dro • 21-30 luglio 2006
drodesera > centrale fies
www.drodesera.it
Il Gaviale • Provincia Autonoma di Trento • Regione Autonoma Trentino Alto Adige / Südtirol • Ente Teatrale Italiano
Ministero per i Beni e le Attività Culturali • Comune di Dro • Ingarda Trentino • Cassa Rurale Alto Garda • ENEL
federica giorgetti
www.motusonline.com
crushsite.it
FIES
drodesera > centrale fies 2006
Spettacoli
6
Motus
Rumore rosa
Piccoli Episodi di Fascismo Quotidiano
12
Fanny & Alexander
Heliogabalus
Homo vario sol it arius
Conferenza personalfilologicodrammatica con
implicazioni a cura dell’archeologo Oflodor
Inittehccas
19
Erna Ómarsdóttir e Jóhann Jóhannsson
The mysteries of love
IBM 1401 - a user´s manual
21
Erna Ómarsdóttir e Damien Jalet
Òfætt («unborn»)
26
Compagnia Virgilio Sieni
Five dreams - mi difenderò - 06
Osso Á
28
Marta Galàn e Santiago Maravilla
Lola
29
Rodrigo García
La historia de Ronald el payaso de Mc Donalds
34
Sonia Brunelli
Doma
37
Teatro Valdoca
Misterioso concerto
39
Paola Bianchi
Corpus hominis
42
Orthographe
Orthographe de la physionomie en mouvement
48
Michèle Anne De Mey e Grégory Grosjean
12 easy waltzes
49
Compagnia Abbondanza/Bertoni
Prova d’assolo davanti al pubblico
35
STOA scuola di movimento della Socìetas
Raffaello Sanzio
Ballo individuale in circostanze costrette
50
Teatrincorso
Barbablù - come un piccolo animale senz’anima
36
Vincenzo Schino/Officina Valdoca
Opera
51
Teatro sotterraneo
11/10 in apnea
FIES crushsite.it
Progetti
speciali
Installazioni
Esposizioni
26
Virgilio Sieni e Letizia Renzini
Corpi d’oro
il buonumore_il malumore - 2006
14
Enrico Fedrigoli
Esposizione fotografica
15
Fanny & Alexander
Habemus Papam
52
Gerardo Lamattina
Peace & Love party
47
Motus
Motus&Fassbinder
53
Incontri
54
Lounge factory
52
Gerardo Lamattina
websuicide.com
Interviste
Live
performance
8
Emanuela Villagrossi
di Patrizia Bologna
40
Paola Bianchi
Kytos - in potere
Chrónoshomo
16
LuIgi De Angelis e
Chiara Lagani
di Rodolfo Sacchettini
22
Erna Ómarsdóttir e
Jóhann Jóhannsson
di Umberto Angelini
Video
30
Rodrigo García
di Elena Franceschini
32
Rodrigo García
Letizia Renzini
Motus
45
Silvia Calderoni
di Claudia Gelmi
FIES
crushsite.it
44
Sonia Brunelli
di Tommaso Pasquini
teatro valdoca / paesaggio con fratello rotto seconda tappa canto di ferro / foto crushsite.it
Una luce sull’arte
drodesera > centrale fies 2006
FIES drodesera > centrale fies 2006
21 - 30 luglio 2006
l’arroganza della metamorfosi
Il talento fa quello che vuole, il genio fa quello che può.
Carmelo Bene
L’umano.
Il ciclo vitale, l’abbandono dell’infanzia, la perdita di qualcosa che fino a lì ci ha accompagnati. L’adolescenza come rito, come passaggio attraverso e nel tempo che si colma di istinto, di pura emozione:
culmine del momento creativo e distruttivo.
Il vedersi cambiare.
Trasformazione che non ha mai fine con crudeltà dello sguardo e del sentire.
Il rischio e la tensione, il confuso e il nuovo, l’inizio di un cammino che è iniziazione verso il confronto
col mondo. Verso altre età.
Viaggio dell’umano nell’umano in continua tensione verso l’età dei corpi d’oro.
Al teatro, con forme, modalità ed intenti diversi, si affaccia l’età più incredibile della vita, nella danza,
fino alle nuove tecniche di mockumentary:
l’ adolescenza.
Ed è proprio in questa età dai confini labili che spinge in avanti con impeto, a volte saltando con gli
occhi chiusi, che oggi si trova una parte della creazione del teatro e della danza, che attua un processo di separazione da ciò che era prima, in nuovi rapporti con la dimensione corporea.
E così centrale fies 2006 non interrompe il cammino. Né la trasformazione. Come una creatura che
cresce, si evolve, sperimenta, nella ricerca continua e nel cambiamento che non ha mai fine. E trova
risposte dissacratorie, inquietanti, poetiche, violente, crudeli, leggere, scomode, tenere, criptiche e
profonde come solo il sentimento al suo nascere.
Opere di teatro, danza e video arte legate da un forte interesse per quel momento della vita dove tutto
prende e cambia forma: in scena e sullo schermo l’età inquieta.
L’adolescenza non è solo il tema, ma anche l’età che si rispecchia nella ricerca dei nostri artisti,
costantemente in tensione verso la scoperta delle potenzialità umane, in una prova continua che
attraversa il rischio come fosse un rito di iniziazione, e allora la danza diventa qualcosa di più, diviene
Mutazione del movimento, slegata da stereotipi e cliché: un mutamento biologico che ne conserva le
tracce ma che è già qualcosa di completamente cambiato.
Ed è nell’accompagnare tutte queste compagnie e questi artisti speciali che Fies risiede nella tensione
verso ciò che diventerà.
Centrale nelle sue alterazioni, nel mutare che spinge in avanti mentre si guarda cambiare, modificazioni che arrivano fino ad ospitare qualcosa di nuovo, che prima non apparteneva al suo corpo, inquieta
nel muoversi, come l’età, svela un qualcosa che prima non c’era:
Cosa sei? - gli chiedo. E quello non risponde.
Cosa fai? - insisto. E lui si guarda intorno.
Cosa vorresti fare, allora - rilancio.
Cosa voglio non so - dice - ma so che potrei fare tutto.
C’è potere, verbo, e c’è il potere, sostantivo. L’adolescenza è verbo, potere all’infinito. Infinito potere
nemico del potere.
Chi ha il potere fa quello che vuole. Chi può fa tutto o niente, imprevedibile a se stesso come al mondo. Punto interrogativo, tormento del potere che ha bisogno di ruoli e certezze per il suo esercizio.
Adolescenza è un work in progress.
Un po’ come drodesera > centrale fies, che se gli chiedi “cosa farai da grande” continuerà a risponderti “boh, ma potrei fare di tutto”.
E continuare a stupirti ancora.
V.S.
FIES
FIES federica giorgetti
RUMORE ROSA
Motus
Venerdì 21 luglio ore 21.00
Sabato 22 luglio ore 21.00
Centrale Idroelettrica di Fies - Sala Turbina 1
Durata 60 minuti
Di Enrico Casagrande e Daniela Nicolò
Con Silvia Calderoni, Nicoletta Fabbri, Emanuela Villagrossi
e la collaborazione di Dany Greggio
Illustrazioni Filippo Letizi
Visual composing p-bart.com
Assistenza tecnica Pier Paolo Paolizzi
Fonica Nico Carrieri
Abiti Ennio Capasa per Costume National
Relazioni e organizzazione Sandra Angelini e Elisa Bartolucci
in collaborazione con Valentina Battistella
Amministrazione Cronopios
Produzione Motus, Festival delle Colline Torinesi, Drodesera
> centrale fies, L’Arboreto di Mondaino
con il supporto tecnico-creativo dell’Istituto Europeo di
Design di Milano, Ied Moda Lab, Ied Arti Visive e il sostegno
di Regione Emilia Romagna, Provincia di Rimini
Per ora siamo qui. Con tre donne sole. Di tre diverse
età. Che possono rassomigliarsi e forse essere la
stessa persona. O forse no. Tre donne che parlano-cantano d’amore e d’abbandono. Tre donne che
tentano. Nel bianco di una strada ghiacciata, di un salotto minimale, di uno studio di posa, di una
camera da letto, di un set cinematografico, di una sala d’aspetto, di una pista da pattinaggio, di un
ospedale … nel bianco di un foglio bianco. Tre donne le cui parole sono andate. Vanno a vuoto su
disco. Ruotano e si attorcigliano su se stesse. Appaiono e scompaiono. Fra le amare lacrime. Petra
non c’è. Karin nemmeno. Non necessarie. Mai state. Restano delle lievi silhouette a ricordarle. E le
loro lunghe telefonate. Chiacchiere. C’è solo Marlene che guarda. E ascolta il rumore (rosa) di uno
spettacolo dalle curve multiple. Lo immagina su un fondo bianco. Lo disegna. Con il tratto insicuro di
chi ancora ha paura del bianco. Ma ci prova.
Anche noi ci proviamo. Ancora e ancora. (Motus)
federica giorgetti
“…ma i sogni più belli non s’avverano mai…” (da Era d’estate, di Sergio Endrigo).
FIES
Piccoli Episodi di Fascismo Quotidiano
Motus
Indagini su Pre paradise sorry now di R.W. Fassbinder
Venerdì 28 luglio ore 23.00
Sabato 29 luglio ore 23.00
Centrale Idroelettrica di Fies - Forgia
Durata 55 minuti
Ideazione e regia di Enrico Casagrande & Daniela Nicolò
con la consulenza letteraria e musicale di Luca Scarlini
Interpretato da Dany Greggio, Nicoletta Fabbri
In video Silvia Calderoni e Gaetano Liberti
Voce off Andrea Riva
Editing audio e fonica di Nico Carrieri e Enrico
Casagrande
Immagini video di Daniela Nicolò e Simona Diacci
Relazioni e organizzazione Sandra Angelini e Elisa
Bartolucci
Amministrazione Cronopios
federica giorgetti
Una produzione Motus
con il sostegno di Arboreto di Mondaino, CANGO Cantieri Goldonetta Firenze, Regione Emilia Romagna
e Provincia di Rimini
Prima del paradiso, sorry, qualcuno deve soccombere, sorry, la felicità, banalmente, ha un
prezzo come l’infelicità di un terzo, che magari
non conta molto, o è arrivato da poco, o non si
sa difendere, sorry, cose di poco conto! L’eliminazione, in quest’ottica, diventa ovviamente
normale, è parte di quel quotidiano che, sorry,
non si può certo cambiare. Meglio comprarsi
una pistola.
E allora tu, sei un assassino o uno che muore?
Torna l’interrogativo che compariva già in Twin
Rooms e qui trova ben altre risposte, negli
sguardi di ghiaccio di Ian Brady e Myra Hinley,
protagonisti-pretesti, desunti da Pre paradise
sorry now, una anomala pièce di Fassbinder del
1969, ispirata alle reali vicende dei due serial killer inglesi arrestati nel 1966. (The moors murderes, ora icone pop delle coppie assassine: Myra
è morta in carcere nel 2002, Ian è ancora in vita,
alimentato a forza).
Quanti Ian e Myra esistono oggi? Dietro giardinetti ben curati, e i gerani sui davanzali?...
Che magari non uccidono con asce e coltelli,
ma con sguardi e parole non dette, come in
Katzelmacher, e che ogni giorno vanno in ufficio
covando un odio irrazionale, rozzo, proiettato
sempre verso qualche nuovo nemico. Oppure
all’improvviso prendono un kalashnikov e sparano alla cieca sui compagni di scuola.
Hitler è sopravvissuto.
È dal caos di immondizie e macerie che conclude L’Ospite - un dopo bomba - che guardiamo
ancora oggi. Dopo il progetto su Pasolini, l’ultimo e disperato Pasolini di Petrolio e Salò, diamo
avvio a un nuovo percorso che scava dentro
una serie di scomodi rimossi: è l’ultimo nostro
tentativo di resistenza qui.
Non è tempo per intrattenimenti, preferiamo
lavorare sul filo del baratro, spostandoci con
leggerezza, sempre pronti alla fuga (e alla
guerriglia).
Ci insediamo come piante rampicanti, come
virus, come ospiti invadenti, nei luoghi, interagendo con gli interni, mutando con gli spazi e
in relazione ai contesti, per andare a ricercare
tracce, macerie del fascismo ancora dominante
proprio nell’infimo, nel quotidiano, perché “è
nelle abitudini del comune vivere domestico che
si annidano i germi che alimentano le ideologie
autoritarie”. (Motus)
FIES Intervista a Emanuela villagrossi
di Patrizia Bologna
Glaciale e tagliente è lo spazio che ospita Rumore rosa, il nuovo spettacolo di Motus. Sulla scena,
strumenti di amplificazione del suono e della voce, strumenti di comunicazione per dialoghi che sono
assenti, di cui rimangono solo frammenti di monologhi, aliti di parole, forse lacrime di sospiri. Ed è proprio da Le lacrime amare di Petra von Kant che la ricerca di Motus si dipana per arrivare a comprendere l’intero universo di Fassbinder. Sullo sfondo corrono disegni fumettistici che si creano in osmosi con
l’avanzamento della narrazione. Un tratto nero dà vita a fragili oggetti e lontani paesaggi: una lacerante
confessione della bidimensionalità delle cose, del vuoto delle emozioni, dell’inconsistenza del mondo.
Il gelido pavimento ospita tre donne che cadono e si lasciano cadere, casualmente e volontariamente.
Figure femminili rubate alla cinematografia e alla teatrografia fassbinderiana, che portano sul corpo le
tracce strazianti della sottomissione di Marlene, della esasperata solitudine di Petra, del masochismo
isterico di Martha, della rifiutata sessualità di Elvira, della lucida maniacalità di Maria, della forzata
schiavitù di Veronika. Figure che possono essere identificate dal differente dosaggio delle parole pronunciate o dalla violenza dei movimenti compiuti, personaggi stilizzati che mostrano il percorso di tre
vite - o forse di una stessa vita - che trovano in un incidente un elemento di raccordo drammaturgico.
Sfaccettature femminili che vengono interpretate con ricchezza di toni da tre attrici: l’afonia autolesionista in scarpe da ginnastica e tacchi altissimi di Silvia Calderoni, la logorrea maldestra e vivace in
cappotto di Nicoletta Fabbri, la pacata eleganza in camicia da notte avorio di Emanuela Villagrossi.
Tra uno spettacolo e un viaggio, abbiamo incontrato Emanuela Villagrossi, artista versatile e di talento,
per parlare dei suoi esordi teatrali, ancora giovanissima, nella Mantova degli anni Settanta, delle prime
esperienze di attrice con Federico Tiezzi, dell’incontro con Motus e del lavoro d’attrice svolto in Rumore rosa, degli stimoli di cui si circonda... Ne emerge il ritratto di una donna passionale, impegnatissima,
sempre alla ricerca di nuove suggestioni, divertente e molto autoironica.
Come hai iniziato a fare teatro?
Il teatro è entrato nella mia vita quasi per caso,
grazie a una serie di incontri... La scuola superiore che ho frequentato a Mantova prevedeva
alcune ore di corso definite “attività integrative”
e lì ho avuto l’occasione di conoscere artisti visivi, musicisti... Eravamo vicini a Bologna e quindi
c’era uno strano collegamento con il movimento
studentesco che sosteneva ancora l’idea della
necessità di inserire nei programmi di studio
esperienze artistiche e alternative al di là della
specificità della scuola. Ho avuto la grandissima
fortuna di conoscere così il Living Theatre, il
Carrozzone... Dopo questi incontri ho deciso di
dedicarmi al teatro professionalmente fondando
FIES
una cooperativa con alcuni amici e compagni.
Che aria teatrale si respirava in quel periodo?
Il teatro era ovunque: nelle palestre, nelle piazze, nelle gallerie d’arte, nei luoghi più disparati.
Era un periodo di grande apertura soprattutto
nei confronti delle altre arti... La mia esperienza
è cominciata sotto il segno di una grande fusione di stimoli diversi, dell’unione di vari linguaggi. L’idea della specializzazione come attrice
attraverso l’accademia e la scuola era addirittura
limitante: era più interessante andare a sentire
una conferenza con Marc Rotchko piuttosto che
studiare dizione. Nel teatro di quel periodo potevano stare insieme l’artista visivo e il musicista
sperimentale. Oggi non è così ovvio perché c’è
una settorializzazione nelle cose, mentre allora
lo scambio era maggiore e quindi non ho sentito
l’esigenza di prepararmi su altri fronti oltre a laurearmi in filosofia. L’esigenza di approfondire la
mia professionalità in ambito teatrale è emersa
invece nel corso del tempo - perché naturalmente le necessità cambiano quando si cresce -, per
cui ho seguito seminari, partecipato a laboratori,
da Vassil’ev a Carmelo Bene...
Da un punto di vista espressivo la possibilità
di lavorare tanto tempo con uno stesso regista
- la mia esperienza con Carrozzone/Magazzini
- è stata fondamentale perché mi ha spinto
a dover cambiare, a crescere, ad adattarmi,
proprio in senso biologico: non puoi essere
sempre adeguato... Ho vissuto tantissimi anni
di inadeguatezza teatrale che mi hanno segnata
moltissimo... Sono stata un’insufficiente cronica
e tuttora lo sono! Questo atteggiamento per me
è molto costruttivo, vitale, stimolante. Poi ho incontrato alcune persone che per me sono state
importanti: penso a Cesare Lievi o Marco Baliani
che facevano un tipo di lavoro molto diverso
rispetto alla mia esperienza e che mi hanno
portato verso direzioni nelle quali io ero totalmente insufficiente - ovviamente! - ma rispetto
alle quali mi sentivo sempre molto stimolata. Ho
sempre lavorato con persone molto autentiche,
grandi maestri che tuttavia non si sono mai posti
come tali.
Come scegli le persone con cui lavorare?
Con l’incoscienza totale... Inizialmente non
sceglievo perché ho sempre pensato che fosse
un percorso molto naturale, poi, con il tempo,
ho imparato a prendere delle decisioni. Fondamentalmente oggi, dico di sì (ride) solo quando
proprio non posso dire di no! In effetti sono
molto esigente con me stessa e spesso penso
di non essere capace, per questo, quando mi
viene fatta una proposta, trovo il principio di ragione sufficiente per evitare di accettare. Spesso
accetto un lavoro quando si tratta di qualcosa
che non ho mai fatto o per cui penso che non ce
la farò mai. Mi rendo conto che è paradossale...
È comunque un criterio...
È un criterio che garantisce la totale mancanza
di noia. In teatro non mi interessa la conciliazione, preferisco la discrasia, amo mettere in rilievo
gli squilibri piuttosto che le conformità... Le scelte che compio devono essere una sorta di sfida:
mi stimola tutto ciò che mi mette alla prova, per
cui non mi sento abbastanza capace... Mi fa
sempre molto piacere incontrare persone nuove
con le quali lavorare ma, allo stesso tempo, mi
fa paura. Avverto spesso la sensazione di non
avere gli strumenti... ma forse, in realtà, la mancanza di strumenti è ciò che mi salva perchè mi
spinge a fare sempre cose nuove.
Per questa ragione, in un’intervista, ti sei
descritta come “un’attrice mai pacificata”?
Assolutamente! Non concepisco il lavoro come
auto-conferma. Non mi riferisco al prodotto, ma
piuttosto al percorso che si compie per giungere
al risultato finale: quel percorso è la mia esperienza, il mio vero lavoro. Per me il teatro è un
rapporto dialettico, che scatena un po’ di crisi,
mi piace uscire dalle prove con un problema da
risolvere. Mi viene in mente un ricordo proprio
adesso: era una giornata caldissima, mi trovavo
al Maggio Musicale Fiorentino con uno spettacolo di Federico Tiezzi, avevo un problema con
una scena e ad un certo punto ho trovato un rametto per strada: l’ho preso in mano e mi sono
detta “ecco, ho trovato la soluzione!”. E così
abbiamo risolto il problema: mi hanno costruito un rametto meraviglioso con cui facevo un
movimento molto aereo e questo rametto fioriva
come nell’opera di Pechino. Questo camminare
per strada, trovare gli oggetti, portarli al lavoro
è un po’ una metafora del mio metodo: passare
nella vita, cogliere le esperienze, rielaborarle e
poi affidarle agli altri.
Come è avvenuto l’incontro con Motus?
L’incontro con i Motus è avvenuto sotto il segno
dell’imprevedibilità totale. Era un periodo molto
particolare della mia vita in cui ero abbastanza
inquieta. Un giorno sono salita su un treno e
sono andata a vedere la mostra di Jeff Koons al
Museo Archeologico di Napoli e poi Porcile di
Antonio Latella a Salerno. Volevo andare lontano, ma spesso più lontano vai e più ti avvicini...
I Motus stavano cercando un’attrice per il ruolo
della madre de L’ospite: ci siamo incontrati a
Rimini e abbiamo iniziato a lavorare in uno stato
di aspettativa reciproca. Mi sono trovata a entrare all’interno di un gruppo di persone che non
conoscevo, in una situazione anomala perchè
le prove si sono svolte in Francia. È stata una
bellissima esperienza, non posso usare un altro
aggettivo...
E come avete lavorato alla creazione dello
spettacolo?
Enrico e Daniela lavorano sempre, continuamente. Quando io sono entrata nel gruppo, loro
stavano preparando il progetto Come un cane
senza padrone e avevano già fatto un lungo
viaggio, avevano preso appunti. Loro lavorano
continuamente, anzi “lavorare” non è il termine
esatto, loro “vivono”, “sono”. Quando ci siamo
incontrati hanno dato a me e agli altri attori un
FIES diario che avevano scritto sulle loro sensazioni,
emozioni, situazioni che potevano essere utilizzate nel lavoro. La scrittura scenica è passata
attraverso un lavoro di apporto di suggestioni
individuali, rielaborazione e metabolizzazione.
Mi piace molto pensare a quel gruppo di lavoro
come a un organismo che abbiamo potuto
far crescere perché abbiamo avuto dei tempi
produttivi un po’ più dilatati rispetto a quanto
avviene normalmente. Sapevo fin da settembre
che le prove sarebbero iniziate a marzo e quindi
ho avuto il tempo - non dico per la maturazione
perché quella avviene molto dopo il debutto
dello spettacolo - per fare emergere desideri,
pulsioni, immagini... Ci sono immagini o persone che incontri nella vita e che poi orienti e filtri
fino a portarle in teatro. Quando mi raggiungono questi messaggi - che possono essere un
libro, un film, una parola, la pettinatura di una
donna sulla metropolitana - penso “questo mi
vuol dire qualcosa” e allora li metto da parte per
poi rielaborarli e affidarli al regista. Con Daniela
ed Enrico questo lavoro è stato molto intenso
perchè offrivano una duplice prospettiva: ciò
che proponevo veniva visto in maniera diversa,
elaborato in modi diversi, restituito attraverso
mondi diversi... Un’esperienza molto interessante e soprattutto arricchente...
Quindi il lavoro registico e attorale è stato
fatto in gruppo?
Sì, diciamo di sì, tuttavia per me è molto importante che ci sia uno sguardo esterno che mi
osservi. Io ho bisogno della struttura, non mi
interessa inventare ogni sera una cosa nuova,
anzi mi piace scoprire la lieve variazione nella
ripetizione, quasi dei microslittamenti nel lavoro.
Per questa ragione ho bisogno di qualcuno che,
da fuori, mi dica “questo funziona” o “questo
non funziona”. Credo che l’attore sia un elemento fra gli altri e abbia una funzione tra le altre,
dopodichè il peso, il calibro dell’insieme delle
componenti viene costruito dall’esterno. Dato
che l’attore non si può osservare, lo sguardo
di una regia che fonda in un’unica prospettiva
il gergo, il movimento dell’attore con gli altri
elementi della scena - luci, musiche, immagini,
movimento degli altri corpi - è fondamentale.
Parliamo di Rumore rosa: come hai creato il
tuo personaggio?
Per me è stato un momento molto atipico di
approccio allo spettacolo. Nelle precedenti
esperienze, ho sempre avuto il tempo di “prepararmi”, cioè di “parare prima”: cercare degli
stimoli, indagare delle suggestioni, costruire
10 FIES
delle prospettive. Nel caso di Rumore rosa,
nonostante le lunghe chiacchierate e gli intensi
scambi di opinioni, la situazione era comunque
molto aperta rispetto a una reale concretizzazione... Per motivi personali, ho iniziato a lavorare
allo spettacolo quando il gruppo aveva già
cominciato le prove e quindi mi sono trovata di
fronte una struttura non ancora del tutto costruita, ma perlomeno già accennata. Tuttavia se la
forma era ancora superficiale, la vitalità, la solidità, l’intensità erano fortissime. Ho subito capito
che avrei dovuto lavorare in modo molto chiaro
e diretto: per me la scelta è stata quella di fare
il minimo essenziale e necessario. Le tre figure
di Fassbinder parlano di se stesse e di alcune
delle mille sfaccettature di cui si compongono
le nostre personalità multiple, sfumature che
appartengono sia agli uomini che alle donne
perchè oggi l’uno individuale è un concetto
plurale. Daniela ed Enrico mi hanno aiutato a
capire che bisognava andare all’essenza e il
minimo essenziale è stato ciò che ho indagato
sia dal punto di vista stilistico sia contenutistico.
Il nucleo ha sempre qualcosa di molto opaco, di
poco trasparente, e quindi ho lavorato molto su
alcuni aspetti poco chiari di me stessa. Mi sono
posta delle domande: qual è il centro di questa
azione scenica? Che cosa succede nel momento in cui entro in scena ed esco? Qual è la cosa
che deve assolutamente succedere e per cui
tutto il resto è secondario? Ho pensato sempre
al minimo, all’essenza: durante le prove, se dovevo compiere un’azione, spesso muovevo solo
i piedi perchè il mio tentativo era di eliminare
tutto quello che era inutile. Si trattava, naturalmente di un percorso di ricerca che prescindeva
dal risultato, tuttavia per me era un tentativo di
ricerca dell’assoluto... Se ci penso adesso, mi
sembra una cosa persino tenera: in un periodo
di relativismo imperante, io facevo la mia ricerca
sull’assoluto!
Che ruolo ha svolto e che peso ha avuto il
testo di Fassbinder?
Abbiamo letto il testo e lo abbiamo dimenticato, successivamente lo abbiamo riaperto e lo
abbiamo richiuso, poi l’abbiamo registrato e
cancellato, infine l’abbiamo ripreso e lo abbiamo capovolto! In fondo che cosa è Le lacrime
amare di Petra von Kant? È un dramma in cui tre
persone, che hanno la caratteristica di essere
tutte dello stesso sesso, si scontrano sui rapporti di classe, di potere e d’amore. Rispetto alla
struttura del lavoro, gli aspetti che interessavano
maggiormente Daniela ed Enrico erano proprio
quelli che riguardavano il movimento emotivo, lo
stato pulsionale, la deriva affettiva delle prota-
goniste. Ci siamo chiesti: cosa succederebbe
se le attrici che hanno agito i ruoli de Le lacrime
amare avessero continuato nella loro finzione
e nella vita a vivere Le lacrime amare? Cosa
succede a Petra dopo che tutti l’hanno abbandonata? Cosa farà ora che non ha più la sua
serva Marlene? Cosa accade a questa figura di
solitudine estrema quando non può più utilizzare il potere e quando l’amore, buttato fuori dalla
finestra, ritorna come mancanza, come privazione, come vuoto? Ecco perchè ho lavorato sul
nucleo, sull’essenza, sulla sottrazione. Se il mio
riferimento era Petra, io mi sono concentrata
sul vuoto di Petra. È stato come ricostruire una
vita immaginaria di qualcosa che non abbiamo
nemmeno messo in scena.
iniziare perché mi sono detta “ma perché non
mi metto a studiare bene cosa è la voce e come
funziona?”. L’intenzione era quella di fare una
sorta di approfondimento, di seminario e invece
mi sono ritrovata a tornare all’università. Risultato: in questo periodo ho sedici esami! Domani
ne ho uno di storia della medicina, la settimana
prossima uno di psicomotricità e neuropsicologia infantile. Un delirio... E adesso mi devo
rimettere a studiare e ho qui davanti a me un
libro sulla chirurgia nel Seicento!
Un attore deve nutrirsi di stimoli differenti, altrimenti il teatro lo svuota. Colgo sempre le suggestioni che provengono al di fuori del teatro,
tanto so che prima o poi ci rientreranno, come il
rametto per strada di cui parlavo prima...
So che sei impegnatissima con la preparazione di alcuni esami. Posso sapere cosa stai
studiando?
Sono iscritta al terzo anno della laurea di riabilitazione di medicina in logopedia. Ho scelto di
FIES 11
HELIOGABALUS
FANNY & ALEXANDER
Venerdì 21 luglio ore 23.00
Sabato 22 luglio ore 23.00
Centrale Idroelettrica di Fies - Sala Turbina 2
Durata: 75 minuti
Prima nazionale
Ideazione Luigi de Angelis e Chiara Lagani
Regia Luigi de Angelis
Drammaturgia Chiara Lagani
Scene e luci Luigi de Angelis e Antonio Rinaldi
Macchine del suono Mirto Baliani
Costumi Chiara Lagani e Sofia Vannini
Allenamento metrico e vocale Marco Cavalcoli
Fotografia Enrico Fedrigoli
Con Filip Bilsen, Maarten Goffin, Mauro Milone
Atelier scenografico: direzione Antonio Rinaldi, partecipanti Elisa Eusebi, Elisa Martinetti, Francesca Merciari,
Roberta Strada, Sofia Vannini, con Paolo Carrioli, Giovanni Cavalcoli, Marco Fellini e Marco Molduzzi
Sartoria Laura Graziani Alta Moda con Sofia Vannini
Consulenza elettrotecnica Andrea Catalano
Catering Valentina Ciampi e Marco Molduzzi con Anna Maria Bollettieri, Maria Antonietta d’Errico, Loretta Masotti
Promozione Valentina Ciampi e Marco Molduzzi in collaborazione con Ifat Nesher per Canvas Management e Giusi
Tinella per ONDA
Ufficio stampa Marco Molduzzi
Logistica e web editing Sergio Carioli
Amministrazione Antonietta Sciancalepore, Marco Cavalcoli
Produzione Fanny & Alexander, STUK Kunstencentrum, Het Toneelhuis, drodesera > centrale fies
Si ringraziano Catherine Boving, Caterina Crepax, Maarten de Pourcq, Koen De Preter, Enrico Fedrigoli, Laura
Graziani, Elisabetta Gulli Grigioni, Geert Hellemans, Gerardo Lamattina, An-Marie Lambrechts, Idolina Landolfi,
Caterina Marrone, Giancarlo Nanni e il Teatro Vascello di Roma, Paula Noah de Angelis, Venerina Panzavolta,
Rodolfo Sacchettini, Luc Van der Stockt, Toon Van Hal, Museo Carlo Zauli di Faenza, Nadia Ranocchi e David
Zamagni, Rocco Zuffa
Un grazie speciale a Roberto Magnani
12 FIES
Heliogabalus è uno spettacolo che fa del linguaggio corporeo il suo centro e che ha come tema principale la relazione di un adolescente con un mito, che egli tenta disperatamente di incarnare.
Tre giovani performer indossano a turno i panni di Eliogabalo, danzatore, sacerdote del Sole, fanciullo
e imperatore la cui parabola dura appena tre anni.
FABULA
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
11.
12.
13.
ENTRATA DI VARIO NEL TEMPIO
VARIO DANZA DAVANTI AI SOLDATI
VARIO E’ TENTATO DALLA MADRE
VARIO IMPARA LA LINGUA IMPOSSIBILE
VARIO VIAGGIA VERSO ROMA. ADORAZIONE DEL BETYL.
ROMA!
A ROMA VARIO DA’ UNA FESTA IN SENATO
DIALOGO TRA VARIO E LA MADRE SULLE FIGURE
PRIMO DISCORSO DI VARIO AL POPOLO NEL SUO NUOVO LINGUAGGIO
SECONDO DISCORSO DI VARIO AL POPOLO E ALLA MADRE
VARIO DUBITA DELLA MADRE E DEL SUO NUOVO LINGUAGGIO
VARIO BALBETTA E DANZA SENZA POPOLO E SENZA MADRE
TERZO ED ULTIMO DISCORSO DI VARIO IN ASSENZA DI VARIO (REPERTO)
SOLRESOL
sisol = mister, sir (monsieur, le sieur)
fami = this, that (ce, cet, ceci, cela)
faremi = be (être)
redo = my, mine (mon, le mien)
solsifasi = new (neuf)
solresol = language (langage)
ALFAVITA VARIO:
A=1
B=16
C=20
D=10
E=11
F=17
G=18
H=6
I=2
L=12
M=19
N=5
0=14
P=7
Q=21
R=4
S=3
T=13
U=9
V=15
Z=8
FIES 13
HOMO VARIO SOL IT ARIUS
Mostra fotografica itinerante di reperti
e icone imperiali (118 d.C. - 2006 d.C. ca)
di Enrico Fedrigoli
FANNY & ALEXANDER
La mostra, divisa nelle tre sezioni “ritratti imperiali”, “figure”
e “reperti”, è un percorso fotoarcheologico, il cui fine è l’infinita ricostruzione e reinvenzione dell’Icona Varia. “Homo
Vario” è un personaggio storico, di cui si sa tutto e nulla, è
il protagonista di uno spettacolo (“Heliogabalus” di F&A); è
l’oggetto di uno sfaccettato imprendibile mito; è il trino ragazzo
del sole, e anche l’esponente di una razza, di un tipo umano, e
proprio perché è tutte queste cose e tutti questi individui assieme
è ancora e implacabilmente solo: Sol it (V)arius!
enrico fedrigoli
Da venerdì 21 luglio
Centrale Idroelettrica di Fies - Ponte di Controllo
Nella leggenda Vario commissiona ad un artista un ritratto di sé che lo preceda a Roma, perché prima
del suo arrivo, prima del suo insediamento imperiale, i romani si possano abituare alla sua immagine
inconcepibile. Pensate a questa tremenda e sublime commissione, e immaginate che il ritratto che
l’artista ha composto sia mutevole, invisibile, impossibile eppure perfetto, ogni volta dissimile, ogni
volta più vicino all’originale volto cancellato dal tempo. Quest’immagine è certo il ritratto, ma è anche
un reperto, in senso etimologico, in senso archeologico, è la figura più contraddittoria, quella a cui
ancora non sarà dato essere definitivamente fissata e identificata.
Conferenza personalfilologicodrammatica
con implicazioni
a cura dell’archeologo Oflodor Inittehccas
FANNY & ALEXANDER
Sabato 22 luglio ore 19.00
Centrale Idroelettrica di Fies - Ponte di Controllo
Durata: 45 minuti
Le conferenze personalfilologicodrammatiche sono brevi esposizioni con presentazioni di materiali, o
reperti, raccolti intorno all’Homo Vario. Reperto è un oggetto, che viene trovato, o dissepolto, nel corso di una ricerca o indagine, capace talora di gettare una nuova luce sulla natura di quel che si cerca.
I reperti, connessi in vario modo allo spettacolo Heliogabalus e alla mostra itinerante Homo Vario Sol
It Arius, possono avere un carattere linguistico, oppure hanno funzioni pratiche, talvolta hanno uno
scopo puramente informativo. Talora saranno invisibili, o futuri, sempre vivi (l’Homo Vario stesso sarà il
reperto). Non avranno mai valore didattico o dimostrativo: come l’enigma apriranno solo domande da
rivolgere all’opera, o al riflesso di se stessi nell’opera.
La serie di conferenze, che accompagnerà gli spettacoli e la mostra itinerante, è coordinata dall’archeologo Oflodor Inittehccas, responsabile degli scavi ancora in corso. I reperti quattro, cinque, sei,
destinati al debutto italiano (i primi tre sono stati presentati a Leuven, in occasione del debutto belga),
appartengono tutti al genere “figure”, anche se costituiscono tre stili e generi differenti dello stesso
tipo di materiale.
14 FIES
DRO (Festival drodesera > centrale fies). BREVE RELAZIONE IN FORMA DI DIALOGO SUI REPERTI
“QUATTRO, CINQUE, SEI: FIGURE, FIGURE, FIGURE.”
di Rodolfo Sacchettini, partecipano Luigi de Angelis e Chiara Lagani
(Sul grande mistero delle figure nella storia di Heliogabalus)
“La figura più riuscita è quella che non lascia vedere di essere una figura.”
Anonimo del Sublime, I sec d. C. (?)
“Dov’era sparita, verso dove s’era dileguata? Lo ignoro. O forse non seppi bene cercare?”
(Tommaso Landolfi, Favola)
“Non sbaglio io, ché una sola dimensione mi serve per ogni cosa.”
(Tommaso Landolfi, La donna nella pozzanghera)
Habemus papam?
(dal progetto Heliogabalus)
installazione per video e macchine del suono
Fanny & Alexander / Zapruder filmmakersgroup
Fotografie Enrico Fedrigoli
Riprese super8 Luigi de Angelis
Macchine del suono Mirto Baliani
Telecinema e montaggio David Zamagni e Nadia Ranocchi
Regia Luigi de Angelis
Con Koen De Preter, Koen Onghena, Bram Vos
“Per lo spettacolo Heliogabalus, che ha debuttato a Leuven il 7 febbraio 2006, ho dovuto fare moltissime audizioni in Belgio allo Stuk Kunstencentrum alla ricerca di un volto e di un corpo per l’adolescente Heliogabalus che regnò dai 14 ai 18 anni. Ho cominciato nel febbraio 2005 e potuto scegliere
definitivamente solo a fine luglio dello stesso anno. La scelta non si è rivelata solo difficile, ma allo
stesso tempo impossibile. E’ possibile dare una risposta all’enigma Heliogabalus? A partire dalla
damnatio memoriae seguita al suo brevissimo impero, abbiamo solo qualche frammento e residuo
archeologico certi, nulla più, accanto a molto ciarpame storico e alla leggenda. La videoinstallazione
Habemus papam? è la restituzione in forma di icona musicale e video dell’epifania della triplice figura
imperiale, che si è manifestata per la prima volta durante quelle prime audizioni. Nessuno di questi
attori-danzatori è stato poi scelto: ma la figura era ormai indelebile, triplice perché dinamofora, irriducibile, problematica. Durante le audizioni ho girato alcuni filmati super8 e il fotografo Enrico Fedrigoli ha
cominciato un percorso personalissimo e parallelo sulla nascita della figura imperiale: questi materiali
sono confluiti in Habemus papam?, montati da Zapruderfilmmakersgroup, con la colonna sonora a
partire dall’ouverture del Don Giovanni di Mozart rielaborata da Mirto Baliani.”
Luigi de Angelis
FIES 15
Intervista a LuIgi De Angelis e
Chiara Lagani
di Rodolfo Sacchettini
La figura di Eliogabalo tra mito, leggenda e
storia suscita immediatamente alcuni questioni: anarchia, identità sessuale, adolescenza, teatro al potere… Di questo ampio ventaglio nel vostro Heliogabalus è forse il corpo
dell’adolescente il punto di partenza?
DE ANGELIS: L’idea originaria è stata quella di
lavorare sul “corpo” e sullo “stare”, in particolare
riferendosi alla figura di un adolescente che si
trovi nel suo luogo sacro per eccellenza: la propria “stanzetta”. Non ci interessava mettere in
scena il mito o i testi che vi ruotano attorno, da
Artaud ad Arbasino, piuttosto volevamo riflettere
sullo sguardo dell’adolescente e sul problema
identitario.
Il nostro Eliogabalo non vive in età imperiale,
ma abita nell’oggi; la sua mitomania consiste
nel vestire il proprio corpo - che è anche un
corpo ermafrodita - con dei segni che derivano
dalla cronaca, ad esempio dal potere religioso,
con tiare vescovili ritagliate in carta di giornale.
La prima immagine da cui sono partito è stata
quella cronachistica di papa Giovanni Paolo II
sugli sci, denominato “l’atleta di Dio” dalla nota
passione per gli sport invernali. Il nostro cortocircuito nasce dall’idea che è del tutto plausibile
trovare un paio di sci in una stanza o in un
garage: l’adolescente li indossa, sommandoli ad
altri segni del presente per dar vita alla propria
visione del mito.
Eliogabalo è un giovane danzatore-sacerdote
del culto del Sole in Siria, che a quattordici anni
è stato fatto imperatore per volontà delle madri.
Dopo un viaggio lungo un anno per arrivare
a Roma, ha imperato per tre anni cercando di
instaurare un culto che non poteva certo essere
accettato. Nel nostro lavoro tutto accade nella
stanza e il tentativo è quello di inseguire la
parabola di Eliogabalo, la costruzione della sua
figura sempre in relazione a un pubblico, a un
fuori, a una comunità di sconosciuti. Per me la
Roma a cui si rivolge Eliogabalo è la platea del
pubblico. Da uno sguardo puntato su di sé a
uno sguardo rivolto all’esterno quello che vogliamo sollevare è il problema del processo creativo
dell’artista. Consegniamo tutto all’aperto ed è
come se per un attimo la tenda si aprisse del
tutto.
16 FIES
A un certo punto il vostro Eliogabalo per parlare al popolo romano si inventa una lingua
impossibile…
LAGANI: Eliogabalo arriva in una città a lui
sconosciuta (Roma) e la comunità lo rifiuta, o
comunque non lo riconosce come membro. Una
delle prime domande che il fanciullo si pone è:
“Come faccio a parlare a questa gente?” Parlare
a costoro è anche conquistarli, significa essere
accettato, proprio da un punto di vista amoroso.
In questo senso la relazione a cui Eliogabalo
aspira è per noi uno specchio fortissimo della
relazione che un artista intrattiene con la comunità. L’artista (e il suo pubblico) è sempre alle
prese con un linguaggio irto, nuovo, fortemente
simbolico ed enigmatico. L’artista rivolge una
domanda di tipo amoroso al gruppo di spettatori, esprime una tensione allo stesso tempo
linguistica e sessuale.
Allora il linguaggio impossibile è la forma che
assume lo sforzo amoroso verso gli altri, una
specie di estremo adescamento erotico rivolto
alla collettività. Contemporaneamente c’è anche
un côté molto più semplice, sempre legato alla
fabula: il ragazzo Eliogabalo non ha nulla, se
non il proprio corpo. Non ha una lingua comprensibile, non ha altri strumenti di conquista,
altri oggetti cui riferirsi, altri idoli. L’unica possibilità è il corpo, l’offerta esasperata di sé come
oggetto di adorazione e come estrema forma di
invenzione linguistica. Così il testo di Eliogabalo
è composto da gesti, da luci, da una partitura
musicale, da un abito.
In questo spettacolo utilizziamo tre tipi di lingua
impossibile. Il riferimento più insistito è a Tommaso Landolfi e alle sue invenzioni linguistiche
proprio in relazione a una tensione utopica. Abbiamo un linguaggio tipografico, uno musicale
(“Solresol”) e un omaggio finale a Landolfi con
la poesia Aga magera difura. Appare paradossale, ma alla fine il linguaggio per definizione più
indecifrabile risulta essere quello unanimemente
più compreso.
International Prize for Performance
seconda edizione / second edition
Il 29 e 30 settembre 2006 si svolgeranno presso la Centrale di
Fies (Dro, Trento) le finali della
seconda edizione del Premio
Internazionale della Performance,
organizzato dalla Galleria Civica
di Arte Contemporanea di Trento,
in collaborazione con drodesera
> centrale fies, il Centro Servizi
Culturali Santa Chiara di Trento e
l’Opera Universitaria di Trento.
Il primo premio, attribuito da una
giuria internazionale è di 5000
(cinquemila) euro. Saranno inoltre
assegnati premi minori. Possono
partecipare alla selezione finale
gli artisti di qualsiasi nazionalità,
provenienti da qualsiasi ambito
formativo (arti visive, danza, teatro, musica, letteratura, ecc.), nati
dal 1 gennaio 1971.
Il progetti di performance dovranno pervenire via e-mail al sito della Galleria Civica di Trento entro il
30 luglio 2006.
Gli artisti residenti nati e/o residenti nelle province di Trento,
Bolzano e Verona e nel Tirolo
austriaco hanno la possibilità di
una via d’accesso privilegiata
alle finali, partecipando alla
giornata di preselezione il 16
settembre 2006 presso il Centro
Servizi Culturali Santa Chiara.
Oltre a due posti in finale verrà
assegnato un premio in denaro di
1000,00 (mille) euro.
Se sei un giovane performer e sei
interessato a partecipare consulta il bando dettagliato sul sito
www.workartonline.net
On September 29th and 30th , 2006, at the Centrale di
Fies (Dro, Trento) the final round of the second edition
of the International Prize for Performance will be held,
organized by the Galleria Civica di Arte Contemporanea
of Trento, in collaboration with drodesera > centrale
fies, the Centro Servizi Culturali Santa Chiara and the
Opera Universitaria of Trento.
The first prize consisting of 5,000 (five thousand) euros
will be awarded by an international jury. Minor prizes
will also be presented to other participants. Artists
of all nationalities and origins from every formative
context, born from January 1st, 1971 are able to
participate in the final selection.
The performance projects must be sent to the Galleria
Civica via email by July 30th, 2006.
Artists born and/or resident in the provinces of Trento,
Bolzano, Verona and in Austrian Tyrol have the
possibility of a privileged access road to the finals,
participating in a pre-selection cycle on September 16th
at the Centro Servizi Culturali Santa Chiara. Besides
two places in the finals, a prize of 1,000 (one thousand)
euros will be awarded.
If you are a young performer and you are interested in
participating, please consult the detailed announcement
on the website: www.workartonline.net
galleria civica di arte
contemporanea di trento
FIES 17
Sarawut Chutiwongpeti, Wishes, Lies and Dreams, performance, Premio Internazionale della Performance, Centrale di Fies, Dro, 9-10 settembre/September 2005
Premio Internazionale della Performance
MODENA/CARPI/VIGNOLA
20/28 OTTOBRE 2006
ALAIN PLATEL
JOSEF NADJ
FANNY & ALEXANDER
MICHELA LUCENTI
TEATRO APERTO
JONATHAN BURROWS / MATTEO FARGION
VIRGILIO SIENI
FABRIZIO FAVALE
SOCÌETAS RAFFAELLO SANZIO
CIE RASPOSO
TEATRO LA MARÍA
MOTUS
TEATRO DELLE ARIETTE
EIMUNTAS NEKROŠIUS
ERNA ÓMARSDÓTTIR / JOHANN JOHANNSSON
PIPPO DELBONO
SPIRO SCIMONE / FRANCESCO SFRAMELI
WWW.VIEFESTIVALMODENA.COM
18 FIES
THE MYSTERIES OF LOVE
ERNA ÓMARSDÓTTIR E JÓHANN JÓHANNSSON
Giovedì 27 luglio ore 23.00
Centrale Idroelettrica di Fies - Sala Turbina 1
Durata 50 minuti
Prima nazionale
Ideazione Erna Ómarsdóttir e Jóhann Jóhannsson
Creazione e interpretazione Margret Sara Gudjónsdóttir, Jóhann Jóhannsson, Erna Ómarsdóttir e Flosi Thorgeirsson
Luci Sylvain Rausa
Suono Ivar Ragnarsson
Produzione e distribuzione Esther Welger-Barboza
Coproduzione Festival d’Avignon 2005; CCN de Franche-Comté à Belfort nell’ambito di “l’accueil-studio” /
Ministère de la Culture et de la Communication; Théâtre Lantaren/Venster, Rotterdam; Emilia Romagna Teatro
Fondazione - Modena; Residenze di creazione : la Ferme du Buisson - scène nationale de Marne la Vallée
Ringraziamenti a Karen Maria Jonsdottir e Valdimar Johannsson
jean-françois specigo
The Mysteries of love, il cui nome deriva dalla canzone del film « Blue Velvet » di David Lynch, è la
seconda collaborazione tra Erna Ómarsdóttir e Jóhann Jóhannsson, dopo il duetto di successo IBM
1401, a user´s manual.
L’idea principale è quella di creare una suite di 10 «canzoni» che seguano una struttura simile, cioè 10
piccoli lavori che uniscano in modo nuovo e provocatorio musica, movimenti, canzoni, parole e performance.
La voce e la performance vocale sono intrecciate e inseparabili l’una dall’altra, essendo la voce
un’estensione del corpo che fonde insieme movimento e musica.
Per la prima «canzone» abbiamo cercato materiale in una vecchia rima che ci ha affascinati per la sua
peculiare mistura eminentemente islandese di horror, bellezza, pathos e ironia.
Per questo progetto, come fonti, vogliamo coinvolgere, fra le altre cose, testi, film e temi connessi
all’adolescenza. I cambiamenti che avvengono nel corpo, gli ormoni, la trasformazione del corpo e
della personalità. Gli umori, le emozioni estreme, visti in una sorta di maniera antropologica documentaria: cosa sta avvenendo dentro, quale mistero si sta sviluppando in questa grande sommersione di
ormoni ed emozioni.
Adotteremo un approccio sociologico e antropologico alle dinamiche sociali adolescenziali, esplorando le dinamiche delle bande femminili, delle api regine, la stigmatizzazione sociale e l’ordine nelle
sfere sociali degli adolescenti. Film
come Blue Velvet e innumerevoli
film horror mostrano manifestazioni del lato oscuro presso i giovani,
la perdita dell’innocenza, delle
verginità, la scoperta di emozioni
profondamente ambivalenti e
conflittuali. Allo stesso modo la
voce come estensione del corpo e
strumento, e la musica, esplorano
i confini tra il concerto e il teatro
danza in una ricerca continua e in
un cambiamento che non ha mai
fine.
The mysteries of Love sarà a Vie
scena contemporanea festival di
Modena il 27 e 28 ottobre 2006
FIES 19
IBM 1401 - a user’s manual
ERNA ÓMARSDÓTTIR E JÓHANN JÓHANNSSON
Mercoledì 26 luglio ore 21.00
Centrale Idroelettrica di Fies - Sala Turbina 1
Durata 45 minuti
Ideazione: Erna Ómarsdóttir e
Jóhann Jóhannsson
Coreografia e interpretazione:
Erna Ómarsdóttir
Musica composta ed eseguita
dal vivo: Jóhann Jóhannsson
Archi: «Ethos String Quartet»
Produzione e distribuzione:
Esther Welger-Barboza
laurent ziegler
La musica contiene un
frammento di “Island Ogrum
Skorid” di Sigvaldi Kaldalons,
eseguito dal Computer IBM
1401, programmato da
Johann Gunnarsson e Elias
Davidsson, registrato nel
1971.
Realizzato in occasione della coproduzione di GRIM (Groupe de Recherche et d’Improvisation
Musicale) e Officina - atelier marseillais de production, per il DANSEM 2002 festival (Marsiglia), il 26
settembre. Ringraziamenti a: Kitchen Motors, 1x2x3 - Philippe Baste, Rosas Parts, Tjarnarbio (Reykjavik), Ekka, Omar e Kristin.
Non è più possibile separare l’uomo dalle macchine che usa. Attualmente siamo completamente dipendenti dalle nostre macchine e la vita senza di esse è quasi inconcepibile. La specie umana di fatto
è divenuta una specie di cyborg (organismi cybernetici), inseparabili dalle macchine attorno e talvolta
dentro di noi (pacemakers, arti artificiali…).
I computer presto avranno il potere richiesto per stimolare la maggior parte delle proprietà del cervello
umano, presto i computer sorpasseranno completamente quest’organo in ogni abilità. Tutto ciò spinge a chiedersi se siamo testimoni di una nuova forma di vita, se di fatto stiamo creando i nostri stessi
discendenti meccanici che ci rimpiazzeranno assumendo il ruolo di specie dominante.
Molti reagiranno a domande di questo tipo con orrore, rispecchiando la paura dell’uomo di essere
detronizzato dal vertice delle cose. Come sarà la nostra relazione con questo tipo di esseri?
Noi crediamo che dovremmo sostituire la paura con nutrimento e cura, e l’orrore con timore reverenziale e meraviglia.
Crediamo che solo trattando questi discendenti meccanici come se fossero i nostri figli biologici potremo evitare il disastro, perché i figli trascurati finiranno per ritorcersi contro i loro padri.
Crediamo che per co-esistere con le macchine dovremmo imparare a leggere il manuale delle istruzioni.
20 FIES
ÒFÆTT («unborn»)
ERNA ÓMARSDÓTTIR E DAMIEN JALET
Sabato 29 luglio ore 21.00
Centrale Idroelettrica di Fies - Sala Turbina 2
Durata 60 minuti
Prima nazionale
Ideazione e creazione: Damien Jalet, Erna Ómarsdóttir, Gabriela Fridriksdottir e Raven
Coreografia e interpretazione: Erna Ómarsdóttir e Damien Jalet
Assistente alla coreografia: Alexandra Gilbert
Musica e suono Tape Tum (Lieven e Benjamin Dousselaere)
Produzione e distribuzione Esther Welger-Barboza
Con il sostegno di Association «Mischto» - Maud Cattiaux
Coproduzione Théâtre National de Bretagne - Rennes, Tanzhaus nrw Düsseldorf, SW&G | sasha waltz & guests,
Berlin
Ringraziamenti Stefan e Rebekka, Karen Maria Jònsdòttir, The Icelandic Balletschool, Rosas/parts, Sidi Larbi
Cherkaoui
caroline ablain
“Ofætt” è il frutto di un processo creativo intuitivo tra quattro artisti: i danzatori e coreografi Erna Ómarsdóttir e Damien Jalet, l’artista plastico Gabriela Fridriksdottir e il designer di moda Raven.
E’ ispirato al concetto di « élan vital » introdotto dal filosofo francese Henri Bergson (1859-1941).
Questo “ impulso vitale” è il processo creativo e imprevedibile che organizza i corpi che attraversa.
Attraverso la forza che penetra il materiale e introduce l’indeterminabilità e la libertà. L’ “élan vital”
spiega l’evoluzione della vita.
“Ofætt” è in un certo modo un assolo per due corpi che esplorano la logica di evoluzione come la
concepisce Bergson, un mondo in cui l’umano non è ancora o non è più definito chiaramente, un’ode
al caos e all’arcaico che precede la civilizzazione.
Esplorando temi come la nascita, l’istinto di sopravvivenza, il mutamento, la reversibilità sessuale,
la morte... Damien Jalet e Erna Ómarsdóttir sviluppano qui una ricerca di movimento intuitiva e non
accademica, combinando la voce e una forte fisicità. In collaborazione con il musicista Tape Tum, tratteggiano un paesaggio di suoni, movimenti e immagini, dando vita a una mitologia del tutto personale
sull’origine dei tempi.
Come se fossero fatti di creta, si trasformano di continuo e giocosamente con imprevedibili metamorfosi, cercando di tendere i propri corpi quanto più lontani dalla loro originaria forma umana e condizione.
Questo spettacolo affonda nella materialità di cui siamo fatti per estrarne altre possibilità in cui l’animale, il vegetale, l’umano, il maschile e il femminile si incontrino, si congiungano e si oppongano per dar
nascita a una sorta di geografia dei nostri campi interiori (…)
FIES 21
Intervista a JÓhann JÓhannsson e
ERNA ÓMARSDÓTTIR
di Umberto Angelini
La prima volta che ho incontrato Erna girava con due cani imbalsamati in uno spettacolo di Jan Fabre.
L’ho rivista a Milano, ospitando al festival Uovo il suo primo lavoro come coreografa, con degli stivali
stile western e una t-shirt heavy metal. Johann, invece, appariva in perfetto stile Jil Sander. Mentre noi
girovagavamo in vespa, Johann vagava in cerca di dischi del periodo “prog” italiano. Ci siamo rivisti un
paio d’anni dopo a Parigi tutti e tre al concerto del gruppo islandese dei Gus Gus.
Erna e Johann sono persone di intensa umanità verso le quali nutro un sentimento di sincera amicizia
e, malgrado i nostri incontri siano rari, ho la sensazione di frequentarli abitualmente.
Questa sensazione di insolita familiarità e di scoperta allo stesso tempo è per me il tratto significativo
del loro lavoro.
Trovo straordinaria la loro capacità di innovare nel movimento e nelle sonorità, di lavorare sulla contemporaneità di un certo tipo di gesto e di suono pur mantenendo, impercettibile, ma sostanziale, un modo
di occupare la scena che rimanda a periodi passati, abituali.
Le loro performances sembrano custodire dei segreti, delle narrazioni poetiche, implose e squarciate
da scariche d’energia che poi timidamente si ritraggono, si quietano. Lo sguardo si posa, rapito, su
alcune sequenze e lì sta, in attesa, di un rinnovato inizio.
Your choreographic work has been pushed
towards a kind of released physicality, a violence of movement which absorbs the space,
it sets upon impulsively to calm down, almost
cradle…
Erna: I guess the way the work has developed is
simply a kind of mixture of a reaction to things
happening around me and things happening
inside me, and then how they come together. I
guess that the fact of being from a country with
so extreme nature and changes of light and
weather, and at the same time being so few (the
Icelandic population is only around 300.000)
and isolated, has effects on the way most of us
work, like the way of dealing with space. If you
go to Iceland you will maybe understand. I often
think about energy, certain kind of energy, when
I create. It is also a way of being, I think the work
goes along with who I am: I am of course like
others, trying to be honest to myself in the work,
but to me the most important thing is to enjoy
what I do and to work with a good group of
people. I also like sometimes to surprise myself
doing things I never thought I would do, or like
to do. You can learn a lot if you once in a while
push yourself in a kind of a strange or unknown
direction.
The use of your voice (pointed out in IBM
1401) plays a very important role in your
work (I think about the experience with PONI
as well). Your vocal performance reminds of
death metal, punk…
Erna: Since I’m small I’ve always loved singing
but rather out of tune. People would hold their
22 FIES
ears and tell me to shut up and just dance. But
I didn’t wanted to give up, so, somehow slowly,
I discovered that there were different ways of
using the voice and that voice was another layer
in the work, in the type of dance I have been
working on. Singing also makes me really happy
or happily sad, melancholic. I sometimes have
the feeling that through the use of my voice I
come closer to something primitive or closer to
the soul, to the essence. I like to experiment with
different kind of screams and strange inhuman
sounds, to play with schizophrenic contrasts
like the satanic “death metal voice and then the
angel childlike innocence, small girly voice. I
like a lot the energies that come from punk or
death metal as a contrast to something more
melancholic, beautiful. I am just inspired from
that energy and not necessarily from the music
in itself. I like a lot to work with primal energies,
emotional states, to create something material.
I also like to play with text, often simple things,
poetic repetitions, lists, etc. I would say that
what I do is also dancing with the voice. In fact
I try to dance with the whole body, to integrate
everything, dance with the voice, the tongue,
the eyes, the toes, the face, the breasts, the
sex (maybe it is a reaction against the sentence
“dance is dead” which was a sentence I heard I
lot when I was at school, so I don’t dare to stop
and just keep on dancing with everything is “on”
my body).
I also used to be really really shy and closed as
a teenager: when I had to talk to people I would
always blush, tremble and feel blocked; nothing
came out. Now I often like to be really corny:
dance as a language, and dancing with the
voice, has saved my life. l I’ve been lucky to find
a tool through which I feel I can express myself
better than simply talking.
I know that you are fond of Italian progressive music...
Johann: Yes, I’m very fond of Italian music
from the 60’s and 70’s in general. I first got into
Goblin and the Dario Argento soundtracks, but
then I discovered a lot of great Italian music from
the period, the works of Franco Battiato - whom
I admire very much - and groups such as Area
and PFM. I think there was an enourmous sense
of experimentation in Italian soundtrack music
at the time also. The things that Morricone and
Bacalov - to name only two - were doing were so
ahead of their time. This music has been a great
influence on me.
You are a very good musician but most of all
you are an excellent composer. How would
you describe your relationship between the
creation on one side and live performance on
the other?
Johann: I think live performance is very important. It is the best way to present a work, the
only way to really communicate something to
an audience. Most of my music is written to be
played live and although the making of the CD is
very important also - as it’s the way the music is
going to be preserved - the performance part is
where the music gets re-interpreted and re-lives
through the interpretation of the performers.
You have been one of the most interesting
reality of the international scene since last
few years. What would you like the public to
appreciate in your work the most?
Erna: It always makes me happy and satisfied
when I feel that the work has touched the audience in a way or the other. It is not at all necessary that they understand it the same way we
do; it is more about understanding
the concept, but I appreciate when
people can find their own way of interpreting it or if they can somehow
relate to it. It is a very nice feeling
when you feel that you are giving
something to someone. The work
is sometimes not easy to watch
since images sometimes are cruel,
overemotional or give a touch of
uneasiness; but the purpose is
never really to provoke people by
doing strange or cruel things: it is
more about how I feel about certain
matters that happen around me
and inside me and to make people think, or just
feel, to wake them up a bit…
Johann: I’m very happy if the audience appreciates the different levels of the work. The philosophical side and the conceptual part as well as
the emotional sides.
Outside the stage you both transmit a sense
of absolute independence but when on stage
you express a very strong agreement and
complementarity. Both of you also team up
with other artists often. Which is the motivation that keeps you working together?
Erna: I like Johann’s music a lot. I think there
are things we have in common since we both
work on the same sort of borderline. I think we
both like to work with things that are in a danger
zone like overemotional or dramatic things, and
sometimes even pathetic, but just to play with
them and contrast them. Then we have a similar
taste and sense of humour. We share a similar
taste in things like movies: horror movies and
other strange or more experimental things. We
are beginning to interfere with each other’s art
form, me interfering with the music as he does
with the dance. In the last work we worked also
in a very close collaboration with Margret Sara
Gudjonsdottir.
Johann: I think we have a shared aesthetic. We
like a lot of the same things in music, art and
films and we usually agree on what works and
what doesn’t. I think we are working with very
similar things in our work, each in our own way.
Your last work ‘The Mysteries of Love’ has
been co produced by ERT, one of the most
important Italian theatres. In this work you
face the topic of the teenagers uneasiness...
Erna: This subject came up one evening and
we where both very interested in it already. As
we like everyone else have been teenagers,
we know it is somehow a dark period for many
when one begins to lose innocence. It is some-
FIES 23
how a very important period too and it can mark
your life. We took it in an quite abstract and poetical way but you can feel something else going
underneath, a kind of strange story between two
sister or best friends or even two halves of the
same person, Annie.
Johann: The idea was to work with ideas of
the emotional and physical turmoil of teenage
years and the way this is expressed in a Jungian sense in horror films for example. The ideas
and symbolism that used to be expressed in folk
tales such as Little Red Riding Hood are now
expressed in the modern slasher and splatter
films and this is part of what we’re exploring in
this piece. There’s also a strong anthropological
element to it, the study of hierarchies and social
dynamics within girl groups.
Which is your relationship with the city you
live in? And with the artistic scene?
Erna: I live between Reykjavik and Brussels, In
Iceland the nature is just an amazingly beautiful
pearl, a place to collect energy and inspiration;
in Brussels I work mainly with Poni and people
from the dance scene as Les Ballets C. de la B.
Brussels is overcrowded with dancers and choreographers, Reykjavik is crowded with people
making music. In both cases there is a bit of the
feeling of being the most important place for the
art forms and the danger is a kind of arrogancy;
everyone seems to follow a certain fashion or
style and, at the end, it could become boring.
There is a lot of competition and that is healthy if
it doesn’t become a hell!
Johann: It’s important. Reykjavik is a good city
to work in, mainly because of the people. There
are many great musicians and there is a lot of
interplay between the different art scenes. They
are not isolated at all and this is very refreshing.
What is the Icelandic artistic scene like today? And what is your relationship with it?
Erna: The art scene is also quite vital even
though there is not so much funding for arts.
The music scene is internationally at a very good
level and so visual arts, films, literature are.
In the dance and theater field, things have been
less innovative and stayed quite traditional,
but things are starting slowly to move on and
people are, for example, discovering dance as
something very interesting and more independent dance groups are exploring new dance
languages. It is so exciting to be there for performing arts now, there is also a new direction
in the theatre school and a dance department
has been created for the first time so I guess
when those students are graduating… In last
few years I’ve been working more in Iceland
24 FIES
with artists coming from different fields (dance,
visual art, music) and different countries. I think
it is very important for Icelanders to get influence from abroad but at the same time keep the
quite special Icelandic taste and, of course, it is
useful for artists from abroad to know Iceland
and its artists too. My cooperation with Johann
has been very important and then with the visual
artist Gabriela Fridriksdottir for the Venice Biennale or the cooperation with Bjork’s videoclip
and then the great cooperation with the amazing
dancer performer Margret Sara Gudjonsdottir.
Johann: It’s very vibrant. On the downside, it
is becoming more institutionalized, whereas it
used to be very anarchic and not at all careeroriented. Now people think more about careers
and “making it”, which is a shame, I think,
because then a lot of the vitality is in danger of
disappearing.
But it’s a natural and inevitable evolution I
guess.
Summer is arriving. Can you suggest a book
and an album for those who will be travelling
soon...
Erna: I suggest some books from the Icelandic
Nobel prize writer Halldor Laxness (I don’t know
if he has already been translated in Italian);
some old records from the legendary Icelandic
heavymetal band HAM, and, why not, IBM 1401
(a users manual) soundtrack, my latest discovery Sunn O)))), and for good mood Cocorosie,
Noahs arc, Arcade fire or simply some good old
Roy Orbinsson.
Johann: As an album I suggest either Black One
by Sunn O))), or Missa dei Filii by Zelenka. For
reading, Strange Angel, about the rocket scientist and Crowley-ite John Whiteside Parsons.
I’ll be going to Iceland. What should I absolutely avoid?
Erna: Well, just to be prepared for any kind of
weather,,. so raincoats and pullovers in case,,,
then buy the alchol in duty free because it is
very expensive in Iceland (everything is expensive in!). You have absolutely to take time to go
into the nature but take care because you can
easily get seduced into it and get lost or fall into
a crack or geyser or a waterfall. Then you must
absolutely check out the night live in Reykjavik
but during a crazy midsummer night when the
sun doesn’t go down everyone goes a bit mad
and you can easily get seduced into gagagu…
all though it is a lot of fun to…
Johann: Avoid spending too much time in the
center of Reykjavik. Go to the mountains and
spend time in the wilderness. And don’t drive
jeeps!
FIES 25
il buonumore_il malumore
2006
crushsite.it
CORPI D’ORO
Virgilio Sieni e Letizia Renzini
Venerdì 21 luglio ore 19.00
Centrale Idroelettrica di Fies - Forgia
Durata 30 minuti
Progetto speciale di Virgilio Sieni e Letizia Renzini
Assistente e cura Virginia Sommadossi
Con la collaborazione del Circolo Ca’ del Nemolèr
Con quattro donne di Dro over 65, desidero stabilire una metrica
spostamenti domestici dettati da incidenti casuali per definire
rannicchiato di umori e enigmi. Questa disposizione d’animo
più persone di fronte a un fatto sarà la guida per una geografia
e incerta di azioni. Nella storia della medicina, secondo la dottriIppocrate, il ‘temperamento’ di ciascuno dei quattro liquidi biologi(sangue, flemma, bile gialla e bile nera) determinava l’indole.
Regia coreografia, scene e luci di Virgilio Sieni
Musiche ed elaborazione sonora live
Letizia Renzini a.k.a dj Molli
Interpretazione e coreografia
Simona Bertozzi, Ramona Caia, Marina Giovannini, Daniele Albanese,
Lorenzo Rispolano
Assistente alla regia Carlo Cuppini
esatta di
un contesto
di una o
millimetrata
na umorale di
ci fondamentali
FIVE DREAMS
mi difenderò 06
COMPAGNIA
VIRGILIO SIENI
Coordinamento tecnico Lorenzo Pazzagli
Luci Paolo Pollo Rodighiero
Costumi Giulia Pecorari
Produzione 2005
Teatro Comunale di Ferrara
Comune di Siena - Assessorato alla Cultura
Comune di Firenze - Assessorato alla Cultura
Compagnia Virgilio Sieni - CANGO Cantieri Goldonetta
Segni di un vocabolario sconosciuto di storie che appaiono
all’interno di luoghi preparati con attitudine costruttiva e architettonica a creare il perimetro esatto dell’azione. Un processo che
si ripete per cinque volte ponendo le basi dell’incontro tra adulto,
bambino e animale in uno spazio di natura liminale: chi si difende? da cosa? Queste cinque scene sulla vicinanza, partitura che
travasa il senso della durata nell’accadimento, hanno la stessa
curvatura non solo percettiva ma anche strutturale. Cinque sogni
che si formano tra leggenda e fiaba nella dimensione del rito.
26 FIES
marco caselli
In collaborazione con drodesera > centrale fies
con il sostegno di Regione Toscana - Ministero per i Beni e le Attività
Culturali - Dipartimento dello Spettacolo
OSSO Á
OSSO Á
COMPAGNIA
COMPAGNIA
VIRGILIO SIENI
VIRGILIO SIENI
Martedì 25 luglio ore 19.00
Centrale Idroelettrica di Fies - Sala di Comando
Durata 45 minuti
Di Virgilio Sieni
Con Virgilio e Fosco Sieni
Produzione 2005 - Compagnia Virgilio Sieni - Tempo Reale Firenze
in collaborazione con 35° festival Santarcangelo dei Teatri
Una partitura esatta di azioni sensibili compongono questo lavoro costituito da tre parti..
Fondamentalmente vi è richiamo nella similarità dei gesti che diviene allo stesso tempo durata del
frammento, memoria tradotta in forze diverse, riconoscimento e spogliamento nell’iconografia.
Ogni azione assimila infatti una forma prospettica della materia plasmata attraverso due uomini della
stessa famiglia: in questo senso l’azione attraversa prima lo sguardo e la commozione riflettendo il
carattere eidetico. Il lavoro è composto da segmenti precisi di dialogo fisico introducendo in ciascuno
di essi una materia oscillante che sposta l’attenzione di volta in volta sul suono, la figura, la prospettiva
di un materiale ancestrale.
Prima parte
Archivio indeterminato di gesti colti
Seconda parte
Dialogo del secchio e sette figure quattrocentesche
Incrocio a distanza e nel vuoto con attenzione verso il basso
Seduti al tavolo con fraseggio di mani e figure
Incrocio spalla a spalla con sostegno
Seduti al tavolo con contrappunti di oggetti
Non si è visto un topo, magia in cinque parti
Intermezzo e pietà
Lui mi da tutto il suo peso
Terza parte
Solo luci
Prima lui poi io: quadrupedi
Prima lui poi io: cerchio
Insieme: dialoghi sul corpo
Prima io poi lui: palla, cerchio, palla
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LOLA
MARTA GALÀN
e SANTIAGO MARAVILLA
Venerdì 28 luglio ore 21.00
Centrale Idroelettrica di Fies - Sala
Turbina 1
Durata 60 minuti
Ideazione Marta Galán e Santiago Maravilla
Con Santiago Maravilla
Luci Ana Rovira
Musica Santiago Maravilla e Alexis Borràs
Collaborazione gruppo dell’Avana La Taverna
Karaoke Néstor Domènech
Abito da sposo MUAC
Scena e regia Marta Galán
Produzione indipendente M. Galán / S. Maravilla
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marta galan
Ringraziamenti a La Poderosa e L’Antic Teatre
Questo spettacolo è il risultato della mia
prima collaborazione con questo personalissimo artista detrattore della tecnica e
irrimediabilmente iconoclasta. L’idea è partita da Santiago Maravilla. Vorrebbe essere
Lola. Vorrebbe essere Lola senza smettere
di essere Santiago Maravilla. Cioè: in questo
spettacolo vorrebbe rovesciare tutti i suoi
codici estetici (punk, trash e canzone leggera) e farlo dalla figura di un personaggio
femminile: Lola. In verità, non c’è personaggio e neanche travestitismo, se non un
corpo maschile permeato da certi segni di
femminilità. Un gioco di seduzione dove
tutto è flessibile e reversibile, dove nessun
sesso è sicuro del proprio fondamento né,
soprattutto, della propria superiorità.
LOLA è la costruzione di una identità
(femminile) sul palcoscenico a partire da e
attraverso i riferimenti biografici e culturali
della persona che sta in scena (un uomo):
Santiago Maravilla, ma c’è anche una donna
che riflette sull’amore, la morte, la solitudine,
la politica, il calcio…
Uno spettacolo romantico, quasi sentimentale, che acquisisce una contundenza
inaspettata dovuta a una messa in scena
bizzarra, cruda, antiestetica. LOLA è anche
uno spiegamento di energia: in watt, in
fisicità, in grida… una vera scommessa per
il regista.
LA HISTORIA DE RONALD
EL PAYASO DE MC DONALDS
RODRIGO GARCÍA E LA CARNICERÍA TEATRO
Domenica 30 luglio ore 21.00
Centrale Idroelettrica di Fies - Sala Turbina 1
Durata 120 minuti
Ideazione Rodrigo García
Con Ion Munduate, Juan Loriente e Juan Navarro,
Collaborano ogni sera Nieves, Candela, Yago y la banda di Dro
Luci Carlos Marquerie
Musica Panasonic, Juan Navarro.
Costumi Mireia Andreu
Disegno magliette Jaume Martínez e Mecánica.com (Barcelona)
Tecnico in tournée Ferdy Esparza
Proiezioni disegnate da Ramón Diago e Maelstrom.com
Produzione Citemor 2002, Montemor o Velho,
La carnicería teatro, INAEM e Comunidad de Madrid
La historia de Ronald el payaso de Mc Donalds
propone durante un’ora e mezza di diffidare di alcuni
rinfreschi di colore oscuro, di alcuni alimenti che possono esser consumati fino al 2007, delle persone che
ti offrono lavoro e anche -perché no- di te stesso.
Nell’opera lo spettatore affronterà lunghe sequenze
dove i corpi seminudi si contorcono sopra un palcoscenico ogni volta più immondo: lì sul suolo si vanno
accumulando latte, rinfreschi, hamburger, ketchup e
tutta una sorta di prodotti che sugli scaffali dei supermercati sembrano tanto inoffensivi ma che in realtà
nascondono molto.
In quest’opera si parla dello sfruttamento del lavoro;
di una nazione che pretende di governare il pianeta; si
parla del tradimento a tutti i livelli, da quello dei nostri
politici a quelli più privati nella nostra vita quotidiana.
In scena compare una famiglia (Juan e Nieves e i
loro due figli) e con loro come testimoni si passa in
rassegna una buona parte della storia dell’ipocrisia
in Paesi come l’Argentina, dove la miseria aumenta
ogni giorno, prodotto di una pianificata distruzione
economica; si parla della tortura, etc.
In questa creazione, naturalmente, come in tutte
quelle di La Carnicería Teatro, non mancano l’humor
nero e la violenza fisica: corpi che arrivano all’esaurimento totale.
Un teatro contestatario, di resistenza e opposizione
a quest’onda senza nome che ci trascina ogni volta
sofia menendez
Video Rodrigo García
sempre più verso l’uniformità, verso questa colonizzazione- globalizzazione.
Per evitare interpretazioni erronee, desidero dire che quest’opera è stata creata
nei mesi di giugno e luglio 2002 e che
l’unico riferimento nuovo che abbiamo
aggiunto è l’esplosione dei treni negli
attentati terroristici di Madrid.
Non si tratta quindi di un’opera opportunista, ma di una creazione che già due
anni prima parlava di eventi che sarebbero successi più tardi, che dovevano
accadere. Ciò, lungi dal risultare premonitorio o profetico, è semplicemente la
cosa più naturale al mondo: le coincidenze fra la realtà e l’opera di un artista
sono da sperare, giacché l’artista parla
della malvagità del mondo che conosce
e in cui vive, il malessere della vita quotidiana e il malessere della storia. Sinceramente, mi dispiace che il passare del
tempo non abbia fatto altro che avvalorare maggiormente invece di invecchiare o
smentire il discorso di LA HISTORIA DE
RONALD…
Rodrigo García
FIES 29
Intervista a rodrigo GarcÍa
di Elena Franceschini
30 FIES
spaghetti e ketchup sui capelli. Soffrono e soffocano nell’opulenza alimentare dell’occidente
che - per un’immediata equazione - trasforma
tutto in immondizia, dunque anche noi stessi.
E i fasti e nefasti di quest’abbondanza restano
lì, nello spazio, testimoni puzzolenti di un inutile
consumismo.
Attraversa gli stessi temi e gli stessi modi anche
“La storia di Ronaldo il pagliaccio del McDonald’s”, spettacolo del 2003 e concepito assieme ad una squadra di attori in Portogallo. “Non
sono partito da un testo o da un’idea precisa
- racconta Garcia a proposito di questa pièce
-, sono partito invece del corpo degli attori. Li
scelgo infatti non perché sono dei virtuosi ma
perché condividono con me una visione della
realtà. Con loro improvviso. Propongo delle situazioni per creare delle idee. In questo caso ho
chiesto di raccontarmi la loro esperienza con un
qualche McDonald e ne sono uscite delle storie.
In seguito, da solo, scrivo il testo. Ho molto
rispetto per la letteratura e penso che le parole
non vadano improvvisate sulla scena ma filtrate
secondo una cura personale. Ho anche molto
rispetto per gli attori e li tratto come persone. Gli
scritti che interpretano hanno a che fare con la
loro identità, con i loro vissuti. Non recitano dei
ruoli decisi da qualcun altro. Non li penso come
se fossero macchine o animali ma non li considero nemmeno autori. Per questo elaboro la
scrittura e le sue precise verità in un’altra fase”.
Ma per questo regista argentino la costruzione
dell’allestimento non
consiste solo in questo.
“Ai momenti di narrazione alterno poi dei
momenti d’astrazione
- prosegue l’autore
- durante i quali si vede,
ad esempio, il corpo
sofferente dell’attore rotolarsi nel latte o in altre
sostanze. In un altro momento una persona viene
soffocata e torturata da
una gran quantità cibo.
“La storia di Ronaldo”
non è un’opera tradizionale. Ha un’idea di base
su cui è costruita e mette
in relazione la tortura
con il consumismo.
Parla di questo rapporto
sofia menendez
La parte più innovativa del teatro europeo, l’ultimo grande guastatore, la nuova star dei festival, il perturbatore delle coscienze: la cronaca
descrive così il fare teatrale estremo di Rodrigo
Garcia. Ma su l’altro versante dei resoconti
- parallelamente - si sente dire che tutto quel
susseguirsi d’immagini, anche cruente, da lui
composto non ha un vero filo conduttore. Che,
in fondo, si tratta di cose già viste. Cose che
lasciano il tempo che trovano e dopo un po’ ti
vien da pensare ai fatti tuoi.
Poi t’accorgi però che tutte queste definizioni
a doppio taglio lasciano sempre una traccia
ambigua in chi le pronuncia. Così diretto, così
provocatorio, così insistente sui riferimenti
sessuali. Eppoi, se non soprattutto, così fuor di
metafora. Anche troppo. In tutto questo intuisci
un sentimento di difesa alla personale tranquillità in chi lo apprezza. Chi invece si distanzia
dalle sue creazioni inizia un racconto preciso
di alcuni dettagli scenici o di scrittura. Ricorda
anche lontano nel tempo parti della messinscena e capisci che, in un qualche piano o sottopiano interiore, quelle immagini hanno lasciato
un segno emotivo. Come un disagio. Come un
disgusto. Come della rabbia verso quello che
c’è o per come si è.
“Mi muovo entro il poetico e il politico”, dice
tranquillamente Rodrigo Garcia a proposito del
proprio lavoro. E il suo sguardo politico sulla
realtà evidenzia le manipolazioni del potere,
le distorsioni legate alla logica del denaro e
rileva la conseguente
condizione di “malata”
per la nostra società. La
sua visione poetica la
percepisci, d’altro canto,
nel modo di dire le cose
e nei corpi degli attori.
L’incanto passa attraverso la loro fragilità e la sincerità con cui si mettono
in gioco fino in fondo.
Si denudano - non solo
metaforicamente - e mostrano la propria anima.
Sul palco, intanto, succede di tutto. Gli attori si
lavano, si asciugano, si
sporcano di cibo. Capita
che uno di loro diventi
una gigantesca cotoletta
o una figura ibrida con
e del prezzo che ne ha pagato l’Argentina. Lo
racconto perché da adolescente l’ho vissuto.
Sono nato in un quartiere periferico e povero
di Buenos Aires. Mio padre era macellaio. Ho
vissuto in un paese dove la tortura era praticata
da persone che hanno un nome e un cognome
ma non abbiamo mai avuto giustizia. In questo
pezzo denuncio le ingiustizie di un passato non
lontano dell’Argentina e anche i miei momenti
d’astrazione nello spettacolo sono una denuncia
politica molto chiara”.
Il catalogo creativo di Garcia enumera anche
delle pièce intitolate allo scrittore Borges o al
pittore Goya oppure, come in “After sun” prende
in considerazione le vicende di Maratona. E a
questo proposito specifica che “non ha pretese
biografiche ma sono solo dei pretesti. Partendo da Goya ho l’occasione di parlare di una
persona che non ha niente e nottetempo entra
nel museo del Prado tra i quadri del Goya e da lì
partono delle riflessioni su cosa vuol dire vivere
senza soldi in una società dove è il denaro a
decidere le sorti di qualsiasi cosa. Attraverso
“Borges” racconto di chi non prende posizione
nella realtà. Racconto di un ragazzo che vuole
comunicare con un illustre poeta che, in realtà, s’esprime solo per citazioni letterarie e non
vede quello che gli sta attorno. Non accenna
al dittatore Videla e ai tanti soprusi consumati
quotidianamente. Per quanto riguarda Maradona - prosegue l’artista - mi volevo interessare ad
un eroe popolare. Nei miei lavori non mi riferisco
a storie esemplari di regnanti. Ai Riccardo III e
quant’altro. Non faccio un teatro colto e non
seguo le pure sperimentazioni delle forme. Il mio
teatro deve essere per tutti. Cerco delle persone
o degli elementi conosciuti dal pubblico per
potermi confrontare. Di Maradona m’interessa il
suo modo di vivere, i suoi eccessi nella vitalità,
nel talento e nell’autodistruzione. Mi affascina
anche la vita di questo calciatore per i suoi comportamenti da divo e perché invidio la gente che
vive nell’eccesso. Tutto qui.”
Tutto qui. Ma fino ad un certo punto. Perché
la vita professionale di Rodrigo Garcia mostra
anche una solitudine e un ermetismo del proprio
essere artista. Dice infatti: “Sono molto concentrato sul mio lavoro e non ho relazione con
le etichette che mi affibbiano. Posso dire che
appartengo a due culture e a due realtà. Quella
argentina della mia formazione e quella spagnola visto che abito a Madrid da vent’anni. Il mio
teatro confronta le tematiche del Sud del mondo
contrapposte a quello del Nord. La mia estetica
è stata influenzata molto dalle performance di
artisti contemporanei nordamericani come Bruce Nauman e Paul McCarthy. Nel ’86, a ventidue
anni sono approdato a Madrid con una formazione da pubblicitario e nell’89 ho fondato la mia
compagnia e l’ho chiamata La Carniceria Teatro,
macelleria, dal lavoro di mio padre ma non solo.
Per dodici anni ho fatto teatro senza alcun contributo pubblico. Mi mantenevo lavorando nella
pubblicità, cosa di cui mi vergogno. Solo da
sei anni mi mantengo con il mio lavoro. Adesso
ricevo soldi per le mie produzioni e penso di doverli spendere non per fare intrattenimento. Per
questo ci tengo al contenuto politico dei miei
lavori come alla loro qualità poetica.”
Da qui, allora, da queste considerazioni, si snoda
tutta una produzione che propugna tutta una conoscenza del corpo diretta, immediata, efficace.
Al di là dei testi consolidati dalla tradizione. La
ricerca di una verità anche sociale passa attraverso una strana “elementarità” degli oggetti,
una concretezza appassionata, un’attenzione
all’immediato. La parola, in tutto questo, entra
come frammento di gergo quotidiano, di luogo
comune, di frase fatte per rovesciarsi anch’essa
nel suo opposto e prendere il largo tra capricci
poetici o assurdità espressive. O sgretolarsi sotto
l’inconsistenza del suo significato. Tra tanta veemenza c’è spazio anche per l’ironia e per il riso
e i titoli delle sue pièce non smentiscono queste
spinte. Alcuni esempi? “Dovevate rimanere a
casa, coglioni”, “Il bello degli animali è che ti
vogliono bene senza chiedere niente”. E così via
Le frequentazioni italiane di Rodrigo Garcia
sono passate per Modena, Torino, Roma, La
Biennale di Venezia. Lo scorso anno, per il Css
di Udine e il loro corso di formazione teatrale
avanzata Projet Thierry Salmon ha montato
“Alzate la testa da terra, coglioni”, con le solite
scene forti e senza pudore. Per le Orestiadi di
Ghibellina e il Mercadante di Napoli ha allestito,
nel 2003, il coinvolgente “Agamennone” ovvero
“sono tornato dal supermercato e ho preso a
legnate mio figlio”, spettacolo legato al tema
del consumismo e della distribuzione delle
ricchezze dove mescola corpi e icone, simboli
dello spreco occidentali e scenari di povertà. La
memoria di Eschilo torna, in questo caso, con i
fantasmi della guerra di Troia e i suoi eroi vengono richiamati solo per ridisegnarli con i volti dei
ritratti proiettati che legano Blair ad Egisto, Bush
ad Agamennone, i bambini iracheni alle troiane,
Aznar al messaggero, Hillary Clinton a Clitennestra, i figli di Saddam a Ifigenia. Per gli otto
quadri che compongono questo Agamennone
ognuno porta il nome di uno dei paesi più ricchi
del mondo perché la tragedia - sostiene Garcia è nel e del primo mondo. Quello industrializzato.
Ed è una tragedia dove la catarsi è molto difficile
da realizzare.
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drodesera > centrale fies 2006
VIDEO
Galleria Trasformatori
Rodrigo García
UNA COSA QUE QUERÍA DECIROS, ANTES DE QUE SE ME OLVIDE
PIEDAD
CAMISETAS EN ALCAMPO
A TOMAR POR EL CULO
PAYASOS DE PICNIC
Letizia Renzini
PENTESILEA, 30’
Motus
crushsite.it
A PLACE. [THAT AGAIN], 25’
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NO DISCIPLINE.
foto Luca Del Pia (Tragedia Endogonidia B.#03 Berlin-Socìetas Raffaello Sanzio) - grafica Lorenzo Previati
www.bymed.org
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DOMA
SONIA BRUNELLI
Lunedì 24 luglio ore 21.00
Centrale Idroelettrica di Fies - Sala Turbina 1
Durata: 30 minuti
Ideato ed espresso da Sonia Brunelli
Luci Giacomo Gorini
Prodotto in collaborazione con CANGO - Cantieri Goldonetta Firenze, drodesera > centrale fies, Xing e
InteatroFestival (l’azione è partecipante al concorso GD’A 05/06).
34 FIES
lia pari
La figura che appare indossa un codice di condotta, un cifrario di portamenti fondati sull’assetto fisico
e sul movimento equino. La disciplina impone un’attitudine particolare, una flessione degli arti inferiori
e una deformazione del cammino. Il modello spastico, l’equinismo sviluppa andature o arie in sequenze libere d’impulsi e cadenze ritmiche del passo. La specificità della modulazione sottomette la figura
ad un atteggiamento determinato ed elegante.
Il rigore stilistico a cui si aderisce abbandona la rappresentazione mimetica dell’esercizio attraverso
un dominio, un controllo distillato dei singoli pezzi, arti animati. La figura si presenta divisa, frazionata,
separata in parti. Il giogo del tempo e il movimento isolato dell’arto, qui, sintetizzano la realtà per generare segni, linee, materia. La considerazione titola una forma animale e non l’animale come forma.
Il motore di queste azioni ha origine nella somiglianza più profonda, in un tratto distintivo che fa
ritrovare o emergere dalla figura umana il suo spirito animale. Non interessano combinazioni di forme
eccentriche, stravaganti ma fatti comuni all’uomo e all’animale.
Il suono parla della figura e la figura parla del suono. Nelle due tracce non c’è unione, l’immagine
s’incurva e si flette sotto i rispettivi pesi.
BALLO INDIVIDUALE
IN CIRCOSTANZE COSTRETTE
STOA scuola di movimento della Socìetas Raffaello Sanzio
Venerdì 28 luglio ore 19.00
Sabato 29 luglio ore 19.00
Centrale Idroelettrica di Fies - Sala di Comando
Durata 45 minuti
Concepito ed attuato dalla Stoa di:
Sara Angelini, Demetrio Castellucci (che ha curato e creato le musiche),
Stefano Bartolini, Teodora Castellucci, Giulia Merendi, Vincenzo Reale, Eugenio Resta, Marco Villari
Sonia Brunelli, coroginnasta
Claudia Castellucci, scolarca
Produzione Socìetas Raffaello Sanzio con il Patrocinio della Provincia di Forlì-Cesena
massimo di felice
Lo scopo di una scuola non è
un oggetto, ma una relazione.
Lo spettacolo, per una scuola
immersa nel teatro, è una
meta complementare, una
verifica sperimentale. E’ innaturale pertanto, per la Stoa,
“esportare” i propri spettacoli:
non ha la preoccupazione di
diffondersi, e non ne fa un mestiere. In questo caso, invece,
c’è uno spostamento di sede
che diventa, per la scuola, occasione di studio particolare.
Lungo il periodo di ottobre 2003 e maggio 2004 ci sono stati incontri di discussione e di movimento
fisico tra giovani di un’età compresa tra i quindici e i venti anni, attratti da un’azione che fosse insieme immediata e meditata. L’immediatezza è data dalla risposta istintiva e da una reazione rispetto
a un fatto o a un’idea. La meditazione è data dalla necessità di produrre in prima persona un fatto o
un’idea.
La plausibilità di questa scuola, che prende il nome dall’antica Stoa, nell’adesione a un modello di
scuola fondato su una relazione tra insegnante e scolaro non indotta e trovata, bensì prescelta e
cercata, si fonda sull’azione. L’insieme della Stoa ha avuto e ha bisogno di azione. C’è stato e c’è
bisogno di fare subito qualcosa di formato, con quel minimo che si ha a disposizione. Un posto, un
luogo di azione, e la scuola insediata, anzi in moto.
In questo Ballo individuale in circostanze costrette viene presa in considerazione l’origine accidentale delle relazioni e dunque il valore intrinseco dell’incontro. La ricerca consapevole e organizzata
di queste relazioni aumentano la potenza d’agire. In questo senso è da preferire il termine “ballo” a
“danza”, perché mentre questa si rifà a esperienze legate a scopi coreografici, il ballo si richiama a un
girare intorno a un centro ideale e ospitante, cui le persone fanno da corona motorizzata, e per cui, ad
esempio, non esiste il concetto di “errore”, bensì quello di volontaria interruzione. Il ballo è “gettarsi”
in un cerchio da sempre in moto.
Il Ballo individuale in circostanze costrette rappresenta il movimento che ognuno compie singolarmente; l’incontro accidentale; l’origine di una relazione; la conduttura di una forza generale che si apre
nella folla; l’immissione nel mulinello del tempo; le condutture viarie metropolitane; la distruzione delle
strade operata dalle onde magnetiche a favore di una strada pervasiva e saturata; le circostanze della
cronologia, dell’alfabeto e della geografia che definiscono chi entra in ballo con la vita.
FIES 35
VINCENZO SCHINO/
OFFICINA VALDOCA
Domenica 30 luglio ore 23.00
Centrale Idroelettrica di Fies Sala Mezzelune
Durata 40 minuti
Cura della visione e regia Vincenzo Schino
Con Marta Bichisao, Riccardo Capozza,
Gaetano Liberti, Vincenzo Schino
Aiuto regia Marta Bichisao
Elaborazione digitale del suono Gennaro
Mele
Effetti plastici Leonardo Cruciano
Costume di Arlecchino Michele Napoletano
Assistente alla produzione Giuseppe
Schino
Fonica Luca Fusconi
Prodotto da Teatro Valdoca - progetto
Officina Valdoca
“Opera è un lavoro che si pone il problema della rappresentazione e del
senso di stare su un palcoscenico.
Abbiamo lavorato in modo radicale
sull’imbarazzo dello sguardo.
Abbiamo lavorato sulla vergogna e
sulla commozione.
Opera è un errore, una baracca di burattini montata male che da un momento all’altro potrebbe crollare.
E ne è consapevole.
Come fantasmi, appaiono personaggi recuperati dalla tradizione e dal luogo comune del teatro e
dell’arte, figure universali e inequivocabili. Uno per tutti, il clown.
Il clown, come arlecchino, fa da traghettatore in luoghi dichiaratamente artificiali: la pista del circo, il
boccascena di un teatro, il diaframma di uno sguardo. Attraverso queste porte, toglie gradualmente i
punti d’appoggio della logica. Il clown, come diceva Fellini, “E’ un bambino in potenza. Il clown rappresenta nel modo più efficace, commovente e comico una creatura che si trova in un mondo immenso e sconosciuto”. Il clown contiene nella sua forma le anime di tutti coloro che non possono fare a
meno di esporsi, al ridicolo. Il buffone, il saltimbanco, il fool, in una parola: l’artista.
Perché lo fanno? Cosa li costringe? Questa domanda, a cui non c’ è risposta, ha fatto da perno.
La struttura drammaturgica del lavoro si nutre del concetto del “numero”, della performance che non
racconta mai nulla, ma è fine a se stessa.
Inizia e finisce. Poi l’applauso e la paga.
Si è cercato di sfruttare proprio il mancato funzionamento dei numeri, abbandonandosi alla violenza
dello sguardo.
Un macello in un circo e viceversa.
I problemi che hanno nutrito la ricerca non appartengono solo al teatro, ma alla pittura, alla scultura e
tutte le arti che intendono, sapendo di fallire, modificare o reinventare il mondo.”
Vincenzo Schino
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rolando paolo guerzoni
OPERA
trio
rolando paolo guerzoni
MISTERIOSO CONCERTO
TEATRO VALDOCA
Sabato 22 luglio ore 24.00
Domenica 23 luglio ore 22.00 e ore 24.00
Centrale Idroelettrica di Fies - Sala di Comando
Durata 50 minuti
Direzione Cesare Ronconi
Versi Mariangela Gualtieri
Coprodotto da Teatro Valdoca, Assalti al Cuore Festival di Musica
e Letteratura, l’arboreto mondaino, Teatro A. Bonci di Cesena.
Con Mariangela Gualtieri, Dario Giovannini e Muna Mussie
Musiche dal vivo composte ed eseguite da Dario Giovannini
Ricerca del suono Luca Fusconi, Dario Giovannini, Cesare Ronconi
Scena e luci Cesare Ronconi
Ricerca video e proiezioni Simona Diacci
Abiti Malloni
Oggetti di scena Patrizia Izzo
Fonica Luca Fusconi
Macchinista Federico Lepri
Segreteria Mariaconcetta Mercuri
Organizzazione Morena Cecchetti e Emanuela Dallagiovanna
Con il contributo di Ministero per i Beni e le Attività Culturali,
Regione Emilia Romagna e Provincia di Forlì-Cesena.
Vorrei entrare nella musica dei miei versi e tenere le parole nel loro stato di nascita. Impresa che pare
semplice ed è invece immensa. Vorrei entrare negli abissi della voce, nei miei otto anni, nei secoli
della mia voce, entrare in quell’antico respiro, nell’antica fiamma che ha tenuto vivi altri.
E non per virtuosismo (la mia voce è davvero piccola), quanto piuttosto per caduta, per visitazione,
per sprofondamento. Siamo nel reame della sottigliezza, cioè su scala astronomica, lì dove uno spostamento di millimetri cambia l’orbita di una cometa.
Abbiamo sostato a lungo sull’ascolto, sul sodalizio fra parola e musica, fra parola e silenzio, in un’attenzione plenaria a ciò che portava Clemente Rebora a scrivere: “e non sapendo ero certo/ del misterioso concerto”. Abbiamo attraversato una miriade di suoni e poi lasciato quasi tutto. Quasi tutto.
Ancora devozione per la parola. Con la certezza che sia così necessario pronunciare, rifondare la
lingua, far vibrare particelle sensibili in quel misterioso contagio che è la commozione: non per visione
esibita di un pezzo guerreggiato di mondo, ma per un pugno di parole, comuni parole che dicono di
noi, vivi adesso, in questo presente, in questo comune destino. Il concerto, che nasce come duo, debutta qui nella versione a trio, con l’entrata di Muna Mussie, attrice presente in tutti gli ultimi lavori della
Valdoca. Il suo corpo ha un sigillo antico, coniuga infanzia e vecchiaia in una bellezza forte e armonica.
La sua voce che si leva in un’unica nota ripetuta, pare il calco esatto di quel corpo: è canto e lamento,
grido e richiamo, proviene anch’essa da lontananze mitiche e del mito conserva tutto il mistero.
Cesare Ronconi ha guidato noi tutti come direttore d’orchestra, come maestro di canto interiore, lasciando da parte l’esuberanza dei corpi in movimento. Ci ha richiamati spessissimo ad una presenza
piena, alla dedizione, alla libertà (stati difficili da tenere insieme).
Tutto per ‘fare cuore’ con chi ascolta, farsi suo talismano. Misterioso Concerto continuerà a replicare
in queste sue due versioni: il duo per voce e pianoforte, e il più teatrale trio.
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CORPUS HOMINIS
PAOLA BIANCHI
Martedì 25 luglio ore 23.00
Centrale Idroelettrica di Fies - Sala Turbina 1
Durata 60 minuti
Rappresentiamo il tempo della ragione minima e
della distruzione massima.
Ulrich Beck
Anteprima
Ideazione e coreografia Paola Bianchi
In scena Alessandro Bedosti, Matteo Bologna, Matteo
Garattoni
Musiche originali Fabio Barovero
Disegno luci Fabio Sajiz
Organizzazione Chiara Gallazzi
Una produzione Agar, Torinodanza, Regione Piemonte
in coproduzione con drodesera > centrale fies, Teatro
Petrella - Emilia Romagna Teatro Fondazione
in collaborazione con Città di Ebla
federica giorgetti
Si ringrazia Cango Cantieri Goldonetta, l’arboreto,
Raum, Blusuolo centro arti performative,
Cristina Riccati, Silvia Parlagreco, Veglie in volo
Il lavoro parte da una riflessione sul corpo come
luogo in cui si inscrivono i rapporti di dominio
e di subordinazione. Sulla scena tre danzatori
uomini.
Corpi maschili, per il loro essere vittime predilette di se stessi.
corpi medicalizzati, misurati ed esibiti.
corpi in-formati, disciplinati, colonizzati, omologati. corpi docili.
invalidi della civilizzazione
Corpi senza corpo.
Ogni società parla di corpi, li plasma, li orienta, li
segna, li adorna, li disciplina, li celebra, li riduce
a ragione.
STILI DELLA CARNE
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KYTOS in potere
odissea dell’immobilità # 3
PAOLA BIANCHI
Mercoledì 26 luglio ore 19.00
Centrale Idroelettrica di Fies - Sala Mezzelune
Durata 45 minuti
Di e con Paola Bianchi
Creazione sonora Alessandro Bartolucci, Paola Bianchi
Tecnico di scena Francesco Nistri
Realizzazione scenografia Renato Ostorero
Sguardo esterno Katjuscia Fantini
Produzione Agar, Festival Crisalide, l’arboreto di Mondaino, Città di Ebla
Si ringrazia Controluce, Yann Gioria, Francesco Renzi
#3
Kytos Ô cellula
in potere Ô traduzione dall’antica locuzione di origine germanica “à bandon”, da cui deriva il francese
“abandonner”, da cui a sua volta deriva l’italiano “abbandonare”.
Divisione/separazione/abbandono/distacco
“Ora sono come tutti: unico, inequivocabilmente unico, unico e solo, solo come tutti voi”.
Mauro Covacich - Anomalie
Due mezze gabbie.
Due metà separate presuppongono un’unità.
Due metà gemelle presuppongono un’identità.
Non c’è unità.
Non c’è identità.
Kytos segue una linea che punta verso il nulla, verso la spersonalizzazione per inutilità.
Impossibilità di scambio: la figura è azione o occhi, spettacolo o spettatore.
La sua è una lenta progressione verso lo sguardo, verso l’attesa, una camminata diretta alla rinuncia
dell’azione.
Essere “libero”: sentimento spaventoso ed eccitante al tempo stesso.
Pianto e misura. Riso e disordine.
Una scrittura di senso dello stare più che vera e propria drammaturgia.
Kytos è la terza tappa del progetto Odissea dell’immobilità, liberamente ispirato alla “Trilogia della città
di K” di Agota Kristof.
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maurizio roatta
Organizzazione Chiara Gallazzi
CHRÓNOSHOMO
odissea dell’immobilità # 4
esercizi
PAOLA BIANCHI
Lunedì 24 luglio ore 22.00
Centrale Idroelettrica di Fies - Galleria Trasformatori
Durata 50 minuti
Prima nazionale
Di Paola Bianchi
Con Alessandro Bedosti, Matteo Bologna, Matteo Garattoni
Produzione Agar, Torinodanza, drodesera > centrale fies
tidiano, del lavoro fisico personale, singolo.
Della parola chrónoshomo, greca e latina insieme, mi diverte l’assonanza con cromosoma,
il luogo in cui hanno sede i geni portatori dei
caratteri ereditari, così come in questi esercizi
ha origine il mio studio sul corpo, una sorta di
mappa genetica del movimento.
Chrónoshomo è la quarta tappa del progetto
Odissea dell’immobilità, liberamente ispirato alla
“Trilogia della città di K” di Agota Kristof.
federica giorgetti
Chrónoshomo, il tempo della macchina uomo.
il corpo come macchina in costrizione.
laboratorio anatomico. il corpo si misura con se
stesso.
non c’è volontà di espressione, di comunicazione.
la forza lavoro del corpo danza nell’immobilità,
nella variazione di tensione, nella lentezza forzata, nella ripetizione incessante.
ricerca della perfezione nell’imperfezione del corpo.
esposizione dello studio, di un allenamento quo-
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ORTHOGRAPHE DE LA PHYSIONOMIE
EN MOUVEMENT
Spettacolo per camera ottica
ORTHOGRAPHE
Venerdì 21 luglio dalle 20.00 alle 20.30 e dalle 22.30 alle 00.15
Sabato 22 luglio dalle 20.00 alle 20.30 e dalle 22.30 alle 00.15
Centrale Idroelettrica di Fies - Sala Mezzelune
Durata 25 minuti
Soggetto Orthographe (Francesca Amati, Sonia Brunelli, Angela Longo, Sabrina Maggiori, Alessandro Panzavolta)
Regia e camera ottica Alessandro Panzavolta
Con Angela Longo, Roberta Galassini, Sara Casotti, Valentina Parmigiani
Tecnico in scena Francesca Pambianco
Produzione Orthographe, Inteatro_Teatro Stabile di Innovazione, la Biennale di Venezia
Con il sostegno di Regione Marche - Assessorato alla Cultura, Progetto Interregionale “quattro regioni al centro
della scena”
In collaborazione con Comune di Forlì - Assessorato Politiche Giovanili
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m. galvani
Il luogo di origine dell’immagine è uno spazio chiuso dove la visione viene messa in scena; il linguaggio dello spettacolo condivide con questo luogo la mancanza di parola e la presenza persuasiva dell’immagine pura. Il meccanismo della visione diviene macchina teatrale, si assiste alla generazione di
immagini in bilico tra la stasi tensoriale e il movimento, tra la possibilità di essere discorso e l’assenza
di narrazione, ciò che non è ancora comprensibile è già iconograficamente riconoscibile.
Orthographe de la physionomie en mouvement richiama le immagini de la Iconographie photographique de la Salpêtrière, gli album fotografici editi a partire dal 1877 sotto la supervisione del neuropatologo Jean-Martin Charcot. La documentazione era prodotta nella camera di posa del gabinetto fotografico ospitato nella clinica; i soggetti ritratti negli album sono per lo più figure femminili, internate nel
“quartiere delle epilettiche” alla Salpêtrière dove il professor Charcot teneva le sue lezioni dimostrative
sull’ipnotismo e la grande hystèrie, dando vita a veri e propri spettacoli-performance con le giovani
donne come attrici. Una galleria di corpi in pose plastiche misurate e riproducibili, queste mute icone
presto lasceranno il teatro anatomico della Salpêtrière per prendere posto nei fotogrammi delle prime
pellicole cinematografiche.
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Intervista a sonia brunelli
di Tommaso Pasquini
crushsite.it
Se c’è un artista capace di vestire alla perfezione il tema scelto per l’edizione 2006 del
festival Drodesera, questa è Sonia Brunelli, la
coroginnasta della Stoa, scuola di movimento
della Societas Raffaello Sanzio. E prima ancora
che dai suoi spettacoli, o meglio dalle sue azioni
sceniche, e quindi dalla sua arte, lo si capisce
dalla sua persona, rintracciata in sella a una
bicicletta lungo le
colline forlivesi in
un caldo pomeriggio di luglio,
quando anche
il più cordiale
dei romagnoli
rinuncerebbe alla
rinomata bonomia per mandare
a quel paese uno
sconosciuto che
incomincia a fare
domande. Sonia
invece ti risponde con un ciao
tanto energetico
da farti dubitare
della forza propulsiva sfruttata
dalla ragazza
per muovere la
bicicletta: “pedala
con la voce” pensi, mentre te la
immagini in sella
alla mountain
bike che a poco
a poco decolla
da terra e sfiora
le chiome degli
alberi, come nella
famosa scena del
film di fantascienza che ai coetanei
di Sonia (1976)
ha fatto scoprire il cinema.
“Ancora è troppo presto - ci rassicura scherzando- aspettate almeno il mio prossimo lavoro, lì
probabilmente, se tutto continua ad evolversi
come è successo finora nelle mie azioni, troverò
il modo di mettere le ali”.
Per volare dove?
Non aspettatevi una risposta precisa. Sonia
Brunelli non ce l’ha: è ancora in un quella fase
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acerba della ricerca artistica in cui corpo e anima soggiacciono agli slanci del talento, senza
la possibilità, ancora, di controllarlo totalmente.
E proprio questo la annovera di diritto tra gli
adolescenti.
“Ci sono notti che proprio non dormo, per il mio
continuo interrogarmi: capire cosa sto facendo
e poi spiegarlo, esprimerlo. In qualche modo inquadrarlo ma non
in quello che già
c’è, ma in qualcosa che ancora
deve venire”.
E intanto, fragile, lei agisce,
produce: prima
di tutto perché
non può farne a
meno, e poi perché in ogni nuova
creazione trova i
presupposti per
la prossima:
“Nel mio primo
lavoro, Encefalo
(2004 ), rimanevo
immobile per 15
minuti sulla sedia
con le mani sulle
ginocchia, su un
piano bidimensionale perché non
facevo movimenti
nello spazio.
In Umo (2005)
(secondo premio
l’anno scorso
al Premio Internazionale della
Performance)
la scelta è stata
invece quella di
muoversi solo in
senso orizzontale, senza inserire la componente della verticalità:
la figura era sdraiata al suolo per venti minuti
e si muoveva su tutta la superficie del palco in
modo circolare. In Doma, l’ultimo spettacolo preparato durante la residenza alla centrale di Fies
in maggio, ho inserito sia la componente del
movimento al suolo, che quella della verticalità”.
Di questo passo, come continuano a ripeterle i
suoi collaboratori, nei prossimi tentativi riuscirà
sicuramente a volare.
Se sola in mezzo al palco come è accaduto per i
tre lavori fin qui realizzati, o in compagnia di altri
attori, è ancora un mistero, “…nel nuovo lavoro
che sto preparando in effetti cambierà qualcosa,
addirittura penso che resterò fuori io dalla scena, come occhio esterno: anche se non è facile,
ho notato che faccio ancora fatica; d’altronde,
quando sei abituato a stare totalmente dentro
per trenta minuti…”.
Non lo è nemmeno, fra l’altro, trovare chi riesca
a giocare con lo spazio disegnando col corpo
delle linee perfette come sa fare Sonia (grazie
ad una particolare preparazione atletica) che
non per niente è una coroginnasta, cioè “…un
atleta in grado di guidare in modo corale un allenamento fisico di particolari esercizi ginnici”, all’interno di una scuola come la Stoa di Cesena,
“scuola di movimento, di danza e filosofia”, dove
vengono letti testi scelti legati al tempo e al movimento del corpo. Sonia Brunelli vi è approdata
partendo dalla ginnastica artistica, passando per
gli studi di scenografia, mentre il suo particolare
linguaggio artistico, fatto di scomposizioni della
corporeità e fughe prospettiche, prendeva vita a
poco a poco, frutto di varie ispirazioni.
“…in particolare la storia dell’arte, visto che i
miei lavori, Doma soprattutto, partono dalla tra-
sformazione del corpo, caratteristica che ben si
sposa con il tema dell’adolescenza (intesa come
metamorfosi, passaggio, trasformazione), scelto
quest’anno per il festival”.
Doma è uno spettacolo nato da una prima
esigenza: quello di andare alla ricerca del tratto
animale, creando una sorta di enciclopedia dei
movimenti, e focalizzando il movimento sugli arti
superiori e inferiori. “Per dar vita a questa azione
mi sono chiesta cosa c’è in comune tra uomini
e animali: carne, nervi, scheletro. Alla fine, dopo
un lungo lavoro, sono riuscita a sintetizzare delle
forme che mi soddisfano”. Racchiuse in una
serie di figure che si succedono nell’arco di una
mezz’ora grazie ad alcuni punti di riferimento,
delle vere e proprie combinazioni di coordinate, piani, angoli, disegni che l’artista usa come
spartiti musicali su cui leggere una particolarissima melodia.
Ma nel futuro di Sonia Brunelli non ci sono solo
nuove azioni, anzi:
“Prima di tutto ho intenzione di fondare una
scuola nomade di movimento, fra l’altro dedicata
proprio agli adolescenti: una realtà non radicata in una sola città ma capace di svilupparsi in
luoghi diversi. Cominciando, per esempio, da
Siracusa e risalendo via via verso nord tra una
residenza e l’altra (magari toccando anche Dro)”.
Intervista a SILVIA CALDERONI
di Claudia Gelmi
gianluca zannoni
Silvia Calderoni è giovane, nuova ed interessante performer di un teatro che parla attraverso il corpo quale estensione di una parola
che sembra non bastare più: è metamorfosi
vivente, mutante in divenire, trasformazione
e travestimento del sentire umano e animale
rappresentato. Silvia esce da
poco da quella prolungata fase
adolescenziale che caratterizza
la generazione dei giovani di
oggi: “generazione televisiva”, la
chiama giustamente lei, “che ha
imparato la metamorfosi anche
dalle immagini proposte e subite
durante lunghe sedute di fronte
al teleschermo”. Silvia esce ora
dall’età dell’evoluzione per antonomasia, ma il
suo essere camaleontico non pare volersi fermare unitamente alla conclusione di un percorso
vitale: si carica invece di energetico vigore, forza
caratteriale, e matura consapevolezza. Così vien
da chiedersi se il mutamento appartenga davvero solo ad un’età specifica, oppure all’intero
processo umano. “Io vivo di metamorfosi in ogni
istante, e vorrei fosse così anche per tutti coloro
che invece ad un certo punto della loro vita
si fermano, smettono di evolvere e di cercare
- continua Silvia -. Per me il
mutare è qualcosa che inizia nel
momento in cui si nasce e che
continua fino alla morte, in un’assidua tensione verso la felicità
e lo stare bene con se stessi e
con gli altri”. La trasformazione è
certo una caratteristica prioritaria
di chi fa il mestiere dell’attore,
ma non può prescindere dall’essere umano in generale, pena il suo fallimento
esistenziale.
L’abbiamo vista dare voce attraverso il corpo
alle parole lacerate di Mariangela Gualtieri nella
trilogia del teatro Valdoca “Paesaggio con fraFIES 45
tello rotto”, facendosi animale violentato, uomo
o donna rotti e martoriati dal male. L’abbiamo
vista interpretare per Tbc la rappresentazione
fisica di alcune icone della contemporaneità in
“Iconology 04”, così come abbiamo guardato
affascinati i suoi intriganti travestimenti durante
le serate del festival. La vedremo quest’anno
disperare, trasformarsi e autoflagellarsi nella
ricerca di un’identità sessuale mai definita in
“Rumore rosa” dei Motus. L’evoluzione artistica
di Silvia Calderoni è riuscita ad andare oltre
l’idea di una distinzione tra i sessi maschile
e femminile, tra gli esseri umano e animale,
giungendo a rappresentare un’identità di genere
trascendente da ogni categorizzazione. L’evoluzione artistica corre spesso di pari passo con
l’evoluzione umana, per cui nel caso dell’attrice
romagnola arte e vita si confondono e si alimentano a vicenda: “le mie performance sono legate
senz’altro ad un progetto registico di proposta
dell’immagine di me stessa più che della mia
persona, ma non riuscirei mai ad interpretare
un’altra da me. Benché ciò che passa sulla
scena non sia io, ma un personaggio, rimane
sempre un forte e radicato legame a ciò che
sono e che sento”. Il suo essere sulla scena si
rivela così chiara espressione della relazione
tra il mutamento fisico e psicologico, per cui il
corpo diventa non solo estensione della parola,
ma inevitabilmente anche del pensiero e del
sentimento: il suo corpo in azione è parola gridata senza la voce, è gemito soffocato, è pianto,
e anche dolce sorriso.
Forse è un dono naturale, questa fisicità di
Silvia che oltrepassa il femminile e il maschile,
l’umano e l’animale, la nudità e il travestimento,
per scavare dentro la ricerca dell’essenza, del
nucleo di un sentire universale, per poi ritornare
a se stessa e al pubblico manifestando un non
detto che si fa parola nell’espressione. Certo
a monte si collocano un importante studio
registico di autori che riescono sapientemente
a valorizzare questa rara e originale dote, ed un
faticoso impegno da parte di Silvia a mettersi
completamente in gioco e ad essere e apparire
attraverso il suo corpo: “ho sempre lavorato per
mettere in evidenza la mia ambiguità e cavalcare
in un certo senso la forza dirompente della mia
immagine androgina e trasformista, e lo spazio
scenico è l’unico luogo dove questa caratteristica assume potenza, non deve essere spiegata,
soprattutto può essere espressa liberamente,
senza restrizioni né costrizioni”.
Silvia Calderoni incarna dunque alla perfezione
le tematiche di drodesera > centrale fies 2006,
dedicato quest’anno proprio all’”arroganza della
metamorfosi” e all’età inquieta dell’adolescenza,
ma anche a se stesso, e a tutti coloro che si
sentono, come lui, e come Silvia, un incessante
work in progress.
gianluca zannoni
“Ho sempre desiderato che nella prima
intervista che avrei
rilasciato comparisse anche il nome
di mio padre: mi
piacerebbe lasciare
il suo nome, Cesare,
stampato sulla carta,
in modo che non sia
spazzato via dalla
storia, che ne rimanga in qualche modo
una traccia visibile,
anche quando non ci
saremo più”.
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Progetto motus&fassbinder
una docu-fiction su Piccoli Episodi di Fascismo Quotidiano
presentazione dell’installazione e del progetto di un DVD
MOTUS
Dopo Pasolini, l’ultimo e disperato Pasolini di Petrolio e Salò, abbiamo deciso di dover continuare, con la stessa urgenza, a ri-percorrere un passato che si fa sempre
più recente.
Partendo dal presupposto che Hitler non è così lontano, come lo spettro del nazismo e della epurazione razziale… (“Hitler è sopravvissuto” veniva detto anche in
Twin Rooms…), stiamo lavorando ad un progetto che va a scavare dentro una serie
di scomodi rimossi. Continuiamo a confrontarci con un autore, R.W. Fassbinder,
che ci parla a suo modo del qui ed ora, dei piccoli episodi di fascismo quotidiano
che tutti subiamo nella più assoluta noncuranza. Nel silenzio. Sottovetro. Come
animali da laboratorio.
Fassbinder, che ha sempre indagato le dinamiche servo-padrone ed i sottili meccanismi di condizionamento, era dunque inevitabile, come ineluttabile era entrare
nell’immaginario straziante del suo universo filmico. Nel 2005 abbiamo dato avvio a
un progetto intitolato “PICCOLI EPISODI DI FASCISMO QUOTIDIANO”, che viene
sviluppato per episodi/eventi unici, è liberamente ispirato all’anomalo testo teatralecinematografico “PRE-PARADISE SORRY NOW”(1969)
Accanto alla tournée dello spettacolo Piccoli Episodi di Fascismo Quotidiano, infatti,
abbiamo dato avvio ad un interminabile Video-catalogo di descrizioni di “piccoli
episodi di fascismo quotidiano”. Chiediamo a giovani e persone che incontriamo
nei luoghi e nelle città in cui lavoriamo di raccontare in prima persona, davanti ad
una telecamera, una loro personale, significativa, esperienza - anche come sfogo e
denuncia - di un atto di intolleranza od abuso subito od a cui hanno assistito. Chiediamo di filmare il racconto sempre in luoghi di confine, periferici e di passaggio:
terrain-vagues.
Abbiamo raccolto materiali a Ancona, Volterra, Bologna, Mondaino e sono emerse
storie interessanti, in cui è evidente il relativismo che il termine “fascismo” oggi
assume; questa parola, ha perso il connotato politico e diventa spesso sinonimo di
offese e piccole prepotenze percepite come ingiuste, azioni asimmetriche e autoritarie, il più delle volte subite da colui che racconta.
Il nostro intento è quello di far convergere le riprese di questi racconti in un DVD e
in una videoinstallazione che potrà essere presentata o parallelamente ai Piccoli
Episodi di Fascismo Quotidiano o come lavoro indipendente dagli spettacoli.
(Alcune immagini del backstage per i filmati al Workshop di Ancona)
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12 EASY WALTZES
Martedì 25 luglio ore 21.00
Mercoledì 26 luglio ore 23.00
Centrale Idroelettrica di Fies - Sala Turbina 2
Durata: 45 minuti
Interpretato da Michèle Anne De Mey e Grégory Grosjean
Ideazione Michèle Anne De Mey, Grégory Grosjean, Agnès Quackels, Stéphane Olivier, Eric Faes
Costumi Frédéric Denis e Lorraine Frennet
Luci Simon Siegmann
Una creazione di la Cie MADM / Astragale asbl con il sostegno del Ministère de la Communauté Française
Wallonie-Bruxelles - Service de la Danse, di CGRI e di Wallonie Bruxelles Théâtre. Con l’aiuto di Le Botanique
- Bruxelles (B), dell’Hippodrome de Douai (F) e del Théâtre de l’Octogone (CH). In collaborazione con la Ferme du
Buisson (F)
Una produzione Charleroi-Danses, Centre Chorégraphique de la Communauté française
E’ un appuntamento imperdibile quello con l’ironia e la leggerezza dei 12 piccoli valzer di Michèle
Anne De Mey. Un incontro magico tra un uomo e una donna che attraverso il ballo giocano, scherzano, si stordiscono e si divertono insieme.
Michèle Anne de Mey, grazie anche all’esperienza della compagnia Rosas, è tra gli artisti che hanno
influito maggiormente sull’evoluzione della danza contemporanea europea, e oggi è condirettrice
dell’importante centro di Charleroi Danses, in Belgio. Pur conoscendola, è quasi una sorpresa vederle
creare uno spettacolo delizioso e semplice come i 12 piccoli valzer, nel quale viene lasciata da parte
ogni retorica o tradizione sia di questo famoso ballo, sia della danza contemporanea stessa. Eppure
sono entrambe ben visibili. I passi, lo stordimento, l’impegno fisico, l’intesa con il partner del walzer, ci
sono dall’inizio alla fine, ma non è certo un ballo di sala quello a cui assistiamo. L’ironia e la grazia di
Michèle Anne de Mey e Grègory Grosjean inventano dodici modi diversi di eseguire un walzer, magari
anche solo con la mimica del viso… Ed è un piacere ed una scoperta anche ascoltare la colonna
sonora, che ci propone canzoni alle quali magari non si era mai pensato come “walzer”: dal compositore belga Will Tura al cantante francese Christophe, passando per Simon & Garfunkel e per i Velvet
Underground con un superbo I’m sticking with you, in cui i corpi degli interpreti si sostengono letteralmente l’un l’altro.
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herman sorgeloos
MICHÈLE ANNE DE MEY E GRÉGORY GROSJEAN
PROVA D’ASSOLO DAVANTI AL PUBBLICO
COMPAGNIA ABBONDANZA/BERTONI
Domenica 23 luglio ore 21.00
Centrale Idroelettrica di Fies - Sala Turbina 1
Durata 30 minuti
Di Michele Abbondanza e Antonella Bertoni
Con Antonella Bertoni
Usciamo dal quinquennale ciclo tragico del progetto Ho male all’altro. Si dissolve l’immagine finale
di Polis (’05), ultima parte del trittico: figure sfinite, immolate sul terzo altare sacrificale. Dopo questa
completa immersione nel dualismo-antagonismo maschile e femminile e nell’alterità, sentiamo la
necessità di un’atmosfera silente, rarefatta e più intima: come se i riflettori dovessero girarsi (riposizionarsi) dall’esterno verso l’interno, dal fuori al dentro, dall’altro al “sé”.
Immaginiamo un corpo solo abbandonato in scena, seme di una nuova genía, testimone di una fine
e capostipite-superstite di un nuovo mondo. Nelle sue esitazioni e immobilità porterà la sua utopia
e questa darà senso al suo essere in vita, perché esigerà contro ogni evidenza che la vita abbia un
senso. Inizio di un percorso in solitudine, di una nuova partenza, di un attraversamento.
In quel corpo tutti i corpi e la storia dell’umanità tutta: un corpo femminile, quindi, e siccome prima
delle immagini muoiono le parole, la figura umana comparirà innanzitutto come forma, poi eventualmente come portatrice di parole e suoni, attraversante un tempo e uno spazio scenico. In questo suo
essere aura e contorno, cercheremo di capire come l’anima si terrà e si intratterrà in quell’involucro
profondissimo e come con i suoi strappi e silenzi sappia creare il mistero in quella materia che la imprigiona. Materia della stessa sostanza dell’universo (o “dei sogni”, come scriveva Shakespeare), così
abilmente combinata, ma nella quale vorremmo riuscire ancora a percepire, ascoltando attentamente:
il vento, il fiume, la montagna da cui ha avuto origine; i parti che l’hanno generata e che genererà; le
pietre nelle ossa, il sale e il ferro sciolto nelle sue vene. Una forma che, se agitata da profonda passione, potrà trasformarsi, trasformare la sostanza che contiene in ciò che vi è di più diverso e più lontano
da lei.
Presentiamo, a metà strada del processo creativo, le forme trovate.
paolino flore/galleria squadro
Michele Abbondanza
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BARBABLÙ
(Come un piccolo animale senz’anima)
TEATRINCORSO
Domenica 23 luglio ore 23.00
Centrale Idroelettrica di Fies - Sala Turbina 2
Durata 90 minuti
Regia e drammaturgia Elena Marino
Con Catherine > Silvia Furlan, Anna > Martina Scienza, Henriet > Giorgio Maggi, Poitou > Raffaele Eccheli
Collaborazione alla regia Mara Pieri
Scene Gabriella Gasperini
Luci Paolo Dorigatti
Doc. video Federico Scienza
Produzione Teatrincorso
Progetto Contemporanea Teatri
martina scienza
Con il contributo di Provincia Autonoma di Trento, Università degli Studi di Trento, Opera Universitaria di Trento,
C.U.C. - Trento
50 FIES
Tra Storia e favola la vicenda
di Gilles de Rais, il Barbablù
storico, ‘mostro’ evocato ed
atteso che non compare mai, ma
domina la scena.
Uno spettacolo che studia il
cerchio disegnato intorno al
Male, l’intreccio di complicità e
connivenze, analizza le vittimecarnefici che il Male genera
intorno a sé e dalle quali è a sua
volta generato, in un rapporto
simbiotico e circolare senza fine.
Una storia frantumata in un loop
di situazioni quotidiane e bagliori
di surreale violenza.
Azioni compiute per ferire, segnare, affermare in maniera più
o meno palese il dolore, nel suo
significato carnale, dissacrante,
violento e violatore.
Gli uomini e le donne di questo
spettacolo sono vicini a tutti noi.
Sono esseri umani che agiscono
per pura necessità: segnati in
modo indelebile dalla spirale
di relazioni perverse innescata
dalla violenza di Barbablù, essi
non cercano altro che di sopravvivere, in mezzo a distruzione,
ricordi insostenibili, quotidianità
laccata di normalità, violenza
11/10 IN APNEA
TEATRO SOTTERRANEO
Lunedì 24 luglio ore 23.00
Centrale Idroelettrica di Fies - Sala Turbina 2
Durata 60 minuti
Creazione collettiva Teatro Sotterraneo
Teatro Sotterraneo sopravvive come collettivo. Cinque cervelli coabitano una pratica orizzontale che va dalla
progettazione del prodotto scenico alla sua circuitazione.
In scena Sara Bonaventura, Iacopo Braca, Matteo Ceccarelli, Claudio Cirri
Elaborazione drammaturgica Daniele Villa
Musiche originali Lorenzo Piggici
Sound design Stefano Simonelli (Cama Studio)
Falegnameria Gianluca Angelucci, Umberto Bonaventura
P.r. Elena Lamberti
stefano cirri
Prima produzione
di Teatro Sotterrano, 11/10 in
apnea è anzitutto un lavoro di
ricerca teatrale
collettiva, in cui il
gruppo ha lavorato come riduttore
delle complessità,
impostando le
basi di un’estetica
condivisa.
Una parola come
suono e ritmo
prima che significato, una dinamica scenica che è
partitura corale
di azioni gesti e
posizioni codificate. La linearità
stefano cirri
Sotterraneo e
superficie. Microsistema privato
e macrosistema
sociale a confronto. Tre individui
che svuotano uno
spazio e un intruso. Una vicenda
reale attraversata
da incursioni non
reali.
drammaturgica
che man mano si
sfalda a vantaggio
di una suggestione visiva e uditiva.
Niente di quanto
accade nella rappresentazione è
semplice presenza, qualsiasi elemento - verbale,
fisico, oggettistico
- consuma tutto
il suo potenziale
prima di scomparire dalla scena.
Undici/Decimi,
una matematica
attiva di continuità
e scarti, solitudini
e interdipendenze, precarietà e
conservazione.
Dopo lo spettacolo saranno
disponibili (in
consultazione)
alcune copie del
Dossier 11/10 in
apnea, scaricabile dal sito www.
teatrosotterraneo.
it nella sezione
download.
FIES 51
websuicide.com
mockumentary
GERARDO LAMATTINA
Da venerdì 28 a domenica 23 luglio
Centrale Idroelettrica di Fies - Galleria Trasformatori
Work in progress nato dal laboratorio con un gruppo di ragazzi dai 16 ai 18 anni.
Nell’ottobre 2005 in una desolata alba autunnale 5 ragazzini giapponesi ad Aokigahara nella prefettura
di Akita, si sono chiusi dentro un’auto, e dopo aver convogliato il gas di scarico con un tubo dentro
l’abitacolo, hanno sigillato ermeticamente i finestrini, hanno acceso il motore, poi lo stereo, con una
playlist concordata in precedenza, ed hanno atteso...
Non si conoscevano tra di loro, si erano dati appuntamento via internet e l’auto era della mamma di
uno di loro...
Peace & Love
vivavivalutopia
P A R T Y !?
Domenica 30 luglio ore 24.00
Centrale Idroelettrica di Fies - Lounge Factory
Dj Set Trinity, Tiffany e altri ospiti a sorpresa
Vj Set DDR (democratic digital recordings)
Live performance Silvia Calderoni
Ideazione e site specific Gerardo Lamattina
Il mondo è in mano a pochi potenti capitalisti spregiudicati guerrafondai estremisti e fondamentalisti
e le guerre uccidono ogni giorno centinaia di persone innocenti, in aggiunta il cane del tuo vicino ti fà
sempre la pipì sul pianerottolo, e allora
BASTA
Su la testa, sursum corda e vaffanculo il cane del vicino, abbasso le guerre, il capitalismo e pure il
capitale!!
Mettiamo dei fiori nei nostri cannoni e spariamo addosso a questo becero inizio secolo, ai petrolieri
arrembanti, ai suvisti° stronzi, a quelli che vogliono ancora il nucleare, a quelli del capitalismo dal volto
umano, a quelli che costruiscono muri per difendere la loro pace, ai globalizzatori che sfruttano i paesi
poveri per arricchirsi, a quelli che “abbasso lo straniero” e a tutta la masnada di furbi e furbetti che ci
attornia.
Balliamoci Su e non pensiamoci più.
Vieni anche tu a portare il tuo utopico messaggio°° di pace& amore, e di speranza per un futuro migliore.
Firmato Candide
° SUV:acronimo di Superbi Umani al Volante, da cui il neologismo “suvisti”
°° Il messaggio più utopico verrà premiato con un regalo a sorpresa
52 FIES
drodesera > centrale fies 2006
Centrale Idroelettrica di Fies
INCONTRI con GLI AUTORI
con aperitvi offerti da: Azienda Agricola Cesconi, Azienda Agricola Gino Pedrotti,
Azienda Agricola biologica Molino dei Lessi, Azienda Agricola Pravis
Domenica 23 luglio
Galleria Trasformatori - ore 19.00
Cesare Ronconi - “Officina Valdoca”
Ingresso gratuito
Lunedì 24 luglio
Galleria Trasformatori - ore 19.00
Valentina Valentini e Motus - “Il teatro di fine millennio”
Giovedì 27 luglio
Galleria Trasformatori - ore 19.00
Letizia Renzini - “Balletti”
Sabato 29 luglio
Galleria Trasformatori - ore 18.00
Incontro con Claudia Castellucci
domenica 30 luglio
Galleria Trasformatori - ore 18.00
Rodrigo Garcia e Elena Franceschini - “La coscienza violata”
ONLINE FESTIVAL/B-FIES
www.drodesera.it
www.b-fies.it
Segui drodesera > centrale fies in
Internet, attraverso:
il progetto-reportage ONLINE FESTIVAL:
ogni giorno video, fotografie e numerose
interviste dagli spazi della centrale.
Interviste virtuali a cura di Isabella Santacroce, una delle più importanti scrittrici
del panorama italiano contemporaneo.
B-FIES: una galleria on-line aperta a
performance ed esposizioni multimediali
di artisti e compagnie teatrali ospiti della
centrale, con due estratti video di Fanny
& Alexander e Zapruder Filmmakersgroup, la mostra fotografica GEOGRAFIA PRIVATA di Federica Giorgetti, e
molto altro ancora.
FIES 53
PARCO DELLA CENTRALE
LOUNGE FACTORY
DJ Trinity è la sensuale e cupa sacerdotessa
dell’electroclash più estremo.
Regina dell’ambiguità sa abbagliare il proprio
pubblico con la sua competenza, potente, sensuale che vibra di un inimmaginabile allegria e
sfacciato erotismo.
Propone una miscela originale improntata sulla
revisione elettronica e minimalista, regalando
un suono nero ed elegante. Suona e realizza i
suoi set tra installazioni artistiche d’avanguardia,
centri sociali e club alla page della riviera.
A lei e a i suoi ospiti saranno affidate le notti nel
parco della Centrale di Fies.
www.djtrinity.it
DJ TRINITY AND GUEST
Venerdì 21 luglio
Film soundtrack @1
Sabato 22 luglio
Madonna Vs David Bowie
Lunedì 24 luglio
Italian style
Martedi 25 luglio
Trip-hop
Mercoledì 26 luglio
Electro-wave
Giovedì 27 luglio
Film soundtrack @2
Venerdì 28 luglio
Indie-pop
Sabato 29 luglio
’80-’90
Domenica 30 luglio
Peace&Love Party (vivavivalutopia)…
Domenica 23 il dopo festival con DJ Trinity e
guest star farà una pausa per lasciare spazio a
due Dj d’eccezione del panorama trentino:
Dj Fabio e Dj Elfo si alterneranno ai piatti per
una notte davvero speciale.
LOUNGE ZONE
Un parco all’aperto, uno spazio notte, una
LOUNGE ZONE.
Il luogo sereno dove rilassarsi, chiacchierare del
visto e del non visto, incontrare gente conosciuta e sconosciuta assieme agli artisti che compongono le ardite schiere del festival.
54 FIES
Le ultime frontiere dell’electroclash e uno
speciale programma gastronomico capace di
trascinarci nel piacere del gusto, nella sensualità
di un sapore che viene da lontano sconfinando
nella naturalità più legata alla terra che solo i
prodotti biologici sanno regalare.
Ad arricchire le già sperimentate e conosciute
offerte fast/culinarie presenti ai due opposti lati
del Parco, due nuove proposte per coccolare il
nostro pubblico più esigente: l’appuntamento
sarà per il 21 e il 24 luglio con Andrea Pregl
della Locanda Elda, da percorsi lontani e misteriosi arriva nelle sue sapienti mani l’arte di saper
dosare spezie e profumi, in equilibrio magico
e perfetto. Dal 25 al 28 luglio Claretta Moscon
preparerà con enorme cura piatti vegetariani
realizzati con prodotti biologici e naturali, dal
sapore semplice ma ricco di sfumature.
Accademia degli Artefatti, Marco Bagnoli, Sonia
Bergamasco, Elisa Biagini, Eugenio Borgna,
Sonia Brunelli, Daniele Albanese, Dario Buccino,
Jonathan Burrows, Giacomo Calabrese, Francesco
Canavese, Enzo Fileno Carabba, Agata Carbone,
Roberto Carifi, Vincenzo Carta, Roberto Castello,
Claudia Castellucci, Romeo Castellucci, Annalisa
Cattani, Luigi Ceccarelli, Alessandro Certini,
Compagnia Virgilio Sieni, Company Blu,
Contemporartensemble, Enzo Cosimi, Daniela
De Lorenzo, Claudia De Venuto, Francesca Della
Monica, Marco Di Bari, Michele Di Stefano,Luca
Di Volo, Alba Donati, Patrizio Esposito, Silvia
Fanti, Matteo Fargion, Flavio Favelli, Daniele
Fusi, Francesco Giomi, Raffaella Giordano,
Marina Giovannini, Yasmeen Godder, Habillè
d’Eau, Julyen Hamylton, Sioned Huws, Jóhan
Jóhansson, Kinkaleri, Vasif Kortun, Koegel Kurt,
La Ribot, Lische, Sandro Lombardi, Paolo Maccari,
Gabriele Manganiello, Marcido Marcjdoris e
Famosa Mimosa, Mirko Mariottini, Peter Maxwell
Davies, Marco Mazzoni, Manuela Menici, MK,
Ermanna Montanari, Liliana Moro, Motus, Andrea
Nanni, Massimo Nannucci, Lisa Nelson, Steve
Noble, Odin Teatret, Erna Omarsdottir, Lorenzo
Pallini, Margherita Pascucci, Steve Paxton, Cesare
Pietroiusti, Francesca Proia, Silvia Rampelli, Letizia
Renzini, Cristina Rizzo, Gabi Scardi, Zineb Sedira,
Socìetas Raffaello Sanzio, Tancredi, Tempo Reale,
Federico Tiezzi, Grazia Toderi, Sandra Tomboloni,
Mark Tompkins, Benjamin Vandevalle, Frida
Vannini, Massimo Verdastro, Versiliadanza, Sara
Wictorowicz, Anna Williams, Charlotte Zerbey.
C A N G O
C a n t i e r i G o l d o n e t t a F i re n z e
d i r e z i o n e a r t i s t i c a Vi r g i l i o S i e n i
via Santa Maria 23/25 - 50125 Firenze
tel.+ 39 0552280525 - fax + 39 055222377
[email protected] - www.cangi.fi.it
FIES 55
Dro Wanderungen
Viaggio attraverso i segreti di una terra
Non è mai cosa agevole, nemmeno per il viaggiatori più attento, stabilire “quando” si è arrivati,
che le mete, non sempre son segnate con precisione sulla mappa del nostro esistere.
Ma c’è un punto preciso, sulla strada che
scende da Trento, dove sai con certezza d’esser
giunto a Dro. Tra due ampie curve, dietro le
fronde del pino nero e con il castello di Drena
stagliato contro le cime del monte Bondone,
improvvisamente la vista si allarga sulla valle di
Dro
Nella sua guida turistica di metà 800, il dottor
Kuntze, medico ufficiale del “Kurort” della vicina
Arco, magnificava il vino di Dro, specialmente
quello”Santo” e ricordava la necessità del “
camminar pei campi”, quale integrazione alle
sue cure.
E se il viaggiatore fa parte del grande popolo dei
teatri, l’arrivo nella valle per l’edizione 2006 di
Drodesera può essere l’occasione per una vacanza diversa, in grado di offrire consolazioni di
eccezionale livello anche all’anima “enologica”
di chi la sceglie. Val la pena dunque di passare
dagli amici dell’Azienda agricola Pravis di Lasino, da raggiungere con una breve escursione
in Val di Cavedine, appena passato il Castello
di Drena. Là sono coltivate le vigne del Müller
Thurgau e del Syrah là nascono gli uvaggi misteriosi che dan corpo a vini di livello superiore.
Una visita alla Pravis è un iniziatico viaggio nella
cultura del vino trentino.
Luogo di incontro e fusioni di particolarissime
condizioni, la valle del Basso Sarca gode di un
dolce microclima: qui è possibile praticare sport
56 FIES
marco miori
E’ la Centrale di Fies che ti accoglie per prima,
la fabbrica idroelettrica di epoca asburgica, oggi
luogo del teatro europeo e “palco centrale” delle
produzioni di Drodesera.
Costruita ad imitazione del sovrastante castel
Drena , si mostra ancor oggi orgogliosa, nella
sua merlata torre, fregiata da un raro affresco
dell’ “Aquila Tyrolensis”. Se alzi lo sguardo la parete del monte Brento sorprende per la crudezza
della sua strapiombante geologica ferita, dalla
quale, in epoche diverse, sono rovinate le frane
che costituiscono oggi le Marocche, un mare di
pietra dal forte segno, oggi biotopo protetto, che
incredibilmente si stempera nei dolci vigneti di
Dro.
AZIENDA AGRICOLA PRAVIS
LASINO (TN) - Via Lagolo
Tel. 0461 564305
Fax 0461 564565
www.pravis.it
E-mail: [email protected]
AGRITURISMO - AGRICAMPEGGIO
MASO LIZZONE
Via Lizzone
38074 CENIGA (TN)
Tel. e Fax 0464 504793
www.masolizzone.com
E-mail: [email protected]
Pian piano, scendendo nella valle, chi è arrivato
a Dro comincia a coglierne l’anima più profonda: un ambiente incontaminato dominato dai
contrasti tipici delle zone climatiche di frontiera,
offre possibilità e combinazioni sempre diverse:
montagna e pianura, bosco e vigneto, fiume e
rocce inaccessibili disegnano un quadro dalle
particolarissime tinte. La valle è un susseguirsi
di ambienti diversi, luogo eletto dell’arrampicata
sportiva, sorprende il viaggiatore per la bellezza
del suo fiume e per le piste ciclabili che unite al
dedalo di viottoli e strade di campagna permettono al viaggiatore di perdersi in una wanderung
ciclistica dal sapore antico. Stop and Go Bike
Shop di Dro è il posto adatto dove rivolgersi per
ogni esigenza: Diego Bortolameotti noleggia bici
di ogni tipo, da quella più sportiva a quella più
cortese e fornisce assistenza attenta e competente.
Nella storia di Drodesera, il rapporto con l’ambiente naturale ha avuto in passato, un posto
privilegiato: per anni gli spettacoli sono stati
allestiti all’aperto, nelle piazze e negli angoli di
Dro e Ceniga, nello scenario arido e affascinante
delle Marocche o sul greto del fiume: il teatro
è vissuto e si è nutrito a Dro anche di questa
dimensione. Un altro modo quindi di vivere intensamente l’esperienza unica di una settimana
a Dro al tempo del festival, è quello di conoscerne meglio l’ambiente naturale. Con i Percorsi
Energetici, nelle mattinate, potrete scoprire gli
marco miori
all’aperto per gran parte dell’anno e arrampicare
sulle vie ferrate, nelle falesie o sulle grandi pareti
del monte Brento fino all’autunno inoltrato. O
più semplicemente percorrere senza pericolo,
una delle tantissime vie che legano Dro alla sua
montagna, dove ancor oggi è possibile ritrovare
il segno della fatica di rubar pane al monte. Ai
piedi di una delle vie scavate nella roccia che
la gente usava per salire “al mont”, in un parco
centenario tra vigneti curati con antica sapienza
familiare, c’è posto per riposare tra le mura del
Maso Lizzone. Per trovarlo basta avviarsi per
una delle tante stradine che dal paese scendono
verso Ceniga, la antica e storica frazione di Dro.
Passato il vecchio ponte di stile romanico sulla
Sarca, una via tra i campi conduce alla meta.
La famiglia Brighenti è pronta ad accogliere il
viaggiatore ed aprire le porte del loro piccolo paradiso. La loro antica casa, un tipico esempio di
maso contadino, è stata restaurata con estrema
cura e i mobili, scelti mai a caso, sono in grado
di comunicare il senso più profondo della parola
“casa”. Una cucina collettiva, attrezzata di tutto
punto e un ridotto numero di stanze, ognuna
con un anima speciale completano la magia.
STOP AND GO
BIKE SHOP
Piazza Trieste, 6
38074 DRO (TN)
Tel. e Fax 0464 544028
E-mail: [email protected]
Hotel Miramonti
Via Cesare Battisti, 13
38074 DRO (TN)
Tel 0464 504335
Fax 0464 504071
www.miramontihotel.info
E-mail [email protected]
FIES 57
marco miori
angoli più affascinanti della valle, i suoi segreti e
le sue magie attraverso escursioni guidate.
Ma se la notte è il teatro e il mattino l’escursione,
a Dro non si resta delusi nemmeno per il pranzo
e per la cena, necessari momenti di incontro
e di conoscenza tra gli ospiti, oltre che delizia
per il palato. E’ possibile infatti assaporare il
gusto dell’autentica cucina casalinga al Ristorante Pizzeria alle Bocce, dove l’accoglienza
è pari alla squisitezza dei piatti, sapientemente
tratti anche dalle ricette tradizionali. Per chi poi
volesse dedicarsi all’antica arte del punto e
della bocciata, attiguo al ristorante è aperto un
moderno bocciodromo, dove tutto è pronto per
permettere agli ospiti ardimentosi cimenti. Se
poi l’ora di pranzo vi coglie dalle parti di Pietramurata, la seconda frazione di Dro, niente paura
l’accogliente Spaghetti Garden è pronto ad
offrirvi sotto la sua fresca veranda pasta fatta in
casa e ottimi piatti di pesce.
E se dopo le notti del teatro e le Wanderungen
del giorno il viaggiatore volesse riposarsi in un
tranquillo ed accogliente Albergo, magari con
una bella piscina dove nuotare e rilassarsi, niente di meglio dell’Hotel Miramonti a Dro, sulla
vecchia strada per Trento.
58 FIES
Tutto il resto la valle lo offre al viaggiatore che
abbia voglia di scoprirne i segreti e che potrà
unire alle notti nella Centrale di Fies, giornate intense, a contatto con il “genius” di un luogo che
riesce ancora a parlare si sé a chi lo sa trovare.
Seguire le indicazioni ed attenzione, tra le due
curve, a quando si intravede il castello di Drena:
siete quasi arrivati.
Alberto Sommadossi
SPAGHETTI GARDEN
Loc. Isoletta, 12
38074 PIETRAMURATA (TN)
Tel. 0464 507350
RISTORANTE PIZZERIA
ALLE BOCCE
Via Zandonai
38074 DRO (TN)
Tel. 0464 504166
Percorsi energetici
C/o Centro Culturale di Dro - Via C. Battisti, 9 - 38074 Dro (TN)
Tel. 0464/504700 - Fax 0464/504733 - Internet www.drodesera.it - E-mail [email protected]
Percorso 1
La via dei monti: sentiero “Crozolam”
Sui sentieri nella roccia dei boscaioli di Dro
Un tempo si andava a far legna sul monte
Anglone e dal Paese partivano sentieri, a tratti
scavati nella roccia, per raggiungere i boschi
alti. Una passeggiata per ripercorrere la fatica
del vivere di un tempo.
Tempo h 2.00
Difficoltà: sentiero attrezzato medio
Attrezzatura: da normale escursione/passeggiata in montagna
Percorso 4
Tra i misteri delle Marocche
A piedi alla scoperta dell’eccezionale mondo
delle Marocche di Dro
Partenza dalla Centrale di Fies, attraversamento
della Valle d’Argento, piccolo passo per il Lago
di Cavedine, con visita al sito “orme dei dinosauri”, rientro a Fies lungo il sentiero “dei bacini”,
sulle tracce delle vecchie strutture idroelettriche.
Tempo: h 2.30
Difficoltà: facile, adatto a tutti
Attrezzatura: da normale escursione
Percorso 2
In fondo alla valle, ai confini dell’Impero
Pedalata per viottoli e piste ciclabili fino ad Arco,
“Kurort” dell’epoca absburgica: ville, Casinò,
monumenti, Borgo medioevale di Stranfor.
Possibilità di salita al castello
Tempo: h 2.00
Difficoltà: facile passeggiata in bicicletta
Attrezzatura: bicicletta, fornita dall’organizzazione
Percorso 5
La via del fiume
Nella parte più suggestiva della Sarca, alla ricerca dei passaggi tra i massi megalitici, tra polle
d’acqua trasparente sulle tracce della storia di
un grande fiume.
Tempo: h 2
Difficoltà: facile, adatto a tutti
Atrezzatura: da escursione con bagno
nino matteotti
In collaborazione con l’Area Ambientale del
Comune di Dro
le foto di dro wanderungen sono di marco miori e nino matteotti / progetto archivio immagine
marco miori
Percorso 3
La via del Castello
Verso il castello di Drena attraverso la via ferrata
nella forra del torrente Salagom
L’escursione verrà effettuata con l’assistenza di
personale qualificato.
Tempo: h 2.00
Difficoltà: ferrata di media difficoltà
Attrezzatura: da escursione con moschettoni e
imbracatura, fornita dall’organizzazione
FIES 59
ALBERGHI e
AGRITOUR
PIZZERIE e
RISTORANTI
Albergo Drena
Ristorante Pizzeria
Via Roma 34, Drena (Tn)
tel. e fax 0464/541100
www.alberhdrena.it e-mail
[email protected]
Hotel Ciclamino
Via Cargadori,
Pietramurata di Dro (Tn)
tel. e fax 0464/507140
www.hotel-ciclamino.com
[email protected]
Garnì delle Rose
Via Arco 34, Ceniga di Dro (Tn)
tel. e fax 0464/504352
[email protected]
Hotel Eden
V.le Trento 2, Dro (Tn)
tel. 0464/504375 fax 504363
www.hoteledendro.com
[email protected]
Osteria dal Lorenzin
Fraz. S.Massenza, Vezzano (Tn)
tel. 0461/340029
www.osteriadallorenzin.it
[email protected]
Ristorante Bar Oliveti
Via Ponte Oliveti 14, Sarche (Tn)
tel. 0461/564221 fax 561052
[email protected]
Pizzeria Ristorante Alfio
Via Mazzini 12, Dro (Tn)
tel. 0464/504208
[email protected]
Ristorante Castel Toblino
Via Caffaro, Sarche (Tn)
tel. 0461/864036 fax 340563
www.casteltoblino.com
[email protected]
Pizz. Ristorante Genzianella
Via Zurlon 1, Masi di Vigo
Cavedine (Tn) - tel. 461/566084
BAR
e PUB
PRODOTTI TIPICI
e OGGETTISTICA
ABBIGLIAMENTO
e CALZATURE
SERVIZI
VARI
60 FIES
Bar Agip
Via Roma 92, Dro (Tn)
tel. 0464/504752
Green Bar
P.za Repubblica 15, Dro (Tn)
tel. 0464/544115
Bar Centrale
P.za Repubblica 22, Dro (Tn)
tel. 0464/504388
New Entry Birreria Pub
Via Borgo Nuovo 97,
Pietramurata di Dro (Tn)
tel. 0464/507450
Distilleria Angeli
Via Capitelli 31, Dro (Tn)
tel. e fax 0464/504310
La Scala creazioni artistiche, arredi e complementi
Via Roma 33, Dro (Tn)
tel. 348/8996642
Hangar, mercato
dell’abbigliamento
Strada Gardesana
Occidentale 11/c, Dro (Tn) tel.
0464/504620
Papillon
Strada Statale Arco/Trento
tel. 0464/504626
Coop. S.E.I. cooperativa di
servizi ed elettrompianti
Loc. Matoni 1, Dro (Tn)
tel. 0464/504603 fax 504777
www.coopsei.com
[email protected]
Edicola tabaccheria
Morandi Sonia
P.za Repubblica 4, Dro (Tn)
tel. 0464/544048
Supermarket della Calzatura
Via Mazzini 16, Dro (Tn)
tel. 0464/504203
COOP Consumatori Alto Garda
DRO - Via Mazzini
Tel. 0464 504300
drodesera > centrale fies 2006
Informazioni e prenotazioni
10.00 - 12.00 e 15.00 - 18.00
drodesera > centrale fies
C/o Centro Culturale di Dro
Via C. Battisti, 9 - 38074 Dro (TN)
Tel. 0464/504700 - Fax 0464/504733
Internet: www.drodesera.it
E-mail: [email protected]
Presso gli uffici del festival e alle casse è in vendita la Gavial Card a 20 Euro, che dà diritto alla riduzione del 50% sul biglietto degli spettacoli.
Ingresso spettacoli 10 €
Paola Bianchi “Kytos” e “Chrónoshomo”: Ingresso gratuito
Compagnia Abbondanza/Bertoni e Sonia Brunelli: 5 Euro - No Gavial Card
Virgilio Sieni Corpi d’Oro: 5 Euro - No Gavial Card - Prenotazione obbligatoria
Spettacoli a prenotazione obbligatoria:
Ortographe “Orthographe de la Physionomie en Mouvement”
Stoa scuola di movimento della Socìetas Raffazello Sanzio “Ballo individuale in circostanze costrette”
Teatro Valdoca “Misterioso concerto”
Officina Valdoca “Opera”
Compagnia Virgilio Sieni “Osso Á”
Compagnia Virgilio Sieni “Corpi d’Oro”
Motus “Piccoli episodi di fascismo quotidiano”
Per tutti gli altri spettacoli la prenotazione è consigliata: 0464 504700 - [email protected].
I biglietti prenotati devono essere ritirati entro 20 minuti dall’inizio dello spettacolo.
Dopo questo orario i biglietti prenotati saranno messi in vendita.
Per garantire la puntualità, si prega di raggiungere la centrale mezz’ora prima dell’inizio degli
spettacoli.
Per centrale
fies bus gratuito
obbligatorio
crushsite.it
Il programma potrà subire variazioni che verranno tempestivamente comunicate.
Per rispettare l’ambiente
naturale delle Marocche, non
è permesso raggiungere la
centrale di Fies con mezzi
privati.
Invitiamo il gentile pubblico
ad utilizzare il bus navetta
messo a disposizione gratuitamente dal Festival.
Il servizio sarà attivo tutte le
sere dalle ore 18.00 alle 3.00
con orario continuato partendo dalla piazza di Dro.
FIES 61
Venerdì 21 luglio
Forgia - ore 19.00
Virgilio Sieni e Letizia Renzini
“Corpi D’oro - il buonumore_il malumore 2006”
Ingresso 5€, no gavial card, prenotazione obbligatoria
Sala Mezzelune - ore 20.00, 20.30, 22.30, 00.15
Orthographe - “Orthographe de la Physionomie en
Mouvement - Spettacolo per camera ottica”
Prenotazione obbligatoria
Lunedì 24 luglio
Galleria Trasformatori - ore 19.00
Incontro con Valentina Valentini e Motus
“Il teatro di fine millennio” - Ingresso gratuito
Sala Turbina 1 - ore 21.00
Sonia Brunelli - “Doma”
Ingresso 5€ - no gavial card
Sala Turbina 1 - ore 21.00 - Motus - “Rumore Rosa”
Galleria Trasformatori - ore 22.00
Paola Bianchi - “Chrónoshomo” Esercizi
Ingresso gratuito
Sala Turbina 2 - ore 23.00
Fanny & Alexander - “Heliogabalus”
Sala Turbina 2 - ore 23.00
Teatro Sotterraneo - “11/10 in apnea”
Lounge Factory - in serata
Dj set Trinity and Guest - Film soundtrack @1
Ingresso gratuito
Lounge Factory - in serata
Dj set Trinity and Guest - Italian style
Ingresso gratuito
Sabato 22 luglio
Martedì 25 luglio
Ponte di Controllo - ore 19.00
Fanny & Alexander - Conferenza
personalfilologicodrammatica con implicazioni a cura
dell’archeologo Oflodor Inittehccas
Ingresso gratuito - Prenotazione obbligatoria
Sala delle Mezzelune - ore 19.00
Virgilio Sieni - “Osso Á”
Prenotazione obbligatoria
Sala Mezzelune - ore 20.00, 20.30, 22.30, 00.15
Orthographe - “Orthographe de la Physionomie en
Mouvement - Spettacolo per camera ottica”
Prenotazione obbligatoria
Sala Turbina 1 - ore 23.00
Paola Bianchi - “Corpus Hominis”
Sala Turbina 1 - ore 21.00 - Motus - “Rumore Rosa”
Sala Turbina 2 - ore 23.00
Fanny & Alexander - “Heliogabalus”
Sala Turbina 2 - ore 21.00
Michèle Anne De Mey - “12 Easy Waltzes”
Lounge Factory - in serata
Dj set Trinity and Guest - Trip-hop
Ingresso gratuito
Mercoledì 26 luglio
Sala di Comando - ore 24.00
Teatro Valdoca - “Misterioso Concerto”
Prenotazione obbligatoria
Sala Mezzelune - ore 19.00
Paola Bianchi - “Kytos - In potere”
Ingresso gratuito - Prenotazione obbligatoria
Lounge Factory - in serata
Dj set Trinity and Guest - Madonna Vs David Bowie
Ingresso gratuito
Sala Turbina 1 - ore 21.00
Erna Ómarsdóttir e Jóhann Jóhannsson
“IBM 1401 - a user’s manual”
Domenica 23 luglio
Galleria Trasformatori - ore 19.00
Incontro con Cesare Ronconi - “Officina Valdoca”
Ingresso gratuito
Sala Turbina 1 ore - 21.00
Compagnia Abbondanza/Bertoni
“Prova d’assolo davanti al pubblico”
Ingresso 5€ - no gavial card
Sala di Comando - ore 22.00 e ore 24.00
Teatro Valdoca - “Misterioso Concerto”
Prenotazione obbligatoria
Sala Turbina 2 - ore 23.00
Michèle Anne De Mey - “12 Easy Waltzes”
Lounge Factory - in serata
Dj set Trinity and Guest - Electro-wave
Ingresso gratuito
Giovedì 27 luglio
Galleria Trasformatori - ore 19.00
Incontro con Letizia Renzini - “Balletti”
Ingresso gratuito
Sala Turbina 2 - ore 21.00
Compagnia Virgilio Sieni - “FIVE DREAMS mi difenderò 06”
Sala Turbina 2 - ore 23.00
Teatrincorso
“Barbablù-come un piccolo animale senz’anima”
Sala Turbina 1 - ore 23.00
Erna Ómarsdóttir e Jóhann Jóhannsson
“The mysteries of love”
Lounge Factory - in serata
Dj set by Elfo and DJ Fabio
Ingresso gratuito
Lounge Factory - in serata
Dj set Trinity and Guest - Film soundtrack @2
Ingresso gratuito
62 FIES
Venerdì 28 luglio
Sala di Comando - ore 19.00
STOA - scuola di movimento della Socìetas Raffaello
Sanzio
“Ballo Individuale in circostanze costrette ”
Prenotazione obbligatoria
Sala Turbina 1 - ore 21.00
Marta Galan e Santiago Maravilla - “Lola”
Forgia - ore 23.00
Motus
“Piccoli episodi di fascismo quotidiano”
Indagini su Pre-paradise sorry now di Rainer Werner
Fassbinder
Prenotazione obbligatoria
Foyer - dalle 22.00 alle 24.00
Motus
Videoinstallazione “Piccoli episodi di fascismo
quotidiano” - Ingresso gratuito
domenica 30 luglio
Galleria Trasformatori - ore 18.00
Incontro con Rodrigo Garcia e Elena Francescini
“La coscienza violata”
Ingresso gratuito
Sala Turbina 1 - ore 21.00
Rodrigo García / La Carniceria Teatro
“La historia de Ronald el payaso de Mc Donalds”
Sala Mezzelune - ore 23.00
Vincenzo Schino/Officina Valdoca - “Opera”
Prenotazione obbligatoria
Galleria Trasformatori - dalle ore 22.00
Gerardo Lamattina - “websuicide.com”
Mockumentary film
Ingresso gratuito
Lounge Factory - dalle ore 24.00
Gerardo Lamattina “Peace&Love Party (vivavivalutopia)”
Ingresso gratuito
Galleria trasformatori - dalle ore 22.00
Gerardo Lamattina - “websuicide.com”
Mockumentary film
Ingresso gratuito
Lounge Factory - in serata
Dj set Trinity and Guest - Indie-pop
Ingresso gratuito
Sabato 29 luglio
Galleria Trasformatori - ore 18.00
Incontro con Claudia Castellucci
Ingresso gratuito
Sala di Comando - ore 19.00
STOA scuola di movimento della Socìetas Raffaello
Sanzio
“Ballo Individuale in circostanze costrette”
Prenotazione obbligatoria
Sala Turbina 2 - ore 21.00
Erna Ómarsdóttir e Damien Jalet - “Ofætt”
Forgia - ore 23.00
Motus
“Piccoli episodi di fascismo quotidiano” Indagini su
Pre-paradise sorry now di Rainer Werner Fassbinder
Prenotazione obbligatoria
Foyer - dalle 22.00 alle 24.00
Motus
Videoinstallazione “Piccoli episodi di fascismo
quotidiano”
Ingresso gratuito
Theatermutter dalle 21.00 alle 22.30
Martina Benoni
Un servizio gratuito per genitori che vogliono
vedersi qualche spettacolo. Info 0464 504700
Galleria trasformatori - dalle ore 22.00
Gerardo Lamattina - “websuicide.com”
Mockumentary film
Ingresso gratuito
Gli spettacoli sono adatti ad un pubblico adulto
Lounge Factory - in serata
Dj set Trinity and Guest - ‘80-‘90
Ingresso gratuito
Dove non diversamente specificato,
l’ingresso agli spettacoli è di 10 Euro
FIES 63
FIES
DIREZIONE
Direttore Dino Sommadossi
Direttore artistico Barbara Boninsegna
ORGANIZZAZIONE E AMMINISTRAZIONE
Roberta Dallabetta
ORGANIZZAZIONE LOGISTICA
Anna Chiara Boninsegna,
SEGRETERIA
Cinzia Maroni
RESPONSABILI TECNICI
Marco Lutterotti, Francesco Pozzi
SERVIZI TECNICI
Davide Clementi, Danilo Dell’Oca, Simone Fini, Luca Fusconi,
Gabriele Lazzaro, Stefano Parisi, Viviana Rella, Fabio Sajiz, Andrea Violato
RESPONSABILE PALOCOSCENICO
Cristina Lutterotti
IMMAGINE
Foto > crushsite.it, Federica Giorgetti, Paolo Rapalino, Samuele Stefani, Nino Matteotti, Marco Miori
Documentazione video > Simona Diacci, Lino Greco, Gerardo Lamattina
COMUNICAZIONE
Virginia Sommadossi
ALLESTIMENTI
Giacomo Sega
Involucri metamorfici >
www.minove.it
BIGLIETTERIE E SERVIZI AGLI SPETTACOLI
Luisa Benuzzi, Stefania Benuzzi, Ilenia Cosentino, Matteo Cretti, Alessandra Frisetti, Simone Leoni,
Marco Loni, Sara Lutterotti, Elena Pellegrini, Cristian Santoni, Franco Tavernini
STAGISTI
Filippo Andreatta, Giulia Bazzanella, Allegra De Mandato, Rosanna Di Franco, Silvia Gatto,
Laura Martegani, Beatrice Piazza, Valentina Piscitelli, Anna Sarlenga, Beatrice Sarosiek, Fabio Tomaselli
LOUNGE FACTORY
Martina Benoni, Ivana Chemolli, Pierangela De Giuli, Francesco Foletti,
Camilla Matteotti, Claretta Moscon, Andrea Pregl, Roberto Segreti
PERCORSI ENERGETICI
Alberto Sommadossi
GRAFICA
Roberto Biatel
REDAZIONE RIVISTA
Testi > Umberto Angelini, Patrizia Bologna, Elena Franceschini, Claudia Gelmi, Cinzia Maroni,
Tommaso Pasquini, Rodolfo Sacchettini, Alberto Sommadossi, Virginia Sommadossi
GRAZIE A
Emilio Guariglia, Isabella Santacroce, Socíetas Raffaello Sanzio, Biblioteca, Cantiere e Ufficio Tecnico del Comune
di Dro, Associazione Qua-Dro, Associazione Sonà, Associazione Bass
64 FIES
Regione Autonoma
Trentino Alto Adige-Südtirol
Servizio Ripristino
Ambientale P.A.T.
Si ringraziano inoltre: Stop & Go - Dro • Lineasia - Trento • L’Erba del Vicino - Dro
Comune
di Dro
Copertina: concept virginia sommadossi - foto crushsite.it • Quarta di copertina: foto federica giorgietti • grafica roberto biatel - stampa grafica 5 - arco
Provincia Autonoma
di Trento
mouts / rumore rosa / foto federica giorgetti
FIES LUX
L’energia accende la notte
Dieci giorni di teatro, danza, musica, site specific and live
performance, installazioni, spazi lounge, mostre, incontri,
videoart, laboratori, DJ e VJ set.
66 FIES
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libretto del festival