RegioneLombardia
NUOVE SETTIMANE DI MUSICA BAROCCA
IN BRESCIA E PROVINCIA
PROMOZIONE FRANCIACORTA
CONSERVATORIO “LUCA MARENZO”
FONDAZIONE “ROMANO ROMANINI”
OFFICINA MUSICALE
CIVICA BIBLIOTECA QUERINIANA
SANTA GIULIA MUSEO DELLA CITTÀ
Comune di Salò
Comune di Padenghe sul Garda
Comune di Sirmione
Comune di Toscolano Maderno
Comune di Botticino
Comune di Coccaglio
Comune di Brescia
Comune di Provaglio d’Iseo
Comune di Gottolengo
Comune di Adro
Comune di Rodengo Saiano
Comune di Breno
Comune di Lonato
Conservatorio di Musica “Luca Marenzio” di Brescia
Scuola Nikolajewka – Mompiano
Dipartimento Salute Mentale –Iseo
Fondazione “IS.PA.RO.”
Auser – Botticino Mattina
Associazione “Amici Chiesa di S. Maria degli Angeli”
nuove settimane di musica barocca in Brescia e provincia
CALENDARIO MANIFESTAZIONI
Settembre
10 VENERDI’, SALO’ Sala dei Provveditori
Elisa Citterio, violino - Michele Barchi, fortepiano
Fulvia Conter, relatrice
Musiche di Turrini, Grazioli, Bertoni,
Schuster, Mozart
pag. 9
11 SABATO, PADENGHE SUL GARDA Castello
Silete Venti!
Musiche di Lully, Freillon-Poncein, Philidor pag. 12
13 LUNEDI’, SIRMIONE
Chiesa di S. Maria della Neve
Brixia Musicalis
Musiche di Telemann, Bach, Vivaldi,
Bonporti, Haendel
pag. 16
Palazzo Benamati
Emanuela Galli, soprano
Gabriele Palomba - Franco Pavan, liuti
Musiche di Desprez, Janequin, Da Ponte
24 VENERDI’, PRALBOINO
27 LUNEDI’, BRESCIA Teatro San Carlino
Brixia Musicalis
Musiche di Geminiani, Albinoni, Bach
pag. 22
Ottobre
Monastero di S. Pietro in Lamosa
Celebrazioni Marenziane
Evangelina Mascardi - Michele Carreca, liuti
Beatrice Faedi, voce narrante
Musiche di Capirola
pag. 25
Evangelina Mascardi - Michele Carreca, liuti
Beatrice Faedi, voce narrante
Musiche di Capirola
pag. 25
5 MARTEDI’, INVITO AL CONCERTO ore 10
pag. 22
25 SABATO, BOTTICINO SERA Teatro Lucia
Scuola Nikolajewka – Mompiano
Elisa Citterio, violino - Francesco Lattuada, viola
pag. 21
9 SABATO, BRESCIA Teatro S. Carlino
pag. 22
26 DOMENICA, COCCAGLIO
Pieve in Castello
Celebrazioni Marenziane
Brixia Musicalis
Musiche di Geminiani, Albinoni, Bach
pag. 21
2 SABATO, GOTTOLENGO Teatro Comunale
pag. 18
Brixia Musicalis
Musiche di Geminiani, Albinoni, Bach
Scuola Nikolajewka – Mompiano
Brixia Musicalis
1 VENERDI’, PROVAGLIO D’ISEO
14 MARTEDI’, TOSCOLANO MADERNO
Chiesa di S. Maria degli Angeli
Brixia Musicalis
Musiche di Geminiani, Albinoni, Bach
27 LUNEDI’, INVITO AL CONCERTO ore 10
Stefano Montanari, violino
Valeria Montanari, cembalo
Musiche di Bach, Haendel, Albinoni
pag. 27
11 LUNEDI’, BRESCIA
pag. 22
Loggetta ex Monte di Pietà ore 18
Carlo Chiesa, relatore
Brescia e la liuteria barocca italiana
pag. 28
12 MARTEDI’, BRESCIA
Civica Biblioteca Queriniana
Gaetano Nasillo, violoncello
Musiche di Bach
Ingresso ad inviti
Novembre
pag. 38
14 GIOVEDI’, INVITO AL CONCERTO ore 20
Centro Auser – Botticino Mattina
Piccolo Concerto Wien
pag. 21
15 VENERDI’, INVITO AL CONCERTO ore 16
Dipartimento Salute Mentale – Iseo
Fondazione “IS.PA.RO.” - Piccolo Concerto Wien
pag. 21
15 VENERDI’, RODENGO SAIANO
Auditorium S. Salvatore
Celebrazioni Marenziane
Ensemble Vocale Veneto
Musiche di Marenzio, De Rore, Monteverdi
pag. 41
pag. 44
18 LUNEDI’, LONATO
Chiesa SS. Filippo e Giacomo
Piccolo Concerto Wien
Musiche di Stamitz, Gassmann, Haydn
pag. 46
pag. 47
pag. 57
6 SABATO, BRESCIA
Auditorium Santa Giulia ore 18
Gli strumenti musicali del Museo della Città
Tiziano Rizzi, relatore
Ugo Orlandi, mandolino
Pietro Prosser, arciliuto e tiorba
pag. 59
Auditorium Santa Giulia ore 16
Gli strumenti musicali del Museo della Città
Filippo Fasser - Mimmo Peruffo, relatori
Brixia Musicalis
pag. 60
Chiesa di S. Gaetano
Musica Antiqua Köln - Reinhard Goebel
Musiche di Biber, Caldara, Krell
pag. 61
Direzione Artistica
Emanuele Beschi Francesco Lattuada
Concerti: 20.45
Informazioni: 030 2500759 – 030 2691261
www.nuovesettimanebarocche.it
pag. 48
30 SABATO, COCCAGLIO
Auditorium S. Giovanni Battista
Celebrazioni Marenziane
Marcello Gatti, flauto
Stefano Demicheli, cembalo
Musiche di Bach, Telemann
4 GIOVEDI’, BRESCIA
9 MARTEDI’, BRESCIA
23 SABATO, VARSAVIA
Istituto Italiano di Cultura
Celebrazioni Marenziane
Emanuela Galli, soprano
Gabriele Palomba, tiorba e liuto
Marco Bizzarini, relatore
“Petrarca e Marenzio”
Auditorium Santa Giulia ore 18
Gli strumenti musicali del Museo della Città
Duane Rosengard, relatore
pag. 55
7 DOMENICA, BRESCIA
22 VENERDI’, LONATO
Chiesa della Madonna Scoperta
Marco Brolli, flauto traverso
Francesca Bascialli, clavicembalo
Musiche di Stamitz, Bach, Vanhal
pag. 52
4 GIOVEDI’, BRESCIA
Auditorium Santa Giulia
Paolo Beschi, violoncello
Musiche di Bach
16 SABATO, BRENO Chiesa di S. Antonio
Piccolo Concerto Wien
Musiche di Stamitz, Gassmann, Haydn
DATA DA DESTINARSI, BRESCIA
Concentus Caelestis
Andrea Arrivabene, contralto
Giovanna Fabiano, clavicembalo
Raffaello Negri, violino primo concertatore
Musiche di Haendel
pag. 50
Ad esecuzione iniziata l’ingresso nella sede dei concerti è interdetto. Non è consentito l’uso di apparecchi privati di registrazione.
La Direzione Artistica si riserva di apportare modifiche ai programmi delle manifestazioni a causa di
forze maggiori e di stabilire opportune modalità di
ingresso in relazione alla capienza e alla tipologia
delle sedi dei concerti.
L’INGRESSO A TUTTI I CONCERTI È GRATUITO
L
a seconda edizione delle Nuove Settimane di Musica Barocca in
Brescia e Provincia, il Festival che dall’anno scorso ripresenta la
storica rassegna di musica antica che tanto successo ebbe negli
anni ‘70 e ‘80, si propone con una programmazione più ricca ed attenta alla diffusione della musica, per promuovere l’arte e la cultura
sul territorio della nostra provincia: dal lago di Garda alla valle Camonica, attraversando la Città, i paesi della pianura e la Franciacorta.
Le Nuove Settimane Barocche si presentano con una veste del tutto
nuova, ma sempre mantenendo fede all’impegno di valorizzare celebri
capolavori ed autentiche riscoperte nell’equilibrato connubio fra ricerca musicologica ed elevata qualità esecutiva.
La durata del Festival è ampliata ai mesi di settembre, ottobre e novembre, per venire incontro all’esigenza di numerose amministrazioni locali, che hanno inteso privilegiare le giornate dei fine settimana, per
offrire alla cittadinanza una miglior fruizione degli appuntamenti
concertistici.
La rassegna non avrebbe potuto essere realizzata senza il contributo
della Regione Lombardia, della Provincia di Brescia, della Fondazione
della Comunità Bresciana e delle Amministrazioni Comunali che hanno aderito al circuito concertistico, alle quali va il nostro più sentito
ringraziamento.
Le vere novità del Festival sono costituite dalle importanti collaborazioni che in questa edizione si realizzano, prima fra tutte quella con il
Museo di Santa Giulia, che ospita tre conferenze-concerto, finalizzate
alla valorizzazione della collezione di strumenti musicali presenti nel
Museo cittadino. Questo evento avvia un interessante ciclo di conferenze sulla liuteria, coinvolgendo alcuni dei più affermati studiosi internazionali, grazie al prezioso ausilio di Officina Musicale.
Nasce inoltre quest’anno presso la Scuola Nikolajewka di Mompiano, il
centro AUSER di Botticino Mattina, il Dipartimento Salute Mentale di
Iseo e la Fondazione “IS.PA.RO.”, un percorso didattico di lezioni-concerto chiamato “Invito al Concerto”, che aiuterà il pubblico ad approfondire i contenuti musicali della stagione concertistica.
L’appuntamento all’estero di quest’anno è il concerto-conferenza a
chiusura di un’importante convegno su Luca Marenzio e Francesco Petrarca, di cui ricorre quest’anno il settimo centenario della nascita, organizzato a Varsavia con l’Istituto Italiano di Cultura.
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Tale manifestazione è inserita nel circuito “Celebrazioni Marenziane”,
che Promozione Franciacorta realizza insieme a Nuove Settimane Barocche per valorizzare i luoghi ove è nato il grande madrigalista bresciano.
Il filo conduttore di questa edizione è la musica dei paesi di area linguistica tedesca. Si inizia con un concerto-conferenza a Salò, nel quale saranno messi a confronto tre importanti autori salodiani (Turrini,
Bertoni e Grazioli) con il nascente classicismo musicale germanico, e si
conclude con un omaggio a Heinrich Ignaz Franz von Biber (16441704), per il quale siamo orgogliosi di ospitare a Brescia in prima assoluta Musica Antiqua Köln, il celeberrimo ensemble guidato da Reinhard Goebel.
Gli altri appuntamenti concertistici, vedono protagonisti – oltre a Brixia
Musicalis, “ensemble in residence” del Festival – alcuni dei più affermati gruppi musicali tra cui: Silete Venti!, ensemble di strumenti a fiato
che proporrà le musiche del Re Sole, Piccolo Concerto Wien in un bel
programma di musiche del ‘700 austriaco, Ensemble Vocale Veneto che
rende omaggio alla poesia in musica di Francesco Petrarca, e Concentus Caelestis in una serata interamente dedicata a Georg Friedrich
Haendel.
Concerti cameristici e recitals vedranno come interpreti d’eccellenza il
soprano Emanuela Galli, il violinista Stefano Montanari, i violoncellisti
Gaetano Nasillo e Paolo Beschi, i flautisti Marco Brolli e Marcello Gatti,
i cembalisti Francesca Bascialli e Stefano Demicheli, ed il mandolinista
Ugo Orlandi. La produzione teatrale del Festival “messer Vicenzo Capirola, gentil homo bresano”, proporrà le musiche e i testi del manoscritto del grande liutista di Leno, in forma di concerto-spettacolo.
La Direzione Artistica
Emanuele Beschi Francesco Lattuada
Si ringrazia la Fondazione Romanini e il Conservatorio di Musica “Luca Marenzio”,
per la ospitalità offerta per le prove dei musicisti del Festival.
Un particolare ringraziamento
a Martino Gerevini e all’Arch. Emilio Salvatore, per i preziosissimi consigli.
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Venerdì 10 settembre – ore 20.45
Sala dei Provveditori, Salò
CONCERTO-CONFERENZA
La nascita della Sonata a Due
Musiche di
Ferdinando Gasparo Turrini, Giovanni Battista Grazioli, Ferdinando Bertoni,
Josef Schuster, Wolfgang Amadeus Mozart
Elisa Citterio
Michele Barchi
violino
fortepiano
Fulvia Conter
relatrice
Si ringrazia la prof.ssa Mariella Sala
per l’aiuto nella consultazione dei manoscritti di F.G. Turrini
conservati presso la Biblioteca Musicale del Conservatorio “L. Marenzio” di Brescia
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La provincia di Brescia divisa ne’ suoi territorj di nuova projezione.
Carta edita a Venezia nel 1780, disegnata da G. Pitteri ed incisa da G. Zuliani.
CINQUE COMPOSITORI PER LA SONATA A DUE
Che cosa hanno in comune i compositori scelti per il
concerto di stasera, se non l’epoca, anagraficamente
creativa (il tardo ‘700, i primissimi anni dell’Ottocento)
e la tipologia formale offerta dalla Sonata per violino e
pianoforte? O meglio, della Sonata per tastiera con accompagnamento di violino, o ancora, decisamente, per
duo strumentale? Si propone, questo concerto, di fornire esempi musicali, eseguiti, di una nuova corrente
ideologico-artistica, che circolava in particolare in Italia
e in Germania nel tardo ‘700: quella degli esordi della
Sonata a due, da identificarsi, nel caso, con la Sonata
per tastiera e violino. All’inizio, cioè nel ‘600, v’era la
Sonata a Tre, con le sue divisioni, intrinseche nel linguaggio musicale più che in una reale separazione fra
Sonata da Chiesa e Sonata da Camera. Principalmente
ad Arcangelo Corelli, geniale depositario della Scuola
bolognese e fondatore della Scuola romana (cioè della
Scuola violinistica italiana) si deve l’intuizione del raggruppamento, della riduzione a 4 o 3 strumenti, della
Canzone da Sonar, quindi della Sonata cinquecentesca,
nata per tener viva l’attenzione degli astanti, con un
numero variabilissimo di movimenti e la compresenza
di strumenti a fiato, a corda, a tastiera. Mise ordine,
Corelli, nella Sonata barocca e la organizzò in modo
così ferreo, eppur vivace, da porla come esempio carismatico per anni, per più di un secolo. Johann Sebastian Bach, che pure tentò vie nuove con le Sonate e
Partite per violino e le Suites solistiche (dal liuto al
flauto al violoncello), per molti aspetti è ancora un
continuatore della lezione di Corelli, in particolare per
la logica contrappuntistica, la trama che lega fra di loro movimenti, tonalità, “entrate” prefissate. Non bisogna dimenticare, in questi schemi, comunque sempre
vivaci, la fondamentale idealizzazione dei ritmi di danza. Si trattava, per lo più, di danze francesi, frutto di
una certa vaghezza trasgressiva, contrastante rispetto
all’imperante, sofisticata moda del madrigale italiano
che incuteva soggezione all’Europa intera. Eppure il
ritmo di danza, nella musica strumentale, risultava più
incisivo e di facile comprensione in relazione all’andamento ritmico dei madrigali, a cappella o concertati,
sempre raffinati, forse troppo.
Con l’affermarsi dello strumento Violino, da Gasparo da
Salò (come costruttore) a Corelli (come suo eccezionale
interprete e divulgatore), l’equilibrio delle parti “cantanti” si trasmise negli strumenti a corda, dal Violino inteso
come soprano alla Viola come voce media e grave (viola da braccio e da gamba), fino al Violone (poi Contrabbasso), sempre sostenuti da una tastiera. Voilà, pare un
gioco, eppure il trovare un ulteriore equilibrio, quello
perfetto, che portasse alfine al Quartetto d’Archi, fu
un’impresa che richiese ancora moltissimo tempo, altri
interventi, altre teste, nuove ideologie.
Il passaggio dalla Sonata barocca alla Sonata romantica
avvenne quindi in modo tutt’altro che indolore, con timidi passi verso un rafforzamento del ruolo della tastiera o
del violino. Un lungo cammino che, passando attraverso
lo Stile galante e il suo rifiuto delle difficoltà emotive o
tecniche, trovò un momento fondamentale nell’inventiva
di Josef Schuster e, di conseguenza, di Wolfgang Amadeus Mozart. Ma Mozart, oltre ad aver subito una forte
influenza dalle Sonate di Schuster, era stato a lezione,
pur per brevissimo tempo, da Padre Giovanni Battista
Martini all’Accademia Filarmonica di Bologna. E il Padre
Martini fu il maestro di Ferdinando Bertoni, zio di Ferdinando Gasparo Turrini, suo allievo come Giovanni Battista Grazioli, tutti musicisti gardesani, di Salò e Bogliaco
(Grazioli). E il cerchio si chiude, una parte delle relazioni s’incomincia ad intravvedere.
I problemi che si pongono all’ascolto delle Sonate di
questi cinque compositori sono molti. La fantasia individuale li porta immediatamente alla riconoscibilità
espressiva: l’uno possiede un’inclinazione più marcata
verso l’uno o l’altro strumento. Ad esempio l’istinto fondamentalmente tastieristico di Turrini gli impone una
sorta di accettazione del violino, mentre le due parti risultano più intrecciate e coese in Schuster, Mozart e
Bertoni. Nel caso di Grazioli, leggiadro, i due strumenti
risultano l’uno funzionale all’altro, ma su un tessuto musicale più esile. Il che si avverte in quanto il Grazioli
non possiede il temperamento passionale degli altri
quattro, anche se ne è alla ricerca.
Un’altra matrice accomuna Schuster, Mozart, Bertoni,
Turrini e Grazioli. E’ l’appartenenza al mondo del teatro
che vivifica l’universo artistico, specie quello di Mozart e
di Bertoni. Josef Schuster, compositore fecondissimo,
vissuto nell’ambito di Dresda, scrisse molto per il teatro
ed era uno strumentista a corde più che un tastierista. Il
suo impeto sonatistico, che già può apparire talvolta
“Sturm und Drang”, impressionò il giovane Mozart, lo
indusse alla stesura delle sue Sonate per violino e pianoforte, dette “romantiche”. Ma Mozart - come disse
Rossini - era “unico”, sapeva tutto. Captava. Semmai
Mozart non fu un organista della professionalità di Ferdinando Bertoni e Giovanni Battista Grazioli, entrambi
organisti titolari della Basilica di San Marco a Venezia, o
di Ferdinando Gasparo Turrini, il Bertoncino, salodiano,
cieco che si guadagnò da vivere come organista della
Basilica di S. Giustina a Padova. Turrini invece sognava
il pianoforte, nientemeno che il pianoforte di Muzio
Clementi, la sdegnosa stella italiana che stava a Londra.
E’ un’Europa artistica e musicale particolarmente vivace
ed inquieta quella che è rappresentata dalle Sonate di
questi cinque autori. Sonate per cembalo o organo o
fortepiano o pianoforte… e violino. Con il canto nel
cuore. E allora la musica più pura, quella più concentrata sullo strumento, è forse quella di Turrini, la più teatrale quella di Mozart, che a sua volta guarda a Baldassarre Galuppi, come fa’ attentamente il Grazioli. Per il
maestro Ferdinando Bertoni la Sonata a due è uno dei
suoi tanti esperimenti - incursioni in vari generi musicali. Per Josef Schuster un modo di reagire. Reagire al barocco, alle sue tarde manifestazioni, alla sua ostentata
ricchezza, in favore di una diversa comunicabilità, basata sul sentimento e senza ironia.
Fulvia Conter
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Sabato 11 settembre – ore 20.45
Castello, Padenghe
(in caso di maltempo, il concerto
si terrà presso la Chiesa Parrocchiale)
La musique du Roy Soleil
Jean Baptiste Lully (1632-1687)
Marche des Mousquetaires °
Premier air des hautbois °
Airs pour le Carouzel de Monseigneur (1686):
Prelude du Carousel de la Grande Escurie
Menuet
Gigue
Gavotte
Suite dalla Comedie-Ballet «Le Bourgeois Gentilhomme» (1670)
Ouverture
Premier intermède Gravement-plus vite, Sarabande, Bourée,Gaillarde, Canarie
Marche pour la cérémonie des Turcs
Air 1
Air 2
Ballet des Nations :
Entrée des Italiens, Air des Espagnols dansants, La Nuit: Entrée des Scaramouces Trivelin
et Arlequins, Chaconne des Scaramouces Trivelin et Arlequins
Jean-Pierre Freillon-Poncein
(ca.1655-ca.1720)
L’ Embarras de Paris (1700)
Trio pour les Flutes
Passacaille á deux parties pour la flute
< La grand Battaille >
André Danican Philidor l’aîné (1647-1730)
La marche des Grenatiers a cheval et air des
Hautbois fait au siège de Namur en 1692 °
Lordonanse pour le fifre °
Jean-Pierre Freillon-Poncein
Bruits de Guerre
Jacques Danican Philidor le cadet
(1657-1708)
La retraitte
André Danican Philidor l’aîné
Marche a 3 des Pompes funebres, l’an 16[90]
° musiche tratte dal manoscritto Philidor
SILETE VENTI !
Marco Scorticati
Flauto dolce e traversiere
Aviad Gershoni
Oboe e Flauto dolce
Susanne Grützmacher
Oboe
Simone Toni
Oboe e Oboe da Caccia
Dana Karmon
Fagotto
12
Daniele Moretto
Tromba
Alessio Molinaro
Tromba
Paolo Bacchin
Tromba
Maurizio Ben Omar
Percussioni
“...Scelsi di assumere la forma del sole, il più nobile di tutti gli astri, a causa della qualità unica del bagliore che lo circonda; per la luce che comunica agli altri astri che gli
impongono attorno una specie di corte; per la giusta ed eguale spartizione di quella luce che distribuisce a tutti i vari climi del mondo; per il bene che fa in ogni luogo producendo incessantemente gioia e attività da ogni parte; per il moto instancabile che
realizza pur sembrando tranquillo; e per quel costante, invariabile corso dal quale mai
devia o diverge. E’ certo la più vivida e bella immagine di un grande monarca...”
Nato a Saint Germain en Laye il 5 Settembre del
1638, figlio di Luigi XIII e Anna D’Austria, il Re
Sole assunse il potere nel 1661 alla morte del reggente Cardinale Mazarino.
Sotto il suo regno, che duró piú di cinquant’anni,
(la sua morte è datata 1715) la Francia visse uno
dei piú straordinari momenti creativi della storia
europea.
La “megalomania” il grande culto di “se” che venne coltivato maniacalmente, non si tradussero
semplicemente in un incredibile sperpero di denaro per spese militari, costruzione di regge sfarzose,
realizzazione di feste incredibilmente opulente che
si tenevano settimanalmente a corte. La sua ambizione era molto piú grande e profonda: il Re divino voleva circondarsi di qualcosa che potesse somigliare al paradiso e nella sua coscienza profondamente barocca cercó di farlo attraverso una
quotidiana ricerca del bello, del magico, dello
straordinario e di tutto ció che potesse portare i
suoi sensi oltre l’umano sentire.
Questa passione smisurata aveva innanzitutto bisogno di un “teatro” degno di accogliere tanta meraviglia e per questo Luigi XIV finanzió la creazione
della residenza di Versailles, una vera cittadina con
botteghe, artigiani, giochi e passatempi di ogni genere, immersa in una splendido parco realizzato
dall’architetto Le Notre che ne fu anche il sovrintendente per oltre trent’anni. Il suo lavoro è stupefacente: da un luogo povero di risorse naturali, riuscì a ricavare boschi, un teatro d’acqua, un labirinto e centinaia di opere d’arte dedicate al mito di
Apollo (il Sole, appunto). La conservazione del
parco richiedeva un lavoro che impegnava ogni
giorno piú di 6000 cavalli, 38000 operai erano necessari alla manutenzione e alla realizzazione delle
magnifiche feste! Dell’uomo Luigi XIV, il Duca di
Saint Simon ci ha lasciato questo breve resoconto:
“Luigi XIV amava molto l’aria aperta e gli esercizi,
sinchè potè farli. Aveva eccelso nella danza e nella
pallacorda. Alla sua età cavalcava ancora mirabilmente. Gradiva veder fare tutte queste cose con
grazia e destrezza (..). Amava molto sparare e non
v’era miglior tiratore di lui, nè dotato di tanta grazia (..). Si dedicava inoltre con passione all’inseguimento del cervo, ma in calesse, dopo che si era
rotto il braccio correndo a Fontainebleau, subito
dopo la morte della Regina. Stava solo in una spe-
cie di carrozza a mantice, tirata da quattro cavallini
a cinque o sei ricambi, e guidava lui stesso a briglia sciolta, con una maestria e una perfezione che
non possedevano i migliori cocchieri, e sempre la
stessa grazia in tutto ciò che faceva. I suoi postiglioni erano fanciulli da nove o dieci anni sino ai
quindici, ed egli li dirigeva (...).
Il Re era sempre vestito di color più o meno bruno, con un ricamo leggero, mai sulla vita, talvolta
appena un bottone d’oro, talvolta del velluto nero.
Sempre un panciotto di panno o di raso rosso o
turchino, verde e ricamatissimo. Mai anelli, mai
gioielli se non alle fibbie delle scarpe, alle giarrettiere ed al cappello, orlato sempre di pizzo spagnolo, con una piuma bianca. Portava la fascia turchina dell’Ordine del Santo Spirito sotto la giacca,
e solo nei giorni di cerimonie nuziali, o di altre feste la portava sopra, molto lunga allora, e con otto
o dieci milioni di gemme “.
Nel “paradiso“ di Versailles il Re si contornó di artisti che illuminati dalla sua luce ricambiarono raggiungendo livelli sublimi: scrittori e poeti, fondamentali per magnificare e rendere immortale la figura del Re; pittori, scultori, musicisti, ballerini e
coreografi.
Al suo cospetto lavorarono Moliére e Racine,
Charles Louis Beauschamps (primo direttore dell’Accademie Royale de Danse) codificó le cinque
posizioni dei piedi e l’uso del dehors, della gamba girata all’esterno, che sono alla base della danza classica, e che furono obbligatori per chiunque
(in tutta Europa) volesse essere considerato un
gentil’uomo.
Quí, per merito di grandi compositori come Jean
Baptiste Lully, padrone assoluto della musica francese dell’epoca (fiorentino di nascita ma comprato
giovanissimo da una nobildonna francese che lo
porta al suo seguito a Parigi) nascono generi nuovi come la tragédie en musique e la commédieballet.
Tutto deve essere portato all’eccelso e cosí anche
la cucina diventa un’ elevatissima forma d’arte!
La banda di oboi riscosse enorme successo nell’Europa barocca.
A partire proprio dalla Francia del Re Sole, nella
quale questa formazione faceva parte a pieno titolo della guardia personale del Sovrano partecipan-
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Charles Le Brun e scuola: Luigi XIV accorda la sua protezione alle Belle Arti.
Versailles, Castello, Galleria Grande.
do a tutte le sue uscite pubbliche: incontri con altri capi di stato, sfarzose feste a corte, matrimoni,
funerali, bagni di folla, enunciazioni di nuovi editti
reali, balletti equestri, ecc..
Gli oboisti del Re erano delle vere e proprie stars
dell’epoca!
Le caratteristiche di questo gruppo, capace di fare
musica all’aperto avendo però una duttilità timbrica e dinamica impensabili in questo contesto con
altri strumenti affascinarono a tal punto che, rapidamente, il continente tutto fu invaso da flauti,
oboi e fagotti al servizio, sia di reggimenti, sia di
nobili e principi, sia di numerose municipalità.
Come è quindi facilmente intuibile, la banda di
oboi si prestava ad un repertorio grande e molto
vario.
Nel 1705, il bibliotecario di corte e oboista André
Danican Philidor compila una collezione di “marches et batteries de tambour… avec les airs de fifre et hautbois” su espresso volere del Re.
Il prezioso “Manuscrit Philidor” raccoglie quindi
un gran numero di musiche scritte per gli oboisti e
si tratta non solo di musica militare ma anche di
Suites e in esso sono contenute “les airs de trompettes et hautbois faits par Monsieur de Lully par
ordre du Roy pour le Carouzel de Monseigneur”
(il fratello del Re).
La festa duró giorni e prevedeva ogni sorta di meraviglia, tra cui un grandioso balletto equestre accompagnato appunto dalla musica di Lully.
Nella prefazione alle musiche composte da FreillonPonsein, l’autore ci informa che “troverete una piccola raccolta di differenti tipi di musiche che ho
composto con tanta dedizione, che mi permetto di
dire che non potranno sicuramente non trovare la
vostra approvazione, perché molti abili maestri mi
hanno fatto l’onore di dirmi che sono molto buone.
La prima, che è intitolata l’embarras de Paris, esprime nei ritornelli a sei parti il rumore e il tumulto
che si sente in cittá durante il giorno: il via vai della
gente, delle carrozze, dei carretti e altro.
I ritornelli a tre parti esprimono la moderazione
dei rumori durante le ore della cena e della notte.
Le bruit de guerre è un canto che esprime le incerte vie delle armi, «les allarmes, les rasseurances
& le plaisirque l’on ressen l’un apres l’autre en
moins de deux heures de temps».
Il Borghese Gentiluomo fu rappresentato per la
prima volta a Chambord il 14 ottobre del 1670.
Luigi XIV richiese a Moliére una commedia che lo
vendicasse del disdegno mostrato dall’ambasciatore turco al cospetto dei fasti della residenza reale
di Saint Germain.
Moliére stesso interpreta il ruolo del protagonista
Jourdain: nella sua smodata ambizione di nobiltà
verrá sbeffeggiato dal finto ambasciatore del “Gran
turco” che al termine di un’esilarante e improbabile cerimonia turca lo nomina Mamamousci (“come
se vi venissero scodellati nel piatto due titoli in un
sol colpo”).
Lully scrive le musiche e partecipa allo spettacolo
in qualità di ballerino.
Il successo è enorme, la platea viene sedotta da
questo genere in cui teatro, danza e musica convivono in modo mirabile.
Luigi rivolto verso Moliére commenta cosí: “Non vi
ho parlato della commedia il primo giorno perché
temevo di essere stato sedotto dal modo in cui era
stata recitata, ma, in veritá, Moliére, non avete fatto nulla che mi abbia piú divertito, e la vostra
commedia è eccellente”.
Fiumi di risate scorrono accompagnate da artifici
scenici e da danze meravigliose, la musica sottolinea ed arricchisce questa grande satira della società dell’epoca, il desiderio di vendetta del Re nei
confronti dei turchi si compie in modo raffinato.
È nato un capolavoro.
Simone Toni
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Lunedì 13 settembre – ore 20.45
Chiesa Madonna della Neve, Sirmione
Italia e Germania
Georg Philipp Telemann (1681-1767)
Georg Friedrich Haendel (1685 – 1759)
Triosonata in La minore
per flauto, violino e b.c. (Hamburg, 1739)
Sonata in Fa maggiore
per flauto e b.c. (Londra, ca.1725)
Largo, Vivace, Affettuoso, Allegro
Larghetto, Allegro, Siciliana, Allegro
Anonimo da Antonio Vivaldi
Francesco Antonio Bonporti (1672 – 1749)
Concerto III delle Stravaganze
del Don Antonio Vivaldi
(tratto da “Anne Dawson’s Book” 1720)
per clavicembalo solo
Invenzione in Do minore op. X n. 6
per violino e B.C.
Allegro, Siciliano largo, Allegro assai
Georg Philipp Telemann
Johann Sebastian Bach (1685 – 1750)
Trio Sonata in Sol maggiore BWV 525
Quartetto in Mi minore
dalla “Musique de Table” (1733)
per flauto traverso, violino, violoncello e b.c.
(Allegro), Adagio, Allegro
Adagio, Allegro, Dolce, Allegro
Lamentevole, Balletto, Aria, Fantasia
BRIXIA MUSICALIS
Elisa Citterio
Marco Scorticati
Sara Bennici
Michele Barchi
16
violino
flauto dolce e traversiere
violoncello
clavicembalo
LA MUSICA STRUMENTALE ITALIANA TRA MITO E DECLINO
«Tempo fa siamo andati a scuola dagli italiani, ora
sembra proprio che siano loro a dover venire da
noi». Con queste parole un osservatore tedesco
notava alla fine del Settecento un fenomeno che di
lì a breve avrebbe sollevato fiumi di inchiostro ed
oceani di polemiche. Se infatti il teatro d’opera italiano non sembrava mostrare cedimenti di sorta,
continuando ad imporsi sui palcoscenici del continente (ma non solo…), il repertorio strumentale
viveva invece un profondo declino, tanto da dare
corso al fenomeno dell’emigrazione di tanti strumentalisti. Un fenomeno che, di lì a presto, sarebbe stato definito una vera e propria diaspora.
Fatta qualche rara, ma pur importante eccezione, i
migliori lasciarono il proprio Paese per trovare fortuna altrove. Le corti di Vienna, Londra, Parigi,
Madrid, Lisbona, San Pietroburgo e via dicendo,
parevano apprezzare ciò che invece in Italia veniva relegato ad un ascolto quasi occasionale, se
non addirittura marginale in termini estetici. Secondo alcuni osservatori – per lo più tedeschi – la
musica strumentale della Penisola era tanto modesta da essere valutata addirittura come «ben al di
sotto di ogni possibile critica».
A determinare questo stato di cose una serie di
fattori che, in modo diverso e in tempi altrettanto
diversi, hanno praticamente annullato il valore e,
in qualche modo, il significato e l’importanza di
un intero repertorio, sia pur con le dovute differenziazioni tra città e città e tra regione e regione.
Ciò appare ancora più incredibile se si pensa che,
nella prima parte del XVIII secolo, le cose si presentavano in modo ben diverso.
Quando infatti nel 1714 Arcangelo Corelli pubblicava la sua Op. VI, una raccolta di concerti grossi
divenuti poi opera di riferimento se non addirittura paradigmatica in quel particolare settore del re-
pertorio, la musica strumentale italiana stava vivendo un momento particolarmente felice. Più ancora che sul palcoscenico, la forza propulsiva dei
compositori italiani pareva essere inarrestabile. Un
esempio di ciò viene offerto dal fatto che proprio
in quegli anni furono molti i compositori stranieri
che, non potendo venire direttamente nella Penisola come invece fece Georg Friedrich Händel
(1685-1759), presero a modello opere di autori italiani. E la scelta non si indirizzava soltanto su
compositori professionisti come poteva essere il
caso di Antonio Vivaldi (1678-1741) – autore fondativo per ciò che concerne il linguaggio strumentale di Georg Philipp Telemann (1681-1767) e di
Johann Sebastian Bach (1685-1750) –, ma poteva
cadere anche su compositori meno noti come
Francesco Antonio Bonporti (1672-1749). Del compositore trentino, infatti, il maestro di Eisenach copiò per sé almeno quattro delle Invenzioni op. X,
la cui composizione gli venne addirittura erroneamente ascritta.
Con la Tafelmusik – forse la sua opera strumentale
più apprezzata – Telemann cambia completamente
rotta. Al repertorio italiano, infatti, egli preferisce
questa volta la musica di tradizione francese, sia
pur ‘germanizzata’ in una felice sintesi di un linguaggio originale. E non senza conseguenze visto
che, da quel momento, il modello latino iniziò a
mostrare la propria cedevolezza nei paesi tedeschi.
Non così in Olanda ed in Inghilterra, dove il mito
della musica italiana non conoscerà cedimenti ancora a lungo. Le opere di Corelli, Vivaldi, Albinoni
e molti altri vissero pertanto una idealizzazione
quasi paradossale che donò ad esse una recezione
longeva.
Giacomo Fornari
17
Martedì 14 settembre – ore 20.45
Palazzo Benamati, Toscolano Maderno
L’Amore, il Piacere e gli Addii.
cantar sul liuto nell’Europa del primo ‘500
Francesco Canova da Milano (1497-1543)/
Johannes Matelart (? - 1604)
Nicolas Gombert (ca. 1495- ca.1560)
Josquin Desprez (ca. 1450-1521)
Josquin Desprez
Cristobal de Morales (ca. 1500-1553)
Claudin De Sermisy (ca. 1490-1562)
Clemens non Papa (ca. 1510-1555/56)
Clement Janequin (ca. 1485-1558)
Anonimo (ca. 1520)
Jacques Larcier (XVI sec.)
Clemens non Papa
Josquin Desprez
Nicolas Gombert
Johann Walter (1496-1570)
Anonimo (ed. 1556)
Francesco Canova da Milano/
Johannes Matelart
Philippe Verdelot (1470/80 -1565)
Giaches Da Ponte (XVI sec.)
Umberto Naich (XVI sec.)
Fantasia a due liuti
Assiste Parata
Per Illud Ave
Mille Regretz
Et in Spiritum Sanctum
C’est un grand tort
Languir me fault
Estoit une jeune fillette
Filles orsus a due liuti
D’Amour me plains
Adieu mon esperance
Alleges moi
Plus oultre a due liuti
Nun bitten wir den heyligen Geyst
Mein hertz hat sich mit
Fantasia a due liuti
Madonna qual certezza
Amor e gratioso
Canti di voi le lodi
Emanuela Galli
soprano
Franco Pavan
liuto rinascimentale
Gabriele Palomba liuto rinascimentale
18
Nel corso del sedicesimo secolo la pratica del cantare al liuto conobbe una grande diffusione in tutta l’Europa. Si trattò di una prassi che coinvolse
ceti e classi differenti, cogliendo interesse presso
le famiglie borghesi così come nelle corti. Il repertorio di quest’ultime è illustrato da raccolte manoscritte, appartenute a professionisti, mentre il repertorio di maggior diffusione è incluso nelle
stampe pubblicate nei principali centri urbani del
continente. Oggi la riproposizione di queste musiche è relativamente diffusa nelle sale da concerto;
meno conosciuta, anzi quasi negletta, è l’esecuzione del repertorio dedicato a due liuti e ad una voce. Questo tipo di formazione, documentata da
decine di composizioni e da numerose testimonianze d’archivio, si pone come un vero e proprio
exemplum di “concerto” cinquecentesco. Gli strumenti concertano, dialogano, infatti con la voce,
trasfigurando il possibile originale vocale e realizzando di fatto una nuova composizione. Il risultato è affascinante, poiché i due liuti possono ampliare il dettato musicale con nuovi soggetti, nuove invenzioni melodiche e polifoniche, mentre la
voce commenta con grazia ed eleganza. Risultato
sommo di questo processo sono le composizioni
del bergamasco Giovanni Antonio Terzi, date alla
luce nel 1593 e nel 1599. Nel corso di questo concerto cercheremo di risalire alla nascita di questo
repertorio, utilizzando in alcuni casi fonti inedite o
considerate ormai perse. Particolarmente preziose
per noi sono la stampa edita a Strasburgo da Wolff
Heckel nel 1556 e l’edizione curata da Hans Jacob
Wecker a Basilea nel 1552, entrambe recentemente
riscoperte. Ma la figura principale e che si pone al
centro della nostra ricerca è Pierre Phalèse.
Le stampe pubblicate dall’editore di Louvain Pierre
Phalèse fra il 1552 e il 1571 determinano infatti un
momento di grande importanza per la diffusione
della musica per liuto nel continente. Nell’ambito
delle centinaia di brani editi in queste monumentali antologie, veri e propri specimen di tutti i repertori nazionali, un ruolo particolare svolgono i
duetti. Spiccano per numero – 31 brani, una delle
collezioni di maggior peso dell’intero secolo – e
per la qualità e varietà della musica. Infatti possiamo trovare rappresentati tutti i generi coltivati dai
liutisti in quel periodo: le intavolature di opere vocali – mottetti, sezioni di messe, madrigali, chansons, canzonette. Alcune di queste composizioni
sono tratte direttamente da stampe edite in precedenza in altre nazioni, come la Spagna o la Germania, ma una buona parte fu pubblicata per la
prima volta proprio da Phalèse. Un’altra nota di
interesse è data dalla scelta degli abbinamenti degli strumenti, che possono essere accordati all’unisono, oppure alla seconda, alla quarta o alla quinta. Lo stile delle intavolature per due liuti di Phalèse è altrettanto vario, poiché l’editore di Louvain
presenta brani in cui un liuto è assoluto protagonista e svolge il compito di diminuire la parte mentre l’altro liuto lo sostiene eseguendo il tenor o
con un andamento accordale, ma anche brani nei
quali i due strumenti ricevono pari trattamento, o
ancora brani nei quali è possibile aggiungere il
concerto della voce.
Le antologie di Phalèse ci offrono così un ritratto
maturo e completo degli stile e della voga liutistica
del secolo d’oro del liuto, ed in particolar modo
della raffinata arte del duetto e del “concerto” dei
liuti e della voce.
Franco Pavan
19
Anonimo: Ritratto di Francesco da Milano. Dipinto.
Milano, Biblioteca Ambrosiana
Lunedì 27 settembre – ore 10.00
Martedì 5 ottobre – ore 10.00
Scuola Nikolajewka, Mompiano
Venerdì 14 ottobre – ore 20.00
Centro AUSER, Botticino Mattina
Sabato 15 ottobre – ore 16.00
Dipartimento Salute Mentale, Iseo
Fondazione “IS.PA.RO.”
LEZIONI CONCERTO
Ciclo di approfondimento didattico
“Invito al Concerto”
con la partecipazione di:
BRIXIA MUSICALIS
PICCOLO CONCERTO WIEN
ELISA CITTERIO
FRANCESCO LATTUADA
21
Venerdì 24 settembre – ore 20.45
Chiesa di Santa Maria degli Angeli,
Pralboino
Sabato 25 settembre – ore 20.45
Teatro Lucia, Botticino Sera
Domenica 26 settembre – ore 20.45
Pieve in Castello, Coccaglio
CELEBRAZIONI MARENZIANE
Lunedì 27 settembre – ore 20.45
Teatro San Carlino, Brescia
Lo specchio barocco
trascrizioni antiche e moderne
Francesco Saverio Geminiani (1687 – 1762)
Concerto Grosso n. 3 in do maggiore
per 2 Violini, Violoncello, Archi e B.C.
Dai “Concerti Grossi composti delli Sei Soli
della prima parte dell’ Opera Quinta
D’Arcangelo Corelli”
Adagio, Allegro-Adagio, Adagio, Allegro
Tommaso Albinoni (1671 – 1750)
Sonata a Quattro in mi minore
per Organo, Archi e B.C.
Dalla Sonata VIII op. 6 per violino e B.C.
elaborazione e trascrizione di Michele Barchi
Tommaso Albinoni
Concerto per Cembalo in la maggiore
Dalla Sonata XI op. 6 per violino e B.C.
elaborazione e trascrizione di Michele Barchi
Allegro, Adagio, Allegro
Johann Sebastian Bach
Concerto in sol minore
per Violino, Archi e B.C.
versione per violino del concerto per cembalo
BWV 1056
(Allegro), Largo, Presto
Grave, Allegro, Adagio, Allegro
Johann Sebastian Bach (1685 – 1750)
Concerto in mi bemolle maggiore
per Viola, Archi e B.C.
ricostruito da BWV 169, 49, 1053
da Wilfried Fischer
(Allegro), Siciliano, Allegro
BRIXIA MUSICALIS
Elisa Citterio
Barbara Altobello, Rossella Borsoni,
Carlo Lazzaroni, Nicholas Robinson
Elena Telò
Francesco Lattuada
Sara Bennici, Matteo Fusi
Michele Barchi
22
violino e direzione musicale
violini
violino e viola
viola
violoncelli
organo e clavicembalo
Il programma di questa serata prevede l’esecuzione
di musiche di alcuni fra i più noti musicisti nel panorama musicale europeo fra Seicento e Settecento,
quali J.S. Bach (Eisenach, 1685 - Lipsia, 1750), Francesco Saverio Geminiani (Lucca, 1687 - Dublino,
1762) e Tommaso Albinoni (Venezia, 1671-1750).
Si tratta di trascrizioni da materiale preesistente, poi
riadattato per un diverso organico strumentale o addirittura per un altro strumento solista.
La pratica della trascrizione era assai in uso in epoca barocca, laddove il mutamento di forma (ma
non di sostanza) determinava lo spostamento dell’attenzione non tanto verso l’ispirazione creativa (il
momento dell’invenzione), quanto verso l’arte del
ricostruire, ossia la perizia nel far rinascere una
stessa musica sotto sembianze diverse, mantenendone vivo il valore e la bellezza. Secondo i canoni
della musica poetica era infatti possibile utilizzare
differenti composizioni per diversi scopi, purché ne
venissero rispettati i lineamenti fondamentali e vi
fosse una piena corrispondenza degli affetti.
Quali musiche ascolteremo questa sera e, trattandosi di trascrizioni, chi ha trascritto da chi? Dando
uno scorcio al programma di sala, non si può far a
meno di notare un fatto curioso, ovvero che verranno eseguite: una trascrizione di un compositore
del Settecento (Geminiani) da musiche di uno fra i
più grandi capiscuola di quel tempo (Corelli); tre
trascrizioni di autori a noi contemporanei (Michele
Barchi e Wilfried Fischer) da musiche di compositori del passato (Albinoni e J.S. Bach); infine un concerto che Bach stesso trascrisse e riadattò da una
sua precedente composizione per altro strumento
solista.
Da qui si desume che questo “riciclo” di musiche
non prevede limiti di sorta, nella misura in cui colui
che trascrive può liberamente attingere sia da materiale proprio che da musiche altrui, non solo, ma
ancor oggi è possibile, rifacendosi ai principi strutturali ed estetici di quel tempo, creare nuove e interessanti trascrizioni.
La scuola di Arcangelo Corelli (Fusignano, 1653 Roma, 1713) ebbe grande risonanza in tutta Europa,
tantopiù che egli formò una moltitudine di allievi, i
quali a loro volta perpetrarono e diffusero gli insegnamenti appresi, dando vita al fenomeno del corellismo. In particolare fu l’Op. V (una raccolta di
sonate per violino e basso) a ispirare un gran numero di suoi discepoli e di autori a lui coevi, fra cui
si annoverano Veracini, Telemann e anche Geminiani, il quale intorno al 1726 trasformò quella medesima Op. V in una serie di concerti grossi, il terzo dei
quali apre il concerto di questa sera. Il maestro di
Lucca già ai tempi era da molti considerato il più
grande compositore vivente di questo genere, così
come testimonia Charles Burney nella sua Storia
della musica: questa sua trascrizione dell’op. V di
Corelli si pone quindi come interessante trasposizione per un diverso organico strumentale di un capolavoro musicale di grande estro e inventiva.
Di Albinoni, uno fra i primi eredi della scuola vivaldiana, ascolteremo una sonata a quattro e un concerto per cembalo, in origine ideati per violino e
basso continuo. La sonata a quattro è da considerarsi la protoforma del discorso musicale del Settecento, archetipo da cui poi derivarono due diverse
procedure compositive, l’una volta a sviluppare il
concetto di insieme (concerto e sinfonia), l’altra mirante a ridurre la compagine strumentale ad un solo
strumento solista o a una coppia di strumenti (concerto o sonata con accompagnamento). Michele
Barchi ha trascritto la sonata VIII op.6 per un organico di due violini e organo in modo tale da rendere più ricco il discorso armonico, senza che la melodia e il fraseggio della originaria composizione
perdano di brillantezza. Nel caso del concerto per
cembalo, ha saputo trarre dalla sonata IX op.6 un
concerto per strumento a tastiera, la cui caratteristica principale è quella di far esaltare la funzione del
solista in chiave sia di guida che di virtuoso.
Il concerto per viola, archi e basso continuo di
J.S.Bach è la ricostruzione di un concerto andato
perduto che il maestro di Lipsia aveva scritto di
proprio pugno e poi riutilizzato per un concerto
per cembalo (BWV 1053) e per tre movimenti di
cantata con organo obbligato (BWV 169 e BWV
49). Wilfried Fischer ha potuto ricostruire questa
musica consultando i manoscritti originali delle altre
due fonti a noi rimaste, laddove le numerose correzioni che Bach operò altro non testimoniano che si
tratti di trascrizioni. Alcuni fattori propriamente tecnici (quali il fatto che la ricostruzione della parte
del solista si mantenga sempre nell’ambito di due
ottave e mezzo, l’assenza di figure tipiche del linguaggio solistico - bariolage e arpeggi- per strumenti ad arco) fanno pensare che non si trattasse di
un concerto per violino solista, ma per viola: difatti
tali caratteristiche compaiono sovente nelle musiche bachiane per viola (Cantate e Concerti Brandeburghesi). Del concerto per violino in sol minore ci
è pervenuta al contrario la partitura originale, ovvero la trascrizione dal concerto per clavicembalo
BWV 1056. Bach aveva piena padronanza della
scrittura per strumento ad arco, in particolar modo
del violino (si ricordino i tre celebri concerti e le
Sonate e Partite per violino solo), sicché riuscì a tradurre in parte di violino solo quella che precedentemente era stata creata per uno strumento a tastiera, sfruttandone la diversa profondità espressiva e
mettendone in risalto il virtuosismo.
Cristiana Vianelli
23
Frontespizio originale dei Concerti Grossi di F.S. Geminiani.
Venerdì 1 ottobre – ore 20.45
Monastero di S. Pietro in Lamosa, Provaglio d’Iseo
CELEBRAZIONI MARENZIANE
Sabato 2 ottobre – ore 20.45
Teatro Comunale, Gottolengo
messer Vicenzo Capirola, gentil homo bresano
CONCERTO – SPETTACOLO
per Due Liuti e Voce Narrante
musiche e intavolature per liuti rinascimentali
Testi a cura di Marco Bizzarini
Luci e Spazio Scenico a cura di Andrea Gentili
Liuti
Voce Narrante
Evangelina Mascardi - Michele Carreca
Beatrice Faedi
25
Ottobre 2004. Sono passati quasi cinque secoli dall’epoca in cui Vincenzo Capirola scrisse le sue affascinanti composizioni per liuto. Il Rinascimento musicale ci appare oggi come un’epoca lontana, che
tuttavia è ancora in grado di affascinare ed emozionare il pubblico del terzo millennio. All’inizio
dello spettacolo si immagina che Vidal, allievo prediletto del Capirola, accompagni gli ascoltatori con i
suoi ricordi, le sue rivelazioni, i suoi pensieri. I testi
in prosa, che fanno da cornice al concerto, sono liberamente elaborati da fonti cinquecentesche e mettono in cortocircuito antico e moderno, italiano e
vernacolo, linguaggio musicale ed extramusicale,
registro serio e semiserio, dettagli informativi ed
emozioni pure, al fine di evocare il mondo remoto
in cui operò, con indubbio talento e geniale fantasia, l’antico gentiluomo bresciano.
Marco Bizzarini
Vincenzo Capirola
(1474-ca.1550)
Francesco Canova Da Milano
(1497-1543)
La vilanela
Non ti spiaqua lascoltar.moteto bello
Spagna a due lauti
Vincenzo Capirola
Recercar XIII.che solo mi sono bello.
Padovana belissima,descorda come sancta trinitas
Francesco Canova da Milano\
Johannes Matelart
( ? – 1604)
Fantasia VI a due liuti
Vincenzo Capirola
Alberto da Rippa
(ca. 1480-ca.1551)
Josquin des Pres
(ca. 1450-1521)
Recercar quinto
Vincenzo Capirola
Joanambrosio Dalza
(fl. XV sec.)
Vincenzo Capirola
Spagna tuta de fuge
Saltarello e Piva
***
***
Fantasia VII
Allegez mois
***
Ti…baleto da balar bello
Recercar sesto.belo,a zanna del contarinj solo
***
Vincenzo Capirola
Padovana alla francese, bella e aierosa
La musica di Vincenzo Capirola, originario di Leno
in provincia di Brescia, rappresenta un caso unico
nella letteratura per liuto della prima metà del ‘500,
sia per la veste grafica, cioè un manoscritto riccamente decorato a mano, sia per il contenuto musicale, sia per l’ampia introduzione in cui tratta la tecnica, le ornamentazioni ed alcuni accorgimenti pratici su corde e legacci.
Il manoscritto ha conosciuto recentemente una
grande diffusione tra i liutisti di tutto il mondo essendo una fonte importante per lo studio e la pratica del repertorio.
26
Il programma è composto di brani del Capirola o
da lui intavolati, per mano del suo allievo Vidal,
tra cui la bellissima “padoana descorda” in cui
l’autore trova effetti strumentali unici, i suggestivi
ricercare di tradizione improvvisativa, intavolature
di brani vocali, accostati a musica di liutisti contemporanei o della successiva generazione, come
J.A. Dalza, A. da Ripa, F. da Milano, tutti di area
lombarda, nel tentativo di cogliere la meraviglia di
un’epoca d’oro della musica in Italia.
Michele Carreca
Sabato 9 ottobre – ore 20.45
Teatro San Carlino, Brescia
Arcangelo Corelli
(1653-1713)
Sonata III Op.5 in Do Maggiore
Adagio, Allegro, Adagio, Allegro, Allegro
Tommaso Albinoni
(1671-1750)
dai “Trattenimenti Armonici”
Sonata VIII in mi minore
Grave, Allegro, Adagio, Allegro
Georg Friedrich Haendel
(1685-1759)
Aria con Cinque Variazioni dalla III Suite per clavicembalo
Johann Sebastian Bach
(1685-1750)
Sonata II per violino e cembalo obbligato in La Maggiore
BWV 1015
/ , Allegro, Andante un poco, Presto
Johann Sebastian Bach
Ciaccona dalla Partita II in Re minore per
Violino solo BWV 1004
Johann Sebastian Bach
Sonata III per violino e cembalo obbligato in Mi Maggiore
BWV 1016
Adagio, Allegro, Adagio ma non tanto, Allegro
Stefano Montanari violino
Valeria Montanari clavicembalo
27
Lunedì 11 ottobre – ore 18.00
Loggetta ex Monte di Pietà, Brescia
CONFERENZA
A cura di Officina Musicale
“Brescia e la liuteria barocca italiana”
relatore
Carlo Chiesa
28
PREMESSA
Durante gli ultimi 500 anni, gli strumenti musicali hanno subito una costante evoluzione che li ha
portati ad avere la fisionomia che oggi conosciamo. Questo processo di continua trasformazione, che
rispondeva ad una necessità di aumentare l’estensione degli strumenti, facilitarne l’emissione del suono,
ottimizzarne la resa acustica e perfezionarne l’intonazione, andava di pari passo con l’affinamento delle
tecniche costruttive, della lavorazione dei materiali, e con l’acquisizione di nuove cognizioni in campo
fisico-acustico.
È quindi molto problematico, nella quasi totalità dei casi,
definire quali siano le forme ‘classiche’ che possano
oltrepassare
determinati
limiti
temporali;
tuttavia
un’eccezione è rappresentata dalla famiglia delle viole da
braccio. Questi strumenti, disegnati dai grandi liutai lombardi
verso la metà del Cinquecento, hanno mantenuto, sia pure
con qualche eccezione relativa alla lunghezza della tastiera e
all’inclinazione del manico, la loro forma originale, senza
mutare nel tempo la loro morfologia sostanziale. Piuttosto,
nell’arco di 500 anni, solo alcune taglie di questa famiglia
sono sopravvissute, mentre altre sono state abbandonate per
motivi di natura diversa.
In particolare due taglie di violino sono state utilizzate almeno
per una buona parte del Seicento ed anche più tardi, ma sono
poi cadute in disuso né sono oggi utilizzate se non per scopi
particolari: il violino piccolo e la viola tenore.
1
Sul primo strumento esiste una bibliografia copiosa e recente ,
mentre occorre ancora far luce sulla storia e sulle tipologie di
utilizzo delle viole da braccio di grandi dimensioni. A questa
categoria appartiene la viola costruita da Antonio e Girolamo
Amati nel 1620.
ANTONIO STRADIVARI, VIOLA TENORE ‘MEDICEA’, 1690
1
Cfr. LICIA SIRCH, “«Violini piccoli alla francese» e «Canto alla francese» nell’Orfeo (1607) e negli «Scherzi musicali» (1607) di
Monteverdi”, in: Nuova Rivista Musicale Italiana, 1 (1981; CRISTINA MENZEL SANSÒ, Violini piccoli e violini piccoli alla francese, tesina per
il Corso di Organolgia, Università degli studi di Pavia, Scuola di Paleografia e Filologia Musicale, a. a. 1997-1998; MARGARET DOWNIE
BANKS, “The violino piccolo and other small violins”, in: Early Music, November (1990. Desidero ringraziare la professoressa Elena Ferrari
Barassi per avermi aiutato nel reperimento di una bibliografia aggiornata su questo argomento.
29
L’idea di un complesso omogeneo di strumenti appartenenti alla stessa famiglia, tipico della musica
rinascimentale, risponde all’esigenza di poter ricoprire l’ambitus dei consueti registri vocali, cioè canto,
alto, tenore e basso. Questa immagine appare molto ben radicata e correlata ad alcune famiglie di
strumenti (si pensi al consort di viole da gamba o di tromboni), mentre l’estensione alla famiglia di viole
da braccio rimane tuttoggi piuttosto inapplicata2.
Tra le numerose testimonianze documentarie, particolarmente interessanti risultano essere quelle delle
Scuole Grandi veneziane, le quali, quasi totalmente abbandonata l’originaria pratica ascetica, a partire
dal XV secolo investono denaro ed energia in fastose celebrazioni nelle quali la musica aveva un ruolo
3
predominante . A titolo esemplificativo riportiamo gli strumenti elencati un documento datato 10
luglio 1558, in cui vengono annotati i nominativi e l’organico completo di una compagnia di suonatori
4
assunti dalla Scuola Grande di San Marco :
Questi sono li sonadori [di violini] eletti:
per falseto, s[ignor] Piero
per sopran, s[ignor] Antonio
per alto, s[ignor] Francesco
per tenor, s[ignor] Piero
per basso, s[ignor] Andrea
per basson, s[ignor] Andrea
Documenti analoghi riportano quasi sempre formazioni a sei parti, designate secondo la consuetudine
rinascimentale con i nomi dei registri vocali corrispondenti, dove la parte acuta è affidata al falsetto e al
soprano, la parte mediana è affidata all’alto e al tenor, e la parte più grave al basso e al bassone.
Nessuna difficoltà presenta l’identificazione del soprano, corrispondente al moderno violino. Il falsetto
corrisponde invece ad una taglia ridotta di violino, probabilmente accordata una quarta sopra il violino
moderno; è lo stesso strumento chiamato violino piccolo da Claudio Monteverdi e menzionato
nell’organico di Orfeo, ma ancora utilizzato, tra gli altri, da Johann Sebastian Bach per il I Concerto
Brandeburghese (BWV 1046) e in alcune cantate5. Particolarmente esemplificativo per questa taglia di
2
Cfr. RODOLFO BARONCINI, “Il complesso di «violini»: diffusione, funzioni, struttura e «fortuna» di un assieme cinquecentesco poco noto,
in: Revista de musicologia, 6 (1993; DIETRICH KÄMPER, Studien zur instrumentalen Ensemblemusik des 16. Jahrhunderts in Italien, in
Analecta Musicologica, 10 (1970), traduzione italiana: La musica strumentale nel Rinascimento: studi sulla musica strumentale d'assieme in
Italia nel XVI, Torino, ERI, 1976.
3
Cfr. RODOLFO BARONCINI, “Contributo alla storia del violino nel sedicesimo secolo: i «sonadori di violini» della Scuola Grande di San
Rocco a Venazia”, in: Recercare 1 (1990)
4
5
30
Cfr. Baroncini, op. cit.
La Cantata n. 96, Herr Christ, der einge Gotteshon e la cantata n. 140, Wachet auf, ruft uns die Stimme
strumento, sia per lo stato di conservazione, sia per la struttura ancora completamente originale, risulta
essere lo strumento costruito dai fratelli Amati nel 1613 conservato presso lo The Shrine to Music
Museum6. Questa tipologia di violini, chiamati da Prætorius7 klein discant geig, risulta avere una
lunghezza della cassa di compresa tra i 23 e i 27 cm., tale da permettere un’accordatura più alta di una
quarta rispetto a quella del violino normale, e cioè, sempre secondo il trattato di Prætorius,
Il violino piccolo, modernamente ed in parte erroneamente definito pochette, rispondeva all’esigenza di
coprire un registro più alto di quello del violino ‘ordinario’ e offriva la
possibilità di eseguire parti altrimenti irrealizzabili prima che l’uso delle
posizioni acute diventasse una tecnica normalmente utilizzata sullo
strumento8.
Tornando all’elenco della Scuola grande di San Marco, troviamo altri quattro
strumenti: l’alto, il tenor, il basso (più spesso chiamato bassetto) e il bassone.
Risulta piuttosto scontato individuare nell’alto la viola contralto (cioè la viola
odierna); anche il bassone coinciderebbe con una tagli grande di violino (di
dimensioni maggiori rispetto al violoncello) e non mi sembra del tutto
plausibile identificare in questo strumento un ‘contrabbasso da gamba9’. I
rimanenti due elementi, cioè il tenore e il bassetto identificano invece due
taglie di strumento più grandi della viola e più piccole del moderno
violoncello, attualmente cadute in disuso, ma che rivestirono un ruolo
importante per un periodo di tempo che andò ben oltre il Cinquecento.
VIOLINO PICCOLO STRADIVARI (1717) E SUO RAPPORTO
CON UNA TAGLIA ORDINARIA DI VIOLINO
6
Due altri strumenti analoghi per dimensioni sono lo Stradivari del 1720 e il Guarnieri del 1735 conservati nella Schambach Collection
7
Cfr. MICHAEL PRÆTORIUS, Syntagma musicum. Vol II: De organographia, Wolfenbüttel, 1619
8
Cfr. DAVID D. BOYDEN, The history of violin playing from its origins to 1761 and its relationship to the violin and violin music, Oxford
University Press 1967.
9
Cfr. BARONCINI, op. cit. Mi sembra poco plausibile l’inserimento in una famiglia di strumenti omogenea l’introduzione di uno strumento
appartenente ad una tipologia differente.
31
Uno studio delle accordature e delle tipologie delle viole di grandi dimensioni risulta piuttosto
difficoltoso per molteplici ragioni, e in particolare perché in un’epoca in cui il diapason (pitch) poteva
essere estremamente variabile10, accordature distanti un tono tra di loro possono identificare invece un
medesimo risultato sonoro.
Credo sia comunque estremamente interessante una visione comparata di queste accordature, fornite
11
principalmente da tre teorici: Adriano Banchieri, Michael Prætorius e Ludovico Zacconi .
violino piccolo
violino
viola contralto
viola tenore / bassetto
basso di violino (violoncello)12
Del violino piccolo si è già parlato in precedenza; l’accordatura del violino è identica a quella moderna e
il fatto che Adriano Banchieri riporti anche un’accordatura in fa, distante un tono dall’ordinaria in sol
non ci deve stupire per i motivi di variabilità di diapason di cui si è detto. Anche l’accordatura della
viola contralto e del basso di violino sono identiche a quelle attuali, e lo stesso discorso fatto per le due
accordature del violino si può applicare a quelle del basso di violino.
10
Cfr. ALEXANDER J. ELLIS e ARTHUR MENDEL, Studies in the history of musical pitch, Da Capo Press 1968; BRUCE HAYNES, “Pitch in
northern Italy in the sixteenth and seventeenth centuries”, in: Recercare 1 (1994).
11
Le accordature riportate nella tabella compaiono nei seguenti trattati: LODOVICO ZACCONI, Prattica di musica,vol. I e II, Venetia, 1592
e 1622; ADRIANO BANCHIERI, Conclusioni nel suono dell'organo, Bologna, 1609; ADRIANO BANCHIERI, L'organo suonarino, Venezia, 1605;
MICHAEL PRÆTORIUS, Syntagma musicum. Vol II: De organographia, Wolfenbüttel, 1619
12
Dal momento che il termine ‘violoncello’ verrà usato solamente a aprtire dalla fine del Seicento, ed il termine ‘violone’ risulta troppo
vago, chiamerò col termine ‘basso di violino’ uno strumento con l’accordatura pressochè identica a quella del moderno violoncello, ma di
dimensioni maggiori.
32
Alcune considerazioni vanno invece fatte relativamente alle due accordature della viola tenore e del
bassetto. Se consideriamo l’estensione di ogni strumento, notiamo che le sole tre corde più acute
ricoprono esattamente un registro vocale corrispondente:
soprano - violino
contralto - viola
tenore - bassetto
basso - basso di violino
In particolare, il violino e il violino piccolo coprono l’estensione di un soprano, mentre la viola tenore
colma il divario tra la voce di contralto e quella di basso.
Se analizziamo la tabella con l’occhio del musicista o del liutaio del XXI secolo, potremmo banalmente
asserire che in realtà l’estensione della viola tenore è interamente coperta da quella del basso di violino
(per il registro grave) e dalla viola contralto (per il registro acuto), ma se mettiamo in relazione questa
taglia di strumento con le attuali conoscenze sulla storia della fabbricazione delle corde, capiremo la
ragione dell’esistenza della viola tenore e i motivi della sua scomparsa.
L’utilizzo standardizzato di corde di metallo sugli strumenti ad arco, escluso qualche tentativo
sperimentale, risale solamente alla metà del secolo scorso13; fino a quell’epoca il budello nudo era il
materiale normalmente usato per le tre corde più acute, mentre solo quarta corda utilizzava budello (e
in alcuni casi seta) rivestito di un filo d’argento o di rame. Nonostante sin dal 1670 si conoscesse
l’esistenza delle corde rivestite, questa tipologia di corde non venne utilizzata immediatamente: sulla
terza corda del violino venne adottata solamente nel secolo scorso, parallelamente alle corde di metallo
per creare uniformità nel passaggio di registro, mentre dall’inizio del XVIII secolo venne normalmente
utilizzata come quarta corda.
La necessità di utilizzare corde ricoperte nasceva dal fatto che corde di budello dai diametri troppo
grossi non producevano un timbro soddisfacente; era quindi necessario aumentare il peso specifico del
budello: già dalla seconda metà del XVI secolo, infatti, si conoscevano sistemi chimici che prevedevano
l’utilizzo del mercurio per migliorare le prestazioni acustiche di corde grosse.
13
I primi utilizzi delle corde di metallo sul violino risalgono all’ultimo decennio del XIX secolo, da parte degli americani Willy Burmeister
e Anton Witek. Nonostante gli indubbi vantaggi del metallo dal punto di vista della tenuta dell’intonazione, questo nuovo materiale non
venne utilizzato in Europa fino a dopo la II Guerra Mondiale, quando la difficoltà nel reperire budello di buona qualità convinse presto i
musicisti ad adottare corde in metallo. Il budello, comunque, venne sempre ritenuto da parte dei grandi violinisti, un materiale dalle
qualità sonore superiori: le registrazioni effettuate negli anni ‘40 da Jascha Heifetz dei grandi concerti per violino e orchestra utilizzano
ancora corde di budello.
33
Studiando le dimensioni degli strumenti della famiglia delle viole da braccio da questa prospettiva si
percepisce chiaramente come lo strumento sia ottimizzato proprio per l’utilizzo del budello come
materiale per le corde. Ma procediamo con ordine.
Quando una corda di un materiale qualsiasi viene progressivamente tesa tra due punti fissi (la lunghezza
vibrante), si giunge, ad un certo momento, ad un’altezza di frequenza in cui la corda si spezza di netto.
A parità di lunghezza vibrante, è possibile aumentare la frequenza di una corda variandone il diametro o
la tensione; queste due operazioni non sono però ripetibili all’infinito: infatti oltrepassando una
determinata tensione o scendendo sotto un certo diametro la corda si rompe. Dal punto di vista fisicoacustico, esiste un coefficiente, detto ‘indice di rottura di una corda’, che definisce, per una determinata
lunghezza vibrante, la frequenza massima ottenibile da una corda affinché questa non si spacchi.
L’indice di rottura varia a seconda del materiale del quale è composta la corda; per il budello ha un
valore di circa 220 Hertz per metro lineare14 .
La formula che mette in relazione la frequenza massima ottenibile (in Hertz), la lunghezza vibrante (in
metri) e l’indice di rottura è la seguente :
frequenza max. =
220
lunghezza vibrante
Da questa formula possiamo ricavare la lunghezza vibrante alla quale la corda si romperà di netto,
dividendo l’indice di rottura per la frequenza di intonazione richiesta:
lunghezza vibrante max. =
220
frequenza data
Considerando, ad esempio, la frequenza del cantino di una violino, per un ipotetico la corista
seicentesco di 415 Hz. (cioè mi4 = 622 Hz.), e ipotizzando un diapason dello strumento di 0,32 metri,
ecco che la lunghezza vibrante teorica in cui il cantino si spezzerà sarà pari a 35 cm: basta dividere
l’indice di rottura per la frequenza del mi. La scelta della lunghezza vibrante di lavoro dovrà considerare
un accorciamento prudenziale di questa lunghezza limite (da 35 cm a 32 cm.).
14
L’indice di rottura di una moderna corda di budello è compreso tra 220 e 290 Hz./ mt, pari ad una media di circa 260 Hz/mt cui
corrispondono appunto 34 Kg/mm2 di carico di rottura. Ciò sta a significare che alla lunghezza vibrante di un metro una corda si romperà,
almeno in via teorica, a 260 Hz.
34
Proviamo ora ad applicare la stessa formula matematica alla viola tenore e al basso di violino,
presupponendo come frequenza delle corde più acute (sempre con un corista a 415 Hz.) rispettivamente
311 Hz. (mi3) e 208 Hz. (la2):
Viola tenore:
220
= 0,70 m.
311
220
= 1,05 m.
208
Risulta subito evidente che i risultati ottenuti forniscono una valore di molto maggiore rispetto alla
lunghezza reale della corda vibrante della viola tenore e del basso di violino (rispettivamente e all’incirca
0,42 m. e 0,68 m.). Nella valutazione di questi risultati occorre infatti considerare un altro fattore:
mano a mano che una corda di budello aumenta di sezione – in condizioni di parità di tensione e di
lunghezza vibrante – questa raggiunge frequenze sempre più gravi, ma la resa acustica, dal punto di vista
della potenza sonora, della ricchezza di armonici e della persistenza di suono, si riduce sempre di più
fino a raggiungere – oltre certi calibri – livelli assolutamente insoddisfacenti. Volendo perciò
salvaguardare al meglio le prestazioni nel registro basso e non disponendo di altri materiali se non del
budello, l’unica strada percorribile dai liutai del tempo fu dunque quella di ricercare la massima
lunghezza vibrante. In questo modo si poteva infatti sperare di
ridurre il più possibile il diametro delle corde ed ottenere da loro
la migliore sonorità.
Il rapporto ideale tra l’estensione sonora e le dimensioni dello
strumento, che nel violino aveva trovato un’ideale applicazione,
non poteva essere utilizzato con altrettanto successo su strumenti
più gravi. Ciò avrebbe comportato la costruzione di strumenti
con
dimensioni
elevate,
difficilmente
utilizzabili
con
un’accordatura per intervalli di quinta, poco pronti all’agilità e al
virtuosismo. Comunque, fintato che non si arrivò a scoprire una
serie di tecniche atte a migliorare le prestazioni acustiche delle
corde basse (in una prima fase, come si è visto, attraverso l’
‘appesantimento’ chimico, poi con il rivestimento metallico)
l’utilizzo di taglie grandi di strumenti fu necessario per eseguire
le parti più gravi.
VIOLONCELLO ORDINARIO (A DESTRA) E IL VIOLONCELLO ‘MEDICEO’
35
In particolare la viola tenore (o bassetto) poteva coprire il registro più grave della viola contralto
utilizzando però le prime tre corde, acusticamente migliori, e contemporaneamente consentiva
l’esecuzione di una linea di basso agile e veloce, realizzabile con difficoltà su strumenti di grande
dimensioni. Questo basso ‘di velocità’ non era facilmente eseguibile sul basso di violino, normalmente
più grande di un moderno violoncello .
Comparando le estensioni dei singoli strumenti è possibile notare che il passaggio da una taglia a quella
più grave amplia l’estensione verso il basso solamente di una quinta o talvolta di una quarta:
Il vantaggio dell’aumento dimensionale non va quindi individuato esclusivamente nel guadagno di una
quinta (o una quarta) nelle note più gravi (sulla quarta corda), ma in un miglioramento acustico
generale delle corde centrali.
Il perfezionamento della tecnica costruttiva del budello, unitamente all’invenzione delle corde filate
portò ad una rapida estinzione della taglia tenore della viola. Da una parte, la viola contralto poteva
contare su di un registro grave efficiente dal punto di vista acustico, con una terza ed una quarta corda
ricche di armonici e dal volume equilibrato rispetto alle corde più acute. Dall’altro era possibile
costruire taglie basse di violino di dimensioni ridotte, che avrebbero portato, nel Settecento, alla nascita
del violoncello; questo strumento non poneva più i limiti del basso di viola, sul quale non era del tutto
agevole eseguire linee di basso agili e veloci a causa delle dimensioni, ed avrebbe permesso lo sviluppo di
una letteratura solistica importante per la copiosità e per la qualità.
Già dal Seicento, ma in particolare durante il XVIII, secolo si parlerà di viola tenore per indicare uno
strumento presumibilmente di taglia poco più grande di una viola contralto, accordata però come
quest’ultima; l’utilizzo di strumenti più grandi avrebbe infatti garantito un registro basso più potente,
utilizzando una lunghezza vibrante maggiore, necessaria fino all’avvento delle corde ricoperte.
36
La tendenza generalizzata e progressiva alla riduzione delle dimensioni delle viole, dovuta
principalmente a motivi di comodità esecutiva, sarà motivo di lamentela da parte di Richard Wagner
che caldeggiò l’introduzione nelle orchestre moderne di una viola di grandi dimensioni progettata dal
violista Hermann Ritter (1849-1926). Questo strumento, ‘inventato’ nel 1876 e chiamato viola alta,
aveva dimensioni simili alla viola tenore rinascimentale con una lunghezza della cassa di 48 cm, ed aveva
proporzioni di 3 a 2 rispetto al violino. Venne costruita a Wurzburg dal liutaio Karl Adam Hörlein
(1829-1902) e la sua introduzione nelle orchestre avrebbe dovuto rafforzare la debolezza del registro
centrale della sezione degli archi.
Nella revisione del 1905 del Grand Traité d’Instrumentation et d’Orchestration Modernes di Hector
Berlioz, il curatore, Richard Strauss, espresse opinione favorevole all’introduzione della viola di Ritter
nelle orchestre, ma senza risultati. La seconda metà del XIX secolo vide molti nuovi tentativi di
riprogettazione della viola, sia aumentandone le dimensioni per potenziarne la sonorità, sia riducendone
il disegno per facilitare l’esecuzione15. In questa ‘instabilità’ morfologica, dovuta essenzialmente
all’evoluzione della tipologia delle corde, va individuata la mancanza di una letteratura importante per
lo strumento solista, che, come ho illustrato, non è mai riuscito ad ottenere, se non in tempi recenti,
un’ottimizzazione delle prestazioni acustiche e della praticità esecutiva. La stessa causa, cioè
l’introduzione di corde più performanti, ha decretato la scomparsa della viola tenore, ed ha, almeno in
parte, condizionato un tipo di scrittura musicale a 4 parti, tipica della musica del barocco italiano.
15
Cfr. l’articolo, scritto nel 1969 da Hans Bender, ma mai pubblicato, reperibile esclusivamente su internet: HANS BENDER, The Tenor
Violin, www.angelfire.com/md2/customviolins/tenorviolin.html
37
Martedì 12 ottobre – ore 20.45
Salone della Civica Biblioteca Queriniana, Brescia
CICLO INTEGRALE DELLE SUITES DI J.S.BACH
PER VIOLONCELLO
Suite III in Do maggiore BWV 1009
Prélude, Allemande, Courante, Sarabande, Bourrée I e II, Gigue
Suite I in Sol maggiore BWV 1007
Prélude, Allemande, Courante, Sarabande, Menuet I e II, Gigue
Suite VI in Re maggiore BWV 1012
Prélude, Allemande, Courante, Sarabande, Gavotte I e II, Gigue
Gaetano Nasillo
Violoncello e violoncello piccolo
Con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura
Comune di Brescia
Ingresso ad inviti
38
LE SUITES PER VIOLONCELLO
Non sapremo mai perchè J.S. Bach scrisse le sue
Sei Suites per violoncello solo. Composte con ogni
probabilità per omaggiare uno dei due virtuosi di
corte a Köthen (Christian Bernhard Lünecke oppure
Christian Ferdinand Abel, violista da gamba ma anche esperto violoncellista), questi capolavori nascono quasi sicuramente per esigenze pratiche, potremmo forse essere addirittura in presenza di musica “didattica” (la prima edizione delle suites, edita nel
1824 da Janet e Cotelle e redatta da Pierre Norblin riporta curiosamente nel frontespizio l’indicazione
“six sonates ou etudes pour le violoncelle”).
Nacquero, quindi, questi sei capolavori tra il 1717 e
il 1723, quasi come pendant delle sei sonate e partite per violino solo.
Naturalmente non possiamo essere certi che invece
non si tratti di musica assoluta, ossia senza destinatario e scritta per puro furore creativo. Difficile sapere cosa spinse Bach a scrivere le sue suites per
violoncello e per quale motivo si dedicò a uno strumento ancora poco affermato dal punto di vista solistico, il contatto con i due virtuosi di corte deve
sicuramente averlo stimolato. In ogni caso colpisce
il fatto che Bach, che all’epoca era già un compositore affermato, difficilmente avrebbe scritto la bellezza di sei suites senza un’adeguato compenso, a
meno che non fossero composizioni destinate all’educazione della sua famiglia.
È stupefacente come il compositore dimostri profonda dimestichezza con lo strumento, sfruttando
appieno le posizioni della mano sinistra e le diversità timbriche delle varie corde, ampiamente utilizzate nei giochi di imitazione tra voci virtualmente
diverse e nelle figurazioni ritmiche più peculiari,
nelle sperimentazioni con la scordatura e nell’aggiunta di una quinta corda nel caso della sesta suite. Tutto questo farebbe pensare ad una grande familiarità con il violoncello, che va ben oltre la conoscenza dello strumento tramite i musicisti frequentati.
Strutturalmente queste suites seguono un’ordine
intrinseco che sottolinea un’ unità soggiacente ai
sei lavori. Bach voleva ovviamente che le suites
fossero considerate non come una serie arbitraria
di pezzi, ma come un ciclo sistematicamente concepito. Rispetto alle altre raccolte di suites bachiane, queste per violoncello sono le più consistenti
nella successione dei movimenti. Il modello base è
quello classico dell’epoca, che comprende allemanda, corrente, sarabanda, giga. A questi movimenti Bach aggiunge poi una coppia di danze, rispettando un disegno simmetrico che prevede nella I e II due minuetti, due bourrée nella III e IV e
infine due gavotte nella V e VI, il tutto preceduto
da un preludio libero a carattere improvvisativo
(fa eccezione il preludio della V suite, una vera
ouverture francese), secondo una pratica importata dalla Francia. Singolare è poi il caso della VI
suite, scritta per un violoncello a cinque corde. Si
tratta di uno strumento di taglia quasi normale a
cui è stata aggiunta una corda acuta supplementare - un mi al di sopra della prima corda - che dà
al violoncello un suono più brillante e al compositore la possibilità di sfruttare al meglio il registro
acuto anche con l’utilizzo di doppie corde, che altrimenti sarebbero di difficilissima esecuzione su
un violoncello normale.
In queste suites la natura monodica dello strumento - il fatto cioè che il violoncello non si presti,
se non in via eccezionale, all’esecuzione di più suoni contemporaneamente - viene trascesa da una
scrittura dalle implicazioni armoniche e polifoniche
di assoluta raffinatezza e complessità; il violoncello,
al pari del violino nelle analoghe composizioni, diviene capace, con geniali artifici compositivi (per
esempio l’alternanza tra le note del registro grave e
le note del registro medio-acuto dello strumento),
di creare l’illusione di due linee melodiche contemporanee.
Emozione e dottrina, arte e tecnica.
Gaetano Nasillo
39
Pagina autografa dalla copia delle Suites, di Anna Magdalena Bach.
Venerdì 15 ottobre – ore 20.45
Auditorium San Salvatore, Rodengo Saiano
CELEBRAZIONI MARENZIANE
OV’E’ CONDOTTO IL MIO AMOROSO STILE
La poesia del Petrarca in musica: il Madrigale
Per celebrare il 7° anniversario della nascita di Francesco Petrarca (1304 – 2004)
Cipriano De Rore
(1516 - 1565)
Crudele acerba inexorabil morte
Luca Marenzio
(1553 ca. - 1599)
Da “Madrigali a quatro, cinque et sei voci, Libro Primo” G. Vincenti, 1588
Se la mia vita – Pur mi darà (II parte)
Ov’è condotto il mio amoroso stile?
Da “Terzo libro de’ Madrigali a 5 voci” A. Gardano, 1582
Ohimè il bel viso – Per voi conven ch’io arda (II parte)
Da “Madrigali a quatro voci….Libro Primo” A.Gardano, 1585
Tutto’l dì piango – Lasso che pur (II parte)
Ahi, dispietata morte
Hor vedi, Amor
O bella man – Candido leggiadretto e caro (II parte)
Zefiro torna – Ma per me lasso (II parte)
Da “Quinto libro de’ Madrigali a 5 voci” Herede di G. Scotto, 1585
Due rose fresche – Non vede un simil par (II parte)
Da “ Nono libro de’ Madrigali a 5 voci” A.Gardano, 1599
Solo e pensoso – Si ch’io mi credo (II parte)
Claudio Monteverdi Da “Il sesto Libro de’ Madrigali a 5 voci” R. Amadino, 1614
(1567 - 1643)
Ohimè il bel viso
Zefiro torna e’l bel tempo rimena
ENSEMBLE VOCALE VENETO
Cristina Miatello - Lavinia Bertotti
Paolo Costa
Michele Da Ros
Andrea Favari
Soprani
Contralto
Tenore
Basso
41
Potrà forse stupire il fatto che uno dei grandi padri
del madrigale cinquecentesco non sia un compositore bensì un letterato e trattatista: Pietro Bembo.
Certo è che le sue Prose della volgar lingua (prima
edizione 1525) racchiudono concetti di poetica che
eserciteranno un influsso decisivo sulla musica profana di tutto il Cinquecento. Idea squisitamente
bembesca è quella relativa all’eccellenza assoluta
del Petrarca: le rime del Canzoniere dovevano costituire il modello imprescindibile per ogni poeta
italiano. Ed ecco che la straordinaria fortuna del
modello si estende immediatamente all’ambito della
musica vocale, tanto che la poesia del Petrarca - e
non quella di Dante - detiene il primato del maggior numero d’intonazioni da parte dei musici madrigalisti.
Pietro Bembo, reinterpretando in chiave moderna il
De oratore di Cicerone, illustra due categorie concettuali altrettanto presenti nella poesia e nella musica del Rinascimento: la gravità e la piacevolezza.
Gravi sono la dignità, la maestà, la magnificenza, la
grandezza. Piacevoli la grazia, la soavità, la vaghezza, la dolcezza, gli scherzi, i giuochi. E proprio il
Petrarca - conclude Bembo - «l’una e l’altra di queste parti empié maravigliosamente, in maniera che
scegliere non si può in quale delle due parti egli
fosse maggior maestro».
L’itinerario proposto dal concerto dell’Ensemble
Vocale Veneto è dedicato a tre sommi maestri del
madrigale in profonda sintonia con la poesia petrarchesca: Cipriano de Rore, Luca Marenzio e
Claudio Monteverdi. In Rore si attua una confluenza della tradizione polifonica fiamminga nell’alveo
ideologico degli umanisti italiani. La sua celebre
intonazione di Crudele acerba inexorabil morte
(seconda stanza della sestina doppia Mia benigna
fortuna) presenta soluzioni espressive d’avanguardia per un brano del medio Cinquecento, con intervalli melodici ampi e forti tensioni armoniche.
Predomina in questo madrigale una cupa, formidabile gravitas.
Nella ricca produzione di Marenzio, i versi del Petrarca rappresentano una costante fonte d’ipirazione, dagli anni giovanili sino alle raccolte più mature. Un meraviglioso equilibrio classico viene raggiunto nei madrigali a quattro voci del 1585: autentici capolavori sono Ahi dispietata morte, frammento di ballata percorsa da forti accenti patetici, e Ze-
42
firo torna, celebre sonetto che alla piacevolezza
delle immagini primaverili contrappone il disperato
sfogo del poeta. Ha carattere programmatico il singolare Libro de’ madrigali a quattro, cinque e sei
voci del 1588, dedicato al conte veronese Mario Bevilacqua, sensibile cultore di musica. Nella premessa, Marenzio dichiara di aver mutato maniera alla ricerca di una «mesta gravità». Tale svolta è sottolineata dalla seriosa intonazione della stanza petrarchesca Ov’è condotto il mio amoroso stile?. Procedendo in questo cammino si approda allo straordinario Nono libro de’ madrigali a cinque voci (1599),
pubblicato da Marenzio pochi mesi prima della
morte. Vi regna ancora Petrarca, anche se in apertura di libro, per dichiarare le intenzioni stilisticamente agguerrite del madrigalista, compare un’intonazione dantesca (Così nel mio parlar vogl’esser
aspro). Il celebre sonetto Solo e pensoso trova nel
maestro di Coccaglio una rappresentazione musicale di sbalorditiva efficacia: la lenta linea cromatica
del primo verso lascia già presagire l’armonia wagneriana della Tetralogia.
Che vi fosse un intimo, spirituale legame fra la
poesia del Petrarca ed i madrigali di Marenzio risultò evidente agli osservatori più attenti dell’epoca. Alessandro Guarini, figlio del poeta Battista,
nel dialogo Il farnetico savio (1611) paragonò Luzzaschi e Gesualdo, compositori noti per le loro
«durezze», a Dante, mentre Marenzio, maestro di
dolcezza, veniva piuttosto accostato al Petrarca.
Ma l’autore tenne a precisare che «la lode dell’uno
è senza il biasimo dell’altro, e come ciò non dee
dirsi del Luzzasco né del Marenzio, così tanto meno de’ duoi Poeti».
Con Marenzio pareva che l’arte madrigalesca applicata ai versi del cantore di Laura avesse raggiunto
vette insuperabili. Di quest’opinione, probabilmente, era anche il giovane Monteverdi, se esitò così
tanto prima di cimentarsi col Canzoniere e dunque
con i compositori delle precedenti generazioni. Al
maturo Sesto libro del 1614 appartiene il madrigale
Zefiro torna, già intonato trent’anni prima da Marenzio. Il rinnovato gusto melodico del XVII secolo,
incline ai tempi ternari di carattere danzante, conferisce alla pagina quel sapore irresistibile che è ormai tipico del primo Barocco.
Marco Bizzarini
Il territorio bresciano in una xilografia del XVI secolo.
In basso a sinistra, l’abitato di Coccaglio (Cagallium), paese natale di Marenzio.
A destra del fiume Mella, la città di Brescia (da E. Capriolo, Chronica de rebus Brixianorum, Brescia 1505).
Sabato 16 ottobre – ore 20.45
Chiesa di S. Antonio, Breno
Il Divertimento Concertante
Carl Stamitz
(1745-1801)
Quintetto concertante op.11, Nr. 1 in Es
a Oboe, 2 Viole, Corno e Basso
Allegro
Andante
Presto
Florian Leopold Gassmann
(1729-1774)
Divertimento in B
a due Viole e Violone
Allegretto
Andante
Menuetto, Grazioso
Allegro
Johann Michael Haydn
(1737-1806)
Divertimento in C, P 98
a Oboe principale, Viola e Violone
Allegro molto
Menuet – Trio
Aria. Adagio
Menuetto – Trio
Andante con Variationi
Presto
***
Florian Leopold Gassmann
Divertimento in Es
a due Viole e Violone
Allegretto
Andante
Menuetto, Grazioso
Allegro
Carl Stamitz
Quintetto concertante op.11, Nr. 3 in Es
a Oboe, 2 Viole, Corno e Basso
Allegro di molto
Andante moderato
Presto
PICCOLO CONCERTO WIEN
Alfredo Bernardini
Dileno Baldin
Johanna Gamerith
Francesco Lattuada
Roberto Sensi
44
oboe
corno
viola
viola
violone
Ma chi l’ ha detto che la musica da camera “è” il
quartetto per archi?
In questo programma ci sforziamo di dimostrare
che la ricchezza e la varietà degli organici cameristici è praticamente illimitata e, particolarmente ai
tempi di Karl Stamitz e Franz Joseph Haydn, il
quartetto rappresenta solo una delle possibilità a
disposizione di un compositore.
Contemporaneamente vengono presentati in concerto brani di musicisti oggi forse non notissimi,
ma che senza il loro lavoro di preparazione e codificazione di forme e linguaggio, non avrebbero
reso possibile il raggiungimento delle vette
espressive di Mozart, Beethoven o addirittura di
Schubert.
Il tutto viene proposto su strumenti storici o copie fedeli di strumenti antichi; questo per salvare anche il
caratteristico colore, equilibrio ed articolazione che
possiede la musica da camera dell’epoca.
Roberto Sensi
Concerto, particolare. Stampa (XVIII secolo).
Milano, Civica Raccolta Stampe Bertarelli
45
Lunedì 18 ottobre – ore 20.45
Chiesa dei SS. Filippo e Giacomo, Lonato
Suore Ancelle - Entrata da via Parolino
Il Divertimento Concertante
Franz Anton Hoffmeister
(1754-1812)
Quintetto in Es
a Corno, due Violini, Viola e Basso
Allegro
Rondo
Florian Leopold Gassmann
(1729-1774)
Divertimento in B
a due Viole e Violone
Allegretto
Andante
Menuetto, Grazioso
Allegro
Carl Stamitz
(1745-1801)
Orchesterquartett in F
a due Violini, Viola e Basso
Allegro assai
Andante, ma Allegretto
Presto assai
***
Florian Leopold Gassmann
Divertimento in Es
a due Viole e Violone
Allegretto
Andante Menuetto, Grazioso
Allegro
Carl Stamitz
Quintetto concertante op.11, Nr. 2 in E
a Violino, due Viole, Corno e Basso
Andante moderato
Rondeaux
PICCOLO CONCERTO WIEN
Dileno Baldin
Jen Ping Chien
Johanna Gamerith
Francesco Lattuada
Roberto Sensi
46
corno
violino
violino e viola
viola
violone
Venerdì 22 ottobre – ore 20.45
Chiesa della Madonna Scoperta, Lonato
La strada verso il Classicismo
Johann Baptist Wendling
(1723-1797)
Sonata in Mi minore per flauto e b.c.
Moderato, Andantino, Presto
C. Ph. E. Bach
(1714-1788)
Sonata in Fa minore Wq 57/6, per clavicembalo
Allegro assai, Andante, Rondò
Johann Gottfried Müthel
(1728-1788)
Sonata in Re maggiore per flauto e b.c.
Adagio, Allegro ma non troppo, Cantabile
***
Johann Baptist Vanhal
(1739-1813)
Sonata in Re maggiore op. 17 n. 1
Allegro moderato, Andante moderato, Allegretto
Anton Stamitz
(1754-1809)
Rondò capriccioso per flauto solo
Allegretto giocoso
Friedrich Wilhelm Heinrich Benda
(1745-1814)
Sonata in Mi maggiore op. 5 n. 3
Allegro, Siciliano, Rondò, Allegretto
Marco Brolli, flauto traverso
Francesca Bascialli, clavicembalo
47
Sabato 23 ottobre - ore 18
Varsavia, Istituto Italiano di Cultura
Ul. Marszakowska 72
CELEBRAZIONI MARENZIANE
PETRARCA E MARENZIO
Liriche petrarchesche nelle intonazioni di Marenzio e D’India
Luca Marenzio
(1553 ca. - 1599)
dal Libro Primo di Madrigali a 4 voci, Roma 1585
Non vidi mai dopo notturna pioggia
Ahi dispietata morte, ahi crudel vita
Fanciscus Bossinensis
(secc. XV-XVI)
dal Libro Primo, Venezia 1509
Che debbo far
Alberto da Mantova
(fl. XVI sec.)
Passi sparsi
Luca Marenzio
Zefiro torna, e ‘l bel tempo rimena
Ma per me, lasso, tornano i più gravi ( seconda parte)
Sigismondo D’India
(1580 ca. - 1629)
Musiche ad 1 e 2 voci- Libro Primo, Milano 1609
Io viddi in terra angelici costumi
Dal Libro Terzo, Milano 1618
Tutto il di piango
Alessandro Piccinini
(1566 - 1639 ca.)
Toccata Terza Cromatica
Sigismondo D’India
Voi che ascoltate
Or che il cielo e la terra
Dal Libro Terzo, Milano 1618
Emanuelea Galli
Gabriele Palomba
soprano
tiorba e liuto
Marco Bizzarini
relatore
Durante l’incontro verrà presentato il numero monografico Luca Marenzio i jego epoka (Luca
Marenzio e la sua epoca) della rivista edita dall’Instytut Sztuki Polskiej Akademii Nauk «Muzyka»,
XLVIII/4 (2003), a cura di Barbara Przybyszewska-JarmiÒska, con contributi di Marco Bizzarini,
Zofia DobrzaÒska-FabiaÒska, Aleksandra Patalas, Tomasz Jeø, Karolina Targosz.
48
Frontespizio dell’edizione postuma delle Villanelle di Luca Marenzio,
tradotte in tedesco da Valentino Hausmann Gerbipol e pubblicate a Norimberga nel 1606.
(Wolfenbüttel, Herzog - August Bibliothek).
Sabato 30 ottobre – ore 20.45
Auditorium S. Giovanni Battista, Coccaglio
CELEBRAZIONI MARENZIANE
Armonia e invenzione nel ‘700 tedesco
G.Fr. Haendel
(1685-1759)
Sonata in Re maggiore HWV 378
per flauto traverso e b.c.
Adagio, Allegro, Adagio, Allegro
G.Ph. Telemann
(1681-1767)
Fantasia per flauto solo in Re minore
Dolce, Allegro, Spirituoso
Fantasia in La maggiore
Vivace, Adagio, Allegro, Allegro
C.Ph.E. Bach
(1714-1788)
Sonata in Do maggiore Wq.149
per flauto traverso e cembalo obbligato
Allegro di molto, Andante, Allegretto
***
G.Ph. Telemann
(1681-1767)
Sonata metodica in Sol maggiore
per flauto traverso e b.c.
Cantabile,Vivace, Mesto, Spirituoso
J.S. Bach
(1685-1750)
Ciaccona dalla Partita n. 2 in Re min. BWV 1004
per violino solo
(trascrizione per clavicembalo di Stefano Demicheli)
J.S. Bach
Sonata BWV 1030 in Si minore
per flauto traverso e cembalo obbligato
Andante, Largo e dolce, Presto, Allegro
Marcello Gatti:
Stefano Demicheli:
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traversiere
clavicembalo
Molti compositori tedeschi del XVIII secolo si sono
apertamente confrontati con modelli stilistico-musicali di matrice italiana (a partire da Arcangelo Corelli) elaborando proprie varianti ed elaborazioni.
Questo programma sigla una sintesi parziale dei
percorsi individuali di alcuni tra i più importanti
protagonisti di questa epoca, ispirati dalla combinazione tra flauto traverso e clavicembalo, strumenti
particolarmente amati nell’area tedesca.
Fin da quando si stabilì definitivamente a Londra
nel 1712, Georg Friedrich Haendel si dedicò principalmente alla sua grande passione: l’opera. Ciò
malgrado per assolvere ai suoi impegni con i nobili
londinesi si occupò alacremente anche di musica
strumentale orchestrale e cameristica.
Le sue sonate “in stile italiano” per flauto dolce, traverso, violino, oboe, riscossero subito un incredibile successo, anche se pubblicate inizialmente dall’editore Walsh senza il permesso dell’autore.
La perfetta struttura delle sonate di Haendel e anche quelle di Telemann alterna una successione di
quattro tempi: un primo movimento lento introduttivo, con intensa e cantabile melodia e armonie
espressive; un secondo tempo veloce, attivo, virtuoso, alcune volte fugato; un terzo tempo lento lirico,
intimo, riflessivo; un quarto che di solito è una danza leggera o veloce.
La combinazione di una lunga vita e di una fonte di
ispirazione senza fine, rese possibile a Georg Philipp Telemann di lasciare ai posteri un grandissimo
patrimonio di composizioni musicali.
Egli sperimentò praticamente ogni genere, ma praticando in particolare la musica da camera e anche
le composizioni “senza basso”, come le 12 Fantasie,
che ora ricoprono un ruolo straordinario nel repertorio flautistico.
La doppia raccolta comprendente 12 “Sonate Metodiche” rappresenta invece un passo molto importante nella storia della musica per il suo intento didattico riguardo l’ornamentazione. In tutti i primi
movimenti delle sue sonate sono riportati come
suggerimento esecutivo, abbellimenti che si distinguono per eleganza e efficacia espressiva.
Interessante quello che J.J. Quantz grandissimo teorico e flautista alla corte di Federico il Grande di
Prussia, scrisse in proposito: “é facilissimo per
chiunque “distruggere” l’intera atmosfera di un adagio aggiungendo ornamentazioni e abbellimenti
scelti male o di cattivo gusto”.
“Sono tutti musicisti nati!” disse orgogliosamente Johann Sebastian Bach a proposito dei suoi figli.
Sicuramente Carl Philipp Emanuel, secondo figlio di
Johann Sebastian, fu uno dei più grandi e soprattutto partecipò attivamente alla trasformazione stilistica
tra il tardo barocco e l’”Empfindsamer Stil”(stile sensibile).
Lavorò tra il 1749 e il 1767 a Berlino presso la
corte del re flautista Federico il Grande come accompagnatore al clavicembalo, in non sempre facili condizioni per la differenza tra il suo gusto
musicale e quello abbastanza conservatore del re
di Prussia.
La sonata Wq. 149 per flauto e cembalo obbligato
riflette una atmosfera musicale molto diversa da
quella della corte e anche dalla musica del padre
Johann Sebastian.
Pur utilizzando modelli e schemi di lunga tradizione , C.Ph.E. riesce a incorniciare i tre movimenti in
una combinazione di fiero, sfrenato, sperimentatore
virtuosismo inserendo nel secondo tempo una oasi
di elegiaca cantilena che quasi prelude allo “Sturm
und Drang”.
La sonata in si minore BWV 1030 di Johann Sebastian Bach rappresenta un punto di riferimento monumentale all’interno del repertorio bachiano per
uno strumento e cembalo obbligato.
E’ sicuramente la più complicata e più “irregolare”
tra tutte le altre sonate, infatti normalmente una sonata con cembalo obbligato consisteva in una “triosonata” in cui il cembalo prendeva due voci (una
per la mano destra come strumento melodico e una
per la mano sinistra come linea del basso). In questa sonata invece la mano sinistra perde il ruolo
subordinato di basso continuo.
I quattro movimenti hanno ognuno eccezionalmente un carattere e una scrittura differenti.
L’andante lungo e complicato comincia come un
doppio concerto dove “tutti” e “soli” sono chiaramente divisi in varie sezioni. Dopo l’esposizione gli
elementi sono sempre più intrecciati insieme, in un
intenso crescendo continuo.
Dopo un suono quasi orchestrale, nel Largo e Dolce, Bach riduce la strumentazione “virtuale” scrivendo in pratica una siciliana per flauto e basso continuo, riccamente ornamentata e armonicamente perfettamente integrata tra le parti dei due strumenti.
Nel Presto aggiunge una nuova voce, si tratta proprio di una vera fuga a tre voci seguita poi immediatamente da una sorta di Giga (Allegro in 12/16!) dove
i strumenti conversano sincopando nervosamente.
Qua “finalmente” compare una scrittura tipica della
triosonata.
Marcello Gatti
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DATA DA DESTINARSI – ore 20.45 Brescia
GEORG FRIEDRICH HAENDEL (1685-1759)
Arie d’Opera e Concerti
Concerto Grosso op.3 n.5 in re minore
da “Rinaldo”
Grave, Fuga allegro, Adagio, Allegro
ma non troppo, Allegro
Sinfonia
recitativo “Qui con note innocenti”
aria “Cor ingrato”
da “Tolomeo“
recitativo “Inumano fratel”
aria
“Stille amare”
Marcia in re maggiore
aria “Abbrucio, avvampo e fremo”
da “Rinaldo”
Concerto Grosso op.6 n.1 in sol maggiore
Ouverture
Largo, Allegro, Largo, Giga
aria “Venti, turbini”
A tempo giusto, Allegro, Adagio, Allegro, Allegro
CONCENTUS CAELESTIS
Andrea Arrivabene
Giovanna Fabiano
Raffaello Negri
contralto
clavicembalo
violino primo concertatore
In collaborazione con il Conservatorio
‘Luca Marenzio” di Brescia
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Concerto grosso op.3 n.5
La musica strumentale “nello stile italiano” era assai popolare in Inghilterra, e l’editore londinese John Walsh,
desideroso di rinnovare i successi precedentemente ottenuti con una serie di sonate e concerti di Corelli, Albinoni, Vivaldi e Geminiani, manda in stampa nella
primavera del 1734 i Concerti Grossi Op. 3, prima raccolta di composizioni orchestrali mai pubblicata di
Haendel. In precedenza Walsh aveva già dato alle
stampe sonate di Haendel (catalogate poi come Op. 1
e Op. 2) con il nome di un altro editore poiché probabilmente non aveva chiesto il consenso al compositore.
Pare comunque assai improbabile che Haendel abbia
collaborato personalmente all’edizione dell’Op. 3 nella
forma pubblicata da Walsh nel 1734. Il responsabile
della scelta e dell’ordinamento dei brani dell’Op. 3 fu
quasi certamente l’editore stesso. Prove evidenti che
più della metà dei movimenti provengono da opere risalenti, in certi casi al periodo passato da Haendel a
Hannover, non tolgono nulla al valore del ciclo. Si può
dire anzi che contribuiscono alla varietà di strumentazione e di stile: dalla scuola italiana a allo stile francese, non c’è un concerto uguale all’altro nell’orchestrazione. Il n.5 sembrerebbe invece una composizione integra, dato che si trova in un’autorevole raccolta di manoscritti di musica strumentale di Haendel datata 1727.
Il primo, il secondo e il quarto tempo del concerto sono tratti dall’ ouverture del “Chandos Anthem” n° 2: “In
the Lord I put my trust”. Haendel ha raccolto in questo
concerto alcuni dei suoi brani migliori scritti per il Duca di Chandos, aggiungendovi anche del materiale inedito. Ne risulta una partitura che sta a metà strada fra il
complesso da camera del Duca e la grande orchestra
da opera: il concerto prevede una parte solista per
oboe e nessuna parte indipendente per viola. Esecutore ideale è quindi un insieme strumentale di dimensioni medie.
Concerto grosso op.6 n.1
A quel tempo era consuetudine offrire dei concerti strumentali all’interno dei programmi che prevedevano importanti lavori vocali come serenate, odi, oratori; fu
probabilmente anche per rispondere alla domanda di
nuovi concerti per queste occasioni che Haendel, compose tra il 29 settembre e il 30 ottobre 1739 (esempio
della famosa celerità compositiva) i Twelve Grand Concertos in Seven Parts, Op. 6. Nei dodici concerti appare
l’influenza di Arcangelo Corelli: già nel fatto che siano
titolati come Opera Sesta, si manifesta l’omaggio all’omonima raccolta del maestro italiano uscita postuma
nel 1714, (Haendel in gioventù aveva lavorato a Roma
con Corelli ed evidentemente ne ammirava ancora lo
stile classico). Nei concerti Op. 6 convivono forme tradizionali e caratteri moderni: la tradizione appare nell’osservanza di parecchie regole dettate da Corelli: tutti
i 12 concerti iniziano con un movimento moderato, seguendo la forma dei concerti “da chiesa”. Haendel, come il suo amico Telemann, segue l’esempio di Corelli,
mentre Bach seguirà Torelli e Vivaldi che cominciano
sempre con un movimento rapido. Haendel conosceva
bene le forme strumentali tradizionali e volendo assecondare i gusti del suo pubblico londinese, conservatore, (che prediligeva i canoni tradizionali imposti da Co-
relli e Geminiani), non seguì l’esempio dei compositori
veneziani, come Vivaldi ed Albinoni, che avevano abbandonato l’originaria forma del concerto grosso preferendo uno schema a tre soli movimenti veloce-lento-veloce. Il Concerto n.1 è uno dei più animati della raccolta: inizia con: A tempo giusto, (“con orgoglio e alterigia” recita il giudizio del Burney). Segue un Allegro imperioso dalla vivacità inesauribile. L’Adagio è quasi un
duetto d’amore italiano tra il concertino e il tutti. Il successivo Allegro è una fuga il cui soggetto cambia letteralmente direzione a metà del movimento. L’Allegro finale svanisce poco dopo una fuga veloce ed energica.
Vi confluiscono arie di danza che sembrerebbero richiamare la Sonata in sol maggiore K.2 di Scarlatti.
Rinaldo
Nel 1710, a Londra, in pochi sapevano chi fosse
Haendel, ma non tardarono a scoprirlo, perché già dopo poche settimane dal suo arrivo Haendel (compositore giusto per trapiantare l’opera italiana a Londra) fu
incaricato di musicare una nuova opera in italiano per
il Queen’s Theatre, e il 24 febbario 1711, andò in scena
Rinaldo. Quest’opera fu un autentico trionfo, e fece
sensazione, anche perché secondo le testimonianze del
tempo, la sfarzosa messa in scena utilizzava molti effetti a sorpresa. La scorrevolezza melodica delle arie entusiasmarono il pubblico e divennero subito popolari:
l’editore John Walsh si affrettò a pubblicare nell’aprile
del 1711 le Arie tratte dall’opera trascritte per voce e
clavicembalo. La sceneggiatura fu affidata ad Aaron
Hill, che unì elementi da La Gerusalemme liberata di
Tasso, da l’Orlando furioso di Ariosto, e della leggenda
di Armida. Il libretto, in italiano, fu realizzato da Giacomo Rossi, insegnante di italiano a Londra, e «poeta ufficiale» del teatro, qui alla sua prima esperienza. A dispetto della composizione affrettata e della riutilizzazione di musiche precedentemente composte, Rinaldo è
certamente una delle migliori opere di Haendel. Fin
dall’ampia ouverture la musica scorre e affascina. Fra le
Arie ci sono molte tra le più belle melodie di Haendel.
L’orchestra è trattata con una maestria mai udita a Londra fino a quel momento. Rinaldo fu il successo della
stagione, registrando il tutto esaurito per quindici repliche tra il febbraio e il giugno 1711, e fu il maggior successo in assoluto nella vita di Haendel (53 repliche
complessive in sei diverse stagioni, con due ristampe
del libretto). Il grande favore che riscontrò fu anche
merito dell’interpretazione di famosi cantanti come i
castrati Nicolini e Senesino. Rinaldo fu l’inizio di un periodo di grande entusiasmo per la musica di Haendel
da parte del pubblico londinese, e spianò la strada alla
sua carriera e nello stesso tempo al futuro dell’opera
seria in Inghilterra.
Tolomeo
Il Tolomeo, Re d’Egitto, fu rappresentato nel 1728. Il libretto di Nicola Haym prese spunto da Tolomeo e
Alessandro di Carlo S. Capece. Peculiarità di quest’opera sono i recitativi, pochissimi, probabilmente accorciati
per soddisfare il gusto del pubblico inglese. Molte invece sono le arie accattivanti e scene di carattere elegiaco e pastorale.
Giovanna Fabiano
53
The Charming Brute. Caricatura di Georg Friedrich Haendel.
Giovedì 4 novembre – ore 18.00
Auditorium di Santa Giulia, Brescia
CONFERENZA
A cura di Officina Musicale
Gli strumenti musicali nel Museo della Città
“ I contrabbassi barocchi”
relatore
Duane Rosengard
Esposizione straordinaria dei Contrabbassi del Museo
Con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura
Comune di Brescia
55
Giovedì 4 novembre – ore 20.45
Auditorium di Santa Giulia, Brescia
CICLO INTEGRALE DELLE SUITES DI J.S. BACH
PER VIOLONCELLO
Suite II in Re minore BWV 1008
Prélude, Allemande, Courante, Sarabande, Menuet I e II, Gigue
Suite IV in Mi bemolle maggiore BWV 1010
Prélude, Allemande, Courante, Sarabande, Bourrée I e II, Gigue
Suite V in Do minore BWV 1011
Prélude (Fuga), Allemande, Courante, Sarabande, Gavotte I e II, Gigue
Paolo Beschi
Violoncello
Con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura
Comune di Brescia
57
Sabato 6 novembre – ore 18.00
Auditorium di Santa Giulia, Brescia
CONFERENZA-CONCERTO
A cura di Officina Musicale
Gli strumenti musicali nel Museo della Città
“Gli strumenti a pizzico”
Tiziano Rizzi
relatore
Ugo Orlandi
Pietro Prosser
mandolino
arciliuto, tiorba e mandora
La prenotazione obbligatoria del biglietto d’ingresso
dà diritto anche alla visita al Museo
Con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura
Comune di Brescia
FONDAZIONE
59
Domenica 7 novembre – ore 16.00
Auditorium di Santa Giulia, Brescia
CONFERENZA-CONCERTO
A cura di Officina Musicale
Gli strumenti musicali nel Museo della Città
“Le montature storiche per strumenti ad arco
ed il dilemma filologico: quali soluzioni?”
Filippo Fasser - Mimmo Peruffo relatori
Con un intervento musicale di
BRIXIA MUSICALIS
La prenotazione obbligatoria del biglietto d’ingresso
dà diritto anche alla visita al Museo
Con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura
Comune di Brescia
FONDAZIONE
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Martedì 9 Novembre – ore 20.45
Chiesa di S. Gaetano, Brescia
CONCERTO DI CHIUSURA
III CENTENARIO DELLA MORTE DI HEINRICH IGNAZ FRANZ von BIBER
(1644-1704)
HARMONIA ARTIFICIOSA-ARIOSA DIVERSIMODO ACCORDATO
Antonio Caldara
(1670 – 1736)
Ciacona B-Dur
für zwei Violinen und Basso continuo
Heinrich I.F. Biber
(1644 – 1704)
Partia I d-moll aus Harmonia Artificiosa-Ariosa
für zwei Violinen und Basso continuo
Sonata (adagio-presto), Allemande, Gigue: Variatio I & II, Aria,
Sarabande: Variatio I & II, Finale
Johann Caspar Kerll
(1627 – 1693)
Chaconne d-moll
für Cembalo solo
Heinrich I.F. Biber
Partia III A-Dur aus Harmonia Artificiosa-Ariosa
für zwei Violinen und Basso continuo
Präludium, Allemande, Amener, Balletto,
Gigue, Ciacona
Philipp van Wichel
(ca. 1610 – 1675)
Ciacogna C-Dur aus “Fasciculus Dulcedinis” 1678
a 2 Violini und Basso continuo
Heinrich I.F. Biber
Partia V g-moll aus Harmonia Artificiosa-Ariosa
für zwei Violinen und Basso continuo
Intrada, Aria, Balletto, Gigue, Passacaglia
Partia VI D-Dur aus Harmonia Artificiosa-Ariosa
Präludium, Aria: Variatio I-XIII, Finale
MUSICA ANTIQUA KÖLN | REINHARD GOEBEL
STEPHAN SCHARDT | Violine J. Rogeri Brescia 1713 & Jacobus Stainer, Absam 1677
REINHARD GOEBEL | Violine Jacobus Stainer, Absam 1645 & Jacobus Stainer, Absam 1665
KLAUS-DIETER BRANDT | Violoncello nach G. B. Montagnana, R. Hargrave 2000
LÉON BERBEN | Cembalo nach Couchet, W. Kroesbergen 1996
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“Il Concerto”
da Domenichino (Francia, XIX sec.)
La raccolta di sette partite per due violini e basso continuo (Trio-Partita) di Heinrich Ignaz Franz von Biber,
Harmonia artificioso-ariosa, fu pubblicata per la prima
volta in tre volumi nel 1696, e successivamente nel 1712
dopo la morte dell’autore. Il titolo completo della raccolta, composta per tutti gli strumenti ad arco da braccio - violino, viola e viola d’amore -, fu in origine “aria
artistica come eufonia in diverse accordature”. E’ rilevante, sicuramente, che la figlia di Biber, Anna Magdalena, prese i voti sotto il nome di Rosa Henrica quando il
primo volume fu pubblicato per la prima volta; grazie al
suo virtuosismo nel suonare il violino e la viola d’amore, arricchì di musica il convento di Nonnberg. Biber
dedicò tutti i suoi componimenti alla figlia quando lei
entrò nell’ordine benedettino, ma quando prese parte
alla corte dell’arcivescovo di Salisburgo, Johann Ernst,
Conte Thun, l’edizione del 1696 fu ufficialmente dedicata al suo padrone.
La stampa della prima edizione, molto costosa perché
incisa su rame, fu riutilizzata per la nuova edizione otto anni dopo la morte di Biber. Pochissime copie di
entrambe le edizioni sono state recuperate, rendendo
impossibile un rapporto sulla diffusione del lavoro.
Tuttavia la storia può essere ricostruita con precisione:
Telemann basò il movimento iniziale del suo quartetto
in Sol minore TWV 43: g4 per flauto, violino, viola da
gamba e basso continuo, su due motivi dall’Allemanda
della quarta partita. Anche Johann Sebastian Bach deve aver conosciuto le raccolte di Biber, benché in questo caso l’influenza è meno marcata. Bach non scrisse
suite per trio, e non utilizzò la tecnica della scordatura
che Biber sfruttò nell’Harmonia artificiosa accordando
gli strumenti per raggiungere sonorità particolari. Non
poté resistere alla tentazione di utilizzare il double, tecnica ripetutamente usata da Biber, così i doubles nella
sua Partita in Si minore per violino solo BWV 1002 includono non solo elementi strutturali ma anche difficoltose diteggiature tipiche di Biber. Nell’ultima delle
sei Suite per violoncello solo BWV 1012, Bach utilizza
un violoncello a cinque corde, uno strumento che, come la viola d’amore nella Partita n°VII di Biber, sembra appartenere a un museo di strumenti musicali o almeno ad una vetrina di curiosità. Ma il fatto che Bach
abbia utilizzato questo strumento è la prova che la sua
conoscenza dell’Harmonia artificiosa di Biber fu soltanto marginale.
Benché pubblicata precedentemente nelle serie Denkmäler der Tonkunst Österreichs (DTÖ), l’Harmonia artificiosa dovette aspettare molti anni per essere eseguita
visto che i violini moderni non consentono l’uso della
scordatura: le moderne corde d’acciaio Mi suonano al
massimo come un paio di bretelle se vengono scordate
in Re, mentre le moderne corde Sol, se accordate 1 o
anche 2 toni più alti, potrebbero causare la letterale
esplosione dello strumento.
L’utilizzo della scordatura, fa si che le accordature tradizionali associate a differenti tonalità non abbiano un
ruolo importante in questo componimento. Ne possono
le tonalità delle diverse Partite – Re minore, Si minore,
La maggiore, Mi bemolle maggiore, Sol minore, Re maggiore e Do minore – provvedere a dare una struttura alla composizione. Anche tra gli appassionati di musica
antica, il lavoro – una serie di pezzi molto complessi –
è fallito, siccome le performance richiedono non solo
un apprezzabile numero di strumenti adeguati, ma anche due violinisti di ugual bravura, entrambi preparati a
collaborare. Entrambe le parti di violino sono assolutamente uguali. Questo non è chiaro fin da quando gli
editori della DTÖ non si accorsero che nell’edizione del
1712, che servì come base per la nuova edizione, le
parti erano state mischiate alla fine del Preludio della
Seconda Partita, con il risultato che il primo Violino aveva la parte del Secondo e viceversa. Solo dopo la scoperta di una copia del 1696 nella libreria dei Conti di
Schönborn-Wiesentheid l’errore poté essere corretto.
Come nelle Sonate del Mistero o Sonate del Rosario,
che non furono pubblicate fino al 1898, è la tecnica della scordatura che accomuna tutta la raccolta con la sua
forma ciclica che riesce a dare ad ogni Partita una diversa e particolare sonorità. Biber stabilisce lo schema nelle
prime cinque Partite, così che l’accordatura tradizionale
in quinte che si trova nella Partita VI dà quasi l’impressione di essere una scordatura speciale, mentre la Settima Partita per due viole d’amore può essere considerata
come un esempio di “finis coronat opus”. La distribuzione dei ruoli tra i diversi strumenti sembra allo stesso
modo casuale e non si intravede una struttura. Per
quanto riguarda il contenuto, per contrasto, i sette brani
sono collegati tra di loro, fatta eccezione per la il IV in
cui il tema è trattato in modo diverso: come una Ciacona “in canone”, a passacaglia, un aria, un arietta variata
e un double.
Il fiorire della concorrenza italiana durante gli ultimi anni
della sua vita deve aver persuaso Biber a cercare di ridefinire la sua posizione artistica tramite un lavoro definitivo. Come Bach scrisse la sua Offerta Musicale - un lavoro completamente fuori moda – nel 1747, quando anche
lo stile galante di Telemann era largamente sorpassato,
Biber tentò con l’Harmonia artificiosa di esporre il suo
credo musicale di fronte non solo al trio sonata Italiana,
con le sue illogiche terze, ma anche verso lo stile francese rappresentato dal suo rivale, Georg Muffat.
La raccolta di sonate di Biber e la sua Harmonia artificiosa sono lavori di grande qualità violinistica e di composizione. La complessità con cui le strutture interne ed
esterne si legano fra loro costituisce la condizione imprescindibile per le successive opere di Bach. Sebbene
ancora oggi sia difficile dimostrare che Bach conoscesse
l’Harmonia artificiosa, Biber rimane una costante presenza nel panorama dei compositori del diciottesimo secolo, includendo – possiamo asserire – compositori come Bach che considerò fondamentale tenere forti legami con le tradizioni già esistenti.
Reinhard Goebel
(trad. Pietro Emanuele Bracchi)
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CURRICULA ARTISTI
Elisa Citterio
Ha compiuto gli studi musicali presso il Conservatorio “L. Marenzio” di Brescia diplomandosi in violino e viola a pieni voti e con la
menzione speciale; successivamente ha seguito corsi di perfezionamento con F. Gulli, A.
Carfi, C. Romano, P. Vernikov e con E. Onofri
per il violino barocco. La sua vita artistica si
divide fra impegni orchestrali (ha ricoperto tra
l’altro il ruolo di spalla e solista presso l’orchestra dell’Accademia del Teatro alla Scala collaborando inoltre con i principali Teatri del nord
Italia) ed un’intensa attività cameristica in prestigiosi ensemble tra i quali Europa Galante,
Accademia Bizantina, Accordone, Zefiro, La
Venexiana, La Risonanza, partecipando a numerose tournée e registrazioni discografiche.
Dal 1999 ha intrapreso un’importante attività
concertistica con il quartetto “Joseph Joachim”,
con il quale svolge un lavoro di ricerca studio
sul “sonar a quattro”.
Nel 2004 ha vinto il concorso per violino dell’orchestra del Teatro alla Scala.
Michele Barchi
Ha svolto gli studi musicali presso il conservatorio “G. Verdi” di Milano, diplomandosi in
pianoforte nella classe di Maria Isabella De
Carli.
Successivamente, come autodidatta, ha conseguito il diploma in clavicembalo. L’interesse
appassionato per la musica e gli strumenti antichi l’ha portato ad approfondire le proprie
conoscenze organologiche sulla costruzione di
strumenti a tastiera, realizzando e decorando
clavicembali, spinette virginali e organi della
propria collezione. Ha collaborato per alcuni
anni con l’ensemble “Il Giardino Armonico”
suonando, come continuista e solista, nei più
importanti festival di musica barocca. Ha effettuato registrazioni radiofoniche e televisive per
64
RAI, Radio France Classique, Radio Svizzera,
Deutschland Rundfunk, ORF Austria e per varie emittenti statunitensi. Come solista ha registrato per la casa discografica Teldec diversi
CD con musica per clavicembalo (concerti,
suites, fantasie e fughe) di J.S. Bach nell’edizione integrale “Bach 2000”. Svolge attività
concertistica come solista e collaborando con
vari ensembles in Italia e all’ estero. Da due
anni è docente di clavicembalo e basso continuo presso la Akademie für Alte Musik di Brunico (BZ). Per la stagione 2003 del Festival di
Lucerna è stato invitato come solista nella esecuzione del 5° concerto Brandeburghese di
J.S. Bach con la direzione di Claudio Abbado.
Silete Venti!
Silete Venti ! è un ambizioso progetto nato per
approfondire lo studio dell’ immenso repertorio scritto per ensemble di fiati. Un lavoro che
accomuna la parte esecutiva a quella storico –
teorica attraverso la ricerca di manoscritti e
trattati del periodo Barocco e Classico. Il gruppo è formato da musicisti di altissimo livello:
vincitori di concorsi internazionali, giá prime
parti in orchestre prestigiose (Teatro alla Scala)
e docenti in scuole prestigiose ai quali sono
stati affiancati giovani di grande talento nel
desiderio di stimolarne una formazione culturale ambiziosa e profonda. L’alto profilo del
progetto ha permesso a Silete Venti! di diventare in breve tempo un’ importante realtà nell’ambito della musica antica e ad essere invitata in importanti festival specializzati in questo
tipo di repertorio.
Nel Luglio di quest’ anno Silete Venti! ha collaborato alla realizzazione, per conto dell’ Accademia d’Arti e Mestieri dello Spettacolo del
Teatro alla Scala di Milano, della Comédie-Ballet “il Borghese Gentiluomo” di Molière e
Lully.
La fondazione Arcadia e il Laboratorio delle
Note hanno istituito delle borse di studio per
sviluppare ulteriormente il lavoro del gruppo
e rendere possibile la realizzazione di progetti
discografici, il primo dei quali sará dedicato
appunto a “La musique du Roy Soleil”.
Emanuela Galli
Nata a Milano, si è diplomata in Canto al Conservatorio di Musica di Mantova (Italia). Collabora con vari gruppi ed orchestre di musica
barocca tra cui: la Cappella della Pietà dei
Turchini di Napoli, la Risonanza di Milano, la
Venexiana e Pian e Forte di Milano, La FeniceParigi, Piccolo Concerto Wien, Ensemble Sacro
& Profano di Pesaro.
Ha cantato in vari Festival nelle maggiori città
italiane e straniere. Tra questi: Musica e Poesia
a San Maurizio di Milano, Fondazione Teatro
La Fenice di Venezia, Fondazione Marco Fodella di Milano, Festival di Musica Antica a Roma, Torino, Napoli, Bologna, Bari, Vicenza. Al
Festival Baroque de Pontoise, alla Citè della
Musique di Parigi, al Floreal Musical d’Epinal,
al Festival de Baune in Francia, al Festival de
Brugge in Belgio, ai Festivals di Friburgo e Lugano in Svizzera; a Santiago de Compostela,
Segovia, Barcellona in Spagna; a Neuburg, Regensburg, e per Villa Musica in Germania; alla
Konzerthaus di Vienna ed a Lisbona per il
XXGulbenkian de Musica Antiga-Portogallo;
alla Konzerthaus di Berlino, per il Festival di
Musica Antica di Bergen-Norvegia e al Festival
di Utrecht.
Ha affrontato ruoli operistici in Italia e all’estero nel repertorio dell’opera barocca italiana.
Ha interpretato Erosmina nella Finta Cameriera
di Gaetano Latilla per il Teatro Petruzzelli di
Bari.
E’ stata Cupido e Maria Madre nella Colomba
Ferita di Francesco Provenzale nella Stagione
‘99 del Teatro San Carlo di Napoli.
E’ stata Belluccia Mariano nel Li Zite’n Galera
di Leonardo Vinci sotto la direzione del M°
Antonio Florio.
Ha interpretato Alcina e Sirena nell’opera-balletto di Francesca Caccini La Liberazione di
Ruggiero dall’Isola di Alcina, sotto la direzione
del M° Gabriel Garrido. Per il Teatro Massimo
di Palermo ha eseguito il Vespro della Beata
Vergine di C. Monteverdi per la Stagione ‘99
con la direzione del M° G. Garrido.
Ha all’attivo numerose registrazioni con le case discografiche. Opus111, Stradivarius, Glossa, Amadeus, Agorà, Rete2 della Radio Svizzera Italiana, RAI3 e con la Televisione della RSI.
Gabriele Palomba
Si è diplomato in liuto con il massimo dei voti
presso la Civica Scuola di Milano sotto la guida del M° Paul Beier.
Ha seguito corsi di perfezionamento con Pat
O’Brian, Cris Wilson, Anthony Bailes e per la
musica d’insieme con J. Christensen.
Svolge attività concertistica come solista e continuista in Italia e all’estero.
Ha collaborato con l’Ensemble Galilei, Ensemble Concerto, La Venexiana, La Capella della
Pietà dei Turchini, Cantar Lontano e altre formazioni italiane, affrontando repertori che
vanno dal madrigale cinquecentesco fino alla
cantata barocca.
Ha effettuato registrazioni per Stradivarius,
Glossa, E Lucevan le Stelle, Rai e per la Radio
della Svizzera Italiana.
Franco Pavan
E’ oggi considerato uno dei liutisti italiani più
rappresentativi grazie alla sua attività solistica
e di continuista. Collabora stabilmente con formazioni di musica antica come La Cappella
della Pietà de’ Turchini diretta da Antonio Florio, Accordone condotto da Marco Beasley e
Guido Morini, La Risonanza diretta da Fabio
Bonizzoni. In duo con il liutista Gabriele Palomba ha pubblicato una monografia dedicata
a Giovanni Antonio Terzi, giudicata disco del
mese settembre 2003 dalla rivista italiana Amadeus.
Ha partecipato all’incisione di circa quaranta
cd per le etichette Emi, Virgin, Opus 111, Alpha, Accord, Glossa, ORF, Stradivarius, numerosi dei quali hanno ottenuto i più prestigiosi
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riconoscimenti internazionali: Gramophon
Award, Premio Internazionale del Disco A. Vivaldi, Cannes Classic, Diapason d’or, Choc
Musique, Premio Amadeus. Ha registrato per
la Televisione tedesca, francese, norvegese e
italiana, e per i principali canali radiofonici europei.
Ha suonato nelle principali sale concertistiche
europee.
E’ docente di liuto presso il conservatorio “N.
Piccinni” di Bari.
Accanto all’attività di musicista svolge un costante lavoro di ricerca musicologica dopo
aver conseguito con lode la laurea presso l’Università degli Studi di Milano con una tesi dedicata a Francesco da Milano. I suoi scritti
concernono principalmente l’attività liutistica
cinquecentesca. Ha collaborato alla nuova edizione del New Grove Dictionary of Music and
Musicians e del repertorio Die Musik in Geschichte und Gegenwart. Per l’editore Forni di
Bologna cura una serie di edizioni in fac-simile dediti alla riscoperta di testi liutistici del
Cinquecento italiano. In collaborazione con
Mirco Caffagni ha pubblicato l’opera omnia
del liutista Perino Fiorentino per l’editore Ut
Orpheus. Un suo volume dedicato alla figura
del liutista Francesco da Milano vedrà la luce
nel 2004. Fa parte dell’Editorial Board del
Journal of the Lute Society of America.
sicali italiane (Giardino Armonico, Zefiro, Accademia Bizantina, Europa Galante, Teatro alla
Scala), e utilizzano strumenti originali o copie
moderne di strumenti barocchi, nel più rigoroso rispetto delle fonti e dei contesti musicali
affrontati.
Dal 2003 Brixia Musicalis è il gruppo residente
del Festival Nuove Settimane di Musica Barocca in Brescia e Provincia; nel 2004 è stato
pubblicato un CD che raccoglie due concerti
live realizzati all’interno del Festival.
Nel luglio 2004 Brixia Musicalis realizza, in
collaborazione con l’Accademia del Teatro alla
Scala di Milano, lo spettacolo “Il borghese
gentiluomo” di J.B. Lully presso il Teatro Litta
di Milano.
Brixia Musicalis
Michele Carreca
Brixia Musicalis è un ensemble nato dalla
collaborazione della violinista Elisa Citterio e
del clavicembalista Michele Barchi, musicisti
tra i più attivi nell’ambito della musica antica
in Italia, uniti dalla passione e dall’entusiasmo per l’approfondimento stilistico del repertorio strumentale italiano dei secoli XVII
e XVIII.
Tra le finalità dell’ensemble vi è la riscoperta e
valorizzazione degli autori dell’Italia settentrionale, ove con la nascita della liuteria moderna
ebbero origine e sviluppo i primi esempi di
musica solistica per violino.
I musicisti che collaborano con Brixia Musicalis provengono dalle più importanti realtà mu-
Nato a Foggia, Italia, studia liuto al Conservatorio S. Cecilia di Roma con Andrea Damiani.
Ha suonato in diverse opere e oratori, con gli
Orfei Farnesiani a Parma, con l’Orchestra della
Provincia di Lecce, l’Orchestra di Roma e del
Lazio, con gruppi da camera e da solo nel
contesto del Festival der Laute di Dresda, nel
Concerto per Claudio Merulo all’Auditorium
Paganini di Parma.
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Evangelina Mascardi
Nata a Buenos Aires, Argentina, studia liuto alla Schola Cantorum di Basilea con Hopkinson
Smith.
Come continuista suona in gruppi come Ensemble 415, dir. Chiara Banchini, Venice Baroque Orchestra, dir. Andrea Marcon. Partecipa come a numerosi Festival europei e nel
2003 esce il suo primo Cd da solista, edito da
Orf Austria, con musiche di J.S. Bach e S. L.
Weiss.
Beatrice Faedi
In sette anni di collaborazione con il Ctb, ha
interpretato classici e novità italiane, sperimen-
tando anche l’uso del verso e partecipando a
quasi tutti gli spettacoli bresciani di Sandro Sequi. Ha recitato con Monica Conti, Werner
Waas ed altri giovani registi. Ha approfondito
la musicalità del verso, le tecniche vocali, ed
anche il movimento, con Moni Ovadia, Federico Tiezzi, Mamadou Dioume, Cecilia Kankonda e Philippe Menard. Ha curato tre spettacoli
dedicati alla memoria e all’infanzia, Le piccole
voci, Una riga più in basso, Viva abita qui:
storie di bimbi in un campo di concentramento, di un caco sopravvissuto a Nagasaki, di
una ragazza che si confronta con le notizie di
guerra raccontate dalla televisione. Gli ultimi
due spettacoli dei quali è stata interprete sono
Dispetto d’amore di Molière, prodotto dal teatro Giacosa di Ivrea, con la regia di Monica
Conti e Piangete, cieli! di Enselmino da Montebelluna, per la rassegna Crucifixus Festival di
Primavera, un monologo con musica e canto
dal vivo, nel quale è Maria, diretta da Renato
Borsoni.
Infine cura regolarmente laboratori di diverso
livello tecnico nell’ambito della scuola o di altre istituzioni formative.
Stefano Montanari
Diplomatosi in violino e pianoforte con il massimo dei voti e lode, ottiene il Diploma di alto
perfezionamento in Musica da camera con il
M° PierNarciso Masi presso l’Accademia Musicale di Firenze, e il Diploma di Solista con il
M° Carlo Chiarappa presso il Conservatorio
della Svizzera Italiana di Lugano.
Il suo interesse per per la ricerca filologica lo
porta a rivolgere la sua attenzione allo studio
della prassi esecutiva su strumenti originali.
Dal 1995 é primo violino concertatore dell’Accademia Bizantina di Ravenna diretta dal M°
Ottavio Dantone.
E’ il primo violino del Quartetto” J. Joachim”,
quartetto che si dedica all’esecuzione su strumenti originali del repertorio quartettistico che
va dal ‘700 a tutto l’800.
Ha tenuto stages di violino barocco e di musica da camera per la Fondazione “A. Toscanini” di Parma e per il Conservatorio “G.
Rossini” di Pesaro, e per il Conservatorio di
Piacenza.
Collabora con i più importanti esponenti nel
campo della musica antica, ed in particolare
con C. Rousset ed il suo gruppo “ Les Talens
Lyriques”.
Ha inciso per le case discografiche Foné, frequenz, Denon, Opus 111, Erato, Virgin, Tactus, Astrée, Thymallus, Simphonya, Bottega
discantica, Arts, e attualmente Decca.
E’ stato docente di violino presso il Conservatorio della Svizzera italiana di Lugano dal 1993
al 1999.
E’ docente di violino barocco presso la Scuola
civica di Milano-Istituto di musica antica.
Valeria Montanari
Ha conseguito il diploma di Pianoforte con il
massimo dei voti presso l’Istituto pareggiato
“G. Verdi” di Ravenna; ha conseguito poi con
il massimo dei voti il diploma in Organo e
Composizione organistica sotto la guida del
Maestro F. Tasini e il diploma di clavicembalo
con lode sotto la guida della Prof.ssa S. Rambaldi presso il Conservatorio di musica “G.
Frescobaldi” di Ferrara.
Con questo strumento ha partecipato al concorso nazionale “Dino Caravita” a Fusignano
(RA) ottenendo il primo premio assoluto exequo nell’edizione 2002 e il primo premio assoluto in duo con il flautista Gregorio Carraro
nella sezione di musica da camera antica della
recente edizione 2003.
Possiede il diploma di Maturità Scientifica e si è
laureata con lode al D. A. M. S., indirizzo musica, Università di Bologna. Ha partecipato a molte serate concertistiche, soprattutto nella provincia di Bologna (Imola, Baricella, Palata Pepoli,
Sasso Marconi, . . . ), sia come solista, sia in duo
(flauto, violino, duo organistico), sia con gruppi
da camera. Nel settembre del 1998 e nel 1999
ha partecipato come solista alla rassegna “Percorsi d’organo” tenutasi nelle chiese di Ferrara.
Ha collaborato, in qualità di organista, con
l’Orchestra Stabile di Como.
Si è specializzata ai corsi estivi tenuti dai Maestri Gordon Murray e Christophe Rousset.
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Gaetano Nasillo
Si è diplomato in violoncello al Conservatorio
G. Verdi di Milano sotto la guida di Rocco Filippini, del quale ha successivamente seguito i corsi presso l’Accademia W. Stauffer di Cremona.
Dopo aver svolto attività concertistica nei più
qualificati gruppi di musica contemporanea e
nelle principali orchestre milanesi, si è dedicato allo studio della prassi esecutiva su strumenti originali affiancando al violoncello lo
studio della viola da gamba, perfezionandosi
alla “Schola Cantorum Basiliensis” sotto la guida di P. Pandolfo.
Collabora, spesso in veste solistica, con alcuni
tra i più prestigiosi complessi europei tra cui
l’Ensemble 415, Concerto Vocale (diretto da
Renè Jacobs), Zefiro, il Quartetto “J. Joachim”,
Le Concert des Nations (diretto da Jordi Savall)
Ensemble Aurora, gruppi con i quali effettua
regolarmente concerti in tutta Europa, Stati
Uniti, Sud America ed Australia.
La sua produzione discografica comprende al
momento oltre una sessantina di titoli, molti
dei quali premiati con i più importanti riconoscimento discografici, segnatamente il Diapason d’Or (A. Corelli, Concerti grossi op. VI,
ens. 415, HM; Muffat, l’Armonico Tributo ens.
415 Harmonia Mundi; Monteverdi l’Orfeo, Ensemble, Elyma K617; Conti, cantate, Ars Antiqua Austria) 10 di Repertoire e Premio Vivaldi
(A. Corelli op. V, trascrizione per viola da
gamba, Symphonia), Preis der Deutsche
Schallplattenkritik (Bonporti, Invenzioni op. X
Harmonia mundi) A di Amadeus (L. Boccherini, sonate per violoncello, Symphonia; Schuster, quartetti padovani, Symphonia; J.S. Bach,
offerta musicale, Arcana; Bonporti, Invenzioni
op. X). La produzione solistica comprende
due volumi di sonate di Luigi Boccherini e
l’op. V di F.S. Geminiani, disco questo inserito
dalla rivista francese Diapason nei “30 dischi
indispensabili per conoscere il violoncello”.
Dal 2004 ha cominciato una collaborazione
con la casa francese Zig-Zag Territoires registrando le sonate op. I per violoncello e b. c.
S. Lanzetti (che uscirà nell’ottobre 2004) e i
concerti di N. Porpora, N. Fiorenza e L. Leo
con l’Ensemble 415.
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Ha registrato per Harmonia Mundi France,
Zig-Zag Territoires, Teldec, Arcana, Ricordi,
K617, Ambroisie, Symphonia, Alpha, Christophorus, Nuova Era, Bongiovanni, Stradivarius,
Tactus, oltre che per tutte le principali emittenti radiotelevisive mondiali.
Insegna violoncello barocco all’Accademia Internazionale della Musica (già Civica scuola di
musica di Milano) e tiene regolarmente corsi
presso varie prestigiose associazioni tra cui, i
corsi internazionali di Daroca (Spagna), l’Ofìcina di musica di Curitiba (Brasile), i corsi internazionali della Fondazione Italiana per la Musica Antica di Urbino, la Scuola di Musica di
Fiesole, la Fondazione G. Cini di Venezia e il
centro di Musica antica della Cappella della
Pietà dei Turchini.
Ensemble Vocale Veneto
Il curriculum del gruppo vocale, per risultare
pienamente aderente nella delineazione del
suo percorso musicale e di ricerca, dovrebbe
comporsi di un ampio collage di notizie sui
singoli componenti.
Per necessità di sintesi ci limiteremo quindi a
dire che tutti i membri dell’Ensemble, fondato
nel 1999, sono attivi da anni, con ampi consensi di pubblico e critica, nel panorama della
musica antica italiana ed internazionale, sia
come solisti, che all’interno di gruppi specializzati nel repertorio barocco. Citeremo, tra
questi, il Concerto Italiano di R. Alessandrini,
l’Ensemble Aurora di E. Gatti, L’Ensemble
Concerto di R. Gini, la Cappella della Pietà dei
Turchini di Toni Florio, e molti altri, con cui
hanno collaborato e collaborano nei concerti
per i più importanti Festivals e stagioni concertiche europee.
Nel 2003 hanno partecipato al festival “Europalia-Italia”, con una tournée di 6 concerti nelle principali città belghe, con tre diversi programmi dedicati al repertorio madrigalistico
sviluppatosi intorno alla Corte Estense di Ferrara, nella seconda metà del XVI secolo.
I solisti del gruppo si dedicano anche ad attività parallele a quella canora, quali la ricerca
musicale, la pratica organologica, la didattica,
che confluiscono comunque nell’interesse comune a tutti loro di partecipare instancabilmente all’attività di conoscenza e diffusione
della produzione musicale italiana dei secoli
XVII e XVIII.
Oltre che per le registrazioni presso emittenti
radiotelevisive di tutta Europa, sono apprezzati
per le innumerevoli incisioni per le più importanti case discografiche che si occupano di
musica antica, e hanno ricevuto premi e riconoscimenti della critica internazionale.
Cristina Miatello, dopo anni di esperienza e
pratica di repertorio madrigalistico, ha rinnovato, con la preziosa collaborazione dei suoi
colleghi, il desiderio di restituire al pubblico la
bellezza di tante composizioni vocali a più voci, alcune delle quali ancora inedite, o in prima esecuzione in tempi moderni.
L’Ensemble Vocale Veneto si avvale, come
cembalista e organista, della collaborazione di
Roberto Loreggian, riconosciuto da pubblico e
critica per la sua vasta e splendida attività concertistica e discografica.
Piccolo Concerto Wien
Il termine “concerto” ha nella storia della musica il significato originario di “gruppo”, in tal
senso il nome dell´ensemble deve intendersi
come “piccolo gruppo”.
Piccolo Concerto nasce a Vienna nel 1993,
dall’incontro di quattro musicisti con gli stessi
interessi e le cui opinioni relative a questioni
interpretative si completano a vicenda. Nel
corso del tempo, Piccolo Concerto, si è trasformato in un gruppo di musicisti dotati di
grande fantasia, che si riunisce di volta in volta attorno a Roberto Sensi ed il cui interesse
comune è la musica da camera al di là delle
vie tradizionali nonché la passione per gli strumenti storici e la voglia di sperimentare.
Il loro scopo è di creare spazio, oltre che per
compositori quali Mozart, Haydn, Beethoven,
Boccherini, Schubert, Mendelssohn e Rossini,
anche per i maestri meno famosi, come Pleyel,
J.M. Haydn, Albrechtsberger, Gassmann, Wagenseil, L. Mozart, Devienne, Brevál, Stamitz e
per opere sconosciute che spesso sono stru-
mentate in modo veramente originale e meritano di essere presentate in sala da concerto.
Ciascuno dei membri di piccolo concerto ha
svolto una intensa carriera “free lance” nelle
formazioni europee piú famose nel campo
dell’esecuzione di musica antica su strumenti
originali; le esperienze accumulate fanno parte
del patrimonio ideale e musicale dell’ensemble, creando in tal modo una solida base per
l’interpretazione continua e produttiva dei temi musicali scelti.
Il gruppo si esibisce regolarmente in rinomate
sale da concerto europee, completando la propria attività con produzioni radiofoniche e discografiche che trovano sempre una forte eco
nella stampa internazionale specializzata.
Marco Brolli
Nato a Milano nel 1970, si è diplomato in
Flauto presso il Conservatorio “B. Marcello” di
Venezia nel 1990, perfezionandosi successivamente con Maxence Larrieu. Si dedica poi allo
studio del flauto traverso barocco, rinascimentale e classico sotto la guida di Karl Kaiser,
Marc Hantaï, Marten Root e altri.
Collabora stabilmente con vari ensembles di
musica barocca e classica, tra i quali Il Giardino Armonico, Accademia Bizantina, I Barocchisti, I Virtuosi Italiani, Musica Concertiva,
con cui ha dato numerosi concerti in Italia,
Svizzera, Germania, Austria, Spagna, Belgio,
Turchia ecc., suonando per i più prestigiosi festival e stagioni concertistiche internazionali. È
ed è stato primo flauto di varie orchestre barocche all’estero, come Capriccio (Basilea),
Hamburger Telemann-Orchester (Amburgo),
Le Nuove Musiche (Detmold), esibendosi anche col flauto dolce, ottavino barocco, Quartflöte e chalumeau.
Ha compiuto varie registrazioni discografiche,
di cui le ultime con Il Giardino Armonico per
l’etichetta Teldec. Il CD “Händel: Lucrezia”
(Stradivarius Dulcimer, STR 33424) con il soprano Roberta Invernizzi e l’ensemble Retablo
Barocco ha ottenuto la nomination al Premio
internazionale del disco “Antonio Vivaldi” e il
9R della rivista “Répertoire”. Ha al suo attivo
69
anche registrazioni ed interviste radiofoniche
per Radio France e la Rai.
Nell’anno accademico 1996-97 si è diplomato “cum laude” in Storia e Didattica della
Musica presso la Scuola di Paleografia e Filologia Musicale di Cremona (Università degli Studi di Pavia) con una tesi sul flauto traverso. Da allora si dedica regolarmente anche alla ricerca musicologica, soprattutto nel
campo dell’organologia e attualmente collabora con alcune riviste specializzate. Nel
1997 è stato invitato a tenere due cicli di seminari sulla storia e la morfologia del flauto
traverso presso la Scuola di Paleografia e Filologia Musicale di Cremona e ha tenuto numerose lezioni-concerto presso il Museo degli Strumenti Musicali del Castello Sforzesco
di Milano, suonando alcuni flauti di tale collezione.
Si dedica regolarmente all’insegnamento del
flauto moderno, barocco e flauto dolce presso
La Nuova Musica, Milano. Insegna anche storia
della musica e tiene corsi di guida all’ascolto
presso la Civica Scuola di Musica “L. Piseri” di
Brugherio (MI).
Francesca Bascialli
Nel 1996 si è diplomata in pianoforte col massimo dei voti presso il Conservatorio “G. Verdi” di Milano, sotto la guida di M.I. de Carli;
nel 1999 ha conseguito il diploma in Musica
vocale e da camera, sempre col massimo dei
voti, presso il Conservatorio “G. Verdi” di Milano, sotto la guida di D. Uccello. Nello stesso
anno si è inoltre laureata in Musicologia presso l’Istituto di Musicologia del Conservatorio
“G. Verdi” di Milano, col massimo dei voti e la
lode.
In seguito si è perfezionata in clavicembalo e
fortepiano con L. Alvini presso l’Accademia Internazionale della Musica di Milano, ex Scuola
Civica.
Svolge un’intensa attività concertistica in Italia
e all’estero, soprattutto in formazioni cameristiche e in ambito liederistico.
Ha pubblicato diversi saggi musicologici su riviste specializzate.
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Concentus Caelestis
Brescia affonda le radici musicali in un passato ormai lontano (popolato dai Biagio Marini,
Luca Marenzio, Gasparo Da Salò, Maggini, Antegnati, e molti altri) che mai come negli ultimi decenni viene fatto costantemente rivivere.
Il Conservatorio cittadino (intitolato a Luca
Marenzio) in qualità di Istituzione di Alta Cultura e “fucina operosa” non poteva non essere
partecipe nel contribuire a mantenere viva
l’antica tradizione. Numerose le iniziative musicali degli ultimi dieci anni, partite principalmente dalla classe di Clavicembalo, che hanno
stimolato la crescente volontà e necessità di
avere all’interno del Conservatorio un’orchestra barocca stabile: “Shakespeare, Dance and
Musick” sul Rinascimento inglese, “La Guerre
des Bouffons” dedicata alla musica francese, i
concerti di Bach per Violino, per Oboe e Violino, per due, tre e quattro Cembali e Archi
nel 250° anniversario della morte, “Chacone e
Folìas” dedicato alla musica italiana e spagnola, la prima rappresentazione a Brescia del
Borghese Gentiluomo di Molière con le musiche originali di Lully; l’istituzione della classe
di Viola da Gamba, i corsi tenuti da Diego Fratelli, Letizia Dradi e soprattutto le masterclass
di Violino barocco tenute da Enrico Onofri.
L’Ensemble, che si avvale di strumenti originali, è composto da docenti, diplomati specializzatisi in questo campo, corsisti delle masterclass di Violino barocco, oltre ad alcuni validi
collaboratori esterni. La concertazione è affidata, come da antica e consolidata prassi, al primo violino.
Andrea Arrivabene
Dopo aver conseguito il Diploma di Pianoforte
ha intrapreso lo studio della musica antica diplomandosi in Clavicembalo nel 1998 con il
massimo dei voti sotto la guida di Giovanna
Fabiano presso il Conservatorio “L. Marenzio”
di Brescia, Successivamente è stato premiato al
Concorso Clavicembalistico “G. Gambi” di Pesaro. Parallelamente ha studiato Canto presso
la Civica Scuola di Musica di Milano, seguendo
in seguito corsi di perfezionamento di tecnica
vocale con Dietrich Schneider a Monaco, di interpretazione con Michael Chance presso la
Scuola Musicale di Fiesole, e con Margaret
Hayward presso il Conservatorio “G. Verdi” di
Milano dove si è diplomato in canto con il
massimo dei voti e la lode.
Si esibisce sia come solista che in ensembles,
ricercato da gruppi quali “La Stagione Armonica”, “D’Altrocanto”, “Accademia Bizantina”,
“Concerto Italiano”, Ensemble “La Follia”, collaborando con direttori quali S. Balestracci, O.
Dantone, A. Marcon, R. Alessandrini, F. Bressan, D. Tabbia, J. Savall, J.C. Malgoire; svolgendo attività concertistica sia in Italia che all’estero (Milano - Musica e Poesia a S. Maurizio, Firenze, Brescia - Società dei Concerti,
Mantova - Palazzo Te, Torino-Teatro Regio,
Settembre Musica, Venezia, Bologna, Austria,
Spagna, Parigi - Festival Ecouen, Festival
D’Ambronnay, Bruxelles, Brasile, Argentina,
Cile) riscuotendo sempre un largo consenso di
pubblico e di critica. Si è esibito inoltre nella
prima rappresentazione assoluta dell’Opera
“Eliogabalo” di F. Cavalli allestita per l’inaugurazione del Teatro di Crema nel novembre
1999. Ha inciso per DYNAMIC, SARX, BONGIOVANNI (prima incisione mondiale delle
“Lamentazioni di Geremia” di G. Nasco), NAXOS e SYMPHONIA.
Giovanna Fabiano
Si è diplomata al Conservatorio di Brescia con
il massimo dei voti sotto la guida di F. Brancacci e successivamente ha seguito i corsi di
perfezionamento all’Accademia Chigiana di
Siena con Kenneth Gilbert conseguendo il Diploma di Merito. Ha proseguito poi gli studi,
sempre con K. Gilbert, presso il Mozarteum di
Salisburgo conseguendo il Künstlerische Diplom nel 1989.
Ha seguito anche corsi con E. Fadini, T. Koopman, C. Stembridge (organo) e S. Colonna
(viola da gamba). Inoltre nel 1987 è stata premiata al Concorso Nazionale di Esecuzione
Clavicembalistica di Bologna.
Oltre che come solista, svolge attività concertistica con l’Ensemble “La Follia” (che ha fondato con l’intento di proporre percorsi musicali
storici inediti e insoliti: Le Bourgeois Gentilhomme, Shakespeare, Dance and Musick, La
Guerre des Bouffons), ed in molte altre formazioni. Ha suonato in Italia, Francia, Austria,
Germania (Palazzo della Cancelleria Roma, Società dei Concerti Brescia, Palazzo Te Mantova, Musikalische Akademien Salisburgo, Istituto Italiano di Cultura Marsiglia, Monaco, Berlino, Würzburg, Zagabria). Ha collaborato con
le Orchestre da Camera: S. Cecilia di Roma,
Milano Classica, Cameristi Lombardi, Sinfonietta Italiana e registrato per RAI Radio Tre. Titolare della cattedra di Clavicembalo presso il
Conservatorio “L. Marenzio” di Brescia dal
1991, molti suoi allievi sono stati premiati in
concorsi clavicembalistici.
Raffaello Negri
Diplomato con il massimo dei voti con il M°
V. Pappalardo presso il conservatorio di Brescia, ha successivamente conseguito il diploma
Triennale di Alto Perfezionamento con il M° E.
Porta.
Perfezionatosi con B. Belkin all’Accademia
Chigiana di Siena e con C. Romano a Ginevra,
ha vinto numerosi concorsi, tra i quali Genova, Roma, Taranto (medaglia d’oro sotto l’alto
Patronato del Presidente della Repubblica),
Biella.
Accanto all’intensa attività concertistica in recital solistici e con i gruppi “Traiettorie sonore”
e “Dedalo Ensemble”, affianca il ruolo di primo violino e solista nell’Ensemble “Europa
Galante” con strumenti originali.
Ha effettuato numerose incisioni per la EMI,
Opus 111, RAI, Dinamic, Radio France, BBC,
Nippon TV e si è esibito nelle più importanti
sale del mondo: Ojei Hall di Tokyo, Sidney
Opera House, National Library of Congress di
Washington, Royal Albert Hall e Barbican Center di Londra, Philarmonie di Berlino, Teatre
de la Ville e Champs-elysées di Parigi, Konzerthouse di Vienna, La Scala di Milano, Teatro
Noga di Tel Aviv, Fondazione Gulbelkiann di
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Lisbona, Concertgebow di Amsterdam, Ton
Halle di Zurigo, Lincoln Center di New York,
Opera di Dresda, Teatro della Cultura di San
Paolo (Brasile), Hong Kong City Hall Concert
Hall ed inoltre in Corea, Cina, Nuova Zelanda,
Canada.
E’ titolare della cattedra di violino presso il
Conservatorio “Luca Marenzio” di Brescia, sezione di Darfo Boario Terme.
Invitato spesso a tenere corsi di perfezionamento, è attualmente Assistente di Enzo Porta
al corso di perfezionamento “Aspetti dell’espressione musicale dal 900 ad oggi” presso il
Conservatorio di Parma.
Marcello Gatti
E’ nato a Perugia nel 1967, dove si è diplomato presso il Conservatorio “F. Morlacchi” in
flauto nel 1986. Seguendo la passione per la
musica antica eseguita con gli strumenti originali ha cominciato giovanissimo lo studio del
flauto traverso barocco a Roma con Claudio
Rufa e a Verona con Marcello Castellani; nel
1991 è stato invitato a frequentare il Conservatorio Reale dell’Aia in Olanda per studiare con
Barthold Kuijken.
Nel 1997 ha ottenuto il diploma di solista con
menzione speciale e nel 1998 il diploma di
musica da camera, dedicato interamente al repertorio rinascimentale.
Svolge da anni una intensa attività concertistica che lo ha portato ad esibirsi in tutta Europa, Stati Uniti, Messico, Giappone, Australia e
Medio Oriente presso le più prestigiose istituzioni musicali e ha collaborato con rinomate
orchestre e ensembles internazionali quali:
Amsterdam Baroque Orchestra, Cantus Coelln,
Zefiro, Rheinische Kantorei, Armonico Tributo,
Ensemble Elyma, Le Concert de Nations, The
Bach Players, Attaingnant Consort, Piccolo
Concerto Wien, Concerto Koeln.
Oltre allo stretto legame con l’Ensemble Aurora in Italia suona regolarmente con l’Accademia Bizantina, la Cappella della Pietà de’ Turchini, l’Academia Montis Regalis.
Numerose le registrazioni discografiche per
Opus 111, Arcana, Erato, Symphonia, Harmo72
nia Mundi, Aeolus, Ambroisie, Tactus, Dynamic, Bongiovanni, Agorà.
Si dedica con entusiasmo all’attività didattica
presso istituzioni quali il Conservatorio di Vicenza, Scuola Civica di Milano, Corsi di Musica
Antica di Urbino, Centro di Musica Antica Pietà de’ Turchini di Napoli.
Stefano Maria Demicheli
Nato a Torino nel 1975, è diplomato in organo
e composizione organistica ed in clavicembalo.
Ha iniziato a studiare clavicembalo all’età di
tredici anni sotto la guida di Ottavio Dantone
proseguendo poi presso il Conservatorio della
Svizzera Italiana di Lugano dove ha conseguito il diploma dì perfezionamento.
Corsi di perfezionamento con Kenneth Gilbert,
Ton Koopman, Harald Vogel, Emilia Fadini, ha
studiato organo con Lorenzo Ghielmi presso la
Civica Scuola di Milano e con Jean-Claude
Zehnder presso la Schola Cantorum Basilensis,
clavicembalo con Lars-Ulrik Mortensen presso
la Hochschule fùr Musik di Monaco di Baviera
e con Ketil Haugsand presso la Hochschule
für Musik di Köln.
Collabora regolarmente come solista e continuista con molti ensemble con strumenti originali fra i quali “Accademia Bizantina” di Ravenna (Ottavio Dantone), “Il Giardino Armonico” di Milano (Giovanni Antonini), Freiburger
Barockorchester, Concerto Köln, ensemble “I
Barocchisti” di Lugano (Diego Fasolis), ensemble “Zefiro” di Mantova (Alfredo Bernardini), e
tiene regolarmente recitals come partners di
strumentisti e cantanti
La sua attività concertistica lo porta ad esibirsi
regolarmente nella sale da concerto e nei teatri più importanti di tutta Europa all’interno
dei festival più prestigiosi (fra cui Festival van
Vlaanderen di Brugge, Oude Muziek di
Utrecht, Rheingau Musik Festival, lnternationale Musikfestwochen di Luzern, “Musica e Poesia in San Maurizio” di Milano, London Festival
of Baroque Music). Nell’anno 2000 e nell’ambito delle celebrazioni Bachiane è stato solista
presso il Teatro “La Scala” di Milano.
Ha lavorato al fianco di rinomati solisti per
concerti ed opere (fra cui Lynne Dawson, Cecilia Bartoli, Christoph Coin, Roberto Balconi,
Marco Lazzara, Andreas Scholl) e collaborato
al fianco di importanti direttori (Riccardo
Chailly, Corrado Rovaris, Ottavio Dantone,
Gottfried van der Goltz, Ivor Bolton, Giovanni
Antonini, Paul Goodwin, Renè Jacobs) e molte
orchestre.
Ha registrato per Forlane, Bongiovanni, Tactus, Arts, Amadeus e per le principali emittenti
radiofoniche e televisive europee fra cui Radio
Svizzera Italiana (Rete 2), Schweizer Radio
DRS II (Basel), Radio Classique (Francia), RAI,
Radio Catalunya (Barcelona), ORF (Radio Oesterreich 1), MDR Kultur (Radio Tedesca),
BBC.
Dal luglio 2000 è fra i docenti del Corso Internazionale di Musica Antica di Urbino (clavicembalo, basso continuo e musica da camera)
ed è l’assistente di Ottavio Dantone, con cui
collabora anche in veste di solista.
Fra gli impegni del 2003 è l’assistente al cembalo di René Jacobs in molte produzioni operistiche nei teatri più prestigiosi d’Europa (fra
gli altri: Berlino-Deutsche Staatsoper Unter
den Linden, Parigi-Thèatre des Champs-Elysèes, Bruxelles-Thèatre Royal de La Monnaie).
Nel 2002 fonda l’Ensemble “La Tempesta”: formazione ad organico variabile che riunisce alcuni dei musicisti italiani più attivi nel campo
dell’esecuzione della musica antica con strumenti originali.
Paolo Beschi
Nato a Brescia nel 1953, si è diplomato in violoncello con Maria Leali e in seguito si è perfezionato con Franco Rossi. Dopo aver collaborato per dieci anni con l’ensemble di musica
contemporanea “Musica Insieme” di Cremona,
si è dedicato allo studio del violoncello barocco e nel 1985 ha fondato con G. Antonini, L.
Ghielmi e L. Pianca il gruppo di musica barocca “Il Giardino Armonico” con cui tiene concerti in stagioni musicali europee e statunitensi
ed ha effettuato numerose registrazioni radiofoniche, discografiche e televisive.
Dal 1980 suona con la moglie, la pianista Federica Valli, nell’ ensemble “La Gaia Scienza”,
con il quale si è specializzato nell’ esecuzione
di musica classico-romantica su strumenti d’epoca.
Nel 1988 “la Gaia Scienza” è stata premiata da
una nota rivista svedese per l’ incisione dei
Trii di F. Schubert come migliore disco dell’
anno.
Recentemente per la casa discografica “Winter
& Winter” di Monaco, Paolo Beschi ha inciso
l’integrale delle Suites di J.S. Bach per violoncello solo.
E’ docente di quartetto presso il conservatorio
di Como.
Ugo Orlandi
È docente di mandolino presso il Conservatorio “C. Pollini” di Padova dal 1980. Nato a Brescia nel 1958 è cresciuto musicalmente nel
Centro Giovanile Bresciano di Educazione Musicale dove ha iniziato lo studio del mandolino
e della tromba con Rosa Messora e Giovanni
Ligasacchi. Dal 1975 ha frequentato il corso di
mandolino, tenuto da Giuseppe Anedda, presso il Conservatorio di Padova dove contemporaneamente ha conseguito il diploma di tromba. Interessatosi alla musica antica ed alla ricerca musicologica, si è dedicato allo studio
del cornetto e della tromba naturale, approfondendo lo studio e la ricerca del repertorio
storico del mandolino. I suoi ampi interessi
musicali sono evidenziati nelle produzione
discografiche dei gruppi nei quali è attivo come coordinatore artistico: il Gruppo di musica
antica “P. e B. Dusi” (I Guami da Lucca, Livorno, fonè 1990); il Gruppo Padano di Piadena
(Itinerario artistico nella Canzone popolare Padana, Piadena, 1992) e Orchestra di mandolini
e chitarre “Città di Brescia” (10 CD dedicati a
monografie - Mandonico, Sartori, Calace -, a
tradizioni storico-sociali - Christmas and mandolin, Ragtime, Musica per un momento - ed
alla città di Brescia). Dirige la collana “Il mandolino” per le edizioni “Ut Orpheus” di Bologna, ha curato inoltre la pubblicazione de “Il
Periodo d’oro del mandolino” e “Mandolin
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Memories” (Cremona, Ed. Turris, 1996 e 1999)
e la ricerca sulle sonate per mandolino di Domenico Scarlatti (Ancona, Ed. Berben 1994).
Come solista ha collaborato con L’Orchestra
del “Festival di Brescia e Bergamo”, i “Solisti
Aquilani” (con i quali ha prodotto il CD “6
Concerti per mandolino” Koch-Schwann 1991,
che ha venduto più di 25. 000 copie in tutto il
mondo), i “Wiener Kammerkonzerte”, i “Berliner Philarmoniker”, Accademia “Montis Regalis”, Sergio Vartolo, Jordi Savall, Zubin Metha e
Claudio Abbado. Con Claudio Scimone ed i”
Solisti Veneti” ha effettuato tournée in tutto il
mondo: America del Nord, Canadà, America
del Sud (Venezuela, Argentina, Brasile, Perù,
Equador, Cile), Europa, Asia (Cina, Honk
Kong, Singapore, Malesia, Corea del Sud, Vietnam, Thailandia, Indonesia, Giappone), Libano, Cipro, Egitto, Tunisia, Algeria, Marocco,
Oman, India, Australia, partecipando ai Festivals di Salisburgo, Montreaux, Edimburgo,
“Mostly Mozart” a New York, “Le Prestige de
la Musique” a Parigi. Sempre con i “Solisti Veneti” ha inciso per L’ERATO due CD con i
concerti di G. M. Giuliani, F. Lecce, G. Paisiello e l’integrale dei concerti per Mandolino di
A. Vivaldi. Nel 1991 a Roma, Accademia dei
Lincei, ha ricevuto una medaglia “per i suoi
studi sul mandolino e per l’opera di valorizzazione attuata in Italia a favore dello strumento”
dalla Società Italiana del Flauto Dolce; nel
1999 è stato invitato dal Ministero della Cultura Giapponese a rappresentare il mandolino in
occasione del I° Festival nazionale dedicato
agli strumenti a pizzico in Giappone.
Pietro Prosser
Pietro Prosser si è diplomato in chitarra presso
il Conservatorio di Trento. Iniziato successivamente lo studio del liuto presso la Civica
Scuola di Musica di Milano con Paul Beier, ha
proseguito a Parma con Andrea Damiani, sotto
la guida del quale si è diplomato presso il
Conservatorio ‘S. Cecilia’ di Roma. Come continuista e solista si è esibito assieme a numerose formazioni italiane – Ensemble Antonio
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Draghi, Convivium Musicum, Il Viaggio Musicale, Delitiae Musicae, Accademia Bizantina,
Ensemble Galilei, I Solisti Veneti, Orchestra
Barocca di Venezia, Accademia de li Musici –
e straniere – Capella Savaria (Ungheria), Piccolo Concerto (Vienna). Con il Calichon ha proposto programmi a solo e in ensemble in prima moderna.
Musica Antiqua Köln - Reinhard Goebel
Musica Antiqua Köln è sinonimo di interpretazione filologica ed al tempo stesso virtuosa
della musica dei secoli XVII. e XVIII. Da trent’anni l’ensemble, sotto la guida del Maestro
Reinhard Goebel, è invitato dai più prestigiosi
festival ed istituzioni di musica antica in tutto
il mondo.
Fondato nel 1973 dallo stesso Goebel insieme
a compagni di studio del conservatorio di Colonia, Musica Antiqua Köln si dedica inizialmente all’esecuzione di musica da camera e liturgica dell’epoca barocca. Con il debutto nella Queen Elizabeth Hall e una serie di cinque
concerti al Festival d’Olanda nel 1979 l’ensemble riesce a posizionarsi a livello internazionale. A partire dagli anni Ottanta comincia ad affrontare un repertorio per formazione orchestrale. Da allora in poi Musica Antiqua Köln
effettua regolarmente tournee in Europa, negli
Stati Uniti, in Australia, in Sud - America ed in
Asia.
Il complesso è legato indiscindibilmente al nome del suo fondatore e direttore, il violinista
Reinhard Goebel. Formatosi al Conservatorio
di Colonia sotto la guida di Franzjosef Maier,
poi da Saschko Gawriloff al Conservatorio di
Essen, Goebel studia anche da Eduard Melkus
e Marie Leonhardt. Contemporaneamente frequenta corsi di musicologia all’Università di
Colonia, gettando così le basi di conoscenze e
di una passione che lo porteranno a divenire
un’autorità nell’ambito della musica antica.
Considerati il repertorio e la discografia di
questo ensemble, è facile rendersi conto di
quanto Reinhard Goebel e Musica Antiqua
Köln abbiano più di ogni altro aperto i nostri
orizzonti sul periodo barocco.
Nel 1978 Reinhard Goebel e Musica Antiqua
Köln firmano un contratto esclusivo con la celebre casa discografica Deutsche Grammophone – Archiv Produktion. La scelta raffinata ed
esclusiva dei brani incisi sono stati oggetto di
innumerevoli riconoscimenti e premi (Grand
Prix International du Disque, Grammophon
Award ecc.). L’incisione dei ‘Concerti di Dresda’ in particolare ha rappresentato un successo a livello mondiale che ha meritato ben cinque premi (JAHRESPREIS DER DEUTSCHEN SCHALLPLATTENKRITIK 1993, GRAMMOPHONE AWARD 1993,
P RIX C AECILIA 1993, S CHALLPLATTENPREIS E CHO KLASSIK 1994 und CD COMPACT AWARD 1994).
La discografia di questo ensemble comprende,
solo per citare gli esempi più noti, le ‘Cantate
di Maria’ di G.F. Händel con Anne Sofie Otter,
‘I concerti per l’orchestra di Dresda’ (musica di
Heinichen, Veracini, Quantz, Dieupart e Pinsedel) come pure Il ‘Salve regina’ di A. Hasse
con Bernarda Fink e Barbara Bonney.
Nel luglio del 1999 Musica Antiqua Köln ha ripreso per la Deutsche Grammophone la colonna sonora del film “Il re danza” di Gérard
Corbiau.
Nel 2002 Reinhard Goebel riceve il Premio
della città di Magdeburg, luogo natale di
Georg Philipp Thelemann per i suoi meriti
nella cura del repertorio di questo compositore.
Nell’ottobre del 2003 Musica Antiqua Köln ha
festeggiato il trentesimo anniversario della sua
fondazione con un concerto tenutosi all’ Opera di Colonia, in occasione del quale è stato
presentato il CD ‘Musique sacrée” di Marc-Antoine Charpentier.
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Autografi degli Artisti
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