8/5/2009
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Inaugurazione di pregio con Semën Kotko per il Lirico di Cagliari
Storia di un popolo tra simboli e sentimenti
di Lanfranco Visconti
CAGLIARI - Con Semën Kotko, un'importante e preziosa perla musicale di Sergej Prokof'ev, il teatro Lirico ha
inaugurato con buon successo, lo scorso 22 aprile, la Stagione lirica e di balletto 2009 ed il IX Festival di
Sant'Efisio (santo patrono della Sardegna). Opera in cinque atti, in questa occasione ridotti a tre, su libretto di
Valentin Kataev e Sergej Prokof'ev, dalla novella di Valentin Kataev "Sono figlio del popolo lavoratore".
Produzione, questa, realizzata in stretta collaborazione col teatro Mariinskij di San Pietroburgo e rappresentata in
lingua originale con sopratitoli in italiano.
Nella decennale - e internazionalmente riconosciuta - tradizione di aprire i suoi cartelloni operistici con titoli rari
ma di notevole interesse culturale e di considerevole importanza musicologica, il Lirico di Cagliari si pone senza
dubbio all'avanguardia tra le istituzioni liriche nazionali, per scelte artistiche e repertoriali oculate, innovative e
dallo straordinario impatto scenico. Semën Kotko venne rappresentata per la prima volta nel teatro Stanisslavskj di
Mosca il 20 giugno 1940. Scomparve però dalle scene subito dopo, per tornarvi solo nel 1957. Negli anni '70 venne
poi riproposta dal Bolshoj in una versione ridotta. Ora è approdata a Cagliari in versione originale, in un
affascinante crescendo di forza espressiva, grazie soprattutto alla bella musica di Prokof'ev, capace come non mai di
snodarsi in un susseguirsi di avvincenti sfacettature. Il tutto è stato reso possibile anche grazie all'accurata e geniale
regia affidata all'esperienza ed alla grande professionalità di Yuri Alexandrov, che si è avvalso della belle
scenografie firmate da Semyon Pastukh (rappresentanti quasi sempre il trionfo dei simboli della rivoluzione
bolscevica) e dei bellissimi costumi di Galina Solovyova.
Belle le scene delle masse corali che rivestono un'importanza notevole in quest'opera: protagonisti, comprimari,
comparse e corpo di ballo sono chiamati tutti a muoversi sul grande palcoscenico. Il tutto è avvenuto in modo
ordinato e composto. Il merito della buona riuscita dello spettacolo va anche a Kamil Kutyev, che ha dosato
magistralmente le luci sul palco e al coreografo Andrey Bugaev. Il regista Alexandrov ha eseguito un lavoro di
cesello su tutti i personaggi che popolano l'opera ed è stato capace di cogliere appieno lo spirito del libretto e della
musica di Prokof'ev in costante equilibrio fra tradizione e innovazione. Se si esclude l'eccessivo indulgere in
simbolismi e lungaggini bozzettistiche nel primo atto, il regista - nei rimanenti atti - ha avuto il pregio di aver fatto
scorrere lo spettacolo (che ha superato le tre ore, intervalli compresi) con momenti di particolare coinvolgimento
emotivo, in un trascinante crescendo che ha avuto l'apice nella scena della devastazione del villaggio ucraino
durante l'assalto tedesco, nella scena della pazzia di Ljubka e in quella del marinaio Carëv che viene impiccato.
Le masse corali, egregiamente istruite dal maestro Fulvio Fogliazza, hanno creato con un ossessionato ritmo vocale,
un sorta di inferno visionario, sino al momento finale della vittoria dei partigiani russi, che sembra portare
finalmente l'anelata pace e l'aspirazione illusoria di un avvenire di benessere e felicità, in contrasto col mancato
lieto fine amoroso.
Lodevoli per il grande impegno profuso, le prove di tutti i cantanti, specializzati - peraltro - in questo difficile
repertorio. Ottima la resa vocale e scenica dei due protagonisti principali: Mikhail Gubski (Semën Kotko) e Tatiana
Pavlovskaia (Sof'ja), entrambi distintisi per una coinvolgente aderenza emotiva ai propri personaggi. In buona
evidenza anche tutti gli altri, che meritano d'essere almeno nominati: Nadezda Vasilieva (madre di Semën), Olga
Savova (Frosia, sorella di Semën), Alexei Tanovitski (Remenjuk, presidente del Soviet rurale e comandante di una
brigata partigiana), Gennady Buzzubenkov (Tkačenko, ex sergente), Olga Markova Mikhailenko (Chivrja, sua
moglie), Viktor Chernomortsev (il marinaio Carëv), Irina Loskutova Lebed (Ljubka, fidanzata di Carëv), Ezio
Maria Tisi (Ivasenko, un vecchio), Evgeny Akimov (Mikola, figlio di Ivasenko), Nikolai Gassiev (un lavoratore,
l’ex possidente Klembovskij), Vladimir Samsonov (Von Wierhof, Oberleutnant dell’esercito tedesco), Emanuele
Giannino (un interprete), Alessandro Perucca e Francesco Musinu (primo e secondo vecchio), Liudmila
Kasiyanenko, Svetlana Volkova e Liudmila Kannunikova (prima, seconda e terza donna), Mattia Denti e Fiorenzo
Tornincasa (primo e secondo haydamak), Enrico Maria Marabelli e Aldo Orsolini (primo e secondo coetaneo),
Alessandro Porcu (un ragazzo), Alexander Morozov (un suonatore di bandura), Alessandro Perucca (una guardia
tedesca), Alessandro Frabotta (un sergente tedesco).
Ispirata, incivia ed equilibrata la direzione del maestro Alexander Vedernikov, direttore musicale del teatro Bolshoj
di Mosca. Sotto la sua bacchetta su ogni situazione della vicenda è stato posto il giusto accento: il carattere soave di
melodie decrittive del ritorno a casa del soldato, con la madre e la fidanzata che l'aspettano; tumultuosi stacchi di
tempi nei momenti tragici dell'invasione tedesca; leggerezza di suoni nei momenti di pathos).
Al termine della rappresentazione, il pubblico cagliaritano, accorso numeroso a questa prima, ha dimostrato il suo
apprezzamento attribuendo meritati consensi a tutti gli artefici dello spettacolo.
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Scena da "Semën Kotko"
(foto Priamo Tolu, Teatro Lirico di Cagliari)
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