www.oltre-confine.com Mensile di spiritualità arte e letteratura A Cronache dai mondi visibili e invisibili Poste Italiane SpA - Sped. in Abbonamento Postale - 70% - Roma numero zero | Ottobre 2011 incontri arte Alberto José Varela Odilon Redon Il Vagabondo Spirituale I colori dell’invisibile speciale Un corso in miracoli letteratura universo olistico Colin Wilson Stanislav Grof Lo scrittore di idee Respirazione Olotropica bella La cosa più che possiamo sperimentare è il mistero, arte è la fonte di ogni vera e di ogni vera scienza. (Albert Einstein) SommarioU Anno I • Numero Zero • ottobre 2011 4 editoriale incontri 8 Alberto José Varela Il Vagabondo Spirituale di Giovanni Picozza speciale > un corso in miracoli 18 Vuoi avere ragione o essere felice? Le origini e l’insegnamento di Un corso in miracoli di Andrea Panatta 24 La mia esperienza nella traduzione di Un corso in miracoli di Isabella Popani 26 La mia esperienza di studentessa e insegnante di Un corso in miracoli di Patrizia Terreno arte & consapevolezza Esperienze creative e itinerari della coscienza 40 Odilon Redon. I colori dell’invisibile 28 Come sarà Oltreconfine universo olistico Terapie alternative e percorsi di guarigione 32 Stanislav Grof e la Respirazione Olotropica di Elisabetta Corberi 38 La testimonianza di Sofia di Silvia Tusi letteratura & psiche Antiche saggezze e nuovi scenari 48 Colin Wilson. Lo scrittore di idee di Mariavittoria Spina 56 Desiderata. Una poesia di saggezza diventata leggenda di Silvia Nosenzo colophon OltreConfine Anno I S Numero Zero S ottobre 2011 Registrazione presso il tribunale di Roma n. 217/2011 del 6 luglio 2011 direttore responsabile Giuseppe Di Maula direttore editoriale Giovanni Picozza S [email protected] vicedirettore Andrea Panatta S [email protected] direttore creativo Silvia Tusi S [email protected] redazione Silvia Nosenzo, Mario Picozza, Mariavittoria Spina [email protected] tel./fax. 06.90160288 Vicolo del Granaio, 12 00060 Castelnuovo di Porto (RM) progetto e realizzazione grafica Francesco Pandolfi S [email protected] abbonamenti [email protected] hanno collaborato Elisabetta Corberi, Isabella Popani, Patrizia Terreno, Alberto José Varela pubblicità Silvia Nosenzo S tel. 333.4224150 [email protected] illustrazioni Valentina De Luca, Ernst Haeckel copertina Odilon Redon, Buddha in gioventù editore Spazio Interiore Soc. Coop. Via Nazionale 243, 00184 Roma stampa Graffietti Stampati S.n.c., Montefiascone (Vt) web www.oltre-confine.com Copyright ©2011 Spazio Interiore Soc. Coop. Tutti i diritti sono riservati; nessuna parte della rivista può essere riprodotta in qualsiasi forma (per fotocopia, microfilm o qualsiasi altro procedimento), o rielaborata con l’uso di sistemi elettronici, o riprodotta, o diffusa, senza l’autorizzazione scritta dell’editore. Ogni articolo firmato esprime il punto di vista dell’autore che se ne assume la completa responsabilità. Gli articoli, pubblicati o meno, salvo quando diversamente concordato, non vengono retribuiti. Manoscritti e fotografie, anche se non pubblicati, non vengono restituiti. L’editore ha soddisfatto tutti i crediti fotografici. Nel caso gli aventi diritto siano stati irreperibili questi è a disposizione per eventuali spettanze. Q Mensile di spiritualità arte e letteratura A Cronache dai mondi visibili e invisibili editoriale O gni uomo stabilisce, consapevolmente o inconsapevolmente, i confini della propria realtà. La rivista Oltreconfine vuole essere una risorsa e uno strumento per tutte le persone interessate ad allargare i confini del loro territorio mentale e psichico con l’obiettivo di recuperare quella dimensione spirituale e creativa che è patrimonio sacro di ogni essere umano. L’umanità sta vivendo una fase storica di rinnovamento spirituale. È un’epoca straordinaria e irripetibile, caratterizzata dalla trasformazione incessante dei paradigmi e da una continua accelerazione in ogni campo del sapere. Mai come di questi tempi è vero il detto: La verità di oggi è l’errore di domani. Una dopo l’altra vediamo sgretolarsi le certezze esistenziali, sociali e materiali su cui avevamo illusoriamente basato il nostro progetto di vita. Quel progetto in realtà non ci apparteneva, era soltanto l’ingannevole proiezione del nostro io piccolo. Ora abbiamo finalmente la possibilità di sbarazzarcene e aprire le nostre esistenze a nuove e più elevate prospettive. Quest’epoca di caos e confusione ci offre l’opportunità di accantonare una volta per tutte il passato e iniziare a scrutare il futuro con fiducia per scoprire chi siamo veramente. Per anni si è parlato di New Age, dell’avvento di una fantomatica Nuova Era che avrebbe portato pace, amore e liberazione sul nostro pianeta attraverso la trasformazione collettiva delle coscienze. Tale 4 Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili visione globalizzata dell’illuminazione rischia di deresponsabilizzare l’individuo. Il risveglio è per sua natura un’esperienza individuale. La nuova era non ci verrà offerta su un piatto d’argento perché ne abbiamo diritto, ma va costruita e realizzata giorno per giorno, ognuno per proprio conto, con un onesto e rigoroso lavoro su di sé. S Un numero sempre più ampio di persone sente l’esigenza insopprimibile di mettere in discussione il proprio sistema di credenze e iniziare un percorso di comprensione di sé e di crescita personale. Si moltiplicano libri, dvd, siti internet, seminari dedicati alla ricerca spirituale in ogni sua forma. Si diffondono tecniche, metodi e strategie per affinare il lavoro interiore e sviluppare il potenziale psichico. Riteniamo la ricchezza e la pluralità delle proposte un fattore positivo che permette al singolo individuo di sentire il richiamo spirituale nella forma più congeniale alla propria sensibilità e al proprio livello di coscienza. Le strade che portano in paradiso sono infinite. Ognuno si costruisce la propria con il sudore dello sforzo personale e con gli strumenti che troverà lungo il cammino. L’importante – come ammoniva Thorwald Dethlefsen più di trent’anni fa – è non confondere il segnale indicatore con la via. Ogni maestro, ogni scuola, ogni insegnamen- editoriale to può andar bene finché restiamo consapevoli che si tratta soltanto di mezzi esteriori per raggiungere qualcosa di più grande e impalpabile che dimora al nostro interno. In caso contrario si corre il rischio di sostituire semplicemente l’oggetto della propria idolatria e di restare nuovamente intrappolati in un asfissiante sistema di dogmi e rituali. In un autentico percorso di risveglio non è consentito delegare il proprio potere a nessun guru, a nessun credo, a nessuna organizzazione. L’unica autorità spirituale resta sempre e comunque la nostra coscienza, possibilmente illuminata. S Siamo estranei a qualsivoglia forma di fanatismo e di spiritual pride. Non abbiamo preclusioni e pregiudizi nei confronti di alcuna via o cammino. Siamo aperti e disponibili al confronto con tutti e guardiamo con interesse e curiosità anche al mondo delle religioni organizzate, più o meno grandi, e all’affollato microcosmo delle scuole e delle correnti spirituali. Ciò non significa rifiutarsi di compiere delle scelte e non saper discernere tra situazioni e contesti differenti. Non abbiamo simpatia per certi ambienti in cui la spiritualità viene trattata esclusivamente come bene di consumo all’interno di una consolidata logica di mercato. Né siamo attratti da sensazionalismi di stampo catastrofista o cospirazionista. Non escludiamo che simili approcci possano in alcuni casi risultare utili ed efficaci, semplicemente li sentiamo lontani dalla nostra sensibilità. Ovviamente non vogliamo avere a che fare – lo sottolineiamo a scanso di equivoci – con quel fitto sottobosco di truffatori, imbonitori e ciarlatani che nulla hanno a che spartire con una sana ricerca interiore. È nostra intenzione, tuttavia, scrivere solo di quello che ci piace e ci risuona nel profondo – o perlomeno ci stimola e incurio- sisce – senza esprimere critiche e giudizi su realtà che sentiamo a noi estranee. Da fautori della legge di attrazione riteniamo controproducente focalizzare l’attenzione su quello che non ci corrisponde. S Internet è una miniera inesauribile di dati e informazioni. Oltreconfine si propone tra le altre cose di orientare e suggerire percorsi solidi e sperimentati per poter raggiungere gli sfavillanti tesori stipati al suo interno senza disperdersi nel dedalo di cunicoli e condotti senza uscita di cui è disseminata. Il compito primario che ci siamo assegnati – con spirito di servizio e senza alcuna pretesa di infallibilità – è proprio quello di passare al setaccio le innumerevoli proposte e iniziative, separando pazientemente la sabbia, i ciottoli e i detriti dalle pepite d’oro, con lo scopo di condividerle con tutti coloro che lo vorranno. Molta della nostra attenzione sarà pertanto dedicata ad approfondire autori, temi e concetti a noi contemporanei. Allo stesso tempo riteniamo però che la riscoperta e la rivisitazione della tradizione esoterica e religiosa sia un passaggio ineludibile in un percorso spirituale che voglia dirsi completo e fruttuoso. Molti insegnamenti cosiddetti antichi appaiono oggi più attuali che mai e in alcuni casi sembrano addirittura essere stati formulati e rivelati a beneficio dei nostri tempi. A nostro avviso la tradizione non ha nulla a che vedere con il passato, ma riguarda precipuamente il futuro. Tradizione viene dal latino tradere, consegnare, trasmettere, e noi la intendiamo appunto come un corpo di verità che va trasmesso alle generazioni future. Crediamo fermamente nel valore fondante della testimonianza, intesa nel suo significato greco, test monos, ossia rivelazione dell’uno. Ogni testimonianza è di per sé un indizio di verità. Siamo per- www.oltre-confine.com 5 editoriale suasi che raccogliendo e analizzando numerosi indizi di verità, sia possibile accedere a livelli sempre più alti di conoscenza e consapevolezza. Per questa ragione Oltreconfine vuole riservare molto spazio alle testimonianze personali dei lettori. Attraverso i loro contributi sotto forma di articoli, recensioni di libri, resoconti di seminari e di conferenze, siamo interessati a indagare e verificare il reale influsso che teorie e tecniche possono esercitare sul vissuto concreto delle singole persone. S Se da un lato abbiamo intenzione di arrampicarci «su quel terribile promontorio del pensiero donde si vedono le tenebre» – come direbbe Hugo – e tuffarci nell’abisso sconosciuto dei mondi invisibili, dall’altro siamo risoluti a restare con i piedi ben saldi nella realtà visibile, esplorandola e riconsiderandola secondo logiche più ampie e feconde. È giusto immergersi nel mistero e abbeverarsi alla sua fonte, ma sempre con la consapevolezza che è nel mondo fisico che dobbiamo imparare le nostre lezioni e vincere le nostre sfide. Siamo convinti che non sia salutare scindere la sfera spirituale da quella materiale. È nella vita di tutti i giorni che abbiamo la possibilità di sperimentare la nostra iniziazione. Nelle scelte quotidiane e nello stile di vita che adottiamo abbiamo l’opportunità di realizzare, interiormente ed esteriormente, le nostre verità. Fede e sapienza sono strumenti potentissimi in grado di farci penetrare l’invisibile, ma soprattutto capaci di illuminare e vivificare la nostra realtà più grezza. Essere e avere non devono necessariamente contrapporsi. Possiamo aspirare all’illuminazione e all’evoluzione della nostra anima e allo stesso tempo dedicarci a costruire una realtà di salute, ricchezza e felicità per noi e per gli altri. Siamo convinti che debba esserci un’intima 6 Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili coerenza tra ciò che si sa o si crede di sapere e ciò che si è o si vorrebbe diventare, altrimenti qualunque cammino spirituale è solo una perdita di tempo. Come ha mirabilmente scritto Edgar Cayce: «Nello sviluppo del nostro rapporto con Dio, non importa ciò che noi dichiariamo di credere: ciò che importa veramente è quanto le convinzioni che abbiamo rendano diversa la nostra vita». S Abbracciando un percorso spirituale si corre talvolta il rischio di ripudiare in toto la mente razionale, considerandola l’unica responsabile del nostro precedente stato di addormentamento. A nostro avviso ciò significa contravvenire la legge di polarità e sostituire un vecchio errore con uno nuovo di segno contrario. Noi ci proponiamo di affrancare e risvegliare l’emisfero destro del cervello senza tuttavia negare il ruolo fondamentale dell’emisfero sinistro che ci permette di interpretare, comunicare e coniugare nella realtà fisica le verità sovrarazionali che saremo eventualmente in grado di intuire. Un atteggiamento razionale e scientifico, rigorosamente non conformista e libero da condizionamenti di ogni genere, è uno strumento irrinunciabile per poter penetrare e comprendere i misteri dell’universo multidimensionale. S Oltreconfine si definisce rivista di spiritualità, arte e letteratura. Desideriamo infatti evidenziare e approfondire gli intimi legami che a nostro avviso uniscono ricerca spirituale e ricerca artistica, esperienza mistica e visione poetica, rapimento estatico e godimento estetico. Secondo Mark Rothko, l’arte è l’esemplificazione di un pensiero complesso. Attraverso i molteplici lin- editoriale guaggi dell’arte si ha la preziosa opportunità di fare chiarezza e pulizia all’interno di se stessi dialogando con la propria parte inconscia e dare finalmente inizio a uno sviluppo autentico e armonioso del proprio essere. L’arte semplifica il pensiero e alleggerisce il vincolo della materia, permette e favorisce il cruciale passaggio dal singolare al plurale, dal particolare al generale e, arricchendo e ampliando la conoscenza di sé, apre infine alla conoscenza dell’intera umanità e dell’universo. Se la malattia è anche assenza di consapevolezza, mancanza di bellezza e difetto di unità, allora l’arte può essere la cura. In questo senso siamo d’accordo con la posizione categorica di Alejandro Jodorowsky: «Se l’arte non guarisce, non è arte». Se l’arte e la letteratura non servono a curare l’individuo, allora non servono a nulla. S La scelta di creare una rivista cartacea nell’epoca del world wide web e delle alte tecnologie può apparire anacronistica e inutilmente dispendiosa. Tale scelta è motivata dalla convinzione che la carta stampata sia dotata di una peculiare vibrazione energetica che internet possiede solo a un livello più basso. Un libro – e quindi anche una rivista, che del libro può essere considerata la figlia maggiore – può essere permeato a livello sottile dalle intenzioni dei suoi autori. Ci piace immaginare i nostri lettori portare con sé la rivista e sfogliarla al parco, sull’autobus, al bar o anche comodamente distesi sul divano di casa, diffondendo nel loro ambiente quell’energia positiva che ci auguriamo di riuscire a trasmettere con il nostro lavoro. Oltreconfine sarà una rivista a pagamento che si finanzierà attraverso la vendita delle copie, gli abbonamenti e le inserzioni pubblicitarie. Si tratterà in ogni caso di pubblicità selezionata e informa- ta. Vogliamo avere la libertà di pubblicizzare solo i prodotti e le aziende di cui apprezziamo la qualità e condividiamo lo spirito e gli scopi. S Oltreconfine non si rivolge a un pubblico in particolare. Speriamo possa essere un valido strumento per i cercatori già in cammino e per quelli all’inizio della strada. Il nostro proposito è di fornire ai naviganti impegnati nella traversata dell’oceano una bussola che li orienti verso una riva del nuovo continente senza fargli dimenticare il porto da cui sono partiti e lo scopo che li animava quando hanno deciso di mollare gli ormeggi. La scelta della rotta da seguire e le tecniche di navigazione resteranno sempre di loro esclusiva competenza. Ci auguriamo di suscitare interesse anche in quell’ampia schiera di uomini sospettosi e diffidenti – i cosiddetti scettici – che tuttavia non rifuggono dal porsi domande scomode e pericolose. Anch’essi, a loro modo, sono dei cercatori. Ci approntiamo ad affrontare il nostro ambizioso progetto animati da quell’energia inesauribile che scaturisce dalla consapevolezza di esercitare la propria vocazione. Siamo guidati dalla passione, dalla curiosità e dalla volontà di esplorare luoghi ancora sconosciuti del nostro io. Abbiamo voglia di metterci in gioco e offrire con desiderio di servizio il nostro piccolo contributo all’evoluzione dell’umanità. Siamo dotati di quella fiducia incrollabile, di quell’ostinata pazienza e di quella massiccia dose d’incoscienza necessarie per imbarcarsi in un’avventura densa di incognite, consci del fatto che il nostro unico limite potrà essere solo quel che già sappiamo di sapere. Q www.oltre-confine.com 7 incontri Alberto José Varela IL VAGABONDO SPIRITUALE _____________ di Giovanni Picozza A Accusato di traffico di droga per aver somministrato a fini terapeutici l’ayahuasca, una pianta sacra dell’Amazzonia, Alberto Varela ha trascorso ingiustamente quattordici mesi in carcere. La sua storia è un mirabile esempio di come sia possibile trasformare una dura prova in una preziosa occasione di comprensione e di riconciliazione con la vita. A lberto José Varela è nato a Santa Fe, Argentina, il 10 agosto del 1960. All’età di trentasette anni si è trasferito in Spagna, a Madrid, e da allora porta avanti a diversi livelli una brillante e apprezzata attività nell’ambito della crescita personale e della ricerca spirituale. Scrittore e conferenziere, è il creatore della No-Terapia, un approccio teatrale-terapeutico basato sulla destrutturazione dei personaggi costruiti dall’ego. Direttore di Red Alternativa, una delle riviste di spiritualità più diffuse in Spagna, si definisce un vagabondo spirituale che «perlustra tutte le opzioni che la vita gli offre e nella sua ricerca incontra lo spirito in ogni angolo, in ogni persona, in ogni situazione». Una decina di anni fa, spinto dalla necessità di risolvere un problema personale, incontrò sulla sua strada il potere ancestrale dell’ayahuasca, una pianta psicotropa di tradizione millenaria, usata dagli sciamani del bacino amazzonico nei rituali religiosi e nelle cerimonie di guarigione. [vedi scheda a pag. 10] Il figlio maggiore, allora sedicenne, aveva gravi problemi di droga e Alberto lo portò con sé in Colombia per farlo incontrare con uno sciamano. Il curandero gli diede da bere una sostanza scura contenuta in una tazzina di caffé e il ragazzo, che stava affrontando un periodo confuso e difficile della propria vita, aggravato dal trauma della separazione dei genitori, si trovò immerso in un mondo magico e archetipico in cui si rese improvvisamente conto di quello che gli stava accadendo: comprese i suoi genitori, intese i motivi del suo comportamento autodistruttivo, entrò in contatto a livello profondo con la sua vera essenza e con la natura che lo circondava. Il cambiamento del figlio fu talmente evidente che Alberto decise di indagare il fenomeno compiendo numerosi viaggi nella selva per frequentare l’universo sciamanico e apprendere i segreti dell’ayahuasca. Successivamente, incoraggiato dagli sciamani con cui fece il suo apprendistato, si è dedicato a diffondere l’uso di questa pianta sacra in Spagna, organizzando sessioni di gruppo con finalità terapeutiche. Nel dicembre del 2008 la polizia ha fatto irruzione in casa di 8 Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili Alberto José Varela «La vita doveva mettermi in una prigione affinché potessi trovare la libertà» Varela, che è stato arrestato con l’accusa di delitto contro la salute pubblica e traffico di droga. Ha trascorso quattordici mesi in carcere in attesa di giudizio e nel periodo della sua detenzione ha scritto un libro, Desde la carcel, desde mi libertad (Mandala Ediciones 2009), in cui racconta la sua disavventura giudiziaria con sorprendente distacco e incrollabile ottimismo. Per Alberto il carcere non è stato una punizione, ma un’opportunità meravigliosa che la sua anima ha saputo cogliere per proseguire nel suo cammino evolutivo e realizzare una serie di cambiamenti fondamentali. Nell’aprile del 2011 Alberto Varela è stato infine assolto da ogni accusa e il pubblico ministero ha deciso di non ricorrere in appello contro la sentenza d’assoluzione. incontri attraversare il limite delle proprie paure. Quando non si ha più paura della morte, della malattia, della sofferenza, allora, dicono loro, si è pronti per iniziare il lavoro. Ed è quello che ho fatto. Ho portato l’ayahuasca con me in Spagna e ho iniziato a organizzare sessioni di gruppo. Lo incontriamo nel centro di Madrid, in Plaza de Santa Ana, in un caldo pomeriggio di giugno. Si presenta con la sua compagna e collaboratrice Paula e con la splendida figlia Amelys, di tre anni. Ci sediamo intorno a un tavolo, ordiniamo qualcosa di fresco e iniziamo l’intervista sotto lo sguardo severo di Calderon de la Barca che domina l’intera piazza. Hai vissuto per lunghi periodi nella selva a stretto contatto con i curanderos colombiani, hai preso l’ayahuasca numerose volte e hai guidato sessioni di gruppo qui in Spagna. Ti consideri uno sciamano? Molta gente mi ha fatto questa domanda. La risposta è che non lo sono. Sono un occidentale, non sono nato nella selva, nelle mie vene non scorre sangue indigeno, non conosco le piante. Per essere uno sciamano bisogna avere un potere sul mondo minerale, vegetale e animale a un livello molto profondo, che si acquisisce solo vivendo nella selva a contatto con gli elementi e con lo spirito della natura. Io non sono uno sciamano, ma sono stato formato da alcuni sciamani. Negli anni ho fatto più di trenta viaggi nella selva colombiana trascorrendovi mesi interi. Ho preso ogni tipo di sostanza che gli sciamani mi davano per aiutarmi a superare il limite rappresentato dalle mie paure. Mi dissero che se volevo dedicarmi a questo tipo di lavoro e portare con me la pianta in Europa, avrei dovuto varcare quel limite. Solo allora mi sarei convertito, nello spirito, in uno sciamano, pur non essendolo come esperienza di vita. Si potrebbe dire che ognuno nasconde dentro di sé un talento sciamanico che si attiva solo nel momento in cui si osa Come funzionavano queste sessioni? Insieme a un gruppo di psicologi e terapeuti avevamo creato un programma di abbordaggio psicosciamanico della durata di tre mesi, basato su un lavoro misto tra psicoterapia tradizionale, tecniche olistiche e assunzione di ayahuasca come parte del processo terapeutico. Il programma durava tre mesi perché gli sciamani ci avevano consigliato di svolgerlo nel periodo di tre lune, in tre periodi di ventotto giorni. Oltre a prendere l’ayahuasca ogni quindici giorni, in questo programma si svolgevano regolarmente sedute di terapia di gruppo e di terapia individuale. Quello che ho fatto è stato quindi decontestualizzare la medicina sciamanica dalla cultura della selva. A me non interessavano più di tanto il rito o il cerimoniale, quanto il potere della pianta ed è proprio quel potere che ho cercato di inserire in un programma psicologico e psicoterapeutico. Questo non significa che mi sia allontanato dagli sciamani: c’è un vincolo affettivo e spirituale molto forte con i curanderos. Più volte sono tornato nella selva con gruppi di psicologi e terapeuti affinché ci insegnassero a maneggiare con il dovuto rispetto la medicina, ‘il rimedio’, come la chiamano loro, e a infondervi la giusta intenzione. Sono stati loro a insegnarci tutto quello che sappiamo in relazione alla pianta, alla medicina. Noi, qui in Europa, abbiamo invece provveduto a fornire il sostegno terapeutico necessario a mettere a fuoco quel che può emergere da questo tipo di lavoro interiore. L’esperienza con la pianta è molto potente, si smuovono diverse cose a livello fisico, emozionale, psicologico e spirituale che è necessario in- «La prigione è un inferno, ma un inferno con la qualità e l’energia per spingerci verso il cielo interiore dove si trova l’unico paradiso» www.oltre-confine.com 9 incontri vocabolario tegrare nella realtà quotidiana. L’ingestione di ayahuasca produce inizialmente un processo corporale di diarrea, di vomito, di eliminazione di ogni tipo di tossina dal tratto digestivo. Questo processo di pulizia profonda predispone l’organismo a un’apertura di coscienza e a un aumento di comprensione. Per questo non si può sostenere che l’ayahuasca sia una droga: le droghe ti allontanano dalla realtà, creano separazione, l’ayahuasca piuttosto t’immerge nella realtà, mostrandotela senza finzioni e reticenze. L’ayahuasca ti fa prendere piena coscienza di quel che stai vivendo, aiutandoti ad accettarlo con amore e incoraggiandoti a provare gratitudine per l’esistenza. In questo senso è un processo terapeutico molto profondo. Si corrono dei rischi prendendo l’ayahuasca? La pianta ha il potere di farti visitare altri mondi e altri piani di realtà. Se queste esperienze spirituali e mistiche così intense non vengono integrate nella realtà quotidiana si corre il rischio di incappare in forme più o meno forti di psicosi. La nostra realtà fisica non viene più riconosciuta come reale e si finisce per creare una realtà virtuale e parallela. Questo capita molto raramente, una volta su mille, e nelle migliaia di persone che ho assistito nelle sessioni non l’ho mai visto accadere. Molto spesso ho visto invece persone che soffrivano di schizofrenia o di psicosi maniaco-depressive migliorare moltissimo il loro stato psicologico, se non addirittura guarire, dopo aver preso l’ayahuasca. Per non parlare dei risultati straordinari nella cura dell’alcolismo e delle tossicodipendenze. Per questo mi viene da ridere se penso che sono stato arrestato con l’accusa di diffondere una droga che crea dipendenza e che addirittura enteogeno Il termine enteogeno è un neologismo derivato dal greco antico (da entheos e genesthai) che tradotto liberamente significa: che genera l’esperienza di Dio dentro di noi. Da diversi anni è utilizzato da antropologi ed etnobotanici al posto di termini come psichedelico e allucinogeno per indicare quelle sostanze psicoattive di tradizione millenaria, quasi sempre di origine vegetale, che vengono consumate all’interno di riti religiosi o sciamanici per favorire visioni mistiche e intense esperienze spirituali. può uccidere le persone. Certo, sostenere che le dipendenze possano essere risolte con un preparato sciamanico che viene dall’Amazzonia, e non con un farmaco venduto in farmacia, vuol dire andare in cerca di problemi. Raccontaci i fatti che hanno portato al tuo arresto. La mia attività con l’ayahuasca era di dominio pubblico. Facevo pubblicità, tenevo conferenze, guadagnavo del denaro organizzando i gruppi. La polizia pensava che avessi a che fare con una droga e ha avviato un’indagine. L’Istituto Nazionale di Tossicologia aveva dichiarato che l’ayahuasca conteneva dmt, una sostanza contenuta nella lista internazionale delle droghe proibite. Per tre mesi hanno seguito ogni mio movimento, mentre la mia casa era tenuta sotto osservazione ventiquat- che cos’è l’ayahuasca Con il termine ayahuasca si indica una mistura vegetale dai potenti effetti enteogeni e allo stesso tempo il nome volgare di uno dei componenti usati nella sua preparazione: la liana Banisteriopsis Caapi. Spesso si commette l’errore di ritenere che l’ayahuasca sia il liquido risultante dell’ebollizione della liana, quando in realtà la Banisteriopsis Caapi da sola non produce Liana Banisteriopsis Caapi foto Paulo Pedro P.R. Costa 10 Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili alcun effetto psicotropo. Per ottenere la tisana psicoattiva è necessario aggiungere una seconda pianta – di solito si tratta della Psichotria Viridis, ma se ne conoscono più di novanta adatte allo scopo – contenente dmt (dimetiltriptamina), la molecola responsabile degli effetti allucinatori. La liana Banisteriopsis Caapi contiene invece gli inibitori mao (monoammino ossidasi inibitori) che permettono al principio attivo della dmt di agire nell’organismo. La dmt è la sostanza allucinogena più potente che si conosce in natura e viene prodotta spontaneamente dal cervello umano, nell’epifisi o ghiandola pineale, durante la fase rem dei sogni e, in quantità maggiore, nei momenti precedenti la morte. Il consumo di ayahuasca – conosciuta anche come yajé in Colombia e daime in Brasile – è diffuso in tutto il bacino della foresta amazzonica, dalla Colombia all’Ecuador, dal Brasile al Perù, alla Bolivia. Gli sciamani, o curanderos, la utilizzano da secoli nelle ceri- incontri tr’ore su ventiquattro da poliziotti in borghese. Un’operazione in grande stile come se stessero dando la caccia a un narcotrafficante. Una notte di dicembre del 2008, una quarantina di poliziotti ha fatto irruzione in casa mia con un mandato di perquisizione. Quella notte, insieme a me e alla mia famiglia, c’erano circa venti persone che dovevano partecipare a una sessione terapeutica. Io ho consegnato l’ayahuasca e sono stato arrestato per un presunto delitto contro la salute pubblica. Ho passato il natale in guardina, tre notti e tre giorni, e sono poi stato trasferito nel carcere di Soto del Real. Mi hanno detto che avrei dovuto aspettare l’esame della sostanza che avevano requisito. Dopo tre mesi hanno fatto finalmente quest’esame, da cui è risultato che nei barattoli dove conservavo l’ayahuasca c’erano tracce di dmt in quantità talmente insignificante da rendere impossibile determinare la percentuale di purezza. Una presenza così insignificante da non poter essere misurata, certamente non può danneggiare la salute e non può essere perseguita. Nonostante ciò mi hanno lasciato in carcere, trasferendomi nella prigione di Valdemoro. Nei mesi successivi sono state fatte altre due analisi, ma il risultato era sempre lo stesso: non si poteva determinare il livello di purezza e quindi non c’erano le basi per andare in giudizio. Evidentemente il pubblico ministero voleva a tutti i costi la mia condanna. Addirittura era stata organizzata una campagna televisiva in cui mi si accusava di essere a capo di una setta in cui somministravo una droga che uccideva le persone, di organizzare orge e di aver a che fare con la pedopornografia. Una realtà totalmente menzognera creata ad arte per giustificare la mia detenzione. monie rituali per entrare in contatto con il mondo degli spiriti o per scopi magico-terapeutici. In lingua quechua, ayahuasca significa letteralmente “liana degli spiriti” e nella visione dei popoli nativi la pianta permette appunto l’accesso a quella dimensione sacra e soprannaturale in cui dimorano gli spiriti e le anime dei morti. L’avventura psichica indotta da ayahuasca può condurre a un’esperienza estatica ovvero a un’esplorazione dolorosa dei propri limiti. Come nel caso di altre sostanze enteogene, il contenuto delle visioni dipende in buona parte dallo stato emotivo del soggetto. Chi ha bevuto il decotto denso e marrone dal sapore amaro racconta generalmente di aver sperimentato un’espansione della coscienza in grado di ispirare profonde intuizioni spirituali e di favorire il raggiungimento di livelli di autoconoscenza e di pace interiore mai provati prima. Tra gli altri effetti comuni si annoverano l’emergere di un sentimento Essere calunniati, infamati, colpiti nel proprio onore è una delle prove più difficili da sopportare per un essere umano. Tu come lo hai vissuto? È tremendo. Ascoltare così tante bugie sul proprio conto è come essere investiti da un treno a cinquecento chilometri all’ora. Considerando però che sono l’inventore della No-Terapia, un metodo di autoconoscenza basato sul denunciare, anche pesantemente, i personaggi menzogneri che incarniamo, mi sono subito reso conto che il fatto che tutti parlassero male di me era una grande occasione di crescita da cui potevo trarre beneficio. Il rischio era che mi condannassero all’interno della prigione, perché anche in galera ci sono giudizi e condanne. Delitti come la pedofilia o la pornografia infantile non sono tollerati e le punizioni possono essere molto dure. A me non è successo nulla, un po’ perché in carcere si sa che quel che racconta la televisione è una menzogna, un po’ perché quando le notizie diffamatorie nei miei confronti hanno cominciato a primordiale di comunione con la natura, lo sblocco di emozioni represse e il potenziamento della propria creatività. Da molti anni l’ayahuasca è oggetto di studio da parte di medici, psicologi e psichiatri e sempre più spesso è applicata nel trattamento delle tossicodipendenze e nella cura della depressione, dell’ansia e dei disturbi della personalità. Recentemente è stata dichiarata patrimonio culturale del Perù e del Brasile, mentre in molti paesi occidentali, tra cui l’Italia, il suo consumo è considerato illegale al di fuori di contesti rituali religiosi. Preparazione dell’ayahuasca www.oltre-confine.com 11 incontri circolare, molti detenuti avevano già avuto modo di conoscermi e farsi un’opinione di me. Si era creato una specie di spazio terapeutico: i prigionieri mi venivano a trovare in cella, mi invitavano a prendere un caffé o a fare due passi, mi chiedevano libri in prestito e io coglievo l’occasione per improvvisare delle sedute di No-Terapia per aiutarli a capire il vero motivo per cui si trovavano in prigione. Nel libro racconto alcuni di questi episodi. Quando mi sono reso conto dell’inquietudine che serpeggiava tra i prigionieri, ho deciso di inventare un gioco, che ho chiamato il gioco della comprensione. Ho raccolto dalla spazzatura novecentonovantanove tessere telefoniche, le ho scartavetrate una per una, poi le ho colorate a mano decorandole con simboli e disegni e scrivendo delle frasi che potessero infondere pace e consapevolezza. Ho creato così un gioco da tavola per le persone che mi chiedevano consiglio. Il prigioniero faceva una domanda, io la scrivevo su un foglietto e poi lo invitavo a prendere una tessera e a guardarla. Finché non capiva da solo la risposta al suo quesito, doveva continuare a prendere altre tessere: era una specie di megatarocco di novecentonovantanove carte per cui ho anche scritto un libretto d’istruzioni in cui spiego il significato di ogni tessera. Qual era il tuo rapporto con le guardie carcerarie? Mi rispettavano. Spesso venivano a parlare con me, alcuni erano interessati al tema dell’ayahuasca. In un certo senso ero un privilegiato, la mia cella non veniva mai perquisita. L’unico problema che ho avuto è stato quando alcuni detenuti mi hanno invitato a parlare della differenza tra una droga e un enteogeno a una riunione che avevano organizzato. Era vietato organizzare riunioni e, pensando che io fossi stato l’ideatore, come castigo mi hanno messo per un mese nel reparto più duro del carcere dove erano rinchiusi i delinquenti peggiori. È stata un’esperienza molto dura, ma anche di grande apprendimento. È stato come convivere con la parte dannata della società, come immergersi nella cloaca più lurida. Ho pianto Nel giorno del giudizio all’Audiencia Provincial 12 Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili molto per quello che ho visto. È stata un’esperienza davvero triste, ma istruttiva. In seguito, quando mi hanno trasferito nel carcere di Valdemoro, ho fatto domanda per lavorare nella stazione radio della prigione, dove ho tenuto un programma di crescita personale per i detenuti. Mezz’ora al giorno in cui raccontavo le mie esperienze di vita alternandole con storie di spiritualità e brani musicali. È stato un lavoro davvero creativo e interessante. Quando hai deciso di scrivere un libro sulla tua esperienza in carcere? Non ho mai deciso di scrivere un libro. Quel che facevo era scrivere due o tre ore ogni mattina, appuntando a mano su un quaderno tutto ciò che mi capitava. L’ho fatto leggere a Paula, la mia compagna, e a mio figlio. Loro lo hanno fatto leggere ad altre persone che ne sono rimaste molto colpite. Ho cominciato a rendermi conto che quel che stavo vivendo in carcere poteva avere un impatto profondo sulla ricerca di libertà che la gente stava compiendo fuori del carcere. Mi sono accorto che quel che scrivevo stimolava le persone a liberarsi dalle prigioni interiori in cui erano rinchiuse. Così ho cominciato a rileggere quel che avevo scritto e a dargli una forma compiuta. Lavorando alla radio avevo la possibilità di usare un computer e questo ha facilitato molto le cose. La prima edizione del libro è uscita quando ero ancora in prigione. Nel libro scrivi: «Sto facendo quel che ho sempre voluto e non avevo il tempo di fare. Mi trovo nel miglior luogo di meditazione del mondo con tutte le spese pagate». Immagina che ti mettano in un posto dove non c’è internet, non hai il cellulare, non puoi parlare con la tua famiglia e ovviamente non puoi scappare... Non ti rimane altro che centrarti in te stesso. È quello che ho fatto: isolarmi totalmente negli angoli bui della mia cella e immergermi dentro il mio essere. A casa avevo dei libri meravigliosi che non avevo mai potuto leggere per mancanza di tempo. Paula me li portava e così durante la prigionia ho letto circa settanta libri, alcuni più di una volta. Ho scritto, ho disegnato, ho dipinto, ho tessuto mandala, ho fatto lavori di artigianato, ho dato sfogo a tutta la mia creatività. Purtroppo molti detenuti non colgono quest’opportunità e trascorrono intere giornate a giocare al parchis o a scacchi per ammazzare il tempo. In quale momento della tua detenzione hai compreso che non aveva senso considerare quel che ti stava accadendo come una calamità? L’ingresso in carcere è stata un’esperienza molto dura. Era una notte di dicembre. Nevicava. Sono entrato in prigione e mi è sembrata enorme, fredda, buia e grigia. Sono stato condotto in un reparto dove c’erano duecento detenuti e mi hanno rinchiuso in una cella. Mi sono steso sul letto, piccolo e scomodo, e ho osservato cosa aveva da dire la coscienza, lo strumento più potente che abbiamo per valutare oggettivamente da un piano incontri Alcuni dei mandala tessuti in carcere elevato quel che ci sta succedendo. Nella cella c’era una lavagna e ho scritto: Non mi hanno messo in prigione per subire un castigo. Sono venuto a ricevere un regalo che la vita aveva in serbo per me. Non mi trovo in carcere per pagare un condanna. Sono venuto a riscuotere il premio che mi meritavo. Questo mi è stato chiaro fin dal primo giorno di prigione. Non sapevo ancora quale fosse il premio da riscuotere, ma sentivo nel mio cuore che quel che mi stava capitando non era una punizione. Se mi trovavo in quel luogo angusto non era per soffrire, ma per crescere ed evolvermi. Ho impiegato diversi mesi per arrivare a comprendere quale fosse il regalo da ricevere. Il regalo era riuscire a essere felice un sabato pomeriggio rinchiuso in una cella. Un sabato d’estate del 2009, rinchiuso in una cella che sembrava un forno, morto di caldo, senza un frigo, senza nulla da bere, senza poter uscire... Riuscire a essere felice con me stesso ovunque mi trovassi, raggiungendo uno stato di gioia incondizionata. È stato l’incontro più profondo che abbia mai avuto con me stesso. In quel momento ho raggiunto la consapevolezza che dentro di me, all’interno del mio essere, c’era tutto quello di cui avevo bisogno. Questo è stato il regalo. In Spagna, come in Italia, la legge prevede che il carcere sia un luogo di riabilitazione e di rieducazione. Qual è stata la tua esperienza? Quel che succede nelle carceri spagnole è un esempio dell’ipocrisia che caratterizza la nostra società: dire una cosa e fare il suo contrario. Si dice che si vuole riabilitare e reinserire i delinquenti, ma in realtà li si corrompe ulteriormente, castigandoli e confinandoli in un destino tragico per soddisfare la necessità di vendetta. Io credo che i detenuti rinchiusi in carcere svolgano la funzione essenziale di bonificare lo sterco della società. I detenuti stanno pagando il prezzo di una società repressa che ha voglia di uccidere e di delinquere: questa energia sociale si concentra in un gruppo di persone che oltrepassano i limiti e commettono delitti. Rappresentano una parte di noi che reprimiamo e stanno quindi pagando un prezzo per tutti. Questo non giustifica le loro azioni, ma ci permette di comprenderle. Ho conosciuto spacciatori, sicari, assassini, un uomo che ha bruciato la moglie viva... Eppure non sono mai riuscito a vederli come delinquenti, come persone cattive. In carcere non ho incontrato colpevoli, perché se avessi incolpato qualcuno di loro, avrei dovuto incolpare anche me stesso. La delinquenza è un problema di tutti, non solo dei delinquenti: loro sono quelli che commettono gli atti violenti, ma siamo tutti noi a creare le condizioni che li spingono a commetterli. Ritieni possibile che quando si tenti di rivoluzionare se stessi nel profondo e di aiutare gli altri a fare altrettanto, si mettano in moto delle forze oscure e parassitarie che si oppongono all’evoluzione degli esseri umani? Non credi che il tuo lavoro terapeutico con le piante sacre possa aver disturbato queste forze oscure e il sistema di potere che le rappresenta? Io non credo che esista una forza maligna. Credo piuttosto che ci sia un potere, il potere dell’ombra, dell’oscurità, che riunisce quei frammenti di paura, di colpa e d’insicurezza che possediamo tutti. Questo potere agisce come un’entità con un proprio essere, un’entità controlla il mondo, manovra i presidenti, le banche, le religioni... Io sento che una parte di questo potere si è organizzato contro di me, non nel senso di una cospirazione, ma in modo del tutto naturale: se qualcuno lavora in una direzione concreta verso la luce, la propria parte oscura non ne sarà contenta e cercherà in ogni modo di boicottare questo lavoro. Riconosco che c’è un movimento metafisico oscuro che manovra molte cose in questo piano, ma so che c’è un movimento molto più elevato, che ha a che vedere con la luce, che muove e manovra molte più cose. Per questo quando sono uscito dal carcere non ho voluto organizzare proteste e mobilitazioni nonostante l’ingiustizia che avevo subito. La giustizia a volte può essere ingiusta, ma la vita non lo è mai. Non ero io a dover muovere le cose. Sentivo nel profondo del mio cuore che questo compito stava nelle mani di un’energia superiore. Il tuo libro inizia con questa constatazione lapidaria: «Tutto ciò di realmente importante che accade nella vita non può essere espresso». Se le parole non possono esprimere la realtà per quella che è, qual è la loro funzione? Nel libro non ho potuto dire nulla di veramente importante. Ho semplicemente utilizzato le parole come strumenti per costruire una strada, nella speranza che, percorrendola, il lettore sia www.oltre-confine.com 13 incontri Con la figlia Amelys e il figlio Elian in grado di percepire quel che di importante è nascosto dietro le parole. Al lettore non arrivano le parole, arriva il luogo da cui le parole provengono. Quel luogo, l’anima dell’autore, ha un’energia speciale. Quando un autore espone totalmente la propria anima in un testo, capta l’anima del lettore e si crea un legame profondo. Il lettore si fonde con l’autore e se percepisce qualcosa d’importante è solo perché già lo porta dentro di sé. Il punto fondamentale è quanto l’autore sia disposto a esporsi. Il segreto sta nella dedizione, non nella tecnica o nello stile, né tanto meno nelle parole. Hai avuto sei figli con quattro donne diverse e dal tuo libro si evince che hai dei legami molto forti con tutti loro. Qual è il tuo concetto di famiglia? Io credo che la famiglia sia l’antro di perdizione della psiche umana. È il luogo dove ci ammaliamo, ma allo stesso tempo è il luogo dove possiamo ricreare lo stato di salute e d’amore più elevato. La schizofrenia nasce nelle famiglie, perché non possiamo amare coloro che ci hanno fatto ammalare, anzi li vorremmo uccidere. Eppure, nel profondo, li amiamo. Ma affinché questo amore possa veramente esprimersi, è necessario prima di tutto manifestare l’odio. In famiglia, per il fatto che c’è confidenza, si ha l’abitudine di mancarsi di rispetto. In particolare si manca di rispetto ai figli senza nemmeno rendersene conto. Se dò un aiuto non richiesto ai miei figli, è una mancanza di rispetto. Se rispondo a una domanda che non mi hanno fatto, è una mancanza di rispetto. Se dico loro che una cosa è fatta in un certo modo quando essi non l’hanno ancora sperimentato, è una mancanza di rispetto totale. Hai scritto in un articolo che bisogna attualizzare l’idea di spiritualità. In particolare sottolineavi il fatto che quando la spiritualità diventa parte dell’identità non è altro che una mistificazione: se qualcuno si definisce spirituale, in realtà non lo è. Qual è allora il tuo concetto di spiritualità? 14 Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili La spiritualità è nevrotica. Di solito è l’ego che vuole risvegliarsi, che vuole ottenere l’illuminazione, che ama considerarsi un essere spirituale. Ma se il mio essere è già spirituale, che bisogno c’è di cercare la spiritualità? Quindi chi è che la sta cercando? L’ego. Sono dunque un essere umano con la possibilità di avere esperienze spirituali oppure uno spirito con la possibilità di vivere esperienze umane e carnali? Nel primo caso cado nella trappola della spiritualità: sono un essere umano, sono Alberto, sono un maschio, sono un padre... e forse posso vivere esperienze elevate, spirituali. La verità è che non sono un essere umano, non sono Alberto, non sono un maschio, non sono un padre... Sono uno spirito e dentro di me vive un essere spirituale. Questo è per me il concetto autentico di spiritualità: essere cosciente della presenza di un essere spirituale dentro di sé. E come si realizza lo spirito dentro di noi? Mangiando, vivendo, dormendo, provando sentimenti, parlando, condividendo, dando, ricevendo... La realizzazione spirituale passa sempre per la materia, si esprime attraverso l’arte, la letteratura, la pittura, la musica, il sesso, il piacere... La spiritualità è la parte più profonda di quello che si vede alla luce del sole. La spiritualità è il lato invisibile della creatività, dell’arte, della letteratura e l’arte, la letteratura, la poesia sono il lato visibile della spiritualità. Se invertiamo quest’ordine, come fanno le religioni, e ci consideriamo esseri carnali, peccaminosi, sporchi, che nascono con il male dentro e che devono raggiungere la spiritualità, ebbene... abbiamo il mondo che abbiamo proprio a causa di questa visione. Di questi tempi, tra i cercatori spirituali, l’orientamento in voga è quello di interessarsi di molti argomenti diversi, partecipare a corsi e seminari, accumulare esperienze e conoscenze. Non si corre il rischio di perdersi nell’oceano delle proposte senza approfondire nulla in particolare? Oggi la moda è quella di creare marchi registrati per ogni tipo di tecnica corporale, emozionale, spirituale. La gente inizia un incontri Con la compagna Paula e Amelys lungo giro turistico, visita posti diversi, spende tempo e denaro illudendosi di trovare risposte, ma in definitiva aggiunge solo nuove informazioni. Per apprendere c’è bisogno di avere nuove informazioni, ma per guarire bisogna disimparare e per disimparare è necessario togliere, non aggiungere. Il ‘lavoro’ consiste nel togliere, mentre ciò che la gente fa è, per lo più, aggiungere. Imparare molte tecniche o approfondirne una sola è lo stesso: non serve a nulla. L’unica cosa che realmente serve è guardarsi dentro, abbandonare l’ottica del turista e diventare l’archeologo della propria vita, calandosi senza timore nel profondo della propria coscienza. Bisogna uscire dall’ossessione per la conoscenza esteriore e interessarsi maggiormente del proprio essere interiore. In questo l’ayahuasca è uno strumento formidabile. La pianta non ha ego, la pianta non ti manipola, la pianta è innocente e ti conduce fin lì dove devi essere portato. Tutto ciò che viene impartito da un essere umano dotato di ego può invece essere pericoloso. Come si può essere sicuri che il percorso spirituale che si sta percorrendo conduca davvero alla luce e non sia invece un autoinganno della mente? Se vedi delle ombre lungo il cammino è perché stai andando verso la luce. Se non vedi alcuna ombra, può essere pericoloso. Vedere le ombre significa calarsi nel trauma, nel condizionamento, nell’insicurezza, significa accettare quel che la vita ci ha riservato. Se si ha il coraggio di osservare e mettere a fuoco le ombre che incontriamo lungo la strada, queste finiranno per scomparire. Quando non s’incontrano ombre e si crede di essere già nella luce, bisogna fare attenzione, perché gli uomini sono molto abili a crearsi l’illusione di essere già illuminati. Ti definisci un vagabondo spirituale. Che intendi con quest’espressione? Il vagabondo spirituale non ha una rotta precisa, non sa dove sta andando, non fa programmi. Vive in costante movimen- to senza restare legato a nessun luogo. Non fugge, ma non si lascia afferrare da nulla, non evade dalle sue responsabilità, ma non si lascia manipolare da nessun obbligo. Il vagabondo spirituale perlustra tutte le opzioni che la vita gli offre e nella sua ricerca incontra lo spirito in ogni angolo, in ogni persona, in ogni situazione. Non lo incontra in un tempio, ma lo può incontrare in una prostituta, o commettendo un delitto, dovunque, perché in realtà sta solo incontrando piccole parti di se stesso. Il vagabondo riunisce le parti che trova lungo il cammino e quel che va riunendo è la propria essenza. Quando infine avrà trovato se stesso, la ricerca sarà terminata. La ricerca può essere lunga, perché di solito ci troviamo poco a poco. Per prima cosa troveremo quello che non siamo: la ricerca inizia svelando le menzogne che ci riguardano. Ogni volta che guardiamo in faccia la nostra ombra e ci caliamo nei nostri traumi, arriviamo più vicino alla verità. Solo dopo questo processo di svelamento sarà possibile scoprire chi siamo veramente. A me è successo in carcere. Lì ho trovato la tessera mancante e ho scoperto qualcosa di me che non potevo scoprire in nessun altro luogo. Ora posso anche morire, tutto quel che verrà mi sarà dato in aggiunta... Sia ben chiaro però che trovare se stessi non significa illuminarsi, né diventare dei maestri spirituali: è qualcosa di molto personale. Hai avuto dei maestri spirituali? Ne ho avuti molti e ne ho anche adesso, ma è sempre stato un continuo abbandonare il maestro. Chiunque può essere un maestro per dieci minuti: svolti l’angolo, t’imbatti in qualcuno che ti dice quattro sciocchezze e se lo ascolti è stato tuo maestro per cinque secondi. Però finisce lì, lo ringrazi e vai per la tua strada. Il problema è quando si diventa schiavi del maestro. La devozione verso il maestro è malsana, è una psicopatologia perché genera una dipendenza, la cui radice proviene da una psiche sottomessa che ha bisogno di una figura dominante che la controlli e le dica cosa fare. È un tema che ha a che vedere www.oltre-confine.com 15 incontri con l’autorità, con la figura del padre, con Dio, con la comodità di non farsi carico della propria vita. Qual è allora la funzione di un maestro spirituale? Più che di maestro, parlerei di maestria. Parlare di maestro è come parlare di Dio. Dio è un nome, non un essere. É il nome che si dà al creatore, alla creazione, all’esistenza... Dio è solo un nome e come tale non esiste. Esiste la creazione. Esiste il creatore. Lo stesso succede quando parliamo di maestro. La maestria è un fenomeno soggettivo, non oggettivo. Io posso dire: «Quello è il mio maestro». Tu dirai: «Quello è un ciarlatano». Ciò che conta è che se un discepolo si affida veramente a un maestro, anche a un falso maestro o a un ciarlatano, può comunque illuminarsi, perché la chiave della maestria è dentro il discepolo, non dentro il maestro. Per questa ragione ritengo che tutti i maestri svolgano una funzione positiva in quanto offrono agli esseri umani l’occasione di abbandonarsi, di affidarsi, di avere fede: se non possono aver fede in Dio, se non possono aver fede nella vita, se non possono aver fede nemmeno nella propria ombra, che almeno abbiano fede in qualcuno che appare loro come una specie di santo. Anche se fosse un imbroglio, l’importante è che questo imbroglio risvegli la fede nel discepolo. Si tratta ancora di una fede diretta all’esterno, verso il maestro, ma questo è un passo necessario per poter in seguito aver fede in se stessi. Se nulla si può migliorare perché tutto è perfetto così com’è, che cos’è l’evoluzione? Per me l’idea di migliorare è nevrotica. Tu non sei migliorabile, né lo sono io. Per definizione, evoluzione non vuol dire miglioramento, ma aumento di complessità. Le cose si fanno inevitabilmente più complesse e questo non è un bene né un male. È la legge dell’universo che si espande e si diversifica, facendosi ogni volta più creativo. L’ayahuasca mi ha permesso di vedere questo processo: una follia totale! È come una fabbrica di complessità, di diversità, di colori, di forme, è come un festival creativo, come l’opera di un pittore che crea milioni di quadri al secondo, ogni volta più complessi, e non puoi sceglierne nessuno come il migliore, perché sono infiniti e perfetti. Durante una delle interminabili notti trascorse 16 Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili in cella, mi apparve un numero: 01210. Veniamo dallo zero, andiamo verso lo zero. Quando nasciamo siamo uno, quando moriamo siamo uno. Nel mezzo, la vita: un’esperienza duale. Siamo nel due e osserviamo tutto dal due. Buono cattivo, alto basso, cielo inferno, migliore peggiore... Siamo immersi nella dualità e questa è la nevrosi, la schizofrenia, la malattia. L’obiettivo è tornare all’uno quando si è ancora in vita: trovare se stessi, essere uno, non avere divisioni. E si può anche raggiungere lo zero, il vuoto, il silenzio, il nulla... La libertà è poter vedere questo nulla, osservare l’illusione, senza abbandonare questa vita. Come consideri la situazione a livello globale dal punto di vista dell’evoluzione della coscienza? In una certa misura il mondo è sul punto di esplodere, si moltiplicano ovunque fenomeni di disobbedienza, qui in Spagna ci sono gli indignados: è una fase di ribellione, siamo sul punto di scoppiare. Sta scoppiando il nostro corpo, la nostra salute... Stanno scoppiando i nostri sogni, le nostre relazioni... Eppure, allo stesso tempo, il sistema non sembra mai essere stato così forte e impenetrabile come oggi. Nonostante questi fenomeni di ribellione, che pur non vanno sottovalutati, ancora non si è raggiunta la massa critica necessaria. Credi davvero alla teoria new age della massa critica, secondo cui se un certo numero di persone si risveglia favorirà il risveglio dell’intera umanità? Non so se la parola giusta sia risvegliarsi, per me sarebbe importante che le persone si rendessero conto di trovarsi in un carcere rinchiusi in una cella e che dicessero a se stessi: voglio uscire perché non me lo merito. Chi prende coscienza del proprio stato di schiavitù non può fare a meno di tentare di uscirne, ma si tratta di un lavoro individuale. Quel che ho visto, incontrando migliaia di persone ogni anno, è che la gente continua a ‘dormire’ anche negli ambiti cosiddetti spirituali. Leggono libri, fanno corsi, provano terapie, ma le persone continuano ad aver paura, continuano a sentirsi in colpa, alcuni con l’illusione che nel 2012 succederà qualcosa che risolverà tutto a livello planetario: sciocchezze di una mente infantile. La trasformazione deve essere qualcosa di molto incontri profondo dentro ognuno di noi. Quando avremo delle persone che si saranno trasformate dal di dentro, che avranno sconfitto la paura, che non sentiranno più la colpa e che si renderanno conto di essere in uno stato di schiavitù... qualora ci fossero, non dico milioni, ma qualche centinaia di persone del genere e decidessero di lavorare insieme, niente e nessuno potrebbe fermarli. In realtà siamo molto lontani da quel livello di ‘uomo nuovo’ in grado di cambiare il pianeta. Magari la fine del mondo fosse nel 2012: significherebbe che la coscienza umana si è evoluta molto più rapidamente di quanto io creda. La mia unica speranza è riposta nei bambini. Noi adulti siamo ormai troppo condizionati e possiamo fare solo un onesto lavoro interiore per vivere stupendamente questa vita, un lavoro terapeutico molto profondo per liberarci dalla sofferenza. Però, sinceramente, credo che la trasformazione planetaria sia qualcosa che compete ai bambini, perché loro non sono stati ancora condizionati. Nel libro dedichi molto spazio al tema dei bambini e parli spesso di educastrazione. La nostra società, a partire dalla scuola, ci sottopone fin da quando siamo piccoli a uno spietato programma di educastrazione. L’educazione ci castra per impedirci di essere noi stessi. È come castrare il toro. Se gli tagli i testicoli, il toro diventa un bue, una bestia da soma che ubbidisce... A noi hanno tagliato i testicoli energetici. La religione, la politica, la scuola, la famiglia: sono tutti d’accordo. Una delle sfide del futuro è quella di creare delle nuove scuole, delle scuole diverse. Nell’educazione attuale c’è un’ossessione per il condizionamento, per la correzione dei comportamenti, per il rispetto dei limiti, e tutto questo lascia poco spazio all’originalità, alla creatività e alla spontaneità che sono la base della libertà. L’educazione programma degli stupidi pronti per votare, obbedire, pagare e lavorare. Il segreto di un’educazione sana è quello di attivare nei bambini quei valori fondamentali che i genitori e gli educatori hanno dimenticato. Valori come l’amore, l’innocenza, la fiducia, la comprensione, la semplicità, la bontà, l’autenticità... Dico attivare perché ogni bambino possiede già questi valori e il sistema educativo non fa altro che disattivarli e sostituirli con degli automatismi. Tutto viene ridotto a comportamenti, tecniche, obiettivi e risultati. Per questo ho deciso di non mandare a scuola mia figlia Amelys. Non me lo perdonerei se lo facessi. Con gli altri figli non ero abbastanza cosciente per compiere una scelta del genere, ma ora sono convinto che crescere i figli in casa sia la scelta giusta. Caro Alberto, ti ringraziamo per il tempo prezioso che ci hai dedicato. C’è qualcos’altro che vuoi condividere con i lettori italiani? Una confidenza, un segreto... Un giorno uno sciamano mi disse: «C’è un solo segreto in questa esistenza ed è che non ci sono segreti. Se vuoi accorgerti di qualcosa, apri il tuo cuore e l’esistenza ti mostrerà tutto». Q Alberto José Varela può essere contattato inviando una e-mail a [email protected] Con la figlia Aneley e Paula venti suggerimenti di convivenza familiare 1. Quando parlano i più giovani, gli adulti stanno zitti. 2. Dialoghiamo per conoscerci, non per avere ragione. 3. Non esistono leggi né norme, lasciamoci guidare dall’amore. 4. Non c’è nulla da nascondere, ma abbiamo tutti il diritto di mentire. 5. Niente si giudica né si critica, tutto si accetta. 6. Nessuno comandi nessuno, ognuno obbedisca al suo cuore. 7. Il nostro unico credo è che non c’è nulla in cui credere. 8. Non c’è possibilità di commettere errori. 9. Se non viene fatta una domanda non si dia alcuna risposta. 10. Lasciamoci fluire. La spontaneità va oltre i progetti. 11. Non provare a essere diverso. Sei perfetto così come sei. 12. Non c’è un modello da seguire, né un ideale da raggiungere. 13. Ciascuno scelga la religione che vuole o non ne scelga nessuna. 14. Non esiste un modo prestabilito di fare le cose, ognuno si trovi il suo. 15. Se ci troviamo in una situazione senza via d’uscita, ridiamo. 16. Che ciascuno si renda conto da solo di come stanno le cose. 17. Non smettiamo di guardarci fino a quando non ci siamo compresi. 18. Quando si discute, i più giovani hanno la priorità. 19. Piuttosto che controllare e sospettare, abbi fiducia. 20.Ogni giorno tutto inizia da capo, il passato è passato. Tratto da Desde la carcel, desde mi libertad (Mandala Ediciones 2009) www.oltre-confine.com 17 speciale > un corso in miracoli Vuoi avere ragione o essere felice? le origini e l’insegnamento di un corso in miracoli _____________ di Andrea Panatta A Citato continuamente da autori del calibro di Wayne Dyer, Deepak Chopra, Louise Hay e Marianne Wlliamson, Un corso in miracoli è uno dei libri più importanti e più studiati della nuova spiritualità. Trascritto tra il 1965 e il 1972 dalla dottoressa Helen Schucman sotto dettatura di una voce interiore, elabora una rivoluzionaria metafisica non dualistica che pone l’accento sull’applicazione pratica piuttosto che sulla teoria. la storia di un corso in miracoli La vicenda inizia nel 1965. I protagonisti sono una psicologa del Centro Medico Presbiteriano della Columbia University di New York, Helen Schucman, e il suo capo e coordinatore, William (Bill) Thetford. Dopo anni di ostilità e tensioni tra i due nella vita quotidiana e nell’ambiente lavorativo, un giorno Bill compie un gesto assolutamente inatteso: prima dell’inizio di una riunione, si avvicina a Helen e le dice di avere tutta l’intenzione di porre fine ai loro contrasti. «Ci deve essere un altro modo!» esclama. Bill era determinato a trovare un nuovo modo di relazionarsi a Helen e agli altri collaboratori per appianare gli attriti e valorizzare la parte positiva di ognuno di loro. Presa piacevolmente alla sprovvista, Helen accetta la proposta di ‘armistizio’. Qualche tempo dopo il chiarimento con Bill, Helen comincia a fare strani sogni e ad avere visioni e percezioni alterate. I suoi Helen Schucman, 1974 18 Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili sogni diventano incredibilmente vividi e inizia a percepire immagini mentali nette come fotografie, all’inizio solo in bianco e nero, poi anche a colori e in movimento. Helen era sempre stata scettica, atea e molto pragmatica; aveva avuto un’infanzia difficile, connotata da una profonda solitudine e popolata dall’incubo di trasformarsi dalla bambina dolce e tenera che era in un essere grasso e mostruoso. «In qualsiasi situazione, può mancare solo ciò che tu non hai dato» Poco alla volta, i suoi sogni diventano sequenze realistiche colme di eventi simbolici; Bill le consiglia allora di iniziare a tenere un diario di questi fenomeni. Tra i sogni della Schucman, uno in particolare sembra strettamente connesso con la storia del Corso: «La barca si stava muovendo lentamente ma facilmente lungo un canale molto piccolo e dritto. C’era appena abbastanza brezza per far avanzare la barca. Sugli argini del canale erano allineati degli alberi secolari e belli e cespugli verdi orlati di file di fiori. “Mi domando se qui ci sia un tesoro sepolto” pensai tra me e me, trasognata. “Non sarei sorpresa se ci fosse”. Poi notai un lungo palo con un grande uncino sulla punta, che si trovava sul fondo della barca. “Proprio quello che ci vuole” pensai, immergendo l’uncino nell’acqua e affondando il palo il più profondamente possibile. L’uncino agganciò qualcosa di pesante, che sollevai con difficoltà. Era un’antica cassa del tesoro, il legno corroso dall’acqua e speciale > un corso in miracoli il fondo coperto di alghe. Riuscii a issarlo nella barca e lo aprii con trepidazione. Rimasi amaramente delusa. Mi ero aspettata gioielli o monete, ma nella cassa non c’era altro che un grande libro nero. [...] Sul dorso c’era una parola scritta in oro. La parola era esculapio. Il termine mi era familiare, ma non riuscivo a ricordare cosa significava. Quando la cercai, scoprii che era il nome del dio greco della guarigione». (R. Skutch, Come è nato Un corso in miracoli, Armenia 2001, trad. it. di F. Merlino, S. Pestarino, I. Popani) Nello stesso periodo, Helen inizia anche a sperimentare fenomeni di chiaroveggenza: riesce a descrivere con dovizia di particolari i luoghi in cui Bill era stato in villeggiatura senza averli mai visti e salva un collega da un tentativo di suicidio prestando ascolto a un forte presentimento. Nei sogni della psicologa, e poco a poco anche durante la veglia, inizia a comparire una Voce che le spiega parte del significato di ciò che vede. Una sera Bill riceve una telefonata di Helen, terrorizzata perché la Voce non se ne vuole andare e continua a ripeterle: «Questo è un corso in miracoli... Per favore, prendi appunti». È con questa frase che hanno inizio i sette anni di dettatura e trascrizione del testo del Corso. Fin dal primo momento, Helen è spaventata dalla voce che sente e d’impulso tenta di resistere alla necessità di scrivere che s’impadronisce di lei. Tuttavia, incoraggiata da Bill, non si sottrae mai al compito assegnatole. Già dalle prime sessioni, i due colleghi si rendono conto che era questa la risposta all’altro modo che stavano cercando per risolvere i loro problemi relazionali e che la dettatura non si sarebbe esaurita in tempi brevi. «Non hai alcun problema che Egli non possa risolvere offrendoti un miracolo. I miracoli sono per te» Durante i sette anni di dettatura, Helen e Bill sono molto restii a diffondere notizie su quanto stanno facendo, sia perché non sono sicuri di quando si concluderà la trascrizione, sia perché vogliono proteggere le loro carriere. Tra i pochi depositari di questo segreto vi sono Kenneth Wapnick e Jon Mundy, oggi due tra i più importanti insegnanti del Corso, e Hugh Lynn Cayce, figlio del noto sensitivo Edgar Cayce, cui inviano un manoscritto del testo per convalidarne l’autenticità in termini di canalizzazione. L’esperienza di Helen è particolarmente importante perché ha ridefinito i fenomeni di medianità o channeling. Infatti, se la maggior parte delle canalizzazioni si verificava generalmente in stato di trance, la dettatura del Corso è sempre avvenuta con la piena presenza e consapevolezza della Schucman, che anzi più volte ha tentato di resistere all’impulso di scrivere, col solo risultato di sentirsi tesa o depressa fino a quando non riprendeva a scrivere, esaurendo il flusso di parole. che cos’è un corso in miracoli Sono in molti ad aver letto la storia della sua nascita e ad averlo sottovalutato credendo che fosse un testo dedicato al miglioramento delle relazioni, ma il Corso non è soltanto questo. Un corso in miracoli è esattamente quello che sostiene di essere: un insegnamento che intende portarci a compiere miracoli nella vita quotidiana. Si tratta essenzialmente di un percorso spiri- Bill Thetford alla macchina da scrivere I taccuini di Helen Schucman www.oltre-confine.com 19 speciale > un corso in miracoli tuale autonomo e individuale per autodidatti. Il Corso indica una via ben precisa per arrivare a sperimentare una perfetta non dualità, uno stato di unione con il divino che si raggiunge attraverso la pratica del perdono nella quotidianità. Si tratta di una sofisticata forma di psicologia metafisica che ci conduce gentilmente al di là delle illusioni in cui siamo immersi. Bill Thetford e Helen Schucman, California 1976 a chi non abbia una conoscenza approfondita dei termini biblici, generando molto spesso vere e proprie resistenze, così come imbarazzo per il fatto che si dice sia stato proprio Gesù a dettarlo. Tuttavia, come spiega Kenneth Wapnick, è bene ricordare che non si tratta di Gesù di Nazareth, quanto piuttosto di un simbolo dell’amore divino. Per parafrasare Gary Renard, anch’egli insegnante del Corso, che importa se a scriverlo sia stato o meno Gesù? L’importante è che il messaggio arrivi in tutta la sua efficacia, portando cambiamenti e risultati. che cosa dice un corso in miracoli Dall’introduzione del Corso: Il Corso è strutturato in tre libri: un testo principale, un libro di esercizi per un anno e un manuale per insegnanti. La Voce – che nel corso della dettatura si fa riconoscere come Gesù – guida il lettore nei meandri di una progressiva scoperta del sistema di pensiero alla base dei miracoli, utilizzando uno stile piuttosto difficile (alcune frasi occorre leggerle decine di volte prima di capirle), che va via via chiarificandosi con il procedere dei capitoli. La lettura del Corso non dovrebbe essere affrontata come uno studio pedissequo e mnemonico, ma come il manifestarsi di una voce interiore perennemente presente, la voce dello Spirito Santo, al cui ascolto il Corso intende educarci. Ne è prova il fatto che in una versione non ufficiale del testo (la versione Urtext), la Voce suggerisca agli studenti del Corso di limitarsi ad ascoltare senza prendere appunti fino a quando la lettura non sia arrivata a uno stadio molto avanzato. «Puoi parlare da parte dello Spirito o da parte dell’ego, a tua scelta. Se parli da parte dello Spirito hai scelto di “essere quieto e sapere che Io sono Dio”» Gli scogli da superare nella lettura e nell’apprendimento dei messaggi di Un corso in miracoli sono diversi. Anzitutto, è un libro corposo e leggerlo, forse per esplicita volontà della Voce, tende a stancare molto la mente, che tenta disperatamente di possederne l’intera struttura. In secondo luogo, il Corso, come tutte le pratiche spirituali, richiede disciplina e dedizione e implica un allenamento mentale quotidiano che non tutti sono disposti a fare. Il suo linguaggio, inoltre, può risultare ostico 20 Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili «Questo è un corso in miracoli. È un corso richiesto. Solo il tempo che ti ci vuole per farlo è volontario. Libero arbitrio non significa che puoi stabilire il programma di studi. Significa solo che puoi scegliere cosa vuoi imparare in un determinato momento. Il corso non si prefigge di insegnare il significato dell’amore, poiché esso trascende ciò che può essere insegnato. Si prefigge, tuttavia, di eliminare i blocchi alla consapevolezza della presenza dell’amore, che è la tua eredità naturale. L’opposto dell’amore è la paura, ma ciò che tutto abbraccia non può avere opposti. Questo corso si può quindi riassumere così: Nulla di ciò che è reale può essere minacciato. Nulla di irreale esiste. In questo si trova la pace di Dio». (Un corso in miracoli, Armenia 1999, trad. it. di I. Popani, F. Merlino, S. Pestarino) Due Regni Esistono due livelli, due regni apparentemente opposti, il mondo di Dio e il mondo dell’ego. Nei versi del Corso sono descritti in modo esaustivo l’ego e la teoria della sua formazione, che riecheggia il mito della caduta dal giardino dell’Eden. Noi non sappiamo come e perché questo sia potuto accadere, eppure a un tratto, una scintilla divina ha avuto il pensiero di separarsi dal suo creatore. È da questo stato di separazione che hanno avuto origine i problemi dell’uomo e i suoi faticosi tentativi di tornare allo stato di unione originario con Dio. La separazione ha permesso la formazione di un ego o sé fittizio, tormentato dalla scissione tra se stesso e il resto dell’esistenza, che lo ha portato necessariamente a difendersi e attaccare per poter sopravvivere in questo mondo. Secondo il Corso, in quale dei due regni dimorare è una questione di scelta, ed è proprio a questa scelta che si riferisce una delle sue frasi più famose: «Vuoi avere ragione o essere felice?» Vale a dire, vuoi stare nel mondo dell’ego o in quello di Dio? «La libertà dalle illusioni risiede solo nel non crederci» speciale > un corso in miracoli L’illusione Il problema è che questo mondo, il mondo dell’ego, non esiste. Uno degli ostacoli maggiori da affrontare durante lo studio del Corso è accettare l’idea che l’intero universo sia un’illusione, un gigantesco ologramma creato dall’ego separato. In questo il Corso non sarebbe molto diverso da altri percorsi spirituali che insegnano a superare l’illusione, se non fosse che il Gesù del Corso va molto oltre: insegna che Dio non ha creato il mondo visibile e che l’intera storia della creazione è un inganno perpetrato dall’ego, il quale vuole convincerci dell’esistenza di qualcosa che non esiste nella realtà, ma solo in virtù delle sue proiezioni. «Il mondo che vedi è il sistema delirante di coloro che sono resi pazzi dalla colpa». (T.13.IN.2:2) «Il mondo così come tu lo percepisci, non può essere stato creato dal Padre, perché il mondo non è come tu lo vedi. Dio ha creato solo ciò che è eterno, e ogni cosa che tu vedi è mortale». (T.11.VII.1:1) L’ego e tre concetti fondanti L’ego è la parte di noi che sente la separazione dal resto della creazione ed è costituto attorno ad alcuni concetti fondanti tra i quali i più importanti sono peccato, colpa e proiezione, concetti essenziali di tutto il percorso proposto. Il significato che il Corso attribuisce a questi termini è molto diverso da quello comunemente accettato e pertanto richiede ai suoi studenti di staccarsene per abbracciare una nuova interpretazione. Il peccato, secondo il Corso, è una mancanza di amore. Lo Spirito Santo vede il peccato non come qualcosa che deve essere punito, ma come un errore che necessita di una correzione. La colpa è invece la sensazione di aver commesso il peccato, la convinzione che si possa sbagliare, la credenza inconscia di aver attaccato Dio defraudandolo del suo potere per sostituirlo con l’ego. È questo uno dei punti che incontra le resistenze maggiori degli studenti del Corso, specialmente quelli alle prime armi. Come si può usurpare Dio? Come ci si può sostituire a lui o anche soltanto pensare di poterlo fare? Eppure, Gesù insiste a sottolineare come sia proprio questa la prima causa della nostra infelicità, sebbene ci sfugga completamente. La colpa è sepolta talmente in profondità nella nostra coscienza, che non potremmo mai vederla se qualcuno non ce la mostrasse direttamente e proprio a questo servono le sofisticate spiegazioni metafisiche del Corso, a farci intravedere la colpa che guida le nostre azioni di ego separato. Il meccanismo della proiezione, invece, è la diretta conseguenza del dono che Dio ha fatto agli uomini, ossia di essere creatori infiniti. Tuttavia, questo è un dono che stiamo usando in maniera dannosa e autodistruttiva o, come dice il Corso, lo stiamo usando per mal creare. Finché crediamo nel peccato e nutriamo questo senso di colpa ancestrale, riusciamo soltanto a proiettare la colpa al di fuori di noi stessi, su qualcun altro (o qualcos’altro), rendendo l’esterno totalmente responsabile della misera condizione in cui ci troviamo. È proprio questa convinzione ad alimentare anche la nostra eterna fede nella scarsità. La paura che non ci sia abbastanza è diretta conseguenza del ‘peccato originale’ e cioè dell’esserci separati da Dio. Tale senso di scarsità viene proiettato all’esterno, manifestando illusorie condizioni di mancanza che possono essere colmate solo da qualcosa (o qualcuno) esterno a noi. «L’oscurità è mancanza di luce, così come il peccato è mancanza di amore» La percezione nasce dalla proiezione Il mondo e questo gioco che chiamiamo vita sono dunque illusioni, proiezioni della nostra mente, e la realtà è un caleidoscopio di impressioni organizzate sulla base della nostra percezione soggettiva. Ciò che vediamo, il modo in cui lo interpretiamo e tutto ciò che continuamente ci accade non è altro che un sogno creato da noi stessi in maniera non cosciente, eppure del tutto consensuale. Non facciamo altro che proiettare all’esterno i contenuti della mente inconscia, il nascondiglio dell’ego. Il Corso ci avverte di questo sin dall’inizio: stiamo inconsciamente creando la realtà dal punto di vista dell’ego e non dello Spirito. Se vediamo ovunque dolore, sofferenza e dramma, è perché vi siamo immersi: non è l’errore a dover essere corretto, ma la nostra percezione dell’errore. Proiettare e percepire sono per il Corso due facce della stessa medaglia. Da ciò deriva l’immensa portata dell’invito di Gesù a non credere a nulla di quello che viene percepito e ad affidare ogni giudizio sulla realtà nelle sue mani, fidandoci del fatto che «la Sua Voce ti guiderà in modo molto specifico, ti verrà detto tutto ciò che hai bisogno di sapere». (T.1.I.4:2) «La vera percezione è la base della conoscenza, ma conoscere è affermare la verità ed è al di là di ogni percezione» Percezione vs conoscenza Un corso in miracoli insegna il modo in cui è possibile disfarsi dell’illusione della separazione dal divino. In primo luogo, bisogna distinguere (all’inizio solo mentalmente) ciò che è conoscenza da ciò che è percezione. Mentre la conoscenza è uno sperimentare direttamente la realtà senza la mediazione dell’ego (in particolare senza i giudizi, che sono il suo principale modo di esprimersi), la percezione altro non è che il regno dell’ego, della paura, dei filtri, delle convinzioni negative. Mentre la percezione è soggettiva, parziale, selettiva e separativa, la conoscenza è l’esatto contrario, immutabile, eterna e stabilmente fondata sulla legge divina dell’amore. Risulta dunque chiaro fin da principio che il Corso è un accurato lavoro di eliminazione delle strutture che ci impediscono di www.oltre-confine.com 21 speciale > un corso in miracoli vedere la realtà per quello che è. Siamo spinti a ‘disimparare’ tutto ciò che crediamo reale in favore della vera conoscenza, che non deve rimanere mera teoria ma essere sperimentata direttamente: «Una teologia universale è impossibile, ma un’esperienza universale non è solamente possibile, ma necessaria». (C.in.2:5) Ken Wapnick, Bill Thetford, Bob Skutch, Helen Schucman, Judith Skutch razionale, ma dovrebbero essere sempre affidati allo Spirito, perché altrimenti degenererebbero in una forma particolarmente pericolosa di manipolazione della realtà. «Perdonare è semplicemente ricordare solo i pensieri d’amore che hai dato nel passato e quelli che ti sono stati dati» «I miracoli sono abitudini e dovrebbero essere involontari. Non dovrebbero essere sotto controllo cosciente. I miracoli scelti coscientemente possono essere mal guidati». (T.1.I.5:1) Molti occultisti e maghi del passato hanno messo in guardia contro il pericolo insito nel manipolare la realtà deliberatamente. Anche il Corso dichiara esplicitamente che la correzione dei problemi appartiene solo allo Spirito Santo, mentre nostro unico compito è quello di centrarci nell’amore e praticare il perdono. la pratica del perdono i miracoli: cosa sono? Secondo la definizione comune, per miracoli si intendono quegli eventi che apparentemente violano le leggi naturali a noi note. Pur essendo contemplata anche questa categoria di miracoli fisicamente percepibili, nel Corso i miracoli vanno intesi in primo luogo come un profondo cambiamento della percezione che ci consente di passare dal modo di pensare dell’ego al modo di pensare dello Spirito Santo. Sono dunque eventi indipendenti dallo spazio e dal tempo (anzi i miracoli riorganizzano lo spazio e il tempo), che si verificano quando la presenza dell’amore divino non è ostacolata da giudizi e percezioni errate e tendono a riportare la nostra esperienza verso la santità, nelle mani dello Spirito, permettendoci inoltre di risparmiare molto tempo nell’apprendimento di lezioni che altrimenti richiederebbero diverse incarnazioni. «I miracoli avvengono naturalmente come espressioni d’amore» I miracoli, data la natura multidimensionale di un atto di amore puro, possono essere fisicamente visibili o invisibili e possono raggiungere situazioni, luoghi e persone di cui non abbiamo nemmeno conoscenza. Quando ci affidiamo allo Spirito per un miracolo, vale a dire quando pratichiamo il perdono e lasciamo andare l’ego e ciò che crediamo di sapere, stiamo affidando tutto nelle mani di una forza superiore che conosce perfettamente il problema e il rimedio migliore. I miracoli non possono e non devono essere controllati dalla mente 22 Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili Un corso in miracoli non è affatto un libro da leggere e riporre sullo scaffale, ma rappresenta un percorso interiore di stampo eminentemente pratico, come testimonia la presenza di un libro degli esercizi per un anno, uno per ogni giorno. La pratica del Corso ha come scopo principale quello di insegnare il perdono. Anche in questo caso, con questo termine non s’intende semplicemente l’atto magnanimo di una persona che decide di perdonare il suo persecutore, lasciando andare risentimento e rancore. La visione classica del perdono presenta due falle: in primo luogo si basa sulla convinzione che qualcuno abbia commesso un errore, in secondo luogo dà l’impressione che chi perdona si trovi su un livello superiore rispetto a chi è perdonato, una pura illusione che tende a rinforzare l’ego. La prospettiva del Corso è radicalmente diversa: il perdono è il processo attraverso il quale vengono disfatti tutti i giudizi del passato e viene letteralmente lasciato andare tutto ciò che crediamo di sapere sul mondo e sulla nostra vita. Si tratta di decidere volontariamente di abbandonare le categorie mentali di giusto o sbagliato, di bene o male e affidare tutto nelle mani dello Spirito Santo, l’unico agente correttivo dei problemi davvero super partes. Il perdono non consiste dunque nello scusare l’errore di qualcun altro, ma nel comprendere che non esiste alcun errore se non nella nostra percezione soggettiva. «Il perdono è la guarigione della percezione della separazione». (T.3.V.9:1) Tutta l’impalcatura e il sistema descritto dal Corso diventano così una serie di reminders ai quali dobbiamo imparare ad accedere ogniqualvolta ci troviamo di fronte a un problema, per poter andare oltre la nostra percezione del problema stesso. Il segreto risiede nell’essere costantemente consapevoli dei propri pensieri di separazione e di attacco, di esserlo il più speciale > un corso in miracoli spesso e il più a lungo possibile, seguendo la disciplina che il Corso definisce come vigilanza dei propri pensieri. gli esercizi Il libro degli esercizi contiene l’applicazione pratica dei principi esposti nel testo. Tuttavia, essendo il Corso una pratica volta a disfare l’ego, il confine tra teoria e pratica è in questo caso davvero sottile. Gli esercizi consistono nell’elencazione di una serie di pensieri che offrono delle soluzioni alternative al comune modo di pensare. La lezione 69, per esempio, s’intitola: I miei rancori nascondono la luce del mondo in me. Il pensiero presentato nel titolo viene quindi sviscerato nel testo dell’esercizio e sono fornite precise indicazioni sulla sua applicazione. La vigilanza sui propri pensieri diventa dunque un requisito essenziale per poter fare le lezioni. A molte persone questo potrebbe sembrare un lavoro troppo dispendioso in termini di sforzo, tempo e fatica, ma il Corso è una vera e propria pratica spirituale e come tale necessita di esercizio e di disciplina. Ci viene richiesto infatti di sostituire i nostri pensieri abituali (quelli dell’ego) con i pensieri dello Spirito e di farlo sempre più spesso e più a lungo, un compito certamente non agevole. Gli esercizi sono ufficialmente trecentosessantacinque, ma il Corso non è fatto per durare un solo anno e poi essere archiviato. Gli esercizi possono essere ripetuti più volte e si può rimanere anche più giorni su un pensiero che ci piaccia particolarmente. L’esercizio è dunque solo un pretesto per coltivare un insegnamento più grande, che può richiedere anche un’intera esistenza per essere vissuto integralmente. «Questo corso è un inizio, non una fine» dice Gesù alla fine del libro degli esercizi. «Le prove non sono che le lezioni che non sei riuscito a imparare, presentate un’altra volta, cosicché dove prima hai fatto una scelta sbagliata tu possa ora farne una migliore e sfuggire così a ogni dolore che ciò che avevi scelto prima ti aveva portato» Un corso in miracoli comporta una completa riscrittura della propria mente e dei propri valori spirituali e può accadere che proprio per la sua audacia e per la profondità con cui arriva a toccare parti di noi che non vogliamo lasciar andare, generi fortissime resistenze, continue fughe e riprese. Un piccolo avvertimento: essendo gli esercizi generalmente più semplici del testo, molti studenti decidono di passare direttamente alla pratica, senza studiare il Corso vero e proprio. Ciò può rappresentare un errore, perché determina la perdita del significato più profondo di molti termini utilizzati negli esercizi, privandoli così della loro forza e del loro scopo. Il Corso è basato bibliografia ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ Un Corso in Miracoli, Armenia 1999 Kenneth Wapnick, Introduzione a Un Corso in Miracoli, Armenia 2001 Robert Skutch, Come è nato Un Corso in Miracoli, Armenia 2001 Estensione dei principi di Un Corso in Miracoli, Armenia 2003 Gary G. Renard, La scomparsa dell’universo così come ci appare, Macro 2006 Kenneth Wapnick, Le domande più comuni su Un Corso in Miracoli, Armenia 2009 Frances Vaughan, Roger Walsh, Accetta questo dono, Armenia 2009 sull’addestramento della mente che passa necessariamente dall’acquisizione di un nuovo sistema di pensiero e questo passaggio non può essere saltato. lo stile Leggendo più volte il Corso ci si rende conto che sarebbe stato molto difficile per una mente umana concepire un tale sistema. È incredibile notare come la complessità e l’abbondanza dei concetti espressi presentino una coerenza interna millimetrica e una struttura olografica dove ogni frammento rispecchia e si amalgama perfettamente con tutto il resto. Per non parlare del linguaggio altisonante e dello stile poetico che ricorda da vicino quello shakespeariano per l’uso del pentametro giambico. Tale peculiarità, evidente nella versione originale in inglese (ma perduta nella traduzione in italiano), ha affascinato e incuriosito molti studenti del Corso e potrebbe trovare una spiegazione nel fenomeno stesso della dettatura. Quando un canalizzatore riceve un messaggio da uno spirito guida o da un’entità superiore, egli funziona come filtro del messaggio stesso, ‘inquinandolo’ con la propria personalità. A quanto pare, Helen Schucman era una grande appassionata di letteratura e di Shakespeare e si pensa che dietro la dettatura del Corso ci fosse la precisa intenzione di sollecitare parti molte profonde della coscienza del lettore attraverso l’uso di specifiche tecniche immaginative, narrative e linguistiche. Dunque, non a torto, il Corso viene considerato una vera e propria opera d’arte. Q andrea panatta Counselor, pranic healer, esperto di terapie energetiche e di sviluppo del potenziale psichico, è studente autodidatta di Un corso in miracoli da dieci anni. Andrea Panatta può essere contattato inviando una e-mail a [email protected] www.oltre-confine.com 23 speciale > un corso in miracoli la mia esperienza nella traduzione di un corso in miracoli _____________ di Isabella Popani Era il giugno del 1986 quando mi recai per la prima volta a Findhorn in una comunità spirituale situata nel Nord della Scozia. Mentre visitavamo il negozio della comunità, un’amica mi mostrò il libro A Course in Miracles, insistendo perché lo leggessi. Lo presi in mano, lo sfogliai e ne fui spaventata. «Troppo grosso e difficile per me» mi dissi, attribuendo la difficoltà al fatto che non esercitavo il mio inglese da molti anni. L’anno successivo accompagnai a Findhorn alcuni italiani che non conoscevano l’inglese e fui incuriosita dall’atteggiamento di un gruppo di napoletani che di tanto in tanto mettevano una mano in tasca e tiravano fuori qualcosa da leggere per poi rimetterla via. Chiesi loro di cosa si trattasse e mi risposero dicendo: «Stiamo seguendo le lezioni di Un corso in miracoli». Fu così che mi decisi ad acquistare il libro, anche se lo lasciai riposto in uno scaffale della libreria per diversi mesi. Le mie resisten- foundation for inner peace Fondata nel 1972 da Judith e Robert Skutch, la Foundation for Inner Peace si chiamava inizialmente Foundation for ParaSensory Investigation (“Fondazione per la ricerca sul paranormale”). Tale nome rifletteva l’interesse e il sostegno educativo della Fondazione nei confronti della ricerca sul paranormale negli ambienti accademici del tempo. Il 29 maggio 1975, Judith Skutch incontrò la dottoressa Helen Schucman e il dottor William Thetford, scribi di Un corso in miracoli, insieme al loro amico, il Dottor Kenneth Wapnick, nel loro ufficio alla Columbia University di New York, dove lavoravano come psicologi clinici. Dopo aver esplorato gli interessi in comune, Helen e Bill rivelarono a Judith il loro segreto ben custodito sullo straordinario materiale da loro trascritto. Nelle settimane successive il gruppo si consolidò intorno al comune entusiasmo per quel notevole insegnamento spirituale e iniziò a riunirsi regolarmente per studiarlo e discuterlo. Nel giro di pochi mesi, divenne loro evidente che 24 Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili ze interne erano ancora troppo alte e fu solo a capodanno che decisi di iniziare la lettura. In quel periodo sentivo una forte spinta interiore a lavorare sul perdono e fu un gesto spontaneo volgere lo sguardo su quel librone blu che mi incuteva tanto timore. Iniziai così a tradurlo per me stessa, animata allo stesso tempo dal desiderio di condividere il risultato del mio lavoro con altre persone interessate al Corso. Qualche anno dopo ricevetti la telefonata di due amici, Sergio Pestarino e Fulvio Merlino, che proposero un incontro per approfondire insieme lo studio del Corso. Fu una bellissima esperienza di condivisione: ognuno di noi raccontò la propria storia, da dove aveva incominciato, le difficoltà incontrate durante il percorso, le consapevolezze acquisite. Quella stessa sera, dopo che Sergio e Fulvio andarono via, scrissi alla Foundation for A Course in Miracles e alla Foundation for Inner Peace per chie- il documento era destinato a essere condiviso con un più ampio numero di persone e così fu presa la decisione di pubblicare Un corso in miracoli tramite la Fondazione esistente. Tale decisione portò la Fondazione ad acquisire un nome più appropriato – Foundation for Inner Peace (“Fondazione per la pace interiore”) – che riflettesse il suo nuovo ruolo di amministratore fiduciario ed editore del Corso. Judith Skutch Whitson, presidente della Foundation for Inner Peace La prima edizione di Un corso in miracoli, pubblicata nella tarda estate del 1975, era in realtà una riproduzione fotocopiata in formato ridotto del manoscritto, circa trecento copie in tutto. Nel giugno 1976 fu pubblicata un’edizione in tre vo- lumi con una tiratura di 5000 copie. La richiesta del Corso continuò a crescere senza sosta e portò infine alla pubblicazione dell’edizione in volume singolo, tuttora disponibile, che ha venduto più di due milioni di copie in tutto il mondo. Nel 1982, per far fronte al crescente interesse nei confronti di Un corso in miracoli all’estero, la Fondazione ha avviato un programma di traduzioni. Una versione in spagnolo fu pubblicata nel 1992, presto seguita da edizioni in tedesco, portoghese ed ebraico. Fino a oggi il Corso è stato tradotto in diciannove lingue. Nel 1978 la Foundation for Inner Peace traslocò i suoi uffici da New York a Tiburon, California. In aggiunta alla sua attività primaria di pubblicare e diffondere Un corso in miracoli, la Fondazione ha pubblicato anche opere collegate al Corso quali Psychotherapy: Purpose, Process and Practice e The Song of Prayer, due successivi lavori trascritti da Helen Schucman, così come una raccolta delle sue poesie ispirate, intitolata The Gifts of God, documentari, lezioni su supporti audio e video e altro materiale di approfondimento. www.acim.org speciale > un corso in miracoli dere se stessero cercando traduttori per la versione italiana del libro. Sapevo che il nostro incontro non era stato casuale e potevo solo seguire quello che interiormente sentivo di dover fare. Ciò che era accaduto poteva essere paragonato a quello che sperimentarono Helen Schucman e Bill Thetford quando si unirono nell’unico intento di trovare un altro modo ai sentimenti di rancore e competizione che vivevano quotidianamente tra loro e nell’ambiente di lavoro, un’esperienza che col tempo aveva dato vita alla trascrizione del Corso. Anch’io, Sergio e Fulvio ci eravamo uniti in un unico intento, sebbene allora non ne fossimo ancora consapevoli. Di lì a poco ricevetti una lettera dalla Foundation for Inner Peace – che allora era la detentrice del copyright di A Course in Miracles – nella quale ci veniva chiesto di presentare una prova di traduzione del libro seguendo le linee guida che loro proponevano. Le loro indicazioni facevano sembrare quel compito quasi impossibile, ma non ci scoraggiammo: provammo a tradurre il capitolo 23 attenendoci alle loro istruzioni e inviammo la nostra bozza. Circa un mese dopo, partimmo alla volta degli Stati Uniti per recarci alla Foundation for A Course in Miracles, fondata da Kenneth Wapnick e da sua moglie Gloria come centro d’insegnamento del Corso. Qui frequentammo delle lezioni e fummo sottoposti ad alcuni test per valutare la nostra idoneità ad affrontare la trasposizione dell’opera. Tornammo da quel viaggio con il contratto per la traduzione ufficiale in italiano di Un corso in miracoli. Si trattava di una procedura anomala, dato che non avevamo ancora un editore interessato alla pubblicazione del libro e normalmente è l’editore a scegliere i traduttori. Ancora una volta lasciammo che le cose seguissero il loro corso. Sapevamo che non sarebbe stata una traduzione facile: altre persone in altri paesi ci stavano lavorando da anni senza approdare a una versione definitiva. I cinque anni dedicati alla traduzione furono particolarmente intensi: da un lato sentivo la responsabilità e l’impegno di inviare regolarmente negli Stati Uniti il nostro lavoro, dall’altro dovevo fare i conti con le mie resistenze e quindi portare avanti il lavoro interiore che il Corso richiedeva. Passavo giornate intere al computer, poi improvvisamente mi bloccavo per giorni e giorni fino a quando, assalita dai sensi di colpa per non avere materiale pronto da inviare, cercavo di recuperare il tempo perso. Mi ero data il compito di coordinare il lavoro: toccava a me raccogliere le decine e decine di domande da porre a Ken Wapnick, nostro supervisore, perché sciogliesse i dubbi interpretativi sul testo e provvedere quindi alla revisione finale. Mi ero imbarcata in una sfida più grande di me, tra pentametri giambici e rime shakespeariane, ma nonostante i momenti di cedimento non ho mai mollato, grazie al sostegno costante di Sergio e Fulvio. Per tradurre il Corso era necessario conoscerne il contenuto ed era quindi richiesto che il traduttore ne fosse anche uno studente. Di fatto, il processo di traduzione fu la parte più ‘sempli- isabella popani Counselor, punto di riferimento in Italia della Findhorn Foundation, Scozia, da oltre venti anni Isabella Popani tiene corsi e conferenze in Italia e all’estero per condividere le sue esperienze nell’ambito della crescita personale e spirituale. Isabella Popani può essere contattata inviando una e-mail a [email protected] Per maggiori informazioni sul suo lavoro visitate il sito www.isabellapopani.it ce’ del lavoro: le parole entravano dentro di me ed ero in grado di sentire dall’interno se tutto funzionava o se aveva bisogno di ulteriore approfondimento. La parte più difficile era fare i conti con il mio ego, che si sentiva costantemente minacciato e faceva di tutto per ostacolarmi e impedirmi di proseguire il lavoro. Ricordo di aver scritto a Ken qualcosa del genere: «Come mai se il Corso ha come scopo il disfacimento dell’ego, io lo sento diventare sempre più forte?». Fu l’unica lettera a cui Ken non rispose. Compresi in seguito che ciò che mi stava accadendo era la conseguenza logica del lavoro che stavo portando avanti su me stessa. Prima che il Corso entrasse nella mia vita, non avevo mai prestato veramente attenzione all’ego e al suo sistema di pensiero e ora che lo stavo affrontando era destabilizzante. Un altro momento difficile fu portare a completamento il mio compito di traduttrice. Avevamo finalmente trovato l’editore ed era giunta l’ora di consegnare il frutto del nostro lavoro. La traduzione del Corso mi aveva accompagnato per cinque lunghi anni e adesso tutto finiva. Dovevo lasciar andare la mia identificazione con il ruolo di traduttore senza sapere cosa mi riservasse il futuro. L’unica certezza era che lo studio del Corso non sarebbe finito. In seguito ho avuto la possibilità di tradurre altre opere legate al Corso e la mia attività di traduttrice prosegue ancora oggi con la traduzione del materiale di studio che viene pubblicato sul sito dell’Associazione per lo studio e la diffusione di Un corso in miracoli. Non so se la mia vita sarà sufficiente a tradurre tutti i testi ancora disponibili in inglese. Sono però consapevole che tradurre il materiale legato al Corso, così come svolgere l’attività d’insegnamento sui suoi contenuti, sono aspetti fondamentali della mia vita, che mi aiutano a restare in contatto con la mia dimensione più autentica e profonda. Q Isabella Popani davanti alla sede della Foundation for A Course in Miracles, Temecula (California) www.oltre-confine.com 25 speciale > un corso in miracoli la mia esperienza di studentessa e insegnante di un corso in miracoli _____________ di Patrizia Terreno Nell’autunno del 1994 decisi di invitare Kenneth e Gloria Wapnick a tenere una conferenza nella mia città. All’epoca insegnavo tecniche di crescita personale sia in Italia che all’estero ed ero la Direttrice italiana di avp Italia, l’organizzazione professionale dei Vivation Professionals. Dirigevo un centro nel quale invitavo regolarmente i più celebri esperti mondiali di crescita personale. Fin dal 1989 avevo sentito parlare del Corso in miracoli e nei cinque anni successivi avevo cercato di studiarlo autonomamente. Coordinavo anche un piccolo gruppo di studio, nel quale io e alcuni amici volonterosi ci incontravamo settimanalmente per condividere la nostra esperienza di pratica individuale delle lezioni e cercare di comprenderne i concetti più difficili. Nel frattempo avevo tentato a più riprese di sintetizzarlo, ma i miei ripetuti tentativi si erano rivelati molto frustranti, perché non riuscivano a cogliere la profondità del messaggio del Corso, andando regolarmente a scontrarsi con la sua natura olografica. Quando dunque seppi che Kenneth Wapnick, il più autorevole insegnante del Corso nonché erede spirituale di Helen Schucman e Bill Thetford, sarebbe venuto in Italia, non esitai a contattarlo e a sollecitare la sua venuta nel mio centro. Speravo foundation for a course in miracles La Foundation for A Course in Miracles, strettamente associata con la Foundation for Inner Peace, è un istituto e centro di insegnamento per gli studenti di Un corso in miracoli situato a Temecula, in California. Fondata nel 1983 da Kenneth e Gloria Wapnick, è stata istituita per aiutare gli studenti del Corso «ad approfondire la loro comprensione del suo sistema che un incontro con lui avrebbe sciolto molti dei dubbi e delle incomprensioni del nostro gruppetto di studenti, ma non potevo certamente immaginare le conseguenze di quella sua venuta. Fu un incontro folgorante nel vero senso della parola. Non solo la breve conferenza che tenne mi dimostrò quanto poco avessimo compreso nel nostro intenso e serissimo studio quinquennale, ma il suo atteggiamento fermo e insieme amorevole, la sua dolce figura che irradiava una pace e un entusiasmo travolgenti, mi sembrarono la migliore dimostrazione dei principi che insegnava. Anche se il Corso in miracoli è una via di autoapprendimento, in quell’occasione compresi che la guida di un insegnante veramente competente poteva semplificare e accelerare il lavoro di uno studente seriamente intenzionato ad apprenderne il messaggio e applicarne i principi nella propria vita. Nei cinque anni successivi a questo incontro continuai a recarmi presso la sua Fondazione a Roscoe, negli Stati Uniti, per studiare direttamente con lui. Man mano che la mia conoscenza del Corso si approfondiva e cercavo di applicarlo nella mia vita, maturava in me il desiderio di focalizzare su di esso quella ricerca interiore che durava da tutta la vita, una ricerca iniziata durante l’infanzia attraverso forti esperienze di ‘istanti santi’, di pensiero, concettualmente e a livello esperienziale, affinché possano diventare strumenti più efficaci, nella loro vita, dell’insegnamento dello Spirito Santo». Ciò non significa, tuttavia, che solo gli studenti della Fondazione possono sperare di comprendere il Corso e di farne esperienza. Un corso in miracoli è stato specificatamente progettato per essere un programma di studi basato sull’autoapprendimento, senza guru, ministri o leader spirituali. La scuola di Temecula, quindi, non intende sostituirsi allo studio e alla pratica individuali, ma si propone di incentivarli organizzando lezioni, workshop, gruppi di studio e molte altre attività di approfondimento. associazione per lo studio e la diffusione di un corso in miracoli Nata nel 2005 come estensione italiana della Foundation for A Course in Miracles, l’Associazione ha lo scopo di promuovere lo sviluppo spirituale attraverso lo studio e la pratica di Un corso in miracoli. Al fine di favorirne la comprensione e la divulgazione, organizza programmi educativi, seminari, conferenze, incontri e pubblica la rivista trimestrale The Lighthouse. www.ucim.it www.facim.org Gloria e Kenneth Wapnick P. Terreno, F. Merlino, I. Popani 26 Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili speciale > un corso in miracoli poi proseguita con una laurea in Antichità e una professione nel mondo dell’arte e infine sfociata nella crescita personale. Sentivo finalmente che la mia ricerca era arrivata a un punto fermo: ero, per così dire, ‘arrivata a casa’ e intuivo che al Corso avrei dedicato gli anni successivi della mia vita. «Quando incontri qualcuno, ricorda che è un incontro santo. Come vedrai lui, così vedrai te stesso. Come tratterai lui, così tratterai te stesso. Come penserai di lui, così penserai di te stesso. Non dimenticarlo mai, poiché in lui troverai o perderai te stesso» A Roscoe ho conosciuto uno studente americano che studiava e insegnava il Corso da molti anni, con il quale ho iniziato una fase decennale di approfondimento: man mano che studiavo e ristudiavo tutti i libri scritti da Kenneth e le registrazioni di gran parte dei suoi seminari, mi confrontavo con lui per sviscerare i punti rimasti oscuri. È stato in questo periodo di studio congiunto che ho compreso la didattica fondamentale del Corso, ossia quel processo interiore di vigilanza sui propri processi mentali che consiste nel «guardare i propri pensieri senza giudizio né colpa». Mettendo in pratica questo insegnamento il più spesso possibile, ho finalmente avviato quel processo interiore di autentico perdono che è il cuore pulsante del Corso. Nello stesso tempo, ho dedicato mesi e mesi di intenso studio monografico agli altri temi del Corso, cominciando così a impostare i miei primi seminari. La costante applicazione del processo del perdono apriva nuovi spiragli di comprensione della parte teorica del testo, mentre lo studio accurato della parte teorica mi permetteva una migliore applicazione del processo individuale di perdono. Finalmente le mie sintesi cominciavano a essere coerenti al contenuto del Corso, i miei tentativi di molti anni prima assumevano ora un senso e iniziava a prendere forma una risposta soddisfacente alla domanda che mi ponevo sempre più spesso su quale fosse la mia speciale funzione nell’ambito del Corso. Poco alla volta si delineava infatti un’attività di insegnamento che mi avrebbe permesso negli anni successivi di dedicare tutto il mio tempo e le mie energie al Corso. È stato a questo punto che è iniziata la supervisione diretta di Kenneth Wapnick al mio lavoro e sono nati tutti i miei seminari, circa una cinquantina, che sviluppano in modo graduale i temi del Corso, partendo dagli argomenti più generali per scendere sempre più nel dettaglio. Li ho raggruppati in grandi serie suddivise in base alla complessità delle informazioni raccolte, rendendoli un percorso strutturato e sistematico capace di sostenere lo studente nel lavoro di autoapprendimento personale e nel proprio processo di crescita, aiutandolo ad approfondire la pratica e a fronteggiare nel modo migliore gli attacchi dell’ego. È con questo spirito che dal febbraio 2010 curo una rubrica intitolata La scuola del Corso per la newsletter dell’Associazione per lo Studio e la Diffusione di Un corso in miracoli, del cui Comitato Direttivo faccio parte da un paio d’anni. I miei seminari, strutturati in base al mio personale processo di crescita, sono tutti basati sulla mia comprensione ed esperienza del Corso e del lavoro di Kenneth, che continua ad accompagnarmi nella mia evoluzione personale e a supervisionare il mio lavoro. L’intento è quello di offrire la mia esperienza a quegli studenti che desiderano approfondire il proprio processo autonomo di studio e imparare ad applicare il Corso alla propria vita: aiutare a comprendere maggiormente il messaggio di pace del Corso, e soprattutto sostenere quanti si trovano inevitabilmente a fronteggiare gli attacchi che l’ego sferra contro chi prova effettivamente a lasciarlo andare, mi rende felice. Attualmente lavoro in diverse città, dove seguo vari gruppi di studio che si riuniscono e studiano autonomamente, e presso i quali conduco i miei seminari con una frequenza scelta dai partecipanti del gruppo. Non c’è nulla che mi dia tanta gioia quanto contribuire a quella ricerca e diffusione della pace interiore che è il vero obiettivo di Un corso in miracoli. Insegnando quanto ho imparato, continuo il mio processo di apprendimento e si allarga il gruppo di amici con i quali gioiosamente ‘ritorno a Casa’. Q patrizia terreno Laureata in Lettere Classiche, ha compiuto studi umanistici, musicali e teatrali a Torino, sua città natale. Si è formata nel campo della Crescita Personale sia in Europa che negli Stati Uniti e nel 1993 ha fondato l’organizzazione professionale italiana di Vivation avp Italia, che ha diretto per tre anni, entrando in seguito a far parte del Board mondiale di Vivation. Tra il 1996 e il 2000 ha studiato con il dr. Kenneth Wapnick presso la Foundation for A Course in Miracles, iniziando a insegnare il Corso sia in Italia che all’estero. Oggi tiene una serie di seminari sia in Italia che all’estero. Patrizia Terreno può essere contattata inviando una e-mail a [email protected] L’elenco dei suoi seminari si trova sul sito www.ucim.it alla pagina corsi www.oltre-confine.com 27 Come sarà 100 pagine di incontri Interviste, dialoghi e conversazioni con quegli spiriti liberi, spesso considerati degli outsider all’interno del loro specifico campo di attività, che operano per il risveglio della coscienza portando avanti a diversi livelli un esemplare lavoro di ricerca, insegnamento e divulgazione. universo olistico Terapie alternative e percorsi di guarigione La guarigione è sovente l’ultima tappa di un percorso di comprensione e di accettazione in cui veniamo incoraggiati a confrontarci con la verità. La verità è una, ma può essere sperimentata in modi diversi, quindi diverse sono le terapie e gli approcci terapeutici in grado di risvegliare la forza guaritrice dell’individuo. Universo Olistico si propone di analizzare con obiettività questi differenti metodi terapeutici, considerati alternativi ai dettami della medicina ufficiale, attraverso articoli di approfondimento, contributi di terapeuti e testimonianze di pazienti. 28 Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili speciale Spazio di approfondimento dedicato ai grandi insegnamenti spirituali di ogni epoca e ai personaggi che hanno fatto la storia della spiritualità, dell’esoterismo e della ricerca psichica, con lo scopo di comprenderne il messaggio alla luce dei tempi attuali e di fornire spunti di riflessione e nuove chiavi di lettura. segnali dalla rete Esplorazione e perlustrazione del world wide web per scoprire quanto di meglio ha da offrire. Recensioni di siti, portali e blog che si occupano di spiritualità. Segnalazioni di forum, pagine facebook, canali youtube, web-radio e web-tv. simposio Corsi, seminari, conferenze di libro in libro Libri e lettori a confronto I libri sono strumenti formidabili e insostituibili per accrescere la conoscenza di sé e dare nuovo slancio alla propria evoluzione personale. Di Libro in Libro darà spazio e voce a quei libri, di ogni genere e di ogni epoca, capaci di allargare i confini della mente ed elevare le aspirazioni dello spirito. Protagonisti della rubrica saranno principalmente i nostri lettori, ma anche tutti quegli operatori culturali, editori e librai in primis, che si dedicano con passione a promuovere modelli e stili di vita alternativi. Spazio aperto ai cercatori spirituali di ogni età e orientamento che abbiano voglia di raccontare e ripercorrere alcune tappe significative del loro percorso, proponendo testimonianze, cronache e resoconti di eventi, workshop e iniziative a cui hanno partecipato. Simposio si propone inoltre di approfondire la storia e l’attività delle scuole, dei centri e delle associazioni culturali che con il loro prezioso lavoro offrono luoghi e possibilità concrete d’incontro e di condivisione. Oltreconfine spiritualità, esoterismo, crescita personale psicologia transpersonale, medicina alternativa arte, filosofia, letteratura, nuove scienze arte & consapevolezza Esperienze creative e itinerari della coscienza letteratura & psiche Antiche saggezze e nuovi scenari L’arte della parola scritta, in versi o in prosa, è da millenni lo strumento principe per trasmettere emozione e conoscenza. Letteratura & Psiche intende celebrare quelle opere prodigiose e senza tempo capaci di alimentare le aspirazioni dello spirito e approfondire le gesta di quegli autori appassionati e visionari che si sono serviti del potere dell’immaginazione per elaborare nuovi e coraggiosi modelli di realtà. L’arte non è mai un fine in se stesso, ma un mezzo sublime per ispirare nuove concezioni della realtà e favorire negli individui uno sviluppo armonioso e consapevole della coscienza. Arte & Consapevolezza intende ripercorrere la storia dell’arte e della creatività da tale prospettiva evolutiva, rivisitando la vita e le opere dei suoi protagonisti. spazio creativo spazio autori oltrefrontiera Attraverso testimonianze e cronache di viaggio, Oltrefrontiera desidera visitare luoghi e paesi vicini o lontani per confrontarsi con realtà, tradizioni e culture diverse, in grado di sospingerci oltre i confini abituali della mente e dello spirito. Vetrina dedicata ad artisti (pittori, scultori, illustratori, fotografi...) e scrittori (poeti, romanzieri, saggisti...), ancora poco noti al grande pubblico, che adoperano gli strumenti dell’arte per accedere alla dimensione spirituale della psiche in un incessante processo di trasformazione e di scoperta di sé e del Divino, comunque lo si intenda. spazio onlus Salotto virtuale dedicato ad approfondire l’attività delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale che spesso, nel nostro paese, hanno il coraggio di assumersi compiti scomodi e di fare cultura, nel senso autentico della parola. www.oltre-confine.com 29 spiritualità pratica e strumenti della coscienza dalla tana del bianconiglio Posta metafisica: dubbi, incognite, riflessioni Così tante domande prendono forma dentro di noi quando la mente tenta di andare oltre! Con questa rubrica tenterò di rispondere, in breve, ai vostri quesiti ‘metafisici’, condividendo insieme dubbi, incognite e riflessioni. Molti insegnamenti spirituali, corsi e libri tendono a lasciarci nel buio quando si tratta di passare all’azione e capire concretamente come fare. Con questa rubrica è mia intenzione approfondire teorie, principi e concetti e fornire gli strumenti per applicarli nella vita quotidiana. Solo quando si riesce a passare dalla teoria alla pratica è possibile cambiare significativamente in meglio le nostre esistenze. a cura di Andrea Panatta a cura di Carlo Dorofatti Nato a Milano il 29 settembre 1970, esplora da oltre vent’anni le tradizioni spirituali d’Oriente e Occidente e le cosiddette discipline di frontiera. Tiene conferenze e seminari in Italia e all’estero. Fondatore del Centro Studi Ascensione 93, dal 2008 è membro dell’International Conference on Ancient Studies. Pubblica articoli su numerose riviste specializzate e su diversi portali online. È fondatore e presidente dell’Accademia A.Co.S per la quale ricopre il ruolo di conferenziere, istruttore di Meditazione e di Esplorazione delle Facoltà Interiori, docente di Elementi per la Ricerca Spirituale ed Esoterica. Con la casa editrice Nexus ha pubblicato Nient’altro che sé stessi e Anima e Realtà. www.carlodorofatti.com 30 Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili Nato a Roma il 4 dicembre 1973, si occupa da diciassette anni di ricerca spirituale, sviluppo del potenziale psichico e terapie energetiche. Ha studiato e praticato il Pranic Healing di Master Choa Kok Sui esercitando per quattro anni la funzione di istruttore presso l’Accademia di Pranic Healing di Roma. È un appassionato di tecniche energetiche e di guarigione psichica (Metodo Silva, sciamanesiamo Huna, Qigong cinese). Dal 2008 è counselor e formatore presso diverse strutture. Dal 2009 insegna il corso di Igor Sibaldi I Maestri Invisibili. le sorgenti del mito Deve esistere un luogo, celato nel più profondo dell’interiorità umana, dal quale scaturiscano le sorgenti del mito, dal quale sia possibile, in volo, giungere a verità sottili che spieghino il funzionamento intimo della vita e della realtà. Senza la pretesa di arrivarvi troppo vicino, per non incorrere nell’ira degli Dei, ma nella speranza di giungervi vicino quanto basta, con questa rubrica voglio incamminarmi insieme a voi, cari lettori, sui ripidi fianchi dell’Olimpo, in cerca delle ragioni profonde che stanno alla base dei miti. Per farlo, ci appoggeremo a un sentiero d’eccezione: le immagini dell’arte. Andremo in cerca di cavalieri, damigelle, chimere, antiche battaglie e celebri incantesimi, e tenteremo di cogliere il loro messaggio universale, leggendolo nell’altrettanto universale linguaggio dei simboli. healing through writing Guarire con la scrittura Scrivere per riscoprire i sentimenti sepolti dentro di noi, per esplorare e svelare le ansie e i blocchi con cui conviviamo. Con questa rubrica tenteremo di capire come l’atto della scrittura possa trasformarsi in un utile strumento di guarigione che aiuta a calmare le emozioni, liberando così la strada alla crescita personale e dando nuova energia alla nostra vita. a cura di a cura di Sebastiano B. Brocchi Originario di Montagnola (Svizzera) e oggi residente in Francia, è nato il 18 marzo del 1987. In terza liceo lascia gli studi per diventare scrittore e ricercatore autodidatta nel campo della storia dell’arte, della filosofia ermetica, della simbologia sacra e dell’alchimia interiore. Scrittore, nel 2004 ha pubblicato la sua prima opera, il breve trattato Collina d’Oro – I Tesori dell’Arte. Negli anni successivi hanno visto la luce Collina d’Oro Segreta (2005) e Riflessioni sulla Grande Opera (2006). È del 2009 il saggio, dedicato all’interpretazione esoterica delle fiabe tradizionali, Favole Ermetiche. La prima opera di narrativa è l’avvincente giallo esoterico L’Oro di Polia (Kimerik 2011), che racconta della ricerca di un inestimabile tesoro del Rinascimento legato a Lucrezia Borgia. Kieron Devlin Ipnoterapista, operatore eft, esperto di pnl e scrittore, vive e lavora a Londra. La sua attività consiste nell’aiutare le persone a superare i loro blocchi tramite l’ipnosi e a intraprendere il cammino verso una crescita personale consapevole. Tiene dei workshop sull’utilizzo della scrittura come strumento di guarigione. www.kierondevlin.com www.arthealswounds.blogspot.com sites.google.com/site/sebastianobrocchi www.oltre-confine.com 31 E LA RESPIRAZIONE OLOTROPICA Terapie alternative e percorsi di guarigione STANISLAV GROF C’è uno spettacolo più grande del mare, che è il cielo; c’è uno spettacolo più grande del cielo, che è la sfera intima dell’anima. Victor Hugo, I miserabili universo olistico universo olistico • Terapie alternative e percorsi di guarigione _____________ di Elisabetta Corberi A La Respirazione Olotropica è una tecnica di autoesplorazione che, facilitando l’accesso ai livelli profondi della coscienza, permette ai contenuti dell’inconscio di riaffiorare in superficie. Basata principalmente sulla respirazione accelerata, è un efficace strumento terapeutico e un potente metodo di sviluppo e di conoscenza personale. cos’è la respirazione olotropica La Respirazione Olotropica è un potente metodo terapeutico e autoesplorativo che utilizza una combinazione di elementi semplici: la respirazione accelerata, la musica evocativa e un particolare tipo di lavoro sul corpo che aiuta a sciogliere i blocchi emotivi e bioenergetici residui. Il respiro accelerato, insieme alla musica, rendono possibile l’accesso a uno stato non ordinario di coscienza che ha il potere di scavalcare i processi intellettuali e di far emergere i contenuti dell’inconscio, portando in superficie il materiale emotivo da elaborare. Le sedute di Respirazione Olotropica solitamente si svolgono in gruppo durante workshop di due giorni (o più giorni in caso di seminari residenziali). Si possono fare anche sessioni individuali, soprattutto in presenza di particolari disturbi emotivi, sebbene non siano sicuramente il modo migliore di sfruttare il potenziale della Respirazione Olotropica. I gruppi sono aperti non solo a chi soffre di patologie psichiche o psicosomatiche, ma a chiunque sia alla ricerca di se stesso, di una maggiore consapevolezza e di un ampliamento della coscienza. Di fatto, i gruppi sono frequentati da persone di ogni tipo, spesso provenienti da altri percorsi psicologici e spirituali o ai primi passi nell’esplorazione di sé. In base alla mia esperienza, ciò che unisce tutte le persone che ho conosciuto in oltre dieci anni di lavoro con la Respirazione Olotropica è il desiderio di ricerca, la determinazione nel cambiamento, il coraggio di mettere in discussione se stessi e una certa visione della realtà. Diversamente da altri approcci terapeutici di tipo prettamente verbale, la Respirazione Olotropica riesce ad attivare molto velocemente e in profondità le risorse trasformative insite in ognuno di noi. Le due giornate di lavoro di gruppo, solitamente organizzate nel fine settimana, comprendono una parte teorica introduttiva e due sessioni di Respirazione Olotropica della durata di tre ore. Il lavoro si svolge a coppie e ciascun partecipante sperimenta sia il ruolo di respiratore che quello di 32 Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili sitter, alternandoli nelle due sessioni di respirazione. Durante la prima parte del workshop, oltre a un’infarinatura sulle teorie psicologiche, fisiologiche e spirituali che sono alla base della tecnica, vengono fornite informazioni su come comportarsi in determinate situazioni durante la sessione, sia quando si sta respirando, sia quando si fa da sitter, in modo da poterle gestire quanto più autonomamente possibile. Una volta stabilite le coppie di lavoro, ha inizio la prima sessione di pratica della Respirazione Olotropica: si fa penombra in sala e ciascun respiratore si sdraia sul materassino con la mascherina sugli occhi e il proprio sitter seduto accanto. Il conduttore del gruppo inizia un esercizio di rilassamento per aiutare il corpo e la mente ad abbandonarsi e predisporsi all’ingresso in uno stato altro della coscienza. Quindi, mentre viene gradualmente alzato il volume della musica, la respirazione dei partecipanti accelera, per poi essere mantenuta e sostenuta per circa tre ore (tale è la durata media di un viaggio olotropico). Alla fine della sessione, prima di ritrovarsi tutti per la condivisione in gruppo dei propri vissuti, i respiratori sono invitati a disegnare un mandala in modo da rappresentare e chiudere l’esperienza. Stanislav Grof universo olistico cosa accade durante il viaggio Il termine olotropico è stato coniato da Stanislav Grof, il padre della tecnica di cui stiamo parlando. Deriva dal greco holos (intero) e trepein (muovere verso, in direzione di) e significa letteralmente “orientato verso la totalità” oppure “che si muove in direzione della totalità”. Il termine indica un particolare sottogruppo di stati non ordinari di coscienza dotati di un notevole potenziale terapeutico e trasformativo, distinto da quelli cui fanno riferimento la medicina occidentale e la psichiatria ufficiale. Gli stati olotropici di coscienza non hanno nulla a che fare con gli stati non ordinari causati da traumi cerebrali, da intossicazioni con prodotti chimici o da processi degenerativi del cervello. Situazioni di questo tipo provocano profonde trasformazioni mentali, deliri superficiali e psicosi organiche: le persone che ne soffrono mostrano un caratteristico disorientamento, le loro funzioni intellettuali sono considerevolmente debilitate e spesso soffrono di amnesia delle loro esperienze. Nulla di tutto ciò accade negli stati olotropici, nei quali la coscienza, pur trasformandosi qualitativamente in maniera fondamentale, non viene mai menomata. La persona resta totalmente presente per quanto riguarda il tempo e lo spazio, e non perde il contatto con la realtà quotidiana. Nello stesso tempo, il suo campo di coscienza viene inondato da contenuti provenienti da altre dimensioni dell’esistenza in un modo che può essere molto intenso e talvolta persino schiacciante: si sperimentano simultaneamente due realtà molto differenti, come se avessimo ciascun piede in un mondo diverso. Gli stati olotropici sono caratterizzati da una forte trasformazione percettiva in tutte le aree sensoriali. Quando chiudiamo gli occhi il campo visivo può essere invaso da immagini provenienti dalla nostra storia personale, dall’inconscio individuale e collettivo. Possiamo avere visioni ed esperienze che raffigurano svariati aspetti del regno animale e vegetale, della natura in generale o del cosmo. Possiamo trovarci nei reami della mitologia e degli esseri archetipici, in altre epoche storiche o in altre vite, possiamo sentire suoni particolari o provare sensazioni fisiche intense, percepire le energie, avvertire sapori e odori. Possiamo vivere o rivivere situazioni che hanno avuto a che fare con la nostra nascita, fisicamente, simbolicamente o emozionalmente. Le emozioni collegate con gli stati olotropici coprono uno spettro che si estende ben oltre i limiti delle nostre comuni esperienze, includendo sensazioni di rapimento estatico, beatitudine suprema e pace che vanno oltre ogni comprensione, ma anche episodi di terrore abissale, rabbia omicida, disperazione totale, sensi di colpa che ci consumano e forme di sofferenza emotiva inimmaginabili. Alcune sessioni possono riguardare anche la dimensione fisica: si possono vivere forti tremiti nel corpo, contorsioni, movimenti di diverso tipo, tosse, conati e anche intense attivazioni nella sfera sessuale; si possono avvertire dolori acuti in diverse parti del corpo, crampi e contratture legati a energie psicofisiche represse, a traumi fisici passati o anche a complicazioni vissute durante la nascita. In alcuni casi si tratta della riattivazione di vecchi sintomi latenti dei quali si è sofferto durante l’infanzia, nella preadolescenza, nella pubertà o in qualche altro momento della vita. Attraverso la respirazione accelerata, le tensioni corporee o blocchi bioenergetici si attivano, raggiungono un acme (aumentano le contratture muscolari) e quindi vengono liberate, generalmente insieme a manifestazioni di rilascio delle emozioni bloccate, come il pianto, l’urlo o altri tipi di espressione vocale. Quando questo ciclo terapeutico si conclude, la persona avverte una sensazione progressiva di rilassamento profondo ed entra in uno stato meditativo che solitamente conclude la seduta. L’intelletto, durante tali stati di coscienza, non è indebolito, ma funziona in maniera diversa dal solito. Può succedere di non fidarsi più dei propri giudizi per quanto riguarda le vicende del quotidiano, ma può anche capitare di venire letteralmente travolti da informazioni assolutamente valide ed efficaci in svariati campi. Riusciamo a portare alla luce profonde intuizioni sulla nostra storia, su dinamiche dell’inconscio, su difficoltà emotive e su problemi interpersonali. Possiamo anche sperimentare rivelazioni straordinarie su vari aspetti della natura e del cosmo che vanno ben oltre la nostra forSeminario di Respirazione Olotropica mazione scolastica e intellet- www.oltre-confine.com 33 universo olistico tuale. Spesso le intuizioni più interessanti svelate negli stati olotropici hanno a che fare con temi filosofici, metafisici e spirituali. Può accadere infine che la persona attraversi sequenze di morte e rinascita psicologica e una vasta gamma di fenomeni transpersonali, tra cui l’affiorare di profondi sentimenti di unità con le altre persone, con la natura, con l’universo e con Dio. potere del respiro Da secoli sappiamo che è possibile influenzare la coscienza con le tecniche di respirazione. Le procedure utilizzate a tale scopo in diverse culture arcaiche non occidentali sono numerose e vanno dalla drastica interferenza con la respirazione a esercizi più sottili e sofisticati messi a punto all’interno di alcune tradizioni spirituali. In alcuni gruppi, ad esempio, i neofiti venivano quasi soffocati con il fumo, con lo strangolamento o con la compressione della carotide, mentre la forma originaria di battesimo praticata dagli Esseni prevedeva l’immersione forzata dell’iniziato in acqua per un consistente lasso di tempo: ne risultava una potente esperienza di morte e rinascita. Profonde alterazioni della coscienza si possono indurre sia estremizzando il ritmo respiratorio in un senso o nell’altro (con l’iperventilazione, come nella Respirazione Olotropica, ma anche trattenendo il respiro per un tempo prolungato, come nell’antica scienza indiana del respiro, il pranayama), sia alternando tra loro modalità di respiro diverse. Di fatto, dagli albori della storia, qualsiasi sistema psicospirituale abbia cercato di comprendere la natura umana, ha considerato il respiro come un collegamento cruciale tra il mondo materiale, il corpo umano, la psiche e lo spirito. Tale dato si riflette chiaramente nelle parole che in molte lingue vengono utilizzate per indicare il ‘respiro’. Nella letteratura indiana antica, per esempio, il termine prana indicava non soltanto l’aria e il respiro a livello fisico, ma anche l’essenza sacra della vita. Similmente, nella medicina tradizionale cinese, la parola chi si riferisce, oltre che all’aria che immettiamo nel corpo stanislav grof Stanislav Grof è nato il 1° luglio del 1931 a Praga, dove si è laureato in Medicina e ha iniziato la sua formazione come psicanalista freudiano presso la clinica psichiatrica dell’Università Charles. In quegli anni, Albert Hofmann, un chimico svizzero, stava sperimentando una nuova sostanza dalle eccezionali proprietà psicoattive: l’acido lisergico, meglio conosciuto come lsd-25. Già da qualche anno le proprietà dell’lsd venivano discusse e sperimentate negli ambienti scientifici: molti erano i volontari, gli psichiatri, i medici e gli artisti che si sottoponevano a sedute con questa sostanza, mentre negli ospedali psichiatrici iniziava a essere utilizzata con i malati cronici. Stanislav Grof era ancora uno studente e non gli fu concesso subito 34 Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili di sperimentare l’lsd, ma diventò supervisore delle sedute psichedeliche di molti volontari, di cui tenne la documentazione delle esperienze. Nell’autunno del 1956, dopo essersi laureato, si guadagnò la sua prima seduta con l’lsd, che segnò una profonda trasformazione nella sua anima, nonché un graduale e radicale allontanamento dal pensiero psichiatrico tradizionale e dal monismo materialistico della scienza occidentale. Grof divenne un profondo conoscitore del pensiero di Carl Gustav Jung e da allora la maggior parte delle sue attività cliniche e di ricerca fu dedicata allo studio della coscienza e alla trasformazione evolutiva dell’individuo. Per venticinque anni condusse terapie con sostanze psichedeliche, prima presso l’Istituto di Ricerche Psichiatriche di Praga e quindi negli Stati Uniti, al Centro per la Ricerca Psichiatrica di Balti- universo olistico attraverso i polmoni, all’essenza cosmica e all’energia vitale. In Giappone, il termine corrispondente ki gioca un ruolo di estrema importanza nelle pratiche spirituali e nelle arti marziali. Nell’antica Grecia, il termine pneuma significava sia aria e respiro, che spirito o essenza vitale. Ancora, nell’antica tradizione ebraica il termine ruah era usato per descrivere tanto il respiro quanto lo spirito creativo, mentre in latino, il respiro e lo spirito avevano lo stesso nome: spiritus. Analogamente, nella tradizione hawaiana il termine ha indica lo spirito divino, il vento, l’aria e il respiro. mora, nel Maryland, dove dal 1967 partecipò al programma americano di studi psichedelici. Diventato direttore del reparto di Ricerca Psichiatrica, con risultati sorprendenti sperimentò l’utilizzo dell’lsd come mezzo per alleviare le sofferenze dei malati terminali di cancro, oltre che in ambito psichiatrico. Insieme ad Abraham Maslow, Anthony Sutich e James Fadiman, nel 1972 fondò l’Association for Transpersonal Psychology, lanciando in psicologia un nuovo movimento focalizzato sullo studio della coscienza e sul riconoscimento del significato delle dimensioni spirituali della psiche. Viaggiò in ogni parte del mondo per conoscere e sperimentare antichi e nuovi sistemi di cura, entrando in contatto con i più grandi maestri, sciamani, fisici, antropologi e ricercatori del suo tempo. Nel 1973 fu invitato dall’Esalen Institute di Big Sur, in California, dove rimase come professore residente fino al 1987. Insieme alla moglie Christina, Grof tenne alcune lezioni all’interno dei programmi educativi sperimentali dell’Istituto, collaborando, scambiando Nell’approccio scientifico materialista, il respiro ha perso il proprio significato sacro ed è stato spogliato della connessione con psiche e spirito. La medicina occidentale lo ha ridotto a un’importante funzione fisiologica e considera patologiche tutte le manifestazioni fisiche e psicologiche che accompagnano alcune manovre respiratorie (come le risposte psicofisiche all’accelerazione del respiro, detta sindrome da iperventilazione) invece di considerarne l’enorme potenziale terapeutico. Solo negli ultimi decenni, i terapeuti occidentali si sono riavvicinati al potere del respiro e sono sorte diverse pratiche e approcci basati sulla respirazione. La tecnica messa a punto da Stanislav Grof e da sua moglie Christina è veramente molto semplice e racchiude in sé le nuove conoscenze della psicologia, la saggezza indigena dello sciamanesimo e del mondo naturale, la base culturale e storica della coscienza, la vastità della fisica moderna e della teoria dei sistemi. Al suo interno, il personale e l’universale sono valutati allo stesso modo e vengono ampiamente contemplate le dimensioni fisiche e biografiche, culturali, evolutive e spirituali dell’umanità. Si tratta di un approccio che integra diverse discipline e sistemi di cura, ampliandone le potenzialità. Nella cultura materialista prevalente nel mondo odierno, dove la separazione e la divisione sono padrone, tale approccio reintegra la coscienza fratturata del mondo e offre una psicologia del futuro, in grado di espandere le nostre possibilità umane e di ricollegarci l’un l’altro e con l’intero cosmo. informazioni e instaurando rapporti d’amicizia con i pionieri del nuovo paradigma scientifico (tra i quali Frank Barr, Gregory Bateson, Joseph Campbell, Fritjof Capra, Michael Harner, Stanley Krippner, Rupert Sheldrake) e della psicologia transpersonale (Angles Arrien, Jack Kornfield, John Perry e Ken Wilber). Il movimento si andava ampliando e trovava adepti tra i più grandi nomi dei diversi ambiti della conoscenza umana. Nasceva, insieme alla psicologia transpersonale, la nuova cartografia della psiche umana elaborata da Grof, che comprendeva, oltre alla dimensione biografica dell’individuo anche quella perinatale, archetipica e transpersonale. A partire dal 1975 elaborò, insieme alla moglie Christina, il metodo della Respirazione Olotropica, capace di aprire le porte in modo del tutto naturale alle dimensioni più profonde della psiche e al proprio potenziale di guarigione e di autoconoscenza. Da allora, Stanislav Grof conduce personalmente e con il suo staff workshop di formazione aperti a tutti, sia presso l’Esalen Institute che all’estero. www.oltre-confine.com 35 universo olistico potenziale terapeutico della respirazione olotropica e meccanismi terapeutici Gli effetti benefici della Respirazione Olotropica condotta da facilitatori esperti, ovvero terapeuti che abbiano seguito il percorso di formazione del Grof Transpersonal Training, sono numerosi. I più frequenti, tra quelli osservati nel corso di anni di lavoro, riguardano diversi tipi di disagio emotivo e condizioni considerate tradizionalmente psicosomatiche, quali l’asma psicogena, le emicranie e i dolori fisici senza una causa organica. In alcuni casi si notano miglioramenti significativi anche in individui che soffrono di patologie considerate di pertinenza strettamente medica, come la sindrome di Raynaud e diverse infezioni croniche. L’impatto positivo di una sequenza di sedute di Respirazione Olotropica va in genere ben oltre il semplice miglioramento delle condizioni fisiche ed emotive, provocando evidenti cambiamenti nella personalità, nella visione del mondo, nella strategia di vita e nella gerarchia di valori di chi vi si sottopone. Si sono avuti risultati apprezzabili anche nella cura delle ferite culturali nelle società autoctone, come quelle dei nativi americani e degli aborigeni australiani. Essendo un lavoro non basato principalmente sulla parola, la Respirazione Olotropica rende possibile l’abbattimento delle barriere linguistiche e culturali e, di fatto, è praticata in ogni parte del mondo. In Italia è ancora poco conosciuta, sebbene vi siano diversi facilitatori che operano sul territorio, mentre in alcuni paesi dell’Europa del Nord viene utilizzata con ottimi risultati nei percorsi di cura delle dipendenze (alcol, droghe, gioco d’azzardo, shop- ping, cibo) anche all’interno delle strutture statali. A un livello più superficiale dell’esperienza olotropica, possiamo osservare come meccanismi terapeutici tradizionali quali l’emergere di ricordi rimossi, fenomeni transferali, importanti insight emotivi e intellettuali, agiscano in una forma modificata e molto più intensa. Come risultato di spostamenti dinamici dei sistemi che governano la psiche, si possono verificare cambiamenti considerevoli: rivivere il trauma della nascita biologica e l’esperienza della morte e della rinascita psicospirituale può influenzare positivamente un ampio spettro di disturbi emotivi e psicosomatici. Ma ci sono anche importanti meccanismi terapeutici associati a vari fenomeni transpersonali, quali le esperienze di vite passate e di unione cosmica o gli incontri con figure archetipiche. In senso più generale, quindi, la guarigione si può intendere come un movimento verso la completezza. Ma come agisce il respiro? Cosa rende il lavoro con la Respirazione Olotropica tanto efficace? A grandi linee, possiamo dire che i disturbi psicologici di differente intensità e natura sembrano trarre il loro potere dinamico da depositi ben radicati di emozioni difficili e di energie fisiche represse associate a diversi psicotraumi, di cui già Freud e Breuer avevano parlato soffermandosi sul blocco affettivo che ne derivava. Le terapie consistevano nel mandare il paziente in uno stato olotropico di coscienza (in questo caso trance ipnotica) che permettesse, attraverso una regressione all’infanzia, di rivivere il ricordo rimosso e sciogliere il blocco affettivo e la carica energetica a esso collegata, in un processo Disegni e mandala dei partecipanti ai seminari di Respirazione Olotropica 36 Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili universo olistico che Freud chiamò di abreazione e catarsi. In seguito, Freud abbandonò l’ipnosi e utilizzò il metodo delle libere associazioni considerando nuove ipotesi (fantasie infantili) nell’eziologia delle psiconevrosi. Alla luce dei risultati ottenuti con la Respirazione Olotropica, abreazione e catarsi meriterebbero invece una riconsiderazione in ambito psicoterapeutico, dal momento che il loro potenziale curativo viene spontaneamente richiamato durante le sedute, producendo spesso effetti stabili. Come ha dimostrato con chiarezza Wilhelm Reich, una terapia esclusivamente verbale è inadeguata per lavorare sui blocchi bioenergetici alla base dei disturbi emotivi e psicosomatici. Fu proprio Reich il primo a sperimentare metodi che combinassero respirazione e lavoro sul corpo con questo scopo. Da un punto di vista fisiologico, la respirazione accelerata comporta una serie di modificazioni e risposte del nostro corpo piuttosto complesse e specifiche. Se prendiamo in considerazione i meccanismi fisiologici che intervengono, la condizione di una persona durante la Respirazione Olotropica è molto simile a quella di chi si trova in alta montagna, dove c’è meno ossigeno e il livello di anidride carbonica viene ridotto dalla respirazione accelerata compensatoria. La corteccia cerebrale, la parte più giovane del nostro cervello e anche la più sensibile a una serie di influenze (alcol, anossia) rispetto ad altre parti più arcaiche, subisce un’inibizione, mentre le funzioni corticali più antiche vengono potenziate rendendo più facilmente accessibili i processi inconsci. Il lavoro è di tipo omeopatico, nel senso che durante la respirazione accelerata i traumi psicofisici vengono attivati o riattivati, intensificati e quindi sciolti, motivo per cui durante le sessioni di Respirazione Olotropica si assiste spesso a manifestazioni emotive e fisiche assai intense. Come noto ormai nelle moderne scuole di psicologia e come sostenuto da tempo dalla bioenergetica, l’individuo reprime le emozioni attraverso il respiro. Si tratta di un meccanismo inconscio, dunque automatico: quando non vogliamo sentire un’emozione che riteniamo sgradevole o inopportuna, automaticamente smettiamo di respirare, entriamo in apnea. Con la contrazione del respiro s’irrigidiscono, sempre in modo involontario e meccanico, anche diversi muscoli del nostro corpo e viene ostacolato il normale flusso circolatorio ed energetico nelle zone interessate, con conseguenti depositi di tossine. Queste tensioni involontarie e le relative tossine accumulate in seguito a emozioni non agite finiscono col creare disturbi di tipo cronico, chiamati appunto disturbi psicosomatici: gastriti, coliti, cefalee, cistiti, ma anche dolori in diverse parti del corpo, come mal di schiena ricorrenti. La respirazione accelerata agisce esattamente in senso inverso alla repressione emotiva. È come se facesse saltare i tappi emotivi, aiutando a ripristinare l’equilibrio negli organi, nei vasi, nelle cellule e nelle energie interessate. Questo è quanto accade a un livello psicofisiologico del lavoro. Ovviamente è raro che possa bastare una sola seduta di Respirazione Olotropica per trasformare e riequilibrare in modo definitivo un disturbo psi- elisabetta corberi Si laurea in Psicologia nel 1992 all’Università La Sapienza di Roma con una tesi sui paralleli tra i percorsi di recupero delle anime nello sciamanesimo e nella psicologia analitica di Carl Gustav Jung. Si specializza in Psicologia Clinica all’Istituto di Psicologia Clinica della facoltà di Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Siena. Lavora per alcuni anni in un Centro di Igiene Mentale di Roma e all’Istituto di Psicologia Clinica di Siena, in diversi Istituti Superiori della capitale a progetti di Educazione alla Salute e di prevenzione del disagio psicologico e svolge attività di consulenza, informazione e prevenzione psicologica su internet. Dal 1994 lavora privatamente come psicoterapeuta di formazione junghiana. Nel 1999 viene a conoscenza dell’esistenza della tecnica Olotropica ed entra in contatto con il gtt (Grof Transpersonal Training) negli Stati Uniti presso il quale consegue la formazione e l’abilitazione alla terapia Olotropica. Dal 2001 svolge seminari esperienziali di gruppo di Respirazione Olotropica affiancando, e in molti casi integrando, questa attività con quella psicoterapeutica individuale, data l’accelerazione che la tecnica Olotropica fornisce alla comprensione e alla risoluzione dei disturbi psichici e psicosomatici. Nel 2010 si specializza in Sand Play Therapy presso l’aispt (Associazione Italiana per la Sand Play Therapy). La dottoressa Elisabetta Corberi può essere contattata inviando una e-mail a [email protected] Per maggiori informazioni sulla Respirazione Olotropica e sui seminari visitate il sito www.respirazioneolotropica.com cofisico; come in tutte le questioni che coinvolgono la psiche e le abitudini dei nostri circuiti interni, solitamente serve un percorso che si protragga per un certo periodo di tempo. Tuttavia, considerando che ciascun individuo attiva il proprio potenziale interno con modalità e intensità del tutto individuali, nei miei dieci anni di lavoro con la Respirazione Olotropica ho assistito a piccoli e grandi ‘miracoli’ anche nel corso di un solo workshop. www.oltre-confine.com 37 universo olistico l’esperienza olotropica di sofia: una rinascita alla vita Sofia è una bella ragazza di ventisei anni quando la incontro per la prima volta, una studentessa di psicologia che vuole intraprendere un percorso di analisi. Ha già partecipato a un seminario di Respirazione Olotropica e ha aspettato un anno per iniziare la psicoterapia. Ha sofferto d’asma fino ai dodici anni e di forti cefalee che continuano a tormentarla. Lamenta vertigini, una strana pesantezza alle gambe, sensazioni di svenimento e spesso di forte confusione. Soffre di attacchi di panico, di disturbi e intolleranze alimentari. Ha una grande paura di attirare l’attenzione e di essere aggredita dalle persone. Non riesce a fare la doccia quando è sola in casa: teme che possa arrivare qualcuno. Ha molta voglia di capire, è intelligente, perspicace e fortemente motivata a risolvere i blocchi che le stanno rendendo difficile la vita. Iniziamo un percorso analitico insieme e dopo qualche mese partecipa nuovamente a un seminario di Respirazione Olotropica. Questo è il resoconto della sua esperienza, il primo giorno come sitter e il secondo come respiratrice. Il primo giorno, quando respirava Mauro e io gli facevo da assistente, mi sentivo molto coinvolta e allo stesso tempo percepivo di voler resistere a tutto questo coinvolgimento. Sentivo di conoscerlo, come se fosse stato qualcuno di molto importante nella mia vita; allora ho capito di essere al sicuro e di potermi rilassare. Quando mi ha raccontato che durante la respirazione si è trovato a stringere tra le braccia e accarezzare un feto, provando una sensazione di affetto mista a pena, sono rimasta colpita: era lo stesso momento in cui con la mano sfiorava il mio viso. Per la prima volta il contatto non mi faceva paura: la sua mano così delicata era inoffensiva e leggera, non m’invadeva, come se stesse scoprendo lentamente qualcosa; sentivo che potevo lasciarlo fare. In quel momento, Mauro mi ha tirata a lui premendo la mia testa contro la sua e mi ha abbracciato... Lo sentivo come se fosse stato parte di me, sentivo me stessa e un’intima pressione che ci avvicinava. A un tratto si è allontanato di scatto e io mi sono seduta. Siamo scoppiati a piangere entrambi, lui per il suo dolore e io per il mio; mentre stava ancora respirando, mi ha detto: «Grazie che c’eri». Forse lui non lo sa, ma in quel momento, con le mie lacrime, l’ho ringraziato anch’io: mi aveva fatto rivivere qualcosa che credevo fosse finito e che invece era ancora tanto vivo dentro di me. Il secondo giorno ero agitata. Ero contenta di respirare con Mauro, ma all’inizio mi sembrava di non riuscire a trovare il ritmo giusto e a lasciarmi andare, fino a quando non mi sono resa conto di essere già entrata nel processo. Un mal di testa pazzesco, mi sentivo la testa scoppiare, un forte fremito alle gambe; sentivo il bisogno di spingere con la testa contro qualcosa, all’apparenza senza una direzione o un motivo preciso. Ho iniziato a sentire in me molta energia, molta forza, soprattutto nel collo e nelle spalle, ed è iniziata la lotta. Ero immersa in qualcosa di rosso vivo, carne pulsante, viscida. Mi sentivo stretta in una morsa: tutto il mio corpo era circondato e io dovevo lottare, anche se non sapevo contro chi o che cosa, per uscire di lì. Questa sensazione di pericolo faceva crescere dentro di me un concentrato di rabbia, aggressività ed energia: più avvertivo resistenze intorno a me, più sperimentavo la mia forza, fino a quando non sono crollata esausta, con la triste consapevolezza di non avercela fatta ancora una volta. Avevo molto caldo, ero tutta sudata, il mal di testa non mi dava tregua. Mi sembrava di avere la febbre alta, sentivo la nausea. Ho ripreso a respirare intensamente. L’ammasso di carne che mi circondava ha preso forma, era il corpo di un uomo che mi violentava. Dovevo liberarmi di lui, dovevo mandarlo via per proteggermi, adesso che potevo. Così ho ricominciato a lottare. A un certo punto Elisabetta mi ha toccato lo stomaco, ho gridato forte e sono scoppiata a piangere. All’inizio non visualizzavo nulla, poi man mano sono riuscita a vedere ciò che stava accadendo nel mio corpo, vedevo con chiarezza il mio diaframma contrarsi e sentivo dolore, partiva il grido ed ecco, qualcosa saliva dentro di me, un bolo rosa che dovevo vomitare, ma ci voleva troppa forza e io ero esausta. Poi di nuovo contrazioni, spinte interne, grida, tosse... Ecco, ero sul punto di vomitare, sentivo il bolo in gola, ma quando ho realizzato che stava per uscire, che avrei sentito l’odore e forse lo avrei visto... no, non potevo. Ho ingoiato ancora e mi è rimasta la nausea. Qualcuno mi ha abbracciato da dietro; credo che inizialmente fosse Elisabetta e che poi Mauro abbia preso il suo posto. Era quello di cui avevo bisogno in quel momento, proprio io che sono terrorizzata da tutto ciò che mi arriva alle spalle e che non posso vedere. Ho provato la sensazione rassicurante di potermi affidare anche a una presenza maschile. Poi ho sentito un dolore lancinante e ho iniziato a muovermi freneticamente come in preda a un attacco epilettico. Il mandala di Sofia 38 Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili universo olistico Dovevo uscire da quel groviglio, ma non riuscivo a spingere perché mi sentivo troppo debole. Allora ho iniziato a strisciare come un serpente. Scivolando, sentivo intorno una leggera pressione, come se le membrane del corpo esterno si stessero lacerando al mio passaggio. Mi sentivo felice, stavo uscendo attraverso il buco di quella membrana sgretolata, ma questa volta non ero nauseata dalla fluidità del liquido intorno a me. Mi sentivo pulita, potevo godermi l’uscita senza giudicarmi e senza vergognarmi: ero io, ero nata e intorno a me c’erano dei visi che mi guardavano sorridenti. Poi mi sono ritrovata su una spiaggia hawaiana dove è comparso un gruppo gospel americano che cantava inni di lode, forse per la mia nascita. Ho riso tanto nel vederli con indosso quelle tuniche blu e grandi colletti bianchi! Poi è arrivato un gruppo di hawaiani con il loro gonnellino tipico e io mi sono ritrovata a ballare con loro, felice e spensierata. Durante la condivisione col gruppo, Sofia ha parlato di due episodi di violenza subiti quando era piccola, uno a quattro anni e uno a undici. Ha detto di aver ricontattato le emozioni di quei momenti, la rabbia, la vergogna, il senso di colpa, ma anche di non aver provato più disgusto al contatto fisico, come le succedeva prima. Era felice di aver potuto sperimentare un abbraccio rassicurante senza doversi difendere. Ha detto anche di aver sperimentato una forza che non pensava di avere, di non aver sentito paura, né voglia di fuggire. Era immersa nelle situazioni, ma le voleva affrontare, perché sapeva che avrebbe potuto farcela. Questa respirazione ha segnato un passaggio importante per Sofia, che da qui in avanti ha ripreso velocemente e tenacemente il suo cammino, con nuova determinazione, forza e consapevolezza. A questa seguiranno altre respirazioni, molto intense ma sempre più luminose. I sintomi non si sono più ripresentati e Sofia viaggia a gonfie vele nel bellissimo percorso della sua vita. Q Grof e la moglie Christina Bibliografia ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ Stanislav Grof, Joan Halifax, L’incontro con la morte, Siad 1978 S. Grof, Oltre il cervello, Cittadella 1988 S. Grof, Christina Grof, Oltre la soglia: l’inconscio proiettato nell’eternità, Red 1988 S. Grof, Emergenza spirituale, Red 1993 S. Grof, C. Grof, La tempestosa ricerca di se stessi, Red 1995 S. Grof, H.Z. Bennett, La mente olotropica, Red 1996 C. Grof, Guarire dalla dipendenza, Red 1998 S. Grof, Il gioco cosmico della mente, Red 2000 S. Grof, Psicologia del futuro, Red 2001 S. Grof, Quando accade l’impossibile, Urra 2006 S. Grof, L’ultimo viaggio, Urra 2007 S. Grof, C. Grof, Respirazione olotropica, teoria e pratica, Urra 2010 Web ◊ ◊ ◊ www.stanislavgrof.com sito personale di Stanislav Grof www.holotropic.com sito ufficiale del Grof Transpersonal Training www.grof-holotropic-breathwork.net sito ufficiale dell’Associazione Internazionale per la Respirazione Olotropica www.oltre-confine.com 39 Il carro di Apollo, 1912 c. (particolare) ARTE & CONSAPEVOLEZZA • Esperienze creative e itinerari della coscienza Odilon Redon i colori dell’invisibile _____________ di Silvia Tusi A Artista introspettivo e visionario, nelle sue enigmatiche figure si legge la perenne ricerca di un contatto con se stesso, l’affanno di attingere alle sorgenti dell’energia creativa. La produzione artistica di Redon è un viaggio nell’anima di un uomo che cerca risposte sull’esistenza. «l’arte fa sbocciare ogni cosa, è il supremo raggiungimento, alto, salvifico, sacro». La base fondante di un capolavoro, sia esso un quadro, una poesia o un romanzo, dovrebbe sempre essere l’onestà dell’artista: solo attraverso di essa si può raggiungere il cuore e l’anima delle persone. Nell’incontro con un’opera d’arte, dovrebbe rimanere impressa una sensazione di empatia, un’emozione codificabile, il ricordo di un’esperienza nuova e fondante. Se ciò non avviene, può voler dire che l’artista non è riuscito ad arrivare al fondo del suo cuore in modo sincero e a trasmettere il suo personale messaggio. Al contrario, quando l’onestà avvolge completamente l’opera, colui che la guarda percepisce un elemento di diversità e unicità che trascende i limiti tem- 40 Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili porali e rende tutto immortale: non solo l’opera e il suo autore, ma anche chi la contempla e l’emozione che ne scaturisce. L’arte di Odilon Redon ha sempre avuto questo requisito. Come lui stesso ha scritto, «la capacità di porre in un’opera più significato di quanto ci si ripromettesse e di superare in qualche modo il proprio desiderio con un risultato imprevisto, è data soltanto a persone del tutto leali e sincere, a chi ha nell’anima qualcosa di più della propria arte. [...] occorre la preoccupazione della verità, forse il dono della pietà o della sofferenza» (questa e le successive citazioni sono tratte da O. Redon, A me stesso, Abscondita 2004). Per questo, quando guardiamo una sua opera, sia essa una litografia, un carboncino, un pastello o un olio su tela, non possiamo fare a meno di perderci nei suoi arte & consapevolezza cubicoli ombrosi, tra figure fantastiche e a volte mostruose, tra colori accesi e volti enigmatici, sospesi nel tempo e nello spazio. Redon mantiene sempre un filo diretto con se stesso, con il suo essere cosciente, travalicando la mente e la materialità per raggiungere la sorgente della propria energia creativa: «Il cuore, l’amore, nella sua sottile docilità, è ancora la migliore e l’unica guida; il tatto, l’affermazione, la certezza gli appartengono, e forse è solo attraverso di esso che la verità si rivela». «non vivevo che in me» Nato nel 1840 a Bordeaux, Bertrand-Jean Redon (che sceglierà il nome di Odilon in onore della madre Odile) è una figura atipica del suo tempo, perché non rispecchia in alcun modo il clichè dell’artista bohemien che tanto andava di moda tra gli impressionisti. Pur avendo avuto una vita priva di eccessi, ha sperimentato sofferenze profonde e gioie infinite, accompagnate da intense meditazioni per cercare di approfondire i problemi legati alla creazione, al mistero dell’esistenza e all’arte come mezzo d’espressione delle proprie capacità percettive. «La gravità del carattere dell’arte agisce su individui nei quali l’attenzione e la disposizione sono meditate. È lo stesso per chi crea: l’artista sa benissimo che fra tutte le sue opere quella che lo riflette e lo rivela meglio è stata fatta in solitudine. Solo in solitudine l’artista si sente vivere con energia, in segreta profondità, senza che l’esteriorità mondana lo spinga o lo obblighi a camuffarsi. Lì egli si sente, si scopre, vede, trova, desidera, ama e si satura di naturalezza alle sorgenti primordiali dell’istinto». Fino all’adolescenza, Redon non frequenta la scuola per gravi ragioni di salute (soffriva, pare, di crisi epilettiche) e ciò lo rende inevitabilmente diverso dai suoi coetanei, introverso e propenso alla solitudine. «Devo al mio insegnamento libero molti dei primi slanci del mio animo, i migliori senza dubbio, i più freschi e i più decisivi, e sono convinto che questi furono per me molto più decisivi dell’insegnamento di una scuola pubblica». Anche il legame con i genitori sembra essere molto fievole, loro a Bordeaux con gli altri figli, lui in campagna, a Peyrelebade, con lo zio, esperienza che lo porta a coltivare un intimo rapporto di contemplazione e religioso rispetto con la natura. Nel tentativo di guarirlo dalla malattia, Redon viene condotto più volte in pellegrinaggio alla Madonna di Verdelais e le sue condizioni di salute migliorano sensibilmente (il suo caso figura tra le centotrentatre guarigioni miracolose avvenute al santuario di Verdelais tra il 1819 e il 1883). Ormai completamente ristabilitosi, all’età di undici anni è costretto a frequentare la scuola, ma il contatto con questa realtà, per uno spirito libero e creativo come il suo, comporta soltanto difficoltà e sofferenza. Il padre, fortunatamente, intuisce il talento di Odilon e non lo ostacola. A quindici anni gli affianca un insegnante privato di disegno, Stanislas Gorin, una figura estremamente importante per lo sviluppo artistico ed esistenziale di Redon: «Mi raccomandò di essere me stesso e di non permettermi mai di fare un solo tratto di matita senza che la mia sensibilità e la mia ragione fossero presenti». In seguito, per volere del padre, si reca a Parigi per studiare architettura, ma fallisce gli esami del primo anno e ritorna definitivamente alla pittura. A quarant’anni sposa Camille, che gli sarà di grande aiuto occupandosi dell’aspetto pratico del suo lavoro: dai rapporti con i galleristi all’organizzazione delle mostre, dalla pubblicazione dei cataloghi alla gestione delle pubbliche relazioni. Il loro primo figlio, Jean, muore pochi mesi dopo la nascita. Il grave lutto per la coppia è però accompagnato dai primi successi di Odilon, tra cui l’esposizione al Salon de Bruxelles insieme a Gauguin. A distanza di quattro anni dal primo figlio, nel 1890 nasce il secondo, Ari, a cui Redon si lega in Odilon Redon www.oltre-confine.com 41 arte & consapevolezza Dall’album La tentazione di Sant’Antonio, 1888 modo ansiogeno, costantemente angosciato dalla paura di una nuova perdita. Nel 1914 il ragazzo parte per la guerra. Dopo un primo periodo in cui riceve le sue lettere, Redon si ritrova a non avere più notizie del figlio e decide di intraprendere un avventuroso viaggio verso il fronte per carpire informazioni. La sua salute non è buona e l’età è ormai avanzata: nel luglio del 1916 muore per un’influenza contratta durante il viaggio, a pochi mesi dal congedo del figlio. «comprendere tutto è amare tutto». Quando si parla di Odilon Redon si tende a scindere la sua opera in due periodi nettamente contrapposti: il primo caratterizzato dai cosiddetti Noirs, definiti cupi, inquietanti, tristi, e il secondo, iniziato nel 1890 dopo la nascita del figlio Ari, in cui dipinge quadri estremamente colorati e illuminati da una nuova consapevolezza. In realtà, a ben guardare tutta la sua produzione artistica e concentrandosi sul tema della ricerca di una spiritualità profonda, questa divisione appare subito superficiale e in qualche modo troppo elementare. Tutte le sue Dalla serie Le origini, 1883 42 Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili opere, dai primi disegni scuri fino ai pastelli colorati, fanno parte di un unico processo e mantengono un’intima coerenza, senza un prima e un dopo. Più che due periodi distinti, possiamo cogliere nell’arte di Redon un’evoluzione spirituale che si muove di pari passo con la sua vita di uomo e di artista. Le litografie e i disegni cupi e inquietanti altro non sono che un modo di superare i propri demoni, dolori e frustrazioni attraverso la liberazione dell’immaginazione e del proprio inconscio, ponendo su foglio ciò che l’anima esita ad affrontare. Le figure fantastiche e spesso mostruose rappresentano i mondi esplorati da Redon nelle ore di solitudine e dolore, nei momenti d’introspezione profonda in cui si ritrova a dover fare i conti con le proprie emozioni. L’utilizzo di un colore così estremo come il nero lo facilita nel portare avanti questo processo di purificazione. Come da lui stesso affermato, «il nero è il colore più essenziale. Attinge la sua esaltazione e la sua vita soprattutto alle sorgenti riparate e profonde della salute. [...] Bisogna rispettare il nero. Nulla può corromperlo: non alletta l’occhio, non risveglia alcuna sensualità. È uno strumento arte & consapevolezza La finestra, 1907 c. www.oltre-confine.com 43 arte & consapevolezza dell’intelletto, ben più del bel colore della tavolozza o del prisma». Attraverso il nero, che identifica con l’introspezione, Redon può quindi sintetizzare l’aspetto formale della composizione ed esaltare l’essenza dei suoi soggetti. Il nero si presta perfettamente a certe scelte iconografiche e gli permette di liberare tutta la sua visionarietà, il suo sé più profondo, senza doversi preoccupare troppo della scelta di una tavolozza adeguata. In questo modo, attraverso i suoi freak, l’artista trova uno spazio salvifico in cui sfogare la negatività, creando altresì un terreno in cui arte e scienza possono coesistere. I suoi studi di strane creature non sono affatto casuali, ma sottostanno a leggi di anatomia ben precise. Sono dipinti con accuratezza e minuziosità di dettagli, quasi a voler rendere visibile la complessità dei problemi dell’universo, racchiusi in un piccolo essere deforme: «Avevo, facendoli, la preoccupazione ben più importante di organizzare le loro strutture». In questo modo, sembra quasi che l’artista cerchi di unire la precisione scientifica di un Leonardo con il fantastico realismo di un Brueghel, per legare insieme due universi apparentemente incompatibili, la scienza e la fantasia. Dopo aver sfruttato il nero, Redon decide di sperimentare il colore, nuove tecniche e nuove iconografie, così com’è normale per ogni artista geniale che voglia evolversi e non rimanere ancorato a una definizione univoca della propria creazione. Ciò considerato, l’appellativo di simbolista con cui in genere si definisce la sua opera, appare riduttivo: l’arte di Redon trascende le correnti, si pone oltre le definizioni limitanti e nello studio della forma cerca un nuovo modo per esprimersi e per comunicare con il mondo. Buddha in gioventù, 1904 44 Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili Buddha che cammina tra i fiori, 1905 «l’arte suggestiva è irradiazione di divini elementi plastici». È l’artista Bresdin a introdurlo all’arte della litografia, tecnica con cui Redon illustra opere letterarie di Edgar Allan Poe e Gustave Flaubert e rende un accorato omaggio a uno dei suoi artisti prediletti, Francisco Goya. Di certo appare facile il paragone tra i Noirs di Redon e i Capricci del pittore spagnolo, ma il nostro attinge anche da altre fonti: Rembrandt per lo studio della luce, Leonardo per il rapporto tra uomo e natura e Dürer, di cui ama molto l’opera Melanconia, per il simbolismo. «Queste strane litografie, sovente oscure, astruse, e dall’aspetto poco seducente, si rivolgono al contrario a temperamenti silenziosi, che abbiano dentro di sé anche la risorsa così rara dell’ingenuità naturale, una sorta di grazia». La serie di litografie Les Origines, del 1883, è invece ispirata alla Il Buddha, 1905 arte & consapevolezza Cristo, 1907 c. rivoluzione darwinista ed è l’occasione per Redon di indagare ulteriormente il rapporto dell’uomo con il regno animale attraverso le sue visioni oniriche e fantastiche. La cartella più importante, composta da quarantadue litografie in tre album, è quella che Redon dedica all’opera di Flaubert La tentazione di Sant’Antonio, attraverso la quale approfondisce un cammino spirituale intrapreso già in giovane età. L’esperienza emblematica del santo eremita, che si trova a fronteggiare le tentazioni delle forze demoniache prima di giungere all’illuminazione e tornare alla sorgente da cui nasce ogni cosa, viene resa da Redon con immagini evocative e dal potente impatto visivo. Di educazione cattolica, l’artista è interessato ai temi che accomunano tutte le grandi religioni. Sotto l’influenza dell’amico botanico Armand Clavaud, con il quale condivide anche la passione per Ernst Haeckel, studia l’induismo e il buddismo e si interessa alla teosofia. La sua visione esoterica è influenzata in modo particolare dalla lettura de I grandi iniziati di Edouard Schurè, con il quale condivide l’idea che lo scopo dell’evoluzione umana sia l’emergere dello spirito al di fuori della materia in cui è racchiuso. Testimonianza della sua sensibilità a questi temi è la bellissima serie di Buddha, dalla tavolozza eterogenea e luminosa, la cui composizione rivela un interesse molto profondo di Redon per la meditazione. Il tema della meditazione tornerà anche in molte sue opere successive, in particolare in quelle dedicate alla figura del Cristo, il cui volto, lungi dall’avere espressioni sofferenti o addolorate, trasmette soprattutto calma e un sereno raccoglimento in se stesso. Il primo Buddha, dipinto nel 1904, dal titolo Buddha in gioventù, è un’opera estremamente meditativa dal punto di vista iconografico: mostra un giovane Siddharta seduto nella posizione del loto, intento a pregare ai www.oltre-confine.com 45 suggestioni arte & consapevolezza l’occhio-mongolfiera L’occhio, come un pallone bizzarro, si dirige verso l’infinito. 1878, carboncino, matita nera e gesso bianco su carta cm 42,2 x 33,3 Collezione Museum of Modern Art, New York Trasformato in litografia nel 1882 per l’album A Edgar Poe, il disegno intitolato L’occhio-mongolfiera simboleggia la visione interiore e costituisce il tema fondante di molte opere successive dell’artista. In questo caso, il grande occhio dalle lunghe ciglia è rivolto verso l’alto, indirizzato a una ricerca spirituale elevata. Il classico cesto da mongolfiera è sostituito da una piattaforma che sorregge una testa. Il paesaggio è indefinito: un cielo rarefatto e privo di nuvole è nettamente contrapposto a una terra scura, brulla, piatta. Nella visione di Redon, questa simbolica mongolfiera è riuscita a staccarsi da terra e 46 Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili a librarsi in cielo, ha superato i confini della materia e si dirige inesorabilmente verso l’oltre. Del resto, come lui stesso ha affermato: «Il bello e il bene sono in cielo. La scienza è sulla terra, e si trascina». La testa adagiata sulla piattaforma rappresenta l’io piccolo, ostaggio della mente che parla, una sorta di zavorra che ci tiene ancorati alle logiche castranti del passato, mentre l’occhio rappresenta l’Io grande, la mente estesa che si apre finalmente a prospettive più ampie e guarda senza timore al futuro, espandendosi verso l’infinito della coscienza cosmica. arte & consapevolezza piedi di un albero, gli occhi aperti fissi davanti a sé, il corpo di profilo, le mani posate sulle ginocchia, la schiena dritta e il mento basso. Tutt’intorno, fiori colorati fluttuano nell’aria, quasi trasportati dalla potenza della meditazione e dall’energia emanata dal futuro maestro. L’albero, all’apparenza scarno, è ricoperto di delicate foglioline e potrebbe simboleggiare un monolito di saggezza, libero dalla vanità e da inutili orpelli, ma circondato dalla gioia dei fiori, dalla serenità di una consapevolezza che ha compreso la sofferenza, l’ha accettata e l’ha trascesa. L’impermanenza pervade l’opera, tutto è in continuo cambiamento, i fiori volanti, l’albero proteso, il giovane Buddha in meditazione. In un’opera successiva, la raffigurazione del Buddha sembra evocare quella visione trasversale che l’autore ha saputo integrare nel proprio percorso spirituale. La posizione del santo, ritto in piedi accanto a un albero e circondato da fiori e vegetazione rigogliosa, è quanto mai interessante: la mano destra stringe un esile bastone, mentre la sinistra è nella posizione del Vitarka mudra, il gesto simbolico della discussione e della trasmissione dell’insegnamento del Buddha. Anche Cristo è stato raffigurato in modo simile nelle icone bizantine e nella liturgia cattolica viene ripetuto lo stesso gesto dopo la transustanziazione. La scelta di raffigurare il Buddha in questa posizione è un chiaro invito da parte di Redon a imparare da tutti i grandi maestri, santi e asceti, ad ascoltare il loro prezioso messaggio e a iniziare un cammino di consapevolezza andando al di là di una limitante scelta religiosa. Del resto, il pittore è molto interessato agli insegnamenti morali che queste grandi figure ci hanno lasciato in eredità, tanto che nei suoi scritti ritorna spesso sul tema della rettitudine e del vivere sociale: «Giudichiamo gli altri soltanto in relazione o paragonandoli a noi stessi, invece di considerarli solo in rapporto alla verità. [...] La superiorità di Gesù è nell’essersi fatto amare senza discussioni. La sua leggenda ha esaltato soltanto le sue qualità amate, ha fatto ricordare all’umanità solo il candore del suo sorriso, o del suo dolce e costante amore per chi gli si accostava». Per Redon, la comprensione deve andare oltre il giudizio e basarsi esclusivamente sull’amore, grazie al quale è possibile ottenere un’arte pura, scevra da esibizionismi e manierismi, volta direttamente al cuore. Guardando le sue opere non possiamo fare a meno di riconoscere questa volontà e di sentire il suo amore per la vita, per la natura, per l’umanità. E l’invito al silenzio di uno dei suoi quadri più famosi sembra rivolto a tutti coloro che vogliono riflettere e meditare ammirando le sue opere straordinarie. Q Silenzio, 1911 c. www.oltre-confine.com 47 letteratura & psiche • Antiche saggezze e nuovi scenari Colin Wilson lo scrittore di idee _____________ di Mariavittoria Spina A Brillante e controverso autore di fama internazionale, personaggio poliedrico e non convenzionale, appassionato ricercatore del paranormale, Colin Wilson ha dedicato la sua vita a indagare i grandi misteri della storia e le straordinarie risorse della mente. V arcata da poco la soglia degli ottant’anni, Colin Wilson può vantare alcune centinaia di pubblicazioni e un’invidiabile conoscenza su temi che spaziano dalla filosofia alle indagini sul mistero e su alcune grandi figure della ricerca spirituale, passando per argomenti di criminologia, psicologia e critica letteraria. Divenuto un’icona in Giappone e negli Stati Uniti, dove ha tenuto lunghi cicli di conferenze e lezioni universitarie, l’eclettico autore britannico, che ama definirsi scrittore di idee, in patria è stato a lungo ignorato, se non apertamente osteggiato. Il nome di questo autore suscita ancora un certo imbarazzo tra gli ambienti patinati della cultura anglosassone, pur essendo passati molti anni da quando apparve per la prima volta come una meteora nel firmamento della letteratura ‘impegnata’. La bufera mediatica attorno all’attività di Wilson risale infatti alla fine degli anni ’50; da allora questo eclettico autore non ha mai smesso di pubblicare volumi di saggistica, romanzi e articoli di giornale, sempre intrecciando originali teorie filosofiche con la propria esperienza diretta di indagine ai confini della conoscenza. «La libertà è una qualità della coscienza, che implica cogliere i nessi profondi» Colin Wilson, Gorran Haven, 2001 48 Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili Leggere le opere di Wilson significa avventurarsi in un mondo di correlazioni non convenzionali tra idee, fatti e persone, tanto che si ha spesso l’impressione di essere in compagnia dell’autore e delle sue teorie, ma anche di tutti coloro che prima di lui si sono interessati allo stesso argomento. Nelle sue riflessioni, Wilson si sforza costantemente di coinvolgere tutte le risorse culturali disponibili, lasciando però spazio anche a nuove ipotesi e a connessioni inedite. Le sue opere si basano su studi approfonditi, che spesso lo portano letteratura & psiche identikit a fare la conoscenza di altri brillanti studiosi non conformisti e a vivere interessanti esperienze di ricerca sul campo. Lo racconta lo stesso Wilson nelle sue autobiografie ricche di aneddoti sulla sua vita movimentata, contrassegnata dai viaggi in tutto il mondo, dagli incontri con personaggi dello spettacolo e della letteratura del calibro di Marilyn Monroe, Vivien Leigh, Eugene Ionesco, Albert Camus, T.S. Eliot, e soprattutto da un’incrollabile volontà nel proseguire il proprio percorso di scrittore e ricercatore autonomo. Un’autobiografia dal taglio particolare è The Books in My Life, purtroppo ancora inedita in Italia, in cui Wilson, bibliofilo proprietario di una collezione di oltre venticinquemila volumi e altrettanti dischi in vinile, riflette sulle opere letterarie e sugli autori che lo hanno maggiormente influenzato: dai poeti romantici Blake e Shelley agli esistenzialisti Sartre e Camus, dai classici come Dostoevskij e Goethe agli ammiratissimi George Bernard Shaw, Nietzsche e Anatole France, senza dimenticare scrittori del fantastico come Wells e David Lindsay. il debutto letterario Nel 1956 fu pubblicato il suo libro d’esordio, The Outsider (trad. it. Lo Straniero), che scatenò una bufera mediatica sul suo giovane autore. Colin Wilson, all’epoca uno sconosciuto ventenne della provincia, si trasformò improvvisamente nell’intellettuale più acclamato d’Inghilterra. The Outsider fu davvero un successo travolgente: tradotto in sedici lingue a distanza di un anno dalla sua pubblicazione, in Gran Bretagna non è mai andato fuori catalogo. Non c’è da stupirsi che la stampa si mostrasse deferente nei confronti del suo autore, un giovane intellettuale dal sorriso disarmante che snocciolava con disinvoltura citazioni di personaggi illustri (da Hemingway, Sartre e Nietzsche a Ramakrishna, Gurdjieff e nome: Colin Henry cognome: Wilson data di nascita: 26 giugno 1931 luogo di nascita: Leicester (Inghilterra) residenza: Gorran Haven (Cornovaglia) professione: scrittore, critico letterario. segni particolari: eclettico, autodidatta, appassionato studioso del paranormale e di archeologia del mistero. dicono di lui: egocentrico e logorroico, ma anche estremamente generoso, determinato, brillante. Pensatore straordinario, scrittore e critico non convenzionale. opera prima: The Outsider, 1956 (trad. it. Lo Straniero). alcuni bestseller: The Occult, 1971 (trad. it. L’Occulto), From Atlantis to the Sphinx, 1996 (trad. it. Da Atlantide alla Sfinge). ultima pubblicazione: Super Consciousness: the Quest for the Peak Experience, 2009 (non ancora tradotto in italiano). sito internet: colinwilsonworld.co.uk (sito approvato dall’autore) Dostoevskij), rinnovando l’interesse del pubblico per le teorie di grandi pensatori del passato. Ricordiamo, ad esempio, che Wilson fu uno dei primi studiosi inglesi a considerare nel dettaglio l’importanza degli ultimi romanzi di Hermann Hesse, incentivando così il revival delle sue opere. La rivista Life gli dedicò un’intera copertina presentandolo come un genio. Il fatto che scrivesse nella sala di lettura del British Museum, dormendo in un parco pubblico per risparmiare sull’affitto, non fece che aumentare l’aura leggendaria intorno al suo personaggio. Le persone lo fermavano per strada per fargli i complimenti, confessando a mezza voce di aver compreso grazie al suo libro di essere degli outsider. Un critico giunse persino a paragonarlo a Platone, ma naturalmente questo plauso di facciata non poteva durare. una meteora indistruttibile Londra, 1956 L’anno seguente al suo sfolgorante esordio, Wilson pubblicò il secondo volume del suo ciclo dedicato alla figura dell’outsider: Religion and the Rebel (inedito in Italia). Ancora un saggio filosofico-psicologico ben argomentato, che questa volta indagava il ruolo essenziale della religione e della spiritualità colpevolmente in declino nella società moderna. Difficile stupirsi della scelta dei contenuti, viste le conclusioni del suo ormai famigerato predecessore: www.oltre-confine.com 49 letteratura & psiche «Il problema per la civiltà è l’adozione di un atteggiamento religioso che possa essere assimilato tanto oggettivamente quanto i titoli dei giornali dell’ultima domenica. Ma il problema per l’individuo sarà sempre l’opposto di questo, il cosciente tendere a non limitare la quantità di esperienza acquisita; l’intollerabile lotta di esporre le aree sensibili dell’essere a ciò che possa eventualmente colpirle; il tentativo di vederle come un tutto, sebbene l’istinto di auto-conservazione combatta contro il dolore dell’estensione interna, e tutti gli impulsi della pigrizia spirituale costruiscano onde di sonno con ritrovate capacità». (C. Wilson, Lo Straniero, Lerici 1958, trad. it. di A. Rosselli e E. Siciliano) Nonostante le premesse positive, Religion and the Rebel fu un vero fiasco e Wilson si ritrovò stroncato dalla critica, sempre sospettosa nei confronti di nuovi approcci teorici avanzati da un autodidatta. Inoltre, quando risultò aver dichiarato di considerarsi un genio, Wilson fu duramente attaccato sul piano personale e la sua presunta autorevolezza come intellettuale venne fortemente screditata. «I am a genius», soleva ripetersi il giovane Wilson quando le mille difficoltà della vita quotidiana minacciavano di farlo sentire una nullità, ma si trattava solo di uno stratagemma mentale per non scoraggiarsi e riprendere con entusiasmo la strada verso la realizzazione dei propri sogni. Peccato che questa piccola confidenza privata, fatta a un ‘amico’ giornalista, si trasformò nel titolo di un’intervista che apparve sulla rivista letteraria Books and Art. L’opinione pubblica britannica, così affezionata all’understatement, fu pronta a dichiarare guerra al sedicente genio. La stampa, la stessa che lo aveva esaltato per il suo esordio sorprendente, cercava adesso di demolirlo andando alla ricerca di pettegolezzi e magari di scandali sulla sua vita privata, già di per sé movimentata da due matrimoni e dalla frequentazione con molte celebrità di fama internazionale. «Il pessimismo è una ridicola assurdità in confronto alle immense risorse di potere che l’uomo possiede» Negli anni ’70, l’ostilità nei suoi confronti era ancora tale che il suo editore arrivò a consigliargli di sparire dalla circolazione, almeno per un po’. Tanto clamore e pubblicità negativa avrebbero scoraggiato chiunque, ma certamente non bastarono a fermare Wilson. Sembra anzi che lo scrittore di idee, con l’ottimismo e la tenacia che lo contraddistinguono, sia riuscito nel corso degli anni a trasformare l’ostracismo 50 Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili Londra, 1956 generalizzato e spesso aprioristico nei suoi confronti in un punto di forza per la sua attività letteraria. Dalla sua posizione defilata rispetto ai rigidi meccanismi dell’establishment culturale e ormai immune alla miopia della critica, questo prolifico autore si è sempre concesso il lusso di scrivere di ciò che preferisce con assoluta libertà e onestà intellettuale, lasciando al lettore la facoltà di giudicare il valore delle sue opere. rivelazioni costruttive Nella sua autobiografia più recente, Dreaming to some Purpose (non ancora disponibile in italiano), ripensando ai primi anni della sua carriera, Wilson ammette di aver indugiato troppo nelle speculazioni della stampa per un misto d’incoscienza e di stupidità che lo portarono a scambiare un momento di celebrità con il raggiungimento del successo e quindi di una consolidata reputazione. Dreaming to some Purpose – elogiata da Philip Pullman, controverso autore di Queste Oscure Materie, come un’opera eccezionalmente franca, ricca di atmosfera e di aneddoti suggestivi – si apre con le considerazioni di Wilson su uno dei fatti determinanti della sua vita: il suo tentato suicidio. All’epoca aveva soltanto sedici anni e un mese dopo il suo compleanno era stato costretto a lasciare la scuola, rinunciando all’ambizione di una formazione accademica come scienziato per andare a lavorare in fabbrica e contribuire così al mantenimento della famiglia. Deciso a non dar segui- letteratura & psiche to a una vita che gli sembrava priva di scopo, si era recato a scuola, dove prestava servizio come assistente di laboratorio, e isolatosi nella stanza degli acidi stava per ingerire una mistura letale, quando accadde qualcosa di inaspettato: «Divenni due persone. Improvvisamente ero consapevole di quell’adolescente idiota chiamato Colin Wilson, con tutta la sua infelicità e frustrazione, e mi sembrava un pazzo così limitato che non mi avrebbe potuto importare di meno se si fosse ucciso, ma se l’avesse fatto avrebbe ucciso anche me. Per un istante sentii di essere accanto a lui, dicendogli che se non si fosse liberato dell’abitudine ad autocommiserarsi non avrebbe mai combinato niente. Fu come se il ‘vero me stesso’ avesse detto all’adolescente: “Ascoltami, idiota, pensa a quanto ti perderesti” e in quel momento colsi la meravigliosa e immensa ricchezza della realtà che si estendeva verso orizzonti lontani. Così tappai la bottiglia e tornai al lavoro. Mi sentivo rilassato, sollevato, totalmente in controllo di me stesso. Questa sensazione di forza durò per due o tre giorni, poi svanì gradualmente; ma da allora non mi sono più sentito intrappolato e fragile». (C. Wilson, Dreaming to Some Purpose, Arrow 2005, trad. it. a cura del redattore) Quarant’anni dopo, ripensando a quel giorno fatidico in cui il ‘vero’ Colin Wilson prese la parola e ragionando sul fatto che molti grandi innovatori nel campo della letteratura e della filosofia siano stati sul punto di suicidarsi, concluse che, in base alla sua esperienza, guardare nell’abisso provocava la separazione del vero sé dal sé inessenziale. Una distinzione che ricorda da vicino le argomentazioni di Igor Sibaldi sull’io piccolo e l’Io grande. Questi due autori geniali e fuori dagli schemi condividono nella loro ricerca la stessa vocazione all’indipendenza e una comune avversione per i dogmi della cultura ufficiale. Non a caso, dopo essersi conosciuti personalmente in occasione di una trasmissione televisiva sui Vangeli Apocrifi, sono legati da reciproca stima e amicizia. implicazioni esistenziali Sperimentare l’abisso di disperazione che conduce al suicidio non è l’unico modo, secondo Wilson, per scoprire se stessi e superare quella pericolosa sensazione di insignificanza che sembra privare la vita di ogni senso. Un altro me- todo efficace e meno drastico è l’applicazione della fenomenologia ideata da Edmund Husserl, in combinazione con le scoperte di Abraham Maslow sulla peak experience, “il picco massimo dell’esperienza”, vale a dire l’accesso a un livello superiore di coscienza, che secondo Wilson si potrebbe indurre a volontà per attingere alle proprie risorse vitali e ristabilire la connessione con il senso profondo dell’esistenza. Le teorie di Maslow – con cui Wilson aveva una corrispondenza epistolare già dal 1959 e che conobbe personalmente qualche anno più tardi – costituirono la base per l’ideazione da parte dello scrittore inglese di una corrente di pensiero, il Neo-esistenzialismo, volta a superare l’empasse pessimistica della filosofia esistenzialista e a dare nuovo impulso etico alla critica letteraria. «La coscienza ordinaria mente: le esperienze mistiche non sono visioni di un altro livello di realtà, bensì rivelazioni della nostra realtà» Secondo lo scrittore di idee, l’essere umano è una creatura della mente e come tale va incoraggiato a utilizzare le proprie risorse, in particolar modo l’immaginazione creativa e quella che l’autore definisce Facoltà X, una sorta di senso superiore della realtà, estensione della definizione di peak experience coniata da Maslow, grazie alla quale improvvisamente il velo di Maya si apre e riusciamo a comprendere l’infinita, complessa bellezza della nostra vita e l’essenza che ci permea e ci conduce in una precisa direzione. Guardando in quella direzione, verso il divenire, ogni impressione di contingenza si relativizza e appare solo come una crisi momentanea, una parentesi in un racconto molto più ampio e avvincente. sfida all’ignoto Facoltà X è solo una delle tante definizioni coniate da Wilson per cercare di descrivere le numerose risorse della mente, non ancora pienamente comprese, che secondo l’autore potrebbero consentire all’essere umano di compiere un grande balzo evolutivo. In questa direzione si muovono anche le monografie che l’autore ha dedicato ad alcuni grandi personaggi: scrittori come Hermann Hesse, Jorge Louis Borges e August Strindberg, psichiatri come Carl Gustav Jung e Wilhelm www.oltre-confine.com 51 letteratura & psiche Londra, 1956 Anche nel volume dedicato a Gurdjieff, Wilson presenta interessanti riflessioni generali e alcune connessioni inedite con il proprio pensiero, come nel capitolo riassuntivo del rapporto tra conscio e inconscio: «[...] il risultato delle idee di Gurdjieff può essere più importante ed eccitante di quanto egli stesso abbia supposto. Egli ha dedicato la sua vita alla risoluzione del problema di come riunire le ‘due coscienze’, affinché l’essenza e la personalità si potessero sviluppare armoniosamente. Egli escogitò ogni sorta di metodi per scuotere l’essenza e condurla a uno stato di veglia, sì da salvare l’ego dal suo senso di assurdità e di irrealtà. Gurdjieff non riuscì a capire che già possediamo spontaneamente la capacità di farlo. La mente, per svegliarsi, non ha bisogno di essere scrollata: può esservi educata». (C. Wilson, G.I. Gurdjieff: la guerra contro il sonno della coscienza. Atanòr 1985, trad. it. di V. Alberti) Reich, leader spirituali come Rudolf Steiner, Gurdjieff e Ouspensky, che si sono distinti per la loro ricerca nelle dimensioni della psiche e della coscienza. In tali saggi, con il suo caratteristico stile colloquiale ricco di aneddoti, Wilson non solo riassume il pensiero degli autori in questione, ma cerca di individuare le tappe fondamentali della loro evoluzione personale. Il saggio dedicato a Rudolf Steiner, per esempio, oltre a un approccio critico-divulgativo alle opere del fondatore dell’antroposofia, presenta i suoi rapporti con i membri della società teosofica e propone un originale confronto tra le teorie di Steiner e quelle di Gurdjieff. Ne risulta l’affascinante ritratto di un pensatore straordinario in rapporto con la sua epoca e in generale con tutta la storia del progresso spirituale: «Sarebbe possibile dedicare un intero capitolo a rilevare quante delle visioni ‘occulte’ di Steiner siano state successivamente rivendicate, o almeno sostenute, dalla scienza moderna. La dottrina fondamentale dell’insegnamento di Steiner è che se ci prendiamo la briga di riconoscere l’esistenza indipendente dei mondi interiori del pensiero, e di tenere la mente rivolta in quella direzione, diventeremo presto sempre più consapevoli della loro realtà. Non siamo arenati, come crede Sartre, nell’universo della materia come una balena sulla spiaggia: il mondo interiore è la nostra dimora naturale. Inoltre, una volta afferrata questa verità, possiamo anche riconoscere che noi stessi possediamo un ‘ego essenziale’, un ‘me stesso vero’, un’identità fondamentale che va ben oltre il nostro fievole senso di essere ‘io’». (C. Wilson, Rudolf Steiner, TEA 1998, trad. it. di L. Diena) 52 Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili In tutte le sue opere, Wilson si dimostra consapevole dell’importanza della ricerca spirituale, che in qualità di strumento per raggiungere una conoscenza superiore dell’uomo e del suo potenziale è più connessa alla scienza e in definitiva all’evoluzione dell’umanità di quanto non possa sembrare in apparenza. il potere dell’immaginazione Wilson è sempre stato attratto dall’uso che gli scrittori hanno fatto dell’immaginazione, ma i suoi primi saggi su questo argomento non tenevano in nessun conto gli autori di letteratura del fantastico, considerata dall’autore solo come un mezzo di evasione dalla realtà. Approfondendo i suoi studi, Wilson comprese però che il mondo del fantastico offre possibilità sconfinate per un esercizio costruttivo dell’immaginazione. Scoprì che romanzi di autori del fantastico più o meno noti come H.G. letteratura & psiche Wells e David Lindsay hanno un alto valore filosofico, riuscendo a sviluppare ambienti e trame con l’obiettivo di testare la validità di un sistema di idee e a creare luoghi dove la potenza visionaria del sogno si fonde con il verosimile e il futuribile. Tra i molti autori del fantastico dei quali Wilson si è occupato, nessuno lo impressionò più di H.P. Lovecraft, il Recluso di Providence, ideatore di una delle cosmologie horror più famose e riuscite, il mito di Cthulhu, e protagonista, insieme ad altri scrittori come J.R.R. Tolkien e Arthur Machen, del cosiddetto ‘revival dell’occulto’. «L’immaginazione dovrebbe essere usata per creare la realtà, non per fuggire da essa» La prima reazione di Wilson alle opere di Lovecraft fu a dir poco caustica. Il propugnatore dell’ottimismo neoesistenzialista non lesinò rimproveri al pessimismo misantropo di Lovecraft, pur confessando di essere molto colpito dal suo talento immaginifico. La seconda fase della critica a Lovecraft fu senz’altro più costruttiva, grazie anche all’intervento di August Derleth, editore e amico di Lovecraft, che entrato in corrispondenza epistolare con Wilson lo incoraggiò a sostenere il proprio punto di vista scrivendo narrativa. Il risultato fu un intero ciclo di opere del fantastico – di cui sono stati tradotti in italiano solo i romanzi I parassiti della mente e La pietra filosofale (ristampato col titolo di Specie immortale) – nelle quali Wilson rielabora i temi di Lovecraft alla luce delle proprie teorie filosofiche, trasformando l’horror in un espediente per riflettere sulle potenzialità umane. Se da un lato I parassiti della mente ammonisce sulle insidie recondite nella mente dell’uomo che ostacolano la libertà e l’evoluzione, La pietra filosofale si presenta piuttosto come un’indagine sulla natura della libertà umana, un elogio dell’eclettismo e della ricerca intellettuale, che riassume tutte le teorie di Wilson sulle potenzialità degli esseri umani, destinati a sviluppare poteri solo apparentemente straordinari. «Ebbene, la maggior parte degli esseri umani vive come treni: va avanti sbuffando come una locomotiva, per tutta la vita, aiutata nella sua corsa dalle rotaie della convenzione e dell’abitudine. Finora, per centinaia di anni, l’evoluzione ha avuto per meta la creazione di un nuovo tipo di essere umano, che guardi il mondo sempre con occhi nuovi, che possa correggere la sua mente centinaia di volte al giorno, per giudicare “strano ciò che gli è familiare”». (Colin Wilson, Specie Immortale, Mondadori 2001, trad. it. di T. Del Tànaro) Nel saggio Il segreto di H.P. Lovecraft, Wilson ripercorre il suo rapporto contrastato con le opere del Recluso di Providence, presentando Lovecraft come un outsider ed esponendo alcune avvincenti ipotesi esoteriche sull’origine della sua visionaria ispirazione letteraria. Dopo il resoconto della sua indagine sulla figura di Lovecraft in rapporto alle teorie sull’inconscio e sul talento visionario di altri autori, Wilson dichiara di essere riuscito a ‘ricostruire’ il leggendario Necronomicon e sostiene che lungi dall’essere una semplice invenzione, deriverebbe dagli insegnamenti contenuti in alcuni rari libri esoterici, cui lo scrittore americano avrebbe avuto accesso grazie al legame del padre Winfield Lovecraft con la massoneria egiziana. Il saggio si conclude con la pubblicazione di una lettera del Dottor Stanislaus Hinterstoisser, Presidente dell’Istituto Salisburghese per lo Studio della Magia e dei Fenomeni Occulti, che avvalorerebbe le tesi di Wilson. «L’essere umano è sulla soglia di un grande balzo evolutivo» Telepatia, materializzazione, psicometria, sono tutti fenomeni che Wilson ha indagato anche in opere saggistiche come Strani poteri e Detective dell’impossibile e che portano Howard Lester, il protagonista di Specie immortale a dichiarare: Circolo di pietre Merry Maidens, Cornovaglia, 1990 www.oltre-confine.com 53 letteratura & psiche Prima di accostarsi a Lovecraft, Wilson aveva pubblicato solo romanzi realisti, come Arrivederci a Soho sulla beat generation inglese. In seguito, il suo interesse per argomenti sospesi tra leggenda e realtà non fece che aumentare, raggiungendo territori sempre più avventurosi come le indagini sull’archeologia del mistero proposte in Da Atlantide alla Sfinge e le originali speculazioni di Il grande libro dei misteri irrisolti, che inizia con la seguente premessa: «[…] sono il primo a riconoscere che questi fenomeni rappresentano soltanto una piccolissima fetta del vasto panorama di stranezze con il quale abbiamo da confrontarci se solo avessimo la forza di liberarci da vecchie frustrazioni e consuetudini nello sforzo continuo e incessante di sollevare quella cortina di quotidianità che ci circonda e permea senza pietà. Ammesso che un libro debba avere una giustificazione, questo intende porsi come un modesto tentativo di lanciare qualche nuova occhiata a tutto quello sconosciuto mondo di singolarità che sta al di là del sipario». (C. Wilson, Il grande libro dei misteri irrisolti, Newton Compton 2005, trad. it. di F. Ossola) Non è un caso che il documentario sulla vita di Colin Wilson, girato nel 2010 da Philip Gardiner per la Reality Films, si in- titoli Strange is Normal, (“Strano è normale”) come a dire che l’insolito è all’ordine del giorno per chi come Wilson sfida l’ortodossia culturale e nella sua ricerca si spinge oltre i confini della conoscenza. «Lo scopo della letteratura non è di registrare il mondo dell’immediatezza bensì di andare oltre» strano è normale Considerata la mole e la varietà delle sue pubblicazioni, Wilson può dirsi quasi un tuttologo, esperto in molti settori diversi, ma soprattutto un eclettico deciso a vagliare il maggior numero possibile di teorie e di ricerche su ogni argomento da lui trattato. Per spiegare il suo eclettismo, l’autore ama citare una frase che W.B. Yeats attribuiva a Walter Pater: «Tutto ciò che ha occupato l’uomo per un certo periodo di tempo merita di essere studiato», ed è proprio questa vocazione per la conoscenza senza pregiudizi e senza confini che gli ha fornito l’impulso per scrivere e perseverare nei suoi studi non convenzionali. Retro del suo cottage Gorran Haven, anni ‘60 54 Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili letteratura & psiche consigli di lettura Il suo debutto come autore sui temi del paranormale risale al 1971 con il magistrale L’Occulto, uno degli studi moderni più completi sulla storia della magia e di tutte le sue manifestazioni, nel quale chiariva che la Facoltà X, portando la coscienza umana ad agire come un telescopio sulla realtà, costituisce il nocciolo di tutta la cosiddetta ‘esperienza occulta’. La ricerca sulle facoltà che consentono all’uomo di ampliare i propri orizzonti fisici e mentali continuò con Misteri: studi sull’occulto, il paranormale e il supernaturale, e rimane ancora oggi uno dei suoi campi d’indagine preferiti. «La magia è l’arte e la scienza di utilizzare la volontà» Nelle sue opere, Wilson ci dimostra come ciò che comunemente riteniamo incredibile spesso sconfini nel verosimile e rimandi a un fitto sottobosco di teorie scientifiche poco conosciute ma non per questo meno valide. Il suo obiettivo non è tanto quello di fornire una risposta definitiva a vecchi e nuovi misteri, quanto piuttosto quello di aprire gli orizzonti del lettore a nuove possibilità, perfino a nuove facoltà della mente. Nel costruire questo percorso di consapevolezza, Wilson non rinuncia mai a sollecitare la curiosità del lettore, il quale, tra una digressione metafisica e una serrata esposizione di risultati scientifici, troverà sempre spazio per le proprie riflessioni e magari per qualche lampo d’intuizione. Q alcuni contributi di colin wilson sui temi del mistero e della spiritualità ◊ Il grande libro dei misteri irrisolti, Newton Compton 2010 ◊ Gli eredi di Atlantide, Piemme 2005 ◊ Dèi dell’altro universo, Piemme 2001 ◊ Da Altantide alla Sfinge, Piemme 1999 ◊ Rudolf Steiner, TEA 1998 ◊ Aleister Crowley: la natura della Bestia, Gremese 1990 ◊ Il segreto di H.P. Lovecraft in H.P. Lovecraft, Necronomicon, Fanucci 1987 ◊ Detective dell’impossibile, SugarCo 1987 ◊ Il signore del profondo: Jung e il ventesimo secolo, Atanòr 1986 ◊ G.I. Gurdjieff: la guerra contro il sonno della coscienza, Atanòr 1985 ◊ Misteri: studi sull’occulto, il paranormale e il supernaturale, Astrolabio 1979 ◊ Strani poteri: radioestesia, reincarnazione, scrittura automatica, Astrolabio 1976 ◊ L’Occulto: una storia della magia attraverso i secoli, Astrolabio 1975 ◊ Lo Straniero, Lerici 1958 romanzi ◊ Specie immortale, Mondadori 2001 ◊ I parassiti della mente, Fanucci 1977 ◊ Arrivederci a Soho, Lerici 1963 opere in lingua originale ◊ Super Consciousness: the Quest for the Peak Experience, Watkins Publishing 2009 ◊ Dreaming to Some Purpose, Arrow 2005 ◊ The Books in my Life, Hampton Roads 1998 Mariavittoria Spina, dottoressa in Lingue e Letterature Straniere, si è specializzata in Scienze Linguistiche presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede di Brescia, con la tesi The Strength to Dream: fantastico e immaginazione nelle opere di Colin Wilson. www.oltre-confine.com 55 letteratura & psiche DESIDERATA assa tranquillamente tra il rumore e la fretta, e ricorda quanta pace può esserci nel silenzio. Q Finché è possibile senza doverti abbassare, sii in buoni rapporti con tutte le persone. Q Dì la verità con calma e chiarezza; e ascolta gli altri, anche i noiosi e gli ignoranti; anche loro hanno una storia da raccontare. Q Evita le persone volgari e aggressive; esse opprimono lo spirito. Se ti paragoni agli altri, corri il rischio di far crescere in te orgoglio e acredine, perché sempre ci saranno persone più in basso o più in alto di te. Q Gioisci dei tuoi risultati così come dei tuoi progetti. Q Conserva l'interesse per il tuo lavoro, per quanto umile; è ciò che realmente possiedi per cambiare le sorti del tempo. Q Sii prudente nei tuoi affari, perché il mondo è pieno di tranelli. Ma ciò non accechi la tua capacità di distinguere la virtù; molte persone lottano per grandi ideali, e dovunque la vita è piena di eroismo. Q Sii te stesso. Soprattutto non fingere negli affetti, e neppure sii cinico riguardo all'amore; poiché a dispetto di tutte le aridità e disillusioni esso è perenne come l'erba. Q Accetta benevolmente gli ammaestramenti che derivano dall'età, lasciando con un sorriso sereno le cose della giovinezza. Q Coltiva la forza dello spirito per difenderti contro l'improvvisa sfortuna. Ma non tormentarti con l'immaginazione. Molte paure nascono dalla stanchezza e dalla solitudine. Al di là di una disciplina morale, sii tranquillo con te stesso. Tu sei un figlio dell'universo, non meno degli alberi e delle stelle; tu hai il diritto a essere qui. E che ti sia chiaro o no, non vi è dubbio che l'universo ti si stia schiudendo come si dovrebbe. Q Perciò sii in pace con Dio, comunque tu Lo concepisca, e qualunque siano le tue lotte e le tue aspirazioni, conserva la pace con la tua anima pur nella rumorosa confusione della vita. Q Con tutti i suoi inganni, i lavori ingrati e i sogni infranti, è ancora un mondo stupendo. Q Fai attenzione. Q Cerca di essere felice. Q Q trovata nell’antica chiesa di s. paolo, baltimora. datata 1692 (Traduzione di Enrico Orofino) 56 Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili letteratura & psiche desiderata una poesia di saggezza diventata leggenda _____________ di Silvia Nosenzo «Vorrei, se potessi, lasciare un umile dono, un pezzo di prosa pura che permetta all’anima di elevarsi». Così, secondo quanto si legge sul diario del suo autore, è nata Desiderata. Ma la storia della paternità di questa poesia è curiosa e confusa: la leggenda racconta che Desiderata, scritta chissà quanti secoli fa e di origine sconosciuta, sia stata ritrovata nel 1692 nella chiesa di San Paolo a Baltimora. Secondo il mito, intorno al 1959 il reverendo Frederick Kates, colpito dalla bellezza delle sue parole, avrebbe inserito la poesia in una raccolta di materiali devozionali per la sua congregazione, dal titolo La vecchia Chiesa di San Paolo, Baltimora, ad 1692 (il 1692 era l’anno di fondazione della chiesa). Copie di Desiderata cominciarono così a circolare tra gli amici e il suo mito continuò a crescere, fino a quando nel 1965 ne venne trovata una copia accanto al letto di morte dell’influente politico democratico Aidlai Stevenson, che stava progettando di trasformarla in una cartolina natalizia. La pubblicità che ne seguì contribuì a diffondere la fama della poesia e la sua erronea relazione con la chiesa di San Paolo a Baltimora. In realtà, Desiderata fu scritta negli anni ’20 del Novecento da un avvocato di origine tedesca, Max Ehrmann (1872-1945), che viveva a Terre Haute, nello stato dell’Indiana. Nel 1927, Ehrmann registrò la poesia con il titolo di Go Placidly Amid The Noise And Haste. Nel 1948, dopo la morte del suo autore, fu pubblicata nella raccolta The Poems of Max Ehrmann. Desiderata è un’intima riflessione sulle “cose da desiderare” o “le cose desiderate essenziali”. Più che una semplice raccolta di massime esistenziali, è il frammento pulsante del cuore di un uomo che ha trovato la sua via per raggiungere la serenità e l’integrità personale e la vuole condividere con gli altri. Ehrmann non era un saggio, ma un uomo come tanti altri, con gli stessi problemi e le stesse gioie di tutti. Eppure, attraverso la sua poesia è riuscito a rendere manifesta la grandezza di Dio, a parlare della vera felicità all’anima di tutti gli uomini di tutti i tempi ricordando loro la semplice meraviglia del difficile e sorprenMax Ehrmann dente cammino della vita. DESIDERATA GO PLACIDLY AMID THE NOISE AND THE HASTE AND REMEMBER WHAT PEACE THERE MAY BE IN SILENCE. Q Q As far as possible, without surrender, be on good terms with all persons. Speak your truth quietly and clearly; and listen to others, even to the dull and the ignorant; they too have their story. Q Avoid loud and aggressive persons; they are vexatious to the spirit. If you compare yourself with others, you may become vain or bitter, for always there will be greater and lesser persons than yourself. Q Enjoy your achievements as well as your plans. Q Keep interested in your own career, however humble; it is a real possession in the changing fortunes of time. Q Exercise caution in your business affairs, for the world is full of trickery. But let this not blind you to what virtue there is; many persons strive for high ideals, and everywhere life is full of heroism. Q Be yourself. Especially do not feign affection. Neither be cynical about love, for in the face of all aridity and disenchantment, it is as perennial as the grass. Q Take kindly the counsel of the years, gracefully surrendering the things of youth. Q Nurture strength of spirit to shield you in sudden misfortune. But do not distress yourself with dark imaginings. Many fears are born of fatigue and loneliness. Beyond a wholesome discipline, be gentle with yourself. You are a child of the universe no less than the trees and the stars; you have a right to be here. And whether or not it is clear to you, no doubt the universe is unfolding as it should. Q Therefore be at peace with God, whatever you conceive Him to be. And whatever your labors and aspirations, in the noisy confusion of life, keep peace in your soul. Q With all its sham, drudgery, and broken dreams, it is still a beautiful world. Q Be cheerful. Strive to be happy. Q Q www.oltre-confine.com 57 pubblicità anima e realtà di Carlo Dorofatti _____ Nexus Edizioni 2011 pagine 240 euro 17,00 _____ Il mondo nasce ora. Sta nascendo continuamente. In questo stesso istante... _____ Anima e realtà è un libro attuale che si rivolge contemporaneamente a chi muove i primi passi sulla via di una consapevole esperienza spirituale e a tutti coloro i quali già da anni sono impegnati sul fronte della ricerca personale. nient’altro che se stessi di Carlo Dorofatti _____ Nexus Edizioni 2010 pagine 176 euro 15,00 _____ Questo originale saggio analizza lucidamente tutti gli aspetti che caratterizzano questa Nuova Era, annunciata da spiritualisti e profeti di ogni continente, allo scopo di comprenderla pienamente e di realizzare il nostro ruolo in essa. romanzo l’oro di polia di Sebastiano B. Brocchi _____ Kimerik 2011 Pagine 282 euro 16,00 _____ Nicoletta, giovane e affascinante ricercatrice esperta di storia rinascimentale, viene convocata da un milionario canadese stabilitosi da alcuni anni a Ferrara, il quale le rivela di essere entrato in possesso di un libro contenente un’informazione sconvolgente sulla vita, o meglio sulla morte, di Lucrezia Borgia. Questo non è che l’inizio di una ricerca che attraverso codici, anagrammi e molti colpi di scena, in un viaggio tra alcune delle più belle città d’arte italiane, porterà i protagonisti sulle tracce di un inestimabile tesoro sepolto da secoli. 58 Oltreconfine | Cronache dai mondi visibili e invisibili favole ermetiche di Sebastiano B. Brocchi _____ 2009 (edizione a cura dell’autore) 306 pagine illustrate a colori euro 40,00 _____ I fratelli Grimm, Andersen, Perrault, Collodi, La Fontaine, e prima di loro Esopo, Fedro, gli autori de Le mille e una notte, insomma i grandi favolisti del passato, potrebbero non essere stati soltanto dei personaggi dalla fervida immaginazione, ma degli Iniziati, che decisero di tramandare le loro conoscenze segrete attraverso il linguaggio della fiaba. collabora con noi Hai qualcosa di interessante da proporci? In ogni numero pubblicheremo i migliori contributi dei nostri lettori. 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