LETTERATURA TATTILE Letteratura Tattile Corso Giovanni XXIII, 31 - 47921 - Rimini Telefono: 0039 - (0)541 - 21758 Mobile: 0039 - 339 - 3400580 mail: [email protected] web: www.letteraturatattile.it 1) Aganoor Pompilij, Vittoria: lettera autografa firmata (9 x 11,5 cm.) senza data, indirizzata ad un gentilissimo signor Duca. Euro 60 (...) Ho ricevuto il fascicolo di Gennaio della Rassegna Contemporanea e benché vi sia scritto che chi non intende abbonarsi è pregato di respingere il fascicolo non lo respingo prima di averle chiesto se è la direzione che quel fascicolo mi manda o forse qualcuno degli scrittori di qualche articolo ivi contenuto. Ho chiuso il ciclo dei miei abbonamenti e ormai solo come collaboratrice ricevo le nuove pubblicazioni di riviste e periodici (...) Vittoria Aganoor Pompilij, poetessa italiana, nacque a Padova. Ebbe Giacomo Zanella come maestro per circa quindici anni. Nello stesso anno, la sua famiglia si trasferì a Napoli. La conoscenza di Enrico Nencioni la fece approdare alla lettura di autori stranieri e l'aiutò a mettere a fuoco le sue qualità. Precocissima nello scrivere, la sua natura perfezionista e ambiziosa la indusse a mostrare le sue poesie solo nella cerchia di conoscenti e amici, sollecitando il parere di insigni letterati dell'epoca, con i quali manteneva corrispondenza. Di tanto in tanto sue liriche erano pubblicate su riviste letterarie, riscuotendo ammirazione e dandole una fama di poetessa aristocratica e riservata cui Vittoria teneva molto. Pubblicò soltanto a quarantacinque anni il suo primo libro. Considerata da Benedetto Croce una scrittrice spontanea e fresca, fu per lunghi anni reputata tale dalla critica letteraria, fino agli anni '70, quando la sua opera venne rivalutata anche alla luce di un'edizione parziale delle sue lettere: Vittoria aveva sempre rifiutato l'immagine di poetessa immediata e spontanea e dichiarava di scrivere "di testa" e non con il cuore. Infatti, le sue liriche sono pienamente inserite nelle correnti letterarie del suo tempo, e mostrano richiami a Gabriele D'Annunzio, ai Crepuscolari, all'amato Giacomo Leopardi, e agli amici Nencioni e Gnoli. Morì a Roma nel 1910. 2) Albini, Giuseppe: cartolina postale autografa firmata di 2 pagine (14, 5 x 9 cm.) indirizzata al professore Eugenio Turuzza a Pesaro: Riccione, 1922. Strappetto senza perdite di testo o mancanze. Euro 30 (...) Se fosse il mare a pigliarci in giro, potremmo rassegnarci. E’ così grande! E, in somma, un po’ di salubrità e di spettacolo non ce li nega. Ringrazi Chicci dei suo cari saluti dal suo vario Cammino. E che Mino si riposi un poco (...) 3) (Giovanni Pascoli Professore) Albini, Giuseppe: lettera autografa di 4 pagine (19 x 14 cm) indirizzata alla contessa Codronchi: 10 novembre 1923. Albini, amico e collega di Pascoli, riferisce alla contessa circa la nomina del poeta all’università di Messina. Euro 110 (...) Quanto a ciò che mi chiedeva su la nomina universitaria di Pascoli, è argomento di cui posso parlare meglio di tutti al mondo, ma poco ne parlo e niente ne scrivo perché (...) c’entro anch’io, e siccome non sono ancora morto, o non del tutto, potrei dar esca a meschina malignità. Con lei non faccio misteri (...) Le cose in quell’autunno del 1897 (dolce nella memoria, e delle mie poche memorie dolci) andarono così. Il Pascoli, già straordinario da qualche anno di Grammatica greca e latina a Bologna, per sue ragioni (le so quasi tutte, ma non giova riferirle né pesarle) qui non voleva rimanere. Il Ministro Gianturco, se non erro, avendo invano cercato di farlo ricevere nella Facoltà di lettere a Roma, l’aveva aggiunto all’Ispettorato centrale, dove si trovava a disagio. Collocare e contattare il Pascoli era vivo desiderio del ministro Codronchi, e mi rammentò di aiutarlo in questo, il che avrei fatto con entusiasmo per riguardo a tutti e due. Ma ero poco abile e sagace; tanto che in capo a qualche giorno non ebbi di meglio che suggerire al ministro: lo rimandi a Bologna. E il Ministro: No, a Bologna ci mando Lei. Quella sera, cenando con quel galantuomo ch’era il professor Ildebrando della Giovanna, un burbero benefico che mi voleva tanto bene, quelli col suo cipiglio sorridente mi disse: Ma davvero stai alla Minerva e non sai che è vacante la cattedra di Letteratura Latina a Messina? Era vero. Subito la mattina lo dissi al Ministro ed egli: Benissimo. Mando il Pascoli ordinario di Letteratura Latina per l’art. 69. E mi incaricò di sentire il Pascoli, ma intanto gli risposi e lo ringraziai io per lui. Ben presto gli accompagnai l’amico. Dunque la nomina fu in tutta regola. Sarebbe sì, convenuto interrogare la Facoltà, ma questa fu contenta lo stesso. E non entrò per concorso; la porta grande, diceva la gente severa; quella per la bestia grossa, commentavamo, scherzando col Pascoli (...) Albini fu Scolaro del Carducci ed amico e collega del Pascoli, col quale aveva in comune la vastissima conoscenza del latino; volle essere, soprattutto, poeta di lingua italiana e latina ed interprete e traduttore di poeti latini, particolarmente di Virgilio. Insegnò giovanissimo grammatica latina e greca e succedette a Giovanni Battista Gandino nella cattedra di filologia latina, che mantenne fino alla morte. Nell'ateneo bolognese ricoprì le cariche di preside della Facoltà di lettere e filosofia e Rettore dell'Università. 4) Aleardi, Aleardo: lettera autografa firmata di 3 pagine con relativa busta (21 x 14 cm), indirizzata al Cavalier Pellegrino Prampolini, capo divisione al ministero di Grazia e Giustizia: Firenze 16 maggio 1872. Euro 110. (...) Mio caro Pellegrino, ora dovrei essere a Roma ma questa volta il Consiglio si consiglierà senza di me, e sarà forse per suo meglio. Sono stanco e ho da lavorare e queste interruzioni, questi viaggi mi divorano un tesoro di tempo. So che a Roma c’è (...), e spero che o avrai trovato o troverai modo da parlargli e da (...) Bada però, come ti dissi, che se prima à in petto di mandarlo giudice in qualche luogo, non lo mandi a Rovigo, dove andare gli sarebbe pena. Colà c’è una sorella di sua moglie maritata in una famiglia per antichi e iniqui amori ... invisa a (...), e il doversi legare con loro gli troverebbe intollerabile. Quando sai qualche cosa, scrivimi qua. Riveriscimi la tua buona e brava Signora, e dille, che nel pomeriggio di Giugno verrò a vedere con occhio severo in quale stato sia il lavoro della nostra congiura. Se queste mie parole ti sono di colore oscuro non importa: i mariti non hanno a sapere delle congiure delle mogli (...) 5) Aleardi, Aleardo: lettera autografa firmata di 4 pagine con relativa busta (21 x 14 cm) indirizzata al Cavalier Pellegrino Prampolini, capo divisione al ministero di Grazia e Giustizia: Verona 27 giugno 1872. Euro 90 (...) Mio ottimo amico, stamani è venuto da me il Ravignani turbato molto per una proposizione che a quanto pare, deve fargli o oggi o dimani il Procuratore del Re. Si tratta di domandargli s’egli accetterebbe la pretura di ... Nota, che è un luogo mezzo selvaggio: non una casa trovò che da contadini; ove alloggiare, con ogni sorte di privazioni, quantunque poco dalla città discosta.. (...) Io dimando a te, buon amico: I come egli a contenersi? II se non accetta, che danno gli può incogliere? III se accettasse di diventar pretore, potresti tu trovargli una pretura più dignitosa? IV (...) V E’ egli vero, che i pretori delle Province Venete si tengono in maggior considerazione per essere avvantaggiati a Giudice? (...) p.s leggi queste righe che ti accludo e vedi se il ministero possa affrontare la decisione sull’affare di che trattano (...) Aleardi è stato un poeta e politico italiano, appartenente alla corrente del romanticismo. Spesso accostato al Prati per il comune languore sentimentale, venne definito da Croce un precursore del Pascoli. Aleardi si trasferì a Firenze nel 1864, dove accettò la cattedra di Estetica all'Istituto di Belle Arti: qui rimase per il resto della sua vita, preparando con cura e non senza fatica i corsi ai quali accorse un pubblico sempre più numeroso e sempre entusiasta. Nell’ultimo periodo della vita, Aleardi conobbe onori e fama: venne eletto senatore nel 1873, tenne conferenze e discorsi che gli offrirono plausi e consensi, creando ora di sé quel mito di poeta salottiero, che non dispiacque a certa ingenua civetteria della sua anima semplice, ma che suscitò poi aspre reazioni: e tra i consensi incominciarono anche gli attacchi più aspri. Ormai sopravvissuto a se stesso, e consapevole di questo, morì improvvisamente a Verona il 17 luglio 1878. 6) Baudelaire, Charles: cambiale autografa firmata per esteso su carta bollata con timbro a tampone nero e timbro a secco. 7 righe autografe compresa la firma per esteso con le quali Charles Baudelaire dichiara di ricevere dal signor Arthur Stevens la somma di 1.000 franchi che si impegna a restituire il dicembre successivo alla stipula della cambiale, datata Paris, 30 settembre 1863. In perfetto stato di conservazione. Venduto. Nel 1861 Baudelaire dà alle stampe la seconda edizione riveduta dei Fiori del male, e pubblica alcuni saggi sull’opera di Delacroix e Wagner. Secondo quanto è dato sapere dalle lettere note e dai documenti editi, Baudelaire si trova sino alla fine del 1863 a Parigi, come testimonia anche la cambiale sopra descritta, nella quale è riportato l’indirizzo dell’abitazione parigina del poeta. Dal 1864 egli si trasferisce in Belgio, per sfuggire ai creditori che lo inseguivano, dove ritrova il suo editore Malassis, anch’egli in fuga per debiti. In Belgio Baudelaire tiene con scarso successo alcune conferenze e lavora a qualche progetto, mai terminato, come Lo spleen de Paris. Da una lettera scritta dal Belgio sappiamo che le sue condizione di salute, già molto provate, peggiorano, e il suo stato di povertà si aggrava: speravo di realizzare i miei progetti ma mi ritrovai in un paese peggiore della Francia. Il 15 marzo 1866 mentre visitavo la chiesa di Saint Loup, a Namur, fui colto da un attacco di emiplegia e di afasia. Fui ricoverato a Bruxelles sino a che, nel luglio del 1866, mia madre e l’amico Arthur Stevens mi riportarono a Parigi presso la clinica del dottor Duval alla rue de Dome. Paralizzato dal lato destro persi progressivamente l’uso della parola … Come si evince dalla lettera il signor Stevens, destinatario della cambiale, è un amico intimo del poeta e della madre, che interviene più volte per aiutare Baudelaire nelle situazioni di maggiore difficoltà. Mercante d’arte e sovvenzionatore di molti pittori della scuola di Barbizon, Stevens si sposa con Mathilde Kindt nel 1856. La signora Kindt, belga da parte di madre, si era distinta per il supporto pratico dato a diversi artisti in fuga a Bruxelles per scampare dai creditori, tra i quali Dumas. Arthur Stevens diviene già sul finire del 1860 amico intimo di Charles Baudelaire e di Victor Hugo. La sua figura di catalizzatore di molti artisti, prevalentemente pittori, in cerca di un sostegno economico, è stata soggetto di un accurato saggio di Wendeline Guentner, nel quale si evidenziano le relazioni intrattenute da Stevens con Corbet, Degas, Manet, Pissaro, Sisley, Monet tra gli altri, e l’importante ruolo svolto da Stevens come promotore di questi ed altri artisti. 7) Bontempelli, Massimo: Settenari e sonetti, Ancona, Puccini, sd (ma 1910), 22 x 16,5 cm. Brossura editoriale; pp. 50, (6). Piccola mancanza all’angolo destro basso della copertina anteriore; una leggera gora in alto in copertina. Importante dedica autografa firmata di Bontempelli a Luigi Pirandello. Opera non comune in seguito rifiutata da Bontempelli. Edizione originale. Euro 400. 8) Bontempelli, Massimo: lettera dattiloscritta firmata di una pagina con diverse correzioni autografe (28 x 22 cm.), indirizzata ad un caro Colombo; a proposito delle correzioni alle bozze di stampa di uno scritto della moglie di Bontempelli, Paola Masino. Venezia 30 aprile 1947. Autografo non comune. Fori di archiviazione lontani dal testo. Euro 100 (...) Paola Masini è a Roma, ricevo io le bozze, e com’ero con lei d’accordo le apro per farne una lettura io e poi mandargliele. Ma temo ci sia stato un errore nel fare il pacco. Esso contiene - le primissime bozze in colonna - e le seconde bozze impaginate ancora in formato grande; e su queste seconde sta scritto ricomporre come Pegaso. Evidentemente non sono dunque queste quelle su cui l’autrice dovrebbe porre il visto, come lei scrive nella accompagnatoria. E ricordo che anche Bompiani aveva spiegato il ritardo all’invio delle seconde bozze, con la decisione che aveva preso di mettere il libro a inaugurare la collana di Pegaso lirico (...) Le sarò grato se “nel contempo” (è la prima volta che in vita mia adopero questa frase) mi avvertirà; perché può anche darsi che la mia interpretazione sia errata (...) 9) Borghini, Raffaello: Il Riposo, Firenze, Michele Nestenus e Francesco Moucke, 1730, 4° (23 x 17 cm.). Legatura coeva in piena pergamena con nervi al dorso; titolo manoscritto al dorso ed etichetta in cartone coeva ai piedi del dorso; tagli spruzzati rossi; pp. XXIV, 558, 1 con le correzioni. Incisione allegorica a piena pagina in antiporta; grande fregio tipografico al frontespizio; alcuni capilettera incisi; 1 grande testatina incisa su disegno di Giuseppe Rossi; 4 magnifici finalini incisi da Teodoro Wer Cruijsse; ex-libris sul retro dell’antiporta. Magnifico esemplare, perfettamente conservato. Euro 880 Seconda e più suntuosa edizione curata da Antonmaria Biscioni, migliorata dal punto di vista tipografico e linguistico, con una prefazione ed estese note di Bottari. Raffaello Borghini, nasce nell’aprile del 1541; letterato fiorentino, la sua opera più nota è il Riposo. Scritto in forma di dialogo, è diviso in quattro libri secondo una impostazione storico-critica volta alla sistematizzazione accademica dei dati, e si rivolge per la prima volta esplicitamente non tanto agli artisti, quanto agli amatori d’arte. Notevoli sono le informazioni che il Borghini ci offre, analizzando opere contemporanee fiorentine, circa le tecniche pittoriche; le notizie sulla pittura a fresco, a tempera, a olio, su lavagna, sulla preparazione dei supporti, dei colori (anche per la miniatura), delle dorature, sono riprese da fonti precedenti, quali Cennini, Vasari, Leonardo, Lomazzo, con qualche aggiornamento (per esempio Borghini distingue tre tipi di pigmento giallorino, citato per la prima volta da Cennini). I libri terzo e quarto di impostazione storica direttamente derivata da Vasari, hanno notevole importanza documentaria soprattutto per quanto riguarda artisti contemporanei. L’opera, come scrisse il pittore veronese Antonio Balestra al Gaburri, in questa edizione è bellissima e compita in tutte le sue parti e di gran lunga meglio della prima. E’ una delle fonti utilizzate da Volpato e da Baldinucci. 10) Brera, Gianni: Il corpo della ragassa, Milano, Longanesi, 1969, 19 x 12,5 cm. Cartone editoriale con sovracoperta; pp. 244, (12). Bella e lunga dedica autografa firmata e datata di Gianni Brera. Edizione originale. Euro 100. 11) Buzzati, Dino: Dino Buzzati, pittore. Con un equivoco di Dino Buzzati e un testo critico di Bruno Alfieri, Venezia, Alfieri, 1967, 33 x 24 cm. Brossura editoriale (piccole abrasioni in alto dovute a fori di spillo); pp. 16 con il testo di Alfieri, 34 con illustrazioni a colori e in bianco e nero a piena pagina con didascalie di Buzzati. Dedica autografa firmata e datata su 6 righe di Dino Buzzati. Edizione originale. Euro 170 12) Calvino, Italo: lettera autografa firmata di una pagina (28 x 20 cm.) indirizzata ad Irma Antonetto, fondatrice dell’Associazione Culturale Italiana: 21. 7. 1967. Euro 400 (...) Preso da molte cose contemporanee - il trasloco a Parigi, altre scadenze impossibili in Italia, - non ho risposto alla tua gentilissima lettera e me ne rimorde la coscienza. Giorni fa nella canicola di Torino t’ho cercato ma era prevedibile che non t’avrei trovata. Non avendo ancora deciso il tema della conferenza mi è difficile accettare le date di dicembre. Quando è l’ultima scadenza per decidere titolo e calendario? Io sono con la famiglia al mare fino alla fine d’agosto a quest’indirizzo segnato sopra. Se passi di qui ... 13) Calzavara, Ernesto: Il tempo non passa, Milano, Tipografia Maserati, 1946, 11,5 x 10 cm. Brossura editoriale con sovracoperta (una leggera abrasione in copertina); pp. 18, (2). Edizione di 100 esemplari fuori commercio. Dedica autografa firmata e datata a Carlo Cordiè. Opera prima. Rara edizione originale. Con il libro è conservato un biglietto autografo firmato di 2 pagine (7 x 11 cm.) indirizzato a Cordié: (...) Mi permetto inviarle per suggerimento di Giovanni Scheiwiller l’unita raccolta di alcune mie poesie. Nella speranza che Ella ne voglia dare con tutta franchezza il suo giudizio, la ringrazio ... Euro 330 14) Calzavara, Ernesto: I fiori di carta, Milano, Tipografia Omnia, 1947, 11,5 x 10 cm. Brossura editoriale con sovracoperta (una macchiolina in copertina); pp. 25, (3). Edizione di 100 esemplari fuori commercio. Dedica autografa firmata e datata a Rutilio Benincasa. Rara edizione originale. Euro 250 15) Calzavara, Ernesto: Il nuovo mondo, Milano, Tipografia Omnia, 1948, 11,5 x 10 cm. Brossura editoriale con sovracoperta; pp. 27, (5). Edizione di 100 esemplari fuori commercio. Dedica autografa firmata e datata a Carlo Cordiè. Rara edizione originale. Assieme al libro è conservato un biglietto autografo firmato (7 x 11 cm.) indirizzato a Cordiè: (...) Mi permetto inviarle il mio ultimo libretto di poesie, gratissimo se avrà tempo e voglia di dirmene qualcosa ... Euro 250 Un poeta è facile da distruggere. Che cos’è un poeta? Non è che un foglio di carta. (Calzavara). Le prime prove poetiche di Calzavara: poesie in lingua, pubblicate privatamente in tre plaquettes in edizione numerata. 16) Camus, Albert: L’été, Paris, Gallimard, 1954, 19 x 12 cm. Brossura editoriale; pp. 188, (4). Etichetta dell’Associazione Culturale Italiana in quarta di copertina; timbro a tampone blu con numero d’ingresso della stessa associazione nella prima pagina bianca e in fine volume. Dedica autografa firmata di Camus ad Irma Antonetto: à Irma Antonetto pour lui rappeler nos promenades d’hiver et la fidèle pensée ... Euro 600 17) Caproni, Giorgio: Finzioni, Roma, Istituto Grafico Tiberino, 1941, 19 x 13,5 cm. Brossura editoriale; pp. 81, (3). Dedica autografa datata e firmata indirizzata a noto poeta italiano. Leggerissime fioriture in copertina. Edizione originale, non comune. Euro 1.500 Animato sullo sfondo da presenze femminili sempre positive, madide e profumate, ancora istintivamente legate a un tempo naturale, Finzioni vive di una scissione e un contrasto tra le donne, solo in parte riconducibile a eventi autobiografici: veramente due vicende sono ormai intimamente fuse in una sola e il personaggio femminile diventa bifronte, scisso in due percorsi e due strade, secondo la suggestiva lezione gozzaniana, tra un potere acronico tutto femminile, quasi aroma dell’adolescenza, e una triste catena antica attiva in virtù della memoria. Un incontro anche casuale, ci dice Caproni, non basta più; non è più possibile, per trattenere e sospendere il tempo, che una ragazza ci passi accanto correndo, causa di un vento fresco che resiste sulla pelle; il momento decisivo si riduce drasticamente a un istante: […] un attimo: e più non resta / del tuo transito breve in me che quella fiamma di lino – quell’istantaneo battito delle ciglia, e il panico del tuo sorpreso – nero, lucido (...) Finzioni sancisce l’esistenza di una problematica femminile all’interno della poesia di Caproni, una questione lasciata sospesa dalle soluzioni provvisorie della raccolta, la cui musica ci riporta subito a luoghi letterari ben riconoscibili. 18) Caproni, Giorgio: Giorni aperti. Itinerario di un reggimento al fronte occidentale, Roma, Lettere d’Oggi, 1942, 18 x 13 cm. Brossura editoriale; pp. 62, (2). Intonso. Una leggera macchia d’inchiostro all’ultima carta, bianca. Edizione originale. Euro 250 Giorni aperti ha per protagonista un giovane soldato alle prese con l'esperienza della guerra: una situazione vissuta con terrore ma anche come un'avventura, con il gusto picaresco di una scommessa sulla scoperta della vita. mune. Euro 230 19) Caproni, Giorgio: Il gelo della mattina, Caltanisetta, Edizioni Salvatore Sciascia, 1954, 17 x 12,5 cm. Brossura editoriale con velina editoriale; pp. 28, (4). Edizione originale, non coLa morte e l’agonia di una giovane donna, amata dallo scrittore, costituiscono il tema del racconto Il gelo della mattina, richiamo anche nel titolo al simbolismo delle albe, simbolismo presente anche nei testi poetici che ricordano quest’amore giovanile spezzato. Il gelo della mattina è racconto di sconvolgente modernità nello scandaglio accurato e profondo dei recessi dell’animo e del dolore che crea lacerazioni e dualismi insanabili: il desiderio inconscio di affrettare la morte, la paralisi che produce quasi astio di fronte alla richiesta vitalistica della donna di un abbraccio, che appare in quel frangente paradossale e assurda. Caproni ha dedicato un periodo della sua vita (1957-1963) alla prosa, esprimendo costantemente il desiderio che le sue poesie si leggessero come un romanzo e viceversa. Dopo la fase narrativa del primo dopoguerra, torna a cercare nella prosa una pregnanza espressiva. La scelta della prosa non è del resto affatto in contrasto con lo stile e i toni caproniani, e la tendenza del poeta ad una “narratività lirica”, la predisposizione al discorso, al parlato, che lo ha distinto dalla poesia ermetica, trovano nella prosa ampia conferma. 20) Caproni, Giorgio: Il seme del piangere, Milano, Garzanti, 1959, 22,5 x 14,5 cm. Tela editoriale con sovracoperta e velina editoriale; pp. 116, (6). Edizione originale. Euro 150 Il seme del piangere è il momento centrale della attività poetica di Caproni, dopo un decennio di esperienze traumatiche: la guerra, la sconfitta, la clandestinità, la malattia e la morte della madre, la vecchiaia del padre. E’ quella che egli chiama la stagione del lutto, un decennio di bianca e quasi forsennata disperazione, testimoniata anche dai titoli dei versi: I lamenti, Gli anni tedeschi, I sonetti dell’anniversario, che è un anniversario di morte, per la perdita di una giovanissima fidanzata. Dopo la morte della madre ha inizio la fase poetica del ritorno, della nostalgia, tesa a ripercorrere le strade della propria vita, prima quelle di Genova, città dei primi amori e dei primi grandi dolori, quindi quelle dell’altra città, Livorno che appartiene a un passato ancora più lontano e irrevocabile, in cui egli cerca la sua identità e le sue radici. 21) Capuana, Luigi: lettera autografa firmata (10 x 13,5cm) con relativa busta, datata 14 agosto 1910. Capuana, ormai anziano e in gravi ristrettezze economiche, scrive all’avvocato Giuseppe Giuliani. Euro 200. (...) La sua graditissima lettera mi è stata rimandata qui. La ringrazio con qualche giorno di ritardo perché sono stato occupatissimo e preoccupatissimo per l’affare che lei sa, e pel quale mi promette il suo valido aiuto. Le chiedo scusa di quel che le scrissi in un momento di grande tristezza. Qui mi dibatto in mezzo a gravi difficoltà. Se lei ha una buona notizia da darmi, abbia la bontà di avvertirmi con un telegramma, a mie spese. Tornerei subito, lasciando qui ogni altra pratica. A voce le darò altre spiegazioni (...) p.s Se si potesse provvedere prontamente per cinque seicento lire, mia moglie potrebbe rilasciare una cambiale provvisoria fino al mio arrivo (...) 22) Carducci, Giosuè: Giacomo Leopardi deputato. Manoscritto autografo composto da 23 carte scritte da ambo i lati tutte della misura di cm. 23,5 x 18, ad eccezione di 2 pagine contenenti bozze di stampa con numerosi interventi autografi di Carducci, e degli ultimi 2 foglietti, più piccoli rispetto agli altri (13 x 12 cm.). Le pagine hanno in alto una numerazione a matita blu. Senza data ma 1898. Euro 2.500 Affascinante manoscritto di lavoro di Carducci che contiene la stesura originale del discorso commemorativo tenuto nel 1898 durante la solenne cerimonia svoltasi nel palazzo comunale di Recanati, per commemorare il primo centenario della nascita di Giacomo Leopardi. Il lungo testo, un vero e proprio studio sulla vicenda di Giacomo Leopardi deputato a Bologna nel 1831 (Leopardi fu eletto deputato dell'assemblea del governo provvisorio di Bologna, sorta dai moti del 1831, su designazione del Pubblico Consiglio di Recanati, ma non fece in tempo ad accettare la nomina peraltro mai richiesta che gli austriaci restaurano il governo pontificio), fu dapprima pubblicato nella “Nuova Antologia”; l’edizione definitiva è pubblicata nella raccolta di prose del Carducci, edita da Zanichelli nel 1907. Il mansocritto presenta la prima stesura che come tale è ricca di correzioni, ripensamenti, cancellature e riscritture, e di alcuni passaggi che nel testo a stampa non compaiono. Nel manoscritto vi sono anche diversi appunti di carattere storico e bibliografico, redatti dal Carducci a fianco al testo della conferenza, al fine di utilizzarli durante lo sviluppo del lavoro. Di centenari, da quello di Dante in poi se n’è fatti e se ne fa troppi nel nostro paese: ma bisogna pur compatirla, questa povera Italia: pagana e cattolica nell’ossa, ell’ha bisogno di aver tuttavia delle feste e delle processioni; o di arvali e di santi, o di filosofi e di miscredenti, o di vergini martiri o di poeti, è lo stesso. E un po’ insieme di tutto questo si direbbe apparire, chi ben consideri, Giacomo Leopardi; il cui centenario si festeggierà in Recanati nel giugno del 1898. All’Italia, che, su ’l risorgere, pativa, eroica aspettante, le ultime battiture dei tempi, il Piceno, ne’ due massimi ingegni che mai producesse, Gioacchino Rossini e Giacomo Leopardi, diè anche i due massimi tipi della diversa attitudine e potenzialità, storia e destinazione di nostra gente; l’artista felicissimo e il piú sovranamente infelice. E pure chi ben pensi ed ami, benché profondamente persuaso che ambedue quelle eccessività del senso e dello spirito importino un manco di perfezione alla sana e degna ed equilibrata personalità umana, benché non meno persuaso che dalle manifestazioni di tali eccessività debbano del pari uscire effetti non de’ piú conducenti alla grandezza e gloria vera d’un popolo; e pure, dico, chi bene ami e pensi, se la conscienza gli permetta l’orgogliosa ipotesi della scelta tra’ due, piú tosto che la beatitudine del Giove olimpico della musica e della gastronomia vorrà eleggere la miseria sconsolata del giovine Job del pensiero e della poesia d’Italia. (...) O Recanati, io vengo a recarti qui in semplici parole il saluto del Senato d’Italia... Ormai Giacomo Leopardi è trasfigurato: non è più il focoso amatore della morte che tanto patì, il cantore di cui la doglia mondiale non ebbe mai né il più vero né il più grande né il più santo: egli è uno dei geni e dei numi della patria, ed abita alto i sereni spazi del pensiero e della storia ove e onde rappresenta e tutela l’Italia. (...) O italiani del Piceno, così benedetta da Dio di bellezza di varietà di ubertà, tra questo digradare di monti che difendono, tra questo distendersi di mari che abbracciano, tra questo sorgere di colli che salutano, tra questa apertura di valli che arridono, tali crebbero qui, onore di nostra gente e del genere umano, Raffaello Sanzio il divino, Gioacchino Rossini il felice, Giacomo Leopardi il doloroso. E tutti finirono o vollero finire l’arte con la gioventù, tutti tre dopo il trentacinquesimo anno ascesero securi all’ultimo segno dell’arte e l’arte incoronarono... Raffaello diede alla religione di Cristo la più alta e soave interpretazione dell’evangelo nella Trasfigurazione, Gioacchino Rossini diede alla musica europea col Guglielmo Tell il più grandioso accordo tra settentrione e mezzogiorno e sonò la sveglia d’Italia, Giacomo Leopardi diede alla doglia umana la Ginestra, che è il più solenne lamento che fosse mai pianto su la fatale miseria del mondo, ma è anche un potente e fatidico appello alla solidarietà del pensiero e del lavoro umano... 23) Cavalli, Giuseppe: lettera autografa firmata su carta intestata di una pagina (15 x 22 cm.) datata Senigallia 30 ottobre 1959. Cavalli scrive ad Enzo e Domenico, fotografi, a proposito di fotografia. Autografo raro. Euro 550 (...) Staremo tutto il giorno insieme e avremo così modo di trattare diversi argomenti non privi di importanza. Forse il più importante riguarda i nuovi sviluppi che consentono di dare a una pellicola il triplo di rapidità, con grana finissima ed incisione mai ot- tenuta finora. Ricordo che questo degli sviluppi è giustamente il pallino di Taddioli: fa molto bene: per scrivere bene non basta saper scrivere; occorrono anche una penna eccellente e un inchiostro eccellente. Non vi pare? Vi accludo, a riprova, una riproduzione a mano libera di un disegno, fatta con la (...); vi prego di costatarne con una buona lente l’incisione. Ma io dimenticavo di aver visto ad Ancona, fra le opere accettate (la giuria giudicava la fotografia senza conoscerne l’autore) anche, a quel che mi ricordo, almeno un’opera di voi due. Una a Frasassi, se non erro, e una alquanto Westoniana, di sparsi tronchi ed arbusti. Bravi! (...) Le prime prove fotografiche di Giuseppe Cavalli risalgono alla seconda metà degli anni Trenta. Dal 1939 si trasferisce nel paese di Senigallia, in provincia di Ancona, dove abiterà fino alla sua morte. Nel 1942 pubblica il libro Otto fotografi italiani d'oggi. Questa pubblicazione diviene il manifesto programmatico di un gruppo di fotografi che si oppone sia allo pseudoromanticismo pittorico, sia alle retoriche della fotografia fascista, per esprimere piuttosto un concetto di fotografia "pura", semplice nella forma, essenziale, rigorosa, dal "tono alto" (quello che gli americani chiamavano "high-key"). Nell'aprile del 1947 nasce ufficialmente a Milano il gruppo fotografico “La Bussola”. Il manifesto del gruppo viene scritto da Cavalli stesso: Noi crediamo alla fotografia come arte... chi dicesse che la fotografia artistica deve soltanto documentare i nostri tempi...commetterebbe lo stesso sorprendente errore di un critico d'arte o letterario che volesse imporre a pittori o poeti l'obbligo di trarre ispirazione da cose o da avvenimenti determinati e solo da quelli, dimenticando, con siffatta curiosa pretesa, l'assioma fondamentale che in arte il soggetto non ha nessuna importanza... il documento non è arte; e se lo è, lo è indipendentemente dalla sua natura di documento... Adoprarsi per la divulgazione di queste idee, affinché si giunga a diffondere tra i fotografi un credo estetico valido è il compito che si prefiggono i componenti del gruppo La Bussola. Cavalli continua nella sua attività promozionale per una "fotografia artistica" improntata alle sue idee (luminosità, essenzialità della composizione) e nel 1954 fonda e dirige un altro gruppo, l'Associazione Fotografica Misa, a cui aderiscono giovani fotografi di talento come Mario Giacomelli, Ferruccio Ferroni, Piergiorgio Branzi e Alfredo Camisa. 24) Chiarini, Giuseppe: cartolina postale autografa firmata indirizzata a Domenico Gnoli, poeta, storico e bibliotecario italiano. Una pagina (8 x 14 cm.) datata 1878. Euro 30 (...) E’ impossibile che il mio scritto possa comparire nel fascicolo del 1° giugno: uscirà in quello del 16. Io ho bisogno di correggere con calma; e sono occupatissimo sempre: ma manderò il manoscritto prima della fine del mese (...) 25) Chiarini, Giuseppe: 2 lettere autografe firmate indirizzate all’editore Barbera. Euro 50 1) Lettera autografa firmata di una pagina (20 x 12,5 cm.) su carta intestata del Ministero dell’Istruzione: 10 settembre 1899. (...) Io ho del Manuale del D’Ancona ... il volume I ... e il volume II. Vorrebbe ella avere la cortesia di mandarmi tutti gli altri volumi per completare l’opera, e mandandomi insieme i manuali (...) e del Mestica, segnando il tutto a mio conto? Del Mestica mi mandi anche il volumetto delle prose del Leopardi (...) 2) Lettera autografa firmata di 2 pagine (18 x 11,5 cm.) datata 7 gennaio 1890. (...) Mi scrive mio fratello Federigo dal Borgo San Lorenzo, avere speranza di potere impiegare presso di lei suo figlio per nome Dino, che fa il tipografo; e crede che una mia raccomandazione possa giovargli ad ottenere ciò che spera. Sarei ben contento che la mia raccomandazione avesse una tale efficacia; perché quel poveretto di mio fratello ha un branco di figli, e l’occupar questo, che al Borgo San Lorenzo si trova poco lavoro, sarebbe per lui una fortuna (...) Giuseppe Chiarini letterato e critico letterario italiano, fondò a Firenze nel 1856, insieme agli amici Carducci, Ottaviano Targioni Tozzetti e Giuseppe Torquato Gargani, il cenacolo degli Amici pedanti, un sodalizio letterario che aveva elaborato un programma di opposizione alle teorie romantiche per rivendicare la tradizione classica e che rimase attivo fino al 1859, anno in cui, su iniziativa del Chiarini, pubblicò sei numeri della rivista Poliziano, che si occupò precipuamente di letteratura. Si recò in seguito a Torino, dove collaborò con la Rivista Italiana - fondata da Terenzio Mamiani nel 1860 - fino a divenirne direttore. Si trasferì a Roma nel novembre 1884, dove rifiutò la proposta di Angelo Sommaruga di assumere le redini della Domenica letteraria, appena abbandonata da Ferdinando Martini. Accettò invece di dirigere la Domenica del Fracassa. Quando Adriano Lemmi fondò a Roma la massonica «Loggia di Propaganda», che voleva riunire al suo interno le personalità più eminenti dell'epoca, Chiarini (come, tra gli altri, Crispi, Zanardelli e Carducci) vi aderì. Fu il primo biografo di Carducci. Scrisse anche la Vita di Giacomo Leopardi e la Vita di Ugo Foscolo. 26) Cignani, Carlo da Cignano: Cenni storici e breve descrizione delle principali pitture e sculture della città di Forlì, Firenze, Battelli e Figli, 1838, 19,5 x 12 cm. Brossura coeva verde stampata all’interno; pp. 35. Antica numerazione delle pagine ad inchiostro in alto. Impercettibile e leggera gora d’umido alla prima e ultima carta. Edizione originale, non comune. (Cfr. Schlosser - Magnino: stessa data, ma luogo di stampa differente). Preziosa descrizione delle opere d’arte presenti nei principali edifici pubblici e privati della città di Forlì. Euro 150 27) Cintoli, Claudio: riproduzione in bianco e nero piegata a soffietto di un’opera di Cintoli, al cui retro vi sono 6 righe autografe firmate di Cintoli inviate a Roberto Dionisio a Roma nel dicembre del 1966, quando l’artista si trovava a New York. Conservata la busta con indirizzo autografo e francobollo. Raro. Euro 350. (...) Ciao vecchio mio. Auguroni qui ci fanno la vita dura. Si paga molto il visto di permanenza. Auguroni 1967 a te e moglie (...) Claudio Cintoli artista, pittore e regista italiano, critico d'arte e performer. È del 1958 la sua prima personale al Palazzo comunale di Recanati. Negli anni a seguire furono numerosi i viaggi in Europa, ed in particolare in Germania ed Inghilterra, e nel 1963 realizzò i suoi primi film d'animazione, oggi andati perduti. Nel 1965 si trasferisce a New York, dove instaura una proficua collaborazione con la Lindberg Productions, con la quale realizzò numerosi film d'animazione. Tornato a Roma nel 1968, Cintoli presenta le sue prime performance alla Galleria L'Attico di Fabio Sargentini. Vengono così realizzate Annodare, Chiodo fisso, Rimbalzare, Puntelliti e Colare colore. Nel 1973 nasce il suo alter-ego Marcanciel Stuprò con cui firmerà in futuro molte sue opere. La definizione di un’arte a-gravitazionale da parte di Claudio Cintoli aveva a che fare con un impellente desiderio di riadattamento, di riscrittura dei termini espressivi e stilistici. Libertà e anarchia, intese all’interno di un inedito stato di lievitazione psicologica e di un’instancabile riflessione sui valori dell’identità, sarebbero state le coordinate da cui partire per una riconcettualizzazione della soggettività dell’artista. Per questo, le opere ipperrealiste di Cintoli venivano rilette dallo stesso autore come galassie in movimento, cifre in espansione: nature morte colte fuori dal tempo, anche se – in alcuni momenti della sua produzione – rappresentate con una tecnica pittorica rinascimentale. L’arte contemporanea era concepita come processo sfalsato, che aveva perso la propria misura antropomorfica, riducendo così l’ingerenza di polarismo, bidimensionalità, formalismo, geometricità compositiva. I vecchi mezzi potevano essere riutilizzati, nel rinnovamento concettuale della loro funzionalità, solo se piegati al raggiungimento di fini originali, in cui tutte le parti di un progetto potessero scoprirsi reversibili ed intercambiabili, in cui al dettaglio fosse continuamente concesso di riversarsi nel tutto. 28) Croce, Benedetto: cartolina postale autografa firmata di una pagina (10,5 x 15,5 cm.) su carta intes della rivista “La Critica”: 19 agosto 1945. Croce scrive a Titta Rosa allora direttore della rivista “Illustrazione Italiana” a proposito della sua collaborazione alla rivista medesima. Francobolli con annullo postale. Euro 300 (...) Caro Titta Rosa ... niente interviste. Ne ho dovute fare già molte più di quante io non volessi. E per quel che riguarda gli articoli, che ne dici del tempo? Io sono assorbito in parte in cose personali e in molte pubbliche in Napoli e in Roma, e in parte dall’incarico della Critica (...) Il lavoro che davo alla letteratura s’è certo ristretto, e non so se si allargherà in seguito, o se, quando potrebbe allargarsi, mi troverà ancora vivo. Auguri colla ripresa dell’Illustrazione, della quale bisognerebbe trovare tutte le annate dell’era fascista e mettere nella clausola “mancante pro criminibus” (...) 29) D’Annunzio, Gabriele: lettera autografa firmata di 8 pagine (33 x 25 cm.) su carta con il motto Io ho quel che ho donato. D’Annunzio scrive a Mussolini in merito ad importanti questioni finanziarie, senza mostrare troppa deferenza nei confronti del Duce da poco divenuto Primo Ministro: 1926. Conservata la busta con indirizzo autografo. Qualche traccia di sporco, ma ben conservata. Molto rare le lettere di D’Annunzio a Mussolini. Venduto. 30) De Amicis, Edmondo: simpatica lettera autografa firmata (18,5 x 11 cm) senza data, ma risalente agli ultimi anni di vita dello scrittore che soggiornò, in questo periodo, all’Hotel Regina, a Bordighera, luogo da cui la lettera è stata spedita. De Amicis risponde ad una giovane e misteriosa donna, dopo aver ricevuto una sua fotografia. Euro 230 (...) Che gradita sorpresa! E che graziosa e elegante gioventina! Ho fatto festa alla signorina, e me la son messa davanti al tavolino dove scrivo, rivolta in maniera che possa vedere il mare anche lei, e da ieri in qua mi pare di scrivere meglio nella sua gentile compagnia. E spesso domando: - Come riprenderebbe lei in italiano questo pensiero? Come si chiama la tal cosa? E questa parola appartiene o no al suo bel vocabolario toscano? - Ma purtroppo, la maestrina consultata non risponde, e io son costretto a indovinare. Non risponde, ma ascolta, e mi lascia dire tutto quello che forse non mi lascerebbe scrivere. Grazie, grazie mille volte, e mille affettuosi saluti e mille buoni auguri (...) 31) De Filippo, Eduardo: china nera su carta. Disegno originale (20 x 29 cm) raffigurante una donna nuda all’interno di una conchiglia, accompagnato da copia di lettera dattiloscritta. Ottobre 1964. Euro 580 (...) Edmea carissima, avrei dovuto scriverti già alcuni giorni fa, mi è stato impossibile, comunque eccomi a te. Nel mio ultimo viaggio ho avuto la possibilità di vedere e toccare con le mie mani tantissimi manufatti dei tempi antichi, uno più affascinante dello altro. Come al solito ho fatto tanti schizzetti e, sapendo, che tu hai sempre bisogno te li invio. Puoi farne ciò che vuoi. (...) De Filippo viene annoverato tra le figure più eminenti del teatro italiano del Novecento, per la sua abilità di autore e la sensibilità di interprete che faceva perno sulla sottile rarefazione dei mezzi espressivi e su una raffinata tecnica espressiva. Dapprima in parallelo con l'esperienza teatrale svolta con i fratelli De Filippo, in seguito con compagnie proprie, De Filippo si impose sulla scena teatrale italiana con una serie di lavori drammatici che hanno avuto grande successo anche fuori d'Italia: Napoli milionaria; Le bugie con le gambe lunghe; La grande magia; Sabato, domenica e lunedì; Il sindaco del rione Sanità; L'arte della commedia; Gli esami non finiscono mai; nel 1954 inaugurò a Napoli il teatro San Ferdinando, distrutto dalla guerra e ricostruito a sue spese per far rivivere a Napoli le tradizioni del teatro napoletano. Nel 1972 ottenne il premio internazionale Feltrinelli per il teatro; nel 1981 venne nominato senatore a vita. 32) Di Giacomo, Salvatore: lettera autografa firmata di una pagina (20,5 x 13,5 cm) su carta intestata, datata 6 agosto 1897, in risposta ad una ammiratrice che gli manifesta la sua vicinanza per la sciagura occorsa al poeta. Euro 130 (...) La ringrazio molto gentile signorina, delle sue parole sincere e buone. Conosco le persone: so di avere in Lei una delle più “di un ben fatte amiche”, e vorrei che la sua felicità fosse così profonda come la sciagura che mi ha colpito e continua a provarmi. Dunque, auguri anche a Lei, da parte mia, sinceri come i Suoi. Creda pure che, tra quelle che ho avuto, la sua letterina è stata una delle più accette: voglia, La prego, salutarmi l’ottima sua famiglia, e accettare da me, cò più cari saluti miei, S. Francesco che le mando oggi stesso (...) Di Giacomo fu autore di notissime poesie in lingua napoletana, molte delle quali poi musicate, che costituiscono una parte importante della cultura popolare partenopea. L'esordio dell'autore risale al 1882, quando la casa editrice Ricordi lo mise sotto contratto e fece pubblicare Nannì e E ghiammoncenne me'. Alcuni suoi versi del 1885 sono stati musicati dal compositore abruzzese Francesco Paolo Tosti per quella che resta una delle più famose canzoni in dialetto napoletano, Marechiaro, e dal musicista Mario Costa di cui ricordiamo anche Era de maggio. C'è poi Luna Nova e la spensierata Oilì oilà che irritò i benpensanti mi- lanesi che non si sapevano spiegare il motivo di tanta ilarità in una città appena colpita da gravi epidemie. Lo stesso padre di Di Giacomo morì infatti di colera e l’autore fu costretto a trasferirsi insieme alla madre e alla sorella; ed è proprio questa la sciagura a cui probabilmente Di Giacomo si riferisce nella lettera. 33) Flavin, Dan: Dan Flavin. Manifesto invito (42,5 x 55 cm.) stampato in occasione della mostra di Dan Flavin alla Galleria Sperone di Milano, la prima mostra in Europa dell’artista statunitense, svoltasi nel Febbraio 1967. In ottimo stato di conservazione. Edizione originale. Euro 300 34) Fortini, Franco: Sei poesie per Ruth e una per me, Milano, senza editore (Lucini), 18 novembre 1953, 24 x 18 cm. Brossura editoriale; corpo del libro volutamente non rilegato, ma a fascicoli sciolti; pp. 32 non numerate. Edizione fuori commercio di soli 40 esemplari numerati e firmati dall’autore. Dorso leggermente scurito. Rara edizione originale. Euro 320 Fortini inizia nel 1953 la collaborazione a “Nuovi Argomenti” e su “Botteghe oscure” appaiono alcune poesie, di cui cinque sotto il titolo Versi per Ruth e una dal titolo Sestina per Firenze. Le poesie dedicate a Ruth vengono raccolte nello stesso anno in una plaquette fuori commercio dal titolo Sei poesie per Ruth e per me. 35) Fry, Roger: Henri Matisse, Paris, Editions des Chroniques du Jour, 1935, 26 x 21,5 cm. Legatura in piena pelle dell’epoca con titolo in oro al dorso; pp. 24 con 2 tavole applicate a colori e una grande tavola, a colori ripiegata 3 volte, + 60 tavole a piena pagina in bianco e nero con la riproduzione di opre di Matisse. All’occhietto grande firma autografa per esteso di Matisse. Edizione originale. Euro 1.000 36) Fucini, Renato: ironica cartolina postale autografa firmata (9 x 14cm) indirizzata a Pilade Pollazzi fondatore della rivista “Scena illustrata”, in risposta alla sollecitazione dell’editore a contribuire alla rivista. La “Scena illustrata” ebbe successo sia per la scelta collaborazione letteraria (tra gli altri Carducci, De Amicis, Verga, Fogazzaro, Capuana, Croce, Zola, Fucini) sia per l'attrattiva estetica alla quale contribuirono i frontespizi ornati di fregi liberty e le copertine d'autore dei principali illustratori dell'epoca: 22 novembre 1909. Euro 100. (...) Stimatissimo Signor Pollazzi, sarò qua in campagna assai distante da Firenze, e non potrei ora soddisfare il suo desiderio. Tornerò in città nella seconda metà di gennaio, e allora, se a lei non dispiace ricordarmi la cosa, potrò sottopormi alla tremenda operazione (...) Renato Fucini noto anche con lo pseudonimo anagrammatico di Neri Tanfucio, raggiunse notevole felicità espressiva nelle novelle e nei bozzetti di Le veglie di Neri (1884) e All'aria aperta (1897), che raccontano con lingua parlata, ricca di elementi dialettali, una Toscana familiare e campagnola. 37) Gemito,Vincenzo: lettera autografa firmata di una pagina (21 x 13,5 cm) datata 30 giugno 1885 indirizzata a una donna sconosciuta a cui lo scultore promette di far visita, prima di trascorrere il mese di agosto in Belgio, e andare con lei a visitare l’Esposizione di Belle Arti. Euro 300 (...) Stimatissima Signora La ringrazio molto della sua amabile lettera per la mia povera opera e sono disposto a soddisfare la sua domanda e anche di fare qualcosa di più. E come alla metà di agosto vado a passare un mese con il Signor Barone (...) a Spa mi farò un pregio di farle una visita ed avrei piacere di visitare in sua egregia compagnia l’Esposizione di belle arti. Con tutta stima (...) Nel 1885 Gemito stava lavorando alla prima opera del Narciso rinvenuto a Pompei e, nello stesso anno, gli fu commissionata una statua di marmo di Carlo V, eretta all'esterno del Palazzo Reale di Napoli. Il marmo era il materiale meno amato da Gemito, e il risultato del lavoro fu, per parere suo ma anche delle critiche, al di sotto delle sue capacità. Gemito soffrì un crollo mentale e si recluse in una stanza di un appartamento, oltre a trascorrere periodi di degenza in ospedale psichiatrico. Rimanendo recluso, per i successivi 21 anni produsse soltanto disegni, in particolar modo nudi maschili, finché nel 1909 riprese a scolpire. 38) Gentile, Giovanni: lettera autografa firmata di 3 pagine e mezzo firmata (19 x 14,5cm) con relativa busta, indirizzata ad Andreina Sanguinetti in occasione del suo licenziamento: 4 settembre 1937. Gentile fu il direttore scientifico dell'Enciclopedia Italiana dell'Istituto Treccani dal 1925 al 1938 e vicepresidente dell'istituto dal 1933 al 1938; la Sanguinetti era una sua collaboratrice. Euro 100. (...) Ho profittato del licenziamento in corpo di 35 impiegati per comprendervi anche lei e assicurarle quindi il beneficio che le viene da tale trattamento. Ella infatti avrà così non soltanto lo stipendio del mese corrente, ma anche un preavviso, come si dice, di 45 giorni equivalente allo stipendio fino al 15 novembre, oltre l’indennità che le spetta in ragione dei suoi anni di servizio. Così potrà attendere e rimettersi bene in salute fino a quando sarà chiamata in servizio come insegnante. Di che spero che tanto lei quanto i suoi saranno contenti. S’intende che ci farà molto piacere se vorrà passare a salutarci prima di entrare nella nuova carriera (...) 39) Gioberti, Vincenzo: rara ed interessante lettera autografa firmata di 2 pagine (26,5 x 20,5 cm.) indirizzata all’avvocato Sebastiano Vecchio, Vicepresidente del Comitato Centrale per la Società della Confederazione Italiana: 16 ottobre 1848. Gioberti rinuncia per ragioni politiche alla carica di presidente della Società Nazionale per la Confederazione Italiana, da lui stesso creata nell’ottobre del 1848. Piccolo strappo in prossimità della piega centrale, senza perdite e mancanze. Euro 350 Ricevuta la prima istruzione dai padri dell'Oratorio di San Filippo Neri con la prospettiva del sacerdozio, Gioberti fu ordinato nel 1825. All'inizio condusse una vita ritirata, ma gradualmente acquisì sempre più interesse negli affari del suo paese e nelle nuove idee politiche come anche nella pubblicistica sui temi di attualità. Influenzato da Mazzini, lo scopo principale della sua vita divenne l'unificazione dell'Italia sotto un unico regime: la sua emancipazione, non solo dai signori stranieri, ma anche da concetti reputati alieni al suo genio e sprezzanti del primato morale e civile degli italiani. Questo primato era associato nella sua mente alla supremazia pa- pale, anche se inteso in un modo più letterario che politico. Fu perciò notato dal re Carlo Alberto di Savoia, che lo nominò suo cappellano. La sua popolarità e l'influenza in campo privato, tuttavia, erano ragioni sufficienti per il partito della corona per costringerlo all'esilio. Sapendo questo, si ritirò dal suo incarico nel 1833, ma fu improvvisamente arrestato con l'accusa di complotto e, dopo quattro mesi di carcere, fu bandito dal Regno sabaudo senza processo. Gioberti andò prima a Parigi e, un anno dopo, a Bruxelles dove vi restò fino al 1845 per insegnare filosofia. Essendo stata dichiarata un'amnistia da Carlo Alberto nel 1846, Gioberti (che era di nuovo a Parigi) divenne libero di tornare in patria, ma si rifiutò di farlo fino alla fine del 1847. Al suo ritorno a Torino, il 29 aprile 1848, fu ricevuto con il più grande entusiasmo. Rifiutò la dignità di senatore che Carlo Alberto gli aveva offerto, preferendo rappresentare la sua città natale nella Camera dei deputati, della quale fu presto eletto presidente. Nell'ottobre del 1848, a Torino, diresse i lavori del Congresso della Società nazionale per la confederazione italiana, che lui stesso aveva creato. Il 16 dicembre 1848 cadde il governo. Il re nominò Gioberti nuovo presidente del Consiglio. Il suo governo terminò il 21 febbraio 1849. Con la salita al trono di Vittorio Emanuele II, nel marzo del 1849 la sua vita politica giunse alla fine. (...) Con mio sommo rammarico debbo notificarle che la posizione politica in cui mi trovo mi obbliga a rinunziare la carica di Presidente, onde il Comitato Centrale per la Confederazione italiana ha voluto onorarmi. A ciò m’induce non solo la somma delicatezza richiesta dal mio impiego, ma eziando i riguardi dovuti a cotesta illustre adunanza; la cui piena libertà nel discutere potrebbe essere offesa almeno in apparenza se avesse per capo un uomo addetto al ministero pubblico. Mi consolo però di questo sacrificio che sono obbligato a fare pensando che potrò forse cooperare a mettere in atto il pubblico disegno che la Società federativa ha preparato con tanto zelo (...) Rinnovo con questa occasione i sensi della mia gratitudine verso il Comitato per (...) e le molteplici gentilezze avute al mio riguardo. E con umile segno della mia riconoscenza, La prego di offrirgli una medaglia che la cortesia romana fece coniare colla mia effigie. Perdonino le qualità dell’effigiato ai sensi munifici e generosi che suggerisce l’offerta (...) 40) Graf, Arturo: lettera autografa firmata di una pagina (18 x 11 cm.) indirizzata ad un caro signore: Torino, 30 aprile 1908. Euro 70 (...) Splendidi i suoi sonetti. Degni della memoria che li inspirano, dell’amore che li scalda, delle speranze che infiammano (...) Arturo Graf poeta, aforista e critico letterario italiano, nasce ad Atene da padre tedesco e madre italiana e nel 1851 si trasferisce a Trieste con la famiglia. Nel 1875 ottiene la libera docenza in Letteratura italiana e ottiene un incarico come docente di Letteratura italiana e di Letteratura romanza all'Università di Roma. Nel 1876 gli viene affidata la cattedra di Letteratura neolatina presso l'Università degli Studi di Torino. Nel 1883 fonda, insieme a Francesco Novati e Rodolfo Renier, il Giornale storico della letteratura italiana del quale diventerà condirettore. Collabora anche alla rivista Critica Sociale e a Nuova Antologia sulla quale pubblica le opere in versi Medusa cui seguiranno, Dopo il tramonto e Rime delle selva. Le dolorose vicende familiari di questo periodo, tra le quali la morte per suicidio del fratello Ottone nel 1894, lo avvicinano alla religione. Il suo unico romanzo, Il riscatto, rimane uno degli elaborati più caratteristici dello spiritualismo del primo Novecento. 41) Guerrazzi, Francesco: lettera autografa firmata (26,5 x 21 cm) indirizzata dall’esilio in Corsica all’editore Morello Pucci: 11 settembre 1853. Guerrazzi sta scrivendo Il Marchese di Santa Prassede ovvero La Vendetta Paterna e manda all’editore alcune pagine da visionare. Qualche fioritura. Euro 100 (...) Intanto studioso di osservare i contratti ... Le mando 48 pagine della Vendetta, che ho scritto con grande disagio, atteso l’aver rotto la storia pel viaggio fatto da un capo all’altro di questa isola, e senza volerlo. (...) Guerrazzi è stato un politico e scrittore appartenente alla Giovine Italia; per le sue idee mazziniane fu condannato a quindici anni di reclusione; dopo un mese la pena gli fu convertita in esilio da scontare in Corsica. Sull’isola trovò ispirazione per nuovi scritti: L’asino. Sogno; La torre di Nonza; Storia di un Moscone; Pasquale Paoli, ossia La rotta di Pontenuovo, racconto corso del sec. XVIII, dedicato a Giuseppe Garibaldi e come i precedenti, ispirato alle lotte di liberazione dei popoli. Nel 1856 fuggì dall’esilio e, dopo una sosta nell’isola di Capraia, raggiunse Genova dove restò, col permesso del Cavour, fino al 1862. 42) Guidi, Virgilio: manoscritto autografo firmato (28,5 x 22cm) in cui il pittore dichiara la non autenticità di un quadro a lui attribuito: 23 marzo 1971. Scritto con biro blu e nera. Euro 100 (...) Il signore Fernando Trezzi mi ha portato in visione, per una possibile dichiarazione di autenticità, un dipinto... Questo dipinto è stato dato al signor Trezzi, dal signor Boggian Antonio, ma proveniente dal signore Stefanin della “Galleria la Pace” di Milano. Trattengo il dipinto, ne divengo il conservatore finché non sara regolata la cosa tra il signor Trezzi e chi a lui ha dato il quadro falso. Mi riservo una denuncia alla Autorità giudiziaria se tale evenienza si ritenesse necessaria (...) 43) Huidobro, Vincent: Saisons Choisies. Poémes, Paris, Editions La Cible, 1921, 24 x 19 cm. Brossura editoriale; pp. 42 non numerate. Con un ritratto dell’autore di Pablo Picasso. Foglietto di errata applicato in fine volume. Bella dedica autografa firmata di Huidobro alla prima carta. Leggere bruniture in copertina. Edizione originale. (Cfr. Almanacco Dada, a cura di Arturo Schwarz). Euro 780 44) Huidobro, Vincent: Une Exposition de Poèmes, Paris, Théatre Edouard VII, 1922, 21,5 x 14 cm. Brossura editoriale; pp. 8, con la riproduzione di un disegno di Picasso raffigurante Huidobro. Prefazione di Maurice Raynel; testi di Josephson, Waldemar George, Peipre, Romoff, e un calligramma di Huidobro intitolato Paysage dedicato a Picasso. Catalogo della mostra organizzata dalla Galleria Manuel Frères presso la Sala XI del teatro Edouard VII, nel 1922, nella quale erano esposte tredici poesie visive di Huidobro, intese come dipinti. La mostra sarà chiusa in anticipo perché giudicata troppo d’avanguardia. In prima pagina e in ultima due correzioni autografe probabilmente di mano di Huidobro. Huidobro, Vincent: Moulin de la mort, 1922, 27,5 x 21,5 cm. Manifesto - poesia dal titolo Moulin, stampato da entrambe i lati e piegato per essere inserito all’interno del catalogo della mostra sopra descritto; il testo stampato in un primo momento nella rivista Creacion, nasce per la prima volta in questa forma come progetto tipografico di poesia visiva intesa come dipinto, le cui linee hanno lo scopo di formate l'immagine di un mulino a vento, progettato da Robert Delaunay. Il testo del poema inizia al centro, si muove verso l'esterno con versi su ogni lato del foglio, e termina con la linea nella parte inferiore della pagina, relativa ai capelli grigi. Al retro del foglio è riprodotto il testo della poesia con un’impaginazione tradizionale, sul quale vi è una correzione autografa al testo, quasi certamente di mano di Huidobro. Non molto tempo dopo questo esperimento, Huidobro ha abbandonato l'idea di scrivere calligrammi quali Paysage e Moulin, e comincia a concentrarsi sulla sequenza verbale piuttosto che la visualizzazione delle parole. Edizione originale. Leggermente brunito. (Cfr. Almanacco Dada, a cura di Arturo Schwarz). Euro 1.200 Vicente Huidobro, ideatore del creazionismo poetico, è considerato fra i quattro maggiori poeti cileni, insieme con Neruda, De Rokha e Mistral. Nel 1916 si reca a Buenos Aires pronunciandovi una conferenza sulla poesia nell'Università, abbozzando la sua teoria creazionista. S'imbarca poi, con la moglie e i figli, per l'Europa. È a Parigi durante la Prima guerra mondiale. Nel 1917 collabora con la rivista Nord-Sud diretta da Pierre Reverdy, dove pubblicano Guillaume Apollinaire, Tristan Tzara, Jean Cocteau, André Breton, Louis Aragon, Max Jacob e altri, finché una disputa col direttore lo costringe a cessare la collaborazione. È in rapporto con le avanguardie parigine: con Pablo Picasso, Juan Gris, Jacques Lipchitz, Francis Picabia, Joan Miró, Max Ernst, Paul Éluard e Blaise Cendrars, oltre a quelli già citati. Pubblica Horizon Carré nel 1917 che include poesie già apparse ne El espejo de agua, tradotte in francese con l'aiuto di Juan Gris e presentate in modo tipograficamente avanzato. Nell'ottobre del 1918 Huidobro va a Madrid, inaugurando una serie di viaggi annuali nella capitale spagnola. Vi prende contatto con Robert e Sonia Delaunay, rifugiati in Spagna. Nel caffè Pombo frequenta, tra gli altri, Guillermo de Torre, Isaac del Vando-Villar, Mauricio Bacarisse e Ramón Gómez de la Serna, e vi divulga le teorie delle avanguardie parigine e il proprio movimento creazionista, che farà nascere il movimento artistico dell'Ultraismo. Corrisponde con Tristan Tzara, collaborando con la sua rivista Dada. Nel 1920 continua ancora a scrivere a Parigi e a collaborare con Amédée Ozenfant e Le Corbusier ne L'Esprit Nouveau. Il creazionismo vuole fare della poesia uno strumento di creazione assoluta, nel senso che questa deve avere significato in sé stessa, indipendentemente dalla funzione referenziale del linguaggio, ossia dagli oggetti e dalle situazioni che esso pretende di evocare. Si creerebbe così una sorta di «algebra del linguaggio», in modo che i segni linguistici acquistino valore per la loro capacità di esprimere bellezza in sé e non per il loro significato sostanziale. Huidobro stesso descrive, nella sua raccolta di saggi Manifesti, del 1925, cosa sia una poesia creata: È una poesia nella quale ogni parte che la costituisce, e tutto l'insieme, mostra un fatto nuovo, indipendente dal mondo esterno, slegato da qualunque altra realtà che non sia la propria, che prende il suo posto nel mondo come fenomeno singolo, a parte, distinto dagli altri. Questa poesia è qualcosa che non può esistere se non nella testa del poeta. E non è bella perché ricorda qualcosa, perché ricorda cose viste, a loro volta belle, né perché descriva cose belle che potremmo anche vedere. È bella in sé e non ammette termini di comparazione. E nemmeno può essere concepita fuori dal libro. Niente le somiglia del mondo esterno; rende reale quel che non esiste, cioè si fa realtà a se stessa. Crea il meraviglioso e gli dà vita propria. Crea situazioni straordinarie che non potranno mai esistere nel mondo oggettivo, per cui dovranno esistere nella poesia perché esistano da qualche parte. (...) Le poesie create acquisiscono proporzioni cosmogoniche; ci danno in ogni momento il vero sublime, quel sublime del quale i testi ci presentano esempi tanto poco convincenti. E non si tratta del sublime eccitante e grandioso, ma di un sublime senza pretese, senza terrore, che non vuole opprimere o schiacciare il lettore: un sublime da taschino. La poesia creazionista si compone di immagine create, di situazioni create, di concetti creati; non stiracchia alcun elemento della poesia tradizionale, salvo che in essa quegli elementi sono integralmente inventati, senza preoccuparsi assolutamente della loro realtà o veridicità precedenti l'atto della realizzazione. Nel 1921 appare a Madrid il primo numero di Creación, Revista Internacional de Arte, fondata e diretta da Huidobro, con immagini di una scultura di Jacques Lipchitz e di dipinti di Georges Braque, Pablo Picasso, Juan Gris e Albert Gleizes. Pubblica anche Saisons Choisies, un'antologia di sue poesie. Nel 1922 espone nel Branche Studio di Parigi la sua teoria sulla creazione pura, tenendo conferenze sul tema a Berlino e Stoccolma e collabora alla rivista polacca Nowa Sztuka. Una sua esposizione di poesie dipinte, presentata al teatro parigino Edouard VII, viene chiusa in anticipo per essere troppo d'avanguardia e fallisce il progetto di pubblicarle. Collabora con Sonia Delaunay nella creazione di Robes-poèmes. È amico dei musicisti Edgar Varèse, Erik Satie e Georges Auric. Pubblica Finis Britanniae, critica dell'imperialismo britannico, che viene sequestrato l'anno successivo, suscitando polemiche e interesse nella stampa europea. In pieno Surrealismo, pronuncia la conferenza L'inconscient et I'inspiration artistique. In aprile torna in Cile ed entra in politica fondando in agosto Acción. Diario de Purificación Nacional, e viene percosso davanti alla sua casa, dopo aver denunciato attività fraudolente di alte personalità politiche e amministrative e il 21 novembre il suo giornale viene chiuso. Huidobro risponde continuando l'impegno politico e fondando un nuovo periodico, La Reforma. La gioventù progressista cilena lo candida simbolicamente alla Presidenza della Repubblica ma intanto subisce un secondo attentato: una bomba esplode davanti alla sua casa. Nel 1927 si reca a New York conoscendo Charles Chaplin, Douglas Fairbanks e Gloria Swanson; qui progetta la trasposizione cinematografica del suo racconto Cagliostro. Tornato in Europa dirige insieme con Tristan Tzara la sezione letteraria Feuille Volante dei Cahiers d'Art. Nella rivista “Europa” di Barcellona pubblica il Manifiesto a la juventud de Hispanoamérica proponendo la creazione di una repubblica formata da Bolivia, Cile, Paraguay e Uruguay. Nel 1936, con Pablo Picasso, Hans Arp, Vasily Kandinsky, Robert e Sonia Delaunay e altri, firma il Manifiesto Dimensionista. Scrive articoli antifascisti per il quotidiano La Opinión e aderisce al Frente Popular Chileno, scrivendo diffusamente di politica. Fondata la rivista Total, promuove la solidarietà degli scrittori cileni con i repubblicani spagnoli in guerra contro i franchisti. Nel 1938 nasce la Mandrágora, il movimento surrealista cileno i cui aderenti si riuniscono in casa di Huidobro. Il 2 gennaio 1948 muore nella sua casa. 45) ITALIA IMPERIALE, Milano, Popolo d’Italia, Edizione speciale della Rivista Illustrata del Popolo d’Italia, 1937, 46 x 38,5 cm. Cartone editoriale. Una piccolissima mancanza al piede del dorso; tracce di pesciolino d’oro alla prima carta dopo la copertina. Non comune in queste condizioni di conservazione. Euro 1.200 Stampato come numero speciale della rivista “La Rivista illustrata del 'Popolo d'Italia”, questo volume enorme è la guida definitiva per l'Italia voluta da Benito Mussolini, l'equivalente italiano dei grandi libri fotografici di propaganda russa. Il libro combina eccellenti fotografie moderniste con illustrazioni e collages dipinti; il suo impatto immediato deriva oltre che dalla sua dimensione - le fotografia a pagina intera o i fotomontaggi a doppia pagina hanno un enorme potere visivo e quindi persuasivo, in particolare le numerose splendide fotografie industriali e architettoniche - anche dalla interessante impaginazione grafica. Particolarmente notevole è un close-up con il ritratto del Duce, che è quasi a grandezza naturale, prepotente e impressionante. Italia imperiale è costruito secondo l'iconografia più o meno standard dei libri di propaganda, a cominciare con la storia, prima di introdurre Il Capo e le sue avventure militari, alle quali fanno seguito ampi e interessanti scorci dell'Italia in costruzione. Ci sono molti esempi di fotografia architettonica e industriale. L'immaginario architettonico presenta principalmente edifici in stile fascista modernista. Le fotografie sono di Federico Patellani, Stefano Bricarelli, Lucio Ridenti e Bruno Stefani. Le illustrazioni di Marcello Nizzoli, Mario Sironi, Bramante Buffoni, Ruggero Micaelles, Erberto Carboni e Paolo Garretto. Il libro fu curato da Manlio Morgagni, amico personale di Mussolini, che si suicidò quando ricevette la notizia della caduta della dittatura. (Parr / Badger, The Photobook, vol. 1, p. 175). 46) Leoncavallo, Ruggero: lettera autografa firmata di due pagine (18 x 11,5 cm) indirizzata all’amico Carlo; senza data ma risalente agli anni giovanili del compositore. Euro 300 (...) Carissimo Carlo hai trovato modo di consegnare il libro? Vorrei vedere questo affare determinato. Fammi sapere qualche cosa e non scordarti delle due partizioni di Rienzi e la Cena degli Apostoli di Wagner. Ti saluto caramente (...) Leoncavallo incontrò Wagner a Bologna nel 1876 in occasione della messa in scena di Rienzi presso la città felsinea, quando, come molti altri musicisti italiani, si infatuò dell’opera del compositore tedesco. Leoncavallo, allora giovane studente diciannovenne, si fece coraggio e rivelò a Wagner la sua intenzione di dar vita a una trilogia musicale filosofica e patriottica. Comincia così la storia della trilogia mancata di Leoncavallo, un progetto avviato con grandi speranze e aspettative nel 1893, ma mai portato a compimento. Diciassette anni dopo l'incontro con Wagner, Leoncavallo riesce a far rappresentare al Teatro Dal Verme di Milano la prima parte della trilogia, I Medici. Al compositore furono necessari molti anni di lavoro e di studio dei testi di Poliziano, Lorenzo De' Medici e Giosuè Carducci. In Italia l’opera di Leoncavallo non riscosse alcun successo, diversamente da quanto avvenne in Germania; lo stesso Kaiser Guglielmo II ritenne I Medici un'opera notevole, in grado di glorificare la storia d'Italia. Leoncavallo comprese subito le difficoltà che la sua opera avrebbe riscontrato sul suolo patrio, tanto da parlare di sangue e altrettanto fango, rivolgendosi al critico musicale Tonolla. Le sensazioni del compositore partenopeo si rivelarono sin dal principio esatte: la trilogia si interruppe dopo I Medici. 47) Lora - Totino, Arrigo: Futura. Poesia sonora. Antologia storico critica della poesia sonora, Milano, Cramps Records, 1978, 32 x 32 cm. Edizione originale. Scatola in cartone grigio metallizato con all’interno un libro di 60 pagine (qualche fioritura in copertina, 30 x 30 cm.) con testi sulla declamazione futurista, lo Zaum linguaggio trasmentale, la musica dadaista, l’Urlo di Antonin Artaud, la poesia sonora contemporanei e numerose illustrazioni in bianco e nero nel testo. Inoltre nella scatola ci sono 7 dischi. Euro 660 1) lp a 33 giri con registrazioni di opere di Marinetti, Cangiullo, Balla, Depero, Farfa eseguite da Luigi Pennone, Arrigo Lora-Totino, Sergio Cena. 2) lp a 33 giri con registrazione di opere di Majakovskij, Chlebnikov, kamenskij, Krucenych, Zdanevich, Albert-Birot, Pétronio 3) lp a 33 giri con registrazione di opere di Morgenstern, Scheerbart, Hugo Ball, Tzara, Janco, Hausmann, Schwitters 4) lp a 33 giri contenente opere di: Artaud, Dufrène, Henri Chopin eseguite dagli stessi autori 5) lp a 33 giri con registrazioni di opere di: Heidsieck, Mon, Ruhm, Einhorn, Novàk, Claus eseguite dagli stessi autori 6) lp a 33 giri con registrazioni di brani di: Gysin, de Vree, Cobbing, Isou, Lemaitre, Altagor, Vicinelli, Spatola 7) lp a 33 giri con registrazioni di opere di: Nannucci, Stratos, Lora-Totino. 48) Manzoni, Alessandro: lettera autografa firmata di tre pagine (20 x 13,5 cm) indirizzata a Carlo De Cesare, valente economista, patriota e scrittore: 11 giugno 1866. La lettera è pubblicata nell’epistolario a cura di Cesare Arieti, Milano, Adelphi, 1986. Fu trovata tra le carte della vedova di Silvio Spaventa, Sofia Capecchi, in prime nozze moglie di Carlo De Cesari. Non risulta quale fosse l’invenzione dell’ingegnere Buzzoni, che il Manzoni non precisa, per non affidare a un foglio scritto particolari da mantenersi segreti. Euro 5.200 (...) Signore e Amico Carissimo, è una raccomandazione, proprio una raccomandazione, ma ci sono incoraggiato, e dalla sua benevolenza e dall’importanza che mi par di vedere nella cosa. L’ingegner Emilio Buzzoni, di Belluno, latore della presente, crede, e non a torto secondo me, d’aver trovato un mezzo di ricavare due prodotti di primaria utilità da una materia comune, abbondantissima e trascurata. Il saggio ch’egli chiede il favore di presentargliene mi è parso di avere le qualità essenziali che si desiderano in prodotti del genere: Ella ne potrà portare un ben più sicuro giudizio. L’esser questo saggio stato fatto col metodo più semplice e, per dir così, primitivo, può far sperare un aumento di perfezione e di facilità dell’applicazione d’un industria più dotta. Il vantaggio per il paese sarebbe, secondo l’inventore, di molti e molti milioni: annunzio che può far gridare ahi! ma supponendo anche che, secondo il solito, ci fosse un gran difalco da fare, la gran copia della materia prometterebbe ancora un residuo assai considerabile. Se a lei ne paresse così, conosco tanto la di lei inclinazione ad aiutar chi lo merita, che confido vorrà dare al Buzzoni qualche lume sul modo di ricavare dalla sua scoperta un discreto vantaggio personale. Avrò fatta della poesia in prosa, non avendo più la lena di farne in versi? (...) 49) Mari, Enzo: Lineastruttura, Napoli, Diaframma, senza data ma 1965, 136 x 13,5 cm. Brossura. Depliant pubblicitario pieghevole che annuncia la nascita della rivista Linea Struttura a cura di Lea Vergine, Nino Del Papa, Enzo Mari; quest’ultimo ne curerà personalmente l’impaginazione. Lea Vergine ed Enzo Mari s’incontrarono a Napoli, dove lei viveva, su invito di Giulio Carlo Argan: Lavorammo per un anno a Linea Struttura, una nuova rivista d’avanguardia. Venne bene, ma i giovani si sentono profeti e noi eravamo rigidissimi…così ne uscì un numero solo. Sul depliant, in alto, e attraccato con una graffetta il biglietto da visita dell’architetto Nino Del Papa. Piccoli fori di spillo, ma ben conservato. Euro 200 50) Marradi, Giovanni: cartolina postale autografa firmata (8,5 x 14 cm.) indirizzata al poeta Angelo Orvieto. Una pagina fittamente scritta con la sola indicazione di Cagli 18 luglio (1893). Euro 50 (...) Ebbi la graditissima tua ad Urbino dove ero per esami, e ti rispondo appena posso da Cagli, dove sono per la stessa cagione; e non tornerò a Pesaro che nella settimana ventura. Grazie della tua affettuosa premura, grazie infinite della notizia che mi hai data; e chi mi fa tanto maggior piacere perché in questi giorni e in questi luoghi, non avrei certo potuto vedere la Revue des deux mondes. A Pesaro leggerò tutto l’articolo che contiene la parte che mi riguarda. Grazie di nuovo. Perché non annunzi la ristampa dei Ricordi lirici nella (...) 51) Marradi, Giovanni: lettera autografa firmata (19 x 12cm) indirizzata all’amico Mario: 3 settembre 1899. Euro 80 (...) Carissimo Mario, scusami del ritardo col quale rispondo alla tua graditissima (...) aspettavo sempre il ritorno di Lidia da un giorno all’altro, e si è prolungato oltre quanto pensavo. Godo di sentire che stai bene e che ti diverti in cotesti luoghi bellissimi. Io non posso dire che mi diverto quaggiù, dove ormai non ci siamo che noi, ma non sento neanche un gran desiderio di tornare all’aria di Pisa (...) 52) Marradi, Giovanni: lettera autografa firmata di tre pagine (21 x 13,5) con relativa busta, indirizzata al Commendator Cancellieri, direttore generale della Istruzione Primaria: 1 giugno 1916. Marradi scrive al Commendatore per avere una raccomandazione ed essere mandato come commissario di esame a San Sepolcro o a San Giovanni Valdarno nonostante i Provveditori agli studi non potessero allontanarsi dalla propria provincia. Euro 90 (...) Il Commissario Fiorini mi fece sapere che la Direzione Generale delle Scuole Primarie non gradiva più che i Provveditori agli studi si allontanassero dalla propria Provincia, così mi fo lecito di rivolgermi a Lei perché voglia avere la bontà di permettere anche quest’anno la mia nomina a Commissario di esami, dicendone una parola cortese al suo illustre collega Fiorini, il quale mi ha affettuosamente assicurato che spera poter contentarmi. Se Ella vorrà compiacersi di tanto, le ne sarei grandemente obbligato e riconoscente, assai più pei benefici effetti che suol ritrarne la mia salute ormai scossa, che non per ragioni di lucro (...) Giovanni Marradi (Livorno 1852 – 1922) poeta e scrittore italiano, è divenuto celebre per temi patriottici (Rapsodie Garibaldine) e amorosi (Canzoni moderne e Fantasie marine). Studiò a Pisa e Firenze e si distinse nella sua carriera di insegnante in varie università, e anche come critico letterario. Inneggiò poeticamente a Guglielmo Oberdan, augurando la maledizione rivoluzionaria degli slavi sull'Impero Austro-Ungarico. 53) Massenet, Jules: lettera autografa firmata di 4 pagine datata solamente Paris 28 Février. Traccia di piegatura sulla prima pagina senza compromissioni al testo. Euro 310 (...) Je n’avais pu vous répondre à votre répondre si belle ... je n’avais pas votre adresse! Voici: j’ai agi selon ce qui était convenu et avant de partir. Depuis, n’ayait pas des nouvelles. J’ai écrit à M. Léon ... C’est alors que j’apprende par vous votre étounnement (...) Non, non plus! Je ne doutai pas qu’il était difficile d’obtenir de la place dans des programmes décidés avant le 1e concert de la saison; mais je n’ai pas perdu tout ... pour vous piusque je n’ai pas reçu un mot négatif ... A’ Madame Poggi tous mes hommages et à vous toutes mes amitiès (...) 54) Martini, Ferdinando: lettera autografa firmata di 2 pagine (21,5 x 13,5 cm.) indirizzata al drammaturgo, regista e librettista Giovacchino Forzano: Monsumanno 25 novembre 1926. Euro 50 (...) Vorrei sapere una quantità di cose circa Manon e Ginevra: curiosità facile a intendersi accresciuta per le brevi notizie che me ne danno i giornali. (...) Ricevo una lettera dal professore ... nella quale questi mi ringrazia del giudizio da me dato del poema mandato da Tullio al (...), giudizio così autorevole e lusinghiero ecc ecc ecc. a lui, professore reperito dall’ottimo Forzano. Mi urge concoscere con precisione ciò che lei gli ha detto (...) è verissimo, e lo ricordo, di aver lodato i versi di quel poema; ma debbo anche avere soggiunto che nel concorso non avevo votato per Tullio (...) Ferdinando Martini, scrittore e politico italiano, fu senatore del Regno d'Italia nella XXVI legislatura, ministro delle Colonie e dell'Istruzione pubblica. Collaborò dal 1872 al quotidiano Il Fanfulla firmandosi con lo pseudonimo "Fantasio". Nel luglio 1879 fondò il settimanale Fanfulla della domenica, che diresse fino al dicembre del 1880. Il 15 febbraio 1882 fondò La Domenica letteraria, che diresse fino all'agosto 1883. Fu professore alla Normale di Pisa. Nel 1925 fu tra i firmatari del Manifesto degli intellettuali fascisti, redatto da Giovanni Gentile. Intorno al 1887, su progetto dell'architetto Cesare Spighi, fece edificare alla periferia di Monsummano Terme, in località "Renatico", una splendida villa in stile rinascimentale con imponenti scalinate d'accesso. La villa che oggi è passata in proprietà del Comune di Monsummano, porta il nome di villa Renatico-Martini ed è sede del Museo di Arte Contemporanea e del Novecento. Nel 1925 fu tra i fondatori dell'Istituto dell'Enciclopedia Italiana. La biblioteca privata di Martini, la collezione degli autografi e la raccolta delle carte private, per volontà degli eredi, sono conservate dal 1931 presso la Biblioteca Comunale Forteguerriana di Pistoia. Il suo carteggio è conservato invece alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze 55) Mazzoni, Guido: Cartolina postale autografa firmata (9 x 14 cm.) indirizzata al professore Francesco Empedocle Restivo: una pagina a proposito di alcune correzioni ad uno scritto del Mazzoni: 1895. Euro 25 (...) Mi congratulo della nuova prova che ella ci dà per acume antico: sul fiore son d’accordo con lei; quanto all’Apulia, sebbene mi rimanga qualche dubbio, sarei incerto tra Aquileia e l’Apulia che ella propone; ma quasi quasi accetterei la sua correzione al testo (...) 56) Mazzoni, Guido: cartolina autografa firmata di una pagina (11 x 15 cm.) su carta intestata dell’editore Barbera di Firenze. Mazzoni scrive al professore Antonio Scolari il 13 ottobre 1942. Euro 25 (...) Ella ha scritto pagine di molto acume psicologico e di buona critica letteraria sul Carducci, sul Fogazzaro e anche sul Leopardi. (...) Eppure tu a ... ci credevi! cioè, senza riflesso sull’opinione personale del C., questi rinfaccia a Napoleone I le contraddizioni (...) tra il suo agire e il suo temperamento deista (...) Guido Mazzoni docente, patriota e politico italiano, nato a Firenze nel 1859. Nel 1887 Mazzoni, ventottenne, vinse il concorso per una cattedra di letteratura italiana all’Università di Padova, non senza polemiche. Accese polemiche che «il giovane professore fiorentino troncò rapidamente, conquistando di slancio colleghi e scolari». Nel 1892 pubblicò la prima edizione del fortunato Avviamento allo studio critico delle lettere italiane. Nel 1897 divenne segretario dell'Accademia della Crusca, di cui fu presidente dal 1930 al 1942. Dal 1910 fu senatore. Durante la prima guerra mondiale Mazzoni andò volontario al fronte, dopo che il figlio Carlo, ufficiale degli alpini e medaglia d'argento al valor militare, era stato fatto prigioniero dagli austriaci. Dal 1931 al 1943 fu presidente della Società Dantesca Italiana. Curò assieme a Giuseppe Picciòla la prestigiosa Antologia carducciana, con un esauriente commento e una precisa esegesi per ogni testo. L'archivio di Guido Mazzoni è conservato presso l'Archivio di Stato di Firenze. La sua ricca biblioteca (23.000 circa i volumi, circa 50.0000 gli opuscoli) è consultabile alla Duke University (Durham, North Carolina, USA). 57) Morelli, Iacopo: Notizia d’opere di disegno nella prima metà del secolo XVI esistenti in Padova, Cremona, Milano, Pavia, Bergamo, Crema e Venezia scritta da un anonimo di quel tempo, Bassano, 1800, 25 x 16 cm. Legatura in cartone coevo con titolo su tassello di carta al dorso; antico ex libris applicato all’interno del piatto anteriore; pp. XXIII, 272. Freschissimo esemplare a pieni margini, in barbe. Euro 350. scritte. Cicognara: Libro utilissimo. Prima edizione di questo antico codice di anonimo autore, rimasto a lungo manoscritto, dedicato allo studio dell'arte nel nord Italia durante la prima meta' del XVI secolo, nel quale sono descritte tantissime opere d’arte presenti nelle città di Padova, Milano, Cremona, Pavia, Bergamo e Crema. Il testo del manoscritto è arricchito da copiose note del Morelli, fonte di importanti informazioni sui pittori e sulle opere de- 58) Moretti, Marino : 3 lettere autografe, datate e firmate (22 x 14 cm) indirizzate all’amico e critico letterario Titta Rosa. Euro 330 1) Cesenatico, 17 novembre 1961. Moretti scrive all’amico Titta chiedendogli se è riuscito ad avere il volume dei quattro romanzi, e lamentandosi del trattamento ricevuto dall’editore Mondadori: (...) Comprendo benissimo che un grande editore prodigo fino all’inverosimile (27 uscite in un mese) non possa fare a tutti i suoi autori lo stesso trattamento, specie quando sta per varare libri di grande e sicuro esito: il premio Nobel, il romanzo postumo di Silvio D’Amico con prefazione di Cecchi ... Ma che interesse ha l’editore a far uscire alla chetichella un libro come questo mio che gli costa milioni, edizione di lusso, mille pagine, lire seimila? ... Guarda poi come uscì il Premio Deledda durante l’estate. Nessuno se ne accorse, mi pare (...) 2) Cesenatico, 7 Dicembre 1961. Titta Rosa ha finalmente ricevuto il volume dei quattro romanzi e Moretti risponde: (...) E’ uscito da quasi due mesi durante i quali mi sono battuto per farlo avere a te e a Beppe e a qualche altro. C’è qualche cosa che non va in quell’Ufficio Stampa mondadoriano ... Nel frattempo, per carità, che tu rilegga i romanzi e tanto meno che tu ne scriva a tempo: basterebbero, se mai, poche righe in fondo a una cronaca dell’Osservatore per dire che il libro è uscito e costa tanti ... (tanti, in verità). Ho paura che non possa avere il successo delle novelle (...) 3) Cesenatico, 28 giugno 1966. Moretti e Rosa fanno entrambi parte della commissione per il Premio Deledda, e Moretti esprime all’amico il suo parere sui libri visionati: (...) A me non dispiace “Amor sui”: è forse e senza forse tra i dattiloscritti migliori, ma non è un romanzo e non passerà. Una cosa buona, e anche abbastanza originale, è “I due solitari” (numero 31) e potrebbe anche ottenere voti il numero precedente, il 30 ... un romanzo ampio, deleddiano, col fascino delle antiche usanze e dei coloriti paesaggi, che in mancanza d’altro potrebbe andare per rendere omaggio alla Sardegna.(...) 59) Negri, Ada: cartolina postale (9 x 13,5 cm) indirizzata alla poetessa Nella Doria Cambon, il cui salotto divenne il più importante di Trieste: la Cambon ospitava scrittori, scienziati, politici e personaggi importanti, tra cui Svevo e D’Annunzio: marzo 1914: annullo postale. Euro 95 (...) Cara, ti mando immediatamente il libro. Perdona il tu: viene così spontaneo che è inutile trattenerlo. Ah, forse si, forse tu potrai amare questo mio povero libro pieno di spasimi! ... E tutto in esso è verità! ... E l’hanno lacerato come preda di cani! ... Vidi nel (...) un bello articolo - sincero e ben meritato - sui tuoi ardenti e melodiosi Sistri. Vedi tu (...)? Non potresti dirle qualcosa di Esilio? Ti abbraccio fraternamente, attendo una tua parola (...) Nel 1914 Ada Negri si trasferì a Zurigo per seguire la figlia Bianca, iscritta dal padre in una scuola svizzera; qui rimase fino all'inizio della Prima guerra mondiale. Da Zurigo scrisse Esilio, pubblicato nel 1914, opera con evidente riferimento autobiografico, inizialmente stroncata dalla critica. 60) Negri, Ada: lettera autografa firmata listata a lutto (18 x 11,5 cm) indirizzata al direttore della rivista “Arte e Vita”. La lettera, 2 pagine, è firmata dalla scrittrice anche con il cognome del marito: Garlanda: 21 marzo 1906. Ada Negri risponde al direttore che le aveva chiesto di inviargli un ritratto e dei versi da pubblicare nella sua rivista. Euro 100. (...) Illustre Amico, perdonate questo mio involontario ritardo nel risponderVi. Un recente e doloroso lutto mi tenne per varie settimane lontana da Milano. Manderò domani il mio ritratto, manderò quando mi sarà possibile qualche verso. Ho ammirato l’ultimo numero di Arte e Vita, e in esso il profilo così schietto e ben fatto (vostro forse?) della mia geniale amica Clarice Tartufari. Molto ha fatto per l’Arte questa forte Donna, e molto farà. Vi stringo la mano e vi ringrazio della cortese insistenza (...) 61) Nencioni, Enrico: cartolina postale autografa firmata di una pagina (9,5 x 14 cm.) indirizzata a Ferdinando Piccinelli: 12 agosto 1896. Francobollo con annulli postali. Euro 30 (...) Questa forsennata stagione, il freddo, la pioggia, il libeccio, hanno avuto cattiva influenza su i miei nervi malati. Stavo tanto bene ... ma da una settimana son peggiorato. Speriamo sia cosa passeggera 62) Nencioni, Enrico: lettera autografa firmata di una pagina e mezzo (18,5 x 11,5 cm.) indirizzata alla contessa La Rocca a Firenze: senza data: 23 aprile. Euro 40 (...) Quand’ella passò da Firenze, ero malato, e non potei come avrei voluto, venire a presentarle i miei ossequi e i miei ringraziamenti. In questo momento ho molte lezioni da dare - ho da curare la prossima pubblicazione di due miei volumetti - e sono impegnato a scrivere tre articoli nel prossimo maggio per il Fanfulla della Domenica. Ma appena ho due o tre giorni di loisir, sia certa che scrivo e le mando qualche cosa per il suo giornale (...) 63) Nencioni, Enrico: Lettera autografa firmata di una pagina e mezzo (21,5 x 13,5 cm.), senza data. Euro 50 (...) Il Fonografo non mi pare adattato, e non lo manderei. Una Sfinge potrà forse essere accettato ed inserito: ma bisognerebbe abbreviarla. Così com’è prenderebbe metà del giornale: ed ella sa che i giornali domenicali di Roma non pubblicano mai bozzetti o novelle che oltrepassino le quattro colonne. Io credo che ella potrebbe fare qualche amputazione senza danno al racconto. Scriverò al direttore raccomandando che il suo manoscritto sia preso in considerazione, e se per qualsiasi motivo non potesse essere inserito, le sia restituito sollecitamente (...) Enrico Nencioni poeta, critico letterario e traduttore italiano, nato a Firenze nel 1837, uomo di vastissima cultura, contribuì significativamente alla divulgazione della letteratura inglese nell'Italia post-unitaria, grazie ai suoi saggi critici e alle sue traduzioni. Fu anche poeta e nei suoi componimenti descrisse i tormenti intimi del dolore umano. Nel 1856 aderì al gruppo degli Amici pedanti, a cui capo si trovava Giosuè Carducci, di cui fu intimo amico sin dalla giovinezza. Ebbe in seno agli Amici una posizione diversa dagli altri. Mentre essi erano in quegli anni chiusi alle esperienze romantiche italiane e straniere e difendevano strenuamente il classicismo, Nencioni ebbe ammirazione per i classici come per le sperimentazioni tedesche e scandinave. Morì nel 1896 ad Ardenza, dopo un anno e mezzo di malattia. Dopo la morte furono curate due edizioni dei suoi studi di letteratura inglese ed italiana, rispettivamente nel marzo 1897 e nel 1898, in quest'ultimo caso con una prefazione di Gabriele D'Annunzio. 64) Ombres, Rossana: Serenata, Milano, Mondadori, 1980, 21,5 x 14,5 cm. Cartone editoriale con sovracoperta; pp. 143, (5). Dedica autografa firmata di Rossana Ombres. Edizione originale. Euro 40 65) Pasternak, Boris Leonidovic: Il dottor Zivago, Milano, Feltrinelli, 1957, 21 x 13,5 cm. Cartone editoriale con sovracoperta illustrata; pp. 710, (2). Ottimo stato di conservazione. Prima edizione mondiale. Euro 1.100 Quando, nel novembre del 1957, dopo travagliate vicende, la Feltrinelli pubblicò Il dottor Zivago nella traduzione storica di Pietro Zveteremich, Boris Pasternak scrisse a un’amica: Per un cieco gioco del caso il mio sogno si è realizzato, per quanto io forzosamente lo ostacolassi. Queste parole contraddittorie testimoniano l’atteggiamento e lo stato d’animo dell’autore nei confronti della propria opera: da un lato l’urgenza della scrittura, l’esigenza pressante di mettere sulla carta l’analisi puntuale e sofferta di un cambiamento epocale, nel quale però si muovono mille microcosmi personali, i percorsi individuali dei personaggi che si intrecciano e si allontanano, e nel quale l’artista sempre e comunque si interroga sul senso e sulla funzione dell’arte; dall’altro, invece, la consapevolezza delle conseguenze che quella prima esigenza avrebbe avuto sulla propria vita e sulla vita delle persone care. Dopo il novembre del 1957, Pasternak venne espulso dall’Unione degli Scrittori, subì una violenta campagna denigratoria, rischiò di essere privato della cittadinanza sovietica e di essere quindi espulso dal suo paese: parallelamente si sviluppò l’odissea del testo russo del suo romanzo, che dopo una prima edizione pirata in Olanda, fu pubblicato ancora da Feltrinelli, quindi rivisto e migliorato nel 1978, mentre il testo definitivo apparve sul Novyj Mir nel 1988 e, in volume, nel 1991. Anche la traduzione italiana, nel frattempo, era passata attraverso complesse vicissitudini e revisioni, operate da Maria Olsufieva, Mario Socrate e da Zveteremich stesso. 66) Pea, Enrico: lettera autografa firmata su carta intestata del Teatro Politeama (27 x 22 cm): 16 maggio 1933. Pea sollecita l’inizio dei lavori di restauro del Teatro Politeama, di cui il drammaturgo era consigliere delegato e direttore. La struttura lignea del teatro era piuttosto precaria e, dopo diversi lavori di ammodernamento, allo scoppio della guerra, il locale fu colpito da una bomba e semidistrutto; fu ricostruito nel 1947, in cemento armato. Autografo non comune questo di Enrico Pea, autore di Moscardino, romanzo molto amato da Montale, Svevo e Pound, che ne curò una traduzione. Euro 180 (...) Oggi, visto il ritardo mi sono permesso di telegrafare al Comm. Sellitti pregandolo di dare (...) a questo comandante, affinché io possa iniziare i lavori. Ora prego di chiedere scusa al Comm. Sellitti della libertà che mi sono presa nell’inviargli quel telegramma. La prego di dire che il ritardo è veramente dannoso, perché si avvicina la stagione estiva, che sarebbe come dire la stagione del raccolto (...) 67) Panzacchi, Enrico: poesia autografa firmata dal titolo: Serenata. Una pagina (28 x 23 cm.) su carta azzurrina, datata milano 26 ottobre 1878. Euro 70 (...) O mie dolci canzoni. / In mi bemolle ed in re natural, / I primi goccioloni / Ecco, ci versa addosso il temporal! // L’alma di canti ho piena, / Di speranze e di baci ho pieno il cor ... / Ma a notte più serena (...) 68) Panzacchi, Enrico: lettera autografa firmata di 2 pagine (18,5 x 11,5 cm.) datata Bologna 27 novembre 1887. Euro 50 (...) La ringrazio dei versi che le è piacciuto di mandarmi con attestazioni troppo onorevoli per uso e scopo (...) Io in genere diffido dei giovani che troppo presto si buttano nel campo della pubblicità: ma i suoi versi mi paioni assai ben fatti e improntati, certo, ad un nobile sentimento, che nei giovani esprime il (...) d’una confortante speranza. Le similitudini con cui dipinge la viltà di persone è felicissima: la condotta della (...) è robusta senza stento (...) 69) Panzacchi, Enrico: cartolina postale autografa firmata indirizzata all’uomo politico e letterato italiano Alfredo Bacelli: 18 settembre 1890. Una pagina (8,5 x 14 cm.). Panzacchi chiede a Bacelli di rispedirgli le bozze di alcuni suoi lavori poetici per poter rivederle. Euro 30 Enrico Panzacchi poeta, critico d'arte e critico musicale italiano, nonché oratore e prosatore, nacque sulle colline di Ozzano, in Emilia, nel 1840. Due anni dopo si trasferì con il padre a Bologna dove compì gli studi in seminario. Nel 1865 si laureò in filologia a Pisa. Insegnò Belle Arti all'Università di Bologna e fu deputato e sottosegretario alla Pubblica Istruzione. Assieme a Olindo Guerrini e a Giosuè Carducci formò il cosiddetto triumvirato bolognese. Fondò e diresse diverse riviste tra le quali spiccano “Lettere e Arti” a cui Carducci mandò l'ode A una bottiglia di Valtellina e la Rivista bolognese di scienze, lettere, arti e scuola. Fu tra i primissimi collaboratori culturali del “Corriere della Sera”, su cui firmò articoli sin dall'aprile 1876, appena un mese dopo la fondazione. Fu anche critico musicale prediligendo fra tutte le opere di Wagner e di Verdi e, applaudito oratore. A renderlo celebre furono le sue romanze caratterizzate da versi eleganti e melodiosi tanto che furono lodate dallo stesso Carducci e musicate da celebri compositori del tempo. Una scelta delle sue liriche, postuma, fu prefata da Giovanni Pascoli. 70) Papini , Giovanni: pensiero autografo firmato (10,5 x 22,5 cm.). Senza data. (...) Chi non ha mai sognato d’esser più che uomo è men che bestia (...) Euro 150 Papini fu divulgatore, fra i primi in Italia, del pragmatismo, e poi a passò da questa ad altre filosofie, sempre insoddisfatto perché vi cercava il segreto per diventare giudice sicuro del bene e del male, una sorta di demiurgo o di uomo-dio. Il suo volontarismo romantico e decadente lo portò a concepire la letteratura come «azione» e a dare ai suoi scritti un carattere da «giudizio universale». Fu il fondatore, insieme ad Ardengo Soffici, dalla rivista Lacerba. 71) Papini, Giovanni: lettera dattiloscritta firmata ( 27,5 x 22cm) datata 19 aprile 1941. A proposito del poeta e drammaturgo Ferdinando Tirinnanzi, deceduto un anno prima, di cui Papini curerà l’introduzione della tragedia Canossa, edita nel 1943. Euro 60 (...) Caro Giuliano, sono dolente che condizioni di salute e tristi vicende di famiglia mi abbiano impedito sia alla prima che alla seconda delle tue conferenze. Avrei desiderato un nostro incontro anche nei riguardi di ciò che stiamo facendo per il nostro indimenticabile Tirinnanzi. Oxilia ti dirà a voce quello che è mio desiderio e anche comune degli amici e della signora Tirinnanzi, e ti sarò grato se accondiscenderai (...) 72) Pistoletto, Michelangelo: Immagine, Roma, Galleria Pieroni, ottobre 1989, 24 x 17 cm. Brossura editoriale; 4 pagine con un testo dell’autore in italiano ed inglese. Firma autografa di Pistoletto per esteso al retro della prima di copertina. Edizione originale. Euro 220 73) Praz, Mario: Giosue Carducci as a Romantic, Toronto, Reprinted from the University of Toronto Quaterly, vol. V, numero 2, January 1936, 24 x 16,5 cm. Brossura editoriale; estratto con copertina propria numerato da p. 176 a p. 196. Dedica autografa firmata di Praz in copertina. Euro 100 74) Rabin, Yitzhak: fotografia originale nella quale Rabin è ritratto a mezzo busto (22,5 x 17,5 cm). Ai piedi del ritratto, sull’emuslione, la firma autografa del Primo Ministro Israeliano. La fotografia è accompagnata da una lettera dattiloscritta su carta intestata dell’Ufficio del primo Ministro di Gerusalemme: Marzo 1995. Euro 180 Rabin è stato il primo cittadino nato sul territorio del proprio Stato, a Gerusalemme ad essere nominato Primo ministro dello stato d'Israele. Nel novembre del 1995 dopo aver preso parte a una manifestazione in sostegno degli accordi di Oslo a Tel Aviv, fu assassinato da un colono ebreo estremista; quegli accordi valsero il premio Nobel per la pace a Yitzhak Rabin, Shimon Peres e Yasser Arafat, e avrebbero dovuto aprire la via per una risoluzione definitiva dell’eterna questione fra Israele e Palestina. 75) Raiberti, Giovanni: Il gatto. A cura di Aldo Palazzeschi, Firenze, Le Monnier, 1946, 16,5 x 11,5 cm. Brossura editoriale; pp. 228, (4). Con un ritratto di Raiberti. Intonso. Le prime 24 pagine contengono una divertente introduzione di Aldo Palazzeschi. Dedica autografa firmata e datata di Aldo Palazzeschi a Libero De Libero: A Libero che ama i gatti, infidi, Aldo, che ma i cani, fedeli ... Piccola gemma letteraria, Il gatto è una sorta di "opuscolo divino" volto ad esaltare le qualità del domestico felino, osservato da Raiberti non in qualità di naturalista ma di psicologo. Euro 230 76) Rosai, Ottone: Dentro la guerra, Roma, Quaderni di Novissima, 1934, 27 x 20 cm. Brossura editoriale; pp. 134, (6). Tracce di polvere in copertina, qualche minimo strappetto alle unghie della copertina, ma buona copia, esente dalle usuali fioriture della carta. Rara edizione originale stampata in soli 148 esemplari. Euro 200. Uscito miracolosamente dalla guerra e tornato a casa dopo cinque anni complessivi passati tra le caserme, le trincee e gli ospedali mi detti a rifrugare tra le mie carte che avevo in parte nelle tasche e altre nella cassetta d’ordinanza e vi trovai tanti appunti che messi d’accordo con tutto quello che ancora la mia mente serbava potei fin dal 1919 mettere insieme il libro che seppure affrettato mi pare traversi degnamente la storicità di quel periodo (...) Nel 1930 parendomi il “Teppista” un po’ troppo affrettato e scheletrico ed essendomisi tutti quei fatti messi a giusta distanza dalla memoria trovai opportuno ricominciare l’opera soffermandomi più a lungo nella descrizione e creando così un complesso più comprensibile e maggiormente armonico. A fine lavoro tra i tanti titoli che mi proposi “Dentro la guerra” mi parve il più aderente. Nell’opera ho voluta dare la precisa sensazione che un cuore d’Italiano, un semplice soldato, un popolano vivo e intelligente, ha provato nell’attraversare tutto quel periodo di vita Italiana che va dal 1914 al 1919 (...) 77) Rosmini, Carlo: lettera autografa firmata di una pagina ( 24 X 18 cm) indirizzata al tipografo Manini, relativa all’opera più importante di Rosmini: Dell’Istoria di Milano: novembre 1820. Euro 200 (...) Non senza buone ragioni la pregai, a misura che i fogli della mia storia di Milano si stampassero, di mandarmene copia. Ora alla ragione non meno potente si aggiunge, ed è il dover rivedere un’Opera non mia, che in breve vedrà la luce, ad illustrar la quale molto mi sarà opportuno per la cronologia, la mia Storia di Milano. Abbia dunque la sofferenza di far ritrarre da casa ... un esemplare di tutti i fogli del terzo volume ch’io non ho ancora avuti (avvertendola ch’io non ne ho ricevuti che 14) avendo poi cura di fornirmi degli altri che si stamperanno (...) Rosmini fu scrittore e storico. Si occupò di letteratura e in genere di storia della cultura; la sua opera maggiore è una storia di Milano (Dell'istoria di Milano, 4 voll., 1820) dal sec. 11º al 1535. 78) Santomaso, Giuseppe: acquerello ed inchiostri su carta. Piccola opera originale firmata di Santomaso su cartoncino, datata 1965: 13 x 13 cm. In perfetto stato di conservazione. Euro 250 Nella seconda metà degli anni Cinquanta Santomaso si affranca completamente dal contenuto e dalla forma, il colore tende ormai alla pura luce, e la struttura stessa del quadro giunge ormai alle soglie dell'informale, diffuso in Europa e negli Stati Uniti. Tuttavia, a differenza di quasi tutto l'astrattismo informale, non risponde a connotazioni drammatiche, ma è sempre tesa alla ricerca inesausta di armonia ed equilibrio che caratterizza tutto il suo lavoro. È del 1960 la personale allo Stedelijk Museum di Amsterdam e del 1961 la partecipazione alla Biennale di San Paolo. Una sua retrospettiva nel 1965-66 viene presentata al Kunstverein di Amburgo e poi alla Haus am Lützowplatz di Berlino e al Museum am Ostwall di Dortmund. Nel 1971 viene pubblicato il libro di poesie On Angle di Ezra Pound con sue illustrazioni. La ricerca della luce si accentua sempre di più, le opere sono ormai architetture luminose, i pur sottili legami con l'informale sono ormai superati; matura un'immagine composta di suggestioni tridimensionali, tersa emotività, luce pura e vibrante. 79) Scheidegger, Ernst: Nona Triennale di Milano, Palazzo dell’arte al parco, 1951, 25 x 17,5 cm. Depliant pubblicitario realizzato dal fotografo, grafico e pittore svizzero Scheiddeger per la Triennale di Milano, stampato per essere apposto sui treni al fine di pubblicizzare l’esposizione. Euro 80 80) Superstudio: Istogrammi d’architettura con riferimento a un reticolo trasponibile in aree o scale diverse per l’edificazione di una natura severa e immobile in cui riconoscersi. Serigrafia originale: 68,5 x 86,5 cm. Timbro a tampone blu “Superstudio stampati” in basso a destra con sigla a matita di Natalini; data e numerazione (500 esemplari) a matita in basso: 1969. In ottimo stato di conservazione. Euro 700. In quegli anni poi divenne molto chiaro che continuare a disegnare mobili, oggetti e simili casalinghe decorazioni non era la soluzione dei problemi dell'abitare e nemmeno di quelli della vita e tantomeno serviva a salvarsi l'anima. Divenne anche chiaro come nessuna cosmesi o beatificazione era bastante a rimediare i danni del tempo, gli errori dell'uomo e le bestialità dell'architettura. Il problema quindi era quello di distaccarsi sempre più da tali attività del design adottando magari la tecnica del minimo sforzo in un processo riduttivo generale. Preparammo un catalogo di diagrammi tridimensionali non continui, un catalogo d'istogrammi d'architettura con riferimento a un reticolo trasportabile in aree o scale diverse per l'edificazione di una natura serena e immobile in cui finalmente riconoscersi. Dal catalogo degli istogrammi sono stati in seguito generati senza sforzo oggetti, mobili, environments, architetture. Ma di tutte queste cose non ce ne importa molto, né molto ce n'è mai importato. La superficie di tali istogrammi era omogenea e isotropa: ogni problema spaziale e ogni problema di sensibilità essendo accuratamente stato rimosso. Gli istogrammi si chiamavano anche "Le Tombe degli Architetti". 81) Tapié, Maichel - Ossorio, Alfonso: Jackson Pollock, Paris, Paul Facchetti, 1952, 24,5 x 24,5 cm. Brossura editoriale rosa con un’illustrazione in quarta di copertina; pp. 8 con un testo di Tapié e Ossorio, e 6 illustrazioni in bianco e nero di opere di Pollock, tra le quali un ritratto dell’artista davanti ad una sua opera realizzato da Hans Namuth. Catalogo della mostra parigina svoltasi alla Galleria Facchetti, nel 1952, dove erano esposte opere realizzate tra il 1948 e il 1952. Tiratura di 500 esemplari, La prima mostra europea di Pollock. Edizione originale. Euro 300 82) Thayaht (Ernesto Michahelles): Medaglie distintivo dei futuristi. Matita su carta: 16 x 21 cm. Disegno originale raffigurante il progetto per le medaglie futuriste. In basso a destra timbro a tampone rosso dello studio di arte decorativa Thayath e 2 timbri a secco con il logo esoterico di Thayath. Al retro del foglio diversi bozzetti a matita per la realizzazione della scritta “Arte Vita Vita Luce”. Autentica su fotografia di Sandro Michahelles. Senza data, ma 1930. Euro 600 Bozzetto realizzato nel 1930 quando Thayaht prende parte assieme a Munari, Diulgheroff, Prampolini, Balla, Pozzo, Dottori, alla realizzazione dell’Almanacco dell’Italia Veloce. L’iniziativa di Oscar Fusetti, futurista della prima ora, patrocinata dallo stesso Marinetti, è quella di produrre un almanacco che offra una summa dei primati artistici, creativi e industriali dell’Italia moderna. E’ Fusetti a convincere Thayath a partecipare e ad organizzare attentamente fin nei più minuti dettagli il lancio dell’iniziativa, con un’intensa attività promozionale pubblicitaria, che prevedeva anche la realizzazione di medaglie; al fine di coinvolgere le personalità del regime, non si tralasciò neppure la sponsorizzazione di tre fuoribordo che, in una gara motonautica, vestirono i colori delle “Edizioni Metropoli”. 83) Thayaht (Ernesto Michahelles): Italia veloce. Nostra Patria. Matita su carta: 15 x 11 cm. Timbro a tampone blu Thayath in alto a destra. Al retro del foglio abbozzo di disegno geometrico. Senza data ma 1930. Autentica su fotografia di Sandro Michahelles. Euro 250 Progetto originale per grafica pubblicitaria dell’Almanacco dell’Italia Veloce. “ALMANACCO ITALIA VELOCE” il nome del volume che, con veste assolutamente originale, dovrà essere SINTETICO (capace di dare un’idea di ogni cosa, senza lungaggini) – AEREO (proiettato nella vita di domani) – A SCOPPIO (sorprendente di contrasti coloristici e inattesi) – DIVERTENTE (tale da liberare istantaneamente dalla malinconia) – DRAMMATICO (animato come un palcoscenico) – CINEMATOGRAFICO (per l’intreccio dei personaggi, grandi visioni politiche, discussioni artistiche, pettegolezzi significativi, fattacci di cronaca, ambizione, amore) – TRAVOLGENTE (nella potenza persuasiva delle sue pagine illustrate e per le sue tavole parolibere futuriste). 84) Thayaht (Ernesto Michahelles): Italia veloce. Matita su carta: 32 x 21,5 cm. Timbro a tampone blu Thayath studio di arte decorativa Firenze in alto a destra, in basso a sinistra e al retro del foglio. Timbro a tampone blu con data 26 agosto 1930. In ottimo stato di conservazione. Euro 900 Progetto originale per grafica pubblicitaria dell’Almanacco dell’Italia Veloce, nel quale è visibile l’attenta ricerca grafica e il desiderio di promuovere un’opera unica e irripetibile dove collaboreranno esclusivamente scrittori, poeti e pittori futuristi di avanguardia […] valorizzando le poche ditte meritevoli che dati i loro primati e i loro record avranno il privilegio di essere lanciate con noi nella valorizzazione mondiale. 85) Tobino, Mario: intima, giovanile lettera autografa firmata di una pagina (21 x 15,5 cm), datata 2 maggio 1941, indirizzata all’amico Fredi Chiappelli, storico della lingua e della letteratura italiana, allora ancora studente all’università di Firenze. La lettera, spedita dalla Libia dove Tobino era arruolato come ufficiale medico, fa riferimento ai comuni amici: Sebastiano Timpanaro, Giuseppe Raimondi e Giorgio Morandi, conosciuti ai tempi dell’università quando tutti facevano parte del gruppo degli universitari antifascisti. Euro 250 (...) Poichè hai parlato con Timpanaro penso che tu sia stato anche a Firenze. C’era il sole a Firenze? Che immagine hai riportato di Raimondi? Hai fatto sentire a Morandi l’imitazione della voce di Morandi? (...) Io continuo a rimanere nella sabbia con delle straordinarie variazioni di temperatura e di pressione. E il ghibli senza vento. E le ragazze come son vestite? La moda di primavera qual’è? Certo ti avrei da fare molte altre domande, ma mandami solo qualche giornale che l’ultimo fu del 20 aprile, e vorrei sapere chi ha preso i premi dell’accademia quest’anno. Raimondi mi scrisse che era molto contento di averti conosciuto e di aver parlato lungamente con te (...) 86) Tommaseo, Niccolò: suggestiva e non comune lettera autografa firmata di una pagina (21 x 13 cm.) scritta durante i turbolenti anni dell’insurrezione veneta: 1848. Euro 230 Nel 1847, tornato nuovamente nel mirino della polizia asburgica, Tommaseo venne arrestato a seguito di alcune dichiarazioni sulla libertà di stampa, che rivendicavano il diritto di vedere applicate leggi che non la limitassero; fu liberato il 17 marzo 1848, insieme con Daniele Manin, durante l'insurrezione di Venezia contro gli austriaci. Alla successiva proclamazione della Repubblica di San Marco, ottenne il maggior numero di voti dopo Manin e prima di Giacomo Treves dei Bonfili, e assunse importanti cariche nel nuovo Stato. Esiliato a Corfù nel 1849, dopo l'entrata degli austriaci in Venezia, si ammalò agli occhi (conseguenza della sifilide contratta durante il soggiorno parigino) ma trovò comunque il modo di scrivere numerosi saggi, tra cui Rome et le monde in francese, in cui da cattolico dichiarava la necessità della rinuncia della Chiesa cattolica al potere temporale. Risale a questo periodo anche l'insofferenza del Tommaseo verso la via "moderata" all'unità d'Italia, da raggiungersi tramite l'unione al Piemonte sabaudo. Nel 1854, con la vista sempre più compromessa, si trasferì a Torino, poi a Firenze, dove restò fino alla morte. (...) Ho graditi i suoi doni, prova d’ingegno operoso; e non ringraziai con parole, occupato da faccende, e anch’io da dolori. Possano i suoi, Signore, meritarle da Dio ispirazioni degne e alte consolazioni. Tale è l’augurio del suo (...) 87) (Marchesa Colombi) Torriani, Maria Antonietta: lettera autografa firmata (14 x 12 cm) datata 26 agosto 1883. La Marchesa Colombi scrive all’amica, direttrice di un giornale, comunicandole di aver ricevuto la proposta di dirigere un giornale per bambini. Euro 90 (...) Mi risponda da vera amica, mi si propone di dirigere un giornale per bambini illustrato a colori in cromolitografia, da pubblicarsi con il prossimo anno, la proposta per me è finanziaria, è convenientissima, perché pagano il diritto di strombazzare il mio nome. Ma mi ricordo che altre volte lei mi pregò di non farle la concorrenza con un giornale. Se crede che anche questo per bambini possa farle concorrenza e se questa cosa può affliggere il suo nobile e buon cuore, me lo dica. Sono otto giorni che ho qui la lettera dell’editore, e non ho potuto risolvermi ad entrare in trattativa per questo scrupolo.(...) Maria Antonietta Torriani, vissuta tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, è stata una delle giornaliste e delle scrittrici italiane più moderne, ironiche e anticonformiste del panorama letterario italiano. Si firmava con il nome d’arte di Marchesa Colombi, personaggio comico della commedia La satira e Parini di Paolo Ferrari. La sua epoca la considerò soprattutto come un’autrice rivolta al pubblico femminile per la sua costante attenzione al mondo delle donne, per i suoi toni sentimentali e per la minuziosa descrizione degli ambienti familiari e domestici, ma già la Ginzburg e Calvino riconobbero in lei una asciuttezza di visione e una libertà espressiva raramente presenti in Italia, che ben si esprimono nel titolo del romanzo La voce delle cose (1899). Nei suoi libri, più di 40 pubblicati, i ritratti di donne di provincia o di città, delle più svariate condizioni sociali, mondine, serve, signore della media e alta borghesia, rivelano la modernità dell’autrice dal carattere estroverso e intraprendente, forte e disinvolto. Acclamata e corteggiata frequentò i salotti riformisti e i circoli intellettuali dell’avanguardia dell’epoca. Ebbe alcune relazioni sentimentali con personaggi legati alla letteratura tra cui Giosuè Carducci che le dedicò Autunno romantico in Rime nuove. Assieme al marito nel 1876 fonderà il «Corriere della Sera» diventandone la prima firma femminile. 88) Villari, Pasquale: lettera autografa firmata di quattro pagine indirizzata probabilmente ad un amico e collega dell’Accademia della Crusca (17,5 x 11 cm): 1899. Euro 80 (...) Illustre amico, ricevei la sua lettera e vivamente la ringraziai. Ricevo ora il suo telegramma e non so come ringraziarla anche delle sue gentili premure. Ma deve esserci stato un equivoco. Domandai al Torelli quando e dove avrei potuto vederlo. Ieri ebbi una frase, ella mi disse che sarebbe tornato in Italia il 5 settembre per andare alla sua villa sul lago di Como, e che potrei venire a Milano, se lo avvertivo in tempo. Ma non gli scrissi che sarei venuto martedì prossimo, non sapendo ancora quando potrei tornare. Sono qui a lavorare e non ho finito quello che dovevo fare, mia moglie non sta molto bene, ed anche quello mi impedisce di partire. Farò di tutto per avere la fortuna di vederla, avvertendola in tempo (...) 89) Villari, Pasquale: lettera autografa firmata di due pagine (21 x 13 cm), probabilmente indirizzata ad un amico massone, al fine di ricevere un aiuto per avere notizie relative ad un conoscente. Firenze 10 luglio 1898. Euro 50 (...) Illustre Collega, temo di abusare troppo della sua cortesia. Ma non so a chi rivolgermi, per avere notizie di qualche importanza, per un affare mio privato. Avrei bisogno di sapere se è sempre vivo in Milano il Sig. Vittorio Ferri negoziante, credo in seta, sposato alla Sig. Teresa Fioretti, fallito nel 1879. Potrebbe ella essere tanto gentile da dirmi se ne sa qualche cosa? Gliene sarei riconoscente (...) Villari è stato uno storico e politico; è ricordato soprattutto per i suoi studi sulla questione meridionale realizzati nell'opera Lettere meridionali, un libro nel quale tenta di far luce sui problemi che affliggevano l'ex Regno delle due Sicilie dopo che divenne il Mezzogiorno d'Italia. Senatore del Regno e Ministro della Pubblica Istruzione, nel 1881 gli venne assegnato dall'Accademia delle Scienze di Torino il Premio Bressa. Socio corrispondente dal 1893, divenne accademico della Crusca l'8 febbraio 1898. Vi promosse la costituzione di una commissione per la redazione di vocabolari dei dialetti italiani; di essa fece parte, a partire dal 1914. Massone, fu iniziato nel 1862 nella Loggia "La Concordia" di Firenze. 90) Warhol, Andy: Andy Warhol, Stockolm, Moderna Museet, 1968, 27,5 x 21 cm. Brossura editoriale; pp. 400 non numerate. Con oltre 300 fotografie in bianco e nero a piena pagina di Rudolph Burckhardt, Eric Pollitzer, John D. Schiff. Celeberrimo catalogo dell’esposizione avvenuta a Stoccolma. Dorso un po’ scurito. Edizione originale. Euro 400 La prima mostra personale europea di Andy Warhol ha avuto luogo presso il Moderna Museet di Stoccolma dal febbraio al marzo 1968, curata da Pontus Hulten insieme a Olle Granath. Kasper König, ha curato il catalogo sviluppando un concetto di base per il libro. Leggendo il lavoro di Warhol nel contesto di On Kawara e altri contemporanei concettuali, König ha prodotto una griglia radicale che consisteva di quattro gruppi di immagini: un gruppo che documenta le opere di Warhol, due gruppi che documentano ambiente sociale e professionale di Warhol, e un gruppo che documenta una selezione di indignate recensioni su Warhol, ritagliate dai giornali di provincia americana. Dopo che Warhol aveva dato la sua approvazione a questa prima proposta, König ha prodotto una serie immagini con la fotocopia- trice Xerox della galleria Castelli, riproducenti lavoro di Warhol: molte delle immagini disponibili sono state fotocopiate da König diverse volte, e sono finite nel libro come auto-elaborazioni. Così è stata creata una struttura ripetitiva che si espande al di là di opere d'arte (seriali) di Warhol. Qui è dove il libro ha cominciato a diventare un pezzo (un multiplo), piuttosto che un catalogo. Per la seconda e terza sezione del libro König ha commissionato le fotografie a Billy Name, cronista e abitante della Factory, e Stephen Eric Shore, una groupie adolescente. Sia Name e Shore hanno composto il ritmo delle loro sequenze, senza didascalie: le immagini avrebbero dovuto parlare da sole. Questa assenza di testo ha contribuito allo status del libro come oggetto. La Sequenza di Name è composto da 274 immagini, che mostrano come Warhol e i suoi collaboratori hanno vissuto, lavorato all'interno e all'esterno della Factory. La maggior parte delle immagini hanno un carattere informale, come istantanee. Molti sono sovraesposte, sfocate o inclinate, creando una dinamica visiva che deraglia in uno storyboard delirante. La sequenza di Shore è composta da 170 immagini, una per pagina. Le sue immagini sono più formali. In confronto il suo approccio sembra distaccato, le sue immagini della fabbrica insolitamente tranquille e concentrate. Ogni immagine è riprodotta nella sua interezza, i bordi del negativo enfatizzati da bordi bianchi. Quando König mostrò a Warhol il lavoro, egli lo scrutò con attenzione, facendo solo un piccolo numero di cambiamenti. Le modifiche finali sul menabò sono state fatte a Stoccolma da Olle Granath, che ha compilato una piccola selezione di citazioni e aforismi di Warhol da una pila di libri e ritagli raccolti da Hultén, mettendoli nel libro come un'introduzione prima delle sezioni di immagine. Il progetto grafico è di John Melin e Gösta Svensson. L'idea era quella di stampare un grande edizione (eventualmente: 200.000), per un prezzo basso (eventualmente: $ 1); il libro Andy Warhol è stato dunque stampato come un giornale sulle rotative dei Dagbladets Sydsvenska; una versione deluxe firmata è stata prodotta in una piccola edizione. La carta da giornale utilizzata ha dato al libro non solo un aspetto economico, ma anche una qualità effimera. Tutte le immagini sono resi in bianco e nero, ad eccezione della copertina, in cui un motivo floreale derivato da quadri di Warhol è stampato in cinque colori. La mostra di Stoccolma ha attirato un numero relativamente piccolo di visitatori; il libro, tuttavia, è diventato molto popolare: la sua enorme edizione ha permesso la sua distribuzione nei locali notturni e negozi di dischi, non solo nei musei. Esso è divenuto prima un oggetto di culto, quindi un oggetto da collezione. 91) Wildt, Adolfo: Mimi Perelli Paradisi e Federico Balestra hanno ricambiato in Fiume italiana l’anello nuziale, XXVIII agosto MCMXX, Fiume, 1920 (agosto), 15,5 x 15,5 cm. Un foglio di pergamena quadrato con bella incisione e dettagli impressi in oro. Partecipazione per nozze ideata dall’artista, in puro stile Secessione, per l’amico Balestra (che fu il tramite tra Wildt e D’Annunzio). Edizione originale, in perfetto stato di conservazione. Euro 300 Fu una storia ambigua ed intrigante quella che legò Gabriele D’Annunzio (Ariel) e la marchesa Erminia Pirelli Paradisi (Mimì) nel periodo tra il 1921 e il 1927. Nei primi anni del ritiro del poeta al Vittoriale degli Italiani, questa donna d’affari, moglie dell’ex legionario Federico Balestra, divenuto dopo la guerra direttore della sfortunata casa editrice L’Olivetana, tentò invano di ritagliarsi una posizione privilegiata nel complicato panorama affettivo e professionale di D’Annunzio.