Marco Steiner
Il corvo di pietra
Sellerio, Palermo, 2014
Pagine 194
ISBN 978 8838931406
Il corvo di pietra © 2014 Sellerio
Assaggio di lettura: pagg. 42-47
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Tornarono a notte fonda, quando la riunione era appena iniziata.
Lungo la strada avevano bevuto del vino, Vito s’era portato tre canne
di bambù scavate e levigate, tre carratieddi da viaggio ricolmi di vino
dolce di Marsala.
Un cane lontano non smetteva di abbaiare. Vito li condusse in una
grotta scavata nella roccia e gli fece cenno di tacere. Fra le fessure di
pietra i ragazzi videro e ascoltarono quello che accadeva nella casa.
– Sono tutti pazzi… – bisbigliò Vito.
– Ma chi sono? – chiese Bertram.
– Non lo so con precisione, ma si riuniscono sempre di notte e parlano
di formule magiche tutti incappucciati, dicono che questa masseria un
tempo era un fortino, io non ci capisco niente di queste cose.
– Templari? – chiese Corto.
– Non lo so, ma in cantina c’è una pietra scolpita con una strana croce
inclinata. Il loro capo si chiama Calder, ma non credo sia il suo vero
nome. Fa tanto il signore, il professore, si fa chiamare Maestro ma ogni
tanto si fotte mia cugina Layla.
– E com’è?
– Chi, Calder?
– Come chi? Tua cugina Layla, no?
– È un po’ matta, ma è bella e…
– E dai raccontacela tutta la storia di Layla.
– È una ragazza strana, credo che sia malata…
– Malata?
– Sì, va continuamente con gli uomini, non può farne a meno. Le altre
donne la considerano una strega.
– Ah bella questa, mi sono sempre piaciute le streghe…
Bertram sembrava molto interessato alla ragazza e invece di continuare a sbirciare fra le fessure si era seduto a terra appoggiando le
spalle alla roccia.
– Hai da fumare, Vito? Ho bisogno di godermi questo momento.
– So dove mio padre tiene le sigarette.
– E allora che aspetti, valle a prendere e porta anche qualcosa da bere,
ho una gran sete.
Vito era già corso via verso la masseria e Bertram gli gridò dietro:
– E facci provare quel liquore fatto con i limoni.
Vito riprese a correre verso la masseria.
– Mi sono sempre piaciute le storie di streghe e di maghi.
– Anche a me – disse Corto.
– Allora perché non sei venuto a vedere il mostro a tre gambe?
– Te l’ho detto, preferivo guardare le nuvole.
– Ma quali nuvole, Corto, non ce n’erano nuvole. Ti dava fastidio?
– Non mi dava fastidio, ma forse noi davamo fastidio a lui.
– Era solo curiosità, un gioco.
– Ecco appunto, forse era un gioco, ma solo per noi.
Bertram si stirò i capelli all’indietro, trovò una posizione più comoda,
si mise con le braccia incrociate dietro alla nuca. Aveva trovato un sasso
piatto, ma la roccia era dura. Prese la giacca che aveva lasciato Vito e la
usò come cuscino. Fece un’espressione soddisfatta.
– Potremmo fare un bello scherzo a quei tizi incappucciati – suggerì
Bertram mentre Corto attraverso una fessura fra le pietre seguiva la
scena.
– Stanotte gli rubiamo il taccuino verde. Sembra che ci siano scritte
delle formule magiche importanti. Credo che quel taccuino potrebbe
valere parecchio se riusciamo a portarlo via, e poi chi sospetterà di tre
ragazzi?
Bertram si stava esaltando da solo. Forse anche il Marsala stava
facendo il suo effetto.
Nel frattempo Vito era tornato con le sigarette, e mentre le accendevano Bertram lo informò della nuova idea.
– No, no, non possiamo. Tu sei pazzo, se quelli ci prendono ci
ammazzano – disse Vito scuotendo la testa.
– Se ci prendessero! Ma noi domani saremo a Scicli e subito dopo in
mare, molto, molto lontani da qui – fece Bertram.
– Se volessimo fargli davvero uno scherzo faremmo meglio a rubare
quel corvo di pietra – intervenne Corto che continuava a seguire con
interesse il rituale degli incappucciati.
– Pensi che potrebbe valere di più? Però in quel taccuino ci sono le
formule che quei templari hanno cercato per anni.
– Quelle formule non valgono niente senza quel corvo – disse Corto.
– E perché? Tu che ne sai? Vito, vuoi vedere che qui abbiamo un altro
mago?
– No, non sono un mago, ho solo studiato la Cabala e credo di capire
quello che c’è scritto sotto a quel corvo.
– Dove? – chiese Vito aguzzando lo sguardo.
– Guarda – fece Corto indicagli la base. – Sul piedistallo.
– Ma quella è soltanto una decorazione, un ricamo…
– No, è una parola. C’è scritto Elohim Attem – disse Corto.
– Che vuol dire?
– Credo sia un passaggio di Isaia, dice che bisogna pronunciare le
lettere al contrario.
– E allora?
– Probabilmente è una specie di codice di sicurezza. Forse tutte quelle
formule vanno lette al contrario oppure i diversi passaggi devono essere
eseguiti dall’ultimo al primo…
– Sarebbe un’ulteriore precauzione se quel taccuino cadesse nelle
mani sbagliate… – aggiunse Bertram. – Mi piace l’idea, Corto! Penseranno che uno scemo ha rubato il corvo, ma saranno tranquilli perché
il libretto è salvo nelle loro mani e pronto a fargli fare le loro magie…
Ma chi ti ha insegnato queste cose Corto?
– Il rabbino Ezra Toledano, il mio maestro di Cabala a Cordoba, dove
sono cresciuto.
– Mi piace questo gioco. Mi piace molto. Adesso aspettiamo che
escano e poi ci rubiamo quel corvo. Lo rivenderemo a Londra o da
qualche altra parte. Conosco diversi rigattieri in giro. E questi signori
non riusciranno a fare un bel niente per un altro centinaio di anni,
divertente...
Guardò i due amici: – Tutti d’accordo?
– D’accordo – dissero Corto e Vito, ma Vito sembrava perplesso.
– Avanti, Vito, adesso parlaci di Layla, si capisce che la sai lunga su
questa cuginetta…
Vito abbassò la testa.
– Avanti, Vito, siamo o non siamo amici?
Vito rialzò la testa e sorrise.
– È una ragazza buona, ma è sempre stata strana. È stata la prima
femmina per tutti noi, i ragazzi del paese. Adesso però, oltre a Calder,
se la ingroppa quel farabutto di Ferro, è un tipo pericoloso e va dicendo
in giro che se qualcuno si azzarda a toccare Layla lui glielo taglia…
– E perché fa il geloso? – chiese Bertram.
– Perché adesso lei è diventata la sua donna e, a parte Calder, che ha
il diritto del padrone, solo lui la può toccare.
– Va bene, Vito, allora facciamo così, intanto rubiamo il corvo, ma
se per caso Layla mi fa gli occhi dolci, io le mani sul culo gliele metto
di sicuro.
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