Santuario
S. Maria di Caravaggio
in Milano
La Madonna è apparsa a Caravaggio
La veggente è una giovane donna, Giannetta, figlia di Pietro de'Vacchi sposata a Francesco Varoli, contadino, o più probabilmente soldato, da cui
è crudelmente maltrattata. Dopo i fatti che accompagnano l'Apparizione e
ne realizzano il messaggio di pace, di Giannetta non si sa più nulla. Umile
strumento di divina misericordia, a missione compiuta Ella scompare. Siamo verso il tramonto del 26 maggio 1432.
Giannetta è intenta a raccogliere erba sul
prato Mazzolengo, lontano dal borgo.
D'un tratto le appare innanzi una regale
e soave Signora che, dopo averla rassicurata e confortata, l'invita ad inginocchiarsi per raccogliere un grande annunzio. Le
rivela il suo nome; le dichiara che "avendo
ottenuto di allontanare dal popolo cristiano i meritati e imminenti castighi della
Divina Giustizia, viene ad annunciare la
Pace"; e le affida il gioioso messaggio perché lo porti, per la sua realizzazione, ai
governanti e al popolo. Chiede che il popolo torni a penitenza e virtù e Le
eriga in quel luogo una Cappella, che Lei renderà la casa della santità e
della sua gloria. A segnare la divina origine dell'Apparizione e dei suoi doni, dal prato benedetto toccato dalla presenza della Beata Vergine, sgorga
una limpida e copiosa sorgente d'acqua. Giovannetta porta il messaggio,
affidatole da Maria al suo popolo e pure ai governanti, per sollecitarli, in
nome della Madonna, agli accordi e alle opere di concordia e di pace. Si
presenta così a Filippo Maria Visconti, Signore di Milano; poi al governo
della Repubblica Veneta; e, più tardi, su galere veneziane, si porta fino a
Costantinopoli, all'Imperatore d'Oriente Giovanni III Paleologo, il cui intervento, sollecitato dalla Madonna a mezzo di Giovannetta, sarà decisivo per il ritorno della Chiesa greca all'unità della Chiesa Romana. Ed ecco
che, contro ogni umana previsione e speranza, la pace si realizza, sia in
campo civile che religioso.
Un secolo di fede e di storia
Per venire incontro alle necessità spirituali
della popolazione del nostro rione all'estremo limite di Milano, nel 1902, veniva edificata, tra i prati e gli orti da cui era allora
composta questa zona, una piccola chiesetta di legno e, l'8 settembre di quello stesso
anno, vi fu portato il simulacro della Madonna di Caravaggio. La costruzione si rivelò ben presto insufficiente a contenere
l'afflusso dei fedeli e, inoltre, le strutture lignee, costruite nella
massima economia, mostrarono ben presto segni di deperimento. Nel cuore del parroco
della chiesa di San Gottardo, da cui dipendeva
il piccolo santuario, don
Giuseppe Cappelletti,
cominciò a maturare la
volontà di una costruzione in muratura e di proporzioni adeguate. Si affida il progetto della
nuova chiesa all'architetto Cecilio Arpesani; il
24 giugno 1906, lo stesso
Arcivescovo di Milano,
cardinale Andrea Ferrari, dà l'avvio ai lavori con la posa della
prima pietra. Dopo molteplici difficoltà ed imprevisti il nostro
santuario è completato ed il 1 Maggio 1911, il cardinal Ferrari ne
compie la solenne dedicazione.
La cripta e l’arte
La chiesa di Santa Maria di Caravaggio in Milano, è una costruzione in stile lombardoromanico a croce romana divisa in tre navate; le
laterali chiuse da volte in cotto, la principale coperta da un soffitto in legno dipinto, con travi a
vista decorate. Fanno da sostegno colonne con
capitelli corinzi.
Al culmine della navata centrale, s'innalza
l'Altare Maggiore sopraelevato, cui si accede
grazie a due scalinate: in mezzo ad esse ve n'è
una terza, che porta alla sottostante cripta,
dedicata alla Beata Vergine di Caravaggio.
L'abside è affrescata con scene che rappresentano l'incoronazione della Vergine , tra i cori degli Angeli.
Appena scesa la scala, ricoperte con granito rosa di Baveno, ci si
inoltra nell'ambulacro con al
centro il simulacro della Madonna e della beata Giannetta, collocate su un basamento
di rame sbalzato, che rimandano al miracolo dell'apparizione a Caravaggio.
La nuova mensa della Parola
Disegni di Bruno Gandola - Realizzato in bronzo dorato
L’ambone s’innalza sopra un fascio di spighe che crescono rigogliose verso l’alto.
Che significato hanno? La risposta può esserci suggerita da un famoso passaggio della Costituzione
Dei Verbum, nel quale il Concilio Vaticano II afferma: «La Chiesa ha sempre venerato le divine Scritture come ha fatto per il Corpo stesso di Cristo, non
mancando mai, soprattutto nella sacra liturgia, di nutrirsi del pane di vita dalla mensa sia della parola di
Dio che del Corpo di Cristo» (DV 21). Secondo la
tradizione, dunque, l’ambone da cui viene annunciata
la Parola di Dio sarebbe una sorta di mensa che nutre
la vita dei fedeli. D’altra parte, che la Parola di Dio
possa essere cibo è motivo ricorrente nella stessa
Scrittura e anche Gesù lo ricorda citando: «Non di
solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (Mt 4,4). A
tutto questo alludono quindi le spighe che decorano l’ambone. Il seme della Parola,
quasi come se fosse caduto ai piedi dell’ambone dalle stesse pagine del vangelo, cresce e produce frutto, tanto che le spighe ormai s’innalzano abbondanti. Tra di esse
alcuni piccoli uccelli protendono il becco: sono l’immagine dei credenti che si cibano
della Parola. Non dice sempre Gesù: «Guardate gli uccelli del cielo: non seminano,
né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non
contate voi forse più di loro?» (Mt 6,26)? Noi, proprio come gli uccelli del cielo, siamo nutriti da Dio con il grano che cresce dal seme della Parola e proprio così anche
noi siamo chiamati a innalzarci fino al cielo. Guardando più attentamente tra le
spighe s’intravvedono anche dei piccoli melograni, simbolo di ricchezza e di fertilità
e quindi, nella tradizione cristiana, di resurrezione. L’ascolto produce come frutto
una vita nuova. Il pane che queste spighe producono è la vita redenta, la vita ecclesiale nell’amore: proprio come i tanti semi del melograno sono raccolti insieme
nell’unico dolce frutto, così i credenti sono raccolti dalla Parola nell’unico dolce
Corpo di Cristo. Proprio in questo senso compaiono anche qua e là delle foglie di
ulivo: è l’ulivo della pace, che promette una vita nuova finalmente possibile. Ma, insieme, sono anche i
rami d’ulivo che i discepoli stendono davanti Gesù
acclamando durante il suo ingresso in Gerusalemme:
la pace che cerchiamo può essere trovata solo accogliendo Gesù nel nostro cuore, solo facendo entrare
la sua Parola nella nostra vita.
Le opere di m
Disegni di Bruno Gandola - Vetrate dipinte a mano, tipo Chartres,
Realizzazione del Maestro vetra
Opere di misericordia spirituali
Navata di sinistra
Pregare Dio per i vivi e per i morti.
L’orante stende le braccia ad abbracciare ogni uomo. In questo suo abbraccio
ricorda Cristo in croce: Egli è il nostro intercessore presso il Padre. Con la sua
morte si coprono il sole e la luna, ma l’arcobaleno della nuova alleanza è definitivamente fissato in cielo per la salvezza di tutti.
Perdonare le offese.
Il vetro sembra quasi frantumato. I
colori sono confusi, mescolati, le forme
spigolose, e lettere sparse sono buttate
qua e là senza alcun senso. Di fronte a
questa lacerazione del mondo, due visi
azzurri sorridono sereni offrendosi come principio per ricreare un disegno
ancora possibile.
Sopportare pazientemente le persone
moleste.
I visi blu al centro del riquadro sono
come circondati da una moltitudine di
colori violenti, le lettere disposte senza
senso, di mani accusatrici con gli indici
puntati. Sembra impossibile che resistano, eppure conservano il loro spazio
di pace in mezzo a tutto.
Ammonire i peccatori.
Una grande mano blu, nel cielo, chiama a sé. Ma risalire fino a Dio vuol
dire convertirsi, lasciarsi purificare e
raffinare dal fuoco dello Spirito. In
alto, l’anima, ormai pura, brilla scintillante alla luce di Dio.
Consolare gli afflitti.
Un’infinità di mani sembrano annaspare nella sofferenza e nelle difficoltà
della vita. Si tendono cercando qualcosa a cui aggrapparsi, implorando un
aiuto, forse persino ostacolandosi a
vicenda. Altre mani blu appaiono più
libere e quiete. Esse s’incuneano dentro
il mare di mani rosse, quasi ad offrire
spazio e aria per respirare.
Consigliare i dubbiosi.
Un uomo incerto è in primo piano. Il suo dubbio sembra riferirsi
alla selva dietro di lui, un’intricata foresta dentro la quale i pensieri e i sentimenti si smarriscono. Come orientarsi nel labirinto delle
scelte? Il consiglio fraterno apre uno squarcio azzurro e indica una
via possibile.
Insegnare agli ignoranti.
Un uomo saggio tiene un grande libro blu aperto davanti al viso. È
la sua bocca che parla o il libro stesso? In ogni caso la parola raggiunge ognuno in modo diverso: la luce della verità si rifrange in
un’infinità di colori, come infiniti sono i carismi e i destini degli
uomini.
misericordia
, con legatura a piombo e vetri di colore sfumato e lavorato all’acido.
aio Diego Pennachio Ardemagni.
Opere di misericordia corporali
Navata di destra
Seppellire i morti.
In un paesaggio poetico con le montagne e i pini sempreverdi, i morti, distesi a
terra, avvolti nelle bende, sono come bozzoli in attesa di una chiamata, come
Lazzaro pronto alla voce di Cristo. Anche la luna-Chiesa, attende vegliando
nel cielo e irradia splendente la propria speranza nella notte.
Visitare gli infermi.
La malattia immobilizza gli uomini,
inchiodandoli alla loro maledizione
come Gesù sulla croce. E il cuore è
fatto di terra, sepolto in anticipo. Ancora la salvezza passa attraverso una
porta aperta. La luce irrompe nella
stanza e l’ombra di un fratello si staglia anch’essa luminosa, quasi fatta di
cielo. Solo la vicinanza dell’altro con-
Visitare i carcerati.
Una rete che imprigiona un sole rosso
allude alla vita che si spegne quando è
rinchiusa lontano da ogni contatto
umano. La porta aperta rimane il simbolo di una relazione possibile, di una
prossimità liberante. La luce dorata,
quasi angelica, che ne deriva, scioglie
anche il nero dell’anima.
Vestire gli ignudi.
Nel riquadro un uomo è esposto al
freddo e alla neve al punto che lui stesso è quasi bianco. Davanti c’è un cassonetto con degli abiti e, in blu, la parola “caritas”. Una grande macchia
rossa sembra alludere alla tunica di
Cristo: egli non ha esitato a farsene
spogliare per rivestire ogni uomo della
sua dignità.
Alloggiare i pellegrini.
Nel riquadro un pellegrino cammina
nella notte. La luna splende nel cielo,
quasi segno di quella premura materna
della Chiesa che accompagna ogni
uomo. Ma la luce fuoriesce anche dalla
casa attraverso la porta e la finestra
spalancate. Cristo, Luce del mondo, si
lascia incontrare riflesso nella sua
Chiesa: in ogni cuore e in ogni casa
Dar da mangiare agli affamati.
Nel riquadro molte mani vuote sono protese imploranti. Dalla
parte opposta, una gran quantità di pane sembra scendere
dall’alto, come la manna con cui Dio nutre il suo popolo nel deserto. In effetti, le pagnotte sono azzurre come il cielo, perché il cibo
terreno è sempre immagine del nutrimento celeste.
Dar da bere agli assetati.
Nel riquadro volti sconvolti dalla sete si innalzano in un mondo
infuocato. La sfera del sole non è la benedizione che fa germogliare
la vita e ne accende i colori; è piuttosto un incubo di luce e calore
che arde ogni cosa. Ma da una tinozza rovesciata, come dal costato di Cristo, un fiume d’acqua viva sgorga inarrestabile e lacera
PARROCCHIA S. MARIA DI CARAVAGGIO
SANTUARIO MARIANO BASILICA ROMANA MINORE
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La parrocchia si racconta