www.oltre-confine.com
Mensile di
spiritualità
arte e letteratura
A
Cronache dai mondi visibili e invisibili
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numero zero | Ottobre 2011
incontri
arte
Alberto José Varela
Odilon Redon
Il Vagabondo Spirituale
I colori dell’invisibile
speciale
Un corso
in miracoli
letteratura
universo olistico
Colin Wilson
Stanislav Grof
Lo scrittore di idee
Respirazione Olotropica
bella
La cosa più
che possiamo sperimentare è il
mistero,
arte
è la fonte di ogni vera
e di ogni vera scienza.
(Albert Einstein)
SommarioU
Anno I • Numero Zero • ottobre 2011
4 editoriale
incontri
8 Alberto José Varela
Il Vagabondo Spirituale
di Giovanni Picozza
speciale > un corso in miracoli
18 Vuoi avere ragione o essere felice?
Le origini e l’insegnamento
di Un corso in miracoli
di Andrea Panatta
24 La mia esperienza nella traduzione
di Un corso in miracoli
di Isabella Popani
26 La mia esperienza di studentessa
e insegnante di Un corso in miracoli
di Patrizia Terreno
arte & consapevolezza
Esperienze creative e itinerari della coscienza
40 Odilon Redon. I colori dell’invisibile
28 Come sarà Oltreconfine
universo olistico
Terapie alternative e percorsi di guarigione
32 Stanislav Grof e la Respirazione Olotropica
di Elisabetta Corberi
38 La testimonianza di Sofia
di Silvia Tusi
letteratura & psiche
Antiche saggezze e nuovi scenari
48 Colin Wilson. Lo scrittore di idee
di Mariavittoria Spina
56 Desiderata. Una poesia di saggezza
diventata leggenda
di Silvia Nosenzo
colophon
OltreConfine
Anno I S Numero Zero S ottobre 2011
Registrazione presso il tribunale di Roma
n. 217/2011 del 6 luglio 2011
direttore responsabile
Giuseppe Di Maula
direttore editoriale
Giovanni Picozza S [email protected]
vicedirettore
Andrea Panatta S [email protected]
direttore creativo
Silvia Tusi S [email protected]
redazione
Silvia Nosenzo, Mario Picozza, Mariavittoria Spina
[email protected]
tel./fax. 06.90160288
Vicolo del Granaio, 12
00060 Castelnuovo di Porto (RM)
progetto e realizzazione grafica
Francesco Pandolfi S [email protected]
abbonamenti
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hanno collaborato
Elisabetta Corberi, Isabella Popani, Patrizia Terreno,
Alberto José Varela
pubblicità
Silvia Nosenzo S tel. 333.4224150
[email protected]
illustrazioni
Valentina De Luca, Ernst Haeckel
copertina
Odilon Redon, Buddha in gioventù
editore
Spazio Interiore Soc. Coop.
Via Nazionale 243, 00184 Roma
stampa
Graffietti Stampati S.n.c., Montefiascone (Vt)
web
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essere riprodotta in qualsiasi forma (per fotocopia, microfilm
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siano stati irreperibili questi è a disposizione per eventuali
spettanze. Q
Mensile di
spiritualità
arte e letteratura
A
Cronache dai mondi visibili e invisibili
editoriale
O
gni uomo stabilisce, consapevolmente o
inconsapevolmente, i confini della propria
realtà.
La rivista Oltreconfine vuole essere una risorsa e
uno strumento per tutte le persone interessate ad
allargare i confini del loro territorio mentale e psichico con l’obiettivo di recuperare quella dimensione spirituale e creativa che è patrimonio sacro di
ogni essere umano.
L’umanità sta vivendo una fase storica di rinnovamento spirituale. È un’epoca straordinaria e irripetibile, caratterizzata dalla trasformazione incessante dei paradigmi e da una continua accelerazione
in ogni campo del sapere. Mai come di questi tempi
è vero il detto: La verità di oggi è l’errore di domani.
Una dopo l’altra vediamo sgretolarsi le certezze
esistenziali, sociali e materiali su cui avevamo illusoriamente basato il nostro progetto di vita. Quel
progetto in realtà non ci apparteneva, era soltanto
l’ingannevole proiezione del nostro io piccolo. Ora
abbiamo finalmente la possibilità di sbarazzarcene e aprire le nostre esistenze a nuove e più elevate
prospettive. Quest’epoca di caos e confusione ci offre l’opportunità di accantonare una volta per tutte
il passato e iniziare a scrutare il futuro con fiducia
per scoprire chi siamo veramente.
Per anni si è parlato di New Age, dell’avvento di una
fantomatica Nuova Era che avrebbe portato pace,
amore e liberazione sul nostro pianeta attraverso
la trasformazione collettiva delle coscienze. Tale
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Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili
visione globalizzata dell’illuminazione rischia di
deresponsabilizzare l’individuo. Il risveglio è per
sua natura un’esperienza individuale. La nuova era
non ci verrà offerta su un piatto d’argento perché ne
abbiamo diritto, ma va costruita e realizzata giorno
per giorno, ognuno per proprio conto, con un onesto e rigoroso lavoro su di sé.
S
Un numero sempre più ampio di persone sente
l’esigenza insopprimibile di mettere in discussione
il proprio sistema di credenze e iniziare un percorso di comprensione di sé e di crescita personale. Si
moltiplicano libri, dvd, siti internet, seminari dedicati alla ricerca spirituale in ogni sua forma. Si diffondono tecniche, metodi e strategie per affinare il
lavoro interiore e sviluppare il potenziale psichico.
Riteniamo la ricchezza e la pluralità delle proposte
un fattore positivo che permette al singolo individuo di sentire il richiamo spirituale nella forma più
congeniale alla propria sensibilità e al proprio livello di coscienza. Le strade che portano in paradiso
sono infinite. Ognuno si costruisce la propria con
il sudore dello sforzo personale e con gli strumenti
che troverà lungo il cammino. L’importante – come
ammoniva Thorwald Dethlefsen più di trent’anni
fa – è non confondere il segnale indicatore con la
via. Ogni maestro, ogni scuola, ogni insegnamen-
editoriale
to può andar bene finché restiamo consapevoli che
si tratta soltanto di mezzi esteriori per raggiungere
qualcosa di più grande e impalpabile che dimora al
nostro interno. In caso contrario si corre il rischio
di sostituire semplicemente l’oggetto della propria
idolatria e di restare nuovamente intrappolati in un
asfissiante sistema di dogmi e rituali. In un autentico percorso di risveglio non è consentito delegare
il proprio potere a nessun guru, a nessun credo, a
nessuna organizzazione. L’unica autorità spirituale
resta sempre e comunque la nostra coscienza, possibilmente illuminata.
S
Siamo estranei a qualsivoglia forma di fanatismo
e di spiritual pride. Non abbiamo preclusioni e
pregiudizi nei confronti di alcuna via o cammino.
Siamo aperti e disponibili al confronto con tutti e
guardiamo con interesse e curiosità anche al mondo delle religioni organizzate, più o meno grandi,
e all’affollato microcosmo delle scuole e delle correnti spirituali. Ciò non significa rifiutarsi di compiere delle scelte e non saper discernere tra situazioni e contesti differenti. Non abbiamo simpatia
per certi ambienti in cui la spiritualità viene trattata esclusivamente come bene di consumo all’interno di una consolidata logica di mercato. Né siamo attratti da sensazionalismi di stampo catastrofista o cospirazionista. Non escludiamo che simili
approcci possano in alcuni casi risultare utili ed
efficaci, semplicemente li sentiamo lontani dalla
nostra sensibilità. Ovviamente non vogliamo avere
a che fare – lo sottolineiamo a scanso di equivoci –
con quel fitto sottobosco di truffatori, imbonitori
e ciarlatani che nulla hanno a che spartire con una
sana ricerca interiore. È nostra intenzione, tuttavia, scrivere solo di quello che ci piace e ci risuona
nel profondo – o perlomeno ci stimola e incurio-
sisce – senza esprimere critiche e giudizi su realtà
che sentiamo a noi estranee. Da fautori della legge
di attrazione riteniamo controproducente focalizzare l’attenzione su quello che non ci corrisponde.
S
Internet è una miniera inesauribile di dati e informazioni. Oltreconfine si propone tra le altre cose di
orientare e suggerire percorsi solidi e sperimentati
per poter raggiungere gli sfavillanti tesori stipati al
suo interno senza disperdersi nel dedalo di cunicoli
e condotti senza uscita di cui è disseminata. Il compito primario che ci siamo assegnati – con spirito
di servizio e senza alcuna pretesa di infallibilità – è
proprio quello di passare al setaccio le innumerevoli proposte e iniziative, separando pazientemente
la sabbia, i ciottoli e i detriti dalle pepite d’oro, con
lo scopo di condividerle con tutti coloro che lo vorranno.
Molta della nostra attenzione sarà pertanto dedicata
ad approfondire autori, temi e concetti a noi contemporanei. Allo stesso tempo riteniamo però che
la riscoperta e la rivisitazione della tradizione esoterica e religiosa sia un passaggio ineludibile in un
percorso spirituale che voglia dirsi completo e fruttuoso. Molti insegnamenti cosiddetti antichi appaiono oggi più attuali che mai e in alcuni casi sembrano addirittura essere stati formulati e rivelati a
beneficio dei nostri tempi. A nostro avviso la tradizione non ha nulla a che vedere con il passato, ma
riguarda precipuamente il futuro. Tradizione viene
dal latino tradere, consegnare, trasmettere, e noi la
intendiamo appunto come un corpo di verità che va
trasmesso alle generazioni future.
Crediamo fermamente nel valore fondante della
testimonianza, intesa nel suo significato greco, test
monos, ossia rivelazione dell’uno. Ogni testimonianza è di per sé un indizio di verità. Siamo per-
www.oltre-confine.com
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editoriale
suasi che raccogliendo e analizzando numerosi indizi di verità, sia possibile accedere a livelli sempre
più alti di conoscenza e consapevolezza. Per questa
ragione Oltreconfine vuole riservare molto spazio
alle testimonianze personali dei lettori. Attraverso i
loro contributi sotto forma di articoli, recensioni di
libri, resoconti di seminari e di conferenze, siamo
interessati a indagare e verificare il reale influsso
che teorie e tecniche possono esercitare sul vissuto
concreto delle singole persone.
S
Se da un lato abbiamo intenzione di arrampicarci
«su quel terribile promontorio del pensiero donde
si vedono le tenebre» – come direbbe Hugo – e tuffarci nell’abisso sconosciuto dei mondi invisibili,
dall’altro siamo risoluti a restare con i piedi ben
saldi nella realtà visibile, esplorandola e riconsiderandola secondo logiche più ampie e feconde. È
giusto immergersi nel mistero e abbeverarsi alla
sua fonte, ma sempre con la consapevolezza che è
nel mondo fisico che dobbiamo imparare le nostre
lezioni e vincere le nostre sfide. Siamo convinti che non sia salutare scindere la sfera spirituale da quella materiale. È nella vita di tutti i giorni che abbiamo la possibilità di sperimentare la
nostra iniziazione. Nelle scelte quotidiane e nello
stile di vita che adottiamo abbiamo l’opportunità
di realizzare, interiormente ed esteriormente, le
nostre verità. Fede e sapienza sono strumenti potentissimi in grado di farci penetrare l’invisibile,
ma soprattutto capaci di illuminare e vivificare la
nostra realtà più grezza. Essere e avere non devono
necessariamente contrapporsi. Possiamo aspirare
all’illuminazione e all’evoluzione della nostra anima e allo stesso tempo dedicarci a costruire una
realtà di salute, ricchezza e felicità per noi e per gli
altri. Siamo convinti che debba esserci un’intima
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Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili
coerenza tra ciò che si sa o si crede di sapere e ciò
che si è o si vorrebbe diventare, altrimenti qualunque cammino spirituale è solo una perdita di tempo. Come ha mirabilmente scritto Edgar Cayce:
«Nello sviluppo del nostro rapporto con Dio, non
importa ciò che noi dichiariamo di credere: ciò che
importa veramente è quanto le convinzioni che
abbiamo rendano diversa la nostra vita».
S
Abbracciando un percorso spirituale si corre talvolta il rischio di ripudiare in toto la mente razionale, considerandola l’unica responsabile del nostro
precedente stato di addormentamento. A nostro
avviso ciò significa contravvenire la legge di polarità e sostituire un vecchio errore con uno nuovo di
segno contrario. Noi ci proponiamo di affrancare e
risvegliare l’emisfero destro del cervello senza tuttavia negare il ruolo fondamentale dell’emisfero sinistro che ci permette di interpretare, comunicare e
coniugare nella realtà fisica le verità sovrarazionali
che saremo eventualmente in grado di intuire. Un
atteggiamento razionale e scientifico, rigorosamente non conformista e libero da condizionamenti di
ogni genere, è uno strumento irrinunciabile per poter penetrare e comprendere i misteri dell’universo
multidimensionale.
S
Oltreconfine si definisce rivista di spiritualità, arte
e letteratura. Desideriamo infatti evidenziare e
approfondire gli intimi legami che a nostro avviso
uniscono ricerca spirituale e ricerca artistica, esperienza mistica e visione poetica, rapimento estatico
e godimento estetico.
Secondo Mark Rothko, l’arte è l’esemplificazione di
un pensiero complesso. Attraverso i molteplici lin-
editoriale
guaggi dell’arte si ha la preziosa opportunità di fare
chiarezza e pulizia all’interno di se stessi dialogando con la propria parte inconscia e dare finalmente inizio a uno sviluppo autentico e armonioso del
proprio essere. L’arte semplifica il pensiero e alleggerisce il vincolo della materia, permette e favorisce il cruciale passaggio dal singolare al plurale, dal
particolare al generale e, arricchendo e ampliando la conoscenza di sé, apre infine alla conoscenza
dell’intera umanità e dell’universo.
Se la malattia è anche assenza di consapevolezza,
mancanza di bellezza e difetto di unità, allora l’arte
può essere la cura. In questo senso siamo d’accordo
con la posizione categorica di Alejandro Jodorowsky: «Se l’arte non guarisce, non è arte». Se l’arte
e la letteratura non servono a curare l’individuo,
allora non servono a nulla.
S
La scelta di creare una rivista cartacea nell’epoca del
world wide web e delle alte tecnologie può apparire
anacronistica e inutilmente dispendiosa. Tale scelta
è motivata dalla convinzione che la carta stampata
sia dotata di una peculiare vibrazione energetica che
internet possiede solo a un livello più basso. Un libro – e quindi anche una rivista, che del libro può
essere considerata la figlia maggiore – può essere
permeato a livello sottile dalle intenzioni dei suoi
autori. Ci piace immaginare i nostri lettori portare
con sé la rivista e sfogliarla al parco, sull’autobus, al
bar o anche comodamente distesi sul divano di casa,
diffondendo nel loro ambiente quell’energia positiva che ci auguriamo di riuscire a trasmettere con
il nostro lavoro.
Oltreconfine sarà una rivista a pagamento che si
finanzierà attraverso la vendita delle copie, gli abbonamenti e le inserzioni pubblicitarie. Si tratterà
in ogni caso di pubblicità selezionata e informa-
ta. Vogliamo avere la libertà di pubblicizzare solo i
prodotti e le aziende di cui apprezziamo la qualità e
condividiamo lo spirito e gli scopi.
S
Oltreconfine non si rivolge a un pubblico in particolare. Speriamo possa essere un valido strumento
per i cercatori già in cammino e per quelli all’inizio della strada. Il nostro proposito è di fornire ai
naviganti impegnati nella traversata dell’oceano
una bussola che li orienti verso una riva del nuovo
continente senza fargli dimenticare il porto da cui
sono partiti e lo scopo che li animava quando hanno
deciso di mollare gli ormeggi. La scelta della rotta
da seguire e le tecniche di navigazione resteranno
sempre di loro esclusiva competenza. Ci auguriamo
di suscitare interesse anche in quell’ampia schiera
di uomini sospettosi e diffidenti – i cosiddetti scettici – che tuttavia non rifuggono dal porsi domande
scomode e pericolose. Anch’essi, a loro modo, sono
dei cercatori.
Ci approntiamo ad affrontare il nostro ambizioso
progetto animati da quell’energia inesauribile che
scaturisce dalla consapevolezza di esercitare la propria vocazione. Siamo guidati dalla passione, dalla
curiosità e dalla volontà di esplorare luoghi ancora
sconosciuti del nostro io. Abbiamo voglia di metterci in gioco e offrire con desiderio di servizio il
nostro piccolo contributo all’evoluzione dell’umanità. Siamo dotati di quella fiducia incrollabile, di
quell’ostinata pazienza e di quella massiccia dose
d’incoscienza necessarie per imbarcarsi in un’avventura densa di incognite, consci del fatto che il
nostro unico limite potrà essere solo quel che già
sappiamo di sapere. Q
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incontri
Alberto José Varela
IL VAGABONDO SPIRITUALE
_____________
di Giovanni Picozza
A
Accusato di traffico di droga per aver somministrato a fini terapeutici l’ayahuasca, una pianta sacra dell’Amazzonia, Alberto Varela ha trascorso ingiustamente quattordici mesi in carcere. La sua storia è un mirabile
esempio di come sia possibile trasformare una dura prova in una preziosa occasione di comprensione e di
riconciliazione con la vita.
A
lberto José Varela è nato a Santa Fe, Argentina, il 10
agosto del 1960. All’età di trentasette anni si è trasferito in Spagna, a Madrid, e da allora porta avanti a
diversi livelli una brillante e apprezzata attività nell’ambito
della crescita personale e della ricerca spirituale. Scrittore e
conferenziere, è il creatore della No-Terapia, un approccio teatrale-terapeutico basato sulla destrutturazione dei personaggi
costruiti dall’ego. Direttore di Red Alternativa, una delle riviste
di spiritualità più diffuse in Spagna, si definisce un vagabondo
spirituale che «perlustra tutte le opzioni che la vita gli offre
e nella sua ricerca incontra lo spirito in ogni angolo, in ogni
persona, in ogni situazione».
Una decina di anni fa, spinto dalla necessità di risolvere un problema personale, incontrò sulla sua strada il potere ancestrale
dell’ayahuasca, una pianta psicotropa di tradizione millenaria,
usata dagli sciamani del bacino amazzonico nei rituali religiosi
e nelle cerimonie di guarigione. [vedi scheda a pag. 10] Il figlio
maggiore, allora sedicenne, aveva gravi problemi di droga e
Alberto lo portò con sé in Colombia per farlo incontrare con
uno sciamano. Il curandero gli diede da bere una sostanza scura
contenuta in una tazzina di caffé e il ragazzo, che stava affrontando un periodo confuso e difficile della propria vita, aggravato dal trauma della separazione dei genitori, si trovò immerso
in un mondo magico e archetipico in cui si rese improvvisamente conto di quello che gli stava accadendo: comprese i suoi
genitori, intese i motivi del suo comportamento autodistruttivo, entrò in contatto a livello profondo con la sua vera essenza
e con la natura che lo circondava. Il cambiamento del figlio fu
talmente evidente che Alberto decise di indagare il fenomeno compiendo numerosi viaggi nella selva per frequentare
l’universo sciamanico e apprendere i segreti dell’ayahuasca.
Successivamente, incoraggiato dagli sciamani con cui fece il
suo apprendistato, si è dedicato a diffondere l’uso di questa
pianta sacra in Spagna, organizzando sessioni di gruppo con
finalità terapeutiche.
Nel dicembre del 2008 la polizia ha fatto irruzione in casa di
8
Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili
Alberto José Varela
«La vita doveva mettermi in una prigione
affinché potessi trovare la libertà»
Varela, che è stato arrestato con l’accusa di delitto contro la
salute pubblica e traffico di droga. Ha trascorso quattordici
mesi in carcere in attesa di giudizio e nel periodo della sua
detenzione ha scritto un libro, Desde la carcel, desde mi libertad (Mandala Ediciones 2009), in cui racconta la sua disavventura giudiziaria con sorprendente distacco e incrollabile
ottimismo. Per Alberto il carcere non è stato una punizione,
ma un’opportunità meravigliosa che la sua anima ha saputo
cogliere per proseguire nel suo cammino evolutivo e realizzare
una serie di cambiamenti fondamentali. Nell’aprile del 2011
Alberto Varela è stato infine assolto da ogni accusa e il pubblico
ministero ha deciso di non ricorrere in appello contro la sentenza d’assoluzione.
incontri
attraversare il limite delle proprie paure. Quando non si ha più
paura della morte, della malattia, della sofferenza, allora, dicono loro, si è pronti per iniziare il lavoro. Ed è quello che ho
fatto. Ho portato l’ayahuasca con me in Spagna e ho iniziato a
organizzare sessioni di gruppo.
Lo incontriamo nel centro di Madrid, in Plaza de Santa Ana, in
un caldo pomeriggio di giugno. Si presenta con la sua compagna e collaboratrice Paula e con la splendida figlia Amelys, di
tre anni. Ci sediamo intorno a un tavolo, ordiniamo qualcosa
di fresco e iniziamo l’intervista sotto lo sguardo severo di Calderon de la Barca che domina l’intera piazza.
Hai vissuto per lunghi periodi nella selva a stretto contatto
con i curanderos colombiani, hai preso l’ayahuasca numerose volte e hai guidato sessioni di gruppo qui in Spagna. Ti
consideri uno sciamano?
Molta gente mi ha fatto questa domanda. La risposta è che non
lo sono. Sono un occidentale, non sono nato nella selva, nelle
mie vene non scorre sangue indigeno, non conosco le piante.
Per essere uno sciamano bisogna avere un potere sul mondo
minerale, vegetale e animale a un livello molto profondo, che
si acquisisce solo vivendo nella selva a contatto con gli elementi e con lo spirito della natura. Io non sono uno sciamano,
ma sono stato formato da alcuni sciamani. Negli anni ho fatto più di trenta viaggi nella selva colombiana trascorrendovi
mesi interi. Ho preso ogni tipo di sostanza che gli sciamani mi
davano per aiutarmi a superare il limite rappresentato dalle
mie paure. Mi dissero che se volevo dedicarmi a questo tipo
di lavoro e portare con me la pianta in Europa, avrei dovuto
varcare quel limite. Solo allora mi sarei convertito, nello spirito, in uno sciamano, pur non essendolo come esperienza di
vita. Si potrebbe dire che ognuno nasconde dentro di sé un talento sciamanico che si attiva solo nel momento in cui si osa
Come funzionavano queste sessioni?
Insieme a un gruppo di psicologi e terapeuti avevamo creato
un programma di abbordaggio psicosciamanico della durata di
tre mesi, basato su un lavoro misto tra psicoterapia tradizionale, tecniche olistiche e assunzione di ayahuasca come parte
del processo terapeutico. Il programma durava tre mesi perché gli sciamani ci avevano consigliato di svolgerlo nel periodo
di tre lune, in tre periodi di ventotto giorni. Oltre a prendere
l’ayahuasca ogni quindici giorni, in questo programma si svolgevano regolarmente sedute di terapia di gruppo e di terapia
individuale. Quello che ho fatto è stato quindi decontestualizzare la medicina sciamanica dalla cultura della selva. A me
non interessavano più di tanto il rito o il cerimoniale, quanto
il potere della pianta ed è proprio quel potere che ho cercato
di inserire in un programma psicologico e psicoterapeutico.
Questo non significa che mi sia allontanato dagli sciamani: c’è
un vincolo affettivo e spirituale molto forte con i curanderos.
Più volte sono tornato nella selva con gruppi di psicologi e
terapeuti affinché ci insegnassero a maneggiare con il dovuto rispetto la medicina, ‘il rimedio’, come la chiamano loro, e
a infondervi la giusta intenzione. Sono stati loro a insegnarci
tutto quello che sappiamo in relazione alla pianta, alla medicina. Noi, qui in Europa, abbiamo invece provveduto a fornire il
sostegno terapeutico necessario a mettere a fuoco quel che può
emergere da questo tipo di lavoro interiore. L’esperienza con
la pianta è molto potente, si smuovono diverse cose a livello fisico, emozionale, psicologico e spirituale che è necessario in-
«La prigione è un inferno, ma un inferno
con la qualità e l’energia per spingerci
verso il cielo interiore dove si trova l’unico
paradiso»
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incontri
vocabolario
tegrare nella realtà quotidiana. L’ingestione di ayahuasca produce inizialmente un processo corporale di diarrea, di vomito,
di eliminazione di ogni tipo di tossina dal tratto digestivo.
Questo processo di pulizia profonda predispone l’organismo
a un’apertura di coscienza e a un aumento di comprensione.
Per questo non si può sostenere che l’ayahuasca sia una droga: le droghe ti allontanano dalla realtà, creano separazione,
l’ayahuasca piuttosto t’immerge nella realtà, mostrandotela
senza finzioni e reticenze. L’ayahuasca ti fa prendere piena
coscienza di quel che stai vivendo, aiutandoti ad accettarlo con
amore e incoraggiandoti a provare gratitudine per l’esistenza.
In questo senso è un processo terapeutico molto profondo.
Si corrono dei rischi prendendo l’ayahuasca?
La pianta ha il potere di farti visitare altri mondi e altri piani di
realtà. Se queste esperienze spirituali e mistiche così intense
non vengono integrate nella realtà quotidiana si corre il rischio
di incappare in forme più o meno forti di psicosi. La nostra
realtà fisica non viene più riconosciuta come reale e si finisce
per creare una realtà virtuale e parallela. Questo capita molto
raramente, una volta su mille, e nelle migliaia di persone che
ho assistito nelle sessioni non l’ho mai visto accadere. Molto
spesso ho visto invece persone che soffrivano di schizofrenia
o di psicosi maniaco-depressive migliorare moltissimo il loro
stato psicologico, se non addirittura guarire, dopo aver preso l’ayahuasca. Per non parlare dei risultati straordinari nella
cura dell’alcolismo e delle tossicodipendenze. Per questo mi
viene da ridere se penso che sono stato arrestato con l’accusa
di diffondere una droga che crea dipendenza e che addirittura
enteogeno
Il termine enteogeno è un neologismo
derivato dal greco antico (da entheos e
genesthai) che tradotto liberamente significa: che genera l’esperienza di Dio dentro di noi. Da diversi anni è utilizzato da
antropologi ed etnobotanici al posto di
termini come psichedelico e allucinogeno
per indicare quelle sostanze psicoattive di tradizione millenaria, quasi sempre di origine vegetale, che vengono
consumate all’interno di riti religiosi o
sciamanici per favorire visioni mistiche
e intense esperienze spirituali.
può uccidere le persone. Certo, sostenere che le dipendenze
possano essere risolte con un preparato sciamanico che viene
dall’Amazzonia, e non con un farmaco venduto in farmacia,
vuol dire andare in cerca di problemi.
Raccontaci i fatti che hanno portato al tuo arresto.
La mia attività con l’ayahuasca era di dominio pubblico. Facevo pubblicità, tenevo conferenze, guadagnavo del denaro
organizzando i gruppi. La polizia pensava che avessi a che fare
con una droga e ha avviato un’indagine. L’Istituto Nazionale di
Tossicologia aveva dichiarato che l’ayahuasca conteneva dmt,
una sostanza contenuta nella lista internazionale delle droghe
proibite. Per tre mesi hanno seguito ogni mio movimento,
mentre la mia casa era tenuta sotto osservazione ventiquat-
che cos’è l’ayahuasca
Con il termine ayahuasca si indica una mistura vegetale dai potenti effetti enteogeni e allo stesso tempo
il nome volgare di uno dei componenti usati nella
sua preparazione: la liana Banisteriopsis Caapi. Spesso
si commette l’errore di ritenere che l’ayahuasca sia il
liquido risultante dell’ebollizione della liana, quando
in realtà la Banisteriopsis Caapi da sola non produce
Liana Banisteriopsis Caapi
foto Paulo Pedro P.R. Costa
10
Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili
alcun effetto psicotropo. Per ottenere la tisana psicoattiva è necessario aggiungere una seconda pianta – di solito si tratta della Psichotria Viridis, ma se ne
conoscono più di novanta adatte allo scopo – contenente dmt (dimetiltriptamina), la molecola responsabile degli effetti allucinatori. La liana Banisteriopsis
Caapi contiene invece gli inibitori mao (monoammino
ossidasi inibitori) che permettono al principio attivo
della dmt di agire nell’organismo. La dmt è la sostanza
allucinogena più potente che si conosce in natura e
viene prodotta spontaneamente dal cervello umano,
nell’epifisi o ghiandola pineale, durante la fase rem
dei sogni e, in quantità maggiore, nei momenti precedenti la morte.
Il consumo di ayahuasca – conosciuta anche come
yajé in Colombia e daime in Brasile – è diffuso in tutto
il bacino della foresta amazzonica, dalla Colombia
all’Ecuador, dal Brasile al Perù, alla Bolivia. Gli sciamani, o curanderos, la utilizzano da secoli nelle ceri-
incontri
tr’ore su ventiquattro da poliziotti in borghese. Un’operazione in grande stile come se stessero dando la caccia a un narcotrafficante. Una notte di dicembre del 2008, una quarantina
di poliziotti ha fatto irruzione in casa mia con un mandato di
perquisizione. Quella notte, insieme a me e alla mia famiglia,
c’erano circa venti persone che dovevano partecipare a una
sessione terapeutica. Io ho consegnato l’ayahuasca e sono
stato arrestato per un presunto delitto contro la salute pubblica. Ho passato il natale in guardina, tre notti e tre giorni,
e sono poi stato trasferito nel carcere di Soto del Real. Mi
hanno detto che avrei dovuto aspettare l’esame della sostanza
che avevano requisito. Dopo tre mesi hanno fatto finalmente
quest’esame, da cui è risultato che nei barattoli dove conservavo l’ayahuasca c’erano tracce di dmt in quantità talmente
insignificante da rendere impossibile determinare la percentuale di purezza. Una presenza così insignificante da non
poter essere misurata, certamente non può danneggiare la
salute e non può essere perseguita. Nonostante ciò mi hanno
lasciato in carcere, trasferendomi nella prigione di Valdemoro. Nei mesi successivi sono state fatte altre due analisi, ma
il risultato era sempre lo stesso: non si poteva determinare il
livello di purezza e quindi non c’erano le basi per andare in
giudizio. Evidentemente il pubblico ministero voleva a tutti
i costi la mia condanna. Addirittura era stata organizzata una
campagna televisiva in cui mi si accusava di essere a capo di
una setta in cui somministravo una droga che uccideva le persone, di organizzare orge e di aver a che fare con la pedopornografia. Una realtà totalmente menzognera creata ad arte per
giustificare la mia detenzione.
monie rituali per entrare in contatto con il mondo
degli spiriti o per scopi magico-terapeutici. In lingua
quechua, ayahuasca significa letteralmente “liana degli spiriti” e nella visione dei popoli nativi la pianta
permette appunto l’accesso a quella dimensione sacra e soprannaturale in cui dimorano gli spiriti e le
anime dei morti.
L’avventura psichica indotta da ayahuasca può condurre a un’esperienza estatica ovvero a un’esplorazione dolorosa dei propri limiti. Come nel caso di
altre sostanze enteogene, il contenuto delle visioni
dipende in buona parte dallo stato emotivo del soggetto. Chi ha bevuto il decotto denso e marrone dal
sapore amaro racconta generalmente di aver sperimentato un’espansione della coscienza in grado di
ispirare profonde intuizioni spirituali e di favorire
il raggiungimento di livelli di autoconoscenza e di
pace interiore mai provati prima. Tra gli altri effetti
comuni si annoverano l’emergere di un sentimento
Essere calunniati, infamati, colpiti nel proprio onore è una
delle prove più difficili da sopportare per un essere umano.
Tu come lo hai vissuto?
È tremendo. Ascoltare così tante bugie sul proprio conto è
come essere investiti da un treno a cinquecento chilometri
all’ora. Considerando però che sono l’inventore della No-Terapia, un metodo di autoconoscenza basato sul denunciare, anche pesantemente, i personaggi menzogneri che incarniamo,
mi sono subito reso conto che il fatto che tutti parlassero male
di me era una grande occasione di crescita da cui potevo trarre
beneficio. Il rischio era che mi condannassero all’interno della prigione, perché anche in galera ci sono giudizi e condanne.
Delitti come la pedofilia o la pornografia infantile non sono
tollerati e le punizioni possono essere molto dure. A me non
è successo nulla, un po’ perché in carcere si sa che quel che
racconta la televisione è una menzogna, un po’ perché quando
le notizie diffamatorie nei miei confronti hanno cominciato a
primordiale di comunione con la natura, lo sblocco
di emozioni represse e il potenziamento della propria creatività.
Da molti anni l’ayahuasca è oggetto di studio da parte di
medici, psicologi e psichiatri e sempre più spesso è applicata nel trattamento delle tossicodipendenze e nella
cura della depressione, dell’ansia e dei disturbi della
personalità. Recentemente è stata dichiarata patrimonio culturale del Perù e del Brasile, mentre in molti paesi occidentali, tra cui l’Italia, il suo consumo è considerato illegale al di fuori di contesti rituali religiosi.
Preparazione dell’ayahuasca
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incontri
circolare, molti detenuti avevano già avuto modo di conoscermi e farsi un’opinione di me. Si era creato una specie di spazio
terapeutico: i prigionieri mi venivano a trovare in cella, mi invitavano a prendere un caffé o a fare due passi, mi chiedevano libri in prestito e io coglievo l’occasione per improvvisare
delle sedute di No-Terapia per aiutarli a capire il vero motivo
per cui si trovavano in prigione. Nel libro racconto alcuni di
questi episodi. Quando mi sono reso conto dell’inquietudine
che serpeggiava tra i prigionieri, ho deciso di inventare un
gioco, che ho chiamato il gioco della comprensione. Ho raccolto dalla spazzatura novecentonovantanove tessere telefoniche, le ho scartavetrate una per una, poi le ho colorate a mano
decorandole con simboli e disegni e scrivendo delle frasi che
potessero infondere pace e consapevolezza. Ho creato così un
gioco da tavola per le persone che mi chiedevano consiglio. Il
prigioniero faceva una domanda, io la scrivevo su un foglietto
e poi lo invitavo a prendere una tessera e a guardarla. Finché
non capiva da solo la risposta al suo quesito, doveva continuare
a prendere altre tessere: era una specie di megatarocco di novecentonovantanove carte per cui ho anche scritto un libretto
d’istruzioni in cui spiego il significato di ogni tessera.
Qual era il tuo rapporto con le guardie carcerarie?
Mi rispettavano. Spesso venivano a parlare con me, alcuni
erano interessati al tema dell’ayahuasca. In un certo senso ero
un privilegiato, la mia cella non veniva mai perquisita. L’unico problema che ho avuto è stato quando alcuni detenuti mi
hanno invitato a parlare della differenza tra una droga e un
enteogeno a una riunione che avevano organizzato. Era vietato
organizzare riunioni e, pensando che io fossi stato l’ideatore,
come castigo mi hanno messo per un mese nel reparto più
duro del carcere dove erano rinchiusi i delinquenti peggiori.
È stata un’esperienza molto dura, ma anche di grande apprendimento. È stato come convivere con la parte dannata della
società, come immergersi nella cloaca più lurida. Ho pianto
Nel giorno del giudizio
all’Audiencia Provincial
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Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili
molto per quello che ho visto. È stata un’esperienza davvero
triste, ma istruttiva. In seguito, quando mi hanno trasferito
nel carcere di Valdemoro, ho fatto domanda per lavorare nella
stazione radio della prigione, dove ho tenuto un programma
di crescita personale per i detenuti. Mezz’ora al giorno in cui
raccontavo le mie esperienze di vita alternandole con storie di
spiritualità e brani musicali. È stato un lavoro davvero creativo
e interessante.
Quando hai deciso di scrivere un libro sulla tua esperienza
in carcere?
Non ho mai deciso di scrivere un libro. Quel che facevo era
scrivere due o tre ore ogni mattina, appuntando a mano su un
quaderno tutto ciò che mi capitava. L’ho fatto leggere a Paula,
la mia compagna, e a mio figlio. Loro lo hanno fatto leggere ad
altre persone che ne sono rimaste molto colpite. Ho cominciato a rendermi conto che quel che stavo vivendo in carcere
poteva avere un impatto profondo sulla ricerca di libertà che
la gente stava compiendo fuori del carcere. Mi sono accorto
che quel che scrivevo stimolava le persone a liberarsi dalle
prigioni interiori in cui erano rinchiuse. Così ho cominciato a
rileggere quel che avevo scritto e a dargli una forma compiuta.
Lavorando alla radio avevo la possibilità di usare un computer
e questo ha facilitato molto le cose. La prima edizione del libro
è uscita quando ero ancora in prigione.
Nel libro scrivi: «Sto facendo quel che ho sempre voluto
e non avevo il tempo di fare. Mi trovo nel miglior luogo di
meditazione del mondo con tutte le spese pagate».
Immagina che ti mettano in un posto dove non c’è internet,
non hai il cellulare, non puoi parlare con la tua famiglia e ovviamente non puoi scappare... Non ti rimane altro che centrarti in te stesso. È quello che ho fatto: isolarmi totalmente negli
angoli bui della mia cella e immergermi dentro il mio essere. A
casa avevo dei libri meravigliosi che non avevo mai potuto leggere per mancanza di tempo. Paula me li portava e così durante
la prigionia ho letto circa settanta libri, alcuni più di una volta.
Ho scritto, ho disegnato, ho dipinto, ho tessuto mandala, ho
fatto lavori di artigianato, ho dato sfogo a tutta la mia creatività. Purtroppo molti detenuti non colgono quest’opportunità e
trascorrono intere giornate a giocare al parchis o a scacchi per
ammazzare il tempo.
In quale momento della tua detenzione hai compreso che
non aveva senso considerare quel che ti stava accadendo
come una calamità?
L’ingresso in carcere è stata un’esperienza molto dura. Era una
notte di dicembre. Nevicava. Sono entrato in prigione e mi è
sembrata enorme, fredda, buia e grigia. Sono stato condotto
in un reparto dove c’erano duecento detenuti e mi hanno rinchiuso in una cella. Mi sono steso sul letto, piccolo e scomodo,
e ho osservato cosa aveva da dire la coscienza, lo strumento più
potente che abbiamo per valutare oggettivamente da un piano
incontri
Alcuni dei mandala tessuti in carcere
elevato quel che ci sta succedendo. Nella cella c’era una lavagna e ho scritto: Non mi hanno messo in prigione per subire un
castigo. Sono venuto a ricevere un regalo che la vita aveva in serbo per me. Non mi trovo in carcere per pagare un condanna. Sono
venuto a riscuotere il premio che mi meritavo. Questo mi è stato
chiaro fin dal primo giorno di prigione. Non sapevo ancora
quale fosse il premio da riscuotere, ma sentivo nel mio cuore che quel che mi stava capitando non era una punizione. Se
mi trovavo in quel luogo angusto non era per soffrire, ma per
crescere ed evolvermi. Ho impiegato diversi mesi per arrivare
a comprendere quale fosse il regalo da ricevere. Il regalo era
riuscire a essere felice un sabato pomeriggio rinchiuso in una
cella. Un sabato d’estate del 2009, rinchiuso in una cella che
sembrava un forno, morto di caldo, senza un frigo, senza nulla
da bere, senza poter uscire... Riuscire a essere felice con me
stesso ovunque mi trovassi, raggiungendo uno stato di gioia
incondizionata. È stato l’incontro più profondo che abbia mai
avuto con me stesso. In quel momento ho raggiunto la consapevolezza che dentro di me, all’interno del mio essere, c’era
tutto quello di cui avevo bisogno. Questo è stato il regalo.
In Spagna, come in Italia, la legge prevede che il carcere sia
un luogo di riabilitazione e di rieducazione. Qual è stata la
tua esperienza?
Quel che succede nelle carceri spagnole è un esempio dell’ipocrisia che caratterizza la nostra società: dire una cosa e fare il
suo contrario. Si dice che si vuole riabilitare e reinserire i delinquenti, ma in realtà li si corrompe ulteriormente, castigandoli e confinandoli in un destino tragico per soddisfare la necessità di vendetta. Io credo che i detenuti rinchiusi in carcere
svolgano la funzione essenziale di bonificare lo sterco della
società. I detenuti stanno pagando il prezzo di una società repressa che ha voglia di uccidere e di delinquere: questa energia
sociale si concentra in un gruppo di persone che oltrepassano
i limiti e commettono delitti. Rappresentano una parte di noi
che reprimiamo e stanno quindi pagando un prezzo per tutti.
Questo non giustifica le loro azioni, ma ci permette di comprenderle. Ho conosciuto spacciatori, sicari, assassini, un
uomo che ha bruciato la moglie viva... Eppure non sono mai
riuscito a vederli come delinquenti, come persone cattive. In
carcere non ho incontrato colpevoli, perché se avessi incolpato qualcuno di loro, avrei dovuto incolpare anche me stesso. La
delinquenza è un problema di tutti, non solo dei delinquenti:
loro sono quelli che commettono gli atti violenti, ma siamo
tutti noi a creare le condizioni che li spingono a commetterli.
Ritieni possibile che quando si tenti di rivoluzionare se
stessi nel profondo e di aiutare gli altri a fare altrettanto,
si mettano in moto delle forze oscure e parassitarie che si
oppongono all’evoluzione degli esseri umani? Non credi
che il tuo lavoro terapeutico con le piante sacre possa aver
disturbato queste forze oscure e il sistema di potere che le
rappresenta?
Io non credo che esista una forza maligna. Credo piuttosto che
ci sia un potere, il potere dell’ombra, dell’oscurità, che riunisce
quei frammenti di paura, di colpa e d’insicurezza che possediamo tutti. Questo potere agisce come un’entità con un proprio
essere, un’entità controlla il mondo, manovra i presidenti, le
banche, le religioni... Io sento che una parte di questo potere si
è organizzato contro di me, non nel senso di una cospirazione,
ma in modo del tutto naturale: se qualcuno lavora in una direzione concreta verso la luce, la propria parte oscura non ne sarà
contenta e cercherà in ogni modo di boicottare questo lavoro.
Riconosco che c’è un movimento metafisico oscuro che manovra molte cose in questo piano, ma so che c’è un movimento
molto più elevato, che ha a che vedere con la luce, che muove e manovra molte più cose. Per questo quando sono uscito
dal carcere non ho voluto organizzare proteste e mobilitazioni
nonostante l’ingiustizia che avevo subito. La giustizia a volte
può essere ingiusta, ma la vita non lo è mai. Non ero io a dover
muovere le cose. Sentivo nel profondo del mio cuore che questo compito stava nelle mani di un’energia superiore.
Il tuo libro inizia con questa constatazione lapidaria: «Tutto ciò di realmente importante che accade nella vita non
può essere espresso». Se le parole non possono esprimere
la realtà per quella che è, qual è la loro funzione?
Nel libro non ho potuto dire nulla di veramente importante. Ho
semplicemente utilizzato le parole come strumenti per costruire una strada, nella speranza che, percorrendola, il lettore sia
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incontri
Con la figlia Amelys
e il figlio Elian
in grado di percepire quel che di importante è nascosto dietro
le parole. Al lettore non arrivano le parole, arriva il luogo da
cui le parole provengono. Quel luogo, l’anima dell’autore, ha
un’energia speciale. Quando un autore espone totalmente la
propria anima in un testo, capta l’anima del lettore e si crea
un legame profondo. Il lettore si fonde con l’autore e se percepisce qualcosa d’importante è solo perché già lo porta dentro
di sé. Il punto fondamentale è quanto l’autore sia disposto a
esporsi. Il segreto sta nella dedizione, non nella tecnica o nello
stile, né tanto meno nelle parole.
Hai avuto sei figli con quattro donne diverse e dal tuo libro
si evince che hai dei legami molto forti con tutti loro. Qual è
il tuo concetto di famiglia?
Io credo che la famiglia sia l’antro di perdizione della psiche
umana. È il luogo dove ci ammaliamo, ma allo stesso tempo
è il luogo dove possiamo ricreare lo stato di salute e d’amore
più elevato. La schizofrenia nasce nelle famiglie, perché non
possiamo amare coloro che ci hanno fatto ammalare, anzi li
vorremmo uccidere. Eppure, nel profondo, li amiamo. Ma affinché questo amore possa veramente esprimersi, è necessario prima di tutto manifestare l’odio. In famiglia, per il fatto
che c’è confidenza, si ha l’abitudine di mancarsi di rispetto. In
particolare si manca di rispetto ai figli senza nemmeno rendersene conto. Se dò un aiuto non richiesto ai miei figli, è una
mancanza di rispetto. Se rispondo a una domanda che non mi
hanno fatto, è una mancanza di rispetto. Se dico loro che una
cosa è fatta in un certo modo quando essi non l’hanno ancora
sperimentato, è una mancanza di rispetto totale.
Hai scritto in un articolo che bisogna attualizzare l’idea di
spiritualità. In particolare sottolineavi il fatto che quando
la spiritualità diventa parte dell’identità non è altro che
una mistificazione: se qualcuno si definisce spirituale, in
realtà non lo è. Qual è allora il tuo concetto di spiritualità?
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Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili
La spiritualità è nevrotica. Di solito è l’ego che vuole risvegliarsi, che vuole ottenere l’illuminazione, che ama considerarsi un essere spirituale. Ma se il mio essere è già spirituale,
che bisogno c’è di cercare la spiritualità? Quindi chi è che la
sta cercando? L’ego. Sono dunque un essere umano con la
possibilità di avere esperienze spirituali oppure uno spirito
con la possibilità di vivere esperienze umane e carnali? Nel
primo caso cado nella trappola della spiritualità: sono un essere umano, sono Alberto, sono un maschio, sono un padre...
e forse posso vivere esperienze elevate, spirituali. La verità è
che non sono un essere umano, non sono Alberto, non sono un
maschio, non sono un padre... Sono uno spirito e dentro di me
vive un essere spirituale. Questo è per me il concetto autentico di spiritualità: essere cosciente della presenza di un essere
spirituale dentro di sé. E come si realizza lo spirito dentro di
noi? Mangiando, vivendo, dormendo, provando sentimenti,
parlando, condividendo, dando, ricevendo... La realizzazione
spirituale passa sempre per la materia, si esprime attraverso
l’arte, la letteratura, la pittura, la musica, il sesso, il piacere...
La spiritualità è la parte più profonda di quello che si vede alla
luce del sole. La spiritualità è il lato invisibile della creatività,
dell’arte, della letteratura e l’arte, la letteratura, la poesia sono
il lato visibile della spiritualità. Se invertiamo quest’ordine,
come fanno le religioni, e ci consideriamo esseri carnali, peccaminosi, sporchi, che nascono con il male dentro e che devono raggiungere la spiritualità, ebbene... abbiamo il mondo che
abbiamo proprio a causa di questa visione.
Di questi tempi, tra i cercatori spirituali, l’orientamento
in voga è quello di interessarsi di molti argomenti diversi, partecipare a corsi e seminari, accumulare esperienze e
conoscenze. Non si corre il rischio di perdersi nell’oceano
delle proposte senza approfondire nulla in particolare?
Oggi la moda è quella di creare marchi registrati per ogni tipo
di tecnica corporale, emozionale, spirituale. La gente inizia un
incontri
Con la compagna Paula
e Amelys
lungo giro turistico, visita posti diversi, spende tempo e denaro illudendosi di trovare risposte, ma in definitiva aggiunge
solo nuove informazioni. Per apprendere c’è bisogno di avere
nuove informazioni, ma per guarire bisogna disimparare e per
disimparare è necessario togliere, non aggiungere. Il ‘lavoro’
consiste nel togliere, mentre ciò che la gente fa è, per lo più,
aggiungere. Imparare molte tecniche o approfondirne una
sola è lo stesso: non serve a nulla. L’unica cosa che realmente
serve è guardarsi dentro, abbandonare l’ottica del turista e diventare l’archeologo della propria vita, calandosi senza timore
nel profondo della propria coscienza. Bisogna uscire dall’ossessione per la conoscenza esteriore e interessarsi maggiormente del proprio essere interiore. In questo l’ayahuasca è
uno strumento formidabile. La pianta non ha ego, la pianta
non ti manipola, la pianta è innocente e ti conduce fin lì dove
devi essere portato. Tutto ciò che viene impartito da un essere
umano dotato di ego può invece essere pericoloso.
Come si può essere sicuri che il percorso spirituale che si
sta percorrendo conduca davvero alla luce e non sia invece
un autoinganno della mente?
Se vedi delle ombre lungo il cammino è perché stai andando
verso la luce. Se non vedi alcuna ombra, può essere pericoloso.
Vedere le ombre significa calarsi nel trauma, nel condizionamento, nell’insicurezza, significa accettare quel che la vita ci
ha riservato. Se si ha il coraggio di osservare e mettere a fuoco
le ombre che incontriamo lungo la strada, queste finiranno per
scomparire. Quando non s’incontrano ombre e si crede di essere già nella luce, bisogna fare attenzione, perché gli uomini
sono molto abili a crearsi l’illusione di essere già illuminati.
Ti definisci un vagabondo spirituale. Che intendi con
quest’espressione?
Il vagabondo spirituale non ha una rotta precisa, non sa dove
sta andando, non fa programmi. Vive in costante movimen-
to senza restare legato a nessun luogo. Non fugge, ma non si
lascia afferrare da nulla, non evade dalle sue responsabilità,
ma non si lascia manipolare da nessun obbligo. Il vagabondo
spirituale perlustra tutte le opzioni che la vita gli offre e nella
sua ricerca incontra lo spirito in ogni angolo, in ogni persona,
in ogni situazione. Non lo incontra in un tempio, ma lo può
incontrare in una prostituta, o commettendo un delitto, dovunque, perché in realtà sta solo incontrando piccole parti di
se stesso. Il vagabondo riunisce le parti che trova lungo il cammino e quel che va riunendo è la propria essenza. Quando infine avrà trovato se stesso, la ricerca sarà terminata. La ricerca
può essere lunga, perché di solito ci troviamo poco a poco. Per
prima cosa troveremo quello che non siamo: la ricerca inizia
svelando le menzogne che ci riguardano. Ogni volta che guardiamo in faccia la nostra ombra e ci caliamo nei nostri traumi,
arriviamo più vicino alla verità. Solo dopo questo processo di
svelamento sarà possibile scoprire chi siamo veramente. A me
è successo in carcere. Lì ho trovato la tessera mancante e ho
scoperto qualcosa di me che non potevo scoprire in nessun
altro luogo. Ora posso anche morire, tutto quel che verrà mi
sarà dato in aggiunta... Sia ben chiaro però che trovare se stessi
non significa illuminarsi, né diventare dei maestri spirituali: è
qualcosa di molto personale.
Hai avuto dei maestri spirituali?
Ne ho avuti molti e ne ho anche adesso, ma è sempre stato un
continuo abbandonare il maestro. Chiunque può essere un
maestro per dieci minuti: svolti l’angolo, t’imbatti in qualcuno
che ti dice quattro sciocchezze e se lo ascolti è stato tuo maestro
per cinque secondi. Però finisce lì, lo ringrazi e vai per la tua
strada. Il problema è quando si diventa schiavi del maestro.
La devozione verso il maestro è malsana, è una psicopatologia
perché genera una dipendenza, la cui radice proviene da una
psiche sottomessa che ha bisogno di una figura dominante che
la controlli e le dica cosa fare. È un tema che ha a che vedere
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incontri
con l’autorità, con la figura del padre, con Dio, con la comodità
di non farsi carico della propria vita.
Qual è allora la funzione di un maestro spirituale?
Più che di maestro, parlerei di maestria. Parlare di maestro è
come parlare di Dio. Dio è un nome, non un essere. É il nome
che si dà al creatore, alla creazione, all’esistenza... Dio è solo
un nome e come tale non esiste. Esiste la creazione. Esiste il
creatore. Lo stesso succede quando parliamo di maestro. La
maestria è un fenomeno soggettivo, non oggettivo. Io posso
dire: «Quello è il mio maestro». Tu dirai: «Quello è un ciarlatano». Ciò che conta è che se un discepolo si affida veramente a un maestro, anche a un falso maestro o a un ciarlatano,
può comunque illuminarsi, perché la chiave della maestria è
dentro il discepolo, non dentro il maestro. Per questa ragione
ritengo che tutti i maestri svolgano una funzione positiva in
quanto offrono agli esseri umani l’occasione di abbandonarsi, di affidarsi, di avere fede: se non possono aver fede in Dio,
se non possono aver fede nella vita, se non possono aver fede
nemmeno nella propria ombra, che almeno abbiano fede in
qualcuno che appare loro come una specie di santo. Anche se
fosse un imbroglio, l’importante è che questo imbroglio risvegli la fede nel discepolo. Si tratta ancora di una fede diretta
all’esterno, verso il maestro, ma questo è un passo necessario
per poter in seguito aver fede in se stessi.
Se nulla si può migliorare perché tutto è perfetto così com’è,
che cos’è l’evoluzione?
Per me l’idea di migliorare è nevrotica. Tu non sei migliorabile, né lo sono io. Per definizione, evoluzione non vuol dire
miglioramento, ma aumento di complessità. Le cose si fanno
inevitabilmente più complesse e questo non è un bene né un
male. È la legge dell’universo che si espande e si diversifica,
facendosi ogni volta più creativo. L’ayahuasca mi ha permesso di vedere questo processo: una follia totale! È come una
fabbrica di complessità, di diversità, di colori, di forme, è
come un festival creativo, come l’opera di un pittore che crea
milioni di quadri al secondo, ogni volta più complessi, e non
puoi sceglierne nessuno come il migliore, perché sono infiniti e perfetti. Durante una delle interminabili notti trascorse
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Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili
in cella, mi apparve un numero: 01210. Veniamo dallo zero,
andiamo verso lo zero. Quando nasciamo siamo uno, quando
moriamo siamo uno. Nel mezzo, la vita: un’esperienza duale. Siamo nel due e osserviamo tutto dal due. Buono cattivo,
alto basso, cielo inferno, migliore peggiore... Siamo immersi
nella dualità e questa è la nevrosi, la schizofrenia, la malattia.
L’obiettivo è tornare all’uno quando si è ancora in vita: trovare se stessi, essere uno, non avere divisioni. E si può anche
raggiungere lo zero, il vuoto, il silenzio, il nulla... La libertà è
poter vedere questo nulla, osservare l’illusione, senza abbandonare questa vita.
Come consideri la situazione a livello globale dal punto di
vista dell’evoluzione della coscienza?
In una certa misura il mondo è sul punto di esplodere, si moltiplicano ovunque fenomeni di disobbedienza, qui in Spagna
ci sono gli indignados: è una fase di ribellione, siamo sul punto
di scoppiare. Sta scoppiando il nostro corpo, la nostra salute...
Stanno scoppiando i nostri sogni, le nostre relazioni... Eppure,
allo stesso tempo, il sistema non sembra mai essere stato così
forte e impenetrabile come oggi. Nonostante questi fenomeni
di ribellione, che pur non vanno sottovalutati, ancora non si è
raggiunta la massa critica necessaria.
Credi davvero alla teoria new age della massa critica, secondo cui se un certo numero di persone si risveglia favorirà il
risveglio dell’intera umanità?
Non so se la parola giusta sia risvegliarsi, per me sarebbe
importante che le persone si rendessero conto di trovarsi in
un carcere rinchiusi in una cella e che dicessero a se stessi:
voglio uscire perché non me lo merito. Chi prende coscienza
del proprio stato di schiavitù non può fare a meno di tentare di uscirne, ma si tratta di un lavoro individuale. Quel che
ho visto, incontrando migliaia di persone ogni anno, è che la
gente continua a ‘dormire’ anche negli ambiti cosiddetti spirituali. Leggono libri, fanno corsi, provano terapie, ma le persone continuano ad aver paura, continuano a sentirsi in colpa, alcuni con l’illusione che nel 2012 succederà qualcosa che
risolverà tutto a livello planetario: sciocchezze di una mente
infantile. La trasformazione deve essere qualcosa di molto
incontri
profondo dentro ognuno di noi. Quando avremo delle persone
che si saranno trasformate dal di dentro, che avranno sconfitto
la paura, che non sentiranno più la colpa e che si renderanno
conto di essere in uno stato di schiavitù... qualora ci fossero,
non dico milioni, ma qualche centinaia di persone del genere
e decidessero di lavorare insieme, niente e nessuno potrebbe fermarli. In realtà siamo molto lontani da quel livello di
‘uomo nuovo’ in grado di cambiare il pianeta. Magari la fine
del mondo fosse nel 2012: significherebbe che la coscienza
umana si è evoluta molto più rapidamente di quanto io creda.
La mia unica speranza è riposta nei bambini. Noi adulti siamo
ormai troppo condizionati e possiamo fare solo un onesto lavoro interiore per vivere stupendamente questa vita, un lavoro terapeutico molto profondo per liberarci dalla sofferenza.
Però, sinceramente, credo che la trasformazione planetaria sia
qualcosa che compete ai bambini, perché loro non sono stati
ancora condizionati.
Nel libro dedichi molto spazio al tema dei bambini e parli
spesso di educastrazione.
La nostra società, a partire dalla scuola, ci sottopone fin da
quando siamo piccoli a uno spietato programma di educastrazione. L’educazione ci castra per impedirci di essere noi stessi.
È come castrare il toro. Se gli tagli i testicoli, il toro diventa un
bue, una bestia da soma che ubbidisce... A noi hanno tagliato
i testicoli energetici. La religione, la politica, la scuola, la famiglia: sono tutti d’accordo. Una delle sfide del futuro è quella
di creare delle nuove scuole, delle scuole diverse. Nell’educazione attuale c’è un’ossessione per il condizionamento, per
la correzione dei comportamenti, per il rispetto dei limiti, e
tutto questo lascia poco spazio all’originalità, alla creatività e
alla spontaneità che sono la base della libertà. L’educazione
programma degli stupidi pronti per votare, obbedire, pagare
e lavorare. Il segreto di un’educazione sana è quello di attivare
nei bambini quei valori fondamentali che i genitori e gli educatori hanno dimenticato. Valori come l’amore, l’innocenza,
la fiducia, la comprensione, la semplicità, la bontà, l’autenticità... Dico attivare perché ogni bambino possiede già questi
valori e il sistema educativo non fa altro che disattivarli e sostituirli con degli automatismi. Tutto viene ridotto a comportamenti, tecniche, obiettivi e risultati. Per questo ho deciso di
non mandare a scuola mia figlia Amelys. Non me lo perdonerei
se lo facessi. Con gli altri figli non ero abbastanza cosciente per
compiere una scelta del genere, ma ora sono convinto che crescere i figli in casa sia la scelta giusta.
Caro Alberto, ti ringraziamo per il tempo prezioso che ci hai
dedicato. C’è qualcos’altro che vuoi condividere con i lettori italiani? Una confidenza, un segreto...
Un giorno uno sciamano mi disse: «C’è un solo segreto in questa esistenza ed è che non ci sono segreti. Se vuoi accorgerti di
qualcosa, apri il tuo cuore e l’esistenza ti mostrerà tutto». Q
Alberto José Varela può essere contattato inviando una e-mail a
[email protected]
Con la figlia Aneley e Paula
venti suggerimenti
di convivenza familiare
1. Quando parlano i più giovani, gli adulti stanno zitti.
2. Dialoghiamo per conoscerci, non per avere ragione.
3. Non esistono leggi né norme, lasciamoci guidare
dall’amore.
4. Non c’è nulla da nascondere, ma abbiamo tutti il
diritto di mentire.
5. Niente si giudica né si critica, tutto si accetta.
6. Nessuno comandi nessuno, ognuno obbedisca
al suo cuore.
7. Il nostro unico credo è che non c’è nulla in cui
credere.
8. Non c’è possibilità di commettere errori.
9. Se non viene fatta una domanda non si dia
alcuna risposta.
10. Lasciamoci fluire. La spontaneità va oltre i progetti.
11. Non provare a essere diverso. Sei perfetto
così come sei.
12. Non c’è un modello da seguire, né un ideale
da raggiungere.
13. Ciascuno scelga la religione che vuole o non
ne scelga nessuna.
14. Non esiste un modo prestabilito di fare le cose,
ognuno si trovi il suo.
15. Se ci troviamo in una situazione senza via d’uscita,
ridiamo.
16. Che ciascuno si renda conto da solo di come
stanno le cose.
17. Non smettiamo di guardarci fino a quando non
ci siamo compresi.
18. Quando si discute, i più giovani hanno la priorità.
19. Piuttosto che controllare e sospettare, abbi fiducia.
20.Ogni giorno tutto inizia da capo, il passato è passato.
Tratto da Desde la carcel, desde mi libertad (Mandala Ediciones 2009)
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speciale > un corso in miracoli
Vuoi avere ragione
o essere felice?
le origini e l’insegnamento di un corso in miracoli
_____________
di Andrea Panatta
A
Citato continuamente da autori del calibro di Wayne Dyer, Deepak Chopra, Louise Hay e Marianne Wlliamson,
Un corso in miracoli è uno dei libri più importanti e più studiati della nuova spiritualità. Trascritto tra il 1965 e il
1972 dalla dottoressa Helen Schucman sotto dettatura di una voce interiore, elabora una rivoluzionaria metafisica non dualistica che pone l’accento sull’applicazione pratica piuttosto che sulla teoria.
la storia di un corso in miracoli
La vicenda inizia nel 1965. I protagonisti sono una psicologa
del Centro Medico Presbiteriano della Columbia University di
New York, Helen Schucman, e il suo capo e coordinatore, William (Bill) Thetford.
Dopo anni di ostilità e tensioni tra i due nella vita quotidiana e
nell’ambiente lavorativo, un giorno Bill compie un gesto assolutamente inatteso: prima dell’inizio di una riunione, si avvicina a Helen e le dice di avere tutta l’intenzione di porre fine ai
loro contrasti. «Ci deve essere un altro modo!» esclama. Bill
era determinato a trovare un nuovo modo di relazionarsi a Helen e agli altri collaboratori per appianare gli attriti e valorizzare la parte positiva di ognuno di loro. Presa piacevolmente
alla sprovvista, Helen accetta la proposta di ‘armistizio’.
Qualche tempo dopo il chiarimento con Bill, Helen comincia a
fare strani sogni e ad avere visioni e percezioni alterate. I suoi
Helen Schucman, 1974
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Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili
sogni diventano incredibilmente vividi e inizia a percepire immagini mentali nette come fotografie, all’inizio solo in bianco
e nero, poi anche a colori e in movimento. Helen era sempre
stata scettica, atea e molto pragmatica; aveva avuto un’infanzia difficile, connotata da una profonda solitudine e popolata
dall’incubo di trasformarsi dalla bambina dolce e tenera che
era in un essere grasso e mostruoso.
«In qualsiasi situazione, può
mancare solo ciò che tu non hai dato»
Poco alla volta, i suoi sogni diventano sequenze realistiche
colme di eventi simbolici; Bill le consiglia allora di iniziare a
tenere un diario di questi fenomeni. Tra i sogni della Schucman, uno in particolare sembra strettamente connesso con la
storia del Corso:
«La barca si stava muovendo lentamente ma facilmente lungo un canale molto piccolo e dritto. C’era appena
abbastanza brezza per far avanzare la barca. Sugli argini
del canale erano allineati degli alberi secolari e belli e
cespugli verdi orlati di file di fiori. “Mi domando se qui
ci sia un tesoro sepolto” pensai tra me e me, trasognata. “Non sarei sorpresa se ci fosse”. Poi notai un lungo
palo con un grande uncino sulla punta, che si trovava
sul fondo della barca. “Proprio quello che ci vuole”
pensai, immergendo l’uncino nell’acqua e affondando
il palo il più profondamente possibile. L’uncino agganciò qualcosa di pesante, che sollevai con difficoltà. Era
un’antica cassa del tesoro, il legno corroso dall’acqua e
speciale > un corso in miracoli
il fondo coperto di alghe. Riuscii a issarlo nella barca
e lo aprii con trepidazione. Rimasi amaramente delusa. Mi ero aspettata gioielli o monete, ma nella cassa
non c’era altro che un grande libro nero. [...] Sul dorso
c’era una parola scritta in oro. La parola era esculapio.
Il termine mi era familiare, ma non riuscivo a ricordare cosa significava. Quando la cercai, scoprii che era
il nome del dio greco della guarigione». (R. Skutch,
Come è nato Un corso in miracoli, Armenia 2001, trad.
it. di F. Merlino, S. Pestarino, I. Popani)
Nello stesso periodo, Helen inizia anche a sperimentare fenomeni di chiaroveggenza: riesce a descrivere con dovizia di particolari i luoghi in cui Bill era stato in villeggiatura senza averli
mai visti e salva un collega da un tentativo di suicidio prestando ascolto a un forte presentimento. Nei sogni della psicologa,
e poco a poco anche durante la veglia, inizia a comparire una
Voce che le spiega parte del significato di ciò che vede. Una
sera Bill riceve una telefonata di Helen, terrorizzata perché la
Voce non se ne vuole andare e continua a ripeterle: «Questo è
un corso in miracoli... Per favore, prendi appunti».
È con questa frase che hanno inizio i sette anni di dettatura e
trascrizione del testo del Corso. Fin dal primo momento, Helen
è spaventata dalla voce che sente e d’impulso tenta di resistere
alla necessità di scrivere che s’impadronisce di lei. Tuttavia,
incoraggiata da Bill, non si sottrae mai al compito assegnatole.
Già dalle prime sessioni, i due colleghi si rendono conto che
era questa la risposta all’altro modo che stavano cercando per
risolvere i loro problemi relazionali e che la dettatura non si
sarebbe esaurita in tempi brevi.
«Non hai alcun problema che Egli
non possa risolvere offrendoti un
miracolo. I miracoli sono per te»
Durante i sette anni di dettatura, Helen e Bill sono molto restii
a diffondere notizie su quanto stanno facendo, sia perché non
sono sicuri di quando si concluderà la trascrizione, sia perché
vogliono proteggere le loro carriere. Tra i pochi depositari di
questo segreto vi sono Kenneth Wapnick e Jon Mundy, oggi
due tra i più importanti insegnanti del Corso, e Hugh Lynn
Cayce, figlio del noto sensitivo Edgar Cayce, cui inviano un
manoscritto del testo per convalidarne l’autenticità in termini
di canalizzazione.
L’esperienza di Helen è particolarmente importante perché ha
ridefinito i fenomeni di medianità o channeling. Infatti, se la
maggior parte delle canalizzazioni si verificava generalmente
in stato di trance, la dettatura del Corso è sempre avvenuta con
la piena presenza e consapevolezza della Schucman, che anzi
più volte ha tentato di resistere all’impulso di scrivere, col solo
risultato di sentirsi tesa o depressa fino a quando non riprendeva a scrivere, esaurendo il flusso di parole.
che cos’è un corso in miracoli
Sono in molti ad aver letto la storia della sua nascita e ad averlo
sottovalutato credendo che fosse un testo dedicato al miglioramento delle relazioni, ma il Corso non è soltanto questo. Un
corso in miracoli è esattamente quello che sostiene di essere: un
insegnamento che intende portarci a compiere miracoli nella
vita quotidiana. Si tratta essenzialmente di un percorso spiri-
Bill Thetford
alla macchina da scrivere
I taccuini di
Helen Schucman
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speciale > un corso in miracoli
tuale autonomo e individuale per autodidatti. Il Corso indica
una via ben precisa per arrivare a sperimentare una perfetta
non dualità, uno stato di unione con il divino che si raggiunge
attraverso la pratica del perdono nella quotidianità. Si tratta di
una sofisticata forma di psicologia metafisica che ci conduce
gentilmente al di là delle illusioni in cui siamo immersi.
Bill Thetford e Helen Schucman, California 1976
a chi non abbia una conoscenza approfondita dei termini biblici, generando molto spesso vere e proprie resistenze, così
come imbarazzo per il fatto che si dice sia stato proprio Gesù
a dettarlo. Tuttavia, come spiega Kenneth Wapnick, è bene ricordare che non si tratta di Gesù di Nazareth, quanto piuttosto
di un simbolo dell’amore divino. Per parafrasare Gary Renard,
anch’egli insegnante del Corso, che importa se a scriverlo sia
stato o meno Gesù? L’importante è che il messaggio arrivi in
tutta la sua efficacia, portando cambiamenti e risultati.
che cosa dice un corso in miracoli
Dall’introduzione del Corso:
Il Corso è strutturato in tre libri: un testo principale, un libro
di esercizi per un anno e un manuale per insegnanti. La Voce
– che nel corso della dettatura si fa riconoscere come Gesù –
guida il lettore nei meandri di una progressiva scoperta del
sistema di pensiero alla base dei miracoli, utilizzando uno
stile piuttosto difficile (alcune frasi occorre leggerle decine
di volte prima di capirle), che va via via chiarificandosi con
il procedere dei capitoli. La lettura del Corso non dovrebbe
essere affrontata come uno studio pedissequo e mnemonico,
ma come il manifestarsi di una voce interiore perennemente
presente, la voce dello Spirito Santo, al cui ascolto il Corso
intende educarci. Ne è prova il fatto che in una versione non
ufficiale del testo (la versione Urtext), la Voce suggerisca agli
studenti del Corso di limitarsi ad ascoltare senza prendere
appunti fino a quando la lettura non sia arrivata a uno stadio
molto avanzato.
«Puoi parlare da parte dello Spirito o
da parte dell’ego, a tua scelta. Se parli
da parte dello Spirito hai scelto di
“essere quieto e sapere che Io sono Dio”»
Gli scogli da superare nella lettura e nell’apprendimento dei
messaggi di Un corso in miracoli sono diversi. Anzitutto, è un
libro corposo e leggerlo, forse per esplicita volontà della Voce,
tende a stancare molto la mente, che tenta disperatamente di
possederne l’intera struttura. In secondo luogo, il Corso, come
tutte le pratiche spirituali, richiede disciplina e dedizione e
implica un allenamento mentale quotidiano che non tutti sono
disposti a fare. Il suo linguaggio, inoltre, può risultare ostico
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Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili
«Questo è un corso in miracoli. È un corso richiesto. Solo il
tempo che ti ci vuole per farlo è volontario. Libero arbitrio non
significa che puoi stabilire il programma di studi. Significa
solo che puoi scegliere cosa vuoi imparare in un determinato momento. Il corso non si prefigge di insegnare il significato
dell’amore, poiché esso trascende ciò che può essere insegnato.
Si prefigge, tuttavia, di eliminare i blocchi alla consapevolezza
della presenza dell’amore, che è la tua eredità naturale. L’opposto dell’amore è la paura, ma ciò che tutto abbraccia non può
avere opposti.
Questo corso si può quindi riassumere così:
Nulla di ciò che è reale può essere minacciato.
Nulla di irreale esiste.
In questo si trova la pace di Dio».
(Un corso in miracoli, Armenia 1999, trad. it. di I. Popani, F.
Merlino, S. Pestarino)
Due Regni
Esistono due livelli, due regni apparentemente opposti, il
mondo di Dio e il mondo dell’ego. Nei versi del Corso sono descritti in modo esaustivo l’ego e la teoria della sua formazione, che riecheggia il mito della caduta dal giardino dell’Eden.
Noi non sappiamo come e perché questo sia potuto accadere,
eppure a un tratto, una scintilla divina ha avuto il pensiero di
separarsi dal suo creatore. È da questo stato di separazione
che hanno avuto origine i problemi dell’uomo e i suoi faticosi
tentativi di tornare allo stato di unione originario con Dio. La
separazione ha permesso la formazione di un ego o sé fittizio,
tormentato dalla scissione tra se stesso e il resto dell’esistenza, che lo ha portato necessariamente a difendersi e attaccare
per poter sopravvivere in questo mondo. Secondo il Corso, in
quale dei due regni dimorare è una questione di scelta, ed è
proprio a questa scelta che si riferisce una delle sue frasi più
famose: «Vuoi avere ragione o essere felice?» Vale a dire, vuoi
stare nel mondo dell’ego o in quello di Dio?
«La libertà dalle illusioni risiede solo
nel non crederci»
speciale > un corso in miracoli
L’illusione
Il problema è che questo mondo, il mondo dell’ego, non esiste.
Uno degli ostacoli maggiori da affrontare durante lo studio del
Corso è accettare l’idea che l’intero universo sia un’illusione, un
gigantesco ologramma creato dall’ego separato. In questo il Corso non sarebbe molto diverso da altri percorsi spirituali che insegnano a superare l’illusione, se non fosse che il Gesù del Corso
va molto oltre: insegna che Dio non ha creato il mondo visibile e che l’intera storia della creazione è un inganno perpetrato
dall’ego, il quale vuole convincerci dell’esistenza di qualcosa che
non esiste nella realtà, ma solo in virtù delle sue proiezioni.
«Il mondo che vedi è il sistema delirante di coloro che sono
resi pazzi dalla colpa». (T.13.IN.2:2)
«Il mondo così come tu lo percepisci, non può essere stato
creato dal Padre, perché il mondo non è come tu lo vedi. Dio
ha creato solo ciò che è eterno, e ogni cosa che tu vedi è mortale». (T.11.VII.1:1)
L’ego e tre concetti fondanti
L’ego è la parte di noi che sente la separazione dal resto della
creazione ed è costituto attorno ad alcuni concetti fondanti tra
i quali i più importanti sono peccato, colpa e proiezione, concetti essenziali di tutto il percorso proposto. Il significato che
il Corso attribuisce a questi termini è molto diverso da quello
comunemente accettato e pertanto richiede ai suoi studenti di
staccarsene per abbracciare una nuova interpretazione.
Il peccato, secondo il Corso, è una mancanza di amore. Lo
Spirito Santo vede il peccato non come qualcosa che deve essere punito, ma come un errore che necessita di una correzione.
La colpa è invece la sensazione di aver commesso il peccato,
la convinzione che si possa sbagliare, la credenza inconscia di
aver attaccato Dio defraudandolo del suo potere per sostituirlo con l’ego. È questo uno dei punti che incontra le resistenze
maggiori degli studenti del Corso, specialmente quelli alle prime armi. Come si può usurpare Dio? Come ci si può sostituire
a lui o anche soltanto pensare di poterlo fare? Eppure, Gesù
insiste a sottolineare come sia proprio questa la prima causa
della nostra infelicità, sebbene ci sfugga completamente. La
colpa è sepolta talmente in profondità nella nostra coscienza,
che non potremmo mai vederla se qualcuno non ce la mostrasse direttamente e proprio a questo servono le sofisticate spiegazioni metafisiche del Corso, a farci intravedere la colpa che
guida le nostre azioni di ego separato.
Il meccanismo della proiezione, invece, è la diretta conseguenza del dono che Dio ha fatto agli uomini, ossia di essere
creatori infiniti. Tuttavia, questo è un dono che stiamo usando
in maniera dannosa e autodistruttiva o, come dice il Corso, lo
stiamo usando per mal creare. Finché crediamo nel peccato e
nutriamo questo senso di colpa ancestrale, riusciamo soltanto
a proiettare la colpa al di fuori di noi stessi, su qualcun altro
(o qualcos’altro), rendendo l’esterno totalmente responsabile
della misera condizione in cui ci troviamo. È proprio questa
convinzione ad alimentare anche la nostra eterna fede nella
scarsità. La paura che non ci sia abbastanza è diretta conseguenza del ‘peccato originale’ e cioè dell’esserci separati da
Dio. Tale senso di scarsità viene proiettato all’esterno, manifestando illusorie condizioni di mancanza che possono essere
colmate solo da qualcosa (o qualcuno) esterno a noi.
«L’oscurità è mancanza di luce, così
come il peccato è mancanza di amore»
La percezione nasce dalla proiezione
Il mondo e questo gioco che chiamiamo vita sono dunque illusioni, proiezioni della nostra mente, e la realtà è un caleidoscopio di impressioni organizzate sulla base della nostra
percezione soggettiva. Ciò che vediamo, il modo in cui lo interpretiamo e tutto ciò che continuamente ci accade non è altro che un sogno creato da noi stessi in maniera non cosciente,
eppure del tutto consensuale. Non facciamo altro che proiettare all’esterno i contenuti della mente inconscia, il nascondiglio dell’ego. Il Corso ci avverte di questo sin dall’inizio: stiamo
inconsciamente creando la realtà dal punto di vista dell’ego e
non dello Spirito. Se vediamo ovunque dolore, sofferenza e
dramma, è perché vi siamo immersi: non è l’errore a dover essere corretto, ma la nostra percezione dell’errore. Proiettare e
percepire sono per il Corso due facce della stessa medaglia. Da
ciò deriva l’immensa portata dell’invito di Gesù a non credere
a nulla di quello che viene percepito e ad affidare ogni giudizio
sulla realtà nelle sue mani, fidandoci del fatto che «la Sua Voce
ti guiderà in modo molto specifico, ti verrà detto tutto ciò che
hai bisogno di sapere». (T.1.I.4:2)
«La vera percezione è la base della
conoscenza, ma conoscere è affermare
la verità ed è al di là di ogni
percezione»
Percezione vs conoscenza
Un corso in miracoli insegna il modo in cui è possibile disfarsi dell’illusione della separazione dal divino. In primo luogo,
bisogna distinguere (all’inizio solo mentalmente) ciò che è
conoscenza da ciò che è percezione. Mentre la conoscenza è
uno sperimentare direttamente la realtà senza la mediazione
dell’ego (in particolare senza i giudizi, che sono il suo principale modo di esprimersi), la percezione altro non è che il regno dell’ego, della paura, dei filtri, delle convinzioni negative.
Mentre la percezione è soggettiva, parziale, selettiva e separativa, la conoscenza è l’esatto contrario, immutabile, eterna e
stabilmente fondata sulla legge divina dell’amore.
Risulta dunque chiaro fin da principio che il Corso è un accurato lavoro di eliminazione delle strutture che ci impediscono di
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speciale > un corso in miracoli
vedere la realtà per quello che è. Siamo spinti a ‘disimparare’
tutto ciò che crediamo reale in favore della vera conoscenza,
che non deve rimanere mera teoria ma essere sperimentata direttamente: «Una teologia universale è impossibile, ma
un’esperienza universale non è solamente possibile, ma necessaria». (C.in.2:5)
Ken Wapnick, Bill Thetford, Bob Skutch,
Helen Schucman, Judith Skutch
razionale, ma dovrebbero essere sempre affidati allo Spirito,
perché altrimenti degenererebbero in una forma particolarmente pericolosa di manipolazione della realtà.
«Perdonare è semplicemente ricordare
solo i pensieri d’amore che hai dato
nel passato e quelli che ti sono stati
dati»
«I miracoli sono abitudini e dovrebbero essere involontari. Non
dovrebbero essere sotto controllo cosciente. I miracoli scelti
coscientemente possono essere mal guidati». (T.1.I.5:1)
Molti occultisti e maghi del passato hanno messo in guardia contro il pericolo insito nel manipolare la realtà deliberatamente.
Anche il Corso dichiara esplicitamente che la correzione dei problemi appartiene solo allo Spirito Santo, mentre nostro unico
compito è quello di centrarci nell’amore e praticare il perdono.
la pratica del perdono
i miracoli: cosa sono?
Secondo la definizione comune, per miracoli si intendono
quegli eventi che apparentemente violano le leggi naturali a
noi note. Pur essendo contemplata anche questa categoria di
miracoli fisicamente percepibili, nel Corso i miracoli vanno
intesi in primo luogo come un profondo cambiamento della percezione che ci consente di passare dal modo di pensare
dell’ego al modo di pensare dello Spirito Santo. Sono dunque
eventi indipendenti dallo spazio e dal tempo (anzi i miracoli
riorganizzano lo spazio e il tempo), che si verificano quando la
presenza dell’amore divino non è ostacolata da giudizi e percezioni errate e tendono a riportare la nostra esperienza verso
la santità, nelle mani dello Spirito, permettendoci inoltre di
risparmiare molto tempo nell’apprendimento di lezioni che
altrimenti richiederebbero diverse incarnazioni.
«I miracoli avvengono naturalmente
come espressioni d’amore»
I miracoli, data la natura multidimensionale di un atto di amore puro, possono essere fisicamente visibili o invisibili e possono raggiungere situazioni, luoghi e persone di cui non abbiamo nemmeno conoscenza. Quando ci affidiamo allo Spirito
per un miracolo, vale a dire quando pratichiamo il perdono
e lasciamo andare l’ego e ciò che crediamo di sapere, stiamo
affidando tutto nelle mani di una forza superiore che conosce perfettamente il problema e il rimedio migliore. I miracoli non possono e non devono essere controllati dalla mente
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Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili
Un corso in miracoli non è affatto un libro da leggere e riporre
sullo scaffale, ma rappresenta un percorso interiore di stampo
eminentemente pratico, come testimonia la presenza di un libro degli esercizi per un anno, uno per ogni giorno.
La pratica del Corso ha come scopo principale quello di insegnare il perdono. Anche in questo caso, con questo termine
non s’intende semplicemente l’atto magnanimo di una persona che decide di perdonare il suo persecutore, lasciando andare risentimento e rancore. La visione classica del perdono
presenta due falle: in primo luogo si basa sulla convinzione
che qualcuno abbia commesso un errore, in secondo luogo
dà l’impressione che chi perdona si trovi su un livello superiore rispetto a chi è perdonato, una pura illusione che tende a rinforzare l’ego. La prospettiva del Corso è radicalmente
diversa: il perdono è il processo attraverso il quale vengono
disfatti tutti i giudizi del passato e viene letteralmente lasciato andare tutto ciò che crediamo di sapere sul mondo e sulla
nostra vita. Si tratta di decidere volontariamente di abbandonare le categorie mentali di giusto o sbagliato, di bene o male
e affidare tutto nelle mani dello Spirito Santo, l’unico agente
correttivo dei problemi davvero super partes. Il perdono non
consiste dunque nello scusare l’errore di qualcun altro, ma nel
comprendere che non esiste alcun errore se non nella nostra
percezione soggettiva.
«Il perdono è la guarigione della percezione della separazione». (T.3.V.9:1)
Tutta l’impalcatura e il sistema descritto dal Corso diventano
così una serie di reminders ai quali dobbiamo imparare ad accedere ogniqualvolta ci troviamo di fronte a un problema, per
poter andare oltre la nostra percezione del problema stesso.
Il segreto risiede nell’essere costantemente consapevoli dei
propri pensieri di separazione e di attacco, di esserlo il più
speciale > un corso in miracoli
spesso e il più a lungo possibile, seguendo la disciplina che il
Corso definisce come vigilanza dei propri pensieri.
gli esercizi
Il libro degli esercizi contiene l’applicazione pratica dei principi esposti nel testo. Tuttavia, essendo il Corso una pratica
volta a disfare l’ego, il confine tra teoria e pratica è in questo
caso davvero sottile.
Gli esercizi consistono nell’elencazione di una serie di pensieri che offrono delle soluzioni alternative al comune modo
di pensare. La lezione 69, per esempio, s’intitola: I miei rancori nascondono la luce del mondo in me. Il pensiero presentato
nel titolo viene quindi sviscerato nel testo dell’esercizio e sono
fornite precise indicazioni sulla sua applicazione.
La vigilanza sui propri pensieri diventa dunque un requisito
essenziale per poter fare le lezioni. A molte persone questo
potrebbe sembrare un lavoro troppo dispendioso in termini
di sforzo, tempo e fatica, ma il Corso è una vera e propria pratica spirituale e come tale necessita di esercizio e di disciplina.
Ci viene richiesto infatti di sostituire i nostri pensieri abituali
(quelli dell’ego) con i pensieri dello Spirito e di farlo sempre
più spesso e più a lungo, un compito certamente non agevole.
Gli esercizi sono ufficialmente trecentosessantacinque, ma
il Corso non è fatto per durare un solo anno e poi essere archiviato. Gli esercizi possono essere ripetuti più volte e si può
rimanere anche più giorni su un pensiero che ci piaccia particolarmente. L’esercizio è dunque solo un pretesto per coltivare un insegnamento più grande, che può richiedere anche
un’intera esistenza per essere vissuto integralmente. «Questo
corso è un inizio, non una fine» dice Gesù alla fine del libro
degli esercizi.
«Le prove non sono che le lezioni che
non sei riuscito a imparare, presentate
un’altra volta, cosicché dove prima
hai fatto una scelta sbagliata tu
possa ora farne una migliore e
sfuggire così a ogni dolore che ciò che
avevi scelto prima ti aveva portato»
Un corso in miracoli comporta una completa riscrittura della
propria mente e dei propri valori spirituali e può accadere che
proprio per la sua audacia e per la profondità con cui arriva a
toccare parti di noi che non vogliamo lasciar andare, generi
fortissime resistenze, continue fughe e riprese. Un piccolo
avvertimento: essendo gli esercizi generalmente più semplici
del testo, molti studenti decidono di passare direttamente alla
pratica, senza studiare il Corso vero e proprio. Ciò può rappresentare un errore, perché determina la perdita del significato
più profondo di molti termini utilizzati negli esercizi, privandoli così della loro forza e del loro scopo. Il Corso è basato
bibliografia
◊
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Un Corso in Miracoli, Armenia 1999
Kenneth Wapnick, Introduzione a Un Corso in Miracoli,
Armenia 2001
Robert Skutch, Come è nato Un Corso in Miracoli,
Armenia 2001
Estensione dei principi di Un Corso in Miracoli,
Armenia 2003
Gary G. Renard, La scomparsa dell’universo così come ci
appare, Macro 2006
Kenneth Wapnick, Le domande più comuni su
Un Corso in Miracoli, Armenia 2009
Frances Vaughan, Roger Walsh, Accetta questo dono,
Armenia 2009
sull’addestramento della mente che passa necessariamente
dall’acquisizione di un nuovo sistema di pensiero e questo
passaggio non può essere saltato.
lo stile
Leggendo più volte il Corso ci si rende conto che sarebbe stato
molto difficile per una mente umana concepire un tale sistema. È incredibile notare come la complessità e l’abbondanza
dei concetti espressi presentino una coerenza interna millimetrica e una struttura olografica dove ogni frammento rispecchia e si amalgama perfettamente con tutto il resto. Per
non parlare del linguaggio altisonante e dello stile poetico che
ricorda da vicino quello shakespeariano per l’uso del pentametro giambico. Tale peculiarità, evidente nella versione originale in inglese (ma perduta nella traduzione in italiano), ha
affascinato e incuriosito molti studenti del Corso e potrebbe
trovare una spiegazione nel fenomeno stesso della dettatura.
Quando un canalizzatore riceve un messaggio da uno spirito
guida o da un’entità superiore, egli funziona come filtro del
messaggio stesso, ‘inquinandolo’ con la propria personalità.
A quanto pare, Helen Schucman era una grande appassionata
di letteratura e di Shakespeare e si pensa che dietro la dettatura del Corso ci fosse la precisa intenzione di sollecitare parti
molte profonde della coscienza del lettore attraverso l’uso di
specifiche tecniche immaginative, narrative e linguistiche.
Dunque, non a torto, il Corso viene considerato una vera e propria opera d’arte. Q
andrea panatta
Counselor, pranic healer, esperto di terapie energetiche e di sviluppo del potenziale psichico, è studente autodidatta di
Un corso in miracoli da dieci anni.
Andrea Panatta può essere contattato inviando una e-mail a [email protected]
www.oltre-confine.com
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speciale > un corso in miracoli
la mia esperienza nella traduzione di
un corso in miracoli
_____________
di Isabella Popani
Era il giugno del 1986 quando mi recai per la prima volta a Findhorn in una comunità spirituale situata nel Nord della Scozia.
Mentre visitavamo il negozio della comunità, un’amica mi mostrò il libro A Course in Miracles, insistendo perché lo leggessi. Lo presi in mano, lo sfogliai e ne fui spaventata. «Troppo
grosso e difficile per me» mi dissi, attribuendo la difficoltà al
fatto che non esercitavo il mio inglese da molti anni. L’anno
successivo accompagnai a Findhorn alcuni italiani che non conoscevano l’inglese e fui incuriosita dall’atteggiamento di un
gruppo di napoletani che di tanto in tanto mettevano una mano
in tasca e tiravano fuori qualcosa da leggere per poi rimetterla via. Chiesi loro di cosa si trattasse e mi risposero dicendo:
«Stiamo seguendo le lezioni di Un corso in miracoli». Fu così
che mi decisi ad acquistare il libro, anche se lo lasciai riposto
in uno scaffale della libreria per diversi mesi. Le mie resisten-
foundation for inner peace
Fondata nel 1972 da Judith e Robert
Skutch, la Foundation for Inner Peace si
chiamava inizialmente Foundation for
ParaSensory Investigation (“Fondazione
per la ricerca sul paranormale”). Tale
nome rifletteva l’interesse e il sostegno
educativo della Fondazione nei confronti
della ricerca sul paranormale negli ambienti accademici del tempo.
Il 29 maggio 1975, Judith Skutch incontrò
la dottoressa Helen Schucman e il dottor
William Thetford, scribi di Un corso in
miracoli, insieme al loro amico, il Dottor
Kenneth Wapnick, nel loro ufficio alla
Columbia University di New York, dove
lavoravano come psicologi clinici. Dopo
aver esplorato gli interessi in comune,
Helen e Bill rivelarono a Judith il loro segreto ben custodito sullo straordinario
materiale da loro trascritto.
Nelle settimane successive il gruppo si
consolidò intorno al comune entusiasmo per quel notevole insegnamento
spirituale e iniziò a riunirsi regolarmente per studiarlo e discuterlo. Nel giro di
pochi mesi, divenne loro evidente che
24
Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili
ze interne erano ancora troppo alte e fu solo a capodanno che
decisi di iniziare la lettura. In quel periodo sentivo una forte
spinta interiore a lavorare sul perdono e fu un gesto spontaneo
volgere lo sguardo su quel librone blu che mi incuteva tanto timore. Iniziai così a tradurlo per me stessa, animata allo stesso
tempo dal desiderio di condividere il risultato del mio lavoro
con altre persone interessate al Corso.
Qualche anno dopo ricevetti la telefonata di due amici, Sergio
Pestarino e Fulvio Merlino, che proposero un incontro per approfondire insieme lo studio del Corso. Fu una bellissima esperienza di condivisione: ognuno di noi raccontò la propria storia,
da dove aveva incominciato, le difficoltà incontrate durante il
percorso, le consapevolezze acquisite. Quella stessa sera, dopo
che Sergio e Fulvio andarono via, scrissi alla Foundation for A
Course in Miracles e alla Foundation for Inner Peace per chie-
il documento era destinato a essere
condiviso con un più ampio numero di
persone e così fu presa la decisione di
pubblicare Un corso in miracoli tramite
la Fondazione esistente. Tale decisione portò la Fondazione ad acquisire un
nome più appropriato – Foundation for
Inner Peace (“Fondazione per la pace
interiore”) – che riflettesse il suo nuovo
ruolo di amministratore fiduciario ed
editore del Corso.
Judith Skutch Whitson,
presidente della Foundation for Inner Peace
La prima edizione di Un corso in miracoli,
pubblicata nella tarda estate del 1975,
era in realtà una riproduzione fotocopiata in formato ridotto del manoscritto,
circa trecento copie in tutto. Nel giugno
1976 fu pubblicata un’edizione in tre vo-
lumi con una tiratura di 5000 copie. La
richiesta del Corso continuò a crescere
senza sosta e portò infine alla pubblicazione dell’edizione in volume singolo,
tuttora disponibile, che ha venduto più
di due milioni di copie in tutto il mondo.
Nel 1982, per far fronte al crescente interesse nei confronti di Un corso in miracoli
all’estero, la Fondazione ha avviato un
programma di traduzioni. Una versione
in spagnolo fu pubblicata nel 1992, presto seguita da edizioni in tedesco, portoghese ed ebraico. Fino a oggi il Corso è
stato tradotto in diciannove lingue.
Nel 1978 la Foundation for Inner Peace
traslocò i suoi uffici da New York a Tiburon, California. In aggiunta alla sua attività primaria di pubblicare e diffondere Un
corso in miracoli, la Fondazione ha pubblicato anche opere collegate al Corso quali
Psychotherapy: Purpose, Process and Practice
e The Song of Prayer, due successivi lavori
trascritti da Helen Schucman, così come
una raccolta delle sue poesie ispirate,
intitolata The Gifts of God, documentari,
lezioni su supporti audio e video e altro
materiale di approfondimento.
www.acim.org
speciale > un corso in miracoli
dere se stessero cercando traduttori per la versione italiana
del libro. Sapevo che il nostro incontro non era stato casuale
e potevo solo seguire quello che interiormente sentivo di dover fare. Ciò che era accaduto poteva essere paragonato a quello
che sperimentarono Helen Schucman e Bill Thetford quando
si unirono nell’unico intento di trovare un altro modo ai sentimenti di rancore e competizione che vivevano quotidianamente tra loro e nell’ambiente di lavoro, un’esperienza che col tempo aveva dato vita alla trascrizione del Corso. Anch’io, Sergio e
Fulvio ci eravamo uniti in un unico intento, sebbene allora non
ne fossimo ancora consapevoli. Di lì a poco ricevetti una lettera
dalla Foundation for Inner Peace – che allora era la detentrice
del copyright di A Course in Miracles – nella quale ci veniva chiesto di presentare una prova di traduzione del libro seguendo le
linee guida che loro proponevano. Le loro indicazioni facevano
sembrare quel compito quasi impossibile, ma non ci scoraggiammo: provammo a tradurre il capitolo 23 attenendoci alle
loro istruzioni e inviammo la nostra bozza. Circa un mese dopo,
partimmo alla volta degli Stati Uniti per recarci alla Foundation for A Course in Miracles, fondata da Kenneth Wapnick e da
sua moglie Gloria come centro d’insegnamento del Corso. Qui
frequentammo delle lezioni e fummo sottoposti ad alcuni test
per valutare la nostra idoneità ad affrontare la trasposizione
dell’opera. Tornammo da quel viaggio con il contratto per la
traduzione ufficiale in italiano di Un corso in miracoli.
Si trattava di una procedura anomala, dato che non avevamo
ancora un editore interessato alla pubblicazione del libro e
normalmente è l’editore a scegliere i traduttori. Ancora una
volta lasciammo che le cose seguissero il loro corso. Sapevamo
che non sarebbe stata una traduzione facile: altre persone in
altri paesi ci stavano lavorando da anni senza approdare a una
versione definitiva. I cinque anni dedicati alla traduzione furono particolarmente intensi: da un lato sentivo la responsabilità
e l’impegno di inviare regolarmente negli Stati Uniti il nostro
lavoro, dall’altro dovevo fare i conti con le mie resistenze e
quindi portare avanti il lavoro interiore che il Corso richiedeva. Passavo giornate intere al computer, poi improvvisamente
mi bloccavo per giorni e giorni fino a quando, assalita dai sensi
di colpa per non avere materiale pronto da inviare, cercavo di
recuperare il tempo perso. Mi ero data il compito di coordinare il lavoro: toccava a me raccogliere le decine
e decine di domande da porre a Ken Wapnick,
nostro supervisore, perché sciogliesse i dubbi
interpretativi sul testo e provvedere quindi alla
revisione finale. Mi ero imbarcata in una sfida più grande di me, tra pentametri giambici
e rime shakespeariane, ma nonostante i momenti di cedimento non ho mai mollato, grazie
al sostegno costante di Sergio e Fulvio.
Per tradurre il Corso era necessario conoscerne
il contenuto ed era quindi richiesto che il traduttore ne fosse anche uno studente. Di fatto, il
processo di traduzione fu la parte più ‘sempli-
isabella popani
Counselor, punto di riferimento in Italia della Findhorn Foundation, Scozia,
da oltre venti anni Isabella Popani tiene corsi e conferenze in Italia e all’estero per condividere le sue esperienze
nell’ambito della crescita personale e spirituale.
Isabella Popani può essere contattata inviando una e-mail a
[email protected]
Per maggiori informazioni sul suo lavoro visitate il sito
www.isabellapopani.it
ce’ del lavoro: le parole entravano dentro di me ed ero in grado
di sentire dall’interno se tutto funzionava o se aveva bisogno di
ulteriore approfondimento. La parte più difficile era fare i conti
con il mio ego, che si sentiva costantemente minacciato e faceva di tutto per ostacolarmi e impedirmi di proseguire il lavoro.
Ricordo di aver scritto a Ken qualcosa del genere: «Come mai
se il Corso ha come scopo il disfacimento dell’ego, io lo sento
diventare sempre più forte?». Fu l’unica lettera a cui Ken non
rispose. Compresi in seguito che ciò che mi stava accadendo era
la conseguenza logica del lavoro che stavo portando avanti su
me stessa. Prima che il Corso entrasse nella mia vita, non avevo
mai prestato veramente attenzione all’ego e al suo sistema di
pensiero e ora che lo stavo affrontando era destabilizzante.
Un altro momento difficile fu portare a completamento il mio
compito di traduttrice. Avevamo finalmente trovato l’editore
ed era giunta l’ora di consegnare il frutto del nostro lavoro. La
traduzione del Corso mi aveva accompagnato per cinque lunghi
anni e adesso tutto finiva. Dovevo lasciar andare la mia identificazione con il ruolo di traduttore senza sapere cosa mi riservasse il futuro. L’unica certezza era che lo studio del Corso non
sarebbe finito.
In seguito ho avuto la possibilità di tradurre altre opere legate
al Corso e la mia attività di traduttrice prosegue ancora oggi con
la traduzione del materiale di studio che viene pubblicato sul
sito dell’Associazione per lo studio e la diffusione di Un corso
in miracoli. Non so se la mia vita sarà sufficiente a tradurre tutti i testi ancora disponibili in
inglese. Sono però consapevole che tradurre
il materiale legato al Corso, così come svolgere
l’attività d’insegnamento sui suoi contenuti,
sono aspetti fondamentali della mia vita, che
mi aiutano a restare in contatto con la mia dimensione più autentica e profonda. Q
Isabella Popani davanti alla sede della
Foundation for A Course in Miracles,
Temecula (California)
www.oltre-confine.com
25
speciale > un corso in miracoli
la mia esperienza di studentessa e insegnante di
un corso in miracoli
_____________
di Patrizia Terreno
Nell’autunno del 1994 decisi di invitare Kenneth e Gloria
Wapnick a tenere una conferenza nella mia città. All’epoca insegnavo tecniche di crescita personale sia in Italia che all’estero ed ero la Direttrice italiana di avp Italia, l’organizzazione
professionale dei Vivation Professionals. Dirigevo un centro
nel quale invitavo regolarmente i più celebri esperti mondiali
di crescita personale.
Fin dal 1989 avevo sentito parlare del Corso in miracoli e nei
cinque anni successivi avevo cercato di studiarlo autonomamente. Coordinavo anche un piccolo gruppo di studio, nel
quale io e alcuni amici volonterosi ci incontravamo settimanalmente per condividere la nostra esperienza di pratica individuale delle lezioni e cercare di comprenderne i concetti
più difficili. Nel frattempo avevo tentato a più riprese di sintetizzarlo, ma i miei ripetuti tentativi si erano rivelati molto
frustranti, perché non riuscivano a cogliere la profondità del
messaggio del Corso, andando regolarmente a scontrarsi con la
sua natura olografica.
Quando dunque seppi che Kenneth Wapnick, il più autorevole
insegnante del Corso nonché erede spirituale di Helen Schucman e Bill Thetford, sarebbe venuto in Italia, non esitai a contattarlo e a sollecitare la sua venuta nel mio centro. Speravo
foundation for
a course in miracles
La Foundation for A Course in Miracles,
strettamente associata con la Foundation
for Inner Peace, è un istituto e centro di
insegnamento per gli studenti di Un corso
in miracoli situato a Temecula, in California. Fondata nel 1983 da Kenneth e Gloria Wapnick, è stata istituita per aiutare
gli studenti del Corso «ad approfondire
la loro comprensione del suo sistema
che un incontro con lui avrebbe sciolto molti dei dubbi e delle incomprensioni del nostro gruppetto di studenti, ma non
potevo certamente immaginare le conseguenze di quella sua
venuta. Fu un incontro folgorante nel vero senso della parola.
Non solo la breve conferenza che tenne mi dimostrò quanto
poco avessimo compreso nel nostro intenso e serissimo studio
quinquennale, ma il suo atteggiamento fermo e insieme amorevole, la sua dolce figura che irradiava una pace e un entusiasmo travolgenti, mi sembrarono la migliore dimostrazione dei
principi che insegnava. Anche se il Corso in miracoli è una via di
autoapprendimento, in quell’occasione compresi che la guida
di un insegnante veramente competente poteva semplificare
e accelerare il lavoro di uno studente seriamente intenzionato ad apprenderne il messaggio e applicarne i principi nella
propria vita.
Nei cinque anni successivi a questo incontro continuai a recarmi presso la sua Fondazione a Roscoe, negli Stati Uniti, per
studiare direttamente con lui. Man mano che la mia conoscenza del Corso si approfondiva e cercavo di applicarlo nella mia
vita, maturava in me il desiderio di focalizzare su di esso quella
ricerca interiore che durava da tutta la vita, una ricerca iniziata
durante l’infanzia attraverso forti esperienze di ‘istanti santi’,
di pensiero, concettualmente e a livello
esperienziale, affinché possano diventare strumenti più efficaci, nella loro vita,
dell’insegnamento dello Spirito Santo».
Ciò non significa, tuttavia, che solo gli
studenti della Fondazione possono sperare di comprendere il Corso e di farne
esperienza. Un corso in miracoli è stato
specificatamente progettato per essere
un programma di studi basato sull’autoapprendimento, senza guru, ministri o
leader spirituali. La scuola di Temecula,
quindi, non intende sostituirsi allo studio e alla pratica individuali, ma si propone di incentivarli organizzando lezioni, workshop, gruppi di studio e molte
altre attività di approfondimento.
associazione per lo studio
e la diffusione di un corso
in miracoli
Nata nel 2005 come estensione italiana
della Foundation for A Course in Miracles,
l’Associazione ha lo scopo di promuovere
lo sviluppo spirituale attraverso lo studio
e la pratica di Un corso in miracoli. Al fine
di favorirne la comprensione e la divulgazione, organizza programmi educativi,
seminari, conferenze, incontri e pubblica
la rivista trimestrale The Lighthouse.
www.ucim.it
www.facim.org
Gloria e Kenneth Wapnick
P. Terreno, F. Merlino, I. Popani
26
Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili
speciale > un corso in miracoli
poi proseguita con una laurea in Antichità e una professione
nel mondo dell’arte e infine sfociata nella crescita personale.
Sentivo finalmente che la mia ricerca era arrivata a un punto
fermo: ero, per così dire, ‘arrivata a casa’ e intuivo che al Corso
avrei dedicato gli anni successivi della mia vita.
«Quando incontri qualcuno,
ricorda che è un incontro santo. Come
vedrai lui, così vedrai te stesso. Come
tratterai lui, così tratterai te stesso.
Come penserai di lui, così penserai di te
stesso. Non dimenticarlo mai, poiché in
lui troverai o perderai te stesso»
A Roscoe ho conosciuto uno studente americano che studiava
e insegnava il Corso da molti anni, con il quale ho iniziato una
fase decennale di approfondimento: man mano che studiavo
e ristudiavo tutti i libri scritti da Kenneth e le registrazioni
di gran parte dei suoi seminari, mi confrontavo con lui per
sviscerare i punti rimasti oscuri. È stato in questo periodo di
studio congiunto che ho compreso la didattica fondamentale
del Corso, ossia quel processo interiore di vigilanza sui propri
processi mentali che consiste nel «guardare i propri pensieri
senza giudizio né colpa». Mettendo in pratica questo insegnamento il più spesso possibile, ho finalmente avviato quel processo interiore di autentico perdono che è il cuore pulsante del
Corso. Nello stesso tempo, ho dedicato mesi e mesi di intenso
studio monografico agli altri temi del Corso, cominciando così
a impostare i miei primi seminari. La costante applicazione
del processo del perdono apriva nuovi spiragli di comprensione della parte teorica del testo, mentre lo studio accurato
della parte teorica mi permetteva una migliore applicazione
del processo individuale di perdono. Finalmente le mie sintesi cominciavano a essere coerenti al contenuto del Corso, i
miei tentativi di molti anni prima assumevano ora un senso
e iniziava a prendere forma una risposta soddisfacente alla
domanda che mi ponevo sempre più spesso su quale fosse la
mia speciale funzione nell’ambito del Corso. Poco alla volta si
delineava infatti un’attività di insegnamento che mi avrebbe
permesso negli anni successivi di dedicare tutto il mio tempo
e le mie energie al Corso. È stato a questo punto che è iniziata la
supervisione diretta di Kenneth Wapnick al mio lavoro e sono
nati tutti i miei seminari, circa una cinquantina, che sviluppano in modo graduale i temi del Corso, partendo dagli argomenti più generali per scendere sempre più nel dettaglio. Li ho
raggruppati in grandi serie suddivise in base alla complessità
delle informazioni raccolte, rendendoli un percorso strutturato e sistematico capace di sostenere lo studente nel lavoro di
autoapprendimento personale e nel proprio processo di crescita, aiutandolo ad approfondire la pratica e a fronteggiare nel
modo migliore gli attacchi dell’ego. È con questo spirito che
dal febbraio 2010 curo una rubrica intitolata La scuola del Corso
per la newsletter dell’Associazione per lo Studio e la Diffusione di Un corso in miracoli, del cui Comitato Direttivo faccio parte da un paio d’anni.
I miei seminari, strutturati in base al mio personale processo
di crescita, sono tutti basati sulla mia comprensione ed esperienza del Corso e del lavoro di Kenneth, che continua ad accompagnarmi nella mia evoluzione personale e a supervisionare il mio lavoro. L’intento è quello di offrire la mia esperienza a
quegli studenti che desiderano approfondire il proprio processo autonomo di studio e imparare ad applicare il Corso alla propria vita: aiutare a comprendere maggiormente il messaggio di
pace del Corso, e soprattutto sostenere quanti si trovano inevitabilmente a fronteggiare gli attacchi che l’ego sferra contro chi
prova effettivamente a lasciarlo andare, mi rende felice.
Attualmente lavoro in diverse città, dove seguo vari gruppi di
studio che si riuniscono e studiano autonomamente, e presso
i quali conduco i miei seminari con una frequenza scelta dai
partecipanti del gruppo. Non c’è nulla che mi dia tanta gioia
quanto contribuire a quella ricerca e diffusione della pace interiore che è il vero obiettivo di Un corso in miracoli. Insegnando quanto ho imparato, continuo il mio processo di apprendimento e si allarga il gruppo di amici con i quali gioiosamente
‘ritorno a Casa’. Q
patrizia terreno
Laureata in Lettere Classiche, ha compiuto studi umanistici, musicali e teatrali a Torino, sua città natale. Si è formata nel campo della
Crescita Personale sia in Europa che negli Stati Uniti e nel
1993 ha fondato l’organizzazione professionale italiana
di Vivation avp Italia, che ha diretto per tre anni, entrando in seguito a far parte del Board mondiale di Vivation.
Tra il 1996 e il 2000 ha studiato con il dr. Kenneth Wapnick
presso la Foundation for A Course in Miracles, iniziando a insegnare il Corso sia in Italia che all’estero. Oggi tiene una
serie di seminari sia in Italia che all’estero.
Patrizia Terreno può essere contattata inviando una e-mail a
[email protected]
L’elenco dei suoi seminari si trova sul sito www.ucim.it
alla pagina corsi
www.oltre-confine.com
27
Come sarà
100 pagine di
incontri
Interviste, dialoghi e conversazioni con quegli spiriti
liberi, spesso considerati degli outsider all’interno
del loro specifico campo di
attività, che operano per
il risveglio della coscienza
portando avanti a diversi livelli un esemplare lavoro di
ricerca, insegnamento e divulgazione.
universo
olistico
Terapie alternative
e percorsi di guarigione
La guarigione è sovente l’ultima tappa di un percorso di
comprensione e di accettazione in cui veniamo incoraggiati a confrontarci con
la verità. La verità è una, ma
può essere sperimentata in
modi diversi, quindi diverse
sono le terapie e gli approcci terapeutici in grado di
risvegliare la forza guaritrice dell’individuo. Universo
Olistico si propone di analizzare con obiettività questi
differenti metodi terapeutici, considerati alternativi ai
dettami della medicina ufficiale, attraverso articoli di
approfondimento, contributi
di terapeuti e testimonianze
di pazienti.
28
Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili
speciale
Spazio di approfondimento dedicato ai grandi insegnamenti spirituali di ogni
epoca e ai personaggi che
hanno fatto la storia della
spiritualità, dell’esoterismo
e della ricerca psichica, con
lo scopo di comprenderne il
messaggio alla luce dei tempi
attuali e di fornire spunti di
riflessione e nuove chiavi di
lettura.
segnali
dalla rete
Esplorazione e perlustrazione
del world wide web per scoprire quanto di meglio ha da offrire. Recensioni di siti, portali e blog che si occupano di
spiritualità. Segnalazioni di
forum, pagine facebook, canali
youtube, web-radio e web-tv.
simposio
Corsi, seminari, conferenze
di libro
in libro
Libri e lettori a confronto
I libri sono strumenti formidabili e insostituibili per
accrescere la conoscenza di
sé e dare nuovo slancio alla
propria evoluzione personale. Di Libro in Libro darà
spazio e voce a quei libri, di
ogni genere e di ogni epoca,
capaci di allargare i confini della mente ed elevare
le aspirazioni dello spirito.
Protagonisti della rubrica
saranno principalmente i
nostri lettori, ma anche tutti quegli operatori culturali,
editori e librai in primis, che
si dedicano con passione a
promuovere modelli e stili di
vita alternativi.
Spazio aperto ai cercatori
spirituali di ogni età e orientamento che abbiano voglia
di raccontare e ripercorrere
alcune tappe significative del
loro percorso, proponendo
testimonianze, cronache e
resoconti di eventi, workshop
e iniziative a cui hanno partecipato. Simposio si propone
inoltre di approfondire la
storia e l’attività delle scuole,
dei centri e delle associazioni
culturali che con il loro prezioso lavoro offrono luoghi e
possibilità concrete d’incontro e di condivisione.
Oltreconfine
spiritualità, esoterismo, crescita personale
psicologia transpersonale, medicina alternativa
arte, filosofia, letteratura, nuove scienze
arte &
consapevolezza
Esperienze creative e
itinerari della coscienza
letteratura
& psiche
Antiche saggezze
e nuovi scenari
L’arte della parola scritta, in
versi o in prosa, è da millenni lo strumento principe per
trasmettere emozione e conoscenza. Letteratura & Psiche intende celebrare quelle
opere prodigiose e senza
tempo capaci di alimentare
le aspirazioni dello spirito e
approfondire le gesta di quegli autori appassionati e visionari che si sono serviti del
potere dell’immaginazione
per elaborare nuovi e coraggiosi modelli di realtà.
L’arte non è mai un fine in se
stesso, ma un mezzo sublime
per ispirare nuove concezioni della realtà e favorire negli
individui uno sviluppo armonioso e consapevole della
coscienza. Arte & Consapevolezza intende ripercorrere la
storia dell’arte e della creatività da tale prospettiva evolutiva, rivisitando la vita e le
opere dei suoi protagonisti.
spazio creativo
spazio autori
oltrefrontiera
Attraverso testimonianze e
cronache di viaggio, Oltrefrontiera desidera visitare
luoghi e paesi vicini o lontani
per confrontarsi con realtà,
tradizioni e culture diverse,
in grado di sospingerci oltre
i confini abituali della mente
e dello spirito.
Vetrina dedicata ad artisti
(pittori, scultori, illustratori,
fotografi...) e scrittori (poeti,
romanzieri, saggisti...), ancora poco noti al grande pubblico, che adoperano gli strumenti dell’arte per accedere
alla dimensione spirituale
della psiche in un incessante
processo di trasformazione e
di scoperta di sé e del Divino,
comunque lo si intenda.
spazio onlus
Salotto virtuale dedicato ad
approfondire l’attività delle
organizzazioni non lucrative
di utilità sociale che spesso,
nel nostro paese, hanno il coraggio di assumersi compiti
scomodi e di fare cultura, nel
senso autentico della parola.
www.oltre-confine.com
29
spiritualità pratica e strumenti
della coscienza
dalla tana del bianconiglio
Posta metafisica: dubbi, incognite, riflessioni
Così tante domande prendono forma dentro di noi
quando la mente tenta di andare oltre! Con questa
rubrica tenterò di rispondere, in breve, ai vostri
quesiti ‘metafisici’, condividendo insieme dubbi,
incognite e riflessioni.
Molti insegnamenti spirituali, corsi e libri tendono a lasciarci nel buio quando si tratta di passare
all’azione e capire concretamente come fare. Con
questa rubrica è mia intenzione approfondire teorie, principi e concetti e fornire gli strumenti per
applicarli nella vita quotidiana. Solo quando si riesce a passare dalla teoria alla pratica è possibile
cambiare significativamente in meglio le nostre
esistenze.
a cura di
Andrea Panatta
a cura di
Carlo Dorofatti
Nato a Milano il 29 settembre 1970, esplora da oltre
vent’anni le tradizioni spirituali d’Oriente e Occidente e le cosiddette discipline di frontiera. Tiene
conferenze e seminari in Italia e all’estero. Fondatore del Centro Studi Ascensione 93, dal 2008 è membro dell’International Conference on Ancient Studies.
Pubblica articoli su numerose riviste specializzate
e su diversi portali online. È fondatore e presidente dell’Accademia A.Co.S per la quale ricopre
il ruolo di conferenziere, istruttore di Meditazione
e di Esplorazione delle Facoltà Interiori, docente di
Elementi per la Ricerca Spirituale ed Esoterica. Con la
casa editrice Nexus ha pubblicato Nient’altro che sé
stessi e Anima e Realtà.
www.carlodorofatti.com
30
Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili
Nato a Roma il 4 dicembre 1973, si occupa da
diciassette anni di ricerca spirituale, sviluppo
del potenziale psichico e terapie energetiche. Ha
studiato e praticato il Pranic Healing di Master
Choa Kok Sui esercitando per quattro anni la
funzione di istruttore presso l’Accademia di Pranic
Healing di Roma. È un appassionato di tecniche
energetiche e di guarigione psichica (Metodo Silva,
sciamanesiamo Huna, Qigong cinese). Dal 2008
è counselor e formatore presso diverse strutture.
Dal 2009 insegna il corso di Igor Sibaldi I Maestri
Invisibili.
le sorgenti del mito
Deve esistere un luogo, celato nel più profondo
dell’interiorità umana, dal quale scaturiscano le
sorgenti del mito, dal quale sia possibile, in volo,
giungere a verità sottili che spieghino il funzionamento intimo della vita e della realtà. Senza la pretesa di arrivarvi troppo vicino, per non incorrere
nell’ira degli Dei, ma nella speranza di giungervi
vicino quanto basta, con questa rubrica voglio incamminarmi insieme a voi, cari lettori, sui ripidi
fianchi dell’Olimpo, in cerca delle ragioni profonde che stanno alla base dei miti. Per farlo, ci appoggeremo a un sentiero d’eccezione: le immagini
dell’arte. Andremo in cerca di cavalieri, damigelle,
chimere, antiche battaglie e celebri incantesimi, e
tenteremo di cogliere il loro messaggio universale,
leggendolo nell’altrettanto universale linguaggio
dei simboli.
healing through writing
Guarire con la scrittura
Scrivere per riscoprire i sentimenti sepolti dentro
di noi, per esplorare e svelare le ansie e i blocchi
con cui conviviamo. Con questa rubrica tenteremo
di capire come l’atto della scrittura possa trasformarsi in un utile strumento di guarigione che aiuta
a calmare le emozioni, liberando così la strada alla
crescita personale e dando nuova energia alla nostra vita.
a cura di
a cura di
Sebastiano B. Brocchi
Originario di Montagnola (Svizzera) e oggi residente in Francia, è nato il 18 marzo del 1987. In terza
liceo lascia gli studi per diventare scrittore e ricercatore autodidatta nel campo della storia dell’arte,
della filosofia ermetica, della simbologia sacra e
dell’alchimia interiore.
Scrittore, nel 2004 ha pubblicato la sua prima opera, il breve trattato Collina d’Oro – I Tesori dell’Arte.
Negli anni successivi hanno visto la luce Collina
d’Oro Segreta (2005) e Riflessioni sulla Grande Opera
(2006). È del 2009 il saggio, dedicato all’interpretazione esoterica delle fiabe tradizionali, Favole Ermetiche. La prima opera di narrativa è l’avvincente
giallo esoterico L’Oro di Polia (Kimerik 2011), che
racconta della ricerca di un inestimabile tesoro del
Rinascimento legato a Lucrezia Borgia.
Kieron Devlin
Ipnoterapista, operatore eft, esperto di pnl e scrittore, vive e lavora a Londra. La sua attività consiste nell’aiutare le persone a superare i loro blocchi
tramite l’ipnosi e a intraprendere il cammino verso
una crescita personale consapevole. Tiene dei workshop sull’utilizzo della scrittura come strumento
di guarigione.
www.kierondevlin.com
www.arthealswounds.blogspot.com
sites.google.com/site/sebastianobrocchi
www.oltre-confine.com
31
E LA RESPIRAZIONE OLOTROPICA
Terapie alternative e percorsi di guarigione
STANISLAV GROF
C’è uno spettacolo più grande del mare,
che è il cielo; c’è uno spettacolo più grande
del cielo, che è la sfera intima dell’anima.
Victor Hugo, I miserabili
universo olistico
universo olistico • Terapie alternative e percorsi di guarigione
_____________
di Elisabetta Corberi
A
La Respirazione Olotropica è una tecnica di autoesplorazione che, facilitando l’accesso ai livelli profondi
della coscienza, permette ai contenuti dell’inconscio di riaffiorare in superficie. Basata principalmente sulla
respirazione accelerata, è un efficace strumento terapeutico e un potente metodo di sviluppo e di conoscenza
personale.
cos’è la respirazione olotropica
La Respirazione Olotropica è un potente metodo terapeutico
e autoesplorativo che utilizza una combinazione di elementi
semplici: la respirazione accelerata, la musica evocativa e un
particolare tipo di lavoro sul corpo che aiuta a sciogliere i blocchi emotivi e bioenergetici residui.
Il respiro accelerato, insieme alla musica, rendono possibile
l’accesso a uno stato non ordinario di coscienza che ha il potere di scavalcare i processi intellettuali e di far emergere i
contenuti dell’inconscio, portando in superficie il materiale
emotivo da elaborare.
Le sedute di Respirazione Olotropica solitamente si svolgono
in gruppo durante workshop di due giorni (o più giorni in caso
di seminari residenziali). Si possono fare anche sessioni individuali, soprattutto in presenza di particolari disturbi emotivi,
sebbene non siano sicuramente il modo migliore di sfruttare
il potenziale della Respirazione Olotropica.
I gruppi sono aperti non solo a chi soffre di patologie psichiche
o psicosomatiche, ma a chiunque sia alla ricerca di se stesso, di
una maggiore consapevolezza e di un ampliamento della coscienza. Di fatto, i gruppi sono frequentati da persone di ogni
tipo, spesso provenienti da altri percorsi psicologici e spirituali o ai primi passi nell’esplorazione di sé. In base alla mia
esperienza, ciò che unisce tutte le persone che ho conosciuto
in oltre dieci anni di lavoro con la Respirazione Olotropica è
il desiderio di ricerca, la determinazione nel cambiamento, il
coraggio di mettere in discussione se stessi e una certa visione della realtà. Diversamente da altri approcci terapeutici di
tipo prettamente verbale, la Respirazione Olotropica riesce ad
attivare molto velocemente e in profondità le risorse trasformative insite in ognuno di noi.
Le due giornate di lavoro di gruppo, solitamente organizzate
nel fine settimana, comprendono una parte teorica introduttiva e due sessioni di Respirazione Olotropica della durata di tre ore. Il lavoro si svolge a coppie e ciascun partecipante sperimenta sia il ruolo di respiratore che quello di
32
Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili
sitter, alternandoli nelle due sessioni di respirazione.
Durante la prima parte del workshop, oltre a un’infarinatura sulle teorie psicologiche, fisiologiche e spirituali che sono
alla base della tecnica, vengono fornite informazioni su come
comportarsi in determinate situazioni durante la sessione, sia
quando si sta respirando, sia quando si fa da sitter, in modo da
poterle gestire quanto più autonomamente possibile.
Una volta stabilite le coppie di lavoro, ha inizio la prima sessione
di pratica della Respirazione Olotropica: si fa penombra in sala
e ciascun respiratore si sdraia sul materassino con la mascherina sugli occhi e il proprio sitter seduto accanto. Il conduttore del
gruppo inizia un esercizio di rilassamento per aiutare il corpo
e la mente ad abbandonarsi e predisporsi all’ingresso in uno
stato altro della coscienza. Quindi, mentre viene gradualmente
alzato il volume della musica, la respirazione dei partecipanti
accelera, per poi essere mantenuta e sostenuta per circa tre ore
(tale è la durata media di un viaggio olotropico). Alla fine della
sessione, prima di ritrovarsi tutti per la condivisione in gruppo
dei propri vissuti, i respiratori sono invitati a disegnare un mandala in modo da rappresentare e chiudere l’esperienza.
Stanislav Grof
universo olistico
cosa accade durante il viaggio
Il termine olotropico è stato coniato da Stanislav Grof, il padre
della tecnica di cui stiamo parlando. Deriva dal greco holos (intero) e trepein (muovere verso, in direzione di) e significa letteralmente “orientato verso la totalità” oppure “che si muove in
direzione della totalità”. Il termine indica un particolare sottogruppo di stati non ordinari di coscienza dotati di un notevole potenziale terapeutico e trasformativo, distinto da quelli cui fanno
riferimento la medicina occidentale e la psichiatria ufficiale.
Gli stati olotropici di coscienza non hanno nulla a che fare con
gli stati non ordinari causati da traumi cerebrali, da intossicazioni con prodotti chimici o da processi degenerativi del
cervello. Situazioni di questo tipo provocano profonde trasformazioni mentali, deliri superficiali e psicosi organiche: le
persone che ne soffrono mostrano un caratteristico disorientamento, le loro funzioni intellettuali sono considerevolmente
debilitate e spesso soffrono di amnesia delle loro esperienze.
Nulla di tutto ciò accade negli stati olotropici, nei quali la
coscienza, pur trasformandosi qualitativamente in maniera
fondamentale, non viene mai menomata. La persona resta
totalmente presente per quanto riguarda il tempo e lo spazio,
e non perde il contatto con la realtà quotidiana. Nello stesso tempo, il suo campo di coscienza viene inondato da contenuti provenienti da altre dimensioni dell’esistenza in un
modo che può essere molto
intenso e talvolta persino
schiacciante: si sperimentano simultaneamente due realtà molto differenti, come
se avessimo ciascun piede in
un mondo diverso.
Gli stati olotropici sono
caratterizzati da una forte
trasformazione percettiva
in tutte le aree sensoriali.
Quando chiudiamo gli occhi
il campo visivo può essere invaso da immagini provenienti dalla nostra storia personale, dall’inconscio individuale e
collettivo. Possiamo avere visioni ed esperienze che raffigurano svariati aspetti del regno animale e vegetale, della natura
in generale o del cosmo. Possiamo trovarci nei reami della
mitologia e degli esseri archetipici, in altre epoche storiche
o in altre vite, possiamo sentire suoni particolari o provare
sensazioni fisiche intense, percepire le energie, avvertire sapori e odori. Possiamo vivere o rivivere situazioni che hanno
avuto a che fare con la nostra nascita, fisicamente, simbolicamente o emozionalmente.
Le emozioni collegate con gli stati olotropici coprono uno
spettro che si estende ben oltre i limiti delle nostre comuni
esperienze, includendo sensazioni di rapimento estatico, beatitudine suprema e pace che vanno oltre ogni comprensione,
ma anche episodi di terrore abissale, rabbia omicida, disperazione totale, sensi di colpa che ci consumano e forme di sofferenza emotiva inimmaginabili.
Alcune sessioni possono riguardare anche la dimensione
fisica: si possono vivere forti tremiti nel corpo, contorsioni, movimenti di diverso tipo, tosse, conati e anche intense
attivazioni nella sfera sessuale; si possono avvertire dolori
acuti in diverse parti del corpo, crampi e contratture legati a
energie psicofisiche represse, a traumi fisici passati o anche a
complicazioni vissute durante la nascita. In alcuni casi si tratta
della riattivazione di vecchi sintomi latenti dei quali si è sofferto durante l’infanzia, nella preadolescenza, nella pubertà
o in qualche altro momento della vita. Attraverso la respirazione accelerata, le tensioni corporee o blocchi bioenergetici
si attivano, raggiungono un acme (aumentano le contratture
muscolari) e quindi vengono liberate, generalmente insieme
a manifestazioni di rilascio delle emozioni bloccate, come il
pianto, l’urlo o altri tipi di espressione vocale. Quando questo
ciclo terapeutico si conclude, la persona avverte una sensazione progressiva di rilassamento profondo ed entra in uno stato
meditativo che solitamente conclude la seduta.
L’intelletto, durante tali stati di coscienza, non è indebolito,
ma funziona in maniera diversa dal solito. Può succedere di
non fidarsi più dei propri giudizi per quanto riguarda le vicende del quotidiano, ma può anche capitare di venire letteralmente travolti da informazioni assolutamente valide ed
efficaci in svariati campi.
Riusciamo a portare alla luce
profonde intuizioni sulla
nostra storia, su dinamiche
dell’inconscio, su difficoltà
emotive e su problemi interpersonali. Possiamo anche sperimentare rivelazioni
straordinarie su vari aspetti
della natura e del cosmo che
vanno ben oltre la nostra forSeminario di Respirazione Olotropica
mazione scolastica e intellet-
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33
universo olistico
tuale. Spesso le intuizioni più interessanti svelate negli stati
olotropici hanno a che fare con temi filosofici, metafisici e
spirituali. Può accadere infine che la persona attraversi sequenze di morte e rinascita psicologica e una vasta gamma
di fenomeni transpersonali, tra cui l’affiorare di profondi
sentimenti di unità con le altre persone, con la natura, con
l’universo e con Dio.
potere del respiro
Da secoli sappiamo che è possibile influenzare la coscienza con
le tecniche di respirazione. Le procedure utilizzate a tale scopo
in diverse culture arcaiche non occidentali sono numerose e
vanno dalla drastica interferenza con la respirazione a esercizi
più sottili e sofisticati messi a punto all’interno di alcune tradizioni spirituali. In alcuni gruppi, ad esempio, i neofiti venivano quasi soffocati con il fumo, con lo strangolamento o con
la compressione della carotide, mentre la forma originaria di
battesimo praticata dagli Esseni prevedeva l’immersione forzata dell’iniziato in acqua per un consistente lasso di tempo:
ne risultava una potente esperienza di morte e rinascita.
Profonde alterazioni della coscienza si possono indurre sia
estremizzando il ritmo respiratorio in un senso o nell’altro
(con l’iperventilazione, come nella Respirazione Olotropica,
ma anche trattenendo il respiro per un tempo prolungato,
come nell’antica scienza indiana del respiro, il pranayama),
sia alternando tra loro modalità di respiro diverse.
Di fatto, dagli albori della storia, qualsiasi sistema psicospirituale abbia cercato di comprendere la natura umana, ha considerato il respiro come un collegamento cruciale tra il mondo
materiale, il corpo umano, la psiche e lo spirito. Tale dato si
riflette chiaramente nelle parole che in molte lingue vengono utilizzate per indicare il ‘respiro’. Nella letteratura indiana
antica, per esempio, il termine prana indicava non soltanto
l’aria e il respiro a livello fisico, ma anche l’essenza sacra della
vita. Similmente, nella medicina tradizionale cinese, la parola chi si riferisce, oltre che all’aria che immettiamo nel corpo
stanislav grof
Stanislav Grof è nato il 1° luglio del 1931 a Praga, dove
si è laureato in Medicina e ha iniziato la sua formazione come psicanalista freudiano presso la clinica
psichiatrica dell’Università Charles. In quegli anni,
Albert Hofmann, un chimico svizzero, stava sperimentando una nuova sostanza dalle eccezionali proprietà
psicoattive: l’acido lisergico, meglio
conosciuto come lsd-25. Già da
qualche anno le proprietà dell’lsd
venivano discusse e sperimentate
negli ambienti scientifici: molti erano i volontari, gli psichiatri, i medici
e gli artisti che si sottoponevano a
sedute con questa sostanza, mentre
negli ospedali psichiatrici iniziava a
essere utilizzata con i malati cronici.
Stanislav Grof era ancora uno studente e non gli fu concesso subito
34
Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili
di sperimentare l’lsd, ma diventò supervisore delle
sedute psichedeliche di molti volontari, di cui tenne
la documentazione delle esperienze. Nell’autunno
del 1956, dopo essersi laureato, si guadagnò la sua
prima seduta con l’lsd, che segnò una profonda trasformazione nella sua anima, nonché un graduale e
radicale allontanamento dal pensiero psichiatrico tradizionale e dal monismo materialistico della scienza
occidentale. Grof divenne un profondo conoscitore del pensiero di Carl
Gustav Jung e da allora la maggior
parte delle sue attività cliniche e di
ricerca fu dedicata allo studio della
coscienza e alla trasformazione evolutiva dell’individuo. Per venticinque
anni condusse terapie con sostanze
psichedeliche, prima presso l’Istituto di Ricerche Psichiatriche di Praga
e quindi negli Stati Uniti, al Centro
per la Ricerca Psichiatrica di Balti-
universo olistico
attraverso i polmoni, all’essenza cosmica e all’energia vitale.
In Giappone, il termine corrispondente ki gioca un ruolo di
estrema importanza nelle pratiche spirituali e nelle arti marziali. Nell’antica Grecia, il termine pneuma significava sia aria
e respiro, che spirito o essenza vitale. Ancora, nell’antica tradizione ebraica il termine ruah era usato per descrivere tanto il
respiro quanto lo spirito creativo, mentre in latino, il respiro e
lo spirito avevano lo stesso nome: spiritus. Analogamente, nella tradizione hawaiana il termine ha indica lo spirito divino, il
vento, l’aria e il respiro.
mora, nel Maryland, dove dal 1967 partecipò al programma americano di studi psichedelici. Diventato
direttore del reparto di Ricerca Psichiatrica, con risultati sorprendenti sperimentò l’utilizzo dell’lsd come
mezzo per alleviare le sofferenze dei malati terminali
di cancro, oltre che in ambito psichiatrico. Insieme
ad Abraham Maslow, Anthony Sutich e James Fadiman, nel 1972 fondò l’Association for Transpersonal
Psychology, lanciando in psicologia un nuovo movimento focalizzato sullo studio della coscienza e sul
riconoscimento del significato delle dimensioni spirituali della psiche. Viaggiò in ogni parte del mondo
per conoscere e sperimentare antichi e nuovi sistemi
di cura, entrando in contatto con i più grandi maestri,
sciamani, fisici, antropologi e ricercatori del suo tempo. Nel 1973 fu invitato dall’Esalen Institute di Big Sur,
in California, dove rimase come professore residente
fino al 1987. Insieme alla moglie Christina, Grof tenne alcune lezioni all’interno dei programmi educativi
sperimentali dell’Istituto, collaborando, scambiando
Nell’approccio scientifico materialista, il respiro ha perso il
proprio significato sacro ed è stato spogliato della connessione con psiche e spirito. La medicina occidentale lo ha ridotto
a un’importante funzione fisiologica e considera patologiche
tutte le manifestazioni fisiche e psicologiche che accompagnano alcune manovre respiratorie (come le risposte psicofisiche
all’accelerazione del respiro, detta sindrome da iperventilazione) invece di considerarne l’enorme potenziale terapeutico.
Solo negli ultimi decenni, i terapeuti occidentali si sono riavvicinati al potere del respiro e sono sorte diverse pratiche
e approcci basati sulla respirazione. La tecnica messa a punto
da Stanislav Grof e da sua moglie Christina è veramente molto
semplice e racchiude in sé le nuove conoscenze della psicologia, la saggezza indigena dello sciamanesimo e del mondo
naturale, la base culturale e storica della coscienza, la vastità
della fisica moderna e della teoria dei sistemi. Al suo interno, il personale e l’universale sono valutati allo stesso modo
e vengono ampiamente contemplate le dimensioni fisiche e
biografiche, culturali, evolutive e spirituali dell’umanità. Si
tratta di un approccio che integra diverse discipline e sistemi
di cura, ampliandone le potenzialità. Nella cultura materialista prevalente nel mondo odierno, dove la separazione e la
divisione sono padrone, tale approccio reintegra la coscienza
fratturata del mondo e offre una psicologia del futuro, in grado
di espandere le nostre possibilità umane e di ricollegarci l’un
l’altro e con l’intero cosmo.
informazioni e instaurando rapporti d’amicizia con
i pionieri del nuovo paradigma scientifico (tra i quali
Frank Barr, Gregory Bateson, Joseph Campbell, Fritjof Capra, Michael Harner, Stanley Krippner, Rupert
Sheldrake) e della psicologia transpersonale (Angles
Arrien, Jack Kornfield, John Perry e Ken Wilber). Il movimento si andava ampliando e trovava adepti tra i più
grandi nomi dei diversi ambiti della conoscenza umana. Nasceva, insieme alla psicologia transpersonale,
la nuova cartografia della psiche umana elaborata da
Grof, che comprendeva, oltre alla dimensione biografica dell’individuo anche quella perinatale, archetipica
e transpersonale. A partire dal 1975 elaborò, insieme
alla moglie Christina, il metodo della Respirazione
Olotropica, capace di aprire le porte in modo del tutto
naturale alle dimensioni più profonde della psiche e
al proprio potenziale di guarigione e di autoconoscenza. Da allora, Stanislav Grof conduce personalmente e
con il suo staff workshop di formazione aperti a tutti,
sia presso l’Esalen Institute che all’estero.
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universo olistico
potenziale terapeutico della respirazione
olotropica e meccanismi terapeutici
Gli effetti benefici della Respirazione Olotropica condotta
da facilitatori esperti, ovvero terapeuti che abbiano seguito
il percorso di formazione del Grof Transpersonal Training,
sono numerosi. I più frequenti, tra quelli osservati nel corso
di anni di lavoro, riguardano diversi tipi di disagio emotivo
e condizioni considerate tradizionalmente psicosomatiche,
quali l’asma psicogena, le emicranie e i dolori fisici senza una
causa organica. In alcuni casi si notano miglioramenti significativi anche in individui che soffrono di patologie considerate di pertinenza strettamente medica, come la sindrome di
Raynaud e diverse infezioni croniche. L’impatto positivo di
una sequenza di sedute di Respirazione Olotropica va in genere ben oltre il semplice miglioramento delle condizioni
fisiche ed emotive, provocando evidenti cambiamenti nella
personalità, nella visione del mondo, nella strategia di vita e
nella gerarchia di valori di chi vi si sottopone. Si sono avuti
risultati apprezzabili anche nella cura delle ferite culturali nelle società autoctone, come quelle dei nativi americani
e degli aborigeni australiani. Essendo un lavoro non basato
principalmente sulla parola, la Respirazione Olotropica rende possibile l’abbattimento delle barriere linguistiche e culturali e, di fatto, è praticata in ogni parte del mondo. In Italia
è ancora poco conosciuta, sebbene vi siano diversi facilitatori
che operano sul territorio, mentre in alcuni paesi dell’Europa
del Nord viene utilizzata con ottimi risultati nei percorsi di
cura delle dipendenze (alcol, droghe, gioco d’azzardo, shop-
ping, cibo) anche all’interno delle strutture statali.
A un livello più superficiale dell’esperienza olotropica, possiamo osservare come meccanismi terapeutici tradizionali
quali l’emergere di ricordi rimossi, fenomeni transferali, importanti insight emotivi e intellettuali, agiscano in una forma
modificata e molto più intensa. Come risultato di spostamenti
dinamici dei sistemi che governano la psiche, si possono verificare cambiamenti considerevoli: rivivere il trauma della
nascita biologica e l’esperienza della morte e della rinascita psicospirituale può influenzare positivamente un ampio
spettro di disturbi emotivi e psicosomatici. Ma ci sono anche
importanti meccanismi terapeutici associati a vari fenomeni
transpersonali, quali le esperienze di vite passate e di unione cosmica o gli incontri con figure archetipiche. In senso più
generale, quindi, la guarigione si può intendere come un movimento verso la completezza.
Ma come agisce il respiro? Cosa rende il lavoro con la Respirazione Olotropica tanto efficace?
A grandi linee, possiamo dire che i disturbi psicologici di
differente intensità e natura sembrano trarre il loro potere
dinamico da depositi ben radicati di emozioni difficili e di
energie fisiche represse associate a diversi psicotraumi, di cui
già Freud e Breuer avevano parlato soffermandosi sul blocco
affettivo che ne derivava. Le terapie consistevano nel mandare
il paziente in uno stato olotropico di coscienza (in questo caso
trance ipnotica) che permettesse, attraverso una regressione
all’infanzia, di rivivere il ricordo rimosso e sciogliere il blocco
affettivo e la carica energetica a esso collegata, in un processo
Disegni e mandala dei partecipanti ai seminari di Respirazione Olotropica
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Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili
universo olistico
che Freud chiamò di abreazione e catarsi. In seguito, Freud abbandonò l’ipnosi e utilizzò il metodo delle libere associazioni
considerando nuove ipotesi (fantasie infantili) nell’eziologia
delle psiconevrosi. Alla luce dei risultati ottenuti con la Respirazione Olotropica, abreazione e catarsi meriterebbero invece
una riconsiderazione in ambito psicoterapeutico, dal momento che il loro potenziale curativo viene spontaneamente richiamato durante le sedute, producendo spesso effetti stabili.
Come ha dimostrato con chiarezza Wilhelm Reich, una terapia
esclusivamente verbale è inadeguata per lavorare sui blocchi
bioenergetici alla base dei disturbi emotivi e psicosomatici.
Fu proprio Reich il primo a sperimentare metodi che combinassero respirazione e lavoro sul corpo con questo scopo. Da
un punto di vista fisiologico, la respirazione accelerata comporta una serie di modificazioni e risposte del nostro corpo
piuttosto complesse e specifiche. Se prendiamo in considerazione i meccanismi fisiologici che intervengono, la condizione di una persona durante la Respirazione Olotropica è
molto simile a quella di chi si trova in alta montagna, dove c’è
meno ossigeno e il livello di anidride carbonica viene ridotto
dalla respirazione accelerata compensatoria. La corteccia cerebrale, la parte più giovane del nostro cervello e anche la più
sensibile a una serie di influenze (alcol, anossia) rispetto ad
altre parti più arcaiche, subisce un’inibizione, mentre le funzioni corticali più antiche vengono potenziate rendendo più
facilmente accessibili i processi inconsci. Il lavoro è di tipo
omeopatico, nel senso che durante la respirazione accelerata
i traumi psicofisici vengono attivati o riattivati, intensificati e
quindi sciolti, motivo per cui durante le sessioni di Respirazione Olotropica si assiste spesso a manifestazioni emotive e
fisiche assai intense.
Come noto ormai nelle moderne scuole di psicologia e come
sostenuto da tempo dalla bioenergetica, l’individuo reprime
le emozioni attraverso il respiro. Si tratta di un meccanismo
inconscio, dunque automatico: quando non vogliamo sentire un’emozione che riteniamo sgradevole o inopportuna,
automaticamente smettiamo di respirare, entriamo in apnea. Con la contrazione del respiro s’irrigidiscono, sempre
in modo involontario e meccanico, anche diversi muscoli del
nostro corpo e viene ostacolato il normale flusso circolatorio
ed energetico nelle zone interessate, con conseguenti depositi di tossine. Queste tensioni involontarie e le relative tossine accumulate in seguito a emozioni non agite finiscono col
creare disturbi di tipo cronico, chiamati appunto disturbi psicosomatici: gastriti, coliti, cefalee, cistiti, ma anche dolori in
diverse parti del corpo, come mal di schiena ricorrenti. La respirazione accelerata agisce esattamente in senso inverso alla
repressione emotiva. È come se facesse saltare i tappi emotivi,
aiutando a ripristinare l’equilibrio negli organi, nei vasi, nelle
cellule e nelle energie interessate. Questo è quanto accade a un
livello psicofisiologico del lavoro. Ovviamente è raro che possa bastare una sola seduta di Respirazione Olotropica per trasformare e riequilibrare in modo definitivo un disturbo psi-
elisabetta corberi
Si laurea in Psicologia nel 1992
all’Università La Sapienza di
Roma con una tesi sui paralleli tra i percorsi di recupero delle
anime nello sciamanesimo e nella
psicologia analitica di Carl Gustav
Jung. Si specializza in Psicologia Clinica all’Istituto di Psicologia Clinica della facoltà di Medicina e Chirurgia presso
l’Università degli Studi di Siena. Lavora per alcuni anni in
un Centro di Igiene Mentale di Roma e all’Istituto di Psicologia Clinica di Siena, in diversi Istituti Superiori della
capitale a progetti di Educazione alla Salute e di prevenzione del disagio psicologico e svolge attività di consulenza,
informazione e prevenzione psicologica su internet.
Dal 1994 lavora privatamente come psicoterapeuta di formazione junghiana.
Nel 1999 viene a conoscenza dell’esistenza della tecnica
Olotropica ed entra in contatto con il gtt (Grof Transpersonal Training) negli Stati Uniti presso il quale consegue la
formazione e l’abilitazione alla terapia Olotropica.
Dal 2001 svolge seminari esperienziali di gruppo di Respirazione Olotropica affiancando, e in molti casi integrando,
questa attività con quella psicoterapeutica individuale,
data l’accelerazione che la tecnica Olotropica fornisce alla
comprensione e alla risoluzione dei disturbi psichici e psicosomatici.
Nel 2010 si specializza in Sand Play Therapy presso l’aispt
(Associazione Italiana per la Sand Play Therapy).
La dottoressa Elisabetta Corberi può essere contattata inviando
una e-mail a [email protected]
Per maggiori informazioni sulla Respirazione Olotropica e sui
seminari visitate il sito www.respirazioneolotropica.com cofisico; come in tutte le questioni che coinvolgono la psiche
e le abitudini dei nostri circuiti interni, solitamente serve un
percorso che si protragga per un certo periodo di tempo. Tuttavia, considerando che ciascun individuo attiva il proprio potenziale interno con modalità e intensità del tutto individuali,
nei miei dieci anni di lavoro con la Respirazione Olotropica ho
assistito a piccoli e grandi ‘miracoli’ anche nel corso di un solo
workshop.
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universo olistico
l’esperienza olotropica di sofia:
una rinascita alla vita
Sofia è una bella ragazza di ventisei anni quando la incontro
per la prima volta, una studentessa di psicologia che vuole
intraprendere un percorso di analisi. Ha già partecipato a un
seminario di Respirazione Olotropica e ha aspettato un anno
per iniziare la psicoterapia. Ha sofferto d’asma fino ai dodici
anni e di forti cefalee che continuano a tormentarla. Lamenta vertigini, una strana pesantezza alle gambe, sensazioni di
svenimento e spesso di forte confusione. Soffre di attacchi di
panico, di disturbi e intolleranze alimentari. Ha una grande
paura di attirare l’attenzione e di essere aggredita dalle persone. Non riesce a fare la doccia quando è sola in casa: teme che
possa arrivare qualcuno. Ha molta voglia di capire, è intelligente, perspicace e fortemente motivata a risolvere i blocchi
che le stanno rendendo difficile la vita. Iniziamo un percorso
analitico insieme e dopo qualche mese partecipa nuovamente
a un seminario di Respirazione Olotropica.
Questo è il resoconto della sua esperienza, il primo giorno
come sitter e il secondo come respiratrice.
Il primo giorno, quando respirava Mauro e io gli facevo da
assistente, mi sentivo molto coinvolta e allo stesso tempo
percepivo di voler resistere a tutto questo coinvolgimento.
Sentivo di conoscerlo, come se fosse stato qualcuno di molto
importante nella mia vita; allora ho capito di essere al sicuro e di potermi rilassare. Quando mi ha raccontato che
durante la respirazione si è trovato a stringere tra le braccia
e accarezzare un feto, provando una sensazione di affetto
mista a pena, sono rimasta colpita: era lo stesso momento
in cui con la mano sfiorava il mio viso. Per la prima volta
il contatto non mi faceva paura: la sua mano così delicata
era inoffensiva e leggera, non m’invadeva, come se stesse
scoprendo lentamente qualcosa; sentivo che potevo lasciarlo fare. In quel momento, Mauro mi ha tirata a lui
premendo la mia testa contro la sua e mi ha
abbracciato... Lo sentivo come se fosse
stato parte di me, sentivo me stessa e
un’intima pressione che ci avvicinava. A un tratto si è allontanato di scatto e io mi sono seduta.
Siamo scoppiati a piangere
entrambi, lui per il suo dolore e io per il mio; mentre
stava ancora respirando, mi
ha detto: «Grazie che c’eri».
Forse lui non lo sa, ma in quel
momento, con le mie lacrime,
l’ho ringraziato anch’io: mi
aveva fatto rivivere qualcosa che
credevo fosse finito e che invece era
ancora tanto vivo dentro di me.
Il secondo giorno ero agitata. Ero contenta di respirare con
Mauro, ma all’inizio mi sembrava di non riuscire a trovare
il ritmo giusto e a lasciarmi andare, fino a quando non mi
sono resa conto di essere già entrata nel processo. Un mal
di testa pazzesco, mi sentivo la testa scoppiare, un forte fremito alle gambe; sentivo il bisogno di spingere con la testa
contro qualcosa, all’apparenza senza una direzione o un
motivo preciso. Ho iniziato a sentire in me molta energia,
molta forza, soprattutto nel collo e nelle spalle, ed è iniziata
la lotta. Ero immersa in qualcosa di rosso vivo, carne pulsante, viscida. Mi sentivo stretta in una morsa: tutto il mio
corpo era circondato e io dovevo lottare, anche se non sapevo contro chi o che cosa, per uscire di lì. Questa sensazione
di pericolo faceva crescere dentro di me un concentrato di
rabbia, aggressività ed energia: più avvertivo resistenze intorno a me, più sperimentavo la mia forza, fino a quando
non sono crollata esausta, con la triste consapevolezza di
non avercela fatta ancora una volta. Avevo molto caldo, ero
tutta sudata, il mal di testa non mi dava tregua. Mi sembrava di avere la febbre alta, sentivo la nausea.
Ho ripreso a respirare intensamente. L’ammasso di carne
che mi circondava ha preso forma, era il corpo di un uomo
che mi violentava. Dovevo liberarmi di lui, dovevo mandarlo via per proteggermi, adesso che potevo. Così ho ricominciato a lottare. A un certo punto Elisabetta mi ha toccato
lo stomaco, ho gridato forte e sono scoppiata a piangere.
All’inizio non visualizzavo nulla, poi man mano sono riuscita a vedere ciò che stava accadendo nel mio corpo, vedevo
con chiarezza il mio diaframma contrarsi e sentivo dolore,
partiva il grido ed ecco, qualcosa saliva dentro di me, un
bolo rosa che dovevo vomitare, ma ci voleva troppa forza e
io ero esausta. Poi di nuovo contrazioni, spinte interne, grida, tosse... Ecco, ero sul punto di vomitare, sentivo il bolo
in gola, ma quando ho realizzato che stava per uscire, che
avrei sentito l’odore e forse lo avrei visto... no, non
potevo. Ho ingoiato ancora e mi è rimasta la
nausea.
Qualcuno mi ha abbracciato da dietro; credo che inizialmente fosse
Elisabetta e che poi Mauro abbia
preso il suo posto. Era quello
di cui avevo bisogno in quel
momento, proprio io che sono
terrorizzata da tutto ciò che
mi arriva alle spalle e che
non posso vedere. Ho provato la sensazione rassicurante
di potermi affidare anche a
una presenza maschile. Poi ho
sentito un dolore lancinante e ho
iniziato a muovermi freneticamente
come in preda a un attacco epilettico.
Il mandala di Sofia
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Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili
universo olistico
Dovevo uscire da quel groviglio, ma non riuscivo a spingere
perché mi sentivo troppo debole. Allora ho iniziato a strisciare come un serpente. Scivolando, sentivo intorno una
leggera pressione, come se le membrane del corpo esterno si
stessero lacerando al mio passaggio. Mi sentivo felice, stavo
uscendo attraverso il buco di quella membrana sgretolata,
ma questa volta non ero nauseata dalla fluidità del liquido intorno a me. Mi sentivo pulita, potevo godermi l’uscita
senza giudicarmi e senza vergognarmi: ero io, ero nata e
intorno a me c’erano dei visi che mi guardavano sorridenti. Poi mi sono ritrovata su una spiaggia hawaiana dove
è comparso un gruppo gospel americano che cantava inni
di lode, forse per la mia nascita. Ho riso tanto nel vederli con indosso quelle tuniche blu e grandi colletti bianchi!
Poi è arrivato un gruppo di hawaiani con il loro gonnellino tipico e io mi sono ritrovata a ballare con loro, felice e
spensierata.
Durante la condivisione col gruppo, Sofia ha parlato di due
episodi di violenza subiti quando era piccola, uno a quattro
anni e uno a undici. Ha detto di aver ricontattato le emozioni
di quei momenti, la rabbia, la vergogna, il senso di colpa, ma
anche di non aver provato più disgusto al contatto fisico, come
le succedeva prima. Era felice di aver potuto sperimentare un
abbraccio rassicurante senza doversi difendere. Ha detto anche di aver sperimentato una forza che non pensava di avere,
di non aver sentito paura, né voglia di fuggire. Era immersa
nelle situazioni, ma le voleva affrontare, perché sapeva che
avrebbe potuto farcela. Questa respirazione ha segnato un
passaggio importante per Sofia, che da qui in avanti ha ripreso
velocemente e tenacemente il suo cammino, con nuova determinazione, forza e consapevolezza. A questa seguiranno altre
respirazioni, molto intense ma sempre più luminose. I sintomi non si sono più ripresentati e Sofia viaggia a gonfie vele nel
bellissimo percorso della sua vita. Q
Grof e la moglie Christina
Bibliografia
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Stanislav Grof, Joan Halifax, L’incontro con la morte,
Siad 1978
S. Grof, Oltre il cervello, Cittadella 1988
S. Grof, Christina Grof, Oltre la soglia: l’inconscio
proiettato nell’eternità, Red 1988
S. Grof, Emergenza spirituale, Red 1993
S. Grof, C. Grof, La tempestosa ricerca di se stessi,
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S. Grof, H.Z. Bennett, La mente olotropica, Red 1996
C. Grof, Guarire dalla dipendenza, Red 1998
S. Grof, Il gioco cosmico della mente, Red 2000
S. Grof, Psicologia del futuro, Red 2001
S. Grof, Quando accade l’impossibile, Urra 2006
S. Grof, L’ultimo viaggio, Urra 2007
S. Grof, C. Grof, Respirazione olotropica,
teoria e pratica, Urra 2010
Web
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www.stanislavgrof.com
sito personale di Stanislav Grof
www.holotropic.com
sito ufficiale del Grof Transpersonal Training
www.grof-holotropic-breathwork.net
sito ufficiale dell’Associazione Internazionale
per la Respirazione Olotropica
www.oltre-confine.com
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Il carro di Apollo, 1912 c. (particolare)
ARTE & CONSAPEVOLEZZA • Esperienze creative e itinerari della coscienza
Odilon
Redon
i colori dell’invisibile
_____________
di Silvia Tusi
A
Artista introspettivo e visionario, nelle sue enigmatiche figure si legge la perenne ricerca di un contatto con se
stesso, l’affanno di attingere alle sorgenti dell’energia creativa. La produzione artistica di Redon è un viaggio
nell’anima di un uomo che cerca risposte sull’esistenza.
«l’arte fa sbocciare ogni cosa, è il supremo
raggiungimento, alto, salvifico, sacro».
La base fondante di un capolavoro, sia esso un quadro, una poesia o un romanzo, dovrebbe sempre essere l’onestà dell’artista: solo attraverso di essa si può raggiungere il cuore e l’anima
delle persone. Nell’incontro con un’opera d’arte, dovrebbe
rimanere impressa una sensazione di empatia, un’emozione
codificabile, il ricordo di un’esperienza nuova e fondante. Se
ciò non avviene, può voler dire che l’artista non è riuscito ad
arrivare al fondo del suo cuore in modo sincero e a trasmettere il suo personale messaggio. Al contrario, quando l’onestà
avvolge completamente l’opera, colui che la guarda percepisce
un elemento di diversità e unicità che trascende i limiti tem-
40
Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili
porali e rende tutto immortale: non solo l’opera e il suo autore,
ma anche chi la contempla e l’emozione che ne scaturisce.
L’arte di Odilon Redon ha sempre avuto questo requisito. Come
lui stesso ha scritto, «la capacità di porre in un’opera più significato di quanto ci si ripromettesse e di superare in qualche
modo il proprio desiderio con un risultato imprevisto, è data
soltanto a persone del tutto leali e sincere, a chi ha nell’anima
qualcosa di più della propria arte. [...] occorre la preoccupazione della verità, forse il dono della pietà o della sofferenza»
(questa e le successive citazioni sono tratte da O. Redon, A me
stesso, Abscondita 2004). Per questo, quando guardiamo una
sua opera, sia essa una litografia, un carboncino, un pastello o
un olio su tela, non possiamo fare a meno di perderci nei suoi
arte & consapevolezza
cubicoli ombrosi, tra figure fantastiche e a volte mostruose, tra
colori accesi e volti enigmatici, sospesi nel tempo e nello spazio. Redon mantiene sempre un filo diretto con se stesso, con
il suo essere cosciente, travalicando la mente e la materialità
per raggiungere la sorgente della propria energia creativa: «Il
cuore, l’amore, nella sua sottile docilità, è ancora la migliore e
l’unica guida; il tatto, l’affermazione, la certezza gli appartengono, e forse è solo attraverso di esso che la verità si rivela».
«non vivevo che in me»
Nato nel 1840 a Bordeaux, Bertrand-Jean Redon (che sceglierà il nome di Odilon in onore della madre Odile) è una figura
atipica del suo tempo, perché non rispecchia in alcun modo
il clichè dell’artista bohemien che tanto andava di moda tra
gli impressionisti. Pur avendo avuto una vita priva di eccessi,
ha sperimentato sofferenze profonde e gioie infinite, accompagnate da intense meditazioni per cercare di approfondire
i problemi legati alla creazione, al mistero dell’esistenza e
all’arte come mezzo d’espressione delle proprie capacità percettive. «La gravità del carattere dell’arte agisce su individui
nei quali l’attenzione e la disposizione sono meditate. È lo
stesso per chi crea: l’artista sa benissimo che fra tutte le sue
opere quella che lo riflette e lo rivela meglio è stata fatta in solitudine. Solo in solitudine l’artista si sente vivere con energia,
in segreta profondità, senza che l’esteriorità mondana lo spinga o lo obblighi a camuffarsi. Lì egli si sente, si scopre, vede,
trova, desidera, ama e si satura di naturalezza alle sorgenti primordiali dell’istinto».
Fino all’adolescenza, Redon non frequenta la scuola per gravi ragioni di salute (soffriva, pare, di crisi epilettiche) e ciò lo
rende inevitabilmente diverso dai suoi coetanei, introverso e
propenso alla solitudine. «Devo al mio insegnamento libero
molti dei primi slanci del mio animo, i migliori senza dubbio,
i più freschi e i più decisivi, e sono convinto che questi furono per me molto più decisivi dell’insegnamento di una scuola
pubblica». Anche il legame con i genitori sembra essere molto fievole, loro a Bordeaux con gli altri figli, lui in campagna,
a Peyrelebade, con lo zio, esperienza che lo porta a coltivare
un intimo rapporto di contemplazione e religioso rispetto con
la natura. Nel tentativo di guarirlo dalla malattia, Redon viene condotto più volte in pellegrinaggio alla Madonna di Verdelais e le sue condizioni di salute migliorano sensibilmente
(il suo caso figura tra le centotrentatre guarigioni miracolose
avvenute al santuario di Verdelais tra il 1819 e il 1883). Ormai
completamente ristabilitosi, all’età di undici anni è costretto
a frequentare la scuola, ma il contatto con questa realtà, per
uno spirito libero e creativo come il suo, comporta soltanto
difficoltà e sofferenza. Il padre, fortunatamente, intuisce il talento di Odilon e non lo ostacola. A quindici anni gli affianca
un insegnante privato di disegno, Stanislas Gorin, una figura
estremamente importante per lo sviluppo artistico ed esistenziale di Redon: «Mi raccomandò di essere me stesso e di non
permettermi mai di fare un solo tratto di matita senza che la
mia sensibilità e la mia ragione fossero presenti». In seguito,
per volere del padre, si reca a Parigi per studiare architettura,
ma fallisce gli esami del primo anno e ritorna definitivamente
alla pittura. A quarant’anni sposa Camille, che gli sarà di grande aiuto occupandosi dell’aspetto pratico del suo lavoro: dai
rapporti con i galleristi all’organizzazione delle mostre, dalla
pubblicazione dei cataloghi alla gestione delle pubbliche relazioni. Il loro primo figlio, Jean, muore pochi mesi dopo la
nascita. Il grave lutto per la coppia è però accompagnato dai
primi successi di Odilon, tra cui l’esposizione al Salon de Bruxelles insieme a Gauguin. A distanza di quattro anni dal primo
figlio, nel 1890 nasce il secondo, Ari, a cui Redon si lega in
Odilon Redon
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arte & consapevolezza
Dall’album
La tentazione di Sant’Antonio, 1888
modo ansiogeno, costantemente angosciato dalla paura di una
nuova perdita. Nel 1914 il ragazzo parte per la guerra. Dopo un
primo periodo in cui riceve le sue lettere, Redon si ritrova a
non avere più notizie del figlio e decide di intraprendere un
avventuroso viaggio verso il fronte per carpire informazioni.
La sua salute non è buona e l’età è ormai avanzata: nel luglio
del 1916 muore per un’influenza contratta durante il viaggio, a
pochi mesi dal congedo del figlio.
«comprendere tutto è amare tutto».
Quando si parla di Odilon Redon si tende a scindere la sua
opera in due periodi nettamente contrapposti: il primo caratterizzato dai cosiddetti Noirs, definiti cupi, inquietanti, tristi,
e il secondo, iniziato nel 1890 dopo la nascita del figlio Ari, in
cui dipinge quadri estremamente colorati e illuminati da una
nuova consapevolezza. In realtà, a ben guardare tutta la sua
produzione artistica e concentrandosi sul tema della ricerca di
una spiritualità profonda, questa divisione appare subito superficiale e in qualche modo troppo elementare. Tutte le sue
Dalla serie
Le origini, 1883
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Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili
opere, dai primi disegni scuri fino ai pastelli colorati, fanno
parte di un unico processo e mantengono un’intima coerenza,
senza un prima e un dopo. Più che due periodi distinti, possiamo cogliere nell’arte di Redon un’evoluzione spirituale che
si muove di pari passo con la sua vita di uomo e di artista. Le
litografie e i disegni cupi e inquietanti altro non sono che un
modo di superare i propri demoni, dolori e frustrazioni attraverso la liberazione dell’immaginazione e del proprio inconscio, ponendo su foglio ciò che l’anima esita ad affrontare. Le
figure fantastiche e spesso mostruose rappresentano i mondi
esplorati da Redon nelle ore di solitudine e dolore, nei momenti d’introspezione profonda in cui si ritrova a dover fare
i conti con le proprie emozioni. L’utilizzo di un colore così
estremo come il nero lo facilita nel portare avanti questo processo di purificazione. Come da lui stesso affermato, «il nero
è il colore più essenziale. Attinge la sua esaltazione e la sua vita
soprattutto alle sorgenti riparate e profonde della salute. [...]
Bisogna rispettare il nero. Nulla può corromperlo: non alletta l’occhio, non risveglia alcuna sensualità. È uno strumento
arte & consapevolezza
La finestra, 1907 c.
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arte & consapevolezza
dell’intelletto, ben più del bel colore della tavolozza o del prisma». Attraverso il nero, che identifica con l’introspezione,
Redon può quindi sintetizzare l’aspetto formale della composizione ed esaltare l’essenza dei suoi soggetti. Il nero si presta
perfettamente a certe scelte iconografiche e gli permette di
liberare tutta la sua visionarietà, il suo sé più profondo, senza
doversi preoccupare troppo della scelta di una tavolozza adeguata. In questo modo, attraverso i suoi freak, l’artista trova
uno spazio salvifico in cui sfogare la negatività, creando altresì
un terreno in cui arte e scienza possono coesistere. I suoi studi
di strane creature non sono affatto casuali, ma sottostanno a
leggi di anatomia ben precise. Sono dipinti con accuratezza e
minuziosità di dettagli, quasi a voler rendere visibile la complessità dei problemi dell’universo, racchiusi in un piccolo
essere deforme: «Avevo, facendoli, la preoccupazione ben più
importante di organizzare le loro strutture». In questo modo,
sembra quasi che l’artista cerchi di unire la precisione scientifica di un Leonardo con il fantastico realismo di un Brueghel,
per legare insieme due universi apparentemente incompatibili, la scienza e la fantasia.
Dopo aver sfruttato il nero, Redon decide di sperimentare il
colore, nuove tecniche e nuove iconografie, così com’è normale per ogni artista geniale che voglia evolversi e non rimanere
ancorato a una definizione univoca della propria creazione.
Ciò considerato, l’appellativo di simbolista con cui in genere
si definisce la sua opera, appare riduttivo: l’arte di Redon trascende le correnti, si pone oltre le definizioni limitanti e nello
studio della forma cerca un nuovo modo per esprimersi e per
comunicare con il mondo.
Buddha in gioventù, 1904
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Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili
Buddha che cammina tra i fiori, 1905
«l’arte suggestiva è irradiazione
di divini elementi plastici».
È l’artista Bresdin a introdurlo all’arte della litografia, tecnica con cui Redon illustra opere letterarie di Edgar Allan Poe
e Gustave Flaubert e rende un accorato omaggio a uno dei
suoi artisti prediletti, Francisco Goya. Di certo appare facile
il paragone tra i Noirs di Redon e i Capricci del pittore spagnolo, ma il nostro attinge anche da altre fonti: Rembrandt per lo
studio della luce, Leonardo per il rapporto tra uomo e natura
e Dürer, di cui ama molto l’opera Melanconia, per il simbolismo. «Queste strane litografie, sovente oscure, astruse, e
dall’aspetto poco seducente, si rivolgono al contrario a temperamenti silenziosi, che abbiano dentro di sé anche la risorsa così rara dell’ingenuità naturale, una sorta di grazia». La
serie di litografie Les Origines, del 1883, è invece ispirata alla
Il Buddha, 1905
arte & consapevolezza
Cristo, 1907 c.
rivoluzione darwinista ed è l’occasione per Redon di indagare
ulteriormente il rapporto dell’uomo con il regno animale attraverso le sue visioni oniriche e fantastiche.
La cartella più importante, composta da quarantadue litografie in tre album, è quella che Redon dedica all’opera di
Flaubert La tentazione di Sant’Antonio, attraverso la quale approfondisce un cammino spirituale intrapreso già in giovane
età. L’esperienza emblematica del santo eremita, che si trova
a fronteggiare le tentazioni delle forze demoniache prima di
giungere all’illuminazione e tornare alla sorgente da cui nasce
ogni cosa, viene resa da Redon con immagini evocative e dal
potente impatto visivo.
Di educazione cattolica, l’artista è interessato ai temi che accomunano tutte le grandi religioni. Sotto l’influenza dell’amico botanico Armand Clavaud, con il quale condivide anche la
passione per Ernst Haeckel, studia l’induismo e il buddismo e
si interessa alla teosofia. La sua visione esoterica è influenzata
in modo particolare dalla lettura de I grandi iniziati di Edouard
Schurè, con il quale condivide l’idea che lo scopo dell’evoluzione umana sia l’emergere dello spirito al di fuori della materia in cui è racchiuso.
Testimonianza della sua sensibilità a questi temi è la bellissima serie di Buddha, dalla tavolozza eterogenea e luminosa, la
cui composizione rivela un interesse molto profondo di Redon
per la meditazione. Il tema della meditazione tornerà anche in
molte sue opere successive, in particolare in quelle dedicate
alla figura del Cristo, il cui volto, lungi dall’avere espressioni
sofferenti o addolorate, trasmette soprattutto calma e un sereno raccoglimento in se stesso. Il primo Buddha, dipinto nel
1904, dal titolo Buddha in gioventù, è un’opera estremamente
meditativa dal punto di vista iconografico: mostra un giovane
Siddharta seduto nella posizione del loto, intento a pregare ai
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suggestioni
arte & consapevolezza
l’occhio-mongolfiera
L’occhio, come un pallone bizzarro, si dirige verso l’infinito.
1878, carboncino, matita nera e gesso bianco su carta
cm 42,2 x 33,3
Collezione Museum of Modern Art, New York
Trasformato in litografia nel 1882 per l’album A Edgar Poe, il
disegno intitolato L’occhio-mongolfiera simboleggia la visione
interiore e costituisce il tema fondante di molte opere successive dell’artista. In questo caso, il grande occhio dalle lunghe
ciglia è rivolto verso l’alto, indirizzato a una ricerca spirituale
elevata. Il classico cesto da mongolfiera è sostituito da una
piattaforma che sorregge una testa. Il paesaggio è indefinito:
un cielo rarefatto e privo di nuvole è nettamente contrapposto a una terra scura, brulla, piatta. Nella visione di Redon,
questa simbolica mongolfiera è riuscita a staccarsi da terra e
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Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili
a librarsi in cielo, ha superato i confini della materia e si dirige inesorabilmente verso l’oltre. Del resto, come lui stesso ha
affermato: «Il bello e il bene sono in cielo. La scienza è sulla
terra, e si trascina».
La testa adagiata sulla piattaforma rappresenta l’io piccolo,
ostaggio della mente che parla, una sorta di zavorra che ci tiene ancorati alle logiche castranti del passato, mentre l’occhio
rappresenta l’Io grande, la mente estesa che si apre finalmente a
prospettive più ampie e guarda senza timore al futuro, espandendosi verso l’infinito della coscienza cosmica.
arte & consapevolezza
piedi di un albero, gli occhi aperti fissi davanti a sé, il corpo
di profilo, le mani posate sulle ginocchia, la schiena dritta e
il mento basso. Tutt’intorno, fiori colorati fluttuano nell’aria,
quasi trasportati dalla potenza della meditazione e dall’energia
emanata dal futuro maestro. L’albero, all’apparenza scarno, è
ricoperto di delicate foglioline e potrebbe simboleggiare un
monolito di saggezza, libero dalla vanità e da inutili orpelli,
ma circondato dalla gioia dei fiori, dalla serenità di una consapevolezza che ha compreso la sofferenza, l’ha accettata e l’ha
trascesa. L’impermanenza pervade l’opera, tutto è in continuo
cambiamento, i fiori volanti, l’albero proteso, il giovane Buddha in meditazione.
In un’opera successiva, la raffigurazione del Buddha sembra
evocare quella visione trasversale che l’autore ha saputo integrare nel proprio percorso spirituale. La posizione del santo,
ritto in piedi accanto a un albero e circondato da fiori e vegetazione rigogliosa, è quanto mai interessante: la mano destra
stringe un esile bastone, mentre la sinistra è nella posizione
del Vitarka mudra, il gesto simbolico della discussione e della
trasmissione dell’insegnamento del Buddha. Anche Cristo è
stato raffigurato in modo simile nelle icone bizantine e nella
liturgia cattolica viene ripetuto lo stesso gesto dopo la transustanziazione. La scelta di raffigurare il Buddha in questa
posizione è un chiaro invito da parte di Redon a imparare da
tutti i grandi maestri, santi e asceti, ad ascoltare il loro prezioso messaggio e a iniziare un cammino di consapevolezza
andando al di là di una limitante scelta religiosa. Del resto,
il pittore è molto interessato agli insegnamenti morali che
queste grandi figure ci hanno lasciato in eredità, tanto che
nei suoi scritti ritorna spesso sul tema della rettitudine e del
vivere sociale: «Giudichiamo gli altri soltanto in relazione o
paragonandoli a noi stessi, invece di considerarli solo in rapporto alla verità. [...] La superiorità di Gesù è nell’essersi fatto
amare senza discussioni. La sua leggenda ha esaltato soltanto
le sue qualità amate, ha fatto ricordare all’umanità solo il candore del suo sorriso, o del suo dolce e costante amore per chi
gli si accostava».
Per Redon, la comprensione deve andare oltre il giudizio e
basarsi esclusivamente sull’amore, grazie al quale è possibile
ottenere un’arte pura, scevra da esibizionismi e manierismi,
volta direttamente al cuore. Guardando le sue opere non possiamo fare a meno di riconoscere questa volontà e di sentire
il suo amore per la vita, per la natura, per l’umanità. E l’invito
al silenzio di uno dei suoi quadri più famosi sembra rivolto a
tutti coloro che vogliono riflettere e meditare ammirando le
sue opere straordinarie. Q
Silenzio, 1911 c.
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letteratura & psiche • Antiche saggezze e nuovi scenari
Colin
Wilson
lo scrittore di idee
_____________
di Mariavittoria Spina
A
Brillante e controverso autore di fama internazionale, personaggio poliedrico e non convenzionale, appassionato ricercatore del paranormale, Colin Wilson ha dedicato la sua vita a indagare i grandi misteri della storia e le
straordinarie risorse della mente.
V
arcata da poco la soglia degli ottant’anni, Colin Wilson
può vantare alcune centinaia di pubblicazioni e
un’invidiabile conoscenza su temi che spaziano dalla
filosofia alle indagini sul mistero e su alcune grandi figure della ricerca spirituale, passando per argomenti di criminologia,
psicologia e critica letteraria. Divenuto un’icona in Giappone
e negli Stati Uniti, dove ha tenuto lunghi cicli di conferenze
e lezioni universitarie, l’eclettico autore britannico, che ama
definirsi scrittore di idee, in patria è stato a lungo ignorato, se
non apertamente osteggiato.
Il nome di questo autore suscita ancora un certo imbarazzo tra
gli ambienti patinati della cultura anglosassone, pur essendo
passati molti anni da quando apparve per la prima volta come
una meteora nel firmamento della letteratura ‘impegnata’. La
bufera mediatica attorno all’attività di Wilson risale infatti alla
fine degli anni ’50; da allora questo eclettico autore non ha mai
smesso di pubblicare volumi di saggistica, romanzi e articoli
di giornale, sempre intrecciando originali teorie filosofiche
con la propria esperienza diretta di indagine ai confini della
conoscenza.
«La libertà è una qualità della
coscienza, che implica cogliere i nessi
profondi»
Colin Wilson, Gorran Haven, 2001
48
Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili
Leggere le opere di Wilson significa avventurarsi in un mondo di correlazioni non convenzionali tra idee, fatti e persone,
tanto che si ha spesso l’impressione di essere in compagnia
dell’autore e delle sue teorie, ma anche di tutti coloro che prima di lui si sono interessati allo stesso argomento.
Nelle sue riflessioni, Wilson si sforza costantemente di coinvolgere tutte le risorse culturali disponibili, lasciando però
spazio anche a nuove ipotesi e a connessioni inedite. Le sue
opere si basano su studi approfonditi, che spesso lo portano
letteratura & psiche
identikit
a fare la conoscenza di altri brillanti studiosi non conformisti e a vivere interessanti esperienze di ricerca sul campo. Lo
racconta lo stesso Wilson nelle sue autobiografie ricche di
aneddoti sulla sua vita movimentata, contrassegnata dai viaggi
in tutto il mondo, dagli incontri con personaggi dello spettacolo e della letteratura del calibro di Marilyn Monroe, Vivien
Leigh, Eugene Ionesco, Albert Camus, T.S. Eliot, e soprattutto
da un’incrollabile volontà nel proseguire il proprio percorso
di scrittore e ricercatore autonomo.
Un’autobiografia dal taglio particolare è The Books in My Life,
purtroppo ancora inedita in Italia, in cui Wilson, bibliofilo
proprietario di una collezione di oltre venticinquemila volumi e altrettanti dischi in vinile, riflette sulle opere letterarie e
sugli autori che lo hanno maggiormente influenzato: dai poeti
romantici Blake e Shelley agli esistenzialisti Sartre e Camus,
dai classici come Dostoevskij e Goethe agli ammiratissimi
George Bernard Shaw, Nietzsche e Anatole France, senza dimenticare scrittori del fantastico come Wells e David Lindsay.
il debutto letterario
Nel 1956 fu pubblicato il suo libro d’esordio, The Outsider (trad.
it. Lo Straniero), che scatenò una bufera mediatica sul suo giovane autore. Colin Wilson, all’epoca uno sconosciuto ventenne
della provincia, si trasformò improvvisamente nell’intellettuale più acclamato d’Inghilterra.
The Outsider fu davvero un successo travolgente: tradotto in
sedici lingue a distanza di un anno dalla sua pubblicazione,
in Gran Bretagna non è mai andato fuori catalogo. Non c’è da
stupirsi che la stampa si mostrasse deferente nei confronti del
suo autore, un giovane intellettuale dal sorriso disarmante che
snocciolava con disinvoltura citazioni di personaggi illustri
(da Hemingway, Sartre e Nietzsche a Ramakrishna, Gurdjieff e
nome: Colin Henry
cognome: Wilson
data di nascita: 26 giugno 1931
luogo di nascita: Leicester (Inghilterra)
residenza: Gorran Haven (Cornovaglia)
professione: scrittore, critico letterario.
segni particolari: eclettico, autodidatta, appassionato
studioso del paranormale e di archeologia del mistero.
dicono di lui: egocentrico e logorroico, ma anche
estremamente generoso, determinato, brillante.
Pensatore straordinario, scrittore e critico non
convenzionale.
opera prima: The Outsider, 1956 (trad. it. Lo Straniero).
alcuni bestseller: The Occult, 1971 (trad. it. L’Occulto), From
Atlantis to the Sphinx, 1996 (trad. it. Da Atlantide alla Sfinge).
ultima pubblicazione: Super Consciousness: the Quest for the
Peak Experience, 2009 (non ancora tradotto in italiano).
sito internet: colinwilsonworld.co.uk
(sito approvato dall’autore)
Dostoevskij), rinnovando l’interesse del pubblico per le teorie
di grandi pensatori del passato. Ricordiamo, ad esempio, che
Wilson fu uno dei primi studiosi inglesi a considerare nel dettaglio l’importanza degli ultimi romanzi di Hermann Hesse,
incentivando così il revival delle sue opere.
La rivista Life gli dedicò un’intera copertina presentandolo
come un genio. Il fatto che scrivesse nella sala di lettura del
British Museum, dormendo in un parco pubblico per risparmiare sull’affitto, non fece che aumentare l’aura leggendaria
intorno al suo personaggio. Le persone lo fermavano per strada per fargli i complimenti, confessando a mezza voce di aver
compreso grazie al suo libro di essere degli outsider. Un critico giunse persino a paragonarlo a Platone, ma naturalmente
questo plauso di facciata non poteva durare.
una meteora indistruttibile
Londra, 1956
L’anno seguente al suo sfolgorante esordio, Wilson pubblicò
il secondo volume del suo ciclo dedicato alla figura dell’outsider: Religion and the Rebel (inedito in Italia). Ancora un saggio filosofico-psicologico ben argomentato, che questa volta
indagava il ruolo essenziale della religione e della spiritualità
colpevolmente in declino nella società moderna. Difficile stupirsi della scelta dei contenuti, viste le conclusioni del suo
ormai famigerato predecessore:
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letteratura & psiche
«Il problema per la civiltà è l’adozione di un atteggiamento religioso che possa essere assimilato tanto
oggettivamente quanto i titoli dei giornali dell’ultima
domenica. Ma il problema per l’individuo sarà sempre l’opposto di questo, il cosciente tendere a non
limitare la quantità di esperienza acquisita; l’intollerabile lotta di esporre le aree sensibili dell’essere
a ciò che possa eventualmente colpirle; il tentativo di
vederle come un tutto, sebbene l’istinto di auto-conservazione combatta contro il dolore dell’estensione
interna, e tutti gli impulsi della pigrizia spirituale
costruiscano onde di sonno con ritrovate capacità».
(C. Wilson, Lo Straniero, Lerici 1958, trad. it. di A.
Rosselli e E. Siciliano)
Nonostante le premesse positive, Religion and the Rebel fu un
vero fiasco e Wilson si ritrovò stroncato dalla critica, sempre
sospettosa nei confronti di nuovi approcci teorici avanzati da un autodidatta. Inoltre, quando risultò aver dichiarato
di considerarsi un genio, Wilson fu duramente attaccato sul
piano personale e la sua presunta autorevolezza come intellettuale venne fortemente screditata.
«I am a genius», soleva ripetersi il giovane Wilson quando
le mille difficoltà della vita quotidiana minacciavano di farlo
sentire una nullità, ma si trattava solo di uno stratagemma
mentale per non scoraggiarsi e riprendere con entusiasmo
la strada verso la realizzazione dei propri sogni. Peccato che
questa piccola confidenza privata, fatta a un ‘amico’ giornalista, si trasformò nel titolo di un’intervista che apparve sulla
rivista letteraria Books and Art. L’opinione pubblica britannica, così affezionata all’understatement, fu pronta a dichiarare
guerra al sedicente genio. La stampa, la stessa che lo aveva
esaltato per il suo esordio sorprendente, cercava adesso di
demolirlo andando alla ricerca di pettegolezzi e magari di
scandali sulla sua vita privata, già di per sé movimentata da
due matrimoni e dalla frequentazione con molte celebrità di
fama internazionale.
«Il pessimismo è una ridicola
assurdità in confronto alle immense
risorse di potere che l’uomo
possiede»
Negli anni ’70, l’ostilità nei suoi confronti era ancora tale
che il suo editore arrivò a consigliargli di sparire dalla circolazione, almeno per un po’. Tanto clamore e pubblicità negativa avrebbero scoraggiato chiunque, ma certamente non
bastarono a fermare Wilson. Sembra anzi che lo scrittore di
idee, con l’ottimismo e la tenacia che lo contraddistinguono,
sia riuscito nel corso degli anni a trasformare l’ostracismo
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Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili
Londra, 1956
generalizzato e spesso aprioristico nei suoi confronti in un
punto di forza per la sua attività letteraria.
Dalla sua posizione defilata rispetto ai rigidi meccanismi
dell’establishment culturale e ormai immune alla miopia della
critica, questo prolifico autore si è sempre concesso il lusso
di scrivere di ciò che preferisce con assoluta libertà e onestà
intellettuale, lasciando al lettore la facoltà di giudicare il valore delle sue opere.
rivelazioni costruttive
Nella sua autobiografia più recente, Dreaming to some Purpose (non ancora disponibile in italiano), ripensando ai primi
anni della sua carriera, Wilson ammette di aver indugiato
troppo nelle speculazioni della stampa per un misto d’incoscienza e di stupidità che lo portarono a scambiare un
momento di celebrità con il raggiungimento del successo e
quindi di una consolidata reputazione.
Dreaming to some Purpose – elogiata da Philip Pullman, controverso autore di Queste Oscure Materie, come un’opera eccezionalmente franca, ricca di atmosfera e di aneddoti suggestivi – si apre con le considerazioni di Wilson su uno dei fatti
determinanti della sua vita: il suo tentato suicidio.
All’epoca aveva soltanto sedici anni e un mese dopo il suo
compleanno era stato costretto a lasciare la scuola, rinunciando all’ambizione di una formazione accademica come
scienziato per andare a lavorare in fabbrica e contribuire
così al mantenimento della famiglia. Deciso a non dar segui-
letteratura & psiche
to a una vita che gli sembrava priva di scopo, si era recato a
scuola, dove prestava servizio come assistente di laboratorio,
e isolatosi nella stanza degli acidi stava per ingerire una mistura letale, quando accadde qualcosa di inaspettato:
«Divenni due persone. Improvvisamente ero consapevole di quell’adolescente idiota chiamato Colin
Wilson, con tutta la sua infelicità e frustrazione, e mi
sembrava un pazzo così limitato che non mi avrebbe
potuto importare di meno se si fosse ucciso, ma se
l’avesse fatto avrebbe ucciso anche me. Per un istante
sentii di essere accanto a lui, dicendogli che se non
si fosse liberato dell’abitudine ad autocommiserarsi
non avrebbe mai combinato niente. Fu come se il ‘vero
me stesso’ avesse detto all’adolescente: “Ascoltami,
idiota, pensa a quanto ti perderesti” e in quel momento
colsi la meravigliosa e immensa ricchezza della realtà
che si estendeva verso orizzonti lontani. Così tappai la
bottiglia e tornai al lavoro. Mi sentivo rilassato, sollevato, totalmente in controllo di me stesso. Questa
sensazione di forza durò per due o tre giorni, poi svanì gradualmente; ma da allora non mi sono più sentito
intrappolato e fragile». (C. Wilson, Dreaming to Some
Purpose, Arrow 2005, trad. it. a cura del redattore)
Quarant’anni dopo, ripensando a quel giorno fatidico in cui il
‘vero’ Colin Wilson prese la parola e ragionando sul fatto che
molti grandi innovatori nel campo della letteratura e della
filosofia siano stati sul punto di suicidarsi, concluse che, in
base alla sua esperienza, guardare nell’abisso provocava la
separazione del vero sé dal sé inessenziale. Una distinzione che
ricorda da vicino le argomentazioni di Igor Sibaldi sull’io piccolo
e l’Io grande. Questi due autori geniali e fuori dagli schemi condividono nella loro ricerca la stessa
vocazione all’indipendenza e una
comune avversione per i dogmi
della cultura ufficiale. Non a caso,
dopo essersi conosciuti personalmente in occasione di una trasmissione televisiva sui Vangeli
Apocrifi, sono legati da reciproca
stima e amicizia.
implicazioni esistenziali
Sperimentare l’abisso di disperazione che conduce al suicidio non
è l’unico modo, secondo Wilson,
per scoprire se stessi e superare
quella pericolosa sensazione di
insignificanza che sembra privare
la vita di ogni senso. Un altro me-
todo efficace e meno drastico è l’applicazione della fenomenologia ideata da Edmund Husserl, in combinazione con le
scoperte di Abraham Maslow sulla peak experience, “il picco
massimo dell’esperienza”, vale a dire l’accesso a un livello superiore di coscienza, che secondo Wilson si potrebbe indurre
a volontà per attingere alle proprie risorse vitali e ristabilire
la connessione con il senso profondo dell’esistenza.
Le teorie di Maslow – con cui Wilson aveva una corrispondenza epistolare già dal 1959 e che conobbe personalmente
qualche anno più tardi – costituirono la base per l’ideazione
da parte dello scrittore inglese di una corrente di pensiero, il
Neo-esistenzialismo, volta a superare l’empasse pessimistica della filosofia esistenzialista e a dare nuovo impulso etico
alla critica letteraria.
«La coscienza ordinaria mente: le
esperienze mistiche non sono visioni
di un altro livello di realtà, bensì
rivelazioni della nostra realtà»
Secondo lo scrittore di idee, l’essere umano è una creatura della
mente e come tale va incoraggiato a utilizzare le proprie risorse, in particolar modo l’immaginazione creativa e quella che
l’autore definisce Facoltà X, una sorta di senso superiore della
realtà, estensione della definizione di peak experience coniata
da Maslow, grazie alla quale improvvisamente il velo di Maya
si apre e riusciamo a comprendere l’infinita, complessa bellezza della nostra vita e l’essenza che ci permea e ci conduce
in una precisa direzione. Guardando in quella direzione, verso
il divenire, ogni impressione di
contingenza si relativizza e appare
solo come una crisi momentanea,
una parentesi in un racconto molto più ampio e avvincente.
sfida all’ignoto
Facoltà X è solo una delle tante
definizioni coniate da Wilson per
cercare di descrivere le numerose risorse della mente, non ancora pienamente comprese, che
secondo l’autore potrebbero consentire all’essere umano di compiere un grande balzo evolutivo.
In questa direzione si muovono
anche le monografie che l’autore
ha dedicato ad alcuni grandi personaggi: scrittori come Hermann
Hesse, Jorge Louis Borges e
August Strindberg, psichiatri
come Carl Gustav Jung e Wilhelm
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letteratura & psiche
Londra, 1956
Anche nel volume dedicato a Gurdjieff, Wilson presenta interessanti riflessioni generali e alcune connessioni inedite con
il proprio pensiero, come nel capitolo riassuntivo del rapporto
tra conscio e inconscio:
«[...] il risultato delle idee di Gurdjieff può essere più
importante ed eccitante di quanto egli stesso abbia
supposto. Egli ha dedicato la sua vita alla risoluzione
del problema di come riunire le ‘due coscienze’, affinché l’essenza e la personalità si potessero sviluppare
armoniosamente. Egli escogitò ogni sorta di metodi
per scuotere l’essenza e condurla a uno stato di veglia, sì da salvare l’ego dal suo senso di assurdità e di
irrealtà. Gurdjieff non riuscì a capire che già possediamo spontaneamente la capacità di farlo. La mente,
per svegliarsi, non ha bisogno di essere scrollata: può
esservi educata». (C. Wilson, G.I. Gurdjieff: la guerra
contro il sonno della coscienza. Atanòr 1985, trad. it. di
V. Alberti)
Reich, leader spirituali come Rudolf Steiner, Gurdjieff e
Ouspensky, che si sono distinti per la loro ricerca nelle dimensioni della psiche e della coscienza. In tali saggi, con il
suo caratteristico stile colloquiale ricco di aneddoti, Wilson
non solo riassume il pensiero degli autori in questione, ma
cerca di individuare le tappe fondamentali della loro evoluzione personale.
Il saggio dedicato a Rudolf Steiner, per esempio, oltre a un approccio critico-divulgativo alle opere del fondatore dell’antroposofia, presenta i suoi rapporti con i membri della società teosofica e propone un originale confronto tra le teorie di
Steiner e quelle di Gurdjieff. Ne risulta l’affascinante ritratto
di un pensatore straordinario in rapporto con la sua epoca e
in generale con tutta la storia del progresso spirituale:
«Sarebbe possibile dedicare un intero capitolo a rilevare quante delle visioni ‘occulte’ di Steiner siano state
successivamente rivendicate, o almeno sostenute, dalla scienza moderna. La dottrina fondamentale dell’insegnamento di Steiner è che se ci prendiamo la briga di
riconoscere l’esistenza indipendente dei mondi interiori del pensiero, e di tenere la mente rivolta in quella
direzione, diventeremo presto sempre più consapevoli della loro realtà. Non siamo arenati, come crede
Sartre, nell’universo della materia come una balena
sulla spiaggia: il mondo interiore è la nostra dimora naturale. Inoltre, una volta afferrata questa verità,
possiamo anche riconoscere che noi stessi possediamo un ‘ego essenziale’, un ‘me stesso vero’, un’identità
fondamentale che va ben oltre il nostro fievole senso di
essere ‘io’». (C. Wilson, Rudolf Steiner, TEA 1998, trad.
it. di L. Diena)
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Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili
In tutte le sue opere, Wilson si dimostra consapevole dell’importanza della ricerca spirituale, che in qualità di strumento per
raggiungere una conoscenza superiore dell’uomo e del suo potenziale è più connessa alla scienza e in definitiva all’evoluzione
dell’umanità di quanto non possa sembrare in apparenza.
il potere dell’immaginazione
Wilson è sempre stato attratto dall’uso che gli scrittori hanno
fatto dell’immaginazione, ma i suoi primi saggi su questo argomento non tenevano in nessun conto gli autori di letteratura
del fantastico, considerata dall’autore solo come un mezzo di
evasione dalla realtà. Approfondendo i suoi studi, Wilson comprese però che il mondo del fantastico offre possibilità sconfinate per un esercizio costruttivo dell’immaginazione. Scoprì
che romanzi di autori del fantastico più o meno noti come H.G.
letteratura & psiche
Wells e David Lindsay hanno un alto valore
filosofico, riuscendo a sviluppare ambienti
e trame con l’obiettivo di testare la validità
di un sistema di idee e a creare luoghi dove
la potenza visionaria del sogno si fonde con
il verosimile e il futuribile.
Tra i molti autori del fantastico dei quali
Wilson si è occupato, nessuno lo impressionò più di H.P. Lovecraft, il Recluso di
Providence, ideatore di una delle cosmologie horror più famose e riuscite, il mito
di Cthulhu, e protagonista, insieme ad altri
scrittori come J.R.R. Tolkien e Arthur Machen, del cosiddetto ‘revival dell’occulto’.
«L’immaginazione dovrebbe essere
usata per creare la realtà, non per
fuggire da essa»
La prima reazione di Wilson alle opere di Lovecraft fu a dir
poco caustica. Il propugnatore dell’ottimismo neoesistenzialista non lesinò rimproveri al pessimismo misantropo di
Lovecraft, pur confessando di essere molto colpito dal suo talento immaginifico. La seconda fase della critica a Lovecraft
fu senz’altro più costruttiva, grazie anche all’intervento di August Derleth, editore e amico di Lovecraft, che entrato in corrispondenza epistolare con Wilson lo incoraggiò a sostenere
il proprio punto di vista scrivendo narrativa. Il risultato fu un
intero ciclo di opere del fantastico – di cui sono stati tradotti
in italiano solo i romanzi I parassiti della mente e La pietra filosofale (ristampato col titolo di Specie immortale) – nelle quali
Wilson rielabora i temi di Lovecraft alla luce delle proprie teorie filosofiche, trasformando l’horror in un espediente per riflettere sulle potenzialità umane. Se da un lato I parassiti della
mente ammonisce sulle insidie recondite nella mente dell’uomo che ostacolano la libertà e l’evoluzione, La pietra filosofale si
presenta piuttosto come un’indagine sulla natura della libertà
umana, un elogio dell’eclettismo e della ricerca intellettuale,
che riassume tutte le teorie di Wilson sulle potenzialità degli
esseri umani, destinati a sviluppare poteri solo apparentemente straordinari.
«Ebbene, la maggior parte degli esseri
umani vive come treni: va avanti sbuffando come una locomotiva, per tutta
la vita, aiutata nella sua corsa dalle rotaie della convenzione e dell’abitudine.
Finora, per centinaia di anni, l’evoluzione ha avuto per meta la creazione di un
nuovo tipo di essere umano, che guardi
il mondo sempre con occhi nuovi, che
possa correggere la sua mente centinaia
di volte al giorno, per giudicare “strano
ciò che gli è familiare”». (Colin Wilson,
Specie Immortale, Mondadori 2001, trad.
it. di T. Del Tànaro)
Nel saggio Il segreto di H.P. Lovecraft, Wilson ripercorre il suo
rapporto contrastato con le opere del Recluso di Providence,
presentando Lovecraft come un outsider ed esponendo alcune
avvincenti ipotesi esoteriche sull’origine della sua visionaria
ispirazione letteraria. Dopo il resoconto della sua indagine
sulla figura di Lovecraft in rapporto alle teorie sull’inconscio e
sul talento visionario di altri autori, Wilson dichiara di essere
riuscito a ‘ricostruire’ il leggendario Necronomicon e sostiene
che lungi dall’essere una semplice invenzione, deriverebbe
dagli insegnamenti contenuti in alcuni rari libri esoterici, cui
lo scrittore americano avrebbe avuto accesso grazie al legame del padre Winfield Lovecraft con la massoneria egiziana.
Il saggio si conclude con la pubblicazione di una lettera del
Dottor Stanislaus Hinterstoisser, Presidente dell’Istituto Salisburghese per lo Studio della Magia e dei Fenomeni Occulti,
che avvalorerebbe le tesi di Wilson.
«L’essere umano è sulla soglia di un
grande balzo evolutivo»
Telepatia, materializzazione, psicometria, sono tutti fenomeni
che Wilson ha indagato anche in opere saggistiche come Strani
poteri e Detective dell’impossibile e che portano Howard Lester,
il protagonista di Specie immortale a dichiarare:
Circolo di pietre Merry Maidens, Cornovaglia, 1990
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letteratura & psiche
Prima di accostarsi a Lovecraft, Wilson aveva pubblicato solo
romanzi realisti, come Arrivederci a Soho sulla beat generation
inglese. In seguito, il suo interesse per argomenti sospesi tra
leggenda e realtà non fece che aumentare, raggiungendo territori sempre più avventurosi come le indagini sull’archeologia
del mistero proposte in Da Atlantide alla Sfinge e le originali
speculazioni di Il grande libro dei misteri irrisolti, che inizia con
la seguente premessa:
«[…] sono il primo a riconoscere che questi fenomeni
rappresentano soltanto una piccolissima fetta del vasto
panorama di stranezze con il quale abbiamo da confrontarci se solo avessimo la forza di liberarci da vecchie frustrazioni e consuetudini nello sforzo continuo
e incessante di sollevare quella cortina di quotidianità
che ci circonda e permea senza pietà. Ammesso che un
libro debba avere una giustificazione, questo intende
porsi come un modesto tentativo di lanciare qualche
nuova occhiata a tutto quello sconosciuto mondo di
singolarità che sta al di là del sipario». (C. Wilson, Il
grande libro dei misteri irrisolti, Newton Compton 2005,
trad. it. di F. Ossola)
Non è un caso che il documentario sulla vita di Colin Wilson,
girato nel 2010 da Philip Gardiner per la Reality Films, si in-
titoli Strange is Normal, (“Strano è normale”) come a dire che
l’insolito è all’ordine del giorno per chi come Wilson sfida
l’ortodossia culturale e nella sua ricerca si spinge oltre i confini della conoscenza.
«Lo scopo della letteratura
non è di registrare il mondo
dell’immediatezza bensì
di andare oltre»
strano è normale
Considerata la mole e la varietà delle sue pubblicazioni, Wilson
può dirsi quasi un tuttologo, esperto in molti settori diversi, ma
soprattutto un eclettico deciso a vagliare il maggior numero possibile di teorie e di ricerche su ogni argomento da lui trattato.
Per spiegare il suo eclettismo, l’autore ama citare una frase che
W.B. Yeats attribuiva a Walter Pater: «Tutto ciò che ha occupato
l’uomo per un certo periodo di tempo merita di essere studiato», ed è proprio questa vocazione per la conoscenza senza pregiudizi e senza confini che gli ha fornito l’impulso per scrivere e
perseverare nei suoi studi non convenzionali.
Retro del suo cottage
Gorran Haven, anni ‘60
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Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili
letteratura & psiche
consigli di lettura
Il suo debutto come autore sui temi del paranormale risale al
1971 con il magistrale L’Occulto, uno degli studi moderni più
completi sulla storia della magia e di tutte le sue manifestazioni, nel quale chiariva che la Facoltà X, portando la coscienza
umana ad agire come un telescopio sulla realtà, costituisce il
nocciolo di tutta la cosiddetta ‘esperienza occulta’.
La ricerca sulle facoltà che consentono all’uomo di ampliare
i propri orizzonti fisici e mentali continuò con Misteri: studi
sull’occulto, il paranormale e il supernaturale, e rimane ancora
oggi uno dei suoi campi d’indagine preferiti.
«La magia è l’arte e la scienza di
utilizzare la volontà»
Nelle sue opere, Wilson ci dimostra come ciò che comunemente riteniamo incredibile spesso sconfini nel verosimile e
rimandi a un fitto sottobosco di teorie scientifiche poco conosciute ma non per questo meno valide. Il suo obiettivo non è
tanto quello di fornire una risposta definitiva a vecchi e nuovi
misteri, quanto piuttosto quello di aprire gli orizzonti del lettore a nuove possibilità, perfino a nuove facoltà della mente.
Nel costruire questo percorso di consapevolezza, Wilson non
rinuncia mai a sollecitare la curiosità del lettore, il quale, tra
una digressione metafisica e una serrata esposizione di risultati scientifici, troverà sempre spazio per le proprie riflessioni
e magari per qualche lampo d’intuizione. Q
alcuni contributi di colin wilson
sui temi del mistero e della spiritualità
◊ Il grande libro dei misteri irrisolti, Newton Compton 2010
◊ Gli eredi di Atlantide, Piemme 2005
◊ Dèi dell’altro universo, Piemme 2001
◊ Da Altantide alla Sfinge, Piemme 1999
◊ Rudolf Steiner, TEA 1998
◊ Aleister Crowley: la natura della Bestia, Gremese 1990
◊ Il segreto di H.P. Lovecraft in H.P. Lovecraft,
Necronomicon, Fanucci 1987
◊ Detective dell’impossibile, SugarCo 1987
◊ Il signore del profondo: Jung e il ventesimo secolo,
Atanòr 1986
◊ G.I. Gurdjieff: la guerra contro il sonno della coscienza,
Atanòr 1985
◊ Misteri: studi sull’occulto, il paranormale e il supernaturale,
Astrolabio 1979
◊ Strani poteri: radioestesia, reincarnazione, scrittura
automatica, Astrolabio 1976
◊ L’Occulto: una storia della magia attraverso i secoli,
Astrolabio 1975
◊ Lo Straniero, Lerici 1958
romanzi
◊ Specie immortale, Mondadori 2001
◊ I parassiti della mente, Fanucci 1977
◊ Arrivederci a Soho, Lerici 1963
opere in lingua originale
◊ Super Consciousness: the Quest for the Peak Experience,
Watkins Publishing 2009
◊ Dreaming to Some Purpose, Arrow 2005
◊ The Books in my Life, Hampton Roads 1998
Mariavittoria Spina, dottoressa in Lingue e Letterature Straniere, si è specializzata in Scienze
Linguistiche presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede di Brescia, con la tesi The Strength
to Dream: fantastico e immaginazione nelle opere di
Colin Wilson.
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letteratura & psiche
DESIDERATA
assa tranquillamente tra il rumore
e la fretta, e ricorda quanta pace può
esserci nel silenzio. Q Finché è possibile
senza doverti abbassare, sii in buoni rapporti con tutte le persone.
Q Dì la verità con calma e chiarezza; e ascolta gli altri, anche i
noiosi e gli ignoranti; anche loro hanno una storia da raccontare.
Q Evita le persone volgari e aggressive; esse opprimono lo spirito.
Se ti paragoni agli altri, corri il rischio di far crescere in te orgoglio
e acredine, perché sempre ci saranno persone più in basso o più in
alto di te. Q Gioisci dei tuoi risultati così come dei tuoi progetti.
Q Conserva l'interesse per il tuo lavoro, per quanto umile; è ciò
che realmente possiedi per cambiare le sorti del tempo. Q Sii
prudente nei tuoi affari, perché il mondo è pieno di tranelli. Ma ciò
non accechi la tua capacità di distinguere la virtù; molte persone
lottano per grandi ideali, e dovunque la vita è piena di eroismo.
Q Sii te stesso. Soprattutto non fingere negli affetti, e neppure
sii cinico riguardo all'amore; poiché a dispetto di tutte le aridità e
disillusioni esso è perenne come l'erba. Q Accetta benevolmente
gli ammaestramenti che derivano dall'età, lasciando con un sorriso
sereno le cose della giovinezza. Q Coltiva la forza dello spirito per
difenderti contro l'improvvisa sfortuna. Ma non tormentarti con
l'immaginazione. Molte paure nascono dalla stanchezza e dalla
solitudine. Al di là di una disciplina morale, sii tranquillo con te
stesso. Tu sei un figlio dell'universo, non meno degli alberi e delle
stelle; tu hai il diritto a essere qui. E che ti sia chiaro o no, non vi è
dubbio che l'universo ti si stia schiudendo come si dovrebbe. Q
Perciò sii in pace con Dio, comunque tu Lo concepisca, e qualunque
siano le tue lotte e le tue aspirazioni, conserva la pace con la tua
anima pur nella rumorosa confusione della vita. Q Con tutti i
suoi inganni, i lavori ingrati e i sogni infranti, è ancora un mondo
stupendo. Q Fai attenzione. Q Cerca di essere felice. Q Q
trovata nell’antica chiesa di s. paolo, baltimora. datata 1692
(Traduzione di Enrico Orofino)
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Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili
letteratura & psiche
desiderata
una poesia di saggezza diventata leggenda
_____________
di Silvia Nosenzo
«Vorrei, se potessi, lasciare un umile dono, un pezzo di prosa
pura che permetta all’anima di elevarsi». Così, secondo quanto si legge sul diario del suo autore, è nata Desiderata. Ma la
storia della paternità di questa poesia è curiosa e confusa: la
leggenda racconta che Desiderata, scritta chissà quanti secoli fa e di origine sconosciuta, sia stata ritrovata nel 1692 nella
chiesa di San Paolo a Baltimora.
Secondo il mito, intorno al 1959 il reverendo Frederick Kates,
colpito dalla bellezza delle sue parole, avrebbe inserito la poesia in una raccolta di materiali devozionali per la sua congregazione, dal titolo La vecchia Chiesa di San Paolo, Baltimora, ad
1692 (il 1692 era l’anno di fondazione della chiesa). Copie di
Desiderata cominciarono così a circolare tra gli amici e il suo
mito continuò a crescere, fino a quando nel 1965 ne venne trovata una copia accanto al letto di morte dell’influente politico
democratico Aidlai Stevenson, che stava progettando di trasformarla in una cartolina natalizia. La pubblicità che ne seguì
contribuì a diffondere la fama della poesia e la sua erronea relazione con la chiesa di San Paolo a Baltimora.
In realtà, Desiderata fu scritta negli anni ’20 del Novecento da
un avvocato di origine tedesca, Max Ehrmann (1872-1945),
che viveva a Terre Haute, nello stato dell’Indiana. Nel 1927,
Ehrmann registrò la poesia con il titolo di Go Placidly Amid
The Noise And Haste. Nel 1948, dopo la morte del suo autore, fu
pubblicata nella raccolta The Poems of Max Ehrmann.
Desiderata è un’intima riflessione sulle “cose da desiderare” o
“le cose desiderate essenziali”. Più che una semplice raccolta
di massime esistenziali, è il frammento pulsante del cuore di
un uomo che ha trovato la sua via per raggiungere la serenità e l’integrità personale e la vuole condividere con gli altri.
Ehrmann non era un saggio, ma un
uomo come tanti altri, con gli stessi
problemi e le stesse gioie di tutti. Eppure, attraverso la sua poesia è riuscito a rendere manifesta la grandezza di Dio, a parlare della vera felicità
all’anima di tutti gli uomini di tutti
i tempi ricordando loro la semplice
meraviglia del difficile e sorprenMax Ehrmann
dente cammino della vita.
DESIDERATA
GO PLACIDLY AMID THE NOISE AND THE HASTE AND REMEMBER
WHAT PEACE THERE MAY BE IN SILENCE. Q Q As far as possible,
without surrender, be on good terms with all persons. Speak your truth
quietly and clearly; and listen to others, even to the dull and the ignorant;
they too have their story. Q Avoid loud and aggressive persons; they
are vexatious to the spirit. If you compare yourself with others, you may
become vain or bitter, for always there will be greater and lesser persons
than yourself. Q Enjoy your achievements as well as your plans. Q Keep
interested in your own career, however humble; it is a real possession in the
changing fortunes of time. Q Exercise caution in your business affairs, for
the world is full of trickery. But let this not blind you to what virtue there is;
many persons strive for high ideals, and everywhere life is full of heroism.
Q Be yourself. Especially do not feign affection. Neither be cynical about
love, for in the face of all aridity and disenchantment, it is as perennial as
the grass. Q Take kindly the counsel of the years, gracefully surrendering
the things of youth. Q Nurture strength of spirit to shield you in sudden
misfortune. But do not distress yourself with dark imaginings. Many fears
are born of fatigue and loneliness. Beyond a wholesome discipline, be
gentle with yourself. You are a child of the universe no less than the trees and
the stars; you have a right to be here. And whether or not it is clear to you,
no doubt the universe is unfolding as it should. Q Therefore be at peace
with God, whatever you conceive Him to be. And whatever your labors and
aspirations, in the noisy confusion of life, keep peace in your soul. Q With
all its sham, drudgery, and broken dreams, it is still a beautiful world. Q
Be cheerful. Strive to be happy. Q Q
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alcuni anni a Ferrara, il quale le rivela di essere entrato in possesso di
un libro contenente un’informazione
sconvolgente sulla vita, o meglio sulla
morte, di Lucrezia Borgia. Questo non
è che l’inizio di una ricerca che attraverso codici, anagrammi e molti colpi
di scena, in un viaggio tra alcune delle
più belle città d’arte italiane, porterà
i protagonisti sulle tracce di un inestimabile tesoro sepolto da secoli.
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di loro Esopo, Fedro, gli autori de Le
mille e una notte, insomma i grandi
favolisti del passato, potrebbero non
essere stati soltanto dei personaggi
dalla fervida immaginazione, ma
degli Iniziati, che decisero di tramandare le loro conoscenze segrete
attraverso il linguaggio della fiaba.
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