14 Agosto 2010 15 Agosto 2011 SPECIALI Rivista bimestrale di spiritualità mariana e missionaria - Poste Italiane S.p.a. - Sped. Abb. post. DL 353/03 (conv. in L. 27/02/04 n.46) art.1c.2 - DCB - Roma Anno giubilare di S. Chiara Anno Kolbiano 1/2 AD GENTES Dossier /D&KLHVDLQ*LDSSRQH 150 Anni di XQLWjG¶LWDOLD ³'XQV6FRWR´)LOP ANNO 7 - GENNAIO / APRILE 2011 NUMERO DOPPIO SETTIMIO & LICIA MANELLI: 6HUYLGL'LRDOVHUYL]LRGHOODYLWD N. 1-2 GENNAIO/APRILE 2011 SOMMARIO 78 80 analisi & opinioni 4 Dall’euristica della paura alla “riscoperta” del dono di sé SPIRITUALITA’ MARIANA 6 La Vergine orante (P. Stefano M. Pio Manelli) MAGISTERO MARIANO 7 Mater Ecclesiae (P. Pierdamiano M. Fehlner) 8 L’IMMACOLATA NELLA STORIA 9 ALLA SCUOLA DI MARIA 11 MARIA E LA VITA SOCIALE 13 16 La Vergine Maria nel mistero dell’Ascensione e della Pentecoste (Sr. M. Francesca Perillo) I miei occhi hanno visto la tua salvezza... (Alma Paraiso) Chi è Giovanni Duns Scoto? (P. Alessandro M. Apollonio) La Commissione scotista (P. Girolamo M. Pica) AD GENTES 84 86 89 91 94 96 98 100 104 106 110 La Tota Pulchra conduce alla vera bellezza (P. Alfonso M. A. Bruno) * La Chiesa in Giappone (Goemon Kamatari) * Le apparizioni mariane di Akita (Arisa Yukiyo) * I miracolati dell’atomica (Michinori Masaki) * Nagasaki: Un crimine di guerra rimosso (Michinori Masaki) * Le ombre del Paese del Sol Levante (P. William Grimm) %HQLQ,OVDQWXDULRGL$OODGDULDIÀGDWRDL)UDQFHVFDQLGHOO·,PPDFRODWD3-HDQ5DSKDHO07RQRXGML * Messaggio del Fondatore e Ministro Generale (P. Stefano M. Pio Manelli) * Il Santuario “Notre Dame de la Divine Miséricorde” di Allada (P. Michele M. Iorio) * Le Clarisse Cappuccine in Benin (Sr. Chiara Benedetta) /·RUIDQRWURÀRGL%HPEHUHNp30DVVLPLOLDQR00DIIHL * Duc in altum: prende il largo un nuovo progetto missionario IL “CAMBIASTORIE” I SANTI E LA MADONNA Settimio e Licia (P. Angel Adel M. Funs) 112 Tributo alla memoria 114 A TU PER TU Elogi e ricordi su un “vescovo meraviglia” (P. Alfonso M. A. Bruno) Un tetto sulla palude (P. Alfonso M.A. Bruno) Rivista bimestrale mariana-missionaria dei Francescani dell’Immacolata SPECIALE Anno giubilare di S. Chiara 1211-2011 20 Autorizzazione del Tribunale di Isernia n.116 del 10/11/2004 Sped. Abb. post. DL 353/03 (conv. in L. 27/02/04 n.46) art.1c.2 DCB - Roma Proprietario Associazione Casa Mariana Editrice 'LUHWWRUHUHVSRQVDELOH Alessandro Apollonio Coordinamento: Alfonso Bruno (FDSRUHGDWtore) SDOIRQVR#PHGLDWULFHQHW 5HGD]LRQH Vincent Michael Egbu, Alan Bernardino Wharton, Immacolato M. Acquali, John Risse, Paolo Del Carmen, Jessica Mauta. )RWRJUDIR Ivo Senoner &RQVXOHQWLFUHDWLYL Paola Perini, Pippo Dottorini 6HJUHWHULDDPPLQLVWUD]LRQHHDEERQDPHQWL P. John Francesco Lim - info.missio@immacola- ta.com (Italiano) P. Elias M. Mills- [email protected] (QJOLVKHGLWLRQ Le Clarisse compiono ottocento anni (Sr. Maria Donati) 22 24 26 L’Itala gente (Francesco Petrini) Unità d’Italia e identità cristiana (Mario Castellano) Un secolo e mezzo d’Italia intervista ad Andrea Riccardi (Nicola Graziani) PAGINE KOLBIANE 34 42 * L’avventura giapponese (P. Alfonso M. A. Bruno) * Fra’ Zeno Zebrowski (don Giorgio Zebrowski) IN MISSIONE CON IL PAPA 46 50 53 56 * Il laicismo di Zapatero (P. Paulo Francisco M. Forja) * Intervista concessa ai giornalisti (P. Federico Lombardi) * In comunione con il Papa mentre soffrivo... (Daniel Arasa) * La Madonna del Pilar (John M. Samaha) 58 spilla Icona Kazaka SPECIALE “Duns Scoto” FIlm 60 67 76 Perché il cinema cristiano oggi? (P. Alfonso M. A. Bruno) Interviste sul set (Anna Scordio) &DUWDG·,GHQWLWjGHOÀOP)UD·3DVTXDOH0*LOEHUW I volti della rivista SPECIALE Unità d’Italia 20 86 50 60 96 106 AVVISO: La rivista dispone ora di un nuovo conto BANCOPOSTA IBAN: IT43 L076 0103 2000 0000 3581 957 Associazione Casa Mariana Editrice - Roma Per riceverla a casa scrivici e versa la tua quota associativa a soli 15 € annui. 6HGHRSHUDWLYD 8IILFLR&RPXQLFD]LRQH )UDWL)UDQFHVFDQLGHO,¶,PPDFRODWD Via di Boccea, 590 - 00166 Roma tel.: 06-64468094 PLVVLR#LPPDFRODWDFRP Con approvazione ecclesiastica Per informazioni: Tel.: 06-64468094 - e-mail: [email protected] - www.mediatrice.net 2 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 3 analisi & opinioni '$//¶(85,67,&$'(//$3$85$ $//$³5,6&23(57$´'(/'212',6e I l terremoto e lo tsunami che l’11 marzo 2011 hanno vio- lentemente colpito il nord-est del Giappone, mi hanno fatto tanto ricordare il Coro dall’ An- tigone di Sofocle: (…)“ Molte ha la vita forze tre- mende; eppure più dell’uomo nulla, vedi è tremendo”(…). L’equazione baconiana, del sape- re per il potere, è risultata bacata. Il dominio sulla natura attraver- so la téchne, lungi dal migliorare il destino umano, è diventato un Prometeo irresistibilmente scatenato al quale la scienza con- ferisce forze senza precedenti e l’economia imprime un impulso incessante nella civiltà tecnico- scientifico-industriale. La sottomissione della biosfera alla felicità umana ha capovolto quella speranza messianica in apocalisse. I danni del cataclisma naturale esacerbati dalla crisi della centra- le nucleare di Fukushima, sono il paradigma di come la natura si ribelli al dominio dell’uomo sulla natura. C’è dell’altro. Nel 1974, proprio un ricercatore giapponese, il Dr. Matsushita, scienziato del National Center of Atmosferic Research, scoprì che dopo test nucleari la ionosfe- ra e il campo magnetico terrestre venivano disturbati per un pe- riodo da dieci giorni a due set- timane portando addirittura ad oscillazioni dei poli terrestri. Lo scienziato fu subito messo a tace- re dal governo degli Stati Uniti e gli fu impedito di continuare le sue ricerche in merito nascon- dendo tutte le prove che egli ave- va rilevato. Tra le mille ipotesi fatte, c’è chi sostiene che la causa del terre- moto sia addirittura di natura umana e che in molti casi, sia stato proprio l’uomo a causare il 4 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International sisma, attraverso i test nucleari. Dagli anni ‘50 Stati Uniti, Rus- sia, Cina e India hanno iniziato ad effettuare test nucleari e forti terremoti, superiori al magnitu- do 7.0 della scala Richter, sono succeduti alcuni giorni dopo questi test. Il 5 aprile 2009 la Corea del Nord lanciò il suo primo missile atomico di media gettata, il giorno successivo, il 6 aprile, un forte terremoto di magnitudo pari a 5,9 della scala Richter colpì l’Aquila mietendo centinaia di morti. Nel 1999, il film “Deep Fault” di Mark Roper, presentava il pro- getto terroristico di “uno scien- ziato pazzo” proprio attraverso terremoti indotti da esplosioni nucleari sotterranee. Il passaggio da un cosmos vio- lentato a un caos virulento, rap- presenta la più grande sfida che sia mai venuta all’ essere umano dal suo stesso agire. La riflessione che s’impone por- tava filosofi come Hans Jonas a parlare di “euristica della paura” e dell’urgenza di un’etica che mediante auto-restrizioni impe- disse alla potenza dell’uomo di diventare una sventura per l’uo- mo stesso. Si constata da decenni che la vio- lazione della natura e la civilizza- zione dell’uomo vanno di pari passo. Nella «città», ossia nella formazione sociale artificiale, in cui gli uomini hanno rapporti con altri uomini, l’intelligenza non può non unirsi alla morali- tà poiché quest’ultima è l’anima della sua esistenza. Ciò che Socrate rimprovera all’arte politica di Pericle non è il fallimento, dopo la sua morte, delle imprese grandiose, ma di aver esaltato, quando era ancora in vita, gli Atenesi con tali pro- getti imponenti (e i loro successi iniziali) corrompendone le virtù civili. C’è un’ironia nel fatto che il concetto di «progresso» abbia originariamente la sua sede qui, nella sfera morale e in quella per- sonale in genere. Già a partire da Socrate è dato per scontato che la virtù cresce con la virtù, essen- do il prodotto di un’ educazione progressiva nella quale giocano un ruolo la giusta compagnia, l’esempio, la pratica, la cono- scenza e soprattutto l’aspirazio- ne costante , cioè l’amore verso il bene, che viene dapprima su- scitato dall’esterno per mezzo dell’emulazione per poi essere fatto gradatamente proprio. Come Benedetto XVI ha detto alla celebrazione della Dome- nica delle Palme del 2011 , “in tutte le invenzioni dello spirito umano si cerca, in ultima anali- si, di ottenere delle ali, per poter- si elevare all’altezza dell’Essere, per diventare indipendenti, to- talmente liberi, come lo è Dio. E tuttavia, la forza di gravità che ci tira in basso è potente. Insieme con le nostre capacità non è cre- sciuto soltanto il bene. Anche le possibilità del male sono aumen- tate e si pongono come tempeste minacciose sopra la storia”. ”Le grandi conquiste della tecnica - ha aggiunto il Santo Padre - ci rendono liberi e sono elementi del progresso dell’umanità sol- tanto se le nostre mani diventa- no innocenti e il nostro cuore puro, se siamo in ricerca della verità, in ricerca di Dio stesso, e ci lasciamo toccare ed interpel- lare dal suo amore. Tutti questi elementi dell’ascesa sono efficaci soltanto se in umiltà riconoscia- mo che dobbiamo essere attirati verso l’alto; se abbandoniamo la superbia di volere noi stessi farci Dio. Abbiamo bisogno di Lui: Egli ci tira verso l’alto, nell’essere sor- retti dalle sue mani, cioè nella fede, ci dà il giusto orientamen- to e la forza interiore che ci sol- leva in alto. Abbiamo bisogno dell’umiltà della fede che cerca il volto di Dio e si affida alla verità del suo amore”. Nella tragedia del Giappone, che crea grave preoccupazione in tutti, si è saputo dai media che alcuni cristiani stanno lottan- do per scongiurare la catastrofe nucleare. Il leader della squadra che gestisce tutte le operazioni è un cristiano, così come cristia- ni sono altri operai e tecnici, in un paese dove la Chiesa è in minoranza. Questi eroi stanno svolgendo questo delicato e pe- ricoloso compito, contaminati dalle radiazioni, nella piena con- sapevolezza di donare la loro vita per il prossimo e hanno richie- sto preghiere a tutti i fedeli del mondo, per affidare la loro vita nelle mani di Dio. Questa è la lotta che attraver- sa tutta la storia. Come dice sant’Agostino: la storia del mon- do è la lotta tra due tipi di amo- re. L’amore di sé portato sino alla distruzione del mondo; e l’amo- re per il prossimo, portato sino alla rinuncia di sé. Questa lotta, che sempre si è potuta vedere, è in corso anche oggi. In questa terribile situazione i cristiani giapponesi, dalla loro terra di martiri e di nobili samu- rai, hanno una grande opportu- nità di offrire una testimonianza della propria fede e dei valori evangelici. Anche dalla radiazioni nucleari possono nascere fiori di loto, così come settanta anni fa, a Nagasaki, dall’esplosione della bomba atomica rimase in piedi solo il “Giardino dell’Immacola- ta” del missionario francescano padre Massimiliano Maria Kol- be, martire della carità e patrono dei nostri difficili tempi. pamab Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 5 SPIRITUALITA’ MARIANA di P. Stefano Maria Pio Manelli FI 0DULDqPDHVWUDQHOODYLWDGLSUHJKLHUDSHUTXHOO¶DWteggiamento costante di lode, adorazione e ringraziamento a Dio, come figlia, madre e sposa. Ella invita tutti noi alla vita di orazione additandoci il Rosario per il trionfo del suo Cuore Immacolato. Le virtù della Madonna LA VERGINE ORANTE N on è esagerato dire che la vita della Madonna fu una vita di orazione continua. Alla scuola dei grandi Santi Padri e Dottori della Chiesa, infatti, i quali sostengono e alimentano la perenne vita di fede della Chiesa, - al contrario di tanti ef- fimeri maestri attuali - noi possiamo imparare che Maria santissima, con il privilegio della sua Immacolata Con- cezione, fu riempita di grazie eccelse in misura straordinaria per la sua pre- destinazione alla Maternità Divina. Tra quelle grazie eccelse, Maria san- tissima fin dal suo immacolato concepimento ebbe anche l’uso di ragione che le consentì di ele- varsi a Dio ai più alti gradi della mistica divina e di porsi subi- to, con la mente e con il cuo- re, in uno stato di preghiera pura e senza interruzione. All’età di tre anni, poi, la pic- cola vergine venne portata dai suoi genitori al Tempio, dove visse santamente di preghiera e di lavoro, giorno dopo giorno, fino all’età del- la prima adolescenza, quando venne legata a san Giuseppe con il matrimonio verginale per il compimento del disegno divino dell’Incarnazione redentrice per tut- ta l’umanità da salvare. Nella vita domestica a Nazareth, in se- guito, per la presenza di Gesù in casa, durante circa trent’anni, pur con il lavoro continuo per la vita della fami- glia da governare, si può dire senz’altro che la Madonna visse in uno stato di intensa orazione e di contemplazione continua di Gesù che viveva e cresceva davanti ai suoi occhi. E che cosa dire delle lunghe preghiere diurne e notturne fatte dalla Madon- na insieme a Gesù e a san Giuseppe a Nazaret? C’è da credere che gli Angeli dovevano guardare attoniti questa sa- cra Famiglia in preghiera così fervida e amorosa. In che cosa, principalmente, consiste- va la lunga preghiera della Madonna? In primo luogo, possiamo pensare che consistesse anzitutto nel glorificare Id- dio, come ci fa ben capire l’inno del Magnificat che inizia appunto con le parole che escono dalla bocca di Ma- r i a Santissima: « L’ a n i - m a mia magni- f ica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio Salva- tore» (Lc 1,46-48). In secondo luogo, la preghiera della Madonna consisteva nel ringra- ziare Iddio per tutti i beni da Lui rice- vuti; e nello stesso Magnificat, infatti, abbiamo le invocazioni più che chiare: «Grandi cose ha fatto in me l’Onnipo- tente e santo è il suo nome» (Lc 1,49). In terzo luogo, la Preghiera della Ma- 6 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International donna, in qualità di universale Cor- redentrice e Madre, non poteva non consistere nell’intercedere per tutta l’umana famiglia, sparsa sulla terra, così bisognosa di ogni aiuto e protezio- ne. L’episodio di Cana (cf Gv 2 , 1-11) ci fa capire quanto fosse reale la Media- zione materna di Maria nell’intercede- re e ottenere le grazie per gli uomini da aiutare nei loro travagli senza numero. E i messaggi delle apparizioni di Lourdes e Fatima, sintetizzati e quasi scolpiti dalla due parole “Preghiera e Penitenza” con la richiesta della recita quotidiana della corona del santo Ro- sario che era posto fra le mani dell’Im- macolata, fanno ben capire quanto im- portante e primaria deve essere la vita di orazione anche per ogni cristiano! E quale deve essere la nostra preghie- ra, alla scuola della Madonna? Deve essere anzitutto preghiera di lode e di ringraziamento a Dio per la sua grandezza e bontà, per le sue grazie e benedizioni che di continuo dona a noi suoi figli; deve essere, poi, la preghiera di umile e filiale supplica per le nostre presenti necessità spiri- tuali e temporali, in vista, soprattutto, della nostra salvezza eterna. Un contenuto specifico, o ben “mira- to”, tuttavia, legato in particolare alla nostra devozione al Cuore Immacolato di Maria e alla nostra assidua preghiera del Rosario, non può non essere quel- lo della pressante richiesta dell’avvento del Trionfo del Cuore Immacolato di Maria, che proprio Lei, l’Immacolata, ci ha promesso a Fatima, a conclusio- ne del “Terzo Segreto di Fa- tima”: «Infine il mio Cuore I m m a c o l a to trionferà!». MAGISTERO MARIANO di P. Pierdamiano M. Felhner FI MATER ECCLESIAE 1HOOD VXD RPHOLD G¶DSHUWXUD DO Sinodo per il Medio Oriente Papa Benedetto ha osservato come il Vaticano II ha cominciato con O¶LFRQD GHOOD 7KHRWRNRV PHQWUH verso la sua fine il Papa Paolo VI ha voluto riconoscere solennemente la Vergine Maria come la Mater Ecclesiae. Queste due icone, che aprono e concludono il concilio, sono intrinsecamente connesse. Esse alla fine sono XQ¶LFRQD VROD ,O 3DSD KD YROXWR spiegare il perché di questa affermazione. «C risto non è nato come un indi- viduo tra altri. È nato per crearsi un corpo: è nato — come dice Giovanni al capitolo 12 del suo Vangelo — per attirare tutti a sé e in sé. È nato — come dicono le Lettere ai Colossesi e agli Efesini — per ricapitolare tutto il mondo, è nato come primogenito di molti fratelli, è nato per riunire il cosmo in sé, cosic- ché Lui è il Capo di un grande Corpo. Dove nasce Cristo, inizia il movimento della ricapitolazio- ne, inizia il momen- to della chiamata, della costruzione del suo Corpo, del- la santa Chiesa. La Madre di Theós, la Madre di Dio, è Madre della Chie- sa, perché Madre di Colui che è venuto per riunirci tutti nel suo Corpo risorto». parallelismo che san Luca ha posto tra il primo capitolo del suo Vangelo e il primo capitolo dei suoi Atti degli Apo- stoli. I due capitoli ripetono il mistero su due livelli. «Nel primo capitolo del Vangelo lo Spirito Santo viene su Maria e così partorisce e ci dona il Figlio di Dio. Nel primo capitolo degli Atti degli Apostoli Maria è al centro dei discepo- li di Gesù che pregano tutti insieme, implorando la nube dello Spirito San- to. E così dalla Chiesa credente, con Maria nel centro, nasce la Chiesa, il Corpo di Cristo. Questa duplice na- scita è l’unica nascita del Christus to- tus, del Cristo che abbraccia il mondo e noi tutti». Da questo sorgono i paralleli: nascita a Betlemme, nascita nel Cenacolo; nascita di Gesù Bambino, nascita del Corpo di Cristo, della Chiesa. Essi possono essere considerati due avveni- menti o un unico avvenimento. «Ma tra i due stanno realmente la Cro- ce e la Risurrezione. E solo tramite la Croce avviene il cammino verso la totalità del Cristo, verso il suo Corpo risorto, verso l’universalizzazione del suo essere nell’unità della Chiesa. E così, tenendo presente che solo dal grano caduto in terra nasce poi il gran- de raccolto, dal Signore trafitto sulla Croce viene l’universalità dei suoi di- scepoli riuniti in questo suo Corpo, morto e risorto». La mediazione materna di Maria uni- sce questi due eventi: Madre di Dio e Madre della Chiesa. E come il legame passa tramite il mistero della Croce alla gloria della Risurrezione, così noi vediamo perché Maria è attivamente associata in quel mistero come Cor- redentrice che partecipa alla vittoria della Risurrezione con la sua gloriosa Assunzione e Incoronazione in cielo. Noi possiamo com- prendere meglio tutto questo quan- do contempliamo il Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 7 L’IMMACOLATA NELLA STORIA di Sr. Maria Francesca Perillo FI /$9(5*,1(0$5,$1(/0,67(52'(//¶$6&(16,21(('(//$3(17(&267( È molto probabile che durante i quaranta giorni trascorsi dal Si- gnore risorto sulla terra, Egli si sia trat- tenuto di frequente con la sua divina Madre in intimi ed amorosi colloqui. La Vergine – in quel tempo – segui- va il collegio apostolico, e perciò è da credere che sia stata presente anche all’Ascensione del Figlio, avvenuta sul monte degli Ulivi. Il luogo in cui aveva avuto inizio la tragedia della Passione era ora la culla della glorificazione del Figlio di Dio. Il collegio apostolico – seguen- do il Maestro risorto – giunse in processione sul Monte Uliveto insieme con molti fedeli. Qui Gesù dopo aver tutti benedetto si staccò dalla terra ed ascese al Cielo avvolto da una nube che lo sottrasse ai loro sguardi. Il cuore della Vergine fu perva- so da una profondissima gioia unita ad un non meno intenso dolore. Gioia per il Figlio che tornava al Padre dopo i tormen- ti della Passione, dolore per se stessa che veniva privata umana- mente dalla sua presenza. Il suo cuo- re certamente seguì il Figlio nella sua ascensione, ma il corpo rimaneva sulla terra e doveva ancora soffrire per la Chiesa nascente. Bossuet giunge a dire che per la Vergine era in atto un “mi- racolo continuato” poiché Ella non avrebbe potuto «vivere separata dal suo diletto… Viveva … perché era disegno di Dio Padre, che fosse perfetta copia del suo Gesù Crocifisso, nel martirio insopportabile d’una vita quanto lun- ga e penosa altrettanto necessaria alla Chiesa». Ella dunque in quell’istante fece un altro atto di offerta e di im- molazione per i “fratelli” di Gesù che erano ormai a pieno titolo “figli” suoi. E rimase nelle pene del terreno esilio. Privati ormai della presenza del Mae- stro, gli apostoli si strinsero attorno a Maria, l’unica che poteva, in qualche modo, rappresentarlo. «Nella bellezza e nella bontà della Madre – scrive il Roschini – vedevano un riflesso della bontà e della bellezza del suo Figlio. Nella soavissima voce di lei udivano un’eco perfetta della voce infinitamen- te soave di Cristo, nel cuore materno di lei ritrovavano il cuore paterno di Cristo». Ed è stringendosi attorno alla Vergine che gli Apostoli attendevano il com- piersi della promessa del Signore: la venuta del divin Paraclito. Gli Atti testimoniano che gli Apostoli si trova- vano nel Cenacolo “con Maria”. Con Lei pregavano, con Lei parlavano, con Lei lavoravano. La Vergine, dal canto suo, preparava l’anima degli apostoli a ricever lo Spirito Santo che li avrebbe resi testimoni fino ai confini del mon- do. Giunto il dì di Pentecoste, cinquanta giorni dopo la Pasqua, «si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Ven- ne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, 8 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International e riempì tutta la casa dove si trovavano. Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su cia- scuno di loro; ed essi furono tutti pie- ni di Spirito Santo» (At 2,1-4). Benché avvolta nel più delicato nascondimen- to, fu la Vergine la vera protagonista di quest’evento straordinario. Era Lei la piena di grazia, colei che lo Spirito Santo aveva adombrata. Ella dunque sollecitò quest’effusione del divin Para- clito sugli Apostoli che “furono ripieni di Spirito Santo” ed Ella stessa, benché ne fosse colma, se ne arricchiva con “nuova ineffabile pienezza”. Ma tutto in Lei avveniva nel segreto. Nella gerarchia Ella non doveva compa- rire, e non comparve. Infatti, dopo quella so- vraeffusione di Spirito Santo fu Pietro, il Capo della Chiesa, a prender la parola. La Chiesa era dunque ufficialmente fondata ed iniziava la sua missio- ne. La Vergine vegliava maternamente su di essa partecipando di persona agli eventi più rilevanti. È molto probabile, ad esempio, che ella sia stata presente all’elezione di Mattia in sostituzione di Giuda per completare il numero del collegio apostolico, a quella dei primi sette diaconi e al martirio di santo Ste- fano che per primo meritò di seguire il Maestro. Tutti gli avvenimenti della Chiesa na- scente vibravano nel Cuore della Ma- dre. Ella tutto seguiva con intima par- tecipazione, poiché dalla Croce il suo Figlio morente le aveva affidato quella Chiesa per la quale Egli dava la vita ed Ella con Lui. ALLA SCUOLA DI MARIA di Alma Paraiso I MIEI OCCHI HANNO VISTO LA TUA SALVEZZA: LUCE PER ILLUMINARE LE GENTI. (cf. LC 2, 30-32) Anche questo anno la Chiesa ha celebrato la festa dei consacrati, i quali sono veramente luci che illuminano il mondo. Essi però, ci richiamano a &ROHLFKHKDGRQDWRDOPRQGROD³/XFHFKHLOOXPLQDOHJHQWL´ L a notte di Natale si accese la più grande Luce che fos- se mai apparsa sulla terra. La “Luce per illuminare le genti” (Lc 2,32) aveva cominciato a brillare solennemente nella grotta di Betlemme. Annuncia- ta dalla Stella Cometa che aveva condotto i Re Magi dai paesi lontani d’Oriente, e prima an- cora aveva fatto trovare il Bam- binello avvolto in candidi pan- nicelli, annunciato dagli Angeli ai pastori. La Luce aveva brillato nella notte oscura: la Luce vera era venuta alla luce! L’Imma- colata aveva partorito la Luce, quella Luce rimasta dolcemen- te nascosta nel suo grembo per nove mesi, ora rifulgeva nelle tenebre dell’uomo. Durante quei meravigliosi e mi- racolosi mesi di attesa, immagi- no che quella Luce, che aveva attraversato l’Immacolata, come un raggio di sole attraversa un vetro, si riflettesse sul viso della Vergine di Nazareth: Colei che portava la Luce era divenuta una lampada ancora più ardente. Quando un’anima è piena di Dio, scorgiamo nel suo volto, nei suoi occhi una Luce arcana. Rimaniamo un attimo silenzio- si, incantanti e beati: ma da dove viene quella Luce? È lo splendo- re dell’anima che rifulge sul vol- to, illumina il viso che diviene di Paradiso! Molti santi avevano un viso luminoso, soprattutto quan- do uscivano dall’orazione (vedi Santa Chiara); i loro visi erano così belli che sembravano degli Angeli, non più creature: Sare- te come Angeli del cielo ( Mt. 22,30). La castità illumina tutto il corpo, perché, illuminando l’intelletto, l’anima contempla le cose del cielo e della terra con una purezza e lucidità, che chi vive nel peccato non ha, e ri- splende in lei la purezza. Coloro che vivono nell’impurità hanno, invece, l’intelletto ottenebrato, poiché la Luce non può abitare in un’anima tenebrosa, né in un’anima che, pur vivendo nella castità, non ha raggiunto quella purezza interiore di cui ci parla il Vangelo: “Se non diventerete come bambini, non entrerete nel Regno dei Cieli”. È come se ci dicesse: se non diventerete puri come bambini, la mia Luce non potrà entrare in voi. Qui gli opposti non si attraggono, si escludono automaticamente: la Luce non può convivere con le tenebre dell’anima. Dice Gesù nel Vangelo: “La lucerna del tuo corpo è l’occhio. Se il tuo occhio Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 9 è sano, anche il tuo corpo è tutto nella Luce, ma se è malato, an- che il tuo corpo è nelle tenebre. Bada dunque che la Luce che è in te non sia tenebra. Se il tuo corpo è tutto luminoso, senza avere alcuna parte nelle tenebre, tutto sarà luminoso, come quan- do la lucerna ti illumina con il suo bagliore” (Lc. 11,34). “Tutte tenebre” diceva nel 1968 Padre Pio: oggi l’impurità ha rag- giunto dei livelli così alti, che le tenebre avvolgono il mondo. Le tenebre hanno avvolto, infatti, così tanti cervelli, da rendere prigioniere anche le loro povere anime, diventate lucerne incate- nate sotto il moggio. Gesù, però, ci dice: “Risplenda la vostra Luce davanti agli uomi- ni, perché vedano le vostre ope- re buone e ne rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli” (Mt. 5,16). Vuole che la nostra lucerna sia posta sopra il lucer- niere per fare lue a tutti, a tutto il mondo. Noi dobbiamo essere la Luce del mondo, perché siamo figli della Luce e non figli della tenebre (che però sono più desti di noi: sic!). Come scrive san Sofronio: “Ma le nostre lampade esprimano so- prattutto la luminosità dell’ani- ma, con la quale dobbiamo an- d a r e incon- tro a Cristo. Come infatti la Ma- dre di Dio e V e r - g i n e intatta p o r t ò s u l l e braccia la vera Luce e si avvicinò a coloro che giacevano nelle te- nebre, così anche noi, illuminati dal suo chiarore e stringendo tra le mani la Luce che risplende di- nanzi a tutti, dobbiamo affrettar- ci verso colui che è la vera Luce”. La Madonna si avvicinò a coloro che erano nelle tenebre, andò a cercarli, a rischiararli. Portò al mondo la Luce che venne nel mondo. Non la tenne solo per sé, generosamente la offrì, non solo al Tempio con la Presenta- zione di Gesù Bambino dopo i quaranta giorni dalla nascita, ma lo offrì già la notte di Natale, pri- ma all’Eterno Padre, poi agli An- geli silenziosi testimoni del parto luminoso; a san Giuseppe, l’uo- mo giusto, umile lampada che brillava accanto all’Immacolata. Ai pastori accorsi nel buio della notte per vedere la Luce; ai Re Magi, i pagani venuti dall’Orien- te guidati dalla Stella Cometa, prefigurazione della Luce vera. Infine, a tutti coloro che cercano Dio con cuore sincero. Quante fiaccole si sono accese da quel lontano splendore di Betlemme! Quante anime han- no camminato su questa terra stringendo forte le loro fiaccole; quanti santi hanno corso sul- 10 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International la strada che porta al Paradiso, portando le loro luci e brillando anche nelle tenebre delle epoche più fitte! Il Santo Simeone disse: “Luce per illuminare le genti”, quindi nessuno rimanga escluso da que- sto splendore o si ostini a rima- nere immerso nelle tenebre. Noi dobbiamo ardere, e con le nostre luci illuminare anche le tenebre dei fratelli. Dobbiamo ardere come candele benedette poste davanti a Gesù Sacramentato; e, come l’ardere delle candele benedette accese per le anime dei defunti li aiuta, così con le nostre preghiere dobbiamo illu- minare anche le anime purganti, affinché soffrano di meno e sal- gano ogni giorno di più verso il Paradiso. Le candele benedette rischiarano le tenebre in cui si trovano le anime purganti: non dimentichiamoci nella frenesia in cui viviamo, di fare qualche visita al cimitero e di accendere le candele benedette. Se poi non possiamo, entriamo in una chie- sa e accendiamola lì … Innanzitutto, però, accendiamo le nostre anime, e permettiamo che vengano invase dalla Luce sfolgorante ed eterna di Cristo, Luce per illuminare le genti … e le menti! Non temiamo se que- sta luce ci può anche far soffrire, come quando si cura una ferita: è salutare per la nostra anima. Chiediamo, infine, a Colei che meritò, e seppe portare dentro di sé regalmente e in modo su- blime la Luce vera, di aiutarci a divenire delle lucerne ardenti, dei veri figli della luce: “A quanti lo hanno accolto ha dato il pote- re di diventare figli di Dio” (Gv. 1,12) MARIA E LA VITA SOCIALE di P. Alfonso Maria Angelo Bruno FI LA TOTA PULCHRA CONDUCE ALLA VERA BELLEZZA /DVFRUVDHVWDWHGXUDQWHXQPLRVRJJLRUQRPLVVLRQDULRLQ%UDVLOHQHOWHUULWRULRGHOODSDUURFFKLD³6*LRYDQQQL%DWWLVWD´ di Anapolis, moriva durante un intervento di mastochirurgia additiva un ragazza di 25 anni. Nella stessa sala operatoria, su un tavolo accanto a lei, si sottoponeva allo stesso intervento estetico la mamma quarantacinquenne, ignara che al risveglio non avrebbe più rivisto la figlia da viva. (¶XQDVWRULDWDQWRWULVWHTXDQWRPDFDEUDFKHLPSRQHXQDULIOHVVLRQHVXOVHQVRGHOODEHOOH]]DHVXOOHUHVSRQVDELOLWjGHL JHQLWRULQHOORVYLOXSSDUHQHLILJOLXQDYLVLRQHSLWRWDOL]]DQWHHYHUDGHOODSHUVRQDXPDQDFKHWURYDQHOO¶,PPDFRODWDOD ³7XWWD%HOOD´LOSXQWRGLULIHULPHQWR U na sana autostima è un elemento essenziale per la maturazione personale e la ca- pacità d’integrazione sociale. Molti, anche in campo morale, confondono l’autostima con l’arroganza, la vanità, l’egocen- trismo. L’esperienza mostra che chi non sta bene con se stesso, chi manca di fiducia in se stesso e chi non accetta se stesso, oltre a soffrire depressione e frustrazione è vittima di violenza morale o fisica verso gli altri e lesi- va verso se stesso. La dismorfobia, cioè la paura di essere brutti, solo per usare l’elemento della disistima personale più frequente, è in signifi- cativo aumento tra gli ado- lescenti e inizia in età molto precoce. In una recente inda- gine dell’Eurispes, emerge che otto ragazzine su dieci pensano già ad 11 anni di dover dimagri- re, il 16% delle ragazze praticano una dieta senza bisogno reale e il 33% usa stabilmente prodotti di bellezza e frequenta profumerie e beauty center. C’è del peggio. Il 20% dei ra- gazzi e il 10% delle ragazze usa il piercing e il 70% dei giovani hanno un avatar taroccato sul social network. Il travestirsi si sostituisce al vestir- si fino all’intervento estetico in- vasivo sul proprio corpo, che per molte fanciulle indica l’ingresso nella maggiore età dati i limiti di legge vigenti in alcuni paesi per lo sdoganamento del bisturi e del silicone a fini rimodel- lativi su un corpo di minorenne, ma non per questo… minorato. Si assiste ad un’ipertrofica rein- venzione della bellezza muliebre che puntando alla mera seduzio- ne esalta la “donna oggetto”, pri- vata, per le sue forme artefatte, di contenuto vero e dignità vera. L’oracolo di Delfi rispondeva: “il più giusto è il più bello”. Questo significava che la bellez- za per gli antichi greci non aveva uno statuto autonomo, era asso- ciata ad altri valori. Non è a caso la donna bella era identificata nell’infausta Elena e alle sciagu- re della guerra di Troia. Solo più tardi la tradizione giu- daico-cristiana espresse nell’arte la bellezza con i concetti di pro- porzione, d’integrità e di clari- tas, vale a dire la chiarezza e la luminosità. Il “secolo buio”, ha pre- sentato un mondo di luce e di colori nelle va- rie espressioni artistiche: dall’architettura alla scul- tura, dalla musica alla pittura, poiché la luce è la categoria che meglio espri- me la bellezza di Dio e quin- di la partecipazione di questa bellezza alle cose create fuori di Lui. L’Illuminismo non riuscì a fare altrettanto e rifugiandosi prima in un ritorno alla classi- cità approdò poi allo sfogo della più pacchiana bellezza rocochég- giante svelando il lato oscuro e inquietante nel teatro crudele del marchese De Sade. Il soggettivismo estetico, inoltre, applicato al “gusto spirituale” sovvertì le regole oggettive del bello. La “bellezza vaga” diventò Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 11 la “bellezza tout court” e nel Ro- manticismo l’attenzione si spo- stò dall’uomo alla natura fino all’autoreferenzialità degli stessi oggetti d’arte, ultimo passaggio prima della serialità e mercifica- zione contemporanea. La bellezza di consumo crea una democrazia della bellezza, con modelli omologati per tutti i gu- sti e tutte le tasche. Chi non può permettersi la Ferrari potrà pur sempre ripiegare sulla “in” Mini. “E’ il sincretismo totale all’asso- luto e inarrestabile politeismo della bellezza”, per parafrasare il semiologo contemporaneo Um- berto Eco. L’evocazione della donna come rappresentante umano di bel- lezza arcana e sempre nuova, la decadenza e lo scadimento dell’adulterazione del corpo per “farsi belle” a tutti i costi e questo “in tutto e subito”, non possono non richiamare a Colei che è il capolavoro di Dio: La Beata Ver- gine Maria, la Tota Pulchra, la “Tutta Bella”. Le premesse sul percorso stori- co della bellezza, spiegano come anche la mariologia contempora- nea stenti ad attribuire alla Ma- donna l’esemplarità della bellez- za e ad additarla come modello di muliebrità propositivo per le donne e le giovani di oggi. La riflessione cattolica, ecume- nicamente compressa e comples- sata tra l’iconofilia ortodossa e “l’iconoclastia” protestante, ha mostrato qualche apertura sulla mariologia estetica nella prima metà degli anni Settanta. Il VII Congresso mariologico-mariano di Roma riconobbe le due stra- de di avvicinamento a Maria: la via veritatis della speculazione biblico, storico, teologica e la via pulchritudinis che consente di per- cepire, per via affettiva e simbo- lica, l’esistenza estetica di Maria sia come icona della bellezza tri- nitaria, di cui è il frutto, sia come produttrice nella carne della bel- lezza del Figlio, “il più bello tra i figli dell’uomo” (cf. Sal. 44). Nel 2000 la Pontificia Accade- mia Mariana scese in campo in- vitando gli studiosi, in occasione del Giubileo, a percorrere senza esitazione la via della bellezza. Oltre al campo metodologico e contenutistico che deve presen- tare la bellezza di Maria al mon- do di oggi, anche la riflessione “cibernetica” - nel senso comu- nicativo della scuola di Shannon e Weawer - deve dare il suo con- tributo attraverso l’arte e la diffu- sione del messaggio mariano. Il cammino della bellezza in ma- riologia con l’uso del simbolo, del tropo, dell’analogia, dell’os- simoro, può delineare una bio- grafia estetica di Maria che con- templi la sua bellezza negli eventi della sua immacolata concezio- ne, della sua maternità verginale, della sua maternità spirituale nei confronti della Chiesa fino alla sua assunzione di gloria. “Voi avete innamorato un Dio, che colla vostra bellezza avete, per così dire, strappato dal seno dell’Eterno Padre, tirandolo in terra a farsi uomo e vostro figlio”, scriveva S. Alfonso Maria de’Li- guori nelle “Glorie di Maria” (Cf. Cap. VIII). L’arte, la pietà popolare, fanno della via pulchritudinis, la via della bellezza, una dimensione impor- tante e portante della mariologia la quale oltre ad esprimere la dottrina sulla Vergine e coglier- ne la funzione “normativa” per il vissuto dei cristiani, è anche ortopoetica, cioè capace di far ri- splendere la bellezza globale della 12 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International sua figura. Oggi, confrontati agli effetti de- vastanti di un cattivo concetto di bellezza, viene da chiedersi cosa intendesse Fedor Dostoev- skij nella celeberrima frase, “Mir spasët krasotà”, “la bellezza salve- rà il mondo”. Ne’ L’Idiota la bellezza diviene enigma da subito, in tutti i singo- li inizi della storia. La parola stes- sa “mir”, in russo - fatto curioso - ha due significati: mondo e pace. “L’idea centrale del romanzo - scrive Dostoevskij in una lettera alla nipote Sonija Ivanova - è di descrivere un uomo assoluta- mente buono. Nulla ci può esse- re di più difficile al mondo, spe- cialmente ai nostri giorni” (...). In tal senso l’idea della bellezza per Dostoevskij coinciderebbe con quella di Platone, “Il bello è lo splendore del vero”, passando per lo Pseudo Dionigi Aeropagi- ta, “Dio ci concede di partecipa- re alla sua propria Bellezza”. Il principe Miškin, protagonista de’ “L’Idiota” a cui lo scrittore russo fa pronunziare la frase, è il tentativo di rappresentare quest’ideale di assoluta bontà e bellezza morale. Miškin, l’idiota, secondo la tradizione russa dello juròdivij, il folle di Dio, è la pu- rezza senza alcuna macchia: com- prende tutto, trova una ragione per ogni cosa, niente per lui è imperdonabile o inguaribile. E’ questa la bella icona di spe- ranza che l’Immacolata offre all’umanità. I SANTI E LA MADONNA di P. Angel Adel M. Funs FI SETTIMIO E LICIA: SERVI DI DIO AL SERVIZIO DELLA VITA 3HU 6HWWLPLR 0DQHOOL H SHU OD PRJOLH /LFLD *XDODQGULV 2004) si è aperta a Roma il 20 dicembre 2010 la fase diocesana del processo GLEHDWLILFD]LRQH'DOODORURXQLRQHQDFTXHUREHQILJOLFRPH©SURIHWL]]DWRª GD VDQ 3LR GD 3LHWUHOFLQD ©6XSHUHUHWH L ILJOLª7UD OD QXPHURVD SUROH VL DQQRYHUDS6WHIDQR03LR0DQHOOLIRQGDWRUHGHL)UDQFHVDQLGHOO¶,PPDFRODWD ella fredda, ma ridente giornata del 20 dicembre N 2010, si è avviata formalmente al Vicariato di Roma, in piaz- za S. Giovanni in Laterano, la fase diocesana della causa di beatificazione di papà Settimio e mamma Licia Manelli. Tonache cinerine e piedi nudi facevano da contrasto alla son- tuosità neobaroccheggiante dell’aula dei Patti Lateranen- si scelta per la cerimonia di circostanza. Erano circa duecento tra frati e suore francescani dell’Immaco- lata, terziari, laici e simpatizzan- ti, i presenti all’evento. “Scrivete tutto, annotate i pre- senti!”, queste le parole di monsignor Gianfranco Bella, vicario giudiziale del Tribuna- le ordinario della diocesi di Roma, a p. Massimiliano Ma- ria Pio Maffei postulatore del processo, coadiuvato da sr. Ma- ria Grazia Di Palma, vicepostu- latrice. La fama di santità è il primo elemento per l’apertura di un processo canonico che ricono- sca le virtù eroiche dei cristiani. Una così consistente presenza di chierici, religiose e laici al se- guito è testimonianza eloquen- te di un riconoscimento popo- lare delle loro qualità spirituali e morali. “L’odore di santità” dei coniu- gi Manelli è per il mondo di oggi come un olezzante tepore primaverile nell’inverno demo- grafico. Genitori di 21 figli, il 1 maggio 1933 dettero i natali a p. Stefa- no M. Manelli, fondatore dei francescani dell’Immacolata. «Oggi siamo rimasti 10 figli – racconta padre Stefano –, ma i nipoti sono circa 50, e i proni- poti una settantina. Poi ci sono i frati e le suore, che sono un migliaio». Non si sono fermati a 21 i figli di Licia e Settimio. Molti “di questi figli” hanno conosciuto in vita i coniugi Manelli, soprattutto mamma Licia, scomparsa appena cin- que anni fa all’età di 96 anni. Appassionato di lettere, Set- timio Manelli ha scritto il ro- manzo più bello tra le trame e l’ordito della sua stessa vita guidata da S. Pio da Pietrelcina che lo affidò come bisso pregia- to alla “Grande Tessitrice” per farne “un cristiano tutto d’un pezzo”. “Mamma Licia - ricorda sem- pre p. Stefano, - allattava i suoi figli tra la recita di un rosario e la lettura della vita dei santi” trasmettendo loro non solo l’alimento naturale, ma anche quello spirituale, con la pre- ghiera e l’esempio. Fenomeno interessante e pre- vedibile l’enorme interesse del- la stampa alla loro figura. Con un lancio dell’ANSA, recettiva alla nostra offerta pubblicisti- ca, quasi tutti i quotidiani na- zionali ne hanno parlato con articoli buoni e belli, correda- ti spesso da approfondimenti e testimonianze dei figli. Ha svettato fra tutti “L’Eco di Ber- gamo” con la prima pagina e il servizio all’interno in onore dell’illustre concittadina Licia Gualandris in Manelli. Ricco di contenuti anche il servizio su “L’Avvenire”, scritto dal figlio dei servi di Dio, Giorgio Ma- nelli e completato da una sche- da del nipote Davide Murgia. Al vaglio dei periti, sono gli scritti e le testimonianze riguar- danti i coniugi Manelli. L’augurio e la preghiera per un solerte lavoro della commissio- ne e postulazione in vista di un riconoscimento pubblico di culto propiziato da un miraco- lo chiesto da quanti qui e ades- so conoscono papà Settimio e Licia Manelli, potenti interces- sori in Cielo, in eterno. Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 13 Settimio Manelli Licia Gualandris in Manelli 1DFTXH D 7HUDPR LO DSULOH GHO 1886, giorno di Pasqua. Si laureò in lettere e in materie giuridiche. Creativo, comunicativo, intelligente e ottimo parlatore, fu scrittore fecondo fin dalla prima giovinezza. 1HJOL VFULWWL GHOOD PDWXULWj ULVDOWD OD VSLULWXDOLWj GHO VXR PRQGR LQWHULRUH volto allo sviluppo di una fede ardente. Dopo la sua conversione ad opera di Padre Pio da Pietrelcina si sposò con XQD JLRYDQH GRQQD /LFLD *XDODQGULV creando una numerosa famiglia, accogliendo entrambi tutti i 21 figli mandaWLGD'LR GLFXLYLYHQWLILQRDOO¶HWj adulta. La sua vita fu tutto un apostolato che svolse soprattutto in famiglia e nella scuola: evangelizzava tutti quelli che conosceva entusiasmandoli con la potenza della sua ardente e appassionata parola. Negli ultimi tempi si distaccò dal mondo e menò una vita molta ritirata cercando le vette della cristiana perfezione. Morì in concetto di VDQWLWj LO DSULOH 1978, festa della Madonna del Buon Consiglio. Nacque a Nembro (Bergamo) il 13 luglio 1907, nel giorno di sabato. Frequentò con successo le scuole, facendosi notare per diligenza e profitto e PRVWUDQGR JLj GD DOORUD XQ LPSHJQR chiaro e preciso verso le cose di Dio. Si sposò giovanissima con un autentico cristiano, Settimio Manelli, che le fece conoscere Padre Pio da Pietrelcina, divenuta sua guida che sostenne e protesse lei e la sua numerosa famiglia SHUWXWWDODYLWD *HQHURVLVVLPD DFFROse tutti i 21 figli che Dio le mandò, dedicandosi alla loro cura e educazione, lavorando instancabilmente e con eroico sacrificio tanto che lo stesso Padre 3LRODGHILQu³SRYHUDPDUWLUH´ La preghiera fu la sua arma inesauribile; i Sacramenti della confessione H GHOO¶(XFDULVWLD IXURQR OD VXD IRU]D mirabile, san Pio da Pietrelcina fu sua guida spirituale e suo conforto. ColpiWD QHOO¶XOWLPR DQQR GD XQ LFWXV FKH le paralizzò il corpo dalla parte sinistra, senza SHUz LQWDFFDUH OD IDFROWj di pensare e di ragionare, accettò la malattia, come ultimo grande dono di Dio; imparò a soffrire nello stesso modo in cui imparò ad amare. Si spense domenica 18 gennaio 2004, giorno in cui si leggeva il Vangelo delle nozze di Cana Per testimoniare eventuali grazie ricevute rivolgersi a: 3RVWXOD]LRQH*HQHUDOHGHL)UDQFHVFDQLGHOO¶,PPDFRODWD via Boccea, 590 Località Casalotti, 00166 - Roma E-mail: [email protected] 14 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 15 TRIBUTO ALLA MEMORIA di P. Alfonso Maira Angelo Bruno FI 5,&25',('(/2*,6881³9(6&292 0(5$9,*/,$´02160$12(/3(67$1$ L ’8 gennaio 2011, Mons. Ma- noel Pestana Filho, vescovo emerito di Anapolis, è morto a Santos (SP) del Brasile, nella città che l’aveva visto nascere ot- tantatré anni prima, il 27 aprile 1928. Residente ad Anapolis di Go- ias dal 1979, da quando cioè fu intronizzato come Ordinario di quella diocesi cha ha guidato fino al 2007, non si era più tra- sferito da quella città del centro est brasiliano. Il suo desiderio era continuare a rimanere vicino ai suoi figli con i quali aveva iniziato tante opere di apostolato, di cultura e di be- neficenza che potevano ancora contare sulla sua mente lucida e la sua dottrina solida. Il mio istituto religioso gli deve un ricordo grato per essere stato oggetto di attenzione e stima da quando, nel 1991, il prelato ne fece richiesta per occuparsi d’im- portanti progetti nella diocesi di Anapolis. Un ricordo doppiamente grato gli debbo personalmente per aver ricevuto da lui la mia ordi- nazione sacerdo- tale il 9 l u g l i o 1 9 9 4 , nel san- t u a r i o della no- stra casa m a d r e di Fri- g e n t o , ai piedi d e l l a Madon- na del B u o n C o n s i - glio. Fino ad oggi, scherzando con amici e confratelli sudamericani, dico che il mio corpo è italiano, ma la mia anima (sacerdotale) è brasiliana! Ricordo che nei primi anni Novanta, sotto l’impulso della recente enciclica “Redemptoris Missio” di Giovanni Paolo II, p. Stefano Maria Manelli, nostro fondatore e ministro generale, stava chiedendo nella preghiera la creazione di un avamposto in America Latina per il nostro ne- onato istituto religioso. Sebbene ancora novizio, in cuor mio pregavo e speravo di far parte del drappello dei bandei- 16 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International rantes dell’Immacolata, in cerca non di oro, ma delle ancora più preziose anime, sperimentando in questo modo, in tutta la sua estensione, la grazia del voto ma- riano che avrei professato. A modo di provvidenziale coin- cidenza, in quello stesso periodo venne a Roma proprio mons. Pestana che cercava un Istituto religioso fedele al Magistero e che avesse nei mass media il suo apostolato specifico. Fu così che incontrò nella re- dazione della rivista “Cristo al Mondo”, che si trovava all’epoca in via di Propaganda, il nostro venerando e oggi venerato confratel- lo, p. Alphonsus M. Sutton. Da questo primo contatto e da quel primo momento, venne tessuta la tra- ma e l’ordito della nostra collaborazio- ne con lui, previo il viaggio ricognitivo in Brasile, nell’estate del 1991, di P. Massi- miliano M. Zanghe- ratti e di P. Carmelo M. Fusco che fu il primo superiore del- la missione in Brasi- le. Ironia della sorte p. Zangheratti svolge dall’autunno 2010 la sua attività missionaria proprio ad Anapolis come superiore e par- roco della nostra comunità di Vila Formosa. Come Frati Francescani dell’Im- macolata iniziammo l’avventura brasiliana il 10 dicembre 1991, festa della Madonna di Loreto; eravamo cinque giovani religio- si: tre italiani e due filippini. Le suore si aggregarono alla mis- sione tre anni dopo, il 23 settem- bre 1994, accompagnate dalla madre generale e dal sottoscritto che aveva appena finito la serie di Messe di primizia in Italia. “Don Manoel”, così come in portoghese si titolano i vescovi, fu soprannominato il “S. Atana- sio brasiliano”. Come un padre della Chiesa difese strenuamente la dottrina e la morale, la fede e i costumi del Brasile, intervenendo effi- cacemente nelle plenarie della CNBB, la conferenza episcopale brasiliana, ma anche nel dibatti- to pubblico attraverso la stampa. Filosofo per titolo accademico, ma comunicatore e giornalista per indole e passione, si preoccu- pò innanzitutto della formazio- ne dei chierici. Fece di tutto per fornire la sua diocesi di un ot- timo seminario maggiore, grazie ai Canonici Regolari della Santa Croce che riuscirono ad allestire una facoltà filosofica e teologica che sembrava un’oasi di cultura e spiritualità nell’aridità del cerra- do goiano. In realtà il Brasile stava cono- scendo dagli anni ’80 un altro tipo di desertificazione, quella spirituale a causa delle derive della teologia della liberazione. Benché il problema dell’ingiu- stizia sociale fosse ieri come oggi una triste realtà, la ricerca di soluzioni di stampo marxista, applicate all’azione pastorale, si rivelarono disastrose per l’inte- grità della fede del popolo brasi- liano. Molti aderivano alle sette pente- costali solo perché rispondevano me- glio a una dimen- sione cristiana più spiritualizzante e semplificata. Solo l’ostilità bla- sfema delle sette verso la Vergine Maria, molto ama- ta dai brasiliani, fu il deterrente a una transumanza an- cora più profonda dei fedeli cattolici verso i protestan- ti, che non a caso erano chiamati popolarmente “os crentes” (i credenti). Mons. Pestana, devotissimo alla Madonna e profondo conosci- tore e studioso del messaggio di Fatima, rispose alle elucubrazio- ni dei chierici libertadores, con i fatti. Usava sempre una tonaca lisa e rattoppata, si spostava in un fur- goncino popolare donato dal- la MIVA e al posto dell’anello episcopale aveva messo insieme “tre rosari ad anello” che visti da lontano davano l’impressione di una grossa patacca. Risposta silenziosa del popolo, ma eloquente a questi suoi segni ed atteggiamenti, fu il fallimento Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 17 dei protestanti di fare di Anapo- lis la loro capitale dell’America Latina. Era questo un progetto annun- ciato e caldeggiato che li aveva portati ad edificare in una città di circa trecentomila abitanti, ben quattrocento edifici di culto. Già negli anni Novanta dovette- ro correggere il tiro e cambiaro- no il loro feudo da Anapolis a Palmas, la capitale dello sta- to di Tocantins a Nord del Goias. La gente intanto ri- popolava le chiese (cattoliche) andava a Messa, si confessava spesso, pregava il ro- sario. Quando don Pesta- na andava in visita pastorale o era invi- tato a qualche even- to di rilievo, non era raro che si infilasse nel confessionale come un semplice “parroco di campagna”, degno della letteratura di Bernanos. Dopo un ventennio, ricordo ancora le sue omelie vibranti, le sue apologie sull’Eucarestia il giorno della processione del Cor- pus Domini o ancora le sue com- moventi omelie sulla Madonna nelle ricorrenze mariane. Conservo nella mente e nel cuo- re, oltre che nei miei quaderni di appunti, quando non esistevano ancora i portatili e le tavolette elettroniche, i ritiri che predica- va al Seminario Maggiore per scolpire nei futuri preti, pietas e scientia in quel felice connubio da lui insegnato e praticato tra fede e ragione. Spesso e volentieri invitava per conferenze personaggi di spicco della cultura religiosa, filosofica, storica e letteraria del Brasile. Introdusse in seminario anche una sorta di accademia letteraria per stimolare i futuri preti alla ricerca, alla lectio magistralis, al linguaggio tecnico e forbito, alla scrittura con stile. Un giorno mi disse che per esse- re un buon prete bisognava ave- re la Bibbia nella mano destra e il giornale quotidiano nella sini- stra per leggere ed interpretare i fatti e le vicende dei nostri con- temporanei, alla luce del Vange- lo. Mi disse ancora che anche finito il seminario, da prete, bisognava ogni giorno applicarsi almeno per un’ora allo studio della teo- logia per acquisire una familiari- tà con Dio ed un’affinità intel- lettuale con le verità della nostra fede. Grande estimatore del latino, mi lasciò simpatici aforismi nella lingua di Virgilio e Cicerone. Mi disse che il latino è una lingua che fa pensare, atteggiamento e 18 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International qualità umana oggi dismessa in quanto “chi non pensa fa como- do e chi pensa fa paura”. Don Manoel, grazie al “pensiero forte”, fu strenuo difensore della vita e della dignità umana, na- scente e morente. Da buon sudamericano sprizza- va di un’umanità e di una capa- cità relazionale esemplare. Come il vero intellettuale e il vero uomo di governo, era estremamente umile e dispo- nibile agli altri. Nella mia ine- sperienza e ingenuità di giovane prete, l’effetto colla- terale fu che, abituato a lui, quando lasciai il Brasile, sco- prii a mie spese, che non tutti i vescovi erano e potevano essere come lui. Non a caso p. Stefano M. Ma- nelli nei suoi appunti di viaggio in Brasile, confluiti nel libretto “Da un continente all’altro”, lo definì un “vescovo meraviglia”. Attraverso i Frati Francescani dell’Immacolata, mons. Pestana coronò il sogno di una radio cattolica per la sua diocesi che si materializzò nell’acquisto di una dispendiosa, ma preziosa frequenza AM. Voz do Coraçao Imaculado fu il nome scelto per l’emittente e non poteva essere diversamente per la grande devozione che da sempre e per sempre don Ma- noel ha coltivato verso il Cuore Al rito funebre parteciparono diversi vescovi, numerosissi- mi preti e migliaia di fedeli. Il corpo di don Manoel è sepolto nella cappella del Santissimo Sa- cramento, proprio ai piedi del Tabernacolo, in quella sua catte- drale e nel posto che più merita, in attesa della risurrezione dei giusti. Grazie don Manoel, Deus lhe pague! Requiescat in pace! Immacolato di Maria. Ricordo di quanto parlammo in agosto 2010 sul Terzo Segreto di Fatima. Mi concesse un’intervi- sta di due ore (!) nella sua casetta di Anapolis “tappezzata” da mi- gliaia di libri, dove era assistito dai nostri confratelli e da fra’ John M. Astillero in particolare. Non immaginavo che quello sarebbe stato il mio ultimo in- contro con lui. Ammirato dalla sua cultura enciclopedica che mi fecero sembrare quelle due ore, due minuti, considero quel col- loquio come un canto del cigno. Avremmo ancora continuato la conversazione se Manoela, una bambina di sette anni, alla quale la mamma aveva dato il nome del vescovo, non avesse attenta- to, con la complicità del fratelli- no, all’integrità delle suppelletti- li della casa. Il loro baccano ci fece guardare l’ora e scoppiare in una fragoro- sa risata liberatoria, prolungata dal simpatico dono di un jack fruit da 40 Kg! Pensai in me quanto ancora più grandi debbano essere i frutti spirituali e pastorali di un padre e pastore di quel calibro. Ritornato in America Latina quattro mesi dopo, mentre mi trovavo nella nostra comunità di Casanova presso Buenos Aires, p. Massimiliano Zangheratti mi chiamò al telefono per annun- ciarmi la scomparsa di mons. Manoel Pestana. Senza esitazione saltai nel primo aereo diretto in Brasile e parteci- pai al suo funerale ad Anapolis. I vecchi compagni di seminario, diventati preti e insigniti di uffi- ci di responsabilità nella diocesi, mi concessero di portare a spalla la bara, nella piccola processione di piazza Bom Jesus. Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 19 SPECIALE Anno giubilare di S. CHIARA 1211-2011 di Sr. Maria Donati LE CLARISSE COMPIONO OTTOCENTO ANNI Dal 17 aprile 2011, Domenica delle Palme, si ceOHEUDO¶RWWDYRFHQWHQDULRGLIRQGD]LRQHGHOOH³'DPH 3RYHUHGL$VVLVL´SLFRQRVFLXWHFROQRPHGL&ODULVVH /¶2UGLQH IRQGDWR GD 6 &KLDUD FRQWD ROWUH PRQDFKHHPRQDVWHUL /¶$QQRJLXELODUHVLFRQFOXGHUjLODJRVWR A ssisi, Anno Domini 1211. Do- menica delle Palme. In casa di Favarone degli Offreducci, da qualche anno passato a miglior vita, un gaio gruppo di fanciulle si assiepa nella stanza di Chiara, la primogenita. Mol- te sono come lei nobili e ricche; altre, di più modesta condizione, sono le ancelle di queste ultime e di Chiara stessa. Sono allegre e un po’ chiassose, e possiamo ben comprenderle: quel- la per la Messa domenicale è l’unica uscita consentita a queste ragazze dai 16 ai 20 anni. Alcune tra loro sono già “promesse”, e i loro occhi brillano di una luce speciale: sogna- no... ma anche Chiara, diciottenne, custodisce nel cuore un sogno, al qua- le sembra sorridere di tanto in tanto. Oggi appare letteralmente splendida, sia per l’eleganza delle vesti e dell’ac- conciatura, sia per una luce arcana che la illumina dall’interno. È un giorno davvero speciale: l’ultimo che Chiara trascorre nella sua casa. In piena not- te fuggirà. Dove? Verso un futuro per tanti versi ancora ignoto, di cui tutta- via conosce l’essenziale: anche per lei si tratta di nozze, anche lei sarà sposa. Ma il suo non è il sogno romantico di una adolescente, che presto si infran- gerà all’impatto con la durezza della vita. No: lei ha scelto come Sposo il Crocifisso povero, il più bello tra i figli dell’uomo, divenuto, per amor suo, il più vile e disprezzato fra gli uomini , e perciò gli stenti, la povertà e il disprez- zo (la croce, insomma, sotto qualsiasi forma) lungi dall’essere un doloro- so imprevisto, sono ora l’og- getto dei suoi desideri, per divenire confor- me a Lui, per essere una cosa sola con Colui che ama. L’esempio trascinante di Francesco ha dato concretezza alla sua sete di asso- luto, e consapevolezza ai suoi desideri inespressi; le sue parole infocate han- no acceso un animo generoso che non aspettava che la prima scintilla per dar fuoco a l l ’ o l o - c a u s t o . Ma allora, se Chiara sta per scegliere per sempre Madonna Povertà, perché appare vestita più splendidamente che mai? Forse per godere appieno, un’ul- tima volta, di ciò che sta per lasciare? Oh, no! Piuttosto per gettare lieta- mente nella fiamma del suo grande amore tutto ciò che ha e che potreb- be avere. Molti anni dopo, scrivendo a Sant’Agnese di Praga, si compiacerà di ricordare, con gioia e ammirazione, la sua rinuncia a sposare l’Imperatore, 20 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International per seguire il Signore Povero e Crocifis- so. Rinuncia? Ma la parola “rinuncia- re” non fa parte del vocabolario della nostra Santa: è troppo lontana dal suo sentire, e suonerebbe offesa al suo cuo- re delicatissimo. Scrivendo ad Agnese di Praga, si rallegrerà, infatti, che ella, sdegnando l’offerta d’un connubio imperiale, ricalchi le orme di Colui del quale ha meritato di essere sposa . Altrove parla di respingere tutte que- ste cose per abbracciare la santissima povertà . Sdegnare, respingere: sono questi i verbi che userà per esprimere ciò che sente verso tutto ciò che brilla e che il mondo apprezza. Al contra- rio, i verbi preferire, scegliere, seguire, abbracciare, usati a proposito della sequela del Cristo povero, ci dicono come Chiara veda la sua vocazione: per lei non si tratta che di amore spon- sale, che porta in sé la brama della più perfetta conformità, dell’unione totale. Ma torniamo nella cattedrale di Assisi: durante la Messa solenne di quella Domenica delle Palme, Chiara farà parlare di sé, pur essendo lonta- nissima dal desiderarlo. Mente tutte si dispongono in processione per ri- cevere la palma, lei sola, infatti, resta nel banco. Il Vescovo stesso, allora, scende fino a lei, e le pone la palma fra le mani. Conosce forse il suo segre- to? Non è da escludere, dal momento che è sempre stato per Francesco un vero padre e un confidente sicuro. La notte, poi, nel silenzio della casa e del- la città, sola, e senz’altro trepidante di emozione, trova la forza di lasciare per sempre il suo piccolo mondo, e di lan- ciarsi in un’avventura senza confini, come senza confini è l’amore del suo Dio. Per essere certa di non incontra- re alcuno, decide di non uscire dalla porta principale, ma dalla cosiddetta “porta del morto”, presente in molte case dell’epoca, che restava di solito murata e si apriva solo per farne usci- re il feretro di un defunto. Chiara la trova ostruita da travi e macerie, che riesce a rimuovere con una forza che pare a lei stessa prodigiosa. Il passaggio attraverso questa porta non può non essere stato per lei un momento parti- colarmente forte, denso di significato, se pensiamo a quanta pregnanza aves- se per gli uomini e le donne del suo tempo il linguaggio dei simboli. Chia- ra esce dunque dalla sua casa, morta per sempre al mondo e alle sue vanità. Frate Francesco e i suoi compagni l’at- tendono in preghiera, alla luce guiz- zante delle torce, nella piccola chie- setta di Santa Maria degli Angeli. Lì, “quasi davanti al talamo nuziale della Vergine” , i suoi capelli, recisi, cadono, in tacita, amorosa offerta, e Chiara di messer Favarone diviene la Sposa di Cristo, e la Madre di una innumere- vole schiera di vergini. La nostra Santa Madre Chiara. Dove? In Santa Maria della Porziuncola, grembo mariano del francescanesimo. Vergine, Sposa e Madre in Maria e come Maria, come il beato Padre Francesco evidenzierà nel- la regola di vita scritta per Chiara e le sue sorelle, attribuendo ad esse le stes- se, identiche espressioni che adopera per la Vergine Maria. Come lei, le Cla- risse sono figlie ed ancelle dell’Altissi- mo Padre celeste, come lei sono Spose dello Spirito Santo. Questa impronta fortemente mariana, vero filo d’oro che attraversa i secoli, ha sempre carat- terizzato la vita delle Clarisse, al punto che, dopo la Santa Madre Chiara, de- finita “impronta della Madre di Dio” , tante delle nostre sante possono essere considerate delle splendide mariofa- nie (basti pensare, ad esempio, a Santa Veronica Giuliani). Alla luce di questa gioiosa esperienza, dopo anni di approfondi- mento e di formazione, la nostra Co- munità di Clarisse, presente ad Aulla (MS), ha potuto mettere in luce, in maniera più evidente, grazie ad un decreto della Santa Sede, la sorgente mariana della propria vita mariana clariana. Nell’agosto del 2002 asbbia- mo perciò emesso una nuova profes- sione come Clarisse dell’Immacolata, in continuità storica e giuridica con il Secondo Ordine, nato otto secoli or sono. Come Clarisse dell’Imma- colata seguiamo la Prima Regola di Santa Chiara e professiamo cinque voti (voto mariano, obbe- dienza, povertà, castità e clausu- ra); di essi, il voto mariano della totale consacrazione all’Immaco- lata è il primo, in quanto informa di sé tutti gli altri e testimonia la nostra scelta di donarci irrevoca- bilmente all’Immacolata, affin- ché sia Lei a vivere in ciascuna di noi la sua obbedienza, la sua po- vertà, la sua verginità consacrata, il suo nascondimento in Dio. Siamo legate spiritualmen- te all’Istituto dei Francescani dell’Immacolata, il cui Fondato- re, Padre Stefano Maria Manelli, ci ha trasmesso, con la Traccia mariana, il carisma da lui ricevu- to e approvato dalla Santa Madre Chiesa. Ogni nostra Comunità (nel volgere di questi anni il Si- gnore ci ha moltiplicato) si chia- ma MONASTERO ROSETO DELL’IMMACOLATA. Speria- mo di poter essere presto presenti anche in terra di missione, a lode dell’Immacolata e di Santa Chia- ra. “ Seguendo il Concilio, invito gli istituti di vita contemplativa a sta- bilire comunità presso le giovani chiese, per rendere - tra i non i cristiani – una magnifica testimo- nianza della maestà e della carità di dio, come anche dell’unione che si stabilisce nel Cristo” (Re- demptoris missio). Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 21 SPECIALE Unità d’Italia ³/¶,7$/$*(17(´ di Francesco Petrini I l primo letterato che si riferì all’Italia nell’elaborazione della sua opera poetica fu Vir- gilio, quando nell’Eneide la definì con l’aggettivo forse più appropriato tra i molti che nei secoli successivi furono riferiti al nostro Paese. Egli la chiamò, semplicemente ma sapientemente, con il ter- mine umile: “humilemque vi- dimus Italiam”. Certamente già altri, prima di lui, avevano parlato di quella terra che i Greci chiamavano Enotria, Esperia, Messapia, e che forse soltanto per caso finì per entrare nella storia con il suo nome attuale. Ciò che conta però è che l’Ita- lia, per Virgilio, è già un sog- getto spirituale, il riferimento di sentimenti, di auspici, di passioni. Passioni inevitabilmente anche contrapposte, se lo stesso Vir- gilio scrive sempre nell’Eneide che per l’Italia “morì la vergine Camilla, Eurialo e Niso e Tur- no di ferute”, accomunando nel suo omaggio combattenti delle parti opposte. Forse nessun Paese al mondo è stato così tanto lacerato da guerre intestine, tali essendo da considerare anche le con- tese tra i vari stati in cui circa milletrecento anni la Penisola rimase divisa. Eppure gli Italiani, anche quando erano ben lungi dal concepire l’unità politica del- la Penisola – idea escogitata L’Italia celebra quest’anno i 150 anni di unità naziona- le. L’identità nazionale affonda radici ben più profonde e coincide non con un momento storico preciso e controverso, ma con la consapevolezza di una comune identità culturale, religiosa e lin- guistica che si perde nella notte dei tempi e che fanno del “Bel Paese” anche un “grande popolo” . sull’esempio francese dal Bo- naparte nel congresso di Lio- ne del 1802, ma subito fatta propria in modo irreversibile da tanti nostri connazionali – non misero mai in discussione né il fatto che l’Italia esistesse come soggetto culturale, vor- remmo anzi dire spirituale, né che essi ne erano tutti indistin- tamente parte. Che cosa dunque li accomuna- va? In primo luogo, essenzialmen- te, la lingua. Se è vero che Dante, nel “De vulgari eloquentia”, censisce le lingue regionali, pone anche – 22 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International per via della stessa monumen- talità della sua opera - il pro- blema di un mezzo espressivo comune. Questo mezzo viene da allora adottato indistintamente da tutti i letterati, e questa scelta è insieme causa e conseguenza del riconoscersi parte dell’”ita- la gente”. Che non si trattasse di un fe- nomeno soltanto letterario, lo testimonia il fatto che i vari Stati in cui era divisa la Peni- sola vennero progressivamente adottando l’italiano come lin- gua ufficiale. Sarebbe troppo lungo ricostru- ire qui questo processo, ma ba- sti pensare che in Piemonte l’uso dell’italiano per redigere le leg- gi fu imposto da Emanuele Fi- liberto nel sedicesimo secolo: parliamo del Piemonte perché in quella regione l’influenza di una lingua straniera, nel caso del francese, come lingua lette- raria era più forte. Più che la lingua, però, poté la religione. Diciamo la religione, non il Papato. E forse si sbagliava il Machia- velli quando osservava che i Papi non erano mai stati abba- stanza forti per unire l’Italia, ma erano stati sempre abba- stanza forti per impedire ad altri di unirla. Nella sua passione patriottica, il Segretario fiorentino attri- buiva ai Pontefici un disegno politico che non li interessava, essendo dal punto di vista del Papato il primo problema po- litico costituito dagli equilibri europei, per la preoccupazione di mantenere unito il mondo cristiano. Le scelte di Roma nello sce- nario italiano erano soltanto conseguenza di questa priori- tà. C’è chi, nel clima dell’anni- versario dell’Unità constata con amarezza, ma anche con lucidità e con indubbia onestà intellettuale – lo ha fatto mol- to bene il Cardinale Biffi nel suo ultimo saggio – che il vizio di origine dello Stato italiano, consistente nell’essere sorto contro la Chiesa Cattolica, e cioè paradossalmente con- tro il principale fondamento dell’identità nazionale comu- ne, si può paragonare ad un errore di calcolo nella costru- zione, che la costringe ad una perenne fragilità, se addirittu- ra non la condanna inesorabil- mente a crollare. Tuttavia bisogna separare l’in- dagine storica dal problema politico che oggi incombe sulla coscienza di tutti i nostri con- nazionali: dobbiamo agire per difendere l’Unità o dobbiamo agire per distruggerla? La Chiesa, nel momento in cui compie ogni sforzo per mantenere la coesione del tes- suto sociale, ha già compiuto con i fatti la sue scelta. Non si dimentichi comunque come anche nel lungo tempo intercorso tra l’apertura della questione romana e la Conci- liazione, i cattolici hanno sem- pre agito come cittadini leali dello Stato italiano. Una scelta opposta hanno fat- to coloro che rifiutano espres- samente di considerarsi italia- ni. E’ indicativo il fatto che costo- ro non rivendichino – come pur sarebbe lecito, anche se non condivisibile – la restau- razione degli Stati preunitari. Se essi si proclamassero vene- ziani, papalini, borbonici o quant’altro, finirebbero pa- radossalmente per provare la loro pur denegata italianità: che cosa erano infatti la Re- pubblica di Venezia, lo Stato Pontificio o il Regno di Napoli se non Stati – appunto – ita- liani? No, essi inventano – per giu- stificare la loro tesi – una iden- tità ed una entità mai esistita. Soprattutto, però, si professa- no pagani, adoratori del “dio Po”. Pagani, si badi bene, non se- guaci di un’altra religione mo- noteista. Anche Virgilio, malgrado ciò che ne dice Dante per via della Quarta Egloga, era pagano. E tuttavia partiva dal presup- posto dell’esistenza dell’Italia. Tuttavia, grazie a questi signo- ri, siamo il primo Paese cristia- no con dei Ministri che pra- ticano il culto di una divinità che non è il Dio di Abramo. Tra questo poco invidiabile primato e quello consisten- te nell’essere l’unico Paese al mondo in cui un Bossi insul- ta pubblicamente la bandiera nazionale vi è un rapporto, che consiste precisamente nel disprezzo verso ogni valore spi- rituale. Suonano dunque appropria- te le parole di Don Bosco, un grande italiano che non crede- va nel modo in cui si realizzava l’Unità nazionale: “Dio di clemenza, Dio salva- tor, salva l’Italia e Roma pel tuo Sacro Cuor!” Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 23 SPECIALE Unità d’Italia 81,7¬'¶,7$/,$( ,'(17,7¬&5,67,$1$ di Mario Castellano S u molti giornali italiani campeggia la fotografia dei Cardinali Bertone e Bagna- sco, ritratti durante la solenne commemorazione dell’Unità Nazionale del 17 marzo scorso, mentre cantano con evidente trasporto l’Inno di Mameli, unendosi alla quasi totalità dei presenti alla cerimonia. Fa contrasto con tale edificante im- magine un’altra, anch’essa passata alla storia: quella dell’evidente fasti- dio dei pochissimi esponenti della Lega presenti per la circostanza a Mon- tecitorio, i quali – naturalmente – si sono ben guardati dall’unirsi al coro. Alcuni osservatori hanno giustamen- te sottolineato il paradosso di una Chiesa Cat- tolica, oppostasi a suo tempo al processo di formazione dello Stato unitario italiano, che oggi gli offre una ciambella di salva- taggio mentre c’è chi ne mette esplicitamente in discussione la legittimità e ne insidia la soprav- vivenza. In realtà, l’apporto della Chiesa alla convivenza tra gli Italiani va ben oltre gli atti formali, sia pure molto importanti e significativi: basta leggere la relazione dello stesso Cardinale Bagnasco al re- cente plenario della nostra Con- ferenza Episcopale per capire come lo sforzo di tutto il nostro cattolicesimo, quanto nelle sue espressioni gerarchiche quanto nella sua base, venga diretto a mantenere la coesione sociale del Paese, e come senza questo apporto il processo di disgrega- zione dello Stato e della Nazio- ne sarebbe ben più avanzato di quale risulta a tutt’oggi. Vale dunque la pena domandar- si perché si è arrivati a questo punto. Lo Stato italiano ha superato – non dimentichiamolo – prove più difficili dell’attuale. Basti pensare alla Prima Guer- ra Mondiale e all’8 settembre, quando – come scrisse acuta- 24 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International mente un cattolico appassio- nato e intelligente come Don Gianni Baget Bozzo – “morì la Patria”. Eppure da queste prove il no- stro Stato uscì vittorioso o quan- to meno, dopo i fatti della Se- conda Guerra Mondiale, seppe sopravvivere. Nel primo caso l’interventismo e la soluzione del problema degli irredenti si inquadra- vano in una tendenza mon- diale, in uno “zeit geist” che vedeva contrap- posta l’idea di Stato nazionale – la quale ave- va avuto non a caso l’italiano Mazzini tra i suoi più forti propagatori – prevalse sulla sopravvivenza de- gli imperi multietnici: quegli im- peri che i nostri antenati – non soltanto italiani – concepivano come “prigioni dei popoli” da cui far uscire le nazionalità op- presse. Dopo la Seconda Guerra Mon- diale, l’Italia sopravvisse para- dossalmente grazie alle grandi ideologie che avevano anima- to le masse europee, ideologie contrapposte tra loro in nodo cosmico, ma ciascuna delle qua- li voleva portare l’intero nostro Paese nel proprio campo. La crisi dello Stato unitario è esplosa in tutta la sua virulenza proprio quando le grandi ideo- logie sono finite, essendo sosti- tuita da una tendenza opposta rispetto a quella che tendeva alla “reductio ad unum” del mon- do: la tendenza, cioè, all’identi- tarismo. L’identitarismo, però, è di due tipi: o è regionalista o è religio- so: non a caso esso si è rivelato più cruento a Sarajevo, dove la contrapposizione etnica e quella confessionale hanno coinciso, accrescendo in modo esponen- ziale l’odio reciproco. E’ indubbio che un personaggio come Bossi – molto simile per il suo pressapochismo culturale al Mussolini interventista e poi fondatore del Fascio – abbia tut- tavia colto una tendenza profon- da, precedendo con la sua intu- izione tanta intellettualità legata con i partiti tradizionali. E’ altrettanto indubbio che lad- dove l’identitarismo si rifà alla religione, esso tende a superare gli attuali Stati per fonderli in entità più vaste: molti islamisti sognano il ritorno al Califfato e alla grande “umma” dei creden- ti. Laddove invece esso assume – come in Europa – le caratteristi- che del regionalismo, prevale la tendenza alla frammentazione degli Stati nazionali. Il Presidente Fini ha giustamen- te rilevato che non si vede per l’Italia un pericolo jugoslavo: si vede semmai un pericolo belga. Ecco allora l’utilità della funzio- ne svolta dalla Chiesa: superan- do la “querelle” risorgimentale, sorta – non dimentichiamolo – quando in Italia si contrappone- vano due ragioni, quella politica e ideale espressa dall’aspirazione all’ Unità, e quella giuridica rap- presentata dalla difesa della so- vranità degli antichi Stati regio- nali, il Cattolicesimo offre oggi all’Italia il fondamento più vero e più solido dell’identità nazio- nale, costituito dalla comune fede religiosa della sua gente. Speriamo che lo Stato italiano non perda l’occasione che la Chiesa oggi gli offre, come l’ha perduta l’Europa quando ha rifiutato di inserire il richiamo alle radici giudaico-cristiane nel- la sua Costituzione. Qualcuno motivò pretestuosa- mente questo rifiuto con il ripu- dio dello Stato confessionale. In realtà nessuno pretendeva, tanto meno la Chiesa Cattolica, di adeguare ai propri precetti l’ordinamento giuridico euro- peo; semmai era – ed è tuttora – necessario, per l’Europa come per l’Italia, definire il proprio ambito non tanto spaziale, quanto piuttosto culturale e spi- rituale. Non vi è infatti sovranità che possa prescindere dal determi- nare – e dal rivendicare – i suoi confini. Non esiste dunque, se si vuole preservare l’Unità nazionale, nessuna possibile alternativa: la scelta non è tanto tra la cosid- detta “Padania” e l’Italia. La scelta è tra il “Dio Po”e il Dio di San Francesco d’Assisi e di Santa Caterina da Siena: tra gli “dei falsi e bugiardi”, come li definì Padre Dante, e il Dio di Abramo e di Gesù Cristo. Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 25 SPECIALE Unità d’Italia Le grandi interviste UN SECOLO E 0(==2'¶,7$/,$ di Nicola Graziani INTERVISTA AD ANDREA RICCARDI Il “quirinalista” dell’AGI intervista Andrea Riccardi, professore di storia contemporanea alla Terza Università di Roma, studioso della Chiesa e saggista, anche se più noto come iniziatore della “Comuni- tà S. Egidio”. Professor Riccardi, 150 anni di unità nazionale, ruotati, in buona parte, attorno alla questione cattolica. I cattolici prima si sono autoesclusi poi sono divenuti protagonisti, infine quelli impegnati nella vita pubblica si sono sparpa- gliati. Quale bilancio voglia- mo dare di questa esperienza? Io credo che il cattolicesimo co- stituisca nella vita italiana, una presenza costante, non solo e non tanto come resto del passato, que- sto, infatti, lo si è creduto negli anni ’60 - ‘70 quasi che crescesse la modernità e lo spazio religioso diminuisse. Certo, cambiano le forme del religioso, cambiano le forme della vita cattolica, della Chiesa stessa, sì, permangono le diocesi, permangono i luoghi della pietà, ma cambia la qualità della vita. Però, io credo, che un pezzo dell’identità italiana si chiami proprio Cattolicesimo. Certo, il Cattolicesimo è stato, come diceva Giovanni Spadolini, l’opposizione cattolica, e durante gli anni del fascismo, è divenuta un connubio infelice, turbato dai conflitti che poi hanno portato, soprattutto con le leggi razziali e con la guer- ra, alla disaffezione. Per la prima volta, però, nella storia dell’Italia unita, i cattoli- ci hanno occupato una posizione centrale nella vita dal Paese, io di- rei dal 1945, o dal 1946 se vuole, fino agli anni Novanta. Allora le cose sono cambiate, i cat- tolici si sono sparpagliati, li trovia- mo a destra, a sinistra, li trovia- mo nella speranza di costituire il centro, però vi debbo dire che se la presenza dei cattolici è divenuta più liquida, mi sembra che la so- stanza della presenza della Chiesa sia piuttosto forte e del Papa ricor- do un aneddoto: quando il genera- le De Gaulle, nel 1944 – 1945, andò a trovare Pio XII, difese molto la monarchia dei Savoia e trovò il Papa freddo e scrisse: “Ho parlato con Pio XII, ho difeso i Savoia, restare l’unico sovrano in Italia non credo gli dispiaccia”. Beh un po’ il Papa è così, è un po’ un sovrano ed è un punto di riferi- mento e direi che Giovanni Paolo II, primo Papa non italiano, lo è 26 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International stato fortemente. Sul finire degli anni Settan- ta, un autorevole gesuita che si chiama Bartolomeo Sorge, annunciò che l’Italia non era più un Paese cattolico in sen- so stretto. Oggi è un Paese se- colarizzato? Ma guardi, io a questi annunci di morte di Padre Sorge o di altri non ci ho mai creduto, perché sa il cat- tolicesimo è come quelle vecchie zie, che stanno per morire ma che poi seppelliscono i nipoti. L’Italia è un Paese secolarizzato e il Cat- tolicesimo è passato attraverso la prova della secolarizzazione ed è cambiato. Il modello concordatario può bastare per garantire alla Chiesa una presenza viva nel- la società nazionale? No, il modello concordatario è un quadro giuridico che è stato rinno- vato negli anni Ottanta con que- sto sistema del finanziamento del- la Chiesa è l’Italia che ha reso la Chiesa Italiana forte come risorse. Perché, guardi, ci sono state tante polemiche dopo il Concilio, per la ricchezza della Chiesa, i palazzi, le cattedrali, gli ori, le terre, ma la Chiesa italiana era povera, era un po’ come un vecchio nobile a cui restavano cose che poi in gran parte appartenevano allo Stato. Invece, col nuovo concordato la Chiesa ha parecchie risorse, tanto che la Chiesa Cattolica Italiana, dopo quella tedesca e americana è quella tra le chiese con più risorse. La storia della Chiesa è pero nel Novecento, soprattutto la storia del Concilio, no? Il Concilio, direi, rappresenta, un grande momento di svolta e qui le opinioni si dividono. C’è chi pensa che il Concilio sia una rivoluzione, chi pensa che il Concilio sia stata una jattura. Io credo che il Concilio abbia at- trezzato la Chiesa ai difficili anni Sessanta, quando il mondo è cam- biato; pensi alla decolonizzazione, pensi veramente ad un mondo to- talmente cambiato e poi al dopo 1989. Il Concilio ha fatto vivere un periodo incredibile, ma anche di grandi lacerazioni, un’esperienza che i grandi storici l’hanno defi- nita una crisi terribile; mai si era vista prima una crisi del genere. Perché non è stata soltanto una crisi di attacco dall’esterno come con la Rivoluzione Francese o con il comunismo, ma anche una crisi interna. Dall’esperienza del Concilio, sono scaturiti anche i movi- menti ecclesiali, alcuni addi- rittura precedendoli in ter- mini cronologici. Sono loro il futuro della Chiesa oppure la Chiesa resta tuttora ancorata all’esperienza millenaria delle parrocchie? Io diffido di quelli che dicono “noi siamo il futuro della Chiesa” in modo messianico. La Chiesa ha un futuro unito e al plurale, la parrocchia resta un agorà importante, il luogo di tutti i fedeli. Ma poi ci sono i movimen- ti, ci sono state le grande ondate nella Chiesa, il monachesimo, il francescanesimo, le congregazioni religiose femminili dell’Ottocento, nuovi movimenti, diversi tra loro ma tutti significativi. E quanto ha, in qualche modo, danneggiato, l’impe- to del Sessantotto: anti-tutto, anti-famiglia, anti-valori, anti- tradizione etc., il cammino della Chiesa? Io credo, che la Chiesa abbia do- vuto fare i conti con questo. La base era la parola “mitica”, “assemblea” anche la rinuncia all’opposizione verticale, tutto era orizzontale, insomma, è stato un periodo di grandi difficoltà. Ha danneggiato, questo sì, ma anche nel conflitto o nel turbine ha con- sentito l’emergere di personalità ecclesiali ben definite. A quell’epoca si viveva e si moriva, qualche volta, per l’ideale, poi è arrivato il crol- lo delle ideologie e un eccesso di ritorno al privato e al con- s u m i s m o . Un giovane che si vuole impegnare oggi, che campo deve s c e g l i e r e ? Come si deve muo- vere? Ma, io non vorrei dare consigli a nessuno, ma credo che il cammino del- la fede, il cammino del Vangelo è qualche cosa che non passa ma è qualche cosa che porta al futuro, soprattutto in questo mondo in cui siamo tutti tanto spaesati. Vede, sì, ritorna al privato, ma qui c’è un problema europeo; c’è una vecchiezza della cultura europea e della visione europea. Poi, noi avevamo una visione della Storia che era una secolarizzazione di un idea di storia sacra, ebraico-cristia- na, quindi il marxismo ci avreb- be portato il paradiso in terra, il mercato avrebbe portato la liber- tà. Oggi, non sappiamo dire dove stiamo andando e io credo che sia una condizione normale, quella Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 27 della storia, di vivere nell’ignoto. E allora la fede accende la speran- za, ed evita la rassegnazione, per cui non so dove andiamo e quindi mi faccio solo dei muretti attorno alla mia proprietà. Come giudica l’Italia di que- sto inizio del XXI secolo? A qualcuno potrebbe venire in mente la definizione tagliante “di sazia e disperata”. Ma, secondo me, l’Italia non sa dove andare, si affanna, manca- no le idee, mancano le visioni, si affanna attorno al sistema elet- torale, quindi, si affanna attorno una questione di metodo e non di contenuto e naturalmente l’Italia è alle prese col bilancio, con mag- gioranze instabili, con l’emersione di qualche uomo della Provviden- za. Io sono convinto che, la pola- rizzazione, attorno al dibattito “Berlusconi sì, Berlusconi no” sia una polarizzazione povera e sono convinto che sia necessario un di- scorso che dica all’Italia, che cosa serve l’Italia, qual è il senso di questo Paese. Io credo molto alla crisi dei Paesi Europei, la sento; guardi, cosa sta succedendo in Belgio, un paese im- portantissimo che è stato all’ori- gine dell’Europa, della collabora- zione nell’Ottocento tra cattolici e libani, un paese che sta finendo, che si sta sfarinando sotto i nostri occhi; e il vero motivo è fiscale, i fiamminghi non vogliono pagare per i Valloni. Allora non è questo a rischio Italia, non c’è un rischio Gran Bretagna con la Scozia, e il rischio Spagna?! Quando si perde il senso di un una crisi di tutte le classi dirigenti europee. Ma io mi chiedo, noi eu- ropei non stiamo andando ad un confronto? Sì ora l’Islam, il con- fronto, l’11 settembre etc., quelli ci potranno fare male, i musulma- ni ci potranno fare male, ma il grande confronto epocale sarà con l’Asia, con l’India e con la Cina e come ci andiamo? Con che idee? Paese, la vocazione di un Pae- se, vede, il colonialismo era una roba brutta ma dava ai Paesi la missione di apportare il fardello dell’uomo bianco nel mondo. Oggi a che serve l’Italia? Non basta il condominio, perché nei condomini si litiga molto e si fa poco. Ma non sarebbe il caso, al- lora, di riscoprire la Costi- tuzione? Mi spiego meglio, la Costituzione nella prima parte è caratterizzata dalle grandi culture italiane che si ritrovano unite su una serie di valori che si posso- no riassumere nella dizione “rispetto della dignità della persona umana”. Io credo che la Costituzione sia un grande testo, ma dietro alla Costi- tuzione c’erano delle culture poli- tiche che sono finite; oggi ci sono partiti che nascono e muoiono con la rapidità di una formica e non dell’esistenza di un uomo, questo ti dice che non ci sono culture po- litiche, quindi vi è una Costituzio- ne senza culture politiche, che la sanno leggere, la sanno proiettare. E poi c’è la fine del dibattito poli- tico; il talk-show televisivo ha uc- ciso il dibattito politico. Io non me la prendo con la tele- visione, però io credo che qui ci siano tante povertà; c’è la pover- tà di una cultura politica, quin- di, penso gli universitari, penso i giornalisti, e dunque la crisi di alcune discipline come la storia, la politologia etc.; c’è il problema del rapporto con la classe politica e con la cultura politica. Ecco, io 28 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International Diceva Paolo VI che la politi- ca è la più alta forma di carità. John Kennedy la definiva la più nobile delle arti. Talvolta è difficile capire il discrimine fra impegno cristiano e attivi- tà politica. penso che, ci vogliano delle grandi idee, delle grandi visioni, e non ba- sta inseguire la pancia della gente. La gente ce l’ha con gli stranieri, e allora parliamo male degli stranie- ri, insomma, il sistema dei sondag- gi fa sì che nessuno più abbia la forza di lanciare delle idee, perché poi non è vero che la gente sia così male, bisogna dare anche parole, interloquire; il grande politico è quello che sa intuire quello che la gente vuole ma anche che sa offri- re alla gente una visione. Non per fare l’avvocato del diavolo ma, questi che sta elencando lei, sono difetti che hanno un po’ tutti i settori della società italiana. La stessa opinione pubblica cattolica, spesso, pecca di “cortezza di veduta” se così si può dire. Direi più di lei, è una questione della classe dirigente europea, è Ma, sa, nel 1968, si diceva che tutto era politica. Paolo VI ha det- to tante cose interessanti e questo riprende una definizione di Pio XI. Io, sa, non sono tanto sicuro col fatto che esista un arte più nobile delle altre, in genere, uno dice che l’arte più nobile è quella che esercita lui. A proposito dell’Italia, dell’Al- bania e del Ko- sovo. Abbiamo ancora delle re- sponsabilità stori- che, no? Cosa pos- siamo continuare a fare per loro? Noi abbiamo provato con l’Operazione Alba, abbiamo svolto anche un certo ruolo, e adesso? Io credo che, una delle pagine mi- gliori dell’Italia degli anni Novan- ta sia la sua estroversione nei Pa- esi Balcani. In Albania abbiamo avuto un grosso ruolo, in Kosovo una bella presenza; ma sì, abbia- mo una responsabilità. Inevitabile parlare, a questo punto, della proiezione in- ternazionale dell’Italia che secondo un vecchio adagio prima delle medie potenze e ultima delle grandi. Cosa può fare l’Italia concretamente, in questo momento, per la causa della pace? Io penso che l’Italia, sia stata troppo assente; ha avuto una crisi nazionale piena di introversioni . Nella passata legislatura mai un ministro degli esteri italiano ha posto piede nell’Africa Sub- Sahariana, solo una volta, in Sud Africa con il Presidente della Re- pubblica, in aree di nostra tradi- vero, non è mai riuscita ad eserci- tarla questa responsabilità; ma lì è strano perché per i paesi Latino- Americani la politica estera è un fatto abbastanza secondario, se- condo me, quindi, ci sono soltanto dei legami. L’Italia ha questi spa- zi: il Mediterraneo, i Balcani e un po’ l’Africa. La caduta verticale in Africa, (negli anni Ottanta l’Italia era una realtà in Africa), è dovuta anche alla caduta della coope- razione italiana. Io credo che, però, ci sia questa necessità, perché? Beh, qui, c’è anche un problema di immigrazione, e noi Europei saremmo quelli che riceveremmo l’immigrazione africana sempre più, e quella è un invasione non un immigra- zione. Io non lo dico in modo allarmistico. Noi siamo presen- ti come Sant’Egidio in più di venti Paesi Africani e sappiamo quanti giovani africani voglio- no andarsene, lo sentiamo, lo vediamo. E vo- gliono andarse- ne, perché non credono più nel futuro di quei Paesi. Prima o poi verranno al- lora? zionale presenza e questo secondo me, è molto grave perché l’Italia ha una responsabilità dei Balca- ni, ha una responsabilità in Afri- ca, ha una qualche responsabilità in America Latina, dove, a dire il Verranno e sarà necessaria una nostra pre- senza lì per aiutare questi Paesi in un processo di rigenerazione, e poi, guardi la presenza dei ci- nesi, 800.000 in Africa e nes- suno se ne accorge. I cinesi han- Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 29 no una loro proposta capitalisti- co-autoritaria agli africani; noi andiamo lì, mi diceva un mini- stro del Gabon “a rompere le sca- tole, ci date pochi soldi e ci date lezioni, i cinesi ci portano i soldi e si stanno zitti”. Lei prima citava la coope- razione, però ci sono state anche delle storture nella co- operazione, anche la coope- razione dell’Italia negli anni Ottanta che comincia soprat- tutto quando Moro era mini- stro degli Esteri, ha portato a un minimo di storture, pen- so alla causa del Tana-Beles, mi viene uno in mente ma purtroppo sono stati più di uno. Cos’è che è andato male in quel caso? aree tanto noi cattolici, tanto noi comunisti; tutte queste cose sono vere, però noi abbiamo buttato via l’acqua con il bambino. Poi, guardi, secondo me, è l’atteggia- mento degli Europei verso l’Afri- ca oggi. Gli Europei colonialisti erano dei disgraziati, però, erano gente vitale, che avevano un pen- siero per l’Africa, terribile, certo, ma lo avevano. Oggi noi, pur di non sbagliare, non abbiamo nessun pensiero e usciamo dalla storia del mon- do. Oggi noi, non vogliamo più scrivere la storia del mondo, ci accontentiamo di scrivere la sto- ria della nostra provincia. Però nella globalizzazione non puoi nemmeno scrivere la storia della tua provincia, se non fai la storia del mondo. Per dirla evangelicamente, stiamo seppellendo i nostri talenti allora? Per paura. Ultimamente è diventato di moda parlare di interessi nazionali in politica estera, è appunto un po’ riduttivo come obiettivo… Beh, bisogna riempirlo di conte- nuti. Quali sarebbero questi conte- nuti, professore? Sì io sono d’accordo, ci sono sta- te delle storture tipiche della vita nazionale, della corruzione, dei soldi che correvano qua e là fuori dai controlli e tutto, divisione per Contenuti dell’interesse del Pa- ese, del suo interesse economico, della cultura italiana ma anche dell’interesse degli altri. 30 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International Sul Mediterraneo si affaccia anche l’Africa, oltre al Me- dio Oriente, che ricordavamo adesso, ed è a poche miglia marine da noi. Si può parlare di un Eurafrica accanto ad un Eurasia? Noi abbiamo cercato, non come italiani, ma come Oc- cidentali, di riempire questo vuoto con l’esportazione del- la democrazia. E’ un po’ falli- to, secondo lei? Un po’ è andato bene, un po’ è fallito. Sa, la democrazia, come diceva Churchill, è un pessimo re- gime però è il migliore inventato finora. Poi non esiste la democra- zia perfetta; e che cos’era l’Italia liberale di fine Ottocento? La Russia di Putin? Ma esiste un sistema politico più cristiano degli altri? Cioè la democrazia rispetto alla monarchia è più o meno ade- rente all’insegnamento del Vangelo, secondo lei? Pio XII, ha cominciato a dire che la democrazia era il miglior sistema. Prima si credeva che la monarchia fosse il miglior siste- ma, per ora non hanno scoperto un terzo sistema; qualcuno ha pensato che il socialismo fosse il sistema più cristiano ma non ha avuto molto successo né il sociali- smo, né chi lo pensava. La ringrazio per aver citato que- sto tema che mi sta tanto a cuore. Non so se si può parlare di Eura- sia, forse l’unica Eurasia è la Rus- sia o le repubbliche ex-sovietiche/ asiatiche che sono molto impor- tanti, prendiamo il Kazakistan etc.. Io penso che l’Eura- frica dovrebbe essere nelle nostre mappe, era un idea di Senghor non mia. Lui che era un vero meticcio, nero profondamente sene- galese ma grande ac- cademico di Francia, come Ratzinger d’altra parte. I Francesi per far entrare uno stra- niero nell’accademia, ci pensano due volte. L’Eurafrica, credo sia una grande idea, cioè è l’idea dell’unione africana e dell’unione europea insieme, lo disse il presidente Ciampi in un bel discorso “abbiamo un destino comune”. Penso che sarebbe qual- cosa su cui poter lavorare, anche perché gli africani hanno dentro l’Europa . Crede che sarebbe necessario un impegno maggiore per promuovere l’italiano all’este- ro? In fondo anche l’Italia ha i suoi ambasciatori nei nipoti dei migranti di una volta. È vero? Una volta ho sognato e ho fatto un piccolo articolo su Limes, sulla comunità italiana, che bisognereb- be fare una comunità italiana, fra gli italofoni, i paesi legati all’Ita- lia, il gusto italiano, l’italian-style, la musica etc.. Cioè l’Italia è più grande del suo confine geografico. E questo è importante, e noi, pur- troppo, non ci crediamo. Come la Russia vive nei grandi romanzieri ottocenteschi, l’Italia vive in alcu- ni valori, tesori, l’Italia è anche Sì, però, stato, patria e paese sono collegati fra loro e poi qualche vol- ta finiscono per essere sinonimi. Io credo che i cattolici siano un grande “colorante” per questa pa- tria o per questo paese e, quindi, possano essere di grande aiuto allo stato, ma dipende quali cattolici, ci sono i cattolici dell’Ottocento, i cattolici del Cinquecento e ci sono i cattolici di oggi. Noi abbiamo avuto anche grandi statisti cattolici, con un grande senso dello Stato. un mito, come Roma è un mito in alcune parti del mondo. Però, qui, siamo sempre sulla contingenza, un voto sì, un voto no, allora io sento e lamento l’assenza di gran- di disegni. Negli ul- timi ca- pitoli del suo libro “Dio non ha pau- ra”. Pro- segue la citazione “..essere romani è un modo di essere europei, non l’Eu- ropa fred- da dei tecnocra- ti, dominati dall’ossessione dell’economia, ma, che vive per il mondo..”. I numeri del bilancio sono i nemici dell’unificazione europea, se- condo lei? Si dice che i cattolici abbiamo poco senso dello Stato, po- chissimo senso della patria e moltissimo senso del paese. Io ci credo molto a questa defi- nizione, non sono revisionista su questa; penso che ci sia un modo meridionale di essere europei, l’al- Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 31 tro ieri stavo a Malta e lo sentivo. Lì si sente il vento caldo dell’Afri- ca, si sente l’incrocio del Mediter- raneo. Il fianco Sud dell’Europa, Italia, Malta, Cipro, Grecia, Spagna, Portogallo, forse Francia, debba- no far sentire di più la loro cultu- ra e la loro voce. Del resto questa unione mediterranea di Sarkozy è interessante, non è che ho capito bene quali siano i contenuti, però io sono convito che bisogna fare qualcosa nel Mediterraneo. Un ultima domanda pro- fessore. Lei ha scritto anche questo: “Dio non ha paura”. Di cosa deve aver paura l’uo- mo allora? L’uomo deve aver paura dell’egoi- smo, del vivere per sé stesso e an- che del vivere lontano da Dio. L’uomo deve aver paura di cede- re al male, di farsi dominare dal male e di cercare soltanto il pro- prio interesse. 32 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 33 #&2,*2$,#,E#'2,*2$,## 14 Agosto 2010 15 Agosto 2011 Anno Kolbiano PAGINE KOLBIANE KOLBE VIVO, IN MEZZO A NOI /¶$99(1785$*,$3321(6( di P. Alfonso M. A. Bruno FI P. Massimiliano Maria Kolbe partì per l’Estremo Oriente nel 1930 in compagnia di Fra Zeno Zebrowski, Fra Ilario Lysakowski, Fra Severino Dagis e fra Sigismondo Krol. Arrivò a Nagasaki il 24 aprile e nel mese successivo, per il mese mariano, riuscì già a stampare il primo “Seibo No Kishi”, la versione in giapponese della rivista “Il Cavaliere dell’ImmacoODWDµ,Q*LDSSRQH3.ROEHFRPSuLPSUHVHVWUDRUGLQDULHFRPHVWUDRUGLQDULIXURQRLVDFULÀFL)HFRQGzLOVXRDSRVWRODWR il “quarto voto” di consacrazione illlimitata all’Immacolata che inaugurò a Mugenzai No Sono, la città dell’Immacolata QLSSRQLFD1HOULHQWUDGHÀQLWLYDPHQWHLQ3RORQLDSHUJXLGDUHQXRYDPHQWHOD1LHSRNDODQRZD7HUHVLQ,O*LDSSRQH UHVWHUjXQ·HVSHULHQ]DLQGLPHQWLFDELOHFKHDSSURIRQGLDPRFRQXQ·LQWHUYLVWDÀWWL]LDULFRVWUXLWDDWWUDYHUVRLVXRLVFULWWLH UDFFRQWLELRJUDÀFLDXWHQWLFL New journalism technique P. Massimiliano, com’è nata l’idea di recarsi in missione in Estremo Oriente? Questo progetto rientrava nelle finalità della Milizia dell’Imma- colata. Sull’esempio di Maria volevo donare Gesù al mondo e poi, come francescano, mi sentivo chiamato ad un apostolato mon- diale. Proprio a Niepokalanow mi resi conto quanto un’esperien- za simile avrebbe potuto fare del bene in un territorio popolato non da cattolici ma da pagani. E’ un fatto curioso perché mentre ero a Niepokalanow, conservavo ancora una prescrizione dei medi- ci del sanatorio che mi consigliava “una vita calma e regolare, una superalimentazione, molto sonno e molte ore di sedia a sdraio”. Sentivo e volevo, però, essere un missionario. Come mai scelse l’Oriente? Non fu facile persuadere Propa- ganda Fide e gli stessi superiori dell’Ordine… Credevo tantissimo nell’apostolato della stampa e l’Asia, con un certo grado di ci- 34 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International viltà e tecnologia, si prestava bene all’iniziativa. Bisognava scegliere una città popolosa, predisposta alla cultura e ai costumi moderni. Ero incerto tra Bombay, Shangai e Tokio… L’Asia, poi, come oggi era un continente molto popolato i cui abitanti seguivano altre religio- ni. Questo fece nascere in me un progetto di evangelizzazione per quelle anime. Come si preparò alla missio- ne? Con tanta fede e spirito di abbon- dono nell’Immacolata. Dovendo imbarcarmi a Marsiglia, girai un po’ la Francia. Mi recai pellegrino a Lourdes, per ringraziare la Ma- donna di aver guarito il mio dito in gangrena, con la sua acqua miracolosa, quando ero studente a S. Teodoro. Mi recai, poi, an- che a Lisieux per raccomandarmi a S. Teresa del Bambino Gesù. Il nostro papa Pio XI l’aveva pro- clamata patrona delle missioni solo tre anni prima che partissi per l’Oriente. A Parigi, infine feci un pellegrinaggio a rue du Bac, la cappella dove la Madonna era apparsa alla venerabile Caterina Labouré nel 1830, chiedendole di coniare e di diffondere una par- ticolare medaglietta. Mentre ero in Giappone venni a sapere della beatificazione di questa suora. Era il 1933. Presi tante medaglie miracolose da portare con me in missione, convinto della loro effi- cacia. Può raccontarci qualche aneddoto? Sul piroscafo queste medagliet- te furono un successo. Le offrii all’equipaggio e ai passeggeri. Alcuni le rifiutavano, ma alla prima tramontana che ingrossò il mare, quelle stesse persone ven- nero a scusarsi e a richiedermele. Celebrai la mia prima S. Messa a S. Andrea delle Fratte in Roma, all’altare dove l’ebreo Alfonso Ratisbonne si convertì in seguito a un’apparizione mariana, dopo aver appunto ricevuto una meda- glia miracolosa. Le medagliette erano per me dei dardi per infiammare i cuori. Du- Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 35 New journalism technique rante il viaggio, poi, con i miei quattro confratelli offrivo il di- giuno eucaristico, reso ancora più lungo per aspettare il momento propizio per celebrare la S. Messa tra i flutti in tempesta. Sembrava tutto pro- cedere col vento “in poppa” anche arriva- ti sulla terraferma. A Shangai, una città molto interessante, la medaglia miraco- losa fu il biglietto da visita per conquistare fiducia e amicizia di un ricco industria- le cattolico, il sig. Lo-Pa-Hong, che ci avrebbe aiutato per la costruzione della casa e l’istallazione della tipografia. I no- stri sogni di stabilirci in Cina s’infransero perché il territorio già era frazionato e affidato a diversi istituti religiosi. Noi, come ultimi arrivati, avremmo creato pro- blemi di governo e di pastorale… Il vescovo stesso, inol- tre, pur benevolo nei nostri confronti, ci consigliò di non di- pendere in tutto da quel benefattore per evitare problemi a 36 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International noi e a lui da parte di cinesi invidiosi. Da lì decidem- mo poi di lascia- re la Cina. Come fu che arrivò in Giappone? Avevamo prati- camente finito quasi tutti gli spiccioli e il Giappone era rimasta l’ulti- ma spiaggia del- la mia ricerca missionaria in Asia. Ci imbarcam- mo tutti e cin- que su una nave e mi sentii ispirato di anda- re a Nagasaki. Avevo scoperto, infatti, che il 70% di tutti i cattolici giappo- nesi si concen- trava in quella città, terra di lunga tradizio- ne cattolica e di martiri, anche francescani. Ci può rac- contare il pri- mo impatto… Arrivammo a Nagasaki e ci re- cammo verso la cattedrale per incontrare il vescovo. Lì capii che tutto sarebbe andato bene. Perché? Trovammo nel cortile una can- dida statua dell’Immacolata in mezzo a un cespuglio di fiori profumati e colorati. La Madon- nina aveva la mani lievemente protese, quasi come se volesse ac- coglierci e darci il benvenuto. Commosso dissi ai miei confra- telli: “Se abbiamo trovato Lei, tutto va bene!”. Mons. Hayasaka, infatti, ci ac- colse con inaspettata benevolen- za. Chi vi accolse fu uno dei primi vescovi autoctoni del Giappone, vero? E’ esatto. Seppi da lui che era stato consacrato vescovo da Pio XI nel 1927. Parlava l’italiano avendo studiato a Roma al colle- gio di “Propaganda Fide”. Fu la nostra lingua di lavoro. Dopo la consacrazione volle fare un pelle- grinaggio ad Assisi e lì conobbe i Frati Minori Conventuali che lo ospitarono in solenne accade- mia. E’ per questo che si mostrò subito favorevole alla vostra installazione? “simpatizzante” di S. Francesco e dei Francescani e si sentiva in “debito” verso di loro. Proprio nei giorni del nostro arrivo, poi, venne a mancare un professore di filosofia per il Seminario diocesa- no e dopo aver saputo del mio titolo di dottore, mi affidò subito la cattedra. Il vescovo sicuramente era un Il vostro scopo non era quel- lo della buona stampa? Questo è verissimo, ma non po- tevo rifiutare una proposta del vescovo. Mi sembrava doveroso offrire il mio aiuto per quello che potevo ed ero comunque contento di poter offrire le mie conoscenze di filosofia a dei futuri sacerdoti. Anche se ero occupatissimo, poi- ché era il mese di maggio, non Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 37 potevo rinunciare a far conoscere la Celeste Mammina… New journalism technique Come fece, senza conoscere la lingua, senza una tipogra- fia? Cercai con fiducia dei benefattori e trovai un ricco cattolico di Na- gasaki che mi offrì una tipografia completa! Era molto originale vedere accan- to alla nostra povera baracca, un altro padiglione in legno con delle macchine sofisticate. Quanto alla lingua, fu più facile di quello che credessi. Scrivevo in latino e chiedevo agli studenti e colleghi del seminario la traduzio- ne in giapponese. Prima che il mese di maggio finis- se erano già stampate e distribuite 10.000 copie del “Mugenzai No Sono Seibo no Kishi”, cioè il “Ca- valiere dell’Immacolata” stampa- to nel Giardino dell’Immacolata di Nagasaki. Rimase in Giappone in ma- niera ininterrotta? No. Nel 1930, il 12 giugno partii per la Polonia. Se la produzione del primo numero della rivista giapponese fu un’impresa da Fio- retti, occorreva per i numeri suc- cessivi sistemare ogni cosa secon- do le leggi canoniche. Il consenso di rimanere in Giap- pone per l’apostolato della MI era condizionato da due clausole: il beneplacito di “Propaganda Fide” e un tipo di attività che si concentrasse sulla stampa e le opere sociali, poiché l’apostolato diretto era riservato al clero dioce- sano con le parrocchie. Dovevo informare il nuovo Mini- stro Generale a Roma e in Polo- nia definire l’organico e il sosten- tamento economico. in maniera ottimale in quella ter- ra asiatica. Se è vero che tra essi, ci fu p. Miecislao Mirochna che imparò presto e subito il giapponese e di- venne il mio provetto interprete e Eppure il Seibo No Kishi usciva regolarmente! Successe un fatto straordinario. Un confratello in provenienza da te esausto riuscì a costruire una rivista di sedici pagine! Conobbi poi un metodista di buona volon- tà, che si convertì al cattolicesimo con tutta la famiglia. Aveva un amico, Yamaka, che conosceva Come andò? Il padre Generale si rimise alla decisione del Capitolo Provinciale della Polonia che all’unanimità e con entusiasmo fremeva addi- rittura di creare una “provincia Giapponese”. Inviammo subito un telegramma a mons. Hayasaka che formaliz- zò in maniera definitiva la nostra presenza in Giappone. 38 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International Non mi scoraggiavo più di tanto di fronte le difficoltà perché ogni opera apparteneva alla Madon- na ed era per la gloria sua. Ri- masi tuttavia addolorato alla no- tizia della scomparsa prematura di mio fratello p. Alfonso. Per la difficoltà della Provincia di Polo- nia di trovargli un adeguato suc- cessore, rischiai di rimpatriare e chiudere la missione giapponese. Ma non fu proprio in quell’anno che lei cercò il terreno per la città dell’Im- macolata? Tutto andava quindi a gonfie vele! Non fu proprio così. Dopo la mia partenza i collaboratori giappo- nesi della rivista si allontanaro- no credendo di trovarsi di fronte l’ennesima iniziativa da “fuoco di paglia” di missionari stranieri. Appena seppi della cosa salii sul- la Transiberiana senza aver nem- meno potuto abbracciare mia mamma a Cracovia, alla quale scrissi una bella letterina. Il viaggio in treno fu lungo, ma mi permise di scoprire molte cose e dopo la steppa siberiana ap- prezzare le bellezze della Corea. Portai con me quattro studenti da farli formare in Giappone, in modo tale che potessero integrarsi più dolorosa? traduttore, due di quegli studenti vollero rimpatriare presto. Nello stesso periodo fui sospettato dalla Polizia di essere una spia al servi- zio di un Governo straniero. Dul- cis in fundo i compositori giappo- nesi boicottarono la stampa della rivista. Shangai dove era appena fallito il tentativo di insediamento del nostro Ordine, era un tipografo professionista. Conosceva suffi- cientemente il cinese, ma nulla del giapponese. Gli proposi di comporre lui la rivista. Accettò per obbedienza e completamen- bene l’italiano e che aveva tra- dotto i Fioretti di S. Francesco. Si offrì come collaboratore editoriale e anche con lui comunicavamo in italiano. Esatto! E’ un paradosso, ma sen- za scoraggiarmi, come se fossi do- vuto rimanere altri “cento anni” in Giappone, mi attivai per la ricerca di un terreno adeguato ad una Niepokalanow, una città dell’Immacolata. Pensavo che, dopotutto, l’opera doveva conti- nuare e svilupparsi con o senza di me e che non potevo adeguarla o ridurla alla mia sostenibilità fisica. Fu così che nel sobborgo di Hon- gochi, sulle pendici del monte Hikosan, il più alto di Nagasaki, trovai cinque ettari di terreno a prezzo conveniente, circa 7000 yen ed è lì che nacque la Mugen- zai No Sono. Come strutturò la Niepoka- lanow giapponese? Quale fu la sua esperienza Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 39 macolata opera solo grazie a quella sua statua bene in vista. Come mai maturò proprio in Giappone l’idea di un “quarto voto”? Riflettendo sulle difficoltà dei superiori nel trovare religiosi di- sposti a recarsi in terre straniere, pensai a un voto per il quale i frati fossero pronti, per amore all’Immacolata, a re- carsi nelle missioni e residenza più disagiate ed essere disposti alla stessa morte. Anime sante come S. Tersa D’Avila e Andrea di Avellino già lo aveva- no fatto, in aggiunta ai consigli evangelici professati. Che gioia quando ricevemmo il permesso dalla Provin- cia! Era il 25 marzo 1932 che quell’anno coincideva con il Sa- bato Santo. Giorno mariano in una data mariana! Quando an- che in Polonia vollero imitarci, capii che il no- stro Ordine era oggetto di un piano speciale di predilezione da parte della Madonna. Come visse, infine, la sepa- razione dal Giappone? Lasciai la terra nipponica nel 1936. Vi ero rimasto sei anni. 40 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International E’ lì che ho ricevuto le più belle “caramelle”: fame, freddo, debi- ti, malattie, calunnie. Ho anche fatto l’esperienza di gioie incommensurabili che solo la missione può regalarti. La Niepokalanow in Polonia cresceva a dismisura e i padri capitolari mi vollero suo guar- diano. In Giappone lasciai ottimi frati che continuarono l’opera. Racco- Giappone in Polonia, il dr. Ka- wai, era gravemente ammalato. La moglie era cattolica e vole- va che il marito si battezzasse. Quel diplomatico oppose molta resistenza, ma quando suggerii alla moglie di porre una meda- glia miracolosa sotto il suo guan- ciale, ogni resistenza cessò. Dopo la morte del dr. Kawai, anche i figli vollero diventare cattolici. Ero occupatissimo in quel tem- mandai loro di non scoraggiarsi e d’invocare, nelle difficoltà e nelle sofferenze, il dolce nome di Maria o Ave Maria! Anche in Polonia, però, conti- nuai a sentirmi missionario dei giapponesi. L’ambasciatore del po (come sempre…) ma alla fine, col catechismo giapponese sotto il braccio, per un bel po’ feci la spola tra Teresin e Varsavia per iniziare quei giovani alla dottri- na cristiana, fino al loro batte- simo. A modo di conclusione, con i nostri migliori auguri, cosa augura a se stesso? Auguro a me stesso quello che auguro sempre agli altri: essere un grande santo, vivendo, lavo- rando, soffrendo, morendo per l’Immacolata, solo per Lei. Siamo tutti chiamati alla santi- tà, ma si tratta di una conqui- sta. Non è un fatto automatico. Mi auguro poi che ci sia una primavera, anzi un’estate missionaria, una vendemmia di anime per Gesù e Maria! Se non potrò vederlo su questa terra, almeno dal Paradiso vorrei tanto vede- re i miei fratelli francesca- ni, grazie al “quarto voto” far conoscere e amare al mondo l’Immacolata, fa- sciandolo di stampa o di suoni , immagini, musiche e colori, secondo quanto la tecnologia ci permetterà in futuro. Pregherò sempre per il Giappone e spero che i fi- gli di S. Francesco possano operare anche in quei paesi d’Oriente dove sono stato di passaggio e dove sognavo di creare città dell’Immacola- ta e cioè in Cina, in Corea, in India… L’Immacolata provvederà! 14 Agosto 2010 15 Agosto 2011 Anno Kolbiano New journalism technique Mi ispirai in tutto a quella po- lacca che si era rivelata una for- mula riuscita da un punto di vista organizzativo. Altra gran- de sorpresa furono i numerosi battesimi che vennero ministrati lì in meno di due anni e le nume- rose vocazioni autoctone che ci permisero di lanciare le basi per altre fondazioni a Tokio, Osaka e la stessa Nagasaki. Collocai nel punto più alto della cittadella una statua dell’Imma- colata. Tutti erano attirati dalla Madonna e si chiedevano chi fos- se. Divertito ascoltai un giorno la spiegazione di una signora a dei passanti. Pur non essendo lei credente, parlò molto bene della Madonna e dei frati. Altro fatto molto forte – l’ho scritto anche su un articolo del Rycerz Niepo- kalanej polacco – fu la visita di una ragazza che ci ha chiesto di diventare cattolica. Era dispera- ta, non ha mai conosciuto il pa- dre, abbandonata dalla madre e ricercata dai commercianti di ragazze. Disperata era venuta sulla colina per andarsi a getta- re in un laghetto vicino al nostro convento. Ha visto la statua della Madonna che l’ha attirata a sé. Ha bussato alla porta del convento. Le abbiamo offerto il pranzo che però non ha voluto toccare. Dopo insistenza ha ac- cettato un po’ di thé col pane. Dopo averla consolata e offerto una medaglia miracolosa l’ab- biamo condotta dal parroco e affidata alle sue cure. Chissà quanti altri prodigi l’Im- Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 41 )5$¶=(12=(%52:6., NIPPON, KAGIRI NAKI AI NI di don Giorgio Zebrowski GLDSSRQHDPRUHVHQ]DOLPLWL 3URSRQLDPRXQDEUHYHELRJUDÀDGLIUD=HQR=HEURZVNL VFULWWDGDOQLSRWH 4XHVWRUHOLJLRVRIUDQFHVFDQRIXLO´EUDFFLR GHVWURµLQ*LDSSRQHGL30DVVLPLOLDQR0.ROEH)UD=HQRULPDVHLQTXHOODWHUUDÀQRDOJLRUQRGHOODVXDPRUWH'RSR le devastazioni della Seconda Guerra Mondiale, si adoperò molto a favore degli orfani di guerra e i senzatetto. Per il VXR]HORDSRVWROLFRHODVXDFDULWjVFRQÀQDWDFRQTXLVWzPHQWLHFXRULGHLJLDSSRQHVLHGLYHQQHXQSXQWRGLULIHULPHQWR anche per i non cattolici. F ra Zeno, al secolo Wla- dyslaw Zebrowski, nac- que il 27 dicembre 1891 da Jozef Zebrowski e Anna Kozon. Viveva con la fami- glia nel villaggio di Surowe, a pochi chilometri dal con- fine orientale della Prussia. Wladyslaw era un ragazzo di molteplici inte- ressi molto ener- gico e vivace. Si potrebbe trovare una somiglian- za sorprendente tra la gioventù di San Francesco d’Assisi e quel- la di Wladyslaw Zebrowski, in se- guito noto come Fra’ Zeno. Come San Francesco proveniva da una famiglia molto benestante. Il papà viaggiava spesso in America nell’intento di aumentare la sua fortuna. La Moglie Anna, come donna Pica era invece molto pia e distacca- ta dai beni materiali. Il giovane Wladyslaw, spin- to da ideale di avventura e di patriottismo si arruolò nel 1919 presso la fanteria dell’Armata Polacca. Vi rimase per tre anni nei quali conobbe la malattia che, alla guarigione, lo di- spose a lavorare successiva- mente come infermiere di campo. Dopo la vita mili- tare si lanciò in un’attività imprenditoriale a Danzica che però si rivelò fallimen- tare. Fu in quel periodo che morì la mamma alla quale era particolarmente legato. Si ricordò delle sue racco- mandazioni di recitare le 42 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International “tre Ave Maria” prima di andare a letto, di pensare al Paradiso… Un giorno, durante la festa di S. Stanislao Kostka, nel- la chiesa di Rostkow, dopo aver ascoltato l’omelia di un passionista, capì la futilità dell’esistenza mondana e iniziò un cammino di sincera conversione. Bussò alla porta dei Passionisti che però gli chiesero di aspettare un anno prima di iniziare il probandato. Si rivol- se allora ai Cappuccini di Varsavia, ma si im- pressionò “per la lunga barba e la tonaca rude e rattoppata”. Ripiegò infine dai Con- ventuali che gli fecero una buona impressione – racconterà dopo – “per i capelli curati e le scarpe luci- de del frate portinaio”. Il 10 maggio 1925, si presen- tò al convento di Grodno, con una valigia che “scoppiava” di oggetti personali. La sera stessa, lo spogliarono della maggior parte dei suoi beni, e in breve tem- po, gli tagliarono i suoi bei capelli. Fu per lui una delusione amara, abituato com’era alle agiatezze e alle ricchezze, ma pro- prio quando aveva ormai deciso di lasciare la vita reli- giosa, incontrò un certo p. Massimi- liano Kolbe che lo convinse a rimane- re nell’ordine col nome religioso di Zenone. Si guadagnò pre- sto la fiducia di p. Kolbe che lo mise a contributo nell’attività edito- riale della sua rivi- sta: “Il Cavaliere dell’Immacolata”. Quando l’attività tipografica fu tra- sferita da Grodno a Teresin, dove poi sorgerà la città dell’Immacolata chiamata Niepo- kalanow, fra’ Zeno diventò il braccio destro di p. Kol- be, per le sue doti di organizzatore e uomo di pubbli- che relazioni. Iniziato bene alla vita religiosa fran- cescana, professò i voti nelle mani di p. M a s s i m i - liano, il 15 d i c e m b r e 1928 Per le sue doti uma- ni e la sua affidabilità spirituale, fra Zeno fu a s s e g n a t o alla nascen- te missione in Estremo Oriente. Il 26 feb- braio 1930 insieme a p. Massimilia- no Kolbe e altri tre fra- telli, lasciò la Polonia e raggiunse Nagasaki in Giappone. Da questo m o m e n t o in poi, la terra del Sol Levante, d i ve n t e r à per lui una seconda pa- tria. P r o p r i o come in P o l o n i a fra Zeno si adoperò di trovare un Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 43 luogo adatto per il conven- to sul monte Hikosan. Cer- cava benefattori per il cibo e potenziali lettori per il Seibo No Kishi (Il Cavaliere dell’Immacolata in giappo- nese). Fu in Giappone che il 21 gennaio 1931, emise i voti solenni nella nuova e pove- rissima città dell’Immacola- ta chiamata “Mugenzai No Sono”. La sua capacità d’integrazio- ne con gli altri gli permisero di sviluppare presto la pa- dronanza della lingua giap- ponese e accattivarsi l’ami- cizia di tutti, la stima delle autorità locali che gli permi- sero di circolare liberamen- te anche quando vigevano restrizioni per gli stranieri a causa della guerra. Egli sopravvisse all’esplo- sione della bomba atomica sganciata il 9 agosto 1945, dagli americani. Il dopoguerra rappresentò una nuova svolta nella sua vita. Di fronte alla trage- dia orrenda e la sofferenza umana, senza curarsi dei risultati dannosi delle radia- zioni, fra Zeno si dette da fare per soccorrere le vitti- me di Nagasaki. Poco dopo, nel gennaio del 1946, iniziò la sua opera di carità con la fondazione di un orfano- trofio per i ragazzi. L’opera prese appunto il nome di Mugenzai non Sono, il giar- dino dell’Immacolata. L’ 11 novembre 1946, in omag- gio al suo padre spirituale e superiore, Massimiliano Kolbe, morto ad Aschwitz nel 1941, riprese la pubbli- cazione della rivista “Sei- bo no Kishi” riuscendo in tempi di enorme penuria, a trovare benefattori per la stampa. Nel mese di ago- sto del 1948, nel quartiere Tokyo-Akabane, costruì una chiesa e a Konagai, nei pressi di Nagasaki, costruì un orfanotrofio. Le distruzioni della guer- ra, i reduci, i mutilatini e i senzatetto, i bambini orfani delle strade, scossero la sen- sibilità umana di fra Zeno. La sua opera caritatevole assunse dimensioni sempre più grandi, giorno per gior- 44 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International no. Per questo motivo, il 26 maggio 1949, con grande sorpresa dei media e tutta la nazione, l’imperatore Hiro- hito in persona fece visita all’orfanotrofio di Omu- ra, costruito da fra Zeno. Questa visita divenne come “l’acqua del mulino” per il francescano polacco. Nell’aprile del 1951, trasfe- ritosi oramai a Tokyo, fra Zeno si dette da fare per l’assistenza di circa seimila persone, tra poveri e senza tetto. Li ha aiutava a otte- nere materiali per costruire baracche modeste e nel suo tempo libero supervisiona- va i lavori di costruzione. E’ così che nacque “Ari no ma- chi”, la “Città delle Formi- che” che coinvolse nell’at- tività caritativa Elisabetta Maria Satoko Kitahara, di- ventata serva di Dio. Fra Zeno poi estese la sua attività caritativa in molte altre città e posti remoti del Giappone. La compagnia ferroviaria lo faceva addirit- tura viaggiare gratis. Spossato dalla fatica apo- stolica, una volta svenne in treno. Era il 1951. La noti- zia fece il giro del Giappone che nel frattempo l’aveva già ribattezzato: “il padre dei poveri”. Non rallentò il passo, mal- grado l’età aumentasse e la salute diminuisse. Nel 1962, con l’aiuto di sol- dati e studenti costruì an- cora una casa per bambini disabili a Hiroshima. Nel 1971 visitò per l’ultima volta la Polonia. Molti spe- ravano che ormai rimanes- se per sempre in Patria. Lui rispose che doveva tornare in Giappone perché c’era ancora tanto lavoro da fare. Il 17 ottobre 1971, fra Zeno, assistette commosso alla beatificazione del suo pa- dre guardiano e fondatore della missione giapponese, martire di Oswiecim (Au- schwitz), padre Massimilia- no Kolbe. Durante il suo soggiorno a Roma, incon- trò Papa Paolo VI e il car- dinale di Cracovia, Karol Wojtyla, futuro papa. La carità di fra Zeno, si spinse anche oltre confine. Nel 1972 raccolse una som- ma per i terremotati del Nicaragua. Aiutò quei biso- gnosi tramite l’ambasciato- re in Giappone. Accolse anche i profughi del Vietnam, aiutò i poveri del Perù, della Korea e rice- vette riconoscimenti e me- daglie dai governi di quei paesi. Nel 1978, fr. Zeno fu ricove- rato in un ospedale di Tok- yo. Il 2 gennaio 1979, Pa- dre Mieczyslaw Mirochana amministrò il sacramento degli infermi a un fra Zeno sempre più debole. Il 18 novembre 1979 men- tre era ancora in vita ven- ne inaugurato un enorme monumento in suo ono- re dell’architetto polacco Adolf Ryszka e l’artista giapponese Togashi Hajme. Il 23 febbraio 1981, duran- te i primi giorni del pellegri- naggio papale in Giappone, fra Zeno incontrò Giovan- ni Paolo II alla Cattedrale di Tokyo. Fra Zeno trascorse gli ultimi tre anni della sua vita sem- pre in ospedale, ricevendo la visita di tante persone tra cui l’ imperatrice Michiko. Fra Zeno terminò il suo pellegrinaggio terreno il 24 aprile 1982, 52 ° anniversa- rio del suo arrivo alla mis- sione giapponese. Per i Giapponesi Fra Zeno fu un alter Christus e un secondo S. Francesco. E’ diventato un simbolo di amore cristiano. E’ stato anche il precursore del vo- lontariato in Giappone. In precedenza, la parola “vo- lontario” non esisteva in Giappone. Grazie al lavoro disinteressato di fra Zeno- ne, che emanava dallo spiri- to del Vangelo, questa nuo- va parola è stato inserita per sempre nel dizionario della lingua giapponese e soprat- tutto nella mentalità giap- ponese. Non omnis moriar – Il suo spirito non muore mai Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 45 IN MISSIONE CON IL PAPA di P. Paulo Francisco Maria Forja FI IL LAICISMO DI ZAPATERO Zapatero con le sue idee incarna lo sviluppo di una tradizione democratica che risale al primo pensiero liberale, alla rivoluzione francese, alla tradizione socialista congiunta con i principi laici e libertari del periodo repubblicano. Ha sedotto gli spagnoli con un breve periodo di proVSHULWjHFRQRPLFDUXEDQGRLOVHQVRGLDSSDUWHQHQ]DDGXQDVWRULDHDGXQDFRPXQLWjQD]LRQDOH pur nella sua variegata fisionomia. U na sessantina di ragazze, davanti alla chiesa, hanno aspettato che cominciasse la ce- lebrazione della Messa che apri- va la Quaresima, per fare irru- zione gridando frasi blasfeme e spogliandosi con atteggiamenti sconci davanti all’altare. E’ quanto è accaduto nella cap- pella dell’Università Complu- tense, presso Madrid, lo scorso 8 marzo, in occasione della festa delle donne. Pochi giorni dopo, un gruppetto di femministe han- no eseguito la stessa performan- ce, sempre durante una funzio- ne religiosa, nella cappella della facoltà di Diritto, al grido di “via i vostri rosari dalle nostre ovaie!” L’atteggiamento blasfemo e dis- sacratorio di queste giovani spa- gnole, è il risultato di un’azio- ne culturale che il governo di Zapatero conduce da ormai sette anni, da quando, cioè, forte dello shock emotivo degli attentati alla stazione di Madrid, Aznar perse le ele- zioni consegnando il potere del paese iberico alla sinistra. Astro nascente dello scena- rio politico spagnolo era nel 2004 José Luis Zapatero che fu eletto primo ministro. Il 2 aprile 2011, Zapatero ha annunciato di non volersi rican- didare alla guida del governo spagnolo, le cui elezioni si svol- geranno a marzo del 2012. I sondaggi prevedono una scon- fitta del PSOE (Partido Socia- lista Obrero Español) già alle prossime regionali in una Spa- gna sempre più consapevole del- la demolizione da parte del go- verno, della sua storia nazionale e della sua cultura cristiana. Zapatero da stella nascente è di- ventato meteorite cadente. Gli errori politici e di comunicazio- ne, suoi e del governo, pesano sulle spalle della grande speran- za della sinistra spagnola. La crisi economica ha fatto il resto. Come colpo di coda, a dispetto di un fronte popolare avverso 46 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International e un indice di gradimento bas- sissimo della sinistra, nel paese iberico la deriva anticristiana continua. Tra i fatti più recenti, oltre ai volgari episodi già citati o ai fa- migerati baci saffici di Barcello- na davanti il corteo papale, dal 10 novembre dello scorso anno al 1° dicembre ci sono stati “sit- in” e tafferugli da parte di giovi- nastri che volevano impedire la partecipazione alla celebrazione eucaristica all’Università di Bar- cellona. Una situazione “lamen- tevole”, dice il comunicato uffi- ciale del Rettorato e della facoltà di Economia dell’università, che ha spinto le istituzioni dell’ate- neo a cedere, con la scusa della sicurezza, alle richieste degli stu- denti progressisti, aperta- mente in “guerra contro i cattolici”. A fine febbraio, all’uni- versità di Madrid si sono dati appuntamento diver- si esponenti della linea oltranzista: cantanti bla- sfemi, supporter di gay e lesbiche, ex ambasciatori, uomini di spettacolo. Tut- ti uniti con l’unico scopo di protestare per la decisio- ne del Papa, che chiamano il “señor Benedicto”, di tenere la prossima Giornata Mondiale della Gioventù a Madrid. Non si tratta di un fenomeno spontaneo. L’intolleranza cristia- na e la sfida blasfema che recru- ta manovalanza giovanile persa e perversa, risponde a un’agenda precisa del governo. Dal 2004 ad oggi, Zapatero si è imposto come vessillifero della laicità, trovando nella Chiesa un “avversario”, se non da abbattere, almeno da ri- dimensionare. In questi sette anni ininterrotti di governo socialista, la Spagna ha mutato completamente fisio- nomia, non solo per infrastrut- ture e progresso economico, ma anche per il cambiamento cul- turale nella società, sempre più avviata verso una secolarizzazio- ne elevata a dottrina di governo, che non ha tardato a dare i suoi frutti. “Il mio socialismo - dice Zapate- ro - è libertà integrale; la sua pa- rola d’ordine è “socialismo come democratizzazione radicale”. Le idee di Zapatero rappresenta- no lo sviluppo di una tradizione democratica che risale al primo pensiero liberale, alla rivolu- zione francese, alla tradizione socialista congiunta con i prin- cipi laici e libertari del periodo repubblicano. Nella società attuale, questa idea si scontra con ostacoli oggettivi. E’ vero che molte delle previsio- ni di Marx si sono rivelate sba- gliate, ma una in particolare si è dimostrata corretta: la tendenza del capitale a concentrarsi e, di conseguenza, ad accrescere il suo potere a livello globale, al di là e al di sopra delle frontiere e dei governi. Ed oggi la concentrazio- ne finanziaria, industriale, com- merciale e mediatica è enorme e cresce sempre di più. Quale può essere il compito di una sinistra rinnovata nell’era del capitale globale e transnazio- nale? Il libero mercato è distrutto gior- no dopo giorno non dalle inge- renze del “pubblico” ma dai li- beri mercanti privati e cioè dallo strapotere delle multinazionali, dei monopoli, oligopoli, trust, cartelli, lobbies, corporazioni e istituzioni della finanza mondia- le. Secondo Zapatero l’obiettivo ultimo e fondamentale del socia- lismo è il superamento di ogni forma di dominio. Ogni passo che si fa verso i diritti individuali dei cittadini, verso la democratiz- zazione, l’eguaglianza dei sessi, la maggiore partecipazione alle de- cisioni politiche ed economiche, apre nuove possibilità di eman- cipazione e di società più giuste. Ed allora ecco le misure concre- Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 47 te decise da Luis Zapatero non appena giunto al governo della Spagna, ispirate ai due fonda- mentali criteri dei diritti indivi- duali e della simultanea difesa dello stato sociale proprio per garantire la realizzazione di que- gli stessi diritti: rafforzamento della cultura e della scuola pub- blica; potenziamento in dire- zione dell’efficienza del sistema sanitario statale; aumento delle pensioni minime; incremento del salario minimo interprofes- sionale; un piano di costruzione di asili-nido per venire incontro alle esigenze dei bambini e dei loro genitori (favorendo le don- ne che lavorano e incrementan- do l’occupazione femminile); la severa legge contro la violenza sulle donne, nell’ambito di una concezione assolutamente pari- taria che ha portato Zapatero, simbolicamente, a nominare lo stesso numero di ministri e di ministre nel suo governo; le leg- gi che facilitano il divorzio e il ricorso all’aborto; le nuove nor- me sulla procreazione assistita; la legalizzazione di 700.000 immi- grati clandestini; l’ormai celeber- rima legge che autorizza il matri- monio tra omosessuali; la legge che toglie il controllo della televi- sione ai politici per renderla un vero servizio pubblico; la politica estera pacifista cominciata con l’immediato ritiro delle truppe dall’Iraq e continuata con la sempre più intensa collaborazio- ne con i popoli dell’America La- tina “oppressi dall’imperialismo statunitense”. E si potrebbe con- tinuare ancora a lungo. Prima, il socialismo alla Zapate- ro si imponeva come modello vincente delle socialdemocrazie europee: l’economia andava, si annunciava il sorpasso del Pil procapite sull’Italia, la locomo- tiva spagnola correva, l’umore 48 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International era buono. Nella realtà, quella spagnola era un’economia debo- le. L’industria del paese è ridot- ta e localizzata territorialmente (presente praticamente solo in Catalogna e nei Paesi baschi). Soprattutto, è enormemente sbilanciata, il solo comparto dell’edilizia produce quasi il 18% del Pil spagnolo e un’altra fetta consistente è data dal turi- smo (altra voce colpita dalla crisi mondiale). I livelli di occupazio- ne, poi, sono sempre stati tra i più bassi dell’Europa occidenta- le, davanti solo a Grecia e Por- togallo, con quote da sempre a due cifre e larghissimo utilizzo di contratti temporanei e precari. Il giocattolo si è rotto e il sogno del bambino infranto. L’operazione della “sinistra li- bertaria” ha abbattuto il senso di appartenenza ad una storia e ad una comunità nazionale, pur nella sua variegata fisionomia. E’ così che agiva il totalitarismo giacobino e il giacobinismo è la chiave originaria di ogni totalita- rismo, come colse Drieu la Ro- chelle in un saggio molto acuto. Una democrazia senza valori e senza fondamenti, esposta ai venti dell’opinione pubblica e retta da un bilanciamento di po- teri distanti dal corpo vivente del popolo, non dura a lungo. Nell’indistinto zapateriano che abolisce anche il concetto di “pa- dre” e “madre”, per parlare di “genitore A” e “genitore B”, con chiaro riferimento alla coppia omosessuale che adotta bambi- ni, non possono sopravvivere cit- tadini inscritti in una storia che li precede ed alla quale fanno deferente riferimento. Quando i totalitari laicisti par- lano di “etica” e di “valori” – o, anche, di “Ideas”, con acronimi cervellotici viene in mente il per- sonaggio di Clive Staples Lewis, il “diavolo Berlicche”: parlava di spirito e valori al malcapitato cri- stiano perché, a parlare di realtà, si finiva per scoprire altro. Il capo-diavolo (Berlicche) scri- vendo al suo inesperto allievo (Malacoda) una trentina di brevi lettere per istruirlo sul suo ruolo di “demone custode”, ossia su come per tentare al male un gio- vane cristiano affidato alle sue malevoli cure, ottenne l’effetto contrario. Alla fine la manovra fallisce e il giovane si salva dal pericolo finendo prematuramente in pa- radiso; tuttavia, nel successivo “brindisi”, Berlicche si consola constatando che la maggioran- za degli uomini sono diventati ormai così fiacchi e stupidi che si dannano quasi da soli, per un nonnulla e senza accorgersene. Con il suo stile sottile, brillan- te e paradossale, Lewis traccia una sorta di manualetto delle tecniche di tentazione, col pre- ciso scopo di smascherarle e di immunizzarcene. Allora come oggi, queste tecniche consistono nell’insinuare idee erronee, nel fomentare tendenze pericolose, nello spingere in situazioni com- promettenti, nel distogliere dalle buone ispirazioni e nello istillar- ne di cattive. Insomma, per usare una termi- nologia evangelica, qui il diavolo insegna come avvalersi delle pos- sibilità offerte dal mondo e dal- la carne. Ad esempio, Berlicche suggerisce di ridurre il fervore religioso a una religiosità “mo- derata” e permissiva, in modo da scivolare nella dannazione senza accorgersene; suggerisce di propagandare evoluzionismo, progressismo e brama di novità allo scopo d’illudere la mente umana con un futuro utopistico e così distoglierla dal preoccu- parsi dell’eternità; suggerisce di propagandare egualitarismo e “democrazia” allo scopo di spin- gere all’invidia e alla ribellione; ammonisce sull’ambiguità delle guerre, che possono spingere l’uomo alla bestialità ma anche alla conversione mediante la sof- ferenza. Sembra che Zapatero abbia letto Lewis e la storia di Berlicche. Se il resto degli spagnoli l’avrà fatto o meno, lo sapremo alle urne del prossimo anno… Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 49 VIAGGIO APOSTOLICO A SANTIAGO DE COMPOSTELA E BARCELONA (6-7 NOVEMBRE 2010) INTERVISTA CONCESSA DAL SANTO PADRE BENEDETTO XVI AI GIORNALISTI DURANTE IL VOLO VERSO LA SPAGNA P. Lombardi. Santità, benvenuto per questo abituale incontro con i colleghi giornalisti all’inizio di que- sto bel viaggio. E’ un viaggio breve, ma un viaggio che suscita molto interesse. Posso dire che secondo le informazioni dei giorni scorsi, in Spagna ci sono più di 3.000 giorna- listi accreditati per seguire, tra San- tiago e Barcellona, di oltre 300 te- state diverse. Quindi, c’è veramente molto interesse. E qui, nel volo, con lei, abbiamo 61 giornalisti, 61 colleghi, e c’è una grossa rappresen- tanza spagnola, naturalmente: otto sono i colleghi spagnoli accreditati a Roma, che viaggiano con Lei, e otto sono i colleghi spagnoli venuti apposta dalla Spagna per fare tutto il viaggio, compreso questo volo, con Lei. Voglio segnalare la presen- za della televisione di Galizia, della televisione di Catalogna che garan- tiranno la copertura completa degli eventi di questo viaggio, anche con il loro lavoro, e ne siamo molto gra- ti. Allora, come al solito, Le propon- go alcune domande che sono sta- te formulate dai colleghi in questi giorni e che poi abbiamo scelto con un criterio di interesse comune per illuminare il significato di questo viaggio. Partiamo naturalmente da Santiago: Santità, nel messaggio per il recente Congresso dei Santuari che si svol- geva proprio a Santiago de Compo- stela, Lei ha detto di vivere il suo pontificato “con i sentimenti del pellegrino”. Anche nel Suo stem- ma, c’è la conchiglia del pellegrino. Vuole dirci qualcosa sulla prospet- tiva del pellegrinaggio, anche nella Sua vita personale e nella Sua spiri- tualità, e sui sentimenti con cui si reca come pellegrino a Santiago? Il Santo Padre. Buongiorno! Potrei dire che l’essere in cammino è già iscritto nella mia biografia – Marktl, Tittmo- ning, Aschau, Traunstein, München, Freising, Bonn, Münster, Tübingen, Re- gensburg, München, Roma – ma forse questa è una cosa esteriore. Tuttavia, mi ha fatto pensare all’instabilità di questa vita, l’essere in cammino … Na- turalmente, contro il pellegrinaggio uno potrebbe dire: Dio è dappertutto, non c’è bisogno di andare in un altro luogo. Ma è anche vero che la fede, secondo la sua essenza, è un “essere pellegrino”. 50 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International La Lettera agli Ebrei dimostra che cosa sia fede nella figura di Abramo, che esce dalla sua terra e rimane un pellegrino verso il futuro per tutta la sua vita; e questo movimento abramico rimane nell’atto della fede, è un essere pellegri- no soprattutto interiormente, ma deve anche esprimersi esteriormente. Qual- che volta, uscire dalla quotidianità, dal mondo dell’utile, dell’utilitarismo, uscire solo per essere realmente in cam- mino verso la trascendenza; trascende- re se stesso, trascendere la quotidianità e così trovare anche una nuova libertà, un tempo di ripensamento interiore, di identificazione di se stesso, di vedere l’altro, Dio, e così è anche il pellegri- naggio, sempre: non solo un uscire da se stesso verso il più grande, ma anche un andare insieme. Il pellegrinaggio ri- unisce: andiamo insieme verso l’altro e così ci troviamo reciprocamente. Basta dire che i cammini di San Giacomo sono un elemento nella formazione dell’unità spirituale del Continente europeo. Qui, peregrinando, si sono trovati, hanno tro- vato l’identità comune europea, e anche oggi rinasce questo movimento, questo bisogno di essere in movimento spiri- tualmente e fisicamente, di trovarsi l’un l’altro e di trovare così silenzio, libertà, rinnovamento, e trovare Dio. P. Lombardi. Grazie, Santità. E adesso spostiamo lo sguardo verso Barcellona. Quale significato può avere la consacrazione di un tempio come la Sagrada Familia all’inizio del secolo XXI? E c’è qualche aspet- to specifico della visione di Gaudí che L’ha colpita in particolare? Il Santo Padre. In realtà, questa cat- tedrale è anche un segno proprio per il nostro tempo. Trovo nella visione di Gaudí soprattutto tre elementi. Il primo, questa sintesi tra continuità e novità, tradizione e creatività. Gau- dí ha avuto questo coraggio di inserirsi nella grande tradizione delle cattedrali, di osare di nuovo, nel suo secolo - con una visione totalmente nuova - questa realtà: la cattedrale luogo dell’incontro tra Dio e l’uomo, in una grande solen- nità; e questo coraggio di rimanere nella tradizione, ma con un creatività nuova, che rinnova la tradizione e dimostra così l’unità della storia e il progresso della storia, è una cosa bella. Secondo. Gaudí voleva questo trinomio: libro della Natura, libro della Scrittura, libro della Liturgia. E questa sintesi proprio oggi è di grande importanza. Nella liturgia, la Scrittura diventa pre- sente, diventa realtà oggi: non è più una Scrittura di duemila anni fa, ma va ce- lebrata, realizzata. E nella celebrazione della Scrittura parla la creazione, parla il creato e trova la sua vera risposta, perché, come ci dice san Paolo, la crea- tura soffre, e, invece di essere distrutta, disprezzata, aspetta i figli di Dio, cioè quelli che la vedono nella luce di Dio. E così - penso - questa sintesi tra senso del creato, Scrittura e adorazione è pro- prio un messaggio molto importante per l’oggi. E, infine - terzo punto - questa cattedrale è nata da una devozione tipica dell’Ot- tocento: san Giuseppe, la Sacra Fami- glia di Nazareth, il mistero di Nazareth. Ma proprio questa devozione di ieri, si potrebbe dire, è di grandissima attuali- tà, perché il problema della famiglia, del rinnovamento della famiglia come cellula fondamentale della società, è il grande tema di oggi e ci indica dove possiamo andare sia nella costruzione della società sia nella unità tra fede e vita, tra religione e società. Famiglia è il tema fondamentale che si esprime qui, dicendo che Dio stesso si è fatto figlio in una famiglia e ci chiama a costruire e vivere la famiglia. P. Lombardi. Gaudí e la Sagrada Familia rappresentano con partico- lare efficacia il binomio fede-arte. Come può la fede ritrovare oggi il suo posto nel mondo dell’arte e della cultura? E’ questo uno dei temi importanti del Suo pontifica- to? Il Santo Padre. E’ così. Voi sapete che io insisto molto sulla relazione tra fede e ragione, che la fede, e la fede cristia- na, ha la sua identità solo nell’apertura alla ragione, e che la ragione diventa se stessa se si trascende verso la fede. Ma ugualmente importante è la relazione tra fede e arte, perché la verità, scopo, meta della ragione, si esprime nella bel- lezza e diventa se stessa nella bellezza, si prova come verità. Quindi dove c’è la verità deve nascere la bellezza, dove l’es- sere umano si realizza in modo corretto, buono, si esprime nella bellezza. La rela- zione tra verità e bellezza è inscindibile e perciò abbiamo bisogno della bellezza. Nella Chiesa, dall’inizio, anche nella grande modestia e povertà del tempo delle persecuzioni, l’arte, la pittura, l’esprimersi della salvezza di Dio nelle immagini del mondo, il canto, e poi an- che l’edificio, tutto questo è costitutivo per la Chiesa e rimane costitutivo per sempre. Così la Chiesa è stata madre delle arti per secoli e secoli: il grande tesoro dell’arte occidentale - sia musica, sia architettura, sia pittura - è nato dal- la fede all’interno della Chiesa. Oggi c’è un certo “dissenso”, ma questo fa male sia all’arte, sia alla fede: l’arte che per- desse la radice della trascendenza, non andrebbe più verso Dio, sarebbe un’arte dimezzata, perderebbe la radice viva; e una fede che avesse l’arte solo nel pas- sato, non sarebbe più fede nel presente; ed oggi deve esprimersi di nuovo come verità, che è sempre presente. Perciò il dialogo o l’incontro, direi l’insieme, tra arte e fede è inscritto nella più profonda essenza della fede; dobbiamo fare di tut- to perché anche oggi la fede si esprima in autentica arte, come Gaudí, nella continuità e nella novità, e che l’arte non perda il contatto con la fede. P. Lombardi. In questi mesi si sta avviando il nuovo Dicastero per la “nuova evangelizzazione”. E molti si sono domandati se proprio la Spagna, con gli sviluppi della se- colarizzazione e della diminuzione rapida della pratica religiosa, sia uno dei Paesi a cui Lei ha pensato come obiettivo per questo nuovo Dicastero, o addirittura se non ne sia l’obiettivo principale. Questa è la nostra domanda. Il Santo Padre. Con questo Dicastero ho pensato di per sé al mondo intero per- ché la novità del pensiero, la difficoltà di pensare nei concetti della Scrittura, della teologia, è universale, ma c’è natu- ralmente un centro e questo è il mondo Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 51 occidentale con il suo secolarismo, la sua laicità, e la continuità della fede che deve cercare di rinnovarsi per essere fede oggi e per rispondere alla sfida del- la laicità. Nell’Occidente tutti i grandi Paesi hanno il loro proprio modo di vi- vere questo problema: abbiamo avuto ad esempio i viaggi in Francia, nella Re- pubblica Ceca, nel Regno Unito, dove dappertutto è presente in modo specifi- co per ciascuna nazione, per ciascuna storia, lo stesso problema, e questo vale anche in modo forte per la Spagna. La Spagna è stata, da sempre, un Paese “originario” della fede; pensiamo che la rinascita del cattolicesimo nell’epo- ca moderna avviene soprattutto grazie alla Spagna; figure come sant’Ignazio di Loyola, santa Teresa d’Avila e san Giovanni d’Avila, sono figure che han- no realmente rinnovato il cattolicesimo, hanno formato la fisionomia del catto- licesimo moderno. Ma è ugualmente vero che in Spagna è nata anche una laicità, un anticlericalismo, un secola- rismo forte e aggressivo, come abbiamo visto proprio negli anni Trenta, e que- sta disputa, più questo scontro tra fede e modernità, ambedue molto vivaci, si realizza anche oggi di nuovo in Spagna: perciò per il futuro della fede e dell’in- contro - non lo scontro, ma l’incontro tra fede e laicità - ha un punto centrale an- che proprio nella cultura spagnola. In questo senso, ho pensato a tutti i grandi Paesi dell’Occidente, ma soprattutto an- che alla Spagna. P. Lombardi. Con il viaggio a Madrid dell’anno prossimo per la Giornata Mondiale della Gioven- tù, Lei avrà fatto tre viaggi in Spa- gna, cosa che non avviene per nes- sun altro Paese. Come mai questo privilegio? E’ un segno di amore o di particolare preoccupazione? Il Santo Padre. Naturalmente è un segno di amore. Si potrebbe dire che è per caso che vengo tre volte in Spagna. La prima, il grande incontro internazio- nale delle famiglie, a Valencia: come potrebbe essere assente il Papa, se le famiglie del mondo si incontrano? Il prossimo anno la Gmg, l’incontro della gioventù del mondo a Madrid, e il Papa non può essere assente in questa occa- sione. E, infine, abbiamo l’Anno Santo di San Giacomo, abbiamo la consacra- zione, dopo più di cento anni di lavoro, della cattedrale della Sagrada Familia di Barcellona, come potrebbe non venire il Papa? Di per sé, quindi, le occasioni sono le sfide, quasi una necessità di an- darci, ma il fatto che proprio in Spagna si concentrino tante occasioni, mostra anche che è realmente un Paese pieno di dinamismo, pieno di forza della fede, e la fede risponde alle sfide che sono ugualmente presenti in Spagna; perciò diciamo: il caso ha fatto sì che venga, ma questo caso dimostra una realtà più profonda, la forza della fede e la forza della sfida per la fede. P. Lombardi. Grazie, Santità. E ora se vuole dire qualche altra cosa per con- cludere questo nostro incontro. C’è qual- che messaggio particolare che Lei spera di dare alla Spagna e al mondo di oggi con questo viaggio? Il Santo Padre. Io direi che questo viag- gio ha due temi. Ha il tema del pellegri- naggio, dell’essere in cammino, e ha il tema della bellezza, della espressione del- la verità nella bellezza, della continuità tra tradizione e rinnovamento. Io penso che questi due temi del viaggio siano anche un messaggio: essere in cammino, non perdere il cammino della fede, cer- care la bellezza della fede, la novità e la tradizione della fede che sa esprimersi e sa incon- trarsi con la bellezza moderna, con il mon- do di oggi. Grazie. P. Lom- b a r d i . Grazie a Lei, Santi- tà, di ave- re passato 52 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International questo tempo con noi e di averci dato anche queste risposte così bel- le. Credo che questo viaggio sia in particolare un bel viaggio per i temi che affronta, per le circostanze che andremo a vivere insieme e credo che tutti noi che siamo qui presen- ti come comunicatori cercheremo di accompagnare e collaborare nel modo migliore perché Lei possa dare il Suo messaggio di gioia e di speranza. Grazie, Santità! IN COMUNIONE CON IL PAPA, MENTRE di Daniel Arasa Sr. 62))5,92 1 Le riflessioni di un giornalista catalano, uomo di fede, sulla visita del Papa a Barcelona, seguita non dalla sala stampa, come di consueto, ma dal letto di un ospedale. H o vissuto intensamente il viaggio del Papa a Barcel- lona. Ma è stato in una forma non prevista… forse seguendo quel detto che afferma che l’uo- mo propone e Dio dispone. Po- che ore prima dello stesso saba- to dell’arrivo di Benedetto XVI alla capitale catalana, un im- provviso problema di salute mi ha messo “fuori gioco”. Sono stato ricoverato quello stesso giorno e poi sono dovuto rima- nere a casa nella serata di sabato e la domenica, impossibilitato a partecipare agli eventi previ- sti, pur essendone accreditato. Avevo collaborato e partecipato all’organizzazione delle attività per il viaggio del Papa, avevo in- coraggiato altri a partecipare ... e finalmente io stesso sono stato assente. Anche se inizial- mente mi è sem- brato una brutta cosa, è stato in realtà una carez- za di Dio perché tutto concorre al bene. Ho potuto seguire il viaggio attraverso l’am- pia copertura televisiva e mi sono unito in ogni momento al Papa. Ho pregato per i frutti del suo viaggio, offerto i piccoli do- lori, ho seguito tanti dettagli che forse passano inosservati quan- do si è sul posto, più coinvolto dall’ambiente. Sicuramente mi ter- rò per ricordo il pass dell’accreditamento stampa che mi ga- rantiva di essere fisi- camente più vicino al Papa e che non è mai stato utilizzato. Questa mobilità li- mitata può aiutare a crescere interior- mente ed a riflettere su alcune delle cose che ho visto. Permettetemi di spiegarne alcune. ANTICLERICALISMO .- Le parole del Papa sull’anti-clericali- smo (in viaggio v e r s o Santia- go): Si può di- scutere se era o p p o r- tuno il suo rife- r i m e n - to agli A n n i 30 (ndr: anni di forte persecuzione religiosa in Spagna) ma chi è “al corrente” può dubitare di tale anticleri- calismo? Io andrei anche oltre. Almeno in Catalogna, c’è un chiaro e diffuso atteggiamento anti-religioso, e non soltanto an- ticlericale. Chi, con tutti i suoi fallimenti, errori e limiti, cerca di essere cristiano coerente in mezzo al mondo, lo sperimenta ogni giorno. Come sono messi a tacere dai media le nostre attivi- tà! Come siamo attaccati! Come ci sono stati tagliati gli aiuti pub- blici (di Stato) rispetto ad altri a cui sono dati con entrambe le mani! In diretta correlazione al viaggio del Papa, oltre l’atteggiamento del Governo, chi ha mai sentito che un comitato di lavoratori abbia convocato uno sciopero di domenica, come è successo nelle ferrovie della Generalitat (ndr: governo regionale)? Oppu- re la critica feroce e grossolana da parte di alcuni gruppi? GRUPPI ANTI .- I gruppi di oppositori al viaggio del Papa sono stati esaltati da alcuni me- Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 53 dia, che da diverse settimane prima all’evento hanno dedicato loro ampio spazio. Poi si è visto che nelle manifestazioni da essi promosse c’erano gruppi picco- lissimi. Dozzine di teoriche orga- nizzazioni che, alla fine, non riu- scivano a riunire più di qualche centinaio di persone. Ma ancora più importante, il basso livello di qualità. Gli scher- ni, l’esibizionismo dei transes- suali, i baci collettivi degli omo- sessuali, l’aggressività di alcuni no-global ecc .Tutto un panora- ma di alto livello intellettuale e ragionamento critico. GRANDEZZA DELLA LITUR- GIA .- La cerimonia liturgica della Sagrada Familia è stato di una grandezza e precisione me- ravigliose. È inutile dire altro. Al tempo stesso, è stato un esempio di capacità organizzativa, di per- fezione nel più piccolo dettaglio. GRANDEZZA DEL PAPA .- Il Papa proclama il suo messaggio, rilascia al mondo la dottrina di Cristo. Egli non si cura di essere ben visto. Non cerca né il succes- so né il consenso sociale. Spesso i cattolici, almeno alcuni, cerca- no di “adattare” i loro principi cristiani alle idee del mondo, quando dovrebbe essere all’in- verso. POLITICHE FAMILIARI .- An- cora una volta, il Papa ha fatto riferimento alla famiglia natura- le (non alla “tradizionale” come hanno detto alcuni media) e il diritto alla vita, dal concepi- mento alla morte naturale, ma questa volta ha parlato anche di politiche per la famiglia, dell’ob- bligo dello Stato e delle istituzio- ni pubbliche di aiutare la fami- glia ad assolvere il suo compito. A lui non importa parlare di casa e di lavoro casalingo. BELLEZZA DELLA SAGRA- DA FAMIGLIA .- Ricordano che alcuni pseudo-intellettuali parlavano di mettere giù il tem- po della Sagrada Familia o di trasformala in una stazione fer- roviaria? Facciano le loro conclu- sioni. Ho notato un particolare detta- glio architettonico dell’idea di Gaudí: 170 metri sarà l’altezza massima delle torri, un po’ infe- riore a quella di Montjuïc (ndr: collina nella zona sud di Barcel- lona). È un simbolo che “mai l’opera umana deve superare il lavoro di Dio”. QUELLI CHE HANNO SBA- GLIATO .- E’ doloroso dirlo, ma una parte dei parroci della dioce- si di Barcellona e dei responsa- bili delle scuole religiose di Bar- cellona non sono stati all’altezza. La realtà è che molte parrocchie ed scuole religiose non ha fatto nulla perché le famiglie ad esse collegate andassero a vedere, ac- clamare, ascoltare le parole del Papa. La mobilitazione è stata fatta più dai vari movimenti, una certa percentuale di scuole, alcune parrocchie ... Poco c’è sta- to da quelli che sono considerati i più “istituzionali”. SOCIETÀ FREDDA.- Mentre ritengo poco rilevanti le azioni dei gruppi anti-cattolici e anti- Papa, non posso non riconosce- re che parte della città di Barcel- lona è rimasta fredda di fronte al viaggio del Pontefice. Coloro che abbiamo appeso alle fine- stre e balconi bandiere o altro simile siamo stati una piccola minoranza, e in gran parte del percorso del Papa verso la Sagra- 54 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International da Famiglia colpiva che c’erano pochissime le persone in balconi e finestre. VISIONE DELLA DONNA .- Le suore che hanno addobato l’altare e preparato le vesti litur- giche hanno mostrato lo spirito di servizio e di sicuro che erano piene di entusiasmo. In fondo hanno fatto quello che fanno spesso le madri a casa. L’imma- gine esterna, però, non è stata buona. È stato suggerito che nella la Chiesa le donne sono lasciate ai lavori ausiliari, mentre “importanti” sono soltanto gli uomini. Non c’entra qui l’ammissione delle donne al sacerdozio, per- ché la dottrina dei dottori ne già parlato. Ho chiaro che le donne hanno parità di diritti agli uo- mini, anche nella Chiesa, ma si sbaglia chi solleva tali questioni in termini di “potere” piuttosto che “di servizio”. AMORE DEL POPOLO .- Di- cono che Benedetto XVI è fred- do, distante. Oltre a non essere vero, l’importante è vedere come lui si collega con le persone. I cri- stiani gli vogliono davvero bene. È il loro leader, il loro maestro, il loro padre. Tra i partecipanti sono stati ab- bondanti anche i giovani. Non tutti sono così lontani dalla Chiesa come è spesso dato per scontato. PERDERE LA PAURA .- Il viaggio del Papa ha mostrato in modo chiaro che anche in una Catalogna secolarizzata è molto il popolo cristiano disposto ad apparire come tale. Magari tanti perdessero la paura di dire che sono cristiani, anche se è chiaro che l’ambiente è ostile. Inoltre devono chiedere con umiltà, e esigere, il diritto al rispetto, per- ché sono troppi di frequente quelli impegnati ad attaccare i cattolici, la Chiesa, i sacerdoti ... a dare loro la colpa di ogni male, perché è gratuito. In conclusione.. Il viaggio del Papa nel difficile feudo di Bar- cellona è stato un successo per un uomo a cui non preoccupa il successo, perché la vera vit- toria è quella di presentare la dottrina di Cristo al mondo e attirare le persone a Lui. -------------- Giornalista, docente universita- rio alle Università Pompeu Fabra e CEU-Abad Oliva, scrittore, direttore di CinemaNet e padre di sette figli. 1 La versione originale di quest’articolo è stata pubblicata in spagnolo sul sito web www.forum- libertas.com il 10 novembre 2010. L’autore ha dato il permesso per la sua traduzione e riproduzione. Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 55 APPROFONDIMENTI di P. John M. Samaha, S.M. LA MADONNA DEL PILAR Avete mai sentito parlare della Madonna del Pilar? Ad eccezione di coloro che appartengono alla cultura LVSDQLFD LQSDUWLFRODUHJOLVSDJQROL HJOLDPDQWLGHOO¶+LVSDQLGDG OD%90 GHO3LODUQRQqFRQRVFLXWDFRPH altri famosi santuari mariani del mondo. Eppure, incredibile a dirsi, la sua storia precede la redazione dei Vangeli, fatto stupefacente che ci parla di quella che è la prima apparizione mariana della storia. Origine La tradizione narra che sette anni dopo la morte di Gesù, il 2 Gennaio del 40 D.C l’apo- stolo S.Giacomo il Maggiore, fratello di S.Giovanni, si se- dette stanco e affaticato presso le sponde del fiume Ebro in Spagna, una provincia che appariva all’Apostolo deci- samente refrattaria al Van- gelo; meglio lasciar perde- re pensava S.Giacomo. Ma proprio quel giorno La Madonna apparve all’apostolo in cima ad una colonna di pietra, e con parole incoraggian- ti lo rassicurò sul fatto che le popolazioni di quella provincia romana si sarebbero convertite al cristianesimo e che la loro fede sarebbe stata solida e duratura come la colonna di pietra sulla quale Ella era ap- parsa. A ricordo di questa ap- parizione della Vergine attor- no alla colonna venne eretto il primo santuario mariano del mondo. Da quel momento S.Giacomo intraprese con successo l’evangelizzazione dei popoli della penisola iberica. Scetticismo Molti probabilmente potreb- bero ritenere questi avveni- menti le solite leggende cat- toliche, utili solo a riempire le pagine delle guide turistiche e a fornire l’opportu- n i tà di parizione parla anche la nota stigmatizzata tedesca, ora bea- ta, Anna Caterina Emmerich, che descrive dettagliatamente l’avvenimento nel capitolo 14 del libro La Vita del nostro Si- gnore e Salvatore Gesù Cristo. L’apparizione del Pillar sem- bra incredibile, potrebbero af- fermare gli scettici razionalisti, a meno che uno sia sorretto da una fede incrollabile op- pure sia nato e cresciuto in quel contesto geografico, così come ogni messicano è legato a Guadalupe, ogni irlandese alla Madonna di Knock per non citare i casi di Lourdes e Fatima. La realtà v e n - d e r e souvenir mariani . Eppure non ci sono valide ragioni, ne sul piano na- turale ne su quello della fede, per non ritenere vera questa apparizione. Decisamente interessante ap- pare poi il fatto che dell’ap- 56 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International Per tutti i devoti della Vergi- ne, la Madonna non è solo la Madre di Dio e della Chiesa, Ella è soprattutto la loro Ma- dre. Anche coloro che sono tiepidi nella vita di fede, alme- no una volta all’anno si recano in qualche santuario mariano per pregarla ed onorarla. Lo stesso accade per la Madonna del Pillar, che coinvolge la vita di molti, in particolare di co- loro che portano il suo nome. In Spagna e in America Latina il nome, femminile, di “Pilar” è molto diffuso. Un tempo in Spagna quasi tutti indossava- no la medaglia dedicata alla Vergine del Pilar. Importantis- sima è stata inoltre l’apparizio- ne di Saragozza per la storia e la missione di molti movimen- ti e istituti religiosi, in partico- lare per la famiglia marianista fondata dal beato Guglielmo Chaminade. La devozione a Maria è qualcosa che non si può spiegare con la sociologia e la psicologia, essa va al di là dell’ identità nazionale e del desiderio inconscio di rassi- curazione e protezione. Essa trascende il tempo, le cul- ture e il pensiero razionale stesso. Tuttavia, anche se la ragione non può abbraccia- re il mistero di Maria nella sua interezza, ciò non vuol dire che la Vergine nel suo esistere e nella sua missione non sia un’entità realissima ed efficace. La Madonna del Pillar deve essere per noi un segno sicuro, una colonna della fede, che ci permetta di camminare sulle tracce di S.Giacomo alla sequela di Cristo. Le parole di Franz Werfel, scritte a conclusione del ro- manzo “ La canzone di Ber- nardette” riassumono forse al meglio le nostre riflessioni: “ per chi non crede nessuna spiegazione è possibile, per chi crede nessuna spiegazione è necessaria”. Nostra Signora del Pilar, prega per noi! 1RVWUD 6LJQRUD del Pilar Festa: 12 ottobre 'DWDGHOO¶DSSDUL]LRQH *HQQDLRGHO'& Il Santuario è la prima chiesa edificata in onore della Vergine. La Basilica attuale è stata costruita tra il 1681 e LO /¶HGLILFLR SUHFHdente venne distrutto da un incendio nel 1434. *OL DIIUHVFKL GHO SULPR ottocento, sono opera di )UDQFLVFR*R\D La statua in cima alla colonna è alta 30 cm. e raffigura la Madonna FRQ LO %DPELQR *HV che regge una colomba sulle mani. La statua originale venne distrutta QHOO¶LQFHQGLRGHOH quella attuale risale alla PHWj GHO TXLQGLFHVLPR secolo. Miracoli: durante la *XHUUD &LYLOH GHJOL DQQL trenta due bombe vennero sganciate da un aereo sul santuario ma nessuna delle due esplose. Esse sono ora esposte su di una parete interna della Chiesa. La Vergine del Pillar è patrona della Spagna ed è stata proclamata patrona di tutte le popolazioni ispaniche da parte GL *LRYDQQL 3DROR ,, QHO 1984. Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 57 SPECIALE “Duns Scoto” Film 3(5&+e,/&,1(0$&5,67,$122**," di P. Alfonso Maira Angelo Bruno FI Il successo di un film religioso realizzato da religiosi con mezzi poveri, galvanizza le aspirazioni GLFRORURFKHGHVLGHUDQRULFULVWLDQL]]DUHODFXOWXUDDWWUDYHUVRO¶DUWHHLPH]]LGHOODFRPXQLFD]LRQH)XTXHVWDO¶LGHDGL60DVVLPLOLDQR0.ROEHHGHOEHDWR*LDFRPR$OEHULRQH(¶RJJLXQD strada percorribile? I religiosi nel cinema Duns Scoto, lungometraggio di ottanta minuti, opera prima dei Francescani dell’Immacolata, ha ricevuto il premio come migliore film e migliore attore protagoni- sta, all’International Catholic Film Festival di Roma il 19 mag- gio 2011. Il riconoscimen- to, oltre a premia- re l’opera cine- matografica in sé e gratificare chi a livello professio- nale ed artistico vi ha profuso tempo ed energie, pre- mia soprattutto l’iniziativa corag- giosa di giovani re- ligiosi che hanno creduto nella set- tima arte sfidan- do e vincendo luoghi comuni e pregiudizi legati all’ingresso di religiosi nel cinema e nella co- municazione di massa. La vita consacrata è invitata a rendere conto dei carismi che ha ricevuto, manifestando nel modo migliore la propria pre- senza nel mondo dell’arte, della cultura e dei media. Nel Medio Evo la vita missio- naria e l’itineranza degli Ordini Mendicanti, Francescani e Do- menicani in particolare, era una novità nel modo di diffusione del Vangelo. Questa nuova for- ma di concepire l’evangelizza- zione e di fare apostolato oltre- 60 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International passava le frontiere degli spazi geografici divenuti sempre più ristretti. Oggi, come allora, l’umanità si trova alla svolta di un’era nuova nella quale è indispensabile di mettere in contatto le energie vi- vificanti del Vangelo con il mon- do moderno. Non si tratta dell’apertura al mondo per rima- nerne contami- nati, quanto del dovere dei cristia- ni di annunciare Cristo al mondo. Benedetto XVI usa la felice ana- logia del “cortile dei gentili” per indicare, non più la categoria spazia- le dell’antichità, ma la categoria culturale di oggi, dove con la forza della verità argomentata, si rea- lizza l’incontro con i pagani o i neo-pagani per la proposta del Vangelo. Gli apostoli, ad gentes, mossi e sostenuti dalla Spirito San- to, produssero dialogo e polemica, conversione e martirio. In una società scristianizza- ta in occidente e non cri- stiana nel sud o nell’orien- te del mondo, i religiosi sono vivamente interpellati per questa nuova sfida del- la Chiesa del Terzo Millen- nio. In virtù della loro voca- zione, i religiosi devono occupare oggi le prime linee di un combattimento per il trionfo della civiltà della verità e dell’amore. Un esempio concreto ci è offer- to nella vita del martire S. Mas- similiano M. Kolbe. Questo francescano ha saputo scoprire in una maniera profe- tica la ricchezza e la fecondità dell’apostolato della comunica- zione. Era cosciente che questo tipo di attività richiedeva un grande sacrificio insieme ad una pro- fonda spiritualità. Con generosità ed entusiasmo riuscì a mettere in piedi negli anni Trenta una delle più gran- di case editoriali della Polonia, iniziò la stessa attività in Giap- pone e voleva estenderla al re- sto del mondo. Una mente lucida e uno spirito profetico come quello del pa- dre Kolbe, non poteva misco- noscere la validità del cinema nel suo enorme potenziale e nelle applicazioni concrete che il suo utilizzo avrebbe potuto apportare a beneficio dell’apo- stolato. Eredi del carisma kolbiano i Francescani dell’Immacolata hanno voluto perpetuarne il pensiero e l’azione trovando stimolo nel settimo centenario della morte del glorioso teo- logo scozzese Giovanni Duns Scoto, il dottore dell’Immaco- lata, pietra miliare del pensiero francescano e punta di dia- mante della Scolastica. Scriveva S. Massimiliano Maria Kolbe: “Con l’aiuto dell’Imma- colata dobbiamo fare in modo che i fedeli Cavalieri dell’Im- macolata si trovino dappertut- to, ma specialmente nei posti più importanti, come: 1) l’educazione della gioventù (professori di istituti scientifici, maestri, società sportive); 2) la direzione dell’opinione delle masse (riviste, quotidiani, la loro redazione e diffusione, biblioteche pubbliche, biblio- teche circolanti, ecc., conferen- ze, proiezioni, cinematografi, ecc.); 3) le belle arti (scultura, pittu- ra, musica, teatro); e infine 4) i nostri militi dell’Immaco- lata divengano in ogni campo i pionieri e le guide nella scien- za (scienze naturali, storia, letteratura, medicina, diritto, scienze esatte, ecc.). Sotto il nostro influs- so e con l’assistenza della M.I. sorgano e si sviluppino i com- plessi industriali, commerciali, le banche, ecc. In una parola, la Milizia impre- gni tutto e in uno spirito sano guarisca, rafforzi e sviluppi alla maggior gloria di Dio per mezzo dell’Immacolata e per il bene dell’umanità. Il santo continuava: … Oltre a ciò, vengono da noi i pagani a chiedere spiegazioni su problemi religiosi e vogliono venire anche le donne pagane, ma non possiamo lasciarle en- trare all’interno (dalla parte della strada vi è già la recinzio- ne); di conseguenza occorre co- struire alla meglio qualcosa per loro nella nostra missione, ma fuori della clausura, vale a dire un parlatorio, una biblioteca di libri cattolici, una saletta per conferenze, per filmine, e così via. Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 61 Cinema tra aspirazio- ni e pregiudizi Il cinema ha una capacità forma- tiva ed educatrice come nessun altro mezzo di comunicazione. È creatore di cultura e, allo stesso tempo, rappresenta il migliore supporto pubblicitario. Hol- lywood, per esempio, ha vendu- to l’immagine dell’America in tutto il mondo, associando que- sta, di solito, a valori come liber- tà e democrazia, e a una maniera di vedere le cose prevalentemen- te ottimista, dove il successo ha un’importanza esagerata: “the american dream”. Accanto a questi valori, tutta- via, è innegabile che Hollywood esporta anche un certo tipo di vita non sempre condivisibile e sostenibile, ascrivibile al consu- mismo, l’edonismo, l’individua- lismo. Questo sicuramente spiega per- ché spesso e volentieri il mondo della comunicazione, il cinema, siano demonizzati o snobbati dai cattolici cosiddetti doc e, in maniera negligente, per non dire colpevole, dagli stessi reli- giosi e chierici. Per gli educatori della Chiesa che per sua natura si definisce “madre e maestra”, misconoscere le dinamiche e l’impatto sociale e culturale della comunicazione oggi, è un atteg- giamento omissivo, moralmente colpevole. Ridurre i media alla tecnica elettronica e informatica o con- fondere l’edutainement con i reality show e le soap opera se- riali, significa ignorare non solo cosa sono i media, ma, in senso figurato, perdere il diritto di cit- tadinanza nella società del Terzo Millennio. Non è un caso se ancora oggi, l’appartenenza a una nazione, intesa come aggregazione umana di chi si riconosce appartenente ad un’unica identità culturale, oltre i confini politici dello stato, si esprima attraverso la lingua. In Africa, in Asia, la lingua so- stituisce la carta d’identità per varcare le frontiere di stati più piccoli della nazione. La Passione di Cristo di Mel Gi- bson ha acceso una lampadina nella coscienza collettiva della Chiesa cristiana, mostrando a tutti la forza del cinema nella dif- fusione della buona novella. “Voglio essere il prossimo Mel Gibson!” gridò un giovane ad Hollywood alla sceneggiatrice d’ispirazione cristiana, Barbara Nicolosi . Con gli occhi scintillanti e soste- nuto dai cenni di approvazione dei suoi amici, quel ragazzo sui vent’anni di nome Jeremy, ema- nava la convinzione zelante di un crociato mentre si prepara a riconquistare la Terra Santa. “Mi dica cosa devo fare per re- alizzare la prossima Passione di Cristo!”. Improvvisamente balenò alla mente della sceneggiatrice il passo del Vangelo che racconta l’incontro tra Gesù e il giovane ricco. Gli rispose: “Lascia perdere tutto quello che hai e che stai facendo 62 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International ora, così da poterti buttare nello studio dell’arte cinematografica. Approfondisci la tua spiritualità e fai tutto quello che puoi per en- trare in una delle migliori scuole del cinema. Studia filosofia e teologia in modo che tu abbia qualcosa di vero da dire attraver- so i tuoi film. Leggi un mucchio di romanzi classici e scrivi centi- naia di pagine così da ottenere la padronanza della lingua come mezzo creativo. Sviluppa un for- te senso morale in modo da non venire risucchiato troppo facil- mente nel vortice dell’industria dello spettacolo”. Come il giovane ricco di Gesù, quel giovane si allontano triste. Credeva che fare film bastasse saper usare la cinepresa e l’isola di montaggio. La vita del filmmaker è sacrificio e attesa, non fuoco di paglia. Proprio il caso di Mel Gibson, tuttavia, deve far riflettere. Da strumento di evangelizzazio- ne, il cinema deve anche essere un luogo di evangleizzazione. Al regista o all’attore cristiano, in modo articolare, è necessario l’accompagnamento spirituale adeguato e costante per non su- bire i contraccolpi d’immagine e di credibilità di una vita inco- erente. L’opera evangelizzatrice all’inter- no del mondo del cinema è ne- ni che hanno una fede matura, molto raramente hanno la pas- sione, la perseveranza e la pro- fessionalità per avere successo nell’industria dello spettacolo. Esistono poi lobby religiose e culturali all’interno del cine- ma che sposano il new age o lo scientology di Tom Cruise e John Travolta. Ancora peggio quando vengono affidati a regi- sti reincarnazionisti o buddisti, fiction religiose e temi cristiani che meriterebbero più rispetto dai produttori e che generano confusione negli stessi cristiani sempre più ignoranti in materia di fede e morale. Anche se il panorama è desolan- te, ciò non significa che i cristiani non stiano facendo dei tentativi nella produzione cinematografi- ca e televisiva. Il problema è che questi sforzi non portano a nulla perché le loro paure le loro idee sbagliate li fanno stare in disparte, accusan- do, boicottando e elemosinan- do favori ai “pagani” affermati che hanno il potere di decidere quali storie verranno portate sul- lo schermo. L’intera Chiesa ha bisogno di pensare cosa significhi essere patrocinatore dell’arte in un am- biente post-cristiano. Dobbiamo discutere su come educare al meglio i nostri giova- ni artisti e i nostri professionisti dei media e su come massimiz- zare l’influenza di quei cristiani che hanno talento e carisma. Che cosa significa proporre una visone cristiana nel mondo dello spettacolo? Quando parliamo di un “cine- ma cristiano” non intendiamo un ghetto creativo che risponde all’adagio popolare del “noi ce la cantiamo e noi ce la suoniamo” in cui possiamo riunirci e fare film tra di noi e per noi. Bisogna interessarsi alle persone, ai cuori e alle menti di coloro a cui Dio ha dato il talento arti- stico e che in questo momento strano della storia dell’uomo si sono allontanati da Lui. I cristiani dovrebbero parlare di tutto in maniera “divina”. Il film risponde alla propensione dell’essere umano al coinvolgi- mento delle emozioni. L’Iliade e l’Odissea erano un modo razio- nale di trasmissione di esperien- ze vere o inventate. Catturano l’attenzione e tutte le facoltà co- noscitive, trasmettono, attraver- so gli eroi e le storie, esperienze sul significato della vita. Cono- scere la vita degli altri mi arric- chisce di dati. Conoscere la vita di santi, mi arricchisce di santità! cessaria non solo per chi fa parte di quel nucleo ristretto di artisti cristiani, ma per chi non lo è. Gli artisti che hanno talento e padronanza dell’arte molto rara- mente credono in Dio e i cristia- Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 63 Cinema come luogo di evangelizzazione Oggigiorno noi siamo continua- mente ossessionati dalla ricerca della “cultura” analizziamo criti- chiamo ma non riusciamo a far niente se non puntare il dito di accusa contro Hollywood. Abbiamo lasciato il compito di definire l’esperienza umana at- traverso i mass media a persone con una visione del mondo radi- calmente laicizzata. Non c’è da meravigliarsi dun- que se accendendo la televisione vediamo persone comportarsi come se avessero una mentalità atea. L’ironia della sorte ha fatto sì che noi, che siamo chiamati ad esse- re esempio di amore per il mon- do, siamo finiti per rappresenta- re tutto ciò che c’è di freddo e insopportabile nell’immagina- rio popolare. E non c’è qualcosa di vero? Allontanandoci sempre più dalla Hollywood secolarizza- ta non abbiamo infatti voltato le spalle proprio a coloro che Cristo ci aveva chiesto di servire: tutte le persone alla ricerca di qualche cosa, i disperati, la gen- te priva della verità e della grazia salvifica del Vangelo? Puntare il dito contro Hollywo- od è stata una mossa errata che deve essere abbandonata. Nel 1999 un gruppetto di scrit- tori e produttori cristiani di Hol- lywood ha scoperto di avere una convinzione comune: se deve esserci un rinnovamento spiri- tuale a Hollywood, questo deve venire dal suo interno. Hanno capito che le proteste, le campa- gne tramite lettere e le dita pun- tate non servono a nulla, che il cambiamento può iniziare solo negli studios cinematografici, negli uffici delle reti televisive, nelle agenzie dei talenti e sui set. Hanno capito che le persone dell’industria dello spettacolo sono importanti quanto i pro- dotti che ne escono. Per fare questo hanno bisogno di persone, ma non di persone qualsiasi: Persone che siano con- temporaneamente apostoli e ar- tisti, che amino l’industria dello spettacolo, che nel lavoro siano devote alla verità e alla bellezza e che nella vita combattano per essere esempi dell’amore e della verità di Cristo. Nella cosiddetta “epoca d’oro” degli anni Trenta e Quaran- ta, una sensibilità cristiana era chiaramente evidente nei film di John Ford, Alfred Hitchcock e Frank Capra, solo per citare gli esempi più significativi. Ci furono anche alcune stelle del cinema, come per esempio Irene Dunne e Loretta Young, il cui ruolo professionale rifletteva va- lori spirituali. Una volta l’arte e la cultura popolare dei cristiani erano all’avanguardia. Durante il periodo del Rinasci- mento abbiamo innalzato l’arte e la musica raggiungendo nuovi livelli di raffinatezza, abbiamo sviluppato la tecnica della pittu- ra realista e grandiose sinfonie di varia complessità. Fino a poco tempo fa la Chiesa ha ispirato la creazione di nuovi generi musicali. La genesi del cinema può essere già rintracciata nelle proiezioni realizzate dai missionari in Cina mediante la Lanterna Magica. La Bibbia va oltre il semplice di- datticismo presentando la verità attraverso espedienti letterari come per esempio i simboli, me- tafore e allegorie. Nei Vangeli Gesù racconta para- bole e utilizza iperboli. Molto similmente le buone sto- rie comunicano una verità uni- versale; esse propongono raccon- ti esagerati di esperienze vissute dall’uomo capaci di attestare, insegnare e ispirare. I supereroi proponevano essen- zialmente valori biblici: com- piere buone azioni in segreto, il rispetto per l’autorità, la lealtà, la pazienza, la bontà, la lotta per la verità, il sacrificarsi per un amico o per un vicino, il rifiuto di utilizzare il potere per scopi personali, la difesa dei deboli e degli oppressi l’importanza della famiglia, la difesa della giustizia. Questo spirito di idealismo è stato portato sul grande scher- mo. Molto prima che film come Spider-Man rendessero celebri le parole: “Un grande potere impli- ca una grande responsabilità” i “cinefili” le conoscevano a me- moria. In un’epoca in cui il supereroe ha catturato l’immaginazione di così tanti milioni di persone in tutto il mondo, dobbiamo inco- raggiare una nuova generazione di artisti innovatori, uomini e donne dalle idee grandiose i grado di far fronte a questioni difficili. Oggigiorno i cristiani, non più leader dell’innovazione artistica, si trovano ai margini dell’am- biente culturale. Mentre i cri- stiani evangelici hanno caparbia- mente sostenuto l’efficacia della parola verbale o scritta, il resto della società ha fatto sempre più affidamento sull’arte visiva e me- taforica. La parola scritta non esaurisce l’intero processo di comunica- zione di Dio. Si potrà uscire da questa “caver- na di Platone?” Ci sono segni che annunziano che la Chiesa sta iniziando a uti- lizzare questi mezzi per diffonde- re il Vangelo. L’International Catholic Film Festival di Roma, creato e voluto da Liana Marabini, produttrice, regista ed editore, sotto l’Alto Pa- tronato del Pontificio Consiglio per la Cultura, ha l’obiettivo di presentare la Chiesa da una nuo- va prospettiva: glamour e tradi- zione allo stesso tempo. Mirabile Dictu (Bello da dire, in latino) è un luogo privilegiato di incontro tra attori, registi, creatori di film, accomunati dall’interesse per la storia e i valori della Chiesa. Il premio del Festival, “Il Pesce d’Argento”, è ispirato al primo simbolo cristiano. In alcuni Paesi il film del we- ekend ha sostituito, per molte persone, l’effetto che prima ave- va l’omelia della domenica. In questa linea, si capisce, credo, la denominazione che alcuni han- no dato al cinema: The Church of the Masses. Uno andava in Chiesa pun- tualmente, ogni settimana, per ascoltare il messaggio di dottrina cristiana. Oggi uno va, entra in quella sala oscura ed è trasporta- to per due ore in un mondo di- verso dal suo, che ha le sue pro- prie legge, ha i suoi valori (che molte volte non coincidono con quelli del mondo per così dire reale) e che, consapevole o in- consapevolmente si fa portatore di una determinata “visione del uomo e del mondo” o, come ha detto il regista Terrence Malick, parlando dei suoi film, si fa por- tatore di un “senso delle cose”: Non è solo infatti questione di raccontare una storia. Si spera che il film riesca a trasmettere allo spettatore un senso delle cose (a sense of things)” quei perché del film, del cinema, di cui dicevamo all’inizio. Ecco quanto Giovanni Paolo II, novello beato, disse ai cineasti in occasione del centenario della nascita del cinema: “Il cinema gode di una ric- chezza di linguaggi, di una Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 65 molteplicità di stili e di una varie- tà di forme narrative veramente grande: dal realismo alla favo- la, dalla storia alla fantascienza, dall’avventura alla tragedia, dalla commedia alla cronaca, dal car- tone animato al documentario. Esso offre perciò un tesoro in- comparabile di mezzi espressivi per rappresentare i diversi campi in cui l’essere umano si situa e per interpretare la sua imprescin- dibile vocazione al bello, all’uni- versale e all’assoluto. Il cinema è un mezzo partico- larmente adatto a raccontare il mistero ineffabile che circonda il mondo e l’uomo. Per mezzo delle immagini, il regista dialoga con lo spettatore, gli trasmette il suo pensiero, lo spinge a metter- si di fronte a situazioni che non possono lasciare l’animo insensi- bile. Se oltre che con arte, egli sa esprimersi con responsabilità ed intelligenza, può offrire il suo spe- cifico contributo al grande dialo- go che esiste tra persone, popoli e civiltà. Egli diviene così, in certo modo, pedagogo non solo per i suoi contemporanei, ma anche per le generazione future, come avviene per ogni altro agente cul- turale”. Il cinema è dunque uno strumento sensibilissimo, capace di leggere nel tempo quei segni che a volte possono sfuggire allo sguardo di un osservatore fret- toloso. Quando ben usato, esso può contribuire alla crescita di un vero umanesimo e, in definiti- va, alla lode che dal creato si eleva verso il Creatore. E’ questo augu- rio “tutto francescano” che chie- diamo per il film che esalta un degno figlio del serafico, il beato Giovanni Duns Scoto, promosso dall’Ufficio Comunicazione dei Frati Francescani dell’Immaco- lata come preludio di una nuo- va sfida apostolica che inizia nel nome del precursore del dogma dell’Immacolata Concezione, di colui che la pregò dicendole: “Concedimi di lodarti o Vergine Maria dammi forza contro i tuoi nemici”! 66 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International INTERVISTE SUL SET di Anna Scordio ,OILOP³'XQV6FRWR´qGLYHQWDWRDQFKHXQDWHVLGLODXUHDDOO¶$Fcademia delle Belle Arti di Catania, discussa il 24 marzo 2011, JLRUQR GHOO¶DQWHSULPD GHO ILOP DO &DPSLGRJOLR GL 5RPD &DSLWDOH 3URSRQLDPR O¶LQWHUYLVWD GHOOD QHR ODXUHDWD al registasceneggiatore e al produttore. Anna Scordio, assistente di scenografia sul set ha inserito anche queste domande e risposte nella sua tesi. INTERVISTA A professionale ed estetica? regista e sceneggiatore di “Duns Scoto” All’inizio ho accettato di scri- vere la sceneggiatura perché ho una grande simpatia per il francescanesimo e perché padre Alfonso con la sua semplicità, povertà e intelligenza ha sapu- to incuriosirmi... La figura di Duns Scoto mi era sconosciuta ed era una occasione per cono- scere un grande filosofo e teolo- go... Ma il motivo più importante per il quale ho accettato in se- conda battuta anche la regia del film è stata l’assoluta libertà di espressione e la fiducia con cui p. Alfonso mi ha affidato questo lavoro. Po- tevo coinvolgere artisti che sti- mavo in una ricerca estetica profonda senza FERNANDO MURACA Come nasce il questo pro- getto “Duns Scoto”? Ci può raccontare il suo in- contro con il produttore, Padre Alfonso? I francescani cercavano uno del mestiere che scrivesse la sce- neggiatura di un film su Duns Scoto. Qualcuno gli ha segnalato il mio nome perché avevo già fatto un film a basso budget con buoni risultati. Cosa spinge un regista ad accogliere una tale sfida la preoccupazione dello share e senza la pressione di produttori prepotenti e ignoranti. In che modo ha avuto inizio la preparazione del film? Il primo lavoro vero è stato quello di scegliere i miei colla- boratori senza i quali non avrei potuto e saputo portare a compimento una sfida così difficile sia dal punto di vista produttivo che artistico. Proprio perché i soldi erano pochi c’era bisogno di persone di grande professionalità e che amassero la storia che andavamo a rac- contare. Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 67 E’stato semplice coinvolge- re i responsabili dei reparti a questo progetto? E’ stato bello! L’adesione piena di entusiasmo di artisti che sti- mavo mi ha convinto che il film che avevo in mano doveva essere bello. Se persone così preparate accettavano di collaborare no- nostante dovessero realizzare il film con un atteggiamento del tutto volontaristico, l’opera ci- nematografica poteva venire veramente alla luce. Com’è stata creata questa troupe? Attraverso i rapporti profes- sionali e umani costruiti negli anni ho cercato di coinvolgere le persone migliori che cono- scevo. Sapevo che non sarebbe stato facile per nessuno di noi. Sappiamo che questo film è stato girato con un bud- get molto basso; quali sono state le maggiori dif- ficoltà nella realizzazione del film? Com’è riuscito a girare in una location come quella di Montela- bate, con gli esigui mezzi economici che aveva a di- sposizione, essendo una lo- cation di importanti film? A volte capita che i miracoli succedono veramente! La loca- tion ci è stata offerta gratuita- mente dai proprietari. Hanno capito lo spirito del progetto e ci hanno aiutato. Di brava gente il mondo è pieno anche se vengono sempre in luce le cose negative che accadono nella so- cietà che ci circonda. Le difficoltà sono state tante ma sapevamo che ci sarebbero state. Le abbiamo affrontate con spirito di collaborazione e ognuno degli artisti e tecnici coinvolti ha dovuto spesso saper rinunciare a cose indispensabi- li. Qualche volta il film porta traccia di queste rinunce e sarebbe potuto essere più bello di quello che è. Eppure grazie alla creatività e alla generosa operosità di tutti siamo riusciti, credo, a fare un’opera di valore. Lei ha anche lavorato per importanti produzioni ; a quale cifra ammonta me- diamente la produzione di un film per la TV? Il budget dei film sono legati sempre alla storia che si raccon- ta, non si può generalizzare. Ci 68 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International sono film TV da un milione di euro e altri da cinque. Del resto questo non è il suo primo film low bud- get: ricordiamo il lungo- metraggio “è tempo di cambiare” girato nel 2008. Cosa porta un regista ad accettare la direzione di questo genere di produzio- ni? Per me la spinta a fare questi film e stata la necessità di rac- contare qualcosa che altrimenti non sarebbe stata conosciuta. E’ stata questa la principale motivazione. Nel primo caso c’era il desiderio di dar voce al grido di dolore di un popolo schiacciato dalla prepotenza della ‘ndrangheta. Per Duns Scoto la consapevolezza che nessun produttore in Italia avrebbe mai prodotto la sceneggiatura che avevo scritto ritenendola troppo colta, trop- po difficile... E invece le prime proiezioni col pubblico stanno dimostrando che anche una cosa difficile può essere apprezzata dalla gente comune... Le differenze così sostan- ziali di budget, compor- tano delle diversità anche nella qualità del prodotto? Se sì, quali? Certo, il limite dei mezzi e la quantità di tempo a disposizio- ne hanno sempre delle conse- guenze nella cura della qualità e nella piena manifestazione di una poetica narrativa. E’ come se un pittore dovesse fare un quadro avendo a disposizione solo pochi pennelli e colori. In un film fatto con risorse insuf- ficienti manca tutto: uomini, mezzi tecnici e soprattutto il tempo... Però il limite stimola molto la creatività e magari si riescono a inventare cose a cui non avresti mai pensato aven- do a disposizione tutti i mezzi necessari. Comunque, potendo scegliere, meglio partire da un impianto economico migliore. Meglio gestire i mezzi che inventarli... Passiamo alla storia del film: Giovanni Duns Sco- to è un personaggio diffi- cile da raccontare; come si è svolto il lavoro di scrittu- ra della sceneggiatura? Ho dovuto documentarmi bene studiando tanto. Mi sono reso conto che proporre nel film i testi di Scoto non era possibile. Sarebbero risultati incompren- sibili. E’ stato come comporre, oltre alla narrazione, un’opera di divulgazione scientifica. Mi sono stati certamente d’aiuto gli studi filosofici universitari senza i quali non avrei potuto affrontare la scrittura di questa sceneggiatura. Un personaggio così cari- smatico può essere anche difficile da interpretare; com’è arrivato alla scelta dell’attore protagonista, Adriano Braidotti? E come si è svolto il vostro lavoro insieme sul personaggio? Adriano Braidotti è stato una vera rivelazione anche per me che lo avevo scelto. Abbiamo lavorato molto prima del film. Bisognava entrare in un mon- do antico che parlava di cose sacre e spirituali. Un mondo molto lontano da noi. Ho cer- cato di costringere Adriano a cambiare pelle aiutandolo attraverso gli studi che avevo fatto ma anche pro- vocandolo e mettendolo in crisi. Quando mi sono reso conto che non aveva più bisogno di me ho lasciato che fosse lui stesso, da solo, a continuare la ricer- ca. Doveva trovare una chiave di lettura personale e mi sono reso conto che non avrebbe mai potuto farlo se io continuavo a suggerire e proporre... Ho capito che dove- vo rischiare di lasciarlo andare per la sua strada. Ci siamo ri- visti sul set. Mi sono ritrovato con un attore che davanti alla macchina da presa mi emozio- nava e stupiva. Adriano ha contribuito alla riuscita di que- sto film in modo determinante. Mentre giravo mi rendevo sem- pre di più conto che senza di lui non sarei mai riuscito, con così pochi mezzi, a realizzare un film di qualità. Ci sono delle differenze tra come aveva immaginato il film e il prodotto finito? No, direi di no. Il film corri- sponde al progetto che aveva- mo fatto insieme ai principali collaboratori. La cosa che mi ha stupito è il fatto che siamo riusciti a realizzarlo dopo aver- lo sognato. Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 69 Per la buona riuscita del progetto, quanto in- fluenza l’affiatamento professionale ed umano dei capireparto tra loro, e con i loro aiuti? In film con così pochi mezzi la sintonia umana e professionale non è un di più. E’ qualcosa senza la qua- le il film non è possibile. E’ stato uno degli aspetti più gratificanti e meglio riusciti in questo lavoro. Fernado Muraca, calabrese quarantaquattrenne, sposato con figli, residente a Roma. Membro del movimento dei ³)RFRODUL´KDYLQWRGLUHcente a Parigi il premio di migliore realizzazione cinematografica per gli spot VXOODVLFXUH]]DVWUDGDOHHD)LXJJLH7URSHD LO3UHPLR per la migliore attrice e migliore realizzazione con il ILOP³(¶WHPSRGLFDPELDUH´&RQ³'XQV6FRWR´KDYLQWRLOSUHPLRDOO¶,QWHUQDWLRQDO&DWKROLF)HVWLYDO)LOPGL Roma per la migliore realizzazione e il miglior attore SURWDJRQLVWD (¶ VWDWR UHJLVWD GL VHFRQGD XQLWj QHOOD ILFWLRQ5DL/X[9LGH³$XQSDVVRGDOFLHOR´ Sta attualmente dirigendo alcune puntate della serie WHOHYLVLYD³,OFRPPLVVDULR5H[´HVFULYHUjHGLULJHUjSHU LOFLQHPD³/DWHUUDGHLVDQWL´SURGRWWRGDOOD/X[9LGH 70 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 71 INTERVISTA A P. ALFONSO M. A. BRUNO produttore di “Duns Scoto” Come nasce questo proget- to? L’idea del film sul beato Gio- vanni Duns Scoto nasce nel 2007, da un vago desiderio degli studenti di filosofia e te- ologia dei Francescani dell’Im- macolata . Lo scopo era quello di far conoscere maggiormente al grande pubblico il maestro di una scuola di pensiero, nell’ap- prossimarsi del settimo cente- nario della sua morte. L’anno successivo il progetto ha inizia- to a prendere corpo grazie a un lavoro metodico e dedicato che mi ha visto coinvolto per pas- sione, per formazione accade- mica e per ruolo d’ufficio nella comunicazione del mio Istituto religioso. Dall’idea, quindi si è passati a un progetto e il pro- getto ci ha condotti verso prov- videnziali incontri con “addetti ai lavori” del mondo cinemato- grafico. Ci racconti il suo incontro con Fernando Muraca. Il carattere cosmopolita, ma anche la tradizione cinemato- grafica e culturale di una cit- tà come Roma, da dove siamo partiti per la pre-produzione, ci ha permesso d’incontrare una serie di persone e personaggi che vivono di cinema. Per un progetto come il nostro, tutta- via, oltre alle capacità artisti- che e tecniche era necessaria anche una certa sensibilità re- ligiosa. Interpretare la vita di un religioso del quale la Chiesa riconosce la pratica eroica delle virtù, non poteva prescindere da un minimo di conoscenza ed empatia col mondo del fran- cescanesimo e del medioevo cristiano. Quest’esigenza ha af- fievolito notevolmente la “rosa dei candidati”, ma paradossal- mente proprio questo ci ha per- messo di conoscere Fernando Muraca. Pochi, infatti, sono i registi cattolici che si dichiara- no tali e che trasmettono i valo- ri della loro fede nella professio- ne. In lui abbiamo intuito da subito la capacità di portare a termine il progetto, grazie alle sue motivazioni professionali, ma anche alla sua fede perso- nale. La scelta in questo caso è stata gratificata. Se da parte dei frati c’è stato l’ottimismo del neofita, da parte del regista c’è stata la sfida di costruire un film qualitativamente valido, dove la logica del profitto non fosse né la priorità, né il moven- 72 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International te dell’azione. Cosa porta un frate france- scano a voler produrre un film? C’è sempre stata in me la con- sapevolezza di quanto lo stru- mento cinematografico incida sulla cultura della società e la formazione delle coscienze. Di fronte a un innegabile de- ficit di contenuti umanizzanti nel nostro cinema contempo- raneo, ho sentito la vocazione di scendere in campo personal- mente con il supporto del mio istituto religioso. Il carisma francescano è infatti l’evangelizzazione alle masse con la parola e con l’esempio. Il cinema, come “settima arte”, sintetizza le varie forme di cre- atività e di espressione artisti- ca, capaci di elevare l’animo umano nella contemplazione del bello, del buono e del vero. Presentare un personaggio real- mente esistito, che ha concluso il suo ciclo storico lasciando non solo dottrina, ma esempi di virtù, esplicita questa mis- sione. Aveva già avuto esperienze lavorative di questo gene- re? Il mio istituto religioso, ispiran- dosi a S. Massimiliano Maria Kolbe, da circa quarant’anni è impegnato nell’attività di apo- stolato attraverso i mass-media (editoria, radio, televisione). Ave- vamo già prodotto diversi docu- mentari per la TV, ma per il ci- nema si è trattato di una prima esperienza di lungometraggio. Come è stato finanziato questo progetto? Come si è svolta la raccolta dei fondi? Il film è stato finanziato grazie a una vasta azione di solidarietà che rientra nella dinamica del- la “questua francescana”. C’è stato il concorso di tantissime persone di buona volontà che cumulando i loro sforzi ci hanno permesso di raggiungere il budget operativo. C’è però da aggiun- gere che tutti coloro che hanno prestato la loro azione professio- nale nella realizzazione del film si sono dimostrati poco esosi ed è doppiamente lodevole il fatto che questo non abbia influito negati- vamente sulla qualità. Come si è svolta la prepa- razione logistica del film e quali sono stati i mezzi impiegati? (per esempio la scelta della location, l’or- ganizzazione degli alloggi per il cast e la troupe, gli lontari, studenti di un istituto professionale alberghiero. spostamenti,ecc). Gli spostamenti sono stati as- Per la location la scelta è cadu- sunti dai pulmini dei nostri se- ta sull’abbazia di Montelabate, minari e dalla buona volontà di nei pressi di Gubbio. L’ambiente confratelli che si sono prestati da paesaggistico e la presenza di un autisti. antico monastero, rispondevano Anche la logistica prova come alle nostre esigenze. Alcuni mesi con un’azione congiunta e soli- prima dell’inizio delle riprese, il dale si siano potute sopprimere, regista stava effettuando in quel ad esempio, le spese alberghiere. luogo il back stage per una gran- de produzione. Il reggente dell’ab- Quali sono le maggiori diffi- bazia, coinvolto e sensibilizzato coltà che ha dovuto affron- sulla natura del progetto ha vo- tare? lentieri ceduto a titolo gratuito i luoghi. Premetto che la produzio- Penso che la maggiore difficol- ne che ci ha preceduti ha pagato tà è stata rappresentata dalla ventimila euro per settimana per logistica e dalla preoccupazione la messa a disposizione degli stes- sul set di ottimizzare le risorse disponibili con una certa quali- si luoghi. Per gli alloggi, a mezz’ora di au- tà estetica da dare al film. Altro tomobile da Montelabate, dispo- elemento d’incomodo è stato il nevamo di due foresterie annesse clima particolarmente rigido du- al santuario mariano di Cano- rante le riprese, compresi alcuni scio (PG) affidato alla cura pa- giorni di neve. C’è da dire tutta- storale del mio istituto religioso. via che proprio il periodo climati- I miei confratelli hanno volentie- camente avverso ha facilitato la ri messo a disposizione gli spazi disponibilità di persone e luoghi per il pernottamento di attori e che difficilmente avrebbero forse lavorato nei primi giorni di gen- troupe. Per il servizio catering abbiamo naio. improvvisato sul set una cucina nei locali del frantoio dell’abba- Si occupa anche lei della di- zia di Montelabate. Per le derra- stribuzione del film ? Quali te alimentari abbiamo contato strade sono state intraprese sulla solidarietà di vari conventi fino ad ora e quali ha inten- di zona e per i cuochi abbiamo zione di percorrere? coinvolto alcuni confratelli e vo- Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 73 Per la distribuzione del film, prima di parlare del circuito dell’home video, vorrei premette- re che in fase di post produzione la Technocolor di Roma ha vo- luto regalarci la pellicola. Nor- malmente una pellicola costa settemila euro, ma gli impresari di questa società, dopo essere ve- nuti a conoscenza della storia singolare di questo film, lodando la qualità fotografica, hanno vo- luto gratificarci con questo dono inaspettato. Il fatto di disporre di una pellicola di celluloide ci offre la possibilità di fare proiezioni anche nelle sale cinematografi- che e infatti abbiamo presenta- to già tre anteprime ad Ischia, Ferrara e Pesaro... Altro colpo di scena è la proposta degli orga- nizzatori della Giornata Mon- diale della Gioventù di Madrid 2011 di presentare a circa due milioni di giovani questo film. E’ per questo che ci stiamo pro- digando con lena per i sottotitoli in varie lingue, per essere pronti a questo grande appuntamento. Stiamo anche cercando di far vedere il film al papa Benedet- to XVI, data la sua particolare sensibilità culturale e filosofica, per poi iniziare la distribuzione del DVD nelle librerie cattoliche e nei nostri santuari. Nei nostri progetti c’è il desiderio di appro- dare a qualche rete televisiva nazionale, in Italia e all’estero, concorrere a qualche festival ci- nematografico del settore e tenta- re il circuito delle sale parrocchia- li che rappresentano una quota non trascurabile di potenziali spettatori. Ha intenzione di ripetere l’esperienza e di cimentarsi ancora nella produzione di altri film? Stiamo già lavorando al soggetto di altre produzioni cinematogra- fiche. La prima presenterà la storia di due sposi italiani, i co- niugi Settimio e Licia Manelli, dei quali è in corso il processo di beatificazione per la loro genero- sa apertura alla vita. Accolsero numerosi figli sotto la guida spi- rituale di un santo come p. Pio da Pietrelcina. L’adesione della loro volontà a un progetto di vita che richiedesse tanta fede e sacri- ficio è un esempio oggi a quei gio- vani che mancano di speranza e di fede e traducono questo loro vivere nell’incertezza decisionale da un punto di vista affettivo e genitoriale. c’è ancora tanta bontà su que- sta terra. Ho scoperto un mondo nuovo, di persone a cui piace il proprio lavoro, piene di talenti, ma non per questo avide. Il bene, purtroppo non fa notizia, ma è il motore della nostra società e merita maggiormente di essere propagandato. Oltre ad evange- lizzare attraverso il cinema, pen- so che il mondo stesso del cinema sia un luogo di evangelizzazione. Se aiutassimo gli operatori del cinema a valorizzare la propria vita spirituale, potremmo trasfor- mare anche i contenuti dal cine- ma stesso da banali e dissacranti a umanizzanti ed edificanti. Ho celebrato ogni giorno la S. Messa sul set. Da tre persone iniziali siamo arrivati a trenta e qualcu- no si è anche confessato in tutta spontaneità e libertà. La cultura cristiana ha tanto da dare anche al mondo del cinema e spero che con il nostro esempio, altri produttori d’ispirazione cristiana possano percorrere la stessa esperienza in una nobile emulazione. Come si è sentito quando ha trovato degli artisti e tecnici disposti a realizzare il film? Ho pensato che malgrado tutto, 74 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 75 &$57$'¶,'(17,7¬'(/),/0 di Fra’ Pasquale M. Gilbert Si tratta di una produzio- ne dei Frati Francescani dell’Immacolata - TVCO diretta da P. Alfonso M. A. Bruno con la regia di Fer- nando Muraca. Nel cast Adriano Braidotti nel ruo- lo di protagonista, Raffaele Proietti, Sebastiano Colla, Alessandro Chini, Camilla Diana e Emanuele Maria Gamboni nel ruolo del pic- colo Giovanni Duns Sco- to. E’ un lungometraggio di circa 90 minuti girato in alta definizione nell’abba- zia e nella tenuta di Monte- labate di Perugia e sulla co- sta anconetana in Italia. E’ una novità nell’attività di un istituto religioso come i Frati Francescani dell’Im- macolata che pur impegna- ti nell’apostolato dei mass media, in fedeltà al loro carisma che si ispira da vici- no a S. Massimiliano Maria Kolbe, si cimentano adesso nel cinema dopo qualche produzione documentari- stica. Scritto e diretto da Fernando Muraca, a par- tire dal libro di p. Stefano Maria Manelli, “Beato Gio- vanni Duns Scoto” pubbli- cato da Casa Mariana Edi- trice, il film esordisce con il drammatico momento nel quale il giovane professore francescano, fedele al Papa e integro di coscienza, si al- lontana dalla Sorbona per aver rinunciato a sottoscri- vere il libello del re Filippo il Bello contro Bonifacio VIII. Il suo andare verso Oxford non è solo un viag- gio nello spazio, ma anche nel tempo poiché confiderà a un giovane novizio che lo accompagna, la storia del- la sua vocazione. Nei flash back il ruolo di Duns Scoto bambino è interpretato dal piccolo Emanuele Maria Gamboni che già ha recita- to accanto a Gigi Proietti nel film Rai fiction – Lux Vide “Preferisco il Paradiso”. Duns Scoto rientrerà pochi anni dopo a Parigi ove pro- seguirà il suo insegnamento di alto livello instaurando un ottimo rapporto con i suoi studenti, ma anche suscitando gelosie. Gli sarà lanciato il guanto di sfida dai professori domenicani 76 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International sulla dimostrabilità dell’Im- macolata Concezione di Maria, teoria all’epoca an- cora controversa. A modo di contro trama, la storia del nobile Luis (Sebastiano Colla), studente della Sor- bona, che s’innamora di Maria una umile, ma bella e pia fanciulla, interpretata da Camilla Diana (S. Agne- se di Assisi nel film Chiara e Francesco di Fabrizio Co- sta) alterna drammaticità e speculazione a momenti di umanità al quotidiano. In- teressanti i dubbi e le idee eterodosse del giovane fra Guglielmo (di Occam) in- terpretato da Alessandro Chini, amorevolmente e puntualmente corretto pro- prio dal suo maestro Scoto. Il film si conclude nell’apo- teosi della vittoria di Duns Scoto riconosciuta dai le- gati papali nel corso della disputa teologica della Sor- bona. Durante le riprese e per le scene della disputa si è arrivati fino a cento com- parse con altrettante ripro- duzioni di abiti medievali curati da Angelo Poretti e Monica Sarracchini. La di- rezione della fotografia è sta- ta affidata a Massimo Lupi (Il commissario Rex) che ha ben saputo avvalorare esteti- camente le scene che si susse- guono in interni ed esterni, di notte e di giorno con l’uso di numerosi e suggestivi pia- ni sequenza. Il film è stato proiettato in anteprima in diverse sale cinematografiche (Ischia, Ferrara, Pesaro, Roma Cam- pidoglio, Teramo…) riscuo- tendo favorevoli consensi ed interesse della stampa. Ha partecipato e vinto all’In- ternational Catholic Film Festival di Roma il 19 mag- gio 2011 come miglior film in assoluto, su oltre 700 candidati alla nomination e migliore attore protagonista con Adriano Braidotti. E’ candidato a nuove competi- zioni. Distributori spagnoli, net- work statunitensi e francesi, sono interessati al doppiag- gio e alla distribuzione. E’ inserito tra i film ufficia- li che saranno proiettati du- rante la Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid il prossimo agosto 2011. Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 77 APPROFONDIMENTI di P. Alessandro M. Apollonio FI &+,Ê*,29$11,'8166&272" asce tra il 23 dicem- bre 1265 e il 17 marzo 1266 in un paesello deno- minato Duns, nella Sco- zia meridionale. Il papà si chiamava Niniano Duns. L’educazione familiare fu di quelle più genuine. In un testo antico è riporta- to un episodio alquanto straordinario della sua vita: da ragazzo il Beato Giovanni si affligge- va a causa dell’ottu- sità della sua mente, amava però lo studio e voleva applicarsi nell’approfondimen- to delle verità di fede. Con semplicità e fi- ducia il ragazzo fece ricorso alla Madre di ogni grazia e la suppli- cò di volergli aprire la mente; presto fatto! La Madonna apparendogli gli disse: “O mio piccolo devoto, molto ho gradito le preghiere e le lacrime che mi hai offerto. Hai indotto il mio cuore indulgente a commiserare il tuo stato e a consolare il tuo pian- to. Ed ecco che sono vicino a te, che sei così triste, per concederti ogni bene, se- condo il tuo volere. Sanerò dunque la deficienza del- la tua mente, e ti gioverò con le ricchezze del Figlio mio. Non per qualche tuo me- rito, ma per un dono cele- ste...”. Da quel giorno il Beato Giovanni non farà che sba- N lordire i compagni e gli inse- gnanti per le capacità di ap- prendimento, tan- to che il celebre storico francescano, W a d - ding, scriverà d i lui: “Scoto tanto rifulse, du- rante l’adolescenza, nello studio delle lettere, che ol- trepassò le forze umane e i limiti della natura, mostran- do così i particolari doni che aveva ricevuto da Dio per intercessione dell’Im- macolata, a lui apparsa”. Nel 1278, entrato giovanis- simo tra i frati Minori, gra- zie allo zio P. Elia Duns, stu- pirà per la serenità costante del suo volto, la luminosità 78 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International degli occhi puri, la genero- sità nel sacrificio, la solleci- tudine nel lavoro, la letizia nelle privazioni, l’ardore nell’orazione: ...tutto que- sto produce in un’anima la devozione a Maria. Nel 1291, il 17 marzo, vie- ne ordinato sacerdote dal Vescovo Oliviero Sutton, a circa 25 anni di età. Dal 1291 al 1293 studia in Scozia e poi in Inghilterra, all’università di Oxford. Inutile dire quanto potè edificare i professori: sa- piente, ma allo stesso tempo umile e raccolto, amava con- versare fra- ternamente con tutti e di tutti aveva un’alta stima, sor- rideva sempre. Ciò che colpiva nella sua vita era una sincera obbe- dienza al Sommo Pontefice di cui dette prova nel 1303, quando dovette abbandonare Parigi, non condividendo il documen- to con cui il Re di Francia, Filippo il Bello, voleva ap- pellarsi contro il Papa Boni- facio VIII. Raggiunge l’apoteosi a Pa- rigi, nel 1307, nella celebre Università “La Sorbona”, ove dinanzi a tutto il corpo accademico, difese la dot- trina sull’Immacolata Con- cezione di Maria. Si narra che il Beato, prima della disputa, passando dinanzi ad una statua in pietra della Madonna, si fermò qualche attimo, alzò gli occhi verso di Lei e le disse con un filo di come testimone di fede”. Lo voce supplichevole: “Fammi stesso Papa lo beatificò il 20 degno di lodarti, o Vergine marzo 1993. Santa; dammi forza contro i tuoi ne- mici”. A questa sup- plica la dolce Regina rispose con un segno visibile prodi- gioso: la testa della statua si mosse inchinandosi ver- so il Beato come per dirgli: “Sì, ti dono tutta la forza”. Arrivato il momento della disputa, il Beato Giovanni espose con concetti sottili e luminosi la verità sull’Imma- colata Conce- zione; quale non fu la sorpresa dei profes- sori e degli studenti dinanzi a tanta sublimità di parole e di pensiero. Tutti non pote- rono che gridare all’unisono: “Scoto ha vinto!”. Sul finire del 1307 il Beato venne mandato dai Superio- ri a Colonia per illustrare e difendere il privilegio maria- no contro gli eretici Beguar- di. Povero e dimesso come sempre, partì senza tenten- namenti alla volta di quella che sarebbe stata la sua ulti- ma di- mora terrena. Secon- do un’antica tradizione morì durante una controversia, pronunciando le sue ultime parole in difesa della Madre di Dio, sfinito dalla fatica, dalla penitenza, ma vittorio- so cavaliere di Cristo nello schiacciare la testa al demo- nio. Il suo corpo è oggi venerato nella storica Chiesa di Santa Croce, dei francescani, a Co- lonia in Germania, ove il Vi- cario di Cri- sto Giovanni Pa- olo II, il 15 novembre 1980, rese omaggio alla tomba del Beato, chiamandolo molto espressivamente: “Potente torre che svetta verso il cielo Preghiera per ottene- re la canonizzazione del Beato Giovanni Duns Scoto Altissimo, Onnipotente, buon Signore, che esalti gli umili e confondi i su- perbi, concedici la grande gioia di vedere canoniz- zato il Beato Giovanni Duns Scoto. Egli ha onorato il tuo Figlio con lodi altissime, per primo di- fese l’Im- macolato Concepimen- to della Vergine Maria, è vissuto eroicamente nell’obbedienza al Papa, alla Chiesa e all’Ordine Francescano. O Padre santissimo, Dio d’amore infinito, ti sup- plichiamo, ascolta la no- stra umile preghiera, per i meriti del tuo Unigenito Figlio e della sua Madre Corredentrice e Sposa del- lo Spirito Santo. (1 Gloria) Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 79 APPROFONDIMENTI di P. Girolamo M. Pica FI LA COMMISSIONE SCOTISTA Intervista a P. Barnaba Hechic - Presidente della Commissione Padre Barnaba, potete spie- garci che cos’è la Commis- sione Scotista e come fun- ziona? La Commissione Scotista prende nome da Giovanni Duns Scoto; “scoto” dal latino scotus che vuol dire scozzese, “commissione” per- ché formata da diversi membri, inizialmente solo francescani, ora anche da un frate francesca- no dell’Immacolata che serve il Padre Girolamo. La Commissione è stata fon- data nel 1938, qui a Roma, mentre prima c’era una vice- commissione o meglio una sotto- commissione a Quaracchi; lì, infatti, erano presenti diverse sotto-commissioni, tra cui anche quella scotista che, quando Pa- dre Balic con la sua tesi e con altri studi si è manifestato come il più valente conoscitore della dottrina di Duns Scoto e dell’im- portanza più o meno grande dei manoscritti uno rispetto all’al- tro, è stata trasferita a Roma. La commissione, dunque, è sta- ta affidata dalla Curia generale a Padre Balic come direttore di tutti i collaboratori che si sarebbe trovati perchè “autorizzati” dal- la stessa Curia generale a farne parte. Inizialmente la commissione era formata da diversi membri, più di dieci; alcuni italiani, altri tedeschi e parecchi croati. Padre Balic aveva tante conoscenze e amicizie in Croazia, in partico- lare nella sua provincia e quindi, è riuscito ad avere la collabora- zione di questi soci che, appunto, sono giunti a Roma per lavorare insieme con lui. La Commissione, dapprima, aveva iniziato i lavori per la causa di Duns Scoto in quanto non si poteva beatificare o rico- noscerne il culto di beato (che tra l’altro gli era già stato attribuito in diverse parti, particolarmente nella cattedrale di Nola), se non si effettuava prima una esamina precisa e accurata dei suoi scritti autentici. Quindi, era necessario verificare quali scritti fossero au- tentici e quali spuri. Eliminati gli spuri , bisognava procedere con la pubblicazione degli scritti autentici in edizione critica, in maniera che si sapesse esatta- mente quello che era il testo di Duns Scoto e quelle che, even- tualmente, erano interpolazioni o manipolazioni dei discepoli. Inizialmente, la commissione, aveva questo scopo, poi, succes- sivamente, si è sentito anche il bisogno di fare un edizione criti- ca “a livello scientifico”. E come era stata fatta per San Tomma- so, per San Bonaventura, per Sant’ Alessandro e tanti altri, così si sentiva la necessità che anche per Duns Scoto gli scien- ziati avessero l’edizione critica delle opere, potendo, in questo modo, sapere e studiare l’opera autentica e il pensiero autentico dell’autore. 80 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International Sì, e allora finora quali ope- re sono state pubblicate? Adesso a cosa state lavoran- do? In un primo momento , il la- voro si era basato sulla lettura; si pensava, infatti, di fare un ordine cronologico delle opere, ma poi, visto che non era possi- bile stabilirne uno autentico, in quanto storicamente non abbia- mo documenti precisi, allora si è pensato di passare all’Ordina- tio che è l’ultima opera di Duns Scoto, la più importante. Come è accaduto con l’edizione di San Tommaso, che ha cominciato col pubblicare la Summa The- ologiae, l’opera più rilevante e una delle ultime, così per Duns Scoto si è iniziato il lavoro con l’Ordinatio. Inizialmente, nel 1950, (quindi, in realtà, dal 1938 al 1950), il lavoro si è caratterizzato della ri- cerca in tutte le biblioteche d’Eu- ropa, da parte di alcuni Padri, dei manoscritti, della fotografia o dei microfilm dei manoscritti. Fatto questo, il lavoro iniziale è stato assolutamente fondamen- tale per completare tra l’altro i manoscritti già presenti alla commissione di Quaracchi por- tati, poi, a Roma. Completato, dunque, l’elenco dei manoscritti e una volta avuti le fotografie o i microfilm, si è iniziato lo stu- dio, stabilendo i manoscritti più importanti, quelli meno e si è scoperto o meglio si è verificato il “manoscritto fondamentale” ovvero il codice 137 della Biblio- teca di Assisi, il più importante di tutti, senza il quale sarebbe stato quasi impossibile fare un edizione critica di Duns Scoto. I primi due volumi sono usciti nel 1950, e sono stati presenta- ti in occasione di un congresso scotistico internazionale. Ne- gli anni successivi l’edizione è continuata e siamo arrivati a pubblicare tutto il libro (primo, secondo, terzo) e adesso stia- mo promulgando il quarto, del quale sono stati pubblicati già i primi due volumi e il terzo sul quale stiamo lavorando e che è ormai prossimo alla pubblicazio- ne, riguarda i sacramenti, cioè la continuazione degli altri due. Oltre questa edizione della Ordi- natio si è pensato di pubblicare anche l’opera parallela, antece- dente naturalmente a quest’ul- tima, cioè le prime lezioni che ha fatto Duns Scoto. L’opera si chiama Lectura, poi insieme ad essa ci sono anche le Reportatio- nes ma parliamo degli scritti dei discepoli mentre il maestro par- lava; ma la cosa importante era avere l’opera autentica di Scoto, quale l’Ordinatio e la Lectura. Per quest’ultima ci sono i primi tre libri e i commenti e il quar- to Duns Scoto non l’ha fatto, quindi la Lectura è uscita tut- ta. Per il volume dell’Ordinatio manca ancora oltre, e quello che stiamo pubblicando adesso sarà il 13esimo, mancherà ancora il 14esimo che comprenderà i Novissimi. Il 15esimo è previsto come volume in cui sarà fatto l’indice generale analitico delle opere citate e l’indice anche dot- trinale di tutti e quattro i libri. Ecco, questo è, quindi, il lavoro che è stato fatto e contempora- neamente a noi, ma molto più tardivamente l’Istituto di San Bonaventura in America con la facoltà teologica di Washington, hanno iniziato la pubblicazio- ne delle opere filosofiche. Sono usciti, finora, cinque volumi; le opere filosofiche di Duns Scoto, adesso stanno attendendo alla preparazione dell’ edizione criti- ca delle Reportationes, che per- metteranno di avere un’ idea chiara di quello che Duns Scoto insegnava. Saranno pubblicate non separatamente ma in edi- zione incolonnata come sinossi e in maniera che si veda subito, argomento per argomento quel- lo che era il suo pensiero e come Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 81 i discepoli siano riusciti, in qual- che ti sporchi”. Dio, allora, in è la festa della Madonna di Lou- che modo, a recepirlo e a scriver- previsione dei meriti di Cristo, rdes) la Madonna ha dichiarato lo attraverso le loro annotazioni. (quindi sempre merito di Cristo), a Bernadette di essere l’Immaco- ha preservato Maria dal peccato lata Concezione. Certo, grazie Padre, un’al- originale in quanto doveva essere Orbene, siccome San Tommaso tra domanda; come mai la Madre del Figlio di Dio e non era considerato il grande Dottore Duns Scoto non ha ricevuto era conveniente, anzi era total- della Chiesa, e addirittura si era la stessa considerazione di mente sconveniente a Dio che la arrivati ad imporlo come unico San Tommaso d’Aquino? Madre di Suo Figlio, fosse stata dottore da studiare, tutti gli altri Perché così tanto tempo, anche per un momento schia- dovevano essere eliminati. Duns Scoto si oppone alla prima di riconoscerne il dottrina di Tommaso riguar- valore dottrinale? do l’Immacolata, e per que- sto, venne quasi considerato San Tommaso d’Aquino è un mezzo eretico, motivo in stato, prima di tutto, impo- più per eliminarlo dalla scuo- sto dagli stessi domenicani la. al loro ordine, poi, successi- Per i domenicani, come si è vamente, è stato “imposto” espresso Thomas of Sutton all’insegnamento negli istitu- che è contemporaneo di Duns ti teologici di tutta la Chiesa Scoto, “San Tommaso omnes ed è diventato, quindi, una difficultates theologiae suffi- sorta di maestro principale cienter delucidavit” cioè tutte della Dottrina Teologica. le difficoltà della teologia le Però, insieme con San Tom- ha sufficientemente spiega- maso, logicamente, e senza te San Tommaso, dunque, imposizioni da parte dei continua Thomas of Sutton, superiori, sono stati sempre non c’è più bisogno di scrivere studiati San Bonaventura e libri di teologia, per cui i libri Duns Scoto. di Duns Scoto sono completa- C’è una differenza abissale mente inutili. tra Duns Scoto e San Tom- maso per quanto riguarda Grazie Padre, un’ulti- la verità dell’Immacolata ma domanda. Potrebbe concezione di Maria Santis- Scoto essere proclamato sima. San Tommaso, come Dottore della Chiesa? del resto San Bonaventura e altri autori medievali, non Prima era impossibile, poichè riusciva a spiegare come Cri- c’era questa opposizione pre- sto è Redentore universale di concetta nei suoi confronti, tutti e dunque anche della oggi la cosa è fattibile, ma è Madonna; ma se Maria necessario che prima venga non ha peccato, se in Lei non c’è il peccato originale o va del maligno. Quindi questa dichiarato santo e la causa della altri peccati insieme con quello, dottrina, cioè della redenzione canonizzazione è in corso, non allora da che cosa l’ha redenta? preservativa di Maria, di Duns so quando e come sarà ultimata Duns Scoto riesce a capire me- Scoto che egli insegna molto ma, certamente, se sarà ultima- glio questa dottrina e si pone la chiaramente, pian piano pren- ta, allora la proclamazione del domanda “Io ti posso salvare in de piede, arrivando poi, al dog- dottorato di Duns Scoto è più due modi: o pulendoti dopo che ma di Pio IX nel 1854, mentre che fattibile o meglio realizzabile ti sei sporcato oppure impedendo quattro anni dopo, (proprio oggi e probabilmente così sarà. 82 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 83 DOSSIER MISSIONARIO A D G E N T E S LA CHIESA IN GIAPPONE di Goemon Kamatari (VRUGLDPRODUXEULFDPLVVLRQDULDFRQXQGRVVLHUVXO*LDSpone colpito nel mese di marzo da un violento terremoto HWVXQDPLFKHKDSURYRFDWRPLJOLDLDGLYLWWLPH (¶ DPRGR GLVROLGDULHWjYHUVRLIUDWHOOLGLTXHOODWHUUDORQWDQDHGLHGLILFD]LRQHFRPXQHQHOO¶DSSURIRQGLUHOHYLFHQGHGHLFULVWLDQL nipponici da sempre perseguitati. La Chiesa cattolica del Giappone è parte della Chiesa Cattolica uni- versale, sotto la guida spirituale del 3DSD H GHOOD 6DQWD 6HGH ,O 3DHVH diviso in 13 diocesi e 3 arcidiocesi. Storia L’evangelizzazione del Giappone ha una precisa data d’inizio: il 15 ago- sto 1549, giorno in cui lo spagnolo Francesco Saverio (Francisco Javier, fondatore insieme a Ignazio di Lo- yola dell’Ordine dei gesuiti) sbarcò nell’arcipelago provenendo dalla pe- nisola di Malacca. La prima comuni- tà cristiana venne fondata nell’isola di Kyushu, la più meridionale tra le quattro grandi isole che formano l’arcipelago. Ai gesuiti seguirono i frati francescani. Gli stranieri che al tempo pervenivano da sud in Giap- pone a bordo delle loro navi di co- lore scuro (kuro hune = nave nera), per distinguerle dalle navi giappone- si realizzate in bambù, generalmente di colore più chiaro, erano definiti Nan Ban (barbari del sud) poiché considerati persone rozze e poco col- te, per il semplice fatto di non prati- care le usanze e i costumi del paese. Nel corso del XVI secolo la comu- nità cattolica crebbe fino a superare le 300.000 unità. La città costiera di Nagasaki ne era il centro principale. I missionari italiani, nella loro ope- ra di evangelizzazione, seguivano le norme redatte dal gesuita Alessan- dro Valignano (1539-1606), autore del fondamentale Cerimoniale per i missionari in Giappone. L’uomo forte al potere, lo Shogunato To- kugawa, comprese ben presto che i gesuiti, attraverso l’opera evangeliz- zatrice stavano influendo sulla dina- stia imperiale, di fatto esautorata e relegata in una funzione meramente simbolica, per cercare di estromette- re lo shogunato e, quindi, interpre- tò i cristiani nel loro complesso e, i “Nan Ban” in generale, come una PLQDFFLDDOODVWDELOLW GHOVXRSRWHUH Nel 1587, dato che l’opera dei gesui- ti e dei saveriani continuava (inizial- mente non era messa in discussio- ne la libertà religiosa, ma l’attività SROLWLFD GHOOD FRPSDJQLD GL *HV lo shogun (capo politico e militare) Hideyoshi, “Maresciallo della Coro- na” a Nagasaki, emise un editto che ingiungeva ai missionari stranieri di lasciare il Paese. Tuttavia questi non si diedero per vinti e continuarono a operare in modo sotterraneo. Dieci anni dopo cominciarono le prime persecuzioni. Il 5 febbraio 1597 ventisei cristiani (6 francescani, 3 gesuiti e 17 giapponesi) venivano crocifissi. Nel 1614 lo shogun To- kugawa Ieyasu, dominus del Giap- SRQH EDQG FRQ XQ DOWUR HGLWWR LO 84 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International Cristianesimo e vietò ai cristiani giapponesi di praticare la loro reli- gione. Il 14 maggio di quell’anno si teneva l’ultima processione lungo le strade di Nagasaki, che toccava sette delle undici chiese cittadine esisten- ti; tutte furono successivamente de- molite. Ma i cristiani continuarono a professare la fede in modo sotter- raneo. Nacque l’epoca dei kakure kirishitan (“cristiani nascosti”). La politica del regime divenne sempre più repressiva. Una rivolta popolare scoppiò a Shimabara, vicino Naga- saki, tra il 1637 e il 1638. Animata principalmente da contadini, e ca- peggiata dal samurai cristiano Shiro Amakusa, la rivolta venne soppres- sa nel sangue, e ad essa seguirono parecchie esecuzioni sommarie dei sostenitori. Si calcola che vennero massacrati 40.000 convertiti. Nel 1641 lo shogun Tokugawa Iemitsu YDU XQGHFUHWRFKHVXFFHVVLYDPHQWH divenne noto come sakoku (“Paese blindato”), con il quale proibì ogni forma di contatto tra la popolazione giapponese e gli stranieri. Da allora i cristiani crearono una simbologia, una ritualità, persino un linguaggio tutto loro, incomprensibile al di fuo- ri delle comunità di appartenenza. Per due secoli e mezzo l’unica porta aperta al commercio con l’Europa e con il continente asiatico rimaneva Nagasaki. Il porto, i suoi dintorni e le isole al largo della costa (Hirado, Narushima, Iki) offrirono rifugio a quello che restava della cristianità. Senza sacerdoti e senza chiese, i cat- tolici si organizzarono da soli: il capo villaggio dirigeva la comunità e conservava il calendario cristiano e i libri sacri; il catechista insegnava ai bambini; il battezzatore amministrava il pri- mo sacramento; l’annunziatore visitava le famiglie per annunciare la domenica, le fe- ste cristiane, i giorni di digiuno e di astinenza. Nel 1853, su pressione degli Stati Uniti che, con l’ammiraglio Per- ry attuò il blocco navale e forzò il Giappone a trattare con il governo americano l’apertura dei suoi por- ti al commercio con l’Occidente, il Paese fu riaperto ai rapporti con l’estero. Anche se il proselitismo era ancora vietato, giunsero molti mis- sionari di fede cattolica, protestante e ortodossa. Il cristianesimo ancora una volta entrò nel paese attraverso le rotte dei commerci e delle amba- scerie, sbarcando nei porti di Kobe e di Yokohama. Nel 1862 Papa Pio IX canonizzò i ventisei cristiani martirizzati nel 1597. Con la “Re- staurazione Meiji” del 1871 venne poi introdotta la libertà religiosa, riconoscendo così alle comunità cri- stiane il diritto all’esistenza. Venne- ro costruite nuove chiese, in buona parte ispirate ai modelli francesi. Il messaggio cristiano poté diffonden- dosi nelle città mercantili come Osa- ka e Sendai, fino ad arrivare nell’al- lora capitale Kyoto. Comunità di cistercensi si spinsero negli ostili territori settentrionali di Honshu e DQFRUDROWUHO¶+RNNDLG ILQRDOO¶LQL- zio del XX secolo. Dopo gli anni difficili del milita- rismo nipponico e della Seconda guerra mondiale, si riscontrò una certa ripresa della comunità catto- lica. Nel 1981 Giovanni Paolo II fu il pri- mo Papa a visitare il Paese. Oggi le comunità cattoliche sono concentrate in un’area omogenea (dalla forma triangolare) compresa tra l’isola di Hirado a nord, l’arcipe- lago di Goto ad ovest e la città di Na- gasaki ad est; Alcuni edifici cattolici sono stati dichiarati “tesori nazio- nali”. Il Giappone ha anche stilato una lista di monumenti da presen- tare all’Unesco, in cui figurano 47 edifici costruiti tra il 1864 (chiesa di Oura, su progetto del missionario francese Pierre-Théodore Fraineau) ed il 1938, oltre alla nuova Cattedra- le di Urakami, costruita nel 1959 e la chiesa dei 26 Martiri, edificata nel 1962. Il 24 novembre 2008 188 martiri cattolici, torturati e uccisi tra il 1603 ed il 1639 (tutti laici tranne il gesui- ta Padre Kibe), sono stati beatificati FRQXQDFHULPRQLDFKHVL VYROWDD Nagasaki, presente Benedetto XVI. L’ex premier Taro Aso, del Partito /LEHUDOGHPRFUDWLFR GL IHGH FDWWR- lica come pure suo nonno Shigeru Yoshida. Un altro premier cattolico fu, tra le due guerre, Takashi Hara, il primo premier cristiano del Sol Levante. Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 85 A D G E N T E S LE APPARIZIONI MARIANE DI DI AKITA di Arisa Yukiyo $NLWDqODORFDOLWjGHO*LDSSRQHGRYHdal 1973 al 1981, si manifestarono fatti straordinari a una suora coreana, sr. Agnese .DWVXNR6DVDJDZD /D0DGRQQDOHDSSDUYHWUHYROWH DQQXQciando cataclismi ed invitando alla preghiera di riparazione specie per i sacerdoti infedeli. L e apparizioni di Akita, in Giap- pone, hanno per protagonista suor Agnese Katsuko Sasagawa, una religiosa dell’Ordine delle Ser- ve dell’Eucaristia. Il 12 giugno 1973, suor Agnese sen- te una voce (la religiosa è completa- mente sorda), e mentre prega vede una luce brillante provenire dal ta- bernacolo, questo fenomeno si veri- fica per diversi giorni. Il 28 giugno, sulla sua mano sinistra appare una ferita a forma di croce, è molto dolorosa e le provoca una copiosa perdita di sangue. Il 6 luglio, il giorno della prima ap- parizione, vede prima il suo angelo custode e poi sente una voce prove- nire dalla statua della Vergine Ma- ria. Lo stesso giorno alcune delle sue consorelle notano del sangue uscire dalla mano destra della statua. Il sangue fuoriesce da una ferita a for- ma di croce identica a quella di suor Sasagawa. Di lì a poco suor Agnese riceve dalla Madonna un messaggio nel quale le viene chiesto di pregare per il Papa, i vescovi e i sacerdoti e in riparazione ai mali degli uomini. Nella seconda apparizione, il 3 ago- sto, la Vergine dice tra l’altro a suor Agnese: “...Affinché il mondo possa conoscere la Sua ira, il Padre Cele- ste si sta preparando a infliggere un grande Castigo su tutta l’umani- tà...”. Il 13 Ottobre 1973, riceve l’ultimo e più importante messaggio nel quale la Madonna dà alcune importanti indicazioni sulla natura e sulle con- seguenze del Castigo. Si tratterà di una punizione più grande del Dilu- vio (dei tempi di Noè) e avrà luogo per mezzo del fuoco dal Cielo che annienterà gran parte dell’umanità, buoni e cattivi, senza risparmiare né religiosi né fedeli. Inoltre la Santa Vergine parla delle divisioni, della corruzione e delle persecuzioni che interesseranno la Chiesa, ad opera del Maligno, in un futuro prossimo. L’angelo che visitò la prima volta suor Agnese, ha conti- nuato a parlarle per i 6 anni seguenti. Il 4 gennaio 1975 la sta- tua di legno dalla qua- le suor Agnese aveva udito provenire la voce della Vergine inizia a lacrimare. La statuetta ha pianto per 101 volte nel corso dei sei anni e 8 mesi successivi. Una “troupe” televisi- va giapponese, mentre realizzava un servizio sugli eventi di Akita, ha potuto filmare la 86 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International statua della Madonna mentre pian- geva. In diverse occasioni, la statua della Madonna, ha anche sudato profu- samente e, secondo vari testimoni, il sudore emanava un dolce profu- mo. Sul palmo della mano destra è apparsa una ferita a forma di croce dalla quale stillava del sangue. Cen- tinaia di persone sono state testimo- ni diretti di questi eventi prodigiosi. Diverse indagini scientifiche sono state eseguite sul sangue e sulle la- crime prodotte dalla statua. Le ana- lisi condotte dal professor Sagisaka della Facoltà di Medicina Legale dell’Università di Akita, hanno con- fermato che il sangue, le lacrime e il sudore erano veri e di origine uma- na. Erano di tre gruppi sanguigni: 0, B e AB. Nel 1981, una donna coreana, la si- gnora Chun, con un cancro al cer- vello in fase terminale ottenne una guarigione immediata mentre prega- va davanti alla statuetta. Il miracolo venne confermato dal dottor Tong- Woo-Kim dell’ospedale St. Paul Ho- spital di Seul e da don Theisen pre- sidente del Tribunale Ecclesiastico dell’Arcidiocesi di Seul. Il secondo miracolo fu la completa guarigione dalla totale sordità di suor Agnese Sasagawa. Nell’aprile del 1984 monsignor John Shojiro Ito, vescovo di Niiga- ta in Giappone, dopo un’ampia e approfondita investigazione durata diversi anni, dichiarò che gli avveni- menti di Akita sono da considerarsi di origine soprannaturale e autoriz- zò nell’intera diocesi la venerazione della Santa Madre di Akita. Il vescovo affermò: “Il messaggio di Akita è la continuazione del mes- saggio di Fatima”. Lacrime e messaggi di Nostra Si- gnora di Akita (Giappone) Un im- portante messaggio di conversione per il mondo Nel 1984, un po’ prima di andare in pensione , il Vescovo diocesano di Niigata, John Shojiro Ito in con- sultazione con la Santa Sede, scris- se una lettera pastorale nella quale riconobbe come essendo autentica- mente della Madre di Dio, la serie straordinaria degli eventi avvenuti da 1973 a 1981 riguardo ad una statua della “Signora dei Popoli” in un piccolo convento della diocesi di Akita, Giappone. Il primo messaggio ricevuto da Suora Agnes Katsuko Sasagawa il 6 Giugno 1973, era una chiamata alla preghiera e al Sacrificio per la gloria del Padre e la salvezza delle anime. Il secondo Messaggio il 3 Agosto 1973 era per la preghiera, la penitenza e i sacrifici coraggiosi per addolcire l’ira del Padre. Il terzo messaggio il 13 Ottobre 1973, nell’anniversario dell’ultima apparizione e del miracolo di Fati- ma è il seguente: “Come vi dissi, se gli uomini non si pentono e miglio- rino loro stessi, il Padre infliggerà un terribile castigo su tutta l’uma- nità. Sarà un castigo più grande del diluvio, come non si sarà mai visto prima. Il fuoco cadrà dal cielo e farà morire una grande parte dell’uma- nità, i buoni e i cattivi, non rispar- miando né preti né fedeli. I soprav- vissuti si troveranno così desolati che invidieranno i morti. Le uniche armi che rimarranno per voi saran- no il Rosario e il Segno lasciato a voi da mio Figlio. Recitate ogni giorno, la preghiere del Rosario. Col Rosa- rio, pregate per il Papa, i vescovi e i sacerdoti . L’opera del diavolo si infiltrerà anche nella Chiesa in un modo tale che vedrete cardinali con- tro cardinali e vescovi contro altri vescovi. I preti che mi venerano sa- ranno disprezzati e saranno avversa- ti dai loro confratelli. La Chiesa e gli altari saranno danneggiati. La Chie- sa sarà piena di quelli che accettano i compromessi e il demonio spinge- rà molti preti e anime consacrate a lasciare il servizio del Dio. Il demo- nio infurierà specialmente contro le anime consacrate. Il pensiero della perdita di tante anime è la causa della mia tristezza. Se i peccati au- mentano in numero e gravità, non ci sarà più perdono per loro.” Nella sua lettera pastorale che ap- prova gli eventi di Akita come so- prannaturali , il Vescovo di Niigata disse: “Dopo le indagini condotte fino al giorno presente, non si può negare il carattere soprannaturale di una serie di eventi inspiegabili della statua della Vergine onorata a Akita (Diocesi di Niigata). Di conseguen- za autorizzo che in tutta la diocesi affidata a me si veneri la Santa Ma- dre di Akita.” Sua Eccellenza disse riguardo ai messaggi: “Riguardo al contenuto dei messaggi ricevuti, essi non sono contrari alla dottrina cattolica o ai buoni costumi. Quando uno pensa allo stato attuale del mondo, l’avver- timento sembra corrispondere in molti punti”. Sua Eccellenza spiegò che a lui c’è voluto otto anni per dare questo giudizio a causa dell’im- portanza e della responsabilità della questione. “La Congregazione per la Dottrina della Fede mi ha dato istruzioni in questo senso”; il Vesco- vo ha detto, “che solamente il vesco- vo della diocesi in questione ha il potere di riconoscere un evento di questo genere.” Nostra Signora accentuò l’impor- tanza di pregare il Rosario, e soprat- tutto di accettare da Dio qualunque cosa Egli possa mandare nel corso di ogni giorno ... le sofferenze quo- tidiane e offrirle in riparazione dei molti peccati commessi in tutto il mondo in questo tempo. Nostra Si- gnora implorò specialmente di pre- gare per i vescovi, i preti e i religiosi, e in riparazione di fronte al Santissi- mo Sacramento. Nostra Signora disse: “Ho prevenu- to la venuta di calamità offrendo al Padre, insieme a tutte le anime vittime che lo consolano, le soffe- renze sopportate da mio Figlio sulla Croce, il Suo sangue e la Sua Anima diletta. La Preghiera, la penitenza, e i sacrifici coraggiosi placano l’ira del Padre.” Alla comunità religiosa e piccola locale Nostra Signora diede messag- gi; chiese che “viva nella povertà, si santifichi e preghi in riparazione per l’ingratitudine e l’oltraggio di così molti uomini.” “Affinché il mondo conosca la Sua Ira, il Padre celeste si sta preparan- do ad infliggere un grande castigo Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 87 A D G E N T E S su tutta l’umanità. Con mio Figlio sono intervenuta tante volte per pla- care la collera del Padre . Ho preve- nuto l’arrivo di calamità offrendogli le sofferenze del Figlio sulla Croce, il Suo Sangue Prezioso insieme alle anime dilette che lo consolano for- mando una schiera di anime vitti- me. Preghiera, penitenza e sacrifici coraggiosi possono ammorbidire l’ira del Padre. Desidero anche que- sto dalla tua comunità ... che ami la povertà, si santifichi e preghi in riparazione per l’ingratitudine e gli oltraggi di tanti uomini. Reciti a memoria la preghiera delle Serve dell’Eucaristia con consapevo- lezza del suo significato; lo metta in pratica; offra in riparazione dei pec- cati tutto quello che Dio può man- dare. Lasci che ognuno si comporti secondo la sua capacità e posizione, per offrirsi completamente a Dio.” “Anche in un istituto secolare la preghiera è necessaria. Già alcune anime che desiderano pregare si stanno radunando insieme. Senza dare troppo attenzione alla forma, sia fedele e fervente in preghiera per consolare il Maestro .” Dopo un si- lenzio: “E’ vero quello che pensi nel tuo cuore? Sei veramente decisa di di- venire una pietra respinta? Mia no- vizia, tu che vuoi appartenere senza riserva al Signore, divenire la sposa degna dello Sposo, fa’ i tuoi voti sapendo che devi essere inchiodata alla Croce con tre chiodi. Questi tre chiodi sono la povertà, la castità, e l’obbedienza. Dei tre 88 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International l’obbedienza ne è il fondamento. In abbandono totale, lasciati guidare dalla tua superiore. Lei saprà come capirti e dirigerti.” Giugno 1988 - Città di Vaticano - l’allora Cardinale Joseph Ratzinger, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede ha dato un giu- dizio definitivo sugli eventi di Akita i cui messaggi sono affidabili e degni di fede. La statua della Beata Vergine Ma- ria presso il convento delle Serve dell’Eucarestia ad Akita (la statua, nel corso degli anni, ha fatto regi- strare numerosi fenomeni sopranna- turali) ,0,5$&2/$7,'(//¶$720,&$ di Michinori Masaki Sono in pochi a sapere della storia di quattro gesuiti sopravvissuti miracolosamente alla deIODJUD]LRQHGHOODERPEDDWRPLFD 5LPDVHURLOOHVLLQPH]]RDXQD³SDOODGLIXRFR´ XQRVSRVWDPHQWRG¶DULDFKHIHFHFUROODUHWXWWHOHFDVHLQWRUQRHXQIDOOGRZQUDGLDWWLYRFKHQRQFROSu ORURSHUQLHQWH$WWULEXLURQRLOPLUDFRORDOO¶LQWHUFHVVLRQHGHOOD0DGRQQDGL)DWLPDGHOODTXDOH si erano proposti di diffondereil messaggio e la devozione del Rosario. Lo scopo era di annientare Hiroshi- ma per distruggere il potere militare giapponese. Ma la Madonna, la Re- gina del Rosario, ha protetto mira- colosamente una piccola comunità di quattro padri gesuiti, che viveva- no nella casa parrocchiale, a soltan- to otto isolati dal centro dell’esplo- sione. Padre Hubert Schiffer aveva 30 anni e lavorava nella parrocchia dell’Assunzione di Maria, a Hiro- shima. Ha dato la sua testimonian- za davanti a decine di migliaia di persone: “Attorno a me c’era sol- tanto una luce abbagliante. Tutto a un tratto, tutto si riempì istantane- amente da una esplosione terribile. Sono stato scaraventato nell’aria. Poi si è fatto tutto buio, silenzio, niente. Mi sono trovato su una tra- ve di legno spaccata, con la faccia verso il basso. Il sangue scorreva sulla guancia. Non ho visto niente, non ho sentito niente. Ho creduto di essere morto. Poi ho sentito la mia propria voce. Questo è stato il più terribile di tutti quegli eventi. Mi ha fatto capire che ero ancora vivo e ho cominciato a rendermi conto che c’era stata una terribile ca- tastrofe! Per un giorno intero i miei tre confratelli ed io siamo stati in questo inferno di fuoco, di fumo e radiazioni, finché siamo stati trovati ed aiutati da soccorritori. Tutti era- vamo feriti, ma con la grazia di Dio siamo sopravvissuti”. Nessuno sa spiegare con logica umana, perché questi quattro padri gesuiti furono i soli sopravvissuti entro un raggio di 1.500 metri. Per tutti gli esperti rimane un enigma, perché nessuno dei quattro padri è rimasto conta- minato dalla radiazione atomica, e perché la loro casa, la casa parroc- chiale, era ancora in piedi, mentre tutte le altre case intorno erano sta- te distrutte e bruciate. Anche i 200 medici americani e giapponesi che, secondo le loro stesse testimonian- ze, hanno esaminato padre Schiffer, non hanno trovato nessuna spiega- zione a perché mai, dopo 33 anni dallo scoppio, il padre non soffriva nessuna conseguenza dell’esplosio- ne atomica e continuava a vivere in buona salute. Perplessi, hanno avuto tutti sempre la stessa risposta alle tante loro domande: “Come missionari abbiamo voluto vivere nel nostro paese il messaggio della Madonna di Fatima e perciò abbia- mo pregato tutti i giorni il Rosario.” Ecco il messaggio pieno di speranza di Hiroshima: La preghiera del Ro- sario è più forte della bomba atomi- ca! Oggi, nel centro della città rico- struita di Hiroshima, si trova una chiesa dedicata alla Madonna. Le 15 vetrate mostrano i 15 misteri del Ro- sario, che si prega in questa chiesa giorno e notte. Un altro racconto di padre Schiffer aggiunge che avevano appena finito di dire Messa, e si era- no recati a fare colazione, quando la bomba cadde: “Improvvisamente, una terrificante esplosione riempì l’aria come di una tempesta di fuo- co. Una forza invisibile mi tolse dalla sedia, mi scagliò attraverso l’aria, mi sbalzò, mi buttò, mi fece volteggiare come una foglia in una raffica di vento d’autun- no.” Quando riaprì gli occhi, egli, guardandosi intorno, vide che non vi erano più edifici in piedi, fatta eccezione per la casa parroc- chiale. Tutti gli altri in un raggio di circa 1,5 chilometri, si raccon- ta, morirono immediatamente, e quelli più distanti morirono in pochi giorni per le radiazioni gamma. Tuttavia, il solo danno fisico che padre Schiffer accusò, fu quello di sentire alcuni pezzi di vetro dietro il collo. Dopo la resa del Giappone, i medici dell’eser- Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 89 A D G E N T E S NAGASAKI: UN CRIMINE DI GUERRA RIMOSSO di Michinori Masaki ,O*LDSSRQHQHOHUDRUDPDLLQJLQRFFKLR 0ROWLVLFKLHGRQRLOVHQVRVWUDWHJLFRGHOO¶XVR GHOOHERPEHDWRPLFKHDJXHUUDTXDVLILQLWD$1DJDVDNLLQSDUWLFRODUHVLFRQFHQWUDYDSLGHO GHOODSRSROD]LRQHFDWWROLFDJLDSSRQHVH 3HUFKpIXVFHOWDSURSULRTXHOODFLWWj"4XDOFXQR oggi ha il coraggio di rompere il silenzio su un crimine di guerra. /DSRSROD]LRQHLQHUPHGLTXHOODFLWWjGLYHQQHO¶DJQHOORLPPRODWRGLULSDUD]LRQHSHUWXWWLJOL RUURULGHOOD,,*XHUUD0RQGLDOH cito americano gli spiegarono che il suo corpo avrebbe potuto iniziare a deteriorarsi a causa delle radiazioni. Con stupore dei medici, il corpo di padre Schiffer sembrava non conte- nere radiazioni o effetti dannosi della bomba. In realtà, egli visse per altri 33 anni in buona salute, e partecipò al Congresso Eucaristico tenutosi a Philadelphia nel 1976. In quella data, tutti gli otto membri della comunità dei Gesuiti di Hiroshima erano anco- ra in vita. Questi sono i nomi degli altri sacerdoti gesuiti che sopravvisse- ro all’esplosione: Fr. Hugo Lassalle, Fr. Kleinsorge, Fr. Cieslik. Un mi- racolo simile avvenne anche a Naga- saki, dove un convento francescano - “Mugenzai no Sono” (“Giardino dell’Immacolata”) - fondato da San Massimiliano Kolbe rimase illeso come a Hiroshima. Dal giorno in cui le bombe caddero, i gesuiti superstiti furono esaminati più di 200 volte da- gli scienziati senza giungere ad alcuna conclusione, se non che la sopravvi- venza degli otto gesuiti all’esplosione fu un evento inspiegabile per la scien- za umana. Sapevate che nel 1945 il 70% dei cattolici giapponesi viveva a Nagasaki? Era “la città cattolica del Giappone”. Testimonianza del prof. Hikoka Vanamuri – sopravvissuto di Hiroshima nel 6 agosto 1945 Hikoka Vanamuri, già professore all’Univer- sità di Tokio in filosofia, è stato in- tervistato in occasione del suo pelle- grinaggio a Fatima, e così ha risposto: «Non tornerò in Giappone. Dopo anni di studi, dopo anni di medita- zione ho compreso che la vita nell’at- mosfera viziata di Buddha è rimasta un’inacidita testimonianza storica di paganesimo vociferante e mi sono convertito alla religione cattolica. La decisione l’ho presa dopo lo scoppio della bomba atomica su Hiroshima. Ero a Hiroshima per una ricerca sto- rica. Lo scoppio della bomba mi tro- vò in biblioteca. Consultavo un libro portoghese e mi venne sott’occhio l’immagine della Madonna di Fati- ma. Mi sembra che questa si muoves- se, dicesse qualcosa. All’improvviso una luce abbagliante, vivissima mi ferì le pupille. Rimasi impietrito. Era accaduto il cataclisma. Il cielo si era oscurato, una nuvola di polvere bru- na aveva coperto la città. La bibliote- ca bruciava. Gli uomini bruciavano. I bambini bruciavano. L’aria stessa bruciava. Io non avevo portato la mi- nima scalfittura. Il segno del miraco- lo era evidente. Non riuscivo tuttavia a spiegare quello che era successo. Ma il miracolo ha una spiegazione? Non riuscivo nemmeno a pensare. Solo l’immagine della Madonna di 90 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International Fatima mi splendeva su tutti i fuochi, sugli incendi, sulla barbarie degli uo- mini. Senza dubbio ero stato salvato perché portassi la testimonianza della Vergine su tutta la terra. Il dott. Keia Mujnuri, un amico dal quale mi recai quindici giorni dopo stabilì attraver- so i raggi X che il mio corpo non ave- va sofferto scottature. La barriera del mistero si frantumava. Cominciavo a credere nella bellezza dell’amore. Im- parai il catechismo ma sul cuore tene- vo l’immagine di Lei, il canto soave di Fatima. Desideravo il Signore per confessarmi, ma lo desideravo per mezzo di Sua Madre». E’ un commosso ricordo delle vecchie generazioni la distruzio- ne di Nagasaki per mezzo della bomba atomica. La città fu ridotta in cenere il 9 ago- sto1945. Questa risoluzione bellica non si può con- siderare la giusta punizione per l’at- tacco giapponese a Pearl Harbour. Alcuni storici, tra l’altro, sostengo- no che Franklin Delano Roosevelt era a conoscenza di quell’attacco nelle Hawaii che avrebbe fornito il pretesto agli Stati Uniti d’America di entrare in guerra a pieno titolo e conseguirne i benefici che di fatto si attivarono con il trattato di Yal- ta. Nel 1945 il Giappone era già in ginocchio, la guerra stava per finire. Hiroshima fu il “colpo di grazia”, ma Nagasaki fu un atto su- perfluo, una strage quasi genocida che non ha mai ricevuto sufficien- te considerazione ed attenzione in Occidente. La popolazione di Nagasaki fu immolata sull’altare dell’interesse politico avanzato dalla pretestuosa e pretesa ‘resa incondizionata’, non perché i giapponesi non volessero arren- dersi, ma perché essi non vole- vano arrendersi senza condizioni nel timore che il loro Imperatore sarebbe stato giustiziato. La volon- tà del Giappone di arrendersi fu portata a conoscenza di Roosevelt fin dal 1943 grazie al suo primo consigliere militare, l’ammiraglio William D. Leary. Quest’ammmi- raglio parlò anche a Walter Tro- han, capo redattore del ‘Chicago Tribune’. Trohan disse che gli era stato proibito dalla censura milita- re di pubblicare la dichiarazione di Leary fino a dopo che la guerra nel Pacifico fosse terminata. Mal- grado i crimini di guerra e tanta crudeltà, non mancarono fatti e fi- gure esemplari durante il secondo conflitto mondiale e nel paese del Sol Levante. Nel libro di Paul Glynn del 2009 ‘A Song for Na- gasaki’ si incon- tra una straordi- naria figura dal punto di vista umano, cristia- no e professio- nale. Il Dott. Takashi Nagai, un giapponese tradizionalista di discendenza sa- murai, innamo- rato della Yama- to-damashii (la cultura e lo spi- rito dell’antico Giappone). Il Dott. Nagai si con- vertì alla religione cattolica nella città più cattolica del Giappone: Nagasaki. Prese il nome di Paolo, in onore di S. Paolo Miki, marti- re in Giappone. Egli si trovava il 9 agosto 1945 a ‘ground zero’ il giorno dello scoppio della secon- da bomba atomica sul Giappone. Ci sono due storie in questo libro. La prima è una commovente ed edificante biografia del Dott. Na- gai, paradigma di ciò che c’è di più bello nel carattere dei giapponesi. La seconda è una trama che par- Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 91 A D G E N T E S te dalla prima: l’analisi dei motivi che dettarono la scelta di Nagasaki come seconda città da annichilire. Di fatto si trattò di un atto crimina- le e anticristiano. Chi ama le tesi complottiste fa rilevare come ci siano stati nello stesso periodo due attacchi separati alle cattedrali cri- stiane nei due emisferi; uno è co- nosciuto, l’altro è più oscuro. Nel 1931 Lazar Kaganovich, primo segretario della sezione moscovita del partito comunista ai tempi di Stalin, ordinò la distruzione della magnifica cattedrale di Cristo Sal- vatore a Mosca. In mezzo alle ro- vine di quella grande cattedrale, si dice che abbia esclamato: “Madre Russia è abbattuta!”. Il presidente americano Harry S. Truman nel 1945 autorizzando il lancio del- la bomba H, fece polverizzare la cattedrale di Urakami, unico edi- ficio del genere in Giappone e la più grande chiesa cattolica in Asia (lunga circa 77 m, ospitante 5000 fedeli, due campanili alti più di 30 m). Per mitigare lo sdegno dei cattolici, il governo degli Stati Uni- ti creò una versione dei fatti, se- condo la quale Nagasaki fu solo la scelta numero due dell’equipaggio del bombardiere. In realtà il vero obiettivo era un’altra città, Koku- ra, oscurata dalle nubi il 9 agosto. Anche se fosse vero, questa storia sarebbe di scarsa consolazione per i cristiani; è come se degli assassini uccidessero una persona cara per poi dire ai familia- ri: “Ci siamo sba- gliati di persona!”. Fred Olivi, copi- lota italo-ameri- cano del B 29 SF “Bockscar”, il bombardiere usato contro Nagasaki, ha rivelato in vec- chiaia per la prima volta, nel libro “Nagasaki, per scelta o per forza”, i dettagli della sua missione codice # 16. Fu sottoposto insieme agli altri membri dell’equipaggio a un addestramento segreto. La bomba al plutonio, soprannominata “Fat Man” era tre volte più potente di quella all’uranio sganciata su Hiro- shima pochi giorni prima. L’ordigno, una volta armato, sa- rebbe esploso all’interno del B 29 Superfortress se fosse sceso al di sotto dei millecinquecento metri di quota. L’equipaggio ricevette l’or- dine di sganciare la bomba solo se c’era visibilità naturale, senza cioè l’ausilio di strumenti elettronici. Altri due aerei americani furono coinvolti nella missione, di cui uno con a bordo scienziati, giorna- listi e personale dei servizi segreti, anche inglesi. Lo scopo, eviden- temente era quello di studiare gli effetti dell’esplosione e avere an- che fotografie. L’esplosione uccise all’istante 70.000 persone; mentre l’atomica sganciata su Hiroshima era all’uranio, quella su Nagasa- ki era al plutonio; subito dopo l’esplosione, perciò, si dette avvio 92 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International ad una minuziosa ricerca sugli ef- fetti causati dalle radiazioni sul corpo umano. Il fungo atomico, nero, rosso e rosa, salì fino a quasi diciottomila metri di altezza e sfiorò il bombar- diere scosso da tre onde d’urto a oltre cinquemila metri di altezza. Perché fu presa di mira proprio Nagasaki, città dalla popolazione più cristiana dell’estremo Orien- te e base per l’evangelizzazione dell’Asia? Peraltro, dov’è la prova che legittima la versione ufficiale? Per lunghi secoli il governo giap- ponese aveva totalmente proscritto la religione cristiana; fu la comuni- tà agricola di Urakami (un sobbor- go di Nagasaki) che conservò fe- delmente la fede cristiana. Verso l’inizio del ventesimo secolo i cat- tolici giapponesi si erano stanziati a Nagasaki con la tolleranza aspra e riluttante del governo. Il Dott. Nagai, un radiologo, era primario presso il Policlinico universitario di Nagasaki. Aveva prestato due turni di servizio come chirurgo al fronte con l’esercito giapponese in Manciuria, durante i quali ave- va vinto le più alte decorazioni militari per eroismo. Durante la campagna di Cina curava cinesi e giapponesi in egual modo e co- minciò a detestare la guerra. Egli paragonava i militaristi giapponesi all’arrogante clan Heike che aveva oppresso la nazione nel XII seco- lo e quindi furono defenestrati dai Genjii. Allo stesso tempo non si meravigliò quando gli Stati Uniti misero alle corde il Giappone ta- gliandogli le forniture di petrolio. Concordava con l’Ammiraglio Yamamoto della fazione pacifista che questo era un detestabile atto di guerra che minacciava l’esisten- za del Giappone come nazione. Prima che il Dott. Nagai si con- vertisse al cattolicesimo, era stato conquistato dalla civiltà occidenta- le con il latino, la musica di Bach, Haydn, Schubert e Beethoven e i “Pensieri” di Blaise Pascal. La bomba al plutonio-239 esplose su Nagasaki con la forza dirom- pente di 22.000 tonn. di esplosivo convenzionale, ma con forti dif- ferenze. Mettendo da parte per il momento le radiazioni nucle- ari letali, il suo tremendo calore raggiunse diversi milioni di gradi centigradi nel punto dell’esplo- sione. L’intera massa della gigan- tesca bomba fu ionizzata e creò una palla di fuoco, rendendo l’aria circostante luminosa tale da emet- tere raggi ultravioletti e raggi in- frarossi. La pelle umana bruciava a distanza di due miglia e mezzo. La velocità del vento che soffiava dall’epicentro dello scoppio era di oltre un miglio al secondo. Questo causò un vuoto nell’epicentro che generò un altro ciclone nel senso inverso. Benché’ ferito, il Dott. Nagai sopravvisse all’esplosione atomica, forse a causa di un muro di calcestruzzo costruito nello stu- dio radiologico nel quale lavorava all’ospedale universitario di Naga- saki, o per mano della divina prov- videnza, poiché’ peri l’80% del personale e dei pazienti. Si trovò improvvisamente in mezzo ad una catastrofe nucleare, contemplan- do la scena di persone che erano state spellate vive o diventate pezzi di carbone umano. Si lanciò con la sua competenza medica al soc- corso delle vittime. Mentre san- guinava da una arteria ferita vicino alla sua tempia destra, per calmare l’ondata di panico, fece innalzare la bandiera nipponica. Non se ne trovò nessuna, cosi prese un len- zuolo e usando il suo sangue di- segnò un cerchio rosso al centro. Fece sventolare quest’improprio vessillo sulle rovine dell’ospedale, nel mezzo di un deserto atomico d’incalcolabile sofferenza, come simbolo di ordine ed organizza- zione. La moglie del dott. Nagai, che aveva mandato i loro due figli in campagna dalla madre e lei era tolici zoppicanti, fasciati, sfigurati, demoralizzati che si radunavano vicino alla cattedrale distrutta per assistere alla messa di Requiem per i loro defunti, disse: “ Non è stata Nagasaki la vittima prescelta, l’agnello senza difetti, sacrificato come offerta bruciata sull’altare del sacrificio, in preghiera per i peccati di tutte le nazioni durante la Seconda Guerra Mondiale? Il Signore ci ha dato; il Signore ci ha tolto. Sia benedetto il Nome del Signore. Cercano di essere grati che Nagasaki è stata scelta per l’in- tero sacrificio bruciato! Cerchia- mo di ringraziare che per mezzo di questo sacrificio è stata concessa la pace al mondo”. Nel suo discorso in cattedrale il dott. Nagai usò la parola ‘hansai’ la parola giappone- se che vuol dire ‘olocausto’, ‘inte- ro sacrificio bruciato’. Non voleva rendere l’orrore con un termine diverso, eppure si rifiutò di soc- combere all’ultima sconfitta per rimasta a Nagasaki per aiutare suo un cristiano, odiare il nemico. Per marito nel lavoro, fu trovata in un il resto della sua vita, il dott. Na- mucchio di ceneri con il suo rosa- gai insegnò e testimoniò, nei libri e rio vicino, nelle rovine della loro nella loro traduzione cinematogra- casa. Pochi anni prima, questa fica, come ‘Le campane di Nagasa- coppia aveva perso due bambine ki’, la riconciliazione fra l’America ed erano sopravissuti un maschiet- e il Giappone. Nel 1951, Takashi to e una femminuccia. Iniziò la Nagai mori a Nagasaki di malattia stupefacente saga di assistenza me- da radiazioni, all’età di 43 anni. E’ dica e spirituale che Takashi Nagai un eroe nazionale per i Giappone- avrebbe istintivamente elargito ai si, cristiani e non cristiani. feriti e moribondi sopravvissuti a Nagasaki per il resto della sua vita. Non incitò all’odio contro il nemi- co, così come fece per Aschwitz Elie Wiesel, dicendo: “Ogni ebreo deve crearsi uno spazio di odio sano e virile per quello che il te- desco”. Il dott. Nagai il 23 novembre 1945, di fronte ai sopravvissuti cat- Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 93 A D G E N T E S /(20%5('(/3$(6('(/³62//(9$17(´ di P. William Grimm 8Q SUHWH JLRUQDOLVWD FRQ EDVH D7RN\R HG HGLWRUH GL 8&$ 1HZVHGL³.DWRULNNX6KLPEXQ´VHWWLPDQDOHFDWWROLFRGL*LDSpone ha concluso una ricerca sui suicidi e sulle violenza pedoSRUQRJUDILFDLQ*LDSSRQH Un recente rapporto del Royal College of Psychiatrists ha notato “una forte evidenza di un legame tra disagio economico e suicidio”. Il Giappone dopo la crisi econo- mica asiatica alla fine del 1990 e, nonostante le recenti iniziative, i suicidi sono saliti vertiginosamen- te; uno ogni 15 minuti. Il fattore più comune dietro il suicidio in Giappone è la depres- sione causata da un fallimento. Nel 2007, persino il ministro Toshikatsu Matsuoka si è suici- dato, mentre era inquisito per lo scandalo delle spese. In Giappone, il suicidio non ha la connotazione giudaico-cristiana del peccato. L’idea romantica del “nobile suicidio” aleggia ancora, soprattutto tra i tradizionalisti più anziani che legittimano il gesto di quell’uomo politico per conserva- re l’onore, da vero samurai. Per arginare il problema, è sorto un servizio di assistenza chiamato Inochi no Denwa (letteralmente, “il telefono della vita”) che riceve almeno ventisettemila chiamate all’anno, anche se stenta ad essere culturalmente accettato da tutti. Oltre ai suicidi, il Giappone cono- sce, però un atro triste record. E’ quello della pornografia infantile i cui reati nel 2010 sono aumentati del 43,5%. Lo scorso anno sono infatti stati scoperti 1.342 casi di produzione e vendita di foto e video porno- grafici che avevano come protago- nisti dei bambini. Sono stati 618 i bambini coinvolti, con un incre- mento del 52,6% rispetto all’anno precedente. Tra le vittime ci sono anche 93 bambini della scuola elementare e 33 bambini in età prescolare. Secondo le autorità si tratta del numero più alto di reati pedopornografici mai registrato prima in Giappone. Il 60% dei casi sono stati individuati tramite Internet. La legge giapponese è un po’ ambigua: vieta infatti la realizzazione e la detenzione di foto e video pedopornografici per scopi personali, ma non punisce la realizzazione ed il possesso per uso personale. Solo qualche cifra: le vittime di violenza sessuale sono salite del 21,6% rispetto al 2008 e anche i reati perpetrati attraverso internet sono aumentati del 50%. Crescita del 38,3% per i reati legali alla pornografia infantile. Anche in questo caso parte della colpa si può attribuire ad un vuo- to legislativo: la pedopornografia non è mai stato considerato un grande tabù in Giappone e solo a partire dal 2000 il governo sta prendendo seriamente la questio- ne. Ma non è ancora sufficiente: mentre attualmente in Giappone viene proibita la produzione e la vendita di materiale pedoporno- grafico, non viene considerato reato il solo possesso di immagini e video che vedono protagonisti 94 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International dei bambini. Forse è per questo che la pedo- pornografia non viene visto come un grande tabù. Negli ultimi mesi sono stati registrati molti casi, non ultimo quello di una 23enne arrestata per aver scattato foto pornografiche alla figlia, per poi venderle ad una donna conosciuta online. E il problema sembra proprio essere internet: ha sede in Giap- pone il più alto numero di siti a carattere pedopornografico, con una crescita del 900% rispetto agli anni precedenti. Dal 17 marzo 2011, subito dopo il terremoto e lo tzunami dell’11 marzo, sfruttando la disattenzio- ne della polizia e, in generale, dell’opinione pubblica, dei crimi- nali stanno trafficando (detenzio- ne, divulgazione e produzione) materiale pedopornografico su un server giapponese. Il portale coin- volge 1.003 bambini (contati uno per uno) da tutto il mondo (Fran- cia, Russia, Giappone, Messico, Brasile, Colombia, Germania ed altri paesi) con un’età variabile dai 2 ai 12 anni. Lo ha scoperto don Fortunato Noto, sacerdote siciliano fondato- re dell’associazione Meter (www. associazionemeter.org) e crociato, potremmo dire, contro gli abusi sulla rete. La scoperta e la denuncia sono stati immediatamente inoltrati al Compartimento di Polizia Postale e delle Comunicazioni di Catania che sta monitorando la situazione poiché non si escludono italiani coinvolti. Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 95 A D G E N T E S %(1,1,/6$178$5,2',$//$'$5,$)),'$72 $,)5$1&(6&$1,'(//¶,00$&2/$7$ Con la grande soddisfazione del popolo di 'LR0RQV$QWRLQH*DQ\HLOQXRYRDUFLYHscovo di Cotonou, ha nuovamente affidato il santuario mariano di Allada alla cura SDVWRUDOHGHL)UDQFHVFDQLGHOO¶,PPDFRODWD “Quale gioia quando mi dissero: ‘Andiamo alla casa del Signore’ “ Il ritornello del Salmo 121 rispecchia l’atmo- sfera solare regnata su Allada, domenica 13 Febbraio 2011. Mons. Antoine Gan- ye, il nuovo arcivesco- vo di Cotonou, in una S. Messa concelebrata da alcuni sacerdoti, ha formalmente riaffidato il Santuario di Nostra Signora della Divina Misericordia ai Frati Francescani dell’Im- macolata. Il Centro Mariano Al- lada, eretto a santuario mariano diocesano il 1 ottobre 1997 dal fu Mons. Isidore de Sou- za, con la nomina ca- nonica del francesca- no dell’Immacolata P. Alfonso Maria Bruno come primo rettore, aveva conosciuto in un decennio, uno svi- luppo armonioso fino all’inaugurazione della bella chiesa a cinque navate, con campanile di 50 metri, il 15 aprile 2007. Da quel momento, l’allora arcive- scovo Marcel Agboton (dimesso di P. Jean Raphael M. Tonoudji FI sacerdotale e una co- munità di religiosi, frati e suore che avevano fatto di un terreno in- colto e sel- vatico, una cittadella mariana. Dopo un esperimen- to infelice e infruttuoso di tre anni, il vescovo Ganye, con buon senso pastorale e senso di giustizia, è ritornato al modulo originario, stipulando con i Frati Francescani dell’Imma- colata una convenzio- il 21 agosto 2010 in applicazione ne canonica del can. 401 § 2 del CIC) aveva che li mettesse al riparo da nuove affidato a suoi preti diocesani la e spiacevoli sorprese a un ulterio- conduzione pastorale e la gestio- re cambio di governo nell’Arci- ne materiale del sito, dove pertan- diocesi di Cotonou. to già viveva dal 1992 un’équipe I Frati Francescani dell’Imma- 96 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International colata, inoltre, celebreranno il 13 dicembre 2011, venti anni di pre- senza in Benin. L’attuale superiore della comunità di Allada, P. Michele Maria Iorio, è stato nominato rettore del san- tuario. Questo gesto è stato accolto come segno di comunione eccle- siale e di efficace collaborazione tra la Diocesi e i religiosi in vista soprattutto del prossimo viaggio apostolico in Benin di Benedetto XVI in novembre 2011. In quest’occasione il Santo Padre presenterà ufficialmente l’Esorta- zione Apostolica del Secondo Si- nodo per l’Africa sulla Chiesa, al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. Questi sono i temi che P. Stefano Maria Manelli, fondatore della congregazione ha sviluppato nel messaggio inviato per l’occasione. Da notare, infine, la provvidenzia- le coincidenza del 13 febbraio con l’anniversario della morte di suor Lucia di Fatima, la veggente a cui la Santa Vergine ha rivelato il trionfo del suo Cuore Immacolato. La Madonna è venerata nel san- tuario di Allada, come Madre del- la Divina Misericordia, ed è raffigurata nell’atto di acco- gliere sotto il suo manto, i bambini nelle diverse razze del mondo. Il santuario di Allada ora- mai, non sarà semplice- mente un monumento alla fede del popolo del Benin, ma anche il memoriale di come Dio, scrivendo dritto su linee storte, ristabilisce la giustizia attraverso gesti di riconciliazione per la pace duratura nella vita degli uo- mini. Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 97 MESSAGGIO DEL FONDATORE E MINISTRO GENERALE DEI FRATI FRANCESCANI DELL’IMMACOLATA IN OCCASIONE DELLA RESTITUZIONE DEL SANTUARIO MARIANO DI ALLADA Eccellenza reverendissima, UHYHUHQGLVDFHUGRWLFDULVVLPLIUDWHOOLHVRUHOOHWXWWLGHO%HQLQHQDWXUDOPHQWHYRLGLOHWWLÀJOLHÀJOLH Francescani dell’Immacolata: Laudetur Jesus Christus et Maria. ´4XDOHJLRLDTXDQGRPLGLVVHURDQGUHPRDOODFDVDGHO6LJQRUHµ 3HUPHWWHWHPLGLIDUHPLDTXHVW·HVSUHVVLRQHGHOVDOPRLQRPDJJLRDOFDUG%HUQDUGLQ*DQWLQFKHLO JLRUQRGHOODFRQVDFUD]LRQHGLTXHVWRVDQWXDULRFRQTXHVWDLPPDJLQHDSUuLOVXRSURIHWLFRLQWHUYHQWR 4XDVLTXDWWURDQQLGRSRLOSUHVXOHGLYHQHUDWDPHPRULDFKHFLKDSUHFHGXWLDOOD&DVDGHO6LJQRUHq SUHVHQWHLQPH]]RDQRLFRQODVXDVLFXUDLQWHUFHVVLRQHQHOODFRPXQLRQHGHO&RUSR0LVWLFRGL&ULVWR *UD]LHDTXHVWDVXEOLPHUHDOWjDQFKHLRPLVHQWRLQPH]]RDYRLLQTXHVWDFDVDGHO6LJQRUHWHPSLRPDULDQRGRYHVLYHQHUD&ROHLFKHKDIDWWRGHOVXRVHQRYHUJLQDOHODGLPRUDGL'LR /RVRQRVSLULWXDOPHQWHDWWUDYHUVRODPLDSUHJKLHUDGLORGHHULQJUD]LDPHQWRDO6LJQRUHHORVRQRDWWUDYHUVRLPLHLUHOLJLRVLHVSUHVVLRQHYLVLELOHGHOFDULVPDIUDQFHVFDQRHPDULDQRFKHLO6LJQRUHVLqGHJQDWR G·LVSLUDUFL 9RUUHLULQJUD]LDUOLSHULOORURIHGHOHVHUYL]LRDOODFDXVDGHOO·,PPDFRODWDHDOORUR,VWLWXWRUHOLJLRVRLQ RFFDVLRQHGHOSURVVLPRDQQLYHUVDULRGLSUHVHQ]DQHOOD5HSXEEOLFDGHO%HQLQGLFHPEUH² GLFHPEUH *LXELOHRQHOJLXELOHRWXWWRqSURYYLGHQ]DQLHQWHqFRLQFLGHQ]DVHDQFRUDTXHVW·DQQRVWDWHFRQWLQXDQGR DUDFFRJOLHUHLIUXWWLGHODQQLYHUVDULRGLHYDQJHOL]]D]LRQHGHO3DHVH 6RFKHSHUTXHVWRYLVWDWHSUHSDUDQGRDGDFFRJOLHUHLQQRYHPEUHO·DPDWRHYLFLQR%HQHGHWWR;9,FKH FRPHVXFFHVVRUHGL63LHWURFRQIHUPDLIUDWHOOLQHOODIHGH 3RVVDTXHVWDVXDYLVLWDULODQFLDUHO·LQWHUDFRPXQLWjFDWWROLFDGHOO·DUFLGLRFHVLGL&RWRQRXHGHO%HQLQ WXWW·LQWHURSHUODFRVWUX]LRQHGHOODFLYLOWjGHOO·DPRUHDIDYRUHGLTXHOODFLWWjFKHDQFKHQHOODVXDGLPHQVLRQHLPPDQHQWHQRQSXzSUHVFLQGHUHGDLYDORULWUDVFHQGHQWL 8EL3HWUXVLELHFFOHVLDPDDQFKHSDUDIUDVDQGR6$JRVWLQR8ELFDULWDVHWYHULWDV'HXVLELHVW /DULFRQVHJQDDL)UDWL)UDQFHVFDQLGHOO·,PPDFRODWDGHOUHWWRUDWRHGHOODFRQGX]LRQHSDVWRUDOHGLTXHVWR OXRJRGLLQFRQWURGHJOLXRPLQLFRQ'LRLOVDQWXDULR1RWUH'DPHGHOD'LYLQH0LVpULFRUGHKDXQVLJQLÀFDWRSURIRQGRFKHVLLVFULYHLQXQDGLQDPLFDGLUHGHQ]LRQH Per crucem ad lucem. 2JJLFRQSLOXFHHFKLDUH]]DSRVVLDPROHJJHUHJOLHYHQWLVRŊHUWLGHOSDVVDWRHVFRSULUHXQGLVHJQRGL PLVHULFRUGLDDWWUDYHUVR&ROHLFKHQHqOD0DGUHHFKHFRQTXHVWRWLWRORqYHQHUDWDD0DOLD.SRWDGL $OODGD %HQHGHWWR;9,KDVFULWWRQHOODVXDSULPDHQFLFOLFDFKH´/·DPRUHFULVWLDQR²ODPLVHULFRUGLDVLPDQLIHVWDLQWHQVDPHQWHQHOSHUGRQRGHLWRUWLHGHLSHFFDWLµ &RQ63DRORDŊHUPLDPRFKH´/DFDULWjqSD]LHQWHqEHQLJQDODFDULWjQRQqLQYLGLRVDODFDULWjQRQVL YDQWDQRQVLJRQÀDQRQPDQFDGLULVSHWWRQRQFHUFDLOVXRLQWHUHVVHQRQVLDGLUDQRQWLHQHFRQWRGHO PDOHULFHYXWRQRQJRGHGHOOCLQJLXVWL]LDPDVLFRPSLDFHGHOODYHULWjµ&RU 4XHOORFKHVLFHOHEUDRJJLTXLQGLQRQqVRORXQVHPSOLFHJHVWRGLULFRQFLOLD]LRQHPDDQFKHO·DŊHUPD]LRQH GHOODYHULWjFKHOLEHUDO·XRPRGDOODPHQ]RJQDGHOSHFFDWR /D9HUJLQH0DULDQHOO·LQFDUQDUHLO9HUERKDLQFDUQDWRDOWUHVuFRQODVXDDGHVLRQHDOSURJHWWRUHGHQWLYRGL'LRWXWWHTXHOOHYLUWFKHLQJUDGRHFFHOVRKDQQRULIXOVRQHLSHQVLHULQHOOHSDUROHHQHOOHD]LRQLGL Cristo. /DGDWDRGLHUQDLQÀQHKDDQFRUDXQDULFRUUHQ]DPROWRLPSRUWDQWH (·LOJLRUQRGHOODPRUWHHTXLQGLGHOODQDVFLWDDO&LHORGL6U/XFLDGL)DWLPDODYHJJHQWHDOODTXDOHOD 0DGRQQDULYHOzLOWULRQIRGHOVXR&XRUH,PPDFRODWRGLFXLVLDPRWXWWLLQWUHSLGDDWWHVD 4XHVW·DYYHQLPHQWRDOLPHQWDWRGDOODVSHUDQ]DWHRORJDOHOXQJLGDOPHWWHUFLLQXQDWWHJJLDPHQWRGLDWWHVDSDVVLYDGHYHIDUFLULVSRQGHUHDTXHOO·LQYLWRGHOOD0DGRQQDIDWWRVHPSUHD)DWLPDSUHJKLHUDH 98 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International SHQLWHQ]DFRQODFRQVDFUD]LRQHDOVXR&XRUH,PPDFRODWR $TXHVWHSUDWLFKHDVFHWLFKHDOODSUHJKLHUDHDOODSHQLWHQ]DVLDPRFKLDPDWLVRSUDWWXWWRQRLXRPLQLGL &KLHVDFKLHULFLHUHOLJLRVLLQXQ·HSRFDSLFKHPDLELVRJQRVDGLUHYLVLRQHGLYLWDLQWHUQDHGHVWHUQD /D&KLHVDqFKLDPDWDDGHVVHUHSXQWRGLULIHULPHQWRHGLFUHGLELOLWjFRQWXWWRLOVDSRUHGHOVXRVDOHGL VDJJH]]D 3RVVDQRWDQWLVDFHUGRWLWURYDUHODORUROHWL]LDQHOO·DFFRVWDUVLDOO·DOWDUHGHO6LJQRUHSURSULRGDTXHVWRVDQWXDULRDSHUWRDWXWWLULFFRGLVLPERORJLDHVHJQLFKHFRPHLVDFUDPHQWLULFKLDPDQRDUHDOWjVSLULWXDOL SLHOHYDWH 3RVVDQRWDQWHDQLPHDOODULFHUFDGLJUD]LDHPLVHULFRUGLDXVFLUHGDTXHVWRWHPSLRVDFURULFRQFLOLDWHFRQ 'LRHFRQLORURIUDWHOOL 3XUYLYHQGRLQ´XQSDHVHORQWDQRµVLDPRGDOO·,WDOLDHGD5RPDPROWRVHQVLELOLDOOHYLFHQGHGHO%HQLQ 6DSSLDPRGHOOHYLFLQLVVLPHHOH]LRQLSUHVLGHQ]LDOL3RVVDOD0DGRQQDVWHQGHUHLOVXRPDQWRVXLUHVSRQVDELOLGHOODFRVDSXEEOLFDHVXOODFRVFLHQ]DGHJOLHOHWWRULDŋQFKpLOVHUYL]LRDOO·XRPRHDOODVRFLHWjSRVVD VHPSUHHRYXQTXHHVVHUHLQIRUPDWRGDOODJLXVWL]LDODVROLGDULHWjHODSDFHJLjQHOORVYROJLPHQWRVWHVVR GHOODVFHOWDGHLFDQGLGDWLDOJRYHUQRGHOSDHVH ,QTXHVWR5DGLR,PPDFXOpH&RQFHSWLRQVLqVFKLHUDWDGDVHPSUHDIDYRUHGHOODSHUVRQDXPDQDULFRQRVFHQGRQHOODYDORUL]]D]LRQHHGLIHVDGHOODVXDGLJQLWjOHFRQGL]LRQLSHULOVXRVYLOXSSRLQWHJUDOH /·DXJXULRqFKHTXHVWRVHUYL]LRTXDOLÀFDWRHTXDOLÀFDQWHRŊHUWRQHOODGLPHQVLRQHRUDQWHHVSLULWXDOH GHOO·XRPRDWWUDYHUVRODOLWXUJLDGLTXHVWRVDQWXDULRGLYHQWLHVSUHVVLRQHGLTXHOODULVSRVWDXQLYRFDGL REEHGLHQ]DGLIHGHFKHO·XRPRFRPHO·,PPDFRODWDqFKLDPDWRDGRŊULUHD'LR ,OPDQWRDSHUWRGHOOD0DGRQQDFKHDFFRJOLHLVXRLSLFFROLÀJOLUDSSUHVHQWDQWLGLWXWWDO·XPDQLWjFL DLXWLDIDUHGLRJQLWHUUDXQOXRJRGRYHO·XRPRGLRJQLUD]]DHFXOWXUDSRVVDWURYDUHQHOODFRPXQH0DGUHODVXDGLPRUD 5RPDIHEEUDLR Madonna di Lourdes ,O0LQLVWUR*HQHUDOH 36WHIDQR0DULD3LR0DQHOOL Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 99 %(1,1,/6$178$5,2³1275('$0('(/$ ',9,1(0,6e5,&25'(´',$//$'$ di P. Michele M. Iorio FI A cinquanta chilometri da Cotonou, lasciando il mare, in direzione Nord, il viaggiatore rimane LQFDQWDWRGDOODVWUXWWXUDDUFKLWHWWRQLFDGLXQDFKLHVD(¶XQVDQWXDULRPDULDQRFRQFHSLWRHUHDOL]]DWRGDL)UDQFHVFDQLGHOO¶,PPDFRODWDFRQLOFRQWULEXWRGLWDQWHSHUVRQHGLEXRQDYRORQWj Come ogni opera di Dio è nato dalla croce e per molti padri di famiglia, le sue vicende sono una storia da raccontare ai figli... Storia dell’Immacolata Concezione e che permette ai pellegrini anche di lu- Il compianto Arcivescovo di Co- crare, con le dovute disposizioni, tonou, mons. Isidoro de Souza, l’indulgen- za plenaria. che tanto operò per stabilire nel Man- c a - Paese la democrazia e la pace, vol- le dotare la sua diocesi di un cen- tro di pellegrinaggi e di spiritualità mariana dedicato alla “Madon- na della Divina Misericordia”, Patrona della Diocesi. Venne scelto un sito su una collinet- ta chiamata più tardi Malia Kpota, nei pressi di Allada, una cittadina di circa 100 mila abitanti situata nel cuo- re della Diocesi e ben rag- giungibile a livello stradale e ferroviario. La direzione, la gestione e l’animazione li- turgica e pastorale del Centro Mariano fu affidata dal prelato ai Frati Francescani dell’Imma- colata. Mons. de Souza, pastore dalla visione di Chiesa chiara e profetica, procedette alla nomina canonica del rettore, legata al re- v a a sponsabile della comunità religiosa q u e s t o luogo ivi residente. La scelta rispondeva di pellegrinaggio, eretto canonica- a criteri di buon senso pastorale, mente nel 1997 come santuario ma anche di fiducia e riconoscen- diocesano, una grande chiesa ca- za verso i francescani interpellati e pace di radunare tutti i fedeli, co- impegnati per questo progetto. Nel stretti fino a quel momento a delle 1992 ebbe luogo il primo grande celebrazioni campali. I frati, con pellegrinaggio annuale, un appun- molta fede e buona volontà, si at- tamento del mese di dicembre, che tivarono nella ricerca di donatori da allora si ripete ogni anno ogni per l’esecuzione del progetto. La domenica successiva alla solennità Provvidenza condusse i loro passi 100 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International verso numerose persone di buona volontà, sia in Benin che in Italia. Particolarmente generoso si rivelò il prof. René Derlin Zinsou, un beninese residente in Francia, che, nel rispetto della volontà di sua moglie defunta, la signora Celuta Benjamin della Guyana, voleva co- struire una chiesa in onore della Madonna. Questo benefattore, al quale si è grati per la gene- rosità e la testimonianza di amore sponsale “più forte della morte”, avrebbe volu- to contribuire integralmente alla costruzione, ma le pro- gressive esigenze del cantie- re e di budget, accompagna- te dall’idea di fare qualcosa di veramente unico, per la gloria di Dio, ha richiesto ai Frati Francescani dell’Imma- colata, uno sforzo finanziario supplementare, superiore al 40% dell’intera opera. I lavori sono ini- ziati il 13 giugno 2001, festa di S. Antonio di Padova e sono stati ul- timati alla fine del 2006. Hanno ri- chiesto enormi sacrifici assunti con passione ed amore dai missionari. Viaggi e spedizioni intercontinen- tali, consulenze tecniche, scelte artistiche, contatti con i fornitori, mobilitazione di tecnici specializ- zati, verifica e controllo di cantiere e materiali, sotto il sole dell’Afri- ca e la neve dell’Europa, li hanno impegnati duramente giorno (e an- che notte) per circa sei anni. Tutti hanno reso grazie a Dio per la fine di quest’avventura. I beninesi ri- cordano le condizioni degli inizi e la trasformazione di un terreno in- colto, in oasi mariana. Dopo l’ul- timazione dei lavori, l’allora arci- vescovo di Cotonou, Mgr. Marcel Agboton, intronizzato il 2 aprile 2005, decise di affidare il santuario alla gestione pastorale e finanzia- ria di un prete diocesano. Questo prelato, dimesso dall’incarico il 21 agosto 2011 (Can. 402 § 2 del CJC) è stato sostituito da mons. Antoine Ganye che ha voluto invece riaf- fidare il rettorato del santuario ai Frati Francescani dell’Immacolata nominando canonicamente il p. Michele Maria Iorio. Il tempio è stato consacrato il 15 aprile 2007, festa di Gesù Misericordioso, alla presenza di migliaia di fedeli e con la partecipazione straordinaria del card. Bernardin Gantin e del Presidente della Repubblica. Il santuario è stato riaffidato ai frati il 13 febbraio 2011, anniversario della “nascita al Cielo” di sr. Lucia di Fatima, la veggente alla quale la Vergine Maria rivelò il trionfo del Cuore Immacolato di Maria. Du- rante la cerimonia per la circostan- za, grande è stato il concorso dei fedeli del Benin che hanno ringra- ziato il Signore ed esultato. E’ la tappa più recente di un’avventura che è considerata una rinascita del complesso sacro. I beninesi ricor- dano fino ad oggi le condizioni degli inizi di Malia Kpota e la tra- sformazione di un terreno incolto in oasi mariale, riconoscendo in tutto questo la mediazione mater- na dell’Immacolata stessa che ha in questo modo ricompensato la preghiera e il lavoro dei Frati Fran- cescani dell’Immacolata, insieme ad abbondanti frutti pastorali. La storia adesso continua per entrare nella leggenda… Realizzatori L’idea e il disegno architettoni- co sono il frutto dell’ingegno e dell’ispirazione del P. Luigi Maria Ken Martinez, frate francescano dell’Immacolata. I calcoli strut- turali sono stati affidati all’ing. Anselme Gbaguidi, mentre lo studio del tetto, in legno lamella- re, è stato affidato all’ing. Natalini dell’ARCH LEGNO di Ascoli Pi- ceno. Direttori dei lavori sono sta- ti: il p. Francesco Maria Collarile, i tecnici Simplice Gbedo e Francite Dandjinou e l’ing. Brice Padonou. La supervisione dei lavori e la co- ordinazione con i fornitori, le ma- estranze, la consulenza artistica, è stata affidata a P. Alfonso Maria Bruno, come primo rettore del santuario, con il prezioso appog- gio tecnico del geom. Paolo For- lani. Le rifiniture interne e la parte artistica sono opera dalla Domus Dei di Roma. Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 101 A D G E N T E S Simbologia La pianta si sviluppa su cinque navate. Tre rappresentano e ri- producono la forma della croce, mentre altre due navate, disposte in forma diagonale, rappresenta- no il sangue e l’acqua scaturiti dal costato di Gesù. E’ un richiamo al mistero della Divina Misericordia, essendo il santuario dedicato alla Madonna della Divina Misericor- dia. La chiesa ha una capienza di circa 2000 posti a sedere per una superficie di circa 3000 m2. La parte presbiterale ricorda il cam- mino del cristiano: attraverso i gra- dini si scala la simbolica montagna dell’incontro con Dio (Sinai, Ta- bor, Calvario); l’ambone esprime la predicazione, invito alla conver- sione; il fonte battesimale ricorda la rinascita dell’uomo nell’acqua e nello spirito; l’altare esprime la partecipazione del cristiano al sacrificio di Cristo, attraverso il dono di sé. Alle spalle della sede dei celebranti c’è un contro abside di tre metri circa di altezza, di for- ma avvolgente, dove trova posto il tabernacolo per la conservazione dell’Eucaristia. Sulla parete absi- dale centrale troneggia la statua in legno della Madre della Divina Misericordia. Si tratta di una rea- lizzazione esclusiva e originale di 2,40 m, scolpita a mano dall’artista Alexander Kostner della scuola di Ortisei (BZ) su disegno della pit- trice Ada Kostner. Questa parete accoglie uno stupendo mosaico policromatico vibrato in smalti veneziani dell’artista di fama mon- diale, il prof. Augusto Ranocchi. Si tratta della Corte Angelica che circonda la statua Madonna; più in alto si distingue la mano creatrice e benedicente di Dio Padre e la colomba dello Spirito Santo. Le due pareti absidali laterali, invece, accolgono il disegno a tempera di due trittici: a sinistra uno spaccato della vita di S. Francesco d’Assisi e a destra quello di S. Massimi- liano Maria Kolbe. Ogni navata dispone di dodici finestre ogivali, simbolo dei dodici Apostoli. Per ogni facciata delle cinque navate c’è un rosone con un disegno su vetro. Anche diverse vetrate ogi- vali riproducono soggetti sacri (i miseri del Rosario) creando con i loro colori, attraversati dal sole dei tropici, un’atmosfera di luce dav- vero unica. All’interno della chiesa esistono anche due cappelle sim- metriche alla sacrestia e destinate: una all’Adorazione al SS.mo Sa- cramento, l’altra alle Confessioni. All’esterno si notano i tre livelli della chiesa: le navate, la parte centrale, la cupola. Sono il sim- bolo delle tre virtù teologali: fede, speranza e carità. Chi le pratica raggiunge la perfezione creaturale simboleggiata dalla grande statua dell’Immacolata della Medaglia Miracolosa situata sulla sommità della cupola. Si tratta di una rea- lizzazione di 5 metri, dell’artista trentino Silvio Conta. All’entrata di ognuna delle cinque navate, ci sono due archi che simboleggiano in totale i Dieci Comandamenti. I quattro spazi che si formano all’in- crocio delle navate simboleggiano le quattro virtù cardinali. La par- te centrale ed elevata del santua- rio, infine, è a forma ottagonale, simbolo “dell’ottavo giorno”, vale a dire la Resurrezione di Cristo. Nella parte retrostante del santua- rio sorge un campanile di 40 m d’altezza (10 m più alto del san- 102 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International tuario). La torre accoglie un con- certo di otto campane di bronzo intonate su diverse note musicali e realizzate dalla ditta Capanni di Castelnuovo di Reggio Emilia. La meccanizzazione e l’elettrificazio- ne delle campane, invece, è stata affidata alla ditta Brevetti Giannat- tasio di Pontecagnano (SA) che ha fornito anche i quattro quadranti di orologio collocati alla sommi- tà del campanile che termina con una grande e bella croce luminosa. Il campanile e le campane sono un dono della Fondazione Espace- Afrique di Ginevra diretta dal be- ninese Samuel Dossou. Alla base della torre si possono ammirare i bassorilievi del “Discorso della Montagna”, opera dell’artista Félix Agossa. Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 103 LE CLARISSE CAPPUCCINE IN BENIN 1HO JLXELOHR GL IRQGD]LRQH GHOOH &ODULVVH OD UXEULFD³$G *HQWHV´ SUHVHQWD O¶HVSHULHQ]D PLVVLRQDULD GL PRQDFKH presenti in Africa Occidentale ed appartenenti al monaVWHURGHOODFLWWjQDWDOHGHOODJORULRVD69HURQLFD*LXOLDQL di Sr. Chiara Benedetta OSC Nel mese di Agosto dell’anno 1993 siamo partite per la missione di Cotonou (Bénin) Africa Occi- dentale, sotto la richiesta del ca- rissimo Mons De Souza e dei frati cappuccini che volevano fare una vera cittadella francescana compo- sta dai quattro ordini: i frati, le suo- re terziarie con il dispensario per i poveri e la casa di formazione del- la giovani, il ramo contemplativo e il terz’ordine francescano. L’ordine delle Clarisse Cappuc- cine al quale apparteniamo nasce da sr Maria Lorenza Longo una vedova dedita all’aiuto dei poveri ai quali aveva dedicato un gran- dissimo ospedale sorto a Napoli (l’Ospedale degli Incurabili che è ancora in funzione) che ad un certo momento sente che ciò che stava facendo non le basta più e si ritira in Clausura prendendo la regola di S Chiara e tornando allo spirito delle origini. Caratteristica della nostra vocazio- ne è di fare di tutta la nostra vita una preghiera di lode e di inter- cessione a favore della Chiesa e del mondo intero come dice S. Chiara nella terza lettera ad Agne- se di Praga: “ ti stimo collaboratri- ce di Dio stesso e sostegno delle membra deboli e vacillanti del suo ineffabile corpo “. In effetti nelle costituzioni al n. 3 troviamo scritto “ ci stiano a cuore l’assidua contemplazione di Dio nel silen- zio e nella solitudine, la lode con- tinua giorno e notte, c l’impegno di aderire a Cristo Crocifisso con amore e spirito di annientamento. Inoltre coltiviamo i nostri rappor- ti fraterni con semplicità, umiltà e spontaneità, dando sincera testi- monianza di vita povera ed auste- ra, tale che possa essere un segno profetico per la società moderna”. La prima a vivere una vita immer- sa nel silenzio e nella preghiera continua è stata la Madonna per questo riteniamo la nostra voca- zione altamente mariana, Lei è il nostro modello, il nostro esempio e la nostra guida spirituale. In questo giardino di grazia tanti frutti di santità sono nati segna- liamo fra i tanti: Santa Veronica Giuliani (1660-1727) nata a Mer- catello sul Metauro entrata nel monastero delle Cappuccine di Citta di Castello (PG) dove ha vis- suto 50 anni in un amore appas- sionato al Cristo Crocifisso fino a ricevere le stigmate, è morta gri- dando piena di gioia: “l’amore si è fatto trovare, ditelo a tutti!” S. Veronica ha profetizzato che la sua casa natale sarebbe divenuta un Monastero, così come è avve- nuto ed è da lì che cinque sorel- le nel 1993 sono partite per Co- tonou. Il vescovo Mons. Donato Bianchi dal quale avevamo ricevu- to l’invio missionario l’otto Agosto ci diceva: “ Nel Nome di Dio, con- fermato tramite il mandato fatto dal papa anche alla vita claustrale di rendere presente il proprio cari- sma anche in terra di missione, io vi dico – Andate, prendete il Van- gelo e andate ! E nel nuovo Mona- 104 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International stero consacrato a Gesù Eucaristia in umiltà, povertà, come discepole di San Francesco, di Santa Chiara e di Santa Veronica, alzate le mani in preghiera, penitenza e sacrificio con un cuore gioioso che loda, ringrazia, benedice, intercede nel- lo spirito delle beatitudini”. Ed è quello che abbiamo cercato di vivere prima dal 1993 al 2008 a Cotonou, nella cittadella france- scana, ed ora spostate a causa del mare che avanzava, qui in mezzo la piccola foresta di Zinviè a 45 Km da Cotonou. Questo luogo che Dio ci ha donato ancora più bello, più verdeggiante e più silen- zioso adatto alla contemplazione e al silenzio. Molti, sia laici, che preti e religiosi vengono a ritirar- si per qualche giorno nella nostra piccola foresteria per entrare in comunione con Dio e adorarlo, a noi dona un ‘immensa gioia poter rispondere a questa sete di Dio che c’è nelle anime e per rispon- dere ad essa stiamo costruendo una foresteria più grande. In questo momento ci preparia- mo a celebrare l’ottavo centenario della Fondazione delle Clarisse (1212- 2012) questo giubileo si aprirà domenica delle Palme e si concluderà l’11 agosto 2012. Re- stiamo in comunione di preghiera Le vostre sorelle Clarisse Cappuc- cine di Zinviè Zoumè ----- Nelle foto: Inaugurazione del nuovo mo- nastero di Zinvié. Canto del Magnificat prima dell’ingresso in clausura. Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 105 /¶25)$12752),2',%(0%(5(.e 8120$**,2$//$&$5,7¬',3 KOLBE di P. Massimiliano M. Maffei FI /DFRVWUXHQGDFDVDGHOODFDULWjSHULUDJD]]LGHO1RUGGHO %HQLQVDUjLQDXJXUDWDLOSURVVLPRQRYHPEUHLQFRQFRPLtanza con il viaggio apostolico in quella terra di Benedetto XVI. I frati lavorano a ritmo serrato per rispettare i tempi . )UD¶*LDPEDWWLVWD0(VSRVLWRGLUHWWRUHGHLODYRULqGLSDVsaggio in Italia nella primavera del 2011 per allestire un container di materiali di costruzione. Lo intervistiamo per fare il punto della situazione. Da dicembre scorso si è conclusa la “campagna del cioccolato” per la Casa della Carità “S. Massimiliano M. Kolbe”. Come procedono i lavori? Sono contento di questo spazio che mi dedicate su una rivista che ho visto in molte case dei nostri beneIDWWRUL 4XHVWRPLRIIUHLQQDQ]LWXWWR l’opportunità per ringraziare tutti coloro che da vicino e da lontano, nel molto o nel poco, ma sempre con tanta buona volontà e generosità ci hanno aiutato in questa “dolce impresa”. ... dolce a causa del cioccolato? Certo, è una battuta, ma dico “dolce” anche perché lo scopo è nobile. S. Massimiliano è stato un prigioniero nel campo di concentramento. Solo la verità libera l’uomo e la verità si raggiunge con la conoscenza e la pratica della virtù. E’ molto importante per i giovani l’istruzione scolastica. Offriremo con questa struttura ad almeno una trentina di bambini e ragazzi la possibilità di andare a scuola e di ricevere una formazione umana e spirituale integrale. Seguiremo da vicino anche il modo con il quale saranno istruiti a scuola e faremo della casa dedicata a padre Kolbe, una palestra di carità. Ebbene, a che punto siete con i lavori? Siamo praticamente arrivati al tetto. Sono venuto in Italia per acquistare la copertura e spedirla in Africa a mezzo di container. Avendo raggiunto il budget operativo di circa 200.000 € siamo adesso più sereni nell’avanzamento dei lavori. A luglio monteremo il tetto e subito dopo monteremo i sanitari con l’impianto elettrico ed idrauico. Una bella pennellata di pittura sull’insieme e tutto sarà pronto. Avete avuto o avete ancora GLIÀFROWj QHOO·DYDQ]DPHQWR dei lavori? A D G E N T E S in precedenza. Non ci siamo voluti però limitare alle sole buone intenzioni e parole e abbiamo voluto formalizzare il tutto per non mettere un’opera sociale in una condizione di instabilità gestionale e demaniale. La procedura amministrativa è stata lunga e laboriosa, non tanto quanto alla donazione, ma per creare nei confronti dello stato del Benin le condizioni che ci riconoscessero civilPHQWH FRPH DVVRFLD]LRQH QRSURÀW e quindi intestataria dell’area destinataci. In seconda battuta abbiamo dovuto vincere la pendenza del terreno PRYLPHQWDQGR XQ WHUUHQR GLIÀFLOH in quanto roccioso. Abbiamo dovuto aspettare il momento nel quale della macchine semoventi lavorassero non lontano da noi per l’allargamento della carreggiata della rotabile. Abbiamo negoziato con i proprietari della compagnia, che abbiamo scoperto essere degli italiani e con una spesa minima abbiamo “spostato le montagne”. Sul cantiere, inoltre non F·HUD DFTXD 1HDEELDPR SURÀWWDWR per fare un pozzo donatoci da una signora che risiede in Svizzera. E’ un pozzo per tutti, per l’acqua potabile, ma per un cantiere e un futuro orfaQRWURÀR QRQEDVWDYDSLODSRPSD a pedale. Ho quindi fatto arrivare l’elettricità che non c’era e ho montato una pompa sommersa che porta l’acqua sul serbatoio messo su un castelletto. Adesso speriamo non più. In passato SXUWURSSRVuPDOHGLIÀFROWjVLVRQR rivelate provvidenziali. Pochi mesi dopo la posa della prima pietra del gennaio 2009, presente p. Stefano il nostro Fondatore, il Comune di Bembereké ha voluto donarci un terreno Quando pensate di inauguramolto più grande di quello destinato re? 106 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International blematici. Il primo è l’indice di mortalità che colpisce la popolazione anche adulta, più prematuramente che da noi. E’ tutta una reazione a catena: povertà, cattiva nutrizione, cattiva istruzione, Stiamo chiedendo alla Madonna di farci inaugurare il complesso in occasione della visita di Benedetto XVi in Benin e cioè verso ÀQHQRYHPEUH,O6DQWR3DGUHQRQSRWUjYHQLUHÀQRGDQRL ma almeno vogliamo legare alla sua visita, che sarà un tempo di giubileo, questo dono per il popolo beninese, soprattutto per i più piccoli e bisognosi. E’ lodevole quello che fa la Chiesa... Più dello Stato e della stessa famiglia! 0D q FKLDUR9RUrei far venire in Africa tutti coloro che criticano la Chiesa per qualche prete che si è comportato indegnamente. La Chiesa in Africa interviene nella sanità, nell’educazione, nella comunicazione... E’ davvero una ma- Per noi, in Italia, è scontato andare a scuola. Quali VRQROHGLIÀFROWjSHULJLRvani del Benin? Sono stato alcuni anni prima ad Allada e ora sono nel Nord del Benin, molto più povero del Sud, perché distante dal porto che è il motore dell’economia del paese e anche perché il clima è praticamente da Sahel. Il sottosviluppo è un fenomeno evidente. C’è gente meravigliosa in Benin, piena di dignità, che ti mette a tuo agio, ma la povertà materiale della maggioranza è innegaELOH 3HUPROWLqGLIÀFLOHPDQWHQHUH GHLÀJOLDVFXRODSRLFKpORVWDWRQRQ ha i mezzi per sovvenzionare adeguatamente la pubblica istruzione. Esistono però altri due fattori pro- la solidarietà bella della “grande famiglia”, ma come si fa se anche essa è fatta di persone povere? Non GLPHQWLFKLDPR LQÀQH FKHLQ%HQLQ l’uomo ha ancora una mentalità poligama. Non è più per tutti, ma lo è ancora SHU PROWL ´6HPLQDQGRµ ÀJOL VHQ]D responsabilità e prendendo nuove PRJOLJOLULVXOWDGLIÀFLOHFXUDUHEHQH sul piano materiale, ma anche afIHWWLYRHGHGXFDWLYRLQXPHURVLÀJOL malattie, cure inadeguate, sanità scarsa, insicurezza delle strade, cantieri non a norma... morte precoce. Succede, quindi che molti bambini e ragazzi si ritrovino orfani, specie di padre. E’ vero che c’è Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 107 A D G E N T E S Roma anche una bella cucina componibile che era nell’appartamento della mamma del sig. Merone. Ricorderemo ogni giorno tutti nella preghiera riconoscente. nostra disposizione, anche se qui è XQDWHUUDHXQFOLPDGLIÀFLOHFHUFKHrò di fare un allevamento di animali per la carne e una coltivazione per il miglio, il mais e gli ortaggi. Spero che dall’Italia molte famiglie continuino ad aiutarci perché le spese saranno tante per far studiare questi ragazzi. 6RQRÀGXFLRVR /·,PPDFRODWDQRQFL DEEDQGRQHUj Tutto questo va bene per i lavori, E neanche noi... Amen! Grazie ma io intendevo per l’intervista! ODFROORFD]LRQHGHL dre e maestra. Il tributo che paga è UDJD]]LHLOORURLQPROWRDOWR7DQWLPLVVLRQDULUHOLJLRVLH quadramento... religiose perdono la vita per malattie fulminanti o incidenti sempre in agguato. Sono vite offerte che convertono, solo con l’esempio, centinaia di persone in una sola volta. Hai mai corso pericoli? Cerco di stare molto attento e offrire tutto me stesso all’Immacolta. E’ a lei che ho dato la mia vita e debbo la mia vita in virtù del Voto Mariano. Ho avuto un’infanzia felice e grazie al “cibo della mamma” ho una sana e robusta costituzione da IDUVSDYHQWDUHLPLFUREL 8QD YROWD ÀQLWR LO FDQWLHUH Ci sarà un piccolo nucome procederete nella ge- cleo di frati in pianta stione della casa della carità? VWDELOH QHOO·RUIDQRWURÀR Aiuteremo i ragazzi nel Dovremo pensare all’arredo per il doposcuola e nell’acquale già stiamo facendo essiccare compagnamento spiridel legno e attivato un gruppo di ami- tuale, nell’educazione ci falegnami. Anche quello sarà un civica e religiosa. Per costo, ma cercheremo di non pesare coloro che non sono troppo sui benefattori, risparmiando strettamente orfani, ma il più possibile. Dagli Stati Uniti, at- vengono da famiglie traverso p. Max M. Dean, ci è stato povere, cercheremo di regalato un bellissimo altare per la dare una mano anche FDSSHOODGHOO·RUIDQRWURÀR1HOO·DODUL- ai genitori, fratelli e soservata ai frati ci è stata regalata da relle. Sui cinque ettari a 108 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 109 A D G E N T E S DUC IN ALTUM ! ³35(1'(,//$5*2´8118292352*(7720,66,21$5,2 ,QL]LDFRO³EDWWHVLPRGHOPDUH´XQDQXRYD RSHUD]LRQH³FKDULW\ FKRFRODWH´ ,Q RFFDVLRQHGHOOHIHVWLYLWjSDVTXDOL sono state distribuite per beneficenza migliaia di uova di cioccolato per costruire una casa di formazione per giovani donne ad Allada, in Repubblica del Benin, sotto la direzione delle Suore FranFHVFDQHGHOO¶,PPDFRODWD Un lotto di mille pezzi è stato imbarcato alla base della Marina Militare di 7DUDQWR VX QDYH³9HVXYLR´ ULIRUQLWULFH della squadra navale impiegata nella crisi libica e nel soccorso dei profughi di guerra. I nostri marinai, tra i più preparati e generosi al mondo, sono rimasti sorpresi nel vedere scendere dagli elicotteri, oltre alle normali derrate alimentari, anche le simpatiche uova di cioccolato con confezione multicolorata e una faccetta africana. La mensa di bordo si è così rallegrata durante la S. Pasqua e quel cioccolato è stato condiviso con i naufraghi. ,/³&$0%,$6725,(´ di P. Alfonso Maira Angelo Bruno FI &¶HUDQRXQDYROWDLFDQWDVWRULHHLPHQHVWUHOOLFKHFDQWDYDQRGLFLWWjLQFLWWjOHJHVWDGHJOLHURL $YHYDQR XQJUDQGHYDORUHQHOO¶HSLFDFDYDOOHUHVFD 2JJL L³&DYDOLHULGHOO¶,PPDFRODWD YRUUHEEHURQRQVRORFDQWDUH PD cambiare la storia di tanti fratelli e di tante sorelle che incontrano per le vie del mondo. Come S. Francesco, JLXOODUHGL'LR GDLFLQTXHFRQWLQHQWLL)UDWL)UDQFHVFDQLGHOO¶,PPDFRODWDRIIRUQRGDVHPSUH FRQODSDURODH FRQO¶HVHPSLRXQPHVVVDJJLRGLVSHUDQ]D ,PLVVLRQDULGDQQRFLzFKHULFHYRQR &RQXQWXRJHVWR IRUVHDQche piccolo, puoi aiutarli a cambiare la storia di tanti che soffrono. Un atto di amore, non vale una vita, ma XQ¶HWHUQLWj /$6725,$'(/0(6( 817(77268//$3$/8'( Come avorio incastonato nell’eba- no è il sorriso in un viso africano, intriso di sudore già dal mattino. Si presenta così Florence L. con Carine e Arnauld, i suoi due bam- bini, due bei visi, vestigia di un padre che non c’è più. Florence aveva un negozietto di sarta a Co- tonou, una vita felice, fino a quan- do, pochi anni fa, le è morto il ma- rito ancora trentenne. Il fitto della casa e le spese in una grande città non venivano più co- perti dai magri proventi di un lavo- ro dignitoso, ma povero. Florence è ritornata così nel suo villaggio na- tale dal nome breve, come breve è la vita di tanti che vi nascono e che vi muoiono. “Glo”, tra la foresta e la palude, nel sud del Benin non ha sempre le strade per raggiun- gere le case, ma muri verdi d’er- ba che come carezza arrendevole si piegano ai gipponi in transito. All’ultimo inchino di questi sterpi e liane, come una grande scatola di lamiere s’intravede la casa di Flo- rence. E’ li che la sarta destreggia con abilità forbici ed aghi per con- fezionare da pezzi di stoffa multi- colorati abiti per grandi e per bam- bini appendendo a quel filo, tra la trama e l’ordito, la sopravvivenza sua, dei figli e di Gisèle, l’anziana mamma a carico. Florence è una cristiana e quando va ad Allada, chiede ai frati un aiuto. Sogna di costruirsi una casetta, come per tirare da quella scatola di lamiera una sorpresa che ha chiesto alla Madonna. Ha scavato la terra, ha Per aiutare Florence a terminare la casetta occorrono 901.693 Franchi africani, cioè 1.374,44 €. Grazie ai lettori e alla scorsa campagna di solidarietà sono avanza- ti 828 €. Rimangono quindi solo 546,44 € per completare questo progetto. Utilizza il c/c postale 3581957 oppure effettua un versamento su Banco Posta: IBAN IT43 L076 0103 2000 0000 3581 957 intestato a: Ass. Casa Mariana Editrice, specificando nella causale: Per Florence 112 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International SLDPRJLjDO 60,24 % essiccato l’argilla, ha montato delle mura. Avrebbe adesso bisogno di una copertura. Permanentemente rovente, permeabile alla pioggia, le lamiere dell’attuale baracca, attac- cate dalla ruggine, non la riparano più con la mamma e con i bam- bini. Occhi arrossati e voce rauca, la vecchietta Gisèle prega di poter finire i suoi giorni in una dimora più decente. I bambini febriccian- ti, un maschietto e una femminuc- cia, proprio non ne possono più. Per un po’ d’intonaco fatto di ce- mento e dei nuovi bandoni come tetto, occorrono 901.693 Franchi CFA, cioè 1.374,44 €. Con la somma avanzata dal pre- cedente progetto di solidarietà a favore di Ghislain, il giovane non vedente, cioè 828 €, resterebbero 546,44 € per sottrarre due vedove e due bambini dalle intemperie e dall’insalubrità. Può darsi che la volta scorsa avresti voluto aiutare, dare di più, ma non hai potuto. Hai sperimentato alla fine, anche tu, l’intervento della Provvidenza e la mano amica di chi ti è vicino. Vuoi cambiare anche questa storia e cucire un “pezzo di cuore” su una casa senza tetto? L’editore conosce direttamente persone e fatti legati alla vicenda e se ne assume la responsabilità sulla veracità e l’autorizzazione per la privacy. ³'$5(/8&(´UNA STORIA CHE CAMBIA! Cari lettori, nello scorso numero abbiamo presentato il caso di Ghi- slain, un giovane non vedente, all’ultimo anno di scuola superiore, in procinto di conseguire il diploma di maturità. Avevamo chiesto 421,50 per permettegli di conseguire il diploma e pagarsi gli oneri scolastici, le tasse, il materiale di scrittura in “braille”. Chi ha risposto all’appello ci ha permesso di dare “la luce della speranza” a Ghislain e soprattutto la soddisfazione di aver portato a termine un mini-progetto attraverso la nostra rivista. Abbiamo raccolto in totale 1.250 netti. L’eccedenza ci permettiamo di stornarla su un nuovo progetto che trovate in queste pagine, più grande ed impegnativo, ma non meno realizzabile, poiché la carità produce anche ottimismo. Non sapremmo mai, intanto, come ringraziare voi benefattori. Ghislain ci ha promesso che invierà una lettera che pubblicheremo non appena arriverà in redazione. Il 31 maggio 2011, a conclusione del mese mariano, celebrerò una S. Messa secondo le vostre intenzioni e a suffragio dei vostri cari defunti. Dalla lingua “fon” la parola “grazie” si traduce in italiano: “hai fatto una cosa grande!” In Corde Matris: p. Alfonso M. A. Bruno Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 113 A TU PER TU Quando mi soffermo a contemplare le opere d’arte mariana, sono incan- tato dalla bellezza della Vergine Ma- ria. Mia moglie - spero non gelosa an- che della Madonna (!) - mi dice che si tratta di un’idealizzazione della bel- lezza da parte degli artisti. Esistono degli argomenti che proverebbero la bellezza esteriore, oltre che interiore, della Madonna? Norberto D. – Arezzo Ave Maria ! Caro Norberto, immagino che la recente mo- stra nella tua città delle opere del pittore Giovanni Martinel- li, ti abbia ispirato la domanda. In parte ti abbiamo già risposto in questo numero avendo par- lato nella rubrica “Maria e la Vita Sociale”, della bellezza e di come la Madonna, non a caso chiamata la “Tota Pulchra”, la Tutta Bella, sia l’archetipo stes- so della bellezza creaturale e il segno visibile di quanto di più bello Dio abbia prodotto fuori di sé. L’arte, quella vera, esprime lo sforzo dell’uomo di cogliere nel creato quanto ci sia di più bello e degno di essere contemplato. Gli artisti sicuramente han- no quello “scatto in avanti”, quella capacità di anticipare e cogliere realtà e situazioni che ad altri uomini resterebbero incomprensibili o addirittura insignificanti. La Madonna ci ricorda come Dio ha voluto l’uomo: senza peccato, con i doni naturali, preternaturali e soprannaturali. La Madonna ci ricorda altresì la condizione delle anime elette una volta ri- sorte, la condizione della Chie- sa militante dopo la Parusia, restituita a Cristo definitiva- mente trionfante, come Sposa, santa e immacolata, senza ruga, né macchia. Questo è già realizzato nella Vergine Maria. Se hai visto la Madonna col Bambino e Sangiovannino nel- la mostra di cui ti parlavo, sarai rimasto sicuramente emozio- nato, e spontaneamente avrai pensato che nella realtà la Ma- donna dev’essere stata ancora più bella. Santa Bernadetta Soubirous, la veggente di Lourdes, ai pittori che le mostravano delle pur belle rappresentazioni della Madonna dichiarava che la “si- gnora di Massabielle” era anco- ra più bella, molto più bella. Cicerone ricorda che il grande pittore Zeusi, quand’ebbe la commissione di dipingere, per la città di Crotone l’immagine di Elena, prese a modello cin- que tra le fanciulle più belle della città per fondere la loro bellezza nella sintesi del suo quadro. Nella Vergine Maria, non si fonde forse la bellezza fisica e la statura morale delle grandi donne dell’Antica Alleanza? Sara, Rebecca, Rachele, Giudit- 114 | Gennaio - Aprile 2011 | Missio Immaculatæ International ta, Esther, non sono sua prefi- gurazione? Iniziò presto, sin dagli albori del cristianesimo, tutta una letteratura sulla bellezza di Ma- ria Vergine: S. Gregorio di Na- zianzo definiva Maria “Colei che supera tutti in bellezza” e Giorgio di Nicomedia parla di “stupenda” bellezza di Maria. S. Andrea di Gerusalemme de- finiva la Madonna, “viva statua scolpita da Dio stesso, qual tipo vivente di suprema bellezza”. S. Anselmo d’Aosta la salutava così: “bella a intuirsi, amabi- le a contemplarsi, dilettevole ad amarsi e tale da superare la capacità del proprio cuore”. Quanto al dantesco S. Bernar- do, egli, dalla sua amena Chia- ravalle, accennava sulla Vergine questo: “splendida per beltà fi- sica e nota nelle sfere celestiali pel decoro della sua bellezza”. Niceforo il “Cartofilace” ci ha tramandato il ritratto di Maria che Giunilio Africano ci assicu- ra di aver letto, in Persia, inciso su lamina d’oro: “La Vergine non era di alta statura benché alcuni dicono che superasse al- cun poco i limiti della media. Il colorito leggermente indo- rato dal sole del suo paese, ri- traeva del colore del frumento. Biondi i capelli, vivaci gli occhi, tendente all’ulivigno la pupilla. Le sopracciglia arcuate e nere, il naso un po’ allungato, rosse le labbra e, nel parlare, piene di soavità. Né tondeggiante, né aguzzo il viso ma elegantemen- te ovale; le mani e le dita affu- solate...” Tutto questo discorso circa la bellezza fisica della Vergine, detto in tesi generale, trova una riprova in validi argomenti di fatto che i mariologi non han- no tralasciato di sottolineare. Ne rileviamo alcuni, in ordine di forza probativa. A causa della sterilità dei suoi genitori, S. Tommaso d’Aqui- no ha espresso che il corpo stesso della Vergine sia stato la risultanza di un miracolo e, in quanto tale, più perfetto di un corpo normale. Michelangelo difese le accuse del Condivi sulla freschezza del volto giovanile della Madonna scolpito nella sua “Pietà”, così affermando: “Non sai tu che le donne caste molto più fresche si mantengono che le non caste?” Un’altra ragione della bellezza fisica di Maria la offre il celebre predicatore Bossuet quando dice: “Dio nel plasmare il cor- po virgineo di Maria aveva in vista Gesù”. Dal momento che il Creatore non ha disdegna- to di “farsi sua fattura”, Maria non poteva che risultarne ab- bellita e santificata al massimo grado. Si aggiunga che l’aver Gesù, per nove mesi , confuso il prorpio Sangue con quello della vergi- ne Madre, non può non aver comunicato ad essa qualcosa della sua perfetta umanità che era unita dall’ipostasi divina. Ritornando a S. Bernadetta Soubirous ricordiamo ancora che diceva: “Era tanto bella la Vergine che, vista una volta, si anela alla morte per poterla ri- vedere!” Questi sono solo alcuni esempi di una lista che potrebbe con- tinuare a lungo e che il nostro spazio editoriale non permette. La bellezza di Maria, Norberto, è tale da ispirare emozione e devozione, rispetto e commo- zione. Tranquillizzi pure sua moglie se fosse davvero “gelosa” anche della Madonna! Così come fu per S. Giuseppe, l’amore alla Vergine Maria ren- de più casti e puri e aumenta la considerazione della donna in riferimento alle sue qualità di madre e di sposa, non di donna-oggetto come purtrop- po spesso accade. Se poi la sua signora si sforzasse davvero di imitare la Madon- na, oltre che a riconquistare lei maggiormente, acquisterebbe un più grande valore davanti a Dio e conquisterebbe il Paradi- so! Missio Immaculatæ International | Gennaio - Aprile 2011 | 115 Nel 1305 un frate francescano sfidò i più grandi teologi per difendere l’Immacolata Concezione Adriano Braidotti DUNS SCOTO regia di Fernando Muraca Una produzione dei FRATI FRANCESCANI DELL’IMMACOLATA - TVCO VINCITORE MIGLIOR FILM E MIGLIORE ATTORE PROTAGONISTA 2011 Per informazioni: P. Alfonso M. A. Bruno FI [email protected]