Il Beato
Gennaro Maria
Sarnelli
redentorista
Grande amico di S. Alfonso e suo fedele compagno, aderì al progetto del Santo con un contributo
unico, pieno di zelo per la salvezza delle anime più abbandonate. Fecondo scrittore, scrisse molto
anche se visse appena 42 anni. – Dietro sua sollecitazione venne fondata, con l’ausilio del padre, il
barone Angelo, e del fratello sacerdote, Andrea, la casa redentorista di Ciorani. – Giovanni Paolo II lo
ha beatificato il 12 maggio 1996.
Gennaro Maria Sarnelli nacque a Napoli il 12 settembre 1702. Figlio del Barone Angelo di Ciorani
(Salerno), da fanciullo ricevette una formazione pari al rango dei nobili.
A seguito della beatificazione del gesuita Francesco de Regis, all’età di circa 14 anni, progettò di
entrare nella Compagnia di Gesù. Distolto dal padre, in quanto troppo giovane per una scelta così
importante, sempre dietro consiglio del genitore, si dedicò allo studio della giurisprudenza,
laureandosi nel 1722, a venti anni, in diritto civile ed ecclesiastico.
Da avvocato aderì alla Congregazione dei Cavalieri Togati e Dottori, tenuta dai Pii Operai in S.
Nicola alla Carità. Fedele alle regole dell’associazione, senza tralasciare il lavoro e le altre
quotidiane pratiche di pietà, cominciò a dedicarsi agli infermi dell’ospedale degli Incurabili. Tra i
giacigli dei malati non solo avvertì che la chiamata al sacerdozio esigeva ormai una risposta
immediata, ma fece anche conoscenza con S. Alfonso Maria de Liguori con cui instaurò una fraterna
amicizia che segnò tutta la sua vita.
Proprio con S. Alfonso, nell’estate del 1728, visse la sua prima esperienza pastorale, collaborando
alla istituzione delle Cappelle serotine, in cui i laici delle fasce sociali più umili vennero preparati a
diventare evangelizzatori tra i rioni più abbandonati della città.
Nel settembre del 1728 divenne seminarista della Chiesa napoletana, e dal cardinale Pignatelli fu
subito incardinato nella parrocchia di S. Anna di Palazzo.
Nel giugno dell’anno seguente, per attendere con più tranquillità agli studi teologici, lasciò la casa
paterna per andare a vivere, come convittore, nel Collegio dei Cinesi fondato da Matteo Ripa.
Lasciato il Collegio, dopo circa un armo, ritornò a vivere in famiglia e diventò membro della
Congregazione delle Apostoliche Missioni. L’otto luglio 1732 fu ordinato sacerdote.
Negli anni della formazione al sacerdozio, senza trascurare le visite agli Incurabili, si era dedicato
anche all’assistenza dei fanciulli costretti al lavoro di facchini, ai vecchi dell’ospizio di S. Gennaro e
ai condannati delle galere ricoverati presso l’ospedale della darsena.
Dopo l’ordinazione, dal Pignatelli venne assegnato come Deputato delle Dottrine Cristiane alla
parrocchia dei Ss. Francesco e Matteo, nel cuore di uno dei quartieri più popolosi e malfamati della
città. Qui Sarnelli prese visione della piaga della prostituzione, diffusa specialmente tra le bambine.
Senza tralasciare le precedenti attività, iniziò una fervente campagna di recupero e prevenzione per
aiutare le ragazze costrette a vivere in quello stato di degrado morale.
Nel giugno 1733, raggiunse a Scala (Salerno) S. Alfonso, per aiutarlo nella missione di Ravello, dal
momento che l’amico era stato abbandonato dai primi compagni a pochi mesi dalla nascita (9
novembre 1732) della Congregazione del SS.mo Redentore.
Durante la predicazione, dal dialogo col Santo, si rese conto del valore evangelico del carisma della
nuova fondazione, il cui fine è l’evangelizzazione dei popoli più privi e destituiti di soccorsi spirituali,
specialmente i poveri. Tornato a Napoli, difese il nascente Istituto e l’amico da critiche e accuse
ingiuste mosse dai confratelli delle Apostoliche Missioni. Alla fine di agosto aderì al nuovo progetto
alfonsiano, ritirandosi definitivamente nella Congregazione Redentorista.
Il Beato Sarnelli si impegnò sia nelle missioni popolari che
nell’attività di scrittore.
Dietro sua sollecitazione venne fondata, con l’ausilio del padre, Angelo, e del fratello sacerdote,
Andrea, la casa redentorista di Ciorani. Collaborò inoltre anche alla fondazione della casa di Villa
Liberi (Caserta).
Fino all’aprile del 1736, si impegnò sia nelle missioni popolari nelle diocesi di Amalfi, Caiazzo e
Salerno che nell’attività di scrittore. Il ritmo di lavoro, vissuto senza risparmio, fu tale da ridurlo
quasi in fin di vita. Ripresosi, col consenso di S. Alfonso, fu costretto, per le cure, a stabilirsi a
Napoli.
Tornato ad abitare nella casa paterna, non si staccò però dalla Congregazione Redentorista,
raggiungendo i confratelli ogni qualvolta S. Alfonso lo chiamava per l’apostolato missionario.
Nella capitale, riprese il ritmo di attività precedente all’ingresso tra i Redentoristi, dedicando gli
anni tra il 1736 e il 1741 alla pubblicazione di gran parte dei suoi scritti; alle campagne per il
recupero delle meretrici e contro l’abuso della bestemmia; alla divulgazione fra i laici dell’orazione
mentale e alla formazione umana e spirituale dei fanciulli.
Nel 1741, in preparazione della visita alla Diocesi del Cardinale Spinelli, programmò e partecipò alla
grande missione tra i paesi, abbandonati spiritualmente, nei dintorni di Napoli (Casali). Sarnelli
sollecitò il Cardinale affinché la guida della missione venisse affidata a S. Alfonso e ai Redentoristi.
Cosa che fu possibile solo fino all’inizio dell’estate del 1742, quando S. Alfonso fu costretto a lasciare
la campagna missionaria, per ritornare a Ciorani, Sarnelli, per aiutare ancora una volta l’amico in
difficoltà, si piegò al volere del Cardinale, accettando di sostituirlo nell’incarico. Guidò la missione
fino al settembre dell’anno seguente, quando, ormai consumato E nelle forze, si dimise da
responsabile dell’opera.
Nonostante ciò continuò a predicare fino al mese di aprile, quando, agli estremi, fece ritorno a
Napoli, dove mori il 30 giugno 1744 a circa 42 anni.
L’attività senza sosta e lo zelo per la salvezza delle anime
consumarono in breve la vita di Gennaro Sarnelli.
(Disegno di G. Di Maio).
Seppellito inizialmente nella chiesa napoletana di S. Maria dell’Aiuto, nel 1894 il corpo venne
traslato nella chiesa redentorista di S. Alfonso e S. Antonio a Tarsia. Dal 25 ottobre 1994, i resti
mortali sono venerati nella chiesa redentorista di Ciorani.
Il Beato Gennaro Maria Sarnelli ha lasciato oltre 30 pubblicazioni di contenuto giuridico sociale, di
morale, di mistica, di pedagogia, di pastorale, di mariologia e di ascetica. Alla sua morte, inoltre,
furono trovate altre 7 opere incompiute. Un lavoro svolto in appena 12 anni: dal 1732 al 1744.
La sua azione apostolica, quasi caratterizzata da un ritmo frenetico, dove si incrociano l’attività
missionaria con quella di scrittore e quella, non meno significativa, di direttore spirituale, ebbe come
fine aiutare l’uomo a recuperare e vivere il senso profondo della propria dignità umana in Dio
Trinità. Pur operando con gli stilemi culturali del proprio tempo, non trascurò però la possibilità di
trovare nuove forme di evangelizzazione, incarnandole nel contesto sociale in cui dovevano essere
adottate. Il suo amico più intimo e primo biografo, S. Alfonso de Liguori, lo presenta come un
mistico, sottolineando che tutto l’operato del Sarnelli è da considerare alla luce della profonda
comunione personale che viveva col Cristo.
Egli, nel dare vita alle iniziative sociali, più che creare nuove strutture, operò affinché sia lo Stato
che la Chiesa del tempo recuperassero al loro scopo originario quelle già esistenti o che, nel
bisogno, ne creassero delle nuove. Sarnelli visse la sua attività apostolica da sacerdote e
specificamente da missionario. Il carisma redentorista fu per lui lo sbocco naturale in cui far
confluire la molteplicità dei doni ricevuti da Dio.
Dopo la morte, la consistente fama di santità valicò i confini dell’Italia, particolarmente ad opera di
un altro santo redentorista: Clemente Maria Hoffbauer. Nonostante ciò, la Causa di Canonizzazione
fu avviata solo nel 1861, con il Processo Informativo. Il 2 dicembre 1906, papa S. Pio X lo dichiarò
Venerabile, decretandone l’eroicità delle virtù.
(Dal libretto della Beatificazione)
PENSIERI DI GENNARO MARIA SARNELLI
«Non ti dare a pensare alla giustizia di Dio, al rigore dei suoi giudizi, alle pene dell’inferno e a
somiglianti massime che ti oscurano il cuore, ti dibattono l’animo, t’inquietano lo spirito e ti
fanno cadere in tristezze e diffidenze. Ma considera i cari attributi della misericordia, bontà e
carità infinita del tuo Signore. E quando ti compaiono innanzi quei pensieri di rigori e di
spavento, tu scacciali come manifeste tentazioni e volta la tua mente e il tuo cuore all’amore e
alla benignità di Dio.
Considera i motivi per cui devi indurti a confidare e nei quali sta riposta la ragione della
speranza. Sono le promesse sempre infallibili di Dio, le sue misericordie infinite per tutti i suoi
fedeli, i meriti immensi e il prezioso sangue di Gesù Cristo, sparso a fiumi per la nostra
salvezza e a noi donato, di cui una sola goccia, d’infinito valore, basta a cancellare tutti i
peccati dell’universo, basta a salvare tutte le anime del mondo, basta a far conseguire tutte le
grazie più grandi e più desiderabili del cielo.
E questa misericordia immensa, queste promesse infallibili e questi infiniti meriti del
Redentore, stanno sempre pronti ed esposti per tutte le anime che, con fede e fiducia, animate
dalla carità, a Dio si accostano e lo pregano ».
«Chi guarda il prossimo con occhi umani, lo ravvisa il più delle volte indegno, abominevole,
superbo, fastidioso, importuno, torbido, inquieto, nemico, persecutore e malfattore. Onde il
cuore umano inclina a rifiutarlo, gli occhi umani a sdegnarlo, la lingua umana a dirne male, la
mente umana a disprezzarlo ed alle volte le mani umane corrono ad offenderlo.
Ma quando l’anima si ravviva nella fede e con gli occhi della fede rimira il prossimo, questi gli
appare tutt’altro da quello di prima. Lo scopre degno di essere stimato, sovvenuto, compatito,
amato, quanto se stessa, sia esso una persona comune, in qualunque stato e condizione si trovi
e comunque siano i suoi tratti, portamenti e costumi, quantunque le riuscissero amari e
spiacenti; la ragione umana dipinge il prossimo quale egli è nella sua natura. La ragione della
fede ce lo propone quale egli è in Dio. […]
Ogni prossimo si trova nel seno di Dio, è creatura di Dio, formato ad immagine della SS.
Trinità. Come credente è membro del corpo della S. Chiesa, di cui è capo Gesù Cristo. È figlio
adottivo di Dio, ricomprato e asperso col sangue di Gesù Cristo. È tempio dello Spirito Santo,
erede del paradiso, compagno degli angeli e dei santi, nostro fratello e commensale nella
Chiesa militante in terra e poi nella trionfante in cielo.
Onde, appartenendo l’uomo per tanti titoli e riguardi a Dio e a noi, non può non restare
enormemente onorato Dio dalla carità che noi usiamo col prossimo, non può non venire
grandemente offeso Dio dall’ingiuria che facciamo al prossimo. Egli ci ricorda che chi offende
le sue ragionevoli creature, offende la pupilla degli occhi suoi. Questa grande verità insegna la
fede. E l’anima deve vivere ed operare nella fede, se vuole trovarsi fedele innanzi a Dio ».
« Il camminare al cospetto di Dio e la memoria della sua presenza mantengono l’anima
raccolta, ordinata, vivace e disposta alle impressioni della grazia: Sempre pronta a vincere le
passioni, a declinare dal male e ad operare virtuosamente. Onde per l’anima è un infinito
tesoro. […]
Noi viviamo in Dio, in Dio ci troviamo e per Dio siamo.
Tutta la nostra vita passa sotto gli occhi purissimi di Dio e di continuo ci troviamo alla sua
presenza. Non possiamo dare un passo, concepire un pensiero, dire una parola, fare un’azione,
fuori di Dio.
È più vicino Dio a noi, che non noi a noi stessi.
Quello stesso Dio che in cielo fa beati gli angeli e i santi; quello stesso si trova sempre con noi
e noi sempre alla sua divina presenza. Quelli lo vedono e ne godono, noi lo crediamo e lo
serviamo». (Dal libretto della Beatificazione)
Inno al Beato Gennaro Maria Sarnelli – Testo – Spartito – Scarica mp3
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