dro • 21-30 luglio 2006 drodesera > centrale fies www.drodesera.it Il Gaviale • Provincia Autonoma di Trento • Regione Autonoma Trentino Alto Adige / Südtirol • Ente Teatrale Italiano Ministero per i Beni e le Attività Culturali • Comune di Dro • Ingarda Trentino • Cassa Rurale Alto Garda • ENEL federica giorgetti www.motusonline.com crushsite.it FIES drodesera > centrale fies 2006 Spettacoli 6 Motus Rumore rosa Piccoli Episodi di Fascismo Quotidiano 12 Fanny & Alexander Heliogabalus Homo vario sol it arius Conferenza personalfilologicodrammatica con implicazioni a cura dell’archeologo Oflodor Inittehccas 19 Erna Ómarsdóttir e Jóhann Jóhannsson The mysteries of love IBM 1401 - a user´s manual 21 Erna Ómarsdóttir e Damien Jalet Òfætt («unborn») 26 Compagnia Virgilio Sieni Five dreams - mi difenderò - 06 Osso Á 28 Marta Galàn e Santiago Maravilla Lola 29 Rodrigo García La historia de Ronald el payaso de Mc Donalds 34 Sonia Brunelli Doma 37 Teatro Valdoca Misterioso concerto 39 Paola Bianchi Corpus hominis 42 Orthographe Orthographe de la physionomie en mouvement 48 Michèle Anne De Mey e Grégory Grosjean 12 easy waltzes 49 Compagnia Abbondanza/Bertoni Prova d’assolo davanti al pubblico 35 STOA scuola di movimento della Socìetas Raffaello Sanzio Ballo individuale in circostanze costrette 50 Teatrincorso Barbablù - come un piccolo animale senz’anima 36 Vincenzo Schino/Officina Valdoca Opera 51 Teatro sotterraneo 11/10 in apnea FIES crushsite.it Progetti speciali Installazioni Esposizioni 26 Virgilio Sieni e Letizia Renzini Corpi d’oro il buonumore_il malumore - 2006 14 Enrico Fedrigoli Esposizione fotografica 15 Fanny & Alexander Habemus Papam 52 Gerardo Lamattina Peace & Love party 47 Motus Motus&Fassbinder 53 Incontri 54 Lounge factory 52 Gerardo Lamattina websuicide.com Interviste Live performance 8 Emanuela Villagrossi di Patrizia Bologna 40 Paola Bianchi Kytos - in potere Chrónoshomo 16 LuIgi De Angelis e Chiara Lagani di Rodolfo Sacchettini 22 Erna Ómarsdóttir e Jóhann Jóhannsson di Umberto Angelini Video 30 Rodrigo García di Elena Franceschini 32 Rodrigo García Letizia Renzini Motus 45 Silvia Calderoni di Claudia Gelmi FIES crushsite.it 44 Sonia Brunelli di Tommaso Pasquini teatro valdoca / paesaggio con fratello rotto seconda tappa canto di ferro / foto crushsite.it Una luce sull’arte drodesera > centrale fies 2006 FIES drodesera > centrale fies 2006 21 - 30 luglio 2006 l’arroganza della metamorfosi Il talento fa quello che vuole, il genio fa quello che può. Carmelo Bene L’umano. Il ciclo vitale, l’abbandono dell’infanzia, la perdita di qualcosa che fino a lì ci ha accompagnati. L’adolescenza come rito, come passaggio attraverso e nel tempo che si colma di istinto, di pura emozione: culmine del momento creativo e distruttivo. Il vedersi cambiare. Trasformazione che non ha mai fine con crudeltà dello sguardo e del sentire. Il rischio e la tensione, il confuso e il nuovo, l’inizio di un cammino che è iniziazione verso il confronto col mondo. Verso altre età. Viaggio dell’umano nell’umano in continua tensione verso l’età dei corpi d’oro. Al teatro, con forme, modalità ed intenti diversi, si affaccia l’età più incredibile della vita, nella danza, fino alle nuove tecniche di mockumentary: l’ adolescenza. Ed è proprio in questa età dai confini labili che spinge in avanti con impeto, a volte saltando con gli occhi chiusi, che oggi si trova una parte della creazione del teatro e della danza, che attua un processo di separazione da ciò che era prima, in nuovi rapporti con la dimensione corporea. E così centrale fies 2006 non interrompe il cammino. Né la trasformazione. Come una creatura che cresce, si evolve, sperimenta, nella ricerca continua e nel cambiamento che non ha mai fine. E trova risposte dissacratorie, inquietanti, poetiche, violente, crudeli, leggere, scomode, tenere, criptiche e profonde come solo il sentimento al suo nascere. Opere di teatro, danza e video arte legate da un forte interesse per quel momento della vita dove tutto prende e cambia forma: in scena e sullo schermo l’età inquieta. L’adolescenza non è solo il tema, ma anche l’età che si rispecchia nella ricerca dei nostri artisti, costantemente in tensione verso la scoperta delle potenzialità umane, in una prova continua che attraversa il rischio come fosse un rito di iniziazione, e allora la danza diventa qualcosa di più, diviene Mutazione del movimento, slegata da stereotipi e cliché: un mutamento biologico che ne conserva le tracce ma che è già qualcosa di completamente cambiato. Ed è nell’accompagnare tutte queste compagnie e questi artisti speciali che Fies risiede nella tensione verso ciò che diventerà. Centrale nelle sue alterazioni, nel mutare che spinge in avanti mentre si guarda cambiare, modificazioni che arrivano fino ad ospitare qualcosa di nuovo, che prima non apparteneva al suo corpo, inquieta nel muoversi, come l’età, svela un qualcosa che prima non c’era: Cosa sei? - gli chiedo. E quello non risponde. Cosa fai? - insisto. E lui si guarda intorno. Cosa vorresti fare, allora - rilancio. Cosa voglio non so - dice - ma so che potrei fare tutto. C’è potere, verbo, e c’è il potere, sostantivo. L’adolescenza è verbo, potere all’infinito. Infinito potere nemico del potere. Chi ha il potere fa quello che vuole. Chi può fa tutto o niente, imprevedibile a se stesso come al mondo. Punto interrogativo, tormento del potere che ha bisogno di ruoli e certezze per il suo esercizio. Adolescenza è un work in progress. Un po’ come drodesera > centrale fies, che se gli chiedi “cosa farai da grande” continuerà a risponderti “boh, ma potrei fare di tutto”. E continuare a stupirti ancora. V.S. FIES FIES federica giorgetti RUMORE ROSA Motus Venerdì 21 luglio ore 21.00 Sabato 22 luglio ore 21.00 Centrale Idroelettrica di Fies - Sala Turbina 1 Durata 60 minuti Di Enrico Casagrande e Daniela Nicolò Con Silvia Calderoni, Nicoletta Fabbri, Emanuela Villagrossi e la collaborazione di Dany Greggio Illustrazioni Filippo Letizi Visual composing p-bart.com Assistenza tecnica Pier Paolo Paolizzi Fonica Nico Carrieri Abiti Ennio Capasa per Costume National Relazioni e organizzazione Sandra Angelini e Elisa Bartolucci in collaborazione con Valentina Battistella Amministrazione Cronopios Produzione Motus, Festival delle Colline Torinesi, Drodesera > centrale fies, L’Arboreto di Mondaino con il supporto tecnico-creativo dell’Istituto Europeo di Design di Milano, Ied Moda Lab, Ied Arti Visive e il sostegno di Regione Emilia Romagna, Provincia di Rimini Per ora siamo qui. Con tre donne sole. Di tre diverse età. Che possono rassomigliarsi e forse essere la stessa persona. O forse no. Tre donne che parlano-cantano d’amore e d’abbandono. Tre donne che tentano. Nel bianco di una strada ghiacciata, di un salotto minimale, di uno studio di posa, di una camera da letto, di un set cinematografico, di una sala d’aspetto, di una pista da pattinaggio, di un ospedale … nel bianco di un foglio bianco. Tre donne le cui parole sono andate. Vanno a vuoto su disco. Ruotano e si attorcigliano su se stesse. Appaiono e scompaiono. Fra le amare lacrime. Petra non c’è. Karin nemmeno. Non necessarie. Mai state. Restano delle lievi silhouette a ricordarle. E le loro lunghe telefonate. Chiacchiere. C’è solo Marlene che guarda. E ascolta il rumore (rosa) di uno spettacolo dalle curve multiple. Lo immagina su un fondo bianco. Lo disegna. Con il tratto insicuro di chi ancora ha paura del bianco. Ma ci prova. Anche noi ci proviamo. Ancora e ancora. (Motus) federica giorgetti “…ma i sogni più belli non s’avverano mai…” (da Era d’estate, di Sergio Endrigo). FIES Piccoli Episodi di Fascismo Quotidiano Motus Indagini su Pre paradise sorry now di R.W. Fassbinder Venerdì 28 luglio ore 23.00 Sabato 29 luglio ore 23.00 Centrale Idroelettrica di Fies - Forgia Durata 55 minuti Ideazione e regia di Enrico Casagrande & Daniela Nicolò con la consulenza letteraria e musicale di Luca Scarlini Interpretato da Dany Greggio, Nicoletta Fabbri In video Silvia Calderoni e Gaetano Liberti Voce off Andrea Riva Editing audio e fonica di Nico Carrieri e Enrico Casagrande Immagini video di Daniela Nicolò e Simona Diacci Relazioni e organizzazione Sandra Angelini e Elisa Bartolucci Amministrazione Cronopios federica giorgetti Una produzione Motus con il sostegno di Arboreto di Mondaino, CANGO Cantieri Goldonetta Firenze, Regione Emilia Romagna e Provincia di Rimini Prima del paradiso, sorry, qualcuno deve soccombere, sorry, la felicità, banalmente, ha un prezzo come l’infelicità di un terzo, che magari non conta molto, o è arrivato da poco, o non si sa difendere, sorry, cose di poco conto! L’eliminazione, in quest’ottica, diventa ovviamente normale, è parte di quel quotidiano che, sorry, non si può certo cambiare. Meglio comprarsi una pistola. E allora tu, sei un assassino o uno che muore? Torna l’interrogativo che compariva già in Twin Rooms e qui trova ben altre risposte, negli sguardi di ghiaccio di Ian Brady e Myra Hinley, protagonisti-pretesti, desunti da Pre paradise sorry now, una anomala pièce di Fassbinder del 1969, ispirata alle reali vicende dei due serial killer inglesi arrestati nel 1966. (The moors murderes, ora icone pop delle coppie assassine: Myra è morta in carcere nel 2002, Ian è ancora in vita, alimentato a forza). Quanti Ian e Myra esistono oggi? Dietro giardinetti ben curati, e i gerani sui davanzali?... Che magari non uccidono con asce e coltelli, ma con sguardi e parole non dette, come in Katzelmacher, e che ogni giorno vanno in ufficio covando un odio irrazionale, rozzo, proiettato sempre verso qualche nuovo nemico. Oppure all’improvviso prendono un kalashnikov e sparano alla cieca sui compagni di scuola. Hitler è sopravvissuto. È dal caos di immondizie e macerie che conclude L’Ospite - un dopo bomba - che guardiamo ancora oggi. Dopo il progetto su Pasolini, l’ultimo e disperato Pasolini di Petrolio e Salò, diamo avvio a un nuovo percorso che scava dentro una serie di scomodi rimossi: è l’ultimo nostro tentativo di resistenza qui. Non è tempo per intrattenimenti, preferiamo lavorare sul filo del baratro, spostandoci con leggerezza, sempre pronti alla fuga (e alla guerriglia). Ci insediamo come piante rampicanti, come virus, come ospiti invadenti, nei luoghi, interagendo con gli interni, mutando con gli spazi e in relazione ai contesti, per andare a ricercare tracce, macerie del fascismo ancora dominante proprio nell’infimo, nel quotidiano, perché “è nelle abitudini del comune vivere domestico che si annidano i germi che alimentano le ideologie autoritarie”. (Motus) FIES Intervista a Emanuela villagrossi di Patrizia Bologna Glaciale e tagliente è lo spazio che ospita Rumore rosa, il nuovo spettacolo di Motus. Sulla scena, strumenti di amplificazione del suono e della voce, strumenti di comunicazione per dialoghi che sono assenti, di cui rimangono solo frammenti di monologhi, aliti di parole, forse lacrime di sospiri. Ed è proprio da Le lacrime amare di Petra von Kant che la ricerca di Motus si dipana per arrivare a comprendere l’intero universo di Fassbinder. Sullo sfondo corrono disegni fumettistici che si creano in osmosi con l’avanzamento della narrazione. Un tratto nero dà vita a fragili oggetti e lontani paesaggi: una lacerante confessione della bidimensionalità delle cose, del vuoto delle emozioni, dell’inconsistenza del mondo. Il gelido pavimento ospita tre donne che cadono e si lasciano cadere, casualmente e volontariamente. Figure femminili rubate alla cinematografia e alla teatrografia fassbinderiana, che portano sul corpo le tracce strazianti della sottomissione di Marlene, della esasperata solitudine di Petra, del masochismo isterico di Martha, della rifiutata sessualità di Elvira, della lucida maniacalità di Maria, della forzata schiavitù di Veronika. Figure che possono essere identificate dal differente dosaggio delle parole pronunciate o dalla violenza dei movimenti compiuti, personaggi stilizzati che mostrano il percorso di tre vite - o forse di una stessa vita - che trovano in un incidente un elemento di raccordo drammaturgico. Sfaccettature femminili che vengono interpretate con ricchezza di toni da tre attrici: l’afonia autolesionista in scarpe da ginnastica e tacchi altissimi di Silvia Calderoni, la logorrea maldestra e vivace in cappotto di Nicoletta Fabbri, la pacata eleganza in camicia da notte avorio di Emanuela Villagrossi. Tra uno spettacolo e un viaggio, abbiamo incontrato Emanuela Villagrossi, artista versatile e di talento, per parlare dei suoi esordi teatrali, ancora giovanissima, nella Mantova degli anni Settanta, delle prime esperienze di attrice con Federico Tiezzi, dell’incontro con Motus e del lavoro d’attrice svolto in Rumore rosa, degli stimoli di cui si circonda... Ne emerge il ritratto di una donna passionale, impegnatissima, sempre alla ricerca di nuove suggestioni, divertente e molto autoironica. Come hai iniziato a fare teatro? Il teatro è entrato nella mia vita quasi per caso, grazie a una serie di incontri... La scuola superiore che ho frequentato a Mantova prevedeva alcune ore di corso definite “attività integrative” e lì ho avuto l’occasione di conoscere artisti visivi, musicisti... Eravamo vicini a Bologna e quindi c’era uno strano collegamento con il movimento studentesco che sosteneva ancora l’idea della necessità di inserire nei programmi di studio esperienze artistiche e alternative al di là della specificità della scuola. Ho avuto la grandissima fortuna di conoscere così il Living Theatre, il Carrozzone... Dopo questi incontri ho deciso di dedicarmi al teatro professionalmente fondando FIES una cooperativa con alcuni amici e compagni. Che aria teatrale si respirava in quel periodo? Il teatro era ovunque: nelle palestre, nelle piazze, nelle gallerie d’arte, nei luoghi più disparati. Era un periodo di grande apertura soprattutto nei confronti delle altre arti... La mia esperienza è cominciata sotto il segno di una grande fusione di stimoli diversi, dell’unione di vari linguaggi. L’idea della specializzazione come attrice attraverso l’accademia e la scuola era addirittura limitante: era più interessante andare a sentire una conferenza con Marc Rotchko piuttosto che studiare dizione. Nel teatro di quel periodo potevano stare insieme l’artista visivo e il musicista sperimentale. Oggi non è così ovvio perché c’è una settorializzazione nelle cose, mentre allora lo scambio era maggiore e quindi non ho sentito l’esigenza di prepararmi su altri fronti oltre a laurearmi in filosofia. L’esigenza di approfondire la mia professionalità in ambito teatrale è emersa invece nel corso del tempo - perché naturalmente le necessità cambiano quando si cresce -, per cui ho seguito seminari, partecipato a laboratori, da Vassil’ev a Carmelo Bene... Da un punto di vista espressivo la possibilità di lavorare tanto tempo con uno stesso regista - la mia esperienza con Carrozzone/Magazzini - è stata fondamentale perché mi ha spinto a dover cambiare, a crescere, ad adattarmi, proprio in senso biologico: non puoi essere sempre adeguato... Ho vissuto tantissimi anni di inadeguatezza teatrale che mi hanno segnata moltissimo... Sono stata un’insufficiente cronica e tuttora lo sono! Questo atteggiamento per me è molto costruttivo, vitale, stimolante. Poi ho incontrato alcune persone che per me sono state importanti: penso a Cesare Lievi o Marco Baliani che facevano un tipo di lavoro molto diverso rispetto alla mia esperienza e che mi hanno portato verso direzioni nelle quali io ero totalmente insufficiente - ovviamente! - ma rispetto alle quali mi sentivo sempre molto stimolata. Ho sempre lavorato con persone molto autentiche, grandi maestri che tuttavia non si sono mai posti come tali. Come scegli le persone con cui lavorare? Con l’incoscienza totale... Inizialmente non sceglievo perché ho sempre pensato che fosse un percorso molto naturale, poi, con il tempo, ho imparato a prendere delle decisioni. Fondamentalmente oggi, dico di sì (ride) solo quando proprio non posso dire di no! In effetti sono molto esigente con me stessa e spesso penso di non essere capace, per questo, quando mi viene fatta una proposta, trovo il principio di ragione sufficiente per evitare di accettare. Spesso accetto un lavoro quando si tratta di qualcosa che non ho mai fatto o per cui penso che non ce la farò mai. Mi rendo conto che è paradossale... È comunque un criterio... È un criterio che garantisce la totale mancanza di noia. In teatro non mi interessa la conciliazione, preferisco la discrasia, amo mettere in rilievo gli squilibri piuttosto che le conformità... Le scelte che compio devono essere una sorta di sfida: mi stimola tutto ciò che mi mette alla prova, per cui non mi sento abbastanza capace... Mi fa sempre molto piacere incontrare persone nuove con le quali lavorare ma, allo stesso tempo, mi fa paura. Avverto spesso la sensazione di non avere gli strumenti... ma forse, in realtà, la mancanza di strumenti è ciò che mi salva perchè mi spinge a fare sempre cose nuove. Per questa ragione, in un’intervista, ti sei descritta come “un’attrice mai pacificata”? Assolutamente! Non concepisco il lavoro come auto-conferma. Non mi riferisco al prodotto, ma piuttosto al percorso che si compie per giungere al risultato finale: quel percorso è la mia esperienza, il mio vero lavoro. Per me il teatro è un rapporto dialettico, che scatena un po’ di crisi, mi piace uscire dalle prove con un problema da risolvere. Mi viene in mente un ricordo proprio adesso: era una giornata caldissima, mi trovavo al Maggio Musicale Fiorentino con uno spettacolo di Federico Tiezzi, avevo un problema con una scena e ad un certo punto ho trovato un rametto per strada: l’ho preso in mano e mi sono detta “ecco, ho trovato la soluzione!”. E così abbiamo risolto il problema: mi hanno costruito un rametto meraviglioso con cui facevo un movimento molto aereo e questo rametto fioriva come nell’opera di Pechino. Questo camminare per strada, trovare gli oggetti, portarli al lavoro è un po’ una metafora del mio metodo: passare nella vita, cogliere le esperienze, rielaborarle e poi affidarle agli altri. Come è avvenuto l’incontro con Motus? L’incontro con i Motus è avvenuto sotto il segno dell’imprevedibilità totale. Era un periodo molto particolare della mia vita in cui ero abbastanza inquieta. Un giorno sono salita su un treno e sono andata a vedere la mostra di Jeff Koons al Museo Archeologico di Napoli e poi Porcile di Antonio Latella a Salerno. Volevo andare lontano, ma spesso più lontano vai e più ti avvicini... I Motus stavano cercando un’attrice per il ruolo della madre de L’ospite: ci siamo incontrati a Rimini e abbiamo iniziato a lavorare in uno stato di aspettativa reciproca. Mi sono trovata a entrare all’interno di un gruppo di persone che non conoscevo, in una situazione anomala perchè le prove si sono svolte in Francia. È stata una bellissima esperienza, non posso usare un altro aggettivo... E come avete lavorato alla creazione dello spettacolo? Enrico e Daniela lavorano sempre, continuamente. Quando io sono entrata nel gruppo, loro stavano preparando il progetto Come un cane senza padrone e avevano già fatto un lungo viaggio, avevano preso appunti. Loro lavorano continuamente, anzi “lavorare” non è il termine esatto, loro “vivono”, “sono”. Quando ci siamo incontrati hanno dato a me e agli altri attori un FIES diario che avevano scritto sulle loro sensazioni, emozioni, situazioni che potevano essere utilizzate nel lavoro. La scrittura scenica è passata attraverso un lavoro di apporto di suggestioni individuali, rielaborazione e metabolizzazione. Mi piace molto pensare a quel gruppo di lavoro come a un organismo che abbiamo potuto far crescere perché abbiamo avuto dei tempi produttivi un po’ più dilatati rispetto a quanto avviene normalmente. Sapevo fin da settembre che le prove sarebbero iniziate a marzo e quindi ho avuto il tempo - non dico per la maturazione perché quella avviene molto dopo il debutto dello spettacolo - per fare emergere desideri, pulsioni, immagini... Ci sono immagini o persone che incontri nella vita e che poi orienti e filtri fino a portarle in teatro. Quando mi raggiungono questi messaggi - che possono essere un libro, un film, una parola, la pettinatura di una donna sulla metropolitana - penso “questo mi vuol dire qualcosa” e allora li metto da parte per poi rielaborarli e affidarli al regista. Con Daniela ed Enrico questo lavoro è stato molto intenso perchè offrivano una duplice prospettiva: ciò che proponevo veniva visto in maniera diversa, elaborato in modi diversi, restituito attraverso mondi diversi... Un’esperienza molto interessante e soprattutto arricchente... Quindi il lavoro registico e attorale è stato fatto in gruppo? Sì, diciamo di sì, tuttavia per me è molto importante che ci sia uno sguardo esterno che mi osservi. Io ho bisogno della struttura, non mi interessa inventare ogni sera una cosa nuova, anzi mi piace scoprire la lieve variazione nella ripetizione, quasi dei microslittamenti nel lavoro. Per questa ragione ho bisogno di qualcuno che, da fuori, mi dica “questo funziona” o “questo non funziona”. Credo che l’attore sia un elemento fra gli altri e abbia una funzione tra le altre, dopodichè il peso, il calibro dell’insieme delle componenti viene costruito dall’esterno. Dato che l’attore non si può osservare, lo sguardo di una regia che fonda in un’unica prospettiva il gergo, il movimento dell’attore con gli altri elementi della scena - luci, musiche, immagini, movimento degli altri corpi - è fondamentale. Parliamo di Rumore rosa: come hai creato il tuo personaggio? Per me è stato un momento molto atipico di approccio allo spettacolo. Nelle precedenti esperienze, ho sempre avuto il tempo di “prepararmi”, cioè di “parare prima”: cercare degli stimoli, indagare delle suggestioni, costruire 10 FIES delle prospettive. Nel caso di Rumore rosa, nonostante le lunghe chiacchierate e gli intensi scambi di opinioni, la situazione era comunque molto aperta rispetto a una reale concretizzazione... Per motivi personali, ho iniziato a lavorare allo spettacolo quando il gruppo aveva già cominciato le prove e quindi mi sono trovata di fronte una struttura non ancora del tutto costruita, ma perlomeno già accennata. Tuttavia se la forma era ancora superficiale, la vitalità, la solidità, l’intensità erano fortissime. Ho subito capito che avrei dovuto lavorare in modo molto chiaro e diretto: per me la scelta è stata quella di fare il minimo essenziale e necessario. Le tre figure di Fassbinder parlano di se stesse e di alcune delle mille sfaccettature di cui si compongono le nostre personalità multiple, sfumature che appartengono sia agli uomini che alle donne perchè oggi l’uno individuale è un concetto plurale. Daniela ed Enrico mi hanno aiutato a capire che bisognava andare all’essenza e il minimo essenziale è stato ciò che ho indagato sia dal punto di vista stilistico sia contenutistico. Il nucleo ha sempre qualcosa di molto opaco, di poco trasparente, e quindi ho lavorato molto su alcuni aspetti poco chiari di me stessa. Mi sono posta delle domande: qual è il centro di questa azione scenica? Che cosa succede nel momento in cui entro in scena ed esco? Qual è la cosa che deve assolutamente succedere e per cui tutto il resto è secondario? Ho pensato sempre al minimo, all’essenza: durante le prove, se dovevo compiere un’azione, spesso muovevo solo i piedi perchè il mio tentativo era di eliminare tutto quello che era inutile. Si trattava, naturalmente di un percorso di ricerca che prescindeva dal risultato, tuttavia per me era un tentativo di ricerca dell’assoluto... Se ci penso adesso, mi sembra una cosa persino tenera: in un periodo di relativismo imperante, io facevo la mia ricerca sull’assoluto! Che ruolo ha svolto e che peso ha avuto il testo di Fassbinder? Abbiamo letto il testo e lo abbiamo dimenticato, successivamente lo abbiamo riaperto e lo abbiamo richiuso, poi l’abbiamo registrato e cancellato, infine l’abbiamo ripreso e lo abbiamo capovolto! In fondo che cosa è Le lacrime amare di Petra von Kant? È un dramma in cui tre persone, che hanno la caratteristica di essere tutte dello stesso sesso, si scontrano sui rapporti di classe, di potere e d’amore. Rispetto alla struttura del lavoro, gli aspetti che interessavano maggiormente Daniela ed Enrico erano proprio quelli che riguardavano il movimento emotivo, lo stato pulsionale, la deriva affettiva delle prota- goniste. Ci siamo chiesti: cosa succederebbe se le attrici che hanno agito i ruoli de Le lacrime amare avessero continuato nella loro finzione e nella vita a vivere Le lacrime amare? Cosa succede a Petra dopo che tutti l’hanno abbandonata? Cosa farà ora che non ha più la sua serva Marlene? Cosa accade a questa figura di solitudine estrema quando non può più utilizzare il potere e quando l’amore, buttato fuori dalla finestra, ritorna come mancanza, come privazione, come vuoto? Ecco perchè ho lavorato sul nucleo, sull’essenza, sulla sottrazione. Se il mio riferimento era Petra, io mi sono concentrata sul vuoto di Petra. È stato come ricostruire una vita immaginaria di qualcosa che non abbiamo nemmeno messo in scena. iniziare perché mi sono detta “ma perché non mi metto a studiare bene cosa è la voce e come funziona?”. L’intenzione era quella di fare una sorta di approfondimento, di seminario e invece mi sono ritrovata a tornare all’università. Risultato: in questo periodo ho sedici esami! Domani ne ho uno di storia della medicina, la settimana prossima uno di psicomotricità e neuropsicologia infantile. Un delirio... E adesso mi devo rimettere a studiare e ho qui davanti a me un libro sulla chirurgia nel Seicento! Un attore deve nutrirsi di stimoli differenti, altrimenti il teatro lo svuota. Colgo sempre le suggestioni che provengono al di fuori del teatro, tanto so che prima o poi ci rientreranno, come il rametto per strada di cui parlavo prima... So che sei impegnatissima con la preparazione di alcuni esami. Posso sapere cosa stai studiando? Sono iscritta al terzo anno della laurea di riabilitazione di medicina in logopedia. Ho scelto di FIES 11 HELIOGABALUS FANNY & ALEXANDER Venerdì 21 luglio ore 23.00 Sabato 22 luglio ore 23.00 Centrale Idroelettrica di Fies - Sala Turbina 2 Durata: 75 minuti Prima nazionale Ideazione Luigi de Angelis e Chiara Lagani Regia Luigi de Angelis Drammaturgia Chiara Lagani Scene e luci Luigi de Angelis e Antonio Rinaldi Macchine del suono Mirto Baliani Costumi Chiara Lagani e Sofia Vannini Allenamento metrico e vocale Marco Cavalcoli Fotografia Enrico Fedrigoli Con Filip Bilsen, Maarten Goffin, Mauro Milone Atelier scenografico: direzione Antonio Rinaldi, partecipanti Elisa Eusebi, Elisa Martinetti, Francesca Merciari, Roberta Strada, Sofia Vannini, con Paolo Carrioli, Giovanni Cavalcoli, Marco Fellini e Marco Molduzzi Sartoria Laura Graziani Alta Moda con Sofia Vannini Consulenza elettrotecnica Andrea Catalano Catering Valentina Ciampi e Marco Molduzzi con Anna Maria Bollettieri, Maria Antonietta d’Errico, Loretta Masotti Promozione Valentina Ciampi e Marco Molduzzi in collaborazione con Ifat Nesher per Canvas Management e Giusi Tinella per ONDA Ufficio stampa Marco Molduzzi Logistica e web editing Sergio Carioli Amministrazione Antonietta Sciancalepore, Marco Cavalcoli Produzione Fanny & Alexander, STUK Kunstencentrum, Het Toneelhuis, drodesera > centrale fies Si ringraziano Catherine Boving, Caterina Crepax, Maarten de Pourcq, Koen De Preter, Enrico Fedrigoli, Laura Graziani, Elisabetta Gulli Grigioni, Geert Hellemans, Gerardo Lamattina, An-Marie Lambrechts, Idolina Landolfi, Caterina Marrone, Giancarlo Nanni e il Teatro Vascello di Roma, Paula Noah de Angelis, Venerina Panzavolta, Rodolfo Sacchettini, Luc Van der Stockt, Toon Van Hal, Museo Carlo Zauli di Faenza, Nadia Ranocchi e David Zamagni, Rocco Zuffa Un grazie speciale a Roberto Magnani 12 FIES Heliogabalus è uno spettacolo che fa del linguaggio corporeo il suo centro e che ha come tema principale la relazione di un adolescente con un mito, che egli tenta disperatamente di incarnare. Tre giovani performer indossano a turno i panni di Eliogabalo, danzatore, sacerdote del Sole, fanciullo e imperatore la cui parabola dura appena tre anni. FABULA 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. ENTRATA DI VARIO NEL TEMPIO VARIO DANZA DAVANTI AI SOLDATI VARIO E’ TENTATO DALLA MADRE VARIO IMPARA LA LINGUA IMPOSSIBILE VARIO VIAGGIA VERSO ROMA. ADORAZIONE DEL BETYL. ROMA! A ROMA VARIO DA’ UNA FESTA IN SENATO DIALOGO TRA VARIO E LA MADRE SULLE FIGURE PRIMO DISCORSO DI VARIO AL POPOLO NEL SUO NUOVO LINGUAGGIO SECONDO DISCORSO DI VARIO AL POPOLO E ALLA MADRE VARIO DUBITA DELLA MADRE E DEL SUO NUOVO LINGUAGGIO VARIO BALBETTA E DANZA SENZA POPOLO E SENZA MADRE TERZO ED ULTIMO DISCORSO DI VARIO IN ASSENZA DI VARIO (REPERTO) SOLRESOL sisol = mister, sir (monsieur, le sieur) fami = this, that (ce, cet, ceci, cela) faremi = be (être) redo = my, mine (mon, le mien) solsifasi = new (neuf) solresol = language (langage) ALFAVITA VARIO: A=1 B=16 C=20 D=10 E=11 F=17 G=18 H=6 I=2 L=12 M=19 N=5 0=14 P=7 Q=21 R=4 S=3 T=13 U=9 V=15 Z=8 FIES 13 HOMO VARIO SOL IT ARIUS Mostra fotografica itinerante di reperti e icone imperiali (118 d.C. - 2006 d.C. ca) di Enrico Fedrigoli FANNY & ALEXANDER La mostra, divisa nelle tre sezioni “ritratti imperiali”, “figure” e “reperti”, è un percorso fotoarcheologico, il cui fine è l’infinita ricostruzione e reinvenzione dell’Icona Varia. “Homo Vario” è un personaggio storico, di cui si sa tutto e nulla, è il protagonista di uno spettacolo (“Heliogabalus” di F&A); è l’oggetto di uno sfaccettato imprendibile mito; è il trino ragazzo del sole, e anche l’esponente di una razza, di un tipo umano, e proprio perché è tutte queste cose e tutti questi individui assieme è ancora e implacabilmente solo: Sol it (V)arius! enrico fedrigoli Da venerdì 21 luglio Centrale Idroelettrica di Fies - Ponte di Controllo Nella leggenda Vario commissiona ad un artista un ritratto di sé che lo preceda a Roma, perché prima del suo arrivo, prima del suo insediamento imperiale, i romani si possano abituare alla sua immagine inconcepibile. Pensate a questa tremenda e sublime commissione, e immaginate che il ritratto che l’artista ha composto sia mutevole, invisibile, impossibile eppure perfetto, ogni volta dissimile, ogni volta più vicino all’originale volto cancellato dal tempo. Quest’immagine è certo il ritratto, ma è anche un reperto, in senso etimologico, in senso archeologico, è la figura più contraddittoria, quella a cui ancora non sarà dato essere definitivamente fissata e identificata. Conferenza personalfilologicodrammatica con implicazioni a cura dell’archeologo Oflodor Inittehccas FANNY & ALEXANDER Sabato 22 luglio ore 19.00 Centrale Idroelettrica di Fies - Ponte di Controllo Durata: 45 minuti Le conferenze personalfilologicodrammatiche sono brevi esposizioni con presentazioni di materiali, o reperti, raccolti intorno all’Homo Vario. Reperto è un oggetto, che viene trovato, o dissepolto, nel corso di una ricerca o indagine, capace talora di gettare una nuova luce sulla natura di quel che si cerca. I reperti, connessi in vario modo allo spettacolo Heliogabalus e alla mostra itinerante Homo Vario Sol It Arius, possono avere un carattere linguistico, oppure hanno funzioni pratiche, talvolta hanno uno scopo puramente informativo. Talora saranno invisibili, o futuri, sempre vivi (l’Homo Vario stesso sarà il reperto). Non avranno mai valore didattico o dimostrativo: come l’enigma apriranno solo domande da rivolgere all’opera, o al riflesso di se stessi nell’opera. La serie di conferenze, che accompagnerà gli spettacoli e la mostra itinerante, è coordinata dall’archeologo Oflodor Inittehccas, responsabile degli scavi ancora in corso. I reperti quattro, cinque, sei, destinati al debutto italiano (i primi tre sono stati presentati a Leuven, in occasione del debutto belga), appartengono tutti al genere “figure”, anche se costituiscono tre stili e generi differenti dello stesso tipo di materiale. 14 FIES DRO (Festival drodesera > centrale fies). BREVE RELAZIONE IN FORMA DI DIALOGO SUI REPERTI “QUATTRO, CINQUE, SEI: FIGURE, FIGURE, FIGURE.” di Rodolfo Sacchettini, partecipano Luigi de Angelis e Chiara Lagani (Sul grande mistero delle figure nella storia di Heliogabalus) “La figura più riuscita è quella che non lascia vedere di essere una figura.” Anonimo del Sublime, I sec d. C. (?) “Dov’era sparita, verso dove s’era dileguata? Lo ignoro. O forse non seppi bene cercare?” (Tommaso Landolfi, Favola) “Non sbaglio io, ché una sola dimensione mi serve per ogni cosa.” (Tommaso Landolfi, La donna nella pozzanghera) Habemus papam? (dal progetto Heliogabalus) installazione per video e macchine del suono Fanny & Alexander / Zapruder filmmakersgroup Fotografie Enrico Fedrigoli Riprese super8 Luigi de Angelis Macchine del suono Mirto Baliani Telecinema e montaggio David Zamagni e Nadia Ranocchi Regia Luigi de Angelis Con Koen De Preter, Koen Onghena, Bram Vos “Per lo spettacolo Heliogabalus, che ha debuttato a Leuven il 7 febbraio 2006, ho dovuto fare moltissime audizioni in Belgio allo Stuk Kunstencentrum alla ricerca di un volto e di un corpo per l’adolescente Heliogabalus che regnò dai 14 ai 18 anni. Ho cominciato nel febbraio 2005 e potuto scegliere definitivamente solo a fine luglio dello stesso anno. La scelta non si è rivelata solo difficile, ma allo stesso tempo impossibile. E’ possibile dare una risposta all’enigma Heliogabalus? A partire dalla damnatio memoriae seguita al suo brevissimo impero, abbiamo solo qualche frammento e residuo archeologico certi, nulla più, accanto a molto ciarpame storico e alla leggenda. La videoinstallazione Habemus papam? è la restituzione in forma di icona musicale e video dell’epifania della triplice figura imperiale, che si è manifestata per la prima volta durante quelle prime audizioni. Nessuno di questi attori-danzatori è stato poi scelto: ma la figura era ormai indelebile, triplice perché dinamofora, irriducibile, problematica. Durante le audizioni ho girato alcuni filmati super8 e il fotografo Enrico Fedrigoli ha cominciato un percorso personalissimo e parallelo sulla nascita della figura imperiale: questi materiali sono confluiti in Habemus papam?, montati da Zapruderfilmmakersgroup, con la colonna sonora a partire dall’ouverture del Don Giovanni di Mozart rielaborata da Mirto Baliani.” Luigi de Angelis FIES 15 Intervista a LuIgi De Angelis e Chiara Lagani di Rodolfo Sacchettini La figura di Eliogabalo tra mito, leggenda e storia suscita immediatamente alcuni questioni: anarchia, identità sessuale, adolescenza, teatro al potere… Di questo ampio ventaglio nel vostro Heliogabalus è forse il corpo dell’adolescente il punto di partenza? DE ANGELIS: L’idea originaria è stata quella di lavorare sul “corpo” e sullo “stare”, in particolare riferendosi alla figura di un adolescente che si trovi nel suo luogo sacro per eccellenza: la propria “stanzetta”. Non ci interessava mettere in scena il mito o i testi che vi ruotano attorno, da Artaud ad Arbasino, piuttosto volevamo riflettere sullo sguardo dell’adolescente e sul problema identitario. Il nostro Eliogabalo non vive in età imperiale, ma abita nell’oggi; la sua mitomania consiste nel vestire il proprio corpo - che è anche un corpo ermafrodita - con dei segni che derivano dalla cronaca, ad esempio dal potere religioso, con tiare vescovili ritagliate in carta di giornale. La prima immagine da cui sono partito è stata quella cronachistica di papa Giovanni Paolo II sugli sci, denominato “l’atleta di Dio” dalla nota passione per gli sport invernali. Il nostro cortocircuito nasce dall’idea che è del tutto plausibile trovare un paio di sci in una stanza o in un garage: l’adolescente li indossa, sommandoli ad altri segni del presente per dar vita alla propria visione del mito. Eliogabalo è un giovane danzatore-sacerdote del culto del Sole in Siria, che a quattordici anni è stato fatto imperatore per volontà delle madri. Dopo un viaggio lungo un anno per arrivare a Roma, ha imperato per tre anni cercando di instaurare un culto che non poteva certo essere accettato. Nel nostro lavoro tutto accade nella stanza e il tentativo è quello di inseguire la parabola di Eliogabalo, la costruzione della sua figura sempre in relazione a un pubblico, a un fuori, a una comunità di sconosciuti. Per me la Roma a cui si rivolge Eliogabalo è la platea del pubblico. Da uno sguardo puntato su di sé a uno sguardo rivolto all’esterno quello che vogliamo sollevare è il problema del processo creativo dell’artista. Consegniamo tutto all’aperto ed è come se per un attimo la tenda si aprisse del tutto. 16 FIES A un certo punto il vostro Eliogabalo per parlare al popolo romano si inventa una lingua impossibile… LAGANI: Eliogabalo arriva in una città a lui sconosciuta (Roma) e la comunità lo rifiuta, o comunque non lo riconosce come membro. Una delle prime domande che il fanciullo si pone è: “Come faccio a parlare a questa gente?” Parlare a costoro è anche conquistarli, significa essere accettato, proprio da un punto di vista amoroso. In questo senso la relazione a cui Eliogabalo aspira è per noi uno specchio fortissimo della relazione che un artista intrattiene con la comunità. L’artista (e il suo pubblico) è sempre alle prese con un linguaggio irto, nuovo, fortemente simbolico ed enigmatico. L’artista rivolge una domanda di tipo amoroso al gruppo di spettatori, esprime una tensione allo stesso tempo linguistica e sessuale. Allora il linguaggio impossibile è la forma che assume lo sforzo amoroso verso gli altri, una specie di estremo adescamento erotico rivolto alla collettività. Contemporaneamente c’è anche un côté molto più semplice, sempre legato alla fabula: il ragazzo Eliogabalo non ha nulla, se non il proprio corpo. Non ha una lingua comprensibile, non ha altri strumenti di conquista, altri oggetti cui riferirsi, altri idoli. L’unica possibilità è il corpo, l’offerta esasperata di sé come oggetto di adorazione e come estrema forma di invenzione linguistica. Così il testo di Eliogabalo è composto da gesti, da luci, da una partitura musicale, da un abito. In questo spettacolo utilizziamo tre tipi di lingua impossibile. Il riferimento più insistito è a Tommaso Landolfi e alle sue invenzioni linguistiche proprio in relazione a una tensione utopica. Abbiamo un linguaggio tipografico, uno musicale (“Solresol”) e un omaggio finale a Landolfi con la poesia Aga magera difura. Appare paradossale, ma alla fine il linguaggio per definizione più indecifrabile risulta essere quello unanimemente più compreso. International Prize for Performance seconda edizione / second edition Il 29 e 30 settembre 2006 si svolgeranno presso la Centrale di Fies (Dro, Trento) le finali della seconda edizione del Premio Internazionale della Performance, organizzato dalla Galleria Civica di Arte Contemporanea di Trento, in collaborazione con drodesera > centrale fies, il Centro Servizi Culturali Santa Chiara di Trento e l’Opera Universitaria di Trento. Il primo premio, attribuito da una giuria internazionale è di 5000 (cinquemila) euro. Saranno inoltre assegnati premi minori. Possono partecipare alla selezione finale gli artisti di qualsiasi nazionalità, provenienti da qualsiasi ambito formativo (arti visive, danza, teatro, musica, letteratura, ecc.), nati dal 1 gennaio 1971. Il progetti di performance dovranno pervenire via e-mail al sito della Galleria Civica di Trento entro il 30 luglio 2006. Gli artisti residenti nati e/o residenti nelle province di Trento, Bolzano e Verona e nel Tirolo austriaco hanno la possibilità di una via d’accesso privilegiata alle finali, partecipando alla giornata di preselezione il 16 settembre 2006 presso il Centro Servizi Culturali Santa Chiara. Oltre a due posti in finale verrà assegnato un premio in denaro di 1000,00 (mille) euro. Se sei un giovane performer e sei interessato a partecipare consulta il bando dettagliato sul sito www.workartonline.net On September 29th and 30th , 2006, at the Centrale di Fies (Dro, Trento) the final round of the second edition of the International Prize for Performance will be held, organized by the Galleria Civica di Arte Contemporanea of Trento, in collaboration with drodesera > centrale fies, the Centro Servizi Culturali Santa Chiara and the Opera Universitaria of Trento. The first prize consisting of 5,000 (five thousand) euros will be awarded by an international jury. Minor prizes will also be presented to other participants. Artists of all nationalities and origins from every formative context, born from January 1st, 1971 are able to participate in the final selection. The performance projects must be sent to the Galleria Civica via email by July 30th, 2006. Artists born and/or resident in the provinces of Trento, Bolzano, Verona and in Austrian Tyrol have the possibility of a privileged access road to the finals, participating in a pre-selection cycle on September 16th at the Centro Servizi Culturali Santa Chiara. Besides two places in the finals, a prize of 1,000 (one thousand) euros will be awarded. If you are a young performer and you are interested in participating, please consult the detailed announcement on the website: www.workartonline.net galleria civica di arte contemporanea di trento FIES 17 Sarawut Chutiwongpeti, Wishes, Lies and Dreams, performance, Premio Internazionale della Performance, Centrale di Fies, Dro, 9-10 settembre/September 2005 Premio Internazionale della Performance MODENA/CARPI/VIGNOLA 20/28 OTTOBRE 2006 ALAIN PLATEL JOSEF NADJ FANNY & ALEXANDER MICHELA LUCENTI TEATRO APERTO JONATHAN BURROWS / MATTEO FARGION VIRGILIO SIENI FABRIZIO FAVALE SOCÌETAS RAFFAELLO SANZIO CIE RASPOSO TEATRO LA MARÍA MOTUS TEATRO DELLE ARIETTE EIMUNTAS NEKROŠIUS ERNA ÓMARSDÓTTIR / JOHANN JOHANNSSON PIPPO DELBONO SPIRO SCIMONE / FRANCESCO SFRAMELI WWW.VIEFESTIVALMODENA.COM 18 FIES THE MYSTERIES OF LOVE ERNA ÓMARSDÓTTIR E JÓHANN JÓHANNSSON Giovedì 27 luglio ore 23.00 Centrale Idroelettrica di Fies - Sala Turbina 1 Durata 50 minuti Prima nazionale Ideazione Erna Ómarsdóttir e Jóhann Jóhannsson Creazione e interpretazione Margret Sara Gudjónsdóttir, Jóhann Jóhannsson, Erna Ómarsdóttir e Flosi Thorgeirsson Luci Sylvain Rausa Suono Ivar Ragnarsson Produzione e distribuzione Esther Welger-Barboza Coproduzione Festival d’Avignon 2005; CCN de Franche-Comté à Belfort nell’ambito di “l’accueil-studio” / Ministère de la Culture et de la Communication; Théâtre Lantaren/Venster, Rotterdam; Emilia Romagna Teatro Fondazione - Modena; Residenze di creazione : la Ferme du Buisson - scène nationale de Marne la Vallée Ringraziamenti a Karen Maria Jonsdottir e Valdimar Johannsson jean-françois specigo The Mysteries of love, il cui nome deriva dalla canzone del film « Blue Velvet » di David Lynch, è la seconda collaborazione tra Erna Ómarsdóttir e Jóhann Jóhannsson, dopo il duetto di successo IBM 1401, a user´s manual. L’idea principale è quella di creare una suite di 10 «canzoni» che seguano una struttura simile, cioè 10 piccoli lavori che uniscano in modo nuovo e provocatorio musica, movimenti, canzoni, parole e performance. La voce e la performance vocale sono intrecciate e inseparabili l’una dall’altra, essendo la voce un’estensione del corpo che fonde insieme movimento e musica. Per la prima «canzone» abbiamo cercato materiale in una vecchia rima che ci ha affascinati per la sua peculiare mistura eminentemente islandese di horror, bellezza, pathos e ironia. Per questo progetto, come fonti, vogliamo coinvolgere, fra le altre cose, testi, film e temi connessi all’adolescenza. I cambiamenti che avvengono nel corpo, gli ormoni, la trasformazione del corpo e della personalità. Gli umori, le emozioni estreme, visti in una sorta di maniera antropologica documentaria: cosa sta avvenendo dentro, quale mistero si sta sviluppando in questa grande sommersione di ormoni ed emozioni. Adotteremo un approccio sociologico e antropologico alle dinamiche sociali adolescenziali, esplorando le dinamiche delle bande femminili, delle api regine, la stigmatizzazione sociale e l’ordine nelle sfere sociali degli adolescenti. Film come Blue Velvet e innumerevoli film horror mostrano manifestazioni del lato oscuro presso i giovani, la perdita dell’innocenza, delle verginità, la scoperta di emozioni profondamente ambivalenti e conflittuali. Allo stesso modo la voce come estensione del corpo e strumento, e la musica, esplorano i confini tra il concerto e il teatro danza in una ricerca continua e in un cambiamento che non ha mai fine. The mysteries of Love sarà a Vie scena contemporanea festival di Modena il 27 e 28 ottobre 2006 FIES 19 IBM 1401 - a user’s manual ERNA ÓMARSDÓTTIR E JÓHANN JÓHANNSSON Mercoledì 26 luglio ore 21.00 Centrale Idroelettrica di Fies - Sala Turbina 1 Durata 45 minuti Ideazione: Erna Ómarsdóttir e Jóhann Jóhannsson Coreografia e interpretazione: Erna Ómarsdóttir Musica composta ed eseguita dal vivo: Jóhann Jóhannsson Archi: «Ethos String Quartet» Produzione e distribuzione: Esther Welger-Barboza laurent ziegler La musica contiene un frammento di “Island Ogrum Skorid” di Sigvaldi Kaldalons, eseguito dal Computer IBM 1401, programmato da Johann Gunnarsson e Elias Davidsson, registrato nel 1971. Realizzato in occasione della coproduzione di GRIM (Groupe de Recherche et d’Improvisation Musicale) e Officina - atelier marseillais de production, per il DANSEM 2002 festival (Marsiglia), il 26 settembre. Ringraziamenti a: Kitchen Motors, 1x2x3 - Philippe Baste, Rosas Parts, Tjarnarbio (Reykjavik), Ekka, Omar e Kristin. Non è più possibile separare l’uomo dalle macchine che usa. Attualmente siamo completamente dipendenti dalle nostre macchine e la vita senza di esse è quasi inconcepibile. La specie umana di fatto è divenuta una specie di cyborg (organismi cybernetici), inseparabili dalle macchine attorno e talvolta dentro di noi (pacemakers, arti artificiali…). I computer presto avranno il potere richiesto per stimolare la maggior parte delle proprietà del cervello umano, presto i computer sorpasseranno completamente quest’organo in ogni abilità. Tutto ciò spinge a chiedersi se siamo testimoni di una nuova forma di vita, se di fatto stiamo creando i nostri stessi discendenti meccanici che ci rimpiazzeranno assumendo il ruolo di specie dominante. Molti reagiranno a domande di questo tipo con orrore, rispecchiando la paura dell’uomo di essere detronizzato dal vertice delle cose. Come sarà la nostra relazione con questo tipo di esseri? Noi crediamo che dovremmo sostituire la paura con nutrimento e cura, e l’orrore con timore reverenziale e meraviglia. Crediamo che solo trattando questi discendenti meccanici come se fossero i nostri figli biologici potremo evitare il disastro, perché i figli trascurati finiranno per ritorcersi contro i loro padri. Crediamo che per co-esistere con le macchine dovremmo imparare a leggere il manuale delle istruzioni. 20 FIES ÒFÆTT («unborn») ERNA ÓMARSDÓTTIR E DAMIEN JALET Sabato 29 luglio ore 21.00 Centrale Idroelettrica di Fies - Sala Turbina 2 Durata 60 minuti Prima nazionale Ideazione e creazione: Damien Jalet, Erna Ómarsdóttir, Gabriela Fridriksdottir e Raven Coreografia e interpretazione: Erna Ómarsdóttir e Damien Jalet Assistente alla coreografia: Alexandra Gilbert Musica e suono Tape Tum (Lieven e Benjamin Dousselaere) Produzione e distribuzione Esther Welger-Barboza Con il sostegno di Association «Mischto» - Maud Cattiaux Coproduzione Théâtre National de Bretagne - Rennes, Tanzhaus nrw Düsseldorf, SW&G | sasha waltz & guests, Berlin Ringraziamenti Stefan e Rebekka, Karen Maria Jònsdòttir, The Icelandic Balletschool, Rosas/parts, Sidi Larbi Cherkaoui caroline ablain “Ofætt” è il frutto di un processo creativo intuitivo tra quattro artisti: i danzatori e coreografi Erna Ómarsdóttir e Damien Jalet, l’artista plastico Gabriela Fridriksdottir e il designer di moda Raven. E’ ispirato al concetto di « élan vital » introdotto dal filosofo francese Henri Bergson (1859-1941). Questo “ impulso vitale” è il processo creativo e imprevedibile che organizza i corpi che attraversa. Attraverso la forza che penetra il materiale e introduce l’indeterminabilità e la libertà. L’ “élan vital” spiega l’evoluzione della vita. “Ofætt” è in un certo modo un assolo per due corpi che esplorano la logica di evoluzione come la concepisce Bergson, un mondo in cui l’umano non è ancora o non è più definito chiaramente, un’ode al caos e all’arcaico che precede la civilizzazione. Esplorando temi come la nascita, l’istinto di sopravvivenza, il mutamento, la reversibilità sessuale, la morte... Damien Jalet e Erna Ómarsdóttir sviluppano qui una ricerca di movimento intuitiva e non accademica, combinando la voce e una forte fisicità. In collaborazione con il musicista Tape Tum, tratteggiano un paesaggio di suoni, movimenti e immagini, dando vita a una mitologia del tutto personale sull’origine dei tempi. Come se fossero fatti di creta, si trasformano di continuo e giocosamente con imprevedibili metamorfosi, cercando di tendere i propri corpi quanto più lontani dalla loro originaria forma umana e condizione. Questo spettacolo affonda nella materialità di cui siamo fatti per estrarne altre possibilità in cui l’animale, il vegetale, l’umano, il maschile e il femminile si incontrino, si congiungano e si oppongano per dar nascita a una sorta di geografia dei nostri campi interiori (…) FIES 21 Intervista a JÓhann JÓhannsson e ERNA ÓMARSDÓTTIR di Umberto Angelini La prima volta che ho incontrato Erna girava con due cani imbalsamati in uno spettacolo di Jan Fabre. L’ho rivista a Milano, ospitando al festival Uovo il suo primo lavoro come coreografa, con degli stivali stile western e una t-shirt heavy metal. Johann, invece, appariva in perfetto stile Jil Sander. Mentre noi girovagavamo in vespa, Johann vagava in cerca di dischi del periodo “prog” italiano. Ci siamo rivisti un paio d’anni dopo a Parigi tutti e tre al concerto del gruppo islandese dei Gus Gus. Erna e Johann sono persone di intensa umanità verso le quali nutro un sentimento di sincera amicizia e, malgrado i nostri incontri siano rari, ho la sensazione di frequentarli abitualmente. Questa sensazione di insolita familiarità e di scoperta allo stesso tempo è per me il tratto significativo del loro lavoro. Trovo straordinaria la loro capacità di innovare nel movimento e nelle sonorità, di lavorare sulla contemporaneità di un certo tipo di gesto e di suono pur mantenendo, impercettibile, ma sostanziale, un modo di occupare la scena che rimanda a periodi passati, abituali. Le loro performances sembrano custodire dei segreti, delle narrazioni poetiche, implose e squarciate da scariche d’energia che poi timidamente si ritraggono, si quietano. Lo sguardo si posa, rapito, su alcune sequenze e lì sta, in attesa, di un rinnovato inizio. Your choreographic work has been pushed towards a kind of released physicality, a violence of movement which absorbs the space, it sets upon impulsively to calm down, almost cradle… Erna: I guess the way the work has developed is simply a kind of mixture of a reaction to things happening around me and things happening inside me, and then how they come together. I guess that the fact of being from a country with so extreme nature and changes of light and weather, and at the same time being so few (the Icelandic population is only around 300.000) and isolated, has effects on the way most of us work, like the way of dealing with space. If you go to Iceland you will maybe understand. I often think about energy, certain kind of energy, when I create. It is also a way of being, I think the work goes along with who I am: I am of course like others, trying to be honest to myself in the work, but to me the most important thing is to enjoy what I do and to work with a good group of people. I also like sometimes to surprise myself doing things I never thought I would do, or like to do. You can learn a lot if you once in a while push yourself in a kind of a strange or unknown direction. The use of your voice (pointed out in IBM 1401) plays a very important role in your work (I think about the experience with PONI as well). Your vocal performance reminds of death metal, punk… Erna: Since I’m small I’ve always loved singing but rather out of tune. People would hold their 22 FIES ears and tell me to shut up and just dance. But I didn’t wanted to give up, so, somehow slowly, I discovered that there were different ways of using the voice and that voice was another layer in the work, in the type of dance I have been working on. Singing also makes me really happy or happily sad, melancholic. I sometimes have the feeling that through the use of my voice I come closer to something primitive or closer to the soul, to the essence. I like to experiment with different kind of screams and strange inhuman sounds, to play with schizophrenic contrasts like the satanic “death metal voice and then the angel childlike innocence, small girly voice. I like a lot the energies that come from punk or death metal as a contrast to something more melancholic, beautiful. I am just inspired from that energy and not necessarily from the music in itself. I like a lot to work with primal energies, emotional states, to create something material. I also like to play with text, often simple things, poetic repetitions, lists, etc. I would say that what I do is also dancing with the voice. In fact I try to dance with the whole body, to integrate everything, dance with the voice, the tongue, the eyes, the toes, the face, the breasts, the sex (maybe it is a reaction against the sentence “dance is dead” which was a sentence I heard I lot when I was at school, so I don’t dare to stop and just keep on dancing with everything is “on” my body). I also used to be really really shy and closed as a teenager: when I had to talk to people I would always blush, tremble and feel blocked; nothing came out. Now I often like to be really corny: dance as a language, and dancing with the voice, has saved my life. l I’ve been lucky to find a tool through which I feel I can express myself better than simply talking. I know that you are fond of Italian progressive music... Johann: Yes, I’m very fond of Italian music from the 60’s and 70’s in general. I first got into Goblin and the Dario Argento soundtracks, but then I discovered a lot of great Italian music from the period, the works of Franco Battiato - whom I admire very much - and groups such as Area and PFM. I think there was an enourmous sense of experimentation in Italian soundtrack music at the time also. The things that Morricone and Bacalov - to name only two - were doing were so ahead of their time. This music has been a great influence on me. You are a very good musician but most of all you are an excellent composer. How would you describe your relationship between the creation on one side and live performance on the other? Johann: I think live performance is very important. It is the best way to present a work, the only way to really communicate something to an audience. Most of my music is written to be played live and although the making of the CD is very important also - as it’s the way the music is going to be preserved - the performance part is where the music gets re-interpreted and re-lives through the interpretation of the performers. You have been one of the most interesting reality of the international scene since last few years. What would you like the public to appreciate in your work the most? Erna: It always makes me happy and satisfied when I feel that the work has touched the audience in a way or the other. It is not at all necessary that they understand it the same way we do; it is more about understanding the concept, but I appreciate when people can find their own way of interpreting it or if they can somehow relate to it. It is a very nice feeling when you feel that you are giving something to someone. The work is sometimes not easy to watch since images sometimes are cruel, overemotional or give a touch of uneasiness; but the purpose is never really to provoke people by doing strange or cruel things: it is more about how I feel about certain matters that happen around me and inside me and to make people think, or just feel, to wake them up a bit… Johann: I’m very happy if the audience appreciates the different levels of the work. The philosophical side and the conceptual part as well as the emotional sides. Outside the stage you both transmit a sense of absolute independence but when on stage you express a very strong agreement and complementarity. Both of you also team up with other artists often. Which is the motivation that keeps you working together? Erna: I like Johann’s music a lot. I think there are things we have in common since we both work on the same sort of borderline. I think we both like to work with things that are in a danger zone like overemotional or dramatic things, and sometimes even pathetic, but just to play with them and contrast them. Then we have a similar taste and sense of humour. We share a similar taste in things like movies: horror movies and other strange or more experimental things. We are beginning to interfere with each other’s art form, me interfering with the music as he does with the dance. In the last work we worked also in a very close collaboration with Margret Sara Gudjonsdottir. Johann: I think we have a shared aesthetic. We like a lot of the same things in music, art and films and we usually agree on what works and what doesn’t. I think we are working with very similar things in our work, each in our own way. Your last work ‘The Mysteries of Love’ has been co produced by ERT, one of the most important Italian theatres. In this work you face the topic of the teenagers uneasiness... Erna: This subject came up one evening and we where both very interested in it already. As we like everyone else have been teenagers, we know it is somehow a dark period for many when one begins to lose innocence. It is some- FIES 23 how a very important period too and it can mark your life. We took it in an quite abstract and poetical way but you can feel something else going underneath, a kind of strange story between two sister or best friends or even two halves of the same person, Annie. Johann: The idea was to work with ideas of the emotional and physical turmoil of teenage years and the way this is expressed in a Jungian sense in horror films for example. The ideas and symbolism that used to be expressed in folk tales such as Little Red Riding Hood are now expressed in the modern slasher and splatter films and this is part of what we’re exploring in this piece. There’s also a strong anthropological element to it, the study of hierarchies and social dynamics within girl groups. Which is your relationship with the city you live in? And with the artistic scene? Erna: I live between Reykjavik and Brussels, In Iceland the nature is just an amazingly beautiful pearl, a place to collect energy and inspiration; in Brussels I work mainly with Poni and people from the dance scene as Les Ballets C. de la B. Brussels is overcrowded with dancers and choreographers, Reykjavik is crowded with people making music. In both cases there is a bit of the feeling of being the most important place for the art forms and the danger is a kind of arrogancy; everyone seems to follow a certain fashion or style and, at the end, it could become boring. There is a lot of competition and that is healthy if it doesn’t become a hell! Johann: It’s important. Reykjavik is a good city to work in, mainly because of the people. There are many great musicians and there is a lot of interplay between the different art scenes. They are not isolated at all and this is very refreshing. What is the Icelandic artistic scene like today? And what is your relationship with it? Erna: The art scene is also quite vital even though there is not so much funding for arts. The music scene is internationally at a very good level and so visual arts, films, literature are. In the dance and theater field, things have been less innovative and stayed quite traditional, but things are starting slowly to move on and people are, for example, discovering dance as something very interesting and more independent dance groups are exploring new dance languages. It is so exciting to be there for performing arts now, there is also a new direction in the theatre school and a dance department has been created for the first time so I guess when those students are graduating… In last few years I’ve been working more in Iceland 24 FIES with artists coming from different fields (dance, visual art, music) and different countries. I think it is very important for Icelanders to get influence from abroad but at the same time keep the quite special Icelandic taste and, of course, it is useful for artists from abroad to know Iceland and its artists too. My cooperation with Johann has been very important and then with the visual artist Gabriela Fridriksdottir for the Venice Biennale or the cooperation with Bjork’s videoclip and then the great cooperation with the amazing dancer performer Margret Sara Gudjonsdottir. Johann: It’s very vibrant. On the downside, it is becoming more institutionalized, whereas it used to be very anarchic and not at all careeroriented. Now people think more about careers and “making it”, which is a shame, I think, because then a lot of the vitality is in danger of disappearing. But it’s a natural and inevitable evolution I guess. Summer is arriving. Can you suggest a book and an album for those who will be travelling soon... Erna: I suggest some books from the Icelandic Nobel prize writer Halldor Laxness (I don’t know if he has already been translated in Italian); some old records from the legendary Icelandic heavymetal band HAM, and, why not, IBM 1401 (a users manual) soundtrack, my latest discovery Sunn O)))), and for good mood Cocorosie, Noahs arc, Arcade fire or simply some good old Roy Orbinsson. Johann: As an album I suggest either Black One by Sunn O))), or Missa dei Filii by Zelenka. For reading, Strange Angel, about the rocket scientist and Crowley-ite John Whiteside Parsons. I’ll be going to Iceland. What should I absolutely avoid? Erna: Well, just to be prepared for any kind of weather,,. so raincoats and pullovers in case,,, then buy the alchol in duty free because it is very expensive in Iceland (everything is expensive in!). You have absolutely to take time to go into the nature but take care because you can easily get seduced into it and get lost or fall into a crack or geyser or a waterfall. Then you must absolutely check out the night live in Reykjavik but during a crazy midsummer night when the sun doesn’t go down everyone goes a bit mad and you can easily get seduced into gagagu… all though it is a lot of fun to… Johann: Avoid spending too much time in the center of Reykjavik. Go to the mountains and spend time in the wilderness. And don’t drive jeeps! FIES 25 il buonumore_il malumore 2006 crushsite.it CORPI D’ORO Virgilio Sieni e Letizia Renzini Venerdì 21 luglio ore 19.00 Centrale Idroelettrica di Fies - Forgia Durata 30 minuti Progetto speciale di Virgilio Sieni e Letizia Renzini Assistente e cura Virginia Sommadossi Con la collaborazione del Circolo Ca’ del Nemolèr Con quattro donne di Dro over 65, desidero stabilire una metrica spostamenti domestici dettati da incidenti casuali per definire rannicchiato di umori e enigmi. Questa disposizione d’animo più persone di fronte a un fatto sarà la guida per una geografia e incerta di azioni. Nella storia della medicina, secondo la dottriIppocrate, il ‘temperamento’ di ciascuno dei quattro liquidi biologi(sangue, flemma, bile gialla e bile nera) determinava l’indole. Regia coreografia, scene e luci di Virgilio Sieni Musiche ed elaborazione sonora live Letizia Renzini a.k.a dj Molli Interpretazione e coreografia Simona Bertozzi, Ramona Caia, Marina Giovannini, Daniele Albanese, Lorenzo Rispolano Assistente alla regia Carlo Cuppini esatta di un contesto di una o millimetrata na umorale di ci fondamentali FIVE DREAMS mi difenderò 06 COMPAGNIA VIRGILIO SIENI Coordinamento tecnico Lorenzo Pazzagli Luci Paolo Pollo Rodighiero Costumi Giulia Pecorari Produzione 2005 Teatro Comunale di Ferrara Comune di Siena - Assessorato alla Cultura Comune di Firenze - Assessorato alla Cultura Compagnia Virgilio Sieni - CANGO Cantieri Goldonetta Segni di un vocabolario sconosciuto di storie che appaiono all’interno di luoghi preparati con attitudine costruttiva e architettonica a creare il perimetro esatto dell’azione. Un processo che si ripete per cinque volte ponendo le basi dell’incontro tra adulto, bambino e animale in uno spazio di natura liminale: chi si difende? da cosa? Queste cinque scene sulla vicinanza, partitura che travasa il senso della durata nell’accadimento, hanno la stessa curvatura non solo percettiva ma anche strutturale. Cinque sogni che si formano tra leggenda e fiaba nella dimensione del rito. 26 FIES marco caselli In collaborazione con drodesera > centrale fies con il sostegno di Regione Toscana - Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Dipartimento dello Spettacolo OSSO Á OSSO Á COMPAGNIA COMPAGNIA VIRGILIO SIENI VIRGILIO SIENI Martedì 25 luglio ore 19.00 Centrale Idroelettrica di Fies - Sala di Comando Durata 45 minuti Di Virgilio Sieni Con Virgilio e Fosco Sieni Produzione 2005 - Compagnia Virgilio Sieni - Tempo Reale Firenze in collaborazione con 35° festival Santarcangelo dei Teatri Una partitura esatta di azioni sensibili compongono questo lavoro costituito da tre parti.. Fondamentalmente vi è richiamo nella similarità dei gesti che diviene allo stesso tempo durata del frammento, memoria tradotta in forze diverse, riconoscimento e spogliamento nell’iconografia. Ogni azione assimila infatti una forma prospettica della materia plasmata attraverso due uomini della stessa famiglia: in questo senso l’azione attraversa prima lo sguardo e la commozione riflettendo il carattere eidetico. Il lavoro è composto da segmenti precisi di dialogo fisico introducendo in ciascuno di essi una materia oscillante che sposta l’attenzione di volta in volta sul suono, la figura, la prospettiva di un materiale ancestrale. Prima parte Archivio indeterminato di gesti colti Seconda parte Dialogo del secchio e sette figure quattrocentesche Incrocio a distanza e nel vuoto con attenzione verso il basso Seduti al tavolo con fraseggio di mani e figure Incrocio spalla a spalla con sostegno Seduti al tavolo con contrappunti di oggetti Non si è visto un topo, magia in cinque parti Intermezzo e pietà Lui mi da tutto il suo peso Terza parte Solo luci Prima lui poi io: quadrupedi Prima lui poi io: cerchio Insieme: dialoghi sul corpo Prima io poi lui: palla, cerchio, palla FIES 27 LOLA MARTA GALÀN e SANTIAGO MARAVILLA Venerdì 28 luglio ore 21.00 Centrale Idroelettrica di Fies - Sala Turbina 1 Durata 60 minuti Ideazione Marta Galán e Santiago Maravilla Con Santiago Maravilla Luci Ana Rovira Musica Santiago Maravilla e Alexis Borràs Collaborazione gruppo dell’Avana La Taverna Karaoke Néstor Domènech Abito da sposo MUAC Scena e regia Marta Galán Produzione indipendente M. Galán / S. Maravilla 28 FIES marta galan Ringraziamenti a La Poderosa e L’Antic Teatre Questo spettacolo è il risultato della mia prima collaborazione con questo personalissimo artista detrattore della tecnica e irrimediabilmente iconoclasta. L’idea è partita da Santiago Maravilla. Vorrebbe essere Lola. Vorrebbe essere Lola senza smettere di essere Santiago Maravilla. Cioè: in questo spettacolo vorrebbe rovesciare tutti i suoi codici estetici (punk, trash e canzone leggera) e farlo dalla figura di un personaggio femminile: Lola. In verità, non c’è personaggio e neanche travestitismo, se non un corpo maschile permeato da certi segni di femminilità. Un gioco di seduzione dove tutto è flessibile e reversibile, dove nessun sesso è sicuro del proprio fondamento né, soprattutto, della propria superiorità. LOLA è la costruzione di una identità (femminile) sul palcoscenico a partire da e attraverso i riferimenti biografici e culturali della persona che sta in scena (un uomo): Santiago Maravilla, ma c’è anche una donna che riflette sull’amore, la morte, la solitudine, la politica, il calcio… Uno spettacolo romantico, quasi sentimentale, che acquisisce una contundenza inaspettata dovuta a una messa in scena bizzarra, cruda, antiestetica. LOLA è anche uno spiegamento di energia: in watt, in fisicità, in grida… una vera scommessa per il regista. LA HISTORIA DE RONALD EL PAYASO DE MC DONALDS RODRIGO GARCÍA E LA CARNICERÍA TEATRO Domenica 30 luglio ore 21.00 Centrale Idroelettrica di Fies - Sala Turbina 1 Durata 120 minuti Ideazione Rodrigo García Con Ion Munduate, Juan Loriente e Juan Navarro, Collaborano ogni sera Nieves, Candela, Yago y la banda di Dro Luci Carlos Marquerie Musica Panasonic, Juan Navarro. Costumi Mireia Andreu Disegno magliette Jaume Martínez e Mecánica.com (Barcelona) Tecnico in tournée Ferdy Esparza Proiezioni disegnate da Ramón Diago e Maelstrom.com Produzione Citemor 2002, Montemor o Velho, La carnicería teatro, INAEM e Comunidad de Madrid La historia de Ronald el payaso de Mc Donalds propone durante un’ora e mezza di diffidare di alcuni rinfreschi di colore oscuro, di alcuni alimenti che possono esser consumati fino al 2007, delle persone che ti offrono lavoro e anche -perché no- di te stesso. Nell’opera lo spettatore affronterà lunghe sequenze dove i corpi seminudi si contorcono sopra un palcoscenico ogni volta più immondo: lì sul suolo si vanno accumulando latte, rinfreschi, hamburger, ketchup e tutta una sorta di prodotti che sugli scaffali dei supermercati sembrano tanto inoffensivi ma che in realtà nascondono molto. In quest’opera si parla dello sfruttamento del lavoro; di una nazione che pretende di governare il pianeta; si parla del tradimento a tutti i livelli, da quello dei nostri politici a quelli più privati nella nostra vita quotidiana. In scena compare una famiglia (Juan e Nieves e i loro due figli) e con loro come testimoni si passa in rassegna una buona parte della storia dell’ipocrisia in Paesi come l’Argentina, dove la miseria aumenta ogni giorno, prodotto di una pianificata distruzione economica; si parla della tortura, etc. In questa creazione, naturalmente, come in tutte quelle di La Carnicería Teatro, non mancano l’humor nero e la violenza fisica: corpi che arrivano all’esaurimento totale. Un teatro contestatario, di resistenza e opposizione a quest’onda senza nome che ci trascina ogni volta sofia menendez Video Rodrigo García sempre più verso l’uniformità, verso questa colonizzazione- globalizzazione. Per evitare interpretazioni erronee, desidero dire che quest’opera è stata creata nei mesi di giugno e luglio 2002 e che l’unico riferimento nuovo che abbiamo aggiunto è l’esplosione dei treni negli attentati terroristici di Madrid. Non si tratta quindi di un’opera opportunista, ma di una creazione che già due anni prima parlava di eventi che sarebbero successi più tardi, che dovevano accadere. Ciò, lungi dal risultare premonitorio o profetico, è semplicemente la cosa più naturale al mondo: le coincidenze fra la realtà e l’opera di un artista sono da sperare, giacché l’artista parla della malvagità del mondo che conosce e in cui vive, il malessere della vita quotidiana e il malessere della storia. Sinceramente, mi dispiace che il passare del tempo non abbia fatto altro che avvalorare maggiormente invece di invecchiare o smentire il discorso di LA HISTORIA DE RONALD… Rodrigo García FIES 29 Intervista a rodrigo GarcÍa di Elena Franceschini 30 FIES spaghetti e ketchup sui capelli. Soffrono e soffocano nell’opulenza alimentare dell’occidente che - per un’immediata equazione - trasforma tutto in immondizia, dunque anche noi stessi. E i fasti e nefasti di quest’abbondanza restano lì, nello spazio, testimoni puzzolenti di un inutile consumismo. Attraversa gli stessi temi e gli stessi modi anche “La storia di Ronaldo il pagliaccio del McDonald’s”, spettacolo del 2003 e concepito assieme ad una squadra di attori in Portogallo. “Non sono partito da un testo o da un’idea precisa - racconta Garcia a proposito di questa pièce -, sono partito invece del corpo degli attori. Li scelgo infatti non perché sono dei virtuosi ma perché condividono con me una visione della realtà. Con loro improvviso. Propongo delle situazioni per creare delle idee. In questo caso ho chiesto di raccontarmi la loro esperienza con un qualche McDonald e ne sono uscite delle storie. In seguito, da solo, scrivo il testo. Ho molto rispetto per la letteratura e penso che le parole non vadano improvvisate sulla scena ma filtrate secondo una cura personale. Ho anche molto rispetto per gli attori e li tratto come persone. Gli scritti che interpretano hanno a che fare con la loro identità, con i loro vissuti. Non recitano dei ruoli decisi da qualcun altro. Non li penso come se fossero macchine o animali ma non li considero nemmeno autori. Per questo elaboro la scrittura e le sue precise verità in un’altra fase”. Ma per questo regista argentino la costruzione dell’allestimento non consiste solo in questo. “Ai momenti di narrazione alterno poi dei momenti d’astrazione - prosegue l’autore - durante i quali si vede, ad esempio, il corpo sofferente dell’attore rotolarsi nel latte o in altre sostanze. In un altro momento una persona viene soffocata e torturata da una gran quantità cibo. “La storia di Ronaldo” non è un’opera tradizionale. Ha un’idea di base su cui è costruita e mette in relazione la tortura con il consumismo. Parla di questo rapporto sofia menendez La parte più innovativa del teatro europeo, l’ultimo grande guastatore, la nuova star dei festival, il perturbatore delle coscienze: la cronaca descrive così il fare teatrale estremo di Rodrigo Garcia. Ma su l’altro versante dei resoconti - parallelamente - si sente dire che tutto quel susseguirsi d’immagini, anche cruente, da lui composto non ha un vero filo conduttore. Che, in fondo, si tratta di cose già viste. Cose che lasciano il tempo che trovano e dopo un po’ ti vien da pensare ai fatti tuoi. Poi t’accorgi però che tutte queste definizioni a doppio taglio lasciano sempre una traccia ambigua in chi le pronuncia. Così diretto, così provocatorio, così insistente sui riferimenti sessuali. Eppoi, se non soprattutto, così fuor di metafora. Anche troppo. In tutto questo intuisci un sentimento di difesa alla personale tranquillità in chi lo apprezza. Chi invece si distanzia dalle sue creazioni inizia un racconto preciso di alcuni dettagli scenici o di scrittura. Ricorda anche lontano nel tempo parti della messinscena e capisci che, in un qualche piano o sottopiano interiore, quelle immagini hanno lasciato un segno emotivo. Come un disagio. Come un disgusto. Come della rabbia verso quello che c’è o per come si è. “Mi muovo entro il poetico e il politico”, dice tranquillamente Rodrigo Garcia a proposito del proprio lavoro. E il suo sguardo politico sulla realtà evidenzia le manipolazioni del potere, le distorsioni legate alla logica del denaro e rileva la conseguente condizione di “malata” per la nostra società. La sua visione poetica la percepisci, d’altro canto, nel modo di dire le cose e nei corpi degli attori. L’incanto passa attraverso la loro fragilità e la sincerità con cui si mettono in gioco fino in fondo. Si denudano - non solo metaforicamente - e mostrano la propria anima. Sul palco, intanto, succede di tutto. Gli attori si lavano, si asciugano, si sporcano di cibo. Capita che uno di loro diventi una gigantesca cotoletta o una figura ibrida con e del prezzo che ne ha pagato l’Argentina. Lo racconto perché da adolescente l’ho vissuto. Sono nato in un quartiere periferico e povero di Buenos Aires. Mio padre era macellaio. Ho vissuto in un paese dove la tortura era praticata da persone che hanno un nome e un cognome ma non abbiamo mai avuto giustizia. In questo pezzo denuncio le ingiustizie di un passato non lontano dell’Argentina e anche i miei momenti d’astrazione nello spettacolo sono una denuncia politica molto chiara”. Il catalogo creativo di Garcia enumera anche delle pièce intitolate allo scrittore Borges o al pittore Goya oppure, come in “After sun” prende in considerazione le vicende di Maratona. E a questo proposito specifica che “non ha pretese biografiche ma sono solo dei pretesti. Partendo da Goya ho l’occasione di parlare di una persona che non ha niente e nottetempo entra nel museo del Prado tra i quadri del Goya e da lì partono delle riflessioni su cosa vuol dire vivere senza soldi in una società dove è il denaro a decidere le sorti di qualsiasi cosa. Attraverso “Borges” racconto di chi non prende posizione nella realtà. Racconto di un ragazzo che vuole comunicare con un illustre poeta che, in realtà, s’esprime solo per citazioni letterarie e non vede quello che gli sta attorno. Non accenna al dittatore Videla e ai tanti soprusi consumati quotidianamente. Per quanto riguarda Maradona - prosegue l’artista - mi volevo interessare ad un eroe popolare. Nei miei lavori non mi riferisco a storie esemplari di regnanti. Ai Riccardo III e quant’altro. Non faccio un teatro colto e non seguo le pure sperimentazioni delle forme. Il mio teatro deve essere per tutti. Cerco delle persone o degli elementi conosciuti dal pubblico per potermi confrontare. Di Maradona m’interessa il suo modo di vivere, i suoi eccessi nella vitalità, nel talento e nell’autodistruzione. Mi affascina anche la vita di questo calciatore per i suoi comportamenti da divo e perché invidio la gente che vive nell’eccesso. Tutto qui.” Tutto qui. Ma fino ad un certo punto. Perché la vita professionale di Rodrigo Garcia mostra anche una solitudine e un ermetismo del proprio essere artista. Dice infatti: “Sono molto concentrato sul mio lavoro e non ho relazione con le etichette che mi affibbiano. Posso dire che appartengo a due culture e a due realtà. Quella argentina della mia formazione e quella spagnola visto che abito a Madrid da vent’anni. Il mio teatro confronta le tematiche del Sud del mondo contrapposte a quello del Nord. La mia estetica è stata influenzata molto dalle performance di artisti contemporanei nordamericani come Bruce Nauman e Paul McCarthy. Nel ’86, a ventidue anni sono approdato a Madrid con una formazione da pubblicitario e nell’89 ho fondato la mia compagnia e l’ho chiamata La Carniceria Teatro, macelleria, dal lavoro di mio padre ma non solo. Per dodici anni ho fatto teatro senza alcun contributo pubblico. Mi mantenevo lavorando nella pubblicità, cosa di cui mi vergogno. Solo da sei anni mi mantengo con il mio lavoro. Adesso ricevo soldi per le mie produzioni e penso di doverli spendere non per fare intrattenimento. Per questo ci tengo al contenuto politico dei miei lavori come alla loro qualità poetica.” Da qui, allora, da queste considerazioni, si snoda tutta una produzione che propugna tutta una conoscenza del corpo diretta, immediata, efficace. Al di là dei testi consolidati dalla tradizione. La ricerca di una verità anche sociale passa attraverso una strana “elementarità” degli oggetti, una concretezza appassionata, un’attenzione all’immediato. La parola, in tutto questo, entra come frammento di gergo quotidiano, di luogo comune, di frase fatte per rovesciarsi anch’essa nel suo opposto e prendere il largo tra capricci poetici o assurdità espressive. O sgretolarsi sotto l’inconsistenza del suo significato. Tra tanta veemenza c’è spazio anche per l’ironia e per il riso e i titoli delle sue pièce non smentiscono queste spinte. Alcuni esempi? “Dovevate rimanere a casa, coglioni”, “Il bello degli animali è che ti vogliono bene senza chiedere niente”. E così via Le frequentazioni italiane di Rodrigo Garcia sono passate per Modena, Torino, Roma, La Biennale di Venezia. Lo scorso anno, per il Css di Udine e il loro corso di formazione teatrale avanzata Projet Thierry Salmon ha montato “Alzate la testa da terra, coglioni”, con le solite scene forti e senza pudore. Per le Orestiadi di Ghibellina e il Mercadante di Napoli ha allestito, nel 2003, il coinvolgente “Agamennone” ovvero “sono tornato dal supermercato e ho preso a legnate mio figlio”, spettacolo legato al tema del consumismo e della distribuzione delle ricchezze dove mescola corpi e icone, simboli dello spreco occidentali e scenari di povertà. La memoria di Eschilo torna, in questo caso, con i fantasmi della guerra di Troia e i suoi eroi vengono richiamati solo per ridisegnarli con i volti dei ritratti proiettati che legano Blair ad Egisto, Bush ad Agamennone, i bambini iracheni alle troiane, Aznar al messaggero, Hillary Clinton a Clitennestra, i figli di Saddam a Ifigenia. Per gli otto quadri che compongono questo Agamennone ognuno porta il nome di uno dei paesi più ricchi del mondo perché la tragedia - sostiene Garcia è nel e del primo mondo. Quello industrializzato. Ed è una tragedia dove la catarsi è molto difficile da realizzare. FIES 31 drodesera > centrale fies 2006 VIDEO Galleria Trasformatori Rodrigo García UNA COSA QUE QUERÍA DECIROS, ANTES DE QUE SE ME OLVIDE PIEDAD CAMISETAS EN ALCAMPO A TOMAR POR EL CULO PAYASOS DE PICNIC Letizia Renzini PENTESILEA, 30’ Motus crushsite.it A PLACE. [THAT AGAIN], 25’ 32 FIES NO DISCIPLINE. foto Luca Del Pia (Tragedia Endogonidia B.#03 Berlin-Socìetas Raffaello Sanzio) - grafica Lorenzo Previati www.bymed.org FIES 33 DOMA SONIA BRUNELLI Lunedì 24 luglio ore 21.00 Centrale Idroelettrica di Fies - Sala Turbina 1 Durata: 30 minuti Ideato ed espresso da Sonia Brunelli Luci Giacomo Gorini Prodotto in collaborazione con CANGO - Cantieri Goldonetta Firenze, drodesera > centrale fies, Xing e InteatroFestival (l’azione è partecipante al concorso GD’A 05/06). 34 FIES lia pari La figura che appare indossa un codice di condotta, un cifrario di portamenti fondati sull’assetto fisico e sul movimento equino. La disciplina impone un’attitudine particolare, una flessione degli arti inferiori e una deformazione del cammino. Il modello spastico, l’equinismo sviluppa andature o arie in sequenze libere d’impulsi e cadenze ritmiche del passo. La specificità della modulazione sottomette la figura ad un atteggiamento determinato ed elegante. Il rigore stilistico a cui si aderisce abbandona la rappresentazione mimetica dell’esercizio attraverso un dominio, un controllo distillato dei singoli pezzi, arti animati. La figura si presenta divisa, frazionata, separata in parti. Il giogo del tempo e il movimento isolato dell’arto, qui, sintetizzano la realtà per generare segni, linee, materia. La considerazione titola una forma animale e non l’animale come forma. Il motore di queste azioni ha origine nella somiglianza più profonda, in un tratto distintivo che fa ritrovare o emergere dalla figura umana il suo spirito animale. Non interessano combinazioni di forme eccentriche, stravaganti ma fatti comuni all’uomo e all’animale. Il suono parla della figura e la figura parla del suono. Nelle due tracce non c’è unione, l’immagine s’incurva e si flette sotto i rispettivi pesi. BALLO INDIVIDUALE IN CIRCOSTANZE COSTRETTE STOA scuola di movimento della Socìetas Raffaello Sanzio Venerdì 28 luglio ore 19.00 Sabato 29 luglio ore 19.00 Centrale Idroelettrica di Fies - Sala di Comando Durata 45 minuti Concepito ed attuato dalla Stoa di: Sara Angelini, Demetrio Castellucci (che ha curato e creato le musiche), Stefano Bartolini, Teodora Castellucci, Giulia Merendi, Vincenzo Reale, Eugenio Resta, Marco Villari Sonia Brunelli, coroginnasta Claudia Castellucci, scolarca Produzione Socìetas Raffaello Sanzio con il Patrocinio della Provincia di Forlì-Cesena massimo di felice Lo scopo di una scuola non è un oggetto, ma una relazione. Lo spettacolo, per una scuola immersa nel teatro, è una meta complementare, una verifica sperimentale. E’ innaturale pertanto, per la Stoa, “esportare” i propri spettacoli: non ha la preoccupazione di diffondersi, e non ne fa un mestiere. In questo caso, invece, c’è uno spostamento di sede che diventa, per la scuola, occasione di studio particolare. Lungo il periodo di ottobre 2003 e maggio 2004 ci sono stati incontri di discussione e di movimento fisico tra giovani di un’età compresa tra i quindici e i venti anni, attratti da un’azione che fosse insieme immediata e meditata. L’immediatezza è data dalla risposta istintiva e da una reazione rispetto a un fatto o a un’idea. La meditazione è data dalla necessità di produrre in prima persona un fatto o un’idea. La plausibilità di questa scuola, che prende il nome dall’antica Stoa, nell’adesione a un modello di scuola fondato su una relazione tra insegnante e scolaro non indotta e trovata, bensì prescelta e cercata, si fonda sull’azione. L’insieme della Stoa ha avuto e ha bisogno di azione. C’è stato e c’è bisogno di fare subito qualcosa di formato, con quel minimo che si ha a disposizione. Un posto, un luogo di azione, e la scuola insediata, anzi in moto. In questo Ballo individuale in circostanze costrette viene presa in considerazione l’origine accidentale delle relazioni e dunque il valore intrinseco dell’incontro. La ricerca consapevole e organizzata di queste relazioni aumentano la potenza d’agire. In questo senso è da preferire il termine “ballo” a “danza”, perché mentre questa si rifà a esperienze legate a scopi coreografici, il ballo si richiama a un girare intorno a un centro ideale e ospitante, cui le persone fanno da corona motorizzata, e per cui, ad esempio, non esiste il concetto di “errore”, bensì quello di volontaria interruzione. Il ballo è “gettarsi” in un cerchio da sempre in moto. Il Ballo individuale in circostanze costrette rappresenta il movimento che ognuno compie singolarmente; l’incontro accidentale; l’origine di una relazione; la conduttura di una forza generale che si apre nella folla; l’immissione nel mulinello del tempo; le condutture viarie metropolitane; la distruzione delle strade operata dalle onde magnetiche a favore di una strada pervasiva e saturata; le circostanze della cronologia, dell’alfabeto e della geografia che definiscono chi entra in ballo con la vita. FIES 35 VINCENZO SCHINO/ OFFICINA VALDOCA Domenica 30 luglio ore 23.00 Centrale Idroelettrica di Fies Sala Mezzelune Durata 40 minuti Cura della visione e regia Vincenzo Schino Con Marta Bichisao, Riccardo Capozza, Gaetano Liberti, Vincenzo Schino Aiuto regia Marta Bichisao Elaborazione digitale del suono Gennaro Mele Effetti plastici Leonardo Cruciano Costume di Arlecchino Michele Napoletano Assistente alla produzione Giuseppe Schino Fonica Luca Fusconi Prodotto da Teatro Valdoca - progetto Officina Valdoca “Opera è un lavoro che si pone il problema della rappresentazione e del senso di stare su un palcoscenico. Abbiamo lavorato in modo radicale sull’imbarazzo dello sguardo. Abbiamo lavorato sulla vergogna e sulla commozione. Opera è un errore, una baracca di burattini montata male che da un momento all’altro potrebbe crollare. E ne è consapevole. Come fantasmi, appaiono personaggi recuperati dalla tradizione e dal luogo comune del teatro e dell’arte, figure universali e inequivocabili. Uno per tutti, il clown. Il clown, come arlecchino, fa da traghettatore in luoghi dichiaratamente artificiali: la pista del circo, il boccascena di un teatro, il diaframma di uno sguardo. Attraverso queste porte, toglie gradualmente i punti d’appoggio della logica. Il clown, come diceva Fellini, “E’ un bambino in potenza. Il clown rappresenta nel modo più efficace, commovente e comico una creatura che si trova in un mondo immenso e sconosciuto”. Il clown contiene nella sua forma le anime di tutti coloro che non possono fare a meno di esporsi, al ridicolo. Il buffone, il saltimbanco, il fool, in una parola: l’artista. Perché lo fanno? Cosa li costringe? Questa domanda, a cui non c’ è risposta, ha fatto da perno. La struttura drammaturgica del lavoro si nutre del concetto del “numero”, della performance che non racconta mai nulla, ma è fine a se stessa. Inizia e finisce. Poi l’applauso e la paga. Si è cercato di sfruttare proprio il mancato funzionamento dei numeri, abbandonandosi alla violenza dello sguardo. Un macello in un circo e viceversa. I problemi che hanno nutrito la ricerca non appartengono solo al teatro, ma alla pittura, alla scultura e tutte le arti che intendono, sapendo di fallire, modificare o reinventare il mondo.” Vincenzo Schino 36 FIES rolando paolo guerzoni OPERA trio rolando paolo guerzoni MISTERIOSO CONCERTO TEATRO VALDOCA Sabato 22 luglio ore 24.00 Domenica 23 luglio ore 22.00 e ore 24.00 Centrale Idroelettrica di Fies - Sala di Comando Durata 50 minuti Direzione Cesare Ronconi Versi Mariangela Gualtieri Coprodotto da Teatro Valdoca, Assalti al Cuore Festival di Musica e Letteratura, l’arboreto mondaino, Teatro A. Bonci di Cesena. Con Mariangela Gualtieri, Dario Giovannini e Muna Mussie Musiche dal vivo composte ed eseguite da Dario Giovannini Ricerca del suono Luca Fusconi, Dario Giovannini, Cesare Ronconi Scena e luci Cesare Ronconi Ricerca video e proiezioni Simona Diacci Abiti Malloni Oggetti di scena Patrizia Izzo Fonica Luca Fusconi Macchinista Federico Lepri Segreteria Mariaconcetta Mercuri Organizzazione Morena Cecchetti e Emanuela Dallagiovanna Con il contributo di Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Regione Emilia Romagna e Provincia di Forlì-Cesena. Vorrei entrare nella musica dei miei versi e tenere le parole nel loro stato di nascita. Impresa che pare semplice ed è invece immensa. Vorrei entrare negli abissi della voce, nei miei otto anni, nei secoli della mia voce, entrare in quell’antico respiro, nell’antica fiamma che ha tenuto vivi altri. E non per virtuosismo (la mia voce è davvero piccola), quanto piuttosto per caduta, per visitazione, per sprofondamento. Siamo nel reame della sottigliezza, cioè su scala astronomica, lì dove uno spostamento di millimetri cambia l’orbita di una cometa. Abbiamo sostato a lungo sull’ascolto, sul sodalizio fra parola e musica, fra parola e silenzio, in un’attenzione plenaria a ciò che portava Clemente Rebora a scrivere: “e non sapendo ero certo/ del misterioso concerto”. Abbiamo attraversato una miriade di suoni e poi lasciato quasi tutto. Quasi tutto. Ancora devozione per la parola. Con la certezza che sia così necessario pronunciare, rifondare la lingua, far vibrare particelle sensibili in quel misterioso contagio che è la commozione: non per visione esibita di un pezzo guerreggiato di mondo, ma per un pugno di parole, comuni parole che dicono di noi, vivi adesso, in questo presente, in questo comune destino. Il concerto, che nasce come duo, debutta qui nella versione a trio, con l’entrata di Muna Mussie, attrice presente in tutti gli ultimi lavori della Valdoca. Il suo corpo ha un sigillo antico, coniuga infanzia e vecchiaia in una bellezza forte e armonica. La sua voce che si leva in un’unica nota ripetuta, pare il calco esatto di quel corpo: è canto e lamento, grido e richiamo, proviene anch’essa da lontananze mitiche e del mito conserva tutto il mistero. Cesare Ronconi ha guidato noi tutti come direttore d’orchestra, come maestro di canto interiore, lasciando da parte l’esuberanza dei corpi in movimento. Ci ha richiamati spessissimo ad una presenza piena, alla dedizione, alla libertà (stati difficili da tenere insieme). Tutto per ‘fare cuore’ con chi ascolta, farsi suo talismano. Misterioso Concerto continuerà a replicare in queste sue due versioni: il duo per voce e pianoforte, e il più teatrale trio. FIES 37 38 FIES CORPUS HOMINIS PAOLA BIANCHI Martedì 25 luglio ore 23.00 Centrale Idroelettrica di Fies - Sala Turbina 1 Durata 60 minuti Rappresentiamo il tempo della ragione minima e della distruzione massima. Ulrich Beck Anteprima Ideazione e coreografia Paola Bianchi In scena Alessandro Bedosti, Matteo Bologna, Matteo Garattoni Musiche originali Fabio Barovero Disegno luci Fabio Sajiz Organizzazione Chiara Gallazzi Una produzione Agar, Torinodanza, Regione Piemonte in coproduzione con drodesera > centrale fies, Teatro Petrella - Emilia Romagna Teatro Fondazione in collaborazione con Città di Ebla federica giorgetti Si ringrazia Cango Cantieri Goldonetta, l’arboreto, Raum, Blusuolo centro arti performative, Cristina Riccati, Silvia Parlagreco, Veglie in volo Il lavoro parte da una riflessione sul corpo come luogo in cui si inscrivono i rapporti di dominio e di subordinazione. Sulla scena tre danzatori uomini. Corpi maschili, per il loro essere vittime predilette di se stessi. corpi medicalizzati, misurati ed esibiti. corpi in-formati, disciplinati, colonizzati, omologati. corpi docili. invalidi della civilizzazione Corpi senza corpo. Ogni società parla di corpi, li plasma, li orienta, li segna, li adorna, li disciplina, li celebra, li riduce a ragione. STILI DELLA CARNE FIES 39 KYTOS in potere odissea dell’immobilità # 3 PAOLA BIANCHI Mercoledì 26 luglio ore 19.00 Centrale Idroelettrica di Fies - Sala Mezzelune Durata 45 minuti Di e con Paola Bianchi Creazione sonora Alessandro Bartolucci, Paola Bianchi Tecnico di scena Francesco Nistri Realizzazione scenografia Renato Ostorero Sguardo esterno Katjuscia Fantini Produzione Agar, Festival Crisalide, l’arboreto di Mondaino, Città di Ebla Si ringrazia Controluce, Yann Gioria, Francesco Renzi #3 Kytos Ô cellula in potere Ô traduzione dall’antica locuzione di origine germanica “à bandon”, da cui deriva il francese “abandonner”, da cui a sua volta deriva l’italiano “abbandonare”. Divisione/separazione/abbandono/distacco “Ora sono come tutti: unico, inequivocabilmente unico, unico e solo, solo come tutti voi”. Mauro Covacich - Anomalie Due mezze gabbie. Due metà separate presuppongono un’unità. Due metà gemelle presuppongono un’identità. Non c’è unità. Non c’è identità. Kytos segue una linea che punta verso il nulla, verso la spersonalizzazione per inutilità. Impossibilità di scambio: la figura è azione o occhi, spettacolo o spettatore. La sua è una lenta progressione verso lo sguardo, verso l’attesa, una camminata diretta alla rinuncia dell’azione. Essere “libero”: sentimento spaventoso ed eccitante al tempo stesso. Pianto e misura. Riso e disordine. Una scrittura di senso dello stare più che vera e propria drammaturgia. Kytos è la terza tappa del progetto Odissea dell’immobilità, liberamente ispirato alla “Trilogia della città di K” di Agota Kristof. 40 FIES maurizio roatta Organizzazione Chiara Gallazzi CHRÓNOSHOMO odissea dell’immobilità # 4 esercizi PAOLA BIANCHI Lunedì 24 luglio ore 22.00 Centrale Idroelettrica di Fies - Galleria Trasformatori Durata 50 minuti Prima nazionale Di Paola Bianchi Con Alessandro Bedosti, Matteo Bologna, Matteo Garattoni Produzione Agar, Torinodanza, drodesera > centrale fies tidiano, del lavoro fisico personale, singolo. Della parola chrónoshomo, greca e latina insieme, mi diverte l’assonanza con cromosoma, il luogo in cui hanno sede i geni portatori dei caratteri ereditari, così come in questi esercizi ha origine il mio studio sul corpo, una sorta di mappa genetica del movimento. Chrónoshomo è la quarta tappa del progetto Odissea dell’immobilità, liberamente ispirato alla “Trilogia della città di K” di Agota Kristof. federica giorgetti Chrónoshomo, il tempo della macchina uomo. il corpo come macchina in costrizione. laboratorio anatomico. il corpo si misura con se stesso. non c’è volontà di espressione, di comunicazione. la forza lavoro del corpo danza nell’immobilità, nella variazione di tensione, nella lentezza forzata, nella ripetizione incessante. ricerca della perfezione nell’imperfezione del corpo. esposizione dello studio, di un allenamento quo- FIES 41 ORTHOGRAPHE DE LA PHYSIONOMIE EN MOUVEMENT Spettacolo per camera ottica ORTHOGRAPHE Venerdì 21 luglio dalle 20.00 alle 20.30 e dalle 22.30 alle 00.15 Sabato 22 luglio dalle 20.00 alle 20.30 e dalle 22.30 alle 00.15 Centrale Idroelettrica di Fies - Sala Mezzelune Durata 25 minuti Soggetto Orthographe (Francesca Amati, Sonia Brunelli, Angela Longo, Sabrina Maggiori, Alessandro Panzavolta) Regia e camera ottica Alessandro Panzavolta Con Angela Longo, Roberta Galassini, Sara Casotti, Valentina Parmigiani Tecnico in scena Francesca Pambianco Produzione Orthographe, Inteatro_Teatro Stabile di Innovazione, la Biennale di Venezia Con il sostegno di Regione Marche - Assessorato alla Cultura, Progetto Interregionale “quattro regioni al centro della scena” In collaborazione con Comune di Forlì - Assessorato Politiche Giovanili 42 FIES m. galvani Il luogo di origine dell’immagine è uno spazio chiuso dove la visione viene messa in scena; il linguaggio dello spettacolo condivide con questo luogo la mancanza di parola e la presenza persuasiva dell’immagine pura. Il meccanismo della visione diviene macchina teatrale, si assiste alla generazione di immagini in bilico tra la stasi tensoriale e il movimento, tra la possibilità di essere discorso e l’assenza di narrazione, ciò che non è ancora comprensibile è già iconograficamente riconoscibile. Orthographe de la physionomie en mouvement richiama le immagini de la Iconographie photographique de la Salpêtrière, gli album fotografici editi a partire dal 1877 sotto la supervisione del neuropatologo Jean-Martin Charcot. La documentazione era prodotta nella camera di posa del gabinetto fotografico ospitato nella clinica; i soggetti ritratti negli album sono per lo più figure femminili, internate nel “quartiere delle epilettiche” alla Salpêtrière dove il professor Charcot teneva le sue lezioni dimostrative sull’ipnotismo e la grande hystèrie, dando vita a veri e propri spettacoli-performance con le giovani donne come attrici. Una galleria di corpi in pose plastiche misurate e riproducibili, queste mute icone presto lasceranno il teatro anatomico della Salpêtrière per prendere posto nei fotogrammi delle prime pellicole cinematografiche. FIES 43 Intervista a sonia brunelli di Tommaso Pasquini crushsite.it Se c’è un artista capace di vestire alla perfezione il tema scelto per l’edizione 2006 del festival Drodesera, questa è Sonia Brunelli, la coroginnasta della Stoa, scuola di movimento della Societas Raffaello Sanzio. E prima ancora che dai suoi spettacoli, o meglio dalle sue azioni sceniche, e quindi dalla sua arte, lo si capisce dalla sua persona, rintracciata in sella a una bicicletta lungo le colline forlivesi in un caldo pomeriggio di luglio, quando anche il più cordiale dei romagnoli rinuncerebbe alla rinomata bonomia per mandare a quel paese uno sconosciuto che incomincia a fare domande. Sonia invece ti risponde con un ciao tanto energetico da farti dubitare della forza propulsiva sfruttata dalla ragazza per muovere la bicicletta: “pedala con la voce” pensi, mentre te la immagini in sella alla mountain bike che a poco a poco decolla da terra e sfiora le chiome degli alberi, come nella famosa scena del film di fantascienza che ai coetanei di Sonia (1976) ha fatto scoprire il cinema. “Ancora è troppo presto - ci rassicura scherzando- aspettate almeno il mio prossimo lavoro, lì probabilmente, se tutto continua ad evolversi come è successo finora nelle mie azioni, troverò il modo di mettere le ali”. Per volare dove? Non aspettatevi una risposta precisa. Sonia Brunelli non ce l’ha: è ancora in un quella fase 44 FIES acerba della ricerca artistica in cui corpo e anima soggiacciono agli slanci del talento, senza la possibilità, ancora, di controllarlo totalmente. E proprio questo la annovera di diritto tra gli adolescenti. “Ci sono notti che proprio non dormo, per il mio continuo interrogarmi: capire cosa sto facendo e poi spiegarlo, esprimerlo. In qualche modo inquadrarlo ma non in quello che già c’è, ma in qualcosa che ancora deve venire”. E intanto, fragile, lei agisce, produce: prima di tutto perché non può farne a meno, e poi perché in ogni nuova creazione trova i presupposti per la prossima: “Nel mio primo lavoro, Encefalo (2004 ), rimanevo immobile per 15 minuti sulla sedia con le mani sulle ginocchia, su un piano bidimensionale perché non facevo movimenti nello spazio. In Umo (2005) (secondo premio l’anno scorso al Premio Internazionale della Performance) la scelta è stata invece quella di muoversi solo in senso orizzontale, senza inserire la componente della verticalità: la figura era sdraiata al suolo per venti minuti e si muoveva su tutta la superficie del palco in modo circolare. In Doma, l’ultimo spettacolo preparato durante la residenza alla centrale di Fies in maggio, ho inserito sia la componente del movimento al suolo, che quella della verticalità”. Di questo passo, come continuano a ripeterle i suoi collaboratori, nei prossimi tentativi riuscirà sicuramente a volare. Se sola in mezzo al palco come è accaduto per i tre lavori fin qui realizzati, o in compagnia di altri attori, è ancora un mistero, “…nel nuovo lavoro che sto preparando in effetti cambierà qualcosa, addirittura penso che resterò fuori io dalla scena, come occhio esterno: anche se non è facile, ho notato che faccio ancora fatica; d’altronde, quando sei abituato a stare totalmente dentro per trenta minuti…”. Non lo è nemmeno, fra l’altro, trovare chi riesca a giocare con lo spazio disegnando col corpo delle linee perfette come sa fare Sonia (grazie ad una particolare preparazione atletica) che non per niente è una coroginnasta, cioè “…un atleta in grado di guidare in modo corale un allenamento fisico di particolari esercizi ginnici”, all’interno di una scuola come la Stoa di Cesena, “scuola di movimento, di danza e filosofia”, dove vengono letti testi scelti legati al tempo e al movimento del corpo. Sonia Brunelli vi è approdata partendo dalla ginnastica artistica, passando per gli studi di scenografia, mentre il suo particolare linguaggio artistico, fatto di scomposizioni della corporeità e fughe prospettiche, prendeva vita a poco a poco, frutto di varie ispirazioni. “…in particolare la storia dell’arte, visto che i miei lavori, Doma soprattutto, partono dalla tra- sformazione del corpo, caratteristica che ben si sposa con il tema dell’adolescenza (intesa come metamorfosi, passaggio, trasformazione), scelto quest’anno per il festival”. Doma è uno spettacolo nato da una prima esigenza: quello di andare alla ricerca del tratto animale, creando una sorta di enciclopedia dei movimenti, e focalizzando il movimento sugli arti superiori e inferiori. “Per dar vita a questa azione mi sono chiesta cosa c’è in comune tra uomini e animali: carne, nervi, scheletro. Alla fine, dopo un lungo lavoro, sono riuscita a sintetizzare delle forme che mi soddisfano”. Racchiuse in una serie di figure che si succedono nell’arco di una mezz’ora grazie ad alcuni punti di riferimento, delle vere e proprie combinazioni di coordinate, piani, angoli, disegni che l’artista usa come spartiti musicali su cui leggere una particolarissima melodia. Ma nel futuro di Sonia Brunelli non ci sono solo nuove azioni, anzi: “Prima di tutto ho intenzione di fondare una scuola nomade di movimento, fra l’altro dedicata proprio agli adolescenti: una realtà non radicata in una sola città ma capace di svilupparsi in luoghi diversi. Cominciando, per esempio, da Siracusa e risalendo via via verso nord tra una residenza e l’altra (magari toccando anche Dro)”. Intervista a SILVIA CALDERONI di Claudia Gelmi gianluca zannoni Silvia Calderoni è giovane, nuova ed interessante performer di un teatro che parla attraverso il corpo quale estensione di una parola che sembra non bastare più: è metamorfosi vivente, mutante in divenire, trasformazione e travestimento del sentire umano e animale rappresentato. Silvia esce da poco da quella prolungata fase adolescenziale che caratterizza la generazione dei giovani di oggi: “generazione televisiva”, la chiama giustamente lei, “che ha imparato la metamorfosi anche dalle immagini proposte e subite durante lunghe sedute di fronte al teleschermo”. Silvia esce ora dall’età dell’evoluzione per antonomasia, ma il suo essere camaleontico non pare volersi fermare unitamente alla conclusione di un percorso vitale: si carica invece di energetico vigore, forza caratteriale, e matura consapevolezza. Così vien da chiedersi se il mutamento appartenga davvero solo ad un’età specifica, oppure all’intero processo umano. “Io vivo di metamorfosi in ogni istante, e vorrei fosse così anche per tutti coloro che invece ad un certo punto della loro vita si fermano, smettono di evolvere e di cercare - continua Silvia -. Per me il mutare è qualcosa che inizia nel momento in cui si nasce e che continua fino alla morte, in un’assidua tensione verso la felicità e lo stare bene con se stessi e con gli altri”. La trasformazione è certo una caratteristica prioritaria di chi fa il mestiere dell’attore, ma non può prescindere dall’essere umano in generale, pena il suo fallimento esistenziale. L’abbiamo vista dare voce attraverso il corpo alle parole lacerate di Mariangela Gualtieri nella trilogia del teatro Valdoca “Paesaggio con fraFIES 45 tello rotto”, facendosi animale violentato, uomo o donna rotti e martoriati dal male. L’abbiamo vista interpretare per Tbc la rappresentazione fisica di alcune icone della contemporaneità in “Iconology 04”, così come abbiamo guardato affascinati i suoi intriganti travestimenti durante le serate del festival. La vedremo quest’anno disperare, trasformarsi e autoflagellarsi nella ricerca di un’identità sessuale mai definita in “Rumore rosa” dei Motus. L’evoluzione artistica di Silvia Calderoni è riuscita ad andare oltre l’idea di una distinzione tra i sessi maschile e femminile, tra gli esseri umano e animale, giungendo a rappresentare un’identità di genere trascendente da ogni categorizzazione. L’evoluzione artistica corre spesso di pari passo con l’evoluzione umana, per cui nel caso dell’attrice romagnola arte e vita si confondono e si alimentano a vicenda: “le mie performance sono legate senz’altro ad un progetto registico di proposta dell’immagine di me stessa più che della mia persona, ma non riuscirei mai ad interpretare un’altra da me. Benché ciò che passa sulla scena non sia io, ma un personaggio, rimane sempre un forte e radicato legame a ciò che sono e che sento”. Il suo essere sulla scena si rivela così chiara espressione della relazione tra il mutamento fisico e psicologico, per cui il corpo diventa non solo estensione della parola, ma inevitabilmente anche del pensiero e del sentimento: il suo corpo in azione è parola gridata senza la voce, è gemito soffocato, è pianto, e anche dolce sorriso. Forse è un dono naturale, questa fisicità di Silvia che oltrepassa il femminile e il maschile, l’umano e l’animale, la nudità e il travestimento, per scavare dentro la ricerca dell’essenza, del nucleo di un sentire universale, per poi ritornare a se stessa e al pubblico manifestando un non detto che si fa parola nell’espressione. Certo a monte si collocano un importante studio registico di autori che riescono sapientemente a valorizzare questa rara e originale dote, ed un faticoso impegno da parte di Silvia a mettersi completamente in gioco e ad essere e apparire attraverso il suo corpo: “ho sempre lavorato per mettere in evidenza la mia ambiguità e cavalcare in un certo senso la forza dirompente della mia immagine androgina e trasformista, e lo spazio scenico è l’unico luogo dove questa caratteristica assume potenza, non deve essere spiegata, soprattutto può essere espressa liberamente, senza restrizioni né costrizioni”. Silvia Calderoni incarna dunque alla perfezione le tematiche di drodesera > centrale fies 2006, dedicato quest’anno proprio all’”arroganza della metamorfosi” e all’età inquieta dell’adolescenza, ma anche a se stesso, e a tutti coloro che si sentono, come lui, e come Silvia, un incessante work in progress. gianluca zannoni “Ho sempre desiderato che nella prima intervista che avrei rilasciato comparisse anche il nome di mio padre: mi piacerebbe lasciare il suo nome, Cesare, stampato sulla carta, in modo che non sia spazzato via dalla storia, che ne rimanga in qualche modo una traccia visibile, anche quando non ci saremo più”. 46 FIES Progetto motus&fassbinder una docu-fiction su Piccoli Episodi di Fascismo Quotidiano presentazione dell’installazione e del progetto di un DVD MOTUS Dopo Pasolini, l’ultimo e disperato Pasolini di Petrolio e Salò, abbiamo deciso di dover continuare, con la stessa urgenza, a ri-percorrere un passato che si fa sempre più recente. Partendo dal presupposto che Hitler non è così lontano, come lo spettro del nazismo e della epurazione razziale… (“Hitler è sopravvissuto” veniva detto anche in Twin Rooms…), stiamo lavorando ad un progetto che va a scavare dentro una serie di scomodi rimossi. Continuiamo a confrontarci con un autore, R.W. Fassbinder, che ci parla a suo modo del qui ed ora, dei piccoli episodi di fascismo quotidiano che tutti subiamo nella più assoluta noncuranza. Nel silenzio. Sottovetro. Come animali da laboratorio. Fassbinder, che ha sempre indagato le dinamiche servo-padrone ed i sottili meccanismi di condizionamento, era dunque inevitabile, come ineluttabile era entrare nell’immaginario straziante del suo universo filmico. Nel 2005 abbiamo dato avvio a un progetto intitolato “PICCOLI EPISODI DI FASCISMO QUOTIDIANO”, che viene sviluppato per episodi/eventi unici, è liberamente ispirato all’anomalo testo teatralecinematografico “PRE-PARADISE SORRY NOW”(1969) Accanto alla tournée dello spettacolo Piccoli Episodi di Fascismo Quotidiano, infatti, abbiamo dato avvio ad un interminabile Video-catalogo di descrizioni di “piccoli episodi di fascismo quotidiano”. Chiediamo a giovani e persone che incontriamo nei luoghi e nelle città in cui lavoriamo di raccontare in prima persona, davanti ad una telecamera, una loro personale, significativa, esperienza - anche come sfogo e denuncia - di un atto di intolleranza od abuso subito od a cui hanno assistito. Chiediamo di filmare il racconto sempre in luoghi di confine, periferici e di passaggio: terrain-vagues. Abbiamo raccolto materiali a Ancona, Volterra, Bologna, Mondaino e sono emerse storie interessanti, in cui è evidente il relativismo che il termine “fascismo” oggi assume; questa parola, ha perso il connotato politico e diventa spesso sinonimo di offese e piccole prepotenze percepite come ingiuste, azioni asimmetriche e autoritarie, il più delle volte subite da colui che racconta. Il nostro intento è quello di far convergere le riprese di questi racconti in un DVD e in una videoinstallazione che potrà essere presentata o parallelamente ai Piccoli Episodi di Fascismo Quotidiano o come lavoro indipendente dagli spettacoli. (Alcune immagini del backstage per i filmati al Workshop di Ancona) FIES 47 12 EASY WALTZES Martedì 25 luglio ore 21.00 Mercoledì 26 luglio ore 23.00 Centrale Idroelettrica di Fies - Sala Turbina 2 Durata: 45 minuti Interpretato da Michèle Anne De Mey e Grégory Grosjean Ideazione Michèle Anne De Mey, Grégory Grosjean, Agnès Quackels, Stéphane Olivier, Eric Faes Costumi Frédéric Denis e Lorraine Frennet Luci Simon Siegmann Una creazione di la Cie MADM / Astragale asbl con il sostegno del Ministère de la Communauté Française Wallonie-Bruxelles - Service de la Danse, di CGRI e di Wallonie Bruxelles Théâtre. Con l’aiuto di Le Botanique - Bruxelles (B), dell’Hippodrome de Douai (F) e del Théâtre de l’Octogone (CH). In collaborazione con la Ferme du Buisson (F) Una produzione Charleroi-Danses, Centre Chorégraphique de la Communauté française E’ un appuntamento imperdibile quello con l’ironia e la leggerezza dei 12 piccoli valzer di Michèle Anne De Mey. Un incontro magico tra un uomo e una donna che attraverso il ballo giocano, scherzano, si stordiscono e si divertono insieme. Michèle Anne de Mey, grazie anche all’esperienza della compagnia Rosas, è tra gli artisti che hanno influito maggiormente sull’evoluzione della danza contemporanea europea, e oggi è condirettrice dell’importante centro di Charleroi Danses, in Belgio. Pur conoscendola, è quasi una sorpresa vederle creare uno spettacolo delizioso e semplice come i 12 piccoli valzer, nel quale viene lasciata da parte ogni retorica o tradizione sia di questo famoso ballo, sia della danza contemporanea stessa. Eppure sono entrambe ben visibili. I passi, lo stordimento, l’impegno fisico, l’intesa con il partner del walzer, ci sono dall’inizio alla fine, ma non è certo un ballo di sala quello a cui assistiamo. L’ironia e la grazia di Michèle Anne de Mey e Grègory Grosjean inventano dodici modi diversi di eseguire un walzer, magari anche solo con la mimica del viso… Ed è un piacere ed una scoperta anche ascoltare la colonna sonora, che ci propone canzoni alle quali magari non si era mai pensato come “walzer”: dal compositore belga Will Tura al cantante francese Christophe, passando per Simon & Garfunkel e per i Velvet Underground con un superbo I’m sticking with you, in cui i corpi degli interpreti si sostengono letteralmente l’un l’altro. 48 FIES herman sorgeloos MICHÈLE ANNE DE MEY E GRÉGORY GROSJEAN PROVA D’ASSOLO DAVANTI AL PUBBLICO COMPAGNIA ABBONDANZA/BERTONI Domenica 23 luglio ore 21.00 Centrale Idroelettrica di Fies - Sala Turbina 1 Durata 30 minuti Di Michele Abbondanza e Antonella Bertoni Con Antonella Bertoni Usciamo dal quinquennale ciclo tragico del progetto Ho male all’altro. Si dissolve l’immagine finale di Polis (’05), ultima parte del trittico: figure sfinite, immolate sul terzo altare sacrificale. Dopo questa completa immersione nel dualismo-antagonismo maschile e femminile e nell’alterità, sentiamo la necessità di un’atmosfera silente, rarefatta e più intima: come se i riflettori dovessero girarsi (riposizionarsi) dall’esterno verso l’interno, dal fuori al dentro, dall’altro al “sé”. Immaginiamo un corpo solo abbandonato in scena, seme di una nuova genía, testimone di una fine e capostipite-superstite di un nuovo mondo. Nelle sue esitazioni e immobilità porterà la sua utopia e questa darà senso al suo essere in vita, perché esigerà contro ogni evidenza che la vita abbia un senso. Inizio di un percorso in solitudine, di una nuova partenza, di un attraversamento. In quel corpo tutti i corpi e la storia dell’umanità tutta: un corpo femminile, quindi, e siccome prima delle immagini muoiono le parole, la figura umana comparirà innanzitutto come forma, poi eventualmente come portatrice di parole e suoni, attraversante un tempo e uno spazio scenico. In questo suo essere aura e contorno, cercheremo di capire come l’anima si terrà e si intratterrà in quell’involucro profondissimo e come con i suoi strappi e silenzi sappia creare il mistero in quella materia che la imprigiona. Materia della stessa sostanza dell’universo (o “dei sogni”, come scriveva Shakespeare), così abilmente combinata, ma nella quale vorremmo riuscire ancora a percepire, ascoltando attentamente: il vento, il fiume, la montagna da cui ha avuto origine; i parti che l’hanno generata e che genererà; le pietre nelle ossa, il sale e il ferro sciolto nelle sue vene. Una forma che, se agitata da profonda passione, potrà trasformarsi, trasformare la sostanza che contiene in ciò che vi è di più diverso e più lontano da lei. Presentiamo, a metà strada del processo creativo, le forme trovate. paolino flore/galleria squadro Michele Abbondanza FIES 49 BARBABLÙ (Come un piccolo animale senz’anima) TEATRINCORSO Domenica 23 luglio ore 23.00 Centrale Idroelettrica di Fies - Sala Turbina 2 Durata 90 minuti Regia e drammaturgia Elena Marino Con Catherine > Silvia Furlan, Anna > Martina Scienza, Henriet > Giorgio Maggi, Poitou > Raffaele Eccheli Collaborazione alla regia Mara Pieri Scene Gabriella Gasperini Luci Paolo Dorigatti Doc. video Federico Scienza Produzione Teatrincorso Progetto Contemporanea Teatri martina scienza Con il contributo di Provincia Autonoma di Trento, Università degli Studi di Trento, Opera Universitaria di Trento, C.U.C. - Trento 50 FIES Tra Storia e favola la vicenda di Gilles de Rais, il Barbablù storico, ‘mostro’ evocato ed atteso che non compare mai, ma domina la scena. Uno spettacolo che studia il cerchio disegnato intorno al Male, l’intreccio di complicità e connivenze, analizza le vittimecarnefici che il Male genera intorno a sé e dalle quali è a sua volta generato, in un rapporto simbiotico e circolare senza fine. Una storia frantumata in un loop di situazioni quotidiane e bagliori di surreale violenza. Azioni compiute per ferire, segnare, affermare in maniera più o meno palese il dolore, nel suo significato carnale, dissacrante, violento e violatore. Gli uomini e le donne di questo spettacolo sono vicini a tutti noi. Sono esseri umani che agiscono per pura necessità: segnati in modo indelebile dalla spirale di relazioni perverse innescata dalla violenza di Barbablù, essi non cercano altro che di sopravvivere, in mezzo a distruzione, ricordi insostenibili, quotidianità laccata di normalità, violenza 11/10 IN APNEA TEATRO SOTTERRANEO Lunedì 24 luglio ore 23.00 Centrale Idroelettrica di Fies - Sala Turbina 2 Durata 60 minuti Creazione collettiva Teatro Sotterraneo Teatro Sotterraneo sopravvive come collettivo. Cinque cervelli coabitano una pratica orizzontale che va dalla progettazione del prodotto scenico alla sua circuitazione. In scena Sara Bonaventura, Iacopo Braca, Matteo Ceccarelli, Claudio Cirri Elaborazione drammaturgica Daniele Villa Musiche originali Lorenzo Piggici Sound design Stefano Simonelli (Cama Studio) Falegnameria Gianluca Angelucci, Umberto Bonaventura P.r. Elena Lamberti stefano cirri Prima produzione di Teatro Sotterrano, 11/10 in apnea è anzitutto un lavoro di ricerca teatrale collettiva, in cui il gruppo ha lavorato come riduttore delle complessità, impostando le basi di un’estetica condivisa. Una parola come suono e ritmo prima che significato, una dinamica scenica che è partitura corale di azioni gesti e posizioni codificate. La linearità stefano cirri Sotterraneo e superficie. Microsistema privato e macrosistema sociale a confronto. Tre individui che svuotano uno spazio e un intruso. Una vicenda reale attraversata da incursioni non reali. drammaturgica che man mano si sfalda a vantaggio di una suggestione visiva e uditiva. Niente di quanto accade nella rappresentazione è semplice presenza, qualsiasi elemento - verbale, fisico, oggettistico - consuma tutto il suo potenziale prima di scomparire dalla scena. Undici/Decimi, una matematica attiva di continuità e scarti, solitudini e interdipendenze, precarietà e conservazione. Dopo lo spettacolo saranno disponibili (in consultazione) alcune copie del Dossier 11/10 in apnea, scaricabile dal sito www. teatrosotterraneo. it nella sezione download. FIES 51 websuicide.com mockumentary GERARDO LAMATTINA Da venerdì 28 a domenica 23 luglio Centrale Idroelettrica di Fies - Galleria Trasformatori Work in progress nato dal laboratorio con un gruppo di ragazzi dai 16 ai 18 anni. Nell’ottobre 2005 in una desolata alba autunnale 5 ragazzini giapponesi ad Aokigahara nella prefettura di Akita, si sono chiusi dentro un’auto, e dopo aver convogliato il gas di scarico con un tubo dentro l’abitacolo, hanno sigillato ermeticamente i finestrini, hanno acceso il motore, poi lo stereo, con una playlist concordata in precedenza, ed hanno atteso... Non si conoscevano tra di loro, si erano dati appuntamento via internet e l’auto era della mamma di uno di loro... Peace & Love vivavivalutopia P A R T Y !? Domenica 30 luglio ore 24.00 Centrale Idroelettrica di Fies - Lounge Factory Dj Set Trinity, Tiffany e altri ospiti a sorpresa Vj Set DDR (democratic digital recordings) Live performance Silvia Calderoni Ideazione e site specific Gerardo Lamattina Il mondo è in mano a pochi potenti capitalisti spregiudicati guerrafondai estremisti e fondamentalisti e le guerre uccidono ogni giorno centinaia di persone innocenti, in aggiunta il cane del tuo vicino ti fà sempre la pipì sul pianerottolo, e allora BASTA Su la testa, sursum corda e vaffanculo il cane del vicino, abbasso le guerre, il capitalismo e pure il capitale!! Mettiamo dei fiori nei nostri cannoni e spariamo addosso a questo becero inizio secolo, ai petrolieri arrembanti, ai suvisti° stronzi, a quelli che vogliono ancora il nucleare, a quelli del capitalismo dal volto umano, a quelli che costruiscono muri per difendere la loro pace, ai globalizzatori che sfruttano i paesi poveri per arricchirsi, a quelli che “abbasso lo straniero” e a tutta la masnada di furbi e furbetti che ci attornia. Balliamoci Su e non pensiamoci più. Vieni anche tu a portare il tuo utopico messaggio°° di pace& amore, e di speranza per un futuro migliore. Firmato Candide ° SUV:acronimo di Superbi Umani al Volante, da cui il neologismo “suvisti” °° Il messaggio più utopico verrà premiato con un regalo a sorpresa 52 FIES drodesera > centrale fies 2006 Centrale Idroelettrica di Fies INCONTRI con GLI AUTORI con aperitvi offerti da: Azienda Agricola Cesconi, Azienda Agricola Gino Pedrotti, Azienda Agricola biologica Molino dei Lessi, Azienda Agricola Pravis Domenica 23 luglio Galleria Trasformatori - ore 19.00 Cesare Ronconi - “Officina Valdoca” Ingresso gratuito Lunedì 24 luglio Galleria Trasformatori - ore 19.00 Valentina Valentini e Motus - “Il teatro di fine millennio” Giovedì 27 luglio Galleria Trasformatori - ore 19.00 Letizia Renzini - “Balletti” Sabato 29 luglio Galleria Trasformatori - ore 18.00 Incontro con Claudia Castellucci domenica 30 luglio Galleria Trasformatori - ore 18.00 Rodrigo Garcia e Elena Franceschini - “La coscienza violata” ONLINE FESTIVAL/B-FIES www.drodesera.it www.b-fies.it Segui drodesera > centrale fies in Internet, attraverso: il progetto-reportage ONLINE FESTIVAL: ogni giorno video, fotografie e numerose interviste dagli spazi della centrale. Interviste virtuali a cura di Isabella Santacroce, una delle più importanti scrittrici del panorama italiano contemporaneo. B-FIES: una galleria on-line aperta a performance ed esposizioni multimediali di artisti e compagnie teatrali ospiti della centrale, con due estratti video di Fanny & Alexander e Zapruder Filmmakersgroup, la mostra fotografica GEOGRAFIA PRIVATA di Federica Giorgetti, e molto altro ancora. FIES 53 PARCO DELLA CENTRALE LOUNGE FACTORY DJ Trinity è la sensuale e cupa sacerdotessa dell’electroclash più estremo. Regina dell’ambiguità sa abbagliare il proprio pubblico con la sua competenza, potente, sensuale che vibra di un inimmaginabile allegria e sfacciato erotismo. Propone una miscela originale improntata sulla revisione elettronica e minimalista, regalando un suono nero ed elegante. Suona e realizza i suoi set tra installazioni artistiche d’avanguardia, centri sociali e club alla page della riviera. A lei e a i suoi ospiti saranno affidate le notti nel parco della Centrale di Fies. www.djtrinity.it DJ TRINITY AND GUEST Venerdì 21 luglio Film soundtrack @1 Sabato 22 luglio Madonna Vs David Bowie Lunedì 24 luglio Italian style Martedi 25 luglio Trip-hop Mercoledì 26 luglio Electro-wave Giovedì 27 luglio Film soundtrack @2 Venerdì 28 luglio Indie-pop Sabato 29 luglio ’80-’90 Domenica 30 luglio Peace&Love Party (vivavivalutopia)… Domenica 23 il dopo festival con DJ Trinity e guest star farà una pausa per lasciare spazio a due Dj d’eccezione del panorama trentino: Dj Fabio e Dj Elfo si alterneranno ai piatti per una notte davvero speciale. LOUNGE ZONE Un parco all’aperto, uno spazio notte, una LOUNGE ZONE. Il luogo sereno dove rilassarsi, chiacchierare del visto e del non visto, incontrare gente conosciuta e sconosciuta assieme agli artisti che compongono le ardite schiere del festival. 54 FIES Le ultime frontiere dell’electroclash e uno speciale programma gastronomico capace di trascinarci nel piacere del gusto, nella sensualità di un sapore che viene da lontano sconfinando nella naturalità più legata alla terra che solo i prodotti biologici sanno regalare. Ad arricchire le già sperimentate e conosciute offerte fast/culinarie presenti ai due opposti lati del Parco, due nuove proposte per coccolare il nostro pubblico più esigente: l’appuntamento sarà per il 21 e il 24 luglio con Andrea Pregl della Locanda Elda, da percorsi lontani e misteriosi arriva nelle sue sapienti mani l’arte di saper dosare spezie e profumi, in equilibrio magico e perfetto. Dal 25 al 28 luglio Claretta Moscon preparerà con enorme cura piatti vegetariani realizzati con prodotti biologici e naturali, dal sapore semplice ma ricco di sfumature. Accademia degli Artefatti, Marco Bagnoli, Sonia Bergamasco, Elisa Biagini, Eugenio Borgna, Sonia Brunelli, Daniele Albanese, Dario Buccino, Jonathan Burrows, Giacomo Calabrese, Francesco Canavese, Enzo Fileno Carabba, Agata Carbone, Roberto Carifi, Vincenzo Carta, Roberto Castello, Claudia Castellucci, Romeo Castellucci, Annalisa Cattani, Luigi Ceccarelli, Alessandro Certini, Compagnia Virgilio Sieni, Company Blu, Contemporartensemble, Enzo Cosimi, Daniela De Lorenzo, Claudia De Venuto, Francesca Della Monica, Marco Di Bari, Michele Di Stefano,Luca Di Volo, Alba Donati, Patrizio Esposito, Silvia Fanti, Matteo Fargion, Flavio Favelli, Daniele Fusi, Francesco Giomi, Raffaella Giordano, Marina Giovannini, Yasmeen Godder, Habillè d’Eau, Julyen Hamylton, Sioned Huws, Jóhan Jóhansson, Kinkaleri, Vasif Kortun, Koegel Kurt, La Ribot, Lische, Sandro Lombardi, Paolo Maccari, Gabriele Manganiello, Marcido Marcjdoris e Famosa Mimosa, Mirko Mariottini, Peter Maxwell Davies, Marco Mazzoni, Manuela Menici, MK, Ermanna Montanari, Liliana Moro, Motus, Andrea Nanni, Massimo Nannucci, Lisa Nelson, Steve Noble, Odin Teatret, Erna Omarsdottir, Lorenzo Pallini, Margherita Pascucci, Steve Paxton, Cesare Pietroiusti, Francesca Proia, Silvia Rampelli, Letizia Renzini, Cristina Rizzo, Gabi Scardi, Zineb Sedira, Socìetas Raffaello Sanzio, Tancredi, Tempo Reale, Federico Tiezzi, Grazia Toderi, Sandra Tomboloni, Mark Tompkins, Benjamin Vandevalle, Frida Vannini, Massimo Verdastro, Versiliadanza, Sara Wictorowicz, Anna Williams, Charlotte Zerbey. C A N G O C a n t i e r i G o l d o n e t t a F i re n z e d i r e z i o n e a r t i s t i c a Vi r g i l i o S i e n i via Santa Maria 23/25 - 50125 Firenze tel.+ 39 0552280525 - fax + 39 055222377 [email protected] - www.cangi.fi.it FIES 55 Dro Wanderungen Viaggio attraverso i segreti di una terra Non è mai cosa agevole, nemmeno per il viaggiatori più attento, stabilire “quando” si è arrivati, che le mete, non sempre son segnate con precisione sulla mappa del nostro esistere. Ma c’è un punto preciso, sulla strada che scende da Trento, dove sai con certezza d’esser giunto a Dro. Tra due ampie curve, dietro le fronde del pino nero e con il castello di Drena stagliato contro le cime del monte Bondone, improvvisamente la vista si allarga sulla valle di Dro Nella sua guida turistica di metà 800, il dottor Kuntze, medico ufficiale del “Kurort” della vicina Arco, magnificava il vino di Dro, specialmente quello”Santo” e ricordava la necessità del “ camminar pei campi”, quale integrazione alle sue cure. E se il viaggiatore fa parte del grande popolo dei teatri, l’arrivo nella valle per l’edizione 2006 di Drodesera può essere l’occasione per una vacanza diversa, in grado di offrire consolazioni di eccezionale livello anche all’anima “enologica” di chi la sceglie. Val la pena dunque di passare dagli amici dell’Azienda agricola Pravis di Lasino, da raggiungere con una breve escursione in Val di Cavedine, appena passato il Castello di Drena. Là sono coltivate le vigne del Müller Thurgau e del Syrah là nascono gli uvaggi misteriosi che dan corpo a vini di livello superiore. Una visita alla Pravis è un iniziatico viaggio nella cultura del vino trentino. Luogo di incontro e fusioni di particolarissime condizioni, la valle del Basso Sarca gode di un dolce microclima: qui è possibile praticare sport 56 FIES marco miori E’ la Centrale di Fies che ti accoglie per prima, la fabbrica idroelettrica di epoca asburgica, oggi luogo del teatro europeo e “palco centrale” delle produzioni di Drodesera. Costruita ad imitazione del sovrastante castel Drena , si mostra ancor oggi orgogliosa, nella sua merlata torre, fregiata da un raro affresco dell’ “Aquila Tyrolensis”. Se alzi lo sguardo la parete del monte Brento sorprende per la crudezza della sua strapiombante geologica ferita, dalla quale, in epoche diverse, sono rovinate le frane che costituiscono oggi le Marocche, un mare di pietra dal forte segno, oggi biotopo protetto, che incredibilmente si stempera nei dolci vigneti di Dro. AZIENDA AGRICOLA PRAVIS LASINO (TN) - Via Lagolo Tel. 0461 564305 Fax 0461 564565 www.pravis.it E-mail: [email protected] AGRITURISMO - AGRICAMPEGGIO MASO LIZZONE Via Lizzone 38074 CENIGA (TN) Tel. e Fax 0464 504793 www.masolizzone.com E-mail: [email protected] Pian piano, scendendo nella valle, chi è arrivato a Dro comincia a coglierne l’anima più profonda: un ambiente incontaminato dominato dai contrasti tipici delle zone climatiche di frontiera, offre possibilità e combinazioni sempre diverse: montagna e pianura, bosco e vigneto, fiume e rocce inaccessibili disegnano un quadro dalle particolarissime tinte. La valle è un susseguirsi di ambienti diversi, luogo eletto dell’arrampicata sportiva, sorprende il viaggiatore per la bellezza del suo fiume e per le piste ciclabili che unite al dedalo di viottoli e strade di campagna permettono al viaggiatore di perdersi in una wanderung ciclistica dal sapore antico. Stop and Go Bike Shop di Dro è il posto adatto dove rivolgersi per ogni esigenza: Diego Bortolameotti noleggia bici di ogni tipo, da quella più sportiva a quella più cortese e fornisce assistenza attenta e competente. Nella storia di Drodesera, il rapporto con l’ambiente naturale ha avuto in passato, un posto privilegiato: per anni gli spettacoli sono stati allestiti all’aperto, nelle piazze e negli angoli di Dro e Ceniga, nello scenario arido e affascinante delle Marocche o sul greto del fiume: il teatro è vissuto e si è nutrito a Dro anche di questa dimensione. Un altro modo quindi di vivere intensamente l’esperienza unica di una settimana a Dro al tempo del festival, è quello di conoscerne meglio l’ambiente naturale. Con i Percorsi Energetici, nelle mattinate, potrete scoprire gli marco miori all’aperto per gran parte dell’anno e arrampicare sulle vie ferrate, nelle falesie o sulle grandi pareti del monte Brento fino all’autunno inoltrato. O più semplicemente percorrere senza pericolo, una delle tantissime vie che legano Dro alla sua montagna, dove ancor oggi è possibile ritrovare il segno della fatica di rubar pane al monte. Ai piedi di una delle vie scavate nella roccia che la gente usava per salire “al mont”, in un parco centenario tra vigneti curati con antica sapienza familiare, c’è posto per riposare tra le mura del Maso Lizzone. Per trovarlo basta avviarsi per una delle tante stradine che dal paese scendono verso Ceniga, la antica e storica frazione di Dro. Passato il vecchio ponte di stile romanico sulla Sarca, una via tra i campi conduce alla meta. La famiglia Brighenti è pronta ad accogliere il viaggiatore ed aprire le porte del loro piccolo paradiso. La loro antica casa, un tipico esempio di maso contadino, è stata restaurata con estrema cura e i mobili, scelti mai a caso, sono in grado di comunicare il senso più profondo della parola “casa”. Una cucina collettiva, attrezzata di tutto punto e un ridotto numero di stanze, ognuna con un anima speciale completano la magia. STOP AND GO BIKE SHOP Piazza Trieste, 6 38074 DRO (TN) Tel. e Fax 0464 544028 E-mail: [email protected] Hotel Miramonti Via Cesare Battisti, 13 38074 DRO (TN) Tel 0464 504335 Fax 0464 504071 www.miramontihotel.info E-mail [email protected] FIES 57 marco miori angoli più affascinanti della valle, i suoi segreti e le sue magie attraverso escursioni guidate. Ma se la notte è il teatro e il mattino l’escursione, a Dro non si resta delusi nemmeno per il pranzo e per la cena, necessari momenti di incontro e di conoscenza tra gli ospiti, oltre che delizia per il palato. E’ possibile infatti assaporare il gusto dell’autentica cucina casalinga al Ristorante Pizzeria alle Bocce, dove l’accoglienza è pari alla squisitezza dei piatti, sapientemente tratti anche dalle ricette tradizionali. Per chi poi volesse dedicarsi all’antica arte del punto e della bocciata, attiguo al ristorante è aperto un moderno bocciodromo, dove tutto è pronto per permettere agli ospiti ardimentosi cimenti. Se poi l’ora di pranzo vi coglie dalle parti di Pietramurata, la seconda frazione di Dro, niente paura l’accogliente Spaghetti Garden è pronto ad offrirvi sotto la sua fresca veranda pasta fatta in casa e ottimi piatti di pesce. E se dopo le notti del teatro e le Wanderungen del giorno il viaggiatore volesse riposarsi in un tranquillo ed accogliente Albergo, magari con una bella piscina dove nuotare e rilassarsi, niente di meglio dell’Hotel Miramonti a Dro, sulla vecchia strada per Trento. 58 FIES Tutto il resto la valle lo offre al viaggiatore che abbia voglia di scoprirne i segreti e che potrà unire alle notti nella Centrale di Fies, giornate intense, a contatto con il “genius” di un luogo che riesce ancora a parlare si sé a chi lo sa trovare. Seguire le indicazioni ed attenzione, tra le due curve, a quando si intravede il castello di Drena: siete quasi arrivati. Alberto Sommadossi SPAGHETTI GARDEN Loc. Isoletta, 12 38074 PIETRAMURATA (TN) Tel. 0464 507350 RISTORANTE PIZZERIA ALLE BOCCE Via Zandonai 38074 DRO (TN) Tel. 0464 504166 Percorsi energetici C/o Centro Culturale di Dro - Via C. Battisti, 9 - 38074 Dro (TN) Tel. 0464/504700 - Fax 0464/504733 - Internet www.drodesera.it - E-mail [email protected] Percorso 1 La via dei monti: sentiero “Crozolam” Sui sentieri nella roccia dei boscaioli di Dro Un tempo si andava a far legna sul monte Anglone e dal Paese partivano sentieri, a tratti scavati nella roccia, per raggiungere i boschi alti. Una passeggiata per ripercorrere la fatica del vivere di un tempo. Tempo h 2.00 Difficoltà: sentiero attrezzato medio Attrezzatura: da normale escursione/passeggiata in montagna Percorso 4 Tra i misteri delle Marocche A piedi alla scoperta dell’eccezionale mondo delle Marocche di Dro Partenza dalla Centrale di Fies, attraversamento della Valle d’Argento, piccolo passo per il Lago di Cavedine, con visita al sito “orme dei dinosauri”, rientro a Fies lungo il sentiero “dei bacini”, sulle tracce delle vecchie strutture idroelettriche. Tempo: h 2.30 Difficoltà: facile, adatto a tutti Attrezzatura: da normale escursione Percorso 2 In fondo alla valle, ai confini dell’Impero Pedalata per viottoli e piste ciclabili fino ad Arco, “Kurort” dell’epoca absburgica: ville, Casinò, monumenti, Borgo medioevale di Stranfor. Possibilità di salita al castello Tempo: h 2.00 Difficoltà: facile passeggiata in bicicletta Attrezzatura: bicicletta, fornita dall’organizzazione Percorso 5 La via del fiume Nella parte più suggestiva della Sarca, alla ricerca dei passaggi tra i massi megalitici, tra polle d’acqua trasparente sulle tracce della storia di un grande fiume. Tempo: h 2 Difficoltà: facile, adatto a tutti Atrezzatura: da escursione con bagno nino matteotti In collaborazione con l’Area Ambientale del Comune di Dro le foto di dro wanderungen sono di marco miori e nino matteotti / progetto archivio immagine marco miori Percorso 3 La via del Castello Verso il castello di Drena attraverso la via ferrata nella forra del torrente Salagom L’escursione verrà effettuata con l’assistenza di personale qualificato. Tempo: h 2.00 Difficoltà: ferrata di media difficoltà Attrezzatura: da escursione con moschettoni e imbracatura, fornita dall’organizzazione FIES 59 ALBERGHI e AGRITOUR PIZZERIE e RISTORANTI Albergo Drena Ristorante Pizzeria Via Roma 34, Drena (Tn) tel. e fax 0464/541100 www.alberhdrena.it e-mail [email protected] Hotel Ciclamino Via Cargadori, Pietramurata di Dro (Tn) tel. e fax 0464/507140 www.hotel-ciclamino.com [email protected] Garnì delle Rose Via Arco 34, Ceniga di Dro (Tn) tel. e fax 0464/504352 [email protected] Hotel Eden V.le Trento 2, Dro (Tn) tel. 0464/504375 fax 504363 www.hoteledendro.com [email protected] Osteria dal Lorenzin Fraz. S.Massenza, Vezzano (Tn) tel. 0461/340029 www.osteriadallorenzin.it [email protected] Ristorante Bar Oliveti Via Ponte Oliveti 14, Sarche (Tn) tel. 0461/564221 fax 561052 [email protected] Pizzeria Ristorante Alfio Via Mazzini 12, Dro (Tn) tel. 0464/504208 [email protected] Ristorante Castel Toblino Via Caffaro, Sarche (Tn) tel. 0461/864036 fax 340563 www.casteltoblino.com [email protected] Pizz. Ristorante Genzianella Via Zurlon 1, Masi di Vigo Cavedine (Tn) - tel. 461/566084 BAR e PUB PRODOTTI TIPICI e OGGETTISTICA ABBIGLIAMENTO e CALZATURE SERVIZI VARI 60 FIES Bar Agip Via Roma 92, Dro (Tn) tel. 0464/504752 Green Bar P.za Repubblica 15, Dro (Tn) tel. 0464/544115 Bar Centrale P.za Repubblica 22, Dro (Tn) tel. 0464/504388 New Entry Birreria Pub Via Borgo Nuovo 97, Pietramurata di Dro (Tn) tel. 0464/507450 Distilleria Angeli Via Capitelli 31, Dro (Tn) tel. e fax 0464/504310 La Scala creazioni artistiche, arredi e complementi Via Roma 33, Dro (Tn) tel. 348/8996642 Hangar, mercato dell’abbigliamento Strada Gardesana Occidentale 11/c, Dro (Tn) tel. 0464/504620 Papillon Strada Statale Arco/Trento tel. 0464/504626 Coop. S.E.I. cooperativa di servizi ed elettrompianti Loc. Matoni 1, Dro (Tn) tel. 0464/504603 fax 504777 www.coopsei.com [email protected] Edicola tabaccheria Morandi Sonia P.za Repubblica 4, Dro (Tn) tel. 0464/544048 Supermarket della Calzatura Via Mazzini 16, Dro (Tn) tel. 0464/504203 COOP Consumatori Alto Garda DRO - Via Mazzini Tel. 0464 504300 drodesera > centrale fies 2006 Informazioni e prenotazioni 10.00 - 12.00 e 15.00 - 18.00 drodesera > centrale fies C/o Centro Culturale di Dro Via C. Battisti, 9 - 38074 Dro (TN) Tel. 0464/504700 - Fax 0464/504733 Internet: www.drodesera.it E-mail: [email protected] Presso gli uffici del festival e alle casse è in vendita la Gavial Card a 20 Euro, che dà diritto alla riduzione del 50% sul biglietto degli spettacoli. Ingresso spettacoli 10 € Paola Bianchi “Kytos” e “Chrónoshomo”: Ingresso gratuito Compagnia Abbondanza/Bertoni e Sonia Brunelli: 5 Euro - No Gavial Card Virgilio Sieni Corpi d’Oro: 5 Euro - No Gavial Card - Prenotazione obbligatoria Spettacoli a prenotazione obbligatoria: Ortographe “Orthographe de la Physionomie en Mouvement” Stoa scuola di movimento della Socìetas Raffazello Sanzio “Ballo individuale in circostanze costrette” Teatro Valdoca “Misterioso concerto” Officina Valdoca “Opera” Compagnia Virgilio Sieni “Osso Á” Compagnia Virgilio Sieni “Corpi d’Oro” Motus “Piccoli episodi di fascismo quotidiano” Per tutti gli altri spettacoli la prenotazione è consigliata: 0464 504700 - [email protected]. I biglietti prenotati devono essere ritirati entro 20 minuti dall’inizio dello spettacolo. Dopo questo orario i biglietti prenotati saranno messi in vendita. Per garantire la puntualità, si prega di raggiungere la centrale mezz’ora prima dell’inizio degli spettacoli. Per centrale fies bus gratuito obbligatorio crushsite.it Il programma potrà subire variazioni che verranno tempestivamente comunicate. Per rispettare l’ambiente naturale delle Marocche, non è permesso raggiungere la centrale di Fies con mezzi privati. Invitiamo il gentile pubblico ad utilizzare il bus navetta messo a disposizione gratuitamente dal Festival. Il servizio sarà attivo tutte le sere dalle ore 18.00 alle 3.00 con orario continuato partendo dalla piazza di Dro. FIES 61 Venerdì 21 luglio Forgia - ore 19.00 Virgilio Sieni e Letizia Renzini “Corpi D’oro - il buonumore_il malumore 2006” Ingresso 5€, no gavial card, prenotazione obbligatoria Sala Mezzelune - ore 20.00, 20.30, 22.30, 00.15 Orthographe - “Orthographe de la Physionomie en Mouvement - Spettacolo per camera ottica” Prenotazione obbligatoria Lunedì 24 luglio Galleria Trasformatori - ore 19.00 Incontro con Valentina Valentini e Motus “Il teatro di fine millennio” - Ingresso gratuito Sala Turbina 1 - ore 21.00 Sonia Brunelli - “Doma” Ingresso 5€ - no gavial card Sala Turbina 1 - ore 21.00 - Motus - “Rumore Rosa” Galleria Trasformatori - ore 22.00 Paola Bianchi - “Chrónoshomo” Esercizi Ingresso gratuito Sala Turbina 2 - ore 23.00 Fanny & Alexander - “Heliogabalus” Sala Turbina 2 - ore 23.00 Teatro Sotterraneo - “11/10 in apnea” Lounge Factory - in serata Dj set Trinity and Guest - Film soundtrack @1 Ingresso gratuito Lounge Factory - in serata Dj set Trinity and Guest - Italian style Ingresso gratuito Sabato 22 luglio Martedì 25 luglio Ponte di Controllo - ore 19.00 Fanny & Alexander - Conferenza personalfilologicodrammatica con implicazioni a cura dell’archeologo Oflodor Inittehccas Ingresso gratuito - Prenotazione obbligatoria Sala delle Mezzelune - ore 19.00 Virgilio Sieni - “Osso Á” Prenotazione obbligatoria Sala Mezzelune - ore 20.00, 20.30, 22.30, 00.15 Orthographe - “Orthographe de la Physionomie en Mouvement - Spettacolo per camera ottica” Prenotazione obbligatoria Sala Turbina 1 - ore 23.00 Paola Bianchi - “Corpus Hominis” Sala Turbina 1 - ore 21.00 - Motus - “Rumore Rosa” Sala Turbina 2 - ore 23.00 Fanny & Alexander - “Heliogabalus” Sala Turbina 2 - ore 21.00 Michèle Anne De Mey - “12 Easy Waltzes” Lounge Factory - in serata Dj set Trinity and Guest - Trip-hop Ingresso gratuito Mercoledì 26 luglio Sala di Comando - ore 24.00 Teatro Valdoca - “Misterioso Concerto” Prenotazione obbligatoria Sala Mezzelune - ore 19.00 Paola Bianchi - “Kytos - In potere” Ingresso gratuito - Prenotazione obbligatoria Lounge Factory - in serata Dj set Trinity and Guest - Madonna Vs David Bowie Ingresso gratuito Sala Turbina 1 - ore 21.00 Erna Ómarsdóttir e Jóhann Jóhannsson “IBM 1401 - a user’s manual” Domenica 23 luglio Galleria Trasformatori - ore 19.00 Incontro con Cesare Ronconi - “Officina Valdoca” Ingresso gratuito Sala Turbina 1 ore - 21.00 Compagnia Abbondanza/Bertoni “Prova d’assolo davanti al pubblico” Ingresso 5€ - no gavial card Sala di Comando - ore 22.00 e ore 24.00 Teatro Valdoca - “Misterioso Concerto” Prenotazione obbligatoria Sala Turbina 2 - ore 23.00 Michèle Anne De Mey - “12 Easy Waltzes” Lounge Factory - in serata Dj set Trinity and Guest - Electro-wave Ingresso gratuito Giovedì 27 luglio Galleria Trasformatori - ore 19.00 Incontro con Letizia Renzini - “Balletti” Ingresso gratuito Sala Turbina 2 - ore 21.00 Compagnia Virgilio Sieni - “FIVE DREAMS mi difenderò 06” Sala Turbina 2 - ore 23.00 Teatrincorso “Barbablù-come un piccolo animale senz’anima” Sala Turbina 1 - ore 23.00 Erna Ómarsdóttir e Jóhann Jóhannsson “The mysteries of love” Lounge Factory - in serata Dj set by Elfo and DJ Fabio Ingresso gratuito Lounge Factory - in serata Dj set Trinity and Guest - Film soundtrack @2 Ingresso gratuito 62 FIES Venerdì 28 luglio Sala di Comando - ore 19.00 STOA - scuola di movimento della Socìetas Raffaello Sanzio “Ballo Individuale in circostanze costrette ” Prenotazione obbligatoria Sala Turbina 1 - ore 21.00 Marta Galan e Santiago Maravilla - “Lola” Forgia - ore 23.00 Motus “Piccoli episodi di fascismo quotidiano” Indagini su Pre-paradise sorry now di Rainer Werner Fassbinder Prenotazione obbligatoria Foyer - dalle 22.00 alle 24.00 Motus Videoinstallazione “Piccoli episodi di fascismo quotidiano” - Ingresso gratuito domenica 30 luglio Galleria Trasformatori - ore 18.00 Incontro con Rodrigo Garcia e Elena Francescini “La coscienza violata” Ingresso gratuito Sala Turbina 1 - ore 21.00 Rodrigo García / La Carniceria Teatro “La historia de Ronald el payaso de Mc Donalds” Sala Mezzelune - ore 23.00 Vincenzo Schino/Officina Valdoca - “Opera” Prenotazione obbligatoria Galleria Trasformatori - dalle ore 22.00 Gerardo Lamattina - “websuicide.com” Mockumentary film Ingresso gratuito Lounge Factory - dalle ore 24.00 Gerardo Lamattina “Peace&Love Party (vivavivalutopia)” Ingresso gratuito Galleria trasformatori - dalle ore 22.00 Gerardo Lamattina - “websuicide.com” Mockumentary film Ingresso gratuito Lounge Factory - in serata Dj set Trinity and Guest - Indie-pop Ingresso gratuito Sabato 29 luglio Galleria Trasformatori - ore 18.00 Incontro con Claudia Castellucci Ingresso gratuito Sala di Comando - ore 19.00 STOA scuola di movimento della Socìetas Raffaello Sanzio “Ballo Individuale in circostanze costrette” Prenotazione obbligatoria Sala Turbina 2 - ore 21.00 Erna Ómarsdóttir e Damien Jalet - “Ofætt” Forgia - ore 23.00 Motus “Piccoli episodi di fascismo quotidiano” Indagini su Pre-paradise sorry now di Rainer Werner Fassbinder Prenotazione obbligatoria Foyer - dalle 22.00 alle 24.00 Motus Videoinstallazione “Piccoli episodi di fascismo quotidiano” Ingresso gratuito Theatermutter dalle 21.00 alle 22.30 Martina Benoni Un servizio gratuito per genitori che vogliono vedersi qualche spettacolo. Info 0464 504700 Galleria trasformatori - dalle ore 22.00 Gerardo Lamattina - “websuicide.com” Mockumentary film Ingresso gratuito Gli spettacoli sono adatti ad un pubblico adulto Lounge Factory - in serata Dj set Trinity and Guest - ‘80-‘90 Ingresso gratuito Dove non diversamente specificato, l’ingresso agli spettacoli è di 10 Euro FIES 63 FIES DIREZIONE Direttore Dino Sommadossi Direttore artistico Barbara Boninsegna ORGANIZZAZIONE E AMMINISTRAZIONE Roberta Dallabetta ORGANIZZAZIONE LOGISTICA Anna Chiara Boninsegna, SEGRETERIA Cinzia Maroni RESPONSABILI TECNICI Marco Lutterotti, Francesco Pozzi SERVIZI TECNICI Davide Clementi, Danilo Dell’Oca, Simone Fini, Luca Fusconi, Gabriele Lazzaro, Stefano Parisi, Viviana Rella, Fabio Sajiz, Andrea Violato RESPONSABILE PALOCOSCENICO Cristina Lutterotti IMMAGINE Foto > crushsite.it, Federica Giorgetti, Paolo Rapalino, Samuele Stefani, Nino Matteotti, Marco Miori Documentazione video > Simona Diacci, Lino Greco, Gerardo Lamattina COMUNICAZIONE Virginia Sommadossi ALLESTIMENTI Giacomo Sega Involucri metamorfici > www.minove.it BIGLIETTERIE E SERVIZI AGLI SPETTACOLI Luisa Benuzzi, Stefania Benuzzi, Ilenia Cosentino, Matteo Cretti, Alessandra Frisetti, Simone Leoni, Marco Loni, Sara Lutterotti, Elena Pellegrini, Cristian Santoni, Franco Tavernini STAGISTI Filippo Andreatta, Giulia Bazzanella, Allegra De Mandato, Rosanna Di Franco, Silvia Gatto, Laura Martegani, Beatrice Piazza, Valentina Piscitelli, Anna Sarlenga, Beatrice Sarosiek, Fabio Tomaselli LOUNGE FACTORY Martina Benoni, Ivana Chemolli, Pierangela De Giuli, Francesco Foletti, Camilla Matteotti, Claretta Moscon, Andrea Pregl, Roberto Segreti PERCORSI ENERGETICI Alberto Sommadossi GRAFICA Roberto Biatel REDAZIONE RIVISTA Testi > Umberto Angelini, Patrizia Bologna, Elena Franceschini, Claudia Gelmi, Cinzia Maroni, Tommaso Pasquini, Rodolfo Sacchettini, Alberto Sommadossi, Virginia Sommadossi GRAZIE A Emilio Guariglia, Isabella Santacroce, Socíetas Raffaello Sanzio, Biblioteca, Cantiere e Ufficio Tecnico del Comune di Dro, Associazione Qua-Dro, Associazione Sonà, Associazione Bass 64 FIES Regione Autonoma Trentino Alto Adige-Südtirol Servizio Ripristino Ambientale P.A.T. Si ringraziano inoltre: Stop & Go - Dro • Lineasia - Trento • L’Erba del Vicino - Dro Comune di Dro Copertina: concept virginia sommadossi - foto crushsite.it • Quarta di copertina: foto federica giorgietti • grafica roberto biatel - stampa grafica 5 - arco Provincia Autonoma di Trento mouts / rumore rosa / foto federica giorgetti FIES LUX L’energia accende la notte Dieci giorni di teatro, danza, musica, site specific and live performance, installazioni, spazi lounge, mostre, incontri, videoart, laboratori, DJ e VJ set. 66 FIES