L’uovo
di Colombo
di Ruggero Marino
D
Le vicende
di un “avventuriero”
spiantato, sprovveduto
e sfortunato.
Ma ne siamo proprio
sicuri?
a 500 anni non
fanno, non facciamo che raccontarci in fotocopia la
solita soap opera dannata
e d’annata. É il caso ormai di definirla una “barzelletta d’antiquariato”.
Tanto per farci capire meglio facciamo un esempio, aggiornato all’epoca
moderna e in tempi di
sbandierata eguaglianza
sociale, un esempio ambientato nel più democratico
dei paesi del duemila, nella terra del sogno americano
e dei self-made-man.
Mettiamo che un “chicano” messicano, una sorta
di “vu cumprà”, varchi la frontiera con gli Stati
Uniti e si presenti nel nuovo Paese pretendendo di
andare da Obama, e che in breve ci riesca. Per presentarsi al suo cospetto e fargli più o meno questa
proposta, anzi imponendogli un vero e proprio diktat (!): conosco altre vite e altri mondi ricchissimi,
mi dia tre astronavi. Quando sarò rientrato dalla
scoperta sarà praticamente quasi tutto mio e solo io
avrò il diritto di governare quelle nuove terre, dove
sarò libero di amministrare la giustizia, mentre ne
ricaverò oltre il 50 per cento di tutto quello che vi si
troverà.
Al che Obama gli dà la mano e acconsente. È credibile oggi questa favoletta? È quello che sarebbe accaduto ad un marinaretto di umili origini, avido e
ignorante, in epoche in cui i Re erano Re e i plebei,
se avessero osato anche molto meno sarebbero finiti in una lurida galera e poi sul rogo.
Stiamo parlando di Cristoforo Colombo, di Isabella
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di Castiglia e Ferdinando di Aragona, le corone che sottomisero i
grandi di Spagna, che
cacciarono gli ebrei e
sconfissero i musulmani, che fecero terra bruciata degli avversari pur
di unire le lande iberiche. Stiamo parlando,
in definitiva, della storia
della scoperta dell’America.
Una storia dalla quale è sparito il personaggio più
importante della fine del Quattrocento: il Papa. Chi
era il pontefice a quell’epoca? Giovanni Battista
Cybo, cittadino genovese, salito sul soglio di Pietro
col nome di Innocenzo VIII.
D’altronde come avrebbe fatto il figlio di un lanaiolo genovese a recarsi dai Re di Portogallo e di Spagna, come avrebbe fatto a sposare, sempre in Portogallo, la figlia di un nobile cavaliere, imparentata
con la corte di quel Paese, come avrebbe fatto Colombo a pretendere dalle teste coronate tutto ciò
che vuole fino all’ultimo, come avrebbe potuto recarsi, qualora avessero continuato in Spagna a dirgli
di no, alla corte del Re di Francia? Come avrebbe
fatto suo fratello Bartolomeo a soggiornare alla corte del Re di Inghilterra per poi recarsi, a sua volta,
dal Re di Francia? Come avrebbe fatto un ignoto capitano del mare a scriversi con una delle più grandi
menti scientifiche del tempo, quel Paolo del Pozzo
Toscanelli, che risiedeva nella Firenze dei Medici?
Come avrebbe ancora fatto a dare a Papa Alessandro VI Borgia, il pontefice spagnolo che succederà a
Innocenzo VIII, dando tutto agli spagnoli, le indi-
“Il primo sbarco di Colombo sulle spiagge del Nuovo Mondo a San Salvador”, olio su tela del 1862 di Dióscoro Teófilo Puebla Tolín conservato presso il museo del Prado, a Madrid. In apertura, La copertina de “L’uomo che superò i confini del mondo”
cazioni per come dividere il mondo in due per stabilire i possedimenti di Spagna e Portogallo? E
via di questo passo. Ma andiamo
per ordine.
È la firma di un misterioso ammiraglio, di un personaggio complesso, dai risvolti esoterici, che
appartiene di diritto al grande e
utopistico sogno del Rinascimento italiano. Un uomo il cui vero
L’uomo
identikit è in una frase vergata di
Da 5 secoli la tradizione ha ingessuo pugno: “Lo Spirito Santo è presato e mummificato Cristoforo
sente in Cristiani, Musulmani ed
Colombo in un copia-incolla perEbrei e di qualsiasi altra setta”. Papetratosi premeditatamente prirole audaci, ancora oggi passibili
La misteriosa firma - anagramma di Crima, colposamente dopo. Accecadi rogo. Ma è la dimostrazione
stoforo Colombo, ancora oggi non del
to dall’oro, avido e supponente,
che il marinaretto aveva una cultutto chiarita nei suoi particolari, ma che
lascia
trasparire
la
profondità
della
cultubugiardo e schiavizzatore, alla ritura profonda in molti campi, in
ra e delle convinzioni del navigatore
cerca spasmodica di titoli e di riclinea appunto con la tradizione
chezze, ignorante quanto basta
umanistica.
per avere sempre creduto di essere
Si aggiunga che in un “Libro delle
approdato in Asia, al Giappone-Cipango.
profezie”, che quasi nessuno conosce e in cui l’auBasta leggere poche righe delle carte del navigatore
tore colleziona passi dei testi sacri, dove si annuncia
per capire che non è così. Basterebbe esaminare il
e profetizza la scoperta di nuovi cieli e nuove terre,
suo strano criptogramma da Gran Maestro, sicurail navigatore afferma che chi sa veramente leggere e
mente anche un erede templare, con il quale si firscrivere lo sa fare in quattro modi differenti (!).
ma: un rebus ancora non risolto.
Ecco perché alla terza riga e quarta riga dell’enigma-
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Un anonimo pittore del XVI secolo dipinse questo ritratto per
il matrimonio de “los Reyes Católicos”, Ferdinando d’Aragona
e Isabella di Castiglia, oggi conservato nel palazzo del “convento de las Madres Agustinas de Madrigal de las Altas Torres”, presso
Avila, in Spagna
tica firma si può leggere, in linea con le sue parole,
che lui è il portatore di Cristo (Xpo Ferens) alle tre
grandi religioni del libro: il cristianesimo, l’islam e
l’ebraismo.
Un uomo ed un nome simboli di un sogno universale di cui era il messaggero (così si autodefinisce in
alcuni passi) non solo in senso geografico: l’uomo
vitruviano e leonardesco per eccellenza, che i nuovi
tempi ponevano al centro del cerchio-mondo.
Ma non solo questo: se si va a scavare si scopre un
esperto di alchimia, di cabala, di conoscenze esoteriche, con una capacità incredibile di leggere i segni
della natura, come se fosse un libro spalancato. Di
un vero e proprio sciamano che indovina le tempeste, che ammansisce uragani e trombe d’aria, che
interpreta i segnali dell’oceano, che sotto altre volte
stellate indovina al minuto secondo un’eclisse di
luna, salvando così la vita per sé e per i suoi uomini
dagli indios stanchi dei soprusi dei troppi spagnolitraditori che fanno di tutto per ostacolare il compito del loro Ammiraglio.
Le rotte
Si dice che Colombo non abbia mai capito nulla:
dove andasse, dove fosse sbarcato, da dove fosse
tornato. Strano che abbia sempre indovinato tutto.
Praticamente il suo primo viaggio si svolge da casello a casello. Le sue rotte, sino ad allora considerate
ignote, sia all’andata che al ritorno, sono quelle che
ancora oggi percorrono i velisti nelle immensità
dell’Atlantico, l’oceano che gli arabi chiamavano il
verde mare delle tenebre.
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Colombo avanza scegliendo le situazioni climatiche
giuste, conosce le calme
oceaniche come le correnti, cambia le vele per rendere più spedito il viaggio.
Quando i suoi marinai cominciano ad essere presi
dalla paura chiede tre giorni, mettendo a disposizione anche la propria vita,
prima di poter decidere di tornare indietro, e dopo
tre giorni fa “tana”.
Quando avvista terra nella notte non prosegue, perché preferisce farlo di giorno, quasi consapevole del
rischio delle barriere coralline. Dirà che dalla Spagna alle Canarie e poi alle nuove terre ha impiegato
40 giorni. Di 40 giorni parlavano i testi antichi per
poter raggiungere il continente posto al di là del
continente liquido, a dimostrazione che quel mondo nuovo era stato raggiunto svariate volte in precedenza e non solo dall’Occidente.
I turchi, come dimostra la carta dell’ammiraglio Piri
Reis nel 1513, che presenta più America di quella fino ad allora perlustrata, avevano le stesse mappe
dei cristiani, i Cinesi andavano regolarmente in
America come sempre più spesso si sostiene.
Il Cipango che Colombo voleva raggiungere ci insegnano che fosse il Giappone. Ma il Giappone
non era stato ancora scoperto. Per di più se si guarda una mappa della Cina non si trovano desinenze
in “ango” mentre il Mesoamerica ne è costellato:
Durango, Chichicastenango, Xipangu, Xipan…
D’altronde è sufficiente leggere il passo del “Milione”, che Colombo leggeva e chiosava come tutti i
grandi scienziati dell’epoca, relativo al Cipango,
per capire che anche Marco Polo (altro strano mercante, che si recava dal Gran Khan, portando l’olio
del Santo Sepolcro su incarico del Pontefice dell’epoca), in quel breve paragrafo sta esattamente parlando dell’America.
Si sa che Colombo effettuò nella sua vita quattro
Non si può negare che da questi due ritratti (quello a sinistra di Papa Innocenzo VIII realizzato dal Ghirlandaio, quello a destra, di
Cristoforo Colombo, ad opera del Pollaiolo) traspaia una sconcertante rassomiglianza dei lineamenti
viaggi, sfidando la sorte fino alla maturità, visto che
a quel tempo non erano crociere. Si dice che solo
nella terza traversata toccò il continente. Siamo
convinti che accadde molto prima e quasi sicuramente anche prima del 1492. E per chi volesse saperne di più, dato che lo spazio è quello che è, rimandiamo il lettore curioso ai nostri ultimi due libri (“Cristoforo Colombo l’ultimo dei Templari” e
“L’uomo che superò i confini del mondo”, ambedue
della Sperling & Kupfer).
Il Papa
Mai nella storia di Colombo, prima che questa ricerca cominciasse oltre 20 anni fa, trasformando
l’autore da un semplice ricercatore storico alla Fantozzi in un convinto Indiana Jones, si era mai parlato di un pontefice, del Vaticano, della Chiesa in
funzione dell’“Operazione America”.
I rapporti dell’Ammiraglio con Roma venivano fatti
cominciare dalla tradizione con l’avvento sulla cattedra di Pietro di Rodrigo Borgia, il famigerato spagnolo Alessandro VI. Cancellando completamente
il vero “sponsor”, il “Deus ex machina” della prima
spedizione colombiana, ovvero quello che abbiamo
da sempre chiamato il “Papa desaparecido”, Innocenzo VIII, Giovanni Battista Cybo. Un Papa cittadino genovese (!), che viene dall’Oriente.
Il padre, che fu viceré di Napoli, era nato a Rodi, l’isola dei cavalieri del mare, oggi di Malta: si chiama-
va Aronne, un nome che, per i tempi, rinvia ad
un’ascendenza ebraica, mentre la nonna si chiamava Sarracina, un nome che rinvia a commistioni
musulmane. Nel sangue del pontefice cattolico romano si univano le tre grandi religioni monoteiste,
in linea con le parole di Colombo: “Lo Spirito santo è
presente in Cristiani, Musulmani ed Ebrei”. Innocenzo
VIII governa la Chiesa dal 1484 al 1492, e muore
appena sette giorni prima della partenza di Colombo, il 3 agosto, quando il Borgia versava nei calici la
“cantarella”, il veleno, come se fosse Coca Cola.
Il Papa coltivava il sogno, qualora non fosse stato
possibile raggiungere un accordo, di realizzare una
crociata per la riconquista di Gerusalemme e del
Santo Sepolcro ancora in mano agli infedeli. Un Papa la cui tomba, eseguita dal Pollaiolo, l’unica traslata dalla vecchia basilica costantiniana alla nuova,
in un omaggio singolare per un vicario di Cristo
praticamente infamato dalla pubblicistica che seguirà, presenta nel tempio della Cristianità un’enigmatica epigrafe dove, alla terza riga, compare incisa, nel marmo scuro, una menzogna che tuttavia è
sicuramente la fotografia della verità: “Novi orbis
suo aevo inventi gloria” (Nel tempo del suo pontificato la gloria della scoperta di un Nuovo Mondo).
Perché?
Le domande si moltiplicano guardando nella parte
superiore del feretro, dove la statua del pontefice reca in mano un talismano che dona il potere del
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La tomba di Papa Innocenzo VIII
in Vaticano, opera del pittore e
scultore fiorentino Antonio Benci, detto il Pollaiolo, che vi lavorò
dal 1492 al 1497. Particolarità del
sepolcro è che il Papa vi è rappresentato due volte: disteso sul sarcofago e, in alto, seduto e benedicente lo stesso
Colombo hanno gli stessi
colori di quelli dei Cybo.
Che due documenti dei
primi del ‘500 parlano di
un “Columbus nepos”…
I soldi
mondo e l’immortalità, la lancia di Longino, una
reliquia inseguita anche da Carlo Magno, Napoleone e persino Hitler. Strano Papa in odore di ermetismo e forse, come per Colombo, di eresia.
Mentre ancora oggi, sempre attorno alla basilica, si
vende un poster dove, nella breve biografia, si può
leggere “aiutò Cristoforo Colombo nella scoperta dell’America”. Un’altra menzogna o un’altra verità?
C’è infine da aggiungere che il viso del pontefice e
quello di Colombo nel ritratto del Ghirlandaio si
assomigliano in maniera inquietante. Che Colombo al nord equivale all’Esposito del sud, figlio di padre ignoto, che i colori dello stemma originario di
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Avrete probabilmente presente qualche monumento
con Isabella di Castiglia,
che offre le sue gioie pur di
far partire Colombo. Scordateveli. Sono, lo riconoscono gli stessi spagnoli,
un falso storico buono solo per l’agiografia di chi si
appropriò dell’“Operazione America”: il finanziamento per la prima spedizione, oltre alle tre imbarcazioni, non rappresentò
un investimento oneroso.
Metà di quei soldi, lo si sa
da sempre, venne dall’Italia, da nobili famiglie genovesi che si scoprono essere tutte imparentate con
i Cybo, mentre un’altra
parte venne da un banchiere dei Medici e, guarda
caso, il Papa, che aveva molti figli (Pasquino annotava: “Finalmente abbiamo il padre di Roma”) era il
consuocero di Lorenzo il Magnifico, con buona pace dei pavidi storiografi italiani.
E l’altra metà? Fu prestata da una milizia laica spagnola, la Santa Hermandad, amministrata da un
ebreo convertito, ricevitore delle Rendite ecclesiastiche in Aragona e quindi uomo di Innocenzo VIII,
e da un nipote genovese del Papa, Francesco Pinelli.
Come se non bastasse quel prestito, non lo si dice,
fu restituito pochi giorni dopo dal fondo della crociata contro i Mori in Spagna, istituito sempre da
In questa incisione di William Hogart
del 1752, è rappresentato l’ormai celebre
episodio nel quale Cristoforo Colombo,
infrangendo la base di un guscio d’uovo,
riesce a farlo rimanere dritto davanti a
un gruppo di scettici
Innocenzo VIII, fondo che aveva
fra gli amministratori un altro genovese, un Gentili, “familiare”
del pontefice.
Se si continua ad affondare (e anche per questa ricerca occorrerebbe uno “sponsor”, un mecenate)
in questa storia, i conti prima o
poi tornano sempre, ma in maniera perfettamente opposta a
quanto sino ad ora ci è stato raccontato.
Per concludere che se non fosse sbarcato il cristiano
Colombo, oggi l’America avrebbe agitato il libretto
Le isole scoperte da Cristoforo Colombo, in una xilografia tratta
dall’edizione illustrata delle sue lettere del 1493
rosso di Mao o si inginocchierebbe verso la Mecca.
E che se l’Occidente ha trionfato, se al posto dei
campanili non abbiamo minareti, se al posto di San
Pietro non è stata sovrapposta Santa Sofia questo,
piaccia o non piaccia, detto da un laico, lo si deve
alla Chiesa di Roma. E soprattutto al Papa desaparecido e al Christo Ferens. In una ricostruzione che è
un perfetto uovo di Colombo.
■
Ruggero Marino - Nato a Verbania Intra (Novara) sul Lago Maggiore il 4 marzo del 1940, ha lavorato per 34 anni al “Tempo” di Roma come inviato speciale, redattore capo del giornale e della
cultura. Ha effettuato reportages da 50 paesi. É autore del saggio “Bambini” per l’Unicef, ha fondato
e diretto il quadrimestrale “Poeti & Poesia”, scritto 2 libri di poesie, “Minime & Massime” e “L’inferno in paradiso” (Premio Indac), vinto oltre 10
premi giornalistici. Nel 1991 ha pubblicato “Cristoforo Colombo e il Papa tradito” (Newton
Compton), vincendo il
Premio Scanno. Nel 2006
ha pubblicato “Cristoforo
Colombo l’ultimo dei
Templari” (Sperling e Kupfer-Rai Eri) tradotto in sette
Paesi. L’ultimo libro “L’uomo che superò i confini
del mondo” ha vinto il
Premio Cultura del Mare.
Vive e lavora a Roma.
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L`uovo di Colombo