’identità è un documento di riconoscimento, strettamente personale, dove sono contenuti i dati anagrafici e altri elementi (lo stato civile, la cittadinanza, la professione, una fotografia, impronte digitali, ecc.) utili a identificare una persona. Può essere utilizzata, oltre che come documento per il riconoscimento ufficiale, anche per espatriare (negli stati che la accettano al posto del passaporto) e per fruire di alcuni servizi per i quali è obbligatoriamente richiesto un documento di riconoscimento, come soggiornare in un albergo. Si passa quindi a esaminarla, partendo dalla prima pagina e spiegando quanto vi compare: – Paese; – Comune; – tipo di documento; – numero del documento; – titolare del documento. Per ogni dato, si consultano gli alunni con domande, come ad esempio: – Perché c’è scritto «Repubblica Italiana»? – Perché è indicato il Comune? – A cosa potrebbe servire il numero? Passo 2: la costruzione della carta di identità personale Osservando gli interni della carta, si individuano i dati che identificano la persona: cognome, nome, data e luogo di nascita, cittadinanza, residenza, professione e connotati. Dopo essersi assicurati che gli alunni comprendano il significato di ogni voce e termine (ad esempio cittadinanza, residenza, stato civile, salienti, li), si propone di realizzare un documento proprio di identità, considerando solo le informazioni rilevanti (si tralasceranno, ad esempio, il riferimento agli atti e lo stato civile, che eventualmente, come si vedrà più avanti, potranno essere sostituiti da altre voci, si veda la scheda 1). Si chiede agli alunni se ci sono altre informazioni che ritengono utili per identificarsi, da sostituire o aggiungere a quelle presenti, e si fa un brainstorming scrivendo alla lavagna le idee che emergono. Ad esempio, lo stato civile può Attività di scrittura per presentarsi e conoscersi: la «carta di identità» 105 essere quello di «sorella maggiore», «figlio di Claudia e Paolo», «nipote di nonna Giuseppina» o altro suggerito dalla fantasia dei bambini. Similmente, anziché indicare come professione «studente», si può scegliere ad esempio di indicare il tipo di lavoro: – che si vorrebbe fare da adulti; – per il quale si ha maggiore ammirazione, ad esempio il vigile del fuoco, il medico, ecc.; – che si vorrebbe inventare, ad esempio l’aggiustapasticci, il portasorrisi, l’assaggiatorte o altri ancora. Nella sezione relativa ai connotati e contrassegni salienti ci si può sbizzarrire, sia nell’indicare quanto richiesto — ad esempio, «Statura: il più alto della classe», «Capelli: neri e ricci», «Occhi: azzurri e curiosi», «Segni particolari: l’apparecchio ai denti» — sia aggiungendo altre voci, come ad esempio «colore preferito», «cibo che non mi piace», «hobby», ecc. Infine, la carta di identità può essere completata incollando una fotografia del bambino nel riquadro riservato oppure invitando gli alunni a disegnarvi la propria faccia, e facendo l’impronta digitale con il polpastrello del dito indice sinistro, prima premuto su un tampone di inchiostro. Dal momento che la carta di identità viene realizzata in classe, l’«autorità» che la rilascia sarà l’insegnante e, per completezza, potrà essere numerata secondo l’elenco degli alunni presente sul registro. Nella figura 6.1 è presentato un esempio di carta di identità compilata. Una volta confezionata la carta di identità per ognuno degli alunni, l’attività può essere ripresa o assegnata come compito per casa realizzandone altre di persone conosciute o personaggi, che potranno essere un familiare o un amico, l’eroe dei cartoni animati preferito, il protagonista di una fiaba letta in classe o a casa. Passo 3: dalle informazioni al testo, e oltre Come ulteriore sviluppo dell’attività è possibile produrre un testo sulla base delle informazioni riportate sulla carta di identità personale. In relazione al livello di abilità degli alunni, si dovrà valutare l’opportunità di fornire una scheda con una traccia del testo da costruire (scheda 2), perlomeno per le prime produzioni: nella figura 6.2 è presentato un testo scritto sulla base della carta di identità di un personaggio dei cartoni animati. A completamento del percorso, è utile dare agli alunni la possibilità di presentare le loro carte di identità ai compagni, in modo da promuovere la 106 Le migliori proposte operative su… Scrittura Cognome Nome Nato il A Cittadinanza Residenza Via Stato civile Professione Battisti Samuele 20 ottobre 1997 Trento italiana Trento delle Ortensie 12 figlio di Claudia e Paolo costruttore di Lego Connotati e contrassegni salienti Statura un metro e 28 Capelli corti corti, me li taglia il papà Occhi furbi Segni particolari l’apparecchio e un taglio sul braccio che mi sono fatto l’anno scorso giallo Colore preferito Cosa non mi piace minestrone Hobby tennis, Lego, giocare, leggere barzellette Attività di scrittura per presentarsi e conoscersi: la «carta di identità» Firma del titolare Samuele Battisti Trento, li 15 settembre 2006 LA MAESTRA INCARICATA Monica Rossi Fig. 6.1 Esempio di carta di identità compilata. 107 108 Le migLiori proposte operative su… scrittura Presento: Simba Si chiama Simba. È nato una mattina alla rupe dei re. È cittadino africano. abita nella Terra del branco, alla rupe dei re. È figlio del re mufasa e della regina Sarabi e di professione fa il futuro successore al trono. È alto come nala. ha il pelo marroncino e gli occhi scuri. non ha segni particolari. gli piace molto giocare ed esplorare posti nuovi. Fig. 6.2 Esempioditestoelaboratosullacartadiidentitàdiunpersonaggiodeicartonianimati. conoscenza reciproca e l’indivi4 sI veDa In BIBlIograFIa duazionedielementicomuni(si vedavedabox4). w.a. harriott e S.S. martin, Costruire una Adesempio,alivellodiclascomunità accogliente nella classe con l’uso se,sipotrannofaredellesemplici delle storie e di attività creative «statistiche» su quanti alunni sononatineidiversimesi,quali sonoleprofessionipiùgettonate daglialunni,qualiicoloripreferitidallamaggiorpartediessi,ecc.Allafine sipotràanchecostruireungrandecartellonedi«identità»dellaclasse,che riportilecaratteristichecomuniatuttiibambinielepeculiaritàdiciascuno. Bibliografia AndrichMiatoS.eMiatoL.(2003),La didattica inclusiva: Organizzare l’apprendimento cooperativo metacognitivo, Trento,Erickson. CoralloR.(2006),Bravi bambini!, Trento,Erickson. FalaschiE.(2006),Una scuola con equilibrio, Trento,Erickson. FalaschiE.,PierottiA.eArcicasaL.(2005),I sistemi relazionali nella classe,Trento, Erickson. Attività di scrittura per presentarsi e conoscersi: la «carta di identità» 109 Harriott W.A. e Martin S.S. (2004), Costruire una comunità accogliente nella classe con l’uso delle storie e di attività creative, «Difficoltà di Apprendimento», vol. 10, n. 2, pp. 213-222. Orsi M. (2006), A scuola senza zaino: Il metodo del curricolo globale per una scuola Comunità, Trento, Erickson. Ricci C., Pompei M. e Diadori E. (2004), Promuovere l’intelligenza interpersonale, Trento, Erickson. Roche Olivar R. (2002), L’intelligenza prosociale, Trento, Erickson. Pubblicazione originale «Difficoltà di apprendimento», vol. 12, n. 1, pp. 97-110, 2008, Trento, Erickson. SCHEDA 1 110 Le migliori proposte operative su… Scrittura Cognome Nome Nato il A Cittadinanza Residenza Via Stato civile Professione T Connotati e contrassegni salienti Statura Capelli Occhi Segni particolari Colore preferito Cosa non mi piace Hobby © 2012, D. Ianes, Le migliori proposte operative su… Scrittura, Trento, Erickson SCHEDA 1 Attività di scrittura per presentarsi e conoscersi: la «carta di identità» Firma del titolare li LA MAESTRA INCARICATA © 2012, D. Ianes, Le migliori proposte operative su… Scrittura, Trento, Erickson 111 SCHEDA 1 112 Le migliori proposte operative su… Scrittura © 2012, D. Ianes, Le migliori proposte operative su… Scrittura, Trento, Erickson SCHEDA 1 Attività di scrittura per presentarsi e conoscersi: la «carta di identità» © 2012, D. Ianes, Le migliori proposte operative su… Scrittura, Trento, Erickson 113 SCHEDA 2 114 Le migliori proposte operative su… Scrittura Presento: me stesso Mi chiamo ___________________________________________________________________________________________________________________ __________________________________________________________________________________________________________________________________________ Sono nato il ________________________________________________________________ a _________________________________________ _______________________________________________________________________________________________________________________________________ Sono cittadino ______________________________________________________________________________________________________________ Abito a ______________________________________________________________________________________________________________________________ in via ______________________________________________________________________________________ numero ______________________ Sono _________________________________________________ e di professione faccio il _____________________________ ___________________________________________________________________________________________________________________________________________ Sono alto ______________________________________________________________________________________________________________________ Ho i capelli ______________________________________ e gli occhi ___________________________________________________________ I miei segni particolari sono____________________________________________________________ e __________________________ Il mio colore preferito è il _____________________________________________________________________________________ Non mi piace ___________________________________________________________________________________________________________ Invece, nel tempo libero, mi piace molto _________________________________________________________ ___________________________________________________________________________________________________________________________________________ ______________________________________________________________________________________________________________________________________________ © 2012, D. Ianes, Le migliori proposte operative su… Scrittura, Trento, Erickson 7 «Quante storie!»: suggerimenti per un avvio alla scrittura creativa Giovanna Del Maschio1 Ogni educatore, nei suoi percorsi pedagogico-didattici, si trova prima o poi a confrontarsi con la fiaba. Per molto tempo la narrazione della fiaba tradizionale è avvenuta nell’ambito della famiglia; a scuola era proposta, ma sottoutilizzata. In vario modo, comunque, le fiabe hanno continuato a tessere e ad arricchire l’immaginario infantile. Dopo gli anni Settanta, con la pubblicazione della Grammatica della fantasia e della Enciclopedia della favola di Gianni Rodari, la fiaba e le storie hanno suscitato un nuovo interesse e ricevuto maggiori riconoscimenti. Le fiabe tradizionali, anche se manipolate, si sono imposte con il loro valore psicologico, educativo e didattico. Nella scuola sono cominciati laboratori e sperimentazioni, esperienze i cui resoconti sono presenti nelle riviste didattiche di ieri e continuano a influenzare quelle di oggi. Generalmente la fiaba è posta al centro degli itinerari educativi o viene usata come stimolo, punto di partenza per arrivare ad altro. Molte esperienze sono state pubblicate nei quaderni del Movimento di Cooperazione Educativa, rintracciabili in qualche biblioteca. Le trame delle fiabe sono spesso oggetto di drammatizzazioni o diventano soggetti per il teatro, come Gli esami di Arlecchino (Rodari, 1987) e La scuola dei cattivi (Boni, 2000). Possiamo dire che le fiabe fanno da «paradigma» alle storie, e per «storie» intendiamo tutti i racconti fantasiosi che scaturiscono dai bambini opportunamente stimolati alla narrazione. Nell’ultimo decennio Insegnante, Venezia. 1 116 Le migliori proposte operative su… Scrittura si è assistito a una vera esplosione di libri che riguardano queste storie e a un moltiplicarsi di master, seminari e laboratori per gli insegnanti dove si esplorano le sfaccettature educative della fiaba tradizionale (Cambi, 1999; Zoffoli, 1999). I testi che danno suggerimenti sull’uso educativo delle fiabe o delle storie sono innumerevoli: ad esempio, Jack Zipes (1996) analizza fiabe tradizionali con le loro varianti e propone laboratori di scrittura; Filomena Di Pace (1994) presenta un’esperienza che evidenzia, tra l’altro, le difficoltà che si incontrano nel lavorare con i bambini; Paola Santagostino (1998) esamina i rapporti bambinofiaba e la struttura delle fiabe classiche, proponendo un percorso didattico per l’invenzione; Rita Valentino Merletti (1996; 1998; 2001) evidenzia l’importanza della lettura da parte degli adulti e insiste sull’importanza del raccontare come mezzo per dare forma al vissuto e mettere in relazione le persone; Bianca Pitzorno (1996) propone, come input per la costruzione di storie, i giochi di parole e alcune funzioni della morfologia della fiaba di Propp (2000); Tullia Chiarioni (2005) suggerisce l’uso delle fiabe, di varia provenienza, per favorire l’incontro con culture diverse; Carlo Scataglini (2002) guida i bambini, attraverso le narrazioni, all’apprendimento di importanti abilità; Davide Calì (2002) descrive diversi metodi per costruire storie avvalendosi di brani di libri per l’infanzia; infine, nel loro manuale Fabio Rondot e Maria Varano (1990) forniscono esemplificazioni concrete su come procedere per inventare. Il percorso con le fiabe Proprio perché le fiabe non smettono mai di rappresentare un mondo a sé, una ricchezza che si trasmette sia a chi le legge sia a chi le ascolta, di seguito viene proposto un percorso che le vede protagoniste, realizzabile con alunni dai 5 ai 10 anni, di carattere giocoso e che non richiede particolari competenze né materiali di difficile reperibilità. Si tratta, appunto, di una proposta, suscettibile di variazioni e di arricchimenti: quello che conta è la consapevolezza che lavorare con fiabe, storie e racconti è spesso uno stimolo insostituibile, specialmente se le attività vengono proposte con atteggiamento ludico. La semplice lettura, l’osservazione, l’ascolto e la scrittura sono attività di base che aiuteranno, una volta di più, a organizzare il pensiero, ad arricchire le emozioni, a plasmare e sviluppare il linguaggio e a impadronirsi delle sue modalità di utilizzazione. In un mondo in cui tutto viene proposto già confezionato, anche nell’aspetto visivo (TV, PC, cinema, videogiochi, cellulari), è fondamentale imparare anche a «visualizzare», cioè a creare proprie immagini a livello mentale. Si propongono fiabe senza complicazioni: ognuno trarrà dal racconto ciò che vuole, ciò che lo colpisce, ciò che suscita in lui meraviglia, curiosità, timore. «Quante storie!»: suggerimenti per un avvio alla scrittura creativa 117 La lettura La lettura di fiabe da parte dell’insegnante è fondamentale e deve essere proposta tutti i giorni per un periodo di almeno due mesi. In linea di massima, è preferibile evitare le fiabe già ben note, preferendo quelle — non meno belle — di autori più o meno celebri (le raccolte di Calvino, Rodari, Andersen, i fratelli Grimm, Perrault, Gozzano, Capuana, Coltro, Piumini, ecc.) che sono meno diffuse e perciò destano maggiore interesse. Affinché la lettura sia apprezzata e risulti efficace, è necessario scegliere traduzioni adatte che utilizzino un linguaggio corrente e accessibile ai bambini. Inoltre, durante la lettura, si possono saltare le parole difficili e le parti che potrebbero risultare noiose o inadatte. Nelle fiabe ci sono oggetti e mestieri che nessuno conosce più, perché sono spariti. Anche le situazioni a volte sembrano «strane»: che i bambini vengano abbandonati o che si viva «in miseria» non sempre è facilmente comprensibile. In questi casi, vale la pena di dare qualche spiegazione, ma senza insistere, ricordando che la capacità di comprensione di concetti è sempre superiore a quella di utilizzarli attivamente. Inoltre, durante la narrazione o la lettura, è importante «colorare» il racconto attraverso il gesto, la mimica, le pause e le spiegazioni improvvisate al momento, e usare flessibilmente il tono di voce per creare suspense, enfatizzare, sottolineare, sorvolare. L’invenzione In un secondo momento, cioè dopo la lettura, si prova a inventare storie, sollecitando e guidando l’immaginazione e la fantasia a partire, a volte, da nuove letture mirate. Se, ad esempio, si desidera soffermarsi sulla figura dell’orco, si proporranno letture che descrivano questo personaggio e che possano nutrire l’immaginario dei bambini in modo che siano in grado di produrre qualcosa di nuovo. La costruzione delle nuove storie è collettiva, perché lavorare insieme offre numerosi e ben noti vantaggi: moltiplica le possibilità, perché dà modo di conoscere le idee di tutti; permette di educare tutti gli alunni, anche quelli con qualche difficoltà, alla logica sequenziale e alla coerenza della narrazione, specialmente quando ci si muove in un contesto surreale, fantastico o assurdo; dà modo di prestare attenzione al linguaggio e alla costruzione delle frasi; evita che i bambini in difficoltà, o quelli che cominciano facilmente ma poi non riescono a procedere (perché costruire una storia è più difficile che iniziarla), si blocchino; dà spazio al «pensiero laterale» (De Bono, 1998), che si affianca agli altri pensieri senza che ci sia necessariamente una relazione logica tra l’uno 118 Le migliori proposte operative su… Scrittura e gli altri. L’importante è che ci sia e lasciarlo fluire. A volte può regalare idee che in quel momento non sembrano adatte, ma non bisogna scartare niente a priori: le idee si possono accantonare e riprendere in un altro momento, in un’altra storia. Il principio che nulla è «sbagliato» va ampiamente evidenziato: i bambini non devono mai avere la sensazione di dire cose sbagliate, altrimenti non interverranno più e la loro mente non andrà alla ricerca di associazioni originali. Per chiarire, propongo un semplice esempio: il protagonista vuole osservare il comportamento delle rane e si avvia camminando per un campo molto esteso. A un certo punto, però, si trova a dover superare un fosso e non vuole bagnarsi. Come può fare? Le proposte logiche potrebbero essere: 1. torna a casa e s’infila un paio di stivaloni; 2. butta grossi sassi nell’acqua e si crea un passaggio; 3. salta il fosso usando un ramo come asta; 4. costruisce un ponticello con dei rami che riesce a recuperare. Qualcuno, però, potrebbe dire: «Vede arrivare un elefante». Questo pensiero non soltanto è divergente, perché non ha alcun legame logico con il resto, ma è anche una proposta laterale, cioè un’idea che si pone di lato e che si potrebbe anche non usare. Tuttavia, si può prenderla in considerazione e ristrutturare la situazione. In questo caso, si viene a sapere che ai limiti del campo è accampato un circo e che l’elefante sta facendo la passeggiata quotidiana con il suo guardiano. L’elefante sarà così gentile da far salire il protagonista sulla sua proboscide per fargli attraversare il fosso. Nell’invenzione collettiva è necessario tenere presente che le storie devono essere brevi. La brevità, infatti, è quasi indispensabile perché agevola le attività di scrittura, pone al riparo dai timori di non riuscire e permette di modificare facilmente l’intreccio. Inoltre, se il testo ha un numero limitato di sequenze, può poi essere utilizzato in altri contesti (disegno, proiezioni per favorire l’esposizione, fumetto, ecc.). In questa attività è importante che l’insegnante prenda appunti, sintetizzi la situazione e valorizzi gli apporti. Gli ambienti Le storie si possono ambientare in qualsiasi luogo, ma ce ne sono alcuni privilegiati. La cucina, la soffitta e la cantina, ad esempio, sono ottimi posti sia perché contengono oggetti un po’ insoliti, sia perché si prestano bene a diventare nascondigli segreti. «Quante storie!»: suggerimenti per un avvio alla scrittura creativa 119 Nelle fiabe che leggiamo, tuttavia, troviamo spesso luoghi che hanno una magia particolare e basta la loro presenza in una storia per trasportarci in un mondo fatato. Mi riferisco al bosco, alla foresta, ai giardini, ai castelli; per noi, possono avere questa funzione anche le grotte, la montagna, i sassi o gli scogli, i buchi nel terreno, le stradine strette, le case un po’ strane, le finestre piccine e le porte antiche, logorate dal tempo o realizzate con uno stile particolare. I personaggi delle fiabe si muovono spesso in ambienti, come la foresta e i castelli, che sono reali ma dei quali i bambini, specialmente quelli che vivono in città, possono avere ben poca esperienza diretta. Se possibile, sarebbe utile portarli a visitare alcuni luoghi di questo tipo, perché possano osservare e coglierne l’atmosfera. L’osservazione diretta dà molte suggestioni, che resteranno incise nella memoria e saranno recuperabili nel tempo. Un albero, anche quello che vediamo ogni giorno, osservato attentamente e da vicino può riservare sorprese: ci sono i rami grossi e sottili, punte leggere che ondeggiano, la corteccia ruvida, incisa, aperta… Sull’albero abitano il passero, il merlo, la coccinella, il bruco, le formiche, tutti animaletti che possono diventare protagonisti di storie. Questo principio vale per ogni ambiente. La trama e i personaggi Per inventare trame di storie ci vogliono stimoli adatti e tanta pazienza. La fantasia e la memoria visiva traggono vantaggio dalle illustrazioni che si possono trovare sui libri o sui cataloghi di mostre dedicate alle fiabe, che eventualmente si possono ingrandire con una fotocopia a colori su fogli A4. In alternativa, si possono ritagliare illustrazioni molto grandi di ambienti vecchi e nuovi e di oggetti attuali (computer, automobile, aspirapolvere, telefono, ecc.). Una volta raccolto questo materiale, si può provare ad associare un ambiente a un oggetto: ciò crea più facilmente un impulso rievocativo o emotivo da trasferire in una storia. Se entra in gioco la fantasia, si possono immaginare possibilità inconsuete, ribaltando ciò che è familiare per farlo diventare curioso o bizzarro e viceversa. In ogni caso, ci vuole tempo perché occorre che il bambino assimili e faccia «suo» il materiale. I bambini hanno tempi diversi dai nostri e spesso nelle attività non è facile tenere conto di questo aspetto. A volte le idee arrivano a distanza di giorni e perciò, quando ci si trova bloccati, è meglio interrompere e riprendere in un altro momento. Per far capire ai bambini che la storia deve avere un minimo di struttura, useremo la metafora del labirinto: c’è un’entrata (inizio) e poi si cammina; 120 Le migliori proposte operative su… Scrittura si possono prendere vie diverse, si fanno incontri, si commettono errori, si cercano aiuti e soluzioni e, alla fine, si esce (fine della storia). Il percorso può essere breve o lungo, dipende dalla strada che scegliamo. Per concretizzare, è utile disegnare un labirinto (70 per 50) in cui ci sia, ad esempio, un leprotto che deve raggiungere delle carote. Lungo la strada incontrerà un topo, un lago, una tana, l’albero magico, la montagna incantata, un drago, un gatto, un nido di formiche, la fata Girina, la torre del gigante, l’albero gentile e, finalmente, le carote. Ogni incontro potrà essere fortunato o sfortunato, agevolare l’impresa o creare problemi. I bambini abituati ai videogiochi capiscono subito e desiderano creare un labirinto per conto loro: lasciamoli provare perché poi, da ogni labirinto, potremo ricavare una breve storia. Per iniziare una storia si può partire da disegni casuali o da frasi inventate lì per lì e scritte su tanti foglietti colorati. Se i bambini sono in grado di produrre disegni con le tecniche apprese da programmi per computer tipo PainterClassic, si possono usare le immagini ottenute con la penna ottica. Per i piccoli è più produttivo un collage. Possiamo ritagliare dalle riviste oggetti e soggetti, cercando di preferenza immagini piuttosto piccole, e poi incollarli su un foglio. Il collage si può ingrandire con una fotocopia a colori e così avremo una serie di soggetti indipendenti o interdipendenti che fungeranno da stimolo. Si possono utilizzare anche le carte da regalo: ce ne sono di molto belle, con motivi, personaggi e colori davvero insoliti. Anche la realtà e l’osservazione diretta di eventi ricorrenti, ma a cui non si fa molto caso, sono sempre delle ottime partenze. Poniamoci delle domande e cerchiamo di rispondere con una storia «fiabesca». Ad esempio. C’è uno zio distratto che dimentica sempre le chiavi di casa: perché? Un folletto dispettoso gliele nasconde. Che cosa fa lo zio? Chi incontra? Chi lo aiuta? Che cosa gli capita? Come risolve il problema? La magia ci aiuterà. E ancora: oggi nessuno riesce a parcheggiare. Come mai? C’è una riunione di streghe all’ultimo piano di qualche condominio. E sono streghe con l’auto, naturalmente! L’ascensore si è rotto? Possiamo dargli la vita di un personaggio: ha un gran sonno, durante la notte ha lavorato troppo e ora si è addormentato. Soffermiamoci ai giardini pubblici e guardiamo attentamente le persone. C’è un vecchino particolare? Annotiamo la sua descrizione perché potrebbe servirci in una storia che ha come protagonista un anziano signore: potremo immaginare la sua casa, il suo gatto, le sue abitudini, il suo desiderio più grande, il suo nome. L’osservazione diretta va benissimo anche per le signore. Ci sono signore magre magre, signore grasse, vecchine strane e straordinarie. A ogni persona possiamo attribuire una vita immaginaria: uno era così ed è diventato cosà. «Quante storie!»: suggerimenti per un avvio alla scrittura creativa 121 Una risorsa preziosissima è il nonsense. Mentre i bambini più piccoli lo usano spesso per gioco, per ridere o per amore del suono, quelli più grandi si aspettano storie che abbiano un contenuto comprensibile e sensato, altrimenti restano perplessi. Dovremo perciò spiegare che sia le filastrocche sia le storie possono non seguire la logica «normale», perché possono avere una logica diversa o non averne affatto. Per concretizzare, si può ricorrere a fotocopie ingrandite di quadri moderni in cui l’immagine sia comprensibile, anche se frammentata, illogica o accostata a oggetti con forme e misure impossibili. I bambini si accorgeranno di ciò che è «strano». Seguirà una discussione esplicativa che porterà a far notare che il quadro è ugualmente bello e pieno di significati. Si possono usare quadri celebri — come Parigi alla finestra di Chagall, Casa di campagna e alberi e Maya con la bambola di Picasso — o opere di pittori più vicini a noi. Una logica diversa ci appare subito nelle ormai classiche inversioni proposte da Rodari, Edward De Bono e, prima ancora, dai surrealisti. L’inversione induce a considerare la situazione da un altro punto di vista, un punto di vista assurdo e perciò comico e originale. Costringe a raccontare seguendo la logica «illogica» proposta dal caso. Ecco alcune inversioni: – la zia lava i piatti; i piatti lavano la zia; la zia sporca i piatti; – un signore legge il giornale; il giornale legge il signore; – una signora porta a spasso il cane; il cane porta a spasso la signora. Benché tali inversioni siano simpatiche e bizzarre, non sono facili da sviluppare sul piano narrativo e perciò bisogna valutare bene la frase di partenza. Le storie più semplici, quelle che in genere si leggono per prime, presentano ripetizioni sia di parole sia di situazione. Già le filastrocche e le conte propongono parole e frasi che ritornano. Nelle storie è come fare una treccia, con una parola o una frase da ripetere e una soluzione finale. La partenza si può inventare facilmente: si guarda dalla finestra e si prende un personaggio. Può trattarsi di una persona, di un cane o di un gatto… Sul personaggio si può discutere per prevederne le possibilità, i movimenti o le parole che continuerà a ripetere. Ad esempio, alcune frasi che potrebbero andare bene, diventando quasi un «tormentone», sono «Corri, corri», «Ma come si fa?», «È scappato il cane», «Ma il semaforo è rosso». La situazione può essere un comportamento qualunque: il cane che continua a scappare, il nonno che perde la strada a ogni angolo, Pierino che incontra sempre la strega, la signora che rovescia la pila di scatolette. Per trovare modelli e ispirazione possiamo leggere In mezzo al mare, Storia per i bambini che dicono sempre: «Allora dopo?», Quando la scimmia faceva il giudice, Storia per i bambini che non vogliono mangiare (Rodari, 2004), come anche Donnette, dei 122 Le migliori proposte operative su… Scrittura fratelli Grimm (1992), e la notissima Gallo Cristallo contenuta nella raccolta di fiabe italiane curata da Italo Calvino (1992). Quante storie! Storie con le rime Ovviamente utilizzano parole che rimano tra loro. La rima è un legame che aiuta ma che, allo stesso tempo, condiziona lo sviluppo della storia. Lasciandosi trasportare dalla suggestione delle rime, è possibile inventare situazioni surreali, paradossali e, spesso, divertenti. Le rime hanno una loro magia e il loro suono piace ai bambini. Il legame sonoro possiede sia un certo potere creativo, sia la possibilità di risvegliare emozioni già provate, ricordi e impressioni. Dicendo «gatto, piatto, matto» ho già una storia in testa, ma è bene tenere d’occhio anche la trama, perché la storia deve sempre conservare la famosa struttura del labirinto. Prima di provare a scrivere brevi storie, è indispensabile che i bambini abbiano lavorato con le parole, che sappiano bene che cos’è la rima e come funziona. È opportuno iniziare da parole che rimino con molte altre, perché ciò facilita l’acquisizione del meccanismo. Ad esempio, è più facile trovare rime in -ello o -ella che non in -ucca. L’apprendimento di filastrocche e di conte in rima baciata o alternata è un’attività che permette di memorizzarne molte, così come la ricerca di messaggi pubblicitari su giornali che possano essere ritagliati. Allo stesso scopo, si può proporre il vecchio gioco «un treno di rime», nel quale il bambino che trova una rima si prepara a fare da «motrice» e, quando i vagoni sono almeno cinque, il treno parte e i bambini fanno un piccolo giro per il corridoio. È bene che la ricerca di rime venga lasciata ai bambini, almeno in un primo tempo. In seguito si può utilizzare un rimario che velocizza le ricerche e indica subito quali sono le possibilità esistenti. Saper lavorare con le rime permette di inventare formule magiche, incantesimi, canzoni, che costituiscono un’utile preparazione alla successiva invenzione di vere e proprie storie. All’inizio bisogna accontentarsi di frasi brevi e strampalate, ma con i requisiti indicati sopra. Ad esempio: «Un signore picchiatello portava un ombrello al posto del cappello. Incontrò suo fratello che si prese l’ombrello, lo chiuse e lo usò come pennello». Storie colorate Sono uno dei tanti modi per focalizzare un colore. Limitiamoci ai colori più usati e prendiamone uno: chiudiamo gli occhi e visualizziamolo così come «Quante storie!»: suggerimenti per un avvio alla scrittura creativa 123 ce lo presenta la natura. Vediamo il giallo chiaro e intenso del limone, il giallo caldo e pastoso del grano maturo, quello solare e aranciato del girasole. Naturalmente, l’ideale sarebbe poter osservare i colori dal vivo, ma dal momento che non sempre questo è possibile, procuriamoci fotografie, cartoline, illustrazioni e proiettiamole. Poi scriviamo tutte le cose gialle che ricordiamo: sabbia, deserto, leone, canarino, mimosa, melone, uva, pane, limone, soffione, foglie d’autunno e così via. Rileviamo la forza del colore dipingendo solo con i vari gialli un intero disegno. Osserviamo la dominanza del colore in riproduzioni di quadri più o meno famosi. Chiudiamo gli occhi e pensiamo a cosa ci ricorda il colore: «Il giallo è dolce, leggero, soffice; vola e si posa dappertutto, è una farfalla». Dopo questa preparazione, possiamo immaginare un mondo colorato con un solo colore e scriverci sopra una storia con uno o più personaggi. Storie a sorpresa I bambini, nei loro giochi, trasformano con l’immaginazione qualsiasi cosa. Nel giro di un’ora, un ramo raccolto in giardino può diventare prima una motocicletta, poi una pala, la pompa di un distributore di benzina, un cacciavite, ecc. Più difficile è «dare vita» agli oggetti che si usano abitualmente e che perciò, paradossalmente, si «vedono» meno degli altri. Tra questi ci sono i moltissimi contenitori che utilizziamo quotidianamente: per renderli «visibili» occorre trasformarli in contenitori speciali, case magiche da cui possono uscire personaggi un po’ strani che parleranno raccontando la loro storia. Affinché il contenitore funga da stimolo deve essere chiuso, colorato o decorato. Vanno bene gli scatoloni disponibili al supermercato, le valigie, l’armadio, un cassetto, una vecchia borsa. All’inizio sarà bene far uscire dal contenitore qualcosa di reale: una bambola, un pupazzo, oggetti. I personaggi possono essere: una gomma stanca di lavorare, un fantasma, una penna con il cappello, un berretto bucato, un grembiulino pieno di macchie, una principessa triste, un re chiacchierone, ecc. A questi personaggi faremo molte domande (cosa, chi, dove, quando, perché, come) e, a poco a poco, avremo un monologo che potrà essere utilizzato anche come pezzo teatrale. Storie dell’alfabeto Anche le singole lettere dell’alfabeto possono diventare personaggi per piccole o grandi storie. A dare lo spunto per una storia può essere il loro suono, la loro forma, oppure una parola che le contiene ed è particolarmente significativa. Si può utilizzare la forma dello stampato maiuscolo o quella del corsivo: l’importante è che susciti immagini, ricordi, idee. Tutto si basa sempre sulle 124 Le migliori proposte operative su… Scrittura associazioni, sulle suggestioni che sono in qualche angolino della mente e che la memoria, opportunamente stimolata, lascia emergere. Si possono produrre lettere in stampatello molto grandi (magari con il computer) o ritagliare quelle dei quotidiani. Sopra la lettera possiamo disegnare qualcosa che la trasformi in un animaletto o in un personaggio: scarpe, guanti, cappelli, capelli, sciarpe, ombrelli, code, fiocchi, ali, ecc. Si può anche sfruttarne il suono; ad esempio, cosa ci ricorda il suono elle? La luna, le stelle, le vele, la luce, ecc. Una volta stabilito il personaggio, andremo avanti ponendogli le domande come sopra. Storie di mostri Inventare mostri è facilissimo e divertente perché si può pensare e disegnare ciò che si vuole, anche qualcosa senza senso. I mostri possono essere enormi o minuscoli, l’importante è che il loro corpo, i loro arti e le loro caratteristiche siano del tutto fuori dalla normalità. Poi ci lavoreremo sopra: c’è la voce, ci sono i versi, il modo di muoversi, le capacità straordinarie e il punto debole. Sì: ogni mostro deve avere un punto debole che è la causa della sua sconfitta e la speranza dei suoi nemici. Così, oltre al mostro, occorre inventare anche l’elemento che annulla la sua potenza (come la criptonite per Superman). La storia, poi, li collocherà in un determinato contesto. Per cominciare, possiamo tagliare tanti pezzettini di carta di vari colori e poi accostarli. Otterremo forme strane che potremo integrare a nostro piacimento. Leggiamo, per introdurre l’argomento, alcune descrizioni di mostri: Il drago dalle sette teste (Coltro, 1999), Bellina e il mostro (Calvino, 1992) e L’ultimo dei draghi (Dahl et al., 1995). Storie con oggetti al contrario Anche in questo caso si tratta di capovolgere le situazioni di normalità: il ferro da stiro dovrebbe stirare, ma, nelle nostre storie, farà delle belle pieghe; l’aspirapolvere dovrebbe aspirare, invece sputa una polvere nerissima. L’inversione non si può fare con tutto e non è facile, ma ci sono molti oggetti quotidiani che mettono in moto situazioni attraenti — il frigorifero, il forno, la lavatrice, il telefono, il televisore, la doccia, ecc. — e riescono quasi sempre bene. Se non si trovano sbocchi, si può inserire l’elemento assurdo in un’altra storia. Storie con personaggi bizzarri I personaggi per qualche ragione bizzarri sono simpatici e divertenti. Vestono in modo strampalato, dicono stranezze, fanno cose inusuali (che a «Quante storie!»: suggerimenti per un avvio alla scrittura creativa 125 volte fanno anche i bambini: contare le righe, indossare vestiti più grandi di loro, storpiare le parole, dipingersi la faccia, ecc.). Lo spunto può essere preso dalla realtà: se ci mettiamo a guardare la gente che passa, troveremo senz’altro una persona da trasformare nel protagonista di una storia. Naturalmente i particolari saranno esagerati, modificati, aggiunti, ma fa parte del gioco. Ecco allora che i vestiti avranno colori e fattezze improbabili, i nasi saranno lunghi, schiacciati, verdi, viola o a fiori, gli occhi vedranno pochissimo o tantissimo, i capelli saranno di plastica, di carta, di seta oppure non ci saranno. E poi ci sono i caratteri: uno sarà furbo, un altro sciocco, pauroso o permaloso. E possiamo aggiungere le manie: guardare per aria, contare i lampioni, pulirsi la bocca in continuazione, grattarsi gli orecchi, misurarsi le mani. Conclusioni Per concludere, vorrei sottolineare che l’importante è fare, proporre, stimolare, incollare le parti: ciò che conta in questo tipo di attività non è tanto il risultato finale in sé, ma il percorso vissuto, l’esperienza che arricchisce, l’atteggiamento che rimane. Come diceva Dewey (1974), «insegnare a creare delle storie può voler dire anche insegnare a pensare». Bibliografia Boni M. (2000), La scuola dei cattivi, Roma, Città Nuova. Calì D. (2002), Scrivere e fare fumetti con i bambini: Come sviluppare la scrittura creativa, illustrare e fumettare storie, Casale Monferrato, Sonda. Calvino I. (1992), Le più belle fiabe italiane, Torino, Einaudi. Cambi F. (a cura di) (1999), Itinerari nella fiaba, Pisa, ETS. Chiarioni T. (2005), Ti racconto una fiaba: La narrazione come percorso interculturale, Roma, Carocci Faber. Coltro D. (a cura di) (1999), Fiabe venete, Milano, Mondadori. Dahl R. et al. (1995), Topi sottosopra e altri animali, Milano, Bompiani. De Bono E. 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Pubblicazione originale «Difficoltà di apprendimento», vol. 12, n. 3, pp. 353-364, 2007, Trento, Erickson. 8 Difficoltà di scrittura e revisione del testo: il ruolo dei processi metacognitivi Pina Filippello, Francesca Cuzzocrea e Laura Spadaro1 L’acquisizione della capacità di scrittura comporta un iter lungo e contrassegnato da tappe, ognuna delle quali consiste nell’apprendimento di abilità cognitive specifiche e competenze man mano sempre più sofisticate, che si fondano sull’integrazione di diverse funzioni piuttosto complesse (sensomotorie, neurocognitive e socioemozionali). Il fallimento nell’evoluzione di una o più di queste componenti può avere conseguenze importanti e differenziate sull’apprendimento della capacità di scrittura. Di conseguenza, considerare tale abilità come un processo che deriva dal funzionamento di diverse componenti, oltre ad avere un valore descrittivo, diventa determinante anche in fase diagnostica e riabilitativa (Blason et al., 2004). Affrontando vari aspetti relativi alla complessità del processo di scrittura si vuole mettere in evidenza l’importanza di tale abilità, vista non solo come semplice trascrizione di grafemi, ma come espressione di pensiero e quindi come modalità comunicativa. Tutto ciò coinvolge processi cognitivi e metacognitivi senza i quali non saremmo in grado di esporre a pieno le nostre intenzioni comunicative, soprattutto nel caso della comunicazione scritta, che a differenza di quella orale non permette uno scambio con i propri interlocutori e quindi risente di un’assenza di feedback, spesso indispensabile nel contesto comunicativo (Cisotto, 2007). Università degli Studi di Messina. 1 128 Le migliori proposte operative su… Scrittura Nonostante la complessità e la rilevanza dell’argomento trattato, l’interesse verso l’apprendimento della scrittura ha un esordio piuttosto recente, che vede fiorire i primi studi e le prime ricerche intorno agli anni Ottanta. La scarsa attenzione ricevuta negli anni precedenti risente di un interesse maggiore e di una maggiore importanza attribuita al linguaggio parlato rispetto a quello scritto. Tale contributo pone l’enfasi proprio su quei processi sottostanti al compito di scrittura che vanno ben oltre la semplice trasposizione scritta e richiedono di conseguenza una maturità cognitiva e metacognitiva piuttosto sofisticata. È grazie allo sviluppo di processi raffinati e complessi, quali appunto quelli metacognitivi, che possiamo formalmente esercitare la capacità di scrittura a livelli diversi di competenza e complessità (Scheuer, 2002). Queste distinzioni vengono ben messe in luce dal famoso modello di Hayes e Flower (1980), i quali definiscono la scrittura come un processo di problem solving e distinguono i vari processi sottesi in tre livelli di complessità crescente, evidenziandone le differenze man mano che si passa da un livello a quello superiore. In particolare, essi concepiscono l’apprendimento della scrittura come un processo graduale che attraversa un livello basilare, che è quello della compitazione, un livello intermedio, all’interno del quale avviene la formazione delle strutture del testo, e un livello superiore, che è quello di fissazione degli obiettivi e al quale sottostanno processi metacognitivi, quali la pianificazione, il monitoraggio e la revisione, che presuppongono una buona capacità di astrazione e di trasposizione delle idee in codice scritto secondo regole convenzionali e non (Bereiter e Scardamalia, 1987). Pertanto, oltre che alla consapevolezza linguistica — definita come la capacità di segmentazione del discorso in parole separate, di identificazione dei tratti specifici del linguaggio scritto, di riconoscimento delle componenti linguistiche necessarie per la costruzione di una frase e di riconoscimento di fonemi e sillabe — l’attenzione è rivolta anche alla consapevolezza metalinguistica che, integrandosi con la prima, permette la formulazione di giudizi di accettabilità delle frasi o dei periodi, di adeguatezza sociale ed efficacia dei messaggi prodotti, il controllo della propria attività linguistica, la capacità di rilevare ambiguità e distorsioni sul piano fonologico, semantico, sintattico, ecc. Di conseguenza, secondo tale visione, scrivere è qualcosa di più dell’apprendere a trascrivere il parlato o del disporre idee in sequenza, ma equivale piuttosto a imparare a governare il processo di produzione del testo e sviluppare, nel corso della composizione, un’attività di riflessione e metacognizione. Le teorie cognitiviste più recenti hanno contribuito notevolmente alla comprensione di come le persone pensano e imparano a pensare, tuttavia, la maggior parte degli studi in questo ambito ha messo in luce aspetti riguardanti Difficoltà di scrittura e revisione del testo: il ruolo dei processi metacognitivi 129 alunni di scolarità avanzata, trascurando in parte come e quando, invece, tali aspetti si presentino e vengano utilizzati da soggetti di precoce scolarità. Alcuni studi effettuati con alunni in difficoltà (Englert e Raphael, 1988) e di scolarità primaria hanno dimostrato che questi soggetti scrivono utilizzando una «struttura elencativa a zig zag» (McCutchen e Perfetti, 1982), ovvero i collegamenti tra le varie parti del testo appaiono deboli e sostenuti solo da una semplice continuità dell’argomentazione. Successivamente, verso la fine della scuola primaria e i primi anni della secondaria di primo grado, l’argomentazione appare più raccordata, ma viene comunque strutturata secondo un ordine piuttosto casuale, cioè «in paragrafi non ordinati» (Cisotto, 1997). Solo alla fine della scuola secondaria di primo grado e agli inizi della secondaria di secondo grado la struttura del testo appare più definita e vi è una maggiore coerenza nei collegamenti. Langer (1986) e Boscolo e Cisotto (1993) hanno condotto alcuni studi con alunni di quarta classe primaria e prima e terza classe secondaria di primo grado sulla percezione delle difficoltà incontrate nella produzione di un testo. Dall’indagine è emerso, come previsto, che il compito richiesto risultava relativamente facile per gli studenti di età superiore, mentre alunni di scolarità primaria lo percepivano in termini di maggiore complessità. Altri studi hanno focalizzato il loro interesse su un altro aspetto metacognitivo, ovvero l’autovalutazione del proprio elaborato da parte dello studente. La maggior parte di questi studi riguardava, anche in questo caso, alunni di scuola primaria e secondaria di primo grado. Hilgers (1986) ha rilevato che soggetti dei primi anni di scolarità adottano prevalentemente risposte di tipo affettivo, ovvero giudizi estranei alla composizione grafica o ortografica in sé, che evolvono poi in riflessioni sulla ricchezza e sulla qualità della composizione. Queste ricerche hanno dimostrato come solo soggetti di scolarità avanzata, avendo maturato la consapevolezza di alcune caratteristiche del testo, siano in grado di organizzare idee e informazioni secondo i pattern strutturali che lo contraddistinguono. Solo con il procedere della scolarità, infatti, gli allievi si dimostrano sempre più capaci di tenere sotto controllo la coerenza globale del testo e di intervenire con pattern di modifica sempre più strategici e complessi. Bereiter e Scardamalia (1987), inoltre, hanno indagato le difficoltà di scrittori principianti nell’apprendimento del processo di scrittura e le caratteristiche di alcune fasi di tale processo in direzione evolutiva. Nei bambini, e soprattutto nei soggetti in difficoltà, la limitata capacità della memoria di lavoro rende difficile il controllo di molteplici variabili e l’attivazione coordinata dei sottoprocessi implicati nella produzione scritta. Infatti, durante la composizione di un testo scritto la memoria di lavoro dovrebbe continuamente prestare attenzione ai 130 Le migliori proposte operative su… Scrittura numerosi vincoli convenzionali e non, quali l’ortografia e la grammatica, il tipo di testo da produrre, l’organizzazione delle idee, il destinatario del testo, ecc. In base a una classificazione delle difficoltà degli scrittori principianti, gli autori hanno individuato cinque aree di competenza particolarmente problematiche: la produzione di un testo senza interlocutori, la generazione di idee e il loro mantenimento nella memoria di lavoro, la formulazione di piani in relazione a obiettivi, l’utilizzo di processi «inesperti» di revisione e la presenza di aspetti meccanici e strumentali del comporre. Ricerche più recenti, come quelle condotte da Jacobs (2004) e Scheuer e colleghi (2006), hanno reso un contributo importante all’indagine dei processi metacognitivi sottesi al processo di scrittura in soggetti prescolari e di scolarità primaria. Jacobs (2004), infatti, ha condotto uno studio con 16 bambini di scuola dell’infanzia mirato a indagare la loro consapevolezza e la loro crescita metacognitiva. Attraverso il setting «dell’officina degli scrittori», così come lo definisce il ricercatore, veniva fornito ai bambini un ambiente significativo e naturale nel quale coltivare il loro pensiero metacognitivo. I risultati di questo studio hanno dato prova del fatto che anche bambini di scuola dell’infanzia, se sensibilizzati a farlo, sono in grado di pensare metacognitivamente. Olson (1994) sostiene, infatti, che i bambini di 5 e 6 anni devono essere stimolati a riflettere sul proprio pensiero, perché ciò li aiuterà a comprendere pienamente il loro modo di pensare e i loro processi di problem solving. Inoltre, attraverso colloqui mirati, l’insegnante ha la possibilità di inferire la presenza di alcuni processi metacognitivi. L’analisi del contenuto dei pensieri dei bambini, effettuata durante quattro momenti del processo di scrittura (pianificazione, trascrizione, correzione e revisione), è stata recentemente valutata da Scheuer e colleghi (2006). I risultati del loro studio concordano con le ricerche di Flavell (1999) sul fatto che i bambini di primaria scolarità dichiarano di concepire l’attività del pensiero come un processo astratto e generale, mentre i bambini di scolarità più avanzata dimostrano di essere consapevoli di processi metacognitivi specifici, quali ad esempio la pianificazione, la trascrizione, la correzione e la revisione, durante l’attività di scrittura. È opportuno ricordare, inoltre, che i bambini di prima classe primaria ritengono che la revisione si debba limitare soltanto al momento dell’ultima lettura, mentre quelli di quarta dichiarano che sia opportuno attuarla a ogni riga (Wellman, 1990). Questo studio mostra, inoltre, che i bambini di età inferiore assegnano un ruolo secondario ai processi di autocontrollo, poiché essi contano molto di più sul supporto di un adulto. Nella quarta primaria la dipendenza da un aiuto esterno diminuisce e il controllo personale diventa Difficoltà di scrittura e revisione del testo: il ruolo dei processi metacognitivi 131 più forte ed efficace; la soggettività comincia a diventare esplicita, in termini di riconoscimento delle esperienze individuali che connotano la propria produzione (Baccalà e de la Cruz, 2000). Tali teorizzazioni hanno avuto seguito nello studio di Larkin (2009), che ha indagato lo sviluppo delle capacità metacognitive in bambini tra i 5 e i 7 anni, mettendo in evidenza l’importanza dei fattori sociali, attraverso dei compiti di scrittura basati sulla collaborazione tra i compagni. Altri studi (Graham, Berninger e Fan, 2007), che hanno coinvolto studenti di prima e terza secondaria di primo grado, hanno invece messo in luce gli effetti delle attitudini e degli aspetti motivazionali sullo sviluppo delle abilità metacognitive. Dall’analisi della letteratura nazionale e internazionale emerge chiaramente che i bambini, soprattutto nel primo anno di scolarizzazione, sono maggiormente orientati all’apprendimento delle regole di transcodifica; a loro volta, solitamente, gli insegnanti concentrano il proprio interesse sullo sviluppo della capacità di rispettare le regole e sulle convenzioni presenti nella nostra lingua. Gli sforzi cognitivi impiegati per l’apprendimento di tali regole, che mediano la trasformazione del linguaggio ascoltato e pensato in linguaggio espresso con grafemi, inizialmente lasciano poco spazio all’acquisizione di processi di livello superiore, come ad esempio la pianificazione, il controllo, la revisione e la rilettura. Di conseguenza, studiando il comportamento dei bambini nelle prime fasi dell’apprendimento della scrittura, l’interesse dei ricercatori verte solitamente sull’analisi dei processi implicati nella compitazione e nelle tecniche di trasposizione (Tressoldi, 1991). Nonostante la consistente documentazione sperimentale in questo settore di indagine, la ricerca può contribuire ancora molto a chiarire i meccanismi sottostanti il processo di scrittura, soprattutto quelli inerenti la metacognizione, considerata di particolare rilevanza non solo nelle fasi relative alla composizione dei testi, ma anche negli stadi iniziali di compitazione, per monitorare e/o correggere eventuali errori di trascrizione. L’esigenza di questa ricerca scaturisce dalla scarsa produzione scientifica relativa ai processi metacognitivi nelle prime fasi dell’alfabetizzazione. In riferimento allo studio di Scheuer e colleghi (2006), che attraverso interviste rivolte a bambini di scuola dell’infanzia e di scolarità primaria hanno indagato la conoscenza dei processi metacognitivi implicati nei compiti di scrittura, si è ritenuto opportuno studiare, con modalità diverse e più oggettive, il comportamento dei bambini di 6/7 anni impegnati in attività analoghe. 132 Le migliori proposte operative su… Scrittura Il progetto Questa ricerca si propone di indagare se anche bambini di prima classe primaria siano in grado di mettere in atto processi metacognitivi durante due compiti di scrittura (narrazione e descrizione). Inoltre, si vuole verificare se attraverso una prova di sensibilizzazione verso tali processi anche bambini con deficitarie performance di scrittura possano attuare processi di revisione del testo scritto. Metodo Partecipanti Alla ricerca hanno partecipato 65 bambini di 6/7 anni, 32 maschi e 33 femmine, testati alla fine della prima e all’inizio seconda classe di scuola primaria. Il campione è stato selezionato da quattro classi di due scuole diverse. Tutti i bambini appartenevano a un livello socioculturale medio. Strumenti di valutazione e procedura Prova di campionamento Per la selezione del campione sono state utilizzate le prove per la valutazione della competenza e della correttezza ortografica (Tressoldi e Cornoldi, 2000). La batteria è composta dalle seguenti prove: – prove di dettato: brano (1a prova) e frasi con parole omofone (2a prova); – prove di scrittura spontanea: narrazione (3a prova) e descrizione (4a prova). Ai soggetti sono state somministrate le prove come da manuale e, seguendo i valori criteriali forniti dal test, è stato possibile suddividere il campione in due gruppi, in relazione alle basse e alte competenze ortografiche rilevate. Seguendo le indicazioni fornite dalla Batteria per la correttezza e la competenza ortografica (Tressoldi e Cornoldi, 2000), per l’attribuzione dei punteggi è stato assegnato un punto per ogni errore commesso. Se una parola era sbagliata più volte si valutava solo la prima. Non è stata data importanza alla qualità della forma del grafema; era sufficiente che fosse identificabile. Nella tabella 8.1 vengono riportate le medie e le deviazioni standard del numero di parole scritte e del numero di errori commessi dai due gruppi in ogni prova (dettato di un brano, dettato di frasi, narrazione e descrizione). Difficoltà di scrittura e revisione del testo: il ruolo dei processi metacognitivi 133 Tabella 8.1 Medie e deviazioni standard delle prove di campionamento eseguite dai due gruppi Dettato di un brano (1a prova) Gruppi Dettato di frasi (2a prova) Narrazione (3a prova) Errori Parole Errori Parole Errori Parole Descrizione (4a prova) Errori Parole Bassa competenza M 51,52 15,52 85,82 27,18 12,30 3,88 7,88 3,27 DS 9,21 8,66 20,35 12,36 5,53 2,56 4,04 1,99 Alta competenza M 60,53 3,84 99,25 12,19 17,06 1,34 9,22 1,41 DS 2,93 2,95 6,03 5,33 6,74 1,38 4,24 1,13 Il test t di Student per il confronto tra le medie ha permesso di evidenziare che tra le performance fornite dai bambini con alte e basse competenze di scrittura esistono differenze altamente significative in tutti i compiti (tabella 8.2). Confrontando le prestazioni dei due gruppi, si può notare, infatti, che i bambini con bassa competenza, a eccezione della prova di descrizione, hanno totalizzato in media un numero minore di parole scritte. Anche relativamente al numero di errori si evidenziano, tra i due gruppi, differenze altamente significative: i bambini con basse competenze ne hanno commesso un numero maggiore rispetto ai coetanei con sviluppo tipico. Tabella 8.2 Confronti semplici tra le prove di scrittura effettuate da bambini con alte e basse competenze Prove di campionamento T di Student Numero di parole Numero di errori Dettato di un brano t(63) = 5,280; p < .0001 t(63) = 7,323; p < .0001 Dettato di frasi t(63) = 3,583; p < .0001 t(63) = 6,314; p < .0001 Narrazione t(63) = 3,117; p < .003 t(63) = 4,957; p < .0001 Descrizione t(63) = 1,305; p > .197 t(63) = 4,614; p < .0001 In base ai risultati, i partecipanti sono stati suddivisi in due categorie: alta competenza (32 soggetti) e bassa competenza (33 soggetti). 134 Le migliori proposte operative su… Scrittura Un dato rilevante emerge dall’osservazione del comportamento dei bambini durante e alla fine di ciascuna prova di scrittura: nessuno di loro, infatti, ha riletto i compiti e ha apportato correzioni sugli stessi, mostrando di non attuare, spontaneamente, alcuna strategia di revisione del testo. Prova di metacognizione Sulla base delle osservazioni effettuate durante la fase di campionamento e prendendo spunto dalla ricerca di Scheuer e colleghi (2006), è stata strutturata una prova di metacognizione, che consisteva nella presentazione di quattro cartoncini colorati raffiguranti un bambino o una bambina. Le immagini mostravano i protagonisti impegnati nel compito della scrittura in quattro momenti ben definiti, ovvero durante: – la pianificazione: il/la bambino/a pensa prima di scrivere qualcosa sul foglio (figura 8.1); – la trascrizione: il/la bambino/a scrive ciò che ha pensato (figura 8.2); – la correzione: il/la bambino/a corregge perché ha sbagliato (figura 8.3); – la rilettura: il/la bambino/a rilegge quello che ha appena scritto (figura 8.4). Ai bambini si presentavano i cartoncini in ordine sparso e si chiedeva di disporli in una sequenza di azioni funzionale al successo nei compiti di scrittura. Se la prestazione era corretta, al soggetto veniva richiesto di verbalizzare i vari comportamenti rappresentati dai personaggi dei cartoncini e i motivi per i quali aveva scelto tale sequenza logica. Se, invece, la prestazione era errata, veniva riportato il numero degli errori commessi e l’ordine in cui erano state posizionate le immagini che componevano la sequenza. In questo caso, attraverso la Fig. 8.1 Il/la bambino/a pensa prima di scrivere qualcosa sul foglio (pianificazione). Difficoltà di scrittura e revisione del testo: il ruolo dei processi metacognitivi Fig. 8.2 Il/la bambino/a scrive ciò che ha pensato (trascrizione). Fig. 8.3 Il/la bambino/a corregge perché ha sbagliato (correzione). Fig. 8.4 Il/la bambino/a rilegge quello che ha appena scritto (rilettura). 135 136 Le migliori proposte operative su… Scrittura procedura di modeling, lo sperimentatore eseguiva il compito mentre il bambino osservava, ordinando e presentandogli i cartoncini nell’ordine esatto. Inoltre, lo sperimentatore spiegava i contenuti e, subito dopo, chiedeva nuovamente al bambino di riordinare i cartoncini verbalizzando le sue scelte. Infine, suggeriva il comportamento da tenere nei successivi compiti di scrittura, cioè di ricordare cosa stessero facendo i bambini raffigurati nelle immagini mentre scrivevano. Prove di narrazione e descrizione Dopo che ai bambini erano stati mostrati i cartoncini della prova di metacognizione e che avevano eseguito correttamente il compito, si proponevano altre prove di narrazione e di descrizione, allo scopo di verificare se adottassero le strategie di rilettura e revisione del testo e valutare gli effetti del controllo metacognitivo su questi compiti di scrittura. Anche in questa fase la somministrazione era sempre individuale e seguiva le stesse caratteristiche della 3a e 4a prova di campionamento. – Prova di narrazione. Veniva proposta una nuova storia, che si svolgeva in tre momenti, diversa per contenuto ma identica per tipologia a quella della prova di campionamento, costruita attraverso una semplificazione della prova prevista per la terza classe primaria. Questa, originariamente costituita da un episodio che si sviluppava in 5 eventi cronologicamente correlati, prevedeva un numero maggiore di avvenimenti. Tuttavia, riducendo a 3 gli eventi che costituiscono la storia, si otteneva una prova equiparabile a quella prevista per il livello di scolarizzazione precedente. – Prova di descrizione. Una nuova scena, diversa per contenuto ma identica per tipologia a quella della prova di campionamento, che presentava però un numero maggiore di elementi e di personaggi. Tuttavia, sul piano della complessità delle eventuali parole che i bambini avrebbero dovuto scrivere, non vi erano differenze. Infatti, in entrambe le prove sono presenti personaggi e luoghi la cui descrizione scritta implica la conoscenza delle regole per rappresentare le doppie (ad esempio giraffa – piazza) e i trigrammi (ad esempio paglia – sciarpa). Analisi dei risultati e discussione Prove di metacognizione Alla prima somministrazione della prova si è potuto evidenziare che il 72% dei bambini con alta competenza ha eseguito correttamente il compito Difficoltà di scrittura e revisione del testo: il ruolo dei processi metacognitivi 137 richiesto, e che il 33% dei bambini con bassa competenza di scrittura è riuscito a portare a termine il compito con successo. Confrontando le prestazioni dei due gruppi, emergono differenze altamente significative nella percentuale di soggetti che hanno eseguito correttamente il compito (Z = 2,899; p < .004; figura 8.5). 120 Percentuale 100 80 60 40 20 0 Errata Corretta Alta competenza Bassa competenza Fig. 8.5 Percentuale di soggetti che hanno eseguito il compito richiesto nella prova di metacognizione. Poiché alcuni bambini non sono stati in grado di eseguire la prova correttamente, si è applicata la procedura di modeling secondo le modalità precedentemente descritte. Alla fine dell’addestramento specifico, tutti i bambini hanno ordinato e verbalizzato correttamente la sequenza delle azioni necessarie per ottenere un proficuo monitoraggio delle prestazioni di scrittura. Allo scopo di verificare se i bambini ricordassero e mettessero in atto le azioni descritte e suggerite dal training, sono state proposte altre due prove di narrazione e di descrizione. A differenza di quanto accaduto nella prima fase della ricerca, nella quale nessun bambino aveva messo in atto strategie metacognitive, in questa seconda fase si è potuto osservare una modificazione significativa del comportamento dei bambini impegnati nei compiti di scrittura proposti. Infatti, dopo la fase di sensibilizzazione metacognitiva, in entrambe le prove, il 97% degli alunni con alta competenza e il 67% di quelli con bassa competenza si sono mostrati capaci di effettuare correzioni (figura 8.6), anche se esistono differenze signi- 138 Le migliori proposte operative su… Scrittura 120 Percentuale 100 80 60 40 Non attuano correzioni 20 0 Attuano correzioni Alta competenza Bassa competenza Fig. 8.6 Percentuale di soggetti che rileggono il testo e attuano autocorrezioni. ficative, tra i due gruppi, nelle percentuali di soggetti che hanno realizzato le correzioni (Z = 2,064; p < . 039). Nella tabella 8.3 vengono riportate le medie e le deviazioni standard del numero di correzioni effettuate dai due gruppi in entrambe le prove. I bambini con alta competenza hanno effettuato un numero maggiore di correzioni rispetto a quelli con bassa competenza; tuttavia, in entrambi i gruppi vengono apportate più correzioni durante la prova di descrizione rispetto a quella di narrazione. Il test t di Student per il confronto tra le medie ha permesso di evidenziare differenze altamente significative tra le correzioni effettuate dai due gruppi in entrambe le prove (tabella 8.4). Infine, in figura 8.7 osserviamo le differenze tra il numero di errori commessi e il numero di correzioni effettuate nelle prove da entrambi i gruppi. Tabella 8.3 Medie e deviazioni standard delle correzioni effettuate dai due gruppi Correzioni effettuate Bassa competenza Alta competenza Narrazione Descrizione Narrazione Descrizione M 0,55 0,82 1,17 1,55 DS 0,60 0,50 1,00 0,95 Difficoltà di scrittura e revisione del testo: il ruolo dei processi metacognitivi 139 Tabella 8.4 Confronti semplici tra le correzioni effettuate da bambini con alte e basse competenze di scrittura T di Student Correzioni effettuate Narrazione t(49) = 2,574; p < .013 Descrizione t(49) = 3,272; p < .002 Numero errori e correzioni 12 10 8 6 4 2 0 Correzioni Errori Alta competenza Bassa competenza Fig. 8.7 Confronto tra il numero di errori commessi e il numero di correzioni effettuate dai due gruppi in entrambe le prove. Come ci si attendeva, nonostante i sensibili miglioramenti evidenziati nelle prestazioni dei bambini con basse competenze di scrittura, quelli con alta competenza commettono meno errori e attuano un numero maggiore di correzioni. Prove di narrazione e descrizione Nella tabella 8.5 vengono riportate le medie e le deviazioni standard del numero di parole scritte e del numero di errori commessi dai due gruppi nei compiti di narrazione e di descrizione, svolte successivamente alla prova di metacognizione. 140 Le migliori proposte operative su… Scrittura Tabella 8.5 Medie e deviazioni standard delle prove di narrazione e descrizione eseguite dai due gruppi Bassa competenza Prove Narrazione Alta competenza Descrizione Narrazione Descrizione Parole Errori Parole Errori Parole Errori Parole Errori M 9,30 4,48 8,18 3,73 16,22 2,28 10,47 0,91 DS 5,01 2,82 3,74 2,54 6,28 1,82 3,85 1,06 Poiché non è stato effettuato un intervento specifico destinato a migliorare i processi fonologici e insegnare le regole di transcodifica, anche nelle prove successive al training metacognitivo le differenze nelle prestazioni di scrittura rimangono altamente significative tra i bambini con alte e basse competenze. Infatti, confrontando le prestazioni dei due gruppi nelle due prove di narrazione e descrizione si evidenzia che i bambini con bassa competenza hanno totalizzato in entrambe in media un numero minore di parole scritte e, invece, un numero maggiore di errori rispetto ai coetanei con alta competenza, come possiamo osservare in figura 8.8. Il test t di Student per il confronto delle medie tra gruppi indipendenti ha permesso di evidenziare differenze altamente significative (tabella 8.6). Bassa competenza Numero parole ed errori Alta competenza 20 15 10 5 0 Parole narrazione Errori narrazione Parole descrizione Errori descrizione Fig. 8.8 Compiti di scrittura in bambini di 6/7 anni con alte e basse competenze. Difficoltà di scrittura e revisione del testo: il ruolo dei processi metacognitivi 141 Tabella 8.6 Confronti semplici tra le prove di narrazione e descrizione effettuate da bambini con alte e basse competenze di scrittura Prove T di Student Numero di parole Numero di errori Narrazione t(63) = 4,919; p < .0001 t(63) = 3,724; p < .0001 Descrizione t(63) = 2,433; p < .018 t(63) = 5,808; p < .0001 L’intento di questa ricerca era indagare lo sviluppo di strategie metacognitive in chiave evolutiva, a partire proprio dalle fasi iniziali di scolarizzazione. In particolare, si è avvertita l’esigenza di osservare se e come i processi metacognitivi possano essere accessibili già nelle prime fasi di apprendimento e se la capacità di conoscere e pensare a «cosa si fa mentre si fa» faciliti l’esecuzione della performance. Se così fosse, allora lo sviluppo delle competenze metacognitive potrebbe essere di fondamentale importanza non solo per i bambini con alta competenza, ma soprattutto per quelli con performance deficitarie. L’obiettivo era verificare se anche bambini di precoce scolarità (primo anno della scuola primaria) fossero in grado di mettere in atto processi metacognitivi, quali la pianificazione, il controllo, la revisione e la rilettura, durante dei compiti di scrittura (narrazione e descrizione). Inoltre, si voleva verificare se, attraverso un training di sensibilizzazione (prova di metacognizione) verso tali processi, anche bambini con performance deficitarie di scrittura potessero attuare processi di revisione del testo scritto. I risultati della prova di metacognizione mostrano significative differenze nell’esecuzione del compito (ordinare i cartoncini): i bambini con alta competenza sembrano avere, infatti, una maggiore conoscenza delle procedure da seguire durante la scrittura rispetto a quelli con bassa competenza. Tuttavia, i risultati ottenuti in seguito alla prova di metacognizione forniscono dei dati interessanti che meritano attenzione. Dalla percentuale dei soggetti che hanno effettuato delle correzioni, si evince che i bambini con alta competenza correggono di più rispetto a quelli con bassa competenza; tuttavia, una consistente percentuale di questi ultimi, dopo la prova di metacognizione, è comunque in grado di rileggere il proprio compito ed eventualmente di apportare delle correzioni. Il dato di notevole interesse, che emerge con estrema chiarezza, è che anche i bambini con basse prestazioni di scrittura mostrano di essere sensibili a un training metacognitivo e di potersene avvantaggiare per migliorare le 142 Le migliori proposte operative su… Scrittura performace, anche in assenza di un intervento specifico di tipo fonologico orientato all’acquisizione delle regole di transcodifica. Conclusioni La ricerca effettuata si colloca all’interno degli studi volti a sviluppare la consapevolezza metacognitiva, soprattutto a partire da contesti educativi primari come la famiglia o, in questo caso la scuola, perché, come spesso accade nel caso di bambini di precoce scolarità, la scrittura è presentata principalmente come trasposizione grafica di fonemi, più che come espressione del proprio pensiero. Alla luce dei risultati conseguiti nell’ambito di questa ricerca sembra di estrema importanza, soprattutto in ambito didattico, spostare l’attenzione degli insegnanti e focalizzare gli interventi educativi verso lo sviluppo non solo delle competenze fonologico-grafiche in sé, ma anche dei processi di automonitoraggio e di revisione che possono essere un supporto indispensabile per migliorare le performance dei bambini di precoce scolarità, anche qualora presentassero difficoltà di scrittura. Gli stessi Bereiter e Scardamalia (1987), oltre all’interesse teorico verso i processi implicati nella produzione scritta, hanno affrontato alcuni aspetti metacognitivi esplorando una serie di metodi e tecniche utili a promuovere lo sviluppo di strategie compositive esperte. Lo sviluppo di tali strategie può anche avere luogo all’interno di contesti scolastici che promuovono forme di cognizione intenzionale, anche se spesso in contrasto con il punto di vista di una didattica che valorizza principalmente aspetti esecutivi in cui prevale l’applicazione di norme e regole per produrre «buoni» testi. Secondo tale prospettiva, scopo dell’insegnante è rendere gli alunni alleati nei processi didattici attraverso un coinvolgimento delle loro menti nelle attività di apprendimento, procedendo attraverso un sottile gioco di «anticipazioni di competenza» in compiti che richiedono strategie cognitive più evolute di quelle possedute dagli alunni; in quanto esperto, cioè, egli fornisce loro un iniziale «prestito di coscienza», allo scopo di far scaturire informazioni sul funzionamento dei processi cognitivi e predisporre lo sviluppo di nuove potenzialità. Gli autori propongono due metodi per potenziare i meccanismi di autoregolazione e autocontrollo. 1. Le facilitazioni procedurali: qualsiasi metodo di riduzione della complessità esecutiva di un compito che sia in grado di mettere l’allievo nella condizione di fare un uso migliore delle conoscenze e delle abilità di cui dispone. Si Difficoltà di scrittura e revisione del testo: il ruolo dei processi metacognitivi 143 tratta di un insieme di strategie che si sono rivelate particolarmente fertili nell’insegnamento dei processi compositivi. In questo metodo l’insegnante non interviene direttamente nel facilitare l’allievo nella risoluzione del compito, ma agisce indirettamente diminuendo le difficoltà presentate dall’attività richiesta, al fine di permettere una concentrazione mirata su un compito alla volta che, a sua volta, consente un maggiore controllo finalizzato allo scopo (procedere per passi in maniera graduale). Un esempio di facilitazione procedurale potrebbe essere quello di favorire il processo di pianificazione del compito a un soggetto con difficoltà di apprendimento utilizzando la tecnica del «buttar giù» oralmente tutte le idee che ha in mente per l’esecuzione di un compito, mentre un altro compagno si impegna ad annotarle; ciò permette al soggetto di concentrarsi soltanto sul processo di pianificazione, non dovendo preoccuparsi degli aspetti strumentali legati al compito di scrittura. 2. Rendere concreti gli scopi del compito di scrittura: una tecnica mediante la quale i bambini vengono aiutati a rappresentarsi il compito di scrittura attraverso formulazioni e specificazioni progressive di obiettivi che inizialmente sono globali. Bereiter e Scardamalia (1987) fanno riferimento a un percorso di raggiungimento degli obiettivi che procede attraverso formulazioni e specificazioni progressive di scopi, quindi un percorso consapevole — strada maestra —, non un avanzare senza riflessioni sui passaggi e sulle scelte via via effettuate, quindi inconsapevole (strada secondaria). Tutto ciò per sottolineare, come dimostrato dalla ricerca, l’importanza che la conoscenza e il controllo metacognitivo hanno nei compiti di scrittura. La scrittura è un compito intellettualmente vincolante, che richiede l’esplorazione di diverse possibilità di soluzione del problema, la valutazione di alternative, la formulazione di soluzioni provvisorie e una loro ricorrente revisione. Il programma metacognitivo proposto dai due autori viene, inoltre, supportato da una serie di tecniche utili mirate al controllo e alla consapevolezza metacognitiva: – insegnare agli alunni a ragionare ad alta voce; – dare agli studenti qualcosa di concreto su cui discutere; – procurarsi l’aiuto di altri studenti per riuscire a capire; – disporre la successione di compiti in ordine di complessità crescente; – creare condizioni in cui gli studenti forniscano sostegno procedurale ad altri. Alcune delle strategie presentate da Bereiter e Scardamalia (1987) sono state riprese anche da altri autori come Harris e Graham (1996), i quali hanno 144 Le migliori proposte operative su… Scrittura proposto, in linea con quanto detto precedentemente, un programma di insegnamento, che essi definiscono programma di sviluppo strategico autoregolato, volto a educare abilità metacognitive per la composizione scritta e basato sull’assunto che il modo migliore per promuovere un atteggiamento strategico sia un insegnamento «informato» (Boscolo, 1991), ossia diretto ed esplicito, sia pure con modalità diversificate, che comprende tanto la spiegazione agli allievi su cosa sia una strategia e su come si possa farne uso, quanto l’esercizio guidato e il lavoro di gruppo. Tale programma presenta sei caratteristiche: 1. è individualizzato; 2. si basa su un modello interattivo di istruzione attraverso la tecnica dello scaffolding; 3. ogni fase prevede un apprendimento fino alla padronanza; 4. prima dell’insegnamento di ogni strategia l’allievo viene messo a conoscenza delle difficoltà che un compito può presentare e degli obiettivi che si intendono raggiungere; 5. considera parte integrante dell’apprendimento di strategie metacognitive il coinvolgimento e la motivazione; 6. coinvolge direttamente gli insegnanti. Il programma riguarda due ambiti di intervento della produzione scritta: lo sviluppo di strategie compositive per la pianificazione e la revisione del testo; il potenziamento di strategie di controllo e di autoregolazione dei processi compositivi. Il primo gruppo di strategie consiste in una serie di procedure (script) che descrivono le sequenze di attività necessarie per la pianificazione (brainstorming, strategie dello spazio e dell’albero per organizzare i contenuti della scrittura, definizione degli obiettivi, strategie per la scrittura di una relazione) e per la revisione (controllo delle frasi, revisione collaborativa tra pari e revisione mediante la strategia del CDO, ovvero confronto, diagnosi, operazione o intervento). Le strategie dello spazio e dell’albero sono facilitazioni proposte dal programma di Harris e Graham (1996) per aiutare gli studenti nella produzione di testi. La prima prende il nome dall’acronimo SPACE, che ricorda agli allievi le categorie strutturali per la scrittura di storie: Setting (ambientazione), Purpose (problema da risolvere o obiettivo da raggiungere per il protagonista), Action (le azioni o i comportamenti messi in atto per risolvere il problema), Conclusion (raggiungimento dell’obiettivo) e infine la reazione emotiva del protagonista, Emotion. La seconda prende invece il nome dall’acronimo TREE (albero in inglese), che serve a ricordare le fasi della stesura dei testi espositivi: Topic – annotare informazioni sull’argomento, Reason – riportare ragioni o Difficoltà di scrittura e revisione del testo: il ruolo dei processi metacognitivi 145 spiegazioni per illustrare l’argomento, Examine – esaminare e valutare le ragioni, Ending – trarre le conclusioni. La strategia del CDO (Confronto, Diagnosi, Operazione o Intervento), già sperimentata da Bereiter e Scardamalia come facilitazione procedurale (1987), si basa sulla revisione ricorsiva durante la stesura. A questo scopo gli alunni hanno a disposizione dei cartoncini che contengono suggerimenti per l’autoanalisi del testo e per monitorare il processo di revisione in corso. Dopo aver scritto una frase o una parte del testo, lo scrittore la confronta con il piano e le intenzioni comunicative servendosi degli aiuti predisposti; ad esempio: «Questa parte è poco chiara. Chi legge potrebbe non capire!». Se individua discrepanze, l’alunno riflette e formula una diagnosi che potrà risultare più o meno accurata e precisa: ad esempio: «Mi sono dilungato troppo su questa idea» oppure: «Mancano argomenti convincenti». La fase successiva riguarda gli interventi correttivi che possono consistere in modifiche locali oppure nella rilettura della frase o di una parte del testo (Harris e Graham, 1996). Il secondo gruppo, invece, riguarda il controllo e l’autoregolazione. A tal proposito vengono proposte strategie quali: darsi istruzioni, attraverso una procedura di dialogo interno; definire gli obiettivi, attraverso situazioni di problem solving; automonitorarsi, attraverso l’autovalutazione (self-assessment) e l’autoregistrazione (self-recording); autorinforzarsi, per rendere progressivamente l’allievo autonomo nella propria valutazione e indipendente dal feedback dell’insegnante. Il programma presentato è rivolto soprattutto a scrittori giovani e inesperti ma fornisce indicazioni di lavoro utili anche per lo sviluppo delle abilità di scrittura di studenti più maturi; i suoi obiettivi riguardano in primo luogo l’acquisizione e l’uso flessibile di strategie compositive efficaci e, secondariamente, il potenziamento di strategie di controllo e di autoregolazione dei processi. È opportuno tuttavia precisare che non si tratta di un semplice addestramento strategico, ma di un orientamento generale degli interventi didattici in grado di favorire un’applicazione produttiva delle strategie, di sostenere lo sforzo cognitivo degli allievi e di contribuire a rendere lo scrivere un’esperienza gratificante e significativa. In linea con quanto detto precedentemente, altri studi condotti con bambini di precoce scolarità hanno suggerito alcune proposte di intervento mirate allo sviluppo della consapevolezza e della competenza metacognitiva. Infatti, gli studi di Jacobs (2004) e di Scheuer e colleghi (2006) forniscono un modello agli insegnanti che può essere utilizzato per aiutare i bambini a sviluppare e utilizzare la loro metacognizione in un setting di officina di scrittori, come l’autore stesso definisce il contesto di scrittura consapevole in cui ai 146 Le migliori proposte operative su… Scrittura bambini fin dalla scuola dell’infanzia viene insegnato a essere consapevoli dei propri pensieri e del modo in cui gestirli, tenendo sempre a mente i quattro momenti chiave del processo (pianificazione, trascrizione, revisione, rilettura). Il contributo di ricerca presentato prende spunto da questi studi anche nel promuovere un tipo di intervento preventivo sugli aspetti metacognitivi che, com’è stato possibile notare, i soggetti dimostrano di conoscere ma, impegnati in uno sforzo cognitivo legato ad aspetti strumentali del compito di scrittura, non mettono in atto. Di conseguenza, come detto anche precedentemente, gli insegnanti dovrebbero stimolare la conoscenza e il controllo dei processi metacognitivi fin dai primissimi anni di scolarizzazione. Una delle conseguenze positive della ricerca, che si è rivelata di grande importanza ai fini applicativi, è stata la realizzazione, da parte degli insegnanti coinvolti nello studio, di un cartellone dove sono state riportate le immagini presentate durante le prove di sensibilizzazione metacognitiva, con le rispettive didascalie sul comportamento da assumere durante il compito di scrittura. I cartelloni sono stati affissi in classe e hanno funzionato come stimolo per i bambini, i quali prima di intraprendere le attività di produzione del testo ripetevano, ad alta voce, le strategie funzionali al compito. Questa attività, come riferito a distanza di tempo dagli stessi insegnanti, si è rivelata utile a migliorare le prestazioni di scrittura di tutti gli alunni. I risultati della ricerca indicano, quindi, il bisogno di un ripensamento pratico dell’insegnamento della scrittura agli inizi della scolarizzazione e nella scuola primaria, in modo da promuovere interventi diretti a formare alunni che sappiano esporre, revisionare e rispiegare le loro idee sul processo di scrittura. Un ultimo punto, ma non di minore importanza, è quello relativo alla necessità, da parte degli insegnanti, di tenere presente che mentre gli alunni imparano a scrivere stanno anche sviluppando idee sulle mete, sulle richieste, sul contenuto e sulle caratteristiche della scrittura. Integrando queste idee, i docenti potrebbero promuovere un insegnamento più profondamente ancorato alle prospettive e agli scopi degli studenti, in modo tale da sfruttare pienamente le loro risorse. Per sviluppare, in modo adeguato, le abilità di scrittura e ottenere il successo degli interventi preventivi e/o di recupero, si ritiene, dunque, indispensabile affiancare ai tradizionali training fonologici altre forme di istruzione consapevole, mirate all’evoluzione di competenze metacognitive, che, come ha dimostrato la ricerca, devono essere rivolte a tutti gli studenti, indipendentemente dal loro livello di competenza. Lo scopo è, infatti, quello di potenziare al meglio le capacità di scrittura degli alunni, ma anche (o soprattutto) contribuire a Difficoltà di scrittura e revisione del testo: il ruolo dei processi metacognitivi 147 recuperare gli eventuali deficit evidenziati attraverso la somministrazione di training compositivi che investano il maggior numero di processi cognitivi. Bibliografia Baccalà N. e de la Cruz M. 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Infatti, per la scrittura possiamo distinguere fra procedure semiautomatizzate legate alla competenza ortografica e procedure richiedenti un controllo relative all’espressione scritta. Con questo non si vuole certo escludere l’importanza degli aspetti riflessivi relativi alla scrittura come mezzo simbolico, con gli illuminanti lavori sulle prime consapevolezze del bambino sulla lingua scritta (Ferreiro e Teberosky, 1985), o il ruolo della riflessione più propriamente metacognitiva sull’attività che la mente compie durante i primi apprendimenti della scrittura. È però nel momento in cui il bambino deve pensare, pianificare, organizzare le idee e curare la stesura di un testo scritto che entra in gioco una poderosa richiesta di operazioni di controllo che inevitabilmente coinvolgono le riflessioni e le idee che il bambino ha sull’attività di espressione scritta e sui suoi obiettivi. Non sorprende quindi che alcuni studi significativi sulla metacognizione nella Dipartimento di Psicologia Generale, Università di Padova. 1 150 Le migliori proposte operative su… Scrittura scrittura, cui noi stessi ci siamo idealmente collegati in questo lavoro, abbiano dato ampio spazio all’espressione scritta (Cisotto, 1998; Swanson e Berninger, 1996). Sorprende invece che fino a oggi, per quello che a noi risulta, nessuno abbia mai tentato di elaborare un questionario sistematico per la rilevazione delle conoscenze metacognitive connesse alla scrittura, con particolare attenzione all’espressione scritta. In questo lavoro, presentiamo un nuovo Questionario metacognitivo sulla scrittura che cerca di colmare questa parziale carenza. Il lettore potrà trovare l’intero questionario con le indicazioni per l’attribuzione del punteggio. Infatti, il questionario può servire non soltanto per rilevare le conoscenze sviluppate dal bambino e i suoi progressi (come viene illustrato in questo lavoro), ma anche per valutare il suo grado di sviluppo metacognitivo e metterlo in relazione con altri aspetti dell’apprendimento. Un utilizzo in quest’ultima direzione ci ha permesso di documentare il rapporto esistente fra sviluppo metacognitivo e competenze di scrittura, validando così lo strumento: infatti, i bambini con un più elevato punteggio al Questionario metacognitivo sulla scrittura erano anche quelli che ottenevano i punteggi più elevati nei vari subtest della prova oggettiva di scrittura di Tressoldi e Cornoldi (Tressoldi e Cornoldi, 1991; Cazzaniga, 2001). In questa sede presentiamo l’esemplificazione relativa alla somministrazione del Questionario a due bambini con difficoltà di apprendimento. È infatti soprattutto ai bambini con problemi di apprendimento che, idealmente, è indirizzato questo progetto di ricerca, nella convinzione che siano essi i primi potenziali beneficiari di un lavoro metacognitivo, meno essenziale per chi già possiede buone competenze metacognitive, ma cruciale — e capace di produrre risultati importanti — per quei bambini che, con le loro gambe, non riescono a camminare. Lo sviluppo delle competenze di espressione scritta («testualità») Come si sottolineava precedentemente, la maggior parte della letteratura sui disturbi di scrittura si concentra sugli aspetti della disgrafia e della disortografia. I bambini con difficoltà di questo tipo compiono errori che evidenziano un ritardo, o un deficit, del dispositivo fonologico, dimostrano scarsa competenza per le regole ortografiche e per il lessico, confondono omofoni non omografi e non discriminano le unità grafiche. Questo tipo di difficoltà non esaurisce il panorama di problemi che il bambino incontra quando affronta il processo di scrittura. Come per la lettura, che distingue fra decodifica e comprensione, anche per la scrittura si può tracciare una distinzione fra grafismo/ortografia e Il «Questionario metacognitivo sulla scrittura» per la scuola primaria 151 testualità. Sia la decodifica in lettura che gli aspetti legati alla corretta grafia in scrittura tendono a essere padroneggiati automaticamente con il passare degli anni, e nel migliore dei casi dovrebbero essere completamente automatizzati già dai primi anni di frequenza della scuola primaria. La comprensione e la testualità, al contrario, continuano a evolvere, diventando sempre più consapevoli e finalizzate. La testualità corrisponde alla capacità di produrre testi significativi, che sono mezzi di espressione, di meditazione, di ricerca e di rielaborazione dell’esperienza personale, e che rispondono a esigenze comunicative diverse. Le difficoltà di chi scrive, spesso, riguardano questo aspetto: non si padroneggia l’abilità di redigere il testo descrivendo adeguatamente l’oggetto del discorso. Molti fattori possono intervenire in questa difficoltà: l’incapacità argomentativa, l’incapacità di individuare i collegamenti causali e le relazioni logico-temporali, e l’incapacità di pianificare un testo scorrevole e unitario. Negli ultimi vent’anni sono state proposte varie descrizioni relative alle fasi di produzione del testo scritto. Il modello di Hayes e Flower (1980) è, a questo proposito, uno dei più significativi; mostra la complessità dei processi di scrittura e conferma il notevole carico cognitivo posto dalla composizione di un testo. Il modello è formato da tre blocchi principali che, a loro volta, sono composti da molteplici aspetti. Il primo blocco è rappresentato dalla memoria a lungo termine, implicata nelle conoscenze pregresse dello scrittore relative all’argomento, al destinatario e ai piani di scrittura. Il secondo blocco, quello centrale, è rappresentato dalle tre fasi della composizione: 1. la pianificazione, che comprende la generazione delle idee e la loro organizzazione in vista di un obiettivo comunicativo; 2. la trascrizione, cioè la fase esecutiva dello scrivere; 3. la revisione, che avviene ricorsivamente nell’attività compositiva e che comprende la rilettura, la valutazione e la correzione. All’interno di questo blocco è presente anche una funzione di monitoraggio, che controlla tutte le altre fasi. Il contesto del compito costituisce il terzo blocco: in esso rientrano i fattori generali e specifici del contesto, e lo stesso testo prodotto. Il modello spiega, con la sua complessità, la definizione della scrittura come processo di problem solving: la persona deve organizzarsi per affrontare il compito, formulando un piano in riferimento al destinatario, per raggiungere un obiettivo. Per la soluzione di qualsiasi compito l’atteggiamento strategico riveste un’importanza fondamentale; esso si manifesta sia nella conoscenza delle operazioni e dei procedimenti di cui la persona fa uso, sia nella capacità 152 Le migliori proposte operative su… Scrittura di osservarsi mentre esegue un compito, ponendolo sotto controllo. I bambini che da poco hanno cominciato a utilizzare lo strumento scrittura denotano una significativa mancanza di strategie: spesso, il bambino agisce da scrittore inesperto, che non dispone di sufficienti risorse per utilizzare la scrittura in modo efficace ed efficiente. Tuttavia, grazie allo sviluppo di competenze metacognitive, il bambino diventa progressivamente in grado di riconoscere quello che sta facendo, sceglie la strategia più adatta in ogni fase del compito, ne controlla l’applicazione, verifica se i risultati sono soddisfacenti e se il lavoro può ritenersi concluso, e così via. Le strategie possono essere definite come le attività metacognitive che determinano le componenti, le rappresentazioni e le azioni che saranno messe in atto per l’esecuzione del compito. Insegnare delle strategie metacognitive appare una possibile soluzione per aiutare bambini sprovvisti di un buon atteggiamento strategico che li supporti nell’apprendimento. La letteratura presenta innumerevoli ricerche che confermano l’importanza della metacognizione nel campo dell’apprendimento scolastico. In particolare, spesso viene valutato l’effetto di interventi metacognitivi sulle prestazioni, in vari ambiti, degli studenti. Altrettanto spesso, i risultati confermano la presenza di un effetto positivo sulle prestazioni nei compiti somministrati dopo l’intervento. Questi dati evidenziano l’entità del legame fra metacognizione e apprendimento: avere un buon livello di metacognizione in un ambito (sia esso relativo alla memoria, o alla lettura, o allo studio) corrisponde all’ottenere buone prestazioni in esso. Prima di proporre un intervento metacognitivo sulla scrittura (come si è visto, è un campo dell’apprendimento dove l’uso di strategie metacognitive appare veramente necessario per una buona riuscita) è necessario verificare l’esistenza della stessa relazione positiva anche fra scrivere e metaconoscenza. In letteratura esistono dettagliate descrizioni delle conoscenze metacognitive e dei risultati ottenuti nella scrittura da studenti con vario grado di scolarità. Tali studi esaminano campi molto diversi fra loro, ma tutti rilevanti ai fini della composizione di un buon testo. Conoscenze metacognitive sulla scrittura: la letteratura Sia pure senza un riferimento sistematico e organico alla metacognizione, la ricerca sulla scrittura ha prodotto una vasta letteratura soprattutto in riferimento al ruolo dei processi di controllo, previsione, pianificazione, monitoraggio, ecc. Più scarsa, e generalmente associata all’analisi dei processi di controllo, appare invece la letteratura relativa all’insieme delle idee che il bambino sviluppa sul lavoro mentale coinvolto nella scrittura. Il «Questionario metacognitivo sulla scrittura» per la scuola primaria 153 Nell’analisi dell’espressione scritta, un ruolo giustamente centrale è stato attribuito ai processi di pianificazione. La pianificazione è stata definita da Scholnick e Friedman (1987) come la somma delle attività concettuali che precedono e regolano un comportamento. Pianificare il comportamento di scrittura significa generare, selezionare e organizzare il materiale, attraverso la costruzione di mappe, la visualizzazione delle diverse ramificazioni dei concetti e l’elaborazione di scalette; significa anche conoscere i diversi generi testuali e le convenzioni pragmatiche sottese al contesto (Calzetti e Panzeri Donaggio, 1995) in vista del raggiungimento di una serie di obiettivi, generalmente comunicativi. Un recente studio di Kos e Maslowski (2001) evidenzia che anche gli alunni più piccoli attribuiscono un’importanza fondamentale alla generazione delle idee. Si tratta di un compito molto impegnativo, che chiama in causa sia la memoria di lavoro che quella a lungo termine, entrambe implicate nella produzione del testo (Swanson e Berninger, 1996; Kellogg, 2001). Vari studi dimostrano che la generazione delle idee e la composizione del testo sono facilitate dalla conoscenza approfondita dell’argomento oggetto del compito. In un loro studio, Eigler e colleghi (1991) hanno rilevato che i partecipanti componevano elaborati migliori se prima venivano istruiti in modo specifico sull’argomento. Anche i dati di Hidi e McLaren (1990) suffragano questi risultati: più che dall’interesse, la qualità del prodotto scritto viene influenzata dalla conoscenza della materia da esporre. Avere una grande quantità di materiale ma non saperlo organizzare è uno dei limiti che determina le difficoltà incontrate dai bambini nella stesura del testo. Alcuni dati a questo proposito sono estremamente interessanti: si basano sulla distinzione fra pianificazione anticipata (effettuata prima di qualsiasi operazione di trascrizione) e pianificazione on-line (eseguita appena prima di scrivere la «prossima cosa» in porzioni locali del testo). Sweeder (1981) afferma che gli scrittori inesperti non costruiscono un adeguato schema del testo, ma pianificano solo poche frasi in successione. La metà degli alunni con disturbi dell’apprendimento, nelle scuole primarie, investe pochissimo tempo nella pianificazione anticipata; la maggior parte della loro attività di pianificazione avviene on-line, durante la trascrizione (Graham et al., 1991). La pianificazione deliberata e intenzionale è, infatti, una caratteristica tipica dello scrittore esperto (Kellogg, 1994). Nel momento in cui lo scrittore acquisisce competenza nella gestione globale della pianificazione, riesce anche a differenziare correttamente l’uso dei segni di punteggiatura: durante la scuola primaria si ha un continuo sviluppo di questa capacità (Favart e Passerault, 2000). 154 Le migliori proposte operative su… Scrittura Nella loro ricerca, Kos e Maslowski (2001) hanno anche esplorato le percezioni di 15 bambini di seconda su ciò che costituisce il «buon scrivere». Le analisi hanno rilevato che durante le interviste i bambini si focalizzano sulle convenzioni dello scrivere (calligrafia, ortografia e aspetti meccanici) come indicatori di una buona scrittura. Tuttavia, nel momento in cui gli alunni sono supportati dai pari o dagli insegnanti, riescono a bilanciare il loro bisogno di scrivere in modo convenzionalmente corretto con la necessità di scrivere qualcosa di interessante per sé e per gli altri. In realtà, la focalizzazione su questi aspetti «estetici» toglie concentrazione allo scrittore: i risultati di Graham (1990) mostrano che, rimuovendo le richieste meccaniche per la calligrafia e l’elaborazione della parola, si può migliorare la lunghezza e la qualità della produzione di testi in studenti con difficoltà dell’apprendimento. A questo proposito, è interessante la ricerca di Barrera, Rule e Diemart (2001), che si è focalizzata sulla scrittura manuale e al computer. La scrittura manuale è spesso vista come spazio privilegiato per la creatività, se confrontata con la scrittura meccanica, caratterizzata da una dimensione impersonale e oggettivante (Maragliano, 1987). Tuttavia, i risultati di Barrera e colleghi non confermano questa prospettiva. Questi autori hanno confrontato le prestazioni di 18 alunni di prima in compiti di elaborazione della parola, con il computer o scrivendo manualmente, ipotizzando che gli studenti del gruppo «computer» avrebbero generato più parole e frasi, e sarebbero stati più impegnati nella loro attività, rispetto ai compagni del gruppo «scrittura a mano». I risultati hanno evidenziato differenze significative a favore della condizione di uso del computer rispetto a quella di scrittura manuale: i soggetti del primo gruppo, infatti, hanno scritto un numero maggiore di parole e frasi corrette, e hanno dimostrato una partecipazione più attiva durante l’esecuzione dei compiti. Pianificazione e trascrizione non concludono il processo di composizione di un testo: con la revisione, attraverso la rilettura, la valutazione e la correzione, lo scrittore può modificare il suo prodotto, migliorandolo (Sommers, 1980). Identificando le componenti della revisione nell’identificazione del problema e nella sua soluzione (Fitzgerald, 1987), la ricerca di MacArthur e colleghi (MacArthur, Schwartz e Graham, 1991) ha mostrato che gli studenti con difficoltà di apprendimento spesso non sanno né individuare il problema né venirne a capo. Gli studenti normodotati, invece, possono avere difficoltà nell’individuare un passaggio problematico, ma, se vengono aiutati a riconoscerlo, poi lo sanno risolvere con discreta facilità (Beal, 1993). Anche per la revisione, comunque, si può evidenziare un andamento evolutivo. Ad esempio, Boscolo e Cisotto (1999) rilevano l’emergere di differenze, con il progredire del livello di scolarità, per quanto riguarda l’aggiunta — in fase di revisione Il «Questionario metacognitivo sulla scrittura» per la scuola primaria 155 — di informazioni volte a migliorare la coerenza e la corretta elaborazione del contenuto. In particolare, gli alunni più giovani aggiungono frequentemente elaborazioni e informazioni poco rilevanti, e a volte non pertinenti. Si può ipotizzare che questo avvenga perché, nei primi anni della scuola primaria, il bambino sopravvaluta sistematicamente la chiarezza del testo, e spesso sbaglia nell’identificazione dei problemi di comprensione che il lettore potrebbe incontrare (Beal, 1996): è convinto che il lettore capisca il suo prodotto e che, se non riesce, la ragione sia una cattiva grafia. Ciò evidenzia un mancato riconoscimento dell’individualità del lettore: un soggetto distinto dallo scrittore, che non può conoscere a priori il significato di quanto egli ha scritto. Per il lettore, recuperare il messaggio intenzionale può essere problematico (Dixon e Bortolussi, 2001): diversamente dalla comunicazione orale, che permette un feedback immediato, l’autore di un testo di rado è presente fisicamente. La scrittura è un modo differente di comunicare, e si discosta da quello orale sotto molti aspetti (Vygotskij, 1980). Innanzitutto, il discorso scritto è di tipo differito, utilizza il canale visivo e consente di comunicare anche a distanza; il testo orale ha legami più stretti con il contesto rispetto al testo scritto, che tende, infatti, a distanziarsene, tanto da sembrare completamente autonomo. Tale autonomia permette al testo scritto, che ha un carattere di permanenza, di essere disponibile a letture diverse in contesti e tempi diversi (Lavinio, 1995), soprattutto in riferimento alle caratteristiche dell’interlocutore. Lo scrittore deve sapersi costruire un’immagine mentale della persona a cui si rivolge, mettendo in atto, in rapporto ad essa, un sistema di autoregolazione, riorganizzazione e aggiustamento del messaggio, prevedendo le attese e le probabili domande del lettore (Della Casa, 1994). Passando dalla produzione orale a quella scritta, il bambino diventa consapevole delle peculiari diversità dei due codici: capisce che deve passare da una comunicazione frammentaria a una sintassi strutturata; dalla disponibilità di un feedback, che gli comunica subito l’adeguatezza del suo intervento, alla necessità di essere, contemporaneamente, emittente e destinatario; dall’uso di termini generici e poco precisi, propri del registro colloquiale, alla necessità di usare un codice più specifico; dalla possibilità di far ricorso ad altri linguaggi (gestuale, ecc.) alla necessità di contare solo sul codice linguistico (Boscolo, 1990). Nel periodo della scuola primaria, il destinatario privilegiato è l’insegnante, che non solo legge gli scritti degli alunni, ma soprattutto li valuta. Il bambino ne è fortemente consapevole: sperimenta presto che la composizione di un testo è soggetta a errori e impara a adeguarsi agli standard che l’insegnante richiede, o che egli le/gli attribuisce. Se, di regola, la valutazione della produzione scritta rappresenta un problema per l’insegnante, probabilmente anche 156 Le migliori proposte operative su… Scrittura l’alunno ha idee confuse al proposito. Hilgers (1984; 1986) rileva che gli alunni più piccoli esprimono dei giudizi protocritici, basati su elementi estrinseci al testo (ad esempio, la grafia), che in seguito si sviluppano in valutazioni legate a fattori superficiali (lunghezza del testo, ordine). Solo con l’aumentare degli anni di scolarità gli alunni adottano criteri che riguardano la chiarezza e la qualità della composizione. In generale, le ricerche su alunni molto giovani o con difficoltà di apprendimento mostrano che essi hanno conoscenze metacognitive poco mature circa la scrittura, e che si focalizzano principalmente sui fattori meccanici piuttosto che su quelli procedurali (Wong, Wong e Blenkinsop, 1989). Questi risultati sono confermati anche dalla somministrazione del questionario Thinking about writing di Whitaker e colleghi (1994) all’interno della ricerca di Berninger e colleghi (1996). Il questionario è composto da 15 item (ad esempio: «Potresti chiedere a qualcun altro di leggere quello che hai scritto prima di compiere qualche revisione») da valutare su una scala Likert a 5 livelli (1 = completamente in disaccordo; 5 = completamente d’accordo). I dati ottenuti sono interessanti: le risposte al questionario suggeriscono che, negli alunni di scuola primaria, la metacognizione sulla scrittura non è organizzata attorno alla pianificazione, alla revisione e alla trascrizione; si evidenzia così l’opportunità di un intervento specifico in questo senso. Anche alcuni studi italiani (Ferraboschi e Meini, 2002) indicano che i bambini spesso non sanno chiarirsi le idee, svilupparle e organizzarle attorno a un nucleo, non sanno cercare nella memoria a lungo termine e non tengono conto della propria esperienza. Lo strumento di seguito presentato è stato pensato per i bambini della scuola primaria, sia normodotati che con difficoltà di apprendimento, che sanno già scrivere ma che ancora incontrano molti ostacoli nell’organizzare un testo coerente e coeso. Lo scopo principale del questionario è verificare la presenza di conoscenze metacognitive sull’attività di scrittura in generale e sulla stesura del tema in particolare. Lo strumento può fornire indicazioni preziose per l’insegnante, mostrando con chiarezza i punti in cui l’alunno agisce in base a idee scorrette o fuorvianti, o incontra delle difficoltà. Un ulteriore obiettivo del questionario è verificare l’ipotesi che le conoscenze metacognitive sulla scrittura si sviluppino con il passare degli anni, con l’aumento delle esperienze scolastiche e delle competenze acquisite. Ci si attende, infatti, di rilevare una differenza significativa, nelle medie dei risultati ottenuti al questionario, fra i bambini di terza e quelli di quinta. In particolare, ci si attende che la media sia più elevata nelle classi quinte. Il «Questionario metacognitivo sulla scrittura» per la scuola primaria 157 La ricerca Strumenti: il «Questionario metacognitivo sulla scrittura» Il questionario (riportato integralmente in seguito) è composto da tredici domande così strutturate: – 1 domanda con 17 item da valutare su una semplice scala Likert a tre livelli (n. 1); – 6 domande aperte (nn. 2, 3, 6, 7, 8 e 11); – 5 domande a risposta multipla (per le nn. 5 e 9 è possibile più di una scelta; per le nn. 4, 10 e 13 è richiesta una sola risposta); – 1 domanda con quattro item a risposta dicotomica sì/no (n. 12). Le domande 1, 2, 3, 4, 5, 10 e 13 si riferiscono specificamente alle conoscenze sul processo di scrittura del testo e considerano molteplici aspetti: la pianificazione, la trascrizione, la revisione, la conoscenza dell’argomento, le fonti di errore, la correzione da parte del lettore esperto (l’insegnante). Questi elementi sono ritenuti di estremo interesse, come appare dalla rassegna di dati presentati in precedenza. Le domande 6, 7, 8, 9 e 12 analizzano caratteristiche generali del processo di scrittura: la differenza fra scrivere e parlare, i criteri di valutazione e la comprensibilità di un testo, il ruolo del destinatario del messaggio e i suoi contenuti. La domanda 11 concerne il rapporto fra scrittura manuale e scrittura meccanica (al computer). Partecipanti e metodo Il questionario è stato somministrato a 43 bambini di terza (20 maschi e 23 femmine) e a 59 bambini di quinta (26 femmine e 33 maschi), della Scuola Elementare Statale di Cosio Stazione e della Scuola Elementare Statale di Regoledo di Cosio, dell’Istituto Comprensivo di Cosio Valtellino, in provincia di Sondrio. Tutti i bambini frequentanti la classe quinta sono nati nel 1991. Solo una bambina, Ilenia, della classe 3a B è ripetente e quindi ha un anno più dei suoi compagni, nati nel 1993. A livello socioeconomico, la zona di provenienza dei partecipanti — bassa Valtellina, presso il Lago di Como e in territorio completamente pianeggiante — comincia a manifestare una certa vocazione imprenditoriale e commerciale. Tuttavia, i legami con la tradizione rurale sono ancora molto forti: i bambini intervistati affermano, comunque, di abitare «in campagna». In effetti, l’economia 158 Le migliori proposte operative su… Scrittura della zona non ha caratteristiche di specializzazione produttiva, non esiste un settore che prevale sull’altro, non si caratterizza come «distretto economico», sul modello del Nord e del Nord-Est italiano. All’interno dei singoli settori prevale l’azienda a conduzione diretta e familiare che evolve, al massimo, verso dimensioni medie. Questo tipo di economia, comunque, garantisce un reddito procapite di circa 1.500 euro superiore alla media nazionale. Ogni bambino è stato intervistato singolarmente in un’aula separata, tranquilla, permettendogli di riflettere e di impiegare tutto il tempo necessario per raggiungere la risposta, a suo parere, migliore. Durante l’intervista, è sempre stato rispettato l’ordine delle domande e nessun bambino ha omesso delle risposte. Risultati L’analisi dei risultati ottenuti dai questionari metacognitivi è stata eseguita con le statistiche t di Student e χ2. Il t di Student ha confrontato i punteggi ottenuti dai bambini nelle domande in cui era possibile ricevere valutazioni differenziate e calcolare la media dei gruppi. A livello complessivo, l’analisi del t di Student effettuata sul questionario ha condotto a un risultato statisticamente significativo: con t = -3,22, p < .01, si può affermare che le medie fra i due gruppi indipendenti considerati (i due livelli di scolarità, terza e quinta primaria) sono diverse. In particolare, la media della classe quinta (53,88) è statisticamente superiore a quella della classe terza (51,12). Nella domanda 1, su cui è stata effettuata l’analisi del χ2, sei item su diciassette discriminano, in maniera statisticamente significativa, fra le due classi. «Scrivere tanto» (χ2 = 8,90, gdl = 2, p < .05), «Usare la penna blu» (χ2 = 7,26, gdl = 2, p < .05) e «Avere il quaderno a righe» (χ2 = 10,59, gdl = 2, p < .01) evidenziano la differenza fra le due classi in modo piuttosto chiaro. È importante rilevare che questi item fanno parte di un gruppo «cosmetico», poiché tutti rappresentano una concezione della scrittura decisamente superficiale, riferita solo ad aspetti estetici e non di sostanza. I bambini di quinta appaiono meno legati dei loro compagni di terza a questi elementi. «Fare uno schema con quello che vuoi scrivere» (χ2 = 12,84, gdl = 2, p < .01) e «Seguire le richieste del titolo» (χ2 = 12,22, gdl = 2, p < .01) sono item che possono evidenziare una conoscenza metacognitiva relativa alla pianificazione, mentre «Sistemare bene la punteggiatura» (χ2 = 6,57, gdl = 2, p < .05) ha un carattere decisamente più strutturale. Anche per questi item, sono più adeguate 159 Il «Questionario metacognitivo sulla scrittura» per la scuola primaria le risposte degli alunni più grandi. Le percentuali di risposta sono riportate nella tabella 9.1. La tabella 9.2, invece, mostra come le differenze fra le due classi, invece, non siano significative negli altri item: tutti i bambini tendono a scegliere prevalentemente le risposte «abbastanza» e «molto». Tabella 9.1 Composizione del tema (domanda 1): percentuali di risposte che differenziano fra la terza e la quinta Poco Abbastanza Molto Terza Quinta Terza Quinta Terza Quinta Scrivere tanto 9,8 18,6 48,8 66,1 41,5 15,3 Fare uno schema 43,9 15,3 46,3 52,5 9,8 32,2 Seguire le richieste del titolo 9,8 3,4 65,9 33,9 24,4 62,7 0 3,4 14,6 33,9 85,4 62,7 Usare la penna blu 3,7 72,9 34,1 11,9 12,2 15,3 Avere il quaderno a righe 17,1 44,1 48,8 22 34,1 33,9 Sistemare bene la punteggiatura Tabella 9.2 Composizione del tema (domanda 1): percentuali di risposte che non differenziano fra la terza e la quinta Avere tanto tempo a disposizione 4 57 39 Non fare errori 4 11 85 Seguire le regole della grammatica 1 18 81 Scrivere con una bella calligrafia 5 25 70 Sapere tante parole 3 41 56 Rileggere per controllare 2 22 76 Avere molte idee 6 34 60 Fare la brutta copia 23 51 26 Scrivere tutto quello che viene in mente 25 48 27 Stare in silenzio e concentrati 1 11 88 Avere una buona memoria 3 36 61 160 Le migliori proposte operative su… Scrittura La tabella 9.3 presenta i risultati dell’analisi con il t di Student effettuata sulle domande che hanno permesso di ricavare un punteggio discreto dalle risposte. Tabella 9.3 Punteggio medio dei due gruppi (classi terza e quinta) nelle domande analizzate con t di Student Domande 2 Terza Quinta t p 0,64 n.s. > .05 Media DS Media DS 2,46 0,71 2,64 3a 2,12 0,68 2,49 0,63 -2,81 < .01 3b 2,80 0,46 2,80 0,45 n.s. > .05 4 0,85 0,36 0,76 0,43 n.s. > .05 5 0,63 0,94 1,36 1,08 -3,46 < .01 6 0,90 0,49 0,98 0,44 n.s. > .05 7 1 1,05 1,31 0,88 n.s. > .05 8 0,85 0,53 0,95 0,43 n.s. > .05 9 -0,44 1,14 0,37 1,26 -3,30 < .01 L’analisi delle risposte alla domanda 2 non rileva differenze fra le classi. La maggior parte dei bambini risponde, correttamente, che Anna, la bambina che vive in campagna, svolgerà il tema meglio di Giulia, la sua compagna di città, «perché vede tanti animali e tante fattorie, li conosce bene, li può descrivere meglio». Un quinto dei bambini non riesce a giustificare così precisamente la sua risposta, citando solo la presenza degli animali come elemento fondante: «Anna, perché ha gli animali». Pochi bambini non danno alcun tipo di giustificazione alla loro risposta: «Anna, ma non so perché» oppure «Giulia, per caso». Nessuno risponde citando entrambe le alunne e le diverse opportunità fornite dai due ambienti (l’esperienza diretta data dalla campagna e l’abbondanza di stimoli offerta generalmente dalla città). Per quanto riguarda la domanda 3, l’analisi del t di Student ha rilevato una differenza significativa fra le classi solo nel primo interrogativo (t = -2,806, p < .01). Quasi tutti i bambini forniscono risposte appropriate, ma gli alunni di quinta giustificano correttamente le loro risposte per quanto riguarda sia il dettato («Magari ci sono parole che non conosco», «La maestra va troppo veloce», «Non ho tempo di controllare») che il tema («Sono meno concentrato», «La maestra non mi dice cosa scrivere», «Faccio confusione»). Il «Questionario metacognitivo sulla scrittura» per la scuola primaria 161 Sono pochi i bambini che non danno alcun tipo di spiegazione, ma molti, soprattutto in terza, sono confusi («Non sento le parole della maestra, così magari sbaglio le lettere perché non le so e poi rimango indietro»). La seconda parte della domanda presenta un quadro ben definito: i bambini di entrambe le classi rispondono con molta coerenza e correttezza, specificando il ruolo della concentrazione e parlando spesso di riletture e controlli, durante e dopo la trascrizione. La domanda 4 non ha creato problemi: l’80% dei bambini, senza differenza nella classe frequentata, ha risposto correttamente, scegliendo l’item «La riscrivo usando parole diverse» oppure «Spiego quello che intendo». L’analisi del t di Student delle risposte alla domanda 5 ha evidenziato risultati abbastanza interessanti (t = -3,462, p < .01). La media della classe quinta (1,36) è significativamente più alta di quella della terza (0,63). Gli alunni di quinta rispondono con gli item corretti, mentre spesso i bambini di terza rimangono ancora legati, come per la prima domanda, a elementi superficiali: «Se ci sono tante frasi o parole», «Se la calligrafia è ordinata», «Se gli piace oppure no». La domanda 6 non discrimina fra le classi. A questa domanda, relativa al parlare e allo scrivere, solo otto bambini hanno dato la risposta corretta, individuando nella mancanza di un interlocutore diretto la differenza principale. La maggioranza dei bambini, pur riconoscendo la diversità fra le due azioni, non sa esprimerla o non coglie il nocciolo della questione. Molti alunni parlano dell’immediatezza del parlato («Quando dico qualcosa non è che penso a come dirla, se devo scrivere, invece…»), altri dell’impossibilità di trascrivere precisamente ciò che dicono, perché utilizzano costruzioni e parole in dialetto, altri della quantità di parole usate (evidentemente maggiore nella comunicazione orale), altri ancora della difficoltà di esprimere, nello scritto, le proprie sensazioni. La domanda 7, all’analisi del t di Student, mostra una differenza significativa nel punteggio medio fra le classi (t = -2,526, p < .05). I bambini di terza mostrano, ancora una volta, una concezione elementare della scrittura: tutto è sempre comprensibile; eventualmente, se il lettore non capisce, è per via del disordine e di una grafia confusa. I bambini di quinta, invece, riconoscono più frequentemente la possibilità che il lettore non comprenda, per mancanze sue, del testo o dello scrittore stesso. Per quanto riguarda la domanda 8, che non fa rilevare differenze fra le classi, la maggioranza dei bambini sottolinea la diversità fra scrivere per l’insegnante e scrivere per un amico. In pochi, però (solo in sette), hanno risposto in modo completamente adeguato, riconoscendo la diversità dei due destinatari 162 Le migliori proposte operative su… Scrittura e, di conseguenza, delle loro richieste ed esigenze. Il resto dei bambini fornisce risposte confuse e imprecise; addirittura sedici bambini non vedono differenze fra le due situazioni. L’analisi del t di Student delle risposte alla domanda 9 fornisce risultati significativi (t = -3,462, p < .01). Il punteggio medio degli alunni di terza (-0,44) è significativamente più basso del punteggio degli alunni più grandi (0,37). Il problema della comprensione del testo è già stato affrontato nella domanda 7 e in questa si trova una rilevante conferma: i bambini più piccoli vengono fuorviati dagli aspetti estetici e superficiali del testo. Rispondono prevalentemente che la maestra valuta «la scrittura poco chiara» e «il disordine». L’analisi dell’ultima domanda (10) non discrimina fra le due classi: le percentuali di risposta, infatti, sono praticamente identiche; sia in terza che in quinta, gli alunni affermano che è necessario costruire uno schema (72% delle risposte). Questo risultato sembra in apparente contraddizione con quello rilevato nella domanda 1 in rieferimento all’item «Fare uno schema con ciò che vuoi scrivere». In realtà, sembra che i bambini di terza non abbiano una chiara conoscenza del significato di «schema»: pare che riescano ad attribuire la corretta importanza a questo concetto solo se esso viene confrontato direttamente con la spontaneità, che spesso è stata associata al disordine. Le domande 11 e 12 non sono state analizzate a livello statistico, ma solo qualitativo. Dalle risposte alla domanda 11 emerge che il 95,12% dei bambini di terza e l’86,44% degli alunni di quinta affermano di saper scrivere con il computer. In terza, il 66,67% dei bambini dice che è più facile scrivere con il PC, attività che permette di compiere pochi errori perché è un sistema di scrittura «più veloce», perché «le lettere sono già scritte», «il computer sottolinea l’errore, così se lo vedi puoi correggere», «devi solo trovare le lettere sulla tastiera», «il computer non scrive le O al posto delle A come me!». I pochi che giudicano più semplice scrivere manualmente dicono di «far fatica a trovare le lettere sulla tastiera», di «avere poca esperienza», di «distrarsi guardando lo schermo». Per quanto riguarda la quinta, invece, poco più della metà degli scolari, il 52,94%, dice che è più facile scrivere con il PC. L’82,35% di essi afferma che si compie un maggior numero di errori scrivendo a mano, portando più o meno le stesse motivazioni dei compagni più piccoli («Il computer ha la correzione automatica», «Le lettere sono già impostate», «Non sei completamente concentrato sulla calligrafia», «Non bisogna dividere in sillabe»). Un bambino si distingue parlando «dell’illuminazione migliore dello schermo del computer». Gli alunni che giudicano più «sicura» la scrittura a mano si giustificano Il «Questionario metacognitivo sulla scrittura» per la scuola primaria 163 Tabella 9.4 Percentuali di risposta alla domanda 12 (come mi esprimo) Item Terza Quinta Sì No Sì No Sentimenti 75,61 24,39 88,14 11,86 Cosa succede 24,39 75,61 15,25 84,75 Cosa è richiesto 58,54 41,46 27,12 72,88 Commenti personali 85,37 14,63 88,14 11,86 Tabella 9.5 Percentuali di risposta alla domanda 13 (punto di partenza da utilizzare nella stesura di un tema) Item Terza Quinta Titolo 80,5 45,8 Pensiero 7,3 25,4 Esempio 12,2 28,8 chiamando in causa la possibilità di «controllare di più», «di schiacciare le lettere sbagliate sulla tastiera» e, ancora, di «distrarsi guardando lo schermo». Nella domanda 12, i bambini seguono un trend abbastanza preciso: in generale, essi affermano che, quando scrivono a scuola, non raccontano esclusivamente quello che succede realmente e non scrivono solo quello che chiede la maestra, ma esprimono i loro sentimenti e fanno commenti personali. Solo nel terzo item, gli alunni di terza sono in disaccordo con gli scolari di quinta: sono evidentemente più legati alle indicazioni dell’insegnante, non hanno ancora raggiunto quella dose di autonomia che permette ai bambini più grandi di spaziare da un argomento all’altro senza correre il rischio di «andare fuori tema». Infatti, alla domanda «Quando sei a scuola, scrivi solo ciò che ti chiede la maestra?», più della metà degli alunni di terza rispondono affermativamente. Le percentuali di risposta sono riportate nella tabella 9.4. La tabella 9.5 si riferisce all’analisi del χ2 nella domanda 13 e risulta evidente la differenza fra le due classi (χ2 = 12,304, gdl = 2, p < .01): i bambini di terza scelgono in gran parte la prima opzione, che riguarda il titolo, mentre i bambini di quinta distribuiscono più equamente le loro scelte. Ancora una volta 164 Le migliori proposte operative su… Scrittura 30 20 10 Media = 52,8 DS = 4,40 0 37 42 40 47 45 52 50 57 55 62 60 Fig. 9.1 Distribuzione della frequenza dei punteggi totali ottenuti al questionario (terza e quinta primaria). appare evidente quanto gli alunni più piccoli siano legati a indizi più concreti, immediatamente reperibili o verificabili, proprio come il titolo. Due casi di bambini con difficoltà di apprendimento Riteniamo che lo strumento proposto possa essere particolarmente utile per l’analisi di singoli casi. Infatti, la distribuzione dei punteggi (dei bambini di terza e di quinta messi insieme), approssimativamente normale (il grafico della distribuzione è riportato nella figura 9.1), permette di evidenziare velocemente chi si discosta nettamente dall’andamento medio. Ne sono un esempio i casi che vengono analizzati di seguito, relativi a due bambini, uno di terza e uno di quinta, che hanno fornito risposte particolarmente povere al questionario. La media dei punteggi ottenuti complessivamente al questionario dai bambini di terza è 51,12 con deviazione standard pari a 4,04. Lorenzo, di cui Il «Questionario metacognitivo sulla scrittura» per la scuola primaria 165 stiamo considerando il questionario, ha un punteggio totale di 44, quasi due deviazioni standard sotto la media dei suoi coetanei, e fornisce risposte confuse e poco coerenti. Nella prima domanda rispecchia l’andamento caratteristico dei suoi coetanei. In particolare, negli item già definiti «estetici», ottiene solo 6 punti, su un massimo di 12: giudica molto importante sia la bella grafia, sia il colore della penna, sia il tipo di quaderno su cui si scrive. Non cade agli altri tre item che differenziano fra la classe terza e la quinta («fare uno schema», «sistemare la punteggiatura» e «seguire le richieste del titolo»), ma afferma che «scrivere tutto quello che viene in mente» è di assoluta importanza. In ogni caso, le scelte in questa prima domanda sono abbastanza adeguate. In seguito, però, Lorenzo non riesce a giustificare nessun’altra risposta. Alla domanda 2 dice che il tema migliore sarà quello di Anna «perché in campagna può correre e può giocare con gli animali e può anche fare le passeggiate». Alla domanda 3 afferma che si compiono più errori nel dettato perché «è un pochino più difficile» del tema, e che se si scrive lentamente si fanno meno errori perché «quando scrivi veloce fai più errori». L’unica differenza che rileva fra il parlare e lo scrivere è di tipo materiale, ovvero l’utilizzo della voce in un caso e quello della penna nell’altro; è sicuro che il lettore capirà sempre, in ogni caso, una sua produzione scritta. Alla domanda 9, che lo obbliga a considerare l’ipotesi che la maestra non comprenda quello che scrive, risponde segnalando come cause il disordine e una brutta grafia. Afferma che scrivere per un amico e scrivere per la maestra sono azioni diverse perché «scrivere una lettera a un amico si scrivono i particolari, invece scrivere a scuola è diverso perché a scuola ci sono le finestre invece a un amico non glielo scrivi». Risponde in modo corretto alla domanda 4, ma evidenzia lacune in quella successiva: a suo parere i giudizi dell’insegnante si basano, ancora, sulla calligrafia e la qualità delle singole parole. Mantiene una buona coerenza con la domanda 1 citando gli item relativi al titolo — anche in precedenza aveva giudicato importante seguire la consegna — e agli errori — è necessario non farne. La stessa coerenza si rileva nella risposta alla domanda 12, nella quale Lorenzo riconosce l’importanza di fare uno schema preciso prima della stesura di un testo, confermando la valutazione fornita per l’item «fare uno schema con quello che vuoi scrivere» nella prima domanda. La media dei punteggi complessivi dei questionari somministrati ai bambini di quinta è 53,88 con deviazione standard pari a 4,32. Massimo, nel suo questionario, ottiene solo 38 come punteggio, più di tre deviazioni standard sotto la media. Effettivamente, già dalla prima domanda Massimo evidenzia notevoli lacune e alcune incoerenze. Giudica importante scrivere tanto, con una bella grafia, tutto quello che viene in mente e, assolutamente, su un quaderno a 166 Le migliori proposte operative su… Scrittura righe. Gli sembra di scarsa importanza la quantità del tempo a disposizione, così come la quantità delle idee; non vede l’utilità della brutta copia. Al contrario, alla domanda 12 sceglie la risposta corretta: quando si procede nella scrittura di un tema bisogna seguire uno schema preciso. Alla seconda domanda, non fornisce alcuna giustificazione alla sua risposta («Giulia»), nemmeno se espressamente sollecitato. Al secondo quesito della domanda 3, tuttavia, Massimo compie una considerazione interessante: afferma che scrivendo lentamente fa meno errori perché «riesco a capire come fare la punteggiatura»: il bambino si rende conto, probabilmente, di incontrare delle difficoltà sotto questo aspetto e trova una possibile soluzione al suo problema nella calma e nella tranquillità. In effetti, questa domanda è l’unica che ottiene da lui una risposta esauriente, anche se semplice: si fanno più errori nel dettato perché «la maestra va veloce e non ripete». Alla domanda 4 ottiene una valutazione negativa, poiché ritiene che, per rendere chiara una frase, sia sufficiente ripeterla con poche modifiche. Per quanto riguarda la domanda 5, dà le risposte caratteristiche degli alunni più giovani: per dare un giudizio sui temi, l’insegnante si basa sulla quantità di frasi e parole, sulla calligrafia e sul suo gusto soggettivo; l’unico item corretto che Massimo considera è la presenza di errori di ortografia. Alla domanda 6, Massimo non trova alcuna differenza fra parlare e scrivere, poiché «parlo, e poi magari scrivo»; è altrettanto sicuro nell’affermare che un lettore capirà sempre quello che scrive. Se invitato a riflettere ulteriormente a questo proposito, con la domanda 9, sceglie gli item «la scrittura è poco chiara» e «sei stato disordinato» per spiegare un’eventuale incomprensione da parte dell’insegnante. Alla domanda 8 trova una giustificazione plausibile per la differenza fra scrivere per la maestra e scrivere per un amico: nel primo caso si tratta di un compito, nell’altro di un’attività che si può gestire autonomamente. A tutti i bambini che hanno partecipato alla ricerca sperimentale sono state somministrate tre prove di scrittura (dettato, prova di descrizione e prova di narrazione) tratte dalla Batteria per la valutazione della scrittura e della competenza ortografica nella scuola dell’obbligo di Tressoldi e Cornoldi (1991), oltre a un tema dal titolo «Scrivi quello che pensi sulla scuola»; si tratta di quattro prove prodotte in classe e valutate secondo i criteri proposti dai due autori nella Batteria. È stato possibile rilevare che entrambi gli alunni qui presi in considerazione hanno incontrato molteplici difficoltà in ogni tipo di prova, confermando l’idea di una correlazione positiva fra conoscenze metacognitive e abilità di scrittura. Lorenzo, l’alunno di terza, compie due errori nel dettato, ma commette molte imprecisioni a livello di punteggiatura. Nella descrizione, pur mantenendo correttamente le relazioni spaziali fra gli elementi, utilizza un lessico Il «Questionario metacognitivo sulla scrittura» per la scuola primaria 167 inappropriato e non compie alcun tipo di interpretazione personale. La narrazione ha una struttura corretta, ma tralascia alcuni elementi fondamentali. Il tema è abbastanza confuso e ripetitivo: in quasi tutte le frasi è presente il verbo «piacere», riferito ora a un gioco, ora alle materie, ora alle maestre. Massimo, l’alunno di quinta, compie ben quattordici errori nel dettato, e omette due parole. La descrizione è approssimativa e confusa, la relazione fra gli elementi è appena accennata, il lessico è molto impreciso. La narrazione, sebbene rispetti le relazioni temporali presentate nelle vignette, ha una struttura elementare: si ha un semplice elenco di azioni, senza alcun commento interpretativo. Nel tema, brevissimo e composto da un’unica frase, Massimo non riesce a dare una struttura, seppur minima, al testo che, ovviamente, non comunica nessuna idea chiara. In tutte le prove la grammatica è a livelli molto bassi e la punteggiatura è quasi completamente assente. Conclusioni L’indagine sperimentale sul questionario ha portato ad alcuni risultati interessanti. Innanzitutto, l’ipotesi principale è stata verificata: la conoscenza metacognitiva sulla scrittura si sviluppa durante la scuola primaria, soprattutto per quanto riguarda alcune particolari caratteristiche. Sembra che i bambini più piccoli abbiano una concezione della scrittura essenzialmente «estetico-formale». La quantità delle parole scritte, la bellezza della grafia, l’uso di strumenti particolari (la penna di un preciso colore, il quaderno a righe, ecc.), l’ordine, sono aspetti basilari, le fondamenta del testo «buono e ben valutato dalla maestra». Gli alunni di terza sembrano totalmente concentrati sulla fase della trascrizione, a scapito della precedente fase di pianificazione. Giudicano decisamente poco importante fare uno schema con quello che dovranno scrivere e, in generale, non tengono in grande considerazione nemmeno la brutta copia. Gli scolari di quinta, invece, hanno una concezione della scrittura più matura, basata su elementi sostanziali e non formali. Dalle loro risposte emerge una crescente attenzione alla pianificazione e alla revisione del testo scritto, e ad alcune sue caratteristiche peculiari. Preferiscono la qualità alla quantità, riconoscono l’importanza della punteggiatura e la funzione del titolo; sanno identificare le cause dei loro errori e gli elementi importanti per la valutazione di un testo; riconoscono la possibilità che il loro elaborato non venga compreso da un lettore. I bambini di terza non raggiungono questo livello di metaconoscenza sulla scrittura, e sembra che ciò li renda maggiormente dipendenti da un supporto esterno, l’insegnante. 168 Le migliori proposte operative su… Scrittura La metaconoscenza aumenta e pare più profonda e articolata nei bambini più grandi. In linea con le affermazioni di Bereiter e Scardamalia (1995), si tende a considerare questa differenza in termini di esperienze di apprendimento che i bambini incontrano a scuola, e non di generica maturazione riferibile all’aumento dell’età. È probabile che le esperienze scolastiche date da due anni di frequenza in più avvantaggino grandemente i bambini di quinta: la scuola, come ambiente di apprendimento, fornisce comunque al bambino la possibilità di sviluppare progressivamente le sue conoscenze. Infatti, è probabile che la somministrazione di un altro questionario metacognitivo — sulla lettura o sulla matematica — avrebbe condotto a un risultato simile: le conoscenze metacognitive degli alunni aumentano man mano che progrediscono nel grado di scolarità. Lo strumento realizzato può essere utilizzabile proficuamente. L’insegnamento dei processi cognitivi implicati nella strutturazione del testo aiuta gli scrittori a organizzare e monitorare la loro composizione (Englert e Raphael, 1988). La conoscenza metacognitiva aumenta, in ogni caso, dalla terza alla quinta, ed è quindi lecito supporre che, con un intervento mirato nei primi anni della scuola dell’obbligo, si possa dare al bambino l’opportunità di sviluppare e di approfondire prima le sue conoscenze, e di migliorare conseguentemente le sue prestazioni, fin dai primi contatti con la scrittura. In questo modo, il bambino entrerebbe in confidenza con un atteggiamento metacognitivo decisamente favorevole allo sviluppo delle abilità di scrittura. Dato che scrivere è spesso un problema per molti, questo approccio all’insegnamento della scrittura può essere utile per tutti gli alunni, e non solo quelli con difficoltà conclamate. Un esempio di intervento creato in Italia a partire dal modello di Hayes e Flower (1980) è quello presentato da Cisotto nel testo Scrittura e metacognizione (Cisotto, 1998). Il programma è composto da quattro sezioni: 1. i questionari autovalutativi iniziali e finali sono strumenti che hanno l’obiettivo di rilevare le conoscenze di partenza (e il loro evolversi) sul compito di scrittura, sulle caratteristiche dello scrittore e sui suoi problemi; attraverso la discussione che può derivare dal confronto tra le risposte, l’insegnante può aiutare l’alunno a modificare le sue convinzioni ingenue; 2. indicazioni per la costruzione di un portfolio, cioè una cartellina/raccoglitore dei prodotti scritti di ogni alunno; lo scopo del portfolio è impegnare l’alunno nella documentazione e nel controllo delle sue difficoltà e dei suoi progressi personali, per promuovere l’autovalutazione; 3. gli strumenti per promuovere la conoscenza dei processi di pianificazione, trascrizione e revisione sono articolati sotto forma di facilitazioni procedurali (Bereiter e Scardamalia, 1987) che stimolano l’alunno a confrontare il Il «Questionario metacognitivo sulla scrittura» per la scuola primaria 169 proprio modo di scrivere con quello di scrittori esperti, che diventano un modello; 4. gli strumenti per potenziare il controllo e l’autoregolazione delle operazioni di scrittura si propongono di sviluppare negli studenti un’attività riflessiva nelle situazioni di scrittura, evitando un approccio meccanico al compito. Questo programma è caratterizzato da una grande flessibilità nella creazione del percorso di intervento, dalla necessaria interazione fra insegnanti e alunni e da condizioni dello scrivere contestualizzate e mirate all’apprendimento dei vari processi. In particolare, un intervento come questo, essendo molto elastico, può essere proposto anche ai bambini con difficoltà di apprendimento, i quali hanno generalmente scarse abilità metacognitive (Wong e Wong, 1986). Il questionario presentato potrebbe essere utilizzato come strumento di valutazione preventiva: soprattutto per quanto riguarda i bambini più grandi, che però presentano dei profili tipicamente immaturi (è il caso di Massimo), individuare le lacune più gravi può permettere un efficace intervento mirato. Bibliografia Barrera M.T. III, Rule A.C. e Diemart A. 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Poco Abbastanza Molto Avere tanto tempo a disposizione Non fare errori Scrivere tanto Fare uno schema con quello che vuoi scrivere Seguire le regole della grammatica Scrivere con una bella calligrafia Sapere tante parole Rileggere per controllare quello che hai scritto Seguire le richieste del titolo Avere molte idee Sistemare bene la punteggiatura Fare la brutta copia Scrivere tutto quello che viene in mente Usare la penna blu Stare in silenzio e concentrati Avere il quaderno a righe Avere una buona memoria Domanda 2: Conoscenza dell’argomento Anna e Giulia sono due compagne di banco e sono alunne molto brave. Anna vive in campagna e Giulia abita nel centro di una grande città. Un giorno la maestra propone questo tema: «Racconta una storia sugli animali della fattoria». Secondo te, quale sarà il tema più bello? Quello di Anna o quello di Giulia? Perché? ___________________________________________________________________________________________________________________________________________________ ___________________________________________________________________________________________________________________________________________________ ___________________________________________________________________________________________________________________________________________________ © 2012, D. Ianes, Le migliori proposte operative su… Scrittura, Trento, Erickson Il «Questionario metacognitivo sulla scrittura» per la scuola primaria 173 Domanda 3: Scrivere nel dettato e nel tema Secondo te, un bambino fa più errori nel dettato o nel tema? Perché? ___________________________________________________________________________________________________________________________________________________ ___________________________________________________________________________________________________________________________________________________ ___________________________________________________________________________________________________________________________________________________ Se scrivi più lentamente, fai più errori? ___________________________________________________________________________________________________________________________________________________ Domanda 4: Chiarezza Hai scritto una frase e vuoi che sia chiara. Cosa fai? – la riscrivo con parole diverse – la riscrivo usando poche altre parole – spiego quello che intendo – la ripeto con poche modifiche Domanda 5: Valutazione del prodotto scritto Secondo te, come fa la maestra a dare un giudizio sul tuo tema? Controlla: – se ci sono tante frasi o parole – se ci sono tanti errori di ortografia – se è tutto chiaro – se la calligrafia è ordinata – se hai risposto al titolo – se le piace oppure no – se hai usato parole difficili Domanda 6: Scrivere e parlare Parlare e scrivere sono la stessa cosa? Scrivi nello stesso modo in cui parli? Perché? ___________________________________________________________________________________________________________________________________________________ ___________________________________________________________________________________________________________________________________________________ ___________________________________________________________________________________________________________________________________________________ ___________________________________________________________________________________________________________________________________________________ ___________________________________________________________________________________________________________________________________________________ © 2012, D. Ianes, Le migliori proposte operative su… Scrittura, Trento, Erickson 174 Le migliori proposte operative su… Scrittura Domanda 7: Comprensibilità del testo Quando scrivi, sei sicuro che ciò che scrivi sarà capito da chi legge? ___________________________________________________________________________________________________________________________________________________ ___________________________________________________________________________________________________________________________________________________ ___________________________________________________________________________________________________________________________________________________ Domanda 8: Ruolo del destinatario del messaggio È uguale o diverso scrivere a scuola per la maestra e scrivere una lettera a un amico? Perché? ___________________________________________________________________________________________________________________________________________________ ___________________________________________________________________________________________________________________________________________________ ___________________________________________________________________________________________________________________________________________________ Domanda 9: Se non si comprende… Se la maestra non capisce ciò che scrivi, questo succede perché: – la scrittura è poco chiara – non hai usato le parole giuste – fai fatica a esprimere le idee – chi legge ha un modo di pensare diverso dal tuo – sei stato disordinato – quando scrivi fai confusione con le frasi Devi scegliere le due ragioni più importanti. Domanda 10: La stesura del tema Quando si procede nella scrittura di un tema, bisogna: – seguire uno schema preciso – essere spontanei scrivendo le idee come vengono Domanda 11: Scrittura manuale e scrittura al computer Sai scrivere con il computer? È più facile scrivere a mano o con il computer? Dove si fanno più errori? Perché? ___________________________________________________________________________________________________________________________________________________ ___________________________________________________________________________________________________________________________________________________ ___________________________________________________________________________________________________________________________________________________ © 2012, D. Ianes, Le migliori proposte operative su… Scrittura, Trento, Erickson Il «Questionario metacognitivo sulla scrittura» per la scuola primaria Domanda 12: Come mi esprimo… Quando a scuola scrivi qualche cosa… Sì Esprimi i tuoi sentimenti Racconti solo ciò che succede Scrivi solo ciò che chiede la maestra Fai dei commenti personali Domanda 13: L’introduzione al tema Quando si comincia un tema, occorre: – partire dal titolo – partire da un pensiero generale – partire da un esempio concreto © 2012, D. Ianes, Le migliori proposte operative su… Scrittura, Trento, Erickson No 175 176 Le migliori proposte operative su… Scrittura Criteri di valutazione del questionario Di seguito sono riportati i criteri per arrivare ad attribuire un punteggio complessivo di metacognizione in scrittura basato sulla somministrazione del questionario. Nella sperimentazione descritta in questa sede, il questionario era stato somministrato mediante un’intervista individuale. Tuttavia, i punteggi indicativi ottenuti possono essere utilizzati come punto di riferimento anche per valutare le risposte a una somministrazione collettiva. Nella figura 9.1 è presentata la distribuzione complessiva ottenuta. L’utilizzatore del questionario potrà anche fare riferimento alle medie ottenute separatamente per le due classi. Indicativamente si può stimare che un punteggio inferiore di una deviazione standard alla media sia scarso e un punteggio inferiore di due deviazioni standard sia particolarmente scarso. – Classe terza: media = 51,12; DS = 4,04 – Classe quinta: media = 53,88; DS = 4,32 La prima domanda viene valutata su una semplice scala a tre livelli (poco, abbastanza, molto), in modo che anche gli alunni più piccoli possano cogliere le sfumature fra le possibili risposte. A ognuna di esse viene attribuito un punteggio discreto che rispecchia la metaconoscenza sottesa: – poco = 1 – abbastanza = 2 – molto = 3 Questi punteggi sono validi per tutti gli item, esclusi «scrivere tanto», «scrivere con una bella calligrafia», «scrivere tutto quello che viene in mente», «usare la penna blu» e «avere il quaderno a righe», i cui punteggi vengono ovviamente invertiti. Per le domande 2 e 3 non esiste una risposta corretta: è importante, per la valutazione, la giustificazione fornita dall’alunno, il suo «perché». In questo caso si abbina un punteggio discreto a seconda della categoria in cui rientra la risposta: – nessuna giustificazione alla risposta = 1 – giustificazione grezza (esempio: «Anna, perché ha gli animali») = 2 – giustificazione corretta (esempio: «Anna, perché, vivendo in campagna, conosce meglio gli animali e li può descrivere meglio») = 3 Alla seconda parte della domanda 3 viene attribuito il punteggio 0 se il bambino risponde scorrettamente. Per il calcolo del punteggio grezzo della domanda 4 viene attribuito un valore a ogni item, a seconda del livello di elaborazione della strategia sottesa: – la riscrivo usando poche altre parole/la ripeto con poche modifiche = 0 – la riscrivo con parole diverse/spiego ciò che intendo = 1 Lo stesso criterio guida la valutazione della domanda 10: – seguire uno schema preciso = 1 – essere spontanei scrivendo le idee come vengono = 0 Nella domanda 5, agli item che rappresentano uno standard di valutazione e di correzione oggettivo è stato attribuito un punteggio positivo: © 2012, D. Ianes, Le migliori proposte operative su… Scrittura, Trento, Erickson Il «Questionario metacognitivo sulla scrittura» per la scuola primaria 177 – ci sono tanti errori di ortografia; è tutto chiaro; hai risposto al titolo = 1, mentre gli altri item, che rappresentano dei criteri soggettivi, sono valutati negativamente: – ci sono tante frasi e parole; la calligrafia è ordinata; gli piace oppure no; hai usato parole difficili = -1. Il punteggio finale si ottiene dalla somma algebrica dei valori corrispondenti agli item segnati. Anche per la domanda 9 si è utilizzato un criterio simile, con punteggi positivi o negativi: poiché c’è la possibilità di due scelte, i valori dei due item segnati vengono sommati algebricamente per ottenere il punteggio relativo alla domanda: – la scrittura è poco chiara; sei stato disordinato = -1 – non hai usato le parole giuste; fai fatica a esprimere le idee; chi legge ha un modo di pensare diverso dal tuo = 1 La valutazione delle risposte alle domande 6, 7 e 8 risponde agli stessi criteri usati per la domanda 3: – risposta sbagliata = 0 – risposta corretta, con giustificazione grezza (esempio: «Sì, perché è più difficile scrivere, e si usa la penna») = 1 – risposta corretta con giustificazione corretta (esempio: «Sì, perché quando parli ci deve essere almeno un’altra persona, mentre quando scrivi non è necessario») = 2 Le ultime tre domande del questionario non sono tese a evidenziare una vera e propria conoscenza metacognitiva, ma sono perlopiù di tipo qualitativo. Per questo motivo ad esse non viene attribuito alcun punteggio per la valutazione. © 2012, D. Ianes, Le migliori proposte operative su… Scrittura, Trento, Erickson 10 Strategie di scrittura per alunni con difficoltà Leigh Ann James, Mary Abbott e Charles R. Greenwood1 Alessio è un bambino di 9 anni che frequenta la classe quarta della primaria; è seguito da un logopedista e da un insegnante specializzato. È un bambino ritirato e tranquillo e generalmente parla soltanto quando viene interpellato direttamente. Alessio aveva scarsa fiducia nelle sue capacità scolastiche generali ed era restio a cimentarsi nella scrittura. All’inizio della quarta, il livello di scrittura di Alessio corrispondeva a quello di prima: riusciva a comporre al massimo una frase di poche parole. Nel corso dell’intervento Alessio lavorò insieme a un gruppo di compagni nel quale ogni giorno scriveva e riceveva insegnamento sulla scrittura e incoraggiamento. Alessio fece notevoli progressi in tutti gli aspetti della scrittura; al termine dell’intervento, era in grado di scrivere composizioni più lunghe e articolate, nettamente migliori sul piano sia della forma che del contenuto. Inoltre, gli insegnanti notarono in lui anche un atteggiamento diverso: Alessio iniziava conversazioni, assumeva un ruolo più attivo nelle attività della classe e, per la prima volta, cominciava a scherzare con i compagni. L’anno successivo continuò a migliorare, scolasticamente e socialmente. Department of Education, University of Kansas, Kansas City. 1 180 Le migliori proposte operative su… Scrittura Trovare strategie efficaci per l’insegnamento della scrittura La frustrazione che ci espresse l’insegnante di Alessio è comune a molti docenti: «Ricordo quando ero alle elementari e l’insegnante ci faceva fare esercizi di grammatica che ben poco avevano a che vedere con la scrittura. Ricordo il senso di timore e di incapacità che provavo ogni volta che dovevo comporre un testo scritto: mi veniva la nausea. Nei miei primi anni di insegnamento, proposi ai miei alunni molti di quegli stessi metodi che a suo tempo erano stati usati con me. Comprensibilmente, gli alunni si lamentavano per questi compiti duri e ingrati e li paragonavano a quelli più detestati come riordinare la propria stanza. Il mio senso di inadeguatezza come insegnante di scrittura e la prospettiva dei prossimi esami di quinta mi indussero a cercare delle modalità migliori per fare dei miei alunni dei buoni scrittori». Purtroppo, per gli alunni con difficoltà molti ambienti didattici creano una frustrazione ancora maggiore. La produzione scritta è rallentata da fattori quali la carenza di abilità ortografiche e di motricità fine, il che rende il compito ancora più arduo (Graham, 1997). Inoltre, per questi alunni le modalità e i tempi tradizionali di insegnamento non sono sufficienti (Berninger et al., 1998). Sebbene la ricerca abbia individuato numerose strategie per l’insegnamento della produzione del testo scritto e per valutare i progressi degli alunni in quest’area, non sempre è facile trasporre nella pratica le indicazioni fornite dalla letteratura. A questo scopo, un esperto di didattica specializzata e un insegnante di quarta primaria svilupparono e valutarono un programma per l’insegnamento e il monitoraggio delle abilità di scrittura. Il programma si basava sui seguenti dati forniti dalla ricerca. •L’insegnamento è più efficace quando prevede valutazioni sistematiche dei progressi degli alunni e l’adattamento della didattica in funzione dei risultati evidenziati dalle verifiche (Bangert-Droiwn, Kulik e Kulik, 1991); fu perciò utilizzato un metodo di valutazione che considerava 6 aspetti dalla scrittura per monitorare i progressi degli alunni. •La ricerca ha dimostrato che il metodo dei laboratori di scrittura è efficace per migliorare la prestazione degli alunni nell’organizzazione delle idee e nelle convenzioni di scrittura (Adams et al., 1996). Graham e Harris (1995), tuttavia, hanno evidenziato, accanto ai vantaggi, anche i possibili limiti del metodo del laboratorio per gli alunni con difficoltà: – tra i benefici vi sono le frequenti e significative esperienze di scrittura, il sostegno all’apprendimento autoregolato e l’enfasi sulla natura sociale dell’apprendimento; Strategie di scrittura per alunni con difficoltà 181 – i possibili limiti sono connessi al fatto che l’insegnante dia per scontato che una forma di insegnamento implicito, come quella del laboratorio, sia sufficiente a garantire l’acquisizione delle abilità di base necessarie per la scrittura. Con l’insegnamento implicito, il docente organizza un’attività e fornisce indicazioni e spiegazioni in funzione dei bisogni che emergono. Diversamente, con l’insegnamento esplicito, organizza la didattica attorno a una sequenza di abilità insegnate direttamente agli alunni. Senza insegnamento esplicito, spesso gli alunni con difficoltà non riescono ad acquisire tali abilità (Gersten, 1998). •In un suo studio, Meyer (1995) dimostra l’efficacia degli organizzatori anticipati per lo sviluppo delle abilità di prescrittura, realizzazione della prima bozza, revisione e presentazione. Attraverso l’uso degli organizzatori anticipati cercammo di rendere più esplicito l’insegnamento nel laboratorio senza aumentare ulteriormente il carico di lavoro — già gravoso — del docente. L’intervento che scaturì da questa collaborazione era rigoroso sotto il profilo metodologico, non oneroso per l’insegnante, centrato sull’apprendimento degli alunni ed efficace. Fu realizzato in una scuola primaria di una zona socioeconomicamente svantaggiata. Componenti dell’intervento L’intervento che sviluppammo era un laboratorio incentrato sul processo di scrittura e prevedeva l’uso di organizzatori anticipati (Robinson e Keiwra, 1995) e di una griglia di valutazione per l’analisi e il monitoraggio dei progressi degli alunni (Schirmer e Bailey, 2001). Nel laboratorio, gli alunni svolgevano le fasi di prescrittura, prima bozza, revisione, discussione, correzione e presentazione del testo. Durante l’intero processo, l’insegnante facilitava e monitorava l’attività degli alunni e, prima che presentassero il testo alla classe, lo esaminava con loro suggerendo eventuali correzioni di contenuto o di forma. Utilizzando gli organizzatori anticipati, il docente poteva fornire insegnamento diretto sugli aspetti spesso astratti connessi alla scrittura. La griglia di valutazione identificava e definiva sei aspetti importanti della scrittura: 1. idee e contenuto 2. organizzazione 3. tono 4. scelta delle parole 182 Le migliori proposte operative su… Scrittura 5. scorrevolezza delle frasi 6. aspetti formali. Oltre a rilevare i progressi degli alunni, la griglia di valutazione serve a modificare opportunamente la didattica in funzione delle necessità che si evidenziano. Gli alunni furono suddivisi in due gruppi in base al livello di abilità di scrittura: nel primo furono inseriti gli alunni (N = 13) di grado pari o superiore a quello corrispondente al loro livello scolare e nel secondo quelli che si collocavano di uno o più anni al di sotto di questo standard (N = 9), cinque dei quali presentavano difficoltà di apprendimento e fruivano del sostegno. Per 9 settimane, l’intervento coinvolse soltanto gli alunni del primo gruppo, i quali ricevevano ogni giorno insegnamento sulla scrittura per 30 minuti. Agli alunni era lasciata la scelta dell’argomento sul quale desideravano scrivere, fu insegnato l’uso degli organizzatori anticipati e furono incoraggiati a realizzare le loro prime bozze seguendo le indicazioni fornite dalla griglia (si veda la figura 10.1). Insegnamento con l’intera classe e mini-lezioni individuali Durante le sessioni nel laboratorio di scrittura, l’insegnamento veniva fornito con una combinazione di lezioni per l’intera classe e mini-lezioni individuali. Dopo che gli alunni avevano presentato le loro composizioni, il docente faceva una breve lezione di una decina di minuti all’intera classe incentrata su uno dei sei aspetti fondamentali della scrittura, scelto in funzione dei bisogni specifici evidenziati attraverso i colloqui con gli alunni e l’osservazione delle attività. Per la durata rimanente della sessione, l’insegnante osservava gli alunni che lavoravano alle diverse fasi del processo di scrittura: prescrittura, prima bozza, revisione, discussione con i pari, presentazione. L’uso combinato della griglia e del laboratorio permetteva agli alunni con differenti livelli di abilità di lavorare al proprio passo. Al termine della sessione, mettevano i testi su cui stavano lavorando nelle loro «teche di scrittori» e venivano incoraggiati a continuare anche a casa. Uso degli organizzatori anticipati Per promuovere l’autonomia degli alunni e facilitare il monitoraggio, da parte dell’insegnante, dei loro progressi, l’insegnamento veniva reso più esplicito attraverso l’uso di organizzatori anticipati adeguati al livello di abilità degli Strategie di scrittura per alunni con difficoltà Idee e contenuto Organizzazione Tono Scelta delle parole Scorrevolezza delle frasi Aspetti formali Esprime chiaramente un’idea, tema o argomento principale, supportato da dettagli pertinenti. Parla della sua esperienza e dimostra opinioni valide. Suscita l’attenzione del lettore. Esprime un’idea, tema o argomento principale, con scarso o nessun supporto di dettagli pertinenti. Esprime poco o per nulla il suo punto di vista; non suscita l’attenzione del lettore. L’idea, il tema o l’argomento principale non sono identificabili. Assenti. L’introduzione cattura il lettore. Le conclusioni sono soddisfacenti. I dettagli sono inseriti opportunamente. I passaggi tra paragrafi sono scorrevoli. Facile da leggere. C’è un’introduzione. C’è una conclusione. I dettagli sono inseriti disordinatamente. Ci sono tentativi di raccordare i paragrafi. In certi punti è di difficile lettura. L’introduzione non è identificabile. La conclusione non è identificabile. I dettagli creano confusione. Assente. Cordiale. Scritto pensando al lettore. Il lettore può percepire la persona che sta dietro alle parole. Espressivo. Scritto con sincerità. Scritto per compiacere il lettore. Piacevole ma non coinvolgente. Stile eterogeneo. Formalmente corretto ma del tutto anonimo. Assente. Il vocabolario è forte ma non eccessivo. Le parole suonano con naturalezza. I verbi sono incisivi. I nomi sono specifici. Ci sono immagini vivaci. Il vocabolario è corretto ma comune. Usa luoghi comuni ed espressioni gergali. È chiaro ma impreciso. Generico. Vocabolario scorretto. Ripetitivo. Verbi vaghi. Assente. Scrittura chiara e facile da leggere ad alta voce. La lunghezza e la struttura delle frasi è varia, ritmica e naturale. Scrittura chiara, ma talvolta ostica da leggere ad alta voce. Scarsa varietà nella struttura delle frasi. Scorrevole, ma non ritmica. Frasi incomplete. Impossibile da leggere ad alta voce. Incomprensibile. Assente. Scrittura grammaticalmente corretta. Usa la punteggiatura necessaria. Ortografia corretta. Suddivisione corretta delle frasi. Il testo è ben leggibile e pronto per la presentazione. Gli errori grammaticali non distorcono il significato. I periodi sono chiusi dalla punteggiatura giusta. L’ortografia è generalmente corretta. La suddivisione delle frasi è incoerente. Il testo non è del tutto scorrevole e richiede alcune correzioni. Numerosi errori grammaticali, di punteggiatura e ortografici. È quasi impossibile una lettura di contenuto. Assenti. Fig. 10.1 Griglia per la valutazione della scrittura. 183 5 3 1 0 5 3 1 0 5 3 1 0 5 3 1 0 5 3 1 0 5 3 2 0 184 Le migliori proposte operative su… Scrittura alunni. Dopo che l’alunno aveva scelto un argomento, annotava tutto ciò che gli veniva in mente al riguardo in uno schema di idee (si veda la figura 10.2). Dopodiché, l’alunno realizzava un primo schema del testo utilizzando l’organizzatore anticipato per distinguere e articolare le idee principali e i dettagli inseriti nello schema. L’organizzatore anticipato era fornito in due versioni: una per gli alunni più abili (si veda la figura 10.3), che prevede cinque paragrafi (uno per l’introduzione, tre per i dettagli e uno per le conclusioni), e una per quelli meno abili (si veda la figura 10.4), che fornisce le indicazioni per comporre un solo paragrafo e contiene uno spazio per il feedback dell’insegnante, fornendo così un’opportunità formale per verificare e chiarire la struttura della composizione prima della scrittura vera e propria. Nei gruppi, il rapporto numerico insegnante-alunni più basso permetteva più frequenti occasioni di discussione e insegnamento uno a uno. Al termine dell’intervento, due alunni del gruppo dei meno abili erano progrediti tanto da poter passare nel gruppo dei più abili. Composizione del testo ia cib o per illa ne Vie ess a mi . nza sta Fig. 10.2 Esempio di schema di idee sul tema «Il mio gatto». a oc Gi n co me ia. Mi lecca la facc cio. lo aran on . . gatti. e Ha il p ella i. aL Mang sp ticc iam Si sd sul d raia ava nza pas ch È simpatica con tutti. Fa Si le. In questa fase, oltre a usare gli organizzatori anticipati, gli alunni erano incoraggiati a sviluppare paragrafi bene articolati scrivendo una frase chiara sul Ha il na Le so nero pia ce gio . car ec on la p alla . Strategie di scrittura per alunni con difficoltà 185 1.Introduzione A. Tema generale: La mia famiglia ha un gatto. B. Precisazione: Si chiama Lilla. C. Informazione specifica: Ha il pelo arancio. 2.Argomento: il suo aspetto A. Lunga coda arancio. B. Orecchie a punta. C. Pelo arancio e marrone. D. Raccordo: Lilla è molto carina. 3.Argomento: le piace giocare con A. La palla rossa. B. Le cordicelle. C. Tutta la famiglia. D. Raccordo: Le piace giocare con me. 4.Argomento: so che mi vuole bene perché A. Mi lecca la faccia. B. Mi aspetta sul davanzale. C. Dorme sul mio letto. 5.Conclusioni A. Tema presentato nell’introduzione: Adesso conoscete il mio gatto. B. Opinione personale: Voglio molto bene al mio gatto. C. Frase finale: Sono felice che Lilla sia il mio gatto. Fig. 10.3 Organizzatore anticipato per alunni abili. 1. Tema: Il mio gatto 2. Frase sul tema: Il mio gatto si chiama Lilla, è carina e sta sempre nella mia stanza. 3. Dettagli:Ha il pelo arancio e la coda lunga. 4. Dettagli: Il suo giocattolo preferito è una palla rossa. 5. Dettagli:Lilla dorme su un cuscino nella mia stanza. 6. Conclusioni: Sono felice che Lilla sia il mio gatto. Feedback Leggendo la tua composizione, il tema mi sembrava: il tuo gatto Mi è piaciuta la parte dove parli: di dove dorme Penso che potresti migliorarlo: aggiungendo altri dettagli sulle cose che al tuo gatto piace fare Ho visto che hai messo: 1. Una frase sul tema: sì 2. Tre dettagli: sì 3. Una conclusione: sì Fig. 10.4 Organizzatore anticipato per alunni poco abili. 186 Le migliori proposte operative su… Scrittura tema della composizione, variando la lunghezza delle frasi, concentrandosi su un uso creativo delle parole e facendo attenzione a dare alla composizione una conclusione significativa. Nella preparazione della prima bozza, l’ortografia e le altre convenzioni erano aspetti secondari. Nella preparazione della seconda bozza, gli alunni lavoravano in coppie per sviluppare le frasi e correggere gli aspetti formali. Utilizzando uno schema fornito dall’insegnante, gli alunni si ponevano reciprocamente domande quali «Cosa ti piace di più di questa composizione?», «Cos’è che ti sembra confuso o poco chiaro?», «Secondo te cosa potresti fare per migliorarla?». Nella discussione con l’insegnante, questo si limitava a fornire suggerimenti per la correzione di un solo aspetto, quello a suo avviso più importante. Ad esempio, anche in presenza di un’ortografia ben al di sotto della perfezione e di una scelta poco opportuna delle parole, se il contenuto era l’aspetto che all’insegnante pareva più carente ci si concentrava unicamente su quello. Se necessario, il docente forniva insegnamento diretto. Valutazione Dopo la discussione con l’insegnante, l’alunno scriveva la bozza finale, che veniva valutata dall’insegnante utilizzando la griglia presentata nella figura 10.1. Per garantire l’obiettività della valutazione, l’insegnante e l’esperto valutavano le composizioni degli alunni in modo indipendente l’uno dall’altro. In caso di disaccordi, i due discutevano fino a raggiungere un consenso. In linea con la filosofia dei laboratori, il numero di composizioni terminate da ogni alunno variava; in generale, nel corso delle 9 settimane di intervento, gli alunni del gruppo degli abili produssero più degli altri. In ogni caso, si dava importanza alla qualità prima che alla quantità. Risultati Complessivamente, l’intervento migliorò le prestazioni di entrambi i gruppi, ma fu quello dei meno abili a evidenziare i progressi maggiori. Entrambi i gruppi aumentarono mediamente di almeno un punto, in cinque aspetti su sei, i punteggi che ottenevano dalla valutazione con la griglia, con punteggi medi pari o superiori a 4. Riguardo all’aspetto delle idee e del contenuto, gli alunni meno abili migliorarono mediamente di 1,9 punti, a fronte di un 1,3 del gruppo dei buoni scrittori. Similmente, nell’organizzazione migliorarono di 2,4 a fronte di 1,2. Sebbene prima dell’intervento i punteggi del gruppo dei cattivi Strategie di scrittura per alunni con difficoltà 187 scrittori fosse inferiore a quello degli alunni abili, al termine dell’intervento le loro prestazioni erano più o meno allo stesso livello. Alessio, in particolare, che inizialmente aveva un punteggio di 1 in tutti gli aspetti — fatta eccezione per le idee, dove aveva 2 — passò a 5 negli aspetti formali, di organizzazione e del tono, a 4 nella scorrevolezza delle frasi e nelle idee, e a 3 nella scelta delle parole. Questi risultati positivi sono da attribuire alla combinazione di alcuni fattori di sostegno: il contesto del laboratorio e l’uso degli organizzatori anticipati e della griglia a sei elementi. Facendo lavorare gli alunni nell’ambiente laboratorio di scrittura e con il sostegno del gruppo, rendendo espliciti gli aspetti chiave della composizione e della scrittura e fornendo insegnamento sulle abilità necessarie, riteniamo di avere aiutato gli alunni a migliorare le loro abilità di base nella scrittura. Questi aspetti dell’intervento permisero agli alunni di lavorare al proprio passo senza il vincolo di dover stare al ritmo dei compagni, anche più abili. Forse l’elemento più importante è che gli alunni iniziarono a considerarsi responsabili dei propri progressi e capaci di raccontare attraverso la scrittura. Non era scopo del nostro lavoro quello di valutare gli effetti delle singole componenti dell’intervento: l’obiettivo era verificare l’efficacia, per tutti gli alunni, di un programma per l’insegnamento della scrittura basato sui dati della ricerca. Per gli alunni con difficoltà, i risultati della ricerca indicano che gli organizzatori anticipati sono uno strumento particolarmente utile (Griffin, 1995). Questi alunni, infatti, hanno notevoli difficoltà a gestire i concetti astratti e ad apprendere quelli che non vengono insegnati esplicitamente. Attraverso l’uso degli organizzatori anticipati e l’insegnamento diretto individualizzato su componenti definite chiaramente della buona scrittura, l’insegnante forniva gli strumenti necessari per garantire il successo di tutti gli alunni. I maggiori progressi mostrati dai componenti del gruppo di cattivi scrittori sono da attribuire anche al fatto che, nel piccolo gruppo, gli alunni potevano ricevere dall’insegnante più attenzione individuale e avevano maggiori opportunità di discutere con il docente e ricevere feedback. Una difficoltà che incontrammo nell’attuazione dell’intervento fu quella di separare l’insegnamento per i due gruppi, con la conseguenza che si riduceva la quantità di tempo complessiva per l’insegnamento della scrittura. La ricerca futura potrebbe valutare la possibilità di creare gruppi eterogenei nei quali si utilizzano le componenti del nostro intervento, seguiti contemporaneamente dal docente curricolare e da quello specializzato. 188 Le migliori proposte operative su… Scrittura Conclusioni Riteniamo che un contributo importante al successo del nostro intervento sia stato dato dalla collaborazione tra un insegnante curricolare e un esperto, che ha colmato il divario che spesso esiste tra ricerca e pratica favorendo la traduzione dei dati forniti dalla prima in strumenti concreti da utilizzare nella seconda. Questo è molto importante, perché troppe volte la scelta, l’applicazione e la valutazione dei metodi didattici nelle classi è un processo assai vago. La collaborazione per questo intervento portò all’identificazione e all’applicazione di metodi raccomandati dalla ricerca e la raccolta dei dati relativi ai progressi degli alunni dimostrò che la traduzione in pratica dei dati della ricerca aveva avuto successo. Concludendo, siamo profondamente convinti che questa collaborazione abbia aiutato significativamente l’insegnante e gli alunni a ottenere risultati positivi, ad avere più fiducia in se stessi e a rompere il ciclo di difficoltà nell’insegnamento e apprendimento della scrittura. Bibliografia Adams D., Power B., Reed M., Reiss P. e Romaniak J. (1996), Improving writing skills and related attitudes among elementary school students, Tinley Park, IL, Saint Xavier University & IRI/Skylight, pp. 17-49. Bangert-Droiwn R.L., Kulik J.A. e Kulik C.C. (1991), Effect of frequent classroom testing, «Journal of Educational Research», vol. 85, n. 2, pp. 89-99. Berninger V. et al. 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Strategie di scrittura per alunni con difficoltà 189 Robinson D.H. e Keiwra K.A. (1995), Visual argument: Graphic organizers are superior to outlines in improving learning from text, «Journal of Educational Psychology», vol. 78, n. 3, pp. 455-467. Schirmer B.R. e Bailey J. (2001), Come autovalutare i processi di scrittura: Lo strumento della «griglia», «Difficoltà di Apprendimento», vol. 6, n. 3, pp. 407-417. Pubblicazione originale Winning writing strategies for low-achieving students. Tratto da «Teaching Exceptional Children», vol. 33, n. 3, 2001. © The Council for Exceptional Children. Trad. it. «Difficoltà di apprendimento», vol. 7, n. 1, pp. 109-119, 2001, Trento, Erickson. Pubblicato con il permesso dell’Editore. Traduzione italiana di Carmen Calovi.